Bollettino della Parrocchia di San Pietro di Castello d ... 80mo... · l’amore e la passione per...

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1 Bollettino della Parrocchia di San Pietro di Castello d'Argile (BO) - Anno XVII - n. 4 - Novembre 2015 EDIZIONE SPECIALE IN OCCASIONE DEGLI 80 ANNI DELLA CORALE “Chi canta bene, prega… da 80 anni” D el grande padre della chiesa sant’Agostino si cita sempre il detto che “chi canta bene prega due volte”, ma ci sono attestazioni ancora più belle del suo amore per il bel cantare. Siamo agli inizi della sua conversione e a Milano entra in una chiesa durante la celebrazione della liturgia, così commenta: «Quante lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua Chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verit, eccitandovi un caldo sentimento di piet. Le lacrime che scor- revano mi facevamo bene» (Confessioni, 9, 6, 14). L’ottantesimo della corale è l’occasione per fare memoria, per sentirsi parte di una storia bella, per accorgersi che i progetti vanno avanti quando ce li si prende a cuore: ottanta anni ci parlano infatti di una storia d’amore e di passione. La passione dei suoi direttori: Secondo, Umberto; la passione dei parroci che l’hanno accompagnata: don Riccar- do, don Amedeo, Mons. Gandolfi, don Mario, don Andrea. La passione dei coristi che hanno messo a disposizione tempo ed energie: sarebbe curioso contare le migliaia di ore di prove accumulati in questi ottanta anni, i chilome- tri di spartiti percorsi in questi anni. Alla loro passione e al loro ardore vogliamo accendere nuovamente il nostro fuoco, perché possa ancora portare avanti e sostenere la corale di oggi. Qual è il fuoco che anima la storia della corale? È quella di cui parla Agostino: il canto è un ponte su cui Dio cammina per arrivare e accendere i nostri cuori. La corale non fa opera da museo musicale, la corale è strumento perché il desiderio di Dio di parlare di sé e di incon- trarci possa realizzare attraverso questa dimensione così bella del canto con tutta la ricchezza che la storia della musica ci ha donato. Sì Dio vuole parlarci come ad amici, condurci nell’intimità e lo fa da vero innamorato: chi ama, canta. Cantare è prestare la voce a Dio, perché raggiunga i cuori. Il canto poi commuove se muove, cioè se mette la voglia di cantare, di rispondere a chi canta per noi. Grande è allora l’importanza della corale nella liturgia della nostra comunità: essa ci dona di rispondere a Dio che ci parla e canta., facendolo con passione, garbo e cura. In qualche modo la corale non solo dà voce a Dio, ma dà voce anche al suo corpo che è la Chiesa che risponde a Dio. Questo fuoco poi non starebbe acceso se non ci fosse un ultimo ma non per questo meno importante materiale: l’amore e la passione per la comunità. La corale è un luogo in cui si impara ad andare insieme, a vivere la diversità come complementarietà e non come ostacolo, a fare comunione fra le età, gli interessi e le responsabilità diverse. Non è sempre facile vivere tutto questo, ecco perché è importante fare memoria, ringraziare e chiedere anche gra- zia, perché questa bellissima vocazione sia viva in tutti, perché non si perda nulla di questo panorama bellissimo inscritto nella missione che affidiamo alla Corale. Un ultimo grazie a chi oggi accoglie questa storia bella e la rilancia nel futuro: a Cecilia e a tutti i coristi. Vi au- guriamo di non perdere l’entusiasmo, aiutateci a cantare bene per pregare sempre meglio e per essere sempre più, come nel vostro canto, un cuore solo e un anima sola. don Giovanni

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Bollettino della Parrocchia di San Pietro di Castello d'Argile (BO) - Anno XVII - n. 4 - Novembre 2015

EDIZIONE SPECIALE IN OCCASIONE DEGLI 80 ANNI DELLA CORALE“Chi canta bene,prega… da 80 anni”

Del grande padre della chiesa sant’Agostino si cita sempre il detto che “chi canta bene prega due

volte”, ma ci sono attestazioni ancora più belle del suo amore per il bel cantare. Siamo agli inizi della sua conversione e a Milano entra in una chiesa durante la celebrazione della liturgia, così commenta: «Quante lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua Chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verita, eccitandovi un caldo sentimento di pieta. Le lacrime che scor-revano mi facevamo bene» (Confessioni, 9, 6, 14).L’ottantesimo della corale è l’occasione per fare memoria, per sentirsi parte di una storia bella, per accorgersi che i progetti vanno avanti quando ce li si prende a cuore: ottanta anni ci parlano infatti di una storia d’amore e di passione.La passione dei suoi direttori: Secondo, Umberto; la passione dei parroci che l’hanno accompagnata: don Riccar-do, don Amedeo, Mons. Gandolfi, don Mario, don Andrea. La passione dei coristi che hanno messo a disposizione tempo ed energie: sarebbe curioso contare le migliaia di ore di prove accumulati in questi ottanta anni, i chilome-tri di spartiti percorsi in questi anni.Alla loro passione e al loro ardore vogliamo accendere nuovamente il nostro fuoco, perché possa ancora portare avanti e sostenere la corale di oggi. Qual è il fuoco che anima la storia della corale?È quella di cui parla Agostino: il canto è un ponte su cui Dio cammina per arrivare e accendere i nostri cuori. La corale non fa opera da museo musicale, la corale è strumento perché il desiderio di Dio di parlare di sé e di incon-trarci possa realizzare attraverso questa dimensione così bella del canto con tutta la ricchezza che la storia della musica ci ha donato. Sì Dio vuole parlarci come ad amici, condurci nell’intimità e lo fa da vero innamorato: chi ama, canta. Cantare è prestare la voce a Dio, perché raggiunga i cuori.Il canto poi commuove se muove, cioè se mette la voglia di cantare, di rispondere a chi canta per noi. Grande è allora l’importanza della corale nella liturgia della nostra comunità: essa ci dona di rispondere a Dio che ci parla e canta., facendolo con passione, garbo e cura.In qualche modo la corale non solo dà voce a Dio, ma dà voce anche al suo corpo che è la Chiesa che risponde a Dio.Questo fuoco poi non starebbe acceso se non ci fosse un ultimo ma non per questo meno importante materiale: l’amore e la passione per la comunità. La corale è un luogo in cui si impara ad andare insieme, a vivere la diversità come complementarietà e non come ostacolo, a fare comunione fra le età, gli interessi e le responsabilità diverse. Non è sempre facile vivere tutto questo, ecco perché è importante fare memoria, ringraziare e chiedere anche gra-zia, perché questa bellissima vocazione sia viva in tutti, perché non si perda nulla di questo panorama bellissimo inscritto nella missione che affidiamo alla Corale.Un ultimo grazie a chi oggi accoglie questa storia bella e la rilancia nel futuro: a Cecilia e a tutti i coristi. Vi au-guriamo di non perdere l’entusiasmo, aiutateci a cantare bene per pregare sempre meglio e per essere sempre più, come nel vostro canto, un cuore solo e un anima sola.

don Giovanni

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La Parrocchia di Argile non aveva una Schola Cantorum nel vero senso della parola; ha sempre avuto però un gruppo di

giovani uomini volenterosi che nelle feste principali facevano del loro meglio per condecorare le Sacre Funzioni.Facevano parte di tale gruppo, tra gli altri: Boni Leo, Fantoni Aroldo, Angelini Secondo ed al “Gobb” Parmeggiani.Solamente verso il 1933 l’allora seminarista Don Riccardo Zanarini, dovendo rimanere a casa dal seminario per un anno causa malattia, radunò un gruppo di giovani insegnando loro la Messa Te Deum di Perosi a due voci.Quel primo gruppo che fu proprio il lievito della nostra Schola Cantorum, è qui presente quasi al completo (dico quasi perchè due fedelissimi ci guardano ora dal Cielo dove il Signore li ha voluti anche se in età giovanile, ovvero Veronesi Lodovico e Cortesi Giuseppe). Lo stesso gruppo di giovani aveva preso gusto al canto ed allora Don Riccardo aumentò il numero con nuovi elementi ed insegnò la Messa del Perosi a tre voci d’uomo.Voglio ricordare l’esecuzione di tale messa nella Festa di Argile del 1934, con accompagnamento d’archi. Il giorno seguente a tale celebrazione, il nostro concittadino Magagnoli, che veniva con l’aereo a gettare il suo omaggio floreale alla Madonna del Rosario, scrisse sull’Avvenire d’Italia che era stata eseguita in modo assai lusinghiero.Nell’agosto del 1934 viene Cappellano ad Argile Don Amedeo Migliorini ed è proprio da quel momento che la Schola Cantorum si potenzia perchè egli subito pensò alle voci bianche. Si radunò un gruppo di bambini, assieme a circa 30 uomini, dando inizio alle prove per imparare la Prima Pontificalis di Perosi, che verrà eseguita per la prima Messa di Don Riccardo nel 1935, con orchestra sotto la bacchetta portentosa del valente Don Amedeo.Da quel momento si esce dai confini della nostra Parrocchia e iniziano i servizi nelle Parrocchie limitrofe: Cento, Pieve di Cento, Mascarino e Sala Bolognese.Intanto Don Amedeo iniziò ad insegnare la musica a me, Secondo, perchè voleva che imparassi a suonare e ricordo che mi dedicai con tanta passione da stare giornate intere all’armonium ad esercitarmi.Da questo momento ebbi l’incarico di insegnare la Messa ai bambini perchè ogni 3 o 4 anni bisogna reclutarne dei nuovi.Nel 1939 io, Secondo, parto per la vita militare e dopo molti mesi è chiamato alle armi anche Don Amedeo. In tale periodo (1939-1345) anni della guerra, trovandosi molti cantori sotto le

armi, la vita della Schola Cantorum è ridotta al minimo.Nel 1943 Bruno Bovina che conosceva la musica, con l’aiuto validissimo dell’allora giovanissimo fratello Franco, prese in mano le sorti della Corale allestendo alcune operette di Cagnacci e continuando con Perosi.Terminata la guerra, nel 1945, tornai e ripresi di nuovo il lavoro, ricalcando le orme di Don Amedeo per fare ad Argile una rinnovata Schola Cantorum.In questi ultimi 15 anni, ho dovuto rinnovare più volte il gruppo di bambini rinforzando con nuovi elementi anche tenori e bassi, immettendo nei programmi nuovi mottetti a più voci, adeguati alle varie solennità liturgiche, al fine di renderci più possibile utili alla Chiesa ed al Parroco.In occasione della prima Messa di Don Dino Vannini (1950), eseguimmo la Secunda Pontificalis di Perosi.Nel 1954 in occasione del 50° di prima Messa di Mons. Gandolfi invece si è eseguita la “Messa Jubilaria” di Vittadini.Vogliamo ricordare inoltre i servizi prestati a Cento, S. Martini di Crevalcore, Gallo Ferrarese, S.Maddalena a Bologna, Dosso, Porretta, Casadio...Da vario tempo il compenso annuo per i cantori è sempre stata la Gita e vogliamo ricordare la prima al Lago di Garda, per cantare la Messa a Verona ma un guasto alla corriera ci ha fermati per ben tre ore a Mirandola, ed allora andammo a cantare la Messa in quella chiesa con grande gioia del Parroco.Altre mete per le gite annuali sono state: S.Marino di Rimini, Abetone, Ancona e Loreto, Lago Brasimone... infine quest’anno siamo stati a cantare a Suviana da Don Dino. Desideriamo ricordare il nostro amatissimo ed indimenticabile Mon. Gandolfi: era contentissimo e fiero della sua Schola Cantorum. Nonostante le continue preoccupazioni economiche che lo pressavano, mai ha tralasciato di dare il proprio contributo per la gita annuale dei cantori. In questi ultimi anni desiderava immensamente risentire i bambini, ma poichè da alcuni anni le voci bianche erano in crisi, mi misi al lavoro e potemmo eseguire, l’anno scorso, la Messa Iubilaria a 3 voci. Fu purtroppo l’ultima

volta che Mon. Gandolfi sentì i bimbi cantori in Chiesa; dico in Chiesa perchè, e tutti voi lo ricordate, l’anno scorso (1959) il giorno di Natale, dopo aver cantato le pastorali all’ultima Messa, portammo l’armonium nella loggia al primo piano della Canonica, vicino alla sua camera. e poi sottovoce eseguimmo Hac Nocte e Ecce Annuntio Vobis. Fu tanta la sua gioia che uscì dalla camera e salutò ringraziandoci, con paterna commozione. Fu questo l’ultimo saluto coi suoi cantori (muore il 7 gennaio 1960). Abbiamo ora la fortuna di avere un Arciprete Don Mario Minello che ama la musica e quindi sotto il suo impulso, sono certo che la Schola Cantorum prenderà nuova energia per continuare ad accrescere le vecchie e nobili tradizioni, per la gloria di Dio, per il decoro delle funzioni liturgiche, al servizio della Parrocchia e della Diocesi.

Il direttore: Secondo Puggioli

24 novembre 196025° SCHOLA CANTORUM parte del discorso di Secondo Puggioli

BREVI CENNI STORICI RIASSUNTIVI

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NEL CANTO LA NOSTRA LODE

A Castello D’Argile si canta da tempi immemorabili. Ai più anziani brillano ancora gli occhi a parlare di canti in famiglia attorno al caminetto o nell’aia.

Nella nostra Comunità non poteva che nascere una Corale che nel suo stori-co cammino è andata via via perfezionando lo stile, l’interpretazione, il gusto dell’arte musicale.Quando Don Mario è giunto ad Argile per esercitare il ministero pastorale, si è subito imbattuto nelle “Messae Pontificalis” di Perosi ed in un “Tu es Petrus”

glorioso e solenne.S’è incontrato un laico che con voce poderosa e gesto perentorio, guidava la corale a tre voci dispari con contributo delle voci bianche, come non usava più da altre parti per l’impegno che comporta il continuo rinnovo dei “soprani”.È nato però con lui e con la rivoluzione determinata dal Concilio nel campo liturgico, anche un bellissimo coro di ragazze che sapientemente accompagnava la Santa Messa in italiano, segno di tempi nuovi.Secondo Puggioli ha lasciato a me che sono suo figlio Umberto, l’eredità.Don Mario ha benedetto al Signore i cantori, lieto di contribuire, per parte sua ed insieme alla Comunità, ai passi che, nel campo dell’arte offerta a Colui che è l’Autore della bellezza, non conoscono alcun traguardo.

(Umberto Puggioli, 5 maggio 1999 in occasione dei 38 anni di servizio di Don Mario)

il respiro profondo della Corale che ha percorso ottanta anni di storia nella nostra comunità e non è ancora disposto a fermarsi.

C’è un respiro sulla corale. Se cantare è un po’ di fiato tra le corde vocali, sulla corale S. Cecilia c’è un respiro profondo. La sua storia è fatta di generazioni che si sono susseguite, persone che hanno cantato tanti anni e hanno smesso solo

perché gli anni pesavano un po’ troppo ma sono sempre legati all’ascolto della loro corale. Perché quanto sei dentro per tanti anni nel canto sacro, c’è un pezzetto anche tuo, c’è il tuo fiato. Come dimenticare Secondo, se chiudo gli occhi penso al suo “on, du, tri” e via con l’attacco e all’effetto campana. Nelle canzoni c’era sempre un bong: “Bisogna fer com una campena!”, diceva e questo serviva a dare più forza a certe cadenze.Secondo aveva pochi gesti per i cantori. Essenziali. I testi erano spiegati brevemente ma non per questo poco sentiti. Il fiato e i volumi erano la vera anima della nostra preghiera.Un respiro diverso aveva Umberto, quanta dolcezza nel suo dirigere! Raccoglieva le nostre voci, le sosteneva, le correggeva e le elevava, finché il suo fiato si univa al nostro. Ed era lì che nasceva la melodia. Abbiamo seguito il suo procedere, forse anche con un po’ di fatica ma nel cantare abbiamo assaporato la bellezza, la preghiera e la lode. Siamo andati avanti, anche quando il respiro si è fatto corto, perché è difficile riempirsi i polmoni e cantare quando il cuore è nel dolore; ma il Signore ci ha donato chi ha colto e accolto questa eredità e con lei stiamo proseguendo. Con Cecilia, non c’è mai un canto eseguito male ma solo un canto che si può migliorare. Il significato del canto e la preghiera, sono davanti

a tutto. Le parole e i significati sono il centro del nostro cantare. Quando ci troviamo alle prove alla sera, durante la settimana, ognu-no porta in sé una giornata a volte non facile, faticosa, c’è chi arri-va da lontano, perché per lavoro ha dovuto viaggiare, chi è stanco e non vede l’ora di poter riposare, chi arriva in bicicletta con il buio, chi rimane sempre seduto, chi non trova mai le parti, chi nella propria borsa tiene oggetti per far giocare Clara, chi non la trova mai pari e neanche dispari e brontola sempre, chi non arriva mai in orario, chi ha in mano una parte e cantiamo un’altra canzone, chi ha poca voce ma dà tutta quella che ha, chi canta troppo forte e si deve trattenere, chi ride ad ogni occasione e, si sa, il riso è conta-gioso, chi alla fine di un canto dice: “la va ben!, anden avanti!”, chi pensa alla partita che stanno trasmettendo e lui è lì, chi ha la testa altrove perché le cose non girano bene, chi ha l’orecchio perfetto e

soffre delle note non perfette, chi lascia a casa gli occhiali e non vede poi così bene la parte e chi, invece, la parte ce l‘ha addirittura sul tablet!Arriviamo tutti dalla nostra vita, così come siamo, per esserci, ognuno ha un posto ben preciso e se non c’è, viene a mancare un pezzetto. Il futuro? Stare insieme e continuare a cantare perché chi canta pregando sa che il suo posto è nel servizio e nel trasmettere con la musica, la bellezza di essere in tanti ma di sentirsi parte di un’unica armonia: questo è il respiro profondo della Corale che ha percorso ottanta anni di storia nella nostra comunità e non è ancora disposto a fermarsi.

Rita e Marco

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Non è solo l’eperienza di un gruppo di amici

Si potrebbe scrivere molto sull’esperienza del cantare in una coro, o della importanza del canto corale per una comunità; e prima o poi si dovrebbe cercare almeno di scalfire la superficie

di una esperienza così ricca, ma in queste poche righe, in questa ricorrenza così importante vorremmo sottolineare almeno un aspetto: quando una associazione, una istituzione, un gruppo compie 80 anni significa che non è solo l’eperienza di un gruppo di amici, o l’iniziativa di una persona ispirata. Durare 80 anni significa che si è tramandata una esperienza una vita ad altri; non si può durare così tanto con le stesse persone. Si è fatta una esperienza guardando il futuro, si è creduto con fiducia in chi sarebbe venuto, si è costruito senza timore su tracce lasciate da altri. Molto spesso ci capita di considerare con ammirazione l’azione di personaggi importanti o ispirati, ma – soprattutto in questi decenni- abbiamo sotto sotto la convinzione che, venute meno queste

persone, si perda necessariamente quanto costruito da loro. Fa sempre più meraviglia ed è perciò importante celebrare un traguardo come questo, in cui si celebra una continuità e una fedeltà.Cos’è che rende così duratura una esperienza di questo genere; non ho risposte certe, ma posso solo cercare di raccontare quello che facciamo ora e che mi pare sia una valida traccia per capire questo “segreto”. Ogni volta che facciamo le prove, vedo intorno persone molto diverse per età, carattere, appartenenza e formazione. Ogni nuovo brano viene spezzettato, ci si sforza di capirlo, ci fermiamo a leggere bene le parole, per potere poi cantarle nel modo giusto.Quando poi le diverse “voci” si ritrovano, c’è un primo entusiasmo, una attesa per cercare di capire come “salterà fuori” il brano, che effetto e che forza avrà.

Lo sforzo è quello, pian piano di smettere di concentrarsi solo sulla propria parte, ma di ascoltare attentamente quelle degli altri, perché

solo così il brano sarà ben riuscito e darà soddisfazione. C’è poi un esercizio di fiducia nella direttrice, unica che sente in modo completo ed equilibrato il brano che cantiamo; noi, infatti, non sappiamo mai con precisione che effetto fa il brano al pubblico, possiamo solo fidarci e provare di ascoltare.Tutto questo sforzo per che cosa? Spesso ci fermiamo, quando la stanchezza o la difficoltà di interpretazione di un brano ci frena, e con la direttrice ci mettiamo a rileggere ciò che stiamo cantando, per cercare di coglierne il senso, di capire come la musica riesce a trasmettere quel concetto, per provare ad essere all’altezza di quella intuizione; e forse il segreto sta qui: non cantiamo per noi stessi, solo per mettere alla prova le nostre capacità, o solo per ricevere qualche complimento, ma per riuscire a esprimere con quanta più perfezione possibile una bellezza che non può non essere condivisa. Una grande donna carismatica una volta disse che l’arte esprime ciò che dell’anima non muore: forse è questo che cerchiamo di fare, condividere con tutta la comunità che ascolta un pezzo di eterno che un artista ha provato a esprimere. Io credo che sia questo sforzo di mettere le fondamenta in questa “eternità” il segreto che ha fatto arrivare la nostra corale agli 80 anni. Chiediamo a ciascuno di voi, nell’ascoltare, di aiutarci ad essere all’altezza di questo compito, di chiederci di essere una voce di quell’infinita gioia che tutti desideriamo e di condividere con noi questa “bella” fatica di trasformare il nostro fiato, i nostri muscoli, le nostre corde vocali in bellezza Divina che parla.

Angelo Bovina

CHI È DISPOSTO A DEDICARE UN PO' DEL SUO TEMPOALLA GIOIA DEL CANTO SACRO

PUÒ CONTATTARE DON GIOVANNI, ANDARE IN BIBLIOTECA DA ANGELO BOVINA O SCRIVERE A CECILIA: [email protected] Re

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