Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

40
Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32) 2,80 UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ISSN 1129-566X Bimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Tabella C – art. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filiale di Firenze. n. 3/2004 (32) Nuova controriforma

Transcript of Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Page 1: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Bimestrale dell’UAARn. 3/2004 (32)€ 2,80

UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti

ISSN 1129-566X

Bim

estra

le –

Spe

dizi

one

in a

bbon

amen

to p

osta

le –

Tab

ella

C –

art.

2 c

omm

a 20

/c le

gge

662/

96 –

Filia

le d

i Fire

nze.

n.3/

2004

(32)

Nuova controriforma

Page 2: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

In copertina

Immagine di Sergio Staino.

Nell’interno vignette di

Pag. 8: Pino Zac (da Kirie & Leison, Editoriale Corno, 1977); pag. 11: Fran-ca & Toti (da Quasi sufficiente, Curcu & Genovese, 1997); pag. 18: Vauro(da L’ulivo santo, Massari Editore, 1999); pag. 21: Sergio Staino (da l’Uni-tà, 10 aprile 2004); pag. 25: Zap & Ida (da L’hanno santo, Massari Editore,1999); pag. 27: Vip (da Il mondo con gli occhi del Sud, Studio d’Arte An-dromeda, 1991); pag. 31: Sergio Staino (da l’Unità, 25 marzo 2004); pag.36: Andrea Girelli (da Cessate il fuoco, Curcu & Genovese, 1994).

L’ATEO n. 3/2004 (32)ISSN 1129-566X

EDITOREUAAR – C.P. 749 – 35100 Padova

Tel. / Segr. / Fax 049.8762305www.uaar.it

DIRETTORE EDITORIALERomano Oss

[email protected]

REDATTORE CAPOBaldo Conti

[email protected]

COMITATO DI REDAZIONEMarco Accorti, Massimo Albertin,

Mitti Binda, Raffaele Carcano, Francesco D’Alpa,

Calogero Martorana, Rosalba Sgroia, Maria Turchetto,

Lia Venturato, Giorgio Villella, Sabrina Zucca

CONSULENTIRossano Casagli, Luciano

Franceschetti, Paolo Ottaviani, Livio Rosini, Carlo Tamagnone

GRAFICA E IMPAGINAZIONERiccardo Petrini

DIRETTORE RESPONSABILEEttore Paris

REGISTRAZIONEdel tribunale di Padovan. 1547 del 5/12/1996

Per le opinioni espressenegli articoli pubblicati,

L’Ateo declina ogni responsabilitàche è solo dei singoli autori.

L’Ateo si dichiara disponibilea regolare eventuali spettanze perla pubblicazione di testi, immagini,o loro parti protetti da copyright,

di cui non sia stato possibilereperire la fonte.

Contributi, articoli, lettere,da sottoporre per la pubblicazione,

vanno inviati per E-mail [email protected]

oppure per posta ordinaria aBaldo Conti

Redazione de L’AteoCasella Postale 10

50018 Le Bagnese S.G. (Firenze)Tel. / Fax 055.711156

STAMPATOmaggio 2004, Polistampa s.n.c.

Via Livorno 8, 50142 Firenze

SOMMARIO

Editorialedi Romano Oss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Integralismo cattolico e controriformadi Valerio Pocar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4

Il sonno della laicitàdi Emmezeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7

I danni all’Italia dello spirito controriformistadi Maurizio Magnani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9

Ombre e … ombre nelle aule scolastiche alla “luce” della (contro)riforma Morattidi Rosalba Sgroia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .11

Il minuetto di donna Letiziadi Marco Accorti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14

Laicità addiodi Carlo Talenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15

Quando la coppia scoppia. Sguardo critico su cattolicesimo e televisione mentre la Rai compie 50 anni (Terza parte)di Carlo M. Pauer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .19

Può la storia della laicità nel secolo scorso, spiegare la situazione in Francia oggi?di Georges Jobert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .23

Il Comitato di Presidenza dell’UAARa cura di Baldo Conti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26

“Necessità e libertà. L’ateismo oltre il materialismo” di Carlo Tamagnonedi Fabio Bazzani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28

Intervista a Harold Krotodi Piergiorgio Odifreddi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .29

Notizie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

Dai Circoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

Lettere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

2 n. 3/2004 (32)

Page 3: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Alle cittadine e cittadini lettori de L’Ateo,

Questo breve editoriale sarà il mioultimo; altri dopo di me esprime-ranno le valutazioni del Comitatodi Redazione sui temi di nostro in-teresse e sulla politica editorialedella rivista.

In quest’ultimo anno L’Ateo è miglio-rato moltissimo nei contenuti grazieanche agli apporti d’autorevolissimicollaboratori, ma anche nella forma,nell’impaginazione, nel numero di pa-gine e nel passaggio da quattro a seinumeri. Tutto ciò ha comportato mag-giore impegno e maggiori costi, mache cosa sarebbe l’associazione sen-za una simile vetrina?

Per ragioni personali e professionalinon posso più dedicare l’impegno e iltempo necessari alla rivista e mi vedocostretto ad abbandonare questoonorevole compito che ho condottospero decorosamente fin dal momen-to in cui, sostituendo Martino Rizzottialla segreteria dell’UAAR, proposi difondare la rivista come:

“Strumento essenziale per farsi cono-scere e proporre a tutti gli interessatiun tavolo di discussione con il fine dielaborare e concretizzare un modo lai-co di concepire la vita dell’uomo al dilà della contaminazione delle conce-zioni teistiche”.

Questo scrivevo nel primo editorialedel numero zero de L’Ateo di 16 pagi-ne del dicembre del 1996.

Garantirò, comunque, se necessario enell’interesse della rivista, tutta lamia disponibilità fino al nostro prossi-mo Congresso nazionale di novembrea Firenze.

Questo numero è dedicato nella suaparte monotematica a ciò che generi-camente viene definita “Controrifor-ma”. Perché “Controriforma”? Se con-tinuiamo a rimanere nell’ambito deirapporti con la religione dovremmopensare che la società civile ha attua-to una riforma tale da innescare unprocesso di controriforma oppurequesto termine è esagerato?

Il nostro orizzonte civile è deformato edeviato dall’ingombrante massa dellereligioni che si oppongono a uno svi-luppo razionale e condiviso della so-cietà umana. Noi viviamo in regime dilibertà vigilata, non siamo liberi di di-scutere e migliorare il nostro contrat-to sociale se non piegandolo, nel no-stro caso, al potere violento dellaChiesa cattolica apostolica romana,potere che nel corso della storia, ed èbene ricordarlo sempre, ha causato ecausa, direttamente o indirettamente,la morte violenta di milioni d’esseriumani; l’esempio più banale è la mor-te per AIDS causata dagli anatemi an-ticoncezionali del monarca polacco.

La controriforma di cui ci occupiamoora si abbatte sulle istanze di moder-nità e autodeterminazione che il no-stro corpo civile aveva cercato di dar-si negli anni più o meno condivisibilidella Prima Repubblica.

C’è stato il ’68, la legge Baslini-Fortuna,la legge sull’aborto. Si era cominciataa intravedere la possibilità di un cam-mino separato tra società civile e fe-de religiosa, ancora non si percepivao si sottovalutava lo spettro dell’inte-gralismo.

La valanga dei cambiamenti innesta-ta da Tangentopoli ha smosso e intor-bidato le acque in modo per noi disa-stroso: ci siamo trovati una fanaticafondamentalista vandeana alla presi-denza della Camera, una diffusionenella società di un’identità religiosadal sapore crociato, lo sviluppo di unoscurantismo scientifico che fa nomi-nare alla presidenza del Comitato diBioetica un cardinale e un finanzia-mento sempre più ridicolo alla ricercascientifica.

Questa non è una controriforma, è undisastro. La paura è quella di passareda un regime di libertà vigilata a uncarcere di massima sicurezza comesuccede non solo per alcuni stati isla-mici, ma anche per alcuni “civilissi-mi” stati dell’occidente, vedi USA.

Romano Oss, [email protected]

3n. 3/2004 (32)

EDITORIALE

Firenze, Palazzo dei Congressi, Sala Verde

6° Congresso Nazionale UAARNovembre 2004

Sabato 20 (ore 10-18) – Domenica 21 (ore 9-14)

Per informazioni preliminari rivolgersi a:

Giorgio Villella (Tel. 049.8762305), Baldo Conti (Tel. 055.711156)

Page 4: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

4 n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Al volgere dello scorso millennio e inapertura dell’anno giubilare, il presi-dente della Conferenza episcopaleitaliana cardinal Ruini ebbe a delinea-re, in un’intervista a la Repubblica del21.12.99, la strategia che la Chiesacattolica romana avrebbe dovuto se-guire per “riproporre in modo compe-titivo” i propri valori, suggerendo chela Chiesa avrebbe dovuto “concentra-re il suo massimo sforzo nel misurarsicon le sfide culturali in Europa e nel-l’America del Nord, cioè nelle societàche pesano di più sul futuro dell’inte-ro pianeta” e indicando come campiprivilegiati del confronto “la famiglia,la bioetica, il diritto alla vita, la scuo-la, il lavoro”. Nelle parole stesse delporporato viene così prospettato unprogetto di carattere controriformisti-co. Preso atto che i cattolici rappre-sentano, in Italia, ormai una minoran-za, quella che da sempre hanno rap-presentato nel mondo, vengono indi-viduati come interlocutori non le co-scienze degli abitanti del pianeta, al-le quali rivolgere un’opera di evange-lizzazione, ma i potenti della Terra,presso i quali svolgere un’attività dilobbying per orientare le loro scelteistituzionali, destinate a riflettersi sul-l’umanità più debole, privilegiando ilcampo della famiglia e della scuola(l’educazione e l’istruzione formano lecoscienze) e della bioetica (il progres-so scientifico, specialmente nel cam-po biomedico e biotecnologico, rap-presenta la fonte delle sfide più in-quietanti per i difensori dei valori tra-dizionali). Anche se non particolar-mente originale – ma la Chiesa vieneda lontano e intende, pur restandoimmobile, andare lontano – questastrategia è astuta, se coerentementee rigorosamente seguita. E bastaguardare ai pochi anni trascorsi.

Per quanto concerne la scuola, la stra-tegia dell’uso strumentale delle isti-tuzioni si è mossa a tenaglia. Da unaparte, complice il competente (nelsenso di avente autorità) ministro, so-no stati avviliti la scuola e la ricercapubblica, tramite il taglio delle risor-se e la mortificazione degli insegnan-ti (addirittura, caso unico nella storia,abbassando l’età dell’obbligo scola-stico). Dall’altra parte, sono state de-stinate con vari sotterfugi, complici il

medesimo ministro e colludenti am-ministratori locali, risorse pubblichealle scuole private confessionali. Nonsto a ricordare – la cosa è troppo nota– che il terzo comma dell’art. 33 dellaCostituzione vieta il finanziamentodelle scuole private con oneri per loStato. Desidero invece attirare l’atten-zione su un’altra violazione dei dirittifondamentali dei cittadini, meno di-scussa, ma non meno importante.Non v’è dubbio che la natura confes-sionale imposta all’insegnamento im-partito nelle scuole private cattolicheviola il diritto alla libertà d’insegna-mento sancita nel primo comma diquel medesimo art. 33 (“l’arte e lascienza sono libere e libero ne è l’in-segnamento”). La libertà d’insegna-mento, peraltro, non va consideratasolamente, come di solito è conside-rata, come un diritto degli insegnan-ti, corollario della loro libertà di pen-siero e di ricerca (diritto al quale gliinsegnanti magari potrebbero ancheliberamente rinunciare, sempre che leloro scelte occupazionali fossero dav-vero pienamente libere), ma soprat-tutto come un diritto che risponde aun interesse, giuridicamente tutelato,generale di tutti i cittadini e partico-lare dei cittadini studenti. Di tutti i cit-tadini, perché la collettività ha inte-resse a che la scienza progredisca li-beramente e a che i suoi futuri citta-dini abbiano una formazione libera, edei cittadini studenti, perché la liber-tà della formazione corrisponde a loroprecisi diritti (alla libertà d’opinione ed’espressione delle opinioni, alla li-bertà d’informazione, alla libertà dipensiero, di coscienza e di religione),diritti non solamente sanciti per tuttii cittadini dalle regole costituzionali,ma più specificamente ribaditi, per iminori, dagli artt. 12, 13 e 14 dellaConvenzione internazionale sui dirittidei bambini e delle bambine delle Na-zioni Unite del 1989, convenzione chel’Italia ha ratificato e ha pieno vigorenel nostro ordinamento. Al diritto allalibertà dell’informazione i genitoricattolici possono anche rinunciare perse stessi, ma non hanno il diritto di ri-nunciarvi per i propri figli minorenni.Anche per questa ragione lo Stato,che è tenuto a non finanziare alcun ti-po di scuola privata, non potrebbe co-munque mai accedere alla richiesta di

finanziamento delle scuole privateconfessionali.

Per quanto poi concerne la famiglia,una delle pretese, tra molte altre, del-le gerarchie ecclesiastiche consistenel chiedere che lo Stato non dia rico-noscimento alle cosiddette “famigliedi fatto” e, men che meno, alle unionitra persone dello stesso sesso, poichériconoscimento e tutela spetterebbe-ro esclusivamente, in nome della “ret-ta morale naturale”, alla famiglia ete-rosessuale fondata sul matrimonio. Larichiesta è stata, almeno sinora, ascol-tata. È ben vero che l’art. 29 della Co-stituzione tutela la famiglia matrimo-niale, ma al tempo stesso l’art. 2 rico-nosce le formazioni sociali nelle qualisi svolge la personalità dei cittadini el’art. 3 vieta qualsiasi discriminazionesulla base, fra l’altro, del sesso e dun-que anche degli orientamenti sessua-li. In particolare, per quanto concerneil riconoscimento del diritto degliomosessuali a contrarre matrimonio,si può, anzi, ritenere che tale dirittoabbia un preciso fondamento costitu-zionale, nel senso che, proprio perchéla Costituzione riconosce come fonda-mentali i diritti della famiglia legitti-ma fondata sul matrimonio, deve es-sere garantita a tutti i cittadini, indi-pendentemente dal loro orientamen-to sessuale, la possibilità di formareuna famiglia legittima, fondata ap-punto sul matrimonio. Non è inoppor-tuno, a questo proposito, ricordareche tanto la Dichiarazione universaledei diritti dell’uomo del 1948 delle Na-zioni Unite (art. 16) quanto la Carta diNizza (art. 9) sanciscono il diritto diciascun individuo a formare una fami-glia come diritto umano fondamenta-le. L’opposizione integralistica dellagerarchie ecclesiastiche cattoliche,per quanto efficace, contrasta con leregole costituzionali e lo Stato laicopuò tollerarla come opinione, ma de-ve rifiutarla come pretesa, adeguan-do la sua legislazione alle aspirazionidei suoi cittadini, al sentire comune ealle sollecitazioni del Parlamento eu-ropeo.

Per ciò, infine, che concerne la bioeti-ca, il discorso potrebbe essere benlungo. Con riferimento alle questionirelative al corpo, alla salute e alla vi-

Integralismo cattolico e controriformadi Valerio Pocar, [email protected]

Page 5: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

ta, il principio di autodeterminazionedell’individuo – sancito come dirittofondamentale della persona dagliartt. 13 e 32 secondo comma della Co-stituzione – viene sistematicamentecontrastato, anzi negato in nome del-la “sacralità della vita”, che la rende-rebbe indisponibile. Solo che qui sitratta non già di disporre della vita al-trui, ma di scegliere rispetto alla pro-pria. Così, il cammino della regolazio-ne delle direttive anticipate, dell’eu-tanasia, della possibilità di interrom-pere il sostegno vitale per le personein stato vegetativo persistente e viaenumerando, è reso difficoltoso,quando non impraticabile.

Un caso particolarmente emblemati-co dell’uso strumentale delle istituzio-ni da parte della lobby ecclesiasticacattolica è rappresentato dalla leggesulla procreazione medicalmente as-sistita (PMA), con la quale l’opzionemorale di coloro che si ergono a rap-presentanti di una minoranza dei cit-tadini è stata imposta a tutti gli altri.Fermo restando il giudizio totalmentenegativo nei confronti di una leggeche manifestamente viola il principiodella laicità dello Stato, appare chiaroche si è trattato di un uso strumenta-le delle istituzioni piuttosto che di unacompetizione tra diverse opzioni mo-rali. La legge, infatti, ha un significa-to eminentemente simbolico e politi-co: per un verso, si è inteso ottenereuna vittoria, non importa se a costodelle rinunce e degli scambi politiciche s’impongono in presenza di mag-gioranze di coalizione (e, ahinoi, an-che di opposizioni di coalizione) e, peraltro verso, si è trattato della cinicadisponibilità delle gerarchie cattoli-che a pagare dei prezzi [1] pur di fre-nare le possibilità di controllo della ri-produzione extracorporea offerta dalprogresso delle tecnologie biomedi-che [2]. Con un unico colpo di mano,si sono ottenuti molti risultati perver-si: dalla riduzione dell’autonomia delmedico [3] a una battuta d’arrestodella ricerca scientifica [4], dalla re-strizione della libertà riproduttiva deicittadini e soprattutto delle cittadine,specialmente di quelle più deboli epiù facilmente controllabili [5], alla le-sione del diritto alla salute delle don-ne [6] e del loro diritto di autodeter-minazione rispetto agli interventi sa-nitari [7]. Sembrerebbe quasi che laChiesa, nella strenua difesa dei “di-ritti” dell’embrione [8], abbia inteso,in una prospettiva misogina e discri-minatoria, ripristinare il controllo sul

corpo femminile che gli uomini hannoda tempo rinunciato a pretendere diesercitare.

A fronte di una strategia integralisti-ca di così vasto respiro la questionedella laicità dello Stato si pone comela questione cruciale. Se per Stato“laico” intendiamo lo Stato in cui leistituzioni pubbliche si debbono man-tenere neutrali rispetto alle convinzio-ni religiose, ideologiche o culturali (oalmeno rispetto a tutte quelle convin-zioni che non mettano in discussionel’eguale libertà di espressione di tut-te le altre)”, dobbiamo però chiederciquale può essere la “neutralità” delloStato. La questione non si pone, ov-viamente, nei confronti delle opinio-ni, comprese quelle di tipo integrali-stico, per le quali basterebbe richia-marsi al principio di tolleranza. Le opi-nioni, e in particolare quelle morali,non hanno, però, un rilievo solamen-te individuale, ma determinano ne-cessariamente anche scelte compor-tamentali e, di conseguenza, si riflet-tono sulle relazioni tra i soggetti checompongono la collettività. Nel fattostesso che un soggetto ha il diritto diformulare le proprie opinioni e di rite-nerle giuste è implicito, infatti, ancheil suo diritto ad esprimerle e a diffon-derle e a cercare di farle prevalere ri-spetto alle opinioni diverse.

Sul piano collettivo, quello dei com-portamenti, il ricorso alla tolleranza ea un perfetto relativismo etico apparedifficilmente proponibile e ancor piùdifficilmente praticabile. Sarebbe ra-gionevole, infatti, ritenere che, in no-me della tolleranza e del relativismomorale e culturale, si debbano “tolle-rare”, oltre alle idee che li ispirano,comportamenti che, sulla base delleopinioni etiche che si nutrono, venga-no considerati crimini morali o non sa-rebbe piuttosto ragionevole ritenereche tali crimini debbano essere rifiu-tati e combattuti? D’altro canto, se ri-teniamo moralmente doveroso un at-teggiamento non astensionistico, sia-mo tenuti, proprio in virtù del princi-pio di tolleranza, oltre che del princi-pio di ragionevolezza, a giustificare ea ritenere doveroso l’atteggiamentonon astensionistico anche di coloroche nutrono opinioni diverse.

Ci troveremmo, insomma, di fronte aun dilemma. Se si applicasse un crite-rio etico puramente relativistico (qual-siasi opinione etica vale quanto un’al-tra) anche nella pratica, non vi sareb-

be motivo di opporsi a qualsivogliacomportamento, ma, se non s’inten-desse tollerare i comportamenti rite-nuti immorali, si potrebbe giungere acontrapporre a un integralismo chenon si condivide un integralismo chesi condivide. Con la conseguenza chetutti gli integralismi, il nostro comequello di coloro che da noi dissentono,sembrerebbero giustificati e, anzi,sembrerebbe giustificata l’idea stessadell’integralismo. Sarebbe, dal puntodi vista laico, un bel paradosso.

Il paradosso, però, è solo apparente,perché, appunto, la questione, quan-do di comportamenti si tratti, non èprivata, ma collettiva. E proprio sulpiano collettivo viene in evidenza ilruolo dello Stato. Far coesistere nonle opinioni, ma i comportamenti, èprecisamente affare dello Stato “lai-co”, che certamente deve essere “tol-lerante”, ma non può dimenticare chela tolleranza delle istituzioni è cosamolto diversa dalla tolleranza dei pri-vati. Mentre quest’ultima è in se stes-sa una scelta etica, che può tollerareo respingere l’integralismo, sicchéciascun individuo è libero d’essere in-tegralista oppure relativista, la tolle-ranza pubblica, che concerne non leopinioni, ma appunto i comportamen-ti, non può che rifiutare non già le opi-nioni integralistiche, ma appunto icomportamenti integralistici e, in par-ticolare, l’integralismo come metodoe i comportamenti che si pongano incontrasto o mirino a ridurre la tolle-ranza pubblica medesima.

Tuttavia, se lo Stato laico non può es-sere relativista nei confronti dei com-portamenti integralistici, è pur sem-pre tenuto a conciliare la libertà degliindividui, anche se integralisti, colsuo proprio rifiuto dell’integralismo.Tale conciliazione, per lo Stato laico,consiste nel suo naturale limite, rap-presentato dalla legge e in particola-re dalle regole costituzionali. Nel ri-spettare e nel far rispettare le sueproprie regole costituzionali consistela “laicità” dello Stato laico, proprioperché laico. E lo Stato laico, proprioperché laico, deve essere – ancorauna volta, il paradosso è solo appa-rente – perfettamente “integralista”,usando rigore nell’applicare in variambiti (sociale, culturale, religioso,ecc.) i principi della sua dottrina, ap-punto le sue regole costituzionali [9].

Di conseguenza, mentre resta fermoil principio che tutti hanno il diritto di

5n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Page 6: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

concorrere alle scelte collettive finoeventualmente a concorrere alla mo-dificazione delle stesse regole costi-tuzionali, tale concorso può svolgersiesclusivamente in conformità alle re-gole poste dalle regole costituzionalistesse. Il nocciolo del problema, dun-que, non riguarda gli integralismi o gliintegralisti, i quali sono legittimati apensare e magari anche a pretenderequello che a loro par meglio, ma ri-guarda appunto lo Stato laico, che, inquanto tale, non può fare concessionie lasciarsi indirizzare oltrepassando ilimiti che esso stesso si è posto. Perquanto possa suonare paradossale, loStato laico deve essere tollerante e,per esserlo, deve rendersi intolleran-te nei confronti dei comportamenti in-tegralistici e anche delle pretese in-tegralistiche.

Note

[1] A ben guardare, infatti, non soltantola morale laica, ma anche la morale catto-lica sono uscite sconfitte. Mi limiterò a in-dicare due aspetti della legge che con-traddicono i principi della morale cattoli-ca. Anzitutto, la fecondazione artificialeomologa, ammettendo che la procreazio-ne possa essere disgiunta dall’atto ses-suale, contrasta col principio della inscin-dibilità del “significato unitivo e procrea-tivo” dell’atto coniugale. Inoltre, la possi-bilità che alla PMA accedano le coppienon coniugali (senza entrare nella discus-sione della difficoltà di stabilire quandotali coppie possano definirsi “stabili” esorvolando sul dubbio che le coppie ma-trimoniali possano ritenersi stabili: le ri-cerche sociologiche mostrano che la pro-babilità di scissione è pari per le coppielegittime rispetto a quelle non matrimo-niali) contraddice il principio che l’unicasede legittima della procreazione sia ilmatrimonio. Riesce difficile, tuttavia, rite-nere che i cattolici italiani – non parlo del-le gerarchie ecclesiastiche – siano rimastiancorati a una concezione secondo la qua-le l’essenza di un rapporto di coppia, ma-trimoniale o non, si esaurirebbe in atti ses-suali a fini puramente e inconsapevolmen-te procreativi. È da ritenere piuttosto cheanch’essi concepiscano il rapporto di cop-pia come un’unione di affetti, costruitasulla solidarietà e su un progetto di vitacomune, nel quale progetto ben può rien-trare la procreazione e l’accudimento diun/a bambino/a. Del resto, senza l’amoree un progetto di vita che comprenda lacrescita e l’accudimento di un/a bambi-no/a, perché mai una coppia dovrebbeprocreare? La legge, che finge di ispirarsialla concezione cattolica della procreazio-

ne, trascura proprio l’aspetto che dovreb-be apparire, anche per i cattolici, la cosapiù importante e più meritevole di tutela,la possibilità di procreare secondo unascelta consapevole.[2] È del tutto probabile, infatti, che i di-vieti che la legge pone, rendendo di fattoimpraticabile la PMA, finiranno con l’im-pedire l’accesso alla fecondazione assisti-ta nel nostro paese. Le conseguenze sa-ranno, da un lato, l’incentivazione del co-siddetto “turismo procreativo”, che com-porterà una discriminazione tra i cittadinisu base economica e, dall’altro lato, il ri-corso a pratiche clandestine, senza garan-zie per la salute delle donne (l’esempiodell’aborto, prima della legge del 1978,avrebbe pur dovuto insegnare qualcosa).[3] Molti medici, a principiare dal presi-dente della Fnomceo, hanno lamentatoche le regole introdotte ledono l’autono-mia del medico e gli imporrebbero, se ri-gorosamente applicate, comportamentideontologicamente scorretti, anzituttoper via dell’abbassamento del tasso disuccesso degli interventi volti a favorirela procreazione. Solo per inciso, è a que-sto proposito doveroso respingere l’idea,gonfiata senza fondamento dai media, chela legge abbia quanto meno il merito diaver fatto cessare un far West procreati-vo, giacché i medici, tramite le loro regoledeontologiche e in particolare gli specificicodici deontologici di cui i centri di PMAsi sono generalmente dotati, hanno ope-rato correttamente e i casi di malpraticasono rimasti del tutto eccezionali.[4] Molti scienziati hanno denunciato chela legge impedirà non soltanto il migliora-mento delle tecniche di fecondazione as-sistita, ma provocherà un arresto della ri-cerca scientifica, giacché, se non sarannoin breve tempo individuati metodi e tec-nologie alternativi, la intangibilità del-l’embrione non potrà che rallentare la ri-cerca sulle cellule staminali, che apre pro-spettive di straordinario interesse per lasoluzione di molte patologie.[5] Non posso in questa sede argomenta-re compiutamente in merito al diritto allalibertà riproduttiva (per una discussionepiù approfondita, rimando a C. Forder, Esi-ste un diritto umano alla procreazione as-sistita?, Bioetica, Rivista interdisciplinare,2/1999, pp. 255-290), ma sembra difficilenegare che tale diritto esista e non soltan-to per la ragione intuitiva, quasi di “dirit-to naturale”, che ogni specie, compresaquella umana, tende a riprodurre il pro-prio patrimonio genetico. Sul piano del di-ritto positivo, il divieto di riprodursi con-trasta manifestamente col principio dellainviolabilità della libertà individuale. D’al-tro canto, non è inopportuno, anche a que-sto proposito, il riferimento ai principi san-

citi dai sopra citati documenti internazio-nali, che, affermando il diritto di ciascunindividuo a sposarsi e a formare una fami-glia, riconoscono non troppo implicita-mente anche il diritto a procreare comediritto umano fondamentale dell’indivi-duo. È vero che le dichiarazioni interna-zionali sembrano rimettere alle regolespecifiche dei singoli stati le modalità del-l’esercizio di questo diritto umano fonda-mentale, ma ciò sembra riferirsi piuttostoal riconoscimento legale della famigliapiuttosto che al diritto alla riproduzione.A troncare la discussione, infine, resta ilfatto certo che la procreazione naturalenon è vietata né penalizzata, quale che sialo stato civile della persona che procrea.Il diritto d’ogni individuo alla procreazio-ne, indipendentemente dal suo stato civi-le, trova anche sostegno nel diritto fonda-mentale alla salute, almeno se si accogliela definizione di salute adottata dall’Oms,giacché la frustrazione, a motivo di un di-vieto giuridico, del desiderio di maternitàe di paternità può avere indubbiamentegravi ricadute negative di carattere psico-fisico. Ovviamente, quando parliamo di di-ritto a riprodursi, non parliamo del dirittoad avere figli, ma di quello d’essere liberidi tentare di averli, così come il diritto al-la salute non garantisce un pieno stato dibenessere, ma solamente la miglior salu-te possibile, vale a dire il diritto ad esserecurati e a che la salute non corra rischi evi-tabili. Il diritto di procreare, come dirittodi libertà e come diritto alla salute, è pro-prio di ciascun individuo e, di conseguen-za, l’accesso alle tecniche di PMA deve es-sere consentito a ciascun individuo, siache non voglia sia, soprattutto, che nonpossa ricorrere alla fecondazione natura-le. Limitare l’accesso alle tecniche di PMAsolamente a determinate categorie di per-sone (quelle unite in matrimonio o legateda vincoli di coppia stabili e alla condizio-ne che i gameti provengano dai compo-nenti della coppia) significa semplicemen-te introdurre – approfittando del fatto chela necessità di ricorrere a tecniche medi-che sofisticate consente di esercitare uncontrollo impensabile nei confronti deisoggetti che possono ricorrere alla fecon-dazione naturale, i quali possono eserci-tare senza restrizioni i loro diritti riprodut-tivi – ingiustificate discriminazioni a dan-no dei soggetti più deboli, sterili o inferti-li, che specialmente dovrebbero invece es-sere sostenuti nell’esercizio del loro dirit-to. L’accesso alle tecniche di PMA, neiconfronti di questi soggetti deboli, do-vrebbe, dunque, non soltanto essere con-sentito, ma offerto e favorito, senza limi-tazioni. Compreso il ricorso alla feconda-zione eterologa, negato col pretesto dellatutela del superiore interesse del nascitu-

6 n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Page 7: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

ro. È appena il caso di ricordare che, afronte di ormai oltre cinquantamila nasci-te a seguito di fecondazione eterologa, sisono registrati solamente tre casi di disco-noscimento della paternità, motivati, tral’altro, da ragioni che poco avevano a chefare col ricorso alla PMA.[6] In particolare, per via della restrizionedel numero degli embrioni e la conseguen-te probabilità di dover ricorrere all’aumen-to del numero dei cicli di stimolazione or-monale.[7] L’obbligo di inserimento in utero di tut-ti gli embrioni formati, oltre a rappresen-tare malpratica in contrasto con le regoledeontologiche mediche, viola il diritto, co-stituzionalmente garantito, del consensoinformato nei confronti degli interventi sa-nitari.

[8] La legge è tutta ispirata a una tutelaesasperata dell’embrione, in chiave mar-catamente misogina, fino a stabilire unacontrapposizione tra due soggettività,quella della donna e quella dell’embrione,in realtà non scindibili. Anche senza con-siderare il rischio che l’affermazione didue soggettività in potenziale conflittopossa domani essere invocata per porrenuovamente in discussione la legge sul-l’interruzione volontaria della gravidanza,v’è da chiedersi però quale tutela dell’em-brione offrano il divieto della diagnosipreimpianto e il conseguente obbligod’impianto dell’embrione, quando restaconsentito l’aborto se, a seguito di diagno-si prenatale, ne sia accertata la malforma-zione o altra grave patologia. Si offrono,paradossalmente, maggiori garanzie al-

l’embrione rispetto al feto, senza però te-nere in alcuna considerazione i maggioririschi per la donna e la sua ulteriore sof-ferenza. Ancora, il divieto della diagnosipreimpianto e della fecondazione eterolo-ga vanifica uno degli scopi della PMA,quello della prevenzione di malattie gene-tiche ereditarie, in violazione, ancora unavolta, del diritto costituzionale alla salute.Non si può dimenticare che i casi di talas-semia si sono considerevolmente ridottiin Sardegna non soltanto per effetto delgeneralizzato uso di diagnosi prenatali,ma anche del diffuso ricorso alla feconda-zione eterologa.[9] Ho cercato di argomentare più compiu-tamente questa tesi in Stato laico e inte-gralismi, Critica liberale 79, marzo 2002,pp. 39-42.

7n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Il sonno della laicitàdi Emmezeta, Padova

Negli ultimi dieci anni, mentre la so-cietà italiana procedeva imperterritanel processo di secolarizzazione e av-vicinamento agli standard delle altresocietà europee, la politica è scivola-ta su posizioni sempre più clericali,che in quest’ultima legislatura hannoassunto tratti veramente preoccupan-ti. Solo alcuni fatti recenti: approva-zione di una legge-mostro come quel-la sulla PMA (procreazione medical-mente assistita), bocciatura del cosid-detto divorzio breve (per i sondaggiappoggiato dal 68% degli italiani), fi-nanziamenti a pioggia a favore di en-ti e organismi chiesastici del più va-rio genere con sottrazione di risorseal welfare pubblico, violazione del di-vieto costituzionale di finanziamentodella scuola privata (avversato, se-condo un recente sondaggio, dal 73%degli italiani), presenza clericale e in-tegralista sempre più invadente nellatelevisione pubblica, clima di baciapi-lismo e genuflessione insopportabile,cori indignati nella politica – da de-stra a sinistra – a qualsiasi accennodi critica alla chiesa cattolica e in par-ticolare all’idea di rivedere il mecca-nismo-truffa di attribuzione dell’8 per1000.

Come siamo potuti cadere così in bas-so? Ci sono motivi specifici della poli-tica italiana. E c’è il contesto ideolo-

gico occidentale che fa da sfondo.Cominciamo dallo specifico italiano.Una volta c’era la DC. Il guaio è che,dopo tangentopoli e il maggioritario,non c’è più la DC. Nella cosiddetta pri-ma repubblica a operare la mediazio-ne politica rispetto alla chiesa era unpartito politico di ispirazione cattoli-ca dotato di una logica di potere pro-pria, di proprie strutture e di una for-te, democratica, dialettica interna. Lachiesa lo sosteneva ma, anche perquesto, non esercitava un potere di-retto sul resto del mondo politico. DCe MSI insieme non avevano la mag-gioranza in parlamento, né per faregoverni né per imporre leggi clericali.L’ago della bilancia erano i partiti lai-ci (liberal-socialisti) che insieme rac-coglievano i voti e i seggi indispensa-bili alla DC per governare. Quando siponevano questioni che investivanola laicità dello Stato, la somma dei vo-ti laici di centro-destra si sommava aquelli della sinistra garantendo alpaese di non finire nella morsa cleri-cale.

E questo, almeno a partire dagli anni‘70, corrispondeva (e corrisponde) allavolontà della società, che sulle que-stioni bioetiche e dei diritti civili nonè clericale. Come si è potuto consta-tare quando le posizioni della maggio-ranza laica del parlamento sono state

confermate dai referendum su divor-zio e aborto negli anni ‘70-‘80. Non in-tendo parlare di maggioranza atea, ov-viamente, né in parlamento né tra gliitaliani, ma di maggioranza laica, cioèdi cittadini che, attraverso vari com-promessi, aggiustamenti, ragiona-menti in proprio – il famoso cattolice-simo fai-da-te, tutt’altro che da stig-matizzare, di fronte a una chiesa ar-roccata su posizioni etiche anacroni-stiche in vari campi – hanno realizza-to che si vive meglio lasciando viveregli altri come credono, avendo leggiche permettono a ciascuno di sceglie-re secondo la propria coscienza.

La società non è tornata indietro: hacontinuato la sua marcia nella stessadirezione delle altre società europee.Non c’è alcun sondaggio che indichiche gli italiani abbiano cambiato ideasull’aborto. Non parliamo poi del di-vorzio. Anzi, nel corso degli anni ‘90gli italiani hanno maturato posizioniliberali su una serie di questioni, dal-l’eutanasia ai gay, su cui negli anni‘70-‘80 questa maturità non c’era. Lasocietà è molto meno controllata dal-la chiesa che in passato: meno gentea messa, meno matrimoni religiosi,aumento degli stili di vita non confor-mi alle prescrizioni vaticane, e soprat-tutto aumentano convinzioni religio-se ed etiche che ciascuno sincretisti-

Page 8: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

camente e fantasiosamente si costrui-sce, prendendo quel che più gli piacenell’enorme supermarket delle idee edelle tendenze.

Sono di certo presenti forti spinte ir-razionalistiche, ma percorrono in ge-nere vie estranee al magistero dellachiesa, le cui posizioni in tema di mo-rale sessuale e bioetica risultano al-quanto indigeste nelle società avan-zate. Perché invece nella politica av-viene l’opposto? Quel che è successoè chiaro: intorno al 1993 si sono com-binati il fenomeno di tangentopoli(che ha cancellato i tradizionali parti-ti di governo DC, PSI, PLI, PRI …) colpassaggio al sistema elettorale mag-gioritario (che ha costretto il sistemadei partiti a riaggregarsi in due coali-zioni). Tutto questo ha tolto alla chie-sa il tradizionale riferimento della DC,ma le ha consentito di mettere via viasotto scacco entrambe le coalizioniche il maggioritario ha prodotto.

Il vecchio sistema proporzionale offri-va ai cittadini una notevole scelta po-litica e la chiesa non poteva ricattaretutti i partiti. Oggi invece la scelta èridotta a destra/sinistra. Le elezionisi vincono o si perdono per coalizionee si decidono in una serie di collegi inbilico nei quali solo la chiesa (appun-to per la sua organizzazione capillaree per la presenza dei cattolici da en-trambi i lati dello schieramento politi-co) è in grado di spostare i voti deci-sivi. Così adesso ad entrambi glischieramenti importa solo di ottenerel’appoggio della gerarchia cattolica inquella manciata di collegi.

A questo punto la forza politica dellachiesa non dipende più dal partitinocattolico di centro-destra o di centro-sinistra. La CEI ha un potere di ricat-to immediato nei confronti di entram-be le coalizioni, DS e FI compresi, che,

anche se il voto a loro diretto è ingran parte laico, tendono sempre dipiù a farsi portatrici di posizioni escelte gradite oltretevere. Ruini si ri-volge ormai direttamente ai politiciindicando loro i desiderata della chie-sa. Ricordate il recente decalogo sucome deve votare in parlamento ilbravo cattolico presentato dalla CEIalla nostra classe politica tutta (de-calogo in cui, tra l’altro, non era nem-meno indicato di “non rubare” … al-tre sono evidentemente le priorità)?Si capisce quindi che tra i più ardentisostenitori del ritorno al proporziona-le ci siano gli ex-DC: solo con quel si-stema elettorale possono riprendereloro in mano le redini del voto catto-lico. E andrebbe benissimo: le ripren-derebbero loro, ma libererebbero glialtri dal giogo attuale. Ma finché il si-stema elettorale resta maggioritariola chiesa ha il coltello per il manico.A meno che la società civile non siacapace di creare movimenti di pres-sione laica, meglio se trasversali aglischieramenti politici.

Questo il tratto specifico italiano. Die-tro c’è però uno sfondo che accomu-na tutto l’occidente: l’enorme delusio-ne prodotta dalla fine dell’utopia co-munista ha creato un vuoto nell’ani-mo romantico che cerca quegli asso-luti e quelle appartenenze forti che larazionalità strumentale non contem-pla. La politica, nella sua difficile am-ministrazione dell’esistente, spessoaffidata a una classe di funzionari dibasso livello, avverte una carenza dicategorie, e anche di parole, metafo-re, simboli, una carenza di cuore, cheora tenta di colmare con la religione.Così politica e religione si strumenta-lizzano a vicenda: la politica trova nel-la religione una fonte di sensi e valoridi facile comprensione presso l’elet-torato; la religione vede nella politicauno strumento per affermare la pro-

pria volontà di potenza e per sistema-re i propri conti. E ovviamente: ringra-zia e intasca.

Questa commistione viene in generepresentata in una logica comunitari-stica/tradizionalistica – una logica for-te soprattutto in certi ambienti delladestra americana, e nei loro epigoniin tutto il mondo, Italia compresa. “Icomunitaristi sono nemici della neu-tralità dello Stato. Secondo loro que-sta scelta va abbandonata a favore diuna politica del bene comune (Sandel,Taylor). Il bene comune compare an-che nella teoria liberale. In una socie-tà liberale il bene comune è il risulta-to di un processo di combinazione del-le preferenze. [...] Perciò in una socie-tà liberale il bene comune è concepi-to in modo da armonizzarsi con il mo-dello delle preferenze e delle conce-zioni del bene adottate dai singoli in-dividui. In una società comunitarista,invece, nel bene comune si vede unaconcezione sostantiva della vita buo-na che definisce lo stile di vita dellacomunità. Questo bene comune, lun-gi dall’armonizzarsi col modello dellepreferenze della gente, costituisce ilcriterio di riferimento rispetto al qua-le quelle preferenze vengono valuta-te. Lo stile di vita della comunità co-stituisce il fondamento di una gradua-toria pubblica delle concezioni del be-ne, e il peso attribuito alle preferenzedi un individuo dipende dalla misurain cui esse rispecchiano il bene comu-ne“. (Will Kymlicka, Introduzione allafilosofia politica contemporanea,1990).

In tale logica lo Stato deve promuo-vere e anche imporre a tutti i cittadi-ni i valori tradizionali della comunità,valori e credenze religiosi in primis.Chi non corrisponde a tali valori è le-gittimamente considerato un cittadi-no di “serie B”. O addirittura un non-

8 n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Page 9: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

cittadino. “No, I don’t know thatAtheists should be considered as citi-zens, nor should they be consideredpatriots. This is one nation underGod.” (G.W. Bush senior, Chicago, Il-linois, 27 agosto 1987) [“No, non cre-do che gli Atei debbano essere consi-derati cittadini, né che debbano esse-re considerati patrioti. Questa è unanazione sottoposta a Dio.” (G.W. Bushsenior in una intervista del 1987)].

In Italia questa logica comunitaristicapuò assumere la forma del cattolicesi-mo come religione/ideologia di Stato. Equesta è la tentazione che oggi destrae sinistra hanno: appoggiare le proprierivendicazioni sul cattolicesimo intesocome cultura nazionale. Così capitache anche un galantuomo come Ciam-pi, vecchio liberale azionista, si metta asostenere il suo neo-patriottismo par-lando di crocifisso come simbolo di tut-ti gli italiani. Anzi, si è assistito ulti-mamente a un passaggio ulteriore,non privo di venature comiche: nonsolo enfasi sulla religione in quantotradizione (tratto tipico del comunita-rismo), ma addirittura radicamentodella leadership carismatica nel sacroe nel mitologico, senza alcun distaccocritico e senza alcun senso del ridico-lo. Il linguaggio stesso della politicaitaliana, che nella prima repubblicaaveva sempre adottato le categorie ra-

zionali e storicistiche degli ambientiintellettuali europei, si è tinto ultima-mente di toni, temi e metafore – dalDio Po all’Unto del Signore – che inpassato ci si sarebbe vergognati diusare. Qui cade la separazione del po-litico non tanto dal cattolicesimo (reli-gione in fondo parecchio desacralizza-ta) quanto dall’area del sacro tout co-urt. Il sacro – cioè il pre-razionale, ilpre-logico, la follia originaria dell’in-conscio – offre le grandi metafore e lesuggestioni che devono coprire il vuo-to di idee e progettualità.

L’irruzione del sacro nel politico inepoca moderna non è peraltro una no-vità: l’Europa l’ha già conosciuta ne-gli anni ‘30 del Novecento col fasci-smo e soprattutto col nazismo e le suesimbologie. I politicanti nostrani inconfronto sono flebili, innocue carica-ture. La violenza vera del sacro si stainvece scatenando nell’islam, con tut-to il suo carico di ferocia, fanatismo einsensatezza. Il sonno della ragione ètornato a generare i suoi mostri.

Di fronte a questa follia e di fronte alproblema posto dall’islamismo inter-no e dai rischi di scontri di religione eidentità che possono devastare laconvivenza civile, la Francia è stata ilprimo paese europeo a saper riflette-re e reagire. La Francia ha riafferma-

to il concetto di cittadinanza come ap-partenenza civile, religiosamente eideologicamente neutra, capace di af-fratellare tutti in un unico destino diprogresso, nel rispetto delle acquisi-zioni di fondo della modernità. Nellastessa logica, fedele alla tradizione il-luministica europea, ha opposto un ri-fiuto netto a colorare religiosamentela costituzione europea. Perché la re-ligione è fattore di divisione e scontrodi identità. Perché solo uno Stato lai-co può fare da contenitore e calmieredei conflitti e insieme indicare un de-stino comune. Con la lunga riflessio-ne della Commissione Stasi, la Fran-cia ha compiuto un’opera culturale diimportanza enorme. Ha ricercato e ri-trovato dentro a se stessa le ragioni ei valori delle strutture giuridiche e po-litiche nate dalla rivoluzione france-se, quelle stesse che stanno alle fon-damenta dell’Europa odierna.

Il progetto laico è in realtà oggi fortis-simo: è l’unico in grado di combattereefficacemente l’islamismo perché nongli contrappone un uguale e contrariointegralismo identitario, ma uno spa-zio civile laico comune e politichepubbliche che promuovono il benes-sere di tutti. La Francia ha ricordatoall’Europa la sua vera identità moder-na. È importante che ciò sia avvenu-to. Un po’ di lumi in tempi così cupi.

9n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

I danni all’Italia dello spirito controriformistadi Maurizio Magnani, [email protected]

Il termine “Controriforma” fu coniatoin Germania nella seconda metà delXVIII secolo per indicare il processodi riappropriazione da parte cattolicadi vasti territori d’Europa passati alcristianesimo riformista; il significatodel termine si è poi esteso e trasfor-mato assumendo connotazione nega-tiva per i cristiani non cattolici e posi-tiva per gli aderenti alla confessionecattolica, per i quali la Controriformaha coinciso con il rinnovamento dellaChiesa Apostolica Romana, culmina-to con il Concilio di Trento (1545-1563)e da esso successivamente alimenta-to (Enciclopedia Larousse). Il conciliotridentino raccolse i frutti di una im-ponente produzione teologica, elabo-rando in poco meno di un ventennio

una quantità enorme di documenti,atti a stabilire e a ristabilire definizio-ni basilari e verità incontestabili ri-guardanti i sacramenti (istituiti diret-tamente da Gesù), l’organizzazioneecclesiastica (il suo carattere divinocon l’incarico diretto del Figlio di Dioa Pietro), il primato del papa (vicariodi Cristo in terra), le sacre scritture (ilcui testo latino, detto Vulgata risalen-te a S. Gerolamo, fu dichiarato versio-ne autentica) e molto altro ancora.

Il grande sforzo conciliare tridentinoriuscì, almeno in parte, nello scopo diriattribuire il ruolo di faro della cristia-nità alla Chiesa Romana, ruolo che erastato messo in dubbio dai riformistiproprio attraverso la critica dei prin-

cipali insegnamenti della dottrina cat-tolica, ma ancor più riuscì nel compi-to di ricomporre e riordinare le fila diun clero diviso, conflittuale, ignoran-te e corrotto, nonché di rinvigorire lafede dell’ecclesia, l’assemblea, a par-tire proprio dai ministri del culto, in-teressati allora più alla raccolta delleprebende e alla gestione delle ric-chezze che all’esercizio dell’umiltàpastorale.

La controriforma non è stata, dunque,solamente repressione brutale (indi-viduale, esempio Giordano Bruno, ocollettivo, esempio i Valdesi) o forzo-sa riconquista di genti che avevanoaderito all’eresia, ma fu anche profon-do rinnovamento spirituale e teologi-

Page 10: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

co, finalizzato sia alla riqualificazionedel clero sia al controllo culturale e so-ciale delle popolazioni (prima europeee poi degli altri continenti), ottenutosoprattutto attraverso la penetrazio-ne dei rappresentanti della Chiesa neipoteri secolari.

Proprio quest’ultimo aspetto caratte-rizza l’animo controriformista dellaChiesa Cattolica che non si è maispento. Se, infatti, la Controriforma èun periodo storico precisamente deli-mitabile, l’impegno controriformista èun tratto permanente del cattolicesi-mo, un progetto dotato di continuità,che ha talora subito pause di arresto,ma non è mai declinato nell’intento,come possono testimoniare i numero-si concili che si sono succeduti nellalunga storia della Chiesa, ognuno deiquali ha assunto il precipuo compitodi rinsaldare i fondamenti del cristia-nesimo e rialimentare l’entusiasmoevangelizzatore cattolico attraversol’elaborazione della dottrina, princi-palmente attraverso le iniezioni con-tinue e ancora recenti di nuovi dogmi(si pensi all’Immacolata Concezione oall’Infallibilità papale, dogmi con me-no di due secoli di vita) e la promul-gazione periodica di nuove encicliche.Proprio l’ispirazione controriformistaha spinto (e continua a spingere) laChiesa Cattolica a perseguire strate-gie di penetrazione nelle società e adelaborare programmi di egemoniatemporale oltre che spirituale. È invirtù di questa ispirazione che il Vati-cano ha stipulato alleanze politiche emilitari, ha infiltrato i suoi rappresen-tanti capillarmente nelle istituzionisociali (scuole, ospedali, università,amministrazioni, tribunali), ha intro-dotto strumenti di controllo e di cen-sura (indici dei libri, degli scritti, del-le rappresentazioni sceniche), ha con-dizionato finanziamenti e obiettividella ricerca scientifica, ha orientatol’espressione artistica (a partire dalBarocco che fu inteso come reazioneall’iconofobia protestante), ha persi-no condizionato la dieta, i costumi, lasessualità. Tutto ciò a cui ha potutoaccedere e che le è stato permesso in-filtrare ha finito con il governarlo ocon l’influenzarlo grandemente. Fin-ché ha potuto e finché potrà.

In particolare, è stato soprattutto ilprogetto pedagogico di indottrina-mento quello che è stato perseguitocon maggiore intento e con grandespesa di energie (formazione degli in-segnanti e dei genitori, normative

precise per gli educatori, insegna-mento nelle scuole, catechismo, orga-nizzazione del tempo libero attraver-so oratori parrocchiali, manifestazionisportive e di rappresentazione sceni-ca, eccetera) a riprova che i controri-formisti avevano imparato bene la le-zione dello scisma protestante, com-prendendo la drammatica importanzadella identità culturale come collantedell’assemblea ecclesiastica e l’indi-spensabilità dell’indottrinamento peralimentare l’unione di intenti, neces-saria al compimento del programmaecumenista; l’hanno capito, purtrop-po, anche molti dittatori e tiranni pro-fani che hanno insanguinato le terresoprattutto nell’ultimo secolo.

Di tanto in tanto il progetto controri-formista cattolico incontra periodi sto-rici particolarmente avversi e periodistorici molto favorevoli. La caduta delmuro di Berlino e del comunismo so-vietico ha comportato conseguenzetuttora in evoluzione e ha dischiusoalle componenti più accesamentecontroriformiste della Chiesa indub-bie prospettive di riguadagnare terre-no perso in precedenza, occasioni fa-vorite oltretutto anche dalla crisi del-le ideologie che si erano opposte alcomunismo, dall’immigrazione dalterzo mondo che ha sollevato la que-stione dell’Islam e le reazioni di chiu-sura e, a detta degli esperti, da uncrescente disagio psicologico e socia-le dell’uomo post-industriale e post-moderno, disagio che avrebbe favori-to il ritorno alla spiritualità di massa.

Ad onore del vero, il fuoco controrifor-mista cattolico non si è espresso conle stesse intensità in tutti i paesi eu-ropei, alcuni dei quali sono da tempofortemente immunizzati contro i ri-gurgiti religiosi di ogni fattezza, main Italia sì, il vento controriformista hapreso a spirare con particolare forzanegli ultimi anni, alimentando le fiam-me dei disastri non solo e non tantonei costumi etici e nelle abitudini diquesto popolo, il quale non può più ri-nunciare alla modernità, quanto so-prattutto in campo scientifico ed eco-nomico.

Il recente progetto di riforma scolasti-ca (riforma Moratti), la legge restritti-va sulla procreazione assistita ema-nata pochi mesi fa dal Parlamento, l’i-nesistenza di un programma serio sul-l’ammodernamento tecnologico e ilreperimento energetico, la mancanzadi concreti finanziamenti alla ricerca

(i ricercatori sono il 3‰, un terzo chein Giappone) come se essa fosse op-zionale allo sviluppo della nazione, acui consegue la fuga dei cervelli all’e-stero e la disincentivazione degli stu-denti ad iscriversi a facoltà scientifi-che (chimica, fisica, geologia, mate-matica hanno fatto registrare dimez-zamenti di immatricolazioni in pochianni) sono solo alcuni dei drammaticiproblemi che costeranno carissimi albenessere economico e sociale di tut-ti gli italiani, come ha paventato Ban-ca d’Italia nel marzo scorso. Questiproblemi e queste leggi non nasconodalla casualità, come già aveva scrit-to Chiara Somajni nel suo articolo“Agli italiani non importa superare l’i-gnoranza” fin dal giugno 1997 sulquotidiano Il Sole 24 ore.

Programmi televisivi e stampa tratta-no incessantemente di miracoli, santi,papi, angeli e storielle sovrannaturali,lasciando pochissimo spazio all’infor-mazione scientifica e alla riflessionerazionale che favorisce lo sviluppo dimenti critiche e preparate alle sfidedel futuro. Anche questo concorregravemente al risultato di un’Italiache perde posizioni in ambito tecnolo-gico, che ha contratto del 30% le pro-prie esportazioni, che non ha peso cul-turale oltre che politico in sede deci-sionale tra gli europei che contano.

Che cosa ha a che fare tutto ciò conlo spirito controriformista? A testimo-nianza di come gli eventi storici mo-strino una contiguità causalista e aspiegarci come avvenimenti successisecoli fa possano avere conseguenzeattuali, evoco un editoriale del Cor-riere della Sera del 2 luglio 2000 a fir-ma del laico Indro Montanelli, giorna-lista inviso a molti eppure dotato dierudizione storica non comune. Egliscriveva:

Quando Lutero, Calvino e gli altri ri-formisti dissero ai loro seguaci che lo-ro stessi erano responsabili del propriodestino ultraterreno e che ad essi solispettava il dovere-diritto di leggere leSacre Scritture ed interpretarle, affret-tandosi a tradurre la Bibbia nella lin-gua nazionale, i preti cattolici preseroa predicare con ancor più veemenzache la interpretazione delle Sacre Scrit-ture era affare loro perché la gente co-mune si confondeva la testa a leggerleda sole. Prima e fondamentale conse-guenza del divorzio tra le due Chiesecristiane fu che mentre nel mondo cat-tolico permase e si diffuse l’analfabeti-

10 n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Page 11: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

smo, tra i protestanti esso scomparvevelocemente perché l’ignoranza venneconsiderata primo tra tutti i peccati.

Le differenze si colgono ancor più evi-denti oggi, dopo 4 secoli, sebbene al-l’arretramento culturale, economico esociale dei paesi cattolici rispetto aquelli protestanti l’Italia pose arginesoprattutto nel secondo dopoguerra,

con una esplosione economica (il “mi-racolo italiano”) che ha però già esau-rito la sua spinta inerziale. L’Italianon ha invece mai colmato le sue gra-vi carenze in campo scientifico, inquello alla propensione libertaria e alsenso civico. Eppure, le potenzialitàdel nostro paese non sono seconde aquelle di molte altre nazioni attual-mente più ricche e più evolute, ma

non potranno trovare mai pienaespressione finché dalle Alpi alla Si-cilia le genti della penisola non sa-pranno liberarsi dai mefitici influssidello spirito controriformista che con-tinua a infestare menti e istituzioni.Temo, tuttavia, che dovremo sotto-stare ancora a lungo, parodiando gliscrittori Fruttero e Lucentini, alla“prevalenza del cretino”.

11n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Ombre e … ombre nelle aule scolastiche alla “luce” della (contro)riforma Morattidi Rosalba Sgroia, [email protected]

“La scuola laica vi dà il bambino nonprevenuto, non pregiudicato né in unsenso né nell’altro, in materia di filo-sofia e di religione. Esercitate sopra dilui, quando sarà adulto, la vostra pro-paganda: vedremo quale sarà, nellalotta, la dottrina che saprà meglio vin-cere ed occupare il campo nelle mentiadulte. Ma quando voi confessate diavere bisogno di prendere e di sor-prendere questo bambino, quando an-cora la mente sua non sa controllarela vostra propaganda, il coglierloquando ancora non si sono sviluppatii suoi mezzi offensivi e difensivi di ra-gionamento, voi confessate con que-sto l’intrinseca debolezza della vostradottrina, perché voi avete bisogno diusare violenza al fanciullo per impa-dronirvi dell’uomo. Ora si capisce chese la Chiesa, per questo ufficio e perquesta violenza sopra le giovani gene-razioni, chiede il favoreggiamento di-retto o indiretto dello Stato democra-tico, lo Stato democratico deve rispon-dere: no.”(Da un discorso alla Camera del 18febbraio 1908 di Leonida Bissolati, ci-

tato da Ernesto Rossi a epigrafe del-l’articolo “La scuola del terrore”, cap.XVI di “Nuove pagine anticlericali”,rist. Kaos edizioni 2002, pag. 237, ori-ginariamente in “L’Astrolabio”, 15gennaio 1965).

La scuola sta cambiando. Questo losanno tutti. È stata approvata una Ri-forma scolastica e universitaria chesta facendo discutere moltissimo eforse, per la prima volta, indigna nonsolo buona parte di studenti e inse-gnanti, ma anche molte famiglie. Co-sa succede? Paura del nuovo, tout court, o prime avvisaglie di una de-strutturazione ad alto rischio per lasocietà? Sì, tutti sono a conoscenzadella trasformazione dell’intero siste-ma scolastico italiano, ma sicuramen-te non tutti sanno come e perché. Pur-troppo gli organi d’informazione dimassa (a parte qualche quotidiano orivista), invece di offrire chiarimentiai cittadini, forniscono notizie edulco-rate, incomplete e di difficile com-prensione per coloro che non vivonoquotidianamente e consapevolmente

nella realtà scolastica. Se qualcuno haassistito alle ultime trasmissioni tele-visive “Ballarò” [1] su RAI-3 e “Portaa Porta” su RAI-1, che trattavano que-sti temi, potrà capire perfettamentedi cosa stiamo parlando. Ad ognibuon conto, in questa sede, non po-tremo dipanare completamente unamatassa oltremodo fitta di nodi, matenteremo di tracciare uno schema dilettura che tocchi i punti critici e i pro-blemi che si porranno per la scuola eper la società. Ci riferiremo essenzial-mente ai problemi della Scuola Prima-ria (ex Elementare), con qualche ac-cenno agli altri ordini di scuola.

Iniziamo col dire che la riforma Morat-ti (attualmente un “contenitore” chesi riempie, via via, di una serie infini-ta di circolari e disposizioni) è carat-terizzata da autoritarismo e antide-mocraticità, sia per quanto riguarda ilsuo contenuto, sia per quanto riguar-da l’elaborazione stessa della legge equel che turba, non poco, è stata lamancanza di una seria sperimentazio-ne per verificarne l’efficacia. Per la

Page 12: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

prima volta nella storia repubblicana,infatti, si riforma la scuola: (a) Per de-creto, senza consultare nessuno esenza un serio dibattito parlamenta-re. (b) In violazione di norme costitu-zionali, legislative e contrattuali: (c)con la presunzione da parte d’ignotidi riformare programmi, tuttora vali-dissimi, dalla sera alla mattina; (d)senza avere la certezza di poter di-sporre di un congruo finanziamentoper renderla attuabile.

Inoltre, la riforma è stata portataavanti ignorando le proteste di stu-denti, insegnanti e genitori, che so-no tuttora in fermento, cercando difarla apparire come un’elaborazio-ne democratica attraverso la pa-gliacciata mediatica degli “StatiGenerali dell’Istruzione” di qualchetempo fa. Non dimentichiamo an-che la dispendiosa campagna pub-blicitaria attraverso inutili agendeper docenti e opuscoli per famigliee alunni. Pubblicità ingannevole,oltretutto [2]. La scuola, per assun-to costituzionale, è istituzione me-diatrice tra bisogni collettivi e bi-sogni individuali, all’interno di unassetto di res publica condiviso. Ciòavviene attraverso lo specifico ruo-lo assegnatole, di costruzione per-sonale e di trasmissione critica deisaperi patrimonio della comunitàumana, di cui la scuola è responsa-bile. La riforma Moratti [3] defini-sce un ruolo sociale della scuola so-stanzialmente diverso, sia attraver-so l’organizzazione scolastica, sianei contenuti proposti per i nuoviprogrammi. Infatti:

• Cade l’obbligo da parte dello Statodi istruire tutti i cittadini, superandoeventuali difficoltà sociali ed econo-miche. L’istruzione diventa un diritto-dovere del singolo, quindi un fattochiuso nell’orizzonte soggettivo. I bi-sogni culturali individuali, attraversoi quali si cresce come persone, all’in-terno della collettività, sono confusicon i desideri e le idiosincrasie perso-nali, cui paradossalmente si potrebberispondere meglio semplicemente at-traverso istitutori privati.

• Si prospetta, una sostanziale confu-sione di ruoli fra scuola e famiglia, in-debolendo le precipue responsabilitàe funzioni, sia istituzionali sia profes-sionali della prima; è emblematico chedella libertà d’insegnamento non sifaccia menzione nei documenti mini-steriali.

• S’introduce un documento di valu-tazione che, oltre ad aggravare il la-voro burocratico dei docenti, confon-de anch’esso ruoli e responsabilitàdella scuola e della famiglia, essendoquest’ultima chiamata in prima per-sona a collaborare nella costruzionedel portfolio [4].

• Nell’ottica della scuola azienda sipassa ad una sorta di supermercatoformativo a disposizione delle fami-glie. S’introducono, infatti, i laborato-ri con materie opzionali, organizzatida quei docenti che prima erano con-titolari della classe.

• Le classi saranno sempre più nume-rose. A causa delle iscrizioni anticipa-te a cinque anni e mezzo ci potrannoessere bambini con differenza di etàfino a 20 mesi.

• Tutta l’organizzazione scolastica, ver-ticalizzandosi secondo logiche tipica-mente aziendali, perde il suo impiantodemocratico e la relativa corresponsabi-lità tra docenti. Si sfruttano, così, i lati ne-gativi dell’autonomia, voluta dal prece-dente governo. Il potere dei DirigentiScolastici aumenta e si creano forme ge-rarchiche tra insegnanti [5] attraversol’invenzione del tutor.

• Si torna (nella Primaria), all’inse-gnante unico, il “tuttologo”, che svol-ge la maggioranza delle discipline inquattro ore giornaliere, in barba alleproprie attitudini e competenze ormaiacquisite nei diversi ambiti disciplina-ri. È il solo responsabile della pro-grammazione di percorsi “personaliz-zati” (grande problema se la classe ècomposta da 25 bambini!) e della va-lutazione degli alunni: in questo mo-do essi hanno un unico modello “for-te” di riferimento.

• Precariato crescente e mobilità for-zata per i docenti soprannumerari inforza delle riduzioni di ore, ma postofisso per gli insegnanti di ReligioneCattolica.

Passiamo ora ai contenuti delle Indi-cazioni Nazionali per la Scuola Prima-ria. Costituiscono un netto arretra-mento culturale rispetto ai Program-mi Ministeriali del 1985, base dellascuola elementare riformata, e l’inte-ro impianto è improntato ad un inse-gnamento/apprendimento di tipo no-zionistico e riduttivo, in cui la funzio-ne educativa è ridotta a pura trasmis-sione di contenuti e abilità. Sono un

triste ritorno alla scuola del “leggere,scrivere e far di conto”, in un orizzon-te fatto d’omologazione e di morali-smo strisciante.

Per la lingua italiana è fatto un minu-zioso elenco di abilità; scompare lacomplessità del fenomeno linguisticocome veicolo di pensiero, d’espressio-ne razionale e relazionale, come ogget-to culturale. Scompare l’ambito antro-pologico formato da Storia-Geografia-Studi Sociali (questi ultimi sono deltutto eliminati!); la Storia si ferma allanascita della religione cristiana: ilmondo contemporaneo è sparito; datal’assenza d’ogni riferimento all’attiva-zione di capacità critiche, al rigore me-todologico, all’interdisciplinarità, all’u-so delle fonti, non rimane che la Sto-ria vista come pura “narrazione”. L’o-rizzonte geografico nel quale “spazia-re” è unicamente quello del vissutopersonale; le conoscenze non supera-no i confini regionali e nazionali, conbuona pace dei bambini e delle bam-bine provenienti da altri paesi (ormainumerosi nelle nostre scuole) e d’ogniidea di mondialità. Per la Matematicagli apprendimenti sono una serie diprocedure e di abilità operative da ap-plicare: si perde di vista la finalità del-la disciplina in funzione della forma-zione del pensiero logico-critico (capa-cità d’intuizione e d’immaginazione,di formulare ipotesi, effettuare dedu-zioni, sottoporle a verifiche o smenti-te …). Rimane invariato o addiritturadiminuisce l’orario della Lingua Stra-niera nell’arco dei cinque anni e l’In-formatica non potrà essere fruibileconcretamente in tutte le scuole permancanza di mezzi.

Un discorso particolare merita l’Edu-cazione alla convivenza civile, vistacome collante di tutte le discipline,volta a modificare comportamenti evalori: “Il buon comportamento da as-sumere nello spazio civile pubblico(…) richiede, piuttosto, di praticarecome impegno del bene comune pub-blico anche il buon comportamentoprivato (…). Si suppone, evidente-mente, il presupposto che far bene ase stessi è anche far bene agli altri eviceversa, per cui non è possibile se-parare il bene individuale da quellopubblico, la morale dall’etica e vice-versa” (anche la forma linguistica la-scia a desiderare!); e i docenti devo-no offrire un valido modello di esem-pio della persona bene educata e ve-diamo cosa si intende per modello: “Èeducazione alla convivenza civile, ov-

12 n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Page 13: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

vero il buon andamento della convi-venza nello spazio civile pubblico, an-che il non fumare a casa propria o aigiardini pubblici, quando non si dà fa-stidio a nessuno” [6].

Questo non riguarda solo il fumo, maanche i comportamenti in altri campi,come quello affettivo e … sessuale.Affermare, allora, che l’insegnantedebba essere (o debba insegnare) un“buon” modello anche in campo affettivo-sessuale, ci sembra davverotroppo! Nessuno è autorizzato ad in-dicare come eticamente validi i propricomportamenti privati. Non dimenti-chiamoci, che la democrazia richiedeche le credenze di ognuno siano limi-tate nello spazio privato, garantendol’autonomia delle persone; il totalitari-smo, invece, fa sì che l’individuo con-formi tutta la propria esistenza allanorma pubblica, unificando, così, sfe-ra pubblica e sfera privata. Vorremmoche queste indicazioni fossero fruttodi una dolorosa … distrazione! Speria-mo, però, che i docenti siano adegua-tamente “attrezzati” per non omolo-garsi ad esse pedissequamente.

Malgrado la società italiana si stiaconfigurando come multietnica, mul-tireligiosa e multiculturale, si rischiache la Religione cattolica diventi ma-teria fondamentale d’insegnamento.Vediamo perché: ad oggi, nell’orarioscolastico settimanale ripartito in 27ore obbligatorie, sono comprese le 2ore di Religione cattolica (rimaste in-variate, mentre altre materie fonda-mentali sono soggette a riduzioni). Ol-tre l’orario obbligatorio si aggiungo-no le 3 ore facoltative scelte dalle fa-miglie e 10 ore di mensa e dopo men-sa. Ecco che l’IRC, pur essendo un in-segnamento opzionale per legge, vie-ne, de facto, considerato obbligatorio,perché non è stata inserita nelle orefacoltative da insegnare nel pomerig-gio, come sarà per altri insegnamentifacoltativi. Chiaro il disegno di collo-care in pianta stabile quei docenti chesono sotto l’egida del Vicariato. L’oraalternativa, molto probabilmente, fi-gurerà solo sulla carta, come accadeattualmente. Ma, si sa, ci sono “fami-glie” che possono scegliere e altre no.

Nelle Indicazioni per le scuole secon-darie di primo grado (ex Medie) nonsi menziona l’insegnamento dellaTeoria dell’evoluzione di Darwin, è eli-minata l’Educazione tecnica e appareuna nuova disciplina: Scienze e Tec-nologia. L’informatica diventa facolta-

tiva, da svolgersi nelle ore extra cur-riculari. La storia, inoltre, cominceràdal Medioevo e si tralascerà la cultu-ra greco-romana; la studieranno sologli studenti che andranno al Liceo. Ri-duzioni anche per Matematica e In-glese. In compenso ci si potrà forma-re in Economia Domestica: cucitura,ricamo, ecc. Insomma, nella scuola“razionalizzata” non ci sono solo ta-gli finanziari, ma anche alla cultura.

Qualche considerazione, ora, rilascia-taci da alcuni studenti delle scuole se-condarie di secondo grado (ex Supe-riori). Secondo loro la scuola della Mo-ratti punta unicamente alla formazio-ne di braccia da inserire nel mondodel lavoro; interessa solo che gli stu-denti vadano a lavorare il più prestopossibile. Gli istituti tecnici (geome-tri, chimici, turistici) sono a rischiod’estinzione ed è tracciata una nettadistinzione tra Licei e Istituti profes-sionali, tra la scuola del “conoscere,teorizzare” e la scuola del “produrre,operare, costruire”. È tracciata quin-di una separazione tra studenti natiper pensare e nati per “zappare”. Ilruolo dello studente è ridotto al mini-mo: la vita all’interno della scuola ègestita più o meno totalmente dalpreside-manager e dai suoi collabora-tori. La scuola che hanno in mente, in-vece, va in direzione opposta: il pote-re del preside deve essere ridotto ebisogna dare spazio ad una gestionedella scuola il più possibile aperta epartecipativa.

Come non avallare le loro lamentele?Per giunta molto simili a quelle di mol-ti insegnanti. Bisognerebbe, allora, ri-pensare il concetto di istruzione: lascuola deve servire solo a preparareper il lavoro? Bisogna imparare quin-di solo ciò che è finalizzato a quello edirettamente spendibile sul mercato?

La direzione imboccata dalla societàe confermata dalle scelte di politicascolastica (di questo e in gran parteanche del precedente governo con lascuola azienda-progettificio e con il fi-nanziamento alle private) rischia disvuotare e svilire la scuola pubblica.Può impedirle, cioè, di svolgere le pro-prie funzioni vere ed alte: la funzioneemancipatrice del singolo e la funzio-ne di formazione alla cittadinanza.

Purtroppo riteniamo che la scuola co-sì progettata, paradossalmente a ca-vallo tra modernismo (vedi le tre “i”)e restaurazione (ritorno alle tradizio-

ni e ai principi “morali e religiosi”),troppo individualistica e utilitaristica,che sostituisce l’uguaglianza dei di-ritti all’uguaglianza delle chance, nonpotrà, a lungo andare, rendere i cit-tadini emancipati e liberi. Favorirà,invece, una chiusura degli esseriumani che cercheranno soltanto lesoddisfazioni della vita privata, arri-vando a disinteressarsi della sferapubblica e alla conseguente perditadella partecipazione alla vita socialee del controllo politico. Previsionitroppo nefaste?

Note

[1] In studio c’erano l’On. G. Melandri, S.Dandini, gli economisti Cazzola e PadoaSchioppa, la Colturani della Cisl-Scuola, ilpresidente dell’AGE (Associazione dei ge-nitori cattolici), il ministro Moratti e glistudenti della Luiss come spettatori privi-legiati. Dagli schermi, il filosofo U. Galim-berti. Ero in studio anch’io, tra il pubbli-co, e invano ho tentato di suggerire allaMelandri, piuttosto impreparata in mate-ria, alcuni dei molti guasti che provocheràla riforma. In separata sede, ho potuto pe-rò esprimere alla Moratti il mio disappun-to sui principi che regoleranno il sistemascolastico. I grandi assenti erano propriogli insegnanti che non hanno potuto por-tare la propria testimonianza.[2] Tra i molti svarioni: nelle statistichesulle religioni europee risulta che in Italiala religione Cattolica è al 98%.[3] Un personale commento: sulle rovinedella “quasi riforma” Berlinguer-De Mauroe in forza della legge sull’autonomia e sulfinanziamento alle private, si ergono le“palafitte” della riforma Moratti: il pano-rama è desolante.[4] Il portfolio delle competenze è una sor-ta di curriculum vitae (dalla Scuola dell’In-fanzia in poi) contenente le certificazionidei risultati raggiunti, insieme alle “atti-tudini” di ciascuno, commenti su lavori si-gnificativi scelti dall’alunno, dal docentee dai genitori. Una sorta di “schedatura”che può influenzare, bene o male, il per-corso scolastico dei ragazzi. [5] Con questa organizzazione sono favo-rite le lotte intestine tra insegnanti. Nonè un caso che sia comparso anche nellescuole il fenomeno del mobbing. Per gli in-teressati www.gildains.it forum no-mobbing[6] Slide relativa al Modulo 1-Lessico pe-dagogico di riferimento. Unità 5 “Convi-venza civile: confini, significati”.

13n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

Page 14: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

14 n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

La ministra Brichetto, la tenutaria del-la pay school, il serial killer in mona-cale chanel della cultura italiana, hapresentato la sua controriforma dellascuola proprio a San Patrignano, adue passi dalla sua eletta cella di me-ditazione e di ravvedimento: l’amatamacelleria. Non c’è che dire: postoideale per mandare un messaggio dimonito esibendo lo squartamento del-l’istruzione pubblica italiana, fino a ie-ri ritenuta fra le prime nel mondo perla scuola dell’infanzia e per le elemen-tari. Così, prima ha trasformato la cu-ria in ufficio di collocamento da cui at-tingere gli insegnanti pagati da tutti icittadini, poi ha scardinato il rapportoparitario di collaborazione fra i docen-ti di ruolo, basato sul rispetto e l’au-torevolezza e non sull’autoritarismogerarchico, generando quel tutor cosìtanto funzionale alle private che ora,con pochi insegnanti fidati potrannosfruttare schiere di co.co.co. imprepa-rati, ricattabili e, perché no, forse an-cor più bigotti. Poi, finalmente, eccoanche i nuovi programmi scolasticicon i particolari dello stupro educati-vo messo in atto da suor Letizia e dal-la sua amena congrega di pii compa-gni di merendine rubate ai nostri fi-gli. Ma Darwin no. Darwin lei non l’ha toccato. Alla luce del putiferioscoppiato sembrerà un paradosso, mala teoria dell’evoluzione di Darwinnon è mai stata eliminata dai pro-grammi scolastici per la semplice ra-gione che neppure i vecchi program-mi la contenevano in modo esplicito.Dunque, perché scandalizzarsi tanto?Come mai un simile accanimento con-tro una cosa che apparentemente nonsembra avere consistenza?

Per due ragioni, una chiaramente epiù volte esplicitata da molti critici edun’altra per lo più sottaciuta. La cosaevidente che caratterizza i nuovi pro-grammi è l’avvio ad una lettura dellarealtà che cancella e trascende ognicriterio scientifico della conoscenza.Il metodo scientifico, di cui i vecchiprogrammi si facevano portatori, spa-risce, sostituito da un “sapere” giàacquisito con cui i bimbi si presenta-no già alla scuola dell’infanzia: “Sof-fermarsi sul senso della nascita e dellamorte, delle origini della vita e del co-

smo, della malattia e del dolore, delruolo dell’uomo nell’universo, dell’esi-stenza di Dio, a partire dalle diverse ri-sposte elaborate e testimoniate in fa-miglia e nelle comunità di appartenen-za”. Questa forma di “conoscenzabattesimale” dovrà trovare sempremaggiore consistenza e conferma nel-le successive fasi evolutive “La Scuo-la Primaria si propone, anzitutto, diapprezzare questo patrimonio cono-scitivo, valoriale e comportamentaleereditato dal fanciullo, e di dedicareparticolare attenzione alla sua consi-derazione, esplorazione e discussionecomune”.

Finché si arriva finalmente alla scuo-la media dove, sulla base di un siffat-to sistema conoscitivo e critico, depu-rato in otto anni da ogni tentazione diapproccio metodologico scientifico, sipuò finalmente affrontare la letturadella natura e delle sue manifestazio-ni. E con queste “solide” basi i nostrigiovani affronteranno il futuro … Me-dioevo italiano. E poi vai a chiamarebarbari quelli che c’invaderanno!

Ha avuto dunque piena ragione ilmondo della ricerca a mobilitarsi: unsimile sistema educativo sarebbe sta-to considerato superato perfino daAristotele! Ma c’è anche un altroaspetto oscuro: Darwin come “uomoschermo” per sviare l’attenzione dalnodo cruciale. Infatti, gran parte di co-loro che si sono fatti capofila di mi-gliaia di connazionali pensanti, mo-stra anche una grande ipocrisia (su-perficialità, connivenza o solo igno-ranza?) quando conferma l’estraneitàdella chiesa cattolica da questo pate-racchio truffaldino.

Se, infatti, non ci si limitasse alla let-tura dei soli programmi di scienze(che già sono abbastanza scandalosivisto che alle medie le ore d’insegna-mento scendono da 3 ore ad 1, controle due di IRC), ma si mettesse il nasoin quelli di storia per la terza e quartaelementare ci si accorgerebbe di una“stranezza”. Già. Sparita ormai da 20anni dai fin troppo concordatari pro-grammi del ’55, è tornata a far capoli-no, seppur in maniera surrettizia, lapreghiera: “Leggere brevi testi pecu-

liari della tradizione culturale della ci-viltà greca, romana e cristiana con at-tenzione al modo di rappresentare ilrapporto io e gli altri, la funzione dellapreghiera, il rapporto con la natura”.

Se poi si facesse lo sforzo di leggereanche quelli dell’IRC, ci si accorgereb-be che siamo di fronte ad un’aggres-sione ben articolata, una manovra atenaglia condotta con ammirevole si-multaneità dai federali dell’attuale go-verno e dai chierici d’Oltretevere perconsolidare una teocrazia sempre piùdominante. Infatti l’IRC, questo optio-nal obbligatorio perché facoltativo macompreso nelle 27 ore settimanali ob-bligatorie (per cui ne rimangono solo25 per la didattica!), partendo dalla“presenza di Dio nella creazione, nellanatura e nelle sue stagioni, nella vita enelle opere degli uomini” passerà “allavita come dono di Dio” fino a “Diocreatore e padre universale dal qualela vita e ogni cosa traggono origine”.

Insomma, mentre da una parte si can-cella ogni traccia di scientificità dalprocesso evolutivo, dall’altra si spac-cia come verità il creazionismo, il tut-to con il beneplacito trasversale dimolti cosiddetti intellettuali (non solocattolici), paghi della falsa accettazio-ne papalina della teoria dell’evoluzio-ne. Era il 1996 e, all’Accademia Ponti-ficia delle Scienze, GPII si limitò soload affermare: “In verità, più che diteoria dell’evoluzione, conviene parla-re di teorie dell’evoluzione. Questapluralità dipende, da una parte, dalladiversità delle spiegazioni che sonostate proposte del meccanismo dell’e-voluzione e, dall’altra, dalle diverse fi-losofie alle quali ci si riferisce. Abbia-mo così delle letture materialistiche eriduzionistiche e delle letture spiritua-listiche”. È evidente il rifiuto delledottrine, da lui definite materialisti-che, che “considerano lo spirito comeemergente dalle forze della materia vi-vente, o come un semplice epifenome-no di questa materia” per cui nientepongidi fra i progenitori.

Non ci prendiamo in giro: GPII, illumi-nato dal verbo del “premio ignobile”Zichichi – “Una teoria con anelli man-canti, sviluppi miracolosi, inspiegabili

Il minuetto di donna Letiziadi Marco Accorti, [email protected]

Page 15: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

15n. 3/2004 (32)

NUOVA CONTRORIFORMA

CONTRIBUTI

estinzioni, improvvise scomparse, nonè scienza galileiana” – non ha avallatoaffatto l’evoluzionismo darwiniano,ma lo ha solo strumentalizzato persdoganare dalle credenze il creazioni-smo e spacciarlo fra le teorie evoluti-ve. Una favola assurta a scienza se-condo la prassi consolidata del gran-de santificatore di nazifascisti e di as-sassini.

Del resto perché meravigliarsi? Il Dar-winismo è solo propaganda comuni-sta. Lo è sempre stato per i vari papicome per i fascisti che così ancora unavolta si trovano uniti in questa nuovabattaglia di retroguardia. Non a casol’On. Pietro Cerullo, alla presentazio-ne della “Settimana antievoluzioni-sta” a Milano, ha sentenziato: “La teo-ria di Darwin è funzionale all’egemo-nia della sinistra. È nata quando in Eu-ropa dominava la cultura del positivi-smo che è l’anticamera del marxismo”[ANSA, 17 febbraio 2004]. Il parados-so è che Darwin è sempre stato vistocome il fumo negli occhi al di là delmuro e professare nell’URSS la suateoria era garanzia di un biglietto disola andata per la Siberia. Evidente-mente l’evoluzionismo presuppone ilpensiero, mentre il fissismo nelle suevarie forme è più indicato alla creduli-tà su cui poggiano tutte le chiese equindi anche le dittature.

Ma quest’aggressione “dio-patria-famiglia” non finisce qui. Il tribalismomafioso-familistico (pericolosamentetrasversale) si è ora accodato agli al-tri fondamentalisti europei, Heider intesta, per scippare altra autonomia aiminori con la truffa del “voto ai bam-bini”: dopo la violenza del battesimoreligioso anche quello partitocratico!In Europa se ne parlava da tempo edora è stato lanciato anche in Italia, pri-ma da Gad Lerner dalla 7 e poi al XXIIconvegno delle ACLI di poche setti-mane fa con il plauso del Movimentoper la vita e del Moige: un marchio digaranzia per il contenuto di civiltà!

Per finire con una nota positiva. No,non la falsa marcia indietro di donnaLetizia, putibonda maitresse di unafantomatica commissione d’esperti.No. Questo è solo fumo negli occhi equesta notizia non è per niente buo-na anche perché non è nuova. Infatti,“Nella formazione di tutti i ragazzi da6 a 18 anni è prevista la presenza e ladiscussione delle teorie dell’evoluzio-ne, secondo criteri didattici graduali”.Ovvero si comincia con Adamo ed Evae poi ... è il solito stratagemma per ga-bellare il creazionismo come un teo-ria scientifica.

No. La buona notizia è il conforto of-ferto proprio a noi dell’UAAR dal chia-

rissimo professor Bertagna, sensibilepedagogista e coordinatore del grup-po d’acute menti che ha elaborato inpiena autonomia intellettuale i nuoviprogrammi scolastici e il loro impian-to oscurantista: “Fino al terzo annodella scuola primaria è importante da-re spazio al mito, ai racconti delle ori-gini […] Ad esempio, i bambini si ap-passionano ai cartoni animati che raf-figurano gli uomini mentre combatto-no con i dinosauri. Nella realtà questonon è mai accaduto …”.

Be’, vista la “gradualità” della Letiziae visto che le basi culturali delle futu-re generazioni si dovranno formaresulla “presenza di Dio nella creazione,nella natura e nelle sue stagioni, nellavita e nelle opere degli uomini” e quin-di sui relativi testi, cosiddetti sacri, cifa piacere che proprio lui li definiscadei gran fumettoni, delle soap, deiracconti fantastici di un qualche cosache nella realtà non è mai accaduto!

Chi volesse approfondire in modo pun-tuale l’argomento può valersi dellapuntuale analisi messa in rete dall’Uni-versità di Pavia, dove nuovi e vecchiprogrammi scolastici sono messi a con-fronto (http://www.unipv.it/webbio/labweb/primantr/news/riformascuola.htm).

Laicità addiodi Carlo Talenti, [email protected]

1. Ci voleva l’autorevole indignazionedi Michele Serra su la Repubblica del13 aprile 2004 per poter denunciare atutta voce l’invisibilità degli atei e de-gli agnostici nelle polemiche roventitra gli integralismi religiosi dei nostrigiorni. “Spiazzati, anzi sfrattati dalrinvigorire furibondo delle fedi religio-se noi senzadio siamo ai margini diogni discorso”. Questo grido di dolo-re conferma la convinzione di pochilaici che da tempo tentano invano difar capire ai propri compagni di stra-da che l’epoca delle distinzioni pudi-che tra laicità e laicismo è finita. Cheinsomma gli sforzi della maggior par-te dei laici italiani di fare della loro mi-

litanza un puro metodo di dialogo e diconfronto con le religioni per preser-vare uno spazio istituzionalmenteneutro entro il quale si possano con-cordare a livello politico soluzioni diconvivenza tra le concezioni del mon-do e le varie pratiche morali che nederivano è uno sforzo vano. Che evi-tare ogni discorso sulle descrizioni delmondo che via via le scienze ci offro-no e che modificano i nostri modi, lenostre possibilità e i nostri impegninello stare al mondo non paga.

Come se il Vaticano non ci fosse ap-punto [1], e non contaminasse ognigiorno cinicamente, proprio nel terri-

torio dello Stato italiano, la linfa dellanostra già fragile democrazia. Comese gli immensi poteri istituzionalizza-ti delle altre religioni non ci fossero.Non ci fossero le sollevazioni furibon-de del mondo islamico sopraffatto edesasperato dalla equivoca e rapacedemocrazia occidentale. E non ci fos-sero i terribili massacri tra islamici einduisti, o le violenze tra le varie cor-renti della tradizione buddista, e nonci fosse la Cina con la sua tradizionemarxista coniugata a macchia di leo-pardo con il confucianesimo, e non cifosse il sincretismo religioso del Giap-pone, la maggior tigre del capitalismoasiatico.

Page 16: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Insomma, come se in circolazione cifossero solo laici di buona volontà chesi confrontano ad armi pari e in pienareciprocità d’intenti con uomini chetestimoniano austeramente le loro di-verse fedi religiose. Come se vivessi-mo in un immacolato tempio kantia-no della pura ragione, dove uomini di-ventati responsabili dei propri limiti edei propri poteri di argomentazionestessero a confrontare rispettosamen-te le rispettive convinzioni; e alla finericonoscessero disinteressatamentele buone ragioni dell’altro, senza ri-nunciare alle proprie, ma trovando so-luzioni di convivenza pacifica da im-porre agli uomini politici. E tutti co-storo fossero devotamente in attesadelle soluzioni trovate dalle mentipensanti della società civile.

Come se il patetico anticlericalismodei positivisti dell’Ottocento con la lo-ro brava fede nelle magnifiche sorti eprogressive, con le loro disinvolte ab-beverate negli sviluppi delle scienzenon fosse mai tramontato, e le scien-ze non avessero continuamente ag-giornato i repertori delle loro ricerchee i registri delle loro scoperte. E an-cora, come se il fatto che oggi la bio-logia, entrando nel cuore più intimodella gelosa riserva degli imperi sof-focanti del Bene gestiti dalle religioni,non provocasse la loro furibonda e fe-roce reazione contro le miscredenzedichiarate o occulte, militanti o alli-gnanti tra gli stessi credenti come pe-ricolosa gramigna. E finalmente, co-me se non fosse cominciata una spie-tata resa dei conti tra le stesse gran-di religioni per il controllo dell’Imperodel Bene.

Ma ora che tutto sembra normale sipuò dire che questa analisi è soltantoun esercizio di catastrofismo. Dun-que, per stare al gioco che spazzeràvia anche chi scrive, proviamo a rivi-sitare la storia della cultura laica apartire dalle vicende che hanno cari-cato di storia i termini “laico”, “laici-tà” e “laicismo”.

2. Come tutte le parole, “laico” si usain molti modi, ma le sue trasposizionidi significato comprendono anche untrasferimento in territorio avversario.Detto in termini linguistici, “laico” èattraversato dalla figura retoricadell’antanaclasi, attribuita alle paroleche nelle loro trasformazioni semanti-che hanno caricato il loro “suono ver-bale” di significati tra loro opposti.Come accade anche al termine “ideo-

logia”, o più semplicemente al termi-ne “sanzione”, che in un contesto si-gnifica “approvazione o conferma” ein un altro “disapprovazione, rimpro-vero e multa”. Dunque, per venire acapo delle trasposizioni di significatodel termine laico, il ricorso all’etimo-logia non può ridursi a qualche super-ficiale mutamento morfologico o aqualche intuitiva estensione del cam-po semantico, ma coinvolge il riferi-mento a corpose vicende storiche.Una definizione non ambigua la tro-viamo nel “Dizionario etimologico del-la lingua italiana” di Manlio Cortelaz-zo e Paolo Zolli (Zanichelli, Bologna1983) che accomuna i termini “laica-le”, “laicato”, “laicismo”, “laicista”,“laicità”, “laicizzare” e li rinvia tuttisemplicemente all’aggettivo “laico”.

Così orientati, troviamo trasparentela costellazione dei significati distri-buiti sulla voce “laico” nel “Vocabo-lario della lingua italiana” di NicolaZingarelli (Zanichelli, Bologna 1986).Anzitutto questo chiarisce l’etimolo-gia: <voce dotta, del latino ecclesia-stico laicu(m), dal greco laikos = po-polare, derivato da laós = “popolo”>.Le derivazioni sono quelle riportateanche dal “Cortelazzo-Zolli”, che viaggiunge soltanto una precisazionestorica: laicu(m) da laicós è una tra-slitterazione introdotta al tempo del-la chiesa cattolica di Tertulliano (II-IIIsec. d.C.). Poi lo “Zingarelli” distin-gue cinque aree di significato dell’ag-gettivo sostantivato: (1) laico con-trapposto a chierico o meglio a sacer-dote; (2) laico contrapposto a lettera-to; (3) laico contrapposto a speciali-sta; (4) laico contrapposto a giudiceprofessionale; (5) laico contrappostoa credente di una confessione reli-giosa.

Ognuno di questi significati meritaqualche chiarimento aggiuntivo, cheespliciti le ragioni storiche degli usiestensivi del termine. Il “Devoto-Oli,Dizionario della lingua italiana” (LeMonnier, Firenze 1971) è il più espli-cito nel fissare il significato di parten-za: “laico” significa anzitutto <cre-dente cattolico non appartenente allostato ecclesiastico (contrapposto achierico); e religioso non sacerdote(detto anche “fratello laico” o “con-verso”)>. Su quest’ultima accezione il“Palazzi-Folena, Novissimo dizionariodella lingua italiana (Loescher, Torino1986) aggiunge una precisazione: <re-ligioso che non ha preso gli ordini sa-cerdotali e non può svolgere compiti

direttivi, pur godendo degli stessi di-ritti dei chierici>.

3. Queste definizioni ci mettono subi-to di fronte ad un’evidenza: “laico” èun termine inventato in casa cattoli-ca; tutte le estensioni successive disignificato avvengono, per somiglian-za (sinonimia) o per contrapposizione(antonimia) al contesto di riferimentooriginario. Per somiglianza specificasi arriva all’equivalenza “laico = illet-terato”, perché un tempo solo i pretierano alfabetizzati. Per somiglianzagenerica con quest’ultima equivalen-za si arriva a “laico = non speciali-sta”. Poi, per restrizione specifica nelcampo specialistico del diritto, si arri-va a “(giudice) laico = giudice non pro-fessionale” che, nell’ordinamento giu-ridico italiano, è il “giudice popolaredella Corte d’Assise”, oppure al“membro laico del Consiglio Superio-re della Magistratura”, cioè a quello“eletto dal Parlamento”.

Nei due ultimi significati la figura dellaico si alfabetizza e diventa persinouna persona colta: si occupa di argo-menti che solitamente sono trattatida specialisti ed esercita la funzionedi giudice o addirittura di membro diun organo di controllo della magistra-tura. Ma in tutti i suoi ruoli storici “illaico” rimane sempre un po’ ai margi-ni, un po’ deprivato ed emarginato.Per i preti non esercita il sacramentodel sacerdozio, oppure “vive nel mon-do” e perciò non ha fatto i voti di ca-stità, di povertà e di obbedienza. Peri letterati è un analfabeta, e quandosi alfabetizza non si sente vincolato amaneggiare la lingua secondo i ritua-li dell’argomentazione retorica. Pergli specialisti è un dilettante e, quan-do si cimenta con i metodi, le indagi-ni e i risultati della ricerca non si sen-te vincolato a rispettare i rituali im-posti dalla comunità scientifica. E peri giudici, che sono una classe partico-lare di specialisti, è un collega che ri-schia sempre di essere troppo politi-cizzato.

Ma la marginalità del laico diventaradicale quando il significato del ter-mine si rovescia, per contrapposizio-ne specifica in campo religioso, nel-l’equivalenza “laico = non credente”e poi “agnostico” o decisamente“ateo”: anzitutto di fronte al “creden-te cattolico”, poi genericamente difronte al “credente di una qualsiasiconfessione religiosa, cristiana o noncristiana”.

16 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 17: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

4. Se ritorniamo all’etimologia dal gre-co “laós = popolo”, genericamentepreso come “massa di coloro che so-no uniti sotto un capo” (anzitutto mi-litare), laico evoca l’equivalenza con“popolare”. Tuttavia, il termine italia-no popolo traduce anche il greco “de-mos”, che solo in parte interseca“laós”, e si riferisce piuttosto alla “po-polazione di un territorio politicamen-te definito”, entro il quale gli uominiliberi esercitano il diritto di voto. Cosìda demos deriva democratico, che so-lo i cattolici, di fronte all’affermazioneirreversibile delle democrazie moder-ne, hanno trovato modo di confonde-re con “popolare”, lasciando intende-re equivocamente che solo “il popolodi Dio” sarebbe degno di esercitare idiritti politici, cioè l’esercizio della vi-ta democratica.

Invece le democrazie moderne sono“laiche” nel senso che – almeno nel-l’intenzione fondativa – derivano la lo-ro legittimazione non direttamente daDio ma da un consenso popolare, chemagari si richiama genericamente al-la divinità come garante del patto po-litico, del diritto di proprietà e della“guerra giusta”, ma non consideratutta la sterminata varietà delle atti-vità mondane come un repertorio le-gittimato dalla rivelazione ebraico-cristiana, interpretata esclusivamen-te alla luce della tradizione cattolica-romana.

In breve: le prime costituzioni demo-cratiche sono il risultato di un proces-so in cui l’uomo europeo – cresciutonella tradizione cristiana ma, in quan-to non sacerdote e non chierico, tuttodedito alle cose del mondo – si è pro-gressivamente sottratto alla conce-zione del mondo tramandata dallachiesa cattolica docente – e poi daquella delle chiese cristiane riformate– si è familiarizzato con l’autonomiadell’agire, del fare e del conosceremondano, è riuscito a screditare e aneutralizzare gradualmente le repres-sioni dell’Inquisizione, e alla fine si èavventurato a sottrarre anche la legit-timazione della forza di governo adogni autorità religiosa [2].

Tralasciando i dettagli eruditi, questastoria può essere raccontata in unasequenza ideal-tipica. Alcuni laici-“non sacerdoti” e – “non chierici” –ma alfabetizzati, hanno cominciato adubitare dei racconti biblici e a pren-dere sul serio le descrizioni delle nuo-ve scienze sorte a partire dal XVII se-

colo. Così, nei secoli successivi, finoai nostri giorni, l’immagine del mon-do ha preso congedo dalle mitologiesacre e ha reso sempre più scomodae imbarazzante la presenza di dio odell’ordine divino del mondo. Tantoche le istituzioni religiose, saldamen-te insediate nell’ordine profano, han-no prontamente rinnovato l’arte dicompromettersi con i poteri economi-ci, militari e politici, pur di manteneree rafforzare il loro dominio sul sensosfuggente della vita e della morte.

Intanto crescevano in modo irresisti-bile i nuovi metodi di ricerca e le nuo-ve rappresentazioni del mondo: le ve-rifiche compiute con gli strumenti e lemisurazioni, la terra che gira intornoal sole, le orbite dei pianeti, la gravi-tazione universale, le “sterminate an-tichità” dell’origine dell’uomo, gliistinti e le passioni umane, e poi viavia, gli elementi chimici, l’evoluzionedi tutte le specie viventi – compresala nostra – e il funzionamento delle so-cietà umane. Infine, nel secolo XX, larelatività ristretta e generale, la strut-tura atomica della materia, le parti-celle subatomiche, la teoria dei quan-ti, la formazione delle galassie e l’ori-gine dell’universo, la teoria dellestringhe, e parallelamente, le struttu-re e il funzionamento della mente, lereti neurali e i vincoli forti della biolo-gia sul comportamento umano, indi-viduale e sociale. Tutte descrizionisettoriali, accompagnate da impres-sionanti sviluppi della matematica,ma anche piene di problemi aperti edi anelli mancanti; che tuttavia, nelcomplesso, risultano più verificate ecredibili di quelle dei racconti biblicie dei tanti racconti delle origini offer-ti da altre tradizioni religiose.

Così, i laici hanno fatto scuola e han-no dato origine ad una compagniasempre più numerosa, che piano pia-no si è dispersa tra i non-laici, inde-bolendo inesorabilmente, a loro insa-puta, la rappresentazione compattadelle tradizioni religiose cristiane e leloro drammaturgie espiatorie, e perestensione e contagio, anche quelledelle altre religioni. E intanto, ogninuova generazione di credenti si è ri-trovata senza saperlo in un mondo di-verso, con gli antichi valori compro-messi in pratiche profane sempre piùindipendenti e spregiudicate, fino ainostri giorni, dominati da tecnologietotalmente indifferenti ai richiami re-ligiosi e tuttavia pronte a sfruttare intutti i modi e con tutti i compromessi

il potenziale di consumo di credenti enon credenti.

Intanto, nel corso di queste vicende,dentro e poi fuori dalla serra euro-pea, coltivata per tanti secoli dal cat-tolicesimo e, dopo la Riforma, anchedalle altre confessioni cristiane, il lai-co alfabetizzato è diventato scetticosugli antichi dogmi, ha scoperto lavarietà sconcertante delle religionidel mondo, pronte a farsi guerra ap-pena venute a confronto e, finalmen-te, da scettico e non praticante è di-ventato miscredente, agnostico e ateomilitante.

5. A conti fatti dunque, il vero segnodi contraddizione del termine “laico”è la “miscredenza”, e in particolarequella praticata contro i cattolici. Infondo si tratta di una storia recenteche conta appena tre secoli, ed è com-prensibile che la chiesa cattolica, vec-chia di quasi due millenni, tratti i lai-ci-miscredenti con insofferenza e in-dignazione e, quando deve difender-si, con sofferenza e degnazione.

Per la verità, la figura del “laico mi-scredente” – cioè del “laico-laicista”– ha avuto per qualche tempo un’a-scesa fiammeggiante, ed ha elabora-to una ideologia apertamente monda-na con uno specifico programma poli-tico e uno specifico programma edu-cativo. Illuminismo, cioè diritto di pri-vilegiare le rappresentazioni del mon-do scientifiche su quelle religiose; eti-ca delle responsabilità limitate all’o-rizzonte naturale; separazione fra Sta-to e Chiesa (chiesa cattolica anzitut-to), e scuola “laica” – ossia con pro-grammi e amministrazioni neutrali neiconfronti delle diverse confessioni re-ligiose praticate dai suoi insegnanti edai suoi allievi – sono stati e sono tut-tora i punti irrinunciabili di una ideo-logia laica coerente. Ma il successo diquest’ultima nella società civile e inquella politica è stato di breve dura-ta. Nella lotta impari che ne è seguitala primitiva figura del “laico”, quelladi chi opera all’interno della comuni-tà ecclesiale e a fianco dei sacerdoti –“il laico di Tertulliano” insomma – haripreso il sopravvento e ha emargina-to la figura corrosiva del laico miscre-dente, agnostico e ateo.

In Italia soprattutto, ma un po’ in tut-to il mondo, i cattolici hanno mobili-tato l’apostolato laico, la testimonian-za laica e la militanza laica della fede,sommergendo e irridendo in un dilu-

17n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 18: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

vio di interventi di massa, di periodi-ci, di audiovisivi e di messaggi infor-matici la scarna tribù dei laici miscre-denti, agnostici e atei, che non trovapiù gran credito nemmeno presso gliscienziati, i politici e i pedagogisti tie-pidi verso il cattolicesimo. A sostegnodi questa operazione la chiesa catto-lica – a fianco delle altre chiese cri-stiane – ha trovato schiere di letteratie di filosofi che, con argomentazioniapparentemente autonome e spregiu-dicate, curano la manutenzione delleantiche credenze.

Ma anche questo trionfo mondanodelle istituzioni religiose cattoliche ecristiane – come abbiamo visto – nonsi è realizzato senza costi e perdite diautorità, di prestigio e di magisterosublime e intoccabile. Tanto che il po-tere che esse spesso possono eserci-tare all’interno del mondo occidenta-le – e la chiesa cattolica più di tuttele altre – ha perso la maschera inge-nua e benevola della cura d’anime esi presenta con tutto il peso di risorsepuramente mondane, tra le quali spic-ca la padronanza delle strategie me-diatiche e quella di corpose alleanzecon il potere economico, con quellopolitico e con quello militare.

Come tutte le religioni e le agenziedelle credenze nel soprannaturale,anche la chiesa cattolica e le altrechiese cristiane sono più che mai pre-senze istituzionali del tutto monda-ne, con le quali ci si può rapportaresoltanto in termini di forza. Così la cu-ra d’anime che tanti sollievi continuaad elargire agli uomini stremati dal la-voro, dalle preoccupazioni quotidia-ne, dalla miseria e dall’emarginazio-ne, si rivela sempre più come unacompensazione e un’impostura chetiene lontano gli uomini da una matu-razione emotiva e intellettuale ade-guata alle profonde trasformazioniimposte dalla velocità delle scopertescientifiche e delle innovazioni tecno-logiche. Donne e uomini con creden-ze superstiziose e infantili manipola-no strumenti e procedure che sonofrutto di sofisticate elaborazioni teori-che e tecniche. Così, il divario tra i sa-peri specialistici e i saperi diffusi di-venta sempre più preoccupante, pernon dire incolmabile. E le stesse isti-tuzioni democratiche tradizionali si ri-velano inadeguate al controllo dellacrescente complessità della societàmoderna. In verità, il vigore di una le-gittimazione democratica modernadella forza di governo si consolida e

prospera al di là della distinzione trasacro e profano, oppure la democrazialangue, si estenua e muore nelle pra-tiche mondane della religione nutritadal potere economico e da quello mi-litare. Come già sta avvenendo. Il ter-ritorio percorribile e occupabile dailaici-laicisti, cioè dai laici-miscredentiè tutto compreso nel divario esistentetra una concezione sacra e una conce-zione naturalistica delle pratiche mon-dane. Mobilitare la coscienza, l’impe-gno e le convergenze possibili tra mi-scredenti di differenti livelli sociali èun’impresa tutta da inventare. Forseè un’impresa disperata, e non è scrit-to da nessuna parte che i miscredentiabbiano il diritto-dovere di contribui-re in modo più consistente alle prati-che del controllo sociale.

Per di più a dividere i laici rimangonoanche le militanze conservatrici/rea-zionarie contrapposte a quelle pro-gressiste, che la cultura post-modernasi diverte ad irridere e a considerareobsolete, e che invece fanno la diffe-renza. Da una parte starà, come sem-pre, chi desidera rafforzare un’orga-nizzazione della convivenza fondatasui consumi di lusso – per vivere inpoche cittadelle del benessere protet-te con tutti i mezzi dalle maree mon-tanti dei piccoli borghesi, dei proleta-ri, dei sottoproletari e degli straccioni– dall’altra, invece, chi desidera allar-gare la distribuzione delle risorse asettori sempre più ampi della popola-zione, senza più illudersi sulle rigene-

razioni radicali della società e sullasalvezza dell’uomo. Perciò la questio-ne laica rimane terribilmente “ imbro-gliata” [3].

E tuttavia, alla resa dei conti, o le reli-gioni diventeranno ospiti discrete del-le democrazie garantite nello spaziopolitico della società civile, oppure ledemocrazie – come già sta accadendo– diventeranno ospiti più o meno tol-lerate delle religioni, e queste col tem-po provvederanno a soffocarle nei lorointegralismi, eliminando ogni forma dilibertà e di giustizia laica e subordi-nando ai propri valori assoluti ogni for-ma di ricerca scientifica, artistica, let-teraria e filosofica.

Note

[1] Chi legge per professione o per dilettoriconosce subito il richiamo al libro di GianEnrico Rusconi, Come se Dio non ci fosse,Torino 2000.[2] Il riferimento è ovviamente a certe pro-poste costituzionali avanzate durante laRivoluzione francese di fine-Settecento.Esclude invece la “democrazia america-na” che non ha mai rinunciato a vincolarela legittimazione del consenso ad una ge-nerica garanzia religiosa, vistosamenteesportata nel mondo attraverso la forzadel dollaro che porta la scritta In God wetrust. Gli attuali rigurgiti pluriconfessio-nali dell’era Bush ne spremono tutto il po-tenziale non-laico, consolidato da tempoin una equivoca e continua compromissio-ne tra economia e religione. Gli Stati Unitid’America ci offrono oggi la più sfacciatamercificazione della religione e la più cini-ca legittimazione religiosa della competi-zione capitalistica. La chiesa cattolica ro-mana ne varia la formula condannando glieffetti perversi della competizione econo-mica, ma riducendo il mercato della reli-gione ad una condizione di monopolio. [3] Il richiamo deliberato riguarda testi di-ventati classici: quello di Kilani e altri,L’imbroglio etnico, De Donato, Bari 2002,e quello comparso al tempo della conte-stazione sessantottina di Dario Paccino,L’imbroglio ecologico, Einaudi, Torino1972. Il termine “imbroglio” gioca sul dop-pio significato di “inganno” e “groviglio”.

(Il Prof. Carlo Talenti, insegna attual-mente alla Facoltà di Scienze Politi-che – Indirizzo Scienze dell’Ammini-strazione – dell’Università di Torinoed è titolare dei seguenti corsi: “I con-dizionamenti sociali del discorso filo-sofico”, “Orientamenti sociologici” e“Linguaggio e Logica delle ScienzeSociali”).

18 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 19: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

19n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Una breve analisi dellaprogrammazione: anni ‘50 e ‘60

Nel 1965 esce nelle sale cinematogra-fiche il film I complessi. È composto di3 episodi e l’ultimo, divenuto autono-mamente celebre negli anni seguen-ti, s’intitola Guglielmo il dentone – re-gia Luigi Filippo D’Amico – e ha perprotagonista uno strepitoso AlbertoSordi che interpreta un personaggiodotato di un’imbarazzante dentatura,deciso a vincere un concorso comegiornalista TV per il telegiornale del-la sera. Il vero antagonista tra i 12candidati, interpretato da Franco Fa-brizi [1], è fidanzato con Gaia Germa-ni [2], nella parte di se stessa e dun-que soubrette interna alla RAI. Ad uncerto punto, in ascensore a via Teula-da, Fabrizi le chiede di intercederepresso la dirigenza secondo il costu-me italiano della raccomandazione.La Germani, da sceneggiatura, sostie-ne che per un posto così importantenon ci sono santi in paradiso. È ovvia-mente fantasia allo stato puro, un filmappunto.

La RAI, centro di potere incalcolabile,vive di “segnalazioni” a vostra signo-ria illustrissima, cioè ad un notabiledemocristiano, un cardinale, un ve-scovo, un potente amministratorepubblico (per fare l’usciere bastaqualche parroco influente). La televi-sione è centro di spartizione d’enormiinteressi, bisognosa di “uomini di fi-ducia” nei posti chiave, ché la DC èpienamente cosciente della possibili-tà offerta dal mezzo; non sono pochiquelli che hanno conosciuto l’EIAR,che presto entrerà nelle case di 20 mi-lioni di famiglie. Ed è proprio la fami-glia la preoccupazione maggiore, se-condo le indicazioni morali del Vatica-no. La RAI dunque, almeno fino allaprima metà degli anni ‘70, è sotto lostretto controllo del governo clericaleche le imporrà una censura “ai confi-ni della realtà”. I raccomandanti, di-sciplinati già prima di accedervi ma-gari dall’Azione cattolica, dalle scuo-

le e università confessionali o da or-ganizzazioni culturali a sfondo religio-so, in RAI sono i vigili filtri di una mo-rale che ritiene satanica, bestiale edevastante per la società qualunqueforma di relazione tra uomo e donnache non sia il matrimonio celebratosecondo il rito di santa romana chie-sa, e i costumi quotidiani da questoderivanti, a cominciare dall’educazio-ne dei figli.

Durante i primi vent’anni di trasmis-sioni quindi, non c’è una particolareattenzione ad una programmazione acarattere apertamente religioso del ti-po oggi conosciuto. Tutto quello checostituisce il palinsesto, coordinatodalle sedi RAI diffuse sul territorio na-zionale, è informato secondo questi“sani” principi; e poi per vedere sto-rie di santi e madonne c’è l’immensocircuito delle sale parrocchiali, doveseguendo le puntigliose recensionidel Centro Cattolico Cinematografico[3], è possibile assistere a spettacoliovunque nel territorio nazionale. Inqueste sale, per lo più un telo biancoe panche di legno, un paio di genera-zioni di ragazzini hanno visto BenHur, I dieci comandamenti, Marcelli-no pane e vino, i film di Totò e di Fran-co e Ciccio, sotto l’occhio vigile di pre-ti e suore, le “amorevoli ventose” deitroppi tentacoli della piovra vaticana.

Gli anni ‘50

In televisione la chiesa e il suo monar-ca apparvero per la prima volta nellatrasmissione dei funerali di Pio XII e,subito dopo, nella differita dei mo-menti decisivi della proclamazione insan Pietro del successore GiovanniXXIII (ottobre-novembre 1958).

Unico format, diremmo oggi, esplici-tamente cattolico della RAI delle ori-gini è La posta di padre Mariano. Tut-ti i martedì dal 1955 al 1972, anno del-la sua morte, il frate cappuccino di-spensa banalità sul bene e il male adun pubblico semianalfabeta: è un pic-

colo successo [4]. Nel ‘55 la rubricaparte come Sguardi sul mondo che so-lo dal ‘59 prenderà il titolo La posta dipadre Mariano. Sue anche altre duerubriche Chi è Gesù e In famiglia, as-sai esplicite sin dal titolo. Mariano èil nome che il professore torinese dilettere classiche Paolo Roasenda(1906) scelse dopo la vocazione so-praggiunta a 34 anni. Nel 1963 la fa-ma del cappuccino troverà uno sboc-co satirico nell’interpretazione di Vit-torio Gassman in un episodio del filmI mostri (D. Risi) dal titolo Il testamen-to di Francesco: un telepredicatorefrancescano, chiaramente ispirato apadre Mariano, esibisce un perversoe consapevole narcisismo pur predi-cando l’umiltà e la semplicità.

La celebrità del frate catodico appro-da, l’11 maggio 1991, alla conclusionedel processo diocesano per la sua ca-nonizzazione e poi il 22 gennaio 1993quando la congregazione per le cau-se dei santi ne conferma la validitàgiuridica. Presto avremo il primo san-to televisivo [5].

Ad ampliare il panorama delle confes-sioni, superando un indecente mono-polio cattolico durato 19 anni, saran-no due rubriche: Protestantesimo (perle chiese riformate) e Sorgente di vita(ebraismo) che prendono il via nelgennaio 1973. Si tratta di prodotti, alcontrario di omologhi cattolici, di otti-ma qualità, a tutt’oggi trasmessi daRaidue in orari, ovviamente, impossi-bili. Mentre qualunque programmacattolico, ad un osservatore attento,sprigiona inevitabilmente un’aura dimenzogna fastidiosa, un’ostentazio-ne insopportabile della superbia di chisi sente, unico, dalla parte della “ve-rità”, questi due esempi di testimo-nianza religiosa in televisione sonocaratterizzati da uno spirito criticoche apre alla dimensione culturale estorica della religiosità, offrendo tut-t’al più un punto di vista nel comples-so ambito del sacro. Di recente le po-sizioni espresse durante queste tra-

Quando la coppia scoppia.Sguardo critico su cattolicesimo e televisione mentre la Rai compie 50 anni (Terza parte)di Carlo M. Pauer, [email protected]

Page 20: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

smissioni relative al dibattito france-se sul velo delle donne musulmane ogli approfondimenti della questioneisraelo-palestinese, sono apparsi i piùcolti, chiari e condivisibili tra gli inso-stenibili schiamazzi dei Vespa, Co-stanzo e cianfrusaglia simile, dove in-combe la presenza dell’immancabilemummia di mons. Tonini, campione dispocchia, virtù del clero romano.

Gli anni ‘60

Con il satellite “Telestar” la RAI, l’11ottobre 1962, trasmette per la primavolta in Europa, Canada e USA (mon-dovisione), la cerimonia di aperturadel Concilio Vaticano II (due anni do-po sarà la volta di Paolo VI in terrasanta: 4-6 gennaio 1964). Vittorio Cit-terich, un mezzobusto DC all’epocagiornalista inviato in Vaticano, rac-conta molti anni dopo: “Si può dire, inqualche misura, che quel momentostraordinario, raccolto in diretta dalletelecamere della RAI, segnò, fra tan-te svolte, anche una svolta nel rappor-to fra la Chiesa riunita in Concilio e lospecchio televisivo mondiale”. In chemodo questo sia vero è argomento diricerca, anche per chi scrive, certo èche lo spettacolo mediatico entra de-finitivamente a far parte della culturacattolica e la programmazione televi-siva sembra risentirne. Nel quadroitaliano il clima del concilio favorisceuna riflessione che trova, tra le moltepossibili, una via massmediatica nel-la scelta della RAI di affidare a Lilia-na Cavani la realizzazione di uno deiprimi film per la TV Francesco d’Assi-si (1966). La Cavani (Carpi, 1933), do-cumentarista in RAI, cattolica inquie-ta e sensibile al fermento politico cheattraversa la chiesa, costruisce unFrancesco istintivo e antiautoritario,affidando la parte a quel Lou Castelgià protagonista del film, poi “mani-festo” di una generazione, I pugni intasca (M. Bellocchio, 1965).

Il 1966 è un anno decisivo per gli svi-luppi successivi della storia italiana.Il 16 marzo al Liceo Parini di Milano,vengono denunciati i redattori delgiornalino scolastico: Zanzara. Aveva-no pubblicato un’inchiesta su “Lacondizione femminile. Un dibattitosulla posizione della donna nella no-stra società, cercando di esaminare iproblemi del matrimonio, del lavorofemminile e del sesso”. All’attaccofrontale un gruppo di cattolici di “Gio-ventù Studentesca” (da cui deriveràComunione e Liberazione). Il neonato

“cattolicesimo del dissenso”, frain-tendendo lo spirito del concilio comesi vedrà negli anni a seguire tra unasospensione a divinis e l’altra, sischiera con la sinistra in difesa deigiovani autori dell’articolo, contro iquali la DC e i fascisti del MSI scaglia-no anatemi medievali (i tre giovani sa-ranno poi assolti). Nel mese successi-vo (27 aprile) la canaglia fascista as-sassina a Roma, sulla scalinata di Let-tere dell’università La Sapienza, lostudente del PSI Paolo Rossi. Sono isegni contraddittori di un processopolitico, sociale, culturale che con laminigonna e lo stile beat dei “capel-loni” si riverserà nel più ampio svilup-po della contestazione generale(1968-1969). Quello che la RAI tra-smette è dunque un Francesco insoli-to, una rarefatta icona contempora-nea proiettata nel XIII secolo, messoin scena con un intento politico checoglie la temperie culturale e forte-mente debitore dell’opera al verticedel neorealismo di Rossellini – Fran-cesco giullare di Dio (1950) – oltrechéinfluenzato della rilettura evangelicadi Pasolini, Il vangelo secondo Matteo(1964) appena premiato a Venezia efischiato dai fascisti in sala (soprat-tutto per l’omosessualità sacrilegadell’autore), apprezzato dai cattolici eduramente contestato da sinistra [6].Quando la Cavani tornerà sullo stes-so tema (Francesco, 1989) il portinaiodella curia romana, Vittorio Messori,dirà su Avvenire (2/4/89) che hannoprevalso le “esigenze di mercato”(scontento anche del protagonista M.Rourke), ed è ripetuto l’errore del ‘66quando il santo fu visto “come un de-magogo in lotta contro l’istituzioneecclesiale” mentre Francesco fu uncristiano “del consenso”, non già deldissenso come lo si volle, e si vuoleancora, strumentalmente dipingere.Ma il poverello d’Assisi al botteghinoha successo proprio per la sua duttili-tà teologico politica in comune conGiovanna d’Arco (anche per lei unamezza dozzina di pellicole); infatti,sebbene in ritardo rispetto alla Cava-ni, anche il cattolico Zeffirelli proposeal cinema la sua versione nel 1971(Fratello sole, sorella luna) ispirandosiai “figli dei fiori”, ma con musiche daorchite di Claudio Baglioni. Un fotoro-manzo disgustoso, più che altro unnoioso spot dell’ente del turismo um-bro, gran successo nei cinema parroc-chiali.

Quando Liliana Cavani spingerà sul-l’acceleratore e girerà Galileo (1968),

attaccando didascalicamente il pote-re clericale, un assurdo divieto ai mi-nori di 14 anni ne impedirà la trasmis-sione in tv. Il concilio è stato davverofrainteso e lo si comprende subito. Maè tardi per chiudere la stalla, i buoi so-no fuggiti: i voti in parte cattolici peri referendum sul divorzio nel ‘74 e l’a-borto nel ‘78, saranno colpi durissimidai quali la chiesa non si riprenderàmai più completamente. Infatti, lavendetta, nota virtù teologale, diquell’affronto, è uno dei temi centralidel pontificato attuale.

Sull’onda di questo clima, quantome-no confuso per il cattolicesimo divisotra aperture di “base” e difesa dog-matica, si tenta di “rinnovare” la fi-gura di don Bosco (e in generale delsacerdote pedagogo) proponendo laprima serie catechistica per la TV e alcontempo il primo, di una lunga serie,dei preti televisivi. La RAI, nella fa-scia oraria pomeridiana (la cosiddettaTV dei ragazzi), produce nel 1968 I ra-gazzi di padre Tobia, un telefilm diret-to da Italo Alfaro, con autori Mario Ca-sacci e Alberto Ciambricco, noti perle fortune del Tenente Sheridan. Silva-no Tranquilli è padre Tobia che con iragazzi della parrocchia vive avven-ture edificanti in cui il bene e l’amici-zia trionfano sempre. La novità è nel-l’uso delle arti marziali orientali [7] enei modi informali con cui il giovanereligioso si rapporta ai ragazzi, dimo-strando di sapere come capirli. Il suc-cesso del telefilm va dunque ricerca-to nell’aver messo in scena il ricono-scimento dei ragazzi come nuovi sog-getti sociali autonomi, dimostrandoche anche la chiesa, come già il mer-cato da anni, adatta la sua merce of-frendo un prodotto “personalizzato”[8]. Intanto nelle piazze, nelle fabbri-che, nelle scuole e nelle università èrivolta. La crisi provocherà una frat-tura profonda nel legame tra cattoli-cesimo e costumi famigliari, in queigiorni rappresentati con successo daLa famiglia Benvenuti (di AlfredoGiannetti, con Enrico M. Salerno e Va-leria Valeri) nella quale i cambiamen-ti degli anni ‘60 e la “contestazione”sono trattati con “simpatico” pater-nalismo. È una famiglia quasi metafi-sica nella sua confezione perfetta an-che nei problemi, una messa in scenadella borghesia e la sua morale al me-glio delle possibilità espressive in te-levisione, ma anche una famiglia lon-tana dai 2/3 delle famiglie italiane,parte delle quali al sud vive ancoranel XIX secolo. Proprio questo ne farà

20 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 21: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

un modello di successo: seduce conl’oblio verso un orizzonte spettacola-re. Il figlio minore, saputello e “giudi-zioso”, dei Benvenuti, Andrea, è in-terpretato da Giusva Fioravanti (10anni) che qualche anno più tardi si ri-bellerà davvero, forse anche rielabo-rando il ricordo del “mondo banale”che recitò da bambino, scegliendo lastrada dell’eroismo neofascista e dan-do vita ai NAR.

Gli anni ‘60 si concludono con la mes-sa in onda ad aprile degli Atti degliapostoli di Roberto Rossellini (1906-1977). Il discorso di Rossellini con latelevisione era cominciato nel 1965 (aparte il documentario India del 1958)quando furono trasmesse le cinquepuntate di L’età del ferro, diretto dalfiglio Renzino; poi la parentesi france-se di La prise du pouvoir par Louis XIV(1966) e, proprio grazie al successo diquesto esempio perfettamente riusci-to di “cinema pedagogico”, il ritornoin RAI con l’opera sui discepoli delmessia (al quale dedicherà un film nel1975 proprio col titolo Il Messia). Ros-sellini era stato rifiutato dal cinema,sconfitto all’affacciarsi di quella crisiqui brevemente ricordata e con la cri-tica di “sinistra” che gli rimproveral’abbandono del neorealismo. Delusovolge lo sguardo alla televisione, unatecnologia della rappresentazionenuova e dunque un terreno di possi-bili “scorribande sperimentali” per ilvulcanico sessantenne regista roma-no. Prima di sviluppare qualche con-siderazione su Rossellini e la TV, è ne-cessario un passo indietro.

Quando nel 1949 per Ingrid BergmanRossellini lascerà, per tornare solo da-vanti ad un letto d’ospedale venti-quattro anni dopo, la Magnani (chepoi muore il 26 settembre 1973), vo-lando verso Hollywood, il regista nonsa quali sviluppi la storia, che coinvol-ge una macchina da soldi con dueOscar alle spalle come la Bergman,potrà avere, e non gli importa. Il ci-neasta romano, lusingato dalle ad-vances della bella svedese, accetta dicostruirle un film su misura (Strombo-li terra di Dio, 1949), la questione arri-va in parlamento dove un senatore –gli USA hanno “liberato” l’Italia daappena quattro anni – accuserà Ros-sellini di essere un mascalzone (allu-dendo probabilmente al matrimoniocon Marcella De Marchis naufragatoper Anna Magnani) e fascista (riferen-dosi alla produzione precedente a Ro-ma città aperta) [9]. Questa immagi-

ne poco morale e il dittico di Amore(1948) [10], che aveva scontentato icattolici americani e italiani, preoccu-pano Rossellini “tanto che ora si sen-te inquieto, lui che si ingegna di usa-re in ogni frangente l’arma della con-vinzione e della seduzione. Sarà perquesto che cercherà di rendere piùstretti i contatti con il Centro Cattoli-co Cinematografico e con la gerarchiaecclesiastica” [11]. Nel 1950 esce ilsuo film su Francesco d’Assisi, intan-to legge Mao, si appassiona a Marx(morirà nel 1977 mentre sta elaboran-do, dopo Gesù, un film sul filosofo) ecolleziona auto costruite dall’amicoEnzo Ferrari. Ma più d’ogni altra co-sa, in quegli anni scopre, e se ne in-namora, un filosofo moravo del XVIIsecolo: Jan Amos Komensky cioè Co-menio (1592-1670). Questo genialepedagogista, teorico di un sistema ci-

clico scolastico dalla materna all’uni-versità, organizzato secondo un me-todo di formazione completa e conti-nuativa (pansofia), sarà il riferimento,alla fine degli anni ‘60, per l’avventu-ra televisiva di Rossellini. Dunque ilrapporto con la TV, con il cattolicesi-mo e con il marxismo di questo com-plesso e controverso autore è ora pos-sibile accennarlo considerando pro-prio gli Atti degli apostoli, un lungolavoro di analisi storica, culturale, e di“educazione” per immagini che ha ilmerito di incorporare – come negli al-tri interventi dell’autore per la TV –una chiara visione del mezzo e unaidea di mass media che in parte (mi-nima) coincide con la concezione pe-dagogica della televisione generali-sta di quel tempo dei più astuti am-ministratori RAI democristiani (equalche eccezione laica).

21n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Qualcuno è rimasto sconcertato che il film “Passion” di Mel Gibson, nel quale tor-ture e sangue riempiono interminabili sequenze, non sia stato vietato ai minori.Che sia stata la commozione che ha provato il Pontefice nell’assistervi che lo hanobilitato al di sopra di ogni sospetto?, rendendolo adatto anche ai più piccoli?Non lo sappiamo. Rimane comunque curiosa la coincidenza tra il giudizio della no-stra Commissione Censura e quella della Commissione Cinema della ConferenzaEpiscopale Italiana, che ha giudicato il film “accettabile”. A titolo esemplificativoriportiamo di seguito i giudizi della stessa Commissione C.E.I. su alcuni film del-l’ultima stagione:

THE DREAMERS di Bernardo Bertolucci: “Inaccettabile/scabroso”LE INVASIONI BARBARICHE di Denys Archan: “Inaccettabile/negativo”FINAL DESTINATION 2 di David R. Elis: “Inaccettabile/fuorviante”CITY OF GOD di Fernando Maireles: “Inaccettabile/negativo”L’ODORE DEL SANGUE di Mario Martone: “Inaccettabile/negativo”21 GRAMMI di A. Gonzalez Inarritu: “Discutibile/problematico”IL SIGNORE DEGLI ANELLI di Peter Jackson: “Accettabile/problematico”NON APRITE QUELLA PORTA di Narcus Nispel: “Inaccettabile/farneticante”LE BARZELLETTE di Carlo Vanzina: “Accettabile/riserve/grossolanità”LA MEGLIO GIOVENTÙ di Marco Tullio Giordana: “Discutibile/problematico”

Page 22: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

L’idea che Rossellini abbia abbando-nato il neorealismo è il frutto avvele-nato della critica ideologica e parroc-chiale della sua epoca; infatti, il per-corso che conduce l’autore di Paisà(1946) verso le sperimentazioni ope-rate su India, e dunque alla televisio-ne, è invece il chiaro segnale che lacoscienza di “padre” del neorealismolo conduce al superamento dello stes-so perché ne svela la natura comun-que fantasmagorica che è propria delcinema in generale e a cui, per Ros-sellini, è impossibile sfuggire. Dirà, in-fatti, lo stesso regista: “Non mi inte-ressa il cinema per sé. Non si può an-dare avanti per allusioni. Ormai ci so-no delle cose talmente urgenti nellavita che le allusioni non servono più aniente. Qui bisogna fare i discorsiespliciti” [12]. Le critiche, e in parti-colare quelle da “sinistra” verso leaperture allo spiritualismo e al misti-cismo – oltre gli Atti e al Messia va ri-cordato Agostino d’Ippona (1972), e sitratta solo di opere manifeste, perchéil tema attraversa tutto il suo cinema– sono giudizi distorti da una fortemiopia perché l’idea di un “razionaleestetico” (all’epoca specifico del“post-neorealismo”) che informi il ci-nema compiutamente, occulta sem-plicisticamente “il problema non cer-to piccolo per un’Italia cresciuta nelcattolicesimo, poggiata sulla famigliae uscita dalla barbarie fascista, di ciòche questo razionale rimuove o dene-ga nel momento in cui si afferma”[13]. I lavori di Rossellini sono dunque“espliciti” nel considerare questarealtà, ma lo sviluppo estetico, spe-cialmente nelle opere destinate allaTV, si definisce come una sottrazionedi elementi spettacolari, ovvero diquegli espedienti prettamente cine-matografici, ritenuti (giustamente)semplificativi, che, nel caso di pellico-le “religiose” quali ad esempio gli At-ti e il Messia, se non risolti e superati,getterebbero inevitabilmente il risul-tato nell’agiografia, nella fabula con-solatoria, nel proclama ideologico. L’i-dea è dunque quella di complessifica-re la rappresentazione che si ricavadalle fonti storiche. La storia (anchedella religione) è il luogo prescelto peril suo cinema pedagogico, perché, nelsolco di Comenio, la conoscenza è cre-scita ed emancipazione e la memoriaè conoscenza. Complessificare signi-fica intrecciare le fonti, significa mul-tidisciplinarietà, proporre piani diver-si alla rappresentazione (mai docu-mentaristica) per suggerire uno spes-sore alle possibilità di lettura dei con-

testi, ma senza mai esplicitare le sug-gestioni più semplici, più immediate,più banali. È un rischio enorme per-ché significa rinunciare alla seduzio-ne del cinema, una dialettica negati-va che viene rifiutata anche consprezzante durezza, una opposizionedella critica, della produzione, e allafine perfino della televisione. Gli Attirestano un capolavoro nella resa diquanto appena brevemente accenna-to. Una ricostruzione di un mondoscomparso che pare seguire le traccedella grande tradizione storiograficafrancese che conduce alla microsto-ria, allora pressoché sconosciuta inuna Italia con i piedi troppo piccoli perle scarpe che pretendeva d’indossa-re. In questa confusione, dove gli in-teressi più meschini s’intrecciano conl’utopia, la RAI trasmette nel ‘69 ungioiello e modello ancora insuperatodi cinema per la televisione.

Note

[1] Caratterista di razza di cui si ricorda,tra oltre 100 film, il ruolo di Franco Simo-nini, l’amico di Sordi (Silvio Magnozzi) nelcapolavoro di Dino Risi Una vita difficile(1961), la parte di Fausto ne I vitelloni diFellini (1953) e l’architetto Pedoni in Leamiche di Antonioni (1955).[2] Un’attrice oggi pressoché dimenticata,all’epoca molto nota per essere la “rispo-sta italiana” ad Audrey Hepburn. Il suofilm più interessante, anche questo a epi-sodi, lo deve a Marco Ferreri, si tratta diMarcia nuziale (1965) con Ugo Tognazzi.L’episodio è Prime nozze. Essendo la pelli-cola di Ferreri una rappresentazione grot-tesca del “sacro” istituto del matrimonio,fu oggetto di attenzione della censura cheimpose 8 minuti da tagli.[3] Il Centro Cattolico Cinematograficosorse per dare indicazioni ai cattolici suifilm in uscita nelle sale, il bollettino ripor-tava, oltre alla trama ed una critica delfilm, la valutazione pastorale. Il CCC pub-blica fino al 1982 il mensile “La rivista delcinematografo” di cui direttore, fino al1960, fu Luigi Gedda, il cattolico integrali-sta fondatore dei Comitati Civici che in-ventarono il terrore del demonio socialco-munista alle elezioni del 1948 con appari-zioni della madonna comprese. Attual-mente esiste la Commissione NazionaleValutazione Film, “un organo tecnico-pastorale che ha come scopo specificoquello di dare, per mandato dell’Episco-pato italiano(CEI) una valutazione e clas-sificazione dei film sotto il profilo moralee ai fini pastorali” (Art. 1 dello statuto),questa è associata all’ACEC (Associazio-ne Cattolica Esercenti Cinema).

[4] Qualche esempio del pensiero di padreMariano: “Chi rifletta un istante sul per-dono di Dio, sente come un brivido digioia”; “L’amore è la cosa più preziosa, va-le più della scienza, della tecnica, che so-no belle cose, ma da sole non bastano arisolvere i problemi umani e spesso i pro-blemi umani non si risolvono perché man-ca l’amore”; “ Se penso a quanto ha fattoper me il Signore dal 1940 ad oggi, c’è daimpazzire di gioia e di riconoscenza”; “Orabasta che il povero padre Mariano vada inun luogo per una qualunque conferenza,e si riempiono i teatri: la TV è una propa-ganda incredibile. Quanta gente conoscepadre Mariano! Che responsabilità tre-menda per la povera anima mia!”; “Quan-do auguro: “Pace e bene a tutti!” il contomi ritorna sempre, perché se qualcuno re-spinge l’augurio di pace, esso ritorna ame! Ed io ci guadagno. È promessa di Ge-sù”; “Il Cristo è totale, perché c’è con luianche la sua mamma che è anche la no-stra mamma. Mancherebbe non già qual-cosa, ma molto, se mancasse la mamma”.[5] Non hanno invece un futuro in questosenso, personaggi grotteschi e squallidicome i vari don Mazzi e suor Paola, appe-na tollerati dalla stessa curia romana, te-stimoni dell’esito, inevitabile, del collassocattolico nell’epoca della televisione com-merciale.[6] Agli attacchi di sinistra Pasolini rispo-se così: “[...] io ho potuto fare il Vangelocosì come l’ho fatto proprio perché non so-no cattolico, nel senso restrittivo e condi-zionante della parola: non ho cioè verso ilVangelo né le inibizioni di un cattolico pra-ticante (inibizioni come scrupolo, cometerrore della mancanza di rispetto), né leinibizioni di un cattolico inconscio (che te-me il cattolicesimo come una ricaduta nel-la condizione conformistica e borghese dalui superata attraverso il marxismo)”. Al-fredo Bini, il produttore, dirà ricordandola proiezione per i padri conciliari: “[…]avevamo avuto il permesso per averel’Auditorium di via della Conciliazione, mala mattina alle 10 tutti quei cardinali, bian-chi, gialli, neri, con i loro berrettini e i man-telli rossi si accalcavano davanti alla por-ta sbarrata su cui c’era scritto “lavori incorso”. Una bella idea dettata dalla pauranotturna. Ma la proiezione l’abbiamo fat-ta lo stesso. Mille cardinali portati contrenta taxi che facevano la spola tra S. Pie-tro e piazza Cavour, al cinema Ariston.Venti minuti esatti di applausi hanno fat-to, quando è apparsa la dedica a Giovan-ni XXIII” (“l’Europeo”, 28 novembre1975). A proposito del periodo e del filmPasolini racconterà: “… c’è aria di crisidappertutto e evidentemente c’era anchein me” (Quaderni di Filmcritica, con PierPaolo Pasolini, 1977).

22 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 23: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

[7] Non è una geniale intuizione. Il genere“cinema di Kung Fu” (gongfupian) esplo-de in Italia solo nel 1973 quando BruceLee (1940-1973) s’impone come nuova ico-na (anche nel mito dell’improvvisa morte)con i successi di The big boss (Il furore del-la Cina colpisce ancora, 1971) e Fist of fury(Dalla Cina con furore, 1972) usciti, comesi può vedere dal titolo italiano, in ordineinverso. Padre Tobia non ha nulla a chevedere con il mondo mitico e la culturaorientale e non anticipa nulla, infatti i suoiautori guardano piuttosto ad occidente, alcinema e alla televisione americana (sipensi a Sheridan-Ubaldo Lai), dove l’usoformalistico del Judò (praticamente unasola mossa in un cocktail di boxe e lottagreco romana) serve solo a conferire fasci-no all’eroe poliziotto che ha sempre “unamossa in più”. Un prete, dunque, ispiratopiuttosto a Batman che a Bruce Lee. [8] Questo aspetto della “personalizzazio-ne” è centrale per lo sviluppo del cattoli-cesimo nei decenni successivi. La conces-sione di spazi d’autonomia per il creden-te, altrimenti in fuga verso la seduzionedella società dei consumi di massa, acce-lera il processo di contaminazione delladottrina. Questa si apre ad un modello disviluppo (sostanzialmente capitalistico eappena mitigato dal welfare) pienamente

condiviso perché ritenuto insuperabile edassimilato come naturale, decretando difatto una modernizzazione di risulta delcattolicesimo. Non potendo lanciare ana-temi convincenti contro il sistema (penalo slittamento immediato su posizioni “co-muniste”), la chiesa prova a sussumere lecontraddizioni materiali della società con-temporanea di fatto incorporata nel suoorizzonte teologico, inevitabilmente incor-porandone però anche i desideri più visce-ralmente anarchici. I tempi della fede, laliturgia, i suoi riti, sono perciò sempre piùmodellati sulle singole quotidianità e pie-gati al compromesso del desiderio di “be-nessere” suggerito incessantemente dainuovi media. La chiesa di Roma percorredunque un cammino che oggi, come certi-fica di riflesso la stessa CEI quando parladi disastro delle vocazioni, consente agliosservatori del fenomeno di descrivere uncattolicesimo à la carte, dove si sceglie lacomponente della fede che interessa esoddisfa il bisogno. Le rodomontate delpapa in materia di morale sono così sologrida manzoniane, ed esclusivamente perun osceno (e sbagliato nel lungo periodo)calcolo da basso profilo politico si è potu-to assistere recentemente allo scempiodella legge sulla fecondazione assistita.[9] Si tratta di La nave bianca (1941), Un

pilota ritorna (1942) e L’uomo della croce(1943). Se si esclude la concessione ad unarappresentazione patetica e agiograficadella guerra, dovute ad una fragile sce-neggiatura “di regime”, sono film presso-ché esteticamente identici al successivoRoma città aperta (1945), che in ben altroclima fu scritto assieme e Sergio Amidei,Alberto Consiglio e Federico Fellini.[10] Nel secondo episodio del film (Il mi-racolo), una pastora con deficit mentaleincontra un vagabondo (un surreale Felli-ni ossigenato, anche sceneggiatore) e loscambia per San Giuseppe. Lui approfittadi lei, ma la sventurata si convincerà diconcepire Gesù. (Il primo episodio è La vo-ce umana tratto da J. Cocteau).[11] F. Di Giammatteo, Roberto Rossellini,Firenze 1990, p. 61.[12] Intervista con A. Aprà in “Filmcriti-ca”, nn. 156-157, aprile-maggio 1965.[13] A. Aprà, Rossellini oltre il neorealismo,p. 296, in AA.VV, Il neorealismo cinemato-grafico italiano, Venezia 1999.

(A causa di un errore di comunicazio-ne con l’autore, avevamo scritto chela Terza era l’ultima parte, ma ve n’èinvece una Quarta. La Redazione siscusa con l’autore e i lettori).

23n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Può la storia della laicità nel secolo scorso, spiegare la situazione in Francia oggi?di Georges Jobert, [email protected]

Gli osservatori stranieri s’interrogano– giustamente, come sembra – sull’at-tuale comportamento dei laici france-si: i media sono saturati da mesi, dadiscussioni sul velo islamico, mentresono ignorati altri problemi più gravi;l’accordo che va da J. Chirac, al go-verno, all’Unione per la MaggioranzaPresidenziale, fino all’opposizione, in-siste sull’importanza della laicità,mentre lo stesso governo continua asostenere l’insegnamento privato,cioè a privilegiare principalmentequello cattolico, mentre considera un“buon compromesso” l’art. 51 dellafutura Costituzione dell’Unione Euro-pea che riconosce alle chiese il ruolodi partner nell’assetto istituzionaleeuropeo.

1. Un po’ di storia

Dopo un secolo di affermazione e diregresso dalle idee fondatrici di Con-dorcet, una Camera di maggioranzaanticlericale produsse alla fine del-l’Ottocento e all’inizio del Novecento[1], una serie di leggi che portaronoalla separazione totale dello Stato (ivicompresa la Scuola) dalle Chiese. Daallora si osserva una continua dege-nerazione:

• Profondamente divisi tra loro, e spa-ventati dalla minaccia di un’insurre-zione massiccia dei cattolici francesi,galvanizzati da un papa intransigen-te, i deputati accettarono compromes-si per l’applicazione delle leggi.

• Il movimento europeo per lo svilup-po della laicità subì un vero fallimen-to quando fu dichiarata la guerra1914-1918: l’amor di patria – fino allamorte in combattimento – diventò co-sa da insegnare agli alunni al postodell’amore di Dio.

• Il clero cattolico riuscì a mantene-re il regime speciale concordatario d’Alsazia-Mosella [2].

• Il regime di Pétain prese misure rea-zionarie (soppressione delle scuolenormali, creazione delle Casse per leScuole private, introduzione dell’i-struzione religiosa negli orari scola-stici, dissoluzione della Lega dell’In-segnamento). Queste misure furono

Page 24: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

soppresse con la Liberazione nel1944, tranne (grazie all’azione del de-mocristiano “Mouvement RépublicainPopulaire”) quelle che erano favore-voli alle congregazioni.

• La destra al potere concesse poco apoco il finanziamento statale per lespese di funzionamento e d’investi-mento per le scuole, collegi e licei pri-vati. Le leggi successive, dal 1951 adoggi, permettono alle scuole confes-sionali convenzionate, di conservareil loro “carattere proprio” (nonostan-te nel 1959 ci fosse stata una petizio-ne di 11 milioni di firme contrarie), ela parità dello statuto degli insegnan-ti – pagati dallo Stato – sia della scuo-la pubblica sia di quella privata.

• F. Mitterand, candidato alla presi-denza della Repubblica nel 1981, pro-mise “un gran servizio pubblico, uni-ficato e laico dell’educazione naziona-le”. La bozza di legge Savary fu pre-sentata al Parlamento nel 1984. Rin-forzava il “carattere proprio” dellescuole private, ribattezzandolo “pro-getto pedagogico” [3]. Questa bozzaprovocò un movimento, massiccio einatteso, di protesta dei cattolici e furitirata.

• Non è recente [4] l’idea (che fu ri-presa all’indomani della “sconfitta lai-ca” del 1984) di utilizzare la scuolapubblica per trasmettere la cultura re-ligiosa, dando il cambio alle Chiese in-debolite. Certi leader laici accettaro-no la proposta di lavorare in comunecon alcuni settori delle Chiese, ed ela-borarono la cosiddetta “laicità aper-ta” (su particolare proposta della Le-ga dell’Insegnamento e su suggeri-mento già formulato nel 1977 dal for-te sindacato “Fédération de l’Educa-tion Nazionale”).

• Già dalla fine degli anni ‘80 un “ri-assetto” della legge del 1905 fu pro-posto per dare una collocazione istitu-zionale più importante alle religioni,in particolare, sul piano scolastico persviluppare un insegnamento di storiadelle religioni. Gli ambienti clericali,allarmati dalla diminuzione dell’af-fluenza alle pratiche religiose e dal-l’aumento dell’indifferenza, si dichia-rarono interessati, anche se scetticisull’opportunità d’introdurre una nuo-va disciplina nella scuola secondaria.

• Nel 1989, L. Jospin, ministro dell’e-ducazione nazionale, ricevette una re-lazione sull’insegnamento della sto-

ria, che conteneva quest’idea base:l’assenza di cultura dei giovani in ma-teria religiosa ha raggiunto un puntotale che la scuola pubblica deve farsicarico di dare agli alunni i supporti in-dispensabili.

• Il 21 gennaio 1994, un milione di ma-nifestanti laici riesce a fare ritirare laproposta di legge di F. Bayrou per al-largare il campo d’applicazione diquella di Falloux (1850). Sarà questala prima e l’ultima grande manifesta-zione di parte.

• Una legge di M. Rocard aveva, nel1984, permesso il finanziamento delloStato alle scuole cattoliche d’agricol-tura. Nel 1998, il Consiglio di Stato,influenzato dal potere, suggerì che gliistituti d’insegnamento generale pri-vati aprissero una sezione tecnica – osemplicemente ne annunziassero l’in-tenzione – e il colpo è fatto! Così tut-te le scuole confessionali avrebberopotuto, con sovvenzioni statali, farecostruire edifici e provvedere alla loromanutenzione. Anche quelle che nonaccettano tutti gli alunni, come certescuole ebraiche.

2. L’insegnamento del cosiddetto“fatto religioso” [5]

Nel 1996, è rafforzata nelle scuole me-die la dimensione “religiosa” dei pro-grammi di storia e nel 2000 escono iprimi manuali in francese conformi ainuovi programmi. Certi presentano laBibbia, posta al rango di “testo fon-datore”, come un catechismo. Il mini-stro Allègre crea un CAPES [6] di reli-gione (cattolica o protestante), riser-vato ai tre dipartimenti concordatari.Nel 2002, il ministro J. Lang doman-da a Régis Debray una relazione suquello che diventerà “l’insegnamentodel fatto religioso”. Pochissimi sono ilaici che ne denunziano le conseguen-ze che immancabilmente deriveran-no. Ne menzionerò soltanto qualcuna:

• il progetto di cooperazione tra l’Isti-tuto universitario di Formazione deiMaestri (IUFM) di Clermont-Ferrande dell’Istituto di Teologia d’Alvernia;

• la partecipazione di membri di di-versi cleri a colloqui o seminari per gliinsegnanti (per esempio, IUFM d’Aix-Marseille, colloquio nazionale presi-diato dal ministro Ferry ...);

• l’utilizzazione di locali universitariper commemorare la fondazione, fin

dai tempi di Napoleone, dei “cappel-lanati” nei licei in seguito al concor-dato di 1802;

• nel febbraio 2002, rappresentantidella Chiesa cattolica di Francia (tracui il nunzio) incontrano il primo mi-nistro L. Jospin e decidono insieme laformazione di cinque gruppi di lavo-ro, misti e permanenti, Stato-Chiesacattolica;

• in luglio, il Commissariato al Piano,pubblica una relazione dal titolo“Convinzioni religiose, morali ed eti-che”, in cui ci si preoccupa dell’ero-sione delle convinzioni e della margi-nalizzazione delle istituzioni eccle-siali.

Quando l’Unione razionalista e/o il se-gretario nazionale del più grande sin-dacato d’insegnanti, scrivono al mini-stro, e quando un M.P. di Clermont-Ferrand scrive al rettore, per denun-ciare le violazioni della laicità scolare,ricevono solo riposte ironiche o cini-che, e ciò non sorprende. Ci si può tut-tavia rammaricare che siano stati i go-verni socialisti a fare entrare il luponell’ovile, e che le direzioni sindacalinazionali abbiano reagito piuttostodebolmente alle proteste, fatte lorodalle federazioni locali.

Nei primi mesi del 2003, il governoprende misure radicali per risolvere ilproblema delle pensioni dei funziona-ri. Gli insegnanti incontrano difficoltàsempre maggiori ed il notevole pro-lungamento della durata della loro vi-ta professionale sembra insopporta-bile. Nello stesso tempo, il governoprende misure a carattere regionaleche possono essere considerate comele premesse d’una privatizzazione delservizio scolastico e d’una parità trail privato ed il pubblico per le speserelative d’investimento. Viene cosìprogrammata una serie eccezionale discioperi. I militanti laici sono general-mente anche attivisti sindacali ed ipiù impegnati nella lotta contro l’in-trusione della religione nell’insegna-mento e si mobilitano contro quellemisure che a loro sembrano moltogravi. È un doppio fallimento.

3. Il velo musulmano

Dopo le vacanze, la questione del ve-lo islamico fa irruzione nella società. Iprimi casi di ragazze con velo si os-servarono già nel 1989, ma la reazio-ne degli insegnanti fu allora immedia-

24 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 25: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

ta e tutto rientrò nell’ordine, con soloqualche esclusione dai licei. Attual-mente assistiamo ad un dibattito ge-nerale nella popolazione, rinforzatodalla copertura mediatica e le diver-genze d’opinione si manifestano an-che all’interno dei partiti. Come spie-gare una tale passione?

Per i francesi, la Repubblica non per-mette l’esistenza di comunità auto-referenziali. Fino a qualche decinad’anni fa, non mancava il lavoro etutte le prime onde d’immigrazionesi sono facilmente integrate, senzala necessità di costituire vere comu-nità. Ma queste erano europee e, inmaggioranza, cristiane. Oggi la di-soccupazione è un problema e la po-polazione d’origine magrebina, o piùgeneralmente africana, soffre di di-scriminazione e di conseguenze le-gate alla decolonizzazione, che ren-dono ancora più difficile trovare la-voro.

Si può ritenere che la ripresa delleostilità nel Medio Oriente, l’aumentodegli atti terroristici e la guerra inIraq, combinati con il fallimento del-l’integrazione, hanno prodotto uncambio di mentalità in molti giovanimusulmani, che cercano la loro iden-tità nel “comunitarismo”. I giovani di-soccupati sono prede facili per predi-catori d’un islam “rinnovato”, che sioppone ai modi di vivere occidentali.Per i ragazzi grande è la tentazioned’intraprendere la riforma dei costu-mi, obbligando le ragazze a rinuncia-re ai diritti acquisiti, da poco e final-mente, dalle donne occidentali. Chele donne siano velate! Anche se l’ob-bligo coranico non esiste. Quando in-contri una ragazza velata, è molto dif-ficile comprendere se è un segnaledell’affermazione della propria perso-nalità, o della preoccupazione di se-guire una moda, o del timore di subi-re rimproveri o minacce, o se è federeale.

Si può considerare che un articolo [7]della legge d’orientamento, presenta-ta da L. Jospin nel luglio 1989, è unadelle cause di quest’agitazione. Infat-ti, introduce un “diritto d’espressionedegli alunni” nelle classi. Non stretta-mente definito e limitato, questo di-ritto interferisce d’altronde con laquestione dell’insegnamento del fat-to religioso. Nei collegi dove moltialunni sono d’origine magrebina, si èvisto espresso il rifiuto di materie in-trodotte recentemente nei program-

mi, o una contestazione dell’insegna-mento del professore, opposto a quel-lo d’un imano.

La legge e la tradizione repubblicana[8] vietano per principio qualsiasi sim-bolo religioso nella scuola, ma sonocontraddette dall’articolo sopra men-zionato. Molti pensano che la minac-cia fatta alla laicità scolare da qual-che decina di ragazze velate, non è unmotivo sufficiente per una nuova leg-ge, forse la soppressione del funestoarticolo della legge Jospin sarebbebastata. Quello invece che a tutti èsembrata una reale minaccia, sonostate le diverse manifestazioni d’inte-gralismo religioso, come il rifiuto di farvisitare una donna a un medico ma-schio, il rifiuto di corsi di biologia e, inparticolare, d’educazione sessuale, diginnastica, la domanda di separazio-ne dei sessi nelle piscine, il tutto sen-za il preventivo assenso degli studen-ti interessati ...

Si può pensare che all’inizio, l’inse-gnamento del fatto religioso fu consi-derato – oltre al ruolo di mantenerel’influenza cattolica perduta al livellodel catechismo – come uno strumen-to per contenere l’espansione dell’is-lam. L’importante è credere: qualsiasicredenza può essere un affare; ma illibero pensiero, l’ateismo o semplice-mente la laicità, presenti all’inizio nel-la formulazione dei promotori della ri-forma, sono presto spariti. Si è resoconto il governo che la costituzione didiverse comunità su base religiosa,era una vera e propria minaccia per la

Repubblica? Ciò spiegherebbe il suoimmediato apparente sostegno al“valore della laicità”, ma si può dubi-tarne. I discorsi di J. Chirac dimostra-no che egli resta favorevole alla laici-tà aperta, all’insegnamento del fattoreligioso nelle scuole, nonostante lemodifiche approvate dal ministroFerry, e alla regionalizzazione utile al-la privatizzazione progressiva del si-stema scolare.

Oggi continuano le discussioni sullalegge contro i simboli religiosi osten-sibili nella sola [9] scuola pubblica, vi-sto che la commissione Stasi avevaformulato un insieme di proposte, inparticolare l’estensione del divieto adaltre istituzioni (ospedali, uffici ammi-nistrativi, ecc.) ed ai simboli politici.Senza parlare del velo!

Note

[1] Fonte storica da un testo di BenoîtMély e completata grazie a N. Nayman.[2] Il concordato non concerne solamentela religione cattolica, ma comporta artico-li organici per le chiese luterana e calvini-sta, mentre la creazione d’un Gran Sine-drio ebraico fu aggiunta nel 1807.[3] Nell’esposto dei motivi, la bozza Sa-vary dichiarava: “Ogni istituto privato chedesidera concorrere al servizio pubblicodeve stabilire un progetto educativo ...Questo progetto può riferirsi ad un “tipod’educazione”; il concetto, ripreso dallaDichiarazione Universale dei Diritti del-l’Uomo, significa che il progetto educati-vo può avere segnatamente una dimen-sione confessionale, internazionale, di spe-rimentazione pedagogica o linguistica ...la libertà di scelta dei genitori è totale”. [4] All’inizio degli anni ‘70, la Santa Sede,partecipando al Consiglio d’Europa, s’im-pegna attivamente affinché siano rivisti icontenuti dei manuali di storia.[5] Questa strana denominazione, dovutaal “mediologo” Régis Debray, ha unaestensione più larga di “storia delle reli-gioni”. [6] Certificato d’attitudine professionaleall’insegnamento secondario.[7] «Nelle scuole medie e nei licei, gli alun-ni dispongono, nel rispetto del pluralismoe del principio di neutralità, della libertàd’informazione e della libertà d’espressio-ne».[8] La circolare di Jean Zay del 15 maggio1937 proibisce ogni proselitismo e qual-siasi simbolo religioso nella scuola pub-blica.[9] Cosa che sembra mal compresa all’e-sterno: la legge non concerne la sfera pri-vata, ivi comprese le vie pubbliche!

25n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 26: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

26 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Molti dei nostri lettori ci hanno richie-sto, più volte, notizie sui componentidel nostro Comitato di Presidenza, inparticolare chi sono, qual è la loro at-tività, i loro interessi, ecc. Non tutti ilettori, infatti, sono tenuti a conosce-re a fondo le più varie discipline chevanno dal mondo della politica, allescienze biologiche o naturali, allospettacolo, alla giurisprudenza, ecc.Riteniamo perciò di fare cosa utilepubblicando un breve curriculum-scheda di ognuno dei membri del CdPche onorano l’UAAR con la loro pre-senza, condividendone idee, progettie lotte e che, con il loro sostegno, laloro cultura e le loro conoscenze ciaiutano nel nostro difficile percorso.Naturalmente ogni curriculum è incontinua evoluzione e qualcuno risul-terà forse vecchio o superato o co-munque non tempestivamente ag-giornato, ma è pur sempre l’ultimoche abbiamo disponibile.

Laura Balbo

Ministero Pari Opportunità. Partito:Indipendente. È stata due volte par-lamentare: nella IX legislatura (1983)nelle liste del PCI, nella X (1987) inquelle della Sinistra Indipendente.Nata a Padova, 65 anni, è Preside diFacoltà a Ferrara, dove è ordinaria diSociologia, ed è presidente dell’Asso-ciazione italiana di Sociologia.

Sposata, tre figli, è una delle più im-portanti studiose italiane di Sociolo-gia, soprattutto per quanto riguardail razzismo, l’urbanizzazione, le politi-che familiari e lo Stato sociale. È au-trice di “Stato di famiglia” (Etas1976), “Interferenze” (Feltrinelli1979), “Time to care. Politiche deltempo e diritti quotidiani” (FrancoAngeli 1987). Con Luigi Manconi hapubblicato “I razzismi possibili”, “Irazzismi reali”, “Le parole del razzi-smo”. Ha curato un volume di vari so-ciologi dal titolo “Tempi di vita. Studie proposte per cambiarli” (Feltrinelli1991).

Margherita Hack

Nata a Firenze nel 1922, si è laureatain Fisica, con una tesi sull’Astrofisicastellare, nel 1945. È ordinario di Astro-

nomia all’Università di Trieste dal1964 e ha diretto l’Osservatorio Astro-nomico di Trieste dal 1964 al 1987,portandolo a rinomanza internaziona-le. Membro delle più prestigiose So-cietà fisiche e astronomiche, la Hackattualmente è direttore del Diparti-mento di Astronomia dell’Universitàdi Trieste. Ha lavorato presso nume-rosi osservatori americani ed europeied è stata per lungo tempo membrodei gruppi di lavoro dell’ESA e dellaNASA. In Italia, con un’intensa operadi promozione, ha ottenuto che la no-stra comunità astronomica si distin-guesse nell’utilizzo di vari satelliti.

Ha pubblicato oltre 250 lavori origina-li su riviste internazionali e molti librisia divulgativi sia di livello universi-tario. Nel 1995 ha ricevuto il PremioInternazionale Cortina Ulisse per ladivulgazione scientifica. Tra le sue ul-time pubblicazioni ricordiamo: “L’uni-verso alle soglie del 2000. Dalle parti-celle alle galassie” (Milano, Rizzoli1992); “Alla scoperta del sistema so-lare” con A. Braccesi e G. Caparra(Milano, Mondadori 1993); “Una vitafra le stelle” (Roma, Di Renzo 1995).

Piergiorgio Odifreddi

Nato a Cuneo il 13 luglio 1950. Si èlaureato in Matematica a Torino nel1973, e specializzato presso le Univer-sità dell’Illinois nel 1978/79, e dellaCalifornia nel 1982/83. È stato Visi-ting Professor di Logica Matematicapresso le Università di: Novosibirsk(Unione Sovietica) nel 1982 e 1983;Melbourne (Australia) nel 1989; Pe-chino (Cina) nel 1992 e 1995; e Nan-chino (Cina) nel 1998. Dal 1983 è Pro-fessore Associato presso l’Universitàdi Torino, e dal 1985 Visiting Profes-sor presso l’Università di Cornell (Sta-ti Uniti).

Il suo lavoro scientifico riguarda la Lo-gica Matematica e, più in particolare,la teoria della calcolabilità, che studiapotenzialità e limitazioni dei calcola-tori. Nel 1989 ha pubblicato il primovolume di “Classical RecursionTheory” (North Holland Elsevier), enel 1999 il secondo volume. Nel 1990ha curato “Logic and Computer Scien-ce” (Academic Press).

Il suo lavoro divulgativo esplora leconnessioni fra la Matematica e leScienze umane, dalla letteratura allapittura, dalla musica agli scacchi. Havinto il Premio Galileo 1998 per la di-vulgazione scientifica. Collabora a LaStampa, Tuttoscienze, la Repubblica,Scienza Nuova, Le Scienze, Sapere, LaRivista dei Libri, ecc. e partecipa allatrasmissione radiofonica Lampi dellaRAI. È organizzatore, con MicheleEmmer, degli incontri annuali “Mate-matica e cultura” di Venezia. Ha ter-minato i volumi “Dalla Galilea a Gali-leo”, “La matematica del ‘900” e “La-birinti dello spirito” (in corso di pub-blicazione da Einaudi).

Pietro Omodeo

È nato a Cefalù (Palermo) nel 1919.Qualche anno dopo la famiglia si tra-sferisce a Napoli dove studia fino allamaturità classica, conseguita al LiceoSannazzaro nel 1936. Studia Scienzenaturali a Pisa (i primi tre anni allaScuola Normale) e si laurea col Prof.Giuseppe Colosi nel giugno 1940. Sot-to le armi dal luglio 1939. Nel dicem-bre 1940 in Africa settentrionale, nelnovembre 1942 prigioniero in Egitto.Rimpatria nel 1945, smobilitato nell’a-prile 1945.

Nel 1945 assistente a Napoli, alla cat-tedra di Zoologia tenuta da UmbertoPierantoni. Lavora alla Stazione zoo-logica in Embriologia, Citologia, Sto-ria della Scienza. Perfezionamento inZoologia presso la Scuola Normale nel1946; libera docenza in Biologia nel1947. Nel 1949 a Siena assistente allacattedra di Biologia tenuta da Ema-nuele Padoa. Si occupa di Citologia,Tassonomia, Storia della Biologia. Pro-fessore straordinario di Zoologia a Sie-na nel 1959/60. Nel quinquennio1951-1955 assessore alla Cultura nel-l’Amministrazione Provinciale di Sie-na. Nel 1952-1965 consigliere anziano(Vicepresidente) del locale PoliclinicoUniversitario. Nel quadriennio 1956-1960 consigliere del Comune di Siena.Dal 1960 al 1965 presidente del Colle-gio San Marco. Nel 1965/66 professo-re a Padova, cattedra di Zoologia. Sioccupa dei soliti temi e anche di Evo-luzionismo e Biocibernetica. Nel 1977pubblica presso l’UTET “Biologia”.

Il Comitato di Presidenza dell’UAARa cura di Baldo Conti, [email protected]

Page 27: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Nell’anno accademico 1983/84 passaall’Università di Roma “Tor Vergata”.Prosegue gli studi di Tassonomia eStoria della Biologia, pubblica “Crea-zionismo ed evoluzionismo” (Laterza1988) e “Biologia con rabbia e conamore” (UNITOR 1989). Dal 1990ospite del Dipartimento di Biologiaevolutiva di Siena. Lavora su temi diTassonomia ed Evoluzionismo. Pub-blica due libri di saggi: “Gli abissi deltempo” (Aracne 2000) e “Alle originidelle Scienze Naturali (1492-1632)”edito da Rubbettino (2001).

Floriano Papi

È nato a Follonica (Grosseto) il 22 di-cembre 1926 e si è laureato in Scien-ze Naturali nel 1947 all’Università diPisa. I suoi maestri sono stati MarioBenazzi, Alexander Luther e Leo Par-di. Al termine dell’ultimo conflitto haavuto il riconoscimento della Croce almerito di guerra per aver partecipatoalla Resistenza contro i tedeschi(1943-1945) nella Brigata Garibaldi.

Ha frequentato la Stazione zoologicadi Napoli e quella di Tvärminne in Fin-landia e compiuto viaggi e soggiorni distudio principalmente in Lapponia, So-malia, Sud-Africa (Rhodes University),USA (Cornell University) e Brasile (Mu-seo Mello Leitão). Ordinario di Zoolo-gia nel 1963 è stato titolare della cat-tedra di Etologia dal 1980. I campi prin-cipali delle sue attività hanno riguar-dato la morfologia, la sistematica e lafaunistica dei Turbellari, i meccanismidell’orientamento animale (Artropodiripari, homing dei colombi viaggiatori,Crostacei Anfipodi) ed il comporta-mento luminoso delle Lucciole. È au-tore di oltre 150 pubblicazioni scienti-fiche. Ha ottenuto il premio G.B. Gras-si nel 1960 e la Medaglia d’oro per leScienze fisiche e naturali nel 1975; èBenemerito della Scuola, della Culturae dell’Arte, con diploma di Prima Clas-se e Medaglia d’oro; ha ricevuto l’ordi-ne del Cherubino dell’Università di Pi-sa ed il Premio Feltrinelli dell’Accade-mia Nazionale dei Lincei nel 1992. Èsocio della Societas pro Flora et FaunaFennica dal 1955, dell’Accademia To-scana di Scienze e Lettere dal 1985; èstato segretario dell’Unione ZoologicaItaliana (1971-1974) e presidente dellaSocietà Italiana di Etologia (1976-1978e dal 1989); è membro dell’Internatio-nal Ornithological Committee dal 1982.Attualmente fa parte del Consiglio diPresidenza dell’Accademia Nazionaledei Lincei.

Valerio PocarDocente di Sociologia del Diritto nellaFacoltà di Giurisprudenza di Milano-Bicocca; dal 1998 presidente dellaConsulta di Bioetica, membro del Co-mitato Etico della Fondazione Floriane dell’Istituto Neurologico C. Besta.

È nato a Viggiù (Varese) il 6 giugno del1944, e si è laureato in Giurisprudenzanel 1967. È avvocato cassazionista. Dal1973 è stato professore di Sociologia edi Sociologia del Diritto nelle Universi-tà di Messina (Scienze politiche), di Mi-lano (Scienze politiche e Giurispruden-za) ed è attualmente titolare dell’inse-gnamento di Sociologia del Diritto nel-l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. È autore di un centinaio dipubblicazioni (articoli e libri) sulla Sto-ria del Pensiero sociologico-giuridico,sulla Sociologia delle professioni giuri-diche, sulla Sociologia del Diritto dellafamiglia, sulla Bioetica. Tra le pubbli-cazioni, dal 1990, numerosi saggi in te-ma di diritti degli animali, tra i quali“Gli animali non umani. Per una socio-logia dei diritti” (Laterza, Roma-Bari1998). Dal 1998 è presidente della Con-sulta di Bioetica (Milano).

Emilio Rosini

Nato a Falconara Marittima (Ancona),nel 1922 e veneziano di adozione, èstato a lungo insegnante di Diritto(Scienza delle Finanze e Diritto finan-ziario) nell’Università di Urbino, avvo-cato per trent’anni, consigliere di Sta-to e presidente del TAR del Veneto.Viene collocato a riposo nel 1992 coltitolo di presidente onorario del Con-siglio di Stato. È stato, inoltre, depu-tato al Parlamento dal 1953 al 1958,consigliere comunale a Padova dal1951 al 1965, assessore e vicesindacodi Venezia dal 1993 al 1997 nella pri-ma giunta Cacciari. È il Garante delcontribuente per il Veneto.

Sergio StainoNato a Piancastagnaio (Siena) nel1940. Si laurea in Architettura ed in-segna materie tecniche nelle scuolemedie fiorentine, ma presto capisceche la sua vera vocazione è il Fu-metto.

Crea il suo personaggio più famoso,Bobo, nel 1979 sulle pagine di Linus,e collabora con Il Messaggero, Il Ve-nerdì di Repubblica, Il Corriere dellaSera, L’Espresso, Panorama, l’Unità,ecc. Fonda e dirige il settimanale sa-tirico Tango (1986). Per Raitre dirigela rubrica di satira televisiva Teletan-go (1987-1988), realizza il film Io eMargherita (1990), e la parte satiricanegli Speciali elettorali (1990). Firmaanche un varietà Cielito lindo (1993).Sceneggiatore e regista di due film:Cavalli si nasce (1988) e Non chiamar-mi Omar (1992).

È impegnato in teatro come direttoreartistico del Teatro Puccini di Firen-ze, presiede l’Istituzione Servizi Cul-turali di Scandicci, è direttore artisti-co dell’Estate Fiorentina. Pubblicaraccolte con gli Editori Riuniti, Rizzo-li, Milano Libri, GUT, ecc. Molti deisuoi fumetti sono tradotti all’estero:Totem (Spagna), Babel (Grecia), L’E-cho de Savane (Francia). Ha i seguen-ti riconoscimenti: Premio Anaf (Bolo-gna, 1983), Premio Satira Politica(Forte dei Marmi, 1984), Premio Yel-low Kid come miglior autore (Lucca,1984), Premio Tenco/Canzone e fu-metto (1986), Premiolino (Milano,1987), Premio Città di Modena (1990),Premio Persea (Firenze, 2002). Nel2003 ha illustrato (con Isabella Stai-no) il racconto di Adriano Sofri Gli an-geli del cortile, e ha esordito come au-tore per bambini con Picciolo controTalquale, il mostro spazzatura. Vive elavora sulle colline di Scandicci (Fi-renze).

27n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Page 28: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

28 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Vi sono due errori ermeneutici fonda-mentali, scriveva Schopenhauer, cheattraversano l’intera storia del pen-siero occidentale e che lo connotanoin situazione di radicale distanza dalvero: l’interpretazione idealistica el’interpretazione materialistica dellarealtà; né l’una né l’altra, di fatto, rap-presentano la realtà, poiché tanto l’u-na quanto l’altra forniscono di essauna lettura parziale, rinserrandola inuna dimensione che, o su un versan-te oppure sull’altro, ne elimina ele-menti basilari e costitutivi. Tanto l’i-dealismo quanto il materialismo, in-fatti, pur se caratterizzati da una dif-ferente determinazione del soggetto,sono accomunati, nondimeno, dal me-desimo “sguardo” sul soggetto mede-simo e sul suo necessario rapportocon l’oggetto, un rapporto che vienescorto non in termini di correlazionebensì in termini di causazione: l’idea-lismo fa del soggetto la precedenzaassoluta, la causa dell’oggetto, di-menticando, in tal modo, che l’unicorapporto tra loro sussistente è quellodella correlazione conoscitiva (non sipuò pensare ad un soggetto senza unoggetto, anche perché, in ogni caso,il soggetto medesimo è sempre og-getto a se stesso); il materialismo, perparte sua, riconduce quella preceden-za assoluta, quel momento causativo,all’oggetto in quanto tale (è l’oggettoad esser causa del soggetto), dimen-ticando che dell’oggetto neppure sipotrebbe parlare se non vi fosse unsoggetto che lo dice e che, quindi, lopensa e lo ha pensato.

Idealismo, da un parte, e materiali-smo, dall’altra, conclude Schopen-hauer, approdano, ognuno per suoverso, ad una forma di metafisica reli-giosa: il primo, divinizzando la sog-gettività (che diviene, così, Spirito, So-stanza, Idea, Dio, Causa incausata,ecc.); il secondo, divinizzando l’ogget-tività (che diviene Realtà Oggettiva,Materia, ecc.). Questo materialismo,ancora, con l’eliminare il soggetto me-desimo dall’ambito dell’esistenza edell’esperienza – o perlomeno, scor-gendovelo solo in una forma tuttosommato accessoria e marginale –

con l’ignorarne le figure pluralmentearticolate sia in senso di proiezionesia di introiezione conformemente al-le quali la vita del soggetto stesso siarticola, “reca la morte nel cuore”; sitratta di quel materialismo, appuntoassimilabile a un’idea di totale imma-nenza della materia – che però, poi-ché astratto dalla connotazione vitaledella materia in quanto tale, giunge arovesciarsi in una metafisica della piùsterile trascendenza della materiastessa – lo stesso Marx non esitava adefinire “volgare”.

È questa complessa e plurilivellarecornice problematica che, a mio avvi-so, fa da sfondo all’ultima fatica diCarlo Tamagnone, a quel suo Necessi-tà e libertà che già nel titolo, classicoed impegnativo, rispecchia secoli didibattito filosofico e riformula que-stioni ancora per molti versi aperte edirrisolte.

La necessità e la libertà sono, per l’au-tore, le categorie attraverso le qualileggere la realtà nel suo insieme, unarealtà che è plurale ed irriducibile aduno; ma non solo, la libertà e la ne-cessità rappresentano anche l’artico-larsi reale, vitale, della realtà – da qui,anche, il carattere plurale di essa – te-nendo conto del quale risulta non pra-ticabile, conoscitivamente errato, unapproccio monistico, tipico di ognimetafisica e di ogni religione, nellesue declinazioni idealistiche o mate-rialistiche dogmatico-radicali.

La visione dell’opera di Tamagnone èprospettica: definisce un approccioermeneutico inedito che disancora,emancipa, il materialismo dalla deri-va metafisica, “morta”, “volgare”,“religiosa”, grazie ad una valorizza-zione di quelle componenti esisten-ziali ed esperienziali che, lo si com-prenda o meno, sono imprescindibiliin ogni percorso di conoscenza, dalmomento che il punto di avvio e di svi-luppo di ogni sapere non può muove-re che da una interrogazione del sog-getto interrogante, interrogazioneche è innervata nella nostra esisten-za ed esperienza medesime. In que-

sto senso, vale a dire in una prospet-tiva antimetafisica, antimonistica, an-che il sottotitolo dell’opera, L’ateismooltre il materialismo, è molto signifi-cativo e ricco di sollecitazioni: soloun’idea di materialismo scaturente daun approccio analitico di indagine chefaccia rientrare nella dimensione cor-relata della soggettività e della ogget-tività i motivi dell’esperienza, costi-tuenti in quanto tali una realtà non ri-conducibile a monotematicità, è ingrado di liberare il pensiero dalla me-tafisica religiosa, tanto dalla religionedell’idea quanto dalla religione dellamateria, da una ontologia materiali-stica che di frequente continua adesprimersi secondo gli stilemi di unsorpassato positivismo e di un maleinterpretato marxismo.

E se le filosofie di Schopenhauer e diMarx possono, sotto alcuni riguardi,essere ricordate come i riferimenti im-pliciti, perlomeno sotto il profilo del-l’inquadramento problematico e perqualche indicazione di metodo, dellariflessione di Tamagnone, un altropensatore classico può forse essere ri-chiamato ad antecedenza della pro-spettiva pluralistica, atea ed “oltre-materialistica” che egli propone; miriferisco a Feuerbach e alla sua antro-pologia integrata dalla fisiologia, aduna dimensione della teoresi, che Ta-magnone definisce dualismo reale eche appunto determina un approccioanalitico all’esperienza ed all’esisten-za di tutti gli enti su uno sfondo plu-ralistico; il che, poi, a ben vedere, al-tro non è se non la realtà in quantomolteplicità di forme.

CARLO TAMAGNONE, Necessità e libertà.L’ateismo oltre il materialismo, ISBN88-8410-058-5, Collana “Il diforàno”9, Editrice Clinamen (www.clinamen.it), Firenze 2004, pagine 289, € 23,80.

L’Editrice Clinamen offre il libro ai let-tori de L’Ateo, per acquisti diretti(www.clinamen.it/ordini.html), esino al sino al 31 luglio prossimo, conuno sconto del 15% circa sul prezzodi copertina (€ 20,00 anziché 23,80).

“Necessità e libertà. L’ateismo oltre il materialismo” di Carlo Tamagnonedi Fabio Bazzani, [email protected]

Page 29: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

29n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

Il primo uso della geometria nella chi-mica risale al “Timeo”, il dialogo pla-tonico nel quale la struttura degli ele-menti fondamentali della materia vie-ne descritta mediante i cinque solidiregolari, le cui facce sono poligoni re-golari dello stesso tipo che si incon-trano nello stesso modo in tutti i ver-tici. In particolare, Platone fece corri-spondere il tetraedro al fuoco, l’ottae-dro all’aria e l’icosaedro all’acqua, enotò sorprendentemente ciò che ogginoi descriveremmo dicendo che unamolecola d’acqua (H

2O) si ottiene

componendo due atomi di un tipo euno di un altro (idrogeno e ossigenoora, aria e fuoco allora): infatti, i sedi-ci triangoli di due ottaedri e i quattrodi un tetraedro si possono appunto ri-comporre nei venti triangoli di un ico-saedro. Anche i solidi semiregolari, incui le facce sono ancora poligoni re-golari che si incontrano nello stessomodo in tutti i vertici, ma non devononecessariamente essere tutte dellostesso tipo, hanno ricevuto recente-mente un’insospettata e spettacolareapplicazione nella chimica.

Nel 1985 Harold Kroto scoprì, infatti,che la struttura di una composizionesuperstabile di carbonio (C

60) da lui

osservata in una nebulosa era quelladi un icosaedro troncato, a trentaduefacce esagonali e pentagonali dispo-ste come in un pallone da calcio. Nel1991 Robert Curl e Richard Smalley ri-produssero la struttura in laboratorio,e il mensile “Science” la elesse a “mo-lecola dell’anno”: essa fu chiamata“buckminsterfullerene” in onore del-l’architetto Buckminster Fuller, cheaveva usato strutture icosaedricheper la costruzione di cupole geodesi-che. Nel 1996 Kroto ha vinto il premioNobel per la chimica insieme a Curl eSmalley, e il 3 gennaio 2003 ha accon-sentito a parlare con noi del suo rap-porto con la chimica.

Lei ha dichiarato una sorta di debito“intellettuale” verso il Meccano. Co-me mai?Da bambino mi divertivo semplice-mente a giocarci, ma poi mi sono resoconto che col Meccano ho imparato amuovere con destrezza le dita: mi hainsegnato un’abilità quasi ingegneri-stica. Cosa che, ad esempio, non fa il

Lego. Ho scritto un articolo per le pa-gine culturali del “Times”, a Natale,suggerendo di regalare ai bambini ilMeccano, invece che il Lego.

Che ruolo ha invece giocato la mate-matica, nel suo sviluppo?Mi piaceva abbastanza, benché lamia natura fosse manuale e pratica,e il mio principale interesse fosse lagrafica. Ma mi divertiva risolvereproblemi, geometrici e analitici. Fuimolto colpito quando imparai le pro-prietà dell’esponenziale: il fatto chenon cambia derivandolo, o la bellez-za e l’eleganza del suo sviluppo inserie.

E che matematica ha usato nel suo la-voro, in seguito?Sostanzialmente l’algebra matricialedella meccanica quantistica. In parti-colare, le applicazioni fisiche dell’al-gebra dei commutatori agli stati ener-getici delle molecole. Che poi sono leapplicazioni originarie: leggendo “Leorigini della meccanica quantistica”ci si accorge che fu il calcolo dell’ener-gia dell’oscillatore armonico che con-vinse Heisenberg che la sua formula-zione della teoria era corretta. L’ele-ganza della matematica usata in quel-la dimostrazione è impressionante, al-meno per me.

Il suo lavoro sul carbonio C60

però, fupiù sperimentale che teorico.Beh, l’esperimento originario era diradioastronomia. All’epoca fu moltosorprendente trovare del carbonionello spazio, e io congetturai che sioriginasse nelle parti più fredde dellestelle, dove i processi atomici posso-no lasciare il posto a quelli chimici diformazione delle molecole. Cercammodi riprodurre condizioni stellari analo-ghe a quelle che avevamo osservato,e scoprimmo che c’era qualcosa dispeciale nel numero 60. Sulla base delfatto che le forme stabili del carboniosono esagonali, trovammo una possi-bile soluzione geometrica introducen-do dodici pentagoni, nella forma di unicosaedro troncato. Quindi si trattò diuna congettura in parte matematica,e in parte empirica.

Dal punto di vista geometrico, la strut-tura del carbonio C

60è un solido semi-

regolare. È possibile realizzarne chimi-camente anche altri?Non saprei. Certamente ci sono strut-ture cubiche e prismatiche, e vari tipidi fullerene. Si può congetturare chela maggior parte dei solidi regolari sipossano formare col carbonio, alme-no in maniera approssimativa. Il do-decaedro è certamente possibile, manon so se qualcuno ha provato a far-ne altri: sono difficili da realizzare, eprobabilmente non sarebbero utili.

E non si presentano in natura?Non credo. Ma ci sono altre strutturereticolari: in fondo, i solidi regolari osemiregolari sono molto particolari.

Invece il ruolo della simmetria è moltogenerale: ad esempio, in fisica è legatoai principi di conservazione. C’è qual-cosa di simile anche in chimica?Certamente. La stessa tavola periodi-ca degli elementi è basata sulla sim-metria delle armoniche sferiche intro-dotte da Schrödinger per lo studiodella funzione d’onda. E poiché dallatavola periodica degli elementi dipen-de tutta la chimica, e dunque tutta labiologia, la spiegazione fondamenta-le di ogni cosa, compresa questa no-stra conversazione, è basata sullasimmetria delle armoniche sferiche.Se vuole quale dettaglio in più lo puòtrovare nella mia Lezione Faraday2002 per la Royal Society, sul mio sitowww.vega.org.uk.

A proposito del progetto Vega, lei si èmolto impegnato sul fronte della di-vulgazione scientifica, dai giornali allatelevisione. Quale medium considerapiù efficace per questo scopo?Internet è senza dubbio il migliore, digran lunga. Supera di molti ordini digrandezza qualunque sistema di comu-nicazione che sia mai esistito. Si trovanotesti, immagini, filmati nel giro di qual-che secondo, su qualunque argomento.Cosa può esserci di paragonabile?

È dunque finita l’era del libro?No, ma è rafforzata dai nuovi media.Qualcuno preferisce i libri, qualcun al-tro i film: gli uni non rimpiazzano glialtri. E poi ci sono le lezioni, che oggipossiamo vedere registrate in rete an-che dopo la morte di chi le ha tenute,come nel caso di Feynman.

Intervista a Harold Krotodi Piergiorgio Odifreddi, [email protected]

Page 30: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Uno dei suoi articoli per il “Sunday Ti-mes” (7 gennaio 2001) si intitolava:“Gli scienziati non meritano critiche”.La scienza non solleva problemi etici?Il titolo era editoriale, ma il problemaè sottile. Naturalmente io credo chegli scienziati abbiano la responsabili-tà di far sì che il progresso tecnologi-co venga usato per il benessere del-l’umanità. D’altra parte, qualunquetecnologia può essere usata o abusa-ta, per fare del bene o del male: colcoltello si può tagliare il cibo a tavola,o la gola del vicino.

E per rimanere, più specificamente,nella chimica?L’esempio più tipico è la dinamite, chepuò essere usata per scavare un ca-nale o per fare una mina. La scienzaè conoscenza, e il problema è come lasocietà debba usare questa conoscen-za. In realtà, però, io sono ateo: perme l’etica si riduce al fare il minor ma-le possibile al prossimo, e a volte bi-sogna prendere delle decisioni al ri-guardo.

Una volta lei ha detto di essere un ateo“devoto”.Appunto, una volta. Oggi sono un ateomilitante. E se le cose peggiorano, di-venterò un ateo fondamentalista.

Perché?Perché credo che ci siano due tipi dipersone al mondo: quelli che hannocredenze mistiche, e quelli che non cel’hanno. Questi ultimi credono che lavita sia tutto ciò che abbiamo, chedobbiamo godercela e aiutare gli altria godersela. Gli altri pensano che lavita futura sia più importante di quel-la presente, e temo che faranno sal-tare in aria il mondo. Non ho dubbi sulfatto che il maggior pericolo per l’u-manità oggi sia ...

... il fondamentalismo religioso.No, peggio. È che l’uno per cento del-l’umanità ha seri problemi mentali, euna buona parte di questi matti trovagiustificazioni religiose per la propriapazzia. Altri la trovano nel nazionali-smo e nel patriottismo, il che è altret-tanto pericoloso.

È per questo che lei lavora per Am-nesty International?Non ho tempo di lavorarci veramen-te, e vorrei fare di più per loro. Ma so-no iscritto all’associazione e ne con-divido gli obiettivi. Credo che dobbia-mo cercare di sradicare la disumanitàdell’uomo verso l’uomo, e il caso peg-giore è quando lo Stato prende il so-pravvento e cerca di giustificare le

sue azioni sulla base di motivazionireligiose, nazionaliste o patriottiche.È estremamente pericoloso, soprat-tutto ora che è facile procurarsi tec-nologia avanzata: c’è il rischio di unafine dell’umanità.

Lei non crede che si possa essere reli-giosi in un senso più alto, vedendo Dionelle leggi della natura?Einstein credeva nel Dio di Spinoza,che si rivela nell’armonia del creato,ma non in un Dio che si interessa del-le fedi e delle azioni dell’uomo: perme questo è ateismo. Il vero proble-ma è che la maggioranza della gentevive una vita miserabile, e ha un bi-sogno disperato di aggrapparsi aqualcosa: io credo che questo sia unmeccanismo biologico di difesa, sen-za il quale l’umanità forse non sareb-be sopravvissuta. Solo una minoran-za riesce a uscirne e accettare chequesta vita è tutto ciò che c’è, e chequando è finita, è finita. Ma questo,più che una risposta, è soltanto untentativo di dirle cosa penso: a certedomande, in realtà, non si può rispon-dere.

(Dalla home page: http://www.vialattea.net/odifreddi/index.html).

30 n. 3/2004 (32)

CONTRIBUTI

NOTIZIE

Tommaseo e DarwinPer soddisfare la curiosità dell’amicoSergio Staino mi sono recato alla Bi-blioteca Nazionale Centrale di Firen-ze per indagare su una frase attribui-ta a Niccolò Tommaseo nel corso delDarwin Day fiorentino il 12 febbraioscorso. È stato molto facile, ma triste,scovarne la fonte. Facile perché appe-na individuato il volume “L’uomo e lascimmia” era probabile anche intuir-ne il contenuto, ben conoscendo il no-stro sapientone ottocentesco afflittoda “saccenteria pedantesca”. (Unacuriosità preoccupante: nella BNCF illibro appare tra gli “Scrittori italiani.Sezione filosofica e pedagogica”, darabbrividire). Alla pag. 21 della ri-stampa (1969) della Marzorati a curadi Mario Puppo, dall’edizione origina-le del 1869, Tommaseo afferma in unasua lettera Agl’Italiani: “V’annunziouna lieta novella. L’Italia, che da tantisecoli invocava l’aiuto straniero per ri-

cuperare la propria dignità, ha final-mente trovato uno straniero magna-nimo che gliela rende; gliela rende pe-rò senza offesa dell’uguaglianza, met-tendo gl’Italiani alla pari non sola-mente coi Russi e cogli Ottentotti macon le scimmie …”. E così, per 147 pa-gine, è un susseguirsi di bigottismo,razzismo, idiozia, presunzione, cecitàcompleta, e tanta cristianità, da farvenire la nausea. Ma c’è poco da scan-dalizzarsi, perché – ammesso chenell’800 i tempi fossero da considera-re “non ancora maturi” – a distanzadi 135 anni lo stesso squallore prose-gue e si ripete, e non certo per manodi un “tuttologo” qualsiasi, ma permano dei nostri papisti-misoneisti-destroidi ad oltranza che sono al go-verno e che puzzano anche parecchiodi stantio. Qualche probabilità di ri-scatto alle nostre latitudini?

Baldo Conti, [email protected]

Vaticano: il santo patronodelle armi di distruzione dimassa

Giovanni Paolo II, detentore del re-cord della creazione di santi, ha inse-rito il kaiser austriaco Karl 1° (1887-1922) nell’iter che porta alla santifica-zione. Il dipartimento del Vaticano in-caricato della procedura ha già appro-vato i due miracoli necessari. A segui-to della legge sulla canonizzazione,tutti i futuri santi devono avere com-piuto almeno un miracolo in vita eduno dopo la morte.

Il miracolo postumo del kaiser Karl as-somiglia molto a quello attribuito amadre Teresa. Nel caso del kaiser, unareligiosa di Brasilia gravemente ma-lata ha sostenuto – negli anni ’70 –d’aver pregato una bella notte per labeatificazione del defunto imperatoreaustriaco e che ella fu – credetele o

Page 31: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

no – guarita miracolosamente dallasua malattia.

Il miracolo che il kaiser Karl ha effet-tuato in vita è ben più conosciuto diquesta semplice guarigione passivaper la fede, e corrisponde un po’ me-no all’idea che si ha generalmente diuna “buona azione” divinamente ispi-rata. Nei libri di storia austriaci, essoè definito il “Miracolo di Kobarid” edha causato la morte di 40.000 soldatiitaliani.

L’episodio ha luogo durante la PrimaGuerra Mondiale, il 24 ottobre 1917.Il 1° corpo della 14° armata, costituitoda truppe austro-tedesche sotto il co-mando del kaiser Karl, riuscì a farebreccia nelle barricate erette dall’ar-mata italiana vicino a Kobarid in Slo-venia. Nessuno si aspettava che que-sto potesse succedere. Tuttavia, ilsensazionale successo militare nonera dovuto a poteri di santità, ma aigas. Il kaiser aveva ordinato che100.000 granate, contenenti gas asfis-siante, fossero lanciate sul nemico nelcorso di un massiccio bombardamen-to di quattro ore.

L’uso dei gas è vietato dalla Conven-zione de L’Aja e il miracolo potrebbequindi più esattamente essere consi-derato un comune crimine di guerra.È possibile che il kaiser austriaco siapresto venerato come San Karl, patro-no delle armi di distruzione di massa.

(da Rationalist International, Bolletti-no n. 120 del 9 febbraio 2004, tradu-zione dal francese di Baldo Conti, [email protected]).

Finlandia: Abbandonare laChiesa tramite internet

Non è mai stato così facile abbando-nare la Chiesa Evangelica Luterana diFinlandia! I liberi pensatori di Tampe-re hanno creato una pagina Web do-ve si può semplicemente introdurre ilproprio nome ed il numero di “sicu-rezza sociale” in un archivio elettro-nico, stamparlo e inviarlo per e-mailall’ufficio di registrazione. Amen!

Il link è www.eroakirkosta.fi che si-gnifica www.abbandonarelachiesa.fi. Dalla data della sua apertura, il 21novembre 2003, alla fine dell’anno,1400 persone hanno utilizzato il sito

per comunicare le proprie dimissioni.E la popolarità di questa pagina Webrimane stabile …

Com’è già stato detto (Bollettino n.118), la Chiesa Evangelica Luteranadi Finlandia subisce un forte aumen-to di membri dimissionari dopo che lalegge sulla libertà di religione è statacorretta lo scorso anno, permettendole dimissioni per posta. Nel 2003,26.857 persone hanno abbandonato laChiesa Evangelica Luterana di Finlan-dia: 10.000 in più del 2002. I media fin-landesi hanno dato larga eco a que-sta storica evoluzione.

(da Rationalist International, Bolletti-no n. 121 del 3 marzo 2004, traduzio-ne dal francese di Baldo Conti, [email protected]).

Transustanziazione

(dal Dizionario Filosofico di Voltaire,“del signor Guillaime, ministro prote-stante”)

I protestanti, e soprattutto i filosofiprotestanti, considerano la transu-stanziazione come il grado più bassodell’impudenza dei monaci e dell’im-becillità dei laici. Perdono ogni misu-ra quando parlano di questa creden-za, che chiamano “mostruosa”. Sonoconvinti che non ci sia un solo uomodi buon senso che, dopo avervi riflet-tuto, possa credervi seriamente. “È

così assurda” dicono, “così contrariaa tutte le leggi della fisica, così con-traddittoria, che Dio stesso non po-trebbe compiere quest’operazione,perché, in effetti è annientare Diosupporre che faccia cose contraddit-torie. Non solo un dio in un pane, maun dio al posto del pane; centomilabriciole di pane diventate in un istan-te altrettanti iddii: la folla innumere-vole di questi iddii non sarebbe cheun solo dio; bianchezza senza alcuncorpo bianco, rotondità senza alcuncorpo rotondo; vino mutato in sanguee che mantiene il sapore del vino; pa-ne mutato in carne e fibre, ma chemantiene il sapore del pane”. Tuttociò ispira tanto orrore e disprezzo ainemici della religione cattolica apo-stolica e romana, che l’eccesso di talisentimenti è qualche volta esploso infurore.

L’orrore aumenta quando si riferisceloro che tutti i giorni, nei paesi catto-lici, si vedono preti e monaci che,uscendo da un letto incestuoso, sen-za neppur essersi lavate le mani soz-ze di impurità, vanno a produrre iddiia centinaia; a mangiare e bere il lorodio, a cacarlo e a pisciarlo. Ma quan-do poi riflettono che questa supersti-zione, cento volte più assurda e sacri-lega di tutte quelle degli egiziani, hareso a un prete italiano da quindici aventi milioni di rendita e il dominio diun paese di cento miglia di estensio-ne in lungo e in largo, vorrebbero an-dare tutti, armi in pugno, a cacciare

31n. 3/2004 (32)

NOTIZIE

Page 32: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

32 n. 3/2004 (32)

NOTIZIE

quel prete che si è impadronito delpalazzo dei Cesari. Non so se prende-rò parte al viaggio, perché amo la pa-ce; ma quando costoro si saranno sta-biliti a Roma, andrò sicuramente a farloro visita.

Franco D’[email protected]

Prossimo campo dibattaglia per i diritti gay:l’ONU

Iran e Vaticano alleati per bloccare idiritti gay alle Nazioni Unite (martedì16 marzo 2004, di Giorgio Lazzarini)

New York. Per chi avesse ancora deidubbi sulle reali intenzioni delle ge-rarchie cattoliche nei confronti dellaminoranza gay, basterà leggere i re-

centi interventi del Vaticano (Statoche non riconosce l’ONU perché nonha sottoscritto la carta dei Diritti uma-ni e ne fa parte solo come osservato-re, intromettendosi nella sua politicanon di meno, tanto per non dimenti-care) alla sede delle Nazioni Unite. Ilfatto: un mese fa il segretario genera-le Kofi Annan ha esteso ai dipendentigay e lesbiche gli stessi benefit riser-vati alle coppie sposate purché appar-tengano a Stati che riconoscono leunioni gay. Mossa salutata con favoredal rappresentante della UE, l’irlan-dese Stanley che lo ha riconosciutocome un modo per avanzare nella lot-ta per i diritti civili. Anche il Canadaha approvato la decisione mentre gliUsa, dove il presidente Bush si èschierato per vietare il riconoscimen-to delle unioni gay, ha avuto almenoil buon gusto di tacere.

Grandi oppositori del progetto i paesimusulmani, che comunque non rico-noscono le unioni gay, e un loro gran-de alleato fondamentalista, il Vatica-no. Il rappresentante di questi Statiha dichiarato che “a meno che nonvenga cambiata la definizione di fa-miglia per la definizione dei benefit,non esiste alcun motivo per allargarload altre forme che famiglia non sono”.E hanno chiesto un’indagine ammini-strativa con conseguente voto in auladove sicuramente la misura non pas-serebbe visto che la maggioranza de-gli Stati non riconosce altro che la fa-miglia tradizionale. Chissà cosa inten-deva il papa simpatico alle folle conquel “volemose bene” tanto strom-bazzato dagli uffici stampa ai medianazionali ...

Fonte: www.gaynews.it

DAI CIRCOLI

Dal Circolo di Torino

L’UAAR all’Università di Torino

A partire dalla fine del mese di feb-braio 2004 fino alla prima settimanad’aprile il Circolo di Torino è riuscitoa dare vita ad un’interessantissimainiziativa presso la sede storica dellefacoltà umanistiche della città, Palaz-zo Nuovo. Sergio Brigante, il sotto-scritto, e la simpatizzante Sara Ama-rilli, con il costante appoggio del co-ordinatore Giuseppe Arlotta, hannopresentato agli studenti universitaridei banchetti di promozione e divul-gazione delle finalità e delle attivitàdella nostra associazione. Al terminedi oltre un mese di lavoro il bilancionon può che dirsi positivo: l’UAAR hariscosso notevole interesse in un pa-norama culturale come quello univer-sitario di Torino segnato da una mas-siccia presenza di organizzazioni cat-toliche; con costanza e determinazio-ne siamo riusciti nel tentativo di farciconoscere e di proporre un’alternati-va ai giovani rispetto alle scelte mo-rali e religiose che la Chiesa Cattolicasempre più pervasivamente vuole im-porre anche nella scuola pubblica cheper antonomasia dovrebbe essere ilperno di una società davvero laica.Abbiamo così contattato numerosisimpatizzanti, con proficui scambi di

idee e opinioni, che speriamo ci ver-ranno utili nel corso dell’attività delCircolo e che dimostrano come le scel-te dell’ateismo e dell’agnosticismosiano oggi più che mai sentite anchedai giovani i quali, spesso erronea-mente, vengono accusati di indiffe-renza sui temi dell’impegno sociale ecivile. Grazie ai banchetti, abbiamoanche avuto la soddisfazione d’iscri-vere nuovi soci all’UAAR. Un’espe-rienza positiva, dunque, che ci ripro-poniamo di ripetere quanto prima eche speriamo sia il primo segnale diun radicamento dell’UAAR tra i gio-vani di Torino, oltre che uno stimoloper gli altri Circoli a seguirci su que-sta strada.

Gian Luca [email protected]

Convegno di studio a Torino: “Le sfide della laicità”

IL “Comitato Torinese per la Laicitàdella Scuola” ha organizzato, il 29marzo 2004, un convegno di studiodal titolo “Le sfide della laicità nellacultura e nella società contempora-nea: problemi e prospettive”, in colla-borazione col CIDI (Centro di Iniziati-va Democratica degli Insegnanti diTorino) e con la FNISM (FederazioneNazionale Insegnanti, sezione di Tori-

no). Prima dell’apertura dei lavori hapreso la parola l’Assessore al sistemaeducativo del Comune di Torino, Pao-la Pozzi, che ha sottolineato l’impor-tanza della giornata di studio in cor-so. In seguito Carlo Ottino (direttoredel periodico “Laicità”) ha posto in lu-ce la necessità di giungere ad un te-sto della Costituzione Europea che siail risultato di un piano comune di col-laborazione e di uguaglianza. Miche-langelo Bovero (Università di Torino)ha sottolineato come le innovazioni ditipo laico siano riscontrabili nella filo-sofia del diritto piuttosto che negli al-tri campi della filosofia politica; ha poidefinito interessante il laicismo india-no come si evidenzia nel libro di Ama-fia Saens: “La democrazia degli altri”.Giovanni Filoramo (Università di Tori-no), ha detto che, nella situazione eu-ropea, esistono fermenti volti a inse-rire studi religiosi e studi di etica lai-ca nelle materie di insegnamento. Li-dia De Federicis (consigliere de “l’In-dice”) ha posto l’accento sugli aspet-ti vari e contraddittori della narrativaitaliana specchio di una società dovelo spirito laico è ancora elitario. In re-lazione alla pedagogia contempora-nea, Stefano Vitale (Cemea Piemon-te), ha definito l’educazione alla laici-tà come etica della convinzione e del-la responsabilità che vede da un latola conoscenza del reale e dall’altro

Page 33: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

l’atteggiamento verso una ricerca plu-ridirezionale, dove il metodo è il suofondamento. Nella tavola rotonda“Valore della laicità in una societàmulticulturale e multireligiosa” è sta-to sottolineato che la neutralità isti-tuzionale è da considerarsi comeun’etica di convivenza (Cesare Pian-ciola, vicepresidente del “Comitato”)dove le normative, assenti da preva-ricazioni, sono frutto di un dibattito(Elena Bien Ricco, Centro culturalevaldese) e sono mantenute nel tempoda una sistematica vigilanza (Gruppodi studi ebraici, Torino); la laicità, haaggiunto Vera Pegna (Vicesegretariadell’UAAR e Vicepresidente della Fé-dération Humaniste Européenne),non discrimina le ideologie ed è pre-ventiva dei conflitti. Giuliana Turroni(Università di Torino) ha descritto l’Islam, evidenziandone le diversecomponenti, e ha affermato che in Eu-ropa, oltre alle identità “reattive”, staemergendo un tipo di Islam che ten-de a ridefinire un’identità musulma-na capace di combinarsi con la laicitàeuropea. Approvando l’intervento diGian Luca Barsi che aveva sottolinea-to la completezza dell’art. 46 nellabozza della Costituzione Europea, Ve-ra Pegna ha spiegato come la ChiesaCattolica non si accontenti del suocontenuto e voglia imporre la sua in-gerenza con l’art. 51. Attilio Tempe-stini (Presidente del “Comitato”), sin-tetizzando i vari interventi, ha postoin luce l’importanza della formazionepedagogica non dogmatica che trovail suo luogo ideale nell’istruzione pub-blica laica. Ha concluso augurandosiche nella Costituzione Europea defi-nitiva si possa arrivare ad un’effetti-va parità di diritti oltre quanto è giàstato deliberato dalla Convenzione diNizza.

Anna Maria [email protected]

Dal Circolo di Milano

A Milano, il Circolo continua a riunir-si il secondo sabato di ogni mese,presso la Libreria Babele, per le soliteriunioni organizzative o discussioni suargomenti stabiliti dai soci. Il giorno11 febbraio 2004 è stata organizzatala presentazione dell’interessantissi-mo libro di Giovanni Boniolo Il limitee il ribelle – Etica, naturalismo, darwi-nismo. Boniolo, docente di Filosofiadella Scienza presso l’Università diPadova, ha presentato i vari argomen-

ti contenuti in questo saggio, con lostile brillante che caratterizza anchela sua scrittura, ad un pubblico etero-geneo, informato dalla stampa e damanifesti distribuiti nelle università enelle biblioteche.

In marzo si è tenuta una conferenzasul tema Il concetto di etnocidio: per-ché i missionari non sono quello che ilsenso comune crede che siano. Relato-re è stato Carlo Pauer Modesti, filoso-fo e antropologo, curatore della Storiacriminale del cristianesimo, di K.Deschner, di cui era appena uscito ilquinto volume. Il professor Pauer, conle capacità dialettiche e direi affabu-latorie che avevamo conosciuto in oc-casione della presentazione dei pre-cedenti volumi di Deschner, ha inte-ressato il pubblico analizzando l’argo-mento in modo interdisciplinare e ric-co di riferimenti all’attualità. Dopo laconferenza, le discussioni hanno avu-to seguito al bar Litta, continuando fi-no a sera inoltrata.

Continuano le riunioni del gruppo distudio, con scadenza “quasi” regola-re, ogni quindici giorni. In provinciadi Milano il Circolo si è attivato nelComune di Saronno, per iniziativa delsocio Walter Sartorio, che sta portan-do avanti la richiesta della “Sala delcommiato”, coinvolgendo per questoscopo altre associazioni della zona eottenendo dal Comune una prima ri-sposta affermativa.

Mitti Binda, [email protected]

Dal Circolo di Modena

Giovedì 29 aprile 2004 si è costituitoa Vignola (Modena) il Circolo UAARdella provincia di Modena, presente ilsegretario nazionale dell’UAAR Gior-gio Villella.

Il nucleo più numeroso degli iscritti èattualmente di Vignola e, dato certa-mente positivo, rilevante è la presen-za giovanile. Certamente è significa-tivo, come anche in una zona di fortitradizioni laiche, si sia sentito proprioora l’esigenza di organizzarsi controil clima di offensiva oscurantista at-tualmente in corso.

Durante la riunione si è cercato già ditracciare alcune linee operative delCircolo, indicando ipotesi di iniziativeda prendere, anche al fine di coordi-nare efficacemente l’azione degli

iscritti, data la loro relativa dispersio-ne sul territorio della provincia.

Si è sottolineato inoltre l’esigenza difar conoscere l’UAAR e di far com-prendere al grande pubblico degli ateie degli agnostici, l’utilità di una for-ma organizzata della loro presenza.Per un Circolo appena nato è dunquenecessario saper scegliere le iniziati-ve da intraprendere, in modo che es-se siano efficaci, ma anche realistica-mente affrontabili con forze per il mo-mento ancora modeste. Tali energieed entusiasmi vanno sapientementeutilizzati al fine di poter incidere sullarealtà del territorio, evitando il rischiodi chiudersi in un dibattito ideologi-co, interno al ristretto nucleo dei soci.

Enrico [email protected]

Dal Circolo di Roma

Attività in marzo-aprile 2004

Dal 7 marzo 2004 il Circolo di Roma haun nuovo Coordinatore, Francesco Sa-verio Paoletti, eletto all’unanimitàdall’assemblea. Sergio D’Afflitto, Co-ordinatore uscente, è stato designatocassiere del Circolo e si occuperà del-le relazioni con le altre associazioni ele istituzioni. Gli stessi Paoletti eD’Afflitto rappresentano l’UAAR inseno alla “Consulta per la Libertà diPensiero e la Laicità delle Istituzioni”(per brevità “Consulta Laica”) pressoil Comune di Roma, della cui istituzio-ne è stata data notizia nel numeroprecedente della rivista.

Nei mesi di marzo e aprile sono statiprevisti incontri e proposte da attuareall’interno dell’UAAR e in collabora-zione con altre associazioni e con leIstituzioni. L’11 marzo Francesco Pao-letti e Sergio D’Afflitto hanno parteci-pato presso una sede della Cameradei Deputati alla nuova riunione della“Rete Nazionale contro la Legge Cru-dele” (la ben nota legge 40/2004 sullaProcreazione Medicalmente Assisti-ta), una rete nata per iniziativa di al-cune parlamentari dell’opposizione edi numerose organizzazioni come adesempio “Madre Provetta”, che si op-pongono alla legge sulla PMA. La riu-nione ha avuto carattere tecnico e or-ganizzativo e da essa è emersa la pro-posta di creare un gruppo di lavoro permettere a conoscenza le varie associa-zioni delle attività che ciascuna di es-

33n. 3/2004 (32)

DAI CIRCOLI

Page 34: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

34 n. 3/2004 (32)

DAI CIRCOLI

se porta avanti e per eventualmentecoordinarle tra esse. D’Afflitto è inter-venuto per garantire il pieno appoggiodell’UAAR e per mettere a disposizio-ne le proprie competenze tecniche perla realizzazione di un sito e di unamailing list di collegamento. È statofissato un incontro di due giornate afine maggio, il 25 e il 26, per manife-stare contro la legge sulla PMA.

Sono proseguiti, inoltre, i lavori relati-vi al Patto Civile di Convivenza. Il co-ordinatore Paoletti è intervenuto, inrappresentanza UAAR, a un incontropresso la sede DS Salario-Parioli di viaScarlatti sul tema scottante delle cop-pie di fatto, nel corso del quale incon-tro l’On. Franco Grillini ha presentatola sua proposta di legge tendente a ot-tenere il riconoscimento giuridico del-le unioni tra persone dello stesso ses-so. Il 24 marzo si è riunita la summen-zionata Consulta Laica per discuterevari argomenti, tra i quali le richiestedi ammissione di alcune associazionialla Consulta stessa e la celebrazionedi cerimonie (matrimoni, funerali) nonreligiose su delega.

Venerdì 16 aprile Paoletti e D’Afflittosi sono recati a Viterbo per incontrarei membri di quella provincia e aiutarlia costituire il locale Circolo UAAR. Perproblemi logistici è previsto qualchemese per mandare tutto a regime vi-sto che, a differenza di Roma, in pro-vincia di Viterbo gli iscritti sono spar-si in maniera uniforme su tutto il ter-ritorio provinciale e non solo nel ca-poluogo.

Ma il fatto che tra i soci della provin-cia vi sia la volontà di costituire il cir-colo e che vi sia a disposizione unastruttura – situata nel centro storicodi Viterbo – che entro pochi mesi saràin grado di ospitare il circolo è già unottimo punto di partenza. Considera-ta la breve distanza geografica (circa80 km), Roma ha garantito tutto l’ap-

poggio possibile agli amici viterbesinella fase di avviamento del loro Cir-colo.

Rosalba [email protected]

Dal Circolo di Napoli

Le radici laiche dell’Europa

Presentazione del documentario:“2500 anni e più di Libero Pensiero”

(9 gennaio 2004)

La laicità presuppone una coscienzadella vita, amplia la visione del mon-do. Ma che cos’è la laicità? Non pole-mico contro il dogmatismo, ma laico èl’uomo incerto sulla visione delle co-se, chi socraticamente sa di non sa-pere. La mentalità laica indaga la real-tà, cerca di capire. Risale all’anticoEgitto, e poi alla Grecia classica. I 200anni della rivoluzione culturale grecafanno vedere sempre al di là dell’ap-parente. Max Weber dirà: “Chi viag-gia verso la verità morirà sazio dellavita”. Il “periodo classico” è laico. Ro-ma accetta tutte le religioni. Ma gliebrei e i cristiani si ribellarono ai Ro-mani perché mettevano il busto del-l’imperatore davanti ai templi, senzacapire che la Lex era defensor religio-nis, non imposizione della fede.

La crisi dell’Impero porta all’affermar-si delle religioni misteriche (Mitra, Isi-de, protocristiani), che correlano il di-vino con l’uomo: modelli protettivi incui la soggettività si rivolge al miste-ro oltremondano. Tra le sette emerge-rà il cristianesimo, con cui nasce ildogmatismo: un solo dio, un solo pen-siero. L’8 novembre 392 l’imperatoreTeodosio sancisce la pena di morte achi non è cristiano. La laicità divieneun concetto tabù; nasce l’intolleran-za. Paradossalmente, è il massimo

pensatore cristiano medievale, Tom-maso d’Aquino che, dividendo il divi-no dall’umano, critica l’utopia di unsolo dio.

Intanto si afferma la borghesia, cheper commerciare ha bisogno di liber-tà e cultura. Contro l’Umanesimo lareazione ecclesiale è l’Inquisizione deiroghi, della caccia alle “streghe” edella strage di San Bartolomeo a Pari-gi, ove i cattolici trucidano migliaia diprotestanti. Emergono figure comeGiordano Bruno, poi bruciato dallachiesa cattolica perché libero pensa-tore. Le nuove tecnologie (la stampa)fanno rifiorire il concetto di laicità. Nel1585 il Trattato dell’Unione di Utrechtall’art. 13 scrive che ogni uomo deverestare libero nelle proprie scelte enon deve essere mai molestato per ilsuo culto divino. È il totale capovolgi-mento dell’Editto di Teodosio.

Il secolo del trionfo della laicità è ilSettecento di Voltaire e Kant. Con laRivoluzione Francese, la soggettivitàumana non è più rivolta verso la me-tafisica, ma verso la società; la media-zione tra i cittadini non è la fede mala legge. Le conquiste sono la demo-crazia, l’eguaglianza, la separazionetra Stato e religioni.

Il romanticismo nazionalista e metafi-sico fa regredire le libertà. Il parossi-smo è il nazi-fascismo: milioni di mor-ti dicono che solo la laicità può porta-re la pace e il progresso. È lo spiritodegli uomini di Ventotene (AltieroSpinelli, Manifesto per l’Europa Uni-ta). Le radici dell’Europa sono laiche,ed è la laicità che dobbiamo difende-re. Oggi che la più potente nazionedel mondo è chiusa in un intrigo reli-gioso ed economico che sta devastan-do il pianeta, è nostro compito lavo-rare per un’Europa sociale e solidale.

Giancarlo Nobile, [email protected]

RECENSIONI

� PATRICK JEAN-BAPTISTE, La biologiede Dieu: Comment les sciences du cer-veau expliquent la religion et la foi (Labiologia di Dio: Come le scienze delcervello spiegano la religione e la fe-de), ISBN 2-914645-35-X, Agnès Vié-not Éditions, 11 rue Jean-de-Beau-

vais, Paris Ve (http://agnesvienoteditions.com/), aprile 2003, pagine312, € 22,00 [testo in francese].

Dio è una secrezione del cervello? Imistici sono sani di mente? San Paoloera epilettico? La religione non è che

una medicina anti-stress? E la fede,un’aberrazione cognitiva? Oggi, labiologia è sul punto di rispondere adognuna di queste domande e Jean-Baptiste indaga, fin dove è possibile,in questa direzione con il suo stilesemplice e scorrevole.

Page 35: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

Orientamenti scientifici diversi sembranon esitino più a mettere contemplati-vi e monaci buddisti nel cilindro dei lo-ro IRM (Imagerie par Résonance Ma-gnétique [nucléaire] = formazioned’immagini da risonanza magnetica),sotto l’occhio vigile di telecamere, escoprono così come il cervello producal’estasi ed inventi la trascendenza.Questa procedura evidenzia così an-che l’esistenza di un materialismo dibassa lega che può condurre (per pa-rafrasare Nietzsche) a una secondamorte di Dio. In quest’opera d’indagi-ne e sintesi scientifica, originale e ac-cessibile a tutti, l’autore svela il per-corso di questi studiosi – i cosiddetti“neuro-apostoli” – dediti alla ricercadei neuroni del sacro. La lettura è af-fascinante e sicuramente molti di noinon avrebbero mai pensato – tra l’al-tro – all’eventuale esistenza di un“neuro-tempio” in una “bio-Gerusa-lemme”. Un’ampia bibliografia poi, ciconforta molto e, tra gli altri, vi ritro-viamo Minois con la sua storia sull’a-teismo e Morris con la sua scimmia nu-da, Skinner con il suo behaviorismo perarrivare fino a Wilson, Boyer, Hinde,Dawkins ed il già ricordato Nietzsche.

All’inizio del volume, in una delle pri-me pagine, in epigrafe, appare una si-gnificativa frase di Giordano Bruno,tratta dai “Furori eroici”, quinto dia-logo (1585): “Più possono far gli ma-ghi per mezzo della fede, che gli me-dici per via de la verità: e ne gli piùgravi morbi più vengono giovati gl’in-fermi con credere quel tanto quelli di-cono, che con intendere quel tantoche questi facciono”. Purtroppo, nonmi risulta che sia prevista una tradu-zione del libro in italiano e questo, si-curamente, è un grosso limite alla suadiffusione, almeno alle nostre latitu-dini, dove la “colonizzazione” in attoad opera della lingua inglese penaliz-za, anche nelle prime classi dellescuole, tutte le altre.

(Neurofisiologo di formazione, PatrickJean-Baptiste è giornalista scientifi-co, ha collaborato ai “quaderni” e ai“fascicoli fuori serie” di Science et Vieed attualmente lavora alla redazionedel mensile Sciences et Avenir).

Baldo Conti, [email protected]

� FRANCESCO DI GIOVANNA, Dal buiodel nulla alla luce del Tutto, ISBN 88-8304-560-2, Edizioni Polistampa

(www.polistampa.com), Firenze 2003,pagine 95, € 10,00.

“… l’idea di continuare a vivere inqualche modo – buono o cattivo chesia – dopo la morte è qualcosa di in-quietante e di contraddittorio insieme.Un tentativo di non prendere la mortesul serio, di considerarla mera appa-renza. (…) I cosiddetti “credenti” so-no in realtà degli “increduli” che ne-gano la realtà ultima della morte.”

(Fernando Savater, da “Le domandedella vita”)

Ho tra le mani il libro di Francesco DiGiovanna, un libro che racconta il tor-mento di un figlio che perde la propriamadre, un racconto a metà strada trala poesia e la prosa, un filosofare euna contemplazione in cui emergonosia l’impossibilità di dimostrare in al-cun modo che esista “una vita dopola vita”, sia il tentativo esistenzialeproteso a tessere un nuovo modo dielaborare un lutto, una perdita.

L’autore vive ed esprime la lacerante“certezza di una fine senza un dopo”,“un precipitare in un nulla inconcepi-bile, un nulla astratto ma terribilmen-te vero che non è la pace e la quieteeterna ma la fine totale”. In un dialo-go immaginario con la madre defuntasnoda i pensieri segnati dall’angosciadi non avvertire più il suo calore, i pal-piti della sua coscienza e del suo pen-siero; non si rassegna a cedere, a per-dere irrimediabilmente la sua presen-za. Non cerca il sollievo e la consola-zione in un’illusione, in un Dio tra-scendente, nella resurrezione e nellavita eterna, ma una risposta “nelleesistenze che restano”, in una conti-nuità materiale che vive nelle cose,nei “tratti distintivi di quelli che furo-no prima di noi e di quelli che saran-no …”. Nella sua prefazione, LuigiLombardi Vallauri chiama in causauna “mistica ontologica esistenziale”,“una mistica laica” in cui non risiedeuna speranza, ma una capacità di in-travedere, all’interno di se stessi, lapossibilità di riconoscere proprio queitratti distintivi, di trasformare “il buiodel nulla in una luce del Tutto”. DiGiovanna s’immerge in “una religio-sità cosmica, che nasce da una piùestesa e profonda conoscenza del rea-le e non più dalle speranze ed illusio-ni delle fedi tradizionali” approdandoai lidi del Dio di Bruno e di Spinoza.“Una religione nuova che unisce enon divide”.

Quello che emerge, a mio avviso, è ilvalore di conservare nel ricordo, e nel-la proiezione di esso sul mondo tan-gibile e sui suoi elementi, la personaamata e scomparsa, valore che è es-senzialmente una capacità individua-le e soggettiva: “Ora so, mamma, cheper vederti, per sentirti, devo cercartinelle singole esistenze che il Tutto ge-nera”. Tentativo, questo, di poter con-tinuare con forza il viaggio della vita,sempre tenendo presente che questaha in sé chiara la fine.

Rosalba [email protected]

� GIOVANNI BONIOLO, Il limite e il ri-belle: Etica, naturalismo, darwinismo,Raffaello Cortina Editore, Milano2003, pagine 216, € 19,80.

Definire il genere di questo libro, usci-to nella collana Scienza e Idee, diret-ta da Giulio Giorello, è difficile, qual-siasi definizione sarebbe riduttiva, enon solo perché tratta argomenti di-versissimi tra loro: non è solo un librodi Bioetica, di Filosofia, di Letteratu-ra, di Biologia o di Filosofia dellascienza; è tutto questo e altro ancora,è soprattutto un raro e affascinanteesempio di libertà intellettuale. E cifa riflettere sull’importanza della ri-cerca scientifica come metodo di co-noscenza della realtà e come fattored’emancipazione intellettuale e cultu-rale, illustrando gli innumerevoli mo-tivi per avere fiducia nella ragione enella scienza e sottolineando l’impor-tanza che quest’ultima può avere nel-la nostra vita, in quanto ci permettedi affrontare con consapevolezza i va-ri problemi esistenziali.

Il libro analizza il rapporto tra scienzebiologiche e fede, il concetto di vita edesistenza, dove è l’esistenza ad avereun senso e non la vita come eventobiologico, l’evoluzionismo darwinianoin rapporto al creazionismo e al fissi-smo, la questione dei fondamenti bio-logici della morale (arrivando a direche la capacità morale dell’uomo è unrisultato evolutivo casuale), il concet-to di filosofia individuale, il concettodi tempo etico. Infine definisce il ribel-le, attraverso un excursus letterariotra quei personaggi che sono inven-zioni simboliche particolarmente pre-gnanti: il ribelle è colui che va oltre ilimiti imposti al suo intelletto, al suosenso della libertà e della giustizia.

35n. 3/2004 (32)

RECENSIONI

Page 36: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

36 n. 3/2004 (32)

RECENSIONI

All’inizio del libro, colpisce quello chevuol essere solo una dichiarazione dimetodo, la necessità di “mettere inchiaro che cosa è di Dio (cioè della re-ligione), che cosa è di Kant (cioè dellafilosofia) e che cosa è di Darwin (cioèdelle scienze biologiche)”; in realtà èmolto più di una dichiarazione di me-todo, è un atteggiamento culturale edesistenziale. Lo stile è ironico, qual-che volta provocatorio, sempre bril-lante e coinvolgente, rendendo la let-tura affascinante anche quando gli ar-gomenti sono più difficili; soprattuttoè uno stile diretto, in cui Giovanni Bo-niolo non esita mai a prendere posi-zione rispetto ai vari problemi, sia chesi tratti di riflessioni su temi morali, od’analisi del rapporto tra religione ebiologia, sia che discuta di manipola-zione dell’embrione o d’eutanasia, eanche questo è un aspetto che rendeil libro molto avvincente.

Ad esempio, per quanto riguardal’eutanasia, il capitolo, che s’intitolaproprio “La mia morte”, incominciacon un deciso “Né Dio né Stato. NéDio né Stato devono arrogarsi il dirit-to di intervenire nella decisione dellamia morte”. Seguono circa 40 pagineper analizzare il problema da ognipunto di vista, sia soggettivo sia og-gettivo, e per spiegare l’affermazioneiniziale, che non è una provocazione,ma la rivendicazione di un diritto, chenon esclude il rispetto per altre riven-dicazioni. Tutto il libro sottolinea l’e-sigenza di una libertà individuale chenon è solo autonomia e autodetermi-nazione, ma si accompagna alla re-sponsabilità morale che la libertàcomporta.

Questo saggio è dedicato proprio aMartino Rizzotti, biologo evoluzioni-

sta, fondatore dell’UAAR, con questeparole: “Per terminare, una parola inmemoriam di Martino Rizzotti: da luimolto ho imparato, anche sotto il pro-filo umano. Mentre stendevo questepagine, il mio pensiero andava al suosorriso. Questo libricino è per lui: for-se, gli sarebbe piaciuto”. Mi permet-to di contraddire quel forse: sicura-mente gli sarebbe piaciuto.

(Giovanni Boniolo si è laureato in Fi-sica nel 1981 e in Filosofia nell’85. Dal1991 insegna presso il Dipartimentodi Filosofia dell’Università di Padovae dal 2001 è professore di Logica e Fi-losofia della Scienza presso lo stessoDipartimento.

Mitti Binda, [email protected]

� MARTINO SEMERARO, Il tribunale delSanto Ufficio di Oria (Inediti processiper stregoneria per la storia dell’Inqui-sizione in età moderna), Giuffrè edito-re, Milano 2003, pagine 185, € 14,00.

Questo documentatissimo testo, ric-co di note, corredato da una bibliogra-fia di oltre 150 testi specializzati e daun indice dei nomi, ci riporta alla pri-ma metà del Settecento in provinciadi Brindisi. In particolare, il libro trat-ta della diocesi di Oria dove da varianni alcuni studiosi stanno esaminan-do sistematicamente l’archivio conspecifica attenzione al fondo “sortile-gi e stregonerie” che purtroppo si tro-va, per evidenti responsabilità cleri-cali, in uno stato di disordine in cuicontinuano a sparire importanti docu-menti inquisitoriali: tra le perdite piùdolorose le sentenze di cui ne resta“probabilmente una sola”.

Comunque, il lodevole lavoro di ricer-ca archivistica dell’autore ha eviden-ziato come questa sede locale dell’In-quisizione, affidata ai padri domeni-cani, si occupava di reati d’opinione,sequestro di libri proibiti, omosessua-lità, rapporti sessuali di membri delclero, casi d’epilessia scambiati perfenomeni demoniaci, ma soprattuttodi casi di stregoneria.

Tra questi, il libro approfondisce la vi-cenda di tre donne inquisite propriodi stregoneria e lasciate dal Sant’Uffi-zio in prigione senza processo per ben5 anni, periodo durante il quale unadelle accusate è “morta, probabil-mente in carcere”. Questa incredibiledetenzione preventiva suscita la giu-sta protesta dell’avvocato difensore,di cui c’è giunta la memoria difensivain originale, che la definisce “lunga epenosa”. L’autore c’illustra poi un al-tro caso di duplice autodenuncia daparte di una “bizzocca” dell’ordinecarmelitano la quale, vittima del suostesso voto di castità, avrebbe avutoripetute allucinazioni demoniache eaddirittura rapporti sessuali col dia-volo stesso in forma di caprone.

Ma tali fantasiosi racconti erano or-mai presi con scetticismo sia dai giu-risti sia dagli intellettuali dell’epoca iquali, sia con scritti anonimi sia coninterventi firmati, ormai osavano con-testare apertamente l’Inquisizione ele sue ciarlatanerie. Il testo segnala inomi dei primi coraggiosi oppositori:lo storico L.A. Muratori e l’intellettua-le roveretano G. Tartarotti. Anche nelregno di Napoli qualcosa si muovevae nel 1746 il re ordinò l’abolizione delSant’Uffizio. Inoltre, tutti i processidovevano essere pubblici e non se-greti, come faceva da sempre l’Inqui-sizione. Il testo attacca quindi l’Inqui-sizione anche da un punto di vistaevangelico, citando documenti in cuis’invitavano i suoi esponenti a dimen-ticare la “correctio fraterna” pure pre-vista chiaramente in Matteo 18,15 econfermata da Tommaso d’Aquino.

Insomma il Settecento è veramente ilsecolo in cui s’inizia ad uscire dall’o-scurantismo medievale e controrifor-mista, nonostante le veementi prote-ste papali! L’autore c’illustra anche,brevemente, la vicenda di un ereticodel XVI secolo che per salvarsi da si-cura morte ad opera dell’Inquisizionefu costretto a fuggire all’estero.

Pierino Marazzani, Milano

Page 37: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

� Che cos’è l’integralismoSecondo Immanuel Kant, l’Illumini-smo consiste nell’uscita dell’uomodallo stato di minorità, così che puòcamminare con le sue gambe. Perciòl’autorità pubblica non stabilirà quan-to vino può bere se non quando gui-da, potendo decidere lui stesso sullapropria salute. Il che va accettato perbuono una volta per tutte, senza veri-fiche preventive e tanto meno ripen-samenti, così da non intervenire astaccarlo dalla bottiglia ogniqualvoltasi ritiene che sbagli (cioè ratione pec-cati). Al contrario, integralismo è con-siderare il suddito come un bambino,del quale l’autorità è pienamente re-sponsabile, così che il medico puòproibirgli di bere vino per la salute delcorpo e il mullah per quella dell’ani-ma. Urta il senso comune parlare dirispetto della libertà se identificatacon il potere di fare pure il proprio ma-le. Più radicalmente, va sostenuto chel’autorità pubblica se ne deve fregaredelle scelte individuali dei sudditi,cioè non rinunciare a intervenire unavolta accertato che sono sbagliate,ma alla radice astenersi dal valutarle,anzi dallo stesso prenderle in consi-derazione: se non limita il propriocampo d’azione, il potere diventa as-soluto, sia pure illuminato.

L’autorità religiosa indica ai credentila via della salvezza e cerca di conver-tire i non credenti: tutti sono chiama-ti, ma se qualcuno non vuole essereeletto andrà all’inferno, e sarà peggioper lui. O se proprio l’aldilà non puòattendere, lo potrà condannare a pe-ne canoniche quali la scomunica, mail braccio secolare non partecipa. Nonsoltanto riguardo l’uso della repres-sione violenta come nella leggendanera dell’Inquisizione, ma in generecon qualunque tipo di divieto, pres-sione o boicottaggio: il credente sache deve astenersi dalle convivenzedi fatto, possa o no farsi assegnare ca-se popolari, e se le macellerie restanoaperte in Quaresima si dovrà accon-tentare di non entrarci e lasciare chec’entri chi non condivide la sua fede;anzi, secondo non pochi le stesse ten-tazioni sono utili a consolidare l’ani-ma. All’autorità pubblica si può chie-dere che a nessuno sia impedito di os-servare le festività religiose, ma se unbottegaio non ascolta il Parroco, nonpotrà certo chiedere aiuto al Sindaco.A maggior ragione, non può ciascunousare la sua presunta libertà di co-scienza allo scopo di contrastare quel-la degli altri: se un farmacista non

sopporta di vendere profilattici, cam-bi mestiere e venda crocifissi, e ma-gari faccia voto di castità per contosuo, così andrà in paradiso senza in-tralciare il traffico intenso della vitaverso l’inferno.

Se l’autorità pubblica si preoccupa difar osservare i precetti religiosi, e vi-ceversa l’autorità religiosa si rivolgea tutti gli uomini di buona volontà in-dipendentemente dalla fede, non socome un ateo possa mai pensare diconvertirsi.

Martino Marangon, Pavia

� Prove o assenza di prove?

Chi afferma l’esistenza di una cosadeve provarla o no? L’assenza di pro-ve è una prova o no? Dio, un esserefatto di spirito avrebbe creato tutta lamateria: come può uno spirito crearela materia? Dio avrebbe creato l’uomoa sua immagine e somiglianza, quindiha un’immagine ben delimitata nellospazio! E in quale parte dello spaziorisiederebbe? Se tutto ha avuto un’o-rigine che si può spiegare solo con laCreazione, Dio, da chi è stato creato?Si è creato da solo? Come può uno spi-rito ben delimitato autocrearsi? Èsempre esistito? È eterno?! E perchéla materia non può essere pure eter-na, anche se in continua evoluzione etrasformazione? E poi, perché un es-sere perfettissimo fatto di spirito cheha creato tutto, ha creato anche il ma-le? Perché ha creato l’uomo che è ilpeggiore nemico della natura? Pertrastullarsi? Chi pecca e si pente avràil Paradiso, chi pecca e non si penteavrà l’Inferno! Dio gioca con noi? Sidiverte a dare premi e castighi? Per-ché non si fa vedere da tutti e fa re-gnare l’armonia anche in questo mon-do a sua “maggiore Gloria”? Chi cre-de in lui lo chiama semplicemente Diooppure Jahvè oppure Allah e nel loronome i credenti dell’uno e dell’altrolottano più o meno ferocemente tra diloro: “il mio dio è migliore del tuo”! Elui assiste impotente oppure si diver-te? Nel primo caso non è “il Potentis-simo Dio”, nel secondo è sadico e cat-tivo! E poi, se è il Potentissimo, cosagli costerebbe rivelarsi a tutti nellastessa maniera? Forse che non cono-sce tutte le lingue?

Se la mancanza di prove non costitui-sce una prova (vedi per esempio l’asi-no volante di Apuleio), be’, mi pareche bastino queste prove mancanti a

costituire le prove che Dio esiste solonel cervello di uomini ancora primitivio immaturi che non sanno camminareda soli. Tutto il resto è fantasia, chiac-chiere, favole: e almeno fossero dettein buona fede e senza secondi fini!Creare il peccato per poi crearsi il po-tere di perdonare! Si obietterà che èun discorso semplicistico. Spesso legrandi scoperte però sono avvenuteper caso oppure “era così semplice,bastava pensarci” (vedi l’uovo di Co-lombo)! Si aggiungerà che il cervelloumano non può capire Dio e quindi“mistero della fede”: questo è sempli-cistico! Troppo comodo evitare ulte-riori spiegazioni! Certo che l’esisten-za di Dio non è dimostrabile: non sipuò dimostrare ciò che non esiste!

Paolo [email protected]

� Storia di un’ostia

Una decina d’anni fa mio padre era inospedale e pareva non ci fossero mol-te speranze che tornasse a casa. Poi-ché era malato da diverso tempo e co-nosceva le idee di mia mamma, l’ave-va avvisata di non portargli mai e poimai un prete perché, sicuramente, sa-rebbe morto di crepacuore al solo ve-derlo (non perché non fosse credente... forse a modo suo lo era ... non lo sobene ... ma perché per lui avrebbe vo-luto proprio dire che non c’era nessu-na speranza).

Ma mia mamma è molto intrapren-dente. È andata a messa ... si è mes-sa in fila e ha preso l’ostia ... e invecedi mangiarla (chiedo scusa per i ter-mini ... terra terra), se l’è infilata condiscrezione in tasca. Ma il parroco ...attentissimo ... prima di impartire labenedizione finale, l’ha chiamata dal-l’alto dell’altare e pubblicamente leha chiesto cosa se ne facesse dell’o-stia ... che se pensava di utilizzarlaper le messe nere l’avrebbe denuncia-ta. Mia mamma ... che viene dallacampagna (ed era in trasferta a Mila-no per assistere mio padre), gli hachiesto cosa cavolo fossero le messenere ... e ha spiegato che voleva soloportare l’ostia al marito in ospedale.Il prete allora le ha detto di fermarsidopo la messa e in canonica le ha da-to una scatoletta dorata nella qualeha riposto l’ostia per portarla a miopadre in forma semi-ufficiale.

Quello che forse non ha immaginatoera che mia mamma intendeva dare

37n. 3/2004 (32)

LETTERE

Page 38: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

38 n. 3/2004 (32)

LETTERE

l’ostia a mio padre senza che lui se neaccorgesse ... e per fare questo hatentato di scioglierla in un bicchieredi acqua ... Ma a detta sua non si scio-glie nell’acqua (“ci ha provato tanto...”) e così alla fine l’ha “bevuta” lei.Fortunatamente mio papà è sopravis-suto a “tutto questo”, malattia e as-sistenza di mia mamma, per altri cin-que anni anche se non credo abbiamai saputo di questa sua mancata co-munione.

Sandra, [email protected]

� Pellegrino non credente

Aristotele affermava che “l’uomo è unanimale sociale; fuori dalla società oè bestia o è Dio”. Il problema consi-ste nel gruppo in cui integrarsi.

Sono stato pellegrino. Implicava muo-versi, sia per la ricerca dei luoghi sa-cri, sia per constatare come le altreculture organizzano l’ambiente a di-sposizione. Si può essere pellegrino enon credente? Il diverso serve per ag-gregare il gruppo rispetto a comunivalori condivisi; se manca lo si deveinventare.

Ho focalizzato l’attenzione sui compa-gni di viaggio e ho constatato due ti-pologie di pellegrini: quelli che, dopoaver chiesto alla scienza ufficiale (me-dicina, chirurgia, genetica, ecc.) unasoluzione ai propri problemi, ottenutarisposta negativa, sperano nel mira-colo (cioè in un evento non spiegabi-le) e quelli che, superata la quinta de-cade di vita, ricercano la propria spi-ritualità! Per il genere Homo rappre-senta una linea di demarcazione: lefemmine sono in menopausa, i maschiin menopausa sociale. Significa averassolto, nei confronti della specie, ilcompito di fare figli, allevarli e tra-smettere la cultura a disposizionerendendoli autonomi.

Quando si discute di religione sono ri-levanti le critiche. Alcuni filosofi po-stulano che Dio sia una creazione del-l’uomo cui l’uomo poi si sottomette.Di fatto coesistono nell’individuo duecervelli: uno razionale e uno emozio-nale. Sembra che l’inconscio, visualiz-zato da S. Freud, controlli una partenotevole del nostro comportamento.Per Freud era la sessualità (libido) lapremessa per tutti gli obiettivi daraggiungere e schedava la religionecome malattia. C. Jung ha successi-vamente recuperato la religione come

esigenza spirituale affermando:“chiamato o no in causa, Dio sarà pre-sente”. Dio rappresenta per Jung unarchetipo.

Le neuroscienze stanno documentan-do come il cervello si modifichi neltempo perché cambiano i neurotra-smettitori presenti in certe aree; sem-bra che la quinta decade di vita rap-presenti la linea di demarcazione trail dedicarsi alla sessualità o alla spiri-tualità. I sacerdoti sono propensi adusare la logica per giustificare e perspiegare i principi cui fanno riferi-mento. Forse il risultato più famosoappartiene ad Anselmo con la provaontologica.

Per me l’etichetta più interessantedata a Dio è di Luigi Malerba (Che ver-gogna scrivere, 1996): “il primo di tut-ti i fantasmi”. La logica, raggiunti cer-ti livelli di complessità, non è in gra-do di decidere se un’asserzione siavera o falsa. La dimostrazione di que-sti limiti appartiene a Gödel. C’è dachiedersi se il livello di complessitàraggiunto dalla religione sia compati-bile con i valori di verità che possonoessere definiti dalla logica.

Quando ci si relaziona, se si usanoesempi, il più accreditato in questadiatriba è: “per chi crede non servonospiegazioni; per chi non crede non cisono spiegazioni sufficienti”. S. Kier-kegaard scrisse un libro dal titolo Autaut. Significa che ogni scelta implicauna rinuncia perché esclude tutte lealtre equivalenti alternative possibili.

Mario Benini, Brescia

� Successo!

Egregi Signori,

Per caso avevo scoperto il vostro sitointernet. Vi faccio i complimenti perla chiarezza, la precisione e l’autore-volezza delle informazioni riportate.Tutto ciò mi ha permesso di renderegiustizia a un desiderio che covavo dauna trentina d’anni almeno; da quan-do, cioè, ero obbligato da mia madrea frequentare la parrocchia vicino acasa mia a Milano. Ecco: per me è sta-ta anche una sorte di “rivalsa” allaviolenza subita da piccolo di essere“inquadrato” nell’esercito dei “fedelicattolici”, pur non essendo mai statosfiorato dal dubbio che stessi facen-do qualcosa di coerente con la miapersonalità e le mie idee.

Seguendo le vostre indicazioni, ho ri-chiesto alla Curia di Savona di anno-tare sul registro dei battezzati la miaespressa volontà di non fare più par-te della Chiesa Cattolica. E in pochigiorni è arrivata l’agognata raccoman-data di risposta, in cui, fra espressio-ni in perfetto burocratichese (eh sì: fa-cevo parte anch’io di un “Apparat”) evelati avvertimenti in cui mi si comu-nicava l’esclusione dal camposanto ameno che non mi fossi pentito pertempo (che mi buttino in una discari-ca! Va bene lo stesso), mi si confer-mava l’avvenuta trascrizione.

Non sono ateo, bensì agnostico. Madi una cosa sono certo: mai imporròai miei figli ciò che i miei genitori im-posero a me. Quando avranno la ma-turità e la ragione per scegliere, se-guiranno la loro via religiosa, se vor-ranno farlo. Altrimenti va bene lostesso.

Grazie. Grazie di avermi fatto final-mente sentire un uomo libero e coe-rente fino in fondo.

Ing. Bruno de GiustiAlbissola Marina

� Per i Lettori de L’Ateo

Riceviamo dai nostri Lettori una granquantità di lettere con suggerimenti,critiche, elogi, segnalazioni d’errori,opinioni personali e quant’altro, e rin-graziamo tutti perché contribuisconocosì – in modo determinante – sia amigliorare il nostro periodico al qualesiamo senz’altro molto legati ed affe-zionati sia dandoci la percezione di ciòche è recepito dai nostri associati edall’opinione pubblica in generale.Purtroppo, c’è impossibile – anche selo vorremmo – rispondere a tutti, spe-cialmente a coloro che non utilizzanol’E-mail, che non ci forniscono alcunnumero di telefono e che ci scrivonoa mano le loro lettere, spesso con gra-fia indecisa e per noi quasi incom-prensibile. Vincolati poi da problemidi spazio, pubblichiamo solo le lette-re che riteniamo d’interesse generalee, talvolta, anche le nostre risposte.Ci scusiamo con i nostri Lettori se nonpossiamo essere più efficienti, ma ab-biamo fiducia nella loro comprensio-ne e nella loro indispensabile collabo-razione. Dalla Redazione, un grazie edun cordiale saluto a tutti,

Baldo Conti, [email protected]

Page 39: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

39n. 3/2004 (32)

RECAPITI DI CIRCOLI

FIRENZE (Baldo Conti)Tel. / Segr. / Fax 055.711156

[email protected]

GENOVA (Silvano Vergoli)Tel. 0185.384791

[email protected]

LECCE (Giacomo Grippa)Tel. [email protected]

MILANO (Mitti Binda)Tel. 02.2367763

[email protected]

MODENA (Enrico Matacena)Tel. 059.767268

[email protected]

NAPOLI (Calogero Martorana)Tel. 081.291132

[email protected]

PADOVA (Alessandro Patruno)Tel. 349.5895524

[email protected]

PALERMO (Rocco Chinnici)Tel. 091.6409716 – 329.9451267

[email protected]

PERUGIA (Maurizio Magnani)Tel. 0742.98829

[email protected]

REGGIO EMILIA (Loris Vivi)Tel. 0522.856484

[email protected]

ROMA (Francesco Saverio Paoletti)Tel. 340.6221060 – Fax 06.233214874

[email protected]

TORINO (Giuseppe Arlotta)Tel. 011.4334227

[email protected]

TRENTO (Romano Oss)Tel. / Fax [email protected]

TREVISO (Mario Ruffin)Tel. 0422.56378 – 348.2603978

[email protected]

UDINE (Luigi Feruglio)Tel. [email protected]

VENEZIA (Attilio Valier)Tel. / Segr. [email protected]

VERONA (Silvio Manzati)Tel. 045.597220

[email protected]

ISCRIZIONE ALL’UAAR

L’iscrizione è per anno solare (cioèscade il 31 dicembre). Quando la fi-ne dell’anno è vicina è quindi consi-gliabile iscriversi per almeno due an-ni.

La quota di iscrizione comprendeanche l’abbonamento a L’Ateo. Lequote minime sono:

Socio 1 anno 2 anni 3 anniOrdinario € 17 € 32 € 45Sostenitore € 50 € 100 € 150Benemerito € 100 € 200 € 300

A norma di statuto, il socio ha dirittodi prendere visione dell’elenco dei so-ci.

ABBONAMENTO A L’ATEO

Ci si può abbonare a L’Ateo per uno,due o tre anni. L’abbonamento decor-re dal primo numero utile.

1 anno 5 numeri € 102 anni 10 numeri € 183 anni 15 numeri € 24

ARRETRATI DE L’ATEO

Gli arretrati sono in vendita a € 3,60l’uno. Per il pagamento attenderel’arrivo degli arretrati.

PAGAMENTI

Si effettuano sul conto corrente po-stale 15906357 intestato a: UAAR – C.P. 749 – 35100 Padova.

PER CONTATTARCI

UAARC.P. 749 - 35100 Padova (PD)

soci&[email protected]. 349.4511612

ATTENZIONE

Per ogni versamento è necessariospecificare chiaramente la causalee l’indirizzo completo di CAP.

Vi preghiamo inoltre di comunicarciun indirizzo e-mail, o un numero ditelefono, per potervi contattare in ca-so di necessità.

www.uaar.itIl sito internet più completo su ateismo e laicismo

Vuoi essere aggiornato mensilmente su quello che fa l’UAAR? Sottoscrivi la

NEWSLETTER

Vuoi discutere con gli altri soci dell’attività dell’UAAR? Iscriviti alla

MAILING LIST [UAAR]

Vuoi discutere con altre persone di ateismo? Iscriviti alla

MAILING LIST [ATEISMO]

Vuoi conoscere i tuoi diritti? Consulta la sezione

PER LA LAICITÀ DELLO STATO

Vuoi leggere ogni giorno notizie su ateismo e laicismo? Sfoglia le

ULTIMISSIME

UAARUAAR - C.P. 749 - 35100 Padova

E-mail [email protected] Internet www.uaar.it

Tel. / Segr. / Fax 049.8762305

SEGRETARIOGiorgio Villella

Tel. / Segr. / Fax [email protected]

COMITATO DI PRESIDENZALaura Balbo

Margherita HackPiergiorgio Odifreddi

Pietro OmodeoFloriano PapiValerio PocarEmilio RosiniSergio Staino

Page 40: Bimestrale dell’UAAR n. 3/2004 (32)

40 n. 3/2004 (32)

L’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, èl’unica associazione italiana di atei e di agnostici ed è com-pletamente indipendente da forze politiche o da gruppi dipressione di qualsiasi genere. Essa si è costituita di fatto nel 1987 e legalmente nel 1991.

Scopi generalidall’articolo 2 dello Statuto

a) promozione della conoscenza delle teorie atee e agnosti-che e di ogni concezione razionale del mondo, della vita edell’uomo;b) sostegno alle istanze pluralistiche nella divulgazione dellediverse concezioni del mondo e nel confronto fra di esse, op-ponendosi all’intolleranza, alla discriminazione e alla preva-ricazione;c) superamento del principio della libertà di religione in fa-vore del principio del pari trattamento da parte degli Stati edelle loro articolazioni di tutte le scelte filosofiche e conce-zioni del mondo, comprese ovviamente quelle non religiose.d) riaffermazione, nella concreta situazione italiana, dellacompleta laicità dello Stato lottando contro le discriminazio-ni giuridiche e di fatto, aperte e subdole, contro atei ed agno-stici, pretendendo l’abolizione di ogni privilegio accordatoalla religione cattolica e promuovendo la stessa abrogazionedell’articolo 7 della Costituzione che fa propri i Patti latera-nensi fra Stato italiano e Vaticano.

Come si qualifica

L’UAAR si qualifica sul piano filosofico. Essa si propone di ri-unire le persone che hanno fatto una scelta di tipo ateo oagnostico; una scelta, cioè, che nega o pone in dubbio l’esi-stenza di ogni forma di divinità e di entità soprannaturale.L’aggettivo razionalisti, riferito sia agli atei che agli agnosti-ci, intende esprimere anzitutto la fiducia nella ragione comemezzo di comprensione della realtà e funge da radicale di-scriminante nei confronti dell’irrazionalismo, ivi compresoquello di natura non religiosa.Il nostro obiettivo strategico è quello di ottenere l’elimina-zione di ogni intrusione dello Stato in materia di scelte filo-sofiche personali, per consentire ai cittadini con diverse con-cezioni del mondo di convivere in un quadro di civile plurali-smo e di rispetto reciproco delle scelte individuali.L’UAAR dice basta all’invadenza, nella politica e nelle leggidello Stato, della Chiesa cattolica che, anche attraverso par-titi da essa ispirati o facendo leva sul servilismo dei governie delle istituzioni pubbliche, cerca di imporre a tutti i cittadi-ni i valori che sono propri dei cattolici quali la sessuofobia, lasudditanza della donna, l’accettazione della condizione dipovertà, la ghettizzazione dei bambini nella scuola in basealla religione dei genitori, la celebrazione dei propri fasti aspese delle amministrazioni pubbliche.L’UAAR intende far emergere l’esistenza di una quota dellapopolazione italiana atea e agnostica, che è consistente e increscita, e che ha diritto di interloquire con lo stato, al paridelle confessioni religiose, in particolare di quella cattolica,su morale, istruzione, bioetica, unioni di fatto, contraccezio-ne, aborto, eutanasia, e così via.

Promuove quindi una concezione della vita basata su valoriesclusivamente umani e un’etica fondata sulle responsabili-tà individuali e sul rispetto reciproco.

Attività

Le iniziative dell’UAAR, organizzate dal Comitato di Coor-dinamento nazionale e dai Circoli locali, consistono in: di-battiti, conferenze, manifestazioni, azioni legali per la dife-sa della laicità dello Stato, per il riconoscimento giuridicodelle associazioni filosofiche non confessionali e per assicu-rare ai cittadini atei e agnostici gli stessi diritti assicurati aicittadini credenti.L’UAAR ha tenuto congressi nazionali a Venezia nel 1992, aBologna nel 1995, a Trento nel 1998 e a Firenze nel 2001.

Rivista

L’UAAR manda ai suoi soci la rivista bimestrale L’Ateo, invendita nelle librerie Feltrinelli a € 2,80, e la si può avereanche per abbonamento. Tel. / fax 055.711156; e-mail [email protected].

Sito Internet

L’UAAR ha un proprio Sito Internet, www.uaar.it, frequen-temente aggiornato, dove si possono trovare notizie sul-l’associazione, articoli, documenti, riferimenti a siti di altreassociazioni, istruzioni per far valere i propri diritti e com-battere gli abusi della “religione di stato”. Si possono an-che trovare le istruzioni per iscriversi alla mailing-list [uaar],riservata ai soli soci, e alla mailing-list [ateismo] e allanews-letter mensile aperte a tutti.

Collegamenti internazionali

L’UAAR è in contatto con organizzazioni analoghe in tuttoil mondo. In particolare è membro associato delle seguentiassociazioni internazionali:L’IHEU (International Humanist and Ethical Union), con se-de a Londra, è la maggiore confederazione di associazionidi ispirazione laica e aconfessionale, comprende oggi circa100 organizzazioni in 35 stati di tutti i continenti ed è con-sulente ufficiale dell’ONU, dell’UNESCO, dell’UNICEF, delConsiglio d’Europa e dell’Unione europea.La FHE (Fédération Humaniste Européenne), con sede aBruxelles, raggruppa le associazioni laiche dei paesi mem-bri dell’Unione europea e dei paesi che non ne sono mem-bri. Partecipa a varie istanze in seno all’Unione europea eha contatti regolari con il Consiglio d’Europa di Strasburgo.Durante i lavori della Convenzione che ha elaborato il pro-getto di trattato costituzionale europeo, ha lanciato unacampagna volta ad abolire i privilegi riconosciuti alle chieseed a favorire l’uguale trattamento fra cittadini religiosi ecittadini liberi da ogni religione. In queste occasioni anchel’UAAR ha potuto far sentire la sua voce, soprattutto attra-verso un membro del comitato di coordinamento, che è di-ventato vicepresidente della FHE.

Membro associato dell’IHEU – International Humanist & Ethical Union

UAAR