Blomboom - Federica Frezza

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Federica Frezza Bloomboom Quando arrivò il gelo non eravamo pronti. Qualcuno potrebbe dire che pronti a qualcosa del genere non lo si possa essere mai, altri potrebbero voler far notare che all'inizio fu tutto così lento e graduale che il cambiamento risultava appena percettibile. La verità è che nessuno si prese mai la briga di fermarsi un attimo e chiedersi, con relativa lucidità, come potesse apparire il quadro completo, in una vista dall'alto, panoramica. Se riesco a farlo io oggi è perché l'esempio degli altri, tutti coloro che siano caduti prima di me, mi fornisce quel senno che solo il poi ha potuto donarmi, data la mia natura così scarsamente lungimirante. Chi fa attenzione ad un refolo di vento più forte del precedente? Chi prende sul serio quelle paure sconvolgenti, e se reali niente più che

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Il racconto del terrore di Federica Frezza per lo Speciale Paranormal October organizzato dal blog letterario Sangue d'inchiotro.

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Federica Frezza

Bloomboom

Quando arrivò il gelo non eravamo pronti.Qualcuno potrebbe dire che pronti a qualcosa del genere non lo si possa essere mai, altri potrebbero voler far notare che all'inizio fu tutto così lento e graduale che il cambiamento risultava appena percettibile.La verità è che nessuno si prese mai la briga di fermarsi un attimo e chiedersi, con relativa lucidità, come potesse apparire il quadro completo, in una vista dall'alto, panoramica. Se riesco a farlo io oggi è perché l'esempio degli altri, tutti coloro che siano caduti prima di me, mi fornisce quel senno che solo il poi ha potuto donarmi, data la mia natura così scarsamente lungimirante.Chi fa attenzione ad un refolo di vento più forte del precedente?Chi prende sul serio quelle paure sconvolgenti, e se reali niente più che fortuitamente intuite, che ti afferrano le vene appena prima di cadere nel sonno e chiudersi appena al mondo esterno? Come quella che tutti avremmo dovuto avere il coraggio di affrontare davvero, la spaventosa realizzazione del fatto che, in una comunità relativamente piccola come era la nostra, non fossero sbocciate giovani vite da almeno due

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mesi. Non siamo scienziati. Siamo una società ben amalgamata, che si differenzia in tanti aspetti così piccoli e circostanziali da essere, da fuori, impercettibili.Siamo in grado di pensare gli uni agli altri, e ciascuno a sé. O meglio, era così.Ormai non resto che io.Qualche altro piccolo spettro della vita che riempiva il mio mondo resiste ancora, per poco, secco e stanco e arido ed intirizzito. Come me, del resto. Li vedo, quei pochi rimasti, da qui dove sono. Sono lontani, così lontani che, anche avessi qualcosa da dire loro, probabilmente non mi sentirebbero.E cosa potrei dire di interessante?Tutto quello che riesco a pensare al momento sono rimpianti e rimorsi e ricordi ormai perduti in un presente agghiacciante.Mi ricordo quando ero ancora piccolo, e tanti erano piccoli con me. Non vidi mai più giorni così acerbi e verdi e luminosi e profumati. Il vento allora era un amico comprensivo che si divertiva a giocare tra noi, mentre nelle nostre vene scorreva la linfa più pura che avremmo mai conosciuto. La notte non era mai una minaccia, il Sole ci accarezzava con l'affetto di un genitore. La pioggia ci faceva ridere, correvamo tra i temporali come se ci toccassero appena, ben consci di quanto preziosa fosse la loro venuta. Le esplosioni di colore dei tempi più miti ci facevano sognare placidi del futuro, e quando il caldo diventava

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appena aggressivo ci potevamo distrarre pensando quanto fosse importante il lavoro sul quale consumavamo ogni nostra energia, quanto dolci sarebbero stati i frutti del nostro lavoro, curati uno per uno, recipienti della nostra fatica, della nostra vita, ricchi e morbidi e disponibili per chiunque ne avesse sentito il desiderio.E adesso nulla di tutto questo permane. Non c'è traccia del rosa, del rosso, dell'azzurro della rugiada. Più niente. Più niente. Di quello che è sempre stato un rassicurante percorso steso davanti ai passi miei e dei miei fratelli adesso è rimasta una crepa, profonda e buia e così lunga che si estende lungo tutto il mio orizzonte, in modo che non abbia più nulla verso cui guardare con speranza, a cui attaccarmi per resistere ancora un po'. Non conosco il nome di nulla per cui possa valer la pena combattere. C'è solo freddo. E paura. E movimenti che fanno male, come se potessi spezzarmi da un momento all'altro, ora che il verde è sostituito da un colore scuro e pericoloso come il marciume. Manca poco. Ancora poco e non sarò più quello che sono. Quello che diventerò, purtroppo, non lo conosco.

Dicono che passeggiare nei parchi d'autunno regali pace e serenità, il vento che comincia a scuotere gli alberi, il mondo che si prepara al lungo riposo dell'inverno pronto a trasformarsi di nuovo l'anno seguente. Dicono anche che, se vedi l'ultima foglia che cade da un albero, tu possa

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esprimere un desiderio.Nel farlo, dovesse capitarti, cerca di non ascoltare il piccolo pianto che potresti sentire appena, mentre quel minuscolo guscio marrone colpisce il terreno.