Berti - Filosofia a Padova

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RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCI, n. 2, agosto 2000 ENRICO BERTI La filosofia a Padova 1. La fine del positivismo All’inizio del secolo l’università di Padova poteva es- sere considerata, dal punto di vista filosofico, una rocca- forte del positivismo. Roberto Ardigò, infatti, vi insegnò Storia della filosofia sino al 1909, avendo come assisten- te Rodolfo Mondolfo, che rimase a Padova sino al 1910, e come continuatore il suo allievo Giovanni Marchesini, professore di filosofia morale dal 1902 e di pedagogia dal 1922. A Padova Marchesini fondò nel 1900 la «Rivi- sta di filosofia, pedagogia e scienze affini», organo del positivismo filosofico ardigoiano, divenuta poi «Rivista di filosofia e scienze affini» (1902-1908) e infine «Rivista di filosofia», la più antica rivista filosofica italiana ancor oggi esistente 1 . A Padova, con Ardigò prima e con Mar- chesini poi, studiò filosofia Ludovico Limentani, che fu professore di Filosofia morale a Firenze. Ma già al tempo di Ardigò si era affermata a Padova una tendenza antipositivistica, rappresentata dallo spiri- tualista Francesco Bonatelli, che vi insegnò Filosofia teo- retica, e poi dallo «sperimentalista» Antonio Aliotta, che vi insegnò ugualmente Filosofia teoretica dal 1913 al 1919, avendo come allievo Luigi Stefanini, destinato a diventare una delle figure più rappresentative della filo- sofia padovana del secondo dopoguerra. La fama di Pa- dova roccaforte del positivismo tuttavia era ancora viva 1 Il nipote di Marchesini, suo omonimo, professore di Teoria dei siste- mi nella Facoltà di Ingegneria, è oggi rettore magnifico dell’Università.

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per EmilioMillepiani (informazioni storiografiche)

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RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCI, n. 2, agosto 2000

ENRICO BERTI

La filosofia a Padova

1. La fine del positivismo

All’inizio del secolo l’università di Padova poteva es-sere considerata, dal punto di vista filosofico, una rocca-forte del positivismo. Roberto Ardigò, infatti, vi insegnòStoria della filosofia sino al 1909, avendo come assisten-te Rodolfo Mondolfo, che rimase a Padova sino al 1910,e come continuatore il suo allievo Giovanni Marchesini,professore di filosofia morale dal 1902 e di pedagogiadal 1922. A Padova Marchesini fondò nel 1900 la «Rivi-sta di filosofia, pedagogia e scienze affini», organo delpositivismo filosofico ardigoiano, divenuta poi «Rivistadi filosofia e scienze affini» (1902-1908) e infine «Rivistadi filosofia», la più antica rivista filosofica italiana ancoroggi esistente1. A Padova, con Ardigò prima e con Mar-chesini poi, studiò filosofia Ludovico Limentani, che fuprofessore di Filosofia morale a Firenze.

Ma già al tempo di Ardigò si era affermata a Padovauna tendenza antipositivistica, rappresentata dallo spiri-tualista Francesco Bonatelli, che vi insegnò Filosofia teo-retica, e poi dallo «sperimentalista» Antonio Aliotta, chevi insegnò ugualmente Filosofia teoretica dal 1913 al1919, avendo come allievo Luigi Stefanini, destinato adiventare una delle figure più rappresentative della filo-sofia padovana del secondo dopoguerra. La fama di Pa-dova roccaforte del positivismo tuttavia era ancora viva

1 Il nipote di Marchesini, suo omonimo, professore di Teoria dei siste-mi nella Facoltà di Ingegneria, è oggi rettore magnifico dell’Università.

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negli anni ’50, tant’è vero che quando, nel 1953, decisidi iscrivermi a Filosofia in questa università, fui vivace-mente rimproverato dal mio vescovo (allora vivevo aChioggia ed ero vicino all’ambiente dell’Azione Cattoli-ca), il quale considerava Padova molto pericolosa dalpunto di vista filosofico e avrebbe preferito che mi iscri-vessi alla Cattolica di Milano.

In realtà a metà del secolo il positivismo a Padovaera scomparso da molti anni. Già a metà degli anni ’30le tre cattedre padovane di filosofia, due nella Facoltàdi Lettere e una nella Facoltà di Giurisprudenza, eranooccupate da professori non più positivisti, cioè rispetti-vamente da Emilio Bodrero, che insegnava Storia dellafilosofia, Erminio Troilo, che insegnava Filosofia teoreti-ca, e Adolfo Ravà, che insegnava Filosofia del diritto. Ilprimo, che tenne la cattedra sino al 1940, era una figuradi filosofo-letterato, di formazione nazionalistica e fedefascista (ebbe varie cariche dal regime, per cui aveva di-ritto al titolo di «Eccellenza»), dedito soprattutto allostudio dei presocratici, di cui fece anche una traduzionein versi, ma senza lasciare in tale campo alcuna tracciadel suo contributo.

Troilo era invece una figura più importante, anche seEugenio Garin nelle Cronache di filosofia italiana neparla con qualche ironia2. Era stato discepolo di Ardigòe quindi positivista, ma a partire dal 1920 aveva elabo-rato una sua filosofia chiamata «realismo assoluto», cheintendeva contrapporsi all’idealismo di Gentile e di Cro-ce, rifacendosi a Bruno, a Spinoza e in genere al natura-lismo rinascimentale. Ciò che del suo insegnamento, in-cludente anche la Filosofia morale e durato sino al1947, si è rivelato più vitale è stato un certo interesseper l’averroismo e per la tradizione aristotelica in gene-rale, col quale egli intendeva riallacciarsi alla gloriosaScuola di Padova del Rinascimento, ufficialmente rico-nosciuta nel libro di Ernest Renan su Averroès et l’aver-

2 E. Garin, Cronache di filosofia italiana 1900/1943, Roma-Bari, Later-za, 1966, pp. 11-12 e 95-96.

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roïsme (1852) e che era stata oggetto alla fine dell’Otto-cento di un insegnamento ufficiale di «Storia dellaScuola di Padova dal Petrarca al Cremonino», tenuto aPadova da Pietro Ragnisco.

Nel 1939 Troilo concepì l’idea di realizzare a Padovaun centro internazionale di studi sulla tradizione aristo-telica, che poi fu ripresa – come vedremo – nel 1956 daCarlo Diano, e lo stesso Troilo nel 1953 avviò in talsenso una collaborazione con la Columbia University diNew York3. Infine Adolfo Ravà era un filosofo del dirit-to di orientamento neokantiano, nel senso della Scuolasud-occidentale o dei valori (Windelband, Rickert). Dal-la collaborazione tra l’Istituto di Filosofia del diritto, di-retto da Ravà, e il Seminario di filosofia, diretto daTroilo, nacque nel 1936 la Sezione veneta della SocietàFilosofica Italiana (poi sostitutita dall’Istituto di StudiFilosofici), di cui fece parte sin dall’inizio anche il conteNovello Papafava, discendente dai Carraresi, antichi si-gnori di Padova. La Società Filosofica Italiana aveva or-ganizzato a Padova, nel 1934, il IX Congresso nazionaledi filosofia, presieduto da Bodrero, con relazioni di Ol-giati, Gemelli, Troilo, Orestano, Del Vecchio e Ravà, fi-gure tutte accomunate dall’avversione all’idealismo.

Ma nel 1936 arrivò a Padova, o meglio vi ritornòdopo un anno di straordinariato a Messina, il trevigianoLuigi Stefanini, che assunse la cattedra di Pedagogia, dalui precedentemente tenuta per incarico, e nel 1940passò poi a quella di Storia della filosofia, lasciata daBodrero, unendovi l’incarico di Estetica. Stefanini era,in un certo senso, il primo idealista che metteva piedea Padova, anche se si definiva un «idealista cristiano»perché rifiutava l’esito immanentistico dell’attualismogentiliano, richiamandosi alla tradizione dell’agostini-smo e in genere dello spiritualismo cristiano. Egli fuanche, a quanto mi risulta, il primo cattolico che vinseuna cattedra universitaria di filosofia in Italia pur essen-

3 Ricordo di avere ascoltato nel 1954, da matricola di Filosofia, unaconferenza di Troilo su questo tema.

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dosi dichiarato tale. Negli anni ’30, tuttavia, Stefanini siera dedicato soprattutto alla sua monumentale monogra-fia in due volumi su Platone (1932-35)4, all’elaborazionedi una prospettiva filosofica denominata «imaginismo»(che sulla scia di Platone, Filone, Plotino, Agostino eBonaventura concepiva il mondo sensibile come imma-gine di un mondo ideale e l’uomo come immagine diDio) e infine alla scoperta dell’esistenzialismo, soprat-tutto di Heidegger, da lui illustrato e criticato nel volu-me Il momento dell’educazione. Giudizio sull’esistenziali-smo (1938)5.

Nel 1940, poi, arrivò a Padova, sulla cattedra di Filo-sofia del diritto, come successore di Ravà, il giovaneNorberto Bobbio, che da poco aveva aderito al liberal-socialismo di Guido Calogero e Aldo Capitini, e a Pa-dova manifestò chiaramente il suo antifascismo, venendoperfino arrestato (1943). A Padova Bobbio frequentò lacasa del conte Novello Papafava, filosofo dilettante, cat-tolico, liberale e antifascista, dove conobbe ConcettoMarchesi, col quale organizzò un vero e proprio movi-mento di resistenza al fascismo6. Tornato a Padova nel1945, Bobbio vi tenne nel 1946 la prolusione per l’inau-gurazione dell’anno accademico sul tema La persona e loStato, dove usò espressioni di tipo quasi personalistico,che poi non sarebbero più ritornate nei suoi scritti7.Qui egli ebbe come assistente Enrico Opocher, seguaceperò di Giuseppe Capograssi e quindi anch’egli perso-nalista.

L’intera università di Padova si distinse per la suapartecipazione alla Resistenza e per questo ottenne alla

4 L. Stefanini, Platone, Padova, Cedam, 1932-35; l’opera ha avuto unaseconda edizione nel 1949 e una ristampa di questa, a cura degli Istituti diFilosofia e di Storia della filosofia, nel 1991.

5 Padova, Cedam, 1938; anche quest’opera ha avuto una seconda edi-zione, col titolo Il dramma filosofico della Germania, nel 1948.

6 Cfr. N. Bobbio, Autobiografia, a cura di A. Papuzzi, Roma-Bari, La-terza, 1997, pp. 47-58 e 74-81.

7 Cfr. «Annuario dell’Università di Padova», anno accademico 1946-1947.

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fine della guerra la medaglia d’oro. I centri principalidel movimento furono l’Istituto di Farmacologia, diret-to da Egidio Meneghetti, partigiano e rettore dopo lafine del fascismo, l’Istituto di Filosofia del diritto, di-retto da Bobbio, dove crebbero partigiani come LuigiCosattini e Antonio Giuriolo, entrambi uccisi dai tede-schi, e il cosiddetto Liviano, cioè la nuova sede dellaFacoltà di Lettere e filosofia, realizzata nel 1938 da GiòPonti per incarico del rettore archeologo Carlo Anti. AlLiviano insegnavano, oltre ai filosofi sopra ricordati, illatinista Concetto Marchesi, di ispirazione forse gentilia-na, ma antifascista e comunista, rettore nel 1943, chenell’inaugurazione dell’anno accademico lanciò un famo-so appello alla lotta armata contro fascisti e nazisti; ilgrecista Manara Valgimigli, di ispirazione crociana, e lostorico dell’antichità Aldo Ferrabino, dotato di forti in-teressi filosofici, divenuto anch’egli rettore e convertitosipoi al cattolicesimo. Anche il Liviano fu un centro diresistenza, dove operarono il filosofo Agostino Faggiot-to, il docente e partigiano Lanfranco Zancan, lo studen-te cattolico Luigi Pierobon, ucciso dai nazisti, e altristudenti di lettere e filosofia andati a combattere sull’al-tipiano di Asiago, i «piccoli maestri» descritti da LuigiMeneghello nel suo romanzo e ricordati oggi nel film diLuchetti.

Ma a Padova ci fu anche, dal 1943 al 1945, la sededel Ministero dell’Educazione Nazionale della Repubbli-ca di Salò, col quale collaborarono alcuni filosofi pado-vani, allora professori di liceo o presidi, come MarinoGentile e Carlo Diano, che per questo dopo la guerrasubirono un breve periodo di epurazione. Marino Gen-tile si era formato alla Normale di Pisa con ArmandoCarlini, aveva tenuto corsi come libero docente di Storiadella filosofia antica alla Cattolica di Milano e aveva, dal1940, l’incarico di Storia delle dottrine politiche nellanuova Facoltà di Scienze politiche a Padova. Alla finedegli anni ’30 aveva già elaborato una ripresa della «me-tafisica classica» (espressione da lui coniata nel 1935) inchiave problematica e critica, incentrata soprattutto sullo

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studio di Aristotele8. Carlo Diano si era formato aRoma con Giovanni Gentile, collaborando al «Giornalecritico della filosofia italiana», e si era specializzato inletteratura greca e filosofia antica. E a Padova negli anni’30 operava, sia pure nel Collegio universitario Antonia-num, il gesuita Carlo Giacon, docente di filosofia nel-l’Aloysianum di Gallarate (la Facoltà filosofica dellaCompagnia di Gesù per l’Italia settentrionale), che poisarebbe diventato uno dei professori più noti dell’uni-versità.

2. La cosiddetta egemonia cattolica

Nel 1945 Padova fu praticamente la sede in cui nac-que il cosiddetto «movimento di Gallarate», la più im-portante iniziativa filosofica cattolica del dopoguerra.Esso fu concepito, infatti, d’intesa tra Giacon, Stefaninie Umberto Padovani, allora professore alla Cattolica diMilano e perciò rappresentante di padre Gemelli. IlCentro di Studi filosofici cristiani di Gallarate (così fuufficialmente denominato all’inizio, mentre dopo il Con-cilio si lasciò cadere l’aggettivo «cristiani») nacque comeorganizzazione di convegni annuali su temi filosofici (dal1945 a oggi se ne sono tenuti più di cinquanta), ai qualiparteciparono tutti i maggiori filosofi cattolici italiani:oltre ai già citati, Felice Battaglia, Gustavo Bontadini,Giovanni Calò, Giuseppe Flores d’Arcais, Augusto Guz-zo, Renato Lazzarini, Luigi Pareyson, Michele FedericoSciacca e altri ancora9.

Lo stesso Centro avviò varie importanti pubblicazio-ni, quali la Bibliografia Filosofica Italiana, l’EnciclopediaFilosofica (la redazione di questa era a Padova all’Anto-

8 Cfr. E. Berti, Ricordo di Marino Gentile, «Atti e Memorie dell’Acca-demia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti», 104, 1991-1992, parte I, pp.103-09.

9 Cfr. V. Bortolin, Tra ricerca filosofica e fede cristiana: il movimento diGallarate, Padova, Gregoriana, 1991.

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nianum), le collane di «Filosofi antichi» (editore Loffre-do), «Filosofi moderni» (editore Zanichelli), «Filosoficontemporanei» (editori i Fratelli Fabbri). Dal 1956 ilCentro di Gallarate ha cominciato anche a organizzareconvegni annuali per assistenti, divenuti oggi per ricer-catori e dottorandi di ricerca. Di tutti i convegni sonosempre stati pubblicati gli atti. L’importanza che nel do-poguerra ha avuto il Centro di Gallarate si misura dalfatto che lo storico sovietico S.A. Efirov nel volume suLa filosofia borghese italiana del XX secolo10 lo definìuna delle più pericolose iniziative messe in atto dal Va-ticano per combattere il comunismo. È in virtù dellasua notorietà che nel 1958 il padre Giacon fu incaricatodalla Fédération Internationale des Sociétés de Philo-sophie (FISP) di organizzare a Venezia e Padova il XIICongresso mondiale di Filosofia.

Nel 1947, andato fuori ruolo Troilo, la Facoltà diLettere chiamò a ricoprire la cattedra di Filosofia mora-le Antonio L. Padovani, dandogli anche l’incarico di Fi-losofia teoretica. Padovani era un tomista di stretta os-servanza, ma sensibile alle tematiche del pensiero mo-derno: scolaro di Martinetti a Milano, aveva studiato in-fatti Schopenhauer e alla Cattolica aveva insegnato Filo-sofia della religione, approfondendo soprattutto il pro-blema del male. Sempre alla Cattolica aveva fatto partedel gruppo dei «professorini» (Dossetti, Fanfani, LaPira, Lazzati), che avevano preparato dal punto di vistaculturale l’ingresso dei cattolici nella vita politica del-l’Italia democratica. A Padova egli teneva corsi sugliElementi di filosofia di Sofia Vanni Rovighi, sulla filoso-fia della storia di Agostino, sul problema religioso nelpensiero occidentale. Si dichiarava seguace della «metafi-sica classica», che chiamava anche «aristotelico-tomisti-ca», e polemizzava amichevolmente contro le posizionidi Stefanini, che riteneva insufficientemente fondate dalpunto di vista razionale.

10 S.A. Efirov, La filosofia borghese italiana del XX secolo, Firenze,Sansoni, 1970.

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Stefanini, invece, si dichiarava spiritualista cristiano epersonalista e teneva corsi soprattutto sull’esistenzialismo,sia francese (Sartre, Marcel) che tedesco (Heidegger, Ja-spers, Barth), che contribuì notevolmente a far conoscerein Italia col suo libro Esistenzialismo ateo ed esistenziali-smo teistico11. Dell’esistenzialismo egli accoglieva le istanzeanti-intellettualistiche, denunciandone però gli esiti atei-stici e in qualche caso irrazionalistici. Nel 1949-50 orga-nizzò la serie di conferenze su «La mia prospettiva filo-sofica», al quale parteciparono tutti i maggiori filosofiitaliani (Nicola Abbagnano, Antonio Banfi, Felice Batta-glia, Gustavo Bontadini, Paolo E. Lamanna, Enrico Opo-cher, Antonio Padovani, Michele Federico Sciacca, Ermi-nio Troilo e altri)12. Ma il successo maggiore lo avevano isuoi corsi di Estetica, ai quali accorrevano studenti di tut-te le facoltà e molte persone non iscritte all’università.Nel 1954 Stefanini fu infatti relatore nel Congresso nazio-nale di Filosofia di Napoli sul tema «Arte e linguaggio»,nel 1955 pubblicò il Trattato di estetica13 e fondò la«Rivista di estetica» (il cui frontespizio attribuisce oggierroneamente la fondazione a Luigi Pareyson). Morì dicancro nel gennaio 1956, avendo fatto lezione, con dedi-zione commovente, sino al Natale precedente14.

Se Stefanini e Padovani erano certamente le due figu-re di maggiore rilievo nella filosofia padovana degli anni’50, essi non erano però i soli da cui si poteva impara-re. Accanto a essi, nella Facoltà di Lettere, c’era il giàcitato Carlo Diano, grecista fortemente interessato allafilosofia, che fu chiamato nel 1949 alla cattedra di Let-teratura greca, succedendo a Valgimigli, ed ebbe anchel’incarico di Storia della filosofia antica. Diano era noto,

11 L. Stefanini, Esistenzialismo ateo ed esistenzialismo teistico, Padova,Cedam, 1952.

12 Esse sono state pubblicate con questo titolo dalla Cedam, di Pado-va, nel 1950.

13 L. Stefanini, Trattato di estetica, Brescia, Morcelliana, 1955.14 Cfr. E. Berti, Dall’imaginismo al personalismo: una testimonianza, in

AA.VV., Dialettica dell’immagine. Studi su l’imaginismo di Luigi Stefanini,Genova, Marietti, 1991, pp. 215-24.

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oltre che per varie traduzioni, per l’opuscolo Forma edevento15, che presentava un’interpretazione del mondogreco simile per certi aspetti a quella di Nietzsche(l’«apollineo» e il «dionisiaco»)16. Egli costituiva un’al-ternativa a Stefanini e Padovani, perché si definiva «noncattolico» e nemico della «metafisica classica», in parti-colare di Aristotele, che tuttavia era l’autore che attiravamaggiormente la sua attenzione17.

Un’altra alternativa alla metafisica classica era costitui-ta da Enrico Opocher, dal 1948 successore di Bobbionella cattedra di Filosofia del diritto, ai cui corsi accor-revano anche molti studenti di filosofia. Egli ha avutouna scuola ricchissima e varia, avendo «messo in catte-dra» allievi dagli orientamenti più diversi, che vanno dalcattolicesimo conservatore di Francesco Cavalla e Fran-cesco Gentile all’estremismo di sinistra di Toni Negri,passando attraverso tutta una gamma di sfumature inter-medie. Un’altra alternativa ancora era costituita da Um-berto Campagnolo, incaricato di Storia delle dottrinepolitiche, già allievo di Kelsen e di Guglielmo Ferrero aGinevra, dove era emigrato perché antifascista. Nel 1950Campagnolo fondò a Venezia la Société Européenne deCulture, che in piena guerra fredda difendeva un’idea diEuropa «dall’Atlantico agli Urali». Della S.E.C. Campa-gnolo fu sempre segretario, mentre presidente fu permolto tempo Bobbio. Più vicini a Stefanini e Padovanierano invece il già citato Agostino Faggiotto, incaricatodi Storia delle religioni, e il rosminiano Guido Rossi, in-caricato di Storia della filosofia medievale.

Nel 1950 venne fondata a Padova la Facoltà di Magi-stero, prima con un consorzio di enti e poi (1952) col

15 Venezia, Neri Pozza, 1952.16 Di quest’opera sono state fatte una seconda edizione, con introdu-

zione di R. Bodei, Venezia, Marsilio, 1993, e una traduzione francese,Combas, Editions de l’éclat, 1994.

17 Molte di queste notizie si trovano anche in F. Volpi, La filosofia nelVeneto dal 1945 a oggi, in A. Arslan e F. Volpi, La memoria e l’intelligen-za. Letteratura e filosofia nel Veneto che cambia, Padova, Il Poligrafo, 1989,pp. 83-157.

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riconoscimento dello Stato. In essa vennero chiamatisulla cattedra di Storia della filosofia Marino Gentile,che nel 1951 aveva vinto il concorso a Trieste, sulla cat-tedra di Pedagogia Giuseppe Flores d’Arcais, personali-sta come Stefanini, e sulla cattedra di Psicologia il trie-stino Fabio Metelli, allievo di Vittorio Benussi e di Ce-sare Musatti, sostenitore della Gestaltpsychologie, cheper i suoi corsi sulla psicologia della percezione attiravaanche molti studenti di filosofia. Anche Metelli, in uncerto senso, costituiva quindi un’alternativa a Stefanini ePadovani, anche se l’importanza di queste due figurepoteva giustificare l’impressione che la filosofia padova-na fosse egemonizzata dai cattolici. A consolidare questaimpressione contribuì, inoltre, la fondazione nel 1954della rivista «Studia Patavina», in collaborazione tra i fi-losofi dell’Università e i teologi del Seminario vescovile(i due «Studia» di Padova).

Tuttavia, malgrado la quantità e la qualità dei suoidocenti, la filosofia padovana degli anni ’50 ebbe un’ecomolto tenue nel panorama della cultura filosofica italia-na, fatta eccezione per il movimento di Gallarate, chepoteva considerarsi, come abbiamo visto, una sua filia-zione. Forse per questo Vittorio Mathieu poté scrivere,nella sua Filosofia italiana contemporanea, ultimo volumedella Storia della filosofia del Lamanna: «uno dei centriuniversitari più importanti di diffusione della culturacattolica divenne, nel dopoguerra, Padova: più per con-centrazione, tuttavia, che per irraggiamento, sicché discuola padovana si può parlare come del risultato diuna convergenza, più che in virtù di una unità delle ori-gini»18. Credo che la ragione di questo fatto sia la stessache costituisce un handicap per tutta la cultura veneta,cioè la mancanza, nel Veneto, di una grande città, para-gonabile a Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze,Roma, Napoli, e quindi la mancanza di grandi quotidia-ni e di grandi case editrici. Tutti i filosofi padovani ne-

18 V. Mathieu, Storia della filosofia. La filosofia italiana del Novecento,Firenze, Le Monnier, 1978, p. 117.

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gli anni ’50 pubblicavano o con case editrici cattoliche,quindi a circuito limitato (La Scuola, Marzorati, Morcel-liana, S.E.I.), o con case editrici locali (Cedam, Liviana),a scarsissima diffusione.

3. La rinascita dello studio di Aristotele

Dopo la morte di Stefanini, il 19 giugno 1956 ungruppo di professori della Facoltà di Lettere scrisse unalettera al preside a proposito della cattedra di filosofiaresasi vacante, chiedendogli di «assicurare alla Facoltàuna voce che nell’indirizzo e nel metodo si presentassediversa da quelle a tutt’oggi udite»19, il che significavaun filosofo non cattolico. Di aspiranti dotati di tale ca-ratteristica ce n’erano almeno due, Galvano della Volpee Giovanni Emanuele Barié, per non parlare degli aspi-ranti «cattolici», quali Marino Gentile, ordinario al Ma-gistero, e Renato Lazzarini, ma essi non vennero presiin considerazione. Si volle invece chiamare Lorenzo Mi-nio Paluello, allievo di Troilo, che si era formato comefilologo alla scuola di Concetto Marchesi ed Ezio Fran-ceschini (il filologo medievale della Cattolica), noto so-prattutto come editore dell’Aristotele greco (Categorie eDe interpretatione) e latino, allora praelector a Oxford,vincitore di un recente concorso universitario in Italiaper Filologia medievale e umanistica. Poiché non si po-teva chiamarlo sulla cattedra di Storia della filosofia, laFacoltà decise, malgrado il voto contrario di Padovani,la soppressione di essa e la sua sostituzione con unacattedra di Filologia medievale e umanistica.

In tal modo Padova venne a trovarsi, unica universitàin Italia, priva della cattedra di Storia della filosofia, e

19 Cfr. E. Riondato, Soppressione della «cattedra» di professore ordinarioper la Storia della filosofia nella Facoltà di lettere e filosofia dell’Universitàdi Padova, «Atti e memorie dell’Accademia Patavina di Scienze Lettere edArti», 105, 1992-1993, Memorie della classe di scienze morali, pp. 79-99,in particolare p. 92.

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poiché nello stesso anno l’altro filosofo cattedratico, cioèPadovani, si ammalò e sospese l’insegnamento, venneromeno contemporaneamente tutti gli insegnamenti filosoficifondamentali del corso di laurea in filosofia, al punto chenon si sapeva più a chi affidare la direzione del Semina-rio filosofico (così si chiamava allora quello che poi di-venne l’Istituto di filosofia). La cosa, naturalmente, feceun certo rumore, anzitutto tra gli studenti, che protesta-rono vivacemente con una lettera al preside (firmata dame, che allora ero rappresentante eletto, ma scritta daToni Negri, di un anno più anziano), e poi anche nel re-sto d’Italia, come dimostra una lettera di Ugo Spirito aDiano, in cui tra ex-gentiliani si osserva che «Padovaninon può da solo rappresentare ufficialmente la filosofia diPadova»20. In realtà, come si evince chiaramente dalla ri-sposta di Diano a Spirito, non si voleva solo una «secon-da voce», ma si voleva uno studioso capace di collabora-re all’allora neonato Centro per la Storia della tradizionearistotelica nel Veneto, fondato dallo stesso Diano.

Questi aveva ripreso l’idea di Troilo, di tornare allostudio della tradizione aristotelica padovana, ma inten-deva realizzarla con i criteri della più avanzata e aggior-nata filologia. A tal fine aveva invitato a Padova BrunoNardi, il quale vi tenne per alcuni anni alcuni seminaripoi pubblicati nel volume Saggi sull’aristotelismo padova-no dal secolo XIV al secolo XVI21, e aveva stipulato unaccordo con la Columbia University, cioè con John H.Randall jr., che di lì a poco avrebbe pubblicato il volu-me The School of Padua and the Emergence of ModernScience22, e con Paul Oskar Kristeller e la sua numerosascuola di studiosi dell’Umanesimo e del Rinascimento.La convinzione non nascosta di questi studiosi era che,

20 E. Riondato, Soppressione della «cattedra» di professore ordinario perla Storia della filosofia nella Facoltà di lettere e filosofia dell’Università diPadova, cit., p. 94.

21 B. Nardi, Saggi sull’aristotelismo padovano dal secolo XIV al secoloXVI, Firenze, Sansoni, 1958.

22 John H. Randall jr., The School of Padua and the Emergence of Mo-dern Science, Padova, Antenore, 1961.

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grazie all’aristotelismo di filosofi come Pietro d’Abano,Paolo Veneto, Pietro Pomponazzi, Giacomo Zabarella enumerosi altri fino a Cesare Cremonini, Padova avessecostituito tra il Medioevo e il Rinascimento non solol’alternativa «aristotelica» al platonismo e al neoplatoni-smo di Firenze, ma anche l’università italiana di maggio-re respiro internazionale, dove non a caso si erano for-mati o avevano insegnato i maggiori artefici della «rivo-luzione scientifica» moderna, da Copernico a Galilei e aWilliam Harvey23.

Il Centro nacque con un programma estremamenteambizioso: anzitutto fare una nuova edizione critica, contraduzione e commento, di tutto il Corpus Aristotelicum(essa fu realizzata per il De caelo ad opera di OddoneLongo e, limitatamente alla traduzione e al commento,per il De interpretatione da Ezio Riondato); poi pro-muovere una serie di studi, con edizioni critiche, delletraduzioni medievali, arabe e latine, di Aristotele; infinepubblicare una serie di monografie sull’aristotelismo ri-nascimentale24. Soltanto una parte di tale programma èstata realizzata; tuttavia sono state pubblicate una qua-rantina di monografie (dall’editrice Antenore di Padova),sono stati organizzati alcuni convegni e il Centro è statorecentemente trasformato, secondo la nuova legge, in unCentro Interuniversitario di ricerca. Nella stessa politicarientra l’istituzione di un insegnamento, unico in Italia,di Storia della scuola padovana di filosofia nel Medioe-vo e nel Rinascimento, tenuto per incarico dallo specia-lista padre Antonino Poppi.

23 Del resto anche H. Butterfield, The Origins of Modern Science, Lon-don, Bell & Hyman, 1957, trad. it. col titolo Le origini della scienza moder-na, Bologna, Il Mulino, 1962, scrisse: «ammesso che l’onore di essere statala sede della rivoluzione scientifica possa appartenere di diritto a un singo-lo luogo, tale onore dovrebbe essere riconosciuto a Padova» (p. 59).

24 Un’illustrazione di tale programma si può trovare nei due articoli diA. Poppi, Lo studio di Aristotele nella Scuola di Padova, e A. Zadro, Il«Centro per la Storia della tradizione aristotelica nel Veneto» e la ricerca sul-l’Aristotele greco nell’Università di Padova, pubblicati nella rivista «Scienzae cultura. Informazione dell’Università di Padova», 2, 1980, pp. 137-76 e177-214.

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Sennonché Minio Paluello, dopo avere insegnato unanno a Padova, assicurando in tal modo una validità de-finitiva all’idoneità conseguita nel concorso, se ne tornòa Oxford, adducendo quale motivo l’inadeguatezza deglistrumenti di ricerca in Italia, e la Facoltà di Lettere fucostretta, nel 1958, a ripristinare la cattedra di Storiadella filosofia e a chiamarvi Marino Gentile, vincendo leresistenze degli altri settori, che in qualche caso si eranoservite di vere e proprie intromissioni dall’esterno25.Questo fatto, che poteva sembrare infausto per quell’in-cremento degli studi aristotelici che si era voluto pro-muovere in modo così discutibile, si rivelò invece, peruna strana eterogenesi dei fini, quanto di più opportunopotesse accadere proprio in vista del suddetto scopo.

Gentile era non solo uno studioso provetto di Aristo-tele – il suo volume su La dottrina platonica delle idee-numeri e Aristotele26, era stato infatti il primo libro ita-liano sull’argomento e aveva richiamato l’attenzione in-ternazionale –, ma professava una filosofia, la «metafisi-ca classica», che era incentrata su Aristotele molto dipiù di quanto lo fosse quella di Padovani, sostanzial-mente tomista. Il suo passaggio da Magistero a Lettererese inoltre possibile la chiamata al Magistero del padreGiacon, da sette anni in cattedra a Messina, egli purestudioso di Aristotele. Inoltre la successiva chiamata diEzio Riondato alla cattedra di Storia della filosofia anti-ca, in seguito al concorso da lui vinto nel 1961 con tito-li quasi esclusivamente dedicati ad Aristotele, e la miaaffermazione nel concorso immediatamente successivo,svoltosi nel 1963, ugualmente con titoli quasi esclusiva-mente dedicati ad Aristotele, fece di Padova la sede uni-versitaria con la più alta concentrazione di studiosi di

25 Giuseppe Emanuele Barié, dell’Università di Milano, in una letteraal preside Giuseppe Morandini, geografo, giunse a dire che bisognava «evi-tare il pericolo che dal Magistero si passi alla Facoltà» (cfr. Riondato, Sop-pressione della «cattedra» di professore ordinario per la Storia della filosofianella Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova, cit., p. 93).

26 M. Gentile, La dottrina platonica delle idee-numeri e Aristotele, Pisa,Pacini-Mariotti, 1930.

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Aristotele. Negli anni successivi vinsero concorsi di filo-sofia antica Attilio Zadro, allievo di Diano, e Mario Mi-gnucci, allievo di Giacon, studiosi entrambi di Aristote-le, che già operavano a Padova negli anni ’60.

Il problema della «seconda voce» fu risolto mediantel’affidamento di un incarico di Filosofia al Magistero aFerruccio Rossi Landi, neopositivista e militante in partitidi sinistra, a cui si affiancò come cultore della filosofiaanalitica Renzo Piovesan, che aveva studiato a Oxford.Lo stesso Zadro, studioso di Platone e di Aristotele, eradi orientamento analitico in filosofia, seguendo soprattut-to Quine, e comunista in politica. In quel periodo si or-ganizzarono a Padova importanti convegni, quali quellosu «Fenomenologia ed esistenzialismo», che vide come re-latori Eugenio Garin, Enzo Paci e Pietro Prini, e quellosu «Sapere filosofico e sapere scientifico», che videcome relatori Paolo Filiasi Carcano, Ludovico Geymonate Augusto Guzzo. Restava, tuttavia, l’angustia sopra ri-cordata nella diffusione dei risultati delle ricerche fatte aPadova: le pubblicazioni del Centro Aristotelico erano in-fatti affidate a una casa editrice locale, lo Studio Biblio-grafico Antenore, di Guido Billanovich, di altissima qua-lità editoriale, ma di scarsissima diffusione commerciale.

Maggiore diffusione ebbero altre iniziative editoriali,che in qualche modo facevano capo a Padova, quali lacollana «Filosofi antichi» del Centro di Studi Filosoficidi Gallarate, fondata e diretta dal padre Giacon, chenella sua prima fase fu interamente dedicata alla tradu-zione e al commento di opere di Aristotele: la Metafisicaa cura di Giovanni Reale, gli Analitici primi a cura diMario Mignucci, i Topici a cura di Attilio Zadro, il Degeneratione et corruptione a cura di Maurizio Migliori, ilDe anima a cura di Giancarlo Movia, i Frammenti deidialoghi a cura di Renato Laurenti e, ultimo, il recentis-simo De interpretatione a cura di Attilio Zadro27.

27 Tutti i volumi sono stati pubblicati dall’editore Loffredo di Napoli;l’ultimo è del 1999. Oggi Padova è diventata praticamente la sede del Cen-tro di Gallarate, perché vi si è trasferita la Facoltà di filosofia dei Gesuiti,

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4. Il pluralismo tra contestazione, guerriglia e dibattito

A partire dal 1965 ebbe inizio sia nella facoltà diLettere che in quella di Magistero una fase nuova. Forsefu l’influenza del Concilio Vaticano II, appena concluso,o del «centro-sinistra», ormai avviato, ma a Padova sideterminò una situazione che mi sembra giusto definiredi pluralismo ideologico. Nella facoltà di Lettere MarinoGentile assunse anche l’insegnamento di Filosofia teore-tica, mentre a Filosofia morale, dopo l’andata fuori ruo-lo di Padovani, passò Riondato. Gentile creò la Scuoladi perfezionamento in Filosofia, in cui vennero chiamatiad insegnare Giuseppe Faggin, libero docente e profes-sore di liceo a Vicenza, Toni Negri, libero docente diFilosofia del diritto, Armando Vedaldi, libero docente diFilosofia della scienza, e poi Giorgio Facchi, anch’eglilibero docente. La collana di pubblicazioni della suddet-ta Scuola contiene le prime opere di quasi tutti gli at-tuali docenti. Nel corso di laurea in Filosofia l’insegna-mento di Storia delle dottrine politiche, collocato fuoriruolo Campagnolo, venne affidato a Dino Fiorot, allievodi Opocher, mentre una seconda Storia della filosofia fuaffidata a Pietro Faggiotto, allievo di Padovani. Vennerointrodotti nuovi insegnamenti, quali Filosofia della reli-gione, assegnato a Franco Chiereghin, giovane allievo diMarino Gentile, specialista di Hegel, e qualche anno piùtardi Filosofia della scienza, su cui venne chiamatoGiorgio Facchi, e Storia della filosofia moderna e con-temporanea, assegnato a Umberto Curi, allievo anch’eglidi Gentile.

Al Magistero furono chiamati per la cattedra di Filo-sofia il milanese Dino Formaggio, allievo di Banfi, quin-di laico, cultore soprattutto di estetica, e il padovanoAndrea Moschetti, cattolico. Il primo, insegnando Esteti-ca anche per il corso di laurea in filosofia, formò unimportante gruppo di allievi, tra cui si segnalarono Mas-

in cui insegna il segretario generale del Centro (padre Gianluigi Brena),mentre la collana «Filosofi antichi» è diretta da me.

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simo Cacciari, Stefano Zecchi, Gabriele Scaramuzza eGiangiorgio Pasqualotto. Il secondo ebbe anche l’incari-co di Filosofia della storia nella Facoltà di Lettere. PerStoria della filosofia il padre Giacon, che insegnava an-che Storia della filosofia medievale a Lettere, fu affian-cato da Giovanni Santinello, allievo di Stefanini e crea-tore a sua volta di un’importante scuola di storia dellastoriografia filosofica, mentre la Filosofia della religionefu affidata a Pietro Nonis, sacerdote formatosi nellaCattolica di Milano, e la Storia della filosofia antica adAttilio Zadro. Importante, per gli studenti di filosofia,fu anche l’insegnamento di Psicologia, affidato, dopo ilcollocamento fuori ruolo di Metelli, a Paolo Bozzi. Irapporti tra Gentile e Giacon non furono sempre idillia-ci, tant’è vero che entrambi decisero di scindere l’Istitu-to di Filosofia in due Istituti, rispettivamente di Filoso-fia nella Facoltà di Lettere e di Storia della filosofia nel-la Facoltà di Magistero.

Nella Facoltà di Giurisprudenza continuava il suo in-segnamento di Filosofia del diritto Opocher, mentre aScienze politiche la cattedra di Dottrina dello Stato fuvinta per concorso da Toni Negri (1967). Questi, mem-bro da studente della Gioventù Italiana di Azione Cat-tolica, si era laureato in filosofia con Padovani, ma erasubito passato a Filosofia del diritto con Opocher, con-seguendo la libera docenza in questa disciplina. Sul pia-no politico, dopo una breve esperienza nel Partito So-cialista, durante la quale fu consigliere comunale a Pa-dova, Negri si avvicinò al movimento operaista di MarioTronti e Raniero Panzieri, che faceva capo alla rivista«Quaderni rossi», e nel 1973 fondò Potere Operaio.

Il 1968 fu anche a Padova, come in molte universitàitaliane, l’anno della contestazione. Il bersaglio a Filoso-fia fu Marino Gentile, allora direttore dell’Istituto e per-sonalità indubbiamente la più significativa della filosofiapadovana. I suoi contestatori più vivaci furono i suoistessi allievi, alcuni dei quali fecero poi carriera nell’uni-versità, mentre altri la lasciarono. Ma il ’68 non degene-rò a Padova in alcuna violenza. Solo durante il Congres-

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so nazionale di Filosofia, che si svolse nell’aprile del1969 con relazioni di Pietro Calogero e Ugo Spirito, efu organizzato da Marino Gentile, si ebbero contestazio-ni verbali all’indirizzo dello stesso Gentile e del «siste-ma» universitario nel suo complesso.

Quando, nel 1971, rientrai a Padova per insegnarviStoria della filosofia accanto a Gentile, la situazione dimarcato pluralismo era relativamente tranquilla. Con i«Provvedimenti urgenti» del ministro Malfatti (1973) siebbero nuove cattedre (Franco Chiereghin per Storiadella filosofia), entrarono nuovi assistenti e si crearononuovi incarichi di insegnamento: Gianni Maria Pozzo(allievo di Stefanini) aveva assunto da qualche anno laFilosofia della storia, Antonino Poppi (allievo di Rionda-to) assunse la Storia della filosofia medievale, Giangior-gio Pasqualotto ebbe la Storia della filosofia, GiuseppeDuso (allievo di Gentile) la Storia della logica, Gabrie-le Scaramuzza l’Estetica, Luigi Olivieri (allievo diRiondato) la Storia della scuola padovana. Dal Magi-stero vennero Faggiotto per Filosofia teoretica e Za-dro per Storia della filosofia antica. Al Magistero arri-varono Dario Antiseri per Filosofia del linguaggio e Ma-rio Mignucci per Storia della filosofia antica. Nei corsidei professori di «sinistra» (Curi, Duso, Pasqualotto,Scaramuzza) si insegnava soprattutto Marx, la Scuola diFrancoforte, il marxismo contemporaneo in tutte le sueforme. Negli altri corsi si insegnava di tutto, da Aristo-tele a Hegel, dalla metafisica moderna all’epistemologiacontemporanea.

L’anno «nero» di Padova fu il 1977. In esso si svi-luppò infatti il movimento di Autonomia Operaia, deri-vazione di Potere Operaio, che prese piede soprattuttonell’Università: a Scienze politiche, intorno al corso e aiseminari organizzati da Negri e dai suoi collaboratori, aPsicologia, sfruttando il disagio dovuto alla sovrabbon-danza di iscritti e alla carenza di attrezzature, e a Filo-sofia, per contestare gli insegnamenti più tradizionali.Ricordo un manifesto comparso nel dicembre 1977 nel-l’atrio del Liviano, in cui si attaccavano duramente Gen-

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tile (ormai fuori ruolo dal 1976), Riondato, il sottoscritto,si prendevano in giro i professori di sinistra (allora vicinial PCI) perché troppo moderati, e si esortavano gli stu-denti a frequentare i corsi di Dottrina dello Stato, Storiadel movimento operaio e simili, a Scienze politiche.

Nell’inverno 1977-1978 gruppi di «autonomi» inter-ruppero spesso le lezioni di filosofia, insultando i pro-fessori e minacciando gli studenti. Indi ebbero inizio iveri e propri attentati: Riondato fu ferito alle gambe, alLiviano, a colpi di pistola; Angelo Ventura, professoredi Storia contemporanea, ebbe lo stesso trattamento perstrada; Oddone Longo, allora preside, fu aggredito acolpi di spranga sulla testa; la stessa cosa accadde aGuido Petter, professore di Psicologia. Parecchi ebberobruciata la macchina, alcuni – come il sottoscritto – laporta del proprio appartamento. La mia «colpa», comesi evinceva dalla rivendicazione fatta dalle «Ronde arma-te proletarie», era di essermi opposto all’accettazione diun ciclostilato su «Università e mercato del lavoro»come programma d’esame dei corsi di Storia della filo-sofia, Storia della filosofia moderna e contemporanea,Storia della logica ed Estetica. L’arresto, eseguito il 7aprile 1978, di Negri e dei suoi collaboratori, per ordinedel pubblico ministero Pietro Calogero, pose fine a que-sta situazione.

Dopo di allora nell’ambiente filosofico padovano si èsviluppato un sereno dibattito, molte posizioni si sonoammorbidite, molte asprezze sono scomparse, molteamicizie si sono ricomposte, molti hanno cambiato idea,nessuno si dichiara più comunista, nessuno, tranne ilsottoscritto, tiene più corsi su Marx (il che è un pecca-to, perché si tratta pur sempre di un filosofo importan-te). Soprattutto, Padova si è aperta al dialogo col restod’Italia e d’Europa, con frequenti scambi di conferenzecon tutte le altre università e, soprattutto, con nuovisbocchi editoriali. Oggi si riesce a pubblicare con Later-za, col Mulino, con Feltrinelli, con la Utet, senza restarepiù chiusi nel ghetto delle piccole case editrici locali.Naturalmente si continua a studiare Aristotele, il cui ri-

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tratto è stato scelto a «logo» del neo-costituito Diparti-mento di Filosofia, che riunisce tutti i filosofi di Letteree dell’ex-Magistero, ma si fanno anche molte altre cose.Insomma, per parafrasare alla rovescia quanto Tucididefaceva dire a Pericle degli Ateniesi, «filosofiamo, ma condolcezza».

Tuttavia, senza togliere nulla al suddetto pluralismo,è innegabile che l’orientamento filosofico grazie al qualePadova è più conosciuta sul piano nazionale e, in qual-che misura, anche internazionale, è la «metafisica classi-ca», di cui si riconosce l’ispirazione più aristotelica cheneoscolastica28. Per questa ragione si è parlato di unanuova «scuola padovana» di metafisica, alternativa aquella milanese dell’Università cattolica, sia da parte deirappresentanti di quest’ultima29, sia più in generale daparte degli storici della filosofia contemporanea30. Ma la«metafisica classica», oltre che un orientamento filosofi-co analogo, e tuttavia diverso, rispetto alle nuove metafi-siche sia di ispirazione cristiana che di ispirazione laica,cioè analitica31, ha promosso anche una produzione sto-

28 Si veda la valutazione datane da C.A. Viano nel 1980 (Padova comesede di un «recupero della metafisica classica [...] senza passare attraversola mediazione neotomistica», in La cultura filosofica italiana dal 1945 al1980, Napoli, Guida, 1981, p. 39-40).

29 Cfr. A. Bausola, Neoscolastica e spiritualismo, in La filosofia italianadal dopoguerra ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp. 325-31; M. Mangia-galli, La «scuola di Padova» e i problemi dell’ontologia italiana contempora-nea, «Aquinas», XXXIII, 1990, pp. 639-68.

30 Cfr. F. Restaino, Il dibattito filosofico in Italia (1925-1990), in N.Abbagnano, Storia della filosofia, vol. IV, a cura di G. Fornero, Torino,Utet, 1994, pp. 645-46; M. Ferrari, L’orizzonte della filosofia italiana post-bellica, in Storia della filosofia diretta da M. Dal Pra, vol. 11, 2a ed., a curadi G. Paganini, tomo I, pp. 104-05. Minor valore probativo, anche se conmaggiore ricchezza di informazioni, hanno invece i contributi provenientidall’interno della «scuola», cioè quelli di C. Rossitto, Riflessioni sulla strut-tura logica della filosofia. A proposito dell’odierna metafisica di tradizionearistotelica, Padova, Gregoriana, 1982, e F. Volpi, La filosofia nel Venetodal 1945 a oggi, in A. Arslan e F. Volpi, La memoria e l’intelligenza, cit.

31 Cfr. le varie antologie dedicate alla metafisica di ispirazione analiti-ca, uscite in questi ultimi anni: Contemporary Readings in the Foundationsof Metaphysics, a cura di S. Laurence e C. Macdonald, Oxford, Blackwell,1998; Metaphysics: the Big Questions, a cura di P. van Inwagen e D.W.

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riografica caratterizzata da uno stile particolare, che cer-ca di conciliare la più attenta acribìa filologica con l’in-teresse per il valore argomentativo, e quindi anche filo-sofico, delle dottrine esaminate, in analogia anche sottoquesto aspetto con altri filoni della filosofia contempora-nea, che fanno capo da un lato alla scuola analitica oxo-niense di J.L. Austin, G.E.L. Owen e J.L. Ackrill, e dal-l’altro alla scuola ermeneutica parigina di Pierre Auben-que32.

Zimmerman, Oxford, Blackwell, 1998; Metaphysics. An Anthology, a curadi J. Kim e E. Sosa, Oxford, Blackwell, 1999.

32 A questo proposito mi permetto di rinviare al mio studio su Aristo-tele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992.

Summary. During the period from 1945 to 1960, the Faculty ofPhilosophy of Padua could have given the impression, not comple-tely justified, of a catholic hegemony. This impression was basicallyrelated to the teaching of L. Stefanini (personalist) and V.A. Pado-vani (thomist), and to the promotion of the «Centro di studi filoso-fici cristiani di Gallarate», which was conceived in Padua and beca-me famous all around Europe. In 1956 C. Diano founded the«Centro per la storia della tradizione aristotelica nel Veneto», whi-ch in fact determined the renaissance of the study of Aristotle. Inthe following years M. Gentile and C. Giacon reprposed a form of«classical metaphysics» inspired by Aristotelianism. This tendencywas the target of some attacks in the 70’s, but it is, still today, awell known tradition in Italy and in Europe. This tendency coexistsin Padua with many other philosophical issues, so that the new phi-losophical department is characterised by a widespread pluralism.