Berlusconi è caduto

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Berlusconi è caduto … e vive e lotta assieme a noi! nota di Gianni Marchetto – Martedì 14 Novembre 2011 Le cause vicine e lontane del successo del berlusconismo All’ingrosso mi paiono queste: Un cambio antropologico Con la sconfitta operaia nell’ottobre dell’80 è iniziato nel nostro paese (e mi sa tanto anche a livello internazionale con l’avvento di R. Reagan e della Signora Thacher) un vero e proprio “cambio antropologico” nell’ambito di una neo-borghesia, e ciò è avvenuto quando la proprietà del capitale si è definitivamente staccata dalla gestione (specie nelle medie e grandi aziende al di sopra dei 100 addetti). Per tutti i decenni precedenti tra la proprietà e i manager (vedi Valletta e gli Agnelli), c’era un intreccio maggiore riguardo alle prospettive nel medio e nel lungo periodo. Ricordo a questo proposito che su ca. 4milioni di aziende, queste (oltre i 100) sono una infima minoranza, che però conta, mentre la stragrande maggioranza delle aziende italiane batte su ca. 10 addetti di media. Prima chi gestiva e/o dirigeva le aziende e il proprio patrimonio mirava alla solidità a lungo termine. Con l’avvento della grande finanza nei destini delle imprese i manager mirano essenzialmente all'utile immediato, si inventano tutti gli strumenti per alzarlo perché lui e gli azionisti sono remunerati su questo. Poi, prima che si scopra che ha preso un bidone per troppa fretta, lui ha cambiato azienda e gli azionisti han venduto le loro azioni che erano aumentate di valore. Infine, la famiglia dei fondatori si occupa solo più di rendita finanziaria, non han voglia di farsi il sangue marcio con sindacati, fisco, enti locali. Se tengono al prestigio, creano delle fondazioni, che hanno come primo scopo di garantire lauti stipendi e ricevimenti anche ai più scemi della famiglia, quelli che mandavano in rovina un'azienda, mandare in rovina una fondazione è più difficile... su un altro piano è avvenuto che nella borghesia di prima, quindi, albergava coscienza e consapevolezza di essere la “classe egemone e generale”, quindi si assumevano su di sé delle responsabilità generali anche di sapore etico. Ma adesso, è ancora così? A me non pare. 1

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Berlusconi è caduto … e vive e lotta assieme a noi!

nota di Gianni Marchetto – Martedì 14 Novembre 2011

Le cause vicine e lontane del successo del berlusconismo

All’ingrosso mi paiono queste:

Un cambio antropologico

Con la sconfitta operaia nell’ottobre dell’80 è iniziato nel nostro paese (e mi sa tanto anche a livello internazionale con l’avvento di R. Reagan e della Signora Thacher) un vero e proprio “cambio antropologico” nell’ambito di una neo-borghesia, e ciò è avvenuto quando la proprietà del capitale si è definitivamente staccata dalla gestione (specie nelle medie e grandi aziende al di sopra dei 100 addetti). Per tutti i decenni precedenti tra la proprietà e i manager (vedi Valletta e gli Agnelli), c’era un intreccio maggiore riguardo alle prospettive nel medio e nel lungo periodo. Ricordo a questo proposito che su ca. 4milioni di aziende, queste (oltre i 100) sono una infima minoranza, che però conta, mentre la stragrande maggioranza delle aziende italiane batte su ca. 10 addetti di media. Prima chi gestiva e/o dirigeva le aziende e il proprio patrimonio mirava alla solidità a lungo termine. Con l’avvento della grande finanza nei destini delle imprese i manager mirano essenzialmente all'utile immediato, si inventano tutti gli strumenti per alzarlo perché lui e gli azionisti sono remunerati su questo. Poi, prima che si scopra che ha preso un bidone per troppa fretta, lui ha cambiato azienda e gli azionisti han venduto le loro azioni che erano aumentate di valore. Infine, la famiglia dei fondatori si occupa solo più di rendita finanziaria, non han voglia di farsi il sangue marcio con sindacati, fisco, enti locali. Se tengono al prestigio, creano delle fondazioni, che hanno come primo scopo di garantire lauti stipendi e ricevimenti anche ai più scemi della famiglia, quelli che mandavano in rovina un'azienda, mandare in rovina una fondazione è più difficile... su un altro piano è avvenuto che nella borghesia di prima, quindi, albergava coscienza e consapevolezza di essere la “classe egemone e generale”, quindi si assumevano su di sé delle responsabilità generali anche di sapore etico. Ma adesso, è ancora così? A me non pare.

C’è una diffusa percezione in parecchi strati di questa neo-borghesia di voler fare per sé e basta, in culo a tutti, altro che “classe in generale”. Sarebbe interessante che qualcuno facesse una inchiesta sociologica sulla “composizione di classe” di questa neo-borghesia: macché c’è un gran sproloquiare sulla composizione di classe dei lavoratori e zero assoluto sul nostro avversario. Avversario che poi in gran parte è figlio nostro, magari “bastardo” ma un po’ figlio nostro: i moderni padroncini sono quasi tutti ex contadini o ex operai o ex impiegati o ex tecnici o magari figli di questi, professionalmente magari anche capaci ma nella maggioranza autentici caproni sul piano della conoscenza e del rispetto delle regole del gioco (dal pagare le tasse, al rispetto dei diritti dei loro sottoposti e un ecc. molto lungo). E non caproni in quanto padroncini.. lo erano pure prima! Mi sbaglio o no? E il processo che da contadino, operaio, impiegato o tecnico li ha portati a essere imprenditori, si è svolto in un arco di tempo brevissimo (se paragonato alle altre epoche storiche), nel vuoto più assoluto di ogni cultura preesistente (vedi per es. la vicenda di Arzignano in provincia di Vicenza).

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In Italia poi dove la grande borghesia è sempre stata minoritaria, non ha mai avuto una rappresentazione politica propria, sempre mediata da altri, prima l’assistenzialismo e il collateralismo (con Vaticano incorporato) della DC, poi il populismo berlusconiano e leghista.. I soggetti che una volta garantivano la “mediazione” sono morti: il PCI che mediava tra i lavoratori più radicali e i lavoratori moderati e la DC che la mediazione l’aveva persino nel suo DNA: voleva la mediazione tra il capitale e il lavoro!. Così come dove sono i luoghi dove avveniva la mediazione? Una volta era il parlamento, le assemblee elettive, adesso, mi pare, (specialmente con il governo Monti) la politica si è fatta ancella dei “tecnici”, con una sospensione della democrazia.

E inoltre c’è una lontananza ormai siderale tra le nostre proteste e i centri di potere, nel senso che il gruppo di persone che detengono il potere finanziario è talmente lontano che “le nostre pietre” neanche le vede e noi.. non sappiamo dove lanciarle. Una volta i padroni del vapore erano fisicamente individuabili, adesso.. risultato di tutto questo: aver ricondotto ai suoi primordi la coscienza civile (e di classe) e cioè alla falsa alternativa del “mi integro o mi ribello”. Alla fine non cambia nulla! E se aggiungiamo la frase di A. Gramsci che: “la classe operaia porta con sé tutti i difetti della borghesia che la comanda”.. la frittata è fatta!

Il che non vuol dire che tutta questa nostra borghesia sia di tal fatta. Quel tanto che stando al libro di A. Calabrò (Orgoglio Industriale, Ed. Mondadori) questi ci dice che nel 2008 su 3.800.000 partite IVA (a carattere industriale manifatturiero) ce ne sono 4.600 (lui le chiama “multinazionali tascabili”) che forse ci tireranno fuori dalla crisi. Il Prof. Romano Prodi in un recente convegno del PD, in una bella e lucida relazione afferma che ad oggi sono ca. 1.000. Domanda: chi le conosce, cosa fanno e cosa fa lì il sindacato (posto che ci sia)? Domanda successiva: è una bestemmia pensare di poter costruire a sinistra (a partire dai sindacati) un archivio di queste aziende per portarle all’onore del mondo, per tentare di farle mettere in contraddizione con il resto delle imprese? Per tentare una sorta di “alleanza dialettica” con il movimento dei lavoratori. Non fosse altro perché in questo campo vi sono senz’altro le possibilità di un “conflitto” più avanzato e non solo sulla difensiva. O no? A meno che lo sport preferito nei sindacati e nella sinistra sia quello “di continuare a mettere il lievito sulla merda”.

I comportamenti: da adulti e da bambini

Sarà perché da ca. 12 anni vivo (e mi sono sposato da poco) con una ragazza di colore proveniente dall’Africa, sarà perché attraverso lei ho avuto modo di conoscere gli usi e costumi di questi popoli, sarà perché mi ricordo di aver letto un bel libro di A. Moravia (A quale tribù appartieni? È un reportage di viaggi in Africa).., mi pare di aver capito che tra queste persone, i maschi (a differenza delle femmine) per la quasi totalità sono degli individui alquanto “irresponsabili”. Moravia dice di queste persone “portano in sé due caratteristiche: l’innocenza e la barbarie”. E l’innocenza è quella cosa, anche positiva, che però (specie nei maschi) non li fa mai diventare adulti, nel senso di accollarsi le responsabilità di essere adulti, dalla procreazione al fatto di riconoscere i figli, al fatto di sposare le donne con le quali si generano i figli, ecc. (anche in Brasile e negli USA è presente questa situazione).

Bene, a me pare che una buona parte di questa neo-borghesia somigli parecchio a questo comportamento da “bambini”, non nel senso di irresponsabilità di fronte alla prole e alla famiglia, anzi questa diventa l’alfa e l’omega di ogni sua azione, ma nei confronti della società che lo circonda, vista come occasione di “saccheggio”. Bambini o ragazzi egocentrici, comportamento del

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tutto comprensibile fino ad una certa età, ma del tutto scriteriato in età adulta. Basta vedere lo stupore del loro campione (il Berlusconi) nel constatare di “non essere amato” da tutti.

La competizione: chi vince, chi perde

Oggi, ormai da ca. 20 anni. Siamo d’accordo che in una competizione (politica-sociale) non ideologica, come l’attuale non ci sono più, almeno nell’immaginario collettivo, due società che si confrontano, il socialismo e la società dei consumi capitalista, che vedevano appunto due formazioni avverse l’una all’altra: la DC e il PCI. Vincono quelle forze che sanno mettere in campo la maggior messe di “saper fare”, ergo: vincono i più motivati, coloro i quali (a torto o a ragione) sono convinti di essere portatori di un “saper fare”, contro invece i professionisti della chiacchiera (magari colta, ma sempre chiacchiera)? È vero o no che in fondo in fondo ciò che si confrontano sempre da oltre un decennio a questa parte sono due forme di “disprezzo” che ha sostituito l’avversione, che però significava il rispetto per l’avversario. In pratica ora si confronta il nostro disprezzo nei confronti 1° dei buzzurri della lega e 2° degli incolti, affaristi di Berlusconi, ma anche il loro disprezzo per le nostre chiacchiere, motivato (forse giustamente) da una critica al nostro elitarismo, alla nostra puzza sotto il naso nell’avere a che fare con il “popolo”. Che grande abbaglio abbiamo preso nell’aver smarrito per strada quell’opera di “pedagogia sociale” che aveva contraddistinto la sinistra nel nostro paese. Ciò vale anche per le formazioni uscite dalla DC.

La periferia incolta alla TV

E mi pare cha a suggello di tutto questo in questi ultimi 20/30 anni vi sia stato l’arrembaggio di quella che Carlo Freccero chiama “la periferia incolta” al centro dell’immaginario collettivo. Il vettore principale di questo arrembaggio sono state le TV commerciali e i programmi delle TV di Mediaset di Berlusconi.

I giacimenti del saper fare

Vediamo ora dove sono i “giacimenti di saper fare” (almeno nella sinistra). Il più grosso sta nell’attuale PD, sostanzialmente è negli eletti nelle assemblee elettive degli Enti Locali. È la risultante di anni e anni di insediamento in queste assemblee. Problema è che a forza di starci si è (comprensibilmente e anche giustificatamente), professionalizzato. Nell’ultimo decennio (e forse un po’ di più) ha perso per strada due qualità: l’altruismo e la generosità e in parecchi ha acquisito una buona dose di cinismo, perdendo per questa via la capacità (e la pazienza) di ascoltare la società, i problemi le contraddizioni, visto poi la quasi totalità di assenza dai luoghi dove si formano le opinioni: le aziende, le scuole, ecc. con una attenzione più che spasmodica (e sbagliata) alla sola presenza nella televisione, delegando a solo questo strumento la diffusione delle sue idee, quando se vuoi la fiducia delle persone devi saper metterti in gioco con le tue emozioni. Uno straniero (e anche l’italico) ha bisogno di odorarti, di sentire la tua voce dal vivo, se no … ciccia!. Se questo è il fenomeno che ha investito il meglio del corpo militante figuriamoci le “propaggini collaterali” da sempre il serbatoio dei suoi “trombati”.

Come sta il soggetto “radicale”? è (forse) meno cinico, con scarso “saper fare” e si caratterizza al massimo come “coscienza critica”: è sempre dedito alla interpretazione con una carica di moralismo che alla fine stufa. È dedito quasi unicamente alla produzione di “eventi” quasi del tutto sganciati da qualsiasi piano di lavoro, provvisto quindi di obiettivi da realizzare. Il campione di questa sequela di eventi è stato senza dubbio Fausto Bertinotti, che ha prodotto oltre Sorel, una visione quasi estetica della lotta di classe: la manifestazione a Roma, lo sciopero generale nazionale. E mi sa tanto (il soggetto) che gode a essere sempre diviso e combattente non con il suo

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avversario di classe ma con il suo vicino di casa. Facendo così il contrario di quello che Marx diceva: “compito dei filosofi (e degli individui socialmente attivi) non è quello di interpretare il mondo, ma di cambiarlo”. È nella proposta di cambiamento, quando nel cambiamento stesso, che c’è il test decisivo: se hai azzeccato o meno nella analisi e nella proposta di cambiamento! Sapere al millimetro come gira il mondo e non avere niente per cambiarlo è sul serio una magra consolazione.

Diverso è invece il giacimento presente nella CGIL. Anche qui c’è stato un processo di “professionalizzazione”, però tutta di rimessa, sotto l’attacco dell’avversario e della crisi. Si sconta qui la maggior rottura di continuità dell’esperienza della mia generazione con le attuali.

In pratica i nostri giacimenti sono quasi tutti esauriti. Si potrebbe benissimo a questo punto fare le pulci a tutti coloro i quali sono stati possessori e guardiani di detti giacimenti per evidenziarne responsabilità e colpe. Ma questo è un ragionamento che non aggiungerebbe neanche un ette alla situazione prima descritta.

Cosa sappiamo fare ciascuno di noi e gli amici e i compagni che conosciamo? Non solo le nostre opinioni, ma anche il nostro saper fare da mettere a disposizioni di altri, magari più giovani e collocati in “trincea”, dove avrebbero bisogno come il pane di una esperienza e di una scienza che possa dare fiducia e possibilmente imitazione positiva nel fare la loro esperienza? E sì che la situazione “oggettiva” non è mai stata a noi così favorevole: l’attuale forma del capitalismo (il liberismo) è in crisi totale. Vedi i liberisti di ieri diventare ad un tratto Keynesiani: l’intervento dello stato alla maniera socialdemocratica, però.. in maniera rovesciata, l’intervento dello stato (noi) per la salvezza delle banche. Però noi siamo “esauriti”!

Dobbiamo guardare lontano, darsi fiato lungo, affrontare l’ovvio

Adriano Sofri su Repubblica di martedì 15 novembre dice: “Sbagliano i commentatori stranieri secondo cui solo l’euro ha avuto ragione di Berlusconi. Berlusconi era finito da tempo, e mancava la sanzione elettorale, finché gli restavano, sia pure un tanto al chilo, i voti in Parlamento. La sanzione elettorale era stata anticipata dalle amministrative e i referendum sui beni comuni. È vero che a spingerlo fuori dalla trincea a cui sarebbe rimasto attaccato sino allo stremo è stato l’assedio degli spread, però senza i referendum e le elezioni amministrative..”.

E affrontando l’ovvio scoprire di nuovo che tutte le cose di cui abbiamo quotidianamente bisogno provengono unicamente da una figura sociale: gli operai.. senza i quali saremmo tutti in “braghe di tela”. Senza la loro “esperienza grezza” (vedi in allegato il “Libello” di Ivar Oddone) da tutte le manifatture di questo mondo non uscirebbe nessun manufatto dovuto al fatto che gli operai sono gli ultimi a dover mettere una “pezza” alle carenze ed errori della progettazione e della programmazione. Mi si dimostri il contrario.

La sospensione della democrazia e il pensiero liberale

Mario Monti e i suoi tecnici rappresentano al massimo la sospensione della democrazia e un rinnovato dominio dei tecnici. Non è una novità: basta guardare in ogni amministrazione locale quanto è il potere dei “tecnici” sui “politici”. La novità (e la contraddizione più che stridente) mi pare sia tutta nel campo della liberaldemocrazia: non era in questo campo che si teorizzava il voto come elemento costituente di ogni e qualsivoglia democrazia (fino a giustificare con la guerra

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“l’esportazione della democrazia” – vedi l’Iraq)? E che fine ha fatto la più che legittima richiesta di referendum in Grecia da parte di Papandreu?

Ma che dire di un’altra vera e propria “sospensione della democrazia”: quella operaia. Ma perché mai i lavoratori debbano votare solo quando lo vuole il loro padrone e con la pistola alla tempia (vedi i “referendum” a Pomigliano e alla FIAT di Mirafiori)? E perché mai non dovrebbero votare liberamente per i propri rappresentanti e per gli accordi o contratti che direttamente li interessano? E avanti popolo..

Tutti al voto… quello europeo

Mi pare sul serio che si dovrebbe far nascere un movimento a livello europeo che chieda di andare ad un voto per una assemblea costituente a livello europeo. E' lì che bisogna guardare, e lì che bisogna riformare l'attuale parlamento europeo che ci costa un casino di soldi e non ha nessun potere, è lì che bisogna mettere la mordacchia ai tecnocrati, ai banchieri, ecc. Quindi occorre chiedere a gran voce le dimissioni immediate dell’attuale assemblea parlamentare europea e procedere a nuove elezioni con un parlamento a carattere costituente, obiettivo: costruire una sorta di Stati Uniti d’Europa. Ma insomma, cosa ci fanno allora le forze democratiche e di sinistra in quel parlamento? Per non dire quelle di sinistra. Cosa fanno i sindacati a livello europeo? Paradossalmente in questa fase se non vogliamo essere schiacciati ciascuno nei singoli paesi, ci occorre più Europa. In caso contrario assisteremo oltre ai prevedibili default (e ai disastri sociali che ne deriveranno), al risorgere di nazionalismi, razzismi, guerre tra poveri e via quant’altro… cose già viste e accadute nel nostro continente. Se non ora quando?

Per finire

Mi pare quindi che anche senza Berlusconi, il berlusconismo abbia vita ancora, così come anche senza Mussolini e il fascismo ebbe vita attraverso una parte della DC e delle forze più reazionarie fino ai giorni nostri. E sì che allora nella resistenza e nella lotta partigiana lo scontro fu più che duro.

Mi pare quindi valga un progetto di lunga durata che veda la sinistra e le forze democratiche battersi con determinazione per l’egemonia a partire da quella dei valori, culturale, ecc. Direbbe De Gaulle: vasto programma!

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