Bollettino dell’industria und Werkplatz Schweiz. CCL MEM ... · Impresa dopo impresa, regione...

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Unia | Casella postale 272 | 3000 Berna 15 | T 031 350 21 11 | www.unia.ch Bollettino d’informazione per gli iscritti al sindacato Unia del settore dell’industria N. 4, settembre 2013 Bollettino dell’industria Le novità del contratto La storia di un successo Prospettive future «Nell’industria inizia una nuova era sindacale.» Christian Gusset, responsabile industria MEM Unia Alla conquista del CCL: Daniel Heizman e Mike Nista, i negoziatori di Unia CCL MEM 13: la svolta!

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Unia | Casella postale 272 | 3000 Berna 15 | T 031 350 21 11 | www.unia.ch

Bollettino d’informazione per gli iscritti al sindacato Unia del settore dell’industria N. 4, settembre 2013

Bollettino dell’industria

Le novità del contratto La storia di un successo Prospettive future

Gewinnen mit der Unia.Ja zu einem starken Industrie- und Werkplatz Schweiz.

«Nell’industria inizia una nuova era sindacale.» Christian Gusset, responsabile industria MEM Unia

Alla conquista del CCL: Daniel Heizman e Mike Nista, i negoziatori di Unia

CCL MEM 13: la svolta!

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Editoriale Abbiamo sotterrato l’accordo di pace del 1937 3

Cronologia Sul filo del rasoio 5

Novità 1 I salari minimi – la linea rossa 7

Zone salariali – il prossimo cantiere 8

Salari sotto pressione – l’offensiva del dumping 9

Salari minimi – la giusta risposta economica 10

La Svizzera è una zona produttiva speciale? 11

Prossime tappe – impresa dopo impresa 12

CCL e legge – fermiamo il dumping salariale! 14

Novità 2 Le opportunità di una politica industriale 15

Novità 3 «Articolo di crisi» 57 – condizioni più rigide 16

Novità 4 Ore supplementari – la regola delle 200 ore 17

Novità 5 Parità – cosa aspettano le imprese? 18

Novità 6 Lavoratori più anziani – protezione contro il lavoro a turni 19

Novità 7 Congedo di paternità 19

Novità 8 Obbligo di consultazione 20

Novità da 9 a 14 Vita lavorativa e vita privata 21

Reazioni Care colleghe e cari colleghi, è la vostra vittoria! 22

Finalmente i salari minimi!

Il conflitto è stato duro. Per lungo tempo il suo esito è stato incerto. Già mesi prima dell’avvio delle trattative, Swissmem aveva detto a chiare lettere che in nessun caso avrebbe accettato dei salari minimi nel CCL. Ma proprio questo era il nostro obiettivo prioritario.

Alla fine le trattative sono fallite. Probabilmente il padronato pensava che avremmo ceduto per salvare il CCL. Ma si sbagliava. Unia è stato l’unico sindacato ad abbandonare il tavolo negoziale. E siamo riusciti ad ottenere una mediazione. Oggi il CCL prevede salari minimi, distinguendo addirittura tra personale quali­ficato e non qualificato (la storia delle trattative figura a pagina 5).

Ma perché si tratta di un «traguardo storico», come scrive il presidente USS Paul Rechsteiner nel suo messaggio di felicitazioni? Perché i salari minimi sono importanti?

Perché adesso grazie ai salari minimi possiamo proteggere altri 100 000 occupati e occupate dal dumping salariale. In Svizzera solo poco più di un terzo delle lavoratrici e dei lavoratori ha salari minimi garantiti a livello contrattuale.

Perché i salari minimi aiutano soprattutto le donne, sovrarappresentate nei lavori malpa­gati. In alcune regioni il nuovo CCL garantirà aumenti salariali fino a 700 franchi al mese.

Ma soprattutto perché da ben 76 anni il padro­nato e gli azionisti si rifiutavano categorica­mente di inserire i salari nel CCL. Secondo la loro idea di «partenariato sociale», il sindacato

formulava proposte e poi i datori di lavoro gli comunicavano quanto avrebbero «accordato» alle lavoratrici e ai lavoratori. Questo periodo feudale appartiene finalmente al passato. Per noi i salari sono la priorità di ogni futura trat­tativa. Abbiamo spezzato l’egemonia assoluta del padronato nella questione salariale.

Finalmente abbiamo sotterrato l’accordo di pace del 1937. Era urgente, perché i salari

Perché i salari minimi sono così importanti nel CCL MEM 13

Abbiamo sotterrato l’accordo di pacedel 1937. Finalmente.

«Chiediamo salari svizzeri per il lavoro prestato in Svizzera. La ‹swissness› deve caratterizzare anche le retribuzioni.»

«Abbiamo spezzato l’egemonia assoluta del padronato nella questione salariale.»

Le conquiste della Convenzione dell’industria metalmeccanica ed elettrica (CCL) 2013

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scandalosi versati da alcune imprese industriali sono il prodotto di questo «partenariato sociale» orbo della questione salariale.

Ma questo non accadrà mai più! I salari dell’industria sono sotto pressione (cfr. pagine da 7 a 14), anche e soprattutto quelli del personale formato e qualificato. Ecco perché non abbiamo imposto un solo salario minimo, ma due. Numerosi colleghi e colleghe guada­gnano meno di 22 franchi all’ora, pur avendo

svolto un tirocinio professionale. Simili paghe da fame scoraggiano molti giovani a scegliere queste professioni. E se decidono comunque d’intraprendere queste carriere, vengono sotto­pagati. Chiunque lavori ha diritto ad un salario equo.

Con l’aiuto dei loro politici neoliberali, i grandi gruppi aziendali hanno deregolamentato ovunque il mercato del lavoro. Le conseguenze sono catastrofiche: un numero crescente di persone è costretta a lavorare per un salario scandaloso. L’UDC e le altre forze di destra ne approfittano per alimentare la xenofobia e chiedere la chiusura delle frontiere. Ma sono in errore. Le pressioni salariali non sono dovute alle colleghe e ai colleghi stranieri che lavora­no qui. Sono il risultato dei datori di lavoro che versano questi salari da fame.

Chiediamo salari svizzeri per il lavoro prestato in Svizzera. Salari conformi al marchio svizzero «swissness». Non dobbiamo difendere le fron­tiere, ma i salari.

Il CCL 13 prevede ormai salari che in 5 delle 6 categorie superano i 22 franchi che rivendi­chiamo con la nostra iniziativa sui salari mini­mi (cfr. pag. 7). Al momento tali salari sono ancora troppo bassi e la ragione risiede nel fatto che i lavoratori non hanno fatto fronte comune. L’associazione Impiegati Svizzeri ha tradito i propri affiliati e si è battuta al fianco di Swissmem contro i salari minimi.

Il CCL è un dato positivo, ma il vero lavoro inizia adesso. Impresa dopo impresa, regione dopo regione lavoreremo per migliorare i salari (cfr. pagina 12/13). Per il sindacato inizia una nuova era nell’industria MEM.

In queste trattative abbiamo fatto cadere il più solido bastione contro i salari minimi: Swissmem. Siamo così riusciti a migliorare le premesse per la nostra iniziativa sui salari mi­nimi. È un buon auspicio: anche le colleghe e i colleghi dei rami senza CCL hanno diritto a salari equi. Uniamo le nostre forze per com­piere il prossimo passo: vinciamo la votazione sull’iniziativa sui salari minimi!

Corrado Pardini, Consigliere nazionaleMembro del Comitato direttore Unia e responsabile del settore Industria

Il primo atto si apre sullo sfondo di una pioggia battente, ma è incoraggiante: lo scorso 22 settembre 2012 5000 colleghe e colleghi sfilano per le strade di Berna chiedendo un CCL dell’industria all’avanguardia.

Varie attività hanno preceduto la manifestazio­ne. Con la riconversione eco­sociale, le nostre rivendicazioni contro la sopravvalutazione del franco, il «Patto per una Svizzera produttiva» e i conflitti aziendali presso GF, Trasfor, Tesa e Agie Charmilles, Unia ha presentato un vasto programma per una piazza industriale svizzera forte.

Le trattative con i datori di lavoro iniziano il 19 novembre. Sono appena stati festeggiati i 75 anni dell’accordo di pace sul lavoro. Ma noi aspiriamo ad una nuova e diversa forma di contratto sociale.

«L’importo dei salari non era la nostra priorità. Intanto ci premeva introdurre il principio dei salari minimi. Ci siamo riusciti ed è un suc-cesso immenso. Adesso abbiamo gli strumenti per fermare il dumping salariale.»

Daniel Heizmann, presidente dell’industria MEM Unia, delegazione alle trattative CCL

«Non dobbiamo difendere le frontiere, ma i salari.»

Cronologia

La storia di un successo:Sul filo del rasoio

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In brevissimo tempo, prima della seconda tor-nata di trattative del 1° febbraio 2013, è già chiaro che il conflitto sarà duro. Swissmem non vuole salari minimi. Ciononostante il 22 febbraio la Conferenza professionale MEM di Unia prende la sua decisione: senza salari minimi non ci sarà alcun CCL.

Nella terza tornata di trattative del 15 marzo Swissmem è disponibile ad introdurre un salario minimo per il personale non qualificato. Ma il salario che propone è una vergonosa provocazione. Rispondiamo picche.

Poi le cose precipitano. Il 12 aprile si profila una soluzione tra Unia e Swissmem. Ma Impiegati Svizzeri pugnala i sindacati alle spalle suppli­cando l’associazione padronale di non aderire alla proposta di due salari minimi. La quinta tornata di trattative del 26 aprile dimostra che le trattative sono fallite. Unia abbandona il tavolo negoziale.

Le altre parti contraenti continuano a negoziare. Teniamo i contatti con Syna e SIC Svizzera. Anche i loro colloqui con Swissmem falliscono

e una mediazione sembra possibile. Unia si adopera per averla.

Il 1° giugno il mediatore Jean­Luc Nordmann sottopone alle parti un progetto di accordo con due salari minimi. La Conferenza profes-sionale Unia lo adotta il 21 giugno.

Per la prima volta il CCL dell’industria MEM prescrive salari minimi (articolo 15).

È questa la principale novità introdotta dal con­tratto. La questione salariale è dunque tornata al centro delle relazioni tra lavoratori e datori di lavoro. Disponiamo così di uno strumento contro le pressioni salariali e il dumping salariale e obblighiamo Swissmem ad intervenire al proprio interno contro chi continua a versare salari scandalosi. Questi salari minimi sono la linea rossa al di sotto della quale nessuno può più scendere. Siamo riusciti ad imporla a dispetto del categorico rifiuto opposto dal padronato. Ma soprattutto, questi salari minimi sono solo l’inizio (cfr. pagina 11).

Il successo non risiede solo nel fatto che abbi­amo una soglia salariale minima, ma anche nella suddivisione tra salari minimi per il per­sonale qualificato e quello non qualificato.

Avevamo rivendicato addirittura quattro livelli perché le pressioni salariali sono in crescita anche e soprattutto per il personale qualifica­to e altamente qualificato. Lo scorso anno anche i salari dei diplomati delle scuole univer­sitarie professionali hanno registrato una flessione. Il personale qualificato guadagna spesso meno di 4000 franchi. Se manca una soglia salariale minima, tutti i salari scivolano verso il basso.

Christian Gusset, responsabile dell’industria MEM del sindacato Unia, commenta la novità ancorata nel CCL: «per questi due salari minimi siamo dovuti arrivare alla rottura delle trattative».

Novità 1

I salari minimi: La linea rossa

I salari minimi nel CCL (salari orari)

Salari senza supplementi per il lavoro a turni e le vacanze né premi

Regioni Personale non qualificato Personale qualificato

Regione A CHF 24.05 CHF 25.95

Regione B CHF 22.50 CHF 24.40

Regione C CHF 20.65 CHF 22.50

La nostra iniziativa sui salari minimi esige un salario orario di almeno CHF 22.–.

Il mediatore: Jean-Luc NordmannUn buon mediatore deve possedere varie qualità. Deve saper ascoltare, convincere e soprattutto non deve mollare. Neanche nei confronti del proprio mandante, il Consiglio federale. Johann Schneider­Amman è sem­pre stato un oppositore dei salari minimi. Jean­Luc Nordmann, 71 anni, sembra pos­sedere tali qualità. L’ex direttore della SECO aveva già reso i suoi servizi di mediatore nel conflitto dell’edilizia del 2008. Adesso è riuscito a convincere Swissmem ad accetta­re i salari minimi nel CCL.

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In Svizzera i datori di lavoro hanno creato zone speciali a basso salario e hanno potuto farlo solo perché il CCL non prevedeva salari minimi. Le tre regioni salariali A, B e C contemplate

dal CCL 13 riflettono tale statu quo. La nostra grande sfida futura sarà eliminare questa discriminazione. Per noi sinda-caliste e sindacalisti le regioni a basso salario sono inaccettabili.

Novità 1

Zone salariali:Il prossimo cantiere

Regione ACantoni: GE, SH e ZHDistretti: Aarau, Bremgarten, Brugg, Baden, Lenzburg, Zurzach (AG), See (SG), Höfe, March (SZ), Diessenhofen (TG), Nyon, Morges, Ouest lausannois, Losanna, Gros­de­Vaud, Lavaux­Oron e Riviera (VD).

Regione CCantoni: JU, NE e TIDistretti: Moutier, Courtelary, La Neuveville (BE), Moesa (GR) e Jura­Nord vaudois (VD).

Regione BCantoni: AI, AR, BE (escl. Moutier, Courtelary e La Neuveville), BL, BS, FR, GL, GR (escl. Moesa), LU, NW, OW, SG (escl. See), SO, SZ (escl. Höfe e March), TG (escl. Diessenhofen), UR, VS e ZGDistretti: Rheinfelden, Laufenburg, Zofingen, Muri, Kulm (AG), Broye­Vully, Aigle e Pays d’Enhaut (VD).

In questi ultimi anni abbiamo dovuto lottare per respingere i salari in euro, lo smantellamento salariale, le ore di lavoro gratuite e gli abusi relativi al co-siddetto articolo di crisi (art. 57 CCL). Le pressioni padronali sui salari sono in continua crescita.

I salari medi ingannano. Ecco perché il segreta­rio dell’industria Matteo Pronzini ha fatto ricer­che e nuovi calcoli sul tema in oggetto. I risulta­ti sono scioccanti. In autunno pubblicheremo un dossier sui salari.

Alcuni esempi: nNella regione del Lemano, in piena crescita,

tra il 2008 e il 2010 i datori di lavoro hanno ridotto i salari della manodopera qualificata in tutti i tre comparti MEM. Nell’industria meccanica la contrazione salariale è del 5%, mentre nelle apparecchiature elettriche il calo tocca quasi la soglia del 10%! Ma anche il personale qualificato dell’industria meccanica ha subito un taglio salariale di 222 franchi.

nNel 2010 in Ticino quasi tutti gli occupati guadagnavano molto meno rispetto al 2008. In media gli specialisti in elettronica avevano perso 812 franchi, il personale non qualificato 480 franchi, la manodopera qualificata 304 franchi e i quadri dell’industria meccanica oltre 550 franchi.

nAnche nella Svizzera orientale gli specialisti hanno subito contrazioni salariali (ad ecce­zione della metallurgia). A Zurigo e nella Svizzera centrale il quadro è analogo: i qua­dri e gli specialisti subiscono tagli salariali e nell’Altipiano svizzero le perdite maggiori riguardano i quadri.

Pronzini delinea alcune chiare tendenze:n il dumping salariale non è più un problema

che riguarda solo le regioni di frontiera, ma si estende anche al cuore del Paese;

n il livello salariale del personale qualificato ristagna a un livello basso e in alcune località è già in calo;

n i salari degli specialisti e del personale alta­mente qualificato subiscono forti pressioni.

Avvertenza: le cifre in oggetto riguardano solo gli uomini. Considerando anche i salari femmi­nili il quadro peggiora.

Novità 1

Salari sotto pressione: L’offensiva del dumping

TI

GR

UR

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SG

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SH

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BL

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JU

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LU SZ

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ZHAG

FL

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Novità 1

Gli obiettivi dei liberisti: Eliminare ogni regolamentazione

Novità 1

Il problema del reddito: I salari minimi sono la giusta risposta

90%

100%

110%

120%

130%

Crescita dei salari al netto del rincaro 1994 – 2010(1994 = 100%)

1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010

ProduttivitàSalari molto elevati (1% più elevato)Salari elevati (10% più elevato)Salari mediani Salari bassi (10% meno elevato)

I salari crescono meno della produttività

Solo il lavoro crea valore. L’obiettivo della stragrande maggioranza dei da-tori di lavoro è trattenere la maggior parte possibile di tale valore aggiunto. In altre parole, vogliono retribuire il lavoro il meno possibile.

Siamo di fronte ad una contraddizione econo­mica. Se il reddito, cioè il potere d’acquisto, diminuisce, le imprese riducono le vendite dei loro prodotti. Di fatto negli ultimi anni a dispet­to di un salario medio in leggera crescita il reddito disponibile di oltre la metà della popo­lazione si è ridotto. La ragione è dovuta all’aumento di deduzioni, premi delle casse malati ecc. Solo i salari del 10% superiore crescono in modo consistente con un aumen­to del potere d’acquisto.

Come emerge anche dal rapporto sulla riparti­zione dei redditi e della sostanza dell’USS, in Svizzera le disuguaglianze si sono accentuate (www. sgb.ch/aktuell/arbeitnehmer-bericht). Una società che al proprio interno ha forti di­suguaglianze è più iniqua e distrugge le pros­pettive di vita. E’ anche più malata, criminale ed economicamente instabile.

Un ulteriore problema risiede nel fatto che le imprese non trasferiscono più gli aumenti della produttività (cfr. grafico). Il padronato intasca extraprofitti, che tuttavia non vengono reinves­titi. In Svizzera il tasso d’investimento è sceso sotto la soglia del 3%. Il padronato investe gli extraprofitti nei mercati finanziari, alimentando la crisi finanziaria.

L’organo ticinese preposto al controllo del mercato del lavoro (commissione tripartita) nutriva un sospetto, ma solo i controlli su larga scala effettuati nelle imprese che fabbricano apparecchi elettronici hanno svelato l’abisso delle irregolarità: gli ispettori hanno scoper-to salari a malapena superiori a 2000 franchi per posti di lavoro a tempo pieno. I salari medi del personale semi-qualificato erano di 2700 franchi. Un’occupata su due del ramo percepiva un salario «abusivamente basso». In 240 casi e nel 37% delle imprese cont-rollate gli ispettori hanno constatato un «grave e ripetuto abuso salariale».

Una simile situazione è divenuta possibile solo perché sulla spinta della deregolamentazione le autorità federali e cantonali hanno cancellato quasi tutte le regole del mercato del lavoro.

Non stupisce dunque che un numero crescente di imprese industriali apra filiali in Ticino (o nel Giura). Beneficiano infatti di un triplice vantaggio: trovano manodopera a buon mercato e in tal modo anche i salari di tutto il persona­le dell’impresa nelle altre regioni finisce sotto pressione. Infine il prodotto è comunque «Swiss Made». In tal modo i profitti esplodono.

Il Ticino (e in misura minore il Giura) è un caso particolare? Si tratta di una zona produttiva speciale della Svizzera? Agli occhi dei datori

di lavoro queste aree fungono piuttosto da «apripista». In tutta la Svizzera stanno nascendo aree a basso salario: nel hinterland vodese, nell’Emmental, nel Vallese e addirittura nella Svizzera centrale. Potremmo chiamarlo il mo­dello tedesco: riduzione dei salari, aumento delle esportazioni e dei profitti e costi sociali a carico dello Stato.

Il fenomeno non ha a che vedere esclusivamente con le regioni di frontiera. Arbonia Forster e Stadler Rail, pur confinando con la Germania dai bassi salari, dimostrano il contrario: versano salari superiori al livello salariale del CCL 13.

Non vogliamo che la Svizzera diventi una zona produttiva speciale e quindi abbiamo bisogno di salari minimi, accompagnati da migliori misure di accompagnamento, intensi controlli salariali e contratti con carattere obbligatorio generale. Dobbiamo inoltre lottare contro il precariato (interinali, lavoro su chiamata ecc.). Il progresso economico passa dal progresso sociale.

Lottando per migliorare i salari, poniamo la questione distributiva in Svizzera. Le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto ad ottenere una fetta più grande del profitto generato dal proprio lavoro.

Fonte: SGB 2012, www.verteilungsbericht.ch

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Il salario non è un parametro del lavoro svolto. Rappresenta piuttosto un indi-catore del rapporto di forze. Tutte le statistiche dimostrano che laddove i sindacati sono forti, i salari aumentano.

L’introduzione dei salari minimi nel CCL è un buon inizio. I redditi inferiori, le donne, gli interinali e il personale qualificato ne traggono un vantaggio immediato. Adesso dobbiamo garantire che i salari minimi vengano recepiti anche nella legislazione svizzera grazie all’ini­ziativa sui salari minimi.

Questa è la prima cosa. L’altra è data da ciò che noi affiliati, militanti e segretari sapremo realizzare insieme grazie al CCL dell’industria MEM.

Per la prima volta dopo numerosi anni abbiamo ottenuto grandi miglioramenti nel CCL. Questo risultato ci rende ottimisti.

Il nostro prossimo compito è far applicare il contratto collettivo di lavoro. Impresa dopo impresa, regione dopo regione.nPerseguiremo con la massima inflessibilità

ogni caso di dumping salariale. n Insieme ai nostri militanti sindacali ci

batteremo per garantire l’introduzione e il rispetto dei salari minimi. Parallelamente veglieremo affinché nessuno riduca i salari più elevati sotto il pretesto dei salari minimi (attuazione della clausola di protezione del CCL contro le riduzioni salariali).

nCi batteremo affinché i contratti normali di lavoro o i contratti collettivi dichiarati di obbligatorietà generale che prevedono salari più elevati (p.es. contratto dell’UIG a Ginevra) mantengano la loro validità.

n Ci adoperiamo per garantire che i salari siano paragonabili (oggettivazione).

Possiamo fare tutto questo perché finalmente abbiamo ancorato nel CCL il principio dei salari minimi e su tale base affrontiamo i due grandi problemi: l’importo dei salari minimi e la discriminazione regionale. n Impresa dopo impresa riprendiamo la ques­

tione salariale. L’obiettivo è ottenere cont­rattualmente retribuzioni superiori ai salari minimi.

n «Cambiamento di zona» nelle regioni con un livello salariale più elevato: ad esempio nel Canton Vaud le tre zone sono state definite in modo arbitrario. La zona C deve diventare zona B.

nNelle zone caratterizzate da salari estre­mamente bassi, dunque in primo luogo in Ticino, verificheremo i salari a scadenze regolari e provvederemo a rianalizzarli e definirli prima della scadenza del CCL (2018).

Per il sindacato inizia una nuova era nell’in­dustria MEM. I tempi del «partenariato sociale» automatico sono passati. Noi siamo l’industria!

Christian Gusset, responsabile industria, MEM Unia

Il nostro programma

Prossime tappe:Impresa dopo impresa, regione dopo regione

«Laddove i sindacati sono forti, i salari aumentano.»

«Adesso affrontiamo i due grandi problemi: l’importo dei salari e la discriminazione regionale.»

«Il lavoro torna ad essere al centro. Il CCL ci fornisce gli strumenti per risollevare la questione salariale in ogni impresa. In tale ottica non possiamo prescindere dalla parte-cipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori, ripensando comple-tamente il lavoro sindacale nell’in-dustria.»

Matteo Pronzini, segretario dell’Industria Unia

Il nostro programm

a

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Solo i salari minimi possono fermare l’erosione dei salari e il devastante dumping salariale. I salari minimi de-vono essere parte integrante dei CCL. E della legge. Il lavoro deve essere retribuito con almeno 22 franchi all’ora.

A lungo termine senza salari minimi in Svizzera non avremo né pace sociale né crescita eco­nomica. Ecco perché urge un salario minimo a norma di legge.

L’iniziativa sui salari minimi ci è stata di grande aiuto nelle trattative sul rinnovo del CCL MEM. Sicuramente il padronato pensava che ceden­do nel CCL MEM avrebbe potuto argomentare che il salario minimo non deve far parte della legge (il capo della Swissmem Hans Hess ha parlato di «intromissione statale sui salari»), ma deve essere definito nel quadro del parte­nariato sociale.

Peccato che nel migliore dei casi il «partenaria­to sociale svizzero» sia solo un mezzo partena­riato sociale. Ecco l’ipocrisia del padronato. A tutt’oggi nega a circa la metà di tutti gli occu­pati un contratto collettivo di lavoro. Inoltre, di certo non tutti i CCL prevedono salari minimi.

Viceversa, anche il CCL MEM 13 è di aiuto all’iniziativa sui salari minimi: Swissmem ha implicitamente riconosciuto la necessità dei salari minimi. Abbiamo fatto cadere un bas­

tione importante. Swissmem, spalleggiata da Economiesuisse e dall’Unione svizzera degli imprenditori, era il nucleo politico duro degli oppositori del salario minimo. Oggi i datori di lavoro sono in difficoltà: non sanno come spiegare perché per oltre 400 000 persone che percepiscono un salario basso in Svizzera non dovrebbe essere possibile ciò che è stato convenuto nel ramo MEM.

La votazione è prevista nell'anno 2014.

Deindustrializzazione? Nient’affatto! Siamo un Paese industrializzato. Nell’Europa occidentale la Svizzera è addirittura il Paese con la quota indu-striale più elevata, superiore addi-rittura alla Germania, il «campione mon-diale delle esportazioni». 700 000 occupati (330 000 solo nell’industria MEM) realizzano ogni anno un valore di 100 miliardi di franchi. Apportano dunque al Paese quattro o cinque volte più delle coccolatissime banche.

Una nuova industrializzazione sta iniziando ovunque, trainata dalla riconversione ecologica. Solo nell’UE ha già creato centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ciò nonostante il Consiglio federale si oppone ad ogni politica industriale e punta tutto sulla politica bancaria. Ma in tal modo compromette la sostanza industriale del Paese. Un gran numero di nuove tecnologie si sono sviluppate in Svizzera, ma nell’applicazio­ne pratica il nostro Paese scivola agli ultimi po­sti della classifica. Considerando anche la forte sopravvalutazione del franco, potremmo assi­stere veramente ad una deindustrializzazione.

Ecco perché abbiamo iniziato le trattative riven­dicando la creazione di una piattaforma politico­industriale per una riconversione eco­sociale. Serve a poco parlare di salari se parallelamente assistiamo ad un’emorragia di posti di lavoro. In tale ottica abbiamo presentato un programma concreto (sintetizzato in un opuscolo dedicato alle nostre rivendicazioni per una politica indu­striale attiva). Un nuovo partenariato sociale deve riposare su due pilastri: buone condizioni di lavoro e una politica industriale.

In questo ambito Swissmem ha fatto solo piccoli passi. L’ideologia neoliberale, ostile ad ogni politica economica, continua ad essere di ostacolo ai datori di lavoro. Quanto meno han­no riconosciuto l’importanza della piazza pro­duttiva svizzera e della formazione professio­nale duale. Si sono impegnati a rafforzare insieme a noi la piazza produttiva. Nel quadro di un apposito gruppo di lavoro vogliamo dun­que passare alla fase della concretizzazione.

Novità 2

Le opportunità di una politica industriale:Piccoli passi del padronato

Novità 1

CCL e legge:Fermiamo il dumping salariale!

Franziska Hulliger, addetta all’imballaggio: «2500 franchi non bastano per vivere». Il direttore dell’Unione svizzera degli imprenditori risponde: «Si rivolga all’assistenza sociale!»

Art. 8.4 Collaborazione su questioni di politica economica, monetaria e sociale1 Le parti contraenti rafforzano congiunta­mente la piazza industriale e produttiva svizzera, allo scopo di rafforzare in modo duraturo i posti di lavoro all’avanguardia dell’industria e segnatamente di favorire la formazione duale.

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In futuro sarà possibile riportare 200 ore in esu­bero da un anno all’altro. In linea di massima tali ore supplementari vanno compensate con tempo libero di uguale durata.

L’articolo 57 del CCL è una scomoda eredità dei contratti collettivi di lavoro precedenti. È difficile abolirlo perché garantisce grandi vantaggi ai datori di lavoro. In caso di difficoltà economi-che, le imprese possono derogare a grandi parti del CCL.

Possono ad esempio aumentare l’orario di la­voro. Negli scorsi anni numerose imprese hanno interpretato in senso molto lato tale ar­ticolo, in parte applicandolo in modo abusivo. Mike Nista, dipendente Bosch e membro del­la delegazione alle trattative Unia, dichiarava un anno fa: «È tempo di abrogare l’articolo 57, perché annulla il CCL. È assurdo».

Il margine d’interpretazione delle imprese co­stituisce il primo problema. Il secondo consiste nel fatto che in numerosi casi i vertici azien­dali possono concordare deroghe al CCL diret­tamente con la commissione del personale. Senza la partecipazione del sindacato. Siamo persuasi che le CoPe difendano gli interessi delle colleghe e dei colleghi. Ma dato che i loro membri sono pagati dall’impresa, spesso finiscono per avere la peggio.

Dopo i recenti casi di applicazione eccessiva, due anni fa in sede di trattative con Swissmem abbiamo precisato la meccanica dell’art. 57. Siamo inoltre riusciti ad inserire un nuovo irri­gidimento nel CCL 13: le condizioni (criteri) sono state formulate in modo molto più chiaro. Il contratto ha inoltre recepito termini vinco­lanti.

Novità 3

«Articolo di crisi» 57:Condizioni più rigide

Novità 4

Ore supplementari:La regola delle 200 ore

Art. 57.2 cpv. 3

L’accordo di deroga può essere siglato tra la direzione e la rappresentanza del personale per una durata massima di 15 mesi. Qualora l’accordo debba avere una durata superiore a 15 mesi oppure debba essere prorogato dopo 15 mesi, la direzione informa imme­diatamente ….

L’accordo aziendale entra in vigore solo se oltre alla direzione e alla rappresentanza del personale viene approvato anche dalla maggioranza delle parti contraenti coinvolte nella procedura.

Art. 57.4. cpv. 3

…..

«Difficoltà economiche» sussistono quando

– un’impresa può comprovare una perdita

– un’impresa riesce a comprovare di essere esposta ad una simile perdita nei 6 mesi successivi.

Art. 12.2d) Dopo un anno è possibile riportare all’anno successivo al massimo 200 ore in esubero. In linea di principio tale saldo massimo di 200 ore in esubero viene compensato con tempo libero della stessa durata, laddove il datore di lavoro decide il momento della compensazione. Il/La dipendente ha il dirit­to di essere consultato in merito ad una compensazione di durata superiore a tre giorni consecutivi. Le ore di lavoro che supe­rano tali 200 ore in esubero all’anno sono ore straordinarie. Queste e altre ore supple­mentari possono essere accreditate sul conto individuale capitale tempo di lunga du­rata, qualora un simile conto sia stato alle­stito ai sensi dell’art. 12.7 cpv. 7 e qualora il/la dipendente lo desideri.

e) È possibile riportare nell’anno successivo al massimo 100 ore in meno; ulteriori ore in meno sono a carico del datore di lavoro.

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È inaccettabile che a tutt’oggi a parità di lavoro le donne continuino a gua-dagnare meno degli uomini. Se per lo stesso lavoro un uomo guadagna 50 franchi, una donna si deve accontenta-re di 41 franchi. Ogni anno le donne vengono quindi derubate di 7,7 miliardi di franchi. È assurdo anche il fatto che nella vita professionale alle donne siano ancora precluse dalle pari op-portunità. Eppure da anni la parità è obbligatoria anche a norma di legge.

Il nuovo CCL 13 formula in modo più chiaro il principio della parità. Vieta chiaramente ogni discriminazione diretta o indiretta.

Ma tutto ciò è già previsto dalla Costituzione e dalla legge. Le difficoltà insorgono a livello di attuazione. I nuovi salari minimi sono ben più efficaci dell’articolo 8.6 del CCL. Tali salari valgono per tutti e uniti all’iniziativa sui salari minimi e ad un’intensificazione dei controlli faranno progredire la parità effettiva. Le donne sono infatti sovrarappresentate nei lavori malpagati.

Il lavoro a turni è stancante, spesso fa ammalare e ostacola sia la vita familiare che le relazioni sociali. Ecco perché Unia si batte contro il principio della giornata lavorativa di 24 ore.

Il CCL MEM 13 consente ai lavoratori over 55 di rinunciare al lavoro a turni. Su richiesta l’impresa è tenuta ad offrire loro un impiego equivalente con un orario di lavoro normale.

Novità 5

Parità:Che aspettano le imprese?

Novità 6

Lavoratori più anziani:Protezione contro il lavoro a turni

Art. 8.6 Parità di prospettive e di salario fra donna e uomo

1 Le parti contraenti favoriscono la realiz­zazione dell’uguaglianza di prospettive fra donne e uomini nelle aziende. S’impegnano in ogni ambito per promuovere le pari op­portunità e scongiurare le discriminazioni a causa del sesso, della nazionalità, dell’età, della religione e dell’orientamento sessuale.

2 Conformemente alla Legge federale sulla parità dei sessi, le dipendenti e i dipendenti non devono subire discriminazioni dirette o indirette a causa del loro sesso.

Art. 12.4 cpv. 5

Ai dipendenti più anziani (al più presto a partire dal 55° anno di età compiuto) che presta­no lavoro a turni e ne fanno richiesta, le aziende offrono, a seconda delle possibilità interne, un impiego equivalente con orario di lavoro normale.

Il vecchio CCL raccomandava di accorda-re un congedo di paternità non retribu-ito di 4 settimane a partire dal momen-to della nascita. Il CCL 13 introduce un ulteriore progresso: i neo-papà hanno diritto ad un congedo di paternità retri-buito di 5 giorni.

Novità 7

Neo-papà:5 giorni di congedo

Art. 18.2 cpv. 5

Il dipendente ha diritto a un congedo pater­nità retribuito di 5 giorni. Esso deve essere fruito nel corso dei primi 6 mesi che seguono la nascita del figlio. Si raccomanda inoltre alle aziende di concedere, nell’ambito delle possibilità interne e su richiesta, un congedo di paternità non retribuito di massimo 4 set­timane dal momento della nascita.

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n Il CCL 13 modernizza una serie di regole, adattandole alle condizioni di vita odierne (equipara ad esempio la convivenza al matrimonio).

nRaccomanda alle imprese di accordare ai giovani con meno di 30 anni una settimana supplementare di congedo retribuita per attività culturali o sociali (art. 13.1).

nAl termine del tirocinio gli apprendisti dovreb­bero essere assunti in azienda (raccoman­dazione nell’art. 19.1).

nLe date delle vacanze dovrebbero essere definite in base alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori (art. 13.4).

nRaccomanda alle imprese di sostenere la custodia extrafamiliare dei bambini (art. 26).

nLe aziende sono chiamate a facilitare la (re)integrazione lavorativa di persone con handicap (art. 25).

Novità 8

Tattica del salame per i licenziamenti collettivi: Obbligo di consultazione!

Novità da 9 a 14

Vita professionale e vita privata:Migliore conciliazione

Agenda Abbiamo brevemente festeggiato il CCL 13. Adesso dobbiamo applicarlo. In tutte le imprese. Ecco le prossime tappe in programma:

Da agosto: campagna per l’applicazione dei salari in tutte le regioni Metà ottobre: commentario del nuovo CCL campagna di reclutamento con un nuovo opuscolo 25 ottobre: AD straordinaria del settore Industria Da novembre: corsi di formazione sul nuovo CCL a livello regionale e aziendale7 novembre: Conferenza delle donne dell’industria22 novembre: riunione CoPe

Art. 43 cpv. 2 e 5

2 Imprese che occupano più di 250 colla­boratori:

se la direzione intende procedere in seno a un’azienda ad un licenziamento collettivo che nel giro di 90 giorni raggiunge i quorum fissati nell’art. 335d CO …

5 Per la consultazione deve essere conces­so alla rappresentanza del personale un termine appropriato … di almeno 18 giorni lavorativi.

Quando ci troviamo in presenza di un licenzia­mento collettivo che obbliga a concedere un termine di consultazione alle lavoratrici e ai lavoratori? La questione è importante, perché tali procedure di consultazione consentono sistematicamente di scongiurare licenziamenti o di attenuarli. Numerose imprese hanno tentato di aggirare le disposizioni legislative, pronunciando i licenziamenti in piccole tappe (tattica del salame). Oggi l’art. 43 della CCL 13 ridefinisce l’obbligo di consultazione: un licenziamento collettivo è dato anche quando in un intervallo di tempo di tre mesi un’impresa con un organico superiore a 250 collaboratori licenzia complessivamente il 10% del personale.

Impressum Sindacato Unia, Weltpoststrasse 20, 3000 Berna 15, [email protected], www.unia.ch | Redazione Christian Gusset, Hans Hartmann | Traduzione Monica Tomassoni | Stampa Bubenberg Druck­ und Verlags­AG, Berna | Layout Demian Vogler| Fotos Unia, Yoshiko Kusano (pagina 14)

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«Il nuovo CCL MEM è un tragu-ardo storico.» Paul Rechsteiner, presidente USS

«L’approvazione dei salari minimi è sta-to un boccone amaro da mandare giù.» Hans Hess, presidente Swissmem

«Insieme al pensionamento a 60 anni nell’edilizia è la principale conquista sindacale degli ultimi anni.» Vasco Pedrina, co­fondatore e primo co­presidente di Unia

«E così ce l’hai fatta!» Esclamazione di Peter Spuhler, presidente Stadler Rail

Peter Spuhler si sbaglia. Una conclusione vit­toriosa al termine di trattative così dure è sempre il risultato di un’azione collettiva. Ab­biamo fatto tanta strada per questo CCL dopo la grande manifestazione dell’industria del 22 settembre 2012. Siamo riusciti ad ottenerlo solo grazie agli affiliati e ai delegati dell’industria. Perché la squadra dell’industria

di Unia è straordinaria. E perché la delegazione alle trattative non ha mai ceduto alle pre­ssioni esercitate dai datori di lavoro e dai loro alleati di Impiegati Svizzeri. Chapeau!

Corrado Pardini, responsabile settore Industria Unia

Care colleghe e cari colleghi, è la vostra vittoria!

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L’industria siamo noi!

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L’industrie c’est nous!

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