BIOLOGIA SINTETICA

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Dopo la lettura del codice genetico, il prossimo passo sarà ri-scriverlo. Lo scorso giugno, i pionieri biotech J. Craig Venter e Hamilton Smith hanno lanciato la Synthetic Genomics, una startup di Rockville specializzata nella creazione di micro-organismi artificiali “personalizzati”. Venter sta finalmente per mettere a frutto la sua attività “bio-piratesca” condotta negli ultimi anni in giro per il mondo con il bene placido del governo degli Stati Uniti che ha concesso tutte le licenze richieste. Juan Enriquez, presidente della nuova compagnia, ex direttore del Life Sciences Project alla Harvard Business School, e capo esecutivo della Biotechonomy, che finanzia la Synthetic Genomics, ha rilasciato alcune dichiarazioni: “La nuova azienda sarà in grado di sintetizzare interamente nuove catene di DNA con l’obiettivo di comandare particolari funzioni vitali una volta inserite nelle cellule”. Si sta dunque per materializzare l’incubo che Mary Shelley aveva già cercato di esorcizzare, con scarso successo, in epoca illuministica: la prima fabbrica di “frankstencells”, come sono state ribattezzate in America, sta per aprire i battenti. Niente esseri mostruosi in carne ed ossa, almeno per il momento, ma pur sempre forme di vita create artificialmente in laboratorio. Abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi sui grandi problemi globali ”, continua Enriquez, come le fonti di energia e il riscaldamento globale. In particolare, stiamo cercando di ottimizzare i microorganismi che generano etanolo e idrogeno per poterli utilizzare nell’industria basata sul carbonio, Un volta che riusciamo a programmare individualmente il funzionamento di una cellula, possiamo rivoluzionare l’industria globale su larga scala”. E, perché no, anche finire di compromettere le poche, sane, forme di vita rimaste. Terremo in gran conto anche la questione etica”, dice ancora Enriquez, “crediamo fermamente nella Green Revolution che vediamo come la prossima rivoluzione industriale ”. È per questo che si sentono in diritto di appropriarsi della vita altrui o forse per andare incontro alla loro “volontà di onnipotenza” ? Tre organizzazioni - il Massachusetts Institute of Technology (MIT), il J Craig Venter Institute, il Center for Strategic and International Studies - hanno avviato nello stesso periodo uno studio di 15 mesi per esaminare a fondo le diverse implicazioni, sia benefici che rischi, della biologia sintetica commerciale, in modo da prevenire eventuali abusi (c'è da starne certi, ndr), come la possibile creazione di terribili armi biologiche. “Il campo della genomica sintetica offre il potenziale per un avanzamento scientifico senza precedenti ”, ha dichiarato Venter (che altro poteva dire, ndr), “incluso lo sviluppo di sorgenti di energia alternative e la produzione di nuovi vaccini e nuove medicine”. Il primo virus sintetico è stato assemblato nel 2002 da un team della State University of New York per un programma di guerra biologica finanziato dal Pentagono. Il virus è stato creato da 0 usando la sequenza genetica del virus

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Dopo la lettura del codice genetico, il prossimo passo sarà ri-scriverlo

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Dopo la lettura del codice genetico, il prossimo passo sarà ri-scriverlo.

Lo scorso giugno, i pionieri biotech J. Craig Venter e Hamilton Smith hanno lanciato la Synthetic Genomics, una startup di Rockville specializzata nella creazione di micro-organismi artificiali “personalizzati”. Venter sta finalmente per mettere a frutto la sua attività “bio-piratesca” condotta negli ultimi anni in giro per il mondo con il bene placido del governo degli Stati Uniti che ha concesso tutte le licenze richieste.

Juan Enriquez, presidente della nuova compagnia, ex direttore del Life Sciences Project alla Harvard Business School, e capo esecutivo della Biotechonomy, che finanzia la Synthetic Genomics, ha rilasciato alcune dichiarazioni: “La nuova azienda sarà in grado di sintetizzare interamente nuove catene di DNA con l’obiettivo di comandare particolari funzioni vitali una volta inserite nelle cellule”.

Si sta dunque per materializzare l’incubo che Mary Shelley aveva già cercato di esorcizzare, con scarso successo, in epoca illuministica: la prima fabbrica di “frankstencells”, come sono state ribattezzate in America, sta per aprire i battenti. Niente esseri mostruosi in carne ed ossa, almeno per il momento, ma pur sempre forme di vita create artificialmente in laboratorio.

“Abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi sui grandi problemi globali”, continua Enriquez, “come le fonti di energia e il riscaldamento globale. In particolare, stiamo cercando di ottimizzare i microorganismi che generano etanolo e idrogeno per poterli utilizzare nell’industria basata sul carbonio, Un volta che riusciamo a programmare individualmente il funzionamento di una cellula, possiamo rivoluzionare l’industria globale su larga scala”.

E, perché no, anche finire di compromettere le poche, sane, forme di vita rimaste.

“Terremo in gran conto anche la questione etica”, dice ancora Enriquez, “crediamo fermamente nella Green Revolution che vediamo come la prossima rivoluzione industriale”. È per questo che si sentono in diritto di appropriarsi della vita altrui o forse per andare incontro alla loro “volontà di onnipotenza” ?

Tre organizzazioni - il Massachusetts Institute of Technology (MIT), il J Craig Venter Institute, il Center for Strategic and International Studies - hanno avviato nello stesso periodo uno studio di 15 mesi per esaminare a fondo le diverse implicazioni, sia benefici che rischi, della biologia sintetica commerciale, in modo da prevenire eventuali abusi (c'è da starne certi, ndr), come la possibile creazione di terribili armi biologiche.

“Il campo della genomica sintetica offre il potenziale per un avanzamento scientifico senza precedenti”, ha dichiarato Venter (che altro poteva dire, ndr), “incluso lo sviluppo di sorgenti di energia alternative e la produzione di nuovi vaccini e nuove medicine”.

Il primo virus sintetico è stato assemblato nel 2002 da un team della State University of New York per un programma di guerra biologica finanziato dal Pentagono. Il virus è stato creato da 0 usando la sequenza genetica del virus polio, un virus non proprio innocuo. Agli inizi di quest'anno, scienziati della Rockefeller University hanno prodotto piccole vescicole sintetiche in grado di processare l'informazione genetica nello stesso modo in cui lo fanno i batteri.

(pubblicato su Ecplanet, ultima modifica 21-09-2005)

Biology's Bad Boy Is Back 08 marzo 2004

Venter revives synthetic bug talk 04 luglio 2005

Dal laboratorio allo yacht

Study to explore risks, benefits of synthetic genomics 28 giugno 2005

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I biologi sintetici dichiarano audacemente la loro capacità di creare forme di vita mai viste prima, una molecola alla volta. Mixano, abbinano, accatastano i componenti chimici del DNA come microscopici blocchi Lego nello sforzo di realizzare bio-computer, bio-medicine e bio-energia alternativa. Il campo, in rapida espansione, sta confondendo il vecchio sistema tassonomico di classificazione delle specie e sollevando non poche preoccupazioni sul potenziale abuso di queste nuove tecnologie ricombinanti.

L’idea alla base della biologia sintetica è quella di separare i componenti fondamentali delle cellule per poi ricostruire nuovi

organismi. Se l’ingegneria genetica si occupa prevalentemente di spostare un gene preesistente da un organismo ad un altro, operazione che alcuni chiamano “DNA bashing”, la biologia sintetica si spinge ancora più in là: significa progettare forme di vita che non esistono in natura, analizzare il progetto per assicurarsi che funzioni, e poi realizzarlo specificando ogni bit di DNA da inserire in un organismo per determinare la sua forma e funzione in un modo controllato e prevedibile, come quando si incide un microprocessore o si costruisce un ponte.

Il movimento, guidato dalla “genomica sintetica” dello spregiudicato Craig Venter, sta attraendo grandi investimenti e tutti I big del settore, che si sono ritrovati lo scorso agosto al “Life Engineering Symposium” di San Francisco. “La biologia sintetica non è altro che una forma più avanzata di ingegneria genetica”, dice George Church, ricercatore dell’Harvard Medical Center, “è una sfida alla distinzione tra naturale e artificiale”.

Creare un sistema biologico personalizzato significa in pratica scrivere sequenze di DNA partendo da 0. I biologi sintetici hanno già creato svariati virus artificiali, come il polio, partendo da singoli geni acquistati dalle compagnie biotech, mentre in Isreaele si sta realizzando il primo computer al DNA in grado di eseguire funzioni matematiche. La fondazione di Bill Gates sta finanziando con 42 milioni di dollari un gruppo di ricercatori della Berkeley per creare un nuovo vaccino contro la malaria ricombinando il materiale genetico del batterio E.Coli. “Stiamo costruendo parti separate che poi potranno essere assemblate e trasformate in sistemi biologici funzionanti”, dice Jay Keasling, a capo del dipartimento di Biologia Sintetica del Lawrence Berkeley National Laboratory.

Secondo l’attuale tasso di crescita e sviluppo delle biotecnologie, entro il 2010 un singolo biologo sintetico sarà in grado di sintetizzare una coppia di genomi umani al giorno partendo da 0. Semplicemente scrivendo la sequenza e sintetizzandola. Le “curve di Carlson” (un sistema di predizione sviluppato da Rob Carlson, esperto di biotecnologie, ndr) hanno anche mostrato come il prezzo del DNA sintetico scemerà drasticamente. Nel 2000, il costo di un sequenziamento genetico si aggirava tra i 10 e 12 dollari per un paio di basi. Oggi è già sceso a 2 dollari. Tra un paio di anni, il genoma di un batterio varrà quanto una automobile.

(pubblicato su Ecplanet, ultima modifica 30-09-2005)

Life, Reinvented   gennaio 2005

Breathing new life 19 agosto 2005

Researchers creating life from scratch 19 agosto 2005

Carlson Curve for DNA Synthesis Productivity 16 novembre 2007

Rimodellare il mondo biologico è troppo complicato. Perché, allora, non reinventarlo? Nasce così la biologia sintetica. Alcuni studenti del MIT, tra i più prestigiosi istituti di ricerca scientifica del mondo, sono impegnati nello sviluppo di contatori biologici. Al posto dei tradizionali transistors, catene di DNA: materiale organico, vivo, pulsante. Da inserire in batteri viventi.

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Qualche anno fa, sempre al MIT, si programmavano batteri per formare colonie a pois. Oggi si progettano microorganismi che lampeggiano come le luci di natale. Gli studenti del MIT sono tutti riuniti attorno a un guru della computer science, Tom Knight. “Si tratta di un cambiamento drammatico”, dice Knight, che in passato ha progettato alcune delle primissime interfacce di rete.

Al MIT, Tom Knight è una leggenda. Quando era ancora studente, negli anni Sessanta, lavorò insieme a Marvin Minsky ai primi vagiti dell’intelligenza artificiale. Nei primi anni ’90, era in cerca di nuove sfide e rimase affascinato dal lavoro di Harold Morowitz, un fisico passato alla biologia a Yale specializzandosi nella modificazione genetica di batteri chiamati “mollicuti”, delle creature talmente piccole da contenere “solo” un miliardo di

atomi. Knight si appassionò così all’ingegneria genetica e insieme a Gerry Sussman, un altro veterano del laboratorio di Artificial Intelligence, entrarono in contatto con l’agenzia Darpa, interessata al funzionamento dei sistemi bio-informatici. Subito dopo, Knight mise su il suo personale laboratorio cominciando a studiare il modo in cui le sequenze di DNA potevano essere ri-disegnate in modo pratico e utile a determinati scopi. Knight battezzò le sequenze “biobricks” e rilasciò la sua prima serie nel 2001.

Da allora, gli studenti del suo corso di biologia sintetica al MIT, stanno realizzando circuiti genetici progettati specificatamente per comandare determinate sequenze genetiche, per accendere o spegnere un certo gene o per sintetizzare una certa proteina. Una volta fatti tutti i test in laboratorio, le specifiche vengono spedite via Internet alla Blue Heron, una ditta di Seatle specializzata in sintesi genetica, che provederà a “fabbricare” il relativo DNA e a rispedirlo indietro al laboratorio del MIT, dove verrà inserito in un campione di E.Coli.

Nel 2000, Michael Elowitz, oggi professore al Caltech, descrisse come aveva ingegnerizzato un circuito genetico all’interno dell’E.Coli che consisteva di tre cosiddetti “geni repressori” spegnendoli e accendendoli ritmicamente. Allacciando una proteina fluorescente ad uno di questi geni realizzò un batterio che lampeggia come una lucciola. Elowitz chiamò il suo sistema “repressillatore”, ovvero un oscillatore fatto di repressori.

“L’obiettivo della biologia sintetica”, dice Endy, uno degli studenti di Knight, “è di reimplementare la vita in un modo di nostra scelta”. Per la sua laurea a Dartmouth, Endy ha sviluppato un modello al computer del T7, un virus che infetta il batterio E.Coli, descrivendo cosa succede quando il T7 attacca la sua preda – ad esempio quali geni sono coinvolti e in che modo. Ma il vero test per un modello è quanto bene riesce a prevedere l’avvento di circostanze del tutto speciali. Così, Endy ha riarrangiato il DNA del T7 creando delle catene mutanti con cui il virus ha sintetizzato le sue proteine in un differente ordine. Ha poi usato il nuovo modello per vedere cosa accadrebbe nell’infettare un E.Coli.

Si conta di giungere, entro una decade, o forse ancor prima, a creare batteri artificiali in grado di produrre farmaci che attualmente devono essere meticolosamente estratti da piante rare. Oppure virus contenuti in rivestimenti proteici che possono essere usati per produrre detrminate strutture molecolari. In un più distante futuro, la biologia sintetica consentirà la realizzazione di organismi più complessi come super-coralli che succhiano carbonio dalla biosfera e lo depositano in materiali da costruzione, o anche aggiungere nuovi cromosomi al genoma umano per ottenerevarie forme di “augmentation” umana.

Per molti scienziati, la biologia sintetica consentirà di penetrare più a fondo nei fitti misteri della biologia. Imitare la natura – orchestrando le interazioni tra geni e proteine innescate da qualche evento esterno – è un modo per scoprire i principi

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fondamentali che governano i sistemi viventi. Elowitz, ad esempio, sta usando il suo repressillatore per studiare il modo in cui i rumori interferiscono con la capacità delle cellule di inviare e ricevere segnali interni.

Ma le cose sono più complicate di quanto sembrano. La Blue Heron non può riprodurre qualsiasi sequenza. È successo che la compagnia abbia provato a iniettare il DNA sintetico nelle cellule da replicare e queste si siano rifiutate di collaborare. È successo anche che le cellule spedite dalla Blue Heron al MIT e poi inserite nei batteri non abbiano funzionato.

Non basta dunque far coincidere i tasselli del mosaico genetico. Dato che si tratta di materia organica, vivente, le risposte sono il più delle volte imprevedibili. Il mistero della vita rimane ancora imperscrutabile.

Quando Richard Feynman abbandonò definitivamente l’ufficio della Caltech nel 1988, disse: “Ciò che non posso creare, non posso capire”. È proprio il caso della biologia sintetica.

(pubblicato su Ecplanet, 01-10-2005)

Synthetic biology applies engineering approach to biological components 23 luglio 2004

The Promise and Perils of Synthetic Biology

Tom Knight (scientist) - Wikipedia

Biology Division - Michael Elowitz

Una coalizione di 35 organizzazioni internazionali, che include scienziati, ambientalisti, esperti di biowarfare e avvocati, ha lanciato un appello per dibattere e regolamentare il settore, in rapida ascesa, della biologia sintetica, ovvero la produzione in laboratorio di forme di vita artificiali progettate per assolvere a specifici compiti. Le organizzazioni che hanno firmato questa Lettera Aperta chiedono ai biologi sintetici di abbandonare il loro progetto di auto-governo e di aprirsi ad un dibatto pubblico e globale riguardo le implicazioni del loro lavoro.

“C'è il rischio che la biologia sintetica finisca nelle mani di ricercatori senza scrupoli”, fa notare Jim Thomas dell'ETC Group, una organizzazione canadese che vigila sul “lato oscuro” delle nuove tecnologie.

“Agli scienziati che creano nuove forme di vita in laboratorio non può essere concesso di agire come giudici e giurati”, dice Sue Mayer, di GeneWatch UK, “le possibili implicazioni sociali, ambientali e bio-terroristiche sono troppo gravi, la questione non può essere lasciata trattare dagli stessi scienziati coinvolti, c'è un chiaro conflitto di interessi”.

In questi ultimi anni, i biologi sintetici, nel tentativo di ri-scrivere il codice genetico del DNA hanno dimostrato di essere in grado di produrre artificialmente nuovi virus e nuove forme di vita. Nell'ottobre dello scorso anno, allo US Center for Disease Control è stato ri-creato il virus della Spagnola che ha ucciso milioni di persone; scienziati della University of Wisconsin-Madison hanno creato una nuova versione del batterio E. coli; mentre il guru della genomica Craig Venter, diventato famoso per aver guidato, con la Celera, la corsa commerciale al sequenziamento del genoma umano, è ora a capo di una nuova compagnia, la Synthetic Genomics, che intende commercializzare microbi artificiali da usare nella produzione energetica, agricola, e come rimedio ai cambiamenti climatici. La Synthetic Genomics è solo una della compagnie di biologia sintetica specializzate in sisntesi genica e produzione di DNA artificiale.

“La biologia sintetica è una sorta di ingegneria genetica sugli steoridi”, dice Doreen Stabinsky di Greenpeace International, “fabbricare organismi viventi che possono essere rilasciati nell'ambiente pone gravi problemi di bio-sicurezza”.

Nell'ottobre del 2004, un editoriale di Nature chiamava in causa lo storico meeting del 1975 di Asilomar che vide riunirsi la comunità scientifica internazionale per discutere i rischi legati all'ingegneria genetica e che optò per l'auto-regolazione, evitando così l'intervento di regolazioni governative. Proprio richiamandosi a quel modello, l'attuale comunità scientifica impegnata nella biologia sintetica ha indetto una conferenza per adottare un codice di auto-governo relativo alla bio-sicurezza.

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“La scienza non può continuare a vivere in un regno astratto disconnesso dal resto della società”, ha detto Alexis Vlandas dell'associazione International Engineers and Scientists for Global Responsibility (INES).

ETC Group - Synthetic Biology

(pubblicato su Ecplanet, 26-05-2006)

La Biologia Sintetica aspira a commercializzare nuove parti biologiche, dispositivi e organismi viventi - inclusi pericolosi agenti patogeni - costruiti a partire da DNA sintetico. I biologi sintetici stanno cercando di usare le cellule come micro-fabbriche per la produzione industiale di sostanze chimiche utilizzabili in campo farmaceutico o come bio-combustibili.

Un recente rapporto, alla cui stesura hanno partecipato bio-ingegneri del J. Craig Venter Institute, del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e del Center for Strategic & International Studies (CSIS) di Washington, finanziato con mezzo milione d dollari dalla Alfred P. Sloan Foundation, è stato presentato come "progetto per esaminare le implicazioni sociali della genomica sintetica". Lo studio, realizzato nell'arco di due anni, non chiama però in causa né la politica né la società civile. Anche se gli autori parlano di possibili "bio-errori", ovvero di possibili incidenti di percorso che causerebbero una grave minaccia alla salute pubblica e all'ambiente, l'enfasi è tutta indirizzata su eventuali bio-terroristi attivi in "un mondo post-11 settembre".

"Si tratta di uno studio evidentemente partigiano", dice Jim Thomas dell'ETC Group, "gli autori sono tutti 'sintusiasti', impegnati a tessere le lodi della biologia sintetica. Si preoccupano solo di come abbassare i costi della nuova industria. Non si preoccupano affatto delle questioni più importanti, ovvero la sicurezza e il controllo. Chi deciderà? Chi controllerà la tecnologia? Quali saranno gli impatti potenziali a livello sociale, economico e politico?". C'era da aspettarselo, visto che tra gli autori vi sono molti rappresentanti di istituzioni che hanno tutto l'interesse a commercializzare la biologia sintetica. Proprio di recente, il J. Craig Venter Institute ha annunciato la creazione del primo organismo artificiale provvisto di DNA sintetico, che sta per essere brevettato. Nel rapporto però non si parla affatto delle questioni inerenti alla proprietà, e al monopolio, di simili forme di vita.

Le barriere economiche e tecniche alla genomica sintetica stanno crollando. Usando un laptop computer, le sequenze genetiche disponibli nei database pubblici, DNA sintetico su ordinazione, diventerà presto routine costruire geni o interi genomi - anche di agenti patogeni letali - a partire da 0. Gli strumenti per le tecnologie di sintesi del DNA stanno avanzando rapidamente, diventando sempre meno costosi, più veloci e largamente accessibili. Di tutto questo nel rapporto non si parla. Perdipiù, le Institutional Biosafety Committees (IBC) - Commissioni Istituzionali sulla Biosicurezza - nate negli USA con il compito specifico di valutare eventuali rischi derivanti dagli esperimenti genetici basati sul DNA ricombinante, si sono rivelate un disastro. "Non sono state capaci di vigilare sulle ricerche di ingegneria genetica", dice Edward Hammond, direttore del Sunshine Project, che vigila sul settore biotech, "ancor meno potranno fare per la biologia sintetica".

È improponibile che il governo della biologia sintetica sia affidato agli stessi biologi sintetici. Occorre un ampio dibattito che coinvolga l'intera società civile. L'ETC Group ha proposto che sia bandito il rilascio nell'ambiente di organismi sintetici finché questo dibattito non abbia corso e non siano fissate regole e responsabilità.

Synthetic Biology: Group Seeks Ban on "Living Machines" 21 gennaio 2007

Civil Society Organizations Respond to Report on Synthetic Biology Governance from the J. Craig Venter Institute and Alfred P. Sloan Foundation 18 ottobre 2007

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Un nuovo rapporto, intitolato “Extreme Genetic Engineering: An Introduction to Synthetic Biology”, dell'ETC Group - organizzazione non governativa canadese impegnata nella lotta contro il “sublime neo-tecnologico” - sostiene che le minacce sociali, ambientali e bio-terroristiche legate alla biologia sintetica sorpassano i possibili pericoli e abusi derivanti dalle biotecnologie. “Gli scienziati non stanno più mappando i genomi e manipolando i geni”, dice Pat Mooney, Direttore Esecutivo dell'ETC Group, “stanno costruendo vite artificiali a partire da 0, e lo stanno facendo in assenza di un ampio dibattito sociale e una regolazione in materia”.

La “Synbio” (l'ingegneria genetica degli steroidi) è ispirata dalla convergenza di nanobiologia, nanocomputing e nanoingegneria. Usando un laptop computer, le informazioni pubbliche riguardo le sequenze genetiche e DNA sintetico su ordinazione, chiunque, potenzialmente, può creare dei geni o perfino degli interi genomi a partire da 0, inclusi quelli di patogeni letali (un po' di tempo fa, ad esempio, hanno ricostruito in laboratorio il virus della “spagnola” le cui informazioni sono disponibili on line presso GenBank, ndr). Tra 2-5 anni sarà possibile sintetizzare qualunque virus. Il primo nuovo batterio completamente artificiale probabilmente debutterà entro quest'anno. Entro 5-10 anni, la pratica del “genome design” avrà l'effetto di popolare il mondo di nuovi organismi viventi auto-replicanti creati in laboratorio (mi ricorda un certo Dr. Frankenstein, ndr).

Alcuni biologi sintetici sperano di riuscire a riconfigurare il patrimonio genetico di organismi già esistenti in modo da creare nuove funzioni volte in particolare alla produzione di farmaci o molecole di alto valore (commerciale). Vi sono già compagnie di biologia sintetica, come quella del “biopirata” J. Craig Venter, finanziate dal governo e dal capitale di ventura, che intendono commercializzare parti, sistemi, dispositivi biologici che non esistono nel mondo naturale. Alcuni dei quali, stando a quanto dichiarano le compagnie, saranno fondamentali per lo sviluppo dei biocombustibili, di nuove cure per la malaria, e addirittura di rimedi contro i cambiamenti climatici. Si sospetta che in realtà questa propaganda di facciata serva a nascondere i molti timori espressi da più parti verso i possibili usi di questa tecnologia.

Biologia sintetica più realisticamente significa strumenti economici e ampiamente accessibili per creare bioarmi di distruzione di massa come patogeni virulenti e organismi artificiali in grado di porre una seria minaccia alle persone e all'intero pianeta. “Il pericolo non è solo il bio-terrore, ma anche il bio-errore”, dice l'ETC Group.

Inoltre, infischiandosene della biologia open source, gli scienziati corporativi e accademici si stanno aggiudicando licenze esclusive per formare un monopolio sui bio-prodotti e sui processi relativi alla genetica sintetica. Come nel caso delle compagnie biotech, o di “Big Pharma”, il potere di creare vita sintetica rimarrà concentrato nelle mani delle maggiori compagnie multinazionali. Più la sintesi genica diverrà economica e veloce, più facile sarà per queste compagnie sintetizzare microbi piuttosto che ricercarli in natura o ricrearli da una banca genetica. I campioni biologici, sequenziati e immagazzinati in forma digitale, saranno accessibili istantaneamente lungo il tutto globo e potranno essere resuscitati simultaneamente nei laboratori corporativi di tutto il mondo.

Questa pratica pone fin d'ora nuove sfide alle negoziazioni internazionali sulla biodiversità (ma tanto chi le rispetta?).

“Lo scorso anno, 38 organizzazioni della società civile hanno respinto la proposta di auto-regolazione della biologia sintetica venuta da un piccolo gruppo di biologi sintetici”, ha detto Kathy Jo Wetter dell'ETC Group,

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“ci deve essere prima un dibattito globale sulle implicazioni sociali, economiche e etiche della synbio, non limitato solo alle questioni della bio-sicurezza”. Il rapporto dell'ETC Group conclude dicendo che non basta una regolazione della biologia sintetica a livello nazionale. Le decisioni dovranno essere considerate in un contesto globale, con una ampia partecipazione della società civile e dei movimenti sociali.

In linea con il Principio di Precauzione, l'ETC Group dichiara che, almeno, è necessario un bando immediato riguardo il rilascio nell'ambiente di nuovi organismi sintetici, almeno finché non avrà luogo un pubblico dibattito e non verranno stabilite delle regole.

(pubblicato su Ecplanet 01-03-2007)

ETC Group - Publications - Extreme Genetic Engineering

EVOLUZIONE SINTETICA

Una nuova ricerca del Biodesign Institute, guidata da John Chaput, ha riprodotto in laboratorio il processo Darwiniano facendo evolvere da 0 nuove proteine. Usando nuovi trucchetti messi a disposizione dalla biologia molecolare, Chaput e colleghi hanno fatto evolvere in pochissimo tempo diverse nuove proteine mai esistite prima in natura: il processo è stato chiamato “evoluzione sintetica” (i risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista PLoS ONE) “L'obiettivo della nostra ricerca è di capire certe questioni fondamentali riguardanti l'origine e l'evoluzione delle proteine”, ha detto Chaput, che fa il ricercatore al Center for BioOptical Nanotechnology del Biodesign Institute e il professore al dipartimento di chimica e biochimica dell'Arizona State University, “per questo le stiamo

crescendo in laboratorio. Magari, un giorno, riusciremo a creare nuovi catalizzatori che potranno essere usati a fini terapeutici nella medicina molecolare, oppure dei biocatalizzatori da usare come biotecnologia”.

I blocchi costituenti delle proteine sono 20 differenti aminoacidi che si legano insieme in varie forme a seconda della funzione di ogni proteina. Il mix e gli abbinamenti che avvengono nella catena di aminoacidi è proprio ciò che favorisce la creazione delle giuste combinazioni che generano la diversità biologica. Ancora nessuno può dire in anticipo come la sequenza di aminoacidi si formerà per dare vita alla struttura funzionale tridimensionale di una proteina. Per selezionare gli ingredienti base necessari a formare le proteine, il gruppo di Chaput ha cominciato ad evolvere una proteina che era stata precedentemente selezionata da una vastissima “libreria” di sequenze casuali (circa 400 trilioni, cioè 400 mila miliardi).

“Il problema maggiore”, racconta Chaput, “è raggiungere una certa stabilità. Più della metà dei 30.000 geni scoperti dallo Human Genome Project contengono proteine la cui struttura ci è sconosciuta, e di conseguenza non abbiamo informazioni sulla loro stabilità. Per questo dobbiamo studiare come le proteine si evolvono”. Il gruppo ha dunque deciso di accelerare l'evoluzione della proteina sempre mediante mutazioni selezionate specificatamente per migliorarne la stabilità, giungendo così a dei frammenti identificabili mediante una determinata sequenza di aminoacidi e la relativa struttura cristallina tridimensionale. Il gruppo ha battezzato la proteina sintetica “DX”. “Siamo rimasti scioccati, perché quando abbiamo comparato la struttura ottenuta con quella della proteina da cui eravamo partiti non abbiamo rilevato cambiamenti significativi”, racconta ancora Chaput. Solo due variazioni negli aminoacidi hanno determinato un miglioramento nella stabilità rispetto alla proteina di partenza.

Il gruppo di Chaput ha quindi sviluppato la tecnologia potenziale per migliorare in laboratorio la stabilità di qualsiasi proteina naturale (ma siamo davvero sicuri che la stabilità costituisca un miglioramento ?, ndr). “Rispetto alla natura, abbiamo il vantaggio di poter controllare direttamente il processo evolutivo delle nostre proteine sintetiche, in modo da guidarlo verso dove vogliamo”, ha concluso Chaput.

(Pubblicato su Ecplanet 02-06-2007)

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A new wrinkle in evolution -- man-made proteins 22 maggio 2007

Il bio-pirata J. Craig Venter vuole registrare all'ufficio brevetti americano un metodo per la creazione del primo organismo artificiale. La richiesta del J. Craig Venter Institute, il laboratorio creato da Venter dopo essere stato sbattuto fuori dalla Celera Genomics, da lui stesso fondata, riguarda la proprietà esclusiva di un

certo set di geni e del relativo “organismo non parassitario capace di crescere e replicarsi”.

Rimuovendo uno alla volta i geni del batterio Mycoplasma genitalium, Venter e il suo staff sono riusciti a identificare il numero minimo essenziale dei geni, 381 su 482 totali, necessarie affinché esso sia in grado di riprodursi e vivere in un ambiente controllato. L'obiettivo, in sostanza, è sintetizzare in laboratorio questi geni, inserirli su un cromosoma artificiale e quindi iniettarli in un Mycoplasma privato del suo DNA. E vedere così se la cosa funziona. Se il batterio artificiale così ottenuto continuerà a vivere, verrà allora modificato in modo da intervenire sull'ambiente. Ad esempio, inserendo un gene per fargli assorbire l'anidride carbonica che scarichiamo nell'atmosfera al ritmo di tre miliardi di tonnellate all'anno bruciando i materiali fossili. O magari, per fargli produrre idrogeno, impiegabile come combustibile pulito.

Venter punta a fare affari con la vita: una prospettiva che, secondo il gruppo ambientalista canadese ETC Group, potrebbe innescare un “Virus di Pandora”. Secondo l'associazione, che ha ribattezzato il nuovo microrganismo “Synthia”, è necessario

agire ora e subito, prima che il brevetto venga approvato e cominci una gara commerciale per sintetizzare e privatizzare le forme di vita artificiali. L'ETC Group lamenta, in particolare, che non venga dato modo all'opinione pubblica di dibattere adeguatamente sulle problematiche della vita artificiale e sulle sue “profonde implicazioni sociali, etiche ed ambientali”.

Venter, dal canto suo, sostiene, come al solito, che il lavoro che sta facendo sarà in grado di portare vantaggi sostanziali all'umanità intera, tipo batteri in grado di “mangiare” i gas serra e quindi ridurre a zero l'inquinamento ambientale o di generare biocombustibili come l'etanolo e l'idrogeno che non inquinino l'aria. “È pura speculazione propagandistica”, dice Jim Thomas dell'ETC Group, “lo stesso microbo ridotto al minimo di geni potrebbe anche essere utilizzato come un'arma biologica di distruzione di massa”. “I biologi sintetici hanno già assemblato un virus sintetico usando la sequenza genetica del polio”, dice Silvia Ribeiro dell'ETC Group, “dichiarano che le forme di vita sintetiche risolveranno il problema dei cambiamenti climatici solo per nascondere i timori che possano venire usate come armi biologiche”.

La compagnia biotech Codon Devices di Cambridge (Massachussets) è specializzata in ingegneria genetica: produce catene di DNA su ordinazione. “Nei prossimi anni”, dice George Church, professore di genetica ad Harward tra i fondatori della Codon, “si potranno avere cellule ingegnerizzate a buon mercato, per il trasporto di nanomedicine (farmacogenomica), per la creazione di sensori cellulari, per la creazione delle più svariate nanostrutture”. Secondo gli esperti del settore, il mercato della biologia sintetica è in procinto di esplodere, dopo l’enorme quantità di DNA sequenziati in questi anni. “Quando succederà”, dice John Danner, presidente della Codon, “cambierà profondamente la biotecnologia”.

La Codon ha creato una catena di DNA umano sintetico che contiene diversi geni utilizzati per sintetizzare composti farmaceutici. La catena è stata ordinata da Microbia, un'altra compagnia biotech sempre di Cambridge che sta creando microbi per produrre delle speciali sostanze chimiche. “Al momento i costi sono ancora troppo elevati”, dice Chris Voigt, biologo sintetico della University of San Francisco. La Codon, fiduciosa che presto i costi scenderanno, ha in progetto di modificare il DNA di alcuni enzimi che potranno essere usati in alcuni processi industriali, come ad esempio i cellulasi, una famiglia di enzimi che rompe i legami della cellulosa

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nelle piante e che se reso più efficiente può produrre etanolo cellulosico, un bioetanolo che può essere ricavato a partire da biomasse di tipo cellulosico, ovvero dalla gran parte dei prodotti o sottoprodotti delle coltivazioni, riducendo così i costi di produzione. “Possiamo prendere la sequenza genetica dell'enzima”, dice Briqan Baynes, co-fondatore della Codon, “usare il programma di un computer per visualizzare le possibilità di ottimizzare la sequenza, scegliere tra un milione di differenti versioni e poi fare dei test”.

Allo stesso modo, si possono sviluppare farmaci a base di proteine che colpiscono solo determinati target oppure che spezzano più efficientemente le tossine nel sangue. “I biologi molecolari assomiglieranno sempre più a degli ingegneri”, sentenzia Danner.

Vogliono brevettare il batterio sintetico PI 11 giugno 2007

Synthetic Biology - Opening Pandora's Box v.2.0

Wimpy Synthetic Organisms? 29 maggio 2007

(Pubblicato su Ecplanet 21-06-2007)

Un team di scienziati al soldo del “biopirata” Craig Venter ha costruito in laboratorio un cromosoma sintetico (geneticamente modificato) e starebbe per annunciare la creazione della prima forma di vita artificiale. Si tratta di un grande balzo in avanti nello sviluppo della biologia sintetica, ha osservato il corrispondente da New York del quotidiano britannico The Guardian.

Venter ha dichiarato al giornale inglese che sarà «un passo filosofico cruciale per la storia della nostra specie: passiamo dalla lettura del codice genetico alla capacità di ri-scriverlo. Questo ci dà la capacità ipotetica di fare cose mai contemplate in precedenza». Con tutte le questioni etiche (irrisolte) e le conseguenze che ne derivano, dalla possibile creazione di nuove specie, alla cura di malattie, fino alla creazione di nuove forme d'energia per salvare il pianeta.

Il Guardian rivela che una squadra di 20 scienziati selezionati da Venter, guidati dal premio Nobel Hamilton Smith, ha costruito un cromosoma sintetico usando solo sostanze chimiche sintetiche,

create in laboratorio, ricomponendo il puzzle di un cromosoma lungo 381 geni e contenente 580.000 coppie di codice genetico appartenente al batterio Mycoplasma genitalium: gli scienziati lo hanno “denudato” fino ad ottenere il minimo DNA indispensabile a sostentare la vita, togliendogli un quinto delle sue caratteristiche genetiche. Il cromosoma ricostruito sinteticamente, con il nome di “Mycroplasma laboratorium”, è stato trapiantato in una cellula viva del batterio; nello stadio finale del processo dovrebbe prendere il controllo della cellula e divenire una nuova forma di vita artificiale. Venter si dice «fiducioso al 100%».

La nuova forma di vita dipenderà però per il metabolismo e la capacità di riprodursi dalle strutture della cellula in cui viene impiantata, e in questo senso non può essere detta interamente sintetica. Secondo Venter, si tratta di «scienza buona», prima di tutto a fargli guadagnare un sacco di soldi. Il genetista richiederà infatti un brevetto per il suo batterio sintetico che poi venderà a caro prezzo.

«Le premesse perché Venter riesca nel suo intento, cioè introdurre un cromosoma artificiale in un micoplasma, ci sono tutte - ha dichiarato Fabrizio d'Adda dell'IFOM (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) di Milano – si tratta di un enorme passo in avanti da un punto di vista tecnologico, ma concettualmente non è tanto distante da quello che, a partire dagli anni Ottanta, hanno e continuano a fare tutti i ricercatori. È infatti ormai una routine selezionare un gene e farlo esprimere all'interno di microrganismi. Il concetto di prendere un essere vivente, modificarlo e fargli esprimere qualcosa di diverso è quindi una tecnica già nota e usata». Tecnica, tra l'altro, che ha proprio come padri i vincitori del premio Nobel per la medicina assegnati a Mario Capecchi, Oliver

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Smithies e Martin Evans. Craig Venter è quindi “figlio” di questa scoperta. Ma non è certo il solo. «Il vantaggio di Venter – continua d'Adda – è di aver trasferito i geni con una tecnologia molto più avanzata. Finora eravamo in grado di trasportare in una cellula da uno a tre geni, con la sua tecnica i geni possono essere molti di più».

Secondo d'Adda, «ciò che potrebbe dargli davvero la gloria, sarà la creazione di un cromosoma umano artificiale, perché a quel punto rivoluzionerebbe in maniera radicale la terapia genica. Alla base della cura delle malattie genetiche c'è infatti l'inserimento del gene sano attraverso un vettore, che oggi è un virus inattivato. Ma non sempre la terapia funziona, perché il virus-trasportatore potrebbe inserirsi in una zona non corretta del genoma, attivando o disattivando geni che non sono implicati nella malattia. Diverso è invece aggiungere un cromosoma artificiale che porta l'informazione giusta per correggere il difetto genetico. In altre parole, il cromosoma artificiale non interferisce sul DNA, ma fornisce un'informazione in più». Tuttavia, «malattie come il cancro o i trapianti sono troppo complesse per beneficiare di questa scoperta». Nel primo caso il problema è riuscire a far entrare il cromosoma artificiale che trasporta il gene che rallenta la crescita tumorale in tutte le cellule neoplastiche; nel secondo, l'ostacolo è legato al polimorfismo del genoma: non è possibile realizzare un cromosoma artificiale utile per tutti da usare come terapia anti-rigetto. Ne occorre uno per ogni singolo paziente.

(Pubblicato su Ecplanet 15-10-2007)

Venter team claims to have created a synthetic chromosome

I am creating artificial life, declares US gene pioneer The Guardian 06 ottobre 2007

Scientist claims ownership over synthetic life forms 20 novembre 2007

Per più di una decade, Steve Stice, professore di Scienza Animale alla University of Georgia, si è dedicato alla ricerca nel campo delle cellule staminali embrionali per combattere malattie degenerative e debilitazioni varie. La sua più recente scoperta, un kit contenente cellule neurali artificiali, potrebbe invece essere usata come arma di difesa anti-terroristica.

Il kit creato da Stice contiene miliardi di cellule neurali, cresciute a partire da cellule staminali embrionali, la cui attività elettrica varia in risposta ad eventuali agenti chimici. L'U.S. Naval Research Laboratory dispone di un dispositivo in grado di misurare queste variazioni elettriche. “Il sistema di monitoraggio”, spiega Stice, “registra l'attività elettrica delle cellule neurali, che in condizioni normali presenta uno specifico pattern ritmico. In presenza di agenti chimici, l'attività elettrica si riduce e i segnali emessi sono riconoscibili. Il computer poi interpreta i segnali indicando eventuali problemi”.

Al momento, il sistema può rilevare agenti chimici ma non identificarli. Con ulteriori sviluppi sarà in grado di

farlo, rilevando una gran quantità di agenti chimici molto velocemente. Si pensa di usarlo nelle metropolitane, negli aeroporti e nelle zone di guerra.

(Pubblicato su Ecplanet 09-12-2007)

New use for stem cells found in war on terrorism 25 settembre 2007

Steve Stice Lab

Ai chimici, di solito, occorrono ore per sintetizzare gli stessi composti che le cellule producono in pochi minuti. Bradley Moore, della Scripps Institution of Oceanography, e alcuni colleghi della University of Arizona, hanno sintetizzato l'enterocina, un antibiotico a largo spettro trovato nell'organismo marino “Streptomyces maritimus”: la complessa struttura della molecola e le reazioni chimiche necessarie sono state ottenute con una nuova tecnica (lo studio è apparso online su Nature Chemical Biology).

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Quando gli scienziati scoprono qualcosa di utile in un microbo o in una pianta, in genere procedono isolando il composto dalla sorgente originale. Ma per poterlo studiare e svilupparlo come farmaco, devono trovare il modo di sintetizzarlo in grandi quantità. I metodi convenzionali per sintetizzare prodotti naturali sono molto potenti ma anche molto laboriosi.

Credit: Scripps Institution of Oceanography, University of California, San Diego

Il processo spesso coinvolge molte singole reazioni chimiche che devono essere fatte in sequenza. Dopo ogni reazione, i prodotti devono essere purificati ed isolati. Nel nuovo metodo descritto dal gruppo di Moore, il grosso del lavoro è combinare gli enzimi con i materiali di partenza. “Possiamo ottenere il composto in due ore, metterlo in un fiasco, agitare, ed è fatta”, dice Moore. Ma prima, ci vogliono mesi per isolare gli enzimi necessari, clonando i geni dei microrganismi.

Il gruppo di Xi Chen, un chimico della University of California di Davis, usa tecniche enzimatiche per sintetizzare carboidrati. In composti più complessi come l'enterocina sono coinvolti nel processo molti enzimi, per cui occorre più tempo per isolarli e poi ri-combinarli insieme. Un'altro modo per produrre l'enterocina è modificare geneticamente il microganismo, un metodo ormai assai diffuso nell'industria farmaceutica. Scott Snyder, un chimico sintetico della Columbia University, è rimasto impressionato dall'abilità del metodo enzimatico di produrre una particolare reazione conosciuta come “Favorskii rearrangement” (“riarrangiamento di Favorskii”, in nome del chimico russo Alexei Yevgrafovich Favorskii). Snyder vede i metodi di sintesi basati su enzimi come complementari dei metodi organici.

(Pubblicato su Ecplanet, 10-12-2007)

GM Microorganisms Taking the Place of Chemical Factories 26 gennaio 2006

Chemicals made with natural ingredients: bacteria

Favorskii rearrangement - Wikipedia

PROGETTO PROTOCELLULA

Al Los Alamos National Laboratory è in corso un esperimento volto a creare la vita in laboratorio, combinando alcuni dei più basici elementi, cercando il modo di trasformare la chimica inorganica in organica, nel tentativo di valicare la sottile e misteriosa barriera tra vita e non-vita. Sperando così di scoprire in che modo si è originata la vita sulla Terra, oppure da qualche parte nell'Universo. Astrobiology Magazine ha intervistato Leslie Mullen e Hans Ziock, della Los Alamos Earth and Environmental Sciences Division, per sapere a che punto è il progetto “protocellula”.

Astrobiology Magazine (AM): Nel vostro esperimento state cercando di sviluppare una protocellula con proprietà organiche. Da dove siete partiti ?

Hans Ziock (HZ): Ci siamo chiesti innanzitutto quali sono le proprietà più comuni della vita. La vita è un sistema che genera e scambia informazione: necessita di un metabolismo per generare l'informazione, di componenti genetiche per trasportarla, e di una fonte energetica per poter compiere queste funzioni. Poi ci siamo chiesti qual'è il modo più semplice per mettere insieme tutto ciò. La protocellula che abbiamo disegnato ha dei bordi composti da molecole amfifiliche, che si attaccano all'acqua e all'olio. Queste molecole si auto-assemblano automaticamente formando doppi strati, lo stesso tipo di strutture che compongono il muro delle nostre cellule.

Il doppio strato di molecole anfifiliche forma una sostanza appiccicosa a cui altre molecole, con simili proprietà, si attaccano, consentendo di radunare e concentrare l'informazione, il metabolismo e il “cibo” delle molecole. Nelle nostre cellule, la molecola che contiene l'informazione è il DNA, che trasporta il codice per la costruzione delle proteine che agiscono come catalizzatrici. Ma il DNA non deve essere decodificato per poter essere letto, perché partecipa direttamente al metabolismo. Dunque, abbiamo cominciato con

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una"zuppa" uniforme di tutti i componenti dissolti. Poi abbiamo fatto assorbire alla zuppa un po' di luce, in modo da “eccitarla”.

La nostra molecola informativa ha stabilizzato la molecola che assorbe la luce donando un elettrone. La molecola è rimasta così in uno stato eccitato stabile abbastanza a lungo per trasferire l'energia necessaria per rompere i legami di un'altra molecola e formare una molecola amfifilica. Abbiamo poi dato altra luce in modo da romperla in due parti e formare il doppio strato. Lasciando ripetere la reazione, abbiamo aspettato che si fossero formate abbastanza di queste molecole amfifiliche, che spontaneamente hanno formato dei contenitori sferici. Questo sistema usa una molecola informativa accoppiata con un metabolismo, che, insieme, producono dei contenitori. Al contrario delle cellule moderne, dove il doppio strato separa l'ambiente esterno dal volume interno, dove accadono le reazioni chimiche, tutte le reazioni avvengono sulla superficie del doppio strato o al suo interno. Ma siamo ancora lontani dal far riprodurre queste protocellule. Possiamo usare lo stesso tipo di metabolismo per riprodurre l'informazione, ovvero il materiale genetico. La molecola informativa potrebbe essere una molecola simile a quella del DNA.

AM: Che tipo di molecola informativa state usando?

HZ: Una versione modificata di un nucleo base, una delle basi che partecipa nel DNA: abbiamo trasformato una guanina in una oxoguanina, che ha il potenziale per donare un elettrone al nostro fotosensibilizzatore metabolico, in modo da stabilizzarlo e intrappolare l'energia. L'oxoguanina si trova naturalmente nei nostri corpi, ma viene rimossa. Abbiamo dovuto aggiungere altri elementi chimici per fare in modo che l'oxoguanina legasse con la molecola che assorbe la luce.

AM: Cos'altro avete dovuto modificare nel vostro esperimento rispetto a ciò che era disponibile sulla Terra primigenia?

HZ: Abbiamo creato una molecola-risorsa, quella che viene rotta in due dal metabolismo per produrre i componenti del contenitore. Questi acidi grassi oggi si trovano facilmente. Sono uno dei componenti che usiamo per fare saponi, e possono essere sintetizzati in condizioni prebiotiche. L'intero sistema si basa su un ambiente acquatico. L'unico componente fuori dall'ordinario è il nostro composto metabolico che assorbe l'energia luminosa: stiamo usando un metallo complesso di rutenio che richiede un disegno specifico. È solo da tre anni che stiamo facendo i primi tentativi. Molto probabilmente, questo tipo di reazioni sono avvenute in miliardi di piccole regioni della Terra primigenia. Ci vorranno ancora molte prove e, soprattutto, molti errori.

AM: Che tipo di luce usate per illuminare la “zuppa”?

HZ: Usiamo luce visibile, perché è più facile da controllare - basta accenderla e spengerla - e, se vogliamo, possiamo scegliere delle specifiche lunghezze d'onda. Quando si è originata la vita sulla Terra, tutta l'energia necessaria era disponibile nei materiali esistenti a quel tempo. Probabilmente, la vita primigenia ha usato un sistema energetico chimico simile a quello dei “black smokers” che si trovano nel fondo dell'oceano: le alte temperature potrebbero essere state mitigate da venti freddi che hanno contribuito a generare un ambiente stabile. Michael Russell, del JPL, ha proposto per primo l'idea che questi venti freddi abbiano fatto da incubatrici per la vita. Anche se, non sappiamo quanto trasparente alla luce fosse l'atmosfera della Terra.

AM: Che cosa vi manca ancora per creare la vita in laboratorio?

HZ: Dobbiamo fare in modo che il contenitore produca un altro contenitore con la stessa molecola informativa, usando l'energia esterna per guidare la reazione metabolica. Sarebbe ancora meglio avere una catena di molecole informative complementari in modo che l'informazione si possa riprodurre e moltiplicare.

(Pubblicato su Ecplanet 10-12-2007)

The Protocell Project Astrobiology Magazine 10 settembre 2007

Creating Life, Saving Lives Los Alamos National Laboratory

Usando il laser per incidere dati in proteine microbiche, ricercatori della University of Connecticut hanno mostrato come sarà possibile produrre memorie bio-olografiche riscrivibili. La memoria olografica immagazzina i dati in tre dimensioni invece che in due ed è in grado di rendere l'accesso ai dati centinaia di

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volte più veloce. I primi sistemi a memoria olografica, commercializzati di recente, non consentono però la riscittura.

I ricercatori guidati da Jeffrey Stuart, a capo del Nanobionics Research Center all'Institute of Materials Science dell'università, hanno basato il loro sistema di storaggio olografico su proteine modificate di microorganismi che si trovano comunemente nelle paludi

d'acqua salata: basta illuminare le proteine con luce blu per cancellare tutti i dati immagazzinati. Si tratta di una biotecnologia che sfrutta un adattamento evolutivo del microbo “Halobacterium salinarum”, che produce una membrana proteica sensibile alla luce quando le concentrazioni di ossigeno diminuiscono. la proteina, conosciuta come “batteriorodopsina”, aiuta l'organismo a convertire la luce del sole in energia. Dopo che ha assorbito la luce, la proteina la processa mediante una serie di stati chimici, rilascia un protone, si autoresetta e ripete il ciclo: in uno di questi stati, forma degli ologrammi (l'intero ciclo dura dai 10 ai 20 millisecondi).

I ricercatori hanno scoperto che illuminando la proteina con luce rossa quando è vicino alla fine del suo ciclo chimico possono forzarla in uno stato utile conosciuto come “stato Q” che può durare per anni. Il problema è che questo stato è difficile da produrre naturalmente. Così, alcuni biologi molecolari della University of Connecticut, guidati da Robert Birge, del dipartimento di chimica, stanno manipolando geneticamente l'Halobacterium salinarum per indurlo a produrre proteine che entrino più facilmente nello stato Q.

Per poterla utilizzare come parte di un sistema olografico, la proteina viene sospesa in un gel polimerico. Un laser verde viene diviso in due e in uno dei fasci di luce vengono codificati i dati. I due fasci di luce vengono poi ricombinati insieme nel gel in modo da formare nelle proteine un pattern di interferenza che immagazzina i dati. Per leggere i dati, il sistema invia un singolo, debole, fascio di luce laser rossa attraverso il pattern di interferenza. Un fascio di luce laser blu invece cancella i dati.

Tim Harvey di Starzent, una compagnia finanziata dalla U.S. Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), che sta sviluppando un mini-drive olografico, dice: “I dispositivi di memoria olografici basati su proteine offrono il potenziale per realizzare memorie riscrivibili fino a 10 milioni di volte”. Se i ricercatori troveranno la giusta variante genetica, sarà possibile produrre grandi quantitativi di proteine modificate a basso costo. I dispositivi di memoria olografica in generale consentiranno di trasferire un file da 30 gigabtye, contenente ad esempio un film ad alta definizione, in meno di 10 secondi.

(Pubblicato su Ecplanet 13-12-2007)

Rewritable Holographic Memory A genetically engineered microbial protein could mean better data storage Technology Review 13 agosto 2007

La Codon Devices, Inc., una “Constructive Biology Company”, ha annunciato la sua espansione in Europa attraverso la formazione di Codon Devices U.K. Ltd., e la nomina di Michael Dyson alla nuova carica di consigliere delegato per l'Europa. “Siamo eccitati per l'apertura della nostra nuova sede centrale in Europa che costituisce uno dei passi principali per i nostri piani di espansione”, ha dichiarato John P. Danner, presidente e direttore generale della Codon Devices, “mentre industrializziamo la biologia sintetica e guidiamo un nuovo paradigma nella ricerca definito Constructive Biology™, stiamo osservando una rapida adozione della nostra sintesi avanzata di geni e delle offerte per l'ingegneria delle proteine. L'interesse da parte del mercato europeo è straordinario e viviamo nell'attesa di rifornire questi clienti in maniera più efficace attraverso questa nuova sede per le operazioni”.

Michael Dyson guiderà la Codon Devices U.K., Ltd., facendo rapporto a Michael J. Fitzpatrick, vicepresidente e responsabile per le vendite a livello mondiale della Codon Devices, Inc. Il Dr. Dyson ha più di 20 anni di esperienza nella guida del customer service europeo e nell'organizzazione delle vendite nel settore delle scienza umane. Prima di entrare a far parte della Codon Devices, il Dr. Dyson era amministratore delegato per Sequenom, GmbH e direttore per le vendite in Europa ed il Marketing per MicroCal, LLC. “Mike porta con sè una straordinaria capacità di leadership e una conoscenza approfondita del mercato europeo”, ha commentato Michael Fitzpatrick. “Codon Devices ha stabilito della forti relazioni con molte società europee nel settore farmaceutico, della biotecnologia e del business agricolo, così come con dei rinomati centri accademici di ricerca”, ha detto Dyson, “sono emozionato dalla possibilità di migliorare la forte posizione della Codon nel mercato attraverso questa nuova sede centrale e attraverso la rapida messa in atto di interventi per la vendita diretta in tutta Europa”.

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Codon Devices, Inc., è una società biotecnologica privata con base a Cambridge, Massachussets, concentrata sullo sviluppo di applicazioni commerciali della biologia sintetica. Gli obiettivi della Società sono lo sviluppo e la consegna di prodotti di alto livello, oltre ai servizi di progettazione in molte aree applicative, fra le quali ci sono librerie di geni artificiali, cellule artificiali che producono nuovi prodotti farmaceutici, vaccini migliorati, prodotti agricoli, bioraffinerie per la produzione di sostanze chimiche industriali ed energia. La piattaforma di produzione “BioFAB™” della Codon Devices utilizza strumenti informatici sofisticati, robotica e tecnologie di ordinamento in sequenza per sintetizzare importanti ordinativi di codici genetici mediante tecnologie all'avanguardia.

(Pubblicato su Ecplanet, 14-12-2007)

Codon Devices expands gene scaffolding reach 10 ottobre 2007

Il team di ricercatori di Craig Venter ha annunciato di aver realizzato in laboratorio un intero genoma batterico sintetico usando DNA artificiale ordinato per posta: il Mycoplasma genitalium “JCVI-1.0”. Il lavoro era già stato pubblicizzato, ma ora la nascita del primo micro-frankenstein sintetico è ufficiale (i dettagli sono stati pubblicati su Science). Composto da 582.970 basi, in realtà JCVI-1.0 contiene tutti geni del ceppo naturale di M. genitalium con l'eccezione del solo gene “MG408”, che è stato disattivato per bloccarne le potenzialità patogenetiche.

L'intento del Craig Venter Institute è di riuscire in futuro ad inserire nelle cellule di organismi viventi genomi sintetici realizzati in laboratorio in modo da ottenere così delle nuove specie chiamate “Synthia”. Per il momento, sono riusciti ad ottenere la più grande molecola di DNA mai costruita artificialmente. Ma il genoma contenente tale molecola, stando a quanto riporta Science, non è stato trapiantato con successo in una cellula vivente. Finora, gli unici genomi completamente sintetici erano stati quelli di virus ricostruiti in laboratorio, tra cui patogeni mortali come il polio e la spagnola, usando sequenze di DNA sintetico su ordinazione. Esiste il rischio concreto che qualcuno costruisca in laboratorio agenti patogeni virali come il batterio che causa l'antrace. Per questo motivo, l'ETC Group, che da tempo sta cercando di sensibilizzare la società civile sul tema, ha rinnovato il suo appello per una moratoria sul rilascio e la commercializzazione di organismi sintetici, questione che, come minimo, deve essere dibattuta pubblicamente.

Gli investimenti nel settore in rapida espansione della biologia sintetica piovono da governi, capitalisti di ventura e grandi corporations come BP, Shell, Cargill, Dupont e Virgin Group. Di recente, la compagnia Solazyme si è unita con la Chevron, la settima corporation più grande del mondo, allo scopo di produrre biodiesel ottenuto da alghe sintetiche. La Dupont già produce una bioplastica commerciale usando un organismo sintetico. La BP invece investe nella Synthetic Genomics Inc. di Venter.

In Inghilterra, è stata presentata la RATE (Regulatory Authority for Tissue and Embryos), la nuova agenzia governativa che si occuperà di bioetica. Ad annunciarlo è stato il ministro della Sanità, Caroline Flint, che nel dare via libera definitivo agli esperimenti chimerici ha chiarito i termini della nuova agenzia che nel 2008 sostituirà l'HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority) che si unirà alla Human Tissue Authority, degradando così lo statuto dell'embrione al rango di materiale da laboratorio, come il tessuto della pelle.

In Italia, Protolife, con sede Venezia, fa parte del consorzio europeo PACE (Programmable Artificial Cell Evolution), che coinvolge nove università europee, due laboratori di ricerca statunitensi e due società private italiane, oltre alla Protolife Telecom Italia. Finanziato dal VI Programma Quadro dell'UE con 8,5 milioni di euro, il progetto PACE “si propone di costruire una nuova generazione di sistemi informativi complessi in scala molecolare, utilizzando cellule artificiali programmabili”.

A Berkley, negli States, anche grazie ad un finanziamento di 42.5 milioni di dollari della Bill and Melinda Gates Foundation, Jay Keasling sta lavorando agli stabilimenti chimici del futuro, delle vere e proprie

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“fabbriche viventi” per produrre biofarmaci, a costi inferiori rispetto a quelli attuali, programmando microrganismi capaci di generarli, anziché continuare a utilizzare costosissime sintesi di laboratorio.

Tutto questo sta succedendo, così come per la nanotecnologia, in totale assenza di regole condivise e di un dibattito pubblico.

Synthetic life 'advance' reported 24 gennaio 2008

Scientists create first synthetic bacterial genome - importance for biofuels 25 gennaio 2008

Solazyme and Chevron Technology Ventures Enter into Biodiesel Feedstock Development 22 gennaio 2008

Gates foundation to promote synthetic biology 13 dicembre 2004

Biologia_sintetica2_ETC_Group

Story of "Synthia" the (theoretical) human-made synthetic microbe (YouTube)

Quando, durante un'intervista gli chiesero se lui e i suoi collaboratori stessero giocando a essere Dio, Hamilton Smith, premio Nobel 1978 per la Fisiologia e la Medicina, rispose: “Noi non stiamo giocando”. Nel 2003, il gruppo di lavoro diretto da Smith riuscì a creare il primo virus sintetico. Nel 2005, con Venter, Smith ha fondato la Synthetic Genomics, compagnia con capitale di trenta milioni di dollari.

Gli scienziati al soldo d Venter si sono perfino divertiti a nascondere dei messaggi segreti in cinque sequenze genetiche con le quali poter formare parole usando gli amino acidi prodotti dal DNA: nel genoma di JCVI-1.0 c'è scritto “Venter Institvte”, con la “v” invece che con la “u”, perché nessun amino acido è rappresentato da questa lettera, e anche i nomi di Craig Venter e dei suoi collaboratori: HamSmith, GlassandCycle, CindiandClyde,

Glass and Cynthia Andrews-Pfannkoch e altri. E non è la prima volta: nel 2003, ricercatori dell'Icon Genetics, un istituto di biotecnologie tedesco, produssero una pianta ingegnerizzata di Arabidospsis thaliana in modo che contenesse una riga di un verso tratto dal libro I delle Georgiche di Virgilio.

Devono essersi divertiti anche i biologi americani dello Scripps Research Institute di La Jolla, in California, coordinati da Floyd Romesberg, nel creare due basi genetiche artificiali, regolarmente replicate da un enzima naturale e “aggiunte” alle altre quattro del DNA naturale (A, adenina; C, citosina; T,timida; G, guanina; U, uracile). L'obiettivo, secondo quanto hanno riferito sulla rivista Genetics, sarebbe quello di consentire, in futuro, di lavorare nel campo dell'ingegneria genetica in modo più ampio e diversificato, e magari, perché no, queste due “lettere aggiunte” potrebbero essere inserite, un giorno, nel codice genetico di un essere umano.

Le due “nuove basi” sono il frutto di circa dieci anni di ricerca da parte di Romesberg e colleghi che in tutto

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questo periodo hanno creato una vera e propria “libreria” di circa 200 nuove potenziali basi genetiche, ognuna leggermente diversa dalla corrispondente naturale. Sfortunatamente, però, nessuna di loro era abbastanza simile, nella struttura e nella chimica, a quella naturale, tanto da poter essere copiata dagli enzimi polimerasi, che hanno il compito di replicare il DNA all'interno della cellula. Senza darsi per vinti, hanno continuato a progettare e sintetizzare casualmente un gran numero di basi, che poi venivano sottoposte al trattamento degli enzimi. Alla fine, sono riusciti a a sintetizzare e testare, su 3600 candidati, due molecole, “dSICS” e “dMMO2”, che sembrano funzionare. Ora, però, comincia la parte più dura: capire come avviene il processo di replicazione della molecola.

“In futuro - ha detto Romesberg - pensiamo di usare le nuove basi artificiali per sintetizzare DNA con caratteristiche nuove e non previste dalla natura. Ad esempio, innesti specifici per l'amplificazione del DNA; etichette molecolari per materiali a rischio, come esplosivi, rilevabili senza rischiare la contaminazione con il DNA naturale, ecc.”. Inoltre, sempre secondo Romesberg, si potranno utilizzare il DNA e l'RNA per moltiplicare e diversificare le tante applicazioni per le quali sono oggi già usati come ad esempio costruire nanostrutture complesse o geni alterati (portatori di malattie) silenziati. Anche se l'obiettivo principe rimane quello di riuscire ad incorporare le due basi artificiali nel codice genetico di un organismo vivente: “Vogliamo espandere il codice genetico e la capacità di sviluppo di un organismo”, confessa Romesberg.

C'è anche chi è in cerca di codici genetici alieni. Il biochimico Steven Benner, fondatore di diverse società come la, nel 1987 ha realizzato una molecola di DNA espansa, aggiungendo due nuove unità di base a quelle esistenti in natura. Il suo collega Eric Kool, della Stanford University, ha dichiarato: “Questo DNA non può funzionare sulla terra, ma un giorno potrebbe generare materiale per una nuova forma di vita, qui oppure in un altro pianeta”.

(Pubblicato su Ecplanet 25-02-2008)

Wired Science Reveals Secret Codes in Craig Venter’s Artificial Genome 28 gennaio 2008

Artificial letters added to life's alphabet 30 gennaio 2008

It’s DNA Jim, but not as we know it 02 agosto 2008

New Artificial DNA Points to Alien Life 14 gennaio 2009

ProtoLife

ETC Group

Steven Benner

Prof. Eric T. Kool

Keasling Laboratory

Craig Venter Institute

Human Tissue Authority - RATE

Programmable Artificial Cell Evolution

U.S. Naval Research Laboratory

Codon Devices, the Constructive Biology company™

U.S. Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA)

Scripps Institution of Oceanography