Biblioteca di via Senato · MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO IX – N.12/89 – MILANO, DICEMBRE...

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n. 12 – dicembre 2017 la Biblioteca di via Senato Milano mensile, anno ix Martin Lutero tra forma ed evento di giovanni puglisi Requiem per Martin Lutero di claudio bonvecchio Martin Lutero e la mistica medievale di marco vannini La pala di Wittenberg e la teologia luterana di silvana nitti Martin Lutero e i Discorsi a tavola di gianluca montinaro Fichte lettore della Riforma protestante di diego fusaro Lutero e alcune storie sociologiche di carlo gambescia Martin Lutero e l’obbedienza al potere di teodoro klitsche de la grange ‘Edizioni contro’: fra Erasmo e Lutero di antonio castronuovo Esuli di religione: Olimpia Fulvia Morata di lucia felici Lutero, Bruno e Pomponio Algieri di guido del giudice El Summario de la Sancta Scriptura di ugo rozzo Johann Eberlin polemista luterano di lorenzo di lenardo La “Libreria Religiosa Guicciardini” di giancarlo petrella Giuseppe Rensi e Andrea Emo di giovanni sessa La “Libreria Religiosa di via Senato” di giancarlo petrella ISSN 2036-1394 SPECIALE V CENTENARIO “95 TESI” (1517–2017)

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n. 12 – dicembre 2017

la Biblioteca di via SenatoMilanomensile, anno ix

Martin Lutero tra forma ed eventodi giovanni puglisi

Requiem per Martin Luterodi claudio bonvecchio

Martin Lutero e la mistica medievaledi marco vannini

La pala di Wittenberg e la teologia luteranadi silvana nitti

Martin Lutero e i Discorsi a tavoladi gianluca montinaro

Fichte lettore della Riforma protestantedi diego fusaro

Lutero e alcune storie sociologichedi carlo gambescia

Martin Lutero e l’obbedienza al poteredi teodoro klitsche de la grange

‘Edizioni contro’: fra Erasmo e Luterodi antonio castronuovo

Esuli di religione: Olimpia Fulvia Moratadi lucia felici

Lutero, Bruno e Pomponio Algieridi guido del giudice

El Summario de la Sancta Scripturadi ugo rozzo

Johann Eberlin polemista luteranodi lorenzo di lenardo

La “Libreria ReligiosaGuicciardini” di giancarlo petrella

Giuseppe Rensi e Andrea Emodi giovanni sessa

La “Libreria Religiosa di via Senato”di giancarlo petrella IS

SN 2

036-

1394

SPECIALE V CENTENARIO “95 TESI” (1517–2017)

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MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO IX – N.12/89 – MILANO, DICEMBRE 2017

la Biblioteca di via Senato – Milano

Sommario S P E C I A L E V C E N T E N A R I O 9 5 T E S I

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MARTIN LUTERO TRA FORMA ED EVENTOLa dottrina e la gerarchiadi Giovanni Puglisi

REQUIEM PER MARTIN LUTEROLa fine dell’universalismo e l’affermazione dell’Iodi Claudio Bonvecchio

MARTIN LUTERO E LA MISTICA MEDIEVALEFra teologia e veritàdi Marco Vannini

LA PALA DI WITTENBERG E LA TEOLOGIA LUTERANALutero e Lucas Cranachdi Silvana Nitti

MARTIN LUTERO E I DISCORSI A TAVOLAFra storia e agiografiadi Gianluca Montinaro

FICHTE LETTORE DELLARIFORMA PROTESTANTEFra razionalità e spiritualitàdi Diego Fusaro

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56

62

70

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LUTERO E ALCUNE STORIE SOCIOLOGICHECroce, Gobetti e gli ‘altri’di Carlo Gambescia

MARTIN LUTERO E L’OBBEDIENZA AL POTEREIl problema della sovranitàdi Teodoro Klitsche de la Grange

‘EDIZIONI CONTRO’: FRA ERASMO E LUTEROOpposte volontà in stampadi Antonio Castronuovo

ESULI DI RELIGIONE:OLIMPIA FULVIA MORATAPer seguir l’Evangelodi Lucia Felici

LUTERO, BRUNO E POMPONIO ALGIERIIl mostro e l’eroedi Guido del Giudice

EL SUMMARIO DE LA SANCTA SCRIPTURAVicende di un libro ‘eretico’di Ugo Rozzo

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JOHANN EBERLIN POLEMISTA LUTERANOTesori alla Biblioteca Valdese di Torre Pellice di Lorenzo Di Lenardo

LA “LIBRERIA RELIGIOSAGUICCIARDINI” La Riforma alla Biblioteca Nazionale di Firenze di Giancarlo Petrella

GIUSEPPE RENSI E ANDREA EMOFilosofia e Protestantesimodi Giovanni Sessa

LA “LIBRERIA RELIGIOSA DI VIA SENATO”Catalogo delle edizioni dei secoli XVI-XVIIIdi Giancarlo Petrella

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

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Biblioteca di via Senato

Via Senato 14 - 20121 MilanoTel. 02 76215318 - Fax 02 [email protected]@bibliotecadiviasenato.itwww.bibliotecadiviasenato.it

PresidenteMarcello Dell’Utri

Direttore responsabileGianluca Montinaro

Coordinamento pubblicitàMargherita Savarese

Progetto graficoElena Buffa

Servizi GeneraliGaudio Saracino

Fotolito e stampaGalli Thierry, Milano

Immagine di copertinaLucas Cranach il Vecchio (1472-1553),Il giovane Lutero, Norimberga,Germanisches Nationalmuseum. In questo dipinto il Riformatore è ritratto in abito da monacoagostiniano, ma senza tonsura

Stampato in Italia© 2017 – Biblioteca di via SenatoEdizioni – Tutti i diritti riservati

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La vicenda pubblica di Martin Lutero -iniziata quel 31 ottobre 1517 conl’affissione delle 95 Tesi sulla porta della

Schlosskirche di Wittenberg (evento del quale,quest’anno, ricorre il V centenario) - è stata unagrande ‘battaglia’. Una battaglia intellettuale,senza soldati e senza spargimenti di sangue,combattuta a colpi di pubbliche dispute, libelli,dissertazioni e scritti. Probabilmente se i suoiavversari iniziali (in particolare il predicatoreJohann Tetzel) non avessero risposto in modopolemico agli argomenti esposti da Lutero, laquestione si sarebbe risolta entro i termini di unanormale disputa fra ordini religiosi (e, daprincipio, proprio in questi termini la vicendavenne recepita da Roma). Ma le parole virulentedei suoi oppositori stuzzicarono il temperamentoimpetuoso di Lutero il quale, irrigiditosi nelleproprie posizioni, iniziò a pubblicare, in tempirapidissimi, un opuscolo dietro l’altro, passandopresto da toni difensivi a un attacco a largoraggio che, inevitabilmente, finì con ilcoinvolgere la Curia romana e lo stesso pontefice(accusato di «pervertire la Sacra Scrittura»).

Che piega abbia assunto la vicenda è noto.Così come lo sono i termini, sempre più

incendiari, utilizzati da Lutero, ormairadicalizzato in uno scontro a tutto campo con laChiesa cattolica. Ma ciò che preme quisottolineare è come il Riformatore sia statoampiamente favorito nella sua battaglia da un‘mezzo’ che da poco aveva visto la luce: lastampa. Senza quest’ultima le idee del frate diWittenberg avrebbe fatto molta più fatica aespandersi e ad attecchire. In più, senza‘l’invenzione di Gutenberg’, non solo l’azione diLutero non sarebbe stata così incisiva ma sarebbeproprio venuto meno uno dei pilastri su cui siregge la Riforma: il libero accesso da parte dellacomunità dei credenti alla Bibbia. Sono state leinfinite possibilità della stampa a spingere Luteroalla traduzione in tedesco dei testi sacri, nellaconsapevolezza che il ‘Libro’ avrebbe potutocircolare con molta più facilità. Nei propri scrittiLutero rende grazie al Signore dei tanti donielargiti all’uomo: ma per il Riformatore il «piùgrande di tutti è la tipografia. Mediante essa,infatti, Dio ha voluto far conoscere a tutto ilmondo le vicende della vera religione ecomunicarle in tutte le lingue. La stampa è certol’ultima fiamma inestinguibile del mondo».

Gianluca Montinaro

Editoriale

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 5

suetudini, lo iato tra ortodossia ed eresia possa ap-parire colmabile e derivi spesso più dall’indisponi-bilità al dialogo, che non dal rigore filologicodell’ortodossia ermeneutica. La ‘rivoluzione pasto-rale’ di Papa Bergoglio, infatti, è oggi - 500 annidopo Lutero - la migliore dimostrazione della ri-cerca costante del dialogo e della opportunità di ade-guamento della dottrina alle mutazioni culturali delproprio tempo, senza comunque mettere in crisi ilprincipio di autorità e le fonti dottrinali. Se Luterofosse vissuto oggi di certo molte ‘cause prossime’della sua ‘rivolta’ non avrebbero avuto ragion d’es-sere, ma soprattutto molta ‘incomunicabilità’ dottri-nale si sarebbe sfumata nelle diatribe dialettiche siaufficiali, che informali: probabilmente e utilmentelo scontro dottrinale non si sarebbe intrecciato coni contrasti politici, mescolando drammaticamente,da una parte e dall’altra, sacro e profano.

Se Lutero fosse vissuto ai nostri giorni, forsenon avremmo avuto la Chiesa protestante: èquesta una conclusione apparentemente ba-

nale, ma - a mio avviso - carica di significati e su-scettibile di stimolanti riflessioni. Lutero e la sua‘dottrina’ portano il peso, ma anche il valore del-l’ineluttabilità della Storia.

�La Chiesa cattolica e le sue caratteristiche teo-

logiche e dottrinali erano segnate, in pieno Cinque-cento, da una centralità e da una rigidità dommaticaassolutamente sconosciute ai giorni nostri. Anzi, lerecenti aperture culturali e dottrinali di Papa Fran-cesco - come ha mostrato anche la sua presenza allecelebrazioni luterane in Svezia per i 500 anni dellapubblicazione delle Tesi di Martin Lutero - mostranocome, in molti ambiti, tra dottrina, costume e con-

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Nella pagina accanto: Lucas Cranach il Vecchio

(1472-1553), Martin Lutero (1528), Coburgo, Museo della

Fortezza. Le caratteristiche e le fattezze del Riformatore

di questo dipinto, riprodotto nella bottega di Cranach, di

volta in volta con alcune varianti, in più di mille esemplari,

sono rimaste sostanzialmente invariate in tutta la

successiva ritrattistica di Lutero. A destra: Lutero scrive le

sue Tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg

(stampa celebrativa, eseguita nel 1617, in occasione del

primo centenario della Riforma)

MARTIN LUTERO TRA FORMA ED EVENTO

La dottrina e la gerarchia

GIOVANNI PUGLISI

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Senza volere trarre conclusioni tanto precipi-tose, quanto errate, non c’è dubbio che la violenzadella diatriba dottrinaria e la crescente divarica-zione delle posizioni teologiche, così come ci vieneraccontata dalla Storia e dalle ‘carte’, oggi appareimputabile maggiormente a scontri di personalità,piuttosto che a incolmabili - almeno all’inizio - di-stanze dottrinali. A riprova di questa crescente in-comprensione ‘politica’, mascherata da scontrodottrinale e in parte teologico, sta anche la purcontroversa figura di Erasmo da Rotterdam, ilquale, affascinato in un primo momento dalla per-sonalità e dalle idee di Lutero, lo sostenne, o forsepiù esattamente non lo avversò - ed Erasmo in queltempo era giustamente quello che oggi si direbbeun maître à penser molto ascoltato sia nelle corti eu-ropee sia a Roma. Erasmo restò ‘filosoficamente’vicino a Lutero fino alla radicalizzazione delle po-sizioni dottrinali, che lo indussero a prenderne confermezza le distanze con il celeberrimo De liberoarbitrio del 1524 - a cui lo stesso Lutero risposel’anno dopo con il De servo arbitrio - e restare così,pur sempre con atteggiamento criticamente sof-

6 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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ferto, nell’alveo della Chiesa di Roma.L’ineluttabilità della Storia sta però anche a

valle della scelta luterana di dare vita a una Chiesaevangelica, fuori da quella di Roma. Se, infatti, loscisma luterano, nel nostro tempo, forse, si sarebbepotuto evitare, diventando una violenta diatribateologico-dommatica, come altre ne abbiamo vistoe vissuto, oggi la Chiesa della Riforma, meglio con-notata come evangelica o luterana, pur nelle suemolteplici formazioni ecclesiali, è una realtà, a mioavviso, probabilmente irreversibile.

�La distanza dottrinale tra le due Chiese, ro-

mana e luterana, di certo appare oggi meno incol-mabile di mezzo millennio addietro: la giàricordata presenza di Papa Francesco a Lund in

Svezia il 31 ottobre del 2016, in occasione della“Commemorazione Congiunta cattolico-luterana dellaRiforma” - come fu diplomaticamente definita nelcomunicato ufficiale - è stata infatti una palese‘mano tesa’ da entrambe le parti in questa dire-zione. La conflittualità storica e strutturale tra ledue Chiese, però, è ormai tanto radicalizzata nel-l’organizzazione gerarchica e popolare che apparequasi insormontabile qualunque tempestiva possi-bilità di recuperare lo iato tra due gerarchie. Se idati che si leggono hanno un qualche fondamento,il processo di riunificazione ecclesiale tra tutte lediverse confessioni cristiane, al quale lavorano dapiù di cinquant’anni i Papi di Roma, avrà tempi bi-blici, se mai arriverà a conclusione. Si legge di 700milioni di protestanti sparsi per il mondo, organiz-zati in circa 33 mila ‘chiese’ più o meno separate,

Nella pagina accanto, dall’alto: Ferdinand Pauwels (1830-1904), Lutero affigge le 95 Tesi sulla porta della chiesa del castello

di Wittenberg (1872), Eisenach, Wartburg; il patto di Lutero con Lucifero, suggellato dalle mani di entrambi sulla Bibbia,

mentre un altro diavolo suggerisce all’orecchio del Riformatore (caricatura da un opuscolo tedesco del 1535, intitolato:

Luthers und Lutzifers eintrechtige vereinigung). Qui sopra: Papa Leone X, Johannes Eck (grande avversario di Lutero) e

altri teologi cattolici rappresentati come animali, in una xilografia tedesca del 1520

7dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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oltre ai luterani: tutte realtà solidamente strutturatee orgogliosamente indipendenti l’una dall’altra,come nei casi degli anglicani, degli evangelisti, deicalvinisti, dei metodisti e così via.

L’evento luterano di 500 anni addietro si è sto-ricizzato nella forma strutturale della sua organiz-zazione ecclesiale, per richiamare una felice diadeermeneutico-categoriale codificata dal filosofo e fi-lologo Carlo Diano. L’evento, ovvero Lutero, il suoscisma, segnano l’irruenza emotivo-accidentaledell’accadimento con le 95 Tesi, manifesto del mo-vimento ed entrano, hic et nuc, nella fluidità dellaquotidianità di quel momento storico; la forma,ipostasi razionale di quell’accadimento, segna la suairreversibilità strutturale nel tempo e quindi l’ine-luttabilità della ‘sua’ Storia: il tempo-matematicodella quotidianità si annulla nel tempo-durata dellasua storicizzazione.

�Cinquecento anni dopo, dell’evento Lutero ri-

mangono solo le passioni umane e le irruenze ca-ratteriali dell’intransigente professore di esegesibiblica, mentre della forma Lutero rimane, con tuttoil peso politico e il ruolo dottrinale della sua soli-dità storica e popolare, la Chiesa protestante di ierie di oggi.

Chissà se l’odierno evento Jorge Mario Bergo-glio riuscirà mai a diventare la forma Papa Francescoper la Chiesa del Terzo Millennio? Questo e soloquesto potrà fare la differenza tra le 95 Tesi pubbli-cate sulla porta della chiesa del castello di Witten-berg il 31 ottobre 1517 da Martin Lutero e laChiesa protestante di oggi. E, probabilmente, pertutta la futura Chiesa Cattolica Romana.

A sinistra dall’alto: il papa di Roma, rappresentato nelle

vesti di diavolo (incisione anonima, fine del XV secolo);

Papa Francesco, in occasione della Commemorazione

Congiunta cattolico-luterana della Riforma (Svezia, Lund,

31 ottobre 2016)

8 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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Crescere è un gioco bellissimo!

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Da oltre 50 anni siamo vicini ai bambini per aiutarli a crescere “Perché non bisognerebbe mai smettere di giocare, specialmente quando si diventa grandi”

Mario Clementoni

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anche ipotizzare - ed è la consi-derazione di maggior rilievo -che non sarebbe venuto menol’universalismo che facevadell’Europa, sotto l’egida dellareligione cattolica, una unica,grande, realtà spirituale. Infatti,malgrado le numerose differen-ze che la connotavano in ognicampo, l’Europa era un conti-nente in cui ciascuno adorava lostesso Dio, parlava la stessa lin-gua (il latino), aveva il medesimoapparato simbolico, pregava nelmedesimo modo e si nutriva de-gli stessi ideali. Era caratterizza-to, insomma, da una culturacoesa in tutti campi dello scibile,

dell’arte, dell’architettura, della musica, della me-dicina e della teologia.

Avere infranto questa unità - o comunqueavere iniziato il processo della sua disgregazione -è, indubbiamente la colpa maggiore che si può im-putare a Lutero: indipendentemente dalle moti-vazioni (anche giuste e comprensibili) che l’hannoradicalizzato in un irremovibile rifiuto di ognicompromesso. Significativa, in proposito, è la ce-lebre frase da lui pronunciata al cospetto di CarloV alla Dieta di Worms: «Hier stehe ich und kannnicht anders! Gott helfe mir, Amen!» («Qui sto

Notoriamente, la storianon si fa con i ‘se’ econ i ‘ma’. E immagi-

nare cosa sarebbe avvenuto se ilcorso degli eventi fosse stato di-verso non è di grande aiuto percomprendere ciò che è avvenutonel passato, ciò che avviene nelpresente e ciò che avverrà in fu-turo. Di certo, però, si può affer-mare - in occasione del quintocentenario dell’affissione sulportale della chiesa di Witten-berg delle 95 Tesi - che se Luteronon fosse esistito, la storia del-l’Europa (e, forse, del mondo)avrebbe preso ben altra e mi-gliore piega. Ci sarebbero, sicu-ramente, state meno guerre, meno persecuzioni,meno violenze e meno morti innocenti. Ma si può

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: Lutero, il 31 ottobre 1517, affigge le 95 Tesi sulla

porta della chiesa del castello di Wittenberg (incisione

inglese del XIX secolo). Nella pagina accanto: Anton von

Werner (1843-1915), Lutero alla dieta di Worms (1877),

Stoccarda, Staatsgalerie. Il dipinto, di impostazione

storicista, ritrae Lutero di fronte al cardinale Gaetano, in

occasione della dieta imperiale di Worms del 1521. Fu in

quest’occasione che il Riformatore pronunciò la celebre

frase: «Qui sto fermo e null’altro posso fare. Che Dio mi

aiuti, Amen!»

REQUIEMPER MARTIN LUTEROLa fine dell’universalismo e l’affermazione dell’Io

CLAUDIO BONVECCHIO

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fermo e null’altro posso fare. Che Dio mi aiuti,Amen!»).

Affermare questa responsabilità di Lutero si-gnifica, oggi, infrangere il ‘politicamente corretto’che vede in lui una sorta di nume tutelare dell’Eu-ropa o, persino, una specie di pseudo-santo. Come

molta parte del mondo cattolico auspica: in nomedell’ecumenismo e, più prosaicamente, del ritornodel Protestantesimo alla Chiesa di Roma. A tal fi-ne, si afferma - a discolpa di Lutero - che in Luiavesse la prevalenza l’amor Dei a fronte dei nume-rosi comportamenti scandalosi di cui era colpevolela Chiesa di Roma, i suoi vescovi, il suo clero, i suoimonaci: di cui, per altro, Lutero faceva parte.

Ma gli scandali della Chiesa Romana, la pro-tervia ecclesiastica, la ricerca dei piaceri mondani,la lontananza da una genuina spiritualità, la cupi-digia e l’intolleranza - da cui non sarà estraneoneppure il Luteranesimo e il Protestantesimo, intutte le loro declinazioni - non erano, certo, unanovità. Illustri personaggi del Cattolicesimo - daMeister Eckhart, a Bernardo di Chiaravalle, aFrancesco d’Assisi, a Ildegarda di Bingen, solo percitarne alcuni - non avevano mancato di denun-ciarlo a chiare lettere, auspicando (e realizzando)

12 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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da con una caparbietà e una sicurezza del tuttoestranea ai grandi riformatori cattolici che l’aveva-no preceduto o erano a lui coevi: come Erasmo daRotterdam o Thomas Moore, e molti altri ancora.

Certo, in questo suo atteggiamento, un ruolorilevante giocava la nascente borghesia: come hamostrato Max Weber con il suo memorabile stu-dio sull’etica protestante e lo spirito del Capitali-smo. Infatti, l’etica protestante, originatasi dal Lu-teranesimo, individuava (più o meno consciamen-te) nella Chiesa Cattolica e nelle sue rigide regole(soprattutto in campo economico e sociale) un

riforme in grado di porvi rimedio. Ma mai aveva-no, neppur lontanamente, pensato di rompere illegame universale che faceva della Chiesa di Romala depositaria della Tradizione cristiana, l’erededella cultura classica e dell’imperialità romana. Eavevano ottenuto, pazientemente, risultati consi-derevoli e duraturi: come insegna la storia.

�Viene, allora, spontaneo chiedersi perché mai

Lutero non abbia seguito questi straordinariesempi. E abbia, invece, continuato sulla sua stra-

Sopra: Lutero alla dieta di Worms. Di fronte a lui l’imperatore Carlo V, attorniato dai principi elettori (incisione

acquerellata, 1557). Nella pagina accanto, in senso orario, dal basso: bottega di Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553),

Martin Lutero (1530 ca.), Wittenberg, Museo della città; Hans Holbein il Giovane (1497-1543), Erasmo da Rotterdam,

Parigi, Museo del Louvre; Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Il giovane Lutero, Norimberga, Germanisches

Nationalmuseum. In questo dipinto il Riformatore è ritratto in abito da monaco agostiniano, ma senza tonsura

13dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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ostacolo da rimuovere: in funzione della sua asce-sa. In questa prospettiva, si potrebbe affermare,sinteticamente, che Lutero ha ‘aperto le porte’ allospirito borghese individualista, fondato sul sog-getto e sulla sua affermazione. Affermazione per-sonale che diventerà in Lutero, e poi nei luterani enei protestanti, in generale, lo scopo primariodell’esistenza e la sua vera realizzazione. Sino alpunto di stabilire - in netta opposizione con la Tra-dizione - un rapporto diretto e senza intermediaricon il divino. Sempre in questa direzione, si mani-festerà l’estraneità a ogni apporto simbolico, a cuifarà da contraltare un razionalismo soggettivistache, a far tempo dal Luteranesimo, sarà la divisadella cultura nord europea e dei suoi abitanti.

�Lo scisma luterano produsse, così, una acce-

lerazione notevole nel processo di secolarizzazio-ne. Il suo rifiuto (pressoché totale) di tutte le formesimboliche che accompagnano la ritualità e la pie-tas religiosa pubblica e privata ebbe, come conse-guenza un radicale deprezzamento del valore co-gnitivo e spirituale del simbolo che, di fatto, venneridotto a semplice segno. Ossia, a qualcosa che na-

sce da una convenzione, da un mero estetismo o dauno status sociale esibito o ostentato: magari comesegno della benevolenza divina. Negare - come èaccaduto - la realtà del simbolo in cui tramite ilmateriale è possibile giungere a un livello spiritua-le (e viceversa) fa dello Spirito niente più che unavariante emotiva della ragione. Inoltre, neutraliz-za quella spinta potente che può innalzare la per-sona, tramite il divino, al livello del Sacro con cuipuò giungere a identificarsi. Il risultato è la costru-zione di una personalità dominata da una schiac-ciante immagine di un divino totalmente distante(il Totalmente Altro) e di un Sacro irraggiungibile.Entrambi acquiscono i caratteri punitivo-paterna-listici di un super-Io freudiano. E, di converso, su-scitano nell’uomo un represso rancore per l’inca-pacità di colmare questa lontananza. Un rancoreche, lentamente, stimolerà un prepotente deside-rio di eliminare questo divino freddo, scostante,lontano e questo Sacro misterioso, problematico eancor più distante. L’eliminazione avverrà svilup-pando - in contrapposizione al divino - la ragione.Essa farà tabula rasa del divino e del Sacro, favo-rendo l’ascesa e il trionfo del nichilismo: il caratte-re pregnante della modernità sostenuto dalla tec-nologia, dominato da un profondo inaridimentodella cultura, segnato dalla privazione delle libertàsostanziali, afflitto dalla povertà dello Spirito econtraddistinto dal primato dell’avere sull’essere.

�Inoltre, la ‘rivoluzione’ luterana - rivalutando

al massimo grado l’aspetto individuale in rapportoal divino - produsse una straordinaria impennatanello sviluppo dell’Io. Se nel passato la già impor-tante presenza dell’Io era condizionata da una se-rie di passaggi intermedi (considerati da Luteropratiche superstiziose) diretti alla realizzazionedel Sé (la Totalità dell’Essere, il Sacro), ora si pen-sa, illusoriamente, il rapporto tra l’Io e il Sé comediretto: senza forme intermedie. Ciò produsse l’il-lusione che l’Io - ogni Io - possa avere un rapporto

Kathe Kollwitz (1867-1945), La Battaglia, incisione n. 5

dal ciclo “Guerra dei contadini”, 1901-1908

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diretto con il Sé. Rapporto che, mancando i gradiintermedi, il sussidio del simbolo e la ricchezza ri-tuale, in realtà, è impossibile e irrealizzabile. L’esi-to è un ripiegamento che produce una abnorme di-latazione dell’Io, che deve trovare fuori di sé uncontinuo alimento per illudersi di arrivare al sur-rogato di una pienezza (il Sé) che non possiede. Népossiederà mai. Ne viene che, per perseguire que-sto scopo immaginario, l’Io avrà un bisogno spa-smodico della cultura, della politica, della società,dell’economia e di un esasperato consumismo: perconfermare ciò che pensa di valere. Tuttavia, unasimile scelta - unita al già ricordato processo di se-colarizzazione - isterilisce l’Io che, al culmine dellasua parabola, perderà ogni contatto con se stesso,diventando preda del più assoluto annichilimentoconsumista o del ‘male oscuro’ di chi non vive unadimensione spirituale: la depressione.

�Infine, la Riforma - voluta da Lutero - ha

causato, come sua ovvia conseguenza, un irrigidi-mento dottrinario da parte della Chiesa Cattoli-ca. Essa ha, così, precluso ed eliminato tutti queitentativi riformatori che, nel Rinascimento, pro-pugnavano una nuova visione universalistica delmondo e dell’Umanità. Era una visione in cui Mi-crocosmo e Macrocosmo erano strettamente uni-ti e ambivano realizzare la loro unione in un mul-tiversum culturale, sostanzialmente tollerato senon accettato dalla stessa Chiesa. Dopo la Rifor-ma che fu - come mostra la Guerra dei Contadinirepressa con l’avallo di Lutero - un movimentosostanzialmente conservatore, anche la ChiesaCattolica optò per un rigido e rigoroso conserva-torismo: tanto più oscuro e repressivo quantogrande fu il timore di una espansione del Lutera-nesimo prima e, più in generale, del Protestante-simo poi. L’esito fu la perdita di una grande ric-chezza spirituale a fronte di un dilagante confor-mismo comportamentale che, dopo secoli, duratuttora e continuerà a durare.

Ora è evidente che non lecito né corretto ad-dossare a Lutero ogni responsabilità per quelli chesono stati i caratteri salienti della Modernità. Nonsi può, tuttavia, negare che sia stato Lutero l’agen-te primario di quell’incendio psichico che ha lace-rato e diviso le coscienze e la società europea, cheha prodotto il tramonto dell’universalismo e cheha segnato una stasi nello sviluppo della coscienzae della ricerca del Sé. Di questo non si può nonprenderne atto, quantomeno per evitare, in futu-ro, che si continui a procedere - seppure in altraforma - in direzione del rifiuto dell’universalità edei suoi contenuti simbolici e spirituali. Per questomotivo, dovremmo avere il coraggio - certamentedopo averne valutato l’influenza e la portata stori-ca - di dimenticare Lutero.

I contadini sbeffeggiano il papa e le sue bolle di scomunica

(immagine tratta da: M. Lutero, Abbildung des Papsttums –

Ritratto del papato – Wittenberg, Hans Lufft,1545)

15dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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proprio nella mistica, poi com-pletamente rovesciata. Cer-chiamo di vederlo, in breve.1

Da Johannes Staupitz, suosuperiore nell’Ordine agosti-niano, il giovane Lutero fu in-formato sui mistici medievalitedeschi: Giovanni Taulero, lecui opere andavano a stampa inquegli anni, e soprattutto il Li-bretto della vita perfetta, opera diun anonimo francofortese dellafine del XIV secolo.

Dall’«illuminato dottorTaulero, dell’Ordine dei Predi-

catori» (era infatti un domenicano di Strasburgo,discepolo di Eckhart), il Riformatore dichiara diaver appreso cosa fosse l’evangelo, in misura quasipari a quella in cui lo ha appreso da Agostino, e necelebra la dottrina per cui «Tota salus est resigna-tio voluntatis in omnibus, sive spiritualibus sivetemporalibus. Et nuda fides in Deum».2

�Questo elemento dell’abbandono (Gelassen-

heit) in Dio, il quale non può fare a meno di scen-dere nell’anima che ha fatto il vuoto in se stessa,ha indubbiamente affascinato Lutero. Però in luila discesa nell’interiorità è incompiuta, non giungemai in quel ‘fondo dell’anima’ dove nasce il Logos,

Ènota la condanna dellamistica da parte del pro-testantesimo. Esso, in-

fatti, punta tutto sulla Bibbia,pretesa ‘parola di Dio’, che san-cisce la radicale alterità di Diostesso rispetto all’uomo e la im-possibilità da parte della ragioneumana di conoscerLo - o, peggioancora, di unirsi a Lui. Nella mi-stica il protestantesimo vedel’eredità greca, neoplatonica inparticolare, e, dunque, il primatodella ragione, logos umano e di-vino insieme: qualcosa che, aisuoi occhi, costituisce un insopportabile atto di su-perbia e vanifica la venuta e il sacrificio di Cristo.

È altrettanto noto che questa condanna dellamistica, ripetuta fino ai nostri giorni, risalga in ef-fetti a Lutero stesso, che oppose radicalmente Van-gelo (beninteso, il ‘suo’ evangelo) e ragione umanae bollò come «sognatori» (Schwärmer) alcuni mi-stici del suo tempo. Meno nota, però, è la forma-zione mistica di Lutero e l’origine del suo pensiero

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Nella pagina accanto: Martin Lutero e Jan Hus dispensano

la Santa Comunione (xilografia tedesca della prima metà

del XVI secolo). Sopra: Martin Lutero in un’incisione del

XVIII secolo

MARTIN LUTERO E LA MISTICA MEDIEVALE

Fra teologia e verità

MARCO VANNINI

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perché in lui permane sempre illegame all’ego, che si esprimecome legame a Dio e alla sua vo-lontà. Abbandonare anche Dioper Dio, che è l’estremo distaccodall’egoità,3 resta estraneo e in-concepibile al Riformatore, sem-pre legato a una fede comesentimento.

In quanto sempre egoico,appropriativo, il sentimentochiude all’universale, alla verità, ecosì quella fedeltà al Vangelo cheera iniziata con il distacco dalla pretesa di merito pro-prio, si rovescia in una più forte pretesa di valore, ov-vero in un estremo, ipertrofico, rafforzamentodell’egoità.

Ciò è evidente se si prende in esame il testopiù amato dal giovane Lutero, quel Libretto dellavita perfetta che egli stesso fece mettere a stampa

col titolo, polemico verso Roma,di Teologia tedesca. In esso, infatti,si trova l’insegnamento della ri-nuncia a ogni pretesa di merito,e più ancora della rinuncia allapropria volontà, in modo cheabbia fine l’egoità appropriativa,la Eigenschaft, che costituisce ilvecchio Adamo, l’uomo vecchio:è allora che rinasce l’uomonuovo, il Cristo in noi, e ilmondo diventa un paradiso «o,almeno, un suo sobborgo».4

Proprio questa esperienza di rinuncia alla vo-lontà è presente in Lutero, ma diventa in lui unanuova e più potente auto-affermazione, una Eigen-schaft elevata per così dire a potenza. Per questaesaltante scoperta, infatti, l’egoità si gonfia a dismi-sura e così il Cristo che è nato in noi si rovescia inun Adamo peggiore del precedente, pieno di orgo-

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glio luciferino.Nel caso di Lutero, l’esperienza del ‘distacco’

si tramuta così nel preteso ‘possesso’ della verità,la quale perciò deve specificarsi come una teologia:creazione, peccato di Adamo, salvezza in Cristo,ecc. Il Riformatore non riconosce quanto tutto ciòsia proprio, frutto della menzogna primaria che sifa a se stessi, anzi, che ‘si è’ in quanto psiche, auto-affermativa nella sua intima natura. In lui ‘spirito’non è altro che un sentimento, ovvero qualcosa cheappartiene alla psiche, e che solo per ignoranza e/omalizia si può scambiare per una realtà di generediverso da quella.

�Infatti, a differenza della mistica medievale te-

desca, in Lutero non v’è quella esperienza del See-lengrund, del ‘fondo dell’anima’, che è laconoscenza di noi stessi, in quanto psiche tuttacondizionata, non libera, e poi in quanto spirito,intelletto che emerge, distaccato, dal nulla dellopsichismo.

Dalla prigione dell’auto-affermatività psichicanon si esce infatti con una dottrina, ovvero condelle affermazioni di valore che sostituiscano quelleprecedenti, ma solo col riconoscimento che siamosempre entro questa prigione, quando si costruisce,comunque, un ‘sapere’.

Precisamente l’opposto è, dunque, rispetto a

quello di Lutero, l’insegnamento della Teologia te-desca.5 Per esso una sola cosa conta: il distacco dase stessi. Esso non si esercita sulle opere - pre-ghiere, penitenze, ecc. - che rischiano di gonfiarel’egoità, ma sulla propria Eigenschaft, qualsiasiforma essa prenda: ‘salvezza’, ‘regno di Dio’, ‘vo-lontà di Dio’, o che altro.

A destra dall’alto: frontespizio di Eyn deutsch Theologia

(Libretto della vita perfetta), nell’edizione curata da Martin

Lutero, stampata a Wittenberg nel 1523;

la Parola di Dio – la Bibbia – pesa più di tutte le

indulgenze (incisione di area germanica, 1520 circa).

Nella pagina accanto da sinistra in senso orario: Johann

von Staupitz (1530 ca.), ritratto d’autore anonimo

(Salisburgo, Museo della Cattedrale); Martin Lutero, in

abito monacale, mentre spiega la Bibbia (incisione di Lucas

Cranach il Vecchio, 1520); Giovanni Taulero (1300-1361),

in un’incisione di fantasia del XVII secolo

19dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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Infatti l’uomo davvero distaccato sa bene chela Eigenschaft può sempre risorgere, più forte diprima, per cui proprio l’esperienza di distacco puòdiventare estrema affermazione dell’ego. Alloranon si ha più l’«uomo povero» del sermone ec-

khartiano Beati pauperes spiritu, che nulla vuole,nulla ha, nulla è e soprattutto nulla sa,6 ma, al con-trario, un ego ipertrofico, che si sorregge e fa fortecon una teologia.

Una dottrina, un preteso sapere teologico, è

NOTE1 È questo il tema principale del mio

Contro Lutero e il falso evangelo, Lorenzo

de’ Medici Press, Firenze 2017, da cui ri-

prendo alcune righe e cui rimando per

una più ampia esposizione.2 Cfr. G. Taulero, I sermoni, a c. di M.

Vannini, Milano, Paoline, 1997, pp. 90-91.

3 «Prego Dio che mi liberi da Dio» è la

celebre espressione di Eckhart, nel suo

sermone Beati pauperes spiritu. Cfr. in

proposito M. Vannini, Prego Dio che mi li-beri da Dio. La religione come verità ecome menzogna, Milano, Bompiani,

2010.4 Cfr. Anonimo Francofortese, Teolo-

gia tedesca. Libretto della vita perfetta, a

c. di M. Vannini, Milano, Bompiani, 2009

(collana “Testi a fronte”), par. 50, pp. 214-

215.5 Come notava anche B. Moeller (Tau-

ler und Luther, in La mystique rhénane,

Colloque de Strasbourg, 16-19 mai 1961,

Paris, 1963, pp. 157-166), la stima giova-

Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Dannazione e salvezza (1529), Gotha, Museo del Castello. Il dipinto, a carattere

didascalico, ritrae per immagini il pensiero di Lutero su peccato e grazia

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ciò su cui l’egoità si appoggia. Al contrario, la verafede, amore di verità e non amore di se stesso, to-glie via ogni preteso sapere. Liberi dal preteso sa-pere, tutto riconosciuto come fittizio, costruitodalla immaginazione menzognera, si è subito liberianche dall’avere, dal volere, dall’essere, dunque datutta l’egoità, e solo allora appare la luce, che è, incui siamo, che siamo, di cui parla l’Anonimo Fran-cofortese.

�Nella mistica medievale tedesca Dio è l’Uno,

opposto al molteplice, che è la creatura. Occorreche la creaturalità si dissolva nell’Uno, ovvero chel’io si annienti, per far posto a Dio soltanto. Questoconcetto non è affatto biblico: nella Bibbia c’è ilPatto, che implica un rapporto tra due, che duesono e due restano. Nella mistica il peccato èl’egoità stessa: l’io che non si ‘decrea’7 per tornareall’Uno.8 Anche questo non è un concetto biblico,perché nelle Scritture ebraiche non v’è affatto lascomparsa dell’ego, ma la sua relazione con Dio(ovvero, fuori del mito, il potenziamento estremodell’ego stesso).

Per la Teologia tedesca, infatti, la Scrittura nondà conoscenza di Dio, ma solo credenza,9 giacchéla conoscenza di Dio è senza mediazione, per co-munione di essenza e non per estrinseci ‘saperi’.

Infine, tra la Teologia tedesca e Lutero v’è per-fetta antitesi nella qualità della fede, che per il Ri-formatore si fonda sulla categoria dell’extra nos, al

di fuori di noi, mentre per l’Anonimo Francofor-tese tutto si svolge nell’anima, quindi in nobis.

«La nostra teologia è certa - scrive Lutero -perché pone noi fuori di noi», ovvero non è fon-data su noi stessi, sulla forza delle nostre convin-zioni o sul valore delle nostre prestazioni, ma suciò che Dio ha compiuto nella storia di Israele esoprattutto nella persona e nell’opera di Gesù.10

�Quest’ultimo è proprio l’elemento discrimi-

nante. Alla ragione, che scopre che pànta eìso, tuttoè sempre all’interno dell’anima, come dice Plotino,Lutero oppone un preteso extra nos, manovra ipo-crita per porre quel che ci interessa al riparo dellasoggettività, in una presunta oggettività. Qui il teo-logo mostra davvero di essere uno che non ha pas-sato i quattordici anni, come scriveva Hegel,ovvero non è mai diventato adulto, non è mai arri-vato all’autocoscienza, e men che meno a ragionee spirito.

La piena consapevolezza, il riconoscimentoche tutto è nostro, buono o cattivo che sia, è l’operadi chiarificazione compiuta dalla ragione. L’odioper la filosofia e per la mistica, che della filosofiaclassica è l’unica legittima erede,11 è l’odio per laverità, perché mistica e filosofia conducono nelfondo dell’anima, smascherando le finzioni di cuila psiche si pasce. Contrapporre alla ragione la pre-sunta ‘parola di Dio’, è frutto della menzogna -proprio il peccato originale, vorremmo dire.

nile di Lutero nei confronti di Taulero e

della Teologia tedesca è frutto di un

fraintendimento. 6 Cfr. Meister Eckhart, I sermoni, a c.

di M. Vannini, Milano, Paoline, 2002, pp.

388-396.7 Usiamo qui la nozione weiliana di

décreation, per cui cfr. la voce «Decrea-

zione», in S. Weil, L’attesa della verità, a

c. di S. Moser, Milano, Garzanti, 2014, pp.

223-228.8 Cfr. Anonimo Francofortese, Teolo-

gia tedesca. Libretto della vita perfetta,

cit., par. 36.9 Cfr. Ibidem, par. 42.10 Cfr. P. Ricca, L’interesse di Lutero

per la Theologia Deutsch, in Lutero e lamistica, a c. di F. Buzzi, D. Kampen e P.

Ricca, Torino, Claudiana, 2014, p. 138.11 Condividiamo in pieno l’opinione di

P. Hadot, di cui si veda ad es. Esercizi spi-rituali e filosofia antica, Torino, Einaudi,

2005.

21dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 23

glie l’avevano, diremmo oggi,condotta all’altare, sostituendola famiglia che lei non aveva più,e assistendo alle nozze che il 13giugno 1525 erano state cele-brate dal pastore Bugenhagenalla presenza di pochi intimi.Probabilmente fu Cranach a in-cidere gli anelli (anche questosapeva fare) che la coppia siscambiò per l’occasione: fosserostati commissionati da Lutero, oinvenzione diretta di Cranach,essi dimostrano la sintonia chelegava i due, anche su temi teo-logici. Per Caterina fu preparatauna fascia d’oro sormontata da

un piccolo rubino cabochon e inciso con immaginidella passione di Gesù: un Cristo appeso non a unacroce ma a un albero, una colonna, una corda, unascala, una lancia, una frusta, i dadi con cui i soldatisi giocarono la tunica, e la testa di uno di loro. Nonprecisamente una simbologia festosa, per un anellomatrimoniale. Ma per Lutero ogni felicità auten-tica trovava radice nell’opera di Cristo, e il suoamico Cranach, evidentemente, condivideva.Quanto all’anello destinato a Lutero, esso era, alconfronto, molto meno tragico anzi addirittura ro-mantico: si trattava di due anelli intrecciati, ilprimo sormontato da un piccolo diamante, sim-

Il grande e famoso pittoreabitava in un complessoedificio (c’era di tutto, per-

ché aveva le mani in molte im-prese: atélier di pittura, tipogra-fia, farmacia, enoteca, apparta-menti privati) con l’ingressosulla piazza del mercato. L’exmonaco invece stava nell’exconvento, per molti anni offer-togli solo in comodato d’uso dalprincipe (gli edifici ecclesiasticierano stati ‘nazionalizzati’), chesi trovava a due-trecento metridi distanza, in fondo alla stradaprincipale della città.

Stiamo parlando della se-conda metà degli anni ’20 del sedicesimo secolo,quando tra Lucas Cranach e Martin Lutero si eraormai consolidata un’amicizia favorita dalla vici-nanza, fatta di intenti ideali e strategici ma anchedi legami personali. Cranach aveva ospitato peranni in casa sua quella che poi sarebbe diventata lamoglie di Lutero, la monaca Caterina von Bora,fuggita dal convento di Nimbschen; lui e sua mo-

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Nella pagina accanto: Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553),

pala d’altare (1547), Wittenberg, chiesa del castello.

Sopra: Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Chiesa del

castello (incisione, 1509)

LA PALA DI WITTENBERG

E LA TEOLOGIA LUTERANALutero e Lucas Cranach

SILVANA NITTI

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bolo di resistenza, durata e fedeltà, il secondo daun rubino simbolo d’amore. Su una faccia del dadoin cui era incastonato il diamante erano incise lelettere MLD, Martin Luther doctor, e su una deldado col rubino, CVB, Catharina von Bora; equando i due anelli erano al dito le due facce si toc-cavano. Un’idea non meno elaborata di quella de-stinata a Caterina, ma certo più adattaall’occasione. All’interno di entrambi gli anelli erapoi inciso il versetto: «quello che Dio ha unitol’uomo non lo separi», e la data delle nozze.Quando poi nacque il primo figlio, Johannes dettoHans, Cranach gli fece da padrino; ma non fu ilsolo, perché molti considerarono un privilegio farda padrino al figlio di un personaggio sulla crestadell’onda come Lutero, tanto più che si era con sol-lievo accertato che la creatura non era nata, comemolti avevano previsto, con corna o zoccoli caprini

come il diavolo. Questo bambino lo ritroveremoproprio nel dipinto di cui voglio parlare.

Tutto questo per mettere in evidenza che qua-lunque discorso - storico, artistico, teologico - chesi faccia oggi su personaggi del passato di questorilievo, dovrebbe essere accompagnato da qualcheconsapevolezza della loro dimensione reale, dellaloro vita concreta, degli spazi e dei contenuti delloro quotidiano. Quei due abitavano vicino, si in-contravano spesso, chiacchieravano e facevano pro-getti. Uno di questi progetti sfociò nella palad’altare della chiesa di Santa Maria, la parrocchiadi Wittenberg dove Lutero predicava.

�Lutero aveva combattuto contro il pensiero e

i gesti di chi, con la pretesa di mettere in atto la suaproposta di riforma, aveva cominciato col distrug-gere le immagini presenti nei luoghi di culto. Leimmagini in sé non sono vietate, pensava Lutero,tutto sta a vedere come si usano. E mise in attoanche su questo una radicale trasformazione dellatradizione.

L’arte era stata usata, durante la storia del cri-stianesimo, come ‘Biblia pauperum’, e dunque rac-conto delle storie bibliche, a beneficio di chi laBibbia non poteva leggerla essendo analfabeta. Suquesto punto Lutero, senza smentirne la validitàper il passato, propose un cambiamento: che an-dassero tutti a scuola (e, prima, che le autorità sidessero da fare per istituire scuole per tutti), maschie femmine, e imparassero a leggere; intanto lui,con un gruppo di esperti, aveva tradotto la Bibbiain volgare. Dunque non c’era più bisogno di im-magini bibliche nelle chiese, perché ogni tedescopoteva leggere la Bibbia a casa (oltre che ascoltarla,letta e predicata, nelle chiese).

Ma l’arte era stata usata, anche, al servizio delculto e della spiritualità: crocifissi, santi e storie disanti, immagini di varie tradizioni su Maria, ange-lologia, dottrine sull’al di là. Pittura e scultura ave-vano permesso la trasmissione, il consolidamento,

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e forse il rafforzamento e l’ampliamento di un pa-trimonio dottrinale sempre più complesso. Tuttoquesto, per Lutero, andava spazzato via. Non per-ché quadri o sculture fossero pericolose in sé, comepossibile oggetto di adorazione (questa era, per lui,una deviazione che poteva essere evitata col sem-plice buon senso); ma in quanto predicavano cosenon contenute nella Bibbia, e dunque sbagliate onel migliore dei casi inutili.

Che cosa restava, dunque, all’arte ‘sacra’? La pala di Wittenberg è un bell’esempio di

come - complice l’amicizia col più famoso pittore

della Germania del suo tempo - Lutero usò l’arteper promuovere la riforma della chiesa.

�Il pannello di sinistra è dedicato al battesimo.

Si vede un laico (Melantone, che era un professoreuniversitario sposato, e non un prete né un mo-naco), che battezza un neonato; alla sua destraLucas Cranach medesimo che tiene pronto unasciugamano per avvolgere il bambino bagnato ap-pena compiuto il rito (un po’ come aveva fatto albattesimo del figlioccio Hans Luther); alla sua si-

Nella pagina accanto: Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Martin Lutero nelle vesti di ‘cavalier Georg’. Durante i mesi

passati nascosto alla Wartburg, subito dopo la dieta di Worms, il Riformatore, per evitare di finire arrestato, si fece

crescere una folta barba e assunse la falsa l’identità di ‘cavalier Georg’. Sopra: una Bibbia in tedesco, con la traduzione di

Martin Lutero (edizione Wittenberg, 1541; con incisioni di Lucas Cranach il Giovane)

25dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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nistra un personaggio con la barba che tiene apertala Bibbia: potrebbe essere Lutero, perché è lui cheha ‘aperto la Bibbia’ a tutti i cristiani indistinta-mente. Se è lui, è ritratto nell’aspetto che avevaquando tornò dalla Wartburg, la fortezza in cui siera tenuto nascosto tra il 1521 e il 1522 per sfug-gire alla cattura come eretico, e dove - unica voltanella sua vita - si era fatto crescere la barba per nonessere riconosciuto. Ma potrebbe anche essere ilprincipe Federico il Saggio, che difendendo la Ri-forma nei suoi territori aveva consentito che quella‘apertura’ della Bibbia continuasse, e raggiungessetutti. Alla celebrazione assistono personaggi vari

non individuabili, di cui uno, di spalle, così nobil-mente vestito che potrebbe essere il principe Fe-derico, o comunque rappresentare l’autorità civile.

Il pannello di destra descrive il potere dellechiavi. Si badi bene: non la confessione, sacra-mento che Lutero molto amava per la sua capacitàdi consolare le anime tormentate dalla coscienzadel peccato, e che volle conservare anche se ‘de-classato’ da sacramento a pratica liturgica. Per lui,infatti, poteva essere chiamato sacramento solo ciòche contiene un’azione di Gesù (morte, resurre-zione, ultima cena) ed è stato da lui esplicitamentecomandato («andate e battezzate»; «fate questo in

Sopra da sinistra: Lucas Cranach il

Vecchio (1472-1553), Autoritratto

(1550), Firenze, Galleria degli Uffizi;

Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553),

Filippo Melantone (1537), Eisenach,

Wartburg; Lucas Cranach il Vecchio

(1472-1553), Caterina von Bora (1528),

Schwäbisch Hall, collezione Würth.

Qui a sinistra: Lucas Cranach il

Vecchio (1472-1553), Allegoria della

vera religione di Cristo e della falsa

religione dell’Anticristo (xilografia

acquerellata, 1545)

26 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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memoria di me»). Comunque la confessione è ilgesto liturgico e della pietà individuale che apre laporta al perdono. Il pannello della pala, invece, de-scrive l’esercizio del potere che consente l’annun-zio di quel perdono (o, invece, l’annunzio dellacondanna per chi non è pentito con sincerità). Sivede infatti Bugehagen, il pastore (non sacerdote!)della chiesa di Wittenberg, che brandisce duechiavi; con una manda assolto un uomo inginoc-chiato, con l’altra scaccia dalla comunione dellachiesa un cavaliere.

Il pannello centrale è dedicato all’eucarestia.Intorno a una tavolata presieduta da Gesù, siedonododici suoi seguaci, presentati secondo la descri-zione dell’evangelo di Giovanni: l’apostolo «cheGesù amava» poggia il capo sul suo petto, Gesùporge il boccone a Giuda. Dal loggiato del fondosi vede un grande albero (l’albero della vita?) e uncastello fortificato del tutto identico a quella War-tburg dove Lutero si era salvato («Dio è per noi ri-fugio e forza; egli è apparso una fortezzainespugnabile», Salmi 45 e 47; Lutero, parafrasan-doli, aveva già scritto il suo inno più famoso: Einfeste Burg ist unser Gott, ein gute Wehr und Waf-fen). E anche Lutero sta seduto a tavola, fra i di-scepoli, ancora una volta con la barba del 1522, esi gira a prendere, perché è il suo turno, il calicedella comunione che un giovane in piedi sta distri-buendo. Forse è Lucas Cranach il Giovane, il figliodel grande pittore; comunque è un laico vestito conuna certa ricercatezza, di rosso.

La predella, alla base di tutto il polittico e suofondamento anche teologico, ha un centro spazialee metafisico insieme, che è anche il centro di tuttala pala, e per di più corrisponde alla citazione biblicaposta sopra la cornice del pannello centrale. Questocentro che sembra far da sostegno, da perno di tutto,è un crocifisso il cui meraviglioso perizoma svolaz-zante e un po’ astratto, che sembra raggiungere ipresenti con le volute del suo panneggio, ammoni-sce a ricordare che il fondamento solido della chiesaè anche un Dio irraggiungibile con le forze umane,

il quale però si rivolge a tutti, e ciascuno raggiungecon il paradosso della sua kénosis. La citazione in alto(I Corinzi 3, 11) dichiara: «Nessuno può porre altrofondamento oltre a quello già posto, cioè CristoGesù». La predella in realtà è la ‘fotografia’ dellachiesa stessa in cui essa è collocata. A destra si vedeLutero sul pulpito, come faceva tutti i giorni: noncelebra sacramenti, ma predica, e indica, col braccioallungato e il dito puntato, l’oggetto della sua pre-dicazione, il crocifisso appunto, che sta nel mezzodella chiesa. A sinistra c’è l’assemblea dei fedeli, oalmeno la sua rappresentanza: di nuovo Lucas il pit-tore, con la lunga barba, e il principe Federico, e Ca-spar Cruciger, collega di Lutero all’università, edietro giovani e adulti maschi, e, sedute, un gruppodi donne; fra di loro, in prima fila, Kathe Luther chetiene per mano un bambino col cappottino rosso,Hans, appunto. In altre parole: tutta l’assembleadella chiesa di Wittenberg.

�Molte riflessioni si possono fare di fronte a

questa pala d’altare. Estetiche, teologiche, storiche.Mi limito alle seguenti due.

La Riforma luterana ha sostituito, alle imma-gini che nei luoghi di culto servivano ad alimenta-re la pietà o a far conoscere i rudimenti della Scrit-tura, immagini che insegnano ai fedeli i fonda-menti della fede. Tutto si fonda e ruota intorno aCristo crocifisso: la predicazione, i sacramenti, lavita quotidiana della chiesa. Accanto a lui non cisono altri mediatori, né morti (santi, Madonna),né vivi (sacerdoti consacrati). L’unico caso in cuicompare un pastore è nell’annunzio del perdono,dove però egli rappresenta tutti i credenti, perchétutti possono (anzi devono) praticare la reciprocaconsolatio fratrum. Che proprio qui sia ritratto unpastore, per illustrare il ‘potere di legare e scio-gliere’ (quello rivendicato dalla Chiesa cattolico-romana come esclusivo della cattedra di Pietro, eche per Lutero invece appartiene «a tutti e a cia-scun cristiano»), indica solo che nella chiesa quel

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potere deve essere esercitato con«ordine e decoro»; l’assembleadei fedeli deve «scegliere quelloche sembra più adatto per ammi-nistrare, in nome e per conto ditutti», il diritto che appartiene atutti e ciascuno. Che anche lui siaun laico - solo incaricato di unafunzione - e non un sacerdote de-tentore di una condizione parti-colare, è sottolineato dal fatto chenei sacramenti non compaionopastori o parroci, men che menovescovi (che nella Riforma lutera-na tornarono ad essere, secondo la tradizione neo-testamentaria, ‘sovrintendenti’). I sacramenti, in-fatti, sono amministrati da laici (Melantone bat-tezza, il giovane Cranach distribuisce il vino dellaSanta Cena).

E poi: tutta la società resta in ascolto della pa-rola di Dio, letta e predicata. La predella, coi suoi fe-deli che stanno in chiesa, mostra chiaramente che per

Lutero nessun gruppo sociale è eso-nerato dal confronto con quella pa-rola. Ma anche che quella parola èrivolta a tutti. Gli accademici (lascienza!) non troveranno in essa ifondamenti del loro metodo, manemmeno una smentita alla loro ri-cerca. Il potere politico legge nellaBibbia che l’ordine cui deve sovrin-tendere è voluto da Dio, ma non vi

cercherà privilegi, bensì conforto e incoraggiamentoper proseguire nella sua vocazione. I giovani sono in-teressati ad essa, le donne sono accolte con rispettoma non discriminate né segregate, i bambini non tur-bano la quiete del culto ma vi sono accolti comemembra già effettive del corpo cristiano.

Tutta la Riforma è concentrata in queste im-magini.

A ppena pubblicato da Sa-lerno Editrice, Lutero (diSilvana Nitti) è una bio-

grafia concepita espressamenteper le esigenze del lettore italianoche non ha la stessa familiarità,con la figura del Riformatore, dellettore di altri Paesi (come Germa-nia, Inghilterra o Francia) dove,grazie a una tradizione di plurali-smo confessionale, i personaggi ele vicende della Riforma protestan-te sono stati da più tempo divulgatie discussi. L’autrice presenta l’es-senziale del pensiero teologico di

Lutero, insieme agli avvenimentipolitici e sociali, senza fermarsi ai

primi anni Venti del XVI secoloquando, secondo una certa storio-grafia, il Riformatore avrebbesmesso di innovare teologicamen-te la ‘sua’ riforma, affidandone lesorti alle mani dell’autorità politi-ca. Al contrario, questa biografiamostra la vitalità del pensiero diLutero, e anche della sua azione, fi-no al 1546, anno della sua morte.

Silvana Nitti“Lutero”Roma, Salerno Editrice,2017, pp. 528, 29 euro

Albrecht Dürer (1471-1528),

L’elettore Federico III di Sassonia

(incisione del 1524)

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Media Italia S.p.a. Agenzia media a servizio completoTorino, Via Luisa del Carretto, 58 Tel. 011/8109311 [email protected]

Milano, Via Washington, 17 Tel. 02/480821Roma, Via Abruzzi 25, Tel. 06/58334027

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rosissimi scritti: opere teologi-che, epistolari, memorie. Tuttala produzione del padre dellaRiforma è stata raccolta nel-l’opera D. Martin Luthers Wer-ke, stampata in 121 volumi nel-l’arco di quasi 130 anni (dal1883 al 2009). Conosciuta an-che come ‘edizione di Weimar’(Weimarer Ausgabe),1 quest’im-mensa impresa editoriale ripor-ta pure un titolo assai curioso edi difficile definizione: i Discorsia tavola (Tischreden). Ed è pro-prio quest’opera che, con le do-vute cautele, consente di gettareuno sguardo al ‘vero’ Lutero: al-l’uomo più che al personaggio;

al pensatore più che al teologo.Come è noto la ‘vicenda pubblica’ di Lutero si

svolse nell’arco di poco meno di una decina d’anni.Dall’affissione delle 95 tesi sulla porta della chiesadel castello di Wittenberg (1517) sino ai sanguinosifatti della rivolta dei contadini guidata da Müntzer(1525) fu, per il frate agostiniano, un vorticoso sus-seguirsi di eventi: l’acceso scambio dottrinario conTetzel, il capitolo di Heidelberg, la disputa di Lip-sia, lo scontro con Leone X e la conseguente sco-munica, la dieta di Worms e l’incontro con Carlo V,il finto rapimento alla Wartburg, il ritorno a Wit-

Gettare una luce obiet-tiva su Martin Luteroè compito arduo. Tan-

to è stato scritto su questo ‘frateribelle’, promotore di uno degliaccadimenti che più hanno se-gnato la storia dell’Europa mo-derna. Sin dall’inizio della sua‘vicenda pubblica’ - quel fatidi-co 31 ottobre del 1517 - attor-no a questo personaggio, si so-no vorticosamente avvitati pa-reri e giudizi, elogi e anatemi. Isostenitori lo hanno esaltato,quasi elevandolo a nuovo ‘libe-ratore’, mentre i detrattori lohanno considerato alla streguadi un demonio in terra. In effet-ti le logiche della fede prima, e dell’interpreta-zione storica poi, non hanno giovato alla figuradel religioso di Wittenberg che si è trovata, nelcorso dei secoli, a essere ‘campo di battaglia’ diopposte fazioni.

Al di là di tutto ciò si può, però, indagare lavicenda umana di Lutero attraverso i suoi nume-

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: copertina dell’edizione italiana dei Discorsi a tavola

(Torino, Einaudi, 1969), a cura di Leandro Perini.

Nella pagina accanto: I Tischreden, in un’edizione del 1581;

nella vignetta a destra: Martin Lutero

MARTIN LUTERO E I DISCORSI A TAVOLA

Fra storia e agiografia

GIANLUCA MONTINARO

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tenberg, la tenzone con Erasmo… Ma, dal 1525, esino alla morte (1546), la vita di Lutero mutò in mo-do sostanziale. Come ritiratosi dalla scena, trascor-se gli ultimi vent’anni della propria esistenza (con lasola eccezione dei cinque mesi passati nella fortezzadi Coburgo, durante la dieta di Augusta del 1530) aWittenberg, vestendo i panni di ‘nobile padre dellaRiforma’: guardato da tutti con sommo rispetto, siadoperò a sistematizzare la sua dottrina e a discipli-nare la sua Chiesa, e si dedicò con fervore alla scrit-tura, all’insegnamento e alla propria famiglia (si eranel frattempo sposato con Caterina von Bora).

Rimane ancora un nodo irrisolto il motivo di

questo cambiamento che tanti quesiti ha sollevatofra gli storici tanto di fede cattolica che di credoprotestante. Molti fra essi (come Lucien Febvre e,in tempi recentissimi, finanche Adriano Prosperi),come impossibilitati a dare spiegazioni plausibili,hanno addirittura posto termine alle proprie nar-razioni della vita di Lutero al 1525, liquidando inpoche pagine i vent’anni rimanenti. Certo, «rac-contare gli ultimi anni di vita di Lutero non è uncompito facile»2 perché, di necessità, di quegli an-ni, «si deve distinguere fra le vicende della Rifor-ma e i fatti personali del suo promotore. Se la casadi Lutero, piena di allievi, e l’università continua-

Bottega di Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Martin Lutero con sua moglie Katharine von Bora, Gotha, Kaufthaus.

La bottega di Cranach dipinse numerose coppie di ritratti del Riformatore e di sua moglie, eseguite col chiaro intento

di propagandare la nuova idea di famiglia. Dodici di queste sono giunte sino a noi

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rono a fare di Wittenberg il centro irradiatore del-la Riforma, la politica rese quest’ultima maggio-renne, proiettandola lontano da Lutero: sui campidi battaglia, nelle sale dei palazzi reali e sui tavolidella diplomazia».3 Eppure, da quegli anni solo inapparenza ‘marginali’, giungono i Tischreden og-getto di questo breve articolo.

Già sul finire degli anni Venti si raccoglievano in-torno alla tavola di Lutero, verso le cinque dellasera, per cena, alcune persone. Si trattava di ano-nimi studenti poveri che ricevevano nel casa delriformatore vitto e alloggio. Più tardi a queste fi-

gure anonime si sostituirono personaggi più noti:alcuni sono segretari del dottore (famuli), altri pe-dagoghi dei figli di altre famiglie, altri ancorapensionanti che la moglie Caterina, per guada-gnare qualche soldo, aveva preso in casa, com’eranell’uso dei professori universitari d’un tempo.C’era spesso molta gente intorno alla tavola diLutero: nel 1534 se ne contano più di venticinque:Lutero, Caterina, i loro quattro figli, la vecchiazia Maddalena, i sei fratelli Kaufmann (Giorgio,Ciriaco, Andrea, Fabian, Elsa e Lena), AnnaStrauss, Giovanni Polner con altri fratelli, Vol-fango Sieberger, Girolamo Weller, Martino We-

Sopra da sinistra: le 95 Tesi di Lutero, affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg il 31 ottobre 1517.

Fogli come questo iniziarono immediatamente a circolare per la Germania, portando il nome di Lutero sulla bocca di tutti;

frontespizio dei Tischreden in un’edizione del 1571. Si noti la vignetta, con Lutero e i suoi ospiti a tavola

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yer, Veit Dietrich con i suoi sei discepoli. E i contida pagare erano salati: ogni anno 300 fiorini per lacarne, 200 per la birra, 50 per il pane. Nell’estatedel 1531 uno dei pensionanti, Corrado Cordato,ebbe l’idea di appuntare i discorsi fatti da Lutero.Seguirono poi Veit Dietrich (1529-35), GiovanniSchlaginhaufen (1531-32), Antonio Lauterbach(1531-39), Girolamo Weller (1527-38), AntonioCorvino (1532), Giovanni Mathesius (1540), Ga-spare Heydenreich (1541-43), Girolamo Besold(1541-46), Maestro Plato (1540-41), GiovanniStolz (1542-46), Giovanni Aurifaber (1545-46).4

Articolati in 7075 capitoletti, i Tischreden(che, nella loro edizione critica, si estendono perben sei volumi, all’interno della Weimarer Ausga-be) sono stati pubblicati per la prima volta nel1566. Fu l’ultimo segretario di Lutero, JohannAurifaber, a raccoglierli e ordinarli, secondo crite-ri vagamente cronologici, e a darli alle stampe conil titolo: Tischreden oder Colloquia Doct. Mart. Lu-thers, so er in vielen Jaren, gegen gelarten Leuten,auch frembden Gesten, und seinen Tischgesellen gefü-ret, Nach den Heubtstucken unserer Christlichen lere,zusammen getragen (Discorsi a tavola, ovvero Collo-qui del dottor Martin Lutero, così come egli ha fatto permolti anni alla presenza di dotti, anche ospiti forestieri,e dei suoi commensali, raccolti secondo gli articoli di fededella nostra dottrina cristiana). Il volume (un in-quarto di 626 pagine) fu stampato dall’editore Ur-ban Gaubisch ed ebbe, sin da subito, una discretafortuna, testimoniata anche dalle successive edi-zioni. La circolazione fu, infatti, agevolata dal fat-to che Aurifaber aveva tradotto le parole di Luterocompletamente in tedesco. Il riformatore di Wit-tenberg, anche nella comune conversazione, erasolito usare un misto di latino e tedesco: e in que-sto ‘vernacolo maccheronico’ allievi e ospiti ave-vano appuntato sue le parole. La scelta di Aurifa-ber contribuì ad ampliare ulteriormente la fama diLutero come fondatore non solo di una rinnovatacoscienza nazionale (merito che tutti i suoi soste-

nitori, in modo unanime, già gli riconoscevano)ma anche di una comune lingua germanica. L’im-mensa impresa di traduzione della Bibbia in tede-sco (lavoro a cui Lutero attese dal 1522 al 1534)aveva, come postulato di base, l’idea che la linguadel popolo avesse la medesima dignità del latino.Lo stesso Lutero si dimostra ben cosciente della‘rivoluzione concettuale’ da lui operata: nella Let-tera del tradurre, con un pizzico di compiacimento,sottolinea come, addirittura, abbia insegnato il te-desco anche ai suoi nemici papisti: «nessuno sa dipreciso come si traduca, ovvero come si parli in te-desco. Comunque non si stenta a capire da dove imiei nemici imparino a parlare e a scrivere in tede-sco: dalla mia traduzione e dal mio tedesco».5

Ovviamente le varie parti dei Discorsi a tavolapresentano fra loro notevoli disomogeneità dovu-te principalmente alle differenti mani che hannoannotato frasi e parole pronunciate da Lutero tan-to in occasioni dei pasti che in altre situazioni fa-miliari, come le passeggiate in giardino o i mo-menti di ritrovo davanti al camino della stanza daricevimento. Ma, un’altra causa di disomogeneità,è da addebitare a Lutero stesso. I racconti, le ri-flessioni, i pensieri del religioso di Wittenberg sisusseguono, di pagina in pagina, espandendosi econtraendosi. Così può capitare che un fatto, ma-gari lontano negli anni (come, per esempio, la‘scoperta del Vangelo’ o ‘episodio della torre’,Turmerlebnis), venga narrato più e più volte dallostesso padre della Riforma, con sfumature, accentie declinazioni differenti. Ciò è da imputare allanatura stessa dei Discorsi a tavola che, effettiva-mente, possono essere additati come un’operazio-ne ‘arbitraria’ perché nulla i lettori sanno del con-testo entro il quale Lutero abbia di volta in voltapronunciato le sue parole, o a chi erano rivolte, o -tanto meno - in risposta a cosa. Inoltre mai si do-vrebbe dimenticare la situazione generale: Luteroè ormai un personaggio affermato, rispettato e ve-nerato dalle persone che gli sono intorno; puòpermettersi, quindi, con la consumata abilità di un

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attore sul palcoscenico, di ingigantire, sminuire,esaltare o ridicolizzare, gli eventi e le persone delpassato, secondo le necessità del momento e leaspettative del suo ristretto ‘uditorio’.

Proprio appigliandosi a queste evidenti diso-mogeneità alcuni storici (forse più interessati a veri-ficare teorie di presunti progressi sociali innescatidalla Riforma) hanno declassato i Tischreden a meracongerie di curiosità biografiche (o meglio, auto-

biografiche) di seconda mano; o, peggio, come feceHeinrich Denifle nel suo Lutero e il luteranesimo nelloro primo sviluppo, esposti secondo le fonti (1904-1905),considerati (per il loro contenuto, tutto centrato a‘celebrare’, o meglio ‘autocelebrare’, il padre dellaRiforma e le sue gesta) come una delle prove dellaconcupiscenza carnale che - sempre secondo Deni-fle - avrebbe assalito Lutero e lo avrebbe portato al-la ribellione nei confronti di Roma. In pratica Deni-

A sinistra dall’alto: Martin Lutero e Katharine von Bora (incisione del XIX secolo); l’incontro tra Lutero e l’imperatore Carlo

V, in occasione della dieta di Worms del 1521. L’immagine è tratta dalla copertina di un opuscolo (stampato ad Augusta nel

medesimo anno) contenente il discorso tenuto da Lutero nell’assise dei principi tedeschi. A destra: frontespizio della prima

edizione dei Tischreden (1566)

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fle (che all’epoca era direttore dell’Archivio Vati-cano) sostenne che i Tischreden, insieme ad altri te-sti, davano un’immagine falsa di Lutero e che, an-zi, erano stati utili a diffondere i menzogneri rac-conti che Lutero stesso, successivamente, avevaelaborato delle sue gesta, sempre presentate comeispirate dal Signore e dall’amore e rispetto che aLui si devono. Il tutto, come detto, col fine di co-prire la cruda realtà: ovvero che furono invece «letentazioni e le voglie carnali»6 a guidare le azionidel padre della Riforma.

Ora, tralasciando la tendenziosa interpreta-zione di Denifle, è chiaro che il contenuto dei Di-scorsi a tavola vada, di volta in volta, vagliato con at-tenzione. E magari ‘sfrondato’ dai sedimenti del-l’apologia e del protagonismo. Ma è altrettantochiaro che quelli riportati sono i pensieri e le paro-le di Lutero stesso. Pensieri e parole che si dimo-strano molto utili (come, per esempio, ha reso ma-nifesto Roland Bainton, nella sua biografia sul re-

ligioso di Wittenberg) a ricostruire e interpretare,seppure solo ex post, la ratio che guidò Lutero nelleproprie scelte.

Così i Discorsi a tavola possono essere consi-derati una sorta di ‘enciclopedia della vita e delpensiero’ di Lutero scritta da lui stesso. In essi nonc’è argomento che non venga toccato, da quelli piùpersonali (come il racconto della propria vocazio-ne o episodi di vita familiare) a quelli più comples-si (la religione, la natura dell’uomo, lo spirito dellaGermania), passando attraverso considerazionisul papa, sulla curia romana e sul cattolicesimo ingenerale, sull’odiato Thomas Müntzer, sugliebrei, sull’usura, sull’astrologia…

Un personaggio in particolare ricorre spessonelle parole di Lutero: Erasmo da Rotterdam.Con il grande umanista - come è noto - il rapportonon fu facile. E, seppure all’inizio fra i due parveesserci una certa attenzione reciproca, il confron-to sfociò infine in accessi polemici quasi sconcer-

Gustav Spangenberg (1828-1891), Martin Lutero suona per i suoi familiari (1875), Lipsia, Museum der bildenden Künste

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tanti (a onor del vero soprattutto da parte di Lute-ro, che era uomo dal temperamento molto piùsanguigno rispetto al pacato Erasmo). Il nodo delcontendere fu la questione, di basilare importanzaper entrambi, del libero arbitrio dell’uomo. Nonfu solo uno scontro fra due modi di pensare ma fu,a tutti gli effetti, uno scontro fra due teologie. Co-sì se per Erasmo la salvezza è possibile proprio invirtù della libertà che Dio concede all’uomo (li-bertà di decidere se essere o meno salvati), per Lu-tero la salvezza non dipende dall’uomo ma solo daDio, che già ha deciso (predestinato) chi salvare echi no: all’uomo non rimane altro che pregare,non nella speranza - vana - di mutare la predesti-nazione divina, ma per affidarsi completamentealla fede e al Cristo crocefisso.

Il pensiero di Erasmo, «imperniato su nozio-ni di giustizia e ragione assolutamente comuni aDio e all’uomo e tra loro commensurabili pur nel-la grandissima differenza tra la perfezione divina ela fragilità e peccaminosità umana»,7 infastidivaoltremodo Lutero il quale addirittura, nei Tischre-den, giunse a contrapporre (con evidente forzatu-ra) Lorenzo Valla all’umanista di Rotterdam:«Lorenzo Valla disputa bene sul libero arbitrio.Ha trovato la purezza nella pietà e insieme nellacultura. Erasmo l’ha trovata solo nella cultura, masi fa beffe della pietà».8 Come detto i passi in cui ilgrande umanista è oggetto delle invettive di Lute-

ro sono innumerevoli: «Erasmo è un’anguilla, unsimulatore, uno straordinario stratagemma di Sa-tana»9 e ordina ai suoi allievi «di odiare Erasmoperché considera tutta la nostra teologia comeDemocrito, vale a dire ci ride su; per questo scrive-rò contro di lui e lo ucciderò con la penna».10

I Discorsi a tavola testimoniano che nemmenodopo la morte dell’umanista di Rotterdam (avve-nuta nel 1536), Lutero smise di riferirsi a lui e aisuoi scritti con parole mordaci e pungenti, comese nella figura di Erasmo si fosse concentrato tantodi ciò che Lutero aveva combattuto. E non avreb-be potuto essere diversamente perché lo scontrosulla questione del libero arbitrio (che in ordine ditempo si può considerare l’ultima grande ‘batta-glia’ del Lutero pubblico) aveva definitivamentesancito le differenze fra la teologia protestante equella cattolica.

In fondo lo stesso Lutero - proprio nei Ti-schreden - ricorda spesso come sia stato «nostro Si-gnore Iddio» a condurlo allo scontro con Roma(«mi ha messo in questo orribile e brutto affa-re»).11 Non quindi una scelta, libera e spontanea,di Lutero ma un destino già tracciato dalla pre-scienza divina. Avrebbe potuto essere diversamen-te? No, secondo Lutero. Come un altro ‘no’ sa-rebbe la risposta al quesito se sia stato Lutero a fa-re la Storia. Però - aggiungiamo noi - la Storia,senza Lutero, avrebbe avuto un corso differente.

NOTE1 Molti volumi sono consultabili, in ver-

sione PDF, all’indirizzo www.lutherdansk.dk2 G. Dall’Olio, Martin Lutero, Roma, Ca-

rocci, 2013, p. 137.3 G. Montinaro, Martin Lutero, Napoli,

Edises, 2013, pp. 132-133.4 L. Perini, Introduzione ai «Discorsi a ta-

vola», in M. Lutero, Discorsi a tavola, a c. di L.

Perini, Torino, Einaudi, 1969, p. LXXXIII.5 M. Lutero, Lettera del tradurre, a c. di E.

Bonfatti, Venezia, Marsilio, 2006, p. 45.6 H. Denifle, Lutero e il luteranesimo nel

loro primo sviluppo, esposti secondo le fon-ti, a c. di A. Mercati, Roma, Desclée, 1914, p.

104.7 F. De Michelis Pintacuda, Umanesimo

e Riforma, in C. Vasoli, Le filosofie del Rina-scimento, Milano, Bruno Mondadori, 2002,

p. 294.8 M. Lutero, Discorsi a tavola, cit., p. 53: il

riferimento di Lutero è al De libero arbitrio di

Valla, opera nella quale l’umanista romano

giunge alla conclusione che il rapporto che

lega il libero arbitrio dell’uomo alla volontà

eterna di Dio è inconoscibile, configurando-

si come un mistero della fede. Sull’argo-

mento vedasi: R. Ramberti, Il problema dellibero arbitrio nel pensiero di Pietro Pompo-nazzi, Firenze, Olschki, 2007.

9 Ibidem, pp. 32-33.10 Ib., p 73.11 Ib., p. 188.

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In particolare, tralasciandoi numerosi e articolati giudiziche Fichte viene sviluppandonei GZ, ci limitiamo qui a se-gnalare come, a suo avviso, ilgrande limite della Riformaconsista nel non essere stata ingrado di superare le contraddi-zioni del cristianesimo, a cui pu-re aspirava a porre rimedio. LaRiforma non poteva struttural-mente riuscirvi, giacché ciòcontro cui combatteva era an-che ciò su cui essa stessa, nellesue radici ab intrinseco paoline, sifondava. Il trionfo dell’astrattoe del raziocinio costituiscono

anche l’essenza della Riforma, che in ciò rivela ap-punto la propria matrice paolina: «per la primavolta al mondo, un libro fu innalzato in manieradel tutto formale a supremo motivo di decisionedi ogni verità e presentato come l’unico atto a in-segnare la via che conduce alla beatitudine».3 Tra-mite il dogma luterano del sola scriptura si prose-gue, pertanto, nella via dell’astratto concetto em-pirico. Essa appare in tutta la sua contraddittorie-tà nella preferenza luterana per lo scritto, statico efreddo, sull’orale e sullo spirito. Tale preferenza simantiene, pur mediata da molteplici trasforma-zioni, fino al presente della compiuta peccamino-

Frutto delle lezioni di filo-sofia della storia tenute aBerlino dal 4 novembre

1804 al 17 marzo 1805, i Grun-dzüge des gegenwärtigen Zeital-ters (= GZ, 1806, I tratti fonda-mentali dell’epoca presente) di Jo-hann Gottlieb Fichte (1762-1814) hanno per oggetto il nes-so tra dottrina della scienza estoricità. La settima lezione deiGZ prende in esame la soluzio-ne offerta storicamente dallaRiforma e da Lutero. La Rifor-ma presenta un valore epochema-chend nel processo di dissoluzio-ne della fede cieca nella tradi-zione.1 In ciò distanziandosi sideralmente dalleletture degli Schlegel e di Novalis, Fichte formulaun giudizio complessivamente positivo della Ri-forma sul piano weltgeschichtlich, pur muovendo -come ha mostrato Ivaldo nel suo saggio su Fichte ela Riforma2 - tutta una serie di articolatissime cri-tiche alle dottrine teologiche delle chiese luteranee riformate.

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) in una vignetta

della fine del XIX secolo. Nella pagina accanto: Vladimir

Borovikovsky (1757-1825), San Giovanni, San Pietroburgo,

Museo dell’Ermitage

FICHTE LETTORE DELLARIFORMA PROTESTANTE

Fra razionalità e spiritualità

DIEGO FUSARO

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sità: «è unicamente grazie a questa cura del cristia-nesimo per la via della Bibbia ispirata dal cristiane-simo che la lettera ha ottenuto l’alto valore univer-sale che da allora possiede»,4 in una neutralizza-zione integrale dello spirito vivente.

È alla luce di queste considerazioni che Fi-chte può formulare una tesi apparentemente para-dossale: i protestanti sono ‘i veri cattolici’, perchésoltanto essi portano a compimento lo spirito pao-lino e, insieme, recano in sé il principio dell’uni-versalità.5 Dal canto suo, la Chiesa cattolica è uni-versalista solo parzialmente, dato che resta vinco-lata a quel dogma del primato del papa che costi-tuisce, per sua essenza, la più potente negazionedell’universalismo. Infatti, il primato del papa li-mita fortemente la libertà di coscienza e rende ar-duo ogni tentativo di autentica unificazione reli-giosa. Si tratta di una tesi di cui Fichte doveva esse-

re piuttosto convinto, se si considera che essa èformulata, in forma invariata, anche nel Diarium I,in cui il pensatore di Rammenau afferma testual-mente che «i protestanti sono i veri cattolici».6

Certo, i GZ si soffermano estesamente anche suquelli che individuano come limiti strutturali dellaRiforma, in primis il fatto che essa, anche in sedeteologica, ha favorito l’affermarsi di una razionali-tà empiristica.7 Tale razionalità, come sappiamo,diventa il fondamento della terza epoca, in cui nul-la viene accettato come vero se non ciò che può es-sere empiricamente concepito, ciò che segna iltrionfo del peggiore tra i sistemi filosofici: l’empi-rismo di Locke. Questa tesi, in verità, è ampia-mente rivista nelle Reden, ove Fichte - e non pos-siamo qui che accennarvi - ammette esplicitamen-te che dalla Riforma sono scaturiti tanto l’Illumi-nismo, quanto la svolta transzedentalphilosophischdi cui sono figli legittimi gli stessi Fondamenti del-l’intera dottrina della scienza (Grundlage der gesam-ten Wissenschaftslehre = WL).8

�Secondo quanto già si è sottolineato, lo stesso

dogma protestante del sola scriptura, animato dallaricerca della materialità testuale a scapito dellaspiritualità, rivela indelebilmente - così nei GZ9 -le tracce dell’empirismo. Innalzando la parolascritta a condicio sine qua non per la salvezza, la svol-ta luterana del sola scriptura enfatizza eccessiva-mente l’elemento sensibile-materiale, andando aridurre notevolmente l’importanza dello spirito edell’interiorità. Tale enfatizzazione del materialee dell’esteriore si rivela intimamente convergentecon il cristianesimo paolino, ossia con la base stes-sa della Riforma, con «il principio in sé completa-mente insostenibile»10 per cui Dio sarebbe un en-te arbitrario. Non stupisce, allora, che nei GZ Fi-chte prenda apertamente le distanze sia dal catto-licesimo, sia dal protestantesimo, intendendolicome sviluppi, sia pure su basi e secondo modalitàdifferenti, dello stesso principio paolino. Così nel-

40 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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la settima lezione: «io ho parlato di cattolicesimo edi protestantesimo così che si potesse vedere che,riguardo all’essenziale, do torto a entrambi»,11

giacché tutti e due costituiscono uno sviluppo del-la dottrina paolina, emblema del Dogmatismus insede religiosa.

Come mostrato da Marc Maesschalck nel suofondamentale studio La religion dans les “Grundzü-ge” de Fichte12 (1991), per Fichte occorre, invece,ripartire da Giovanni e dal suo messaggio, realiz-zando gli autentici princìpi del cristianesimo nellasua ‘forma primigenia’. Se Paolo rappresenta ildogmatismo in sede religiosa, Giovanni è precur-sore dell’idealismo trascendentale:

La pace regnerebbe, se si facesse cadere questa in-tera teoria e si facesse ritorno alla forma primige-nia del cristianesimo, quale si trova nel Vangelo diGiovanni. Lì non v’è altra prova che quella inter-na, fondata sul proprio senso della verità e sul-l’esperienza spirituale (geistliche Erfahrung).13

Il nucleo del Vangelo di Giovanni viene, ancorauna volta, identificato con la spiritualità vivificantee con l’interiorità della fede, ossia con l’esatto oppo-sto della paolina ricerca della razionalità astratta emateriale. Occorre ripartire da Giovanni e cercaredi modellare i rapporti tra gli uomini secondo ilprincipio autenticamente cristiano, di modo che es-

Sopra: Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Cristo si rivela a san Giovanni (incisione, 1534). Nella pagina accanto: Albrecht

Altdorfer (1480-1538), Martin Lutero (xilografia, 1525 ca.)

41dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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si assumano la forma di liberi nessi secondo ugua-glianza.14 Ogni membro della razza umana, inquanto creatura dell’unico Dio, deve essere consi-

derato e trattato in maniera conseguente: ne deriva,appunto, l’esigenza di riconoscere a ciascuno ugua-le libertà, rovesciando le relazioni massimamenteingiuste che regnano nel tempo della compiuta pec-caminosità. Così in un passaggio particolarmenteincisivo della lezione quindicesima dei GZ:

Non il dominio semplicemente ideale del cristia-nesimo, ma il dominio di questo cristianesimo, in-trodotto per mezzo dello Stato e in esso realizza-to, è il vero costume buono; e ora il concetto diquesto costume buono è così ulteriormente deter-minato: ogni individuo è riconosciuto membro del ge-nere (man in jedem Individuum die menschliche Gat-tung anerkenne und ehre), se noi lo consideriamo evogliamo essere considerati, lo trattiamo e voglia-mo essere trattati come strumento dello Stato.15

Merito del Vangelo giovanneo è quello dimettere a tema l’uguaglianza degli uomini inquanto figli di Dio, creature unite nella fratellanzae nel reciproco amore. Occorre, tuttavia, adope-rarsi perché tale principio cessi di rimanere normaastratta e possa concretamente modellare il reale,instaurando in terra l’uguaglianza come normafondamentale della coesistenza umana.16

NOTE 1 Cfr. R. Picardi, Il concetto e la storia:

la filosofia della storia di Fichte, Bologna,

Il Mulino, 2008, pp. 318-319.2 Ivaldo ha scritto pagine di rara pro-

fondità nel suo saggio Fichte e la Riforma,

in Lutero e i linguaggi dell’Occidente, a c.

di G. Beschin, F. Cambi e L. Cristellon, Bre-

scia, Morcelliana, 2002, pp. 343-368.3 GZ, p. 193 (GA, I, 8, p. 273).4 GZ, p. 194 (GA, I, 8, p. 273).5 Cfr. C. Piché, Fichte and the Univer-

sality of the Moral Law, in «Philosophy To-

day», n. 52, 2008, pp. 228-235.

6 J.G. FICHTE, Diarium I, 66 r.7 GZ, p. 195 (GA, I, 8, p. 274).8 SW, VII, pp. 351-353.9 GZ, p. 193 (GA, I, 8, p. 273).10 GZ, p. 196 (GA, I, 8, p. 275).11 GZ, p. 196 (GA, I, 8, p. 274).12 Cfr. M. Maesschalck, La religion

dans les “Grundzüge” de Fichte, in «Revue

philosophique de Louvain», n. 89, 1991,

pp. 581-605.13 GZ, p. 196 (GA, I, 8, p. 275).14 Cfr. G. Cogliandro, La Vita Divina e il

compimento della filosofia trascenden-tale. I diari filosofici di J.G. Fichte e la “Sta-

atslehre”, in «Archivio di filosofia», n. 71,

2003, pp. 391-424.15 GZ, p. 333 (GA, I, 8, pp. 369-370).16 Si veda G. Moretto, Il principio

uguaglianza nella filosofia, Napoli, Gui-

da, 1999, p. 156: «assecondando l’ispira-

zione proveniente dall’evento della rivo-

luzione francese, il sistema filosofico di

Fichte, oltre a essere un ‘sistema della li-

bertà’, vuole essere, nella sua intenziona-

lità più segreta e nel suo compimento di-

chiarato, un ‘sistema dell’uguaglianza’».

Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) in una incisione dei

primi anni dell’Ottocento

42 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 45

ciale (e sociologica), due tipi diconflitto: il primo, interno almondo protestante, tra le molte-plici idee di libertà interpreta-tiva, rapidamente proliferate,una volta rotti gli argini diRoma; il secondo, esterno, tra le‘nuove’ Chiese e la ‘vecchia’Chiesa Cattolica che, a sua volta,rivendicava un’ idea di libertà,interpretata e sottoposta al pro-prio Magistero.

A differenza dello storico,attento ai contenuti unici, il so-ciologo, deve concentrarsi sulleforme. Cosa intendiamo dire?Che, all’occhio sociologico non

può sfuggire come, nonostante la battaglia delleparole (libero esame, libertà religiosa, sacerdoziouniversale, ecc.), pur fondamentale all’internodell’universo del protestantesimo, il potere sociale,non poteva non ricostituirsi: anche il deviante habisogno di certezze e di una vita regolare…

Gli uomini, a prescindere dai contenuti (reli-giosi o meno), una volta investiti di status e ruoli,da cui discendono aspettative sociali, difficilmenteriescono a sottrarsi, anche se pastori, ministri,guide spirituali, al fascino termidoriano dellanuova ortodossia. Di qui, spesso, il tramutarsi dell’ex deviante, per dirla in parole povere, in «fetente

Dino Cofrancesco, in ungustoso aneddoto, ri-corda che Vittorio de

Caprariis, giovane storico libe-rale, «che era andato a Parigi perle sue ricerche sulle guerre di re-ligione in Francia, incontrando,alla Sorbona, un suo collegapure lui partenopeo, gli dissesconsolato: «so’ venuto pe’ stu-dià a libertà e tutte chisti [gli au-tori protestanti], sono uno chiùfetente e autoritario dell’altro!».1

Non male, nella sua veracità.Altro che il buonismo program-mato di Un posto al sole! E poi,anche se non fosse vero, è bendetto. Perché, si badi, il problema Lutero, e delsuccessivo tsunami protestante, è tutto qui: che lalibertà di religione evocata nelle 95 Tesi, implicava,inevitabilmente, come ogni forma di devianza so-

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: stampa satirica sulla lotta religiosa in Germania:

nella vignetta il papa, Lutero e Calvino si azzuffano

furiosamente (1590 ca.). Nella pagina accanto: Hans

Holbein il Giovane (1497-1543), Lutero nelle vesti di

«Hercules germanicus» (incisione, 1519 ca.). A cadere,

sotto i colpi del Riformatore, sono, tra gli altri: Aristotele,

Tommaso d’Aquino e Guglielmo da Ockham

LUTERO E ALCUNE STORIE SOCIOLOGICHE

Croce, Gobetti e gli ‘altri’

CARLO GAMBESCIA

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e autoritario». Una deriva che -come giustamente sottolineaCofrancesco - nel caso della Ri-forma, si manifesta nella fintatolleranza e libertà del «Gio-vanni Calvino che condannò alrogo l’ingenuo e fiducioso Mi-chele Serveto».2 Senza dimenti-care che, sul piano della storiadelle idee, in un libro impor-tante, pubblicato nel 1941, Me-tapolitics: From the Romantics toHitler, Peter Viereck indica nellaribellione di Lutero, una dellecinque volte in cui la Germaniasi è sollevata contro l’Occidente,e con esiti disastrosi.3 Per i cu-riosi le altre quattro sono quella dei Germani diArminio contro le legioni romane; dei Sassoni con-tro Carlo Magno; dei Romantici contro i Lumi; deinazionalsocialisti contro la ‘civiltà liberale’.4 Il tuttosorvolando, sul robusto antisemitismo di Lutero…5

A differenza del Max Weber, studioso dello spiritocapitalistico, che privilegia analiticamente il calvi-nismo e il puritanesimo trasmigrati nel NuovoMondo a bordo del Mayflower,6 Peter Viereck ri-

leva (forse esagerando) nel lute-ranesimo politico, lo stesso tassodi obbedienza, elevatissimo, im-posto da Hitler.7 Inoltre, egliscorge nell’economia tedescatracce ben visibili di capitalismostatalizzato, frutto di un arcai-smo sociale, coltivato con curafin da tempi di Lutero. E assailontano dallo snello capitalismoanglo-americano, d’improntadecisamente libertaria.

In Italia, per rimanere sulpiano della storia delle idee (edelle sue disavventure politiche),il dibattito novecentesco si èconcentrato non tanto su Lu-

tero, quanto sui possibili influssi della Riforma pro-testante sulla storia d’Italia. Due, le tesi prevalenti:quella di Croce e quella di Gobetti. Non è inutilericordarle.

Secondo il filosofo liberale, «la Riforma nonera né soggettivismo e instaurazione del liberopensiero e della tolleranza religiosa, né liberazionedai dommi e dal papismo», anzi essa «contrapposeuna teologia a un’altra teologia e un papismo a un

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altro papismo». Sicché, continua Croce «i nuovipapismi furono le varie e arbitrarie interpretazionidella Bibbia, escogitate e imposte dai vari fondatorie direttori di chiese». In conseguenza di ciò, la Ri-forma scese «sul terreno dell’antica Chiesa, impu-gnando le sue stesse armi (dogmi e teologia ecredenza negli angeli, nel diavolo e nelle streghe),perseguitando al pari di essa o peggio i suoi avver-sari con le inquisizioni e i roghi e ogni sorta di sup-plizi e torture, ricorrendo com’essa ai sovrani e albraccio secolare, transigendo com’essa per conve-nienze mondane con le norme della morale, incor-rendo nelle stesse ipocrisie». Qui ‘don Benedetto’,lui così nemico della sociologia, coglie un puntofondamentale: quello del passaggio dallo stato na-scente alla istituzionalizzazione dei fenomeni so-ciali. Per usare un’immagine, forse troppo abusata:non più lava incandescente ma stratificazioni di-verse, solidificatesi, l’una sull’altra. Detto altri-

menti, non più un potere costituente, quello delmondo riformato che cerca la sua strada (e anchedi imporla) contro il potere costituito della ChiesaCattolica, la vecchia via, bensì due poteri costituiti:Chiesa contro Chiesa, ambedue appoggiate al po-tere politico, l’una contro l’altra armate. Di riflesso,sottolinea Croce, «quale ragione avrebbe mai po-tuto indurre la Chiesa di Roma a confessarlesi in-feriore e a cederle l’oggetto delle contesa? In fondola teologia di Roma era meno ispida di quella deiprotestanti: la sua teoria della grazia teologicaquanto l’altra, urtava in difficoltà diverse ma nonmaggiori di quelle in cui urtava la teoria luterana ecalvinistica». E giù, a seguire, un forbito elenco diragioni logiche, linguistiche, diplomatiche e mili-tari, ragioni che giustificavano la superiorità dellaChiesa cattolica. Conclusioni? Croce elogia addi-rittura la Controriforma: «Se ci si riflette, anchenoi italiani, a ragione così gelosi della nostra unità,

47

Nella pagina accanto da sinistra in senso orario: Martin Lutero e gli altri riformatori (fra essi anche Calvino, Melantone, Hus),

dipinto d’anonimo tedesco (1625 ca.), Berlino, Deutsches Historisches Museum; Giovanni Calvino (1509-1564), in un ritratto

d’anonimo della fine del XVI secolo (Zurigo, Museo della città); Piero Gobetti (1901-1926), in uno scatto del 1924. Qui sopra

da sinistra: Benedetto Croce (1866-1952) in una celebre foto degli inizi del Novecento; vignetta anti-cattolica, di area tedesca

(1520): a sinistra il predicatore luterano («Questo dice il Signore Iddio), a destra il frate cattolico («Così dice il Papa»)

dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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che a lungo sospirammo e dopo lunghi travagliraggiungemmo, avremmo qualche motivo di sto-rica gratitudine verso la Chiesa Cattolica e i gesuiti,che spensero le faville delle divisioni religiose quae là accese nelle nostra terra, impedirono che aglialtri contrasti e dissensi si aggiungessero, tra gli ita-liani, quelli di religione (per esempio, di un setten-trione protestante e di un mezzogiorno cattolico,o altrettale), e consegnarono l’Italia ai nuovi tempi,tutta cattolica e disposta a convertirsi tutta, rea-gendo al clericume, in illuministica, razionalisticae liberale: di un sol colore prima, di un solo coloredopo».8 Nella chiusa, Croce probabilmente esa-gera. Resta però vero che l’Italia avrebbe soffertodi altre divisioni, ancora più profonde. Si pensi aldoppio conflitto cui accennavamo, interno edesterno, al cattolicesimo: di qua, un Settentrione,luterano, calvinista e pullulante di sette istituzio-nalizzate, di là un Mezzogiorno, sì di un sol colore- Croce ci perdoni - però assai somigliante a quellodel camaleonte.

Piero Gobetti, per contro, in un famoso arti-colo, di qualche anno prima, dal titolo che era tuttoun programma, Il nostro protestantesimo, senza pre-occuparsi delle possibili conseguenze divisive, cheCroce invece evidenzierà, scorge nella vittoria dellaControriforma cattolica sulla Riforma protestante,il ripugnante successo di una economia parassitaria,di corte: un’economia del sussidio, pauperista, che

si «accompagna con la miseria delle coscienze», di«chi non sente di compiere una funzione produt-tiva nella civiltà contemporanea», e che di conse-guenza non può avere «fiducia in se stesso né culto

NOTE1 Cfr. D. Cofrancesco, La mancata “ri-

forma protestante”, in Fattore R (14-7-

2014), «Idee, immagini, dialoghi oltre i li-

bri» (blog-Rubbettino Editore). L’inserto

tra parentesi quadre è nostro. Testo con-

sultabile all’indirizzo: http://blog.rubbet-

tinoeditore.it/dinocofrancesco/2014/07/

14/mancata-riforma-protestante.2 Ibid.

3 P. Viereck, Dai Romantici a Hitler, To-

rino, Einaudi, 1948. Libro politicamente

impegnato nella battaglia contro i totali-

tarismi. Sbilanciato, come in fondo furo-

no (e meritoriamente) i lavori di Popper

sui nemici della società aperta, scritti an-

ch’essi durante la Seconda guerra mon-

diale. Si veda anche W. M. McGovern,

From Luther to Hitler: The History of Fa-scist-Nazi Political Philosophy, New York,

Houghton Mifflin Company, 1941: qui le

allusioni di Viereck si tramutano in cer-

tezze.4 Cfr. Ibid., cap. I (Il problema tedesco).5 Si veda M. Lutero, Degli ebrei e delle

loro menzogne, Torino, Einaudi, 2000. Per

una sintesi equilibrata (Lutero antisemi-

ta, ma non nazionalsocialista calzato e

vestito) si veda T. Kaufmann, Gli ebrei diLutero, Torino, Claudiana, 2016.

Il papa nell’abisso infernale, incoronato con la tiara dai

demoni, mentre la scala santa del palazzo del Laterano va

in fiamme (incisione di Lucas Cranach per il frontespizio

dell’opuscolo di Lutero, Contro il papato di Roma, fondato

dal diavolo, 1545)

48 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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religioso della propria dignità». Gobetti, andandooltre Weber, scorge in Calvino e perfino in Lutero«gli antesignani della morale del lavoro postulatadalle nascenti democrazie produttrici». Essi, a suoavviso, brandendo il libero esame, come una spada,«bandiscono ai popoli anglosassoni la religionedell’autonomia e del sacrificio, dell’iniziativa e delrisparmio». Dal momento che, prosegue Gobetti,«il capitalismo nasce da questa rivoluzione indivi-dualistica delle coscienze educate alla responsabi-lità personale, al gusto per la proprietà, al caloredella dignità». Sicché, egli conclude, «lo spiritodelle democrazie protestanti è identico con la mo-rale liberistica del capitalismo e con la passione li-bertaria delle masse».9

Cosa dire? Che Croce non condivise, perchévedeva «nell’ufficio politico della Chiesa di Roma»lo sforzo di mantenere «una forte disciplina eticanei popoli sui quali si stende la sua tutela, conser-vandoli all’antica fede». La «qual cosa - prosegue- è da mettere nel bilancio di fronte ai disordiniche, pur tra i suoi impeti religiosi e morali, pro-dusse la Riforma, accusata da molti, e tra essi Gior-dano Bruno, di avere reso “tanti popoli più barbarie scelerati che non erano prima dispreggiatori delben fare e assicuratissimi ad ogni vizio e ribalderia,per le conclusioni che tirano da simili pre-messe”».10

Diciamo, semplificando, che c’è un filo rosso,

quello dell’Azionismo, che da Gobetti giunge finoBobbio e alle trentamila (pare) professoresse rifles-sive, con il cerchietto, che leggono «Repubblica».E che, in sintonia con Scalfari, scorgono in PapaFrancesco una specie di Calvino (non Italo) redi-vivo.

E l’altro filo, quello blu di Croce? Oggi se locontendono un pugno di professori liberali, tena-cemente in cerca di un’isola che non c’è, almeno inItalia: dove si è individualisti a spese dello stato. Etutti gli altri? Esistono. E quando si parla di Ri-forma protestante, vanno su Wikipedia. Dimenti-cavamo. Lutero giustificava la repressione delmillenarismo contadino in nome degli stessi valori,poi idealizzati dai Corpi Franchi, usi a sparare suglioperai fanatizzati dal marxismo. Perciò è vero chegli uni e gli altri - Corpi Franchi e principi tedeschi- imponevano il rispetto della proprietà privata edell’ordine costituito. Con una differenza però: inLutero, tutte le tessere del mosaico sociale porta-vano inciso il nome di Dio, mentre nel disegno po-litico dei Corpi Franchi e, in seguito, deinazionalsocialisti, spiccava la grandezza della Ger-mania. Con tutte le dolorose conseguenze del caso.Come poi provarono le macerie di Berlino. Certo,anche la seicentesca Guerra dei trent’anni non fuda meno. Ma da essa uscì la libertà religiosa. Ciòsignifica che Hitler, probabilmente, fu «chiù fe-tente e autoritario» di Lutero.

6 Ça va sans dire: M. Weber, L’eticaprotestante e lo spirito del capitalismo,

Firenze, Sansoni, 1965. Si legga il giudizio

weberiano su Lutero «al quale non deve

essere attribuita alcuna affinità interiore

collo ‘spirito capitalistico’» (p. 149).7 Tesi, probabilmente acuita anche per

ragioni belliche, ma non del tutto pere-

grina. Al riguardo, cfr. M. Lutero, Scrittipolitici, a c. di L. Firpo, Torino, Utet, 1959

(capp. V-VI: le famose pagine sull’ «auto-

rità secolare» e «sulla guerra dei contadi-

ni»).8 B. Croce, Storia dell’età barocca in

Italia, Bari, Laterza, 1953, pp. 14-15. La

prima edizione dell’opera di Croce risale

al 1929.9 P. Gobetti, Il nostro protestantesimo,

in «Rivoluzione Liberale», anno IV, n. 20,

17 maggio 1925, p. 83, ora in Id., Scritti

politici, a c. di P. Spriano, Torino, Einaudi,

1960, vol. I, pp. 823-826, cit. pp. 824-825.

Non è sede questa per occuparsi, come si

evince dal passo, del liberalismo sui gene-ris di Gobetti.

10 B. Croce, Storia dell’età barocca inItalia, cit., p. 14.

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 51

puoi immaginare cosa farebbe un tale uomo. Spez-zerebbe catene e vincoli alle belve feroci, che az-zannerebbero e tormenterebbero tutti, e preten-derebbe comunque che si tratti di animali docili eammaestrati. Così i malvagi, sotto il nome di cri-stiano, abuserebbero delle libertà evangelica percompiere i loro crimini e rivendicherebbero che,essendo cristiani, non sono soggetti ad alcuna leg-ge o costrizione.

L’autorità temporale è quindi, secondo Lute-ro, necessaria e la sua missione è voluta da Dio, co-me scrive san Paolo nell’Epistola ai Romani. La spa-da che l’Onnipotente le concede è «particolarmen-te utile e necessaria per garantire la pace, punire ilpeccato e resistere ai malvagi». Servire il poteretemporale, per Lutero, è mettersi al servizio di unafunzione e un’opera nell’interesse del prossimo:«per il bene del tuo vicino e per assicurare pace edifesa di tutti, quando si tratta dell’altro e del suointeresse agisci secondo l’amore e non tollerare chegli sia fatta ingiustizia». Il frate riformatore ritieneche la ribellione ai poteri costituiti sia contraria alleSacre Scritture e che è dovere del cristiano, anchese il governante è malvagio, prestargli obbe-dienza. Il diritto «universale, divino e naturale» loesige, se si vuole che la pace e l’ordine regnino nelmondo.1 L’osservano anche pagani, ebrei e turchi:

Scrive Lutero in Sull’autorità temporale e sui li-miti dell’obbedienza da prestarle che la necessitàdel potere temporale è dovuta al fatto che gli

uomini sono naturalmente soggetti a peccare, percui occorre un’autorità che li tenga a freno.

Dobbiamo ora dividere i figli di Adamo e tutti gliuomini in due categorie: i primi che appartengo-no al regno di Dio e gli altri a quello del mondo.Se il mondo contasse solo veri cristiani, cioè cre-denti sinceri, non sarebbe utile né necessario ave-re principi, re, signori, come la spada e il diritto.Ma gli ingiusti non fanno mai quello che è giusto,ed è per questo che hanno bisogno del diritto cheindichi loro la retta via e li costringa a seguirla da-to che il mondo intero è malvagio e su mille uo-mini se ne trova a malapena uno cristiano.

E prosegue:

se qualcuno volesse governare il mondo secondo ilVangelo, abolire diritto e spada col pretesto che tut-ti sono battezzati e cristiani e che il Vangelo vietatribunali e spade, di cui non hanno alcun bisogno,

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Nella pagina accanto: Georg Lemberger (1495-1540),

La caduta nel peccato e la redenzione dell’umanità (1535),

Norimberga, Germanisches Nationalmuseum

MARTIN LUTERO E L’OBBEDIENZA AL POTERE

Il problema della sovranità

TEODORO KLITSCHE DE LA GRANGE

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«se agite contro questo diritto, siete peggiori di pa-gani e turchi; Dio ha scritto “la vendetta m’appar-tiene, sono io a giudicare” e anche “siate sottomessinon solo ai buoni padroni ma anche ai malvagi”».

Neppure, per Lutero, è consentita la ribellio-ne: «cambiare l’autorità e migliorare l’autorità so-no cose così distanti l’una dall’altra come il cielo e laterra. È facile cambiare ma è incerto e dannoso mi-gliorare. Perché? Perché non dipende dalla nostravolontà e dal nostro potere di farlo, ma riposa solonella volontà e nelle mani di Dio. Se ci fosse un mi-glior modo di governare il popolo, Dio avrebbe al-lora istituito un altro ordine che quello della spada edei tiranni». Il consiglio, perciò, è quello di «nonalzare la mano sull’autorità dato che questa non puònuocere all’anima come i preti e i falsi dottori». Co-me fece Davide che sopportò Saul finché questi non

morì: «non combattere contro il tuo signore o ti-ranno, sopporta piuttosto tutto ciò che può succe-dere». Che fare poi, se il sovrano viola «le leggi fon-damentali» del regno? Se questo re «non osserva néil diritto divino né quello del regno, dovrai tu, perquesto, attaccarlo, giudicarlo e punirlo? Chi per tel’ha ordinato?».

In sintesi secondo Lutero anche un governotirannico non può nuocere all’anima del cristiano,mentre lo possono errori e falsi insegnamenti delpotere ecclesiastico. Soprattutto il potere di cam-biare e sostituire governi (e forme di governo, cioèil potere costituente) appartiene a Dio e non al-l’uomo (alla comunità umana): l’autorità tempo-rale è insostituibile. Si può peraltro leggere nel ca-pitolo XVI della Confessione Augustana: «per ciòche riguarda la vita civile i protestanti insegnano

52 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

A sinistra: Carel Allard (1648-1709), Il candeliere (incisione, 1690 ca.). In questa immagine di fantasia sono raffigurati i

principali fautori della Riforma protestante. In primo piano li vediamo mentre discutono le grandi questioni teologiche

poste dai loro scritti. Fra essi si riconoscono: i tedeschi Lutero, Ecolampadio, Melantone, l’alsaziano Bucero, gli svizzeri

Zwingli e Bullinger, i francesi Calvino e Teodoro de Beza, lo scozzese Knox, lo slavo Flacco Illirico, gli italiani Vermigli e

Zanchi, gli inglesi Wyclif e Perkins, i boemi Hus e Girolamo da Praga. A destra: frontespizio della prima edizione delle

Confessioni augustane (Wittenberg, 1530), uno dei testi fondamentali del luteranesimo

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che le istituzioni civili legittime sono buone operedi Dio e che ai cristiani è lecito ricoprire carichepubbliche, esercitare la funzione di giudice, pro-nunziare sentenze in base alle leggi imperiali e allealtre norme vigenti, stabilire le pene in conformitàalle leggi, far guerra per giusti motivi, militare ne-gli eserciti. Condannano gli Anabattisti che vieta-no questi doveri civili ai cristiani». Con ciò Lutero(e i suoi seguaci) s’iscrivono in quella tendenzadella teologia politica cristiana, detta del ‘dirittodivino soprannaturale’, cui si contrappone l’altradel ‘diritto divino provvidenziale’, secondo cui ilpotere temporale fa parte dell’ordine provviden-ziale del mondo, ma forma e governo possono es-sere cambiati e modificati dagli uomini. I qualinon possono scegliere di non avere un’autorità ci-vile: ma (solo) di deciderne la forma e i governanti.Ossia il ‘potere costituente’ (si direbbe con termi-ne moderno) appartiene agli uomini. Anche se cal-vinisti erano per lo più i monarcomachi protestan-ti (come Junius Brutus, i Levellers, Hotman, Teo-doro di Beza), le tesi di Calvino sull’istituzione di-vina del potere non differiscono granché dal pen-siero di Lutero. Il riformatore ginevrino scrivevache coloro che vogliono fare ribellioni o cambia-menti, mettono in opera «non solo una specula-zione folle ed inutile, ma anche malvagia e danno-sa» perché se Dio ha costituito «re sui regni, e suipopoli liberi altri governanti, dobbiamo esseresoggetti e obbedienti a chi governa, chiunque essosia, nel luogo dove viviamo».2

La seconda concezione, con legittimazionedella ribellione e del tirannicidio, ha fautori noti: dasan Tommaso a Francisco Suarez e Roberto Bellar-mino, fino ai monarcomachi protestanti, (comel’altra, la quale oltre che da molti protestanti eracondivisa anche da cattolici, tra i quali Bossuet). Èquest’ultima che influenzò di più l’evoluzione poli-tica successiva. La tesi luterana di dover essere sot-tomessi anche al governo tirannico era contestatada Roberto Bellarmino secondo il quale «il poterepolitico, considerato in particolare, viene certa-

mente da Dio, mediante però una deliberazione eun’elezione umana».

Scriveva Otto von Gierke che Francisco Sua-rez «fa derivare direttamente e necessariamente ilpotere sovrano dal “corpo politico e mistico” chegli uomini singoli costituiscono per un atto diunione assolutamente libero, sebbene corrispon-dente alla ragione naturale e quindi alla volontàdivina»; il potere sovrano spetta quindi alla comu-nità per «ragione naturale» perché Dio ha conces-so il potere «per la di essa conservazione e il gover-no». La ribellione è sempre lecita contro il tirannoabsque titulo; sottoposta a condizioni se «quoad re-gimine». Ciò perché in ogni caso «tota res publicaest superior rege» per cui «ab illa potest deponi».3

La concezione dei suddetti teologi per cui lacomunità è superiore al governo e lo può cambiareha sicuramente influito sulla Rivoluzione francese

Emmanuel-Joseph Seyès (1748-1836) in un dipinto di

Jacques-Louis David (1748-1825) del 1817

53dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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54 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

e in particolare sul suo teorico più originale e con-seguente - almeno sul piano ‘costituzionale’ - cioèl’abate Sieyès.

La concezione dell’abate era la secolarizzazio-ne di tale teologia politica, con la nazione onnipo-tente al posto del Dio onnipotente. Questa ha il di-ritto di darsi la forma che vuole (e, ancor più, dicambiarla) e di detronizzare i governanti.4 Nessunoha diritto al potere per investitura divina, ma soloper decisione umana. Il seguito della storia politicae costituzionale europea si basa su quanto enuncia-to dell’abate rivoluzionario: è la volontà della na-

zione la fonte dell’ordinamento costituzionale.Si considera spesso che dalla Riforma prote-

stante - e in certa misura, quindi, dal pensiero di Lu-tero - sia stato influenzato il pensiero e la prassi dellamodernità. Ma se di sicuro la libertà di coscienza deimoderni ha un debito verso Lutero, così come loStato assoluto (assoluto perché indipendente, siadalla Chiesa che dai sudditi), ne ha poco o punto conla concezione politica del riformatore protestante.È assai più evidente che lo ha - invece - con i teologicattolici e protestanti che sostenevano un rapportomeno sottomesso verso il potere temporale.

Ci sarebbe da chiedersi per quali ragioni vi siaquesta affinità. In primo luogo, perché la moder-nità ha messo il mondo umano in ‘movimento’: dauna società statica a una dinamica in ogni senso(politico, economico, sociale). Ma a una societàdinamica è necessaria una concezione ‘dinamica’dell’ordine.

Marx ed Engels nel Manifesto del partito comu-nista descrivevano lo sviluppo capitalista (tra l’al-tro) in questi termini: «Nei periodi della storia an-teriori al nostro, noi incontriamo quasi da per tuttouna completa spartizione della società in ordini eceti» ma la scoperta dell’America, la circumnavi-gazione dell’Africa «dettero impulso nuovo e ina-spettato al commercio, alla navigazione, all’indu-stria, favorendo il rapido sviluppo rivoluzionarioin seno alla società feudale, che di già veniva sfa-sciandosi. A ciascuna delle fasi di cotesto sviluppocorrispose un relativo progresso nell’ordine politi-co, col fermarsi e costituirsi della grande industriae del mercato mondiale, la borghesia s’è impadro-nita in modo esclusivo del potere politico nel mo-derno stato rappresentativo». Lo sviluppo istitu-zionale parallelo (e omogeneo) comprese sia la di-struzione di ogni «situazione di ceto» (Weber) acarattere pubblico, come la corrispondente acqui-sizione alla comunità nazionale di ogni posizionepubblica di potere (Hauriou): era il potere costi-tuente umano. E non poteva non esserlo.

Conseguenza di questo è il potere dei soggetti

Sotto: Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Martin

Lutero (1546), Harvard University, Fogg Museum.

Nella pagina accanto da sinistra: Christian Beyer

(1482-1535), La dieta di Augusta (1530). Fu durante questa

assise che Filippo Melantone, in rappresentanza di Lutero

e per conto dei principi che avevano abbracciato la ‘nuova’

fede, espose per la prima volta in modo ufficiale i principi

del protestantesimo luterano; copertina della prima

edizione del Manifesto del partito comunista di Karl Marx e

Friedrich Engels (Londra, 21 febbraio 1848)

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di creare (e conformare) le istituzioni. Le quali cosìsi adeguano al movimento sociale e assicurano laconformità della forma politica all’evoluzione delsentire e dell’agire comune.

La menda principale della concezione di Lu-tero è d’essere ‘statica’, perché cristallizza i rapportidi potere e le forme in cui sono esercitati, e così nonagevola la ‘circolazione delle élites’, il rinnovamen-to delle forme, delle norme e della classe dirigente.

La libertà politica è, in primo luogo, quella di con-formare liberamente - nei limiti delle regolarità delpolitico - l’ordinamento istituzionale; e di poterlofare ‘dal basso’. Per cui la contraria (a Lutero) con-cezione della superiorità della res publica rispetto alrex riconosce alle comunità umane tutta la libertà‘possibile’, senza alcun vincolo se non voluto e ac-cettato dalle stesse. È, se non l’acceleratore, il rifiu-to di mettere freni alla storia.

NOTE1 M. Lutero, Esortazione alla pace, in

Id., Oeuvres, Ginevra, Labor et fides, 1957,

IV, p. 157.2 G. Calvino, Institutio christianae re-

ligionis, tomo IV, libro IV, cap. XX.3 F. Suarez, De charitate, 13 (De bello),

cap. VIII; si veda anche: J. De Mariana, Derege et regis institutione, Napoli, Edizioni

scientifiche italiane, 1996, I, cap. VI, p. 54;

Tommaso d’Aquino, De regimine princi-pum, I, cap. VI; F. Suarez Defensio fidei ca-tholicae et apostolicae, III, cap. III (sulla

attribuzione solo alla comunità perfetta

del supremo potere civile).

4 Sieyès sostiene che la «La Nazione

esiste prima di ogni cosa, essa è l’origine

di tutto: La sua ‘volontà’ è sempre confor-

me alla legge, essa è la legge stessa: Prima

di essa e al di sopra di essa non c’è che il

diritto naturale» e prosegue: «In ogni sua

parte la Costituzione non è opera del po-

tere costituito, ma del potere costituente:

nessun tipo di potere delegato può cam-

biare alcunché delle condizioni della pro-

pria delega». L’abate insiste ripetutamen-

te sul concetto di volontà, «che è al di fuo-

ri di ogni forma» e che «una Nazione non

può né alienare né interdire a se stessa la

facoltà di volere; e qualunque sia la sua

‘volontà, non può perdere il diritto di mu-

tarla qualora il suo interesse lo esiga’»;

per cui «quand’anche le fosse concesso,

una Nazione non deve insabbiarsi nelle

pastoie di una forma positiva: equivar-

rebbe a rischiare di perdere irrevocabil-

mente la propria libertà, perché sarebbe

sufficiente una sola occasione favorevole

alla tirannia, per legare i popoli, con il

pretesto della Costituzione, a una forma

che impedirebbe loro di esprimere libera-

mente la propria volontà, e di liberarsi

dunque dalle catene del dispotismo», in

Qu’est-ce que le tiers État trad. it. in Ope-re, I, Milano, Giuffrè, 1993, p. 235.

55dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 57

rali. Non solo: la polemica sigonfiò, fino a toccare livelli disconvolgente violenza.

La vicenda è nota: dopol’affissione nel 1517 delle 95 Te-si e dopo il rifiuto di obbedirealla bolla Exsurge Domine del1520, Lutero aveva pubblicatoalcune opere polemiche in cuiaveva sfidato la corruzione dellaChiesa: La cattività babilonesedella Chiesa, Alla nobiltà cristianadella nazione tedesca e La libertàdel cristiano. Ma oltre alla pole-mica con Madre Chiesa, in que-

ste opere Lutero aveva anche messo in dubbio laquestione del libero arbitrio, punto fondamenta-le della dottrina romana. Convinto al contrarioche l’uomo sia capace di scegliere tra passione eispirazione divina, Erasmo pubblicò nel settem-bre 1524 il trattato De libero arbitrio diatribé sivecollatio. Opera notissima in cui l’umanista affron-tava il riformatore nel punto centrale della suateologia: che il peccato abbia deformato la strut-tura dell’uomo rendendolo inetto al bene e pro-spettando una salvezza possibile solo grazie al ri-scatto di Cristo. Secondo Erasmo, invece, il pec-cato originale non ha cancellato nell’uomo la ca-pacità di esercitare il bene, lo ha indebolito senza

Fu sul tema della libertà discelta dell’uomo, o me-glio della sua libera deci-

sione, che si accese una dellegrandi dispute della storia delpensiero occidentale, quella tral’umanista Erasmo da Rotter-dam e il riformatore Lutero:nello scontro tra alcune loroopere si consumò nella culturaeuropea un fatto che la storio-grafia ha assunto come emble-matico dell’insanabile conflittotra due componenti nodali dellaciviltà moderna, Umanesimo eRiforma. Fu il punto in cui entrarono in conflittodue teologie, due diverse concezioni di Dio, o me-glio: due cristologie, due modi di intendere il rap-porto che l’incarnazione del Verbo aveva instau-rato tra Dio e gli uomini. E il conflitto sfociò nellarottura insanabile tra le due figure che in quel tor-no di tempo rappresentavano i due mondi cultu-

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: ritratto cinquecentesco dello stampatore

Johann Lufft. Nella pagina accanto: Il mulino di Dio.

Nella vignetta (Zurigo, 1521) Erasmo e Lutero lavorano

insieme per produrre il pane della vita: una Bibbia

per il popolo, inutilmente offerta al papa e alla sua corte

‘EDIZIONI CONTRO’: FRA ERASMO E LUTERO

Opposte volontà in stampa

ANTONIO CASTRONUOVO

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Sopra in senso orario: ritratto dello stampatore Johann Froben (copia anonima da un dipinto di Hans Holbein, Basilea,

Kunstmuseum); frontespizio di un De servo arbitrio del 1526, probabile seconda edizione dell’opera; frontespizio della

traduzione tedesca di Justus Jonas del De Servo arbitrio di Lutero (1526).

Nella pagina accanto, in senso orario: stemma dello stampatore Johann Froben; ultima facciata del De libero arbitrio di

Basilea (1524); uno dei più bei ritratti di Erasmo da Rotterdam, in antiporta ai Colloquia familiaria, editi a Lipsia, ex

Officina Weidmanniana, nel 1736; frontespizio del De libero arbitrio diatribé sive collatio di Erasmo, pubblicato a Basilea

«apud Ioannem Frobenium» nel settembre 1524

58 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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sopprimere in lui la coscienza ela ragione; la bontà divina vieneincontro all’uomo, che proprionella sua caducità morale si ri-vela grande e, mediante la liber-tà del volere, avvia il processodella grazia.

�La diatriba ha un po’ na-

scosto il versante editoriale dellaquestione, che contiene qualchecuriosità. In primo luogo la sin-cronia di alcune ‘prime edizioni’dell’opera di Erasmo, uscite nel-lo stesso anno e stesso mese, an-che se la prima a vedere la luce fuquella di Basilea. L’umanista ci lavorava già daiprimi mesi del 1524 e a febbraio poteva annuncia-re al cardinale Lorenzo Campeggi di Bologna chestava scrivendo un’opera sul libero arbitrio, di im-minente pubblicazione. La notizia si sparse, tantoda provocare la sollecitazione a fare presto da par-te di papa Clemente VII. L’opera fu terminata epubblicata entro il 1° settembre di quell’anno:

uscita confermata da una letteradi Erasmo inviata da Basilea il 6settembre 1524 a Enrico VIII:«Il dado è tratto; il libro sul libe-ro arbitrio è venuto alla luce».Tra il 2 e il 6 settembre Erasmoaveva già spedito copie, con let-tere di accompagnamento, a nu-merosi personaggi dell’ambien-te romano, tedesco e inglese. Delibero arbitrio diatribé sive collatioaveva visto la luce a Basilea, co-me volume in ottavo «apud Io-annem Frobenium, AnnoM.D.XXIIII. Mense Septem-bri». Ma quasi in contempora-nea l’opera uscì a Colonia «apud

Heronem Alopecium, Anno M.D.XXIIII. MenseSeptembri» (dove Heronem Alopecium, così chia-mato forse in quanto calvo, è il tipografo HeroFuchs) e ad Anversa presso Michiel Hillen vanHoochstraaten. Sono rare edizioni ‘parallele’ rin-tracciabili in alcune biblioteche europee: un cen-no a quella di Colonia è dato dagli Annales Typo-graphici ab anno MDI ad annum MDXXXVI conti-

dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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nuati (Norimberga, Wolfgang Panzer, 1798, p.391, n. 405).

�Quando ricevette il volume di Erasmo, Lute-

ro lesse, meditò e scrisse a sua volta quel De servoarbitrio che suona come risposta altrettanto pole-mica verso le posizioni del primo. Il Dio che appa-

re nella puntigliosa risposta di Lutero è una divini-tà iraconda che mette al mondo l’uomo comecreatura destituita di libertà del volere e incapaceda sola di risollevarsi: la sua salvezza è possibile perla sola grazia mediante la sola fede. Lutero affermaanche che se l’uomo fosse libero di salvarsi e vi ri-nunciasse, Cristo sarebbe morto invano sulla cro-ce. In questi termini teologici, quella di Luterosembrerebbe opera lontana dal nostro sentire, macolpisce nel fluire della prosa una magnifica vigo-ria narrativa, una grande forza di espressione dellacoscienza religiosa, che in certo modo additanonell’opera alcuni caratteri di modernità.

Lutero pubblicò De servo arbitrio Mar. Luthe-ri ad D. Erasmum Roterodanum nel dicembre 1525a Wittenberg presso lo stampatore IohannesLufft. Nel frontespizio il titolo è incastonato tra iseveri muri di un edificio marmoreo, mentre inbasso un angelo sostiene lo stemma editoriale incui si riconoscono tre lettere: H, L, I, per la ragio-ne che Iohannes Lufft era anche noto come HansLufft. Una tiratura del 1526 è molto probabil-mente una seconda edizione, ma interessa notareche sempre nel 1526 l’opera, essendo in latino, futradotta in tedesco da Justus Jonas e pubblicata aWittenberg col titolo Das der freie Wille nichts sei.

La questione non era chiusa: sempre nel 1526Erasmo pubblicò una ulteriore riposta a Lutero:Hyperaspistes diatribae adversus Seruum ArbitriumMartini Lutheri, opera uscita a Basilea «apud Io-annes Froben» e sempre in ottavo. Il titolo è unodi quelli che giocano sull’etimologia di termini as-sociati: Hyperaspites sta circa per «protetto dalloscudo». Pur trattandosi di un voluminoso trattato,questa controreplica non nasceva come si potreb-be pensare da una meditazione pacata del Servo ar-bitrio: Erasmo aveva ricevuto l’opera di Luteroquasi per caso, dopo un anno che era in circolazio-ne, e gli colse l’urgenza di rispondere al riformato-re in vista della fiera di Francoforte. Scrisse per-tanto le centinaia di pagine dell’opera, come pos-seduto da un demone, in una decina di giorni:

60 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

Sotto: frontespizio dell’Hyperaspistes diatribae adversus

Seruum Arbitrium Martini Lutheri di Erasmo, uscito a

Basilea «apud Ioannes Froben» nel 1526.

Nella pagina accanto: frontespizio del De servo arbitrio di

Lutero (Wittenberg, Iohannes Lufft, 1525)

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amara e serrata rettifica, Hyperaspites reagiscepunto per punto alle deformazioni che, secondol’autore, Lutero aveva inflitto al suo pensiero. Einfatti, più che riprendere la difesa del libero arbi-trio, l’opera si presenta come difesa di Erasmo allapropria dissertazione sul libero arbitrio.

�Se esiste, all’interno della civiltà occidentale,

un formidabile strumento di confronto e circola-zione del sapere questo è il libro, e la figura chemeglio simboleggia la nuova epoca del libro astampa è certamente Erasmo. La breve vicendaeditoriale sopra narrata ne è prova parziale ma so-lida. La civiltà occidentale è cresciuta grazie allepolemiche e alle querelles che si sono dipanate acolpi di edizioni, e non basta: va anche constatatoche il valore di una diatriba non sorge dal trionfodi una fazione sull’altra: la contrapposizione traErasmo e Lutero non ha infatti assunto, nei secolisuccessivi, l’aspetto di una lacerazione. L’Umane-simo di Erasmo - animo tollerante e spirito libero,da Nietzsche iscritto con Petrarca e Voltaire nella«bandiera dell’illuminismo» - ha lasciato il pro-prio segno sui movimenti di Riforma che seguiro-no a Lutero, e Lutero conserva in sé un lato rivolu-zionario che ha comunque agito a favore della mo-dernità. La polemica tra Erasmo e Lutero è unatrama complessa di eventi e di scritti che, nell’in-sieme, agirono a favore del rinnovamento cultura-

le e religioso dell’Europa. E noi, oggi, ne valutia-mo la portata grazie alla stampa dei trattati e libelliche costituirono all’epoca i colpi d’artiglieria dellediverse fazioni. La storia ha fatto in modo che icolpi diventassero libri, ossia materiale irrinuncia-bile di studio, e di piacere.

NOTALa bibliografia sulla diatriba Erasmo-

Lutero è immensa. Come introduzione sia

sufficiente leggere il capitolo che le dedica

Huizinga nel classico Erasmo, tradotto in

Italia da Einaudi (1941, cap. XVIII). Fiorella

de Michelis Pintacuda approfondisce la

questione in Tra Erasmo e Lutero (Roma,

Edizioni di Storia e Letteratura, 2001). Le

lettere di Erasmo sono state pubblicate

grazie un immenso lavoro di raccolta rea-

lizzato nella prima metà del Novecento da

P.S. Allen e H.M. Allen: Opus epistolarumDes. Erasmi Roterdami; la lettera del 6 set-

tembre 1524 si trova nel vol. V (London,

Oxford University Press, 1924, p. 541, let-

tera n. 1493). Tutte le opere citate nell’ar-

ticolo non si trovano nelle biblioteche ita-

liane. Nel caso di Lutero esiste una precisa

ricognizione che ne esclude la presenza:

Giulio Mazzetti, Le prime edizioni di Lutero(1518-1546) nelle biblioteche italiane (Fi-

renze, Olschki, 1984).

61dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 63

sociale del paese interessò anchele donne. Aristocratiche, ‘donnedi potere’, letterate, come GiuliaGonzaga, Isabella Bresegna, Re-nata di Francia, Margherita diSavoia, Vittoria Colonna, insie-me con borghesi e popolane par-teciparono attivamente alla vitadelle comunità eterodosse italia-ne, benché di coloro che non eb-bero accesso alla scrittura resti-no poche tracce e sovente filtrategli uomini, soprattutto nelle ve-sti di inquisitori.2 La letteraturafemminile visse invece un mo-mento di grande fioritura, per la

spinta congiunta al rinnovamento del sapere e del-la religione e alla valorizzazione della donna pro-veniente dal moto umanistico e di riforma spiritua-le del Cinquecento.3

La vita e l’opera di Olimpia Fulvia Morata of-frono una compiuta sintesi di quelle istanze cultu-rali e religiose. Le sue scelte furono molto sentite ecoerentemente perseguite: ferma nella fede sinoall’esilio, dedita all’attività intellettuale con pienaconsapevolezza della dignità femminile, lasciò unaproduzione scientifica ed epistolare da cui emergeun ritratto a tutto tondo di una letterata riformatadell’Italia del Cinquecento.

La formazione umanistica fu per la Morata,

La vita di Olimpia FulviaMorata (1526-1555) siiscrive nell’età del Rina-

scimento e della Riforma prote-stante, seppur con un crisma dieccezionalità. Il suo astro di raf-finata umanista brillò nellasplendida cornice della corte fer-rarese di Ercole I e di Renatad’Este per spegnersi precoce-mente ad Heidelberg, terra diasilo e di onori per questa esulereligionis causa. Celebre in vita,come letterata e come modelloreligioso, divenne un mito nellacultura tedesca dell’Otto-Nove-cento per la sua rivendicazione dell’impegno fem-minile nella sfera intellettuale ed è stata ora giudi-cata la «donna più importante per l’Umanesimotedesco della prima metà del Cinquecento».1

Quella della Morata non fu certo l’unica vocefemminile che si levò nell’‘Italia reformata’ né nelmondo letterario italiano. Il movimento prote-stante che penetrò dal Nord al Sud e in ogni ceto

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: Olimpia Fulvia Morata, miniatura del XVII secolo,

Schweinfurt, Museo della città. Nella pagina accanto:

Olimpia Fulvia Morata, in una vignetta della seconda metà

del XVII secolo

ESULI DI RELIGIONE:OLIMPIA FULVIA MORATA

Per seguir l’Evangelo

LUCIA FELICI

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come per molti e molte correligionari, il punto dipartenza dell’itinerario culturale. La sua infanziatrascorse all’insegna della cultura classica e della fi-losofia, prima con l’insegnamento del padre, il let-terato alla corte estense Fulvio Pellegrino Morato,poi degli umanisti tedeschi protestanti Johannes eKilian Senf (Sinapius), allorché divenne damigelladi Anna d’Este. Molti stimoli poterono provenirledall’ambiente ferrarese, assai rinomato per la viva-cità culturale della corte, dell’Università e delle Ac-cademie. Presto Olimpia si distinse come fanciulla

prodigio, per la sua erudizione e per la sua capacitàdi comporre e declamare testi in latino e greco, co-me una perduta Defensio pro Cicerone, un commentoai Paradoxa ciceroniani, i Proemi, carmi (redatti neiprimi anni quaranta). Una produzione non vasta eforse un po’ scolastica, ma che fu unita a un intellet-to straordinariamente vivo, a una grande aperturamentale, vastità e profondità di interessi. Dotti fa-mosi quali Celio Calcagnini e Celio Secondo Cu-rione ne cantarono le lodi come novella Aspasia eDiotima; Giambattista Giraldi Cinzio la definì

Sopra: incipit della prima edizione del commento ai Paradoxa di Cicerone, di Olimpia Fulvia Morata (a cura di Celio

Curione; volume stampato a Basilea da Peter Perna, nel 1558). Nella pagina accanto: incipit della traduzione in greco

antico di sei Salmi, dall’Opera omnia di Olimpia Fulvia Morata (Basilea, Peter Perna, 1558)

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«puella supra sexum ingeniosa».4 Tale diversità dalmodello muliebre del tempo la Morata la rivendicòcon forza e consapevolezza, per far valere la propriadimensione intellettuale. Eloquente un suo carmegreco: «e io nata donna ho abbandonato le cose dadonna, la tela, il fuso, il filo, i cestini, e trovo dilettosolo nel prato fiorito delle Muse e nei lieti canti didanza del Parnaso dalla duplice vetta. Altre donneapprezzano forse altri diletti; ma questa è la mia oc-cupazione, questa è la mia felicità».5

�Insieme con l’impegno culturale, si sviluppò

in Olimpia l’interesse per le questioni religiose. Fa-miliarizzata alle dottrine riformate dal padre, nelsuo ruolo di damigella ella ebbe esperienze decisivenella corte di Renata di Francia. La duchessa rap-presentava infatti un punto di riferimento fonda-mentale nel mondo protestante italiano per la suaadesione al calvinismo, pur con la flessibilità dottri-nale di eredità dell’evangelismo francese, e per lagenerosità dell’accoglienza, del sostegno, dell’aiu-to verso gli eterodossi - tanto da guadagnarle gliappellativi di «patrona» e «pia ricevitrice di ognicristiano».6 Olimpia partecipò alla vita religiosa in-tensa e cosmopolita del circolo di Renata, animatada un folto gruppo di intellettuali e riformatorifrancesi, italiani, tedeschi - tra i quali i poeti Clé-ment Marot e Ludovico Castelvetro, il poligrafoAntonio Brucioli, curatore della prima Bibbia involgare di stampo riformato, l’umanista eterodossoOrtensio Lando, il teorico del nicodemismo Fran-çois Richardot, lo stesso Giovanni Calvino, i Sina-pi, Celio Secondo Curione, che le fece dono deisuoi famosi Pasquilli satirici e ne divenne il mentoree l’amico di una vita. Ebbe soprattutto accesso allasua biblioteca, ricca di Bibbie e di testi riformatiitaliani o provenienti dall’oltralpe, come le opere diErasmo, Bucer, Calvino, Lutero ecc. Olimpia ri-volse così il suo sguardo verso le ‘Sacre lettere’: unadecisione esiziale. Sia la sua produzione letterariasia le sue scelte di vita si orientarono da allora verso

la Riforma. Il primo frutto della sua conversione fu la tra-

duzione latina delle novelle di Ser Ciappelletto e diAbraham giudeo del Decameron (1543/45), signifi-cativamente ricche di implicazioni religiose che laMorata svolse in chiave protestante e antiromana.7

Il secondo fu la decisione di sposare il medico lute-rano Andrea Grunthler, di soggiorno a Ferrara, e diseguirlo in Germania nel 1550 per abbandonare la«terra dell’Anticristo»8 Ormai la situazione a Fer-rara era comunque profondamente mutata: cadutain disgrazia a corte insieme con tutta la sua famigliadopo la morte del padre, a causa di calunnie, privatadell’amica Anna, sposa del duca francese Francescodi Guisa, interiormente già lontana dalla vita corti-giana, la Morata assisteva sgomenta alla crescente

65dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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repressione religiosa in Italia,che si manifestò anche a Ferraracon la condanna a morte di Fani-no Fanini.9 Come scrisse Curio-ne, era tempo di «uscir di una sìfatta servitù e tirannia, ed irsenein loco dove liberamente e sicu-ramente servir gli possano Dioed honorarlo».10 Nell’attesa cheil marito provvedesse alla loro si-stemazione in Germania, Olim-pia dette testimonianza delle suevicissitudini interiori all’amicaLavinia della Rovere, anch’essafiloriformata, nel dialogo Lavi-nia Ruverensis Ursina et OlympiaMorata colloquntuur.11

In Germania, i coniugiGrundler e il piccolo fratello di Olimpya si stabili-rono prima in Franconia, a Kaufbeuren presso Au-gusta, dove Andreas aveva ottenuto un posto dal-l’amico Georg Hörmann, consigliere del re di Boe-mia-Ungheria, poi a Würzburg, ospiti di Sinapius,e infine nel 1551 a Schweinfurt, città natale di An-dreas, nominato medico municipale. Rifiutarono

invece un prestigioso incarico a Linz, città cattoli-ca, per coerenza con la propria fede: come Olimpiadichiarò, «noi militiamo sotto la bandiera di Cristoe non possiamo tradire, pena la dannazione eterna[…] Ho seguito mio marito oltralpe e sarei felice diviaggiare per terra e per mare fino al selvaggioCaucaso o ai confini dell’Occidente […] purché

Da sinistra in senso orario: frontespizio

del volume Some memorials of Renée of

France, Londra, Bosworth and

Harrison (si noti, nella piccola vignetta,

il ritratto di fantasia della duchessa di

Ferrara, protettrice di ‘eretici’ e

protestanti); frontespizio della prima

edizione del volume che raccoglie le

opere di Olimpia Fulvia Morata

(Basilea, Peter Perna, 1558); dedica del

volume a Isabella Bresegna, a firma di

Celio Curione; anonimo (XVI secolo),

Ritratto di dama francese, forse Renata di

Francia, duchessa di Ferrara, Gołuchów,

collezioni dei principi Czartoryski

(dipinto disperso nel 1941)

66 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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non ci vengano imposti i riti romani».12 Negli anniche seguirono, di grande entusiasmo per la ritrova-ta libertà e per l’ammirazione che la circondava co-me donna ‘letterata’, la Morata riprese i suoi studiclassici e teologici («totum diem me cum Musislecto [...] saepissime refero me ad divina studia»),13

producendo diverse opere e un consistente corpusepistolare.

�Appartengono a questo periodo la traduzione

in greco di sei Salmi (poi musicati dal marito, se-condo la tradizione riformata) e il dialogo Teophilaet Philotima colloquuntur (1551), documento signifi-cativo delle scelte religiose di Olympia, la conver-sione e l’esilio: nelle vesti di «amante di Dio» ellaillustrava la forza della fede e della speranza per su-perare le sofferenze causate dalla rinunzia volonta-ria a una vita tranquilla con gli affetti familiari, percoerenza con le proprie idee e in vista del trionfodella verità dell’Evangelo.14 L’impegno ad afferma-re la fermezza nella fede e la libertà di coscienzacontro atteggiamenti nicodemitici o opportunisti-ci, a divulgare il messaggio evangelico in primis inItalia e a combattere contro l’Anticristo (identifica-to, in linea con Curione, con tutti i persecutori),nella sua qualità di donna e di letterata, rappresentòuna costante nella sua vita di esule. Lo attestano lelettere che la Morata scambiò allora con le amicherimaste in Italia, come Lavinia della Rovere e Che-rubina Orsini (cui inviò testi di Lutero) e con alcunidei maggiori teologi protestanti del tempo, qualiFilippo Melantone, Joachim Camerarius, i celebriesuli Pier Paolo Vergerio, ex vescovo di Capodi-stria, e lo storico Mattia Flacio Illirico, ai quali do-mandò di tradurre opere di Lutero da diffonderenella Penisola. Con Curione, intrattenne una cor-rispondenza molto intensa e su temi sensibili perentrambi, tanto da risultare un «dialogo dell’uma-nesimo cristiano».15 Dell’umanesimo, la Morataritenne lo stile, modellato con sapienza sull’esem-pio ciceroniano, seppur per esprimere sovente dei

veri e propri sermones theologici.Molti dei suoi scritti e dei suoi libri finirono

però bruciati nell’occupazione di Schweinfurt, nelcorso della lotta di potere scatenata nel 1553-54 daAlberto di Brandeburgo-Kulmbach, detto Alcibia-de, contro i vescovi di Bamberga, Würrzburg eNorimberga. Furono quattordici mesi di guerra edi terribili stenti, cui seguì una fuga altrettanto pe-nosa - «magrissima e malaticcia […] scapigliata,coperta di stracci, ché ci tolseno la veste d’attorno,e fuggendo io perdetti le scarpe, né aveva calze inpiede, sì che mi bisognava fuggire sopra le pietre e isassi» - l’imprigionamento del marito, la cacciatada Hamelburg16. Le loro vicissitudini ebbero fine a

Anna d’Este (1531-1607), in un dipinto d’anonimo della

fine del XVI secolo (Versailles, Museo della reggia)

67dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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68 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

rodosso esule a Basilea (1558, 1562, 1570, quest’ul-tima ripubblicata nel 1580), con il titolo OlympiaeFulviae Moratae Foeminae doctissimae ac plane divinaeOpera omnia. Significativamente, l’opera fu dedica-ta a un’altra esule insigne, Isabella Bresegna, mo-glie del governatore di Piacenza, e poi a Elisabetta Id’Inghilterra. L’iniziativa fu dettata da un intentoinsieme pedagogico e di militanza religiosa: quellodi offrire un ‘manifesto’ per l’affermazione di unnuovo modello di donna impegnata nella sfera cul-turale e religiosa nell’età della Riforma.17 Tale laMorata restò nei secoli a venire.

Heidelberg, dove Andreas ebbe la cattedra di me-dicina all’Università e Olympia un insegnamentoforse privato di greco per interessamento dell’uma-nista Jacob Mycillus. Ma le sofferenze avevano or-mai minato la salute di Olympia, che si spense nel1555 per la tubercolosi, seguita a breve dal marito edal fratello a causa della pestilenza scoppiata nellacittà. Fu sepolta nella chiesa cittadina di San Pietro.

A consegnare ai posteri l’opera della Moratafu Curione. L’umanista dette alle stampe in diverseedizioni, via via accresciute, i suoi scritti superstiti ele sue lettere per i tipi di Pietro Perna, editore ete-

NOTE1 Vedi G. Weiss, Per una biografia di

Olimpia Morato, I, Poetesse italiane del Ri-nascimento, in Miscellanea di studi in me-moria di Cesare Bolognesi, a cura di L. Put-

tin, Schio 1976, pp. 79-107; R. H. Bainton,

Donne della Riforma, I, Torino 1992, pp.

307-324; F. Daenens, Olimpia Morata. Storieparallele, in Le donne delle minoranze, a

cura di C. Honess e V. Jones, Torino 1999,

pp. 101-112; S. Peyronel Rambaldi, OlimpiaMorata e Celio Secondo Curione: un dialogodell’umanesimo cristiano, in La formazionestorica dell’alterità. Studi di storia della tol-leranza nell’età moderna offerti a AntonioRotondò, promossi da H. Méchoulan, R. H.

Popkin, G. Ricuperati, L. Simonutti, Olschki,

Firenze 2001, 3 voll., I, pp. 93-133; A. Dörner,

Vom Selbstbild zum Vorbild: Olympia FulviaMorata und die Konstruktion eines prote-stantischen Frauenmodells im 16. Jahrhun-dert, in Vorbild- Inbild-Abbild. Religiöse Le-bensmodelle in geschlechtergeschichtlicherPerspektive, a cura di P. Burschel et al., Frei-

burg i. B. 2003, pp. 53-81; Olimpia Morata:cultura umanistica e Riforma protestantetra Ferrara e l’Europa, Atti del Convegno,Ferrara, Palazzo Bonacossi, 18-20 novembre

2004, a cura di G. Fragnito et al., in Schifa-noia. Notizie dell’istituto di studi rinasci-mentali di Ferrara, 2005, 28-29, pp. 131-

354; V. Honemann, Olympia Fulvia Morata(1526 Ferrara - 1555 Heidelberg: Schreibenin schweirigen Zeiten, in Ein Platz für sicheselbst. Schreibende Frauen und ihre Leben-swelten (1450-1700), A. Bollmann (hrsg.),

Frankfurt a. M. 2011; L. Saracco in Dizio-nario Biografico degli italiani, 76, 2012. Vedi

inoltre Olympia Fulvia Morata. Stationenihres Lebens: Ferrara-Schweinfurt-Heidel-berg. Katalog zur Ausstellung im Universi-tätsmuseum Heidelberg 1998, Ubstadt-

Weiher 1998. Per una bibliografia vedi

http://de.geocities.com/boriskoerkelweb/stu

dies/morata/index.html.2 Per un quadro d’insieme vedi ora L.

Felici, La Riforma protestante nell’Europadel Cinquecento, Roma 2016.

3 C. Dionisotti, Geografia e storia dellaletteratura italiana, Torino 1999.

4 L. G. Giraldi da Ferrara, Due dialoghisui poeti dei nostri tempi, trad. di C. Pandolfi,

Ferrara 1999, p. 235 (ed. or. Firenze 1551).5 O. Morata, Opere, a cura di L. Caretti,

II: Orationes, dialogi et carmina, Ferrara

1950, p. 50. Traduzione in R. H. Bainton,

Donne della Riforma cit., p. 308.6 E. Belligni, Renata di Francia (1510-

1575). Un’eresia di corte, Torino 2011.7 S. Prandi, “Ex sola Dei benignitate”:

Olimpia Morata e la traduzione latina delleprime due novelle del Decameron, in Olim-pia Morata: cultura umanistica e Riformaprotestante cit., pp. 265-278.

8 Così si espresse in una lettera a Cu-

rione del 1551: in O. Morata, Opere, I: Epi-stolae (1540-1555), a cura di L. Caretti, Fer-

rara 1940, p. 25.9 La Morata cercò invano, con Renata

e Lavinia, di scongiurare la morte del noto

eretico faentino su cui vedi L. Felici, Dizio-nario biografico degli italiani, 44, 1994.

10C. S. Curione, Quattro lettere chri-stiane, Basilea 1552, p. 49.

11 O. Morata, Opere, II, pp. 33-38.12Ibid., I, p. 117.13 Ibid., I, p. 9314 Ibid., II, pp. 39-46.15 S. Peyronel, Olimpia Morata e Celio

Secondo Curione cit.16 O. Morata, Opere, I, p. 4117 F. Daenens, Olimpia Morata cit., pp.

103 sg.

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La qualità delle migliori nocciole e il cacao più buono danno vita ad una consistenza

e ad un bouquet di sapori inimitabile.

Ferrero Rocher è quel dolce invito che ti regala un momento prezioso,

perfetto da condividere

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 71

nota a Nola e Bruno ne venne si-curamente a conoscenza. In par-ticolare, l’atteggiamento impavi-do che il suo concittadino avevamesso in mostra in una situazio-ne molto simile alla sua, dovettetornargli in mente in alcuni mo-menti decisivi della sua vita.

Sulla persecuzione e sulconseguente martirio, che en-trambi subirono a opera dell’In-quisizione cattolica si proietta,imponente, l’ombra di MartinLutero, segnandone analogie edifferenze. La diversa influenza

che ebbe sui due Nolani il contatto col luteranesi-mo riflette le reazioni contrastanti destate dal-l’azione del Riformatore, in una realtà dominatadall’assolutezza del potere papale.

Algieri sembra possedere il carattere fiero e ri-belle, tipico della gens Nolana. In alcuni momenti,la giovanile baldanza lo porta a rivolgersi ai suoigiudici con spavalderia, ostentando orgogliosa-mente una conoscenza delle Sacre Scritture che ri-corda quella dello stesso Lutero. Lo studio, iniziatoin giovanissima età, aveva destato i primi dubbidogmatici, che si erano rafforzati nell’ambiente na-poletano dei circoli valdesiani vicini alla contessaGiulia Gonzaga, per consolidarsi definitivamente aPadova, a contatto con gli studenti germanici.

Quando Pomponio Al-gieri da Nola, all’età disoli 24 anni, viene bru-

ciato vivo a Roma in piazza Na-vona, Giordano Bruno di anni neha appena otto. Oltre che per lagiovane età del condannato,l’esecuzione è insolita anche peril luogo e il metodo scelto dal-l’Inquisizione: anziché le solitefascine, per alimentare il fuocoviene approntato un pentolonedi pece, olio e trementina, nelquale viene immersa la poveravittima. Il metodo, che dovrebbevelocizzare il supplizio, si rivela inadeguato, per cuil’agonia del giovane si protrae oltre misura, tra ilraccapriccio degli spettatori. Proveniente da unafamiglia non nobile, ma abbastanza agiata, Pompo-nio aveva ereditato dai genitori alcune proprietàche vennero divise tra i suoi cugini, prima che il rea-me le requisisse, in esecuzione di una bolla di papaPaolo IV che toglieva agli eredi dei condannati pereresia qualunque diritto di successione. La notiziadella triste sorte dello studente era, dunque, ben

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: Hans Burgkmeir (1473-1531), Incisione per la Bibbia

di Lutero (1523). Nella pagina accanto: Supplizio di eretico,

dalla nona edizione del Acts and Monuments of the Church,

di John Foxe, (London, Company of Stationers, 1684)

LUTERO, BRUNO E POMPONIO ALGIERI

Il mostro e l’eroe

GUIDO DEL GIUDICE

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Prende però nettamente le di-stanze dalle posizioni anabattistee da quei dubbi antitrinitari che,invece, attanaglieranno Bruno findai primi anni di noviziato, por-tandolo alla completa negazionedella natura divina di Cristo e al-l’identificazione dello SpiritoSanto con l’Anima del mondo.

A differenza di Bruno, eglinon dissimula, non oppone tatti-che o eccezioni di principio, madifende con intransigente ostina-zione tutti i capisaldi del credo lu-terano, dalla negazione dei santi,a quella di quasi tutti i sacramen-ti, fino al nodo cruciale della giu-stificazione per fede. La sua indo-mabile opposizione alla Chiesa diRoma e al Vicario di Cristo, so-stenuta da motivi dottrinali, è bendiversa dall’irenismo di stampo machiavellico delfilosofo degli infiniti mondi. Per lui, senza dubbi disorta, la bestia trionfante è la tirannide papale:

Cristo è il buon pastore. Nessuno deve temeraria-mente occupare il suo posto, usurpando con tiran-nia, guerre, estorsioni, rapine, frodi e ipocrisia legiurisdizioni di Cristo: quelle che egli ha acquistatocol suo proprio sangue, offrendo se stesso in santosacrificio e placando l’ira di Dio in soddisfazionedei nostri peccati. E’ vero che in ciascuna parte del-la sua Chiesa, Dio ordina preti e vescovi; ma a nes-suno di loro è data primazia e ciò dicono anche i sa-cri Canoni, ribadendo che Cristo solo è principe,maestro, signore e capo di tutti e vietando che alcu-no pretenda sulla terra di farsi chiamare signore,maestro, capo o principe universale.

Animo sinceramente religioso fino al fanati-smo, abbraccia la dottrina luterana con una tale par-tecipazione spirituale, da affrontare la morte, senza

dare a vedere un minimo di timo-re o di umana debolezza. «Comeun eroe del Metastasio», direbbeil Manzoni. La sua risolutezza èattestata dalle parole messe a ver-bale in uno dei suoi costituti:

Ritorno volentieri in prigione, ma-gari anche alla morte, se piacesse aDio che fosse già per questa volta: iosono qui per questo.

I verbali dei confortatoridella confraternita di San Gio-vanni decollato, attraverso i qualici sono giunte le scarse notizie ri-guardanti le esecuzioni, permet-tendoci di ricostruirne nei trattiessenziali lo svolgimento, ci dannol’idea della differenza di atteggia-mento dei due eretici nel respin-

gere fino alla fine qualsiasi atto di ravvedimento. Perl’Algieri, che vede nel martirio l’agognata via di av-vicinamento alla redenzione in Cristo, unico inter-mediario tra sé e la divinità, il rifiuto degli ultimiconforti religiosi indica il disinteresse di chi è giàproiettato al di là del supplizio. La reazione torva esprezzante di Giordano Bruno sarà, invece, quelladel ‘furioso eroico’, che nega a Cristo qualsiasi ruoloprivilegiato di intermediazione tra uomo e Dio. Tuttoassorto nella sua immedesimazione nel Redentore ilprimo, teso direttamente alla divinità immanente ilsecondo, entrambi appaiono incuranti della propriasorte terrena e della inumanità dei loro carnefici.

Se nei confronti dell’Algieri il marchio lutera-no era pienamente giustificato dalla sua fede, nel ca-so di Bruno risulta, invece, del tutto improprio. Laprotesta di Lutero, che nasceva dalla constatazionedello stato di degrado e di corruzione in cui era pre-cipitata la Chiesa di Roma, viene esaltata dal primoin una dimensione teologica, dal secondo in un’otti-ca prevalentemente politica. Kaspar Schopp, con-

Frontespizio della prima edizione

dello Spaccio de la bestia trionfante di

Giordano Bruno (Londra, 1584)

72 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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vertitosi appena un anno prima al cattolicesimo edentrato nelle grazie di Clemente VIII, in una letteraall’amico di fede luterana Konrad Rittershausen,passata alla storia per essere l’unica testimonianzaoculare del rogo del filosofo Nolano, tenta così dirassicurare l’amico:

Se tu ti fossi trovato a Roma, avresti sentito diredalla maggioranza degli italiani che era stato bru-ciato un luterano; la qual cosa ti avrebbe conferma-to non poco nell’opinione che tu hai del nostro ri-gore. Ma è necessario che tu sappia una volta pertutte, caro Rittershausen, che i nostri italiani nonsanno distinguere fra le varie eresie: chiunque èeretico essi lo considerano luterano. [….] Potreicredere allo stesso modo, forse, e secondo la comu-ne diceria, che questo Bruno sia stato bruciato acausa del luteranesimo, se non fossi stato presenteal S. Uffizio quando gli è stata profferita la sentenzadi morte, e così non avessi saputo quale eresia egliprofessasse.

Dopo aver descritto le eresie contestate e le fa-si del supplizio, egli conclude:

Ecco qui, caro Rittershausen,il modo in cui procediamocontro gli uomini, o megliocontro i mostri di tal specie.Vorrei sapere da te se apprezziquesto modo d’agire o piutto-sto se vuoi che a ciascuno sia le-cito credere e dire qualunquecosa. Credo che tu non possanon apprezzarlo. Ma potraidoverosamente aggiungereche i luterani tali cose non le in-segnano né le credono e per-tanto devono essere trattati di-versamente. Io sono d’accordocon te e noi non bruciamo nes-sun luterano. Ma forse avrem-

mo fatto un conto diverso con il vostro profeta Lu-tero. Infatti cosa dici se sostengo e posso provareche Lutero non ha insegnato le stesse cose di Bru-no, ma ben più assurde e più terribili? […] Se dun-que Lutero non vale più di Bruno, che cosa pensi sidebba fare di lui? Senza dubbio che deve essereconsegnato al Dio zoppo, e che deve essere brucia-to con la legna portatrice di sciagure.

Particolarmente significativo, per la valutazio-ne dell’atteggiamento tenuto da Bruno nei confron-ti del Riformatore, è il fatto che, in due successivimomenti della sua vita, egli lo definisca in manieracompletamente opposta. Nello Spaccio de la bestiatrionfante, pubblicato a Londra nel 1584, Lutero è il«peggio che Lerneo mostro che con moltiformeeresia sparge il fatal veleno». Dopo appena quattroanni, nell’Oratio Valedictoria, l’orazione di congedopronunciata proprio a Wittenberg, il luogo dove fu-rono affisse cinque secoli fa le 95 Tesi, l’Idra dalle no-ve teste si trasforma magicamente nel suo giustizie-re: quell’Ercole che la affrontò e uccise. L’accusaformulata al processo di avere inteso rappresentare

nello Spaccio il sommo ponteficeè, dunque, priva di fondamento,in quanto all’epoca del suo sog-giorno inglese Bruno identificavanella ‘bestia’ proprio il dilagantemovimento riformatore:

Bastarà che done fine a quella pol-tronesca setta di pedanti, che senzaben fare secondo la legge divina e na-turale, si stimano e vogliono esserestimati religiosi grati a’ dei, e diconoche il far bene è bene, il far male èmale; ma non per ben che si faccia omal che non si faccia, si viene ad es-sere degno e grato a’ dei; ma per spe-rare e credere secondo il catechismoloro. Vedete, dei, se si trovò mai ri-baldaria piú aperta di questa, che da

Frontespizio della Oratio Valedictoria

di Giordano Bruno (Wittenberg,

Zacharie Cratonis, 1588)

73dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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quei soli non è vista, li quali non veggon nulla. [...]questi soli son meritevoli d’esser perseguitati dalcielo e da la terra, ed esterminati come peste delmondo, e non son piú degni di misericordia che glilupi, orsi e serpenti, nel spenger de quali consisteopra meritoria e degna.

È dunque il concetto di iustitia sola fide, con laconseguente svalutazione dell’opera dell’uomo, adettare l’ostilità di Bruno nei confronti del credo ri-formato. Il suo umanesimo, che individuava nellamano l’organo degli organi, in grado di conferire al-l’uomo la supremazia su tutti gli altri esseri, non po-teva sopportare una dottrina che sembrava svuotaredi significato ogni impegno etico e civile. Separare ilpiano del fanatismo religioso da quello della sana ri-

flessione filosofica, è questo che gli interessava:«Sappiamo che non fate il teologo ma filosofo, e chetrattate filosofia non teologia», si legge nel De gl’he-roici furori. Per lui tutte le Chiese erano uguali. Nel-lo Spaccio, andando aldilà delle questioni dottrinali,accomuna nella stessa condanna luteranesimo epaolinismo, ossia l’intera tradizione giudaico-cri-stiana. Due erano, di conseguenza, le bestie da‘spacciare’: il «Lerneo mostro» dei sostenitori dellaiustitia sola fide e la «vorace lupa Romana». Entram-be richiedevano un Ercole che le domasse: alla pri-ma, nel dialogo londinese, provvede Giove in per-sona, inviando di nuovo sulla terra l’eroe prediletto;contro la seconda il novello Alcide assume, a Wit-tenberg, i lineamenti di Martin Lutero. La meta-morfosi da Idra a Ercole è dovuta al riconoscimentonel grande Riformatore dell’uomo coerente e fer-mo nei suoi convincimenti. Che l’encomio di Brunonon sia dovuto a motivi di opportunismo, comequalcuno ha voluto insinuare, lo dimostra il fattoche esso fu pronunciato durante un discorso di con-gedo. Non avrebbe avuto alcuna necessità di esalta-re Lutero prima di partire, se non avesse sincera-mente mutato opinione su di lui. A differenza del-l’Oratio Consolatoria, che declamerà al suo arrivo adHelmstedt, in cui è evidente il tono adulatorio neiconfronti del nuovo principe, quello di Wittenbergè uno spontaneo tributo di riconoscenza.

Il giudizio di Bruno nei confronti del ribellemonaco agostiniano ai tempi del soggiorno inglese,quando aveva scritto lo Spaccio, subisce un netto ri-pensamento dopo aver frequentato in Germanial’ambiente luterano, che si dimostra nei suoi con-fronti talmente rispettoso e ospitale da accoglierlo,nell’agognata veste di docente, pur conoscendo lesue origini e la sua formazione. In un clima di ope-rosa attività intellettuale e di tollerante rispetto, chenon aveva trovato in nessuno dei paesi visitati finoallora, e tantomeno in Italia, il Nolano ha modo direndersi conto che la negazione del valore delleopere per la redenzione, non esclude un’attiva op-posizione di natura civile e politica all’oppressione

Antonio del Pollaiolo (1431-1498), Ercole e l’Idra (1475

ca.), Firenze, Galleria degli Uffizi

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papale. Ed è questa che egli celebra nell’elogio diLutero contenuto nella Oratio Valedictoria:

Ma chi è colui che passavo sotto silenzio? Quandoquel potente armato di chiavi e di spada, di inganni edi forza, di astuzie e di violenza, d’ipocrisia e di fero-cia, volpe e leone, vicario del tiranno infernale, av-velenava l’universo con un culto superstizioso eun’ignoranza più che brutale, spacciandole per sa-pienza divina e semplicità gradita a Dio; e quandoalla voracissima bestia non c’era chi osasse opporsi eresistere per disporre il secolo indegno e perdutissi-mo a migliore e più felice condizione e stato, qualealtra parte d’Europa o del mondo poté darci quel-l’Alcide, tanto più prestante d’Ercole stesso quanto,con più agevole sforzo e strumento, compì impresepiù grandi (e non si dirà forse che l’ha compiutaun’opera così egregia, colui che l’ha intrapresa contanto valore e costanza)? Che se tu vedi annientatoun mostro più grande e di gran lunga più perniciosodi quanti da tanti secoli mai esistettero, «Non do-mandar della clava: è stata la penna». [....] Da doveegli venne? Da quale paese? Dalla Germania, dallerive di codesto Elba, dall’abbondanza di questa sor-gente. Qui voi vedeste quel Cerbero tricipite, che sifregia di quella triplice tiara, tratto fuori dall’orcotenebroso; e fu qui che egli vide il sole. Qui quellostigio cane fu costretto a vomitar l’aconito. Qui l’Er-cole vostro e della vostra stirpe trionfò delle ada-mantine porte dell’inferno, di quella città protettada una triplice cerchia di mura, che lo Stige, scor-rendo in nove giri, rinserra. Vedesti, o Lutero, la lu-ce, la vedesti, la contemplasti, udisti il divino spiritoche t’incitava, obbedisti al suo comando, affrontastiinerme il nemico davanti a cui tremano principi e re,e con la parola l’assalisti, lo contrastasti, lo respinge-sti, gli resistesti, lo vincesti, e del nemico superbissi-mo innalzasti ai superi le spoglie e il trofeo.

Fortuna che anche quest’opera, come lo Spac-cio, non figurasse tra quelle in possesso dei giudiciromani! Altrimenti il processo sarebbe durato mol-

to meno degli otto anni, durante i quali il filosoforiuscì a tenere in scacco il tribunale.

Le vicende processuali di Pomponio Algieri eGiordano Bruno furono scandite dalle stesse tappe:l’arresto nel territorio della Serenissima, i costituti,l’estradizione concessa su istanza di Roma, con lostesso pretesto di non essere, i due, sudditi veneti.La furia con cui la «vorace lupa romana» si avventòsulle carni del giovane studente e del filosofo deimondi infiniti lascia davvero interdetti. Possibileche non si rendesse conto di creare, in questo modo,due fulgidi esempi di martiri, che pesano tuttora co-me macigni sulla sua coscienza? L’uno talmentegrande da essere accolto nel Gotha del martirologioprotestante, l’altro vittima sacrificale sull’altare dellibero pensiero. Entrambi, pur con intonazioni di-verse, dimostrano di essere pienamente consapevolidella propria scelta. Subito dopo la lettura della sen-tenza, Algieri prende commiato così dai suoi giudi-ci: «Questo è quello che ho sempre dimandato dalmio Signor. Vivat Dominus meum in aeternum»;mentre Bruno pronuncia il suo famoso: «Forse,avete più paura voi nel pronunciare questa sentenzache io nell’accoglierla».

Come Lutero, questi due figli della nobilecittà campana furono gli erculei testimoni di unpensiero ribelle al giogo delle chiese. Entrambinemici degli apparati, delle reliquie, delle false in-terpretazioni bibliche, rifiutarono di accettarecredenze e superstizioni imposte con protervia dachi pensava di rivolgersi ad un gregge incolto edobbediente. Mentre la Chiesa cattolica si ostinavaa considerare le tesi affisse alla porta della chiesadel castello di Wittenberg soltanto un atto di ri-bellione all’autorità papale, questi due uomini digenio, l’uno attivamente conquistato alla causadella riforma, l’altro refrattario a qualunque ar-ruolamento settario ma privo di preconcetti dog-matici, vi lessero molte di quelle convinzioni che liporteranno a schiudere nel fuoco il proprio guscioterreno, liberando in volo l’immortale Fenice cheha nome Libertà.

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la prima notizia nella lista dei li-bri proibiti approvata dal Senatodi Milano alla fine del 1538, ilprimo dei nostri “Indici locali”,poi seguita da quelli di Bergamonel 1539, Lucca nel 1545, Sienanel 1548, fino al Catalogo di Ve-nezia del 1549, che comprendeanch’esso il Summario.

�Il 18 dicembre 1538 l’impe-

ratore Carlo V, «ut obviam eaturscandalis que ex librorum hereti-corum in dominio nostro Me-diolani importatione oriri pos-sent», ordinava che il proclama

emesso in proposito dal senato di Milano venisseaffisso nei soliti luoghi deputati e fatto fermamenterispettare.3 Preceduta dal suono della tromba, la‘grida’ venne scandita nella piazza dell’Arengo e inBroletto il 21 di quel mese.

Nella trascrizione contenuta nel codice Pani-garola dell’Archivio di Stato di Milano, primadell’elenco delle proibizioni, che reca il titolo Deinfrascriptis libris scandalosis et haereticis non venden-dis, si ordina quanto segue: chiunque, libraio o pri-vato, possedesse uno dei libri segnalati dall’inqui-sitore di San Eustorgio (il domenicano MelchiorreCrivelli),4 doveva consegnarli entro tre giorni ai vi-

Nel 1877 per l’editoreClaudiana (Roma-Fi-renze) usciva la prima

edizione moderna de Il Somma-rio della Sacra Scrittura trattatodel secolo XVI ristampato con prefa-zione del prof. Emilio Comba. Nel1988 Il Sommario della SantaScrittura e l’ordinario dei cristianiveniva riproposto a Torino, per itipi della Claudiana, a cura diCesare Bianco, con una puntualeintroduzione di Johannes Trap-man intitolata: Il testo originale ele traduzioni.1 Ancora, nel 1997Susanna Peyronel Rambaldi hapubblicato un importate volumedal titolo Dai Paesi Bassi all’Italia. «Il Sommario del-la Sacra Scrittura», che in appendice recava appun-to Il Sommario2.

Ma, in Italia, la storia editoriale di questo librorisale a molto prima: l’opera aveva avuto varie edi-zioni nel nostro Paese già nel XVI secolo, delle qua-li ora vogliamo parlare. Intanto, del testo troviamo

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: copertina del Sommario della Santa Scrittura,

nell’edizione curata da Cesare Bianco, stampata a Torino,

nel 1988, dall’editore Claudiana. Nella pagina accanto:

Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Cristo e l’adultera,

Budapest, Pinacoteca nazionale

EL SUMMARIO DE LA SANCTA SCRIPTURA

Vicende di un libro ‘eretico’

UGO ROZZO

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cari dell’arcivescovo di Milano o degli altri ordinarinel ducato, sotto pena di confisca o di altre penemaggiori. Inoltre da quel momento e sotto le stessepene si faceva divieto ai librai di aprire balle di libriimportati nello Stato senza prima consegnarne lalista ai suddetti vicari e senza sottoporre agli incari-cati del senato le pubblicazioni sospette; assicuran-do che le disposizioni sarebbero state applicate«senza tardanza e spesa alcuna». Dunque, in que-sto caso, pene sostanzialmente lievi, forse per nondanneggiare troppo gli operatori del settore.

L’elenco milanese, come detto, era un “Indicelocale” e dunque in quanto tale aveva validità giuri-dica solo nel territorio sottoposto all’autorità chelo aveva emanato, però questa e le altre liste ricor-date hanno il singolare valore di denunciare opereallora note e quasi di sicuro almeno in buona parte

circolanti nelle varie località e territori di pertinen-za. Nel caso di Milano, proprio il divieto di venditadi quei libri indica che forse tutti erano stati ‘inter-cettati’ in città e nel ducato; del resto è una lista ric-ca di nomi importanti e ‘aggiornata’, proprio con-siderando gli anni di uscita delle edizioni elencate.

In totale ci sono 41/46 proibizioni, numerateda vari studiosi per comodità di citazione: la diffe-renza nel totale è legata alla suddivisione, o meno,di certe proibizioni, in particolare quelle relative aLutero.5 Talvolta certe opere sono senza indicazio-ne d’autore, o vengono attribuite a pseudonimi(non identificati) e non mancano semplificazioni oerrori di scrittura (o di lettura) dei titoli;6 tutto que-sto doveva rendere alcune di quelle indicazioni in-comprensibili per il comune lettore e comunquedifficili da interpretare per gli stessi censori incari-cati di far rispettare quei divieti.

I libri condannati sono tutti dei grandi rifor-matori o di famosi teologi stranieri, e sono tutti inlatino, meno uno: dopo i primi cinque titoli di Me-lantone e i Dialoghi di Ulrich von Hutten, al n. 7troviamo un testo anonimo in volgare italiano, cheebbe una grande influenza per il dissenso religiosonel nostro paese. Si tratta appunto de El summariode la sancta Scriptura.7 Di quest’opera, JohannesTrapman ci dice che era uscita in Olanda verso il1522 come Oeconomica Christiana.8 Venne poi tra-dotta in francese tra il 1528 e il 1529, infine volta initaliano e pubblicata da noi pare nel 1534.9 Però,nel I volume degli Index des livres interdits (ILI, I)analizzando la condanna de La somme de l’EscriptureSaincte, contenuta nell’Indice parigino del 1547, sisegnala La Summe de l’escripture saincte uscita a Ba-silea nel 1523:10 insomma le origini del Summariosono complicate e le varie edizioni si intersecanocon reciproche influenze.11 In origine era un testodi ispirazione erasmiana che subì poi una serie diinfiltrazioni luterane (senza dimenticare Butzer),tenendo poi conto delle ‘libertà’ del traduttore ita-liano che, in più punti, attenuò certe punte polemi-che anticattoliche.12 Del resto ogni edizione è un

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po’ diversa dalla precedente, come documenta an-che il crescente numero di pagine.

Nella sua scheda del 1990 Silvana Seidel Men-chi indicava la prima stampa italiana del 1534 circa,come veneziana,13 ma successive ricostruzioni, sul-la base dei caratteri di stampa e delle lettere silogra-fiche, hanno attribuito l’opera all’editore genoveseAntonio Bellone: come troviamo registrato nel vo-lume di Susanna Peyronel Rambaldi14 e nella sche-da di Valentina Grohovaz.15 Si è anche ipotizzatoche il traduttore italiano del Summario sia stato Or-tensio Lando,16 ma l’attribuzione non mi pare so-stenibile per le evidenti diversità di lingua e di stile;

però forse si può pensare che la versione si leghi algruppo di Eremitani lombardi, residenti a Bolognanei primi anni Trenta, del quale faceva parte ancheil Lando.17

Da un passaggio del ‘commento’ di Pier PaoloVergerio all’Indice veneziano del Della Casa del1549 - un informato intervento che esce nello stes-so anno a Poschiavo - risulta che il vescovo di Vero-na, Gian Matteo Giberti, giudicando il Summarioutile in particolare a chi non conosceva il latino, an-che se era bisognoso di alcune dichiarationi per certipunti ‘controversi’, lo avrebbe fatto stampare, conin appendice le precisazioni necessarie. Aggiunge

Sopra da sinistra: frontespizio dell’Indice dei libri proibiti, promulgato da Paolo IV nel 1559; frontespizio della Medicina

dell’anima (Venezia, Comin de Trino, 1544). Nella pagina accanto: frontespizio della prima edizione del Sommario della

Santa Scrittura (Genova, Bellone, 1534 ca.)

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Vergerio: «et a questo modo è stato letto per tuttaItalia più di XV anni di lungo»:18 ne deriverebbeche questa stampa ‘gibertiana’ (forse veronese) sa-

rebbe uscita intorno al 1534/35.19 Dunque potevaessere una riproposta rivista e corretta della primaimpressione, ma nessuna delle edizioni note pre-sentano una simile appendice.

Dopo l’edizione Genova 1534 (e, probabil-mente, dopo Verona), una nuova edizione esce aVenezia verso il 1540/43, anch’essa senza indica-zione di editore,20 presentando piccole variazioninel titolo, che diventa: El summario de la santa Scrit-tura, mentre non ci sono altre varianti nel lungosottotitolo. Si tratta di una revisione del testo geno-vese21 e anche questa stampa è caratterizzata dallapresenza sul frontespizio dell’immagine degli apo-stoli Pietro e Paolo, un po’ più grande della prece-dente.22 A livello di consistenza le 96 carte in 8° del1534 sono diventate 128. Certo sorprende un po’che un altro editore in un’altra città abbia ripropo-sto, a distanza di almeno sei anni, il particolarefrontespizio genovese.23

Ma a Venezia, tra il 1542 e il 1544, compaionodue altre stampe dell’opera, con un titolo che di-venta Il summario de la Sacra Scrittura e poi prose-gue sostanzialmente identico ai precedenti: sonovolumetti in 16° e contano 144 carte.24 A parte levariazioni del titolo, in particolare il passaggio dasancta a sacra, sul frontespizio, non sottoscritto, tro-viamo la marca con ‘Cristo e l’adultera’: dunque da‘Pietro e Paolo’ si è arrivati all’‘adultera’, forse nona caso, come diremo più sotto. Questa marca, non

NOTE1 Il Sommario della sacra Scrittura, a c.

di C. Bianco, Torino, Claudiana, 1988; l’in-

troduzione di J. Trapman è alle pp. 7-23.2 S. Peyronel Rambaldi, Dai Paesi Bassi

all’Italia. «Il Sommario della Sacra Scrittu-ra». Un libro proibito nella società italianadel Cinquecento, Firenze, Olschki, 1997; il

testo è alle pp. 281-377.3 In Aspetti della società lombarda in

età spagnola, I, Milano, Archivio di Stato

di Milano, 1985, p. 99 n. 1; alle pp. 108-111

segue la riproduzione di tutto il documen-

to. Questo “Indice” è stato analizzato da E.

Balmas, In margine al centenario luterano,

in «Bollettino della Società di Studi Valde-

si», n. 155, 1984, pp. 21-39.4 Sul compilatore di questo “Indice lo-

cale” si veda la voce Agostino Borromeo in

DBI, 31, 1985, pp. 152-154. E sono prezio-

se le informazioni su di lui di Cipriano

Uberti, nella sua Tavola delli Inqvisitori,

stampata a Novara nel 1586. Il testo del-

l’Uberti è riportato in appendice a: P. Si-

moncelli, Inquisizione romana e Riformain Italia, in «Rivista Storica Italiana», C,

1988, p. 119, n. 149.5 Balmas in totale ne conta 41, Borro-

meo 46, mentre la lista riportata in ILI, III,

pp. 378-379 (ripresa da un articolo di Jo-

seph HILGERS del 1911) arriva a 44. (Con la

sigla ILI si indica la collana dei nove volumi

degli Index des livres interdits (du XVIe siè-

Sopra: Albrecht Dürer (1471-1528), Filippo Melantone

(incisione su rame, 1526). Nella pagina accanto: frontespizio

del Compendio d’errori, et inganni Luterani di Ambrogio

Catarino Politi (Roma, Ne la Contrada del Pellegrino, 1544)

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registrata in EDIT 16, come già sottolineava Edo-ardo Barbieri, è probabilmente da attribuire a Co-mino da Trino, importante tipografo attivo a Vene-zia tra il 1539 e il 1577. Le impressioni di Cominoda Trino (che durante la sua lunga carriera lavoròper tanti editori) sono apparse accompagnate damolte insegne editoriali. Paolo Veneziani nel 1990ne individuò ben 17, ma non la nostra.25

L’interessante marca dell’‘adultera’ negli anniQuaranta compare a Venezia su alcuni frontespizinon sottoscritti, o di editori non facilmente identifi-cabili («Al segno della Colombi-na», 1549),26 delle quali Cominoè comunque il tipografo e quan-do la marca è accompagnata dalnome di un editore è proprioquello di Comino da Trino. Tro-viamo la marca e la firma sul fron-tespizio di un altro testo impor-tante per il dissenso religioso ita-liano, la Medicina dell’anima delriformatore di Augusta UrbanusRhegius, pubblicata per la primavolta a Venezia nel 1544, comeTrattato vtilissimo chiamato Medi-cina dell’anima.27 Quest’ultimo hauna storia editoriale ancora piùcomplessa di quella del Summa-rio; e nell’intitolazione appare

evidente il riferimento al Trattato utlissimo del benefi-cio di Christo uscito a Venezia nel 1543.

Sempre al 1544 si data anche, con la sottoscri-zione di Comino e la marca dell’‘adultera’, il Trat-tato della perseverantia intitolato Corona di serui d’Id-dio, di un anonimo autore del Quattrocento,28 cura-to dal domenicano Daniele da Prato, al quale tal-volta viene attribuito.29 Nel 1560 ritroveremo a Ve-nezia la marca dell’‘adultera’, sottoscritta però daAndrea Arrivabene, per un importante testo savo-naroliano, l’Oracolo della rinovatione della Chiesa se-

condo la dottrina del reverendo P. F.Hieornimo Savonarola, firmato daLuca Bettini; anche in questo ca-so Comino, oltre a esserne statolo stampatore, potrebbe averpartecipato finanziariamenteall’edizione.30 L’Oracolo, era usci-to in città già nel 1536, finendopoi negli “Indici universali” del1559 e del 1564.31

Intanto, a conferma che lamarca ricordi l’episodiodell’‘adultera’ (e non la ‘Samari-tana al pozzo’ come talvolta si èscritto) c’è la frase incisa tra ledue figure, che si legge solo in-grandendo la silografia (49 X 49mm): «VBI SVNT ILLI TVI ACCU-

cle), diretta da Jesus Martinez De Bujanda,

pubblicati dall’Università di Sherbrooke e

dalla Librairie Droz di Ginevra tra il 1984 e

il 1994. 6 A buon conto riportiamo i titoli delle

opere come compaiono nel codice Pani-

garola.7 Aspetti della società lombarda, cit., p.

119.8 Opera condannata nell’Indice uni-

versale del 1559: ILI, VIII, p. 636 n. 802

9 Si veda il complesso schema della

cronologia delle varie edizioni proposto

da Trapman a p. 19 dell’edizione torinese

del 1988.10 ILI, I, pp. 395-396.11 Vedi anche Francis M. Higman, Da-

te-clé de la la Réforme Françai le “Som-maire” de Guillaume Farel et la “Somme del’Escripture Saincte”, in «B. H. R.», XXXVIII,

1976, pp. 237-247, in part. p. 238.12 S. Peyronel Rambaldi, Dai Paesi Bas-

si all’Italia, cit., p. 3; E. Barbieri, Le edizionidel Sommario della Santa Scrittura e lamarca tipografico-editoriale di Gesù el’adultera, in Dalla bibliografia alla storia.Studi in onore di Ugo Rozzo, a c. di R. Go-

rian, Udine, Forum, 2010, pp. 9-32, in part.

13-15.13 In U. Rozzo - S. Seidel Menchi, Livre

et Réforme en Italie, in La Réforme et le li-vre. L’Europe de l’imprimé (1517- v. 1570),a c. di J.-F. Gilmont, Paris, Editions du Cerf,

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SATORES» (senza punto interrogativo finale). La ci-tazione è dal Vangelo di Giovanni, 8, 10, nella tradi-zione di Erasmo, come ha segnalato Edoardo Bar-bieri.32 In proposito si deve ricordare che a Venezianel 1524 era uscito il Testamentum Novum…a D.

Erasmo Roterodamo recognitum, edito da LorenzoLorio,33 unica (e rarissima) stampa italiana; percontro il Lorio negli anni 1514-1528 pubblica aVenezia ben 27 titoli del maestro olandese.

A parte le leggere differenze delle due matrici

1990, pp. 327-345, in part. p. 356 n. 7.14 S. Peyronel Rambaldi, Dai Paesi Bas-

si all’Italia, cit., pp. 59-73 e pp. 390-392; in

appendice a quest’opera si riproduce il te-

sto del 1534.15 V. Grohovaz, Le traduzioni dal fran-

cese all’italiano nel XVI secolo. Avvio diuna catalogazione delle opere a stampa(1501-1600), in La lettera e il torchio. Studisulla produzione libraria tra XVI e XVIII se-colo, a cura di U. Rozzo, Udine, Forum,

2001, pp. 71-165, in part. p. 149 n. 93.

16 Cfr. S. Peyronel Rambaldi, Dai PaesiBassi all’Italia, cit., pp. 98-108; E. Barbieri,

Le edizioni del Sommario, cit., pp. 14-15.17 Vedi l’edizione del 1988 a c. di C.

Bianco, pp. 30-31 e 36; si vedano anche U.

Rozzo, Incontri di Giulio da Milano: Orten-sio Lando, in «Boll. della Soc. di Studi Val-

desi», n. 140, 1976, pp. 77-108; S. Peyronel

Rambaldi, Dai Paesi Bassi all’Italia, cit., pp.

73-98.18 P. P. Vergerio, Il Catalogo de’ libri

(1549), a c. di U. Rozzo, Trieste, Deputazio-

ne di Storia patria per la Venezia Giulia,

2010, pp. 267-268. Vedi anche A. Prosperi,

Tra Evangelismo e Controriforma G. M. Gi-berti (1495-1543), Roma, Edizioni di sto-

ria e letteratura, 1969, pp. 277- 278.19 S. Seidel Menchi, in Livre et Réforme,

cit., p. 357 ipotizzava una data verso il

1540.20 Attribuita all’editore Giovanni Pa-

dovano da S. Peyronel Rambaldi, Dai PaesiBassi all’Italia, cit., pp. 390-392. E. Barbie-

ri, Le edizioni del Sommario, cit., p. 16 pen-

Jacopo Bassano (1515-1592), Cristo e l’adultera, Bassano del Grappa, Pinacoteca civica

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della marca dell’‘adultera’ e le altre varianti segna-late da Barbieri tra le due edizioni del Summarioche si trovano a Vienna,34 si deve notare sulla sini-stra la mezza figura di un personaggio armato dilancia che si sta allontanando: è il residuo dellaschiera dei potenziali lapidatori che non hanno po-tuto scagliare le loro pietre. Ma per capire la parti-colare utilizzazione di questo episodio evangelico èforse fondamentale soffermarsi proprio sulla rap-presentazione dell’adultera.

A questo proposito Barbieri ha parlato di un«atteggiamento contrito»,35 che in verità personal-mente non riscontro, soprattutto confrontandolocon quello di altre ‘adultere’, intanto sempre cir-condate dai lapidatori, come vediamo in alcuniquadri famosi. In quello di Lucas Cranach, che sidata al 1532, la donna è piena di vergogna col capochino, mentre Cristo la tiene per mano; nell’operadi Jacopo Bassano, del 1535 (conservata nella pina-coteca della città veneta), l’adultera è in piedi, maammanettata e stretta dagli accusatori, mentre Cri-sto in ginocchio sta scrivendo sulla polvere. In altricasi ancora, per esempio in un quadro di Poussindel 1649, la donna è inginocchiata per subire laprossima lapidazione.

Nella scena della marca di Comino i due pro-tagonisti sono soli, uno di fronte all’altra e la don-na, in piedi davanti a Cristo seduto, sembra gesti-

colare, come fosse impegnata a giustificarsi. D’al-tra parte ‘la mancanza di accusatori’ potrebbe ri-guardare proprio il Summario, censurato già nel1538 e duramente condannato nel 1544, come oravedremo. Insomma: la frase dovrebbe significareanche: ‘chi sta accusando questo libro?’. Inoltre, ri-cordando che all’epoca era definito ‘adultero’ chiabbandonava un ordine religioso,36 la scena po-trebbe offrirci un riferimento al traduttore italianodell’opera. Su queste basi Edoardo Barbieri hapensato all’ex servita Francesco Maria Strozzi,«passato, probabilmente, alla Riforma», quale re-sponsabile delle due edizioni veneziane del Sum-mario con la marca dell’adultera.37 Lo Strozzi allafine del 1543 aveva chiesto un privilegio di stampaper la sua traduzione della Medicina dell’anima,38

che avrà la stessa marca e la sottoscrizione di Comi-no: anche senza dover ipotizzare che l’ex servita ne-gli anni Quaranta sia stato un editore, non dichia-rato, di questi e altri testi.

Quindi tra il 1534 e il 1544 contiamo quat-tro/cinque edizioni del Summario; e forse furonosei per una possibile stampa napoletana, della qualeaccenniamo più sotto. Dunque ci fu una notevolecircolazione del testo,39 ben documentata dalla suapresenza in quasi tutti i processi inquisitoriali e nel-le biblioteche sequestrate nel corso del secolo;40

tutto ciò fa pensare a una tiratura complessiva di

sa a una stampa del 1540.21 Cfr. l’edizione del 1988 a c. di C.

Bianco, p. 46; S. Peyronel Rambaldi, DaiPaesi Bassi all’Italia, cit., pp. 388-390.

22 Nell’edizione curata da C. Bianco,

che ripropone il testo veneziano del

1540/43, sono le tavole 4 e 6.23 La marca con gli apostoli Pietro e

Paolo la ritroviamo, ridisegnata, sul fron-

tespizio del Concilium Pauli di Padovano

De Grasis (o Grassi), francescano conven-

tuale, che esce a Venezia, verso il 1542, «al

segno di S. Bernardino» (sono gli eredi di

Bernardino Stagnino, morto nel 1538) e

sul frontespizio del De ecclesiastica repu-blica dello stesso autore, Venezia, 1543.

Vedi S. Cavazza, Libri in volgare e propa-ganda eterodossa: Venezia 1543-1547, in

Libri, idee e sentimenti religiosi nel Cin-quecento italiano, a c. di A. Prosperi e A.

Biondi, Ferrara, ISR-Modena, Panini,

1987, p. 25, nota 11. Il Concilium sarà rie-

dito nel 1545 “ad signum Crucis”, sempre

con la stessa silografia dei due apostoli sul

frontespizio: cfr. EDIT 16, CNCE 16371.

Sull’autore vedi M. Firpo - D Marcatto, Ilprocesso inquisitoriale del cardinal Gio-vanni Morone. Nuova edizione critica, I,

Processo d’accusa, Roma, Libreria Editrice

Vaticana, 2011, p. 833, nota 6. 24 Sono state segnalate per la prima

volta da S. Cavazza, Libri in volgare e pro-paganda eterodossa: Venezia 1543-1547,

cit., pp. 20-22. Vedi le schede di V. Groho-

vaz, Le traduzioni dal francese all’italianonel XVI secolo, cit., nn. 95-96.

83dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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«migliaia di esemplari»,41 del resto era un librettoin italiano con un titolo indubbiamente ‘accatti-vante’.

Ma oggi si conoscono solo quattro esemplariunici delle quattro edizioni più sopra ricordate,

nessuno dei quali conservato in Italia;42 è la conse-guenza di una caccia accanita e durevole (vedi piùsotto), che ha portato a una situazione del tutto si-mile a quella del Beneficio di Cristo. Sulla base di unapasso di Pier Paolo Vergerio, credibile proprio peril modo in cui è formulato, nella sola Venezia in seianni, tra il 1543 e il 1549, si sarebbero vendute ben40 mila copie del Beneficio;43 oggi conosciamo soloquattro esemplari di tre edizioni diverse, nessunodei quali presente in Italia.

Ora nel marzo 1544 veniva stampato a Romail Compendio d’errori, et inganni Luterani di Ambro-gio Catarino Politi,44 con un frontespizio cumula-tivo che, dopo l’intervento contro il Trattato utilis-simo del beneficio di Christo cruccifisso, elencava poi laResolutione sommaria contro le conclusioni Luterane,estratte d’un simil Libretto senza Autore, intitolato, IlSommario de la sacra scrittura, Libretto scismatico, he-retico, et pestilente e infine presentava anche la Re-probatione della lettera che Bernardino Ochino ave-va mandato nel novembre 1543 alla Balia di Siena.In realtà il libretto del Compendio contiene solo iltesto contro il Beneficio;45 poi, sempre nel marzo1544, ma in forma autonoma, esce la Reprobatione,

25 P. Veneziani, La marca tipografica diComin da Trino, in «Gutenberg Jahrbuch»,

LXXV, 1990, pp, 162-173. Su Comino vedi

poi V. Donvito, Comin da Trino, in Diziona-rio dei tipografi e degli editori italiani. IlCinquecento, I, a c. di M. Menato - E. San-

dal - G. Zappella, Milano Editrice Biblio-

grafica, 1997, pp. 307-314. 26 EDIT 16 CNCE 16014; E. Barbieri, Le

edizioni del Sommario, cit., p. 22.27 EDIT 16 CNCE 68238.28 Cfr. E. Barbieri, Le edizioni del Som-

mario, cit., p. 22. 29 Come fa Edit 16, CNCE 16013.30 Esce a Venezia “al Segno del Pozzo”,

cioè da Andrea Arrivabene. 31 ILI, VIII, pp. 575-576.32 E. Barbieri, Le edizioni del Sommario,

cit., p. 19 nota 34.33 EDIT 16 CNCE 63818. Vedi poi L. Di

Lenardo, I Lorio: editori, librai, cartai, tipo-grafi tra Udine e Venezia (1496-1629),Udine, Forum, 2009, p. 183 n. 2.

34 E. Barbieri, Le edizioni del Sommario,

cit., pp. 20-23.35 Ibidem, p. 19.36 Grande Dizionario della Lingua Ita-

liana, I, Torino, Utet, 1961, p. 183.37 E. Barbieri, Le edizioni del Sommario,

cit., pp. 22-28, in part. 28.38 Ibidem, p. 26.39 Vedi l’introduzione dell’edizione del

1988 a c. di C. Bianco, pp. 25-45.40 Lo troviamo ad es. nelle biblioteche

di Francesco Stella (1549) e Pietro Coco

(1551): L. Perini, Ancora sul libraio-tipo-

A sinistra: Pier Paolo Vergerio (1498-1565), in una incisione

del 1570. Nella pagina accanto: Ulrich von Hutten (1488-

1523) in una vignetta tedesca della fine del XVI secolo

84 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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con un titolo che risulta: Rimedio a la pestilente dot-trina de frate Bernardino Ochino.46. Infine la Resolu-tione sommaria seguirà nel mese di aprile47 e il titolodel Summario è quello delle stampe di Comino (o diuna eventuale edizione napoletana);48 quel ‘librettoanonimo’ è definito: scismatico, heretico e pestilente.Sono tutte edizioni in 8°.

Probabilmente proprio per le ‘sollecitazioni’di Politi il Summario ricompare nel locale “Indice”della Repubblica di Lucca del 1545: tra le 40 indi-cazioni della lista, pubblicata da De Bujanda nel IIIvolume di ILI, al n. 31 si legge dunque «Somma-rium scripture»;49 mentre nel lungo “Indice” vene-ziano del 1549 troviamo «il Summario della sacraScrittira».50

Dopo la condanna negli “Indici” milanese eveneziano del 1554/55,51 nel primo “Indice univer-sale”, quello severissimo di Paolo IV dell’inizio1559, al n. 935 si trova il «Summarium Scripturae»,che ritroviamo poi nel noto “Indice Tridentino” del1564.52 Forse c’è ancora un riferimento all’operanel romano “Indice” (non distribuito) del 1593, do-ve si legge una lunga intitolazione di quasi otto ri-ghe, che inizia con: «Compendio della S. Scritturaovero Sommario di tutta la Bibbia sacra…».53

Ma non è finita, perché le proibizioni di Tren-to durarono a lungo nelle edizioni successive degli“Indici”: così in quelle del 1761, promulgato da pa-

pa Benedetto XIV si incontra la segnalazione «ilSommario della sacra Scrittura. Ind. Trid.».54 Erainevitabile che con questa sequenza di proibizioniil Summario avesse ben poche possibilità di soprav-vivere, soprattutto nel nostro Paese.

grafo Pietro Perna e su alcune figure dieretici italiani in rapporto con lui negli an-ni 1549-1555, in «Nuova Rivista Storica»,

LI, 1967, pp. 392 nota 9; poi p. 391 nota 26. 41 E. Barbieri, Le edizioni del Sommario,

cit., p. 15.42 Si trovano a Wolfenbüttel e a Zuri-

go, le 2 di Comino sono a Vienna.43 P. P. Vergerio, Il Catalogo de’ libri

(1549), cit., p. 261.44 Su questo feroce polemista dome-

nicano vedi il libro di G. Caravale, Sulle

tracce dell’eresia. Ambrogio Catarino Poli-ti (1484-1553), Firenze, Olschki, 2007.

45 Si veda la scheda in A. Tinto, Annalitipografici dei Tramezzino, Venezia-Roma,

Istituto per la collaborazione culturale,

1968, p. 14 n. 29.46 Ibidem, p. 14 n. 30.47 Ib., p. 15 n. 32.48 Per questo passaggio del Politi vedi:

l’edizione del 1988 a c. di C. Bianco, p. 39

nota 65 (n. 5); V. Grohovaz, Le traduzionidal francese all’italiano nel XVI secolo, cit.,

p. 151 scheda 96; E. Barbieri, Le edizionidel Sommario, cit., p. 18.

49 ILI, III, p. 381 n. 31.50 ILI, III, p.198 n. 132.51 ILI, III, p. 359 n. 548. 52 ILI, VIII, pp. 782 e 869, ma vedi anche

p.684. 53 ILI, IX, p. 429 n. 0308.54 Index librorum prohibitorum, Ro-

mae, Ex Typographia Rev. Camerae Apo-

stolicae, 1761, p. 276.

85dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 87

ruolo di bibliotecario venne affi-dato al giovane e intraprendentepastore Alessandro Vinay cheprofuse un notevole impegnoper l’incremento del patrimoniobibliografico cercando sovven-zioni e chiedendo aiuto a nume-rose case editrici italiane e stra-niere: nel 1889 il patrimoniodella biblioteca arrivò a superarei 16.000 volumi con un decisoincremento anche delle edizionidel XVI secolo.

Negli anni compresi tra il1886 e il 1890 era infatti giuntoin biblioteca un dono importan-te di cui recentemente è stato ri-trovato un inventario mano-

scritto - forse compilato dallo stesso Vinay - cheelenca 157 titoli, 110 dei quali sono edizioni delCinquecento riconducibili alla Riforma tedesca esvizzera (con esclusione della Riforma ginevrina),con una presenza assai rilevante delle opere di Lu-tero, Melantone ed Erasmo da Rotterdam. Autoredi questo dono sorprendente fu un certo Simpson,un personaggio che non è ancora stato identifica-to, ma che probabilmente apparteneva alla cerchiadei numerosi simpatizzanti della Chiesa Libera diScozia sostenitori della causa valdese. Data l’entitàdel lascito si può forse ipotizzare che Simpson non

Nel corso del 2017 percelebrare il cinquecen-tenario della Riforma

di Martin Lutero, il Centro Cul-turale Valdese di Torre Pelliceha promosso numerose iniziati-ve tra le quali emerge in partico-lare la pubblicazione di due cata-loghi bibliografici. Il primo èstato dedicato allo studio e allavalorizzazione di una parte delprezioso fondo librario di PieroGuicciardini, conservato pressola Biblioteca nazionale centraledi Firenze;1 mentre il secondocatalogo ha preso in esame l’im-portante raccolta delle cinque-centine dei riformatori presentinella Biblioteca Valdese di Torre Pellice.2 Questabiblioteca si formò a partire dal 1831 grazie al so-stegno di alcuni benefattori inglesi che a beneficiodei professori e degli studenti del Collegio valdesefornirono un primo nucleo librario.3 Nel 1877 il

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: ritratto del bibliotecario valdese Alessandro Vinay,

stampa all’albumina (Archivio Fotografico Valdese, Torre

Pellice). Nella pagina accanto: Hieronymus Emser,

De disputatione Lipsicensi…; Martin Lutero, Ad Aegocerotem

Emserianum additio, [Augsburg, Silvan Otmar, 1519],

frontespizio

JOHANN EBERLIN POLEMISTA LUTERANO

Tesori alla Biblioteca Valdese di Torre Pellice

LORENZO DI LENARDO

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fosse l’unico proprietario di questi libri, ma cheavesse svolto piuttosto un ruolo di collettore neiconfronti di altri donatori scozzesi.

Tra i volumi giunti in biblioteca grazie al donoSimpson è presente anche un’importante miscella-nea allestita tra il 1519 e il 1520 dal predicatore po-polare Johann Eberlin von Günzburg, la «vocedella Riforma nella Germania meridionale» o, se-condo la definizione un po’ enfatica di qualche stu-dioso, «il Lutero della Germania del sud».4 Le set-te edizioni che costituiscono la raccolta venneroinserite all’interno di una legatura coeva in pelle discrofa con decorazioni a secco sui piatti e com-prendono scritti di Lutero, Melantone ed Ecolam-padio. La mano di Eberlin riempie fittamente dinote in inchiostro bruno sia il primo contropiattosia il frontespizio del volume che apre la miscella-

nea dove si legge anche la sua nota di possesso: «Li-ber est f[ratis] Ioan[n]is Eberlin [Minoritae]». Matutti i testi raccolti sono fittamente postillati dalfrate tedesco con puntuali riferimenti alle opere diautori francescani come ad esempio la Summa ca-suum conscientiae di Battista Trovamala, la SummaAgelica di Angelo da Chivasso e il Confessionale disan Bonaventura, a cui si aggiungono però anchealcuni rinvii a Erasmo da Rotterdam.

Nato attorno al 1465 in Baviera, JohannEberlin (conosciuto anche come Eberlein oApriolus nella forma latina), fu un predicatorefrancescano che a partire dal 1521 si trasformò inun abile polemista luterano, inserendosi a pienotitolo in quella ‘guerra dei libelli’ che caratterizzò iprimi anni della Riforma. Grazie ai suoi studi uni-versitari e alle sue indubbie capacità retoriche fu,

Sopra: contropiatto e primo frontespizio della miscellanea di Johann Eberlin con le sue annotazioni e la sua firma. Nella

pagina accanto: primo foglio della lista dei libri donati alla Biblioteca Valdese da Simpson (Archivio Biblioteca Valdese)

88 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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infatti, uno dei libellisti di maggior successo deiprimi anni del movimento riformatore: il più pro-lifico e il più efficace dal punto di vista linguisticodopo lo stesso Lutero. Entrato nell’ordine dei fra-ti minori osservanti a Heilbronn nei primissimianni del Cinquecento, si impegnò per diversi anniin un’intensa attività di predicazione all’internodella vasta provincia francescana della Germaniameridionale, che gli consentì tra l’altro di fre-quentare importanti centri culturali come Aug-sburg, Basilea e Strasburgo, dove ebbe l’opportu-nità di approfondire la conoscenza sia del mondoclassico sia delle opere di alcuni grandi umanistidell’epoca, in particolare Erasmo da Rotterdam,Thomas More, Jakob Wimpfelling. Nei primimesi del 1521 Eberlin si trovava sicuramente a Ul-ma, impegnato come predicatore e lettore pressoil locale convento, e non aveva ancora aderitoapertamente alla Riforma di Wittenberg, ma giànel marzo dello stesso anno il nunzio apostolicoGirolamo Aleandro in una lettera inviata a Romalo descriveva come un seguace di Lutero: un fran-cescano osservante di Ulma che in precedenzaaveva predicato seguendo l’ortodossia, ma che re-centemente era passato alla nuova dottrina.5

I primi contatti di Eberlin con le idee e gliscritti riformatori avvennero forse intorno al1518-1520, quando ormai il frate aveva superato icinquant’anni, e probabilmente in questo percor-so di avvicinamento alla dottrina di Lutero fu de-terminante l’influsso esercitato su di lui da ConradPellikan, Beatus Rheanus e, soprattutto, dal teolo-go tedesco futuro riformatore di Basilea JohannesEcolampadius, che conobbe quasi certamente inquel torno d’anni ad Augsburg. Poco tempo dopo,nel settembre del 1521, l’anno della Dieta diWorms, venne diffusa alla fiera di Francoforteun’opera anonima in tedesco organizzata in 15brevi scritti e priva di note tipografiche: i FünfzehnBundsgenossen (Quindici Confederati), il primoimportante contributo di Eberlin in favore dellacausa luterana che ebbe un notevole successo di

pubblico.6 Composti nella primavera del 1521, i15 opuscoli vennero stampati a Basilea dai torchidell’editore luterano Pamphilus Gengenbach eimmediatamente ripubblicati anche ad Augsburge a Spira, mentre già nell’ottobre dello stesso annoJohann Eck - l’avversario di Lutero alla disputa diLipsia - aveva portato con sé a Roma una copia delvolume.

Fu un’opera di propaganda ben strutturatache risentiva chiaramente della lettura dei primiscritti di Lutero e in particolar modo del vibranteappello Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca del1520.7 L’opera di Eberlin si diffuse ben presto travasti strati della popolazione tedesca, soprattuttotra i contadini e i ceti meno agiati dei quali l’autoreconosceva molto bene tensioni, aspirazioni e pro-blemi. I due opuscoli sicuramente più significatividei Quindici Confederati, furono il IX e il X, ovveroquelli dedicati agli statuti che regolavano la vita re-ligiosa e civile nell’immaginario paese di Wolfaria,

89dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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la prima Utopia protestante, come giustamente èstata considerata. Evidente risulta, infatti, il riferi-mento all’opera di Thomas More (pubblicata perla prima volta nel 1516), dalla quale Eberlin ri-prende ampiamente alcune delle sue leggi. Wolfa-ria è un paese fantastico è il paese dove tutto va be-ne, dove regna il benessere (Wohlfahrt), e in cuitraspare la Germania dei primi anni della lotta diLutero contro Roma. Attraverso una serie di di-sposizioni sintetiche e rigorose, gli statuti investo-no anche gli aspetti più minuziosi della vita religio-sa e civile, realizzando un progetto organico di rin-novamento della Chiesa e dello Stato.8

Dopo la pubblicazione dei Confederati Eber-lin raggiunse Wittenberg dove entrò direttamentein contatto con Lutero e, soprattutto, con Melan-tone: sotto la loro guida l’ormai ex francescano ab-bandonò i toni più radicali della sua produzione e siallineò alla dottrina luterana, impegnandosi a fon-do nella diffusione della Riforma a cui dedicò gli

scritti pubblicati tra il 1522 e il 1524. A questo pe-riodo risale anche il suo matrimonio con Marthavon Aurach, un ex suora dalla quale ebbe almenoquattro figli. Ma l’entusiasmo che l’aveva animatonei primi anni Venti si raffreddò in seguito alla ri-volta e alla dura repressione della ‘guerra dei con-tadini’ del 1525. Dopo quei tragici eventi la primafase della Riforma si era ormai definitivamenteconclusa ed Eberlin decise di entrare al servizio diGiorgio II conte di Wertheim come sovrintenden-te ecclesiastico. In questa veste scrisse le sue ultimeopere, tutte rimaste inedite, tra le quali ricordiamol’importante trattato sull’educazione di un princi-pe luterano. Alla morte di Giorgio II nel 1530, lafortuna di Eberlin mutò e concluse la sua esistenzanel 1533 come pastore di un piccolo centro agrariodel territorio di Ansbach.

La miscellanea conservata nella Biblioteca diTorre Pellice e allestita da Eberlin si apre conun’importante edizione del 1518 contenente alcu-ni degli scritti più significativi di Lutero pubblicatifino a quel momento e della quale facevano parteanche le Resolutiones disputationum de virtute indul-gentiarum9 in cui il professore di Wittenberg spie-gava e difendeva le sue 95 Tesi. Uscita senza indica-zioni tipografiche questa stampa era stata realizza-ta a Basilea da Johann Froben e fu per lo stampato-re svizzero uno dei maggiori successi editoriali diquegli anni. Un successo che sarebbe stato ancorapiù eclatante se Erasmo da Rotterdam, l’autore dipunta della tipografia basileese non si fosse oppo-sto alla ulteriore ristampa di quell’opera e di qual-siasi altro scritto del monaco agostiniano.10 Nel-l’ordine della miscellanea seguono poi il volumeContra malignum Iohannis Ecci iudicium dello stessoLutero,11 la Lypsycae disputationis epitome di Melan-tone12 e i Canonici indocti Lutherani di Ecolampa-dio,13 tutti pubblicati ad Ausburg da Grimm e Wir-sung nel 1519. Infine, chiudono la raccolta diEberlin tre opere di Lutero pubblicate anch’essenel 1519: Ad Georgium Spalatinum &c. de disputatio-ne sua (Augsburg, Otmar),14 Disputatio d. Iohannis

90 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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Ecci, et p. Martini Luther in Studio Lipsensi futura(Basilea, Cratander)15 e De disputatione Lipsicensi(Augsburg Otmar).16

Come risulta evidente queste sette edizioniriunite dal frate tedesco erano direttamente o indi-rettamente legate alla disputa di Lipsia che videcontrapposti il professore di Ingolstadt JohannEck da una parte e Lutero e Carlostadio dall’altra.Il pubblico dibattito si svolse tra il 27 giugno il 16luglio 1519 e affrontò diversi temi: dal libero arbi-trio al primato della Chiesa romana, dal diritto di-vino e umano del papato alle indulgenze. Puntocentrale della disputa fu l’autorità papale, che se-condo Lutero era stata un’introduzione relativa-mente recente nella storia della Chiesa e non aveva

alcun fondamento scritturale valido. Ma il mo-mento più aspro della contesa si raggiunse quandoEck accusò apertamente Lutero di vicinanza conalcune posizioni del teologo boemo Jan Hus cheun secolo prima era stato condannato come ereticodal Concilio di Costanza e arso sul rogo.17

La disputa di Lipsia ebbe una vasta risonanzaanche grazie agli scritti da essa direttamente o in-direttamente generati, e come abbiamo visto settedi questi testi vennero raccolti e annotati da Jo-hann Eberlin probabilmente tra il 1519, l’anno dipubblicazione della maggior parte di queste edi-zioni, e il 1520. A questo proposito appaiono si-gnificative le annotazioni che si leggono sul quar-to frontespizio della miscellanea, quello dei Cano-

Sopra da sinistra: Filippo Melantone, Lypsicae disputationis epitome, [Augsburg, Sigmund Grimm & Max Wirsung], 1519,

frontespizio; Martin Lutero, Disputatio d.Ioannis Ecci et p. Martini Lutheri in Studio Lipsensi futura, [Basilea, Andreas

Cratander], 1519, frontespizio. Nella pagina accanto: Johannes Ecolampadius, Canonici indocti Lutheriani, [Augsburg, Sigmund

Grimm & Max Wirsung, 1519], frontespizio con le annotazioni di Johann Eberlin (Apriolus) e dello stesso Ecolampadio

91dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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nici indocti Lutherani, opera di Ecolampadio uscitaanonima nel 1519. La mano di Eberlin vi apponela sua firma «Fr. Io. Aprioli» aggiungendo chel’autore di quel testo è un amico: «Authore libelliscire forsan cupis, amicus est, ne plus roges». Masul medesimo frontespizio sono presenti anchedue annotazioni di una mano diversa, probabil-mente quella dello stesso Ecolampadio che sotto iltitolo scrive: «p[er] Ioh. Oecolamp.» e sul margi-ne inferiore della pagina inserisce la nota «Ex do-no Oecolam. concionatoris Augusten[sis]». Quin-di si può ipotizzare che il teologo tedesco abbiadonato ad Eberlin il proprio scritto tra il 1519 (ladata di stampa) e i primi mesi del 1520, quando

Ecolampadio era impegnato ad Augsburg comepredicatore, prima di ritirarsi per qualche annonel convento di Altomünster.

Dopo la morte di Eberlin e prima dell’ingres-so della miscellanea nella Biblioteca Valdese diTorre Pellice attraverso il dono Simpson, questaraccolta fece parte, almeno a partire dal 1704, dellabiblioteca del convento dei Francescani osservantidi Hammelburg in Baviera, come testimonia l’ex li-bris a stampa incollato sul contropiatto posterioredella legatura: «Sum Bibliothecae fratrum mino-rum recollectorum Provinciae Thuringiae S. Eli-sabethae Conventus Hammelburgensis ad ss. 14Auxiliares anno 1704».

92 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

NOTE1 Le cinquecentine del fondo Piero

Guicciardini nella Biblioteca nazionalecentrale di Firenze, a cura di M. Fratini e L.

Venturi, Torre Pellice, Centro Culturale

Valdese, 2017.2 Le cinquecentine della Riforma te-

desca e svizzera nella Biblioteca valdese, a

cura di M. Fratini e L. Di Lenardo, Torre

Pellice, Centro Culturale Valdese, 2017.3 Per la storia della Biblioteca Valdese

si veda M. Fratini, Le cinquecentine dellaRiforma nella Biblioteca Valdese, in Lecinquecentine della Riforma tedesca esvizzera…, cit., pp. 9-27.

4 Sulla figura di Johann Eberlin si veda

A. E. Baldini, Nobili e contadini negli scrittidi Johann Eberlin: un Riformatore tra Era-smo e Lutero, «Il Pensiero politico», XXVIII

(1996), pp. 439-453; C. Peters, JohannEberlin von Günzburg ca. 1465-1533.Franzischaner Reformer, Humanist undKonservativer Reformator, Güthersloh,

Güthersloher Verlaghaus, 1994; S. G. Bell,

Johann Eberlin von Günzburg’s Wolfaria

the First Protestant Utopia, «Church Hi-

story», XXXVI (1967), pp. 122-139; Sulla

miscellanea si veda L. Di Lenardo, Lutero,Melantone ed Ecolampadio nella miscel-lanea di Johann Eberlin von Günzburg(1465?-1533), in Le cinquecentine dellaRiforma tedesca e svizzera…, cit., pp. 69-

72.5 G. Dipple, Antifraternalism and An-

ticlericalism in the German Reformation.Johann Eberlin von Günzburg and theCampaign against the Friars, Hants, Sco-

lar Press, 1996, p. 45.6 J. Eberlin, The Fifteen Confederates,

edited and translated by G. Dipple, Euge-

ne (OR), Pickwick, 2014.7 Martin Lutero, Alla nobiltà cristiana

della nazione tedesca. A proposito dellacorrezione e del miglioramento della so-cietà cristiana (1520), a cura di P. Ricca,

trad. di P. Tognina, Torino, Claudiana,

2008.8 A. E. Baldini, Istanze utopiche e di-

battito politico agli inizi della Riforma lu-terana. Dalla «Wolfaria» di Johann Eberlin

alla «Newen Waldung Eynes ChristlichenLebens», in Alberto Tenenti, scritti in me-moria, a cura di P. Scaramella, Napoli, Bi-

bliopolis, 2005, pp. 539-560; Id., Riformaluterana e Utopia: gli ‘Statuti del paese diWolfaria’ di Johann Eberlin, «Il Pensiero

politico», XIX (1986), pp. 3-31.9 VD16 L 3407.10 Erasmo da Rotterdam, Mihi placet

concordia. Lettere sulla Riforma. Volumeprimo (1516-1520), a cura di G. Moro, To-

rino, Aragno, 2010, p. XIX.11 VD16 L 4250.12 VD16 M 3205.13 VD16 O 300.14 VD16 L 5790.15 VD16 E 315.16 VD16 E 115.17 Sulla disputa di Lipsia si veda G.

Miegge, Lutero. L’uomo e il pensiero finoalla Dieta di Worms (1483-1521), prefa-

zione di F. Ferrario, prefazione all’edizione

del 1964 di V. Vinay, Torino, Claudiana,

2003, pp. 251-260.

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V.le del Mulino, 4 – Ed. U15 – 20090 Milanofiori – Assago (MI) – Tel. 02 33644.1 Via Cristoforo Colombo 173 - 00147 Roma – Tel. 06 488888.1

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 95

Nazionale di Firenze, dovetutt’ora si conserva. La scelta didonare la collezione al comunedi Firenze, con la clausola dellaconservazione presso la Biblio-teca Nazionale, aveva presoavvio nel gennaio 1866. Laprima proposta di donazioneaveva però suscitato non pocheperplessità, a causa di alcuneclausole ritenute troppo restrit-tive. Da qui una serie di tratta-tive tra il donatore, il Comune diFirenze e il Ministero della Pub-blica Istruzione. Condizioni

della donazione erano infatti «che la Bibliotecadebba esser collocata nella Biblioteca Nazionale diFirenze riunita in corpo, in una o più stanze … chedebba essere d’uso pubblico in modo che ogni ri-chiedente conosciuto o che si faccia conoscere perlettera commendatizia di persona conosciutadebba ottenere la lettura dei volumi che desidera».Ma soprattutto «che ogni qual volta e in qualun-que tempo avvenisse che la libreria Guicciardini oper scrupoli religiosi o per volere del Governo ve-nisse a cessare d’essere d’uso pubblico o uno o piùvolumi importanti della medesima fossero stati tra-fugati … gli eredi e successori del Conte PieroGuicciardini avranno il diritto e l’obbligo senzaprescrizione di tempo di reclamare ond’essere tra-

«Lo scopo primitivodella Collezionedel Guicciardini fu

quello di metter insieme tutte leedizioni della Bibbia tradotta initaliano fatte circa al tempo dellaRiforma per mostrare che se diquel movimento si perdette trac-cia per l’azione letale del San-t’Ufizio, pure le molte edizionipotevano dimostrare che quel ri-sveglio fu esteso e potente anchein Italia … vedendo di non poterriuscire nel suo intento ebbe ilpensiero di estendere le sue ri-cerche a tutte quelle pubblicazioni che potesseroillustrare quel movimento». Con queste parole, inlimine al Catalogo della collezione di autori e testiriguardanti la Riforma, il conte Piero Guicciardinirendeva ragione degli scopi sottesi alla propria rac-colta. Si era nel 1877 e la “Libreria Religiosa Guic-ciardini”, al termine di un lungo iter burocraticoavviato undici anni prima, poteva essere ufficial-mente accolta nella nuova sede della Biblioteca

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: timbro della collezione libraria del conte Piero

Guicciardini – ©BNCF. Nella pagina accanto: La Bibbia

(tradotta da Antonio Brucioli), Venezia, Lucantonio

Giunta, 1532 – ©BNCF

LA “LIBRERIA RELIGIOSAGUICCIARDINI”

La Riforma alla Biblioteca Nazionale di Firenze

GIANCARLO PETRELLA

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smessa alla Libreria del Museo Britannico di Lon-dra». L’ultima condizione suonava quasi una mi-naccia di trasferire la raccolta dall’Arno alle rive delTamigi e rischiò di mandare a monte la donazione.Solo la sostituzione della clausola con una formulapiù conciliante («disporne secondo la volontàdell’offerente o secondo le norme del suo testa-mento») sbloccò la trattativa e nel gennaio del1867 si iniziò a trasferire i libri nei locali ristruttu-rati della Nazionale, in una stanza su via Castellani,prossima alle sale con i manoscritti e i rari. Una se-

conda donazione di libri avvenne nel 1875, unaterza nel 1881; l’ultima postuma, nel 1887. Il 13aprile del 1877 fu stilato il contratto di donazione,le cui clausole furono integralmente riportate nel-l’introduzione al Catalogo e suo supplemento del di-cembre 1875 della collezione de’ libri relativi allariforma religiosa del secolo XVI donata dal conte PieroGuicciardini alla Città di Firenze, pubblicato a spesedel conte (Firenze, Pellas, 1877) e consegnato in20 copie alla Nazionale. Questo rimase a lungol’unico strumento di accesso al Fondo Guicciar-dini. Solo in anni assai più recenti fu redatto un ca-talogo a stampa per il materiale del XIX secolo euno per le edizioni bibliche.1 Infine, ma è storiacontemporanea, si è proceduto alla catalogazioneon line in SBN delle edizioni del XVI secolo,2 ne-cessaria premessa al bel catalogo, accompagnato dauna nutrita serie di contributi introduttivi, Le cin-quecentine del Fondo Piero Guicciardini nella BibliotecaNazionale Centrale di Firenze, a cura di Marco Fra-tini e Laura Venturi (Torre Pellice, Centro Cultu-rale Valdese, 2017), realizzato in occasione dellamostra Una riforma religiosa per gli Italiani. Le edi-zioni del XVI secolo del Fondo Piero Guicciardini nellaBiblioteca Nazionale Centrale di Firenze, svoltasi dal3 maggio al 30 giugno 2017.

�Gli oltre duemila volumi, segnati dall’incon-

fondibile timbro a olio con l’intestazione «LibreriaReligiosa Guicciardini» a perenne memoria di chili aveva radunati, furono collocati sui palchetti, di-visi per classi da Teodorico Pietrocola Rossetti, fidocollaboratore del conte e suo storico bibliotecario.Ma chi era l’artefice di tale raccolta? Emilio Calvi,bibliotecario della Nazionale, così avrebbe rispo-sto, cavando la descrizione dai suoi appunti vergatiin vista di una biografia del conte: «GuicciardiniPiero detto il quacchero, nato a Firenze dal conteFrancesco, ignoro l’anno ma per quello che dimo-stra la sua figura pare oggi un uomo di circa set-tanta anni, di statura molto alta e nell’insieme

Sopra: Johannes Cochlaeus, Septiceps Lutherus, Paris,

Nicolas Chesneau, 1564 – ©BNCF. Nella pagina accanto:

ritratto fotografico di Piero Guicciardini del 1876

96 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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grosso, con una lunghissima barba candida alla fog-gia di quella di Mosè di Michelangiolo». Così poicontinuando: «Se amò qualcosa su questa terra,amò svisceratamente i libri … specialmente che po-tessero servire alla dominante sua passione della ri-forma religiosa e della sua storia e vi spese unaingente somma potendoli raccogliere nel tempodel suo esilio in Svizzera, in Inghilterra e in Ger-mania. Ne raccolse in numero di seimila circa,quasi tutti rarissimi e pregiati, per donarli posciaalla Biblioteca Nazionale di Firenze con l’intendi-mento di assicurarli dalle inquisizioni future».Piero Guicciardini (1808-1886), facoltoso proprie-tario terriero, nato da una delle più antiche fami-glie della nobiltà fiorentina, fu uomo colto e assaiimpegnato nel sociale (si occupò della fondazionee organizzazione di scuole per il mutuo insegna-mento e asili).3 In contatto con l’ambiente fioren-tino cosmopolita, protestante e cattolico, necondivise precocemente gli ideali filantropici e dieducazione popolare, per poi convertirsi alla fedeevangelica nel 1836 e divenire una delle figure dispicco dell’evangelismo italiano risorgimentale.Decisiva fu la lettura del testo biblico in italiano,come testimonia un appunto vergato su un esem-plare de La Sacra Bibbia che contiene il Vecchio e ilNuovo Testamento tradotta in lingua italiana da Gio-vanni Diodati (1827): «Questa è la prima bibbia chemi è caduta nelle mani statami data dall’amico Raf-faello Lambruschini nel 1833». La possibilità di av-vicinarsi in prima persona, senza mediazioni, allalettura e alla meditazione del testo sacro fu l’avve-nimento che cambiò la vita del conte Guicciardini,non solo dal punto di vista biografico. Cominciò afrequentare il culto della chiesa evangelica rifor-mata di Firenze, ma da qui presero avvio anche lavocazione ad allestire la più organica raccolta delleBibbie in italiano, primo nucleo della futura “Libre-ria Religiosa”, e l’impegno in prima persona nelladiffusione della Bibbia in italiano, concretizzatosinella pubblicazione, a Londra, della cosiddetta‘Bibbia Guicciardini’ (Londra, Bagster e figliuoli,

1855), ossia l’edizione della Bibbia secondo la tra-duzione di Giovanni Diodati rivista e curata dalGuicciardini con la collaborazione di Geroge Wal-ker, Teodorico Pietrocola Rossetti e Salvatore Fer-retti. Il conte Guicciardini era a Londra in esilio:arrestato la sera del 7 maggio 1851 con l’accusa diproselitismo, era stato condannato in prima istanzaa sei mesi di dimora coatta, pena commutata, graziealle pressioni diplomatiche britanniche, nell’allon-tanamento dall’Italia. Lunghe peregrinazioni loavrebbero condotto, oltre che in Inghilterra, inScozia, Francia e Svizzera. Di ciò avrebbe fattoaperta dichiarazione nella bozza di stampa dell’in-troduzione al catalogo: «Il conte Piero Guicciar-dini scacciato dalla Toscana nel 1851 perl’intolleranza religiosa del Governo che la reggeva

97dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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non rientrò sul patrio suolo se non quando l’Italiariconquistò le sue libertà. In quel tempo egli co-minciò a raccogliere le differenti edizioni delleSacre Scritture in lingua italiana e le produzioni re-lative alla storia della Riforma religiosa del secoloXVI in Italia con l’intenzione di scovrirne le causee gli effetti non ben conosciuti né dimostrati dallastoria contemporanea». Tali peregrinazioni avreb-bero altresì agevolato l’incontro con studiosi e li-brai, riuscendo infine determinanti perl’allestimento della raccolta. L’estate del 1862(come ricostruisce dalle lettere e dai conti di quel-l’anno Laura Venturi, Una riforma per gli “italiani”:la Libreria religiosa Guicciardini, in Le cinquecentinedel Fondo Piero Guicciardini, pp. 15-39: 30) fu assai

proficua sotto questo punto di vista: ai primi di giu-gno acquistò a Londra presso uno dei più impor-tanti librai antiquari dell’epoca, Bernard Quaritch,Il Genesi di Pietro Aretino (Venezia, FrancescoMarcolini, 1539) e la Vita di Christo di Teofilo Fo-lengo (Venezia, Domenico e Giovanni BattistaGuerra, 1578);4 qualche giorno più tardi gli Apof-temmi di Erasmo (Venezia, Vincenzo Valgrisi,1546);5 a luglio tre edizioni della Bibbia del Dio-dati. Nell’autunno diverse edizioni di Savonarola ePier Paolo Vergerio. Proseguendo, poco oltre,nell’estate del 1864 fu il libraio milanese PietroVergani a procurargli il De captivitate Babylonica ec-clesiae di Martin Lutero e, a breve distanza, l’Enchi-ridion di Erasmo. Mentre a Londra, nello stessoanno, acquistò quattro edizioni di Fausto Sozzinie una di Michele Serveto.

�Se intenzione primitiva, come dichiarato in

apertura del Catalogo, era quella di raccogliere ilmaggior numero di edizioni della Bibbia tradotta initaliano, e, solo in un secondo momento, estenderetale collezione agli autori e ai testi della Riforma,non sorprende che in seno alla “Biblioteca Reli-giosa” Guicciardini si individui un nucleo straor-dinario per numero e qualità dei pezzi di edizioniquattro-cinquecentesche del testo biblico: 132esemplari (quasi un quarto del patrimonio biblicoquattro-cinquecentesco della Nazionale di Fi-renze). Una raccolta unica nel suo genere, che, nona caso, Edoardo Barbieri, nell’introduzione alla bi-bliografia della Bibbia in volgare, definì senza giridi parole «la raccolta senza dubbio più organica diBibbie volgari in italiano».6 Com’è noto, la primaedizione in volgare della Bibbia, stampata a Veneziada Vindelino da Spira il I agosto 1471, propone latraduzione del camaldolese Niccolò Malerbi, cheandò incontro a prolungata fortuna sino al XVI se-colo.7 Nello stesso anno uscì a Venezia, per i tipi diAdam de Ammergau, una traduzione anonima diorigine trecentesca. Nel 1530 fu il fiorentino An-

98 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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tonio Brucioli, che si diceva «pizzicava d’eresia edera tenuto luterano» avendo tentato di diffondere«le cose di Martin Luter publice», a farsi carico diuna nuova traduzione del testo biblico, condotta,sulla scia di quanto aveva fatto Lutero in Germa-nia, sugli originali e stampata nel 1532 dall’officinaveneziana dei Giunta. Si trattava della prima tra-duzione italiana completa non eseguita sulla Vul-gata latina, dichiaratamente rivolta agli indotti che«a guisa di pappagalli bisbigliano i loro psalmi et

le loro preci in lingua latina o greca et niente in-tendimo di quello che si dichino». L’avevano pre-ceduta, sempre per i Giunta, l’edizione del NuovoTestamento (1530) e quella dei Salmi (1531). Neiprimi anni Quaranta sarà il Brucioli stesso a farsieditore/tipografo, aprendo una tipografia in campoSS. Filippo e Giacomo a Venezia con l’intento dipubblicare le proprie traduzioni bibliche (tra cui ilmonumentale Commento in tutti i sacrosanti libri delVecchio e Nuovo Testamento dalla hebraica verità e fonte

Nella pagina accanto: Giorgio Siculo, Epistola alli cittadini di Riua di Trento, Bologna, Anselmo Giaccarelli, 1550 – ©BNCF.

Sopra da sinistra: Erasmo da Rotterdam, Della institutione de fanciulii, Venezia, Gabriele Giolito, 1547 – ©BNCF; Vittoria

Colonna, Rime, Venezia, Giovanni Andrea e Florio Valvassori, 1542 – ©BNCF

99dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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greco tradotti in lingua toscana in sette volumi: 1542-47) e altre opere filoprotestanti che gli attirarono,dapprima, l’attenzione di Ambrogio Catarino nelCompendio d’errori et inganni luterani (1544) e, quat-tro anni più tardi, l’aperta accusa di diffondere libriluterani che portò a una perquisizione della suabottega nella quale furono scoperte «tre balle dilibri» sospetti. Il ventennio che seguì fu scanditoda processi, abiure, carcerazioni.8 Dal 1559 l’interasua produzione sarà inserita nell’Indice dei libriproibiti e ufficialmente vietate tutte le traduzioni

bibliche nelle lingue volgari.9 L’ultima edizionedella Bibbia del Brucioli, la sesta, sarà stampata nel1551, senza però che vi compaia il nome del tra-duttore; poi nel 1562 sarà ristampata ormai in terrariformata a Ginevra secondo la revisione del luc-chese, colà rifugiato, Filippo Rustici. Oltre alleBibbie del Brucioli (dalla princeps giuntina all’edi-zione ginevrina appena citata), il Fondo Guicciar-dini offre testimonianza, fra l’altro, delle due piùimportanti versioni cinquecentesche, non brucio-liane: la prima edizione della traduzione del fratedomenicano Zaccaria da Firenze, una sostanzialerevisione cattolica della versione del Brucioli (Ve-nezia, Lucantonio Giunta, 1536), in un esemplarecon nota «di licentia», ossia di concessione in let-tura e uso, datata 1699; e la prima edizione (Vene-zia, eredi di Lucantonio Giunta, 1538) dellaversione in volgare del savonaroliano Santi Mar-mochino.10

�A partire dall’interesse per le Bibbie in ita-

liano, Guicciardini si aprì a raccogliere le opere delSavonarola (autentico autore di punta del FondoGuicciardini, che da solo riunisce oltre 400 esem-plari per circa 250 edizioni) e dei riformatori ita-liani e d’Oltralpe (Lutero, Zwingli, Calvino, Bèze,Farel, Viret, Melantone, Vergerio, Curione … )con l’obiettivo di ricostruire il contesto religiosonel quale era maturata la Riforma.11 Ciò giustificala presenza, a esempio, di nove edizioni del ‘preri-formatore’ boemo Jan Hus e ventisei di Erasmo(sei delle quali in volgare, tra cui l’edizione Vene-zia, Giovanni Battista Pocatela, 1539 dell’Enchiri-dion, il fortunato manuale di vita cristiana edito perla prima volta ad Anversa nel 1503, nonché loscritto erasmiano che ebbe il maggior numero diedizioni in Italia grazie alla versione in volgare delletterato bresciano Emilio degli Emigli).12 Percen-tualmente, come ci informa Emanuela Fiume (LaRiforma europea nel Fondo Guicciardini, pp. 51-55),gli scritti dei tre riformatori maggiori «non occu-

Sopra: Martin Lutero, De captiuitate Babylonica ecclesiae,

1520 – ©BNCF. Nella pagina accanto: Girolamo

Savonarola, Expositio in psalmum XXX, Wittenberg, Johann

Rhau-Grunenberg, 1523 – ©BNCF

100 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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pano uno spazio di particolare rilievo nel fondofiorentino». Anche perché le loro opere, essendole più appetibili, erano anche le più difficili a sco-varsi sul mercato librario. Ciò non toglie, ovvia-mente, che la “Biblioteca Religiosa” accolga sedicititoli di Lutero, tre dei quali in italiano (tra cui laprecocissima traduzione di alcuni testi di catechesiluterana apparsa a Venezia nel 1525 per i tipi diNicolò Zoppino col titolo Uno libretto volgare conla dechiaratione de li dieci comandamenti).13 Tra leedizioni d’Oltralpe si segnalano il De captivitate ba-bylonica (in due edizioni entrambe in latino del1520, la prima delle quali, sine notis, trasmette alverso del frontespizio il celebre ritratto silograficoa piena pagina di Lutero in abito agostiniano trattodal disegno di Lucas Cranach), il Passional Christiund Antichristi (1521) - piccolo pamphlet compostoda 26 silografie disegnate da L. Cranach accompa-gnate da brevi testi di commento che giustappon-gono la vita di Cristo e quella del papa-Anticristo,autentico manifesto della propaganda visiva dellaRiforma14 - e soprattutto uno degli ultimi scritti diLutero, il Contra papatum romanum a diabolo inven-tum del 1545.

NOTE1 Il Fondo Guicciardini della Bibliote-

ca Nazionale Centrale di Firenze, a cura di

Lia Invernizzi, 3 voll., Firenze, La Nuova

Italia, 1984-87; Il Fondo Guicciardini del-la Biblioteca Nazionale Centrale di Firen-ze. Bibbie, a cura di Aldo Landi, Firenze-

Milano, Ed. Bibliografica, 1991.2 L. Venturi, “La nostra Riforma italia-

na”: catalogazione e ricerche sulle Cin-quecentine del Fondo Guicciardini, «Bol-

lettino della Società di studi valdesi»,

210-211, 2012, pp. 145-165. Le oltre due-

mila schede delle edizioni cinquecente-

sche del Fondo Guicciardini sono inoltre

accessibili sul portale del Patrimonio Cul-

turale Metodista e Valdese (http://patri-

monioculturalevaldese.org).3 Sul conte Guicciardini rimando il

lettore, oltre che al classico S. Jacini, Unriformatore toscano dell’epoca del Risor-gimento. Il conte Piero Guicciardini(1808-1886), Firenze, Sansoni, 1940, e

alla sintetica voce a cura di B. Modugno in

Dizionario Biografico degli Italiani, LXI,

Roma, Istituto della Enciclopedia Italia-

na, 2004, pp. 146-150, ai contributi rac-

colti nel volume Piero Guicciardini, 1808-1886. Un riformatore religioso nell’Euro-pa dell’Ottocento, Atti del Convegno di

Studi (Firenze, 11-12 aprile 1986), a cura

di L. Giorgi e M. Rubboli, Firenze, Olschki,

1988 e al saggio di S. Maghenzani, Da col-lezionista a storico: i libri, le carte e la ri-flessione storiografica sulla Riforma ita-liana del conte Piero Guicciardini, «Bol-

lettino della Società di studi valdesi», 205,

2009, pp. 89-114. 4 EDIT16 CNCE 2407; CNCE 42932.5 EDIT16 CNCE 18235.6 E. Barbieri, Le Bibbie italiane del

Quattrocento e del Cinquecento. Storia ebibliografia ragionata delle edizioni inlingua italiana dal 1471 al 1600, 2 voll.,

Milano, Ed. Bibliografica, 1991-1992, I, p.

101dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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Pressoché equivalente il ‘peso’ di Melantone,che si affaccia dagli scaffali guicciardiniani con di-ciotto titoli, che comprendono, oltre alla fonda-mentale opera di dogmatica luterana Loci communes(nell’edizione Wittenberg 1521), l’orazione fune-bre in morte di Lutero (1546) e la Vita Lutheri(1555).

Si segnalano quindi i sette titoli di UlrichZwingli e la trentina di Calvino, tra cui una man-ciata in italiano (due delle tre edizioni ginevrine,datate 1551 e 1566, del catechismo, l’edizione an-ch’essa ginevrina del 1553 del De superstitionibus vi-tandis e l’Istituzione della religione cristiana del 1557)e soprattutto, anche per importanza editoriale, laprinceps Basilea 1536 dell’Institutio christianae reli-gionis nella quale Calvino espose i punti essenzialidella dottrina riformata.15

Procedendo in rapida successione, ancheHeinrich Bullinger, successore di Zwingli (in par-ticolare la princeps 1539 del De origine erroris libriduo contro il culto dei santi e delle immagini) eThéodore de Bèze, successore di Calvino a Gine-vra, di cui spicca la rara traduzione in inglese dellaSumma (1565), soprattutto se messa a confronto

con la pressoché totale assenza di scritti di rifor-matori britannici nel Fondo Guicciardini.

�È però soprattutto nei confronti dei riforma-

tori italiani che il conte riversò le proprie energie,al fine di allestire una raccolta organica di testi eautori che, in reazione alla tesi del fallimento dellaRiforma in Italia, aiutasse a delineare un’identitàitaliana della Riforma e dimostrasse una continuitàda Savonarola a Pier Paolo Vergerio e agli altriesuli italiani.

Non è allora un caso che a essere ben testimo-niata è innanzitutto la prolifica produzione dell’exvescovo di Capodistria: sessantacinque titoli, tra cuil’opuscolo sine notis [ma 1549] che narra la vicendadell’avvocato di Cittadella Francesco Spiera, de-nunciato e processato a Venezia nel 1548 che am-mise di aver posseduto e letto una Bibbia in volgaree altri libri perniciosi e fu costretto all’abiura(anche nell’edizione in volgare uscita probabil-mente a Poschiavo nel 1551); l’edizione anch’essasine notis [Basilea 1550] de Le otto difensioni nellaquale Vergerio si autodifese dall’accusa di eresia; la

102 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

XXII.7 Id., La fortuna della «Biblia vulgari-

zata» di Nicolò Malerbi, «Aevum», 43,

1989, pp. 419-500.8 Sul Brucioli basti qui, oltre alla voce

ormai datata di R. N. Lear, in DizionarioBiografico degli Italiani, XIV, 1972, pp.

480-485, E. Barbieri, Antonio Bruciolitraduttore della Bibbia, in Id., Le Bibbieitaliane, I, pp. 107-127; Id., La tipografiadei fratelli Brucioli, l’attività editoriale diAntonio e il Cabasilas di Gentien Hervet,in Antonio Brucioli. Humanisme et évan-

gélisme entre Réforme et Contre-Réfor-me, Actes du Colloque, sous la direction

de E. Boillet, Paris, Champion, 2008, pp.

53-76; U. Rozzo, L’Epistola sul Messia diAntonio Brucioli e la letteratura antie-braica, ivi, pp. 21-51, con la scheda bio-

grafica compilata da Davide Dalmas in Lecinquecentine del Fondo Piero Guicciar-dini, a cura di M. Fratini - L. Venturi, pp.

69-72. 9 Sull’argomento il rinvio d’obbligo è

a G. Fragnito, La Bibbia al rogo. La censuraecclesiastica e i volgarizzamenti della

Scrittura (1471-1605), Bologna, Il Muli-

no, 1997; Ead., Proibito capire. La Chiesa eil volgare nella prima età moderna, Bolo-

gna, Il Mulino, 2005; U. Rozzo, La lettera-tura italiana negli «Indici» del Cinquecen-to, Udine, Forum, 2005.

10 Stante i rapidissimi cenni imposti

alla presenta scheda, rinvio il lettore a IlFondo Guicciardini. Bibbie, a cura di A.

Landi; E. Barbieri, Le Bibbie italiane; LaBibbia. Edizioni del XVI secolo, a cura di

Antonella Lumini, Firenze, Olschki, 2000;

e da ultimo al contributo di A. Lumini, Le

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103dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

versione vergeriana dell’indice dei libri proibiti mi-lanese del 1554; la versione in tedesco (1556)dell’Historia di papa Giovanni VIII (sulla vicendadella presunta papessa Giovanna salita al sogliopontificio nell’anno 855) accompagnata da unasuggestiva silografia dell’incisore tedesco JakobKallenberg raffigurante il parto del pontefice sor-retto dai cardinali; sino alla miscellanea di opere la-tine apparsa a Tubinga nel 1563 col titolo Primustomus adversus papatum.16

Compagni di scaffale sono, tra gli altri, il tran-sfuga dall’ordine dei Cappuccini BernardinoOchino (con le edizioni delle prediche e soprat-tutto l’edizione, nota tramite l’unicum guicciardi-niano, de l’Imagine di Antechristo); il fiorentinoPietro Martire Vermigli (la lezione sulla prima let-tera ai Corinzi nell’edizione zurighese del 1551,l’edizione, anch’essa Zurigo 1557, del De sacra-mento eucharistiae e la princeps, datata 1561, del Dia-logus de utraque in Christo natura); il De religionechristiana dell’esule bergamasco Girolamo Zanchi;la Tragedia del libero arbitrio (opera precocementeiscritta nell’indice tridentino che trovò ampia for-tuna anche grazie a una versione latina e una dop-

pia traduzione in inglese) di Francesco Negri, exmonaco cassinese, tra i primi ad abbandonare ilchiostro per passare alla Riforma, nell’edizione sineloco del 1550.17 Guicciardini mise le mani anche sudue rari esemplari di altrettante edizioni in latinoe in volgare (c. 1546, 1550) del Pasquino in estasi delriformato canavese Celio Secondo Curione,18 di cuila raccolta conserva una quindicina di titoli, com-preso il trattato teologico in forma dialogica Deamplitudine beati regni Dei (1554) pubblicato semi-clandestinamente a Poschiavo; e ancora, su alcunidegli scritti del luterano istriano Mattia Flacio Illi-rico, dell’ex agostiniano piemontese Agostino Mai-nardi, rifugiatosi a Chiavenna dove fondò la primacomunità evangelica (sua, a esempio, l’Annotomiadella messa del 1552), fino a due copie dell’epistolaai cittadini di Riva del Garda di Giorgio Siculo ead alcune opere di Fausto Sozzini. Non tutto gliriuscì di collocare sui palchetti: anche per il conteGuicciardini fu impossibile rintracciare un esem-plare di uno dei testi più diffusi, e da cui non di-stolsero gli occhi gli inquisitori, della letteraturariformata: il Beneficio di Cristo di Benedetto daMantova.

edizioni a stampa della Bibbia fra testooriginale e traduzioni, in Le cinquecenti-ne del Fondo Piero Guicciardini, a cura di

M. Fratini - L. Venturi, pp. 57-61; e alle

schede del catalogo che qui si presenta

(pp. 182-193).11 S. Dall’Aglio, Girolamo Savonarola

e Piero Guicciardini nell’Ottocento italia-no ed europeo, in Le cinquecentine delFondo Piero Guicciardini, a cura di M. Fra-

tini - L. Venturi, pp. 83-86. Sul fondo sa-

vonaroliano della Nazionale si veda il Ca-talogo delle edizioni di Girolamo Savona-

rola (secoli XV-XVI) possedute dalla Bi-blioteca Nazionale Centrale di Firenze, a

cura di P. Scapecchi, Firenze, Sismel - Edi-

zioni del Galluzzo, 1998.12 EDIT16 CNCE 40027. Scheda 10 del

Catalogo.13 EDIT16 CNCE 70013. Scheda 81 del

Catalogo.14 Scheda 12 del Catalogo.15 Schede 5-7 del Catalogo.16 Schede 48-57 del Catalogo.17 E. Barbieri, Note sulla fortuna euro-

pea della “Tragedia del libero arbitrio” di

Francesco Negri da Bassano, in Circola-zione di uomini e d’idee tra Italia ed Euro-pa nell’età della Controriforma, Atti del

XXXVI Convegno di Studi sulla Riforma e i

movimenti ereticali in Italia, a cura di S.

Peyronel, «Bollettino della Società di Stu-

di Valdesi», 181, 1997, pp. 107-140. Sche-

da 34 del Catalogo.18 Schede 27-28 del Catalogo.

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dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano 105

Rensi, ricorda FabrizioMeroi in uno scritto puntuale einformato, si confrontò con ilpensiero protestante per oltreun trentennio.1 Il filosofo vero-nese esordì, in tema, con un ar-ticolo apparso su «Critica So-ciale» il 16 dicembre del 1906,intitolato Il nuovo protestantesi-mo. Nel medesimo lasso di tem-po, egli iniziò la collaborazionealle pagine di «Coenobium», ri-vista ascrivibile all’ambito dellareligione riformata, grazie allachiamata di Enrico Bignami eArcangelo Ghisleri. Fu redatto-re-capo del periodico sino al-l’esplosione del primo conflittomondiale, quando il suo inter-ventismo conflisse con il neu-tralismo pacifista di Bignami.Sotto il profilo speculativo, ilpensatore stava superando lescorie della iniziale adesione alpositivismo ed era sul punto disposare la causa idealista. La vo-cazione di erudito e di curiosus,in senso classico, che connotavala sua personalità, lo induceva acontrastare l’adesione a qualsi-

Da tempo andiamo affer-mando la centralità, neldibattito teoretico eu-

ropeo del Novecento, della filo-sofia italiana. E in essa, di alcuniautori che, per ragioni diverse,hanno finora avuto un’attenzio-ne critica non adeguata alla lororilevanza speculativa. Di tali in-telligenze scomode e coraggio-se, estranee alle appartenenzeaccademiche ‘forti’, fecero par-te Giuseppe Rensi (1871-1941)e Andrea Emo (1901-1983).Uomini e pensatori diversi perindole e atteggiamento nei con-fronti della vita, che condiviseroun profondo interesse per ilprotestantesimo, da entrambiletto quale essenziale matricedel Moderno.

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

A destra, dall’alto: il filosofo Giuseppe

Rensi, in una foto del 1902, scattata

a Bellinzona; Alberto Savinio

(1891-1952), Ritratto di Andrea Emo

(1941), collezione privata. Nella pagina

accanto: Eugène Siberdt (1851-1931),

Martin Lutero mentre traduce la Bibbia

(1898), Eisenach, Wartburg

GIUSEPPE RENSI E ANDREA EMO

Filosofia e Protestantesimo

GIOVANNI SESSA

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stianesimo alla Chiesa, che l’identificazione lute-rana della fede con la Bibbia. Interpreti per eccel-lenza di tale atteggiamento di pensiero nell’ambitoriformato, erano allora Louis-Auguste Sabatier edÉtienne Giran. Quest’ultimo negava, a dire diRensi, non solo la natura divina del Cristo ma lastessa sua ‘superiorità’ umana. Il protestantesimocontemporaneo, rileva acutamente il pensatore, hala propria base teologica nella ‘rivelazione perma-nente’: «è un assurdo pensare che la rivelazione diDio sia operata in un libro. Essa invece è perma-nente, e solo si compie sempre in modo atto a esse-re compresa dalle menti di ciascuna epoca». A tale

voglia religione rivelata. Si interessò, allora, di mi-stica e di spiritualità orientale, sulla scorta di unaprofonda spinta etica che accompagnò il suo iterspeculativo anche nella fase propriamente scetti-ca. Le tesi espresse nell’articolo citato sono in-fluenzate da tale contesto di riferimento.

Ne Il nuovo protestantesimo, Rensi sostenneche le ricerche storiche e dogmatiche di ambitoprotestante svolgevano una funzione stimolanteper il rinnovamento del cattolicesimo stesso. Più inparticolare, il protestantesimo moderno avrebberadicalizzato la dimensione soggettiva del fatto re-ligioso, ciò colpiva sia la reductio cattolica del Cri-

Sopra: esemplare di Bibbia in tedesco (con la traduzione di Martin Lutero) stampato nel 1593. Nella pagina accanto:

Giuseppe Rensi (1871-1941), in un disegno pubblicato su «il Giornale»

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neo-protestanti attraverso l’atteggiamento di ri-fiuto preconcetto, messo in atto nei confronti de-gli atei. Causa di ciò, il ‘veritatismo’ gnoseologico,la credenza nell’assolutezza del vero, che si tradu-ce in aperta discriminazione delle minoranze, chelo scettico Rensi non poteva di certo tollerare.

�Per un aspetto essenziale, Rensi si accostò,

durante lo sviluppo del suo pensiero, al protestan-tesimo. Tale aspetto va colto nella ‘suggestionepaolina’. All’inizio degli anni Dieci, egli fece piùvolte riferimento a Paolo al fine di costruireun’etica eteronoma. Trascendenza, uscito nel 1914,è il testo più sistematico del Rensi idealista-tra-scendentista. Le sue pagine si aprono con una cita-zione paolina rinviante alla costruzione di una

posizione teorica è consustanziale la tesi della«cancellazione della tradizionale distinzione tracredenti e negatori».2 Per cui, paradossalmente, lavera credenza è l’incredulità, la vera religione è l’ir-religione. Rensi ritiene che tale lettura induca ilCristianesimo a farsi ‘assoluto’, a divenire sempli-cemente ‘spirito religioso’, in quanto la religione,come qualsiasi altro elemento del reale, ha uno svi-luppo dialettico che conduce alla negazione, alladistruzione. La cosa, naturalmente, era letta in ter-mini positivi dal filosofo. Commenta Meroi: «Ilprotestantesimo liberale e il cattolicesimo moder-nista assurgono alla statura di manifestazioni otti-mali e auspicabili in quanto del Cristianesimo stes-so rappresentano la negazione».3

�È l’approccio iniziale all’idealismo, realizza-

to sotto il segno dell’immanentismo, a determina-re gli aspetti salienti dell’esegesi rensiana. L’in-contro con il neo-hegelismo anglossassone tra-scendentista, lo indurrà, in seguito, a correggeretale posizione. Il protestantesimo si trasformò,nella nuova fase, in«oggetto di una valutazioneche ne rispetta l’effettiva configurazione religio-sa».4 Durante gli anni Venti, dopo esser pervenutoal momento scettico, il veronese sostenne la filo-sofia idealista poter conciliarsi, sotto il profilo re-ligioso, solo con il protestantesimo. Tali forme dipensiero sono unite dall’idea della realtà qualeperpetuo divenire. Per tale ragione, a differenzadel cattolicesimo, la religione riformata non è riu-scita nel corso della storia a tacitare e controllare,in senso catecontico, l’impulso di «sovversione enegazione», che la costituiva ab origine.5 Interes-sante, per le obiezioni rivolte alla religione prote-stante in sé, è la prefazione rensiana alla traduzio-ne italiana dell’Athéisme di Felix Le Dantec del1925.6 In essa, oltre alla polemica contro il neo-protestantesimo di Giuseppe Gangale, si evincecome il principio di critica, consustanziale all’ori-ginaria Chiesa riformata, di fatto venga negato dai

107dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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morale fondata in Dio. Negli anni Trenta, invece,il ricorso a Paolo si manifesta nell’elaborazionedel tema della «morale come pazzia».7 La follia èintesa come rinuncia a ogni schema morale cen-trato sulla ratio, è «follia della croce» comportantela rivalutazione della grazia-predestinazione.L’interesse del filosofo per tali tematiche, lo in-dusse a prendere parte, nel 1933, al campo-conve-gno delle “Associazioni Cristiane dei Giovani” e apubblicare un volume, Motivi spirituali platonici,

con un editore di fede evangelica.8 Nonostante ta-le prossimità, Rensi non fu un cripto-protestantema, probabilmente, come rileva Meroi, un ‘ateo’tra credenti.

�La filosofia di Andrea Emo, ascritta dalla cri-

tica alle ontologie negative, è una delle esperienzedi pensiero più radicali, in senso etimologico, delNovecento. Il pensiero del nobile veneto si muove

NOTE1 Cfr. F. Meroi, Giuseppe Rensi. Filoso-

fia e religione nel primo Novecento, Ro-

ma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2009:

in particolare si veda il cap. II, Rensi e ilprotestantesimo, pp. 55-87.

2 G. Rensi, Il nuovo protestantesimo,

in «Critica sociale», XVI, 1906, n. 24, pp.

373-376.3 F. Meroi. Giuseppe Rensi, cit., p. 58.4 Ibidem, p. 62. Tale posizione la si

evince da G. Rensi, Prefazione del tradut-

tore, in J. Royce, La filosofia della fedeltà,

Bari, Laterza, 1911, pp. V-XXIV.5 Cfr. G. Rensi, La religione nelle scuo-

le, 1920, in Realismo, Milano, Unitas,

1925, pp. 11-16; Id., Il Papa, 1922, in Teo-ria e pratica della reazione politica, Mila-

La seduta inaugurale del concilio di Trento (1545-1563), in una incisione d’epoca

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in direzione del Principio, ma lo scopre infondato.Per Emo, che nei Quaderni (ancora in parte inedi-ti) si è lungamente confrontato con il tema dellafede, essa viene di fatto a coincidere con l’eserciziodella filosofia. Tale tesi pare antitetica a quantoHeidegger sostenne in Introduzione alla metafisica,in merito alla incompatibilità di filosofia e fede. Inrealtà, la fede emiana ha il tratto della ‘impossibili-tà’, in quanto caratterizzata in termini di negativi-tà, perdizione e rinuncia. La storia è, a dire del fi-losofo, il luogo in cui si mostra la volontà di poten-za che «si fonda su una fede». Nel mondo degliuomini, il volere produce ‘immagini’, in quanto ilnostro approccio al reale passa attraverso la di-mensione rappresentativa. Ebbene, la religione,in quanto fede, esercita un’azione iconoclasta, «ri-vela il nulla, in cui la pura immagine consiste».Nella prospettiva emiana la religione è l’altro vol-to dell’arte: questa metamorfizza il nulla immagi-nale in un positivo visibile, la fede custodisce la ne-gatività dell’immagine come puro vuoto, la ‘vacui-tà’ interiore testimoniata dalle cattedrali gotiche edall’Inferno dantesco.

Queste le premesse generali dell’esegesi delprotestantesimo prodotta dal filosofo veneto.Per Emo l’Umanesimo fu momento apicale dellasocietà cristiana, che produsse la Riforma qualesuo parto più rilevante. Il luteranesimo, infatti,nega «il valore intrinseco e permanente dell’ope-ra operata ciò che per gli antichi Greci significa-va tanto l’operare come pura attività, quantol’opera come suo stante risultato si manifesta co-me puro operare gratuito il quale non ha altro‘scopo che sé’».

Nel secolo scorso, due forze si opposero, perEmo, al pieno esplicarsi dell’essenza della civiltàcristiana liberata dalla Riforma: il comunismo, cheha instaurato una forma di servitù politico-econo-mica senza precedenti, e la Chiesa cattolica. IlConcilio di Trento si oppose al principio della solafides, lo spirito iconoclasta venne arginato e la ve-rità cristiana che «si crea in quanto si nega», rele-gata nella marginalità ereticale.

Il cattolicesimo contemporaneo, dopo ilConcilio Vaticano II, si è posto al passo con i tem-pi, divenendo la quintessenza delle società liberal-democratica. La cosa paradossale è che, in tale iti-nerario, incontrò il protestantesimo, ridotto amoderno pelagianesimo «venendo incontro aquell’illuminismo democratico che costituiscel’origine della mentalità dominante nell’epoca at-tuale».

Il ‘totalitarismo’ contemporaneo, la demo-crazia epidemica della governance, nella quale ilpopolo è stato espropriato di sovranità e decisionepolitica, è la risultante dell’incontro tra cattolice-simo e pelagianesimo protestante. Pertanto, se-condo il filosofo veneziano-patavino, il conflittodel nostro tempo va individuato «nello scontro trauna civiltà dei valori preesistente al Cristianesimoe il Cristianesimo stesso».9

Detto in altri termini, l’essenza del Cristia-nesimo, esplicitatasi con la Riforma, rappresentòil riemergere dei culti agrari e cosmici, il ritornodel ‘dio negativo’ che muore e rinasce, in contrap-posizione ai valori apollinei espressi tanto dalla re-ligiosità olimpica classica, quanto dalla rigiditàmonoteistica ebraica.10

no, La Stampa Commerciale, pp. 11-16.6 Cfr. F. Le Dantec, L’Ateismo, prefazio-

ne di G. Rensi, Milano, Casa Editrice So-

ciale, 1925.7 Per tutto ciò, cfr. F. Meroi, Giuseppe

Rensi, cit., pp. 72-79.

8 Cfr. G. Rensi, Motivi spirituali plato-nici, Milano, Gilardi e Noto, 1933.

9 Cfr. R. Gasparotti, Il cristianesimo e ildio negativo, in A. Emo, Quaderni di me-tafisica 1927-1981, a c. di M. Donà e R.

Gasparotti, prefazione di M. Cacciari, Mi-

lano, Bompiani, 2006, pp. 1370-137410 Su questo aspetto e più in generale

sulle posizioni emiane, ci permettiamo di

rinviare al nostro, La meraviglia del nulla.Vita e filosofia di A. Emo, prefazione di R.

Gasparotti, Milano, Bietti, 2014.

109dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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la Riforma. Il fondo brunianodella BvS è notoriamente moltoragguardevole e una puntuale ri-cognizione bibliografica è dun-que da rimandarsi ad altra occa-sione. I due autori di punta sonoSavonarola ed Erasmo, di cui sirintracciano, complessivamente,oltre sessanta edizioni, alcunedelle quali di indubbia rarità bi-bliografica. Del nucleo savona-roliano fa innanzitutto parte unimportante manoscritto tardo-quattrocentesco (che meritereb-be un surplus di indagine, sen-nonché, come gli stampati, non èal momento accessibile). È ne-cessario pertanto affidarsi alla

scheda codicologica redatta alcuni anni fa: veniamocosì a sapere che si tratta di un codice cartaceo(21x15 cm) di 45 carte numerate (cui si aggiungeuna prima carta non numerata) vergato in inchio-stro bruno scuro da un’unica mano corsiva, post 9aprile 1498. Presenta legatura confezionata con unfoglio da codice latino di recupero e tramanda (maqui ci addentriamo in un terreno assai delicato) latrascrizione di uno dei processi cui fu sottopostoGirolamo Savonarola, probabilmente propriol’«esamine» conclusivo, tenuto da una commissio-ne di nove cittadini il 24 maggio 1498 e culminato

Pur numericamente impa-ragonabile alla “LibreriaReligiosa” Guicciardini,

anche il Fondo antico della Bi-blioteca di via Senato restituisceun sostanzioso manipolo di auto-ri e opere che non sfigurerebberosugli scaffali fiorentini, soprat-tutto nel caso in cui, come si ri-scontra per alcuni titoli, ne sianoaddirittura sprovvisti. L’anniver-sario luterano è dunque l’occa-sione per stilarne un primo cata-logo short title con gli stessi criteriinclusivi della collezione guic-ciardiniana (quindi anche i pre-diletti Savonarola ed Erasmo);con l’unica vistosa eccezione del-le edizioni di Giordano Bruno, autore caro al Guic-ciardini che ne raccolse infatti una ventina di titoli,sebbene non possa essere classificato nell’alveo del-

SPECIALE V CENTENARIO 95 TESI (1517–2017)

Sopra: Savonarola Girolamo, Operetta del amore di Jesu,

[Firenze, Giovanni Stefano di Carlo, 1505?], frontespizio.

Nella pagina accanto: La Sacra Bibbia, tradotta in lingua

italiana, e commentata da Giovanni Diodati, di nation

lucchese. Seconda editione, migliorata, ed accresciuta. Con

l’aggiunta de’ Sacri salmi, messi in rime per lo medesimo,

Genève, Pierre Chouët, 1641, frontespizio

LA “LIBRERIA RELIGIOSADI VIA SENATO”

Catalogo delle edizioni dei secoli XVI-XVIII

GIANCARLO PETRELLA

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con l’esecuzione e il rogo: [incipit]«Qui sotto faro nota et descrit-tione dell’examine di FrateGer[ola]mo di Niccolo da Ferra-ra detto il Savonarola, fatta di luidagli spittabili et prudentissimihuomini … ». Non appena il co-dice tornerà accessibile, come siintuisce, sarà necessario condur-re un’analisi filologica e accertar-ne i rapporti (anteriorità, dipen-denza?) con le edizioni a stampacoeve dei processi.1 Oltre al ma-noscritto, il nucleo savonarolia-no comprende ben tredici edizio-ni cinquecentesche e un paio im-presse in terra riformata (per ag-girare il divieto nel frattempo im-posto dalla Chiesa di Roma) negli anni Trenta delSeicento. Spiccano, sia per la rarità degli esemplarisopravvissuti sia per l’adozione di una vignetta silo-grafica al frontespizio (pratica piuttosto usuale nelleedizioni savonaroliane),2 le stampe sine notis, maprobabilmente uscite dai torchi fiorentini di Gio-vanni Stefano di Carlo c. 1505, del Breve e utile trac-tato della humilita e dell’Operetta del amore di Jesu.Allo stesso tipografo riconduce anche l’Operetta

molto divota sopra e dieci comanda-menti di Dio sottoscritta, ma nonfirmata, Firenze 23 ottobre 1508,anch’essa accompagnata da duebegli esempi dell’illustrazionefiorentina tardo-quattrocente-sca, il secondo dei quali raffigu-rante la Crocifissione. Dell’edi-zione parigina (Jean Bignon1539) della Dominicae precationispia admodum et erudita explanatioSBN non censisce ufficialmentealcuna copia in biblioteche italia-ne. Altrettanto rare: la prima edi-zione, postuma, del Dialogus, cuititulus solatium itineris mei (Vene-zia, Giovanni Padovano e Ventu-rino Ruffinelli, 1535); la raccolta

di alcuni trattati stampata a Milano nel 1510 daGiovann’Angelo Scinzenzeler; l’edizione Venezia,Benedetto Bindoni, 1535 del Triumpho della croce diChristo volgare, accompagnata al frontespizio da si-lografia della Crocifissione. Si segnalano, inoltre, laprima traduzione in volgare (Venezia 1547) di unaraccolta di 19 prediche che Savonarola tenne a Fi-renze nel 1491 (Nella prima epistola di san Giovanni,& altri luoghi della sacra scrittura, sermoni XIX di ma-

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raviglioso artificio ad infocarne nell’amor di Iesu Chri-sto); l’edizione Venezia, Cesare Arrivabene, 6 aprile1520 delle Prediche per tutto l’anno e alcune edizioni,già pienamente cinquecentesche, ma anteriori ov-viamente all’inserimento ufficiale delle opere di Sa-vonarola nell’Indice dei libri proibiti, tra cui l’edi-zione delle prediche Venezia, Giovanni AntonioVolpini per Brandino e Ottaviano Scoto il giovane,1540 e quelle Sopra Job sottoscritta Venezia, Nicco-lò Bascarini, 1545. Un caso a parte, di indubbio in-teresse bibliografico, è l’esemplare dell’edizionebolognese 1515 delle Prediche sopra Ezechiel, chepresenta infatti al colophon data posticipata di un me-se («Stampato in Bologna per Benedetto di Hector,1515. a di. XXII. di Giugno») rispetto alla maggiorparte degli esemplari noti («Stampato in Bolognaper Benedetto Di Hector, 1515 a di II di maggio»)3

e che può dunque ricondursi a una seconda emissio-ne della stessa edizione, intravedendosi qui la vo-lontà del tipografo di immettere in un secondo mo-mento sul mercato una parte della tiratura.

Altrettanto interessanti le edizioni di Erasmo,soprattutto quelle che testimoniano della tradizio-ne erasmiana in Italia: l’Opusculum cui titulus est Mo-ria, id est Stultitia (Venezia, Giorgio Rusconi e Nic-colò Zoppino e Vincenzo di Paolo, 1520) di cui nonsi conoscono che 4 esemplari in biblioteche pubbli-che italiane, e i Proverbiorum chiliades, Venezia, Mel-chiorre Sessa e Pietro Ravani, 1522, anch’essi censi-

ti sin qui in altrettante biblioteche. Degna di nota laprima e unica edizione degli Apoftemmi stampata aVenezia da Vincenzo Valgrisi nel 1546, versione involgare degli Apophthegmata erasmiani (la cui prin-ceps latina uscì nel 1531 a Basilea) condotta dal poli-grafo Sebastiano Fausto da Longiano, già autore diun commento al canzoniere petrarchesco. L’annoprima il Valgrisi aveva pubblicato i Colloquii fami-gliari di Erasmo Roterodamo tradotti di latino in italia-no per M. Pietro Lauro Modenese, finora censiti in tresoli esemplari in biblioteche italiane, cui si può oggiaggiungere un quarto presso la Biblioteca di via Se-nato. Nel fondo erasmiano si segnalano inoltre laprima edizione stampata a Strasburgo (terza in as-soluto) dell’Opus de conscribendis epistolis (1522), im-

Nella pagina accanto in senso orario: Savonarola Girolamo,

Breve et utile tractato della humilita, [Firenze, Giovanni

Stefano di Carlo, 1505?], frontespizio; Savonarola Girolamo,

Operetta molto divota sopra e dieci comandamenti di Dio,

Firenze, [Giovanni Stefano di Carlo], 23 ottobre 1508,

frontespizio; Savonarola Girolamo, Operetta molto divota

sopra e dieci comandamenti di Dio, Firenze, [Giovanni

Stefano di Carlo], 23 ottobre 1508, colophon; Erasmus

Roterodamus, Apoftemmi, Venezia, Vincenzo Valgrisi,

1546, frontespizio. In questa pagina, a destra: Daneau

Lambert, Tractatus de Antichristo, Genève, Eustache Vignon,

1576, frontespizio

113dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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pressa per la prima volta nell’agosto dello stesso an-no a Basilea presso Johann Froben; la quinta in as-soluto del Moriae encomium (Strassburg, MatthiasSchürer, 1512) di cui finora in Italia si conoscevauna sola copia presso la Biblioteca della FondazioneCentro culturale valdese di Torre Pellice; la princepsdel Lingua, opus novum, et hisce temporibus aptissimum(Basel, Johann Froben, 1525) e la prima edizione el-zeviriana (1655) dei Colloquia. Tra le edizioni era-smiane del Seicento si segnala un nutrito drappellodi quelle nel piccolo formato in 12° impresse a Lei-da da Joannes Maire negli anni Quaranta.

Pochissimo spazio trovano invece i riformatorimaggiori: nessuna edizione di Lutero, Melantone eZwingli; una soltanto di Calvino: la prima edizionein italiano (1557), pubblicata a Ginevra per i fuoriu-

sciti italiani, della Institutione della religion christiana.Del successore di Calvino a Ginevra, Théodore deBèze (1516-1605), il fondo antico restituisce invecela princeps delle Icones id est verae imagines virorum doc-trina simul et pietate illustrium (1580),4 galleria di per-sonaggi illustri della Riforma, seguite da una raccol-ta di Emblemi, che veicolano un messaggio religiosoe propagandistico. Alla Ginevra riformata ricondu-cono anche le prime rare edizioni di due delle princi-pali opere del teologo Lambert Daneau (c. 1530-1595)5 - il Tractatus de Antichristo (1576), di cui SBNnon registra alcuna copia in biblioteche italiane, e gliElenchi haereticorum (1573) - e soprattutto un piccoloma significativo manipolo di edizioni del testo bibli-co: la prima (1607) e la seconda edizione riveduta eampliata (1641) della traduzione biblica condottadal lucchese Giovanni Diodati (1576-1649), docen-te di lingua ebraica e teologia a Ginevra. Alle dueedizioni bibliche appena citate va accostata l’edizio-ne del 1562 della revisione della traduzione brucio-liana condotta da Filippo Rustici (m. 1586) che ri-marrà il testo biblico di riferimento per i protestantidi Ginevra sino, appunto, alla nuova traduzione diGiovanni Diodati. Antonio Brucioli (1487-1566) ri-torna con la seconda e la terza edizione (rispettiva-mente 1538 e 1544-45) dei Dialogi della morale philo-sophia, usciti per la prima volta col solo titolo di Dia-logi nel 1526 presso Gregorio de’ Gregori.

Una bella sorpresa è la rara edizione dei Pa-squillorum tomi duo di Celio Secondo Curione(1503-1569),6 l’umanista piemontese esule religioniscausa in Svizzera dal 1542, apparsa col falso luogo distampa di Eleutheropoli [ma Basilea, Johann Opo-rinus] nel 1544. Si tratta, com’è noto, di uno dei ca-polavori del Curione satirico, che, riannodandosialla letteratura pasquillesca, impiega la satira anti-clericale come strumento di propaganda protestan-te fingendo una discesa agli Inferi alla scopertadell’aberrante regno ‘papistico’. Presenze di indub-bia rilevanza, anche per la rarità degli esemplaricensiti che confermano, ancora una volta, la neces-sità di ampliare gli scavi bibliografici alle collezioni

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più defilate, sono la prima edizione stampata in Ita-lia (1537) del compendio del celebre trattato di Era-smo De conscribendis epistolis, curato e commentatodall’umanista erasmiano Juan Luis Vives (1492-1540)7 e la prima edizione (apparsa in terra riforma-ta Basilea 1547) dell’importante Opera nuova dellariformatione di Francesco Stancari (c. 1501-1574).8

Figura meno nota tra i riformati italiani, sostanzial-mente sfuggita anche alla raccolta Guicciardini, do-po essersi rifugiato a Chiavenna assieme a un altroprotestante italiano, Francesco Negri, raggiunseBernardino Ochino a Ratisbona, per poi trovare ri-fugio in Polonia e Ungheria. Sinora non se ne cono-sceva che un solo esemplare in Italia presso la Bi-blioteca Angelo Mai di Bergamo (un secondo fuoridai nostri confini alla British Library).9 Si segnalanoinoltre l’Histoire du Lutheranisme (1680) e l’Histoire

du Calvinisme (1682) dell’ex gesuita Louis Maim-bourg (1610-1686).

Il catalogo comprende alcune edizioni di auto-ri classici che, pur non riguardanti temi teologici odottrinali, contengono però interventi a cura di per-sonaggi appartenenti al campo riformato e per que-sto passibili di censura, anche solo nella forma del-l’espurgazione del nome del curatore al frontespi-zio. È il caso, a esempio, dell’edizione del De officiiisdi Cicerone con gli scholia di Erasmo e Melantone(1548) e di un paio analoghe, tra cui l’edizione aldi-na degli Opuscula di Luciano (1516) e quella degliOpera omnia di Cipriano (1547) entrambe con le an-notazioni di Erasmo. Per lo stesso motivo si sonovolute accogliere anche le edizioni dei Hieroglyphicadi Valeriano Pierio con l’aggiunta dei due libri diCelio Augustino Curione, figlio di Celio Secondo

Sotto da sinistra: Calvin Jean, Institutione della religion christiana (tr. Giulio Cesare Pascali), Genève, François Jaquy, Antoine

Davodeau et Jacques Bourgeois, 1557, incipit; Savonarola Girolamo, Triumpho della croce di Christo volgare: della verita della

fede christiana, Venezia, Benedetto Bindoni, 1535, frontespizio; Savonarola Girolamo, Triumpho della croce di Christo volgare:

della verita della fede christiana, Venezia, Benedetto Bindoni, 1535, colophon. Nella pagina accanto: Calvin Jean, Institutione

della religion christiana (tr. Giulio Cesare Pascali), Genève, François Jaquy, Antoine Davodeau et Jacques Bourgeois, 1557,

frontespizio

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Curione. Così come la princeps della Bibliotheca uni-versalis di Konrad Gesner (1545), la prima biblio-grafia universale, contenente rimandi anche ad au-tori riformati e per questo prontamente messa al-l’indice negli autori di prima classe, quelli cioè di cuiera vietata l’intera produzione.

Della piccola ‘biblioteca riformata’ fanno par-te anche alcuni titoli di parte cattolica. L’indaginebibliografica ha portato all’individuazione di unesemplare della rara edizione veneziana 1552 (nesono censiti solo 4 esemplari in Italia) del De contem-ptu mundi di Innocenzo III curata da Iohannes Co-chlaeus (1479-1552),10 uno dei più accesi avversari

di Lutero, autore del Septiceps Lutherus (1529) chetrasmette al frontespizio la ben nota incisione diLutero con le fattezze della bestia dalle sette teste.Nel campo della letteratura di parte cattolica si se-gnalano inoltre il De communione De confessione Desatisfactione De invocatione sanctorum Adversus Lute-ranos tractatus (1531), uno dei trattati del cardinale eteologo Tommaso De Vio (1469-1534), al quale fuaffidato il tentativo di dialogo con Lutero nel cele-bre incontro avvenuto ad Augusta nel 1518,11 e laseconda edizione (1573, princeps nel 1568) del Theo-rice et praxis haereseos sive Enchiridion iudicum violataereligionis dello spagnolo Diego Simancas (m. 1583).

La Bibbia cioè i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento. Nuovamente traslatati in lingua italiana, da Giovanni Diodati di nation

lucchese, Genève, Jean de Tournes, 1607, frontespizio

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CATALOGO*

� 1. Savonarola Girolamo, Breveet utile tractato della humilita, [Fi-renze, Giovanni Stefano di Carlo,c. 1505?].

In 4°, cc. [10], ill: silografia alfrontespizio e a c. a2r.

SCAPECCHI 240; ISTCIS00281000; EDIT16 CNCE 73947censisce solo 8 esemplari in Italia.

� 2. Savonarola Girolamo, Ope-retta del amore di Jesu, [Firenze,Giovanni Stefano di Carlo, 1505?].

In 4°, cc. [22], ill: silografia raffi-gurante la Crocifissione al fronte-spizio e due silografie alle cc. c1r ec6v.

SCAPECCHI 146; ISTCis00172000; EDIT16 CNCE 71203.

� 3. Savonarola Girolamo, Ope-retta molto divota composta da frateHieronymo da Ferrara dell’ordine defrati predicatori sopra e dieci coman-damenti di Dio, Firenze, [GiovanniStefano di Carlo], 23 ottobre1508.

In 4°, cc. [26], ill: 2 silografie allaprima e all’ultima pagina (Savona-rola all’interno di un monasterofemminile; la Crocifissione).

SCAPECCHI 150; EDIT16 CNCE53820 censisce solo 5 esemplari inItalia.

� 4. Savonarola Girolamo, Operecomposte dal venerando padre frateHieronymo da Ferrara del ordine dipredicatori. Primo tractato de lo amo-re di Iesu Christo. Lauda de la conso-latione del crucifixo. Oratione breve etdevota al crucifixo. Tractato de la hu-militade. Tractato de la oratione men-tale. Tractato del sacramento & demysterii de la messa. Tractato de la vi-ta viduale. Tractato de l’arte del benmorire, Milano, Giovann’AngeloScinzenzeler, 6 febbraio 1510.

In 8°, cc. CXVI , ill.: vignetta si-lografica al frontespizio raffiguran-te la Crocifissione.

SCAPECCHI 136; EDIT16 CNCE54525 censisce solo 3 esemplari inbiblioteche italiane.

� 5. Erasmus Roterodamus, Col-lectanea Adagiorum veterum, Stras-sburg, Matthias Schürer, 1512.

In 4°, cc. [4] LVI [8].VD16 E1914.

� 6. Erasmus Roterodamus, Mo-riae encomium declamatio, Stras-sburg, Matthias Schürer, 1512.

In 4°, cc. [42].VD16 E3181; SBN IT\IC-

CU\TO0E\079680 censisce unasola copia presso la Biblioteca dellaFondazione Centro culturale val-dese di Torre Pellice.

� 7. Erasmus Roterodamus, En-chiridion, Leipzig, Valentin Schu-mann, 1515.

In 4°, cc. [6] LVIII.VD16 2744.

� 8. Savonarola Girolamo, Predi-che sopra Ezechiel, Bologna, Bene-detto Faelli, 22 giugno 1515.

In 4°, cc. [228]. Si tratta della va-riante B che nel colophon legge:

*Il catalogo è ordinato cronologica-

mente. Gli indici per autori, luoghi di

stampa e tipografi ne consentono ulte-

riori accessi secondari. Repertori e ban-

che dati citati in forma compendiosa:

Bezzel = Irmgard Bezzel, Erasmusdruckedes 16. Jahrhunderts in bayerischen Bi-bliotheken, Stuttgart, Hiersemann, 1979;

EDIT16 = http://edit16.iccu.sbn.it; GLN

15-16 (database che censisce la produ-

zione a stampa quattro-cinquecentesca

delle città di Ginevra, Losanna e Neuchâ-

tel allestito da Jean-François Gilmont) =

http://www.ville-ge.ch; Scapecchi = Ca-talogo delle edizioni di Girolamo Savona-rola (secc. XV-XVI) possedute dalla Biblio-teca Nazionale Centrale di Firenze, a cura

di Piero Scapecchi, Firenze, Sismel Edizio-

ni del Galluzzo, 1998; USTC (Universal

Short Title Catalogue) = http://www.

ustc.ac.uk/; SBN = http://opac.sbn.it; VD16

=Verzeichnis der im deutschen Sprachbe-reich erschienenen Drucke des XVI. Ja-hrhunderts, Stuttgart, Hiersemann,

1983-1995 (http://www.vd16.de); VD17

= Das Verzeichnis der im deutschen Spra-chraum erschienenen Drucke des 17. Ja-hrhunderts (http://www.vd17.de/).

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«Stampato in Bologna per Bene-detto di Hector, 1515. a di. XXII. diGiugno» e non invece «Stampatoin Bologna per Benedetto Di Hec-tor, 1515 a di II di maggio».

SCAPECCHI 197 registra varian-te A; anche EDIT16 CNCE 37388non segnala esemplari con data 22giugno 1515.

� 9. Lucianus, Luciani OpusculaErasmo Roterodamo interprete. Toxa-ris, sive de amicitia. Alexander, qui etPseudomantis. Gallus, sive Somnium.Timon, seu Misanthropus. Tyrannici-da, seu Pro tyrannicida. DeclamatioErasmi contra tyrannicidam. De ijs,qui mercede conducti degunt. Et quae-dam eiusdem alia. Eiusdem LucianiThoma Moro interprete, Cynicus. Me-nippus, sive Necromantia. Philopseu-des, seu Incredulus. Tyrannicida. De-clamatio Mori de eodem, Venezia,Andrea Torresano ed eredi di AldoManuzio, 1516.

In 8°, cc. 236 [2].EDIT16 CNCE 36166.

� 10. Erasmus Roterodamus, Mo-riae encomium, pro castigatissimo ca-stigatius, una cum Listrii commenta-riis, & aliis complusculis libellis, Basel,Johann Froben, 1517.

In 4°, pp. 277 [i.e. 275] [1].BEZZEL Erasmus 1305; VD16

3185.

� 11. Erasmus Roterodamus,Opusculum, cui titulus est Moria, idest Stultitia, quae pro concione loqui-tur, Venezia, Giorgio Rusconi e

Niccolò Zoppino e Vincenzo diPaolo, 1520.

In 8°, cc. [56].EDIT16 CNCE 39941 censisce

4 esemplari in biblioteche pubbli-che italiane.

� 12. Savonarola Girolamo, Pre-diche de fra hieronymo per tutto l’anno... Novissimamente reviste et con molti

antiqui exemplari de parola in parolascontrade, Venezia, Cesare Arriva-bene, 6 aprile 1520.

In 4°, cc. [4] CXCV [1], ill.: vi-gnetta silografica al frontespizioraffigurante Savonarola allo scrit-toio.

SCAPECCHI 191, 210; EDIT16CNCE 29735.

� 13. Erasmus Roterodamus, Mo-riae encomium, pro castigatissimo ca-stigatius, unà cum Listrij commenta-rijs, & alijs complusculis libellis, Basel,Johann Froben, 1521.

In 8°, pp. 419 [i.e. 423] [1]. BEZZEL Erasmus 1311; VD16

3191.

� 14. Erasmus Roterodamus, Col-lectanea Adagiorum veterum et qui-dem probatissimis per Des. Eras. Rot.Adagiorum index in ipsius operis calceadiectus est, Mainz, Johann Schöffer,1522.

In 8°, cc [8], pp. 234, cc. [14].VD16 E1929.

� 15. Erasmus Roterodamus,Opus de conscribendis epistolis, Stras-sburg, Johann Knobloch, 1522.

In 8°, cc. 178 [i.e. 180].VD16 E2507.

� 16. Erasmus Roterodamus, Pro-verbiorum chiliades cum omnibus ad-ditionibus quam emendatissimae postalias impressione nuper excusae, Ve-nezia, Melchiorre Sessa e PietroRavani, 1522.

In fol., cc. [18] 349 [1].

Sopra: Savonarola Girolamo, Opere

composte dal venerando padre frate

Hieronymo da Ferrara del ordine di

predicatori, Milano, Giovann’Angelo

Scinzenzeler, 6 febbraio 1510,

colophon.

Nella pagina accanto: Savonarola

Girolamo, Opere composte dal

venerando padre frate Hieronymo da

Ferrara del ordine di predicatori,

Milano, Giovann’Angelo Scinzenzeler,

6 febbraio 1510, frontespizio

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119dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

EDIT16 CNCE 18206 censisce4 esemplari.

� 17. Erasmus Roterodamus, Ca-talogus omnium Erasmi Roterodamilucubrationum, ipso autore cum aliisnon nullis; Libellus Iacobi ZiegleriLandavi Bavari adversus Jacobi Stu-nicae maledicentiam, pro Germania,Basel, Johann Froben, 1523.

In 8°, cc. [88]. BEZZEL, Erasmus, 306; VD16

E2122; VD16 Z438.

� 18. Erasmus Roterodamus, Delibero arbitrio Diatribe, sive collatio,Basel, Johann Froben, 1524.

In 8°, cc. [48].BEZZEL Erasmus 1262; VD16

3146.

� 19. Erasmus Roterodamus, Lin-gua, opus novum, et hisce temporibusaptissimum, Basel, Johann Froben,1525.

In 8°, pp. 356, cc. [14].VD16 3161.

� 20. Erasmus Roterodamus, Mo-dus orandi Deum, Basel, JohannFroben, 1525.

In 8°, cc. [56].BEZZEL Erasmus 1286; VD16

3170.

� 21. Erasmus Roterodamus, De-tectio praestigiarum cuiusdam libelligermanice scripti, ficto autoris titulo,cum hac inscriptione, Erasmi & Lu-theri opiniones de coena domini, Basel,Johann Froben, 1526.

In 8°, cc. [28].VD16 2615.

� 22. Erasmus Roterodamus, Decivilitate morum puerilium, Köln,Johann I. Gymnich, 1530.

In 8°, pp. 63.VD16 E2189.

� 23. De Vio Tommaso, De com-munione De confessione De satisfactio-ne De invocatione sanctorum AdversusLuteranos tractatus, Roma, AntonioBlado, 1531.

In 4°, cc. [12].EDIT16 CNCE 16943 censisce

7 esemplari in biblioteche pubbli-che italiane.

� 24. Erasmus Roterodamus, De-clarationes, Basel, Hieronymus Fro-ben e Nikolaus Episcopius, 1532.

In 8°, pp. 86, cc. [3].

BEZZEL Erasmus 700; VD162613.

� 25. Savonarola Girolamo, Dia-logus, cui titulus solatium itineris mei.Nunc primum impressus, Venezia,Giovanni Padovano e VenturinoRuffinelli, 1535.

In 16°, cc. [84].SCAPECCHI 223; EDIT16 CNCE

47754 censisce solo 7 esemplari inbiblioteche italiane.

� 26. Savonarola Girolamo,Triumpho della croce di Christo volga-re: della verita della fede christiana,Venezia, Benedetto Bindoni, 1535.

In 8°, cc. CXLII [2], ill.: illustra-zione silografica al frontespizio raf-figurante la Crocifissione.

SCAPECCHI 259; EDIT16 CNCE34083 censisce solo 7 esemplari inItalia.

� 27. Erasmus Roterodamus, Ca-talogi duo operum Des. Erasmi Rote-rodami ab ipso conscripti & digesti:Cum praefatione D. Bonifacii Amer-bachij ... Accessit in fine Epitaphiorumac tumulorum libellus quibus Erasmimors defletur, cum elegantissima Ger-mani Brixij epistola ad clarissimumvirum D. Gul. Bellaium Langaeum.Basel, Hieronymus Froben e Niko-laus Episcopius, 1536-37.

In 4°, pp. 119 [1].VD16 2126.

� 28. Brucioli Antonio, Dialogi diAntonio Brucioli della morale philoso-phia. Libro primo [-quinto], Venezia,

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Bartolomeo Zanetti, 1537-38. In 4°, 5 voll.EDIT16 CNCE 7629.

� 29. Vives Juan Luis, De conscri-bendis epistolis, libellus vere aureus.Eiusdem argumenti D. Erasmi Rote-radami compendium, ab ipso authoredenuò recognitum, Venezia, Giovan-ni Antonio Nicolini da Sabbio perMelchiorre Sessa, 1537.

In 8°, cc. 34 [i.e. 43] [1].EDIT16 CNCE 32041 censisce

7 esemplari.

� 30. Erasmus Roterodamus,Adagiorum chiliades, Basel, Hiero-nymus Froben e Nikolaus Episco-pius, 1539-1541.

In fol., cc. [36], pp. 1071 [1].BEZZEL Erasmus 84; VD16

E1943.

� 31. Savonarola Girolamo, Do-minicae precationis pia admodum eterudita explanatio, Paris, Jean Bi-gnon, 1539.

In 16°Non in SCAPECCHI; USTC

186261.

� 32. Savonarola Girolamo, Pre-diche del Reverendo padre frate Giero-nimo Savonarola de l’ordine di SanDomenico dell’osservantia di Toscanasopra l’Esodo. Et questi salmi. In exituIsrael. Qui habitat. In domino confido.Qui confidunt in domino. Quam dilec-ta tabernacula. Con una Esortationefatta al popolo Fiorentino. Con tre pre-diche sopra la historia di Gedeone, nuo-

vamente aggiunte a questo volume,Venezia, Giovanni Antonio Volpiniper Brandino e Ottaviano Scoto ilgiovane, 1540.

In 8°, cc. [8] 307 [1], ill.: vignettasilografica raffigurante Savonarolache predica al popolo con la marcatipografica (Cuore con croce dop-pia e iniziali BOS) all’interno del-l’illustrazione.

SCAPECCHI 211; EDIT16 CNCE38080.

� 33. Familiarium colloquiorum for-mulae, Graece et Latine Cebetis philo-sophi Thebani dialogus, qui Pinax in-scribitur, cum Latina interpretatione.Galeomyomachia, hoc est felium et mu-rium pugna, tragoedia Graeca, nuncprimum Latinitate donata. Batracho-

myomachia, hoc est, ranarum ac mu-rium pugna Homeri, una cum scholiisPhilippi Melanchthonis antehac nun-quam aeditis. Elysii Galentii Amphra-tensis De bello ranarum et murium li-bri tres. Andreae Guarnae De bello in-ter grammamaticae reges, de principa-tu ordinis liber I, Basel 1542.

In 8°, cc. [136].VD16 K170.

� 34. Brucioli Antonio, Dialogi diAntonio Brucioli. Della morale philo-sophia, Venezia, Alessandro Brucio-li e fratelli, 1544-45.

In 4°, 4 voll. EDIT16 CNCE 7631 censisce

11 esemplari.

� 35. Curione Celio Secondo, Pa-squillorum tomi duo, Eleutheropoli[i.e. Basel, Johann Oporinus], 1544.

In 8°, cc. [8], pp. 537 [i.e. 637].VD16 C6433.

� 36. Erasmus Roterodamus, Col-loquii famigliari di Erasmo Roteroda-mo ad ogni qualità di parlare, & spe-tialmente à cose pietose accommodati.Tradotti di latino in italiano, per M.Pietro Lauro Modenese, Venezia,Vincenzo Valgrisi, 1545.

In 8°, cc. 295 [1].EDIT16 CNCE 40045 censisce

tre esemplari in biblioteche italiane.

� 37. Gesner Conrad, Bibliothecauniversalis, Zürich, Christoph Fro-schauer, 1545.

In folio, cc. [18], 631.VD16 G1698.

120 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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� 38. Savonarola Girolamo, Pre-diche sopra Iob. del R.P.F. HieronimoSavonarola da Ferrara. Fatte in Fi-renze l’anno. 1494. nuovamente ve-nute in luce. Con una lettera mandataa suo padre, quando entrò nella religio-ne, Venezia, Niccolò Bascarini,1545.

In 8°, cc. [4] 416. SCAPECCHI 171; EDIT16 CNCE

31655.

� 39. Erasmus Roterodamus,Apoftemmi cioè motti sententiosi inbrevità di parole per proposta, ò rispo-sta ad ogni maniera di dire accommo-dati, scelti da diversi autori greci, e la-tini, e posti insieme, & isposti da Era-smo in otto libri, donati nuovamente ale muse italiane. Utilissimo libro adogni qualità di persone per istitutionede la vita humana. Con due tavole co-piosissime l’una de le persone, l’altra dele sentenze. Venezia, Vincenzo Val-grisi, 1546.

In 8°, cc. [8] 371 [21].EDIT16 CNCE 18235.

� 40. Cyprianus Caecilius, Opera.Quibus nuper adiecimus eiusdem car-mina quædam de cruce Redemptorisatque ad crucifixum elegantissima, necusquam antea impressa. Venezia, adsignum Spei, 1547 (edizione con leannotazioni di Erasmus Roteroda-mus, il cui nome appare nella prefa-zione).

In 8°, pp. [32] 816 [16].EDIT16 CNCE 13894.

� 41. Savonarola Girolamo, Nella

prima epistola di san Giovanni, et altriluoghi della sacra scrittura, sermoniXIX di maraviglioso artificio ad info-carne nell’amor di Iesu Christo, nova-mente di latino in volgare tradotti, Ve-nezia, al segno della Speranza,1547.

In 8°, cc. 103 [1].SCAPECCHI 154; EDIT16 CNCE

32998.

� 42. Savonarola Girolamo, Ope-ra di frate Hieronymo Savonarola daFerrara, della semplicita della vitachristiana, nella quale insegna comevivere debbe il vero christiano [Segue:]

Dialogo intitolato Solatio del viaggiomio nel quale si parla di Dio. Della fedecristiana. Del Messia contra gli He-brei. Degli articoli della fede. Della vi-ta futura, et della via di ascendere allapatria celeste, Venezia, al segno dellaSperanza, 1547.

In 8°, cc. 64, 32.SCAPECCHI 52; EDIT16 CNCE

32999.

� 43. Stancari Francesco, Operanuova della riformatione, si della dot-trina Christiana, come della vera in-telligentia de i sacramenti: con maturaconsideratione et fondamento dellaScrittura Santa, et consiglio de SantiPadri, Basel, Johann Oporinus,1547.

In 8°, cc. [44], pp. 697.VD16 S8553; EDIT16 CNCE

60030 censisce un solo esemplarepresso la Biblioteca Angelo Mai diBergamo.

� 44. Cicero Marcus Tullius, Offi-ciorum libri III cum commentariis Pe-tri Marsi & Ascensii. Dialogus de ami-citia, cum commentariis Petri Marsi &Ascensii. Dialogus de senectute, cumcommentariis Petri Marsi, MartiniFiletici, & Ascensii. Paradoxa, inter-prete Ascensio. Accesserunt praetereaDes. Erasmi & Philippi Melanchtonisscholia, Venezia, [eredi di Aldo Ma-nuzio], 1548.

In fol., cc.[4] 163 [1].EDIT16 CNCE 12286.

� 45. Innocentius III, De contem-ptu mundi, sive De miseria conditionis

Sopra: Erasmus Roterodamus,

Colloquia familiaria, Utrecht, Gisbert

à Zyll, 1662. Nella pagina accanto:

Stancari Francesco, Opera nuova della

riformatione, Basel, Johann Oporinus,

1547, frontespizio

dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

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humanae, libri tres (ed. IohannesCochlaeus), Venezia, ad signumSpei, 1552.

In 16°, cc. 64. EDIT16 CNCE 3303 censisce 4

esemplari.

� 46. Brucioli Antonio, Nella crea-tione del serenissimo principe FrancescoVeniero. Oratione di Antonio Bruccio-li, Venezia, [Alessandro Brucioli efratelli], 1554.

In 8°, cc. [8]. EDIT16 CNCE 7635 censisce

10 esemplari.

� 47. Calvin Jean, Institutione dellareligion christiana (tr. Giulio CesarePascali), Genève, François Jaquy,Antoine Davodeau et JacquesBourgeois, 1557.

In 4°, pp. [16] 754 [30].GLN 15-16: 381.

� 48. Cicero Marcus Tullius, Deofficiis libri tres Erasmi Roterodamiargumentis et annotationibus, Paris,Thomas Richard, 1558.

In 4°, cc. [4] 256.USTC 198154.

� 49. La Bibia, che si chiama il vec-chio testamento, nuovamente traduttoin lingua volgare secondo la verità deltesto hebreo, con molte & utili annota-tioni e figure e carte per piu ampia di-chiaratione di molti luoghi, edificii, esupputationi. Quanto al nuovo testa-mento è stato riveduto e corretto secondola verità del testo greco, e di molte et utiliannotationi illustrato, con una semplicedichiaratione sopra l’Apocalisse, [Ge-

nève], François Duron, 1562. In 4°, cc. [6] [467] [1]; 110 [18].

Variante B con le carte A1-EE2contenenti il Nuovo Testamentosostituite da altre carte A1-BB4 ri-composte e prive dei marginalia astampa.

GLN 15-16: 2199; EDIT16CNCE 5776.

� 50. Valeriano Pierio - CurioneCelio Augustino, Hieroglyphica, siveDe sacris Aegyptiorum, aliarumquegentium literis commentarij, IoannisPierii Valeriani Bolzanij bellunensis, aCaelio Augustino Curione duobus li-bris aucti, & multis imaginibus illu-strati, Basel, Thomas Guarin, 1567.

In folio, cc. [10] pp. 15 [1], cc.15-441 [25].

VD16 V116.

Dirck Volkertszoon Coornhert (1522-1590, Lutero solleva i veli dell’ignoranza, smascherando davanti al popolo le reali

fattezze del papa (1572-1576), Amsterdam, Rijksmseum

122 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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123dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

� 51. Daneau Lambert, Elenchihaereticorum, Genève, Eustache Vi-gnon, 1573.

In 8°, pp. [8] 185 [3].GLN 15-16: 2461; SBN

IT\ICCU\BVEE\063567 censi-sce una sola copia in Italia presso laBiblioteca Nazionale di Roma.

� 52. Simancas Diego, Theorice etpraxis haereseos, sive Enchiridion iu-dicum violatae religionis, Venezia,Giordano Ziletti, 1573.

In 8°, cc. [24] 154 [2].EDIT16 CNCE 41243.

� 53. Daneau Lambert, Tractatusde Antichristo, Genève, EustacheVignon, 1576.

In 8°, pp. [16] 192 [16].GLN 15-16: 2581.

� 54. De Bèze Théodore, Icones idest verae imagines virorum doctrinasimul et pietate illustrium, Genève,Jean I de Laon, 1580.

In 4°, cc. [160].GLN 15-16: 2773.

� 55. Valeriano Pierio - CurioneCelio Agostino, Hieroglyphica, seuDe sacris aegyptiorum, aliarumquegentium literis commentarii. A IoannePierio Valeriano bellunensi summacum industria exarati, & in librosquinquaginta octo redacti: quibusetiam duo alij a quodam eruditissimoviro sunt annexi. Recens operis editio,variis iconibus, & numismatibus affa-brè elaboratis decorata, multòquequam antehac elimatior. Cum copiosis-simo indice, Lyon, Barthélemy Ho-

norat, 1586. In folio, pp. [16] 588 [52], ill.SBN IT\ICCU\BVEE\011558;

USTC 142346.

� 56. La Bibbia cioè i libri del Vecchioe del Nuovo Testamento. Nuovamentetraslatati in lingua italiana, da Gio-vanni Diodati di nation lucchese, Ge-nève, Jean de Tournes, 1607.

In 4°, pp. [4] 847 [1], 178 [2],314 [2]. Variante B: priva al fronte-spizio di luogo e responsabilità ti-pografica.

SBN IT\ICCU\TO0E\001662.

� 57. Valeriano Pierio - CurioneCelio Agostino, I ieroglifici overocommentarii delle occulte significationide gl’Egittij, & altre nationi compostidall’eccellente signor Giovanni PierioValeriano da Bolzano di Bellune; et dalui in cinquantaotto libri divisi ... Condue libri pure di ieroglifici del Sig. CelioAugostino Curione nel fine. Et in questanovissima impressione da infinite scor-rettioni espurgato; & aggiuntovi cinquecopiosissime tavole, Venezia, GiovanniBattista Combi, 1625.

In folio, pp. [168] 806 [i.e. 796],ill.

SBN IT\ICCU\VIAE\001516.

� 58. Savonarola Girolamo, Hie-ronymi Savonarolae ferrariensisTriumphus crucis, sive de veritate fideilibri IV. Recens in lucem editus, Ley-den, Johannes Maire, 1633.

In 12°, pp. [4] 130 [2].SBN IT\ICCU\RMLE\056609

censisce un solo esemplare in biblio-teche italiane.

� 59. Savonarola Girolamo, Hie-ronymi Savonarolae ferrariensis Desimplicitate christianae vitae libri V.Ad exemplar parisiense ascensianumanni 1511 nunc primum recusi, Ley-den, Johannes Maire, 1638.

In 12°, pp. 189 [3].SBN IT\ICCU\IEIE\002775.

� 60. Erasmus Roterodamus, Flores... collecti opera D. Simeonis Partlicii,Amsterdam, Jan Jansson, 1640.

In 16°, pp. 330 [6].SBN IT\ICCU\BVEE\034727

censisce 2 esemplari.

� 61. La Sacra Bibbia, tradotta inlingua italiana, e commentata da Gio-vanni Diodati, di nation lucchese. Se-conda editione, migliorata, ed accre-sciuta. Con l’aggiunta de’ Sacri salmi,messi in rime per lo medesimo, Genè-ve, Pierre Chouët, 1641.

In folio, pp. [4] 837 [3], 331 [1]148, 68. [1] carta di tav.

SBN IT\ICCU\PUVE\008070.

� 62. Erasmus Roterodamus,Querela pacis undique gentium ejec-tae, prostigataeque, Leyden, JoannesMaire, 1641.

In 12°, pp. 76.SBN IT\ICCU\VIAE\020334.

� 63. Erasmus Roterodamus,Dialogus Ciceronianus: sive De optimogenere dicendi, Leyden, JoannesMaire, 1643.

In 12°, pp. [8] 231 [1].SBN IT\ICCU\VIAE\014052

censisce 5 esemplari.

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� 64. Erasmus Roterodamus,Consultatio De bello turcis inserendo.Opus cum cura recens editum, Ley-den, Joannes Maire, 1643.

In 12°, pp. 91 [5]. SBN IT\ICCU\TO0E\011884.

� 65. Erasmus Roterodamus,Enarratio in psalmum I. Beatus vir,Leyden, Joannes Maire, 1644.

In 12°, pp. [12] 108. SBN IT\ICCU\TO0E\011896.

� 66. Erasmus Roterodamus,Enaratio triplex in psalmum XXII,Leyden, Joannes Maire, 1645.

In 12°, [4] 138 [2].SBN IT\ICCU\TO0E\011897.

� 67. Erasmus Roterodamus, Flo-res ex ejus scriptis collecta, Leyden,Joannes Maire, 1645.

In 12°, pp. [24] 378.SBN IT\ICCU\TO0E\011899

censisce 6 esemplari.

� 68. Erasmus Roterodamus, Lin-gua, sive, De linguae usu atque abusuliber utilissimus, Leyden, JoannesMaire, 1649.

In 12°, pp. 410 [22].SBN IT\ICCU\BVEE\041834

censisce 5 esemplari.

� 69. Erasmus Roterodamus, Col-loquia nunc emendatiora, Amster-dam, ex officina Elzeviriana, 1655.

In 12°, pp. [20] 672.SBN IT\ICCU\PUVE\023461

censisce 3 esemplari.

� 70. Erasmus Roterodamus, Col-

loquia familiaria, Utrecht, Gisbert àZyll, 1662.

In 12°, pp. 694.SBN IT\ICCU\CFIE\014869

censisce due soli esemplari, di cuiuno presso la Biblioteca della Fon-dazione Centro Culturale Valdesedi Torre Pellice.

� 71. Erasmus Roterodamus, Col-loquia nunc emendatiora, Amster-dam, ex officina Elzeviriana, 1679.

In 12°, pp. [20] 672. SBN IT\ICCU\LO1E\021293

censisce 3 esemplari.

� 72. Maimbourg Louis, Histoiredu Lutheranisme, Paris, SébastienMabre-Cramoisy, 1680.

In 12°, 2 voll.SBN IT\ICCU\RCAE\013076

censisce un solo esemplare.

� 73. Maimbourg Louis, Histoiredu Calvinisme, Paris, Sébastien Ma-bre-Cramoisy, 1682.

In 12°, 2 voll. SBN IT\ICCU\UBOE\033269

censisce 3 esemplari.

� 74. Erasmus Roterodamus, Mo-riae encomium. Stultitiae laus, Am-sterdam, Hendrik Wetstein, 1685.

In 12°, pp. [8] 152.SBN IT\ICCU\TO0E\131208

registra 4 esemplari.

� 75. Erasmus Roterodamus, No-vum testamentum graece & latine De-siderio Erasmo Roterodamo interprete,cum summariis, concordantiis, & ex-plicationibus difficiliorum vocabulo-

rum et aliis ... Editio nova, accuratissi-me recognita. Cum privilegio saxonico,Frankfurt am Main, BalthasarChristoph Wust, 1674.

In 12°, cc. [566].VD17 15:736950Q.

� 76. Erasmus Roterodamus, Col-loquia familiaria. Petrus Rabus Rote-rod. recensuit, & notas perpetuas addi-dit. Accedit conflictus Thaliae et Bar-bariei auctore Erasmo, Rotterdam,Reinier Leers, 1693.

In 8°, pp. [16] 537 [18], antipor-ta calcografica.

SBN IT\ICCU\CFIE\019465censisce 3 esemplari.

� 77. Erasmus Roterodamus,L’eloge de la folie, composé en forme dedéclamation, par Erasme, et traduitpar Mr. Gueudeville. Avec les notes deGerard Listre, et les belles figures deHolbein. Le tout sur l’original del’Académie de Basle. Nouvelle edition,revue, augmentée, et mise dans unmeilleur ordre, Amsterdam, Fran-çois L’Honoré, 1728.

In 8°, pp. [24] 234 [18], ill.: cc.[8] di tav. ripieg.

SBN IT\ICCU\TO0E\108919.

� 78. Erasmus Roterodamus,L’eloge de la folie, composé en forme dedéclamation, par Erasme, et traduitpar Mr. Gueudeville. Avec les notes deGerard Listre, et les belles figures deHolbein. Le tout sur l’original del’Académie de Basle. Nouvelle edition,revue, augmentée, et mise dans unmeilleur ordre, Amsterdam, Fran-çois L’Honoré, 1731.

124 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

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125dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

In 8°, pp. [28] 234 [18], ill.: [6]cc. di tav. ripieg.

SBN IT\ICCU\VIAE\026289registra due soli esemplari.

� 79. Erasmus Roterodamus,L’eloge de la folie, traduit du latind’Erasme par m. Gueudeville. Nou-velle édition revue et corrigée sur letexte de l’édition de Basle. Ornée denouvelles figures. Avec des notes. [Pa-ris] 1751.

In 12°, pp. [8] XXIV 222 [2], ill.:cc. [13] di tav.

SBN IT\ICCU\LIAE\002701censisce 5 esemplari.

� 80. Erasmus Roterodamus, Col-loquia, ex doctorum virorum emenda-tione, cum notis selectis, Amsterdam,Jacobus Wetstein, 1754.

In 16°, pp. 524 [4].SBN IT\ICCU\UBOE\042074.

� 81. Erasmus Roterodamus, En-comio della pazzia, composto in formadi declamazione per Erasmo, e tradottoin italiano, Basilea, a spese della Sa-viezza, 1761.

In 8°, pp. [2] 391 [23], antiportacalcografico.

SBN IT\ICCU\PUVE\003736.

� 82. Erasmus Roterodamus, Mo-riae encomium Stultitiae laudatio De-siderii Erasmi declamatio. Editio ca-stigatissima. London - Paris, JosephGerard Barbou, 1765.

In 8°, pp. [2] XIII [1] 214 [2], an-tiporta calcografica.

SBN IT\ICCU\SBLE\000406.

� 83. Erasmus Roterodamus -Thomas More, Morias enkomion:stultitiae laudatio. Desiderii Erasmideclamatio: editio castigatissima. De-nuo recognovit A.G.M.Q. De optimoreipublicae statu, deque nova insulaUtopia, libri duo: autore Thoma Moroangliae cancellario ... Cura & studioA.G.M.Q., London - Paris, JosephGerard Barbou, 1777.

In 12°, pp. xvi 169 [3], xxviii 204,antiporta incisa; vignette incise atesto.

SBN IT\ICCU\UBOE\028066censisce 6 esemplari in Italia.

� 84. Erasmus Roterodamus, Mo-rias enkomion sive Stultitiae laus Des.Erasmi Rot. Declamatio. Cum com-mentariis Gerardi Listrii, ineditisOswaldi Molitoris, et figuris JohannisHolbenii, Basel, typis G. Haas, ex of-ficina Johann Jakob Thurneysen,1780.

In 8°, pp. [16] 355 [1], ill.SBN IT\ICCU\TO0E\054523.

� 85. Erasmus Roterodamus, Ci-calata della follia in propria lode o siaL’elogio della follia d’Erasmo di Rot-terdam reso in toscano dall’abbateR[affaele] P[astore], Colonia [Vene-zia], 1787.

In 8°, pp. 206 [2].SBN IT\ICCU\VIAE\014345.

Indice degli autori e dei titoliBibbia 49, 56, 61Brucioli Antonio 28, 34, 46Calvin Jean 47Cicero Marcus Tullius 44, 48

Cochlaeus Iohannes 45Curione Celio Agostino 50, 55, 57Curione Celio Secondo 35Cyprianus Caecilius 40Daneau Lambert 51, 53De Bèze Théodore 54De Vio Tommaso 23Diodati Giovanni 56, 61Erasmus Roterodamus 5-7, 10-11,13-22, 24, 27, 29-30, 36, 39-40, 44,60, 62-71, 74-85Familiarium colloquiorum formulae33Gesner Conrad 37Innocentius III 45Lucianus 9Maimbourg Louis 72-73Melantone Filippo 33, 44More Thomas 83 Savonarola Girolamo 1-4, 8, 12,25-26, 31-32, 38, 41-42, 58-59Simancas Diego 52Stancari Francesco 43Valeriano Pierio 50, 55Vives Juan Luis 29

Indice dei luoghi di stampaAmsterdam 60, 69, 71, 74, 77-78, 80Basel 10, 13, 17-21, 24, 27, 30, 33,35, 43, 50, 81, 84Bologna 8Firenze 1-3Frankfurt am Main 75Genève 47, 49, 51, 53-54, 56, 61Köln 22 [85]Leipzig 7Leyden 58-59, 62-68London 82-83Lyon 55Mainz 14Milano 4Paris 31, 48, 72-73, 79, 82-83

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Roma 23Rotterdam 76Strassburg 5-6, 15Utrecht 70Venezia 9, 11-12, 16, 26, 28-29, 32,34, 36, 38-42, 44-46, 52, 57, 85Zürich 37

Indice dei tipografi Al segno della Speranza (ad signumSpei) 40-42, 45Arrivabene Cesare 12Barbou Joseph Gerard 82-83Bascarini Niccolò 38Bignon Jean 31 Bindoni Benedetto 26Blado Antonio 23Bourgeois Jacques 47Brucioli Alessandro e fratelli 34, 46Carlo Giovanni Stefano di 1-3Chouët Pierre 61Combi Giovanni Battista 57Davodeau Antoine 47Duron François 49

Elzevier Daniel 69, 71Episcopius Nikolaus 24, 27, 30Faelli Benedetto 8 Froben Hieronymus 24, 27, 30Froben Johann 10, 13, 17-21Froschauer Christoph 37Guarin Thomas 50Gymnich Johann I. 22 Honorat Barthélemy 55Honoré François 77-78Jansson Jan 60Jaquy François 47Knobloch Johann 15 Laon Jean I de 54Leers Reinier 76Mabre-Cramoisy Sébastien 72-73Maire Joannes 58-59, 62-68 Manuzio Aldo, eredi 44Nicolini da Sabbio Giovanni Antonio 29Oporinus Johann 35, 43Padovano Giovanni 25 Ravani Pietro 16Richard Thomas 48

Ruffinelli Venturino 25 Rusconi Giorgio 11Schöffer Johann 14Schumann Valentin 7Schürer Matthias 5-6Scinzenzeler Giovann’Angelo 4 Scoto Brandino e Ottaviano il giovane 32Sessa Melchiorre 16, 29Thurneysen Johann Jakob 84 Torresano Andrea ed eredi di AldoManuzio 9Tournes Jean de 56Valgrisi Vincenzo 36, 39 Vignon Eustache 51, 53Vincenzo di Paolo 11Volpini Giovanni Antonio 32Wetstein Hendrik 74Wetstein Jacobus 80Wust Balthasar Christoph 75Zanetti Bartolomeo 28Ziletti Giordano 52Zoppino Niccolò 11Zyll Gisbert à 70

126 la Biblioteca di via Senato Milano – dicembre 2017

NOTE 1 Sull’argomento il rinvio è, ovviamente,

agli studi ridolfiani: R. Ridolfi, I processi delSavonarola, «La Bibliofilia», XLVI, 1944, pp.

3-41; Ancora i processi del Savonarola. No-te bibliografiche e filologiche sulle edizionidel primo processo, «La Bibliofilia», XLVII,

1945, pp. 41-47. Si veda anche C. Vasoli, IlSavonarola di Roberto Ridolfi, in RobertoRidolfi. Convegno di Studi (Firenze, 15-16novembre 1996), Firenze, Olschki, 1997,pp.

27-49.2 Immagini e azione riformatrice: le xi-

lografie degli incunaboli savonaroliani nel-la Biblioteca nazionale di Firenze, a cura di

Elisabetta Turelli; con saggi di Timothy Ver-

don, Maria Grazia Ciardi Dupré dal Pogget-

to e Piero Scapecchi, Firenze, Alinari, 1985.3 EDIT16 CNCE 37388.4 Su cui si veda C. Chazalon, Les Icones

de Théodore De Bèze (1580) entre mémoireet propagande, «Bibliothèque d’Humani-

sme et Renaissance», LXVI, 2, 2004, pp. 359-

376. Sull’autore rimando qui il lettore sol-

tanto alla voce a cura di J. Raitt, in The Ox-ford Encyclopedia of the Reformation, ed.

Hans J. Hillerbrand, 4 voll., New York - Ox-

ford, Oxford University Press, I, pp. 149-

151.5 Si veda la voce di O. Fatio, in The Ox-

ford Encyclopedia of the Reformation, I, pp.

463-464.

6 A. Biondi, in Dizionario Biografico de-gli Italiani, XXXI, Roma, Istituto della Enci-

clopedia Italiana, 1981, pp. 443-449; P. Si-

moncelli, in The Oxford Encyclopedia of theReformation, I, pp. 460-461.

7 C. G. Noreña, in The Oxford Encyclope-dia of the Reformation, IV, pp. 244-245.

8 W. Urban, in The Oxford Encyclopediaof the Reformation , IV, pp. 107-108.

9 STC It., p. 639.10 R. Keen, in The Oxford Encyclopedia

of the Reformation, I, pp. 369-371.11 Si veda la voce a cura di ECKEHART STÖVE

in Dizionario Biografico degli Italiani,XXXIX, Roma, Istituto della Enciclopedia

Italiana, 1991, pp. 567-578.

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127dicembre 2017 – la Biblioteca di via Senato Milano

CLAUDIO BONVECCHIOClaudio Bonvecchio è Profes-sore Ordinario di Filosofiadelle Scienze Sociali nell’Uni-versità degli Studi dell’Insu-bria (Varese) dove è ancheCoordinatore del Dottoratoin Filosofia delle Scienze So-ciali e Comunicazione Simbo-lica. È Direttore Scientificodella rivista «Metabasis». Au-tore di innumerevoli saggi epubblicazioni, è direttore disvariate collane editoriali pervarie case editrici. È Memberdell’Advisory Board della Era-nos Foundation di Ascona(Svizzera).

ANTONIO CASTRONUOVOAntonio Castronuovo (1954),bibliofilo e saggista, dirigevarie collane per la Editrice laMandragora di Imola e colla-bora con parecchie riviste. Trai suoi titoli: Libri da ridere: lavita e i libri di Angelo Fortuna-to Formíggini (2005); Mac-chine fantastiche (2007); Al-fabeto Camus (2011); Ossacervelli mummie e capelli(Quodlibet 2016). Traduttoredal francese, ha da ultimopubblicato L’incendio e altriracconti di Irène Némirovsky,Il cervello non ha pudore diJules Renard, Fisiologia delflâneur di Louis Huart.

GUIDO DEL GIUDICEGuido del Giudice (Napoli,1957), medico e studioso del-la filosofia del Rinascimento,è considerato uno dei piùprofondi conoscitori della vi-ta e dell’opera di GiordanoBruno. A lui si devono le pri-me traduzioni italiane del Ca-moeracensis Acrotismus(2008), della Summa termi-norum metaphysicorum(2010) e degli Articuli adver-sus mathematicos (2014). Trale sue numerose pubblicazio-ni si ricordano: La coinciden-za degli opposti (2005), Io di-rò la verità (2012) e Il profetadell’universo infinito (2015).Dal 1998 cura il sito internetwww.giordanobruno.com,punto di riferimento per ap-passionati e studiosi di tuttoil mondo.

LUCIA FELICILucia Felici è professore diStoria moderna e di Storiadella Riforma e della Contro-riforma nel Dipartimento Sa-gas dell’Università degli studidi Firenze. È autrice di nume-rose pubblicazioni sulla sto-ria della Riforma protestante,della tolleranza e del filoisla-mismismo nel XVI secolo. Traesse: Tra Riforma ed eresia. Lagiovinezza di Martin Bor-rhaus (1499-1528), 1994;Profezie di riforma e idee diconcordia religiosa, 2009;Giovanni Calvino e l’Italia,2010; La Riforma radicalenell’Europa del Cinquecento,2012; La Riforma protestantenell’Europa del Cinquecento,2016.

LORENZO DI LENARDOLorenzo Di Lenardo (Udine,1974) è dottore di ricerca inscienze bibliografiche e si oc-cupa principalmente di storiadel libro e di storia delle bi-blioteche, con particolare ri-guardo alla produzione e cir-colazione del libro a stampanei secoli XV e XVI. Fra i suoivolumi si ricordano: I Lorio:editori, librai, cartai tra Udinee Venezia, 1496-1629 (2009);Ortensio Lando, I funerali diErasmo da Rotterdam (2012);La collezione epigrafica delSeminario patriarcale di Ve-nezia (2014); Le cinquecenti-ne della Riforma tedesca esvizzera nella biblioteca val-dese (2017).

DIEGO FUSARODiego Fusaro (Torino, 1983)insegna Filosofia presso l’Isti-tuto Alti Studi Strategici ePolitici (IASSP) di Milano. Èattento studioso della ‘filoso-fia della storia’ e delle strut-ture della temporalità storica,con particolare attenzioneper il pensiero di Fichte, He-gel, Marx, Gentile e Gramsci,per la ‘storia dei concetti’ (Be-griffsgeschichte) tedesca eper il marxismo. Ha curatol’edizione bilingue di diverseopere di Marx. Dal 2006 dirige la collana “Icento Talleri” della casa edi-trice Il prato di Padova. È ilcuratore del progetto inter-net ‘La filosofia e i suoi eroi’(www.filosofico.net)

CARLO GAMBESCIACarlo Gambescia è nato e ri-siede a Roma. Sociologo. Haall’attivo tra testi scritti, cu-rati e tradotti alcune decinedi volumi. Collabora con pub-blicazioni scientifiche italia-ne e straniere e non disdegnadi scrivere, se capita, su quo-tidiani e riviste. Tra i suoi ulti-mi volumi: Metapolitica; Adestra per caso; Centralitàmarginali; Liberalismo triste;Sociologi per caso; Passeg-giare tra le rovine, Mosca eMachiavelli. Quando richie-ste, svolge consulenze edito-riali. Nel tempo libero che gliresta, poco per la verità, scri-ve sul suo blog: http://carlo-gambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it.

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

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SILVANA NITTISilvana Nitti è stata ricercatoredi Storia del Cristianesimopresso l’Università Federico IIdi Napoli. Su Lutero ha scritto,fra l’altro: Auctoritas - L’Asser-tio di Enrico VIII contro Lutero(Roma, Edizioni di Storia e Let-teratura, 2005), Abituarsi allalibertà. Lutero alla Wartburg(Torino, Claudiana, 2008).

TEODORO KLITSCHE DE LA GRANGETeodoro Klitsche de la Grange(Roma 1948), giurista, avvoca-to, direttore del trimestrale dicultura politica «Behemoth».Tra i suoi libri recenti: Il salto diRodi (1999), Il doppio Stato(2001), Apologia della cattive-ria (2003), L’inferno dell’intel-lettuale (2007), Intervista sulloStato (2009). Ora è in uscitaFunzionarismo (Liberilibri) an-ticipato su «la Biblioteca di viaSenato».

GIANCARLO PETRELLAGiancarlo Petrella (1974), biblio-grafo e storico del libro, è dal2002 docente a contratto pressol’Università Cattolica di Milano-Brescia. Ha insegnato pressol’Università di Sassari e di Berga-mo. Nel 2013 ha conseguitol’abilitazione scientifica per la Ifascia (Prof. Ordinario). È autoredi un centinaio di contributi e diuna decina di monografie (tra lepiù recenti L’oro di Dongo ovveroper una storia del patrimonio li-brario del convento dei Frati Mi-nori di Santa Maria del Fiume,Olschki 2012; I libri nella torre. Labiblioteca di Castel Thun: unacollezione nobiliare tra XV e XXsecolo, Olschki 2015; À la chasseau bonheur. I libri ritrovati diRenzo Bonfiglioli e altri episodidi storia del collezionismo italia-no del Novecento, Olschki 2016).

GIOVANNI PUGLISIGiovanni Puglisi è Rettore del-l’Università degli Studi Kore diEnna e Presidente Emerito dellaFondazione Sicilia e della Com-missione Nazionale Italiana perl’UNESCO. È Vice Presidente Vi-cario dell’Istituto dell’Enciclo-pedia Italiana “Giovanni Trec-cani”, Presidente della SocietàSiciliana per la Storia Patria,Vice Presidente di Banca Si-stema. Professore Emerito diLetterature Comparate nell’Uni-versità IULM di Milano (di cui èstato Rettore dal 2001 al 2015e di cui è ora Presidente delCda), Decano della Conferenzadei Rettori delle Università Ita-liane e componente del Consi-glio Universitario Nazionale, èautore di innumerevoli saggi epubblicazioni, fra cui il recenteIl tempo della crisi (Sellerio).

GIOVANNI SESSAGiovanni Sessa (1957) è do-cente di filosofia e storia nei li-cei, già assistente presso lacattedra di Filosofia politicaalla ‘Sapienza’ di Roma e giàdocente a contratto di Storiadelle idee presso l’Università diCassino. Collabora con diverseriviste, tra le quali «Atrium»,«Vie della Tradizione» e «il Bor-ghese». È tra i curatori di «StudiEvoliani», annuario della Fon-dazione Evola. Tra i suoi volumisi ricordano: Oltre la persua-sione. Saggio su C. Michelsta-edter (Roma, 2008); La mera-viglia del nulla. Vita e filosofiadi A. Emo (Milano, 2014); Itine-rari nel pensiero di Tradizione.L’origine o il sempre possibile(Chieti, 2015).

UGO ROZZOUgo Rozzo ha insegnato Storiadelle biblioteche e Storia del li-bro e della stampa pressol’Università di Udine. Ha pub-blicato innumerevoli opere, tracui: Linee per una storia dell’editoria religiosa in Italia(1465-1600), Biblioteche ita-liane del Cinquecento tra Ri-forma e Controriforma; Lo stu-diolo nella silografia italiana(1479-1558); Il libro religioso(in coll. con R. Gorian); La let-teratura italiana negli “Indici”del Cinquecento; La strageignorata: i fogli volanti a stam-pa nell’Italia dei secoli XV e XVI;Furor bibligraphicus ovvero labibliomania; Iconologia del li-bro nelle edizioni dei secoli XV eXVI.

MARCO VANINIMarco Vannini studia da uncinquantennio la mistica spe-culativa germanica (e non so-lo); ha curato l’edizione italia-na di tutte le opere, tedesche elatine, di Meister Eckhart, i Ser-moni di Taulero, la cosiddettaTeologia tedesca, opere di Su-so, Sebastian Franck, ValentinWeigel, Daniel von Czepko,Angelus Silesius e molti altri. Sioccupa di Lutero dal 1987, an-no in cui pubblicò la traduzio-ne delle sue Prefazioni allaBibbia, fino al recentissimoContro Lutero e il falso evan-gelo, uscito nel 2017, cinque-centesimo anniversario dellaRiforma protestante.

GIANLUCA MONTINAROGianluca Montinaro (Milano,1979) è docente a contrattopresso l’Università IULM di Mi-lano. Storico delle idee, si inte-ressa ai rapporti fra pensieropolitico e utopia legati alla na-scita del mondo moderno. Col-labora alle pagine culturali delquotidiano «il Giornale». Fra lesue monografie si ricordano:Lettere di Guidobaldo II dellaRovere (2000); Il carteggio diGuidobaldo II della Rovere eFabio Barignani (2006); L’epi-stolario di Ludovico Agostini(2006); Fra Urbino e Firenze:politica e diplomazia nel tra-monto dei della Rovere (2009);Ludovico Agostini, lettere ine-dite (2012); Martin Lutero(2013); L’utopia di Polifilo(2015).

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