Benson R.H. - Il Trionfo Del Re

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7/28/2019 Benson R.H. - Il Trionfo Del Re http://slidepdf.com/reader/full/benson-rh-il-trionfo-del-re 1/295 ROBERT HUGH BENSON  Il trionfo del re romanzo storico Titolo originale dell'opera: The King's Achievement PRESENTAZIONE Altre opere di questo Autore sono già state tradotte nella nostra lingua riscotendo il medesimo indiscutibile successo che le aveva già salutate in Inghilterra; va qui ricordato  Il Dominatore del Mondo, un racconto apocalittico apparso a Londra nel 1907 col titolo The Lord of the World . Gioverà ad una migliore comprensione del nostro romanzo aggiungere alcune notizie sulla vita dello scrittore, il quale, abbastanza noto agli italiani colti non lo è altrettanto al comune lettore.  Nato nel Berkshire (Inghilterra) dall'Arcivescovo anglicano di Canterbury il 18 novembre 1871, R. H. Benson ricevette la prima formazione intellettuale dai suoi stessi genitori e dalle sorelle. Più tardi studiò a Cambridge dove, deluso dai classici si orientò verso la teologia, dedicandosi soprattutto all'ascetica e alla mistica. In seguito si verificò in lui un certo disagio di spirito che s'accrebbe col tempo e fu l'origine del profondo conflitto interiore che lo portò alla conversione. Questa tuttavia non fu tanto il risultato di un  processo logico quanto la scoperta di una forza con la quale il suo spirito si sentiva in accordo. Egli cercava il riposo dell' anima, una profonda sottomissione e un amore trascendente.  Nel 1903 divenne cattolico e nell'anno successivo fu ordinato sacerdote a Roma. Tornato pochi anni dopo in Inghilterra, acquistò una proprietà di Hare Street presso Londra. dove condusse con alcuni amici una vita semimonastica. Ma non lo abbandonava una forte inclinazione alla vita contemplativa e ne espose gli argomenti pro e contro in una lettera ad un amico. Ed era ancora incerto se sarebbe eventualmente entrato nella Certosa di Parkminster, quando la morte, sopraggiunta improvvisamente, pose fine a ogni suo progetto. La sua fu una vita intensa, spesa nel predicare, scrivere e dettare esercizi spirituali in tutto il Paese, senza concedersi tregua. Le sforzo cagionato da una simile attività minò le sue forze ed egli morì proprio come aveva desiderato: lavorando per le anime fino all'ultimo respiro. Infatti giunto a Manchester per predicarvi una missione, nel salire i gradini del  pulpito fu stroncato da un violento attacco cardiaco. Il dramma della famiglia Torridon (The King's Achievement nell'originale inglese), quantunque inferiore a La tragedia della Regina, ci dà una certa misura delle notevoli capacità narrative del Benson. Fu scritto due anni dopo la conversione, probabilmente quando la vita religiosa cominciava a far sentire un irresistibile richiamo sulla sua anima assetata di pace, ed è quindi comprensibile come l'attenzione dell'Autore si soffermi a lungo sui monasteri, ergentisi come baluardi contro l'ira di Enrico VIII. La narrazione, inquadrata nello scisma religioso dell'Inghilterra del Rinascimento, è densa di tragici conflitti provocati da forti personalità umane in urto tra di loro e in contrasto con delle convinzioni che si vogliono soffocare nel sangue. Su tutti e su tutto giganteggia la terribile figura di Enrico VIII.

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ROBERT HUGH BENSON

 Il trionfo del reromanzo storico

Titolo originale dell'opera: The King's Achievement

PRESENTAZIONEAltre opere di questo Autore sono già state tradotte nella nostra lingua riscotendo ilmedesimo indiscutibile successo che le aveva già salutate in Inghilterra; va qui ricordato Il Dominatore del Mondo, un racconto apocalittico apparso a Londra nel 1907 col titoloThe Lord of the World .Gioverà ad una migliore comprensione del nostro romanzo aggiungere alcune notiziesulla vita dello scrittore, il quale, abbastanza noto agli italiani colti non lo è altrettanto alcomune lettore. Nato nel Berkshire (Inghilterra) dall'Arcivescovo anglicano di Canterbury il 18 novembre1871, R. H. Benson ricevette la prima formazione intellettuale dai suoi stessi genitori e

dalle sorelle. Più tardi studiò a Cambridge dove, deluso dai classici si orientò verso lateologia, dedicandosi soprattutto all'ascetica e alla mistica. In seguito si verificò in lui uncerto disagio di spirito che s'accrebbe col tempo e fu l'origine del profondo conflittointeriore che lo portò alla conversione. Questa tuttavia non fu tanto il risultato di un processo logico quanto la scoperta di una forza con la quale il suo spirito si sentiva inaccordo. Egli cercava il riposo dell' anima, una profonda sottomissione e un amoretrascendente. Nel 1903 divenne cattolico e nell'anno successivo fu ordinato sacerdote a Roma.Tornato pochi anni dopo in Inghilterra, acquistò una proprietà di Hare Street pressoLondra. dove condusse con alcuni amici una vita semimonastica. Ma non lo abbandonavauna forte inclinazione alla vita contemplativa e ne espose gli argomenti pro e contro in

una lettera ad un amico. Ed era ancora incerto se sarebbe eventualmente entrato nellaCertosa di Parkminster, quando la morte, sopraggiunta improvvisamente, pose fine a ognisuo progetto.La sua fu una vita intensa, spesa nel predicare, scrivere e dettare esercizi spirituali in tuttoil Paese, senza concedersi tregua. Le sforzo cagionato da una simile attività minò le sueforze ed egli morì proprio come aveva desiderato: lavorando per le anime fino all'ultimorespiro. Infatti giunto a Manchester per predicarvi una missione, nel salire i gradini del pulpito fu stroncato da un violento attacco cardiaco.Il dramma della famiglia Torridon (The King's Achievement nell'originale inglese),quantunque inferiore a La tragedia della Regina, ci dà una certa misura delle notevolicapacità narrative del Benson. Fu scritto due anni dopo la conversione, probabilmente

quando la vita religiosa cominciava a far sentire un irresistibile richiamo sulla sua animaassetata di pace, ed è quindi comprensibile come l'attenzione dell'Autore si soffermi alungo sui monasteri, ergentisi come baluardi contro l'ira di Enrico VIII.La narrazione, inquadrata nello scisma religioso dell'Inghilterra del Rinascimento, èdensa di tragici conflitti provocati da forti personalità umane in urto tra di loro e incontrasto con delle convinzioni che si vogliono soffocare nel sangue. Su tutti e su tuttogiganteggia la terribile figura di Enrico VIII.

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LIBRO ILA VOLONTÀ DEL RE

UNA DECISIONE

La villa di Overfield riposava al caldo sole di giugno.Il lato occidentale della grande abitazione con le nuove intravature el'intonaco recente era rivolto al sole vespertino che giungeva attraversole verdi erbe del parco ed il declinante pendio, mentre qualchecentinaio di metri più in là i boschi gettavano lunghe ombre sui giardiniche si stendevano oltre il fossato. Il parco digradava lentamente tral'ombra fresca verso il lago, il quale descriveva un quarto di cerchiosotto l'angolo sud orientale dell'abitazione. Gli alberi e le canneriflettentisi nell'acqua dalla riva opposta erano spezzati dai cerchi

concentrici delle grosse trote in cerca del pasto serale.L'altra facciata della villa, costituita dal salone di ricevimento nelcentro, dalla cucina a levante e la camera del padrone della proprietà a

 ponente, era fronteggiata da una casetta quadrata posta all'entrata delcortile e sormontata da una torre. Quest'ultima era fiancheggiata da unviale alberato che conduceva sulla strada principale, mentre amezzogiorno il terreno discendeva di nuovo rapidamente in una serieininterrotta di macchie, giardini e prati trapuntati di fiori gialli e dimargherite, giù giù fino al lago ed al fossato che da esso partiva per 

abbracciare nel suo giro tutta la tenuta. Il cortile della villa al cui centrosi ergeva l'alta pompa per il sollevamento dell'acqua, era pieno dimovimento. Giacevano ammucchiate a terra una mezza dozzina divaligie trasportate là dai cavalli da soma che ora venivano condotti conle teste penzoloni verso la scuderia; tre o quattro uomini coperti dilivree impolverate chiacchieravano coi servitori. Dalla parte dellacucina si udiva un rumore sordo di voci e di stoviglie mentre il fumousciva denso attraverso l'alto camino. Ad un tratto giunse chiaro edistinto dalla direzione del villaggio un calpestio di zoccoli sulla via;

gli uomini, presi i bagagli sulle spalle, sparirono vacillando, sotto il basso passaggio ad arco, a lato del quale pendeva, sporco di fumo e digrasso, lo spegnilampade. Il cane da guardia al rumore degli zoccolisbucò fuori dal canile sotto il portico, trascinando dietro a sé la catena;abbaiò solennemente una o due volte e poi si adagiò sui freddi ciottolicol capo tra le zampe, osservando con occhi vigilanti la porta che dal

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salone dava sul cortile. Dopo qualche momento la piccola porta dellacamera del padrone si aperse e ne usci Sir Giacomo Torridon. Diedeun'occhiata ai servi che si dileguavano, disse qualche parola agli altri etornò in casa per andare ad incontrare i figli. La carrozza era quasi

giunta presso la casetta situata all'entrata, quando egli usci fuori sullaspaziosa terrazza pavimentata, e si pose ad osservare il luccichiodell'ottone attraverso la polvere, i quattro cavalli ornati di pennacchiche andavano a piccolo trotto, le teste degli uomini che si agitavanonella carrozza; sul viso barbuto e negli occhi luminosi aveva un sensodi aspettazione grave e compiaciuta. I suoi due figli si erano incontrati aBeghan e venivano a casa: Rodolfo dalla città, dopo un'assenza di seimesi e Cristoforo da Canterbury dove aveva trascorso una settimana odue in compagnia del Signor Carleton, cappellano di famiglia. Si

sentiva tanto più felice ora in quantochè la casa era stata piuttostomalinconica durante la loro assenza; infatti le due figlie erano anch'essefuori di famiglia. Maria col marito Sir Nicola Maxwell a Great Keynese Margherita come educanda nel collegio di Rusper; egli quindi erarimasto là solo, in compagnia della moglie. Questa pure, mentre lacarrozza passava sotto l'arco, venne fuori. Era un'alta e dignitosa figuradi donna lussuosamente vestita di porpora e di nero e si fermòsilenziosamente a qualche metro dal marito, osservando con occhiofermo la carrozza.

Un istante dopo la carrozza si arrestò al fondo della gradinata e dueservi corsero ad aprire lo sportello. Ne scese per primo Rodolfo, ungiovinotto alto come i genitori con un viso e un'andaturastraordinariamente simili a quelli della madre e vestito con altrettantodecoro. Portava un mantello corto da viaggio, calzature color cremisidalle fibbie d'argento ed un cappello di feltro; il volto, terminante nellanera barba appuntita, aveva qualcosa della stabile impassibilitàmaterna; salendo i gradini della terrazza si tolse la polvere dalle spalle.Era seguito da Cristoforo, non così alto e circa dieci anni più giovane,

con i grigi occhi paterni, ed un po' di barba bruna che incominciava aspuntargli sulle guance e sul mento. Giunto alla sommità dei gradini,Rodolfo si volse: - La borsa - disse brevemente, - e poi si volse dinuovo per baciare le mani dei genitori, mentre Cristoforo ridiscendevaverso la carrozza, dalla quale stava allora uscendo il cappellano. Sir Giacomo chiese al figlio notizie intorno al viaggio.

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 - Oh - diss'egli; - Cristoforo arrivò in ritardo a Beghan. - E tu, figlio mio, stai bene? - gli chiese la madre mentre siincamminavano per salire in casa.- Oh, sì! - Sir Giacomo attese Cristoforo, ed il Padre Carleton coi servi

seguirono a breve distanza.- L'hai vista? - chiese il padre; Cristoforo affermò di sì col capo. - Sì - aggiunse - devo parlare con te, babbo, prima di comunicarlo aglialtri. - Vieni dunque da me quando ti sarai messi i vestiti di casa. Di qui aun'ora ci sarà cena - e guardò il figlio con una specie di intensaaspettazione. Il cortile era sgombro, ma una mezza dozzina di servi sene stavano riuniti nel breve passaggio lastricato che da esso conducevaalla cucina e ringraziavano Rodolfo e la madre con timoroso interesse

mentre uscivano dal salone. Sir Rodolfo era venuto dal cuore della vita,come ben sapevano; era stato presente all'incoronazione di AnnaBolena una settimana prima; aveva bazzicato col gran pubblico, echissà quali segreti di Stato non si nascondevano in quella piccola borsadi cuoio che il fratello portava dietro a lui! Quando i due disparvero, iservi ripresero a discorrere avviandosi verso la cucina.Lady Torridon col figlio più adulto ed il cappellano ebbero ad attendere

 parecchi minuti nel salone, prima che la porta sotto la galleria deimusici si aprisse per lasciar entrare gli altri due. Sir Giacomo sembrava

un poco inquieto; la faccia di Cristoforo invece era accesad'eccitazione; dopo qualche parola di scusa ciascuno si recò al proprio

 posto. Il Padre Carleton benedisse la mensa e mentre si sedevano, la porta che dava nella cucina si apri ed i servi entrarono portando i piattidi metallo.Rodolfo sulle prime si mantenne molto silenzioso; sua madre gli sedevaa fianco quasi altrettanto silenziosa. I servi si davano da fare senzarumore, premurosi di servirli mentre Sir Giacomo ed il cappellanosostenevano quasi da soli una piacevole conversazione intorno alla

tenuta ed ai coloni. Ma essendosi la cena protratta oltre il solito esparita la spossatezza del viaggio, la conversazione si estese anche aicommensali che occupavano il fondo della tavola, e Rodolfo prese adiscorrere un po' più liberamente.- Sì - disse - l'incoronazione si è svolta abbastanza felicemente e congrande affluenza di popolo. La Regina era molto bella nelle sue

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sfarzose vesti; era ricoperta di velluto color porpora e gli uomini delseguito di scarlatto. Avremo presto notizie di lei.Sir Giacomo osservò intensamente suo figlio. Tutti stavano adascoltarlo intenti e perfino un servo portando una brocca di argento gli

si era fermato dietro.- Sì - riprese Rodolfo con aria tranquilla deponendo il bicchiereveneziano -. Dio ha già benedetto l'unione.- Ed il Re? - chiese il padre dalla sua sedia di velluto nero. Il silenzio sifece ancor più profondo, a quel nome. Enrico infatti soggiogava in ungrado straordinario l'immaginazione dei suoi sudditi, non meno nell'etàmatura che nella superba vigoria e nel fascino della gioventù... Rodolfo

 però rispose in modo piuttosto trascurato. Aveva visto troppo spesso ilRe.

- Il Re si mostrava discretamente compiaciuto; era seduto sul suo trono.È più robusto di quanto lo vidi la volta precedente. L'incoronazione fufatta dal Vescovo di Canterbury; dopo venne cantato il «Te Deum» e lamessa solenne. Erano presenti, credo, circa dodici Abati, i Vescovi diYork, Londra e Winchester e due o tre altri. Il Vescovo di Suffolk recava la corona.- Ed il corteo? - interruppe il padre.- Anch'esso riuscì abbastanza bene. A seguito della Regina venivanoquattro cocchi carichi di vecchie signore, oggetto di derisione da parte

di qualcuno. E poi tutti gli altri.Parlarono per qualche tempo dell'incoronazione. Sir Giacomo facendola maggior parte delle domande e Rodolfo rispondendo brevemente;quand'ecco introdursi Cristoforo nella conversazione:- E Lady Caterina... - incominciò.- Zitto - disse il padre dando uno sguardo a Rodolfo che sedeva

 perfettamente immobile ancora un momento prima di rispondere.- Cristoforo è sempre sollecito a sproposito - rispose Rodolfo con voceuguale; - arriva in ritardo a Beghan e poi vuole saper notizie della

Principessa Dowager... È ancora viva se è quella che tu intendi... LadyTorridon fece scorrere lo sguardo dall'uno sull'altro.- E Sir Cromwell? - chiese.- Sir Cromwell sta molto bene. Mi ha incaricato di presentare adentrambi voi i suoi ossequi. L'ho lasciato ad Hackney.

* * *

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Le alte finestre a mezzogiorno del salone, aprentisi nell'intonaco digesso, erano ormai, attraverso un acceso vermiglio ed azzurrognolo,svanite in una tinta oscura ed omogenea quando i commensali sialzarono. Scesero quindi sotto ed attraversato il passaggio entrarono nel

 piccolo salotto accanto alla camera del signore, dove abitualmente prendevano la frutta o i dolci. Questa parte della casa era stataricostruita recentemente, ma le intarsiature in legno erano ancora lestesse, ed i chiari pannelli di quercia, ciascuno colla parte superiorefinemente intrecciata, riverberavano il piacevole tremolio del fuoco cheardeva fra due lucide mattonelle fiamminghe poste ai lati del focolare.

 Nell'angolo dirimpetto alla porta si trovava un grosso globo da cui pendeva una carta geografica della Inghilterra. Sulla cappa del caminoera appesa una tela rappresentate Diana che si piega sopra Endimione,

mentre un po' più sotto bruciavano due alte candele su candelieri diottone. Il pavimento era ricoperto di stuoie. Padre Carleton, il quale,secondo il consueto, li aveva accompagnati alla porta stava per augurare la buona notte, quando Sir Giacomo lo richiamò:- Entrate, padre, abbiamo bisogno di voi questa sera; Cristoforo haqualcosa da dirci.Il prete entrò e si sedette cogli altri, rimanendo colla faccia nascostanell'ombra, dalla parte del focolare. Sir Giacomo diede uno sguardo alfiglio più giovane e fece cenno col capo. Allora Cristoforo,

appoggiando il mento su di una mano, incominciò piuttostonervosamente e all'improvviso:- Io l'ho già detto a Rodolfo durante il viaggio, ed anche a te, babbo, maora lo ripeterò. Come sapete, io cercavo di conoscere se avevo lavocazione alla vita religiosa; con questo pensiero mi recai a visitare laHoly Maid (*Celebre monaca di quei tempi, favorita di visioni

 soprannaturali). L'abbiamo vista Padre Carleton ed io; ed ho deciso dientrare per questa strada. - A questo punto si fermò un po' esitante.Rodolfo e sua madre sedevano perfettamente immobili, senza una

 parola od un segno di simpatia o di disapprovazione. Suo padre erainclinato un po' in avanti e sorrideva in modo incoraggiante.- Continua, figlio mio. - Rodolfo trasse un sospiro e si appoggiò con

 più agio allo schienale.- Ci recammo adunque al monastero del Santo Sepolcro, ma non

 potemmo vederla per un giorno o due. C'erano parecchi altri con noi al

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monastero, tra cui un certosino proveniente da Sheen, di cui ora nonricordo il nome.- Enrico Man - suggerì il cappellano.- Ed alcuni altri - continuò Cristoforo - e tutti attendevano per vederla.

Il Dottor Bocking ci promise di informarci quando avremmo potutovederla ed infatti una mattina, dopo messa, venne a trovarci e ci disseche era in estasi, ci recassimo quindi subito. Cosi andammo tutti nellacappella delle monache e là vedemmo la fanciulla inginocchiata, con le

 braccia incrociate sul petto. - Si fermò di nuovo. Rodolfo si schiarì lagola, incrociò le gambe e trangugiò un sorso di vino.- Si? - esclamò il cavaliere stupito.- Ci disse parecchie cose - prosegui Cristoforo affrettatamente.- A riguardo del Re? - chiese la madre che stava guardando il fuoco.

- Qualche cosa a riguardo del Re - rispose Cristoforo - ed anchequalche cosa intorno a questioni religiose. Parlò del paradiso in modotale che era una delizia ascoltarla; aveva gli occhi risplendenti ed unavoce da non dirsi; poi, abbassando notevolmente il tono della voce,

 parlò del demonio, dell'inferno e dei suoi tormenti; io ero moltoimpressionato; parlò poi della confessione, del gran bene che fa alleanime e del SS. Sacramento. Il certosino le fece qualche domanda, a cuiessa rispose: durante tutto il tempo per cui parlò, pareva che la voce leuscisse dal corpo anziché dalla bocca; il suo aspetto era terribile quando

 parlava dell'inferno, poiché allora la lingua, allungandosi, si distendevasu di una guancia e gli occhi si facevano piccoli e timorosi.- La lingua sulla guancia, hai detto? - chiese cortesemente Rodolfosenza scomporsi. Cristoforo arrossi ed appoggiò il dorso contro loschienale della sedia in silenzio. Il padre saettò rapidamente unosguardo dall'uno all'altro.- Raccontaci ancora altro, Cristoforo. Che cosa ha detto a te in

 particolare? - Il giovane si sporse di nuovo un po' innanzi.- Io vorrei, Rodolfo... - riprese.

- Stavo domandando... - interruppe l'altro.- State bravi - interpose Sir Giacomo. - Continua, Cristoforo.- Bene, dopo un po' il Dottor Bocking mi spinse innanzi ed invitò lavergine a guardarmi; gli occhi di lei sembravano vedere qualche cosaoltre la mia persona ed io ebbi paura, ma egli mi esortò a parlarle ed iolo feci. Ella non pronunciò sillaba per un po' di tempo; poi cominciò a

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 parlare di una grande chiesa, come se la vedesse; nel mezzo sorgevauna torre, a ciascun lato stavano delle cappelle, delle tombe ai fianchidell'altar maggiore ed una immagine; poi si fermò gridando ad altavoce: «San Pancrazio, pregate per noi... » ed allora io compresi.

Cristoforo tremava violentemente in preda all'emozione e si volse versoil prete come per chiedere forza. Padre Carleton chinò il capo due o trevolte senza parlare.- Allora compresi - proseguì Cristoforo - Come voi sapete, questo eraquello che io avevo in mente e non avevo detto una parola di Lewes nédella mia intenzione di andarci.- Non l'avevi proprio detto a nessuno? - interrogò il padre.- Soltanto al Dottor Bocking. Poi chiesi alla monaca se io dovevoandare là, ma non rispose nulla per un po' e i suoi occhi vagavano qua e

là; poi prese a parlare di monaci vestiti di nero, di un Priore e del suoanello, che come diceva, era d'oro e portava incise delle figure. Loconosci tu l'anello che porta il Priore? - aggiunse guardando vivamentesuo padre. Sir Giacomo abbassò il capo.- Lo conosco - rispose. - Ebbene?- Allora le chiesi di nuovo se dovevo andare là; a questo punto miguardò dall'alto in basso; io ero in abito da viaggio ma essa mi disseche mi vedeva col cappuccio in capo e le ampie maniche pendenti, conun antifonario tra le mani. Poi assunse di nuovo un aspetto pieno di

terrore e dando un grido cadde in avanti; allora il Dottor Bocking cicondusse fuori della cappella.Ci fu un lungo silenzio dopo che Cristoforo ebbe finito il racconto e sifu appoggiato nuovamente allo schienale della sedia, prendendo ungrappolo di uva passita. Rodolfo emise un sospiro, come di stanchezzae sua madre gli pose una mano sul braccio. Finalmente Sir Giacomoruppe il silenzio.- Avete udito il racconto - e fece una breve pausa, ma nessuno fiatò.Finalmente il cappellano dal suo angolo parlò.

- Le cose stanno come ha esposto Cristoforo; io ero presente ed houdito tutto. Se quella donna non è dalla parte di Dio essa è certamentefra i satelliti del demonio; è però difficile pensare che il demonio parlidi sacramenti e che ingiunga di riceverli con ardore; e se è da Dio... - esi arrestò.Il padre abbassò il capo.

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- E tu, mia cara? - disse alla moglie.Ella si volse lentamente.- Sai ciò che penso. Se Cristoforo ci crede, io sono del parere che debbaandare.

- E tu, Rodolfo? - Rodolfo si eresse sulla sedia.- Vuoi che dica ciò che penso - domandò con determinazione - o quelloche Cristoforo desidera che io dica?Cristoforo fece un rapido movimento col capo, ma suo padre rispose

 per lui:- Noi desideriamo che ci dica quel che tu pensi - disse pacatamente.- Bene, dunque - riprese Rodolfo, - il mio pensiero è questo: non sonodel parere del signor cappellano. Credo che quella donna non sia da Dioné dal demonio, ma che parli secondo quel che le detta la sua mente e

quella del Dottor Bocking. Credo che siano due impostori, istruiti senzadubbio, quantunque la donna sia inoltre anche un po' demente, dalmomento che inganna persone dotte come il P. Carleton qui presente

 parlando di confessione e cose simili; Infatti così facendo fa la volontàdei preti e spera di procurare del guadagno per essi e per sé. Non sonosolo a pensarla così: in città ci sono molti della mia opinione, ed anche

 persone pie...- È forse tra esse Sir Cromwell? - chiese Cristoforo con una punta diamaro sarcasmo. Rodolfo sollevò un po' le sopracciglia.

- Non è il caso di farsi beffe di nessuno, sì, Sir Cromwell è tra esse.Credo che non dovrei parlare di questo, ma so che voi non neriparlerete con nessuno, quindi posso assicurarvi per averlo appreso conesattezza che la Holy Maid non rimarrà più a lungo nel monastero delSanto Sepolcro.Il padre si inchinò un po' in avanti. - Vuoi forse dire...- Intendo dire che Sua Maestà è stufo delle sue profezie; tutto andò

 bene fino a quando essa incominciò a mescolarsi negli affari di Stato,ma Sua Maestà non tollererà più a lungo una simile cosa. Non posso

dirvi di più. D'altra parte se Cristoforo crede di dover farsi monaco, vamolto bene; io non sarei di questo parere, ma questi non sono affarimiei; spero tuttavia che non vorrà farsi monaco soltanto per il fatto cheuna bugiarda donna gli ha palesato ciò che un prete della stessa risma leha messo in bocca. Comunque credo che egli abbia già deciso prima dichiedere il mio parere.

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- Egli ha già deciso - fece il padre - e rimarrà in questa decisione ameno che gliene venga provata la irragionevolezza: io per conto miocredo che abbia ragione.- Benissimo, dunque - riprese Rodolfo appoggiandosi ancora una volta

allo schienale. Trascorse qualche minuto di silenzio, poi Rodolfo fecequalche domanda intorno alle sorelle.- Maria verrà da noi domani con suo marito, per la caccia - rispose Sir Giacomo. - Ho già detto a Forrest di trovarsi qui per le nove. Tu verraicon noi?Rodolfo emise uno sbadiglio e sorseggiò un po' di Bordeaux.- Non so - rispose; - credo che verrò.- Margherita è ancora a Rusper - continuò l'altro. - Non sarà qui primadi agosto.

- Anch'essa pensa alla religione - soggiunse Lady Torridon impassibile.Rodolfo sollevò pigramente gli occhi.- Di conseguenza, Maria ed io rimarremo soli nel mondo.- Lei è felice fra le suore! - disse il padre sorridendo, - ed una personadi mondo non può esserlo di più e forse non sempre nello stesso modo.Rodolfo sorrise con un angolo della bocca.- Hai ragione, papà.In quell'istante, dalla torretta situata nell'angolo della cappella giunse ilsuono della campana per la recita delle preghiere della sera ed il

cappellano si alzò ed uscì.- Mi perdoni, papà, - fece Rodolfo - se questa sera non vengo? Sonomolto affaticato a causa del viaggio. La permanenza a Beghan è stataalquanto noiosa.- Allora buona notte, figlio mio. Ti manderò subito Maurizio.- No, è meglio dopo la preghiera, non intendo privare Dio anche dellasua presenza.Lady Torridon aveva seguito il cappellano in silenzio e Sir Giacomo eCristoforo attraversarono insieme il cortile. In alto il notturno cielo

d'estate era illuminato di stelle e l'aria tranquilla e fragrante. Una torcia bruciava con fiamma incostante su di una mensola di ferro vicino alla porta, nella sala, e gettava fasci di luce tremolante e rossastra attraversol'acciottolato. Sir Giacomo pose teneramente la mano sulla spalla diCristoforo.- Non devi adirarti con Rodolfo, figlio mio; pensa che egli non capisce.

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- Non dovrebbe parlare così - rispose Cristoforo aspramente. - Comeosa?- Certo non dovrebbe farlo; ma egli non comprende. Crede diconsigliarti per il tuo bene. Tu lascialo stare. Ricordati che è tutto preso

dai suoi affari. Sir Cromwell non gli dà requie.***La cappella era debolmente illuminata, mentre Cristoforo andava sunella galleria di destra, dove era il suo posto abituale. L'altarerisplendeva nell'oscurità e soltanto due candele ardevano pressol'inginocchiatoio del sacerdote. Il resto era immerso nel buio poichétutti i componenti della famiglia sapevano le preghiere a memoria.Cristoforo si sentì molto tranquillo e confortato, mentre appoggiandosial parapetto di quercia guardava le confuse figure dei genitori che

stavano al loro posto davanti, con accanto i servi, ed udiva il quietoandirivieni di quelle onde di preghiera, che, simili ad una marea estivaai piedi di un pendio, andavano ad infrangersi contro i bianchi gradinidell'altare.Era giunto a casa pieno di eccitazione e di gioia dopo di aver per la

 prima volta visto un'estatica ed udito il suo messaggio. Ma pur inmezzo a queste nobili emozioni non era mancata la nota stridentedell'impazienza del fratello nell'albergo a Beghan e nella carrozzadurante il viaggio verso casa e soprattutto le sue aspre parole di critica

ed il suo attuale isolamento nel salotto. Ma ora, inginocchiato nella casadi Dio, divenne più calmo: l'amarezza sembrò scomparire per lasciarloin un mondo di tranquilla felicità, il mondo della vita mistica a cui egli,illuminato dalle parole della monaca, era così disposto. Aveva parlatocon una persona che vedeva più in là di quello che non vedesse lui;aveva posato il suo sguardo su occhi che erano fissi sui misteri e suidogmi a cui egli credeva, sì, intimamente, ma che potevano talvoltaapparire vani ed informi agli occhi stanchi della sola fede. Essa peròcome prova che queste cose erano qualcosa di più che semplici

fantasie, gli aveva parlato di realtà che egli stesso poteva verificare,ossia del convento di Lewes che non aveva mai visitato ed anche deidettagli dell'anello del Priore che parimenti non aveva mai visto. Allafine poi lo aveva incoraggiato nei suoi desideri; con quei medesimigrandi occhi lo aveva visto, ricoperto dell'abito che egli bramavaindossare, andare intorno salmodiando, intento al grande Opus Dei cui

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egli desiderava consacrare la vita.Se questo non era un messaggio inviatogli da Dio, in quale altrarivelazione poteva sperare? Per quello che riguardava le notizie e gliinteressi di Rodolfo, che valore avevano? Quale importanza sapere chi

fosse colei che sedeva sul trono a fianco del Re e se fosse rivestita divelluto porpora o cremisi? Queste erano cose di second'ordine paragonate con gli affari dell'anima e di Dio, di cui egli incominciavagià a scorgere qualche bagliore. Anche le voci che correvano nel Paese,

 ben note a Rodolfo, circa il pericolo che incombeva sulle CaseReligiose e le intenzioni di Enrico a loro riguardo, anche queste nonerano che grida impotenti di un popolo delirante.Stava pertanto inginocchiato, nella riacquistata serenità, e pensava conun po' di compassione al fratello che ora senza dubbio sonnecchiava

dinanzi al fuoco nel salotto, incatenato al suo povero ideale,spaventosamente felice nella sua limitazione. Anche il padre, nellacappella sotto stante, era contento. Anch'egli per un certo tempo, primadi sposarsi, aveva aspirato alla vita religiosa e poiché il sogno erasvanito, non desiderava altro che di essere rappresentato in quel mondo

 più intimo di privilegiati almeno da uno dei figli. La figliuolaMargherita aveva scritto una settimana prima dicendo che anche il suo

 pensiero era orientato in quella direzione e che la decisione diCristoforo aveva colmata la misura dei suoi desideri.

Avere un figlio prete e per di più monaco era cosa che andavadecisamente oltre le sue aspirazioni. Non aveva potuto esserlo eglistesso, ma aveva dato la vita ad uno che lo avrebbe rappresentatodinanzi a Dio, che avrebbe portato una benedizione sulla casa.Rodolfo invece lo avrebbe rappresentato dinanzi agli uomini; avrebbecontinuato la stirpe e trasmesso la proprietà alla terza generazione. QuelRodolfo che le recenti occupazioni andavano alienando dall'affetto edal pensiero dei familiari. Ma lo confortava il pensiero che se non altronon perdeva completamente il tempo come facevano molti giovani

della sua età, assorbiti da occupazioni di nessuna o poca importanza.Rodolfo almeno era occupato in gravi questioni, a servizio di Cromwelle del Re e gli venivano confidati importanti segreti il cui effetto siatemporale che eterno era difficile a prevedersi. Senza dubbio, pensava,a tempo opportuno sarebbe ritornato sui suoi passi poiché quando unuomo ha una moglie e dei bambini a cui provvedere, le altre cose

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divengono secondarie e si affacciano problemi allora ignorati. Ma pensava con un po' di ansietà a sua moglie e si domandava se il figliomaggiore non avesse dopo tutto ereditato quella sua specie di aridacarie dell'anima che è la causa per cui la linfa ed il vigore spariscono a

 poco a poco, lasciando intatta la forma ma non le forze. Quando l'avevasposata trentacinque anni prima, gli era parsa un mistero della cuichiave egli stava prendendo possesso. Il suo silenzio gli era sembratofecondo di sapere e le sue parole preziosi frammenti provenienti da unvasto scrigno. Poi, poco alla volta, aveva scoperto che l'ampio scrignoera vuoto, pulito sì, e capace, ma nulla di più e soprattutto senza alcuna

 promessa di ricchezze ancora da scoprire. Quegli ampi e neri occhi,quella fronte alta, i dignitosi movimenti non avevano alcun significato:era una splendida figura senza un'anima. Compiva il suo dovere con

ammirabile esattezza, recitava le preghiere, intratteneva gli ospiti conconversazioni appropriate, ci si poteva fidare di un suo decorosocomportamento in qualsiasi circostanza richiedente circospezione odecisione, ma tutto finiva lì.Rodolfo non era così; si dedicava intensamente al lavoro e, secondo leinformazioni avute, era abile nel disimpegnarlo. Oltre a ciò, nonostantetutta la sua impassibilità, era anche capace di passione poiché, comeegli stesso aveva potuto notare, il superiore di lui, Sir TommasoCromwell, era ai suoi occhi qualcosa di sovrumano. Una parola detta

contro questa autorità bastava ad accendergli gli occhi ed a rendergli lavoce tremante, segno che la sua anima era tutt'al più sonnacchiosa e lesue possibilità mal guidate. Frattanto c'era pure Cristoforo; ed a questo

 pensiero il padre alzò lo sguardo verso la galleria e vide il confusocontorno della bruna testa del figlio contro il bianco della parete.

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IIL'ARRIVO A LEWES

Superate tutte le contrarietà interne ed esterne incontrate nella

realizzazione pratica del suo proposito di farsi religioso ed apprese dalcappellano di casa le linee fondamentali della disciplina claustrale,Cristoforo fu subito al giorno della partenza.Col trascorrere dei giorni Rodolfo divenne più mansueto e fu tra coloroche davano l'addio a Cristoforo allorché questi partì per Lewes. I servierano tutti allineati sulla terrazza e più del fratello che partiva,osservavano Rodolfo con l'interessamento pervaso di fascino che ildiscreto e dignitoso amico di Cromwell sempre ispirava. Rodolfo erasempre di ottimo umore in simili occasioni, piacevole e naturale. Anche

il servo, Maurizio, che era stato con lui fin dal giorno che era venuto daLondra, avrebbe accompagnato a cavallo Cristoforo per ordine espressodel padrone. Doveva poi rimanere con lui quella notte nella foresteriadel convento e tornare a casa il mattino seguente con i due cavalli.- Hai preso le lepri per il Padre Priore? - gli chiese Rodolfoaccentuando le parole ed osservando la selvaggina che pendeva collatesta all'ingiù dalla sella del suo cavallo. - Digli che sono state uccisemartedì.Sir Giacomo ed il figlio minore passeggiavano assieme un poco più in

là: Lady Torridon si era fatta portare una sedia in cima ai gradini dellaterrazza da dove poteva compiere i propri doveri di madre senzaincomodarsi troppo. Ella non parlava quasi affatto, ma osservavagravemente con i suoi enigmatici occhi neri le gambe dei cavalli ed i

 bagagli, ed una volta alzò la mano per far tacere un cagnolino cheaveva incominciato ad abbaiare concitatamente.- È ora di partire - disse Rodolfo quando tutto fu pronto; nello stessotempo Cristoforo ed il padre vennero su, Sir Giacomo col braccio sullespalle del figlio. Il commiato fu molto breve; era impossibile indulgere

al sentimento, in quell'atmosfera di spirito affaristico generata daRodolfo ed un minuto più tardi Cristoforo era in sella. Sir Giacomo non

 parlò più ma stette in disparte guardando il figlio. Lady Torridon sorrisecon compiacenza ed abbassò il capo due o tre volte mentre Rodolfostava col Padre Carleton sul terreno ghiaioso un po' in basso, collamano sulla groppa del cavallo del fratello.

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- Arrivederci, Cristoforo, - disse, ed aggiunse poi con una pietà insolita:- Dio ti aiuti!Mentre i due cavalli passavano attraverso il portone d'uscita, Cristoforosi volse e vide che il gruppo dei rimasti si era un poco ricomposto. Sir 

Giacomo e Rodolfo erano ritti l'uno vicino all'altro, Rodolfo a braccettodel genitore; Padre Carleton era ancora sul terreno ghiaioso e LadyTorridon stava tornando piuttosto risolutamente verso casa.La distanza che li separava da Lewes era di circa quattordici miglia, efu soltanto dopo averne percorse due o tre ed essere giunti nei pressi delcolle di Burgen che Cristoforo si girò indietro per guardare Maurizioche lo seguiva a breve distanza. Gli sembrava così strano cavalcareattraverso quel paesaggio così familiare, dove era passato centinaia divolte, e pensare che questa era probabilmente l'ultima volta che

 percorreva quelle strade, almeno nelle stesse condizioni. Si producevasu di lui l'effetto che produce una morte in famiglia; le cose familiarisono le stesse ma assumono un nuovo e strano significato. I pochiuomini e fanciulli che incontrava sul cammino lo salutavanorispettosamente come sempre e, andati innanzi una cinquantina di passi,si voltavano indietro e stavano ad osservare attentamente il giovanegentiluomo dallo sguardo ora così grave. Maurizio gli si avvicinòmaggiormente tenendosi solo a qualche metro affinché i bagaglidondolanti sul cavallo non disturbassero il padrone e rispose a qualche

sua domanda intorno alla via ed ai bagagli. Il servo era prudente eabbastanza istruito e sapeva come proporzionare il suo atteggiamento alrispetto dovuto al padrone ed ai parenti di lui. Era entrato a servizio diRodolfo dopo essere stato per otto anni a servizio di Cromwell. Amavadi preferenza parlare di Londra e delle sue esperienze di laggiù esceglieva con considerevole maestria gli argomenti adatti ad ognicircostanza. Ora si avventurò a parlare del Cardinale Wolseyfermandosi di tanto in tanto rispettosamente per riprendere fiato e per fare una domanda di cui egli sapeva la risposta molto meglio di

Cristoforo.- Ho saputo, Sir Cristoforo, che il Cardinale aveva una grande quantitàdi mobili di gran pregio a York House. Ne ho visto qualcuno nella casadi Sir Cromwell; Sua Eminenza glieli ha inviati, come ho sentito dire. Èvero? - Cristoforo rispose che non sapeva. - Bene, io credo che sia vero;c'era pure una sedia ornata di agate e di perle che, se non erro, aveva la

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medesima provenienza. Non avete mai visto Sua Eminenza, Sir Cristoforo?Questi rispose che l'aveva visto una volta in una viuzza di Westminster,ma a causa della folla troppo numerosa non aveva potuto avvicinarlo.

- Ah! Signore, allora non l'avete mai visto incedere col suo seguito. Ioricordo di averlo visto una volta andare ad Hampton Court precedutodai dignitari che portavano le mazze d'argento e da due sacerdoti concroci. Che cosa vorrebbero significare le mazze, Sir Cristoforo?Questi confessò di non sapere.- Ah, ecco - continuò Maurizio pensoso, come se avesse ricevuta unarisposta soddisfacente. - Sua Eminenza cavalcava una mula ricoperta divelluto rosso e con staffe argentate. E non mancava neppure la berrettarossa recata innanzi da un alto dignitario. A messa poi non era servito

da nessuno di grado inferiore al conte ed ho sentito che in certesolennità, al lavabo, viene servito da un duca. Ho udito Sir Rodolfo direche erano oltre centocinquanta i carri che accompagnarono SuaEminenza a Caword: questo avvenne dopo che egli cadde in disgraziadel Re; e c'era chi lo riteneva povero.Cristoforo chiese che cosa ci fosse nei carri.- Solo la sua roba - rispose Maurizio rispettosamente. Il servo sembrava

 provare un malinconico piacere nel raccontare di nuovo queste glorie,ma era molto discreto circa le vedute politiche del Cardinale Wolsey,

quantunque Cristoforo si adoperasse in tutti i modi per farlo parlare, enon lodava né biasimava il decaduto prelato. Era tuttavia menoriserbato nel parlare del Card. Campeggi, il quale, essendo italiano, eraun bersaglio meno pericoloso.- Temo, Sir Cristoforo, che non fosse un uomo dabbene. Si dicevanocose molto ridicole e strane di lui quando era qui. Ma sapeva cavalcare,come mi disse un servo di Sir Cromwell, quasi abilmente quanto SuaEminenza l'Arcivescovo di Canterbury. Voi sapete che questi sa tenerea freno e montare cavalli che nessuno dei suoi servi riesce a domare.

 Non mi piace pensare che uno straniero sia inviato a trattare i nostriaffari, tanto meno poi uno straniero di quel genere. Continuò a parlare alungo del Cardinale Campeggi, del suo abito di seta rossa conornamenti di trina, della sua cotta, dei servi e dei suoi modi di fare cosidiversi da quelli inglesi; ma la conversazione incominciò a diventare un

 po' noiosa per Cristoforo. Attraversato Ditchling, Maurizio, dopo aver 

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indicato attraverso la campagna una località nei pressi di Falton Hoveled aver parlato dello spettro di una vacca con due teste, una nera ed una

 bianca, apparso là, rallentò, lasciando che Cristoforo procedesse dasolo.

Ora stavano salendo un tratto di terreno collinoso. Il villaggio diDitchling sorgeva a destra su di una collina più alta di tutte quellecircostanti e da quel punto la campagna digradava lentamente, parallelaalla strada, giù fino a Lewes. Le prime ombre della sera comparivanoad oriente e si stendevano in lunghe strisce bluastre sul verde dellezolle erbose. Cristoforo si domandò quando avrebbe rivisto quelversante dell'altura; il suo viaggio era come una specie di addiocontinuato e tutto ciò su cui egli posava lo sguardo gli sembrava piùcaro che non per l'addietro; ma si rianimava al pensiero di quel mondo

 più vasto, così fertile di rivelazioni e cosi incantevole nel suo mistero,che stava per schiuderglisi dinanzi. Si compiaceva nel dipingersi allamente questa ultima cavalcata come un viaggio su di una strada, bellasi, ma polverosa, conducente verso porte splendide oltre le quali sistendevano vasti territori disseminati di palazzi abitati da creaturemeravigliose.

 Non poté scorgere Lewes finché non vi fu vicino. Il paese si presentòimprovvisamente con i tetti ammassati tra i quali si ergevano unadozzina di campanili, il castello normanno poggiante su due terrapieni,

il luccichio argenteo del fiume Ouse che scorreva lento sotto i ponti, eal di là di tutte le case, il massiccio del convento.Dinanzi a questo s'ergeva la chiesa con un'alta torre nel centro, e dietroun gruppo di tetti tutti bianchi con nello sfondo i fertili prati. Maurizioraggiunse Cristoforo mentre questi fermava il suo cavallo.- Guardate, Sir Cristoforo - e questi si volse a guardare il patibolo adestra della strada poco lungi da loro, dal quale pendevano due corpistraziati.La faccia di Maurizio aveva un aspetto di soddisfazione giudiziale.

- Li stiamo togliendo di mezzo - e poiché in quel mentre una figuraorribile, tutta stracci e piaghe, con gli occhi rossi senza espressione e la

 bocca senza denti si era alzata brontolando supplichevolmente dalfossato fiancheggiante la strada, il servo accennò con le labbra strette egli occhi gravi al luogo delle esecuzioni. Cristoforo frugò nella borsa daviaggio, gettò al suolo qualche moneta e riprese la marcia verso il

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 paese. Il cuore gli batteva rapido allorché, oltrepassata la portaoccidentale, raggiunse la via principale, e prese a martellarefuriosamente quando le grandi campane della chiesa del conventoincominciarono a spandere per l'aria i sonori rintocchi; infatti era quasi

il tempo del vespro. Istintivamente scosse le redini per stimolare la bestia che procedeva lentamente, cercando di evitare le immondizie ed isassi sparsi che giacevano ovunque, poiché il melodico scampaniosembrava incitarlo e dargli il benvenuto. Maurizio gli stava a fianco efaceva osservazioni su questo e su quello: ora sul campanile di S. Anna,lontano a destra, poco lungi dal Ponte di S. Pancrazio, ora su un'insegna

 penzolante della porta di un albergo colla faccia della Regina Caterinaraschiata via, ma ancora chiaramente visibile sotto quella di AnnaBolena. Cristoforo però conosceva tutte queste cose meglio del servo e

 prestava poca attenzione; inoltre era troppo commosso ed agitato.Finalmente dopo aver superato via Antiochia, viale Puddingbag edattraversato il letto asciutto del Winterbourne si trovarono dinanzi al

 portone d'ingresso del convento. Le campane, dopo un rintocco finale,avevano cessato di suonare. Maurizio smontò da cavallo e tirò la catenache pendeva dalla più piccola delle due porte. Si sentì un rumor di passied un volto si affacciò alla grata. Il servo disse qualche parola; il voltoscomparve ed una chiave girò nella toppa ed un battente della portariservata ai veicoli si apri. Cristoforo spronò la bestia col calcagno ed

avanzò sul selciato e sempre stando a cavallo si fermò col voltosorridente e cosparso di un leggero rossore a guardare il vecchioconfratello laico che a sua volta lo guardava con occhi scintillanti,come per dirgli che era atteso.Cristoforo smontò subito da cavallo; ordinò al servo di condurre le due

 bestie nella scuderia e si diresse attraverso l'ampio cortile verso lachiesa che si alzava una quindicina di metri sul suo capo, nella frescaaria della sera. Aveva la facciata ricoperta di marmo tutt'intorno alledue porte e coronata da una torre e dall'alto campanile. A destra si

allungava il muro dei locali destinati alle varie necessità dellacomunità, con la cucina sporgente all'altra estremità e sopra ilrefettorio. La chiesa era pervasa di una luce dorata quando vi entrò; piùoscura nelle cappelle laterali, sparsa qua e là di luci che ardevanodinanzi alle immagini, destava l'impressione di una grande altezza,essendo molto stretta e lunga. L'aria era ripiena di melodie sonore e

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robuste che echeggiavano sotto le volte dai lati dell'altare maggiore, siripercuotevano nei transetti e si smorzavano nelle cappelle. Infatti imonaci erano intenti all'Opus  Dei ed i salmi ondeggiavano da una parteall'altra come se la navata fosse veramente una grande nave che si

facesse laboriosamente strada verso il Regno dei Cieli.C'era qualche sedia in un canto e Cristoforo si diresse verso una diqueste segnandosi prima coll'acqua benedetta presso la porta edinchinandosi nell'entrare. Poi strinse il mento fra le mani e restò adosservare intensamente. Era difficile individuare chiaramente i

 particolari all'estremità opposta perché la chiesa era debolmenteilluminata e non c'erano finestre ad occidente; inoltre lo abbagliavaancora il biancore delle strade polverose, ma a poco a poco, incominciòa vedere più chiaramente. Molto in alto sul suo capo correvano le linee

della navata centrale, poggiante su rotondi archi normanni, interrottidall'architrave a sostegno dell'imponente crocifisso, con le figure dellaVergine e di S. Giovanni ai lati. Più oltre, ma sempre dinanzi all'altare,si alzava fino a trenta metri la volta. A sinistra ed a destra si aprivano itransetti e dal luogo dove era inginocchiato si poteva distinguere l'altaredi S. Martino con la relativa abside. L'effigie di S. Pancrazio era affissaad un pilastro e la luce della lampada ne lambiva il piede. Ma gli occhidi Cristoforo tornarono subito nel centro, al di là della grata, dove duefile nere da entrambi i lati, dinanzi agli stalli, indicavano la presenza

dei monaci e dove egli pure si sarebbe presto seduto. A brevi intervallil'una dall'altra, presso i leggii, stavano delle candele accese cherischiaravano le facce chine sulle ampie pagine. Oltre gli stalli si ergeval'altare sormontato da due fiamme immobili, mentre lo sfondo eracostituito da un gran quadro drappeggiato. Una mezza dozzina di

 persone erano sparse qua e là per la navata e Cristoforo notò in un banco la presenza di un vecchio dai capelli bianchi spioventi sullespalle, il quale cominciava ad appisolarsi mentre le soffici e coloritenote della melodia ne cullavano dolcemente i pensieri.

Quella stessa sera Cristoforo ebbe una lunga conversazione colforestieraio, P. Antonio, che gli fece festose accoglienze e gli spiegò ciòche doveva fare fino all'indomani, allorché sarebbe stato presentato alPriore.

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IIIL'ESECUZIONE DI UN MANDATO

Alcuni giorni dopo la partenza di Cristoforo per Lewes anche Rodolfo

lasciò Overfield per ritornare a Londra. Era sempre un impaziente incasa e d'ordinario ci stava molto a malincuore, mostrandosi intrattabile,silenzioso e rifuggendo da simpatie con gli altri. La vita di campagnanella sua semplicità gli sembrava troppo insulsa. Egli non la trovava né

 piacevole né dinamica: il vedere tutti i giorni le stesse facce, l'ascoltaresempre i medesimi discorsi cosi disgustosi riguardanti la vita dicampagna, era un peso enorme che considerava come il prezzo chedoveva pagare per le visite di prammatica ai suoi genitori. Non chedisprezzasse l'amore che il padre gli portava, ma ne era nondimeno

annoiato; l'unico suo sollievo era l'atmosfera di silenzioso cinismo chesembrava circondare sua madre. Gli pareva di comprendere quellacreatura e si compiaceva talvolta di osservarla, per notare come sicomportasse in qualsiasi piccola crisi domestica od incidente che latoccasse da vicino, per notare il leggero movimento delle sue labbra edelle sue palpebre che gentilmente si abbassavano e si rialzavano condei movimenti rivelanti estrema noia.Ma anche questo non era un compenso sufficiente alla insignificantevita di Overfield, ed era con profondo sollievo che montava finalmente

nella sua carrozza verso la fine di luglio, diretto alla volta di Londra.Egli aveva in realtà motivo di andare, poiché un corriere era venuto daLondra con dei documenti per lui da parte di Sir Tommaso Cromwell.

 Non era pertanto difficile per Rodolfo assumere una faccia seria edannunciare che era richiamato per affari; in ciò vi era pure sufficienteverità, poiché uno dei memoriali si riferiva al caso di Elisabetta Barton,la Holy Maid del Kent e ne annunciava l'arresto. Cromwell però non lorichiamava esplicitamente, ma accennava al fatto dell'arresto della HolyMaid e gli domandava se ne aveva sentito parlare molto in provincia e

qual'era l'opinione che se ne aveva in quel distretto. Il viaggio di ritornoa Londra gli parve molto breve; faceva scorrere lentamente il fascio didocumenti su cui doveva riferire, annotandoli ordinatamente qua e là egettando di tanto in tanto fuori della finestra uno sguardo assente. C'erauna dozzina di casi in cui egli era personalmente interessato e che glierano pervenuti durante la sua permanenza ad Overfield; in uno si

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diceva che il prete di High Hatch aveva preso moglie e Cromwelldesiderava informazioni al riguardo. Rodolfo si era recato là una voltaed aveva fatto qualche chiacchiera dinanzi all'abitazione del prete.Poche miglia a nord di Cuckfield un oste aveva parlato contro il

divorzio e contro la consorte del Re. Era stata venduta a Cheapside unacasa che Rodolfo aveva l'ordine di tener d'occhio come sospetta e gli sichiedeva ciò che egli ne pensasse. Altri casi di questo genereoccuparono tutto il tempo del viaggio, finché verso le quattro

 pomeridiane la carrozza giunse al traghetto dei cavalli, al Lambeth;egli, prima di uscire dalla carrozza, rimise i documenti nella borsa.Appena giunto alla sua casetta di Westminster; lasciò agli altri servil'incarico di portare su i bagagli ed uscì subito con Maurizionoleggiando una carrozza per via della Cancelleria. Durante il percorso

si trovò a ripensare per l'ennesima volta alla storia dell'uomo verso cuiera diretto. Sir Tommaso Cromwell stava innalzandosi rapidamentedopo una vita avventurosa ed oscura trascorsa all'estero. Egli era

 passato direttamente dal servizio del Cardinale a quello del Re, tre anniinnanzi, ed era stato successivamente fatto cavaliere, nominatoconsigliere segreto, e Ministro del Tesoro; contemporaneamente eraintensamente occupato nella attività spionistica. Con questo mezzo erain grado di scoprire i sintomi di malumore in tutte le parti della

 Nazione, rendendosi inestimabilmente prezioso al Re, il quale, come

tutti i Tudor, padrone di sé di fronte ad un pericolo palese, si lasciavamiserevolmente atterrire da progetti segreti.Di un tale individuo Rodolfo era l'agente fidato. Ci poteva essere unlimite alle possibilità del suo avvenire? Rodolfo trovò una carrozza

 presso l'entrata, ed avendo chiesto apprese che il signore stava per uscire; ma mentre si tratteneva ancora sull'ingresso, Cromwell discesecon passo rude le scale stringendo alcune carte fra le mani. Aveva sullespalle il lungo mantello senza maniche che si trascinava leggermentesui gradini, e sul capo il cappello di feltro piumato su cui splendeva una

gemma gialla. La sua faccia larga ed impassibile, completamente rasacome quella di un prete, ad un tratto si accese quando vide Rodolfo.- Venite con me a cena - gli disse, - e i due voltando uscirono di casa edentrarono nella carrozza. Maurizio porse attraverso il finestrino la borsaal suo padrone e stette col capo scoperto ad osservare la carrozzamettersi in moto sulla strada costruita da poco. Sarebbe stata per Sir 

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Giacomo Torridon una grande sorpresa vedere l'attitudine di suo figlioverso Cromwell. Si mostrava rispettoso, desideroso di piacerglievitando ogni benché minimo rimprovero, comportandosi quasiservilmente, poiché in quella tremenda personalità aveva rinvenuto il

suo eroe. Trasse quindi fuori i documenti, li agitò con vivacità edincominciò a dare spiegazioni, annotando e cancellando secondo il bisogno. Cromwell stava appoggiato in un angolo ed ascoltava, dicendodi quando in quando una parola di commento, oppure annotando sulretro di una lettera ed osservando Rodolfo. con uno sguardo obliquo ecompiacente, poiché gli piaceva vedere i suoi dipendenti vigili edoccupati.- Va molto bene, Sir Torridon - disse poi. - Mettete da parte ogni cosa.Rodolfo obbedì e si appoggiò egli pure comodamente nell'angolo,

rimanendo in silenzio e girato un po' su un fianco pronto per il prossimo argomento. Ma per il momento Cromwell non parlò più diaffari, pronunciando soltanto brevi frasi intorno a questioni del giorno eraccontando al suo amico le ultime notizie.- Fritz è stato arso - disse. - Forse lo sapevate già. Secondo quanto miha riferito Monsignor Vescovo, fu ostinato fino alla fine. Lanciavainsolenze contro S. Crisostomo e S. Agostino. I buontemponi hannoavuto buon gioco con lui. C'era uno il quale diceva che siccome Fritznon ammetteva l'esistenza del purgatorio, era stato mandato là da

Mons. Vescovo per farne la prova. V'erano altri che commentando la punizione di Fritz sul rogo dicevano: - Fritz frigge - ma un talecommento non era opportuno. Quei burloni esagerarono. Con lui ancheHervet andò a Smithfield e di là all'inferno. Rodolfo sorrise e domandòcome avevano ricevuto la notizia della condanna.- Oh, molto bene. Un prete ordinò al popolo di non pregare per Fritz

 più che per un cane, ma Fritz gli sorrise ed implorò dal Signore lagrazia di perdonargli quelle scortesi parole.Stava per dirgli qualche cos'altro circa i discorsi fatti a Corte quando la

carrozza si fermò in via Throgmorton, presso i monaci agostiniani, difronte alla casa che Cromwell si era fatta costruire recentemente.- Mia moglie ed i bambini sono ad Hackney - disse uscendo dallacarrozza. - Faremo cena da soli.La spaziosa casa, che non era se non il rifacimento di una più antica,era riccamente provvista di oggetti di origine italiana e dotata a

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settentrione di un ampio giardino su cui si aprivano le finestre dellasala. La cena fu servita quasi subito - un paio di beccacce ed un'insalata- e i due si sedettero, mentre due servi vestiti di abiti blu dai riflessiargentei attendevano al servizio. Cromwell non parlò più di affari fino a

che non fu portata in tavola la bottiglia di vino ed i servi se ne furonoandati. Poi ricominciò.- Che cosa c'è di nuovo nei paesi di provincia? Che cosa si dice?Prese una pesca dalla fruttiera scolpita posta nel centro della tavola e

 parve assorto nella contemplazione di essa. Rodolfo aveva dapprima provato qualche scrupolo a riferire conversazioni private, ma Cromwellglieli aveva tolti da lungo tempo, innanzi tutto colla forza della sua

 personalità, e poi coll'inculcargli che i doveri verso lo Stato avevano la prevalenza sui doveri verso gli amici. Dal momento poi che solo i

discorsi colpevoli di tradimento venivano puniti, era più sempliceriferire genericamente tutti i discorsi che avevano qualche lato sospettoe che lui stesso giudicava meritevoli di ulteriori investigazioni. AncheRodolfo era ormai completamente rassicurato che non sarebbe statafatta ingiuria alle proprie relazioni di amicizia, dal momento cheCromwell non aveva mai fatto uso diretto e pubblico di nessuna dellesue informazioni. Inoltre gli aveva fatto notare che siccome il lavorodoveva essere fatto, era meglio, per la causa della giustizia e dellamisericordia, che venisse eseguito da persone coscienti anziché

spregiudicate. Rodolfo gli parlava ora molto liberamente delleconversazioni tenute nella casa paterna, sapendo che Cromwell nondesiderava se non un'idea generica di quali fossero i sentimenti della

 popolazione circa le questioni in esame.- Hanno grande fede nella Holy Maid di Kent; mio cognato Nicola è alcorrente della sua profezia sulla morte di Sua Maestà. Sono i devoti checredono in lei; gli empi la stimano una pazza, una astuta ingannatrice.- Filii huius saeculi prudentiores sunt , - citò Cromwell con gravità. - Aquanto pare vostro cognato è un figlio della luce.

- Sì, lo è.- Mi pareva che non potesse essere diversamente. E cos'altro aveteudito?- Si ricordano molto di Lady Caterina. Un giorno ho udito dei boscaioli

 parlarne.- E che cosa si dice delle Case Religiose?

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Rodolfo rimase un po' esitante.- Mio fratello Cristoforo si è appena recato a Lewes, così ne ho sentito

 parlare piuttosto favorevolmente, ma ciò non mi ha impedito diascoltare molte critiche ostili. Un giorno un prete secolare s'intrattenne

a parlarne male col nostro cappellano che invece le difendetenacemente.- Chi era costui? - chiese Cromwell collo stesso sguardo penetrante edobliquo.- Un uomo di nessuna importanza; il rettore di Great Keynes.- La Holy Maid è nei pasticci - continuò l'altro dopo un minuto disilenzio. - È nelle mani di Mons. Vescovo di Canterbury e possiamolasciarcela. Credo che sarà impiccata.Rodolfo attese. Sapeva non essere cosa buona fare troppe domande,

- Ciò che ella ha detto sulla morte del Re e sulla pestilenza è sufficiente per gettarla in prigione - continuò Cromwell. - Ed anche Bocking edHadleigh saranno presto nelle mani di Mons. Vescovo. Essi non sannoancora il pericolo in cui si trovano.Continuarono a parlare dei frati e della loro posizione di sfavore neiconfronti del Re dopo gli sfortunati avvenimenti della primaverascorsa, quando Padre Leto aveva predicato a Greenwich dinanzi adEnrico sull'argomento della vigna di Nabot e della fine dell'oppressoreAcab. C'era stata una scena drammatica, disse Cromwell, quando la

domenica seguente un canonico di Hereford, il Dott. Curwin aveva predicato contro Leto dallo stesso pulpito e era stato ripreso aspramenteda un altro confratello, Padre Elstow, il quale aveva continuato adeclamare fino a che il Re stesso, furente, era intervenuto dal seggioreale e gli aveva intimato il silenzio.- I due sono spacciati - disse Cromwell, - ma la cosa non finirà lì. Cisaranno ulteriori noie e disturbi per i loro confratelli. Non ho mai vistoil Re così adirato. Credo che ciò sia dovuto, almeno parzialmente, alfatto che Lady Caterina voleva loro molto bene. Ella si recava sempre

in chiesa per l'ufficio notturno quando la Corte si trovava a Greenwich,e Fratel Forrest, come sapete, era il suo confessore. C'è qualcuno chefrigge.Rodolfo ascoltava con grande attenzione. Cromwell non si aprivatroppo sul soggetto delle Case Religiose, ma Rodolfo aveva dedotto dasimili accenni che qualche cosa si stava preparando. Finita la cena e

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mentre i servi sparecchiavano la tavola, Cromwell si recò alla finestra, presso i vetri risplendenti del suo stemma, costituito da un abito bluricamato di volatili di Cornovaglia con una rosa in mezzo a tre leoniritti sulle gambe posteriori - e rimase là, immobile e formidabile, col

capo rasato e le grosse mandibole a guardar nel giardino. Quando iservi se ne furono andati si voltò verso Rodolfo. - Ho qualche cosa dafarvi fare; una cosa ben più importante di tutte quelle altre faccende;uno zotico non potrebbe farla. Sedete.Si portò presso il focolare mentre Rodolfo si sedeva e prese una sediadalla tavola, sollevandone il cuscino lavorato e aggiustandolocomodamente dietro le spalle.- Si tratta di questo - disse ad un tratto. - Voi sapete che Sir More haavuto dei grattacapi riguardo al flacone dorato che, secondo Powell,

aveva accettato lasciandosi corrompere, ed ai guanti contenentiquaranta sterline. Orbene egli confutò quelle accuse ed io ne sonocontento, ne sono contento - ripeté guardando il suo anello e girandoloin modo da farvi riflettere la luce. Ma ora c'è un'altra questione: hosaputo che egli è stato in relazione colla Holy Maid ed ha ascoltato lesue insulsaggini e che anche Mons. Vescovo di Rochester ha qualche

 parte nella faccenda. Ma non sono sicuro. - S'arrestò, alzò per unmomento lo sguardo verso Rodolfo e lo riabbassò. - Non sono sicuro -ripeté. - E vorrei esserlo. Credo che voi possiate aiutarmi. - Rodolfo

attese pazientemente, mentre il cuore incominciava a battere piùrapidamente. La cosa era assai importante. - Voglio che vi rechiate dalui e lo induciate a parlare. Ma non vedo ancora come si possa eseguireL'impresa.- Egli sa che sono al vostro servizio - suggerì Rodolfo.- Sì, sì - disse Cromwell con un po' d'impazienza - lo sa certamente.

 Non è uno stupido, e non si lascerà indurre a parlare. Questo è quelloche ho pensato, e cioè che voi vi presentiate a lui da parte mia e fingiatedi essere della sua opinione in queste faccende. Ma vi crederà? -

terminò malinconicamente, guardando con curiosità il suointerlocutore. Ci fu un minuto di silenzio mentre Cromwelltamburellava leggermente la tavola con le dita. Di li a poco Rodolforiprese.- Ecco, io potrei parlargli di mio fratello Cristoforo, il quale, come vidissi, è andato a Lewes dietro consiglio della Holy Maid e quindi

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ascoltare cosa ne dice Sir More.Cromwell lo guardava ancora.- Sì - disse - ciò mi sembra ragionevole. Lascio pertanto il pensiero avoi.

Parlarono ancora qualche minuto di Sir Tommaso More e Cromwellraccontò della vita tranquilla che conduceva l'ex-Cancelliere dal giornoin cui aveva rinunciato alla sua carica; della sua abitazione a Chelsea edi cose del genere, della risoluzione che sembrava aver preso di nonimmischiarsi più oltre nella cosa pubblica.- Si sente rumor di tuono nell'aria - disse. - E Sir More non è un profetaqualunque nel pronosticare come si metterà il tempo. Non ha visto di

 buon occhio l'affare di Lady Caterina e non è in buone relazioni con laRegina Anna. Credo che agisca con prudenza stando zitto.

Rodolfo sapeva molto bene che questo tollerante modo di parlare nonrappresentava la vera attitudine di Cromwell verso l'uomo di cuidiscorrevano, ma annuì a quanto gli venne detto ed aggiunse una parolao due intorno alla scienza di Sir Tommaso More ed al modo piacevolecon cui egli stesso era stato ricevuto precedentemente, allorché gliaveva fatto visita.- Mi citava Orazio con tutta naturalezza - riprese Cromwell non senzauna punta di acrimonia - l'ultima volta che fui da lui. Non saprei direche cosa preferisco, se questo o le sue preghiere.

Di nuovo Rodolfo scoprì nelle parole udite una tal quale animosità.Cromwell aveva dovuto ingoiare parecchi bocconi amari per lamancanza di educazione classica.- Ma è buona cosa amare i classici ed essere devoti - continuò di lì a

 poco con aria sentenziosa; - simili qualità sono un sollievo quando si ètormentati da preoccupazioni. L'ho sperimentato io stesso.Alzò lo sguardo e lo riabbassò subito.- Un giorno mi si trovò a recitare il mattutino dell'ufficio alla Vergine -ripigliò - precisamente allorché il Cardinale era in cattive acque. Mi

ricordo che ero molto devoto quella mattina. - Continuò a parlare diWolsey e delle sue relazioni con lui, Rodolfo osservava quella maschiafaccia rasa diventar pensosa e quasi sentimentale.- Se fosse solo stato un po' più saggio - soggiunse. - Io ho avutooccasione di osservare più e più volte la follia di uomini saggi. C'èsempre della creta mescolata all'oro. Credo che nulla possa purificarlo

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all'infuori del fuoco di cui Fritz negava l'esistenza. - Scosse il capo insegno di solenne disapprovazione. Rodolfo non sapeva se ridere oppuremantenersi serio. Poi ci fu un lungo silenzio e Cromwell tornò a toccareil suo anello munito di sigillo, togliendolo dal pollice e facendolo

rotolare sulla liscia tavola di quercia, ed infine si alzò con aria piùrisoluta.- Bene - disse - ho mille faccende per le mani ed inoltre sarà qui prestomio figlio Gregorio. Cercherete di sbrigare questa questione.Ricordatevi che desidero sapere ciò che Sir More pensa della Maid,

 perché - perché anch'io sappia cosa pensarne.Rodolfo comprese abbastanza chiaramente, mentre camminava versocasa nella luce diffusa della sera, quello che il suo padrone desiderava.Si trattava nientemeno che di venire in possesso di qualche appiglio

contro l'ex-Cancelliere, sebbene Cromwell si fosse con grande curaastenuto dal dirlo. Rodolfo riconobbe la ingegnosa astuzia e si accorseche quantunque le istruzioni fossero semplici e facili a capirsi, non erastata pronunciata parola alcuna che potesse in qualche modo venireusata contro Cromwell. Se c'era uno in Inghilterra, a quel tempo, chesapesse servirsi con rara maestria della parola era proprio il suosuperiore; era appunto per mezzo di quest'arma che egli era riuscito a

 prevalere sul Re e lo teneva tuttora a freno; era quest'arma, che, usataavventatamente dai suoi nemici, egli ritorceva continuamente contro di

essi. Alla sua scuola Rodolfo aveva incominciato ad impratichirsi nellamedesima arte. Tra gli altri motivi della sua ammirazione per Cromwell, v'era pure la straordinaria capacità di quest'ultimo neldisbrigo degli affari. Non c'era quasi questione di qualche importanzain cui egli non avesse lo zampino, e la maggior parte di tali faccendeegli le aveva sulla punta delle dita, non solo nelle linee generali ma nei

 più minuti particolari. Rodolfo si era meravigliato più d'una volta per leminuzie che aveva viste annotate sul rovescio di vecchie lettere chegiacevano sul tavolo del suo superiore.

Questioni di Chiesa e di Stato, inestricabilmente confuse per altri occhi,erano semplici per quest'uomo; egli comprendeva d'intuito dove stavala chiave di ogni situazione, e le trattava una dopo l'altra brevemente edefficacemente. Ciò nonostante nessuno aveva un'apparenza di maggior agio; egli era in grado di discutere innocuamente per un'ora e tuttavia altermine aver detto tutto ciò che aveva in animo di dire e, d'ordinario,

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aver appreso dal suo interlocutore, chiunque egli fosse, tutto ciò chedesiderava sapere. Rodolfo lo aveva osservato molte volte intento a ciò:aveva visto delicati argomenti liquidati con una frase sagace e nonsospetta e s'era meravigliato per la capacità di quell'uomo di

dissimulare le proprie mire. E adesso Sir More era minacciato. Rodolfosapeva bene che vi erano molte più cose celate dietro le scene di quelloche egli potesse comprendere o anche solo percepire ed ammetteva chela posizione tenuta da Sir Tommaso era più significativa che nonsembrasse, e che se ne sarebbero potuti presto vedere gli sviluppi. Per quanto riguardava se stesso egli non indietreggiava di fronte al suocompito. Comprendeva che questo era il metodo da usarsi nell’arte delgoverno e che lo stesso More sarebbe stato il primo a riconoscere che intempo di guerra erano permesse molte cose ingiuriose in tempo di pace

e che gli attuali erano tempi di guerra.Recarsi a casa di un amico; mangiare il suo pane, parlare familiarmentecon lui e nel medesimo tempo stare in guardia per scoprire il puntodebole attraverso il quale ferirlo, sembrava a Rodolfo, educato e

 perfezionato alla scuola di Cromwell, una condotta perfettamentelegittima ed egli camminava verso casa soddisfatto per la nuovadimostrazione di confidenza ed ansioso di disimpegnare bene questamissione. La casa occupata da Rodolfo in Westminster era situata inuna via ad ovest dell'Abbazia ed era un po' rientrante dalle case vicine,

tutte allineate a lato della via. Era una casa piccola, di sole due camerenel senso della lunghezza ed una in quello della larghezza ed alta tre

 piani; ma era stata bene arredata, soprattutto con oggetti portati dallavilla di Overfield, di cui Rodolfo si era innamorato e che suo padre nongli aveva negato. Egli abitava quasi esclusivamente al primo piano; lastanza da letto ed il salotto erano separati da un pianerottolo posto allasommità della scala che conduceva al piano superiore, occupato daMaurizio e da altri due servi. Il pian terreno era da Rodolfo usato

 principalmente per disbrigo di affari e per interviste, le quali erano

abbastanza frequenti per un individuo implicato in così svariatefaccende. Cromwell si era accorto che il suo agente poteva, senza ilminimo inconveniente, parlare poco ed apprendere molto, e le prime

 battute di tanti piccoli drammi finiti in tragedia erano staterappresentate nelle due stanze austeramente arredate del pian terreno.Una buona parte della questione forense riguardante l'annullamento del

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matrimonio del Re colla Regina Caterina era stata trattata là. Nelmedesimo luogo un celebre canonista di una università straniera aveva,in un inglese scorretto misto a latino, spiegato le sue vedute a dueuomini dal volto astuto mentre Rodolfo seguiva il caso per conto del

suo superiore. Cromwell stesso aveva trovata la casetta moltosconveniente per incontrarsi con persone che non voleva intimorireeccessivamente; in tali casi, Rodolfo e Maurizio stavano con leorecchie tese ed in aspettativa dall'altra parte della scala, con la portaaperta, prestando maggiore attenzione quando le voci si alzavano oc'erano altri indizi di una disputa. Le stanze del piano superiore eranoarredate con considerevole riguardo. I pavimenti di ambedue i pianierano ricoperti di tappeti, poiché così non c'era il disturbo di dovererinnovare frequentemente le stuoie. Il salotto era rivestito di pannelli

fino ad un'altezza di circa due metri dal pavimento; il rimanente della parete era ricoperto con magnifica tappezzeria che Rodolfo aveva portato da Overfield. Nel centro vi era un largo tavolo, lungo un fiancodel quale era disposta una serie di tiretti con maniglie di ottone; nelmezzo del tavolo era incavato un profondo pozzetto chiuso da uncoperchietto che giaceva allo stesso livello del resto della tavola.Sparse qua e là vi erano una mezza dozzina di sedie, due o tre mobili,una cassapanca presso il focolare ed una fila di scaffali pieni di libridirimpetto alle finestre; sopra la cappa del camino, contro la

tappezzeria della parete stava appeso il quadro di Cromwell dipinto daHolbein e rigettato da lui stesso prima di finirlo.Rodolfo l'aveva chiesto all'artista in procinto di distruggerlo.Rappresentava il busto di Cromwell nella posizione di seduto e trequarti del viso, mostrandone i capelli corti, la faccia maschia ed astutacol doppio mento e, sotto, l'abito impellicciato. Maurizio che si teneva

 pronto per servire il padrone, aprì la porta.- Sono giunte alcune lettere, Sir Rodolfo; e le ho deposte sul vostrotavolo.

Rodolfo accennò col capo, si tolse il leggero mantello che lasciò alservo, senza parlare; depose la canna e salì al piano superiore. Lelettere erano in gran parte quelle che si aspettava e trattavano difaccende in cui era impegnato. C'era una supplica da parte di unsignorotto di provincia presso la foresta di Epping, i cui cani da cacciaavevano dato fastidio alle guardie forestali del Re, nella quale si

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chiedeva la sua intercessione presso Cromwell.C'era pure una supplica di un monaco che era stato espulso dalmonastero per ripetute insubordinazioni e che diceva di soffrire lafame. Rodolfo accostò la lettera alle narici e sentì che odorava

fortemente di bevande alcoliche e la posò sul tavolo sorridendo.Inoltre trovò una lettera piena di delucidazioni da parte di un maestro discuola incolpato di aver parlato contro il Sacramento dell'altare e cheinvocava i santi a testimoni che egli non era un seguace di Fritz in cosìdetestabile eresia. C'era poi una dignitosa protesta di un giudiceconciliatore nel Kent, che era stato rimproverato da Cromwell per mezzo di Rodolfo per aver assolto un mendicante testardo e chechiedeva di poter trattare in un prossimo futuro con una personaresponsabile; questa lettera Rodolfo la mise in disparte sorridendo e

 promettendo a se stesso di accondiscendere alla richiesta. Finalmenteuna offerta, scritta da mano istruita per conto di un individuo che nonera in grado di apporre la propria firma, ma che aveva posta in calceuna croce, di fare alcune importanti rivelazioni intorno ad una perfidacongiura dietro promessa di segreto e di un adeguato compenso. Unanno addietro una simile occupazione avrebbe procurato a Rodolfo unconsiderevole piacere e la sensazione della propria importanza; ma gliaffari s'erano andati accumulando su di lui in questi ultimi tempi, dalgiorno in cui Cromwell si era accorto della sua competenza in materia.

Cosicché non provava più alcuna sensazione particolare di gioia nelriassumere in breve sul rovescio d'una lettera il sunto del contenuto, nelrespingerne un'altra, nel dare una cauta risposta ad una terza efinalmente aprire il pozzetto della sua tavola e lasciarvi cadere il fasciodi carte.Dopo questa breve rassegna, si girò sulla sedia, spense con attenzioneuna delle candele e si mise a pensare a Sir Tommaso More.

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IVSIR MORE

Soltanto un mese dopo Rodolfo ebbe l'occasione di andare a trovare Sir 

Tommaso More. Cromwell gli aveva fatto capire che non c'era motivodi fretta; il suo tempo era discretamente occupato ed egli credeva benedi non fare mostra di eccessiva premura. Rodolfo scrisse a Sir Tommaso spiegandogli che desiderava parlargli in merito ad unaquestione riguardante il proprio fratello Cristoforo e ne ricevette unacortese risposta in cui lo invitava a pranzo il giovedì successivo.Che casa magnifica e piacevole! pensò Rodolfo, mentre il battelloraggiungeva il piede della scalinata che scendeva dal parco verso ilfiume. Era costruita in una bella posizione, con solide fondamenta, ed

era separata dal fiume da un muro nel quale si apriva una cancellata.C'era una piccola macchia di alberelli a ciascun lato; uno stormo dicolombi stava roteando intorno alla torretta campanaria che si elevavanel cielo chiaro e azzurro, e dalla quale giungevano i rintocchiannuncianti l'ora del pranzo. Presso la casa si scorgeva una figuradistesa al suolo, ed un cagnolino che sembrava lavorare alacremente atirare il capo fuori dalle mani che lo tenevano prigioniero e cheall'aprirsi del cancello cessò di annaspare ed emise un acuto grido. Lafigura si mosse e si alzò da terra rimanendo seduta; la piacevole faccia

 bruna era contratta dalle risa; pezzetti di erba pendevano dai lunghicapelli e Rodolfo, con suo stupore, la riconobbe subito per quelladell'ex Lord Cancelliere d'Inghilterra.- Vi domando scusa - disse More, alzandosi e scuotendosi; - stavodivagandomi... mi avete sorpreso in una strana posizione; non ècertamente dignitoso... - e si fermò, sorridendo e stendendo una manomentre allungava l'altra per acquietare l'insistente abbaiare. Rodolfo

 provò una sensazione mista di disprezzo e di simpatia mentre glistringeva la mano.

- Ho avuto l'onore di vedervi già una volta nel passato, Sir More.- Oh sì! - disse questi - e spero d'aver fatto più bella figura l'altra volta,ma Anubi è così ostinato. Me ne vergogno e vi prego di non parlar diquesto a Lady More. Essa sta mettendosi un cappello nuovo in vostroonore.- Sarò discreto - rispose Rodolfo sorridendo.

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Quando Sir Tommaso si fu scosso sufficientemente dal vestito l'erbache vi si era attaccata per evitare di essere scoperto, entrarono in casa, esi recarono direttamente nella sala, dove la tavola era apparecchiata etre o quattro ragazze stavano aspettando.

- Come vedo, vostra madre non è ancora qui - disse Sir Tommaso dopoche ebbe presentato Rodolfo alle figlie, a cui il giovane, secondo lenorme dell'etichetta, baciò rispettosamente la mano. - Voglio dirvi unacosa... sst! - e s'interruppe bruscamente mentre la porta della sala siapriva ed una dignitosa signora, col viso piuttosto assorto, entrava nellasala accompagnata dallo strascico della sottana di seta e col nuovocappellino bianco in capo. Un uomo sulla trentina la seguì nella sala,dirigendosi senz'altro verso il luogo dove stavano le ragazze con una

 premura che tradiva un acuto desiderio di evasione.

- Lady Alice - fece Sir Tommaso; - questo è Sir Rodolfo Torridon, dicui mi hai già sentito parlare. Sono stato abbastanza fortunato di

 potergli dare il benvenuto proprio poco fa, nel giardino.- Ti ho visto, Sir More - ribatté sua moglie con dignità, prendendo lamano di Rodolfo e parlando del tempo.- Allora lo confesso - riprese Sir Tommaso con un piacevole sorriso -ho dato il benvenuto a Sir Torridon colla parte posteriore del capo e conAnubi che mi mordeva le orecchie.Rodolfo si sentiva stranamente attratto verso un uomo così semplice da

sembrargli un ragazzetto, che giocherellava con cani, si distendevasupino al suolo ed era così divertentemente timoroso di sua moglie. Ilsuo disprezzo cominciava a dileguarsi mentre lo osservava e vedevaquegli occhi mobili ed intelligenti, quella bocca robusta e umoristica erammentava ancora una volta chi fosse e di quale reputazione godesse.Sir Tommaso recitò le preghiere con grande gravità e si segnòriverentemente, prima di sedersi. Ci fu prima una breve lettura dellaScrittura con relativo commento; poi mentre il pranzo si protraeva,Rodolfo incominciò a badare sempre meno alla sua ospite. Questa

appariva completamente assorta nei dettagli domestici della tavola enell'impartire severi ordini, con voce sommessa, ai servi che le stavanodietro, o nell'ascoltare o guardare verso l'altra estremità della tavola,dove stava seduto Sir Tommaso con in capo il cappello dalle tese floscee pendenti, in conversazione con le figlie. Sir Roper, entrato con LadyMore, era seduto di fronte a Rodolfo e sembrava quasi esclusivamente

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intento ad ascoltare un'altra ragazza di bell'aspetto, che suo padre gliaveva presentato col nome di Cecilia.- Niente affatto - gridò Sir Tommaso in risposta a qualcosa che Rodolfonon aveva afferrato - niente di tutto questo! Era Giunone che sbraitava.

Argo non voleva accondiscendere, poiché era occupato nel danzaredinanzi alle galline di Giava. Nel pensare al significato di quelle parole, Rodolfo perse una delle poche osservazioni che Lady More gli avesse fino allora rivolte... e laconversazione continuò animata all'altra estremità della tavola. Sir Tommaso stava parlando di barche.- Mi piacerebbe remare in una barca. I rematori non conoscono la lorofortuna; potrebbero condurre una vita così dolce e meditativa; ma nonlo fanno, ne sono ben certo, perché non ho mai udito gente

 bestemmiare più dei rematori. Quali possibilità non hanno mai! Se nonfossi tuo padre, tesoro, sarei barcaiolo. Si cognovisses et tu quae ad 

 pacem tibi! Sir Torridon, non vi piacerebbe fare il barcaiolo se nonfoste Sir Torridon?- Non la pensavo così questa mattina - rispose questi mentre venivo aChelsea. Era così faticoso remare contro corrente... .- È parte del lavoro quotidiano - ribatté More. - Quando ero Cancellierenon c'era nulla che mi piacesse più di un'afosa giornata estiva a Corte,

 poiché pensavo che mi attendeva un fresco giardino dove avrei potuto

 passeggiare. Finito il pranzo debbo farvi vedere la nuova villa, Sir Torridon.In quel punto Cecilia e Margherita si scambiarono fra loro attraverso latavola qualche parola su un argomento che Rodolfo non intese; vide

 però Margherita arrossire e stringere fortemente le labbra. Sir Tommasosi introdusse nella breccia aperta.- Unde leves animae tanto caluere furore? - esclamò e guardò in visoRodolfo per vedere se aveva compreso la citazione, mentre le duefanciulle abbassavano gli occhi vergognose.

- Pugnavere pares, succumbere pares - citò Rodolfo con un lampo diispirazione, ed osservando poi le due fanciulle. Gli occhi di Sir Tommaso si illuminarono di gioia. - Non sapevo che foste un tale

 portento, Sir Torridon. Sir Cromwell non avrebbe sicuramente potuto permettersi un simile lusso. - Ci fu silenzio quando fu pronunciato quelnome, e tutti i commensali guardarono Rodolfo.

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- È quello che lui stesso mi disse l'altro giorno - osservò questi,incoraggiato dal suo successo. - Mi disse che voi conoscevate troppo

 bene Orazio.- E che i miei costumi sono stati corrotti dai suoi versi - proseguì More;

- io so che egli pensa questo di me, ma ebbi l'onore di confutarlo giornifa nella faccenda del flacone e dei guanti. Questo potrebbe costituiremateria di una commedia di Marziale, Sir Torridon. Un corrotto uomodi Stato che si è ritirato a vivere dei suoi disonesti guadagni, confutaun'accusa di corruzione. Chiamiamolo Attico! Attice... Attice...Potremmo dire che egli si mise i guanti per non insudiciarsi le ditamentre beveva al flacone, o qualcosa del genere.Gli occhi di Sir Tommaso scintillavano di gioia. Citare i classici era per lui come bere vino, ma applicare convenientemente la citazione ad un

caso particolare era addirittura come ubriacarsi. Rodolfo ringraziò ilcielo per essere stato così fortunato, poiché non era un grande letterato,e credette di aver così guadagnata la confidenza del suo ospite. Il

 pranzo terminò allegramente e, alzatosi da tavola, Sir More preseRodolfo sotto braccio.- Dovete venire con me a vedere la nuova casa, ne siete degno, Sir Torridon. - E reggendogli il braccio affettuosamente andò a passeggiarecon lui fuori nel giardino, dietro la casa, discorrendo delle gioie dellavita campestre.

- Che cosa posso chiedere di più a Dio? Egli mi ha concesso delleinclinazioni ed i mezzi per soddisfarle, ed è tutto ciò che un uomo puòdesiderare. Ho delle visioni e sono in grado di tradurle in realtà. Sognouna colombaia con un tetto di tegole e la costruisco; immagino unagalleria, una cappella, od una biblioteca lontane dal frastuono ed eccoledinanzi a me. L'occhio non può dire alla mano: non ho bisogno di te.Vedere e sognare senza avere i mezzi per realizzare è sconfortante.Realizzare senza il concorso dell'immaginazione è sacrificare l'anima.È felice l'uomo che ha l'occhio e la mano, le inclinazioni ed i mezzi.

Era un piacevolissimo rifugio quello che Sir Tommaso More si era fattocostruire all'estremità del giardino, ove egli poteva ritirarsi nellasolitudine. C'era un salottino d'ingresso con una porta in un angolo cheimmetteva nella cappella ed una lunga e bassa galleria che partendo dilì correva verso l'estremità opposta, occupata, da una parte, da scaffalidi libri, mentre dall'altra era sgombra ed illuminata da ampie finestre

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che guardavano sul giardino. Gli assi levigati del pavimento non eranoricoperti di nulla e si notava su di essi un cammino segnato di impronteche andavano da un'estremità all'altra.- Io passeggio qui - disse More - ed i miei amici mi guardano da quegli

scaffali, pronti a conversare, mai ad interrompere. Vogliamo passeggiare qui dentro, Sir Torridon, mentre voi mi raccontate le vostrecose? - Rodolfo ebbe un senso di scrupolo di fronte alla confidenzaaccordatagli dal suo ospite, ma aveva imparato a reprimere ilsentimento e ad agire secondo piani deliberatamente stabiliti, cosicchémanifestò subito la propria ansietà intorno a Cristoforo ed il timore cheegli fosse stato ingannato dalla Holy Maid.- Sono molto contento, Sir More, che mio fratello si faccia monaco, seciò è bene, ma non potrei tollerare che egli lo divenga contro la volontà

di Dio. Come posso io sapere se le parole della Holy Maid sono da Dioo no?Sir Tommaso tacque un momento.- Voglio credere che egli avesse già prima un'intenzione di tal generealtrimenti non si sarebbe recato da lei. Voi stesso l'avete detto, infatti.Rodolfo annuì. - E da parecchi anni - proseguì l'altro. Rodolfo assentìdi nuovo. - E voglio supporre che le sue tendenze ed abitudini sianoquelle di un monaco. Gli piace pregare a lungo, è portato al silenzio, èdi temperamento calmo?

- Non è sempre calmo - rispose Rodolfo. - Talvolta è importuno.- Sì, sì; siamo tutti così. Io sono stato molto importuno con voi a tavolacercando di sorprendervi citandovi un epigramma di Marziale; ma nonvi offenderò più una seconda volta. Nonostante ciò il suo umore puòessere ordinariamente tranquillo. Bene, stando cosi le cose, non vedo

 perché voi dobbiate preoccuparvi della Holy Maid. Con tutta probabilità egli si sarebbe fatto monaco anche senza di lei. Essa lo hasolo confermato nella sua risoluzione.- Ma - riprese Rodolfo cercando di portare il discorso al punto di prima

- se io potessi pensare che essa è degna di fiducia, sarei più felice.- C'è sempre dubbio - disse More - in tali materie. Non per nulla ilnoviziato è così severo; è per porre subito il peggio dinanzi agli occhidel giovane. Io non credo che dobbiate turbarvi per vostro fratello.- E che cosa pensate voi della Holy Maid? - chiese Rodolfo puntandorisolutamente al nocciolo dell'inchiesta. Sir More s'arrestò, piegò un

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tantino il capo da un lato come un cane intelligente e guardò il suocompagno con occhi scintillanti.- È un argomento delicato - disse, e riprese a passeggiare.- Questo è ciò che mi rende perplesso - ribatté Rodolfo. - Non vorreste

manifestarmi la vostra opinione, Sir More? - Ci fu di nuovo silenzio,mentre raggiungevano il limite estremo della galleria e si voltavano dinuovo.- Se non mi aveste risposto con tanta vivacità ed audacia a pranzo, Sir Torridon, non avrei potuto fare a meno di ritenere come sospetta questavostra visita. Ma una testa così valente non può essere alleata di uncuore perverso, e vi dirò ciò che penso. - Rodolfo provò una sensazionedi trionfo, e nessuna di rimorso.- Ve lo dirò - continuò More - ma sono sicuro che manterrete il segreto.

Io credo che sia una buona donna, soggiogata dalle propriefantasticherie. - A Rodolfo vennero di nuovo meno le forze. Questarisposta non era affatto compromettente.- Non dico che sia una fattucchiera, come pensano taluni, ma,riferendomi a quello che abbiamo detto or ora, credo che abbia unocchio largo e luminoso senza una mano proporzionata. Essa ha moltevisioni ma pochi fatti. Quella storia dell'ostia che le fu portata da Calaisdagli angeli per me è una sciocchezza. Dio onnipotente non compie deimiracoli senza motivo e per questo non ne ha nessuno. Il SS.

Sacramento è lo stesso a Dover come a Calais.Ed una donna che può sognare quello, può sognare qualsiasi cosa,

 poiché son sicuro che essa non lo ha inventato. Perciò anche in altrecose può sognare ed è per questo che vi ripeto che è meglio che non

 pensiate a lei nei riguardi di vostro fratello. Essa non è né una profetessa né una pitonessa. - La risposta era quanto maiinsoddisfacente e Rodolfo cercò di rimediare.- E circa la morte del Re, Sir More? - Questi si arrestò di nuovo.- Sentite, Sir Torridon, credo che sia meglio lasciare da parte questo

argomento - disse un po' seccato. Rodolfo, accorgendosi della propriatemerità, ritirò il labbro inferiore mordendoselo fortemente.- Spero che vostro fratello sarà molto felice - prosegui l'altro dopo unmomento; - anzi, sono sicuro che lo sarà, se la chiamata viene da Dio,come propendo a credere. Anch'io, come sapete, sono stato per quattroanni in un chiostro e qualche volta mi pare che avrei dovuto rimanervi.

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È una vita beata. Io non invidio molta gente ma invidio costoro. Viverecolla ininterrotta compagnia di nostro Signore e dei santi, conoscere iSuoi segreti - secreta Domini - anche i segreti della Sua passione e leineffabili gioie che scaturiscono dal suo dolore, è una sorte fortunata,

Sir Torridon. Talvolta penso che come è per il corpo naturale di Cristo,sia pure per il suo corpo mistico: che ci siano delle membra, le Suemani, i Suoi piedi ed il Suo fianco, in cui siano inflitti i chiodi,quantunque non ci sia una parte sana in tutto il corpo, inglorius erit inter viros aspectus eius, nos putavimus eum quasi leprosum, ma chequelle parti del Suo corpo che soffrono di più siano pel fatto stesso piùonorate e più felicidelle altre. Chi se non i monaci, possono essere quelle felici membra?Parlava con molta solennità, con voce leggermente tremula ed i

 benevoli occhi rivolti in basso; Rodolfo lo osservava da un lato con unacerta meraviglia mista a pietà. L'aspetto di Sir More era così naturaleche Rodolfo credette di aver valutato troppo la propria temerità.Un'ombra si disegnò attraverso la porta che dava nel giardino quandoessi vi furono vicini ed una fanciulla apparve sulla soglia.- Come mai, Margherita? - le chiese suo padre ad alta voce. - Cosa c'èdi nuovo, mio tesoro?- È venuta Beatrice, papà - rispose la fanciulla. – Credevo chedesideraste esserne informato. - More allungò il braccio e lo distese

attorno alla vita della figliuola.- Venite, Sir Torridon, se non avete più altro da dire andiamo a vedereBeatrice. - C'era un gruppetto di persone sdraiate sull'erba del giardinosotto uno dei tigli, due o tre ragazze ed il Signor Roper, i quali tutti sialzarono in piedi quando sopraggiunsero i tre. More s'adagiò subitosull'erba incrociando gentilmente i piedi dinanzi a sé.- Guglielmo, va' a prendere una sedia per questo signore. Non siconviene ad un amico di Sir Cromwell star seduto sull'erba comefacciamo noi. - Rodolfo si gettò subito a sedere sul prato, pregando

insistentemente il Signor Roper di non muoversi.- Bene, bene - fece Sir Tommaso - lascia stare. Siediti anche tu,Guglielmo, et cubito remanete presso. Sir Torridon comprende, lo so,anche se l'emissario di Sir Cromwell non comprende. Intanto con lemie stupidaggini, come le chiama Lady More, non ho ancora detto una

 parola a Beatrice. Beatrice, questo è Sir Rodolfo Torridon, e questa, Sir 

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Torridon, è Beatrice. Il suo cognome è Atherton; per me essa è unatenera benedizione, e null'altro. - Rodolfo si alzò di scatto e guardòl'alta ed agile fanciulla che stava seduta pacificamente su di una radicescoperta del tiglio.

- Sir More non può lasciar stare il mio nome, Signor Torridon - dissetranquillamente, mentre si ritraeva un poco dopo aver scambiato ilsaluto. - L'altro giorno ne ha fatto argomento di facezie.- E da allora me ne sono vergognato - ribatté More; - è stato unsacrilegio il mio. Ma ora son di nuovo il Tommaso di prima. Perché mihai mandato a chiamare, Beatrice?- Non ho altro da dire in mia difesa - rispose la ragazza se non chedesidero vedervi.- E questa è la miglior difesa che avresti potuto fare, a meno che non

sia un tentativo per corrompermi. Sir Torridon, come si potrebbeconfutare questo mio ultimo sospetto?- Io non ho bisogno di avvocati - riprese la ragazza - posso difendermi

 benissimo da sola.Rodolfo la guardò di nuovo con un certo interesse. Essa sembrava inottime relazioni con tutta la famiglia e dimostrava col suo fare ditrovarsi completamente a proprio agio. Aveva gli occhi chini su un filod'erba che stava attorcigliando in forma di anello attorno alle dita agilied ornate di gemme; i suoi bianchi denti erano stretti contro il labbro

inferiore mentre ella lavorava. La sua lunga sottana di seta era allargatasenza riguardo sull'erba lasciando apparir di sotto le fibbie luccicantidelle scarpe. La voce era gradevole e piuttosto profonda, e Rodolfo sidomandò chi fosse e come mai non l'avesse vista prima, poichéevidentemente essa apparteneva alla sua classe e Londra non era cheuna cittadina.- M'accorgo che stai facendo un'altra catena per legarmi a te - disseMore, osservandola.Essa alzò in alto il filo d'erba. - È solo un anello.

- Allora non è per me - disse More - perché io non sono delle idee diMelantone e neppure di Salomone in fatto di donne. Ora, Sir Torridon,svelateci qualche segreto. Tradite il vostro signore; noi siamotutt'orecchi. Lascia stare quell'anello, Beatrice, ed ascolta.- Io ascolto - rispose la fanciulla con la stessa serenità, sempre intentaal suo lavoro.

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- Il Re questa mattina ha fatto colazione alle otto - incominciògravemente Rodolfo. - È un fatto indubitato, mi è stato confermato da

 persone di grande autorità.- Questo è eccellente - disse Tommaso. - Ma parliamo di tradimento.

Posso aggiungere qualche cosa d'altro. Sua Maestà è caduta di letto lanotte scorsa ed è rimasta alcune ore priva di sensi.Parlava con tale gravità che Rodolfo alzò lo sguardo. Al tempo stessoBeatrice alzò gli occhi dal proprio lavoro e i loro sguardi siincontrarono. - Poi si riaddormentò - aggiunse Sir Tommaso.Era alquanto dilettevole riposare là all'ombra del tiglio, quel

 pomeriggio, ed ascoltare tali pazzie, cosicché Rodolfo dimenticò il suoabituale e regolato portamento e, anche l'oggetto della visita. L'erbaassunse un colore d'oro allorché il sole incominciò a declinare; gli

uccelli presero ad agitarsi dopo la calura del giorno ed a cinguettare,saltellando da un albero all'altro. Un'ottantina di metri più in là, ilfiume, visto tra gli alberi e la casa, scintillava al sole e le voci dei

 barcaioli giungevano attutite dalla distanza e dal rombo delle acque. Adun tratto una chiatta passò veloce sotto Battersea, con un concerto a

 poppa. Rodolfo s'alzò su un gomito per osservarla mentre avanzava nelsenso della corrente tra uno sventolio di bandiere ed il ritmico rumoredei remi che segnavano il tempo alla musica da danza.Rodolfo fece del suo meglio per non turbare il buon umore della

compagnia e raccontò qualche storiella, tra cui una di sua madre dellaquale narrò come una volta avesse ripagato con un inamovibile silenzioun fastidioso chiacchierone, ed in modo così efficace che le parole glierano morte sulle labbra dopo la terza o quarta pausa fatta per riscuotere un applauso o qualche parola di commento. Raccontò lastoria con maestria, così che Lady Torridon sembrava muoversi tra loro,colla sottana strascicantesi maestosamente sull' erba, col viso graverivolto ad essi sotto le palpebre socchiuse e languide.- Quel tale non è più venuto a trovarci una seconda volta - disse

Rodolfo - ma non tralascia mai di interrogarmi intorno alla debilitantemalattia di mia madre quando lo incontro in città.Rodolfo si meravigliava di sé mentre parlava, poiché non era abituato a

 prendersi tanto fastidio per piacere agli altri; questa volta invece eraconsapevole che, pur guardando intorno a tutti i volti e rivolgendosi aMore, in realtà osservava l'effetto che le sue parole producevano sulla

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fanciulla. Percepiva ogni suo movimento; s'accorse quando essa gettòl'anello sul piccolo e liscio corpo bruno del cane e si mise a farne unaltro. Quando lo ebbe finito lo infilò al dito e girò la mano in qua e in là

 piegando indietro le dita, per vedere l'effetto del cerchietto verde sul

 bianco delle mani, nel far ciò un rubino fu colpito da un raggio di luce.Ma poi non la guardò più, eccetto una volta quando essa gli fecequalche domanda ed allora la fissò direttamente negli occhi neri.Finalmente alcuni tocchi di campana risuonarono dalla torre e lo fecerosussultare. Si alzò frettolosamente.- Ho vergogna - disse sorridendo - di aver osato rimanere qui così alungo. È la vostra cortesia, Sir More.- Anzi, anzi - protestò Sir Tommaso, alzandosi e stirandosi le membra. -Voi ci avete aiutato a trascorrere un altro giorno nel più piacevole dei

modi; dovete venire di nuovo, Sir Torridon.Si avviò quindi con Rodolfo verso i gradini del giardino e rimase

 presso di lui chiacchierando, mentre la barca che era stata chiamatadall'altra sponda attraversava il fiume.- Beatrice è come una delle mie figlie - disse poi - e questa è la miglior lode che possa farle. È sempre qui e sempre come l'avete vista oggi.Credo che sia uno degli spiriti più forti che io conosca. Che cosa ve ne

 pare, Sir Torridon?- Non ha parlato molto - rispose Rodolfo.

- Parla quando ha qualcosa da dire - proseguì More - altrimenti tace. Èuna buona regola; volesse il cielo che la osservassi anch'io!- Chi è? - chiese Rodolfo.- È la figlia di un mio vecchio amico che vive con le sorelle di miamoglie, Anna e Fann. Va spesso in città con una di loro. Mi meravigliocome non l'abbiate mai incontrata.La barca rasentò i gradini ed il barcaiolo munito dei grossi stivali saltòsulla banchina per ancorarla.- Ora è il tempo di incominciare la vostra filosofia - disse More mentre

Rodolfo metteva piede nella barca - fate le cose per bene, Sir Torridon.

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VL'INTERCESSIONE DI RODOLFO

Rodolfo si stupì nell'accorgersi che la figura dell'alta fanciulla che

aveva incontrato in casa di Sir Tommaso More si era scolpita in lui.Aveva riferito al suo superiore il risultato dell'intervista col More; eCromwell l'aveva ricevuto piuttosto freddamente, sbuffandonervosamente.- La cosa non è stata eseguita bene, Sir Torridon. Temo che voi l'abbiatespaventato, non ottenendo perciò alcun risultato favorevole.Rodolfo tacque.- Ma vedo che non portate nessuna scusa - continuò Cromwell; - così le

 porterò io per voi. Son del parere che egli fosse già allarmato e

conoscesse tutto quello che era passato tra la Holy Maid el'Arcivescovo. Dovete tentare un'altra volta.- Posso dire di aver fatto amicizia col Signor More. Sono statofortunato nell'imbroccare una citazione, ed egli mi ha ricevutocortesemente. Posso tornare là, senza scusare la mia presenza tutte levolte che mi piacerà. Cromwell lo guardò.- Non c'è più molto da guadagnare, ma potete andare, se volete;

 potreste forse avere degli indizi qua e là. Più amici fate, meglio è.Rodolfo se ne andò soddisfatto; non aveva dunque fallito

completamente nel compito affidatogli; e si fermava a pensare con un po' di eccitazione alle sue future visite a Chelsea.* * *

Due mesi più tardi ebbe per la prima volta occasione di parlare col Re. Naturalmente l'aveva visto spesso prima, fra cui una o due volte nellostesso Palazzo dei Lords, formidabile e colla fronte corrugata, sul suotrono, col grosso mento piegato in una mano, nell'atto di impartireordini ai suoi sudditi con voce cavernosa, o di istruirli in teologia, nellaquale era assai competente. Parecchie altre volte l'aveva visto mentre

cavalcava fra i suoi gentiluomini su un grosso cavallo, risplendente divelluto e di gemme; ed aveva sempre cercato di sapere cosa mai gliconferisse tale potenza. Non poteva essere puro dispotismo, pensava, ola sua rude natura di inglese.Fu quando lo vide da vicino e subì l'influsso della sua personalità checomprese perché gli uomini tolleravano tali cose in lui. Un pomeriggio

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Rodolfo fu chiamato da Cromwell, il quale desiderava da lui undocumento. Appena giunto fu subito accompagnato da un servo nellagalleria dove il ministro ed il Re stavano passeggiando. Essi sitrovavano dalla parte opposta a quella per cui egli era entrato, ed allora

si fermò con un po' di turbamento, ma colla solita apparenza dicontrollo di sé e stette ad osservare i due grossi dorsi voltati verso dilui, nell'attesa di esser chiamato. Un istante dopo i due si girarono eCromwell lo vide e gli accennò col capo, facendo alcuni passi per venirgli incontro. Il Re attese e Rodolfo intravide, più che non vide,quell'ampia, grossolana e forte faccia, i lunghi e stretti occhi, il capocon il berretto piumato ed il ricco abito coperto di gioie. Il Re si fermòcon le mani dietro la schiena e le gambe divaricate. Cromwell prese ildocumento dalle mani di Rodolfo mentre questi faceva qualche passo

indietro, esitante su ciò che dovesse fare.- È proprio questo, Maestà - disse il ministro tornando indietro. - VostraMaestà vedrà che è come ho detto io. - Nella voce del suo Superiore,Rodolfo notò un accento nuovo di deferenza che non aveva sentito,

 prima, eccetto una volta quando Cromwell aveva inveito ironicamentecontro un accusato che gli dava dei grattacapi. Il Re non disse nulla,

 prese il documento e gli diede uno sguardo, mettendosi un po' indisparte per farvi cadere la luce.- Vostra Maestà comprenderà... - incominciò di nuovo Cromwell.

- Sì, sì, sì - disse la rozza voce con impazienza. - Ridatelo a costui - ecacciò la carta in mano a Cromwell, il quale la passò a Rodolfo.- Chi è quell'individuo? - chiese il Re. - Ho visto la sua faccia. Chisiete?- Questi è Sir Rodolfo Torridon - fece Cromwell; - un amico moltoutile, Maestà.- I Torridon di Overfield? - domandò Enrico che non dimenticava maiuna faccia od un nome.- Sì, Maestà - rispose Cromwell.

- Siete abbastanza alto - disse il Re facendo scorrere i suoi piccoli occhisu e giù per la persona di Rodolfo; - un forte amico.- Lo spero, Maestà - disse Rodolfo.Il Re lo guardò di nuovo e Rodolfo abbassò gli occhi sopraffatto daquella potente personalità. Poi Enrico con moto improvviso porse lamano per il bacio e Rodolfo, accostandovi le labbra, distinse

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chiaramente le dita grosse e diritte, il polso raggrinzito e l'abbondanzadei peli sul dorso della mano.

***Rodolfo era attonito ed un po' vergognato per la propria agitazione,

mentre discendeva le scale. Ciò che era avvenuto era di così scarsaimportanza; la sua parte era stata così insignificante; eppure egli eraemozionato da capo a piedi. Ora comprendeva un po' meglio come maila volontà del Re, quantunque oltraggiosa nei suoi fini, era compiutacosì premurosamente. Era il puro genio naturale dell'autorità e dellalegalità che gli apriva la strada; si era sentito dominato e soggiogato inquei pochi istanti, così che non era più padrone di sé. Mentre si recavaa casa, nel breve percorso che separava la porta del Palazzo dalla suaabitazione, fu portato ad analizzare l'effetto di quella presenza, e,

assieme ad un certo aspetto di volgarità ed alla irritante imperiosità chele erano proprie, dovette concludere che vi era pure in essa unaattrattiva molto forte. Quella specie di attrattiva che può sentire un cane

 battuto per la mano che lo ha percosso; la personalità di Enrico infattiera così irresistibile che costringeva all'alleanza e non un'alleanza

 basata unicamente sul timore.Poi si mise a pensare alla Regina Caterina, e comprese un po' meglioora come mai la raffinata gentile devota donna, così costante nelle sue

 preghiere, così piena della speciale finezza di carattere che solo una

nobile nascita e la religione conferiscono, potesse avvicinarsi a questosuo crudele signore, gettarsi in lacrime ai suoi piedi, dinanzi a tutti i

 presenti, e supplicarlo a non venir separata da lui; chiamarlo «il suocaro signore», «il suo amore» ed il «suo misericordiosissimo egraziosissimo principe».Il passaggio da questo ordine di pensieri a quello che si riferiva aBeatrice non fu difficile; poiché il ricordo della fanciulla eracontinuamente nella sua mente. L'aveva vista ormai cinque o sei voltedal giorno del loro primo incontro; infatti si era valso il più possibile

dell'incoraggiamento fattogli da Cromwell di recarsi liberamente aChelsea. Non tardò quindi molto ad accorgersi che il suointeressamento per lei diventava ogni volta più profondo. Si pose dinuovo a studiare con un certo gusto Orazio e Terenzio, non soltanto per 

 piacere a Sir Tommaso More, ma specialmente per guadagnarsi la suaapprovazione ed una buona parola con quei di casa, tra i quali era

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 praticamente da annoverarsi Beatrice. Fu pure soddisfatto dellarelazione che More gli aveva fatto di Beatrice.- Essa è quasi dotta quanto la mia cara Margherita - gli aveva detto ungiorno. - Fatene la prova, Signor Torridon.

Rodolfo aveva diligentemente preparato una bella citazione, quelgiorno, ed ora la diresse in modo generico e un po' vago, sì, ma così dafar intendere che era rivolta a Beatrice. Ma non ci fu la minima rispostao il batter d'un ciglio. Successe un silenzio di qualche istante; poi Sir Tommaso proruppe:- Non devi mostrarti così seria, bimba mia; sappiamo bene che tucomprendi.Beatrice in cambio lo aveva guardato con tranquilla compiacenza.- Non voglio far mostra di me stessa.

Quel giorno Rodolfo se ne andò più assorto che mai. Cominciò achiedersi dove sarebbe terminato il suo interessamento per lei; quale nefosse l'intensità. Cercando di venire a capo di qualche cosa gli parveche la causa principale dell'attrazione che essa esercitava, in gran parteera dovuta alla sua apparenza di sereno dominio. Questa era una qualitàche egli grandemente desiderava per sé e che aveva acquistato in unacerta misura; ma era costretto ad ammettere che, almeno alla presenzadi Cromwell, essa lo disertava. Sapeva bene che aveva trovato in lui ilsuo dominatore e che non era nulla più che un adoratore di eroi dinanzi

ad un tempio; ma lo stimolava il pensiero che non c'era nessuno chesembrasse occupare il posto di una simile divinità nei confronti diquesta fanciulla. Senza dubbio essa ammirava ed amava Sir TommasoMore; e Rodolfo poté scoprire nel corso delle sue visite quanto fosse

 profondo in lei questo sentimento, ma non aveva alcun timore del suoamico.Lo contraddiceva con serenità quando il proprio pensiero nons'accordava con quello di lui; colla stessa equanimità mancava agliappuntamenti fissati nella casa di lui e nonostante la personalità di Sir 

Tommaso non gli tributava mai più di un omaggio amichevole edaffezionato. Anche nei riguardi di Rodolfo non si comportavadiversamente. Non era affatto intenerita né, a quel che appariva,impressionata dalla sua riputazione di abile ed intraprendente agente diCromwell, che a quel tempo cresceva rapidamente.Inoltre, alcune volte in cui si era risolto ad accennare alla vastità degli

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affari in cui era impegnato, in un disperato tentativo di destare la suaammirazione, essa lo aveva guardato fissamente solo per un momentocon gli occhi molto penetranti ed aveva poi parlato d'altro. Cominciò asentirsi scoraggiato.

***Il primo indizio di essersi sbagliato nella opinione che aveva concepitodi lei, gli venne fornito da Margherita Roper, che viveva ancora aChelsea col marito Guglielmo. Rodolfo si recò a casa sua un triste

 pomeriggio all'inizio della primavera, lasciando Westminster ecosteggiando la riva del fiume e trovò Margherita sola nella sala da

 pranzo, seduta presso la finestra, col ricamo in mano ed una commediadi Terenzio aperta sul davanzale. Lo salutò affettuosamente, perché eraormai diventato una persona molto familiare a tutti, e quando si fu

seduto presso l'ampio ed aperto focolare ella incominciò subito a parlare.- Beatrice è qui, è di sopra col papà. Credo che stia copiando qualcosa

 per lui.- Sta sovente in sua compagnia - osservò Rodolfo.- Oh, sì; papà pensa tanto a lei... Dice che nessuno scrive così bene, edha una mente così perspicace... e poi non parla, com'egli dice, né fadelle domande sciocche come il resto di noi donne.E Margherita alzò un momento lo sguardo sorridendo.

- Credo di non dover andare di sopra - disse Rodolfo con un po' di petulanza poiché era stanco delle fatiche di quella lunga giornata.- Certo, è meglio che non andiate - disse Margherita - ma verrà giùsubito.Tacquero per qualche istante, poi Margherita riprese a parlare.- Sir Torridon, posso dirvi una cosa?Rodolfo assenti. Il tepore della fiamma lo aveva un po' assopito. -Ebbene, si tratta di questo. Son del parere che voi crediate di non

 piacere a Beatrice. Ciò non è vero. Vi ama molto; pensa molto a voi -

aggiunse piuttosto frettolosamente. Rodolfo si destò; la sonnolenza sen'era andata.- Come lo sapete, Signora Roper? - domandò.Il tono della sua voce era perfettamente naturale e Margherita ne furassicurata. Ella non poteva vedere bene Rodolfo a causa dellacrescente oscurità.

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- Lo so bene - rispose; - com'è naturale, quando ve ne andate noi ciintratteniamo a parlare di voi.- E Beatrice parla di me?- Non parla tanto - rispose Margherita, - ma ascolta con attenzione e

qualche volta fa delle domande. - Il cuore della donna battevaconcitatamente mentre parlava; ma aveva deciso di profittare di questaoccasione. Era una pena, pensava, che due persone a lei familiari non sicomprendessero.- E che domande? - chiese nuovamente Rodolfo.- Desidera sapere che cosa realmente pensate - continuò lentamenteMargherita curvandosi sul ricamo e segnando la punteggiatura alle sue

 parole con altrettanti punti d'ago sulla tela intorno... intorno allequestioni correnti, e... ed un giorno mi disse che...

- Ebbene? - interruppe Rodolfo collo stesso tono di voce.- Che pensava che non foste così severo come apparivate esteriormente- terminò Margherita, con la voce un po' tremula per la soddisfazione.Rodolfo stava immobile sulla sedia guardando l'ampia lastra di ferrointerposta fra la parete e il focolare, sulla quale un Febo affumicato, inrilievo, guidava il carro del sole dietro le alte ed oscillanti fiamme chesi alzavano dai ceppi. Sapeva molto bene perché Margherita aveva

 parlato, sapeva pure che non parlava senza un motivo; ma il fattorivelato era per lui cosi inaspettatamente nuovo che non poteva

convincersene pienamente. Margherita lo guardò una volta o due conun po' d'imbarazzo ed alla fine diede un sospiro.- È troppo buio, disse - debbo procurare delle candele.Usci per la porta laterale che conduceva negli appartamenti dei servi eRodolfo rimase solo. Tutta la sua tristezza se n'era andata ora; il vorticedi immagini e di progetti che aveva tenuto assorto il suo cervellomentre camminava lungo la sponda del fiume mezz'ora prima erarientrato nell'oscurità ed un pensiero dominante era subentrato: e seMargherita aveva ragione? E lui che intendeva fare? Certamente non

avrebbe...La porta d'entrata si apri e nel vano comparve una figura alta e snella,ora illuminata dalla luce ed ora nell'ombra secondo che le fiammes'alzavano o s'abbassavano.- Margherita - ripeté Beatrice - come sei scura! Rodolfo stette fermoancora per un momento.

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- Margherita - ripeté Beatrice - come sei scura.Rodolfo si alzò.- La Signora Roper se n'è andata or ora - disse - dovete trattare con me,signorina Beatrice.

- Chi siete? - chiese la fanciulla avanzando. - Sir Torridon? - Ella avevaun foglio in mano, e mentre attraversava la stanza Rodolfo preparò unasedia per lei dall'altra parte del focolare.- Si - rispose. - La Signora Roper è andata a procurare delle candele masarà presto di ritorno. - Beatrice si sedette.- È una parola difficile - disse. - Neanche Sir More riesce a decifrarla emi ha mandato a chiedere aiuto a Margherita. Dice che ogni figliadiligente dovrebbe essere in grado di decifrare la calligrafia del padre.Rodolfo scorgeva un leggero sorriso di compiacimento nei suoi occhi

neri, rischiarati dalla luce del fuoco.- Sir More ha sempre qualche scappatoia pronta - disse mentre simetteva anch'egli a sedere.La fanciulla lasciò improvvisamente cadere sul ginocchio la mano chestringeva il foglio e Rodolfo vide che essa stava fissandolostranamente.- Sì? - fece in tono interrogativo; - ed allora...- Perché mi guardate cosi, signorina Beatrice?- È veramente quello il vostro pensiero, Sir Torridon? Rodolfo rimase

un momento sconcertato.- Non comprendo.- Pensate veramente che egli abbia sempre una scappatoia pronta? -ripeté la fanciulla. Allora Rodolfo comprese.- Voi volete dire che si trova in pericolo - disse quindi con voce ferma.- Vi si trova infatti. Non c'è uomo grande che non sia circondato da

 pericoli. Ma io non vedo perché non potrebbe sfuggirli, come hasempre fatto.- È questo ciò che pensate, Sir Torridon?

- Perché? Si - prosegui Rodolfo un po' affrettatamente. - Voi ricordatel'accusa di corruzione che gli fu mossa contro. Avete visto come se l'ècavata bene? Sicuro, signorina Beatrice.- E voi pensate realmente cosi? - chiese di nuovo la fanciulla. - Io soche voi siete a conoscenza di cose che noi non sappiamo e credo allevostre parole.

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- Che cosa dovrei dire? - osservò Rodolfo. - Posso soltanto affermareche a questo riguardo io non so nulla che voi già non sappiate. Sir Morenon è sotto alcun pericolo.Beatrice trasse un sospiro di sollievo.

- Son contenta di avervi parlato. È da un po' che ci pensavo. Lui peròmi ha detto alcuni minuti fa qualche cosa che mi ha spaventata.- Che cosa ha detto? - chiese Rodolfo incuriosito.- Ah! non molto. Ha detto che nessuno sa quale avvenire lo attende; chele cose sono molto anormali e sconcertanti e... e che vuol far copiar subito questo foglio, per timore...La fanciulla s'interruppe ancora bruscamente.- So che cosa provate nel vostro intimo, signorina Beatrice - dissegentilmente Rodolfo. - So che voi amate il Signor More, e comprendo

come ci si possa allarmare per i propri amici.- Che cosa ne pensate, Sir Torridon? - chiese improvvisamente, quasiinterrompendolo. Egli la guardò esitante un momento, quasidesiderando che Margherita tornasse.- Questa è una questione un po' complessa.- Bene, voi sapete ciò che voglio dire - aggiunse Beatrice, ridiventataquella di prima. Stava ora seduta a suo agio, facendo scorreretranquillamente il foglio fra le dita, ed egli poteva vedere la luce delfuoco riflessa sul mento e sulla fronte di lei e quegli occhi che lo

guardavano fissi. Si sentì spinto alla confidenza.- Credo che stiano effettivamente per succedere dei mutamenti. Credoche tutti siano di questo avviso.- E voi li approvate?- Oh! come potrei dirlo così su due piedi, senza prima riflettervi? Mason del parere che dei mutamenti siano necessari. Ella guardavanuovamente il fuoco e tacque per un momento.- Sir More ha detto che voi appartenete alla nuova scuola - disse

 pensosamente. Rodolfo provò uno strano sussulto di gioia. Margherita

aveva veramente ragione; questa fanciulla aveva pensato a lui.- C'è senza dubbio una certa agitazione - e la sua voce era un po'rattenuta.- Oh, non sono cieca né sorda... - disse la ragazza. - È certo che vi èdell'agitazione, ma volevo sapere... - In quel momento entrò Margheritacon le candele. Quella sera Rodolfo se ne andò più eccitato che non

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desiderasse. Sembrava che le parole di Lady Roper avessero acceso unfuoco già preparato ed egli percepiva il calore che incominciava amuoversi attorno al suo cuore e vedeva delle strane luci tremolanti, maesistite in passato, gettare bagliori sulla sua vita e sui suoi affari.

* * *Alcune settimane dopo ricevette la prima lettera da Beatrice, la quale logettò in un'angosciosa perplessità, rendendolo titubante tra le sueesigenze personali e quelle sociali. Durante questa tempo Cromwell erastraordinariamente occupato nel temperare l'ardore della Camera deiLords, i quali chiedevano che la Holy Maid del Kent e le sue compagneavessero la possibilità di difendersi prima che il decreto di colpevolezzaordinato dal Re a loro carico fosse varato. Trovò tuttavia il tempo per comunicare al suo agente che le cose non andavano troppo bene per 

More e Fisher, e per chiedergli di trasmettere tutte le prove che potevaraccogliere contro More. - Credo che il Vescovo se la caverà con una multa nella faccenda dellaHoly Maid, ma avremo buon gioco nella questione dell'Atto diSupremazia; contro Sir More non si può far nulla per ora. Ma fra pochigiorni avremo lui pure in trappola. Scrivete quello che avete da dirmi,Sir Torridon, e consegnatemelo stasera. - Poi si precipitò giù per lescale dirigendosi verso la carrozza che stava aspettandolo per condurloa Westminster, dove si era proposto di dire agli scrupolosi nobiluomini,

che il Re non era abituato a comandare due volte e che sospettare SuaMaestà di voler far loro commettere un'ingiustizia era intollerabile.Rodolfo stava proprio mettendo in carta le sue assai misere accusecontro Sir Tommaso More quando gli fu portata la lettera di Beatrice.La lesse tutta due volte in silenzio; poi ordinò al corriere di attendere disotto. Quando il servo ebbe lasciata la camera, lesse tutta la lettera unaterza volta. Non era lunga ma era densa. - Vi supplico - scriveva la fanciulla - per amor di Dio, di farci sapere sesi sta macchinando qualche cosa contro il nostro comune amico. Tre

settimane fa mi avete detto che le cose non stavano così; voglia il cieloche ciò sia ancor vero. So che per parte vostra non osereste alzare undito contro di lui... - A queste parole. Rodolfo diede uno sguardo allaordinata lettera e morse la punta della penna... - ma desidero chefacciate quello che potete per lui e per tutti noi! - Seguiva unacancellatura. Rodolfo portò il foglio alla finestra, lo distese contro i

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vetri e lesse chiaramente le parole: «Se il mio» sotto le linee dicancellatura e sorrise fra sé, cercando d'indovinare quale fosse la fraseche ella stava per incominciare. Poi la lettera continuava: - «Ho sentitodire da voci autorevoli che si trama qualche cosa contro di lui. Egli non

tenta di sfuggire e non intende far nulla a questo riguardo, ma dice soloche confida in Dio e se la ride di noi. Sir Torridon, fate quello che potete. Vostra affezionata amica B.A.».Rodolfo si staccò dalla finestra dove stava tuttora e si sedette di nuovo,

 piegando il capo tra le mani. Non aveva scrupoli che lo ritraessero dallamenzogna o dal tradire la conversazione privata avuta col Signor More;tutta la sua istruzione era diretta a scalzare simili pregiudizi ed egliaveva finalmente imparato, in seguito ai continui ammonimenti edesempi di Cromwell, che il bene dello Stato era superiore a qualsiasi

altro interesse. Ma provava una certa ritrosia nel mentire a Beatrice enon si sentiva assolutamente capace di sopportare la perdita della suaamicizia col dire la verità. Mentre stava seduto in perfetta calma ilservo fece leggermente capolino alla porta per vedere se la risposta era

 pronta e si ritirò senza rumore. Rodolfo non si scompose, ma rimaseseduto, comprimendosi le pupille fino a sentirne dolore. Poi alzò il capo

 bruscamente, guardò in giro un momento con gli occhi ancorasemichiusi, prese in mano la penna, la morse un'altra volta, poi ladepose e stette a guardare i due fogli che giacevano uno vicino all'altro

sul tavolo. Prese fra le mani la sua lista e la lesse fino in fondo. Dopotutto, era insignificante e non conteneva più che brevi frammenti diconversazione pronunciati dal Signor Tommaso More. Aveva chiamatola Regina Caterina, una povera donna tre o quattro volte; avevaespresso la sua riverenza per il Papa di Roma almeno sei volte e l'avevauna volta soprannominato il Vicario di Cristo. Era rimasto in silenzioquando qualcuno aveva menzionato il nome di Anna Bolena; avevalodato con una certa liberalità i certosini e la vita religiosa in generale.Queste osservazioni potevano essere prive di importanza od averne

molta; potevano accordarsi colla fedeltà e d'altra parte conciliarsi coltradimento; erano precisamente la qualità di materiale dal qualeun'abile mano poteva manipolare delle serie accuse, quantunque, cosicome stavano non provassero nulla. Un'altra considerazione si

 presentava alla mente di Rodolfo, ed era il suo dovere verso Cromwell;non credeva cosa conveniente il mentire consapevolmente a lui; d'altra

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 parte si sentiva assolutamente incapace di mentire a Beatrice. C'era solouna via di scampo: dissimulare con entrambi. Prese la lista, vi gettòancora uno sguardo, poi, con gesto lievemente drammatico la strappò

 più e più volte e la gettò a terra. Poi riafferrò la penna e scrisse a

Beatrice. - La mia colpa si è limitata ad aver avuto in mano un foglio ostile alnostro amico, ma ora l'ho distrutto quantunque non sappia quel che diràSir Cromwell. Vi dico questo per dimostrarvi in quale conto tenga lavostra amicizia. È naturale che il nostro amico sia minacciato. E chinon lo è in questi giorni? Ma vi giuro che non so quali siano i piani. -Aggiunse una parola o due per urbanità, pregando che Dio la

 proteggesse - e si firmò come aveva fatto lei, suo affezionato amico.Poi asciugò l'inchiostro, sigillò la lettera con gran cura e la portò egli

stesso al corriere.* * *

Quella sera si presentò a Cromwell con una buona dose di timore, manon senza accortezza; giurò che More non aveva pronunziato alcunacosa che in realtà si potesse tacciare di proditorio e che egli stessoaveva scoperto, mentre si accingeva a scrivere, che le accuse erano piùinesistenti di quanto credesse.- Ma voi dovete fare in modo che non siano così - gridò sdegnatol'altro. Rodolfo tacque un momento rispettosamente.

- Non posso fare una borsa con l'orecchio di un porco; mi serve almenouna certa qualità di seta. - Quando Cromwell ebbe finito di passeggiare,Rodolfo gli fece notare con considerevole avvedutezza che non credevache le proprie indicazioni dovessero costituire la base principaledell'attacco contro More; a suo avviso, anzi, avrebbe solo servito adindebolire la posizione addurre argomenti di così poca forza.- Senza dubbio li frantumerebbe in cinque minuti; scoprirebbe subitoche essi sono i nostri principali punti d'appoggio: è un valenteavvocato. Se mi è permesso di esprimere un parere, Sir Cromwell, le

vostre parole contro Sir More siano poche e scelte. - Non aveva maiosato parlare con tanta audacia prima d'allora; ma Cromwell era di

 buon umore. I Signori della Camera si erano mostrati abbastanzatrattabili ed avevano deciso di approvare l'atto di accusa controElisabetta Barton, senza parlare più di giustizia e del diritto di difesa da

 parte dell'accusata; ed egli guardava ora Rodolfo col volto atteggiato a

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selvatica approvazione.- Credo che abbiate ragione, Sir Torridon. Ci penserò. Una settimana

 più tardi giunse il colpo fatale.***

Cromwell lo guardò una sera mentre egli entrava nella sala coi suoidocumenti e, senza salutarlo, gli diresse la parola.- Voglio che domattina vi rechiate a Lambeth House, Sir Torridon. Sir Tommaso More deve trovarsi là per prestare il giuramento disuccessione che verrà proposto a lui ed agli altri. Fate del vostro meglio

 per persuaderlo; agite con lui da vero amico. Una breve e rudesoddisfazione riluceva nei suoi occhi mentre parlava. Rodolfo loguardò un istante. - Intendo veramente che facciate così, Sir Torridon:del vostro meglio. Desidero che vi consideri suo amico.

La mattina seguente mentre attraversava in barca il Tamigi, Rodolfo pensava ancora al modo di risolvere la situazione. ApparentementeCromwell desiderava tenersi in relazione amichevole con More; ora,questo era possibile soltanto per il tramite di Rodolfo, e sarebbe statoinattuabile se le indicazioni fornite da quest'ultimo erano già statesfruttate o stavano per esserlo. Era un sollievo per lui vedere che laconsumazione del suo tradimento veniva posposta, almeno per il

 presente; (egli però non l'avrebbe chiamato tradimento).Allorché le torri di Lambeth cominciarono a scorgersi poco lontano,

Rodolfo tirò fuori la lettera di Beatrice che gli era giunta in risposta allasua pochi giorni prima, e le diede una scorsa. Era una serie diappassionati ringraziamenti ed elogi. Senza dubbio si era finalmenteimpadronito del suo cuore. Proprio un istante prima di metter piede aterra, rimise la lettera nella tasca interna. Sarebbe stata certamenteun'efficace testimonianza della propria sincerità nella sua intervista colMore. C'era una grande folla nel cortile quando lo attraversò, perchémolti erano stati chiamati a prestare il giuramento; questo tuttavia nondiveniva strettamente legale fino alla promulgazione del Secondo Atto,

nell'autunno successivo. Varie carrozze si fermarono all'entrata del palazzo, ed in alcune di esse Rodolfo scorse le livree del propriosignore e del Lord Cancelliere Andley. Un certo numero di cavalli e dimuli erano legati con catene, assicurate ad anelli infissi nel muro della

 parete opposta, con i palafrenieri a lato; ecclesiastici e segretariandavano e venivano, disputando in gruppetti, chiamandosi l'un l'altro

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nel tiepido sole di aprile.Rodolfo, informatosi, apprese che i Delegati tenevano seduta in uno dei

 parlatori del piano terreno; ma un servo di Cromwell che stava pressola porta gli disse che non aveva bisogno di andare là, dal momento che

Sir More se ne stava da solo in una stanza del piano superiore. Era unavecchia stanza che guardava sul giardino, scarsamente ammobiliata,con un pezzo di tappeto presso la finestra e sopra di esso una tavola eduna sedia. More, che s'era inginocchiato sulla sedia poggiando i gomitisul davanzale per guardare fuori, si voltò e sorrise piacevolmente aRodolfo mentre il servo richiudeva la porta.- Come mai, Sir Torridon, siete anche voi negli impicci? Questa è lacamera d'arresto, dove sono stato rinchiuso per riflettere ai miei casi.Ecco là quella brava gente, che va su e giù pel cortile ed io sto qui

seduto. Credo non mi rimanga che di andare alla ricerca di uno scettro.Rodolfo si sentiva un po' imbarazzato dinanzi a tanta gaiezza e per unminuto o due rimase appoggiato alla finestra a lato di Sir More,guardando meccanicamente le figure che passavano nel cortile. Avevacreduto di trovarlo assorto nella preghiera o almeno in atto di riflettereseriamente ai propri casi; More invece si divertiva a fare i commenti sucoloro che passeggiavano.- Il Dottor Wilson era qui un momento fa; ma ora è uscito a passeggiocon due persone. Anch'egli è un tipo ostinato come me e non vorrà

ascoltare ragioni. Ecco là quel brav'uomo, il Vicario di Croydon, chesta uscendo dallo spaccio di liquori asciugandosi la bocca.Rodolfo cercò collo sguardo la rossa ed eccitata faccia del prete; questistava parlando con una certa spensierata ilarità con un amico che avevaa fianco.- Era molto triste poco fa - continuò Sir Tommaso More quando eraancora ostinato, ma il suo superiore ora gli ha fatto qualche carezza sulcapo e gli ha dato dei dolci e del vino. Stava ordinando proprio ora una

 bevanda (che adesso ha mandato giù, come vedo) o per la contentezza o

 perché aveva la gola asciutta oppure perché potessimo conoscere quod ille notus erat pontifici.In quel mentre passò dinanzi ai loro occhi il Dr. Latiner con le bracciaattorno al collo di due preti che gli stavano ai lati; anch'egli parlavaspensieratamente e rideva mentre i lembi dell'abito gli svolazzavano.- È di umore molto allegro - disse More - e non dubito che la sua

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coscienza sia chiara a pari degli occhi. Venite, Sir Torridon, e sedetevi.Qual è lo scopo della vostra visita?- Rodolfo si sedette sulla sedia accanto alla finestra col tergo rivoltoalla luce ed il cappello stretto in mano tra le ginocchia.

- Sono venuto a vedervi; non ho ancora fatto visita ai Delegati. Hosaputo che eravate qui.- Oh, sì - disse More - sono proprio qui.- Sono venuto a vedere se potevo tornarvi di qualche utilità, Sir More;so che la faccia di un amico può essere talvolta un buon consigliere,anche se l'amico è uno stupido.More lo batté leggermente sul ginocchio.- Non stupido - disse - lontano le mille miglia dall'esserlo... - Lo guardò

 poi in modo così strano che Rodolfo temette di aver destato qualche

sospetto; cosicché si diede premura di tirar fuori la lettera di Beatrice.- La signorina Atherton mi ha scritto questa lettera. Ebbi la possibilitàdi renderle un piccolo servizio; così almeno credetti allora.More prese la lettera e le diede uno sguardo.- Una lettera molto delicata - disse - e perché la fate vedere a me?Rodolfo lo guardò fissamente.- Perché io sono il servo di Sir Cromwell, non dimenticatevene mai.More scoppiò in una nuova risata e prese affabilmente Rodolfo per lamano.

- Voi siete molto innocente, o molto perspicace. E che cosa siete venutoa chiedermi?- Non sono venuto a chiedervi nulla, Sir More - rispose Rodolfo conindignazione, ritirando la mano - ma solo a rendervi un servizio.- Per parlare del giuramento - corresse l'altro pacatamente. - Molto beneallora. Cominciate pure, Sir Torridon.Rodolfo fece un grande sforzo poiché l'atteggiamento di Sir Tommasolo rendeva dolorosamente perplesso ed incominciò a parlare esponendotutte le ragioni che gli suggeriva la mente per indurre il suo

interlocutore a prestare il giuramento. Gli fece notare che governo esottomissione sarebbero una cosa impossibile se ognuno dovesseesaminare per conto proprio le richieste dei capi; quando nasconoquestioni intricate e spinose - e la presente era certamente una di queste- non è più sicuro seguire i decreti del Re e del Parlamento, anzichéassumere una posizione di giudice privato e decidere su questioni di cui

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un suddito non è a conoscenza? Inoltre, come poteva More, in similicircostanze, arrogarsi il diritto di condannare coloro che avevanosottoscritto il giuramento? e fece il nome di eminenti prelati: l'Abate diWestminster ed altri.

- Io non li condanno - rettificò More, che sembrava seguire la cosa coninteresse.- Allora non siete sicuro sulla questione? - proseguì Rodolfo che aveva

 preparato l'argomentazione con cura.More assentì.- Ma il nostro dovere verso il Re è certo; dovrebbe aver maggior valoredi una cosa che è dubbia.Sir Tommaso si morse il labbro inferiore ed osservò attentamente ilgiovane:

- Siete molto perspicace; non so come rispondervi in questo momento;ma non ho alcun dubbio ragionevole che si possa trovare una risposta.Questa posizione di vantaggio rallegrò Rodolfo e cercò di mantenervisi.Dopo alcuni minuti aveva ottenuto da More un riconoscimento che egliavrebbe volentieri considerato la questione del giuramento, quantunquenon il giuramento in sé, ma le clausole ad esso annesse gli ferisseromaggiormente la coscienza. Poteva giurare fedeltà ai figli di Anna; manon poteva acconsentire alla denuncia contro il Papa contenuta nei

 preamboli dell'Atto; e il giuramento lo obbligava a questo.

Ma voi potrete far presente la cosa ai Delegati... - disse Rodolfo conintenta curiosità.- Dirò ad essi tutto ciò che ho detto a voi - rispose More sorridendo.Rodolfo stesso dubitava alquanto che una simile concessione venisseaccordata; ma esternamente si mostrava molto fiducioso,congratulandosi con se stesso di essere andato già così innanzi. Aquesto punto però un'osservazione di More dimostrò che lui apprezzaval'occasione della visita di Rodolfo.- Vi sono molto grato, Sir Torridon, per la vostra visita e per la vostra

conversazione e farò sapere la cosa a mia moglie ed alle figlie. Ma ilvostro tentativo è vano. Ormai la mia sorte è decisa. Prima c'eral'accusa di corruzione; poi la faccenda della Maid; poi questa; e se iofacessi cento giuramenti essi ne troverebbero ancora uno che io non

 potrei fare senza perdermi l'anima, il che proprio non intendo. Quid 

enim proficit homo? Un momento dopo fu bussato alla porta ed entrò

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un servo invitando Sir More a scendere nuovamente di sotto; i Delegatistavano in attesa di lui.- Allora, buongiorno Sir Torridon. Spero verrete a trovarmi qualchevolta, anche se non a Chelsea. Dovunque io sia, sarà sempre un luogo

tanto vicino al paradiso quanto Chelsea.Rodolfo scese di sotto con lui e se ne separò presso la porta della saladove stavano i Delegati. Mezz'ora dopo gli fu inviato da Cromwell unmessaggio in cui si diceva che non aveva più bisogno di attendereulteriormente; Sir More aveva rifiutato di prestare il giuramento ed erastato affidato alla custodia dell'Abate di Westminster.

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VIUN ALLEGRO PRIGIONIERO

L'arresto di Sir Tommaso More e del Vescovo Fisher e la loro

relegazione nella Torre alcuni giorni dopo, furono causa di profondacosternazione in Inghilterra, e di fiera indignazione nel Continente. Eraevidente che a nessun uomo avrebbe giovato la propria grandezza; lasperanza migliore era riposta nell'oscurità, e uomini che fin alloraavevano sostenuto ad alta voce le loro idee ora erano diventati timidi esilenziosi. Rodolfo si trovava proprio nel turbine degli eventi. Oltre lasua relazione con More, egli era stato presente ad uno degliinterrogatori della Maid del Kent e dei suoi ammiratori; avevaorganizzato una riunione a Paul's Cross dove il dotto Capon dal pulpito

aveva tenuto un vigoroso sermone contro la credulità e la superstizione.Rodolfo aveva letto la confessione imposta alla Maid un paio di voltedue giorni prima, nella camera di Cromwell, ed aveva suggerito alcunealterazioni verbali; finalmente era stato presente, dopo l'arresto diMore, all'ultima scena del dramma, quando Elisabetta Barton, con sei

 preti, era stata condannata a morire sul patibolo a Tyburn mediante un provvedimento di legge.Tutti questi eventi erano sintomi di quello che capitava in questioni dimaggiore importanza. Il Parlamento era avanzato più che mai verso una

rottura con Roma ed aveva trasferito la potestà della nomina deiVescovi dalla Santa Sede alla Corona, e, ciò che aveva almeno la stessaimportanza, aveva agito in modo simile con i superiori delle CaseReligiose. Dall'altro canto Roma si era pronunciata definitivamentecontro l'annullamento del matrimonio colla Regina Caterina ed a ciò ilRe aveva risposto con rivolgere i pulpiti contro il Papa. Nel corso diquesta manovra si era visto costretto a trattare molto aspramente ifrancescani, i quali erano nello stesso tempo i predicatori più popolari e

 più attaccati all'autorità del Papa. Nel proseguimento di questa politica,

dapprima alcuni frati più in vista, furono imprigionati e poi duereligiosi ossequenti all'autorità regia - un domenicano ed un agostiniano- furono deputati all'ufficio di Grandi Visitatori dell'Ordine ribelle. Unanube di terrore incominciò a gravare sulle Case Religiose in Inghilterra,allorché si ebbe notizia di questi procedimenti. Rodolfo ricevette inquei giorni una lettera di suo padre, il quale lo pregava di dargli

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qualche spiegazione sul corso degli avvenimenti, per quanto lo permetteva il suo ufficio, ed almeno un consiglio circa la carrieraintrapresa da Cristoforo.- Noi riceviamo delle tristi notizie, caro figlio - scriveva Sir Giacomo, -

da tutte le parti vi sono timori e nessuno sa come le cose andranno afinire. Alcuni dicono anche che gli Ordini saranno ridotti di numero. Echi sa mai perché il Vescovo e Sir More si trovano in cattive acque? Ionon comprendo che cosa sia tutto questo che il Parlamento ha fattoriguardo al Papa e alla sua autorità; ma son sicuro che non può esserese non quello che già altri regni, dichiarando che il Principe è signoretemporale della propria terra, hanno compiuto. Ma, comunque stiano lecose, che cosa consigli tu a tuo fratello? Egli deve emettere la

 professione in agosto, a meno che sia impedito, ed io non oso stender la

mano per impedirlo fino a che non sappia qualcosa di più concreto. Non ti domando, caro figlio, di dirmi ciò che non puoi; conosco il mioed il tuo dovere troppo bene per permettermi ciò. Ti prego di farmisapere ciò che è in tuo potere, affinché io non dia il mio consenso alla

 professione di tuo fratello se è meglio che non la faccia finché le cosenon siano più quiete. So che tua madre ti manderebbe i saluti se sapesseche ti scrivo, ma ora è in camera ed il corriere deve partire. Dio ti

 benedica!Rodolfo rispose che non aveva nulla da opporre alla professione di

Cristoforo, a meno che fosse sorta qualche complicazione in seguitoalla confessione della Holy Maid dietro il cui consiglio egli si erarecato a Lewes; se tale era l'intenzione di Cristoforo, egli era bencontento che seguisse la voce di Dio. Allorché scrisse questa lettera eraoccupato, sotto la direzione di Cromwell, a vagliare la testimonianza

 presentatagli dai Grandi Visitatori allo scopo di dimostrare che i fratirifiutavano di accettare le leggi riguardanti la giurisdizione papale.Al contrario, i Certosini di Londra s'erano mostrati più arrendevoli. In

 principio c'era stata una lotta, quando era stato loro proposto il

giuramento di successione, ed il Priore Houghton con l'AmministratoreHumphrey Middlemore erano stati rinchiusi nella Torre. Il giuramentoaffermava la nullità del matrimonio della Regina Caterina col Re per l'allegata ragione del suo matrimonio consumato col fratello maggioredel Re; conteneva inoltre potenzialmente, quantunque i Certosini nonl'avessero compreso così chiaramente allora, un diniego della autorità

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del Papa circa la dispensa dalla precedente unione di Caterina conEnrico. A maggio i loro scrupoli furono rimossi da alcune personeinfluenti e l'intera comunità prestò il giuramento richiesto, con la

 patetica aggiunta, tuttavia, della clausola che essi si sottomettevano

solamente nella misura che un tale operato era legittimo. Questa attualesottomissione, alla mente di Cromwell e per conseguenza di Rodolfo,apparve dapprima di maggiore importanza che non la turbata atmosferamorale della comunità; ma, coll'avvicinarsi dell'autunno, questaopinione fu modificata. Grazie a questo fatto, Rodolfo s'accorse per la

 prima volta di ciò che stava finalmente per capitare circa la supremaziadel Re sopra la Chiesa. Aveva trascorso un'intera mattinata nella stanzadi Cromwell, nella Cancelleria, occupato attorno alle testimonianze diavversione per la politica di Enrico che piovevano da tutte le parti,

separando le incriminazioni senza valore da quelle serie. Tutti i giornigli giungevano dalle spie disseminate per tutto il Paese torrenti di similitestimonianze, relative al crescente malumore per i metodi usati dalgoverno; e Cromwell, come Consigliere del Re, veniva accusato dimolti abusi. Veniva riportata qualsiasi manifestazione di tali sentimenti;le chiacchiere nelle osterie come quelle alla tavola dei signori, paroledette durante una partita di caccia o giocando alle carte. I colpevolierano trattati in vari modi; alcuni severamente rimproverati osemplicemente avvertiti; ad altri veniva fatta una visita improvvisa in

casa da parte di un cursore coi suoi uomini. Al termine della mattinataRodolfo stese come al solito la sua relazione e stava per andarsenequando Cromwell lo richiamò dalla porta.- Un momento, ho qualcosa da dirvi. Sedetevi. - Quando Rodolfo futornato a sedersi, Cromwell prese in mano una penna e cominciò agiocherellare con essa mentre parlava. – Avrete notato - incominciò -come sono eccitati gli animi in tutto il Paese e son sicuro che ne avreteanche compresa la ragione. Non è tanto quello che è accaduto - vogliodire nella questione del matrimonio e dei frati - ma ciò che il popolo

teme debba accadere. Teme che la sicurezza stia per scomparire; noncomprende che la miglior sicurezza è riposta nell'ubbidienza. Esoprattutto crede che le cose si volgano in male per la Chiesa. Esso sache il Papa ha parlato e che il Re, anziché dargli retta, diventa sempre

 più audace, e questo perché la sua coscienza glielo comanda.Ricordatevi di ciò quando avrete da trattare con Sua Maestà. Diede di

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nuovo uno sguardo a Rodolfo, ma non c'era nei suoi occhi gravivestigio di canzonatura. Poi continuò.- Vi dirò, Sir Torridon, che la gente non ha tutti i torti, e che Sua Maestànon ha ancora fatto tutto quel che intende fare. C'è ancora un passo da

compiere, ossia dichiarare il Re Capo supremo della Chiesad'Inghilterra. - Rodolfo sentì quegli occhi potenti fissi su di lui e chinòil capo senza segni di approvazione od altro.- Questa non è una novità, Sir Torridon - riprese Cromwell dopo unmomento di silenzio. - Il Re d'Inghilterra è sempre stato il Caposupremo; devo però riconoscere che questa realtà è stata un po'misconosciuta in questi ultimi tempi, ma è ora che sia riaccettata. I Papisono diventati presuntuosi ed hanno vantato il diritto a titoli che Cristonon ha mai concesso ed è tempo che sappiano che l'Inghilterra è libera

e non soffrirà più oltre il loro dominio. Quanto all'unità della ChiesaCattolica, questa potrà essere oggetto di considerazione in seguito e con

 più solido fondamento quando cioè il Papa avrà imparato a non esserecosì orgoglioso. Frattanto verrà emanato a tale scopo un atto delParlamento forse l'anno venturo, ed allora sapremo meglio quello che

 bisognerà fare. Fino a quel tempo è assolutamente necessario, come visiete accorto voi stesso, tenere il popolo calmo e non permettereopposizioni ai diritti di Sua Maestà. Mi capite, Sir Torridon? Cromwelldepose la penna e si appoggiò alla sedia, stringendosi le mani.

- Capisco - disse Rodolfo con voce perfettamente uguale.- Bene, questo è tutto quello che ho da comunicarvi - terminò Cromwellguardandolo ancora. - Non ho bisogno di dirvi quanto sia necessariomantenere il segreto in questa materia. Rodolfo era grandementeimpressionato tornando a casa e comprese meglio allora quello cheaveva udito. Mentre persone assennate tremavano già per lasfrontatezza e l'audacia del Re, Enrico meditava un passo ancor piùavanzato. Incominciò a capire che l'istinto di tutto un popolo era, comesempre, più perspicace di quello di un individuo e che questa

inquietudine generale nasceva da una ben definita percezione del pericolo. L'idea della supremazia del Re, quale l'aveva dipintaCromwell, non sembrava voler essere un allontanamento reciso dal

 passato; simili proteste di libertà erano state fatte in precedenti regni.Ora però, fondandosi, come faceva, su un atto di apertainsubordinazione al Sovrano Pontefice e di negligenza della sua

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autorità in cose riguardanti la legislazione ecclesiastica e persino lostato delle Case Religiose, palesava un significato che le proteste

 precedenti non avevano avuto. E dietro a tutto ciò vi era la coscienzadel Re! Questo era un pensiero nuovo per Rodolfo, ma più egli lo

considerava e più ne restava avvinto. Era una coscienza curiosa, ma potente e sorretta da una volontà indomabile. Per la prima volta balenòalla mente di Rodolfo un lampo della possibilità che aveva appenasognata fino allora - quella di un nazionalismo spirituale - in forza delquale il Vescovo di Roma sebbene Capo supremo della cristianità edotato di speciali prerogative, non dovesse avere nessuna ingerenzanegli affari della nazione; questi dovessero essere invece unicamenteregolati dall'autorità civile. Senza dubbio, diceva, una riforma eranecessaria: visioni e fantasie avevano formato tale un'incrostazione

attorno alle pratiche religiose che una ripulitura era invocata. Ma cosasarebbe capitato se con questo metodo non solo si fossero eliminate talisuperfetazioni, ma regolate questioni di maggiore importanza pratica efatti dei passi per modificare le ingiustificate interferenze e le domande

 pecuniarie di questo Vescovo straniero?Aveva avuto più di un'intervista con Sir Tommaso More nella Torre, eduna volta poté portargli notizie della famiglia. Per un mese nessuno deifamiliari, eccetto un servo, riuscì a fargli visita, e Rodolfo, andando dalui circa tre settimane dopo l'incarceramento, lo trovò ansioso di

notizie. Viveva in una cella abbastanza comoda della Torre Beauchamp;il pavimento era ricoperto di stuoie; il letto stava in un angolo, colcrocifisso e la corona del rosario su un tavolino di fianco. Una strettafinestra guardava fuori attraverso tre metri di muro verso il Palazzo diGiustizia e la Torre Bianca.Anche i libri, che il servo John Wood aveva portato da Chelsea e chenon gli erano ancora stati tolti, stavano qua e là nella camera ed alcunigiacevano sul tavolo tra le carte su cui stava scrivendo quando Rodolfofu introdotto dal custode.

- Sono molto contento di vedervi, Sir Torridon - disse; sapevo che nonavreste dimenticato un vecchio amico anche se lui non aveva accettatoil vostro consiglio. Scommetto però che siete venuto per darmeloun'altra volta.- Se sapessi che voi l'accettate - rispose Rodolfo.- Ma non lo accetto - disse More sorridendo - non più di quanto lo

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abbia accettato prima. Sedetevi, Sir Torridon. - Rodolfo pur essendovenuto dietro suggerimento di Cromwell, c'era venuto molto volentierianche per interessi particolari. Sapeva di non poter dare a Beatrice unasoddisfazione maggiore che visitare l'amico e si rallegrava al pensare

che poteva in tal modo servire contemporaneamente i propri interessi equelli del suo mandante. Parlò ancora un po' del giuramento e delnumero di quelli che l'avevano prestato durante le due ultime settimane.- Sono contento che essi possano farlo con la coscienza tranquilla .-osservò More. - Ed ora parliamo di altro. Se non voglio prestarloneanche per amor di mia figlia che mi ha scongiurato, non lo presteròcertamente per compiacere ambedue le Camere del Parlamento eneppure, caro Sir Torridon, per compiacere voi e Sir Cromwell. -Rodolfo vide che era inutile insistere ed incominciò a parlar d'altro. Gli

dette notizie di Chelsea.- Non sono molto allegri, laggiù - disse - e credo che voi stesso nonvogliate che lo siano.- Perché no? - ribatté More con volto raggiante, - io sono abbastanzaallegro. Non ho voluto farmi monaco; così Dio mi ha costretto adiventarlo e mi tratta come un bambino troppo viziato. Mi fa sedere sulsuo grembo e mi culla. Io non sono mai stato così felice. - Disse poi aRodolfo che il suo più grande dolore era di non poter andare a messa néricevere i sacramenti. Il Luogotenente, Sir Edoardo Walshingham, che

era stato suo amico, gli aveva detto che gli avrebbe ben volentiericoncesso tale libertà, ma che non osava per timore della disgrazia delRe.- Ma io gli ho risposto - riprese More - che non si prendesse pensiero;che mi piacevano i suoi modi di fare così com'erano e che, se mai nonmi fossero più piaciuti, mi mettesse pure fuori della porta. - Dopoalcuni minuti di conversazione fece vedere a Rodolfo ciò che stavascrivendo. Era un trattato intitolato Dialogo del conforto nella

tribolazione. - L'ho fatto per persuadermi, che non sono maggiormente

 prigioniero di quanto lo fossi prima; so che è così, ma qualche volta mene dimentico. Noi siamo tutti prigionieri di Dio. - Rodolfo fece scorrer lo sguardo sulla pagina appena scritta e stupì del buon umore che nesprizzava.- Qualche detenuto di un'altra prigione - lesse - canta, danza nei suoiceppi e non teme di inciampare in un sasso; mentre un prigioniero di

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Dio che ha solo un piede inceppato dalla gotta, se ne giace gemendo sudi un letto e si agita e grida se sta per cascargli sui piedi un cuscino.Rodolfo si recò direttamente dalla Torre a Chelsea per portare là notiziedel prigioniero, camminando in silenzio e soprappensiero. Era stato in

 parte commosso e in parte eccitato all'ira dal comportamento di More;commosso per la sua semplicità ed il buon umore; eccitato all'ira per lasua fiducia in una cattiva causa. Lady Alice More si comportò nel solitomodo: sapeva adattarsi meravigliosamente alle circostanze; fecequalche osservazione sulla monotonia del vivere in una stanza, sulladepressione d'animo che le nasceva al pensare ad un uomo relegato incarcere per volontà di un altro uomo. Deplorò la povertà deltrattamento in vigore nella prigione e la pazzia di suo marito nelrifiutare un giuramento che ella stessa, i suoi figli e la maggioranza

delle persone eminenti in Inghilterra aveva trovato così facile adaccettare. Non tralasciò nulla. Alla fine si scusò per la semplicità delsuo vestito.- Voi penserete che sono troppo trascurata, Sir Torridon, ma non ne hocolpa. Non ho il cuore né i mezzi di far meglio, ora che mio marito è in

 prigione. - Ed i suoi grandi occhi si riempirono di lacrime. Quandoebbe comunicato le notizie alla famiglia, Rodolfo si separò dal gruppo

 per andare nel giardino dove Beatrice Atherton stava seduta sottol'albero di Gesù (* Pianta speciale di quella regione) col lavoro in

grembo. Aveva notato, mentre parlava a quelli di famiglia, che stavaseduta là ed aveva alzata la voce per farsi sentire da lei. Immaginòcompiacendosi per il delicato sentire della giovane, che non avevavoluto farsi vedere così intimamente interessata nelle notizie dellaTorre come coloro che ne avevano maggior diritto. Man mano cheandava conoscendola scopriva sempre nuove sfumature nel suocarattere e ne rimaneva affascinato ed invaghito. Essa stavarammendando qualche cosetta ed alzò soltanto lo sguardo senzainterrompere il lavoro e muoversi, mentre Rodolfo le stava accanto.

- Credevo che voi non adoperaste mai l'ago - cominciò ad un tratto.- Non è mai troppo tardi per rammendare - rispose lei senza il più

 piccolo movimento. Rodolfo provò di nuovo uno strano senso difelicità, ed un sussulto di gioia, nel ricevere una così rapida e prontarisposta, e per di più in un tempo in cui la tragedia le stava d'attorno enello stesso cuore. Infatti sapeva quanto lei amasse l'uomo relegato

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nella Torre. Si sedette sulla sedia che le stava di fronte a lei e stette adosservare le dita ed i movimenti del polso mentre faceva passare l'agoattraverso la stoffa; non incominciò a parlare se non quando gli altri sene furono andati.

- Avete sentito ciò che ho detto? - chiese finalmente Rodolfo.Essa chinò il capo senza rispondere.- Devo di nuovo tornar là per portarvi altre sue notizie?- Se vi piace - rispose lei.- Spero di poter fare qualche cosetta in suo favore - continuò Rodolfoabbassando gli occhi, conscio dello sguardo di Beatrice. - Ma temo chenon si possa far molto. Parlerò a Sir Cromwell e al Luogotenente.L'ago si fermò un attimo e poi riprese. Rodolfo aveva sentore dellastraordinaria importanza di ogni sua parola. Sapeva bene che questa

fanciulla non doveva essere atterrita colla violenza, e che dovevacercare di armonizzare delicatamente le proprie idee e simpatie conquelle di lei, cercando di carpirne ogni movimento ed ondeggiamentodi pensiero. Aveva conosciuto, in seguito alla conversazione collaSignora Margherita Roper, che Beatrice era come rivolta verso di lui

 per esaminarlo attentamente e che ogni sbaglio quantunque leggerodalla propria parte poteva definitivamente alienargliene l'affetto.Persino i suoi gesti, il tono della sua voce, il suo modo di camminareerano fattori importanti. Sapeva ora di essere la qualità di persona che

 poteva tornar a lei gradita, o piuttosto che la sua personalità contenevauna sfaccettatura che piaceva a lei e che pertanto doveva badare atenere continuamente rivolta verso di lei. Aveva abbastanza senno danon voler rappresentare una parte, poiché sapeva bene che essa se nesarebbe accorta; voleva invece essere naturale il più che fosse possibileed usare i raffinati istinti che sapeva di possedere onde trovare la via di

 piacerle. Si richiedeva tuttavia lungo tempo prima di raggiungere loscopo finale; infatti non sapeva nemmeno lui chiaramente quello chevoleva, ma nel frattempo si serviva di tutte le occasioni possibili per 

avvicinarvisi. Si senti fortemente stimolato a discutere la posizione diSir Tommaso e a descrivere la propria, ma percepì dal raccoglimento edalla riservatezza di lei che ciò sarebbe stato una profanità; cosìmantenne il silenzio non ignorando che esso sarebbe stato parimentieloquente. Finalmente ella parlò di nuovo e si senti un leggero tremorenella sua voce.

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- Non potete proprio far nulla per lui? Deve dunque rimanere nellaTorre?Rodolfo protese le mani in silenzio ed in atto ti ardente supplica.- Nulla? - ripeté curvandosi sul lavoro. Rodolfo si alzò, guardandola,

ma non diede alcuna risposta. - Io... io farei qualsiasi cosa - disse essarisolutamente - qualsiasi cosa, credo, per quell'uomo... - E pois'interruppe bruscamente.

* * *Rodolfo parti da Chelsea quel pomeriggio con un turbinio di pensieri incapo e col cuore esultante. Essa non aveva detto altro, ma avevacompreso ciò che intendeva dire, e sapeva che non avrebbe detto lestesse cose ad uno che le fosse indifferente. Naturalmente, era vano

 pensare di liberare More, ma si poteva almeno tentare e Rodolfo sapeva

che gli animi cavallereschi spesso sono attratti più da una emozionantesconfitta che da un tranquillo successo. La gente si voltò più di unavolta ad osservarlo mentre a grandi passi tornava a casa.

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VIIL' ARENA

L'anno di noviziato di Cristoforo non trascorse senza ansietà. Più volte

l'ombra agghiacciante del dubbio si affacciò alla sua mente, cercando distornarlo da quel nuovo genere di vita; inoltre gli avvenimenti delmondo erano tutt'altro che rassicuranti per l'avvenire della Chiesa inInghilterra. La notizia dell'imprigionamento di Master More e delle

 prime avvisaglie di un conflitto aperto era penetrata anche fra le muradel convento di Lewes provocando un notevole orgasmo tra i monaci.Tuttavia Cristoforo, consigliatosi col superiore ed invocata la

 protezione dei suoi celesti protettori si decise al grande passo della professione religiosa e fu monaco benedettino.

L'inverno successivo alla professione di Cristoforo, la situazione dellaChiesa inglese peggiorò sensibilmente.L'Atto di Supremazia era diventato una seconda Magna Charta ed ilgiuramento di fedeltà ad esso condizione di vita o di morte. Il Priore diLewes divenne sempre più inquieto e conseguentemente l'atmosfera di

 pace del luogo sacro ebbe a subire sempre più notevoli incrinature.Era la sera di un caldo giorno di maggio quando il Priore e Cristoforoarrivarono all'albergo di Southwark, appartenente alla Prioria di Lewes.Era situato in fondo via Kater, di fronte alla chiesa di S. Olav, ed era

costituito da una grande casa costruita in pietra, con porte ad arco; unampio portico immetteva direttamente nell'alta sala, dalla volta adornadi una cornice di animali grotteschi e di fogliame. Sull'ingresso sitrovavano dei servi e nel portico alcuni amici del Priore che stavanoappunto attendendoli. Uno di essi, monaco lui pure, proveniente dal

 piccolo monastero di Farley, si portò presso la staffa della cavalcaturadel Priore e bisbigliò qualche parola. Cristoforo udì un'esclamazione edun doloroso sospiro, ma era troppo educato per fare delle domande;così scese anch'egli da cavallo e seguì gli altri nella sala, lasciando la

 bestia nelle mani di un servo. Il Priore stava già col monaco dalla parteopposta della sala, interrogandolo bruscamente guardandonervosamente da una parte e dall'altra.- Oggi? - chiese e guardò il suo interlocutore inorridito. Il monacoaccennò di sì col capo, col viso pallido e turbato ed il labbro inferiorerientrante. Il Priore si volse a Cristoforo.

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- Sono stati suppliziati oggi.Una settimana prima era giunta a Lewes la notizia che i certosini eranostati condannati per aver rifiutato di riconoscere il Re come Capo dellaChiesa Anglicana, ma non si riteneva possibile che la sentenza sarebbe

stata eseguita. Cristoforo sentì il sangue battergli nelle tempie e lelabbra inaridirsi.- Io ero sul posto, signor Priore - riprese il monaco.Era questi un uomo di mezza età, allegro e florido ma ora il suo voltoera bianco e inquieto e la bocca gli tremava.- Furono appesi rivestiti dei loro abiti. Il Priore Houghton fu il primo adessere suppliziato - ed aggiunse qualche terribile particolare.- Volete vedere il luogo, signor Priore? - aggiunse - potete andarvi. Ilvostro palafreno è ancora presso la porta.

Il Priore, Roberto Crowham, guardò il suo interlocutore un momentocon le labbra serrate e poi scosse violentemente il capo.- No, no - disse. - Io devo provvedere al nostro monastero.Il monaco guardò Cristoforo.- Posso andarci io, signor Priore? - gli chiese. Il Priore lo fissòattentamente, in un disperato sforzo di concentrare la attenzione; poichinò bruscamente il capo e si voltò recandosi verso la porta checonduceva alle stanze superiori.- Vergine Santa! - disse; - Vergine Santa! - ed uscì.

Cristoforo si accompagnò collo strano monaco attraverso la sala e fuorinel portico. Gli altri stavano là timorosi e bisbigliando tra di loro e siscostarono per lasciar passare i due monaci. Cristoforo era stanco edaccaldato quando era arrivato, ma non sentiva altro che un prepotentedesiderio di vedere il luogo del supplizio. Passò diritto accanto al suocavallo, dove stava ancora un servo con in mano le briglie e si diresseistintivamente verso il fiume. Il monaco gli diede una voce.- Ehi! ehi! non così in fretta! abbiamo del tempo fin che vogliamo!Salirono su una barca e si staccarono dalla riva. Il barcaiolo era un

uomo dall'aspetto gioviale; però non parlava ma fischiettavaallegramente tra sé piegando sui remi; la barca cominciò a muoversiobliquamente attraverso la corrente. Di quando in quando guardava imonaci; ma Cristoforo stava seduto, fissando, con occhi che nonvedevano nulla, al disopra del largo corso d'acqua, lontano, verso illuogo dove sorgeva la cattedrale gigantesca ed armonica. Era stato una

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volta a Londra due anni prima della professione, ma ora lo splendore el'imponenza della città non gli dicevano nulla. Essa aveva solo unsignificato per lui, quello di essere stata in quel giorno la scena di unmartirio. La sua anima, che aveva vissuto così a lungo nel mondo

interiore, muovendosi fra cose spirituali, stava lottando disperatamente per ristabilire in sé l'equilibrio. Una o due volte le labbra gli si mosseroe le mani si strinsero fortemente l'una all'altra sotto lo scapolare ma nonvedeva né udiva nulla e non voltò nemmeno il capo quando una chiatta

 passò veloce accanto ad essi ed un uomo riccamente vestito si sporse da poppa e gridò qualcosa in tono canzonatorio.L'altro monaco alzò lo sguardo nervosamente e con occhi di supplica,

 poiché gli era giunta attraverso l'acqua l'oltraggiosa intimidazione checi si liberava facilmente dei certosini e che il bello doveva ancora

venire.Si fermarono alle scale di Blackfriars, pagarono l'uomo il quale nonsmise di fischiettare mentre prendeva il denaro, costeggiarono iltorrente che andava a sfociare nel fiume e girarono poco dopo asinistra, lasciando dietro di loro la città. Presto si trovarono nella lungae diritta via che conduce a Tyburn, poiché Cristoforo camminavaterribilmente in fretta, non porgendo attenzione al suo compagno se nonquando giungeva ai bivi, dove era costretto ad attendere per sapere lastrada. Dopo non molto la Porta di Tyburn incominciò a mostrare i suoi

 battenti alti contro il cielo. Ad un tratto lo strano monaco, il cui nomeCristoforo non s'era preoccupato di domandare, lo prese per la lungamanica pendente.- I carri con i condannati sono passati di qui.Cristoforo lo guardò distrattamente, come se non avesse capito. Dopoun po' si trovarono sotto la Porta di Tyburn, a poca distanza dagli olmi.

* * *Era uno spazio ampio ed aperto, polveroso ora e calpestato. L'erba che

 prima cresceva presso i due torrentelli, che qui mescolavano le loro

acque era stata livellata dai piedi della calca. Gli olmi gettavano lungheombre e gli uccelli cinguettavano sui loro rami; sparsi qua e là gruppettidi gente si guardavano intorno curiosamente. A quel punto giunse alloro orecchio la voce d'un uomo che spiegava; il suo braccio s'alzava, sigirava in varie direzioni, indicava qualche cosa e s'arrestava, mentrealcuni fanciulli, stretti l'uno accanto all'altro, ascoltavano spauriti ed

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incuriositi la narrazione. Ma Cristoforo vide poco di tutto ciò. Non prestava attenzione ai dettagli; i suoi occhi erano fissi sul monticelloche si ergeva a una quarantina di metri da lui e sui tre pali disposti atriangolo ed uniti da travi trasversali che s'alzavano su di esso,

minacciosi contro il cielo. Mentre si avvicinava al rialzo di terreno,camminando come in un sogno sul suolo polveroso e sull'erbacalpestata, non facendo attenzione alcuna al monaco che bisbigliavadietro di lui con stizzosa nervosità, vide i capi di tre o quattro corde che

 pendevano immobili dai travi nella tranquilla aria della sera. Cogliocchi su tali oggetti, fra l'esaltazione ed il terrore, ascese il pendio egiunse sotto i pali.C'era una gran pace d'intorno. Gli uomini stavano in silenzio edosservavano i due monaci, desiderosi di vedere ciò che avrebbero fatto.

Ad una ottantina di metri si ergevano le torri della Porta di Tyburn, oravuote, ma affollate la mattina e dietro ad esse si snodava la lunga stradacon i campi e le grandi case da una parte e dall'altra, che conduceva allacittà ed a Westminster, quelle due tane della tigre che aveva ruggitocosi fieramente alcune ore prima e che ora si leccava le labbra arrossatedal sangue dei martiri. La pace dominava sovrana; non si udiva altrosuono all'infuori degli uccelli nell'aria e della leggera brezza attraversole tenere foglie ed il gorgoglio dei torrenti, poco prima arrossati, mache ora scorrevano limpidi e senza macchia. La luce uniforme del sole

ricopriva il vasto e pianeggiante terreno, proiettando l'ombra delmonticello e del patibolo quasi fino ai piedi della porta. Ma per Cristoforo il luogo era animato di fantasmi; lo spazio vuoto era svanitoed un mare di facce sembrava rivolto verso di lui; egli si immaginavache ci fossero delle figure là attorno e che guardassero proprio lui,fregandogli la manica nel passargli accanto: facce che lo guardasseronegli occhi attendendo da lui qualche azione o parola.Per un istante smarrì il senso della propria identità; la violenza delleassociazioni e forse anche la potenza della scena emozionante, svoltasi

lì quel giorno annientò la sua personalità. Certamente anch'egli dovevavenir martirizzato qui; tutto il resto era sogno ed illusione. Grazie aglisforzi continui per vivere nell'eternità era andato formandosi in lui unabito che ora si imponeva irresistibilmente; le leggi del tempo, dellospazio e delle circostanze cessarono temporaneamente di esistere edegli si trovò per un istante eterno di fronte alla propria agonia e morte.

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Poi d'improvviso tornò alla realtà dei fatti; si scosse e si guardò attorno,sentendosi prendere pel braccio dal monaco.- Ora avete visto - disse quegli con tono dimesso, - può bastare.Potremmo essere assaliti.

Cristoforo non lo degnò che di uno sguardo e si voltò di nuovo. Era quiche avevano subìto il martirio, quei forti, quegli intrepidi cavalieri diDio; essi avevano penduto da queste travi, coi piedi sul carro che era illoro carro di gloria, ed il collo nella fune che sarebbe stata il loroceleste distintivo; avevano guardato quei luoghi che egli stava oraguardando, mentre tenevano il breve discorso rivolti verso la Porta diTyburn. Batté ancora una volta la mano sulla rozza trave e mentre gli

 passavano nella mente i particolari del supplizio, si curvò baciandola,ed un fiume di lacrime gli velò gli occhi. Il monaco gli tirò di nuovo

nervosamente le maniche.- In nome di Dio, fratello! - Cristoforo si volse.- La caldaia - chiese - dove stava? - Il monaco fece un movimentod'impazienza, ma indicò nondimeno da una parte, lontano dal luogodove stavano gli altri uomini sempre intenti sui due monaci e Cristoforovide in basso, presso uno dei torrenti, un largo tratto di terreno anneritoed un mucchio di ceneri. Scesero giù, poiché l'altro monaco nondesiderava che mettersi in un luogo meno esposto e Cristoforo si trovòtosto sull'orlo del terreno annerito mentre più in là sulla riva del

torrente si notava del fango e dell'erba calpestata. La grigia cenere siera ormai sparsa per il prato ma giacevano ancora là, carbonizzati edaffumicati i grossi ceppi che avevano arso sotto la caldaia nella qualeerano stati bruciati i corpi dei monaci; ed egli li guardò fissamente,istupidito ed atterrito dall'orrore di un tale pensiero. La sua mente,

 presa da una violenta reazione, sembrava incapace di frenare le propriecognizioni e quasi schiacciata sotto un peso ed il compagno lo udivaripetere con lenta, monotona insistenza: - Era qui, qui; qui stava lacaldaia; proprio qui. - Poi si volse e guardò il compagno negli occhi. - Stava qui, ne siete sicuro?L'altro emise un fremito d'impazienza.- E dove poteva essere? Venite, fratello, avete veduto abbastanza.Mentre tornavano a casa gli raccontò altri particolari circa quello che isuppliziati avevano detto ed il modo con cui si erano comportati. Ilmonaco sionita Reynolds, si era guardato allegramente intorno mentre

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lasciava il carro per salire sul patibolo; il prete secolare si era fatto pallido ed aveva chiuso gli occhi più d'una volta; i tre Priori certosinierano rimasti impassibili fino alla fine, non manifestando né negligenzané timore; dopo la morte il braccio del Priore Houghton era stato

staccato e portato alla Certosa di Londra per terrorizzare gli altri; leloro teste, secondo quanto aveva udito, erano sul ponte di Londra.Cristoforo camminava lentamente mentre ascoltava, tenendo strettosotto lo scapolare il brandello di rozza stoffa bianca che aveva raccolto

 presso la caldaia, bevendo avidamente ogni particolare e inserendolonel quadro fantastico che andava formandosi nella sua mente; ma nelquadro c'era molto più di quanto l'altro pensasse. Il prete era un uomosemplice, dotato di molta praticità e non immaginava nulla dellavisione del giovane monaco che gli stava a fianco, visione in cui si

susseguivano patiboli affollati dagli angeli dell'Agonia e della Passione;facce celestiali rivolte in basso, braccia piagate e gloriose distese in attodi accoglienza; Maria cogli occhi materni e attorniata da verginidisposte a cerchi elevantisi in uno splendore crescente fino alla bianca,accecante luce salvatrice, in alto dove stava l'Eterna Trinità circondatad'amore e di gloria, pronta a ricevere e coronare gli intrepidi soldati diDio.

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VIIIPRESA DI POSIZIONE

Rodolfo manteneva la sua risoluzione di salvare Sir Tommaso More e

cercare di mettere al sicuro la propria coscienza dichiarando a Beatriceche i propri sforzi erano destinati a fallire e che egli non avevaquell'influenza che essa immaginava. Aveva certamente fatto notare piùd'una volta a Cromwell che Sir Tommaso era un uomo piacevole edotto e lo aveva trattato con gentilezza; una volta anzi era giunto a direche la morte del More non avrebbe recato beneficio di sorta, ma erastato aspramente rimproverato ed invitato a badare ai propri affari. Poi,mitigandosi, Cromwell aveva spiegato che non si trattava di morte, per ora, ma che il persistente rifiuto di More di cedere all'incalzare degli

eventi costituiva un serio ostacolo alla politica del Re.Questa politica aveva ora assunto un indirizzo più determinato. Nell'autunno del 1534 il progetto di legge riguardante la supremazia delRe sulla Chiesa d'Inghilterra incominciò a prender forma. Rodolfo ebbe

 parecchie volte sott'occhio i documenti relativi, poiché simili questioni passavano tutte per le mani di Cromwell, e fu ripieno di ammirazioneed allo stesso tempo di perplessità per l'accortezza usata nello sceglierele parole. Il progetto di legge era molto breve e fingeva di ritenerecome ovvio anziché elevare a legge il proprio oggetto.

- Quantunque il Re giustamente e legittimamente sia e debba essere -così incominciava - il Capo supremo della Chiesa d'Inghilterra e cometale sia riconosciuto dal clero di questo reame radunato in Assemblea,tuttavia, a conferma di ciò... e per reprimere ed estirpare ogni errore,eresia ed enormità, l'attuale Parlamento decreta che il Re, nostrosovrano signore... venga accettato e ritenuto come l'unico Caposupremo della Chiesa d'Inghilterra, chiamata «Anglicana Ecclesia». -Poi il decreto proseguiva conferendo al Sovrano pienezza di autorità sianelle cose temporali che spirituali. A questo punto si notava una

considerevole perizia nel concepir la frase, il che era dovuto principalmente a Cromwell. Questi infatti professava soltanto diriaffermare una cosa che era sfuggita all'attenzione ed appellavaall'autorità dell'Assemblea del clero la quale aveva, sotto la direzione diWarham, accettata simile risoluzione, quantunque munita dallaclausola: «per quanto lo permette la legge di Dio».

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Questo stato della questione rendeva Rodolfo perplesso; si sentiva portato a credere che ciò non conteneva nessun cambiamento radicaledella vecchia credenza, dal momento che il clero, in un certo senso, visi era già sottomesso. Dall'altra parte la parola - l'unico Capo supremo -

sembrava non solo affermare l'autorità civile della Corona sui dominitemporali della Chiesa, ma escludere definitivamente ogni giurisdizioneda parte del Papa.- Questa legge è l'asserzione di un principio - gli disse un giornoCromwell avendogli egli chiesto una spiegazione: - un principio che èsempre stato in vigore in Inghilterra; per il momento non occorre chesia preciso e particolareggiato: ciò verrà in seguito. - Rodolfo non eraun teologo e non si dava troppa cura di quello che la legge implicava.Anch'egli si trovava in quello stato di agnosticismo iniziale che allora

dominava gli animi in Inghilterra ed ogni scrupolo che gli veniva neimomenti di maggiore superstizione era tacitato dal pensiero che il clerosi era sottomesso. Ciò che gli sembrava più importante di ogni altradistinzione circa l'esatta competenza delle varie autorità, era lanecessità di fare dei passi verso il mutilamento dell'impero spirituale, lecui mani erano così pesanti e le cui esigenze così imprescindibili. Egli,come inglese, era alquanto infastidito dai fili direttivi con cui, cosìsembrava a lui, Roma desiderava incatenare il suo Paese. La legge fuapprovata dal Parlamento il diciotto novembre.

***Rodolfo non si lasciò sfuggire alcuna opportunità per imprimere nellamente di Beatrice quanto egli aveva rischiato a pro dell'amico rinchiusonella Torre e le fece narrazioni molto commoventi del pericolo incorso.I due stavano seduti assieme nella sala di Chelsea una sera d'inverno,

 poco dopo Natale. Sugli alti pannelli si distinguevano linee di verzurain rilievo, con frutti rossi qua e là; un mazzo di vischio era piegato inavanti sul camino inclinato e nell'aria era diffuso un odore acre di elce edi alloro. Le circostanze, pensava Rodolfo, erano piuttosto tristi... Un

altro passo nel viaggio di More verso la morte era stato fatto nel mese precedente, quando egli era stato accusato di disprezzo e di tradimento, per mezzo di un atto giudiziale destinato a legittimare l'illegalità della precedente accusa scagliata contro di lui.- Io sapevo che la mia mediazione non avrebbe giovato a nulla,signorina Beatrice, ed è veramente così... Sir Cromwell non ascolterà

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una sola parola. - Beatrice guardò in viso Rodolfo e poi riabbassò losguardo come al solito. Le sue mani erano distese sul grembo,

 perfettamente immobili.- Voi avete fatto quello che avete potuto, lo so.

- Sir Cromwell non ha accolto molto bene la mia difesa - continuòRodolfo con una apparenza di risoluta compostezza - ma questo era daaspettarsi. - Ella alzò nuovamente lo sguardo e Rodolfo si sentì presoun'altra volta dal desiderio di far precipitare la situazione e dirle ciò cheaveva in cuore, ma si represse sapendo che per il momento era ancorainutile parlare. Era un corteggiamento molto solenne e lento, come ilmovimento di un minuetto; ciascuno assumeva una posa di fronteall'altro, non per finzione, eccetto forse un poco di tanto in tanto, da

 parte di Rodolfo, ma perché per entrambi questo era un modo naturale

di esprimersi. Vivevano in un'era di dignità, interrotta bruscamente quae là dalla violenza. C'erano rappresentazioni lente e sontuose seguite dascene brutali e bestiali come la vita di un pavone che passeggia consussiego al sole e poi corre e schiamazza al calar della notte. Ma per questi due interlocutori non c'era motivo di repentini mutamenti.Col progredire della primavera i fiori del croco incominciarono a

 punteggiare l'erba lungo il fiume ed il sole a roteare con giri sempre piùlarghi; ma sulla casa di Chelsea presero ad incombere piùminacciosamente il freddo e le tenebre. Adesso stavano diventando

molto poveri; la maggior parte dei possedimenti di Sir Tommaso in altriluoghi erano stati confiscati dal Re quantunque grazie alla realeclemenza Chelsea fosse ancora stata lasciata alla Signora Alice. Una

 per volta le cose preziose scomparivano dalla casa per procurare ilnecessario alla vita. Tutti i beni privati della Signora Alice eranosfumati alla fine dell'inverno e suo figlio doveva ancora grandi sommeal governo in favore del padre. Ai primi di maggio essa disse a Rodolfoche avrebbe interposto un altro appello a Cromwell per aver soccorso egli chiese di avanzar la petizione.

- Le mie sete se ne sono andate tutte e la catenina d'oro e la croce chevoi, Sir Torridon ricorderete, se n'è andata essa pure il mese scorso...

 Non so che cosa faremo. Sir More è così ostinato - gli occhi le siriempirono di lacrime - e noi dobbiamo pagare per lui quindici scellinialla settimana. - Aveva un sembiante derelitto e debole mentre sedeva

 presso la finestra, sulla sedia, privata ora dei suoi cuscini. Rodolfo disse

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una parola a Cromwell quella sera, mentre cenava con lui a Hackney, equesti lo guardò curiosamente, sporgendosi innanzi sulla sedia scolpita,che aveva ricevuto da Wolsey nell'abito di satin, girando fra le ditamunite di grossi anelli lo stemma del suo bicchiere tedesco.

- E che cosa volete che faccia? - gli chiese con una specie di pungenteironia. Rodolfo spiegò che non sapeva nemmeno lui cosa rispondere;forse una parola a Sua Maestà...- Vi dirò come stanno le cose, Sir Torridon - interruppe Cromwell; -avete commesso un altro errore. Io non intendevo che voi foste il loroamico, ma che fingeste di esserlo.- Non posso fingerlo - rispose Rodolfo calmo, ma con una certaindignazione nel cuore - a meno che non faccia loro qualche piccolofavore qualche volta.

- Ormai non avete più bisogno di fingere - ribatté Cromwellseccamente; - è passato il tempo. - Depose il bicchiere e si sedette a suoagio. Tuttavia il rispetto e l'ammirazione di Rodolfo per il suo superiorenon diminuirono. Questi possedeva l'attrattiva di una estrema espregiudicata abilità. Rodolfo provava, nell'osservarlo, la stessa gioiache provava ad osservare un esperto schermidore; era cosi scaltro, fortee pronto; potente e paziente nella difesa, spiando sempre l'opportunitàdell'attacco e senza misericordia quando questa giungeva. I suoiammiratori non provavano un sentimento di compassione per gli

avversari; erano assorbiti dai progetti del loro capo e orgogliosi diesservi inclusi, e pur essendo uomini di cuore e di sensibilità, eranoduri come il loro padrone quando ne eseguivano i piani.

***La fine dei certosini avrebbe commosso Rodolfo se fosse stato unsemplice spettatore come aveva commosso molti altri, ma dovevarappresentare la sua parte nella tragedia e fu abbagliato dalle fulmineeintuizioni di Cromwell e dalla sua brutalità verso quei pacificicontemplativi in cui ravvisava un grande pericolo per la politica del Re.

Egli era stato presente nella casa di Cromwell, quando i tre Prioricertosini di Beauvale, Axholme e Londra di comune accordo si eranorecati da lui per fare alcune domande circa il significato dellasupremazia del Re: ma la prima di tali domande riguardante la

 possibilità per un laico di tenere le chiavi del Regno dei Cieli, fusufficiente, e senza altre testimonianze furono relegati nella Torre. Poi,

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di nuovo, era stato presente nel Palazzo dei Protocolli, alcuni giorni piùtardi, quando il Padre Lorenzo di Beauvale ed il Padre Webster diAxholme erano stati riesaminati. C'erano altre sette od otto persone

 presenti, laici ed ecclesiastici ed i Priori erano stati rimandati nella

Torre. E così gli esami si succedevano agli esami, senza tuttaviaottenere dai monaci altra risposta, se non che essi non potevano incoscienza riconoscere nel Re le attribuzioni che gli venivano conferitedall'Atto di Supremazia.La curiosità di Rodolfo lo spinse un giorno a recarsi alla Certosa, poco

 prima dell'esecuzione dei Priori; aveva con sé un lasciapassare diCromwell che gli permetteva di andare dovunque gli piacesse ma eglinon s'addentrò molto in quel luogo. Fu meravigliato per l'impressionericevuta. Mentre percorreva il grande chiostro non udiva altro rumore

all'infuori del trillo di qualche uccello che cantava nella luce pomeridiana del giardino; le porte di ogni cella, col proprio foro per il passaggio del cibo erano chiuse e silenziose. Rodolfo sentì uno strano battito al cuore nel pensare alla vita umana trascorsa in casette,ciascuna col suo minuscolo giardino, la sua bottega da lavoro, le suedue camere e l'ambulatorio pavimentato, proprie di ciascun eremita.Quanto era straordinariamente lontano questo luogo dal turbine degliaffari in cui egli era avvolto! Eppure sapeva molto bene cheun'inesorabile condanna già incombeva su quel luogo. Si domandava

come avevano ricevuto la notizia della tragedia che stava per incominciare quegli uomini bianchi, gravi, colla testa ed il viso sbarbatie gli occhi chini. Considerava quale poteva essere l'effetto di quellanotizia, che aveva il tempo di penetrare ogni giorno di più, come unsasso buttato leggermente in uno stagno e che non lasciaun'increspatura.Là, dietro ciascuna di quelle porte brune, immaginava, si stavaoperando una strana alchimia, in cui ogni nuovo terrore e minacciadall'esterno era ricevuta nel crogiuolo di un cuore palpitante e

tramutata, per mezzo della preghiera e della gioiosa accettazione, inqualche stupendo gioiello di gloria - almeno così credevano quei

 poveretti; - e Rodolfo con fare indignato diceva a se stesso che eranostupidaggini; quegli uomini erano degli oziosi e dei sognatori. Siricordò di una burla che aveva udito a proposito dei barili di vino diSpagna che entravano ogni settimana per la porta del monastero;

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inoltre, se questi uomini non mangiavano carne, avevano almeno delleeccellenti frittelle di uova e latte. Ma allorché alla fine, passò attraversoal coro dei fratelli laici e si fermò a guardare per le porte del coro deiPadri su fino al ricco altare con le suppellettili ed i pilastri da ciascun

lato, coronati da angeli dorati sorreggenti le candele, alla splendidafinestra in alto entro la quale, come in una gloria, stava immobile la pisside ricoperta di seta, un profondo e riverente timore si impadronìnuovamente di lui.Questo era il luogo dove quegli uomini strani e silenziosi siincontravano; ogni pannello ed ogni pietra erano saturi delle preghieredi gente molto dedita alla pietà, preghiere offerte tre volte al giorno -nell'ufficio notturno di due o tre ore, quando il mondo eraaddormentato, alla messa conventuale ed a vespro nel pomeriggio. - Il

suo cuore si scosse un poco al pensiero delle storielle, secondo luisuperstiziose, che circolavano al riguardo in città. Due anni prima, sidiceva, era stata vista splendere nella casa una cometa. Mentre i monaciritornavano da mattutino, ciascuno colla lanterna in mano, lungol'oscuro chiostro, un raggio era partito dalla cometa, aveva brillato sullachiesa e sulla torre campanaria per spegnersi poi nell'oscurità. Dinuovo, un po' più tardi, due monaci, uno nel giardino della cella e l'altronel cimitero, avevano visto un globo colar rosso sangue, alto,minaccioso, sospeso in aria sulla casa. Finalmente, il giorno di

Pentecoste, alla messa dello Spirito Santo, offerta alla fine di un triduo,con l'intenzione di ottenere la grazia di affrontare qualsiasi sacrificio,non uno né due ma l'intera comunità, inclusi i fratelli laici che sitrovavano fuori del coro dei Padri, avevano percepito una leggeramusica di inesprimibile dolcezza che andava e veniva sulle loro testedurante l'Elevazione. Il celebrante aveva chinato silenziosamente ilcapo sull'altare, incapace di continuare la messa ed i monaci eranorimasti come pietrificati dalla gioia e dallo stupore.Rodolfo guardò ancora una volta l'altare, nel rievocare questa storia;

guardò la fila degli stalli da ambo le parti, l'oscuro tetto in alto, lefinestre risplendenti ai lati e di fronte e si domandò se ciò fosse vero, seDio avesse veramente parlato, se uno spiraglio della porta del paradisosi fosse aperto per lasciar sfuggire quella musica. Non poteva esser vero, pensò; era il sogno di un uomo impazzito a causa dell'insonnia,istupidito dal digiuno, dalla disciplina e dalle vigilie e che aveva poi

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raccontato il sogno agli altri i quali dal canto loro non avevano volutosembrare meno spirituali e meno sensibili alle manifestazioni divine.Una bruna figura s'appressò all'altare per accendere le candele per ilvespro; aveva uno stoppino in mano la cui luce all'estremità si muoveva

come una stella contro la dota tura e l'intaglio.Rodolfo si volse ed uscì. Più tardi, il quattro maggio, era presente aTyburn per l'esecuzione dei tre Priori e degli altri due sacerdoti. Làc'era un'immensa folla, essendo convenuta quasi l'intera Corte e,secondo quanto si riferiva, vi si trovava il Re in persona, tra un gruppodi cinque cavalieri, i quali erano venuti in uniformi scozzesi, collavisiera ed armati, ed avevano preso posto vicino al palco. Si fece un

 profondo silenzio allorché i monaci furono trascinati sui carri nei loroabiti; tutti e tre assieme dietro un solo cavallo. Giustizia fu subito fatta

e le spoglie orribilmente seviziate. Rodolfo tornò a casa risoluto di far qualche cosa contro essi; una tragedia come quella a cui aveva assistitodoveva necessariamente, in un modo o in un altro, essere stata causatada un motivo violento, e ciò lo convinse sempre più che i condannatiavevano torto. La stessa loro passività lo faceva montare in collera. Nelfrattempo non aveva udito parlare della presenza di suo fratello aLondra e fu con certo stupore che nel pomeriggio successivo ricevetteda Maurizio la notizia che Sir Cristoforo stava aspettandolo nel salottodi ricevimento. Mentre scendeva le scale si chiese che cosa Cristoforo

stava facendo a Londra e che cosa avrebbe potuto dirgli. Era pure inattesa di un messaggio e di un fascio di lettere che doveva portargli unadomestica di Beatrice e che aveva promesso di consegnare a Sir Tommaso More. Ma era deciso ad usare cortesia con suo fratello.Cristoforo, rivestito del nero abito di monaco, stava dall'altra parte deltavolo di mandorlo, accanto al focolare, e non si mosse allorchéRodolfo gli si appressò sorridente e composto. La sua faccia alquantoassottigliata, era completamente rasa, con delle cavità nelle guance ecogli occhi stranamente illuminati.

- Come mai, Cristoforo! - chiese Rodolfo, e si fermò meravigliatodall'immobilità dell'altro. Poi Cristoforo fece due rapidi passi intorno altavolo, con le mani un po' rialzate dall'ampie e pendenti maniche.- Ah fratello! sono venuto a portarti via: questo è un brutto luogo!Rodolfo fu così sorpreso che indietreggiò di un passo.- Sei impazzito? - disse abbastanza freddamente, ma si sentì il cuore

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 preso da un subitaneo e superstizioso timore. Cristoforo afferrò la riccamanica di seta con ambo le mani e Rodolfo s'accorse che eranotremanti e nervose.- Devi venir via - gli disse - per amor di Dio! Non devi rovinarti

l'anima.Rodolfo sentì l'antico disprezzo sopraffare e soffocare quelmomentaneo timore. La familiarità prodotta dalla presenza del fratellovinse la suggestione religiosa che gl'ispirava il suo abito.Questo era ciò che aveva temuto e quasi aspettato; e cioè che il chiostroavrebbe fatto di questo suo fratello un fanatico. Diede uno sguardo alla

 porta che aveva lasciata aperta, ma la casa era silenziosa. Poi si volse.- Siediti, Cristoforo - disse, facendo un grande sforzo per mantenere ilcontrollo di sé; poi andò a chiudere la porta. Ritornò quindi presso la

sedia che aveva lo schienale rivolto verso la finestra, passando accantoal fratello.- Tu non devi fare lo sciocco ed il turbolento - disse risolutamente; -siediti, Cristoforo.Il monaco gli passò accanto ed andò a porsi dall'altra parte del focolaree lo guardò di nuovo in faccia ma non si sedette. Rimase in piediguardando Rodolfo che stava seduto con le gambe incrociate.- Che cosa è questa tua follia? - ripeté Rodolfo. Cristoforo lo fissò unmomento in silenzio.

- Perché, perché... - incominciò, e s'interruppe. Rodolfo si sentì padronedella situazione, ma risolse tuttavia di agire paternamente.- Mio caro giovanotto, i tuoi sogni a Lewes ti hanno fatto impazzire.Quando sei giunto a Londra?- Ieri - rispose Cristoforo fissandolo sempre attentamente.- Ma allora... - riprese Rodolfo.- Sì... tu credi che io sia giunto troppo tardi ma io ho visto - interruppeCristoforo; - io fui là la sera di quel giorno ed ho rivisto tutta la scena.La tensione nervosa di cui sentivasi invaso sembrò rilassarsi nella calda

e soave atmosfera di quella stanzetta ben arredata e di fronte allacompostezza di suo fratello. Le labbra incominciarono a tremargli edegli si girò un poco posando la destra sull'orlo del camino. Rodolfonotò con un senso di sprezzante compassione come le pesanti pieghedella tonaca stretta dal cingolo sembravano contenere nulla e come il

 polso da cui la manica era ricaduta indietro era sottile come una canna.

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Si sentiva così infinitamente superiore al fratello che poteva facilmentemostrarsi generoso e gentile.- Caro Cristoforo, - gli disse sorridendo - mi sembri affamato esofferente. Devo dire a Maurizio che ti porti qualche cosa? o credevo

che voi monaci steste molto meglio.In un istante Cristoforo cadde in ginocchio sulla stuoia; le sue maniafferrarono le braccia del fratello ed i suoi occhi atterriti lo guardarono

 pieni di supplica. Le parole gli uscirono fuori come un torrente:- Rodolfo, caro fratello! per amor di Dio, vieni via! Ho saputo tutto. Soche queste strade sono rosse di sangue e che le tue mani vi si sonoimmerse. Tu non devi rovinarti l'anima. Io so tutto; tu devi venir via diqui. Per amor di Dio!Rodolfo si divincolò e si alzò respingendo la sedia.

- Perdinci - esclamò - ho un fratello pazzo! Alzati. Non vogliomascherate in casa mia. - Batté rabbiosamente il piede sul pavimentoguardando fissamente Cristoforo il quale si era nuovamente gettatoindietro sui calcagni.- Alzati - ripeté Rodolfo.- Vuoi ascoltarmi, fratello?Rodolfo era esitante.- Ti ascolto se dirai delle cose ragionevoli. Credo che tu sia impazzito.Cristoforo si alzò. Tremava violentemente e le mani gli si contorcevano

stringendo fortemente i fianchi.- Allora, mi ascolti? - disse con voce tremante. - Si tratta di questo...- Devi sederti - interruppe Rodolfo e gli accennò la sedia che stava didietro. Cristoforo se l'accostò e si sedette. Rodolfo fece un passo versola porta e l'aperse.- Maurizio - gridò e tornò a sedere.Ci fu silenzio per qualche istante, fino a che il passo del servo risuonònella sala adiacente e la porta si riaprì. Lo sguardo discreto di Maurizios'appuntò immobile e composto sul padrone.

- Porta il dolce - gli ordinò Rodolfo - ed il vino. - Diede poi unsignificativo sguardo al servo ed un'occhiata fuori della sala e tornònella posizione di prima. Allora Rodolfo si volse di nuovo verso ilfratello. Cristoforo aveva ormai tempo di riacquistare la padronanza disé e stava seduto pallido e composto dopo quel drammatico sfogo, conle mani nascoste sotto lo scapolare e le dita intrecciate.

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- Ora parla - riprese Rodolfo col cortese disprezzo di prima.Incominciava a comprendere il motivo della venuta del fratello ed eradeciso a mostrarsi nello stesso tempo paterno e risoluto. Bisognavainsegnare a questo stupido a stare al proprio posto.

- Si tratta di questo - ricominciò Cristoforo con voce ancora tremantema che diventava sempre più ferma. - Il popolo di Dio è perseguitato,.non c'è più alcun dubbio. Erano dei santi quelli che son morti ieri e Sir Cromwell è il movente nascosto; e... e tu servi lui.Rodolfo scosse il capo accennando a parlare ma il fratello continuò:- So che tu mi credi uno stupido, e ti darei quasi ragione... Ma so pureche preferirei essere uno stupido anziché...- Anziché un farabutto - terminò Rodolfo.- Ti ringrazio per la buona opinione che hai di me, fratello mio.

- Dunque tu sei venuto ad insegnarmi quello che debbo fare?- Son venuto a salvare la tua anima - rispose Cristoforo, stringendo i

 braccioli della sedia e fissandolo attentamente.- Sei molto buono con me - ribatté Rodolfo amaramente. - Adesso perònon intendo tollerare più oltre la maschera. - S'interruppe bruscamenteall'aprirsi della porta. - E qui c'è il dolce. Cristoforo, tu non sei testesso... - diede di nuovo un rapido sguardo al servo - e credo che ogginon abbia ancora mangiato. Guardò di nuovo fuori attraverso la portamentre Maurizio si voltava per andarsene. Cristoforo non fece

attenzione alcuna alle leccornie. Sembrava non avesse notata l'entratadel servo.- Io ti dico - ripeté con voce ferma e coi larghi e splendenti occhi fissisul fratello - ti dico che tu perseguiti il popolo di Dio, e sono venutonon soltanto come fratello, ma come monaco, per ammonirti. - Rodolfomosse la mano sorridendo in direzione del piatto e della bottiglia.Questo atto sembrò ferire Cristoforo atrocemente poiché i suoi occhilampeggiarono e la bocca si strinse fortemente ed egli si alzò di scatto.- Ti dico che anche se stessi per morir di fame non spezzerei il pane in

questa casa: è la casa di un nemico di Dio. - Allungò nervosamente lamano sinistra e prese la bottiglia; poi con un rapido roteamento lasbatté sulla tavola; essa si infranse e cadde sul pavimento mentre ilrosso vino si spandeva sulla tavola.- Come, c'è del sangue dinanzi ai tuoi occhi - urlò quasi impazzito per l'inedia e l'insonnia e per le atrocità di cui era stato testimone; - è la

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terra che piange. Rodolfo era balzato in piedi al frantumarsi della bottiglia e guardava tremante e cogli occhi infiammati il monaco; la porta si aprì leggermente e Maurizio si fermò vigile e discreto sullasoglia, ma nessuno dei due si accorse di lui.

- E se anche tu fossi dieci volte mio fratello - gridò Cristoforo, - io nonstringerei la tua mano. Si udì bussare alla porta e il servo scomparve.- Fallo entrare, fosse pure il Re in persona - gridò il monaco - affinchéoda almeno una volta la verità.Il servo fra le proteste fu lasciato in disparte e Beatrice entrò nella sala.

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IXRISTABILIMENTO

Vi fu un momento di profondo silenzio, rotto solamente dal fruscio del

vestito della fanciulla. La porta si era richiusa e Maurizio stava nellasala, nascosto nell'ombra presso la finestra, pronto a dare aiuto seoccorreva. Beatrice rimase ad un metro dalla porta molto sostenuta edignitosa, quantunque un po' pallida, facendo correre lo sguardo or sull'uno or sull'altro dei fratelli, i quali a loro volta la guardavano comesi trattasse di un fantasma. Rodolfo parlò per primo, ingoiando una odue volte la saliva prima di incominciare e sforzandosi di sorridere.- Oh, sei tu dunque - disse. Beatrice si avvicinò d'un passo, guardandoCristoforo, pallido ed eccitato, cogli occhi spalancati ed offuscati.

- Sir Torridon, - disse piano Beatrice - ho portato il fascio di lettere. Cel'ha la mia serva. - Nel parlare continuava a guardare con ariainterrogativa Cristoforo.- Oh, questo è mio fratello monaco - annunziò in fretta e con salacitàRodolfo guardandolo. - È proprio lui. - Allora Cristoforo perse di nuovoil controllo di sé.- E questo è mio fratello assassino; è veramente lui. - Le labbra diBeatrice si scostarono e i suoi occhi fremettero. Essa allungò esitante lamano e la lasciò ricadere allorché Rodolfo si mosse un poco verso di

lei.- Lo senti? - le disse Rodolfo.- Non comprendo - rispose la fanciulla, - tuo fratello...- Si, sono suo fratello! - urlò furente Cristoforo. Le labbra di Beatrice sirichiusero ed uno sguardo di disprezzo si dipinse sul suo viso.- Ho ascoltato abbastanza, Sir Torridon. Volete venire con me? -Cristoforo fece un passo avanti.- Io non so chi siete, signorina, ma voi sapete chi è costui? Sapete che èuna creatura di Sir Cromwell?

- Io so tutto - rispose Beatrice.- Eravate presente anche voi a Tyburn? - chiese bruscamenteCristoforo. - Forse in compagnia di codesto mio fratello? - Beatrice loguardò con aria di sfida.- Che cosa avete da dire contro di lui? - Rodolfo fece atto di parlare, mala fanciulla glielo impedì. - Voglio sapere. Che cosa avete da dire?

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- È una creatura di Cromwell che ha tramato la morte di quei santireligiosi. Questo mio fratello, a quanto ho saputo, era presente agliinterrogatori ed allo stesso supplizio. Basta così? - Cristoforo avevariacquistata la padronanza di sé ma le sue parole sembravano ardere

come al contatto del vetriolo. Le sue labbra si torcevano mentre parlava.- Ebbene? - disse Beatrice.- Bene, se ciò non basta, cosa si dovrebbe dire a riguardo di More e diMons. Fisher?- Egli è stato un sincero amico di Sir More - ribatté Beatrice - questo ioso.- Guadagnerà la corona del marito senza dubbio - aggiunse Cristoforoin tono di scherno.

- Ed ora non avete più nulla da dire? - chiese pacatamente la fanciulla.Un tremito percorse il corpo del monaco; la sua bocca si aprì e sirichiuse; il fuoco nei suoi occhi lampeggiò e si spense; le manistrettamente unite si alzarono e ricaddero. Poi riprese calmo:- Non ho più nulla da dire, signorina. - Beatrice si accostò a Rodolfo egli porse la mano guardando fissamente Cristoforo. Rodolfo prese lamano per un istante; poi la sollevò ed accennò bruscamente col capo indirezione della porta. Cristoforo girò intorno al tavolo; Maurizio convolto impassibile aperse la porta e lo seguì, lasciando Beatrice e

Rodolfo soli.* * *

 Cristoforo era ritornato da Tyburn la sera precedente indicibilmenteagitato. Era stato seduto tutta la sera da solo, soprappensiero e affranto,e non aveva dormito la notte, poiché eccitanti visioni erano passatecontinuamente dinanzi ai suoi occhi mentre si rivoltava da una parte edall'altra nello stretto letto. Più e più volte Tyburn gli si parava davantiagli occhi popolata di fantasmi; vedeva le spesse funi ed udiva il lorostridio ed il mormorio, della moltitudine; sentiva l'odore pungente dei

ceppi bruciati e del vapore denso che si alzava dalla caldaia. Una voltagli parve che la camera stessa fosse piena di figure, vestite di bianco esilenziose, le quali lo osservavano con visi pallidi ed impassibili, comese fossero lontani e non si curassero di lui. Allora si era ripetutamentegettato in ginocchio, si era flagellato colla disciplina onde partecipare alloro dolore; però tutta la soavità delle cose divine se n'era andata. Non

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c'era più paradiso, né Salvatore, né amore. Era costretto a viverequaggiù, schiacciato e soffocato in questa città apostata, i cui rumori ele cui grida giungevano fin nella sua cella. Aveva dimenticato lasplendente visione in cui aveva ricevuto l'invito divino; era come una

storia udita molto tempo fa. Ora era abbattuto da fatti fisici, daigrossolani particolari della tragedia, quali lo strangolamento, il sangue,il fumo, l'odore acre della folla ed il cielo oscurato da vapore.Solamente il giorno successivo, allorché conversando col Priore e conqualche forestiero poté udire un'altra volta la storia e le predizioniintorno a More e Fisher, il significato della posizione di Rodolfo gli

 balenò chiaramente agli occhi. Non che sapesse di più, maimprovvisamente comprese meglio ciò che già sapeva. Un monacoaveva detto una parola intorno alla parte che aveva Cromwell nella

questione ed il Priore aveva gettato un fugace e triste sguardo aCristoforo; Cristoforo aveva compreso in un attimo. Questo era ciò chesuo fratello stava facendo. Era più distratto che mai: dinanzi alla suamente si muovevano immagini di strane sale conciliari nelle qualigrandi uomini rivestiti di abiti serici stavano seduti su sedili rialzati etra essi si trovava pure Rodolfo. Gli sembrava di udire le sue pungentidomande circa le irremovibili convinzioni degli accusati e la loroadesione al Vicario di Cristo, domande che penetravano fino alla radicedella loro fede e la esponevano agli occhi del mondo. Era stato per tutto

il tempo del pranzo cogli occhi accesi, ma il Priore non aveva notatonulla, poiché egli pure era assorbito da vari pensieri, ed allorché sialzarono da tavola diede affrettatamente a Cristoforo il permesso diandare a trovare suo fratello, se voleva. Quel pomeriggio Cristoforoaveva passeggiato su e giù per la camera abbozzando nella mente frasidi supplica, di compassione e di terrore, ma era inutile; non riusciva aconcentrare il pensiero, cosicché alla fine si era recato a Westminster,nello stesso tempo atterrito per la brutta sorte a cui andava incontrol'anima di Rodolfo ed acceso di indignazione contro di lui. Ed ora

camminava di nuovo verso il fiume, nel fresco della sera, sapendo diaver col suo smodato furore pregiudicato la propria causa ed il propriodiritto a parlare.

***Fu un'altra strana serata quella che gli toccò trascorrere nella cameradel Priore, dopo cena. Lo stesso monaco, Padre Ods, che lo aveva

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accompagnato a Tyburn il giorno prima, era di nuovo là e Cristoforostava seduto in un angolo. Il bollore dell'ira era quasi spento ed orariandava colla mente alla scenata che aveva fatto con Rodolfoescogitando nuove frasi che avrebbe potuto usare, ora ascoltava la

conversazione, di cui però non comprendeva che vagamente ilsignificato. Sembrava che quella storia di sangue fosse appena agliinizi. Bedale, l'Arcidiacono di Cornwall, si era recato quel giorno allaCertosa; era stato visto andare là in carrozza e discendere alla portadella casa con un fascio di libri sotto il braccio; era poi passato per la

 porta a cui era stato appeso la notte precedente il braccio del PrioreHoughton. Erano attesi altri imminenti arresti.- Per quello che riguarda Monsignor di Rochester - disse il monaco, chesembrava trovare uno spasso nel raccontare brutte notizie - e Sir More,

non c'è dubbio che saranno condannati. Sono definitivamente ferminelle loro opinioni. Ho saputo che Monsignore è molto ammalato e

 prego il Signore che voglia chiamarlo a sé. Ho anche saputo chel'autorità di Roma l'ha fatto Cardinale, Sua Maestà ha giurato cheMonsignore non avrà una testa su cui portare il cappello.Poi prese a parlare il Vescovo, descrivendo le sue sofferenze nellaTorre, poiché aveva più di ottant'anni ed aveva appena gli abitisufficienti per coprirsi. Di tanto in tanto Cristoforo guardava il suosuperiore. Il Priore stava seduto sulla grande sedia, col capo in una

mano, taciturno ed assorto. Quando Padre Ods si arrestò un momentoegli alzò lo sguardo con impazienza e gli accennò di continuare.Sembrava che non si saziasse di ascoltare, e tuttavia Cristoforo nescorgeva i movimenti nervosi e lo udiva respirare affannosamenteallorché apprendeva nuovi particolari. Il monaco parlò pure deldiscorso tenuto dal Priore Houghton sul carro...I presenti allora gli chiesero se almeno in quella circostanza intendevasottomettersi alle leggi del Re ed egli chiamò Dio a testimonio che nonera per ostinazione o perversità che rifiutava, ma perché il Re ed il

Parlamento aveva decretato diversamente da quello che ingiunge laSanta Madre Chiesa, e che, quanto a lui, era disposto a soffrire ognispecie di tormento anziché rinnegare una verità della Chiesa. E quandoebbe innalzata a Dio una preghiera presa dal salmo trentesimo, fusuppliziato.Il Priore osservava con sguardo quasi assente il monaco che raccontava

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la sua storia con una specie di diabolico gusto, ed una volta o due le suelabbra si mossero per parlare; ma rimase in silenzio e quando l'altroebbe finito, lasciò ricadere il mento nella mano.

***

Cristoforo non sapeva quasi come erano trascorsi i giorni che avevanotenuto dietro al suo arrivo a Londra.Li aveva spesi per la maggior parte in casa al mattino scrivendo per ilPriore o vigilando presso la porta d'entrata mentre il superiore parlavacon prelati ed ecclesiastici nell'interno di essa. In quei giorni invero, laLondra ecclesiastica era affaccendata come un formicaio distrutto e gliuomini venivano e andavano senza posa; monaci impauriti e furtivi cheguardavano da una parte e dall'altra, qualche Abate in cerca del Palazzodei Lords, Priori e procuratori venuti per regolare affari diversi. C'erano

comunicazioni quasi ininterrotte tra le Case Religiose, poiché il principe di esse, il contemplativo certosino, era stato colpito e nessunosapeva dove l'assalto sarebbe terminato.

 Nel frattempo Cristoforo non aveva più avuto notizie da Rodolfo.Pensò di scrivergli od anche di fargli un'altra visita, ma a questo

 pensiero si sentì venir meno le forze. Era impossibile, pensava, che unqualsivoglia scambio di relazioni potesse passare tra loro finchéRodolfo non avesse rinunziato a quel suo orribile mestiere; il primosegno di ravvedimento deve venire da parte di colui che ha peccato. Si

domandava talvolta chi fosse la fanciulla e, come un monaco dalla testacalda, aspettava il peggio. Un uomo che era in grado di condurre la vitadi Rodolfo non poteva avere alcuna morale. La fanciulla si era mostratacosì amica di lui, pensava Cristoforo, così pronta a difenderlo, così

 preoccupata per l'eventuale possibilità di un suo torto. Senza dubbioanch'essa apparteneva alla corrotta banda, una delle grandi signore che

 bazzicava nella Corte e succhiava il sangue del popolo di Dio.La vita interiore di Cristoforo, tuttavia, così rudemente sconvolta daquelle nuove esperienze, incominciò a ristabilirsi lentamente col

trascorrere dei giorni. Aveva incominciato, come un gatto in una casanuova, a familiarizzarsi coll'ambiente dell'albergo ed a stabilire quellarelazione tra gli oggetti esteriori e la sua persona, che è così necessariaalle anime interiori che non vivono ancora nel distacco. Si trasportònella cameretta vicina a quella del Priore, cercando di renderla il più

 possibile simile alla sua cella, si disfece di due o tre mobili che lo

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distraevano, dispose il letto in un altro angolo ed appese la corona delrosario nella stessa posizione che soleva occupare a Lewes.Ogni mattina serviva la messa del Priore nella cappellina annessa allacasa e faceva del suo meglio per rinvigorire le lacere fibre del proprio

spirito. In certi momenti della vita, il mondo soprannaturaleincominciava ad apparire di nuovo, come punte di una roccia vivaemergenti dalla sabbia, distaccate e mezzo soffocate dai particolariesteriori, ma reali e persistenti. A poco a poco ritornò la serenità el'antica atmosfera. Dopo tutto, Dio era qui come là; la grazia, la

 penitenza, la custodia degli angeli ed il sacramento dell'altare erano glistessi a Southwark come a Lewes.Queste cose rimanevano; tutto il resto era accidentale: la diversa altezzadella camera, le insolite svolte dei corridoi, i rumori di Londra, le grida

della strada, il frastuono della musica, il disordinato orario della vitaquotidiana.A metà giugno, dopo una lunga conversazione tenuta il mattino con unforestiero, il Priore lo mandò a chiamare. Questi stava presso l'altofocolare scolpito, colla schiena rivolta verso la porta, col capo ed unamano appoggiati contro la pietra; allorché Cristoforo entrò, si volse conaria abbattuta. Cristoforo poté notarne il mortale pallore ed il nervosotremolio delle labbra.- Fratello - disse - ho un pericoloso compito da disimpegnare e tu devi

venire con me.Cristoforo sentì il cuore battergli pesantemente e dolorosamente.- Debbo fare una visita al Vescovo di Rochester. Un amico ha ottenutoil permesso. Dobbiamo andare alle cinque. Guarda di essere pronto.Prenderemo il battello presso la scalinata.Cristoforo stette in attesa, cogli occhi rispettosamente chini.- Deve essere interrogato di nuovo giovedì - proseguì il Priore - ed imiei amici desiderano che io gli faccia visita. Dio sa... - Si fermò

 bruscamente, facendo un segno colla mano; Cristoforo nel lasciare la

stanza, vide che si era di nuovo appoggiato alla pietra ed aveva il caponascosto tra le braccia.Altri tre certosini erano stati condannati la settimana precedente, mal'interrogatorio del Vescovo, quantunque il suo nome fosse nella primaaccusa, fu posposto di alcuni giorni. Anch'egli come Sir TommasoMore, era stato più di un anno nella Torre; Cristoforo si sentì

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fortemente eccitato al pensiero di dover presentarsi a questo uomo.Aveva dal giorno della venuta a Londra udito parlare da ogni parte delsuo sapere, della sua santità e della sua autorità.Quando il Vescovo aveva lasciato Rochester per venire a Londra in

seguito alla sua citazione, un anno prima, s'era svolta una straordinariascena d'addio i cui particolari si raccontavano ancora in città.Le strade erano piene di una numerosa folla che piangeva e pregavamentre egli camminava tra di essi a capo scoperto, impartendo

 benedizioni. Era poi montato a cavallo presso la porta della città e adalta voce aveva loro raccomandato di star saldi nell'avita religione e dinon lasciarsela strappare da nessuno.Ed ora lui stesso giaceva in prigione per la fede, lui, Cardinale di SantaRomana Chiesa, con lo stretto necessario per coprirsi e nutrirsi.

Durante il saccheggio del suo palazzo, mentre gli uomini correvano dauna stanza all'altra lacerando la tappezzeria ed ammonticchiando le

 preziose stoviglie, un monaco aveva trovato una grande scatola di ferronascosta in un angolo. Allora la canaglia incominciò a gridare che essaconteneva dell'oro «per il Papa sanguinario» e la scatola fu aperta, manon vi si trovò che un cilicio ed un paio di discipline.

***C'era una faticosa remata per andare da Southwark alla Torre, contro ilflusso che rientrava nel fiume dal mare. Mentre passavano sotto il

 ponte, Cristoforo guardò le case ammassate, le grandi porte alle dueestremità e le facce che si allungavano per guardar di sotto e poténotare di sfuggita l'alto muro che sovrastava la porta, i pali che siergevano su di esso, le teste sanguinanti che li coronavano.Allorché si girò nel suo sedile vide il barcaiolo contratto dal timore edall'incubo e girando ulteriormente lo sguardo osservò a fianco di lui ilPriore che col viso pallido e fisso guardava immobile in basso.Quando presero terra presso la scalinata non trovarono ostacoli, e,giunti all'ingresso della Torre, presentarono il mandato. Il custode

chiamò un uomo del corpo di guardia; questi uscì e li precedette lungola via fiancheggiata da muri che conduceva al posto di guardia piùinterno; ad un tratto girarono a sinistra e si trovarono nel grande cortileche circondava la Torre Bianca.Il Priore camminava pesantemente, col viso rivolto in basso come sedesiderasse evitare gli sguardi, e Cristoforo si accorse che non faceva

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attenzione agli uomini armati ed alle altre persone disseminate qua e làche riverivano le sue insegne prelatizie. C'era molta gente che

 passeggiava al sole vespertino, soldati e servi; inoltre qua e là, ai piedidi una torre, stava un alabardiere colla giubba di cuoio, appoggiato alla

 propria arma.In quel momento vi erano nella Torre molte persone distinte, siaecclesiastici che laici, i quali avevano rifiutato di emettere uno o tutti edue i giuramenti e Cristoforo guardava le finestre con curiosità,immaginando dove potevano stare i singoli detenuti. Man mano che

 procedevano egli diventava più curioso di sapere come mai loro due sitrovavano qui e chi aveva ottenuto il mandato di entrata, poiché nonl'aveva ancora letto.Quando ebbero raggiunto i piedi della torre carceraria, il custode disse

una parola alla sentinella ed introdusse i due monaci nell'interno precedendoli su per le anguste scale che si snodavano nella oscurità.C'erano delle finestre in vari punti, piccole aperture nella spessamuraglia, attraverso le quali Cristoforo poteva scorgere, ora parte delfossato ad occidente, ora la guarnigione interna colla Torre Bianca,mastodontica e massiccia.Il Priore che seguiva il guardiano e precedeva Cristoforo, si arrestò d'untratto e Cristoforo lo udì bisbigliare tra sé e sé; nello stesso istante siudì di fronte il rumore di una chiave girata nella toppa. Mentre il

giovane monaco stava lì in attesa, appoggiato contro le pietre del muro,fu di nuovo colto da uno strano eccitamento a cui era mescolato ancheun po' di terrore.Era stata infatti per lui un'esperienza emozionante solo l'aver percorsoquelle poche centinaia di metri che li separavano dalla porta esterna;senza dire che la visibile apprensione del Priore, il quale non aveva

 pronunciato una sola parola intelligibile da quando avevano preso terra,era tutt'altro che rassicurante. Per la prima volta in vita sua si trovavatra quelle terribili mura; aveva visto durante il breve tragitto entro quel

luogo la bassa Porta del Traditore che era per molti la porta della morte.Anche ora, mentre si stringeva contro le pietre, poteva vedere di fuori, asinistra, attraverso le strette aperture, una striscia di campagna oltre ilfossato, e da quelle parti, lo sapeva, si trovava il piccolo monticello cheandava arrossandosi di settimana in settimana di una fanghiglia disangue e di terra. Ed in questo momento si trovava presso la porta di

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uno il quale, senza dubbio, presto sarebbe morto là, per quella fede cheentrambi professavano.Il Priore si voltò bruscamente.- Ah! - disse, - mi ero dimenticato; devi aspettare qui fuori finché non ti

chiami.Si udì il rumore di una porta che si apriva di sopra; il Priore salì su edentrò. La porta si richiuse, non senza che Cristoforo avesse avuto iltempo di dare un rapido sguardo al soffitto a volta della cella; poi ilguardiano ritornò presso di lui, attendendo con le chiavi in mano.

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XPRIGIONIERO E PRINCIPE

Il sole era calato alquanto ed aveva incominciato a gettare lunghe

ombre quando la porta si riaprì ed il Priore fece segno al monaco dientrare.Cristoforo, durante il tempo che era rimasto là guardando fuori dallafinestra la verde acqua del fossato e l'ombrato muro più in là, mentre ilguardiano stava qualche gradino più in giù, ora sospirando per ilritardo, ora canticchiando tra sé e sé, aveva udito a tratti delle voci

 provenienti dalla cella soprastante, ma non era stato più di un mormorioche aveva finito per spegnersi.

 Nel varcare la soglia Cristoforo vide una stanza polverosa con le pareti

nude, uno o due mobili massicci e la figura del Priore molto sostenuta,rischiarata dalla luce che proveniva dalla piccola finestra laterale; madimenticò tutto ciò allorché guardò la persona che stava in piedi,sorridendo accanto al tavolo. Era un uomo molto alto e snello, vestitodi un abito nero e lacero, diventato verde per il lungo uso; era un po'curvo ma ancora dignitoso. La faccia era incredibilmente sparuta congrandi occhi bruni circondati da rughe, mentre rari capelli bianchi,arruffati e lunghi, uscivano di sotto al vecchio cappello afflosciato.La mano che Cristoforo baciò sembrava un fascio di canne unite

assieme con pergamena e sopra il polso il braccio diventava ancor piùsottile entro la manica penzolante e sdrucita.Poi il monaco alzò lo sguardo e vide quegli occhi nobilmente alteri chelo guardavano. Il Priore fece un movimento di deferenza e dissequalche parola a cui il Vescovo rispose.- Sì, sì, signor Priore; comprendo... Dio vi benedica, figlio mio.Il Vescovo si mosse verso la sedia e si sedette respirando un po'affannosamente poiché era esaurito dalla malattia e dalle privazioni, e

 pose le lunghe mani una sull'altra.

- Sedetevi, fratello - disse - ed anche voi, signor Priore.Cristoforo vide il Priore attraversare la stanza per andare a sedersi su diun vecchio sgabello rotto, ma egli rimase in piedi, pervaso dal timore equasi atterrito dalla visione di quel volto gracile in cui solo gli occhisembravano vivere; un volto cosi esile che gli zigomi sporgevano fuoriin modo spaventoso. Ma la voce era mirabilmente dolce e penetrante.

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- Il signor Priore ed io abbiamo discorso dei tempi attuali e di ciò chesarebbe meglio fare e della fedeltà di cui noi tutti dobbiamo dare prova.Voi sarete fedele, fratello? - Cristoforo fece uno sforzo per dominare insé il travolgente fascino di quel volto e di quella voce.

- Lo sarò, Monsignore.- Benissimo; dovete seguire il vostro Priore ed obbedirgli.V'accorgerete che è saggio e coraggioso.Il Vescovo fece un deferente cenno in direzione del Priore e Cristoforoudì un soffocato singhiozzo provenire dall'angolo dove stava losgabello rotto. - È un tempo di grande decisione - prosegui il Vescovo; -molto dipende dal modo in cui noi ci comportiamo. Sua Maestà ha deicattivi consiglieri intorno a sé.Ci fu silenzio per qualche momento; Cristoforo non poteva distogliere

gli occhi dalla faccia del Vescovo.Il pauroso insieme di pelle ed ossa, sembrava illuminato dall'interno esi scorgeva una straordinaria dolcezza su quelle strette labbra e negliocchi splendenti.- Sua Maestà è stato recentemente alla Torre, a quanto odo, ed una voltaanche alla prigione di Marshalsea a vedere il Padre Sebastiano

 Newdegate il quale, come sapete, visse a Corte per molti anni, finché poi entrò nella Certosa. Io però non ho ancora ricevuto visite da lui eneppure Sir More, suppongo; non dovete per questo giudicare Sua

Maestà troppo severamente; egli era un buon giovane, io lo conoscevo bene... un giovane nobile e coraggioso. Un francese disse che sembravaesser disceso dal cielo. Ha sempre avuto grande fede e devozione, eduna coscienza molto delicata che è stata per lui cagione di moltasofferenza. Ma è stato mal consigliato.Cristoforo si ricordò come in un sogno che il Vescovo era stato tutoredel Re tanti anni prima.- È anche un buon teologo - continuò il Vescovo, - e quella è ora la suasfortuna, quantunque io non abbia mai pensato di dire una cosa simile.

Forse potrà tornare migliore, se Dio gli usa misericordia, eriabbracciare la primitiva fede. Ma noi per primi dobbiamo essere

 buoni cattolici, pronti a morire per la nostra fede, prima di poterlainsegnare a lui.Fece un'altra pausa, poi continuò: - Sento che voi dovete diventaresacerdote, figlio mio, e prendere più strettamente su di voi il giogo di

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Cristo. Non è un giogo leggero in questi tempi, quantunque l'amore possa farlo diventare tale, come disse lo stesso Signore. È vicino questogiorno?- Dobbiamo ottenere una dispensa, Monsignore, per gli interstizi -

rispose il Priore.Cristoforo prima ancora di lasciare Lewes aveva udito dire che questo passo sarebbe stato fatto ed ora si meravigliava non per la notizia, ma per la strana delicatezza che aveva assunto la voce del Priore.- Va molto bene - riprese il Vescovo. - Abbiamo bisogno di quanti più

 preti fedeli è possibile. C'è una grande oscurità nel Paese ed occorronodelle luci per diradarla. Voi avete un fratello a servizio di Sir Cromwell,vero? - Cristoforo taceva. - Non dovete addolorarvi troppo. Dioonnipotente può far sì che tutto torni bene. Può darsi che egli in tal

modo creda di servirlo. Noi non siamo qui per giudicare masemplicemente per dire come stanno le cose.Il Vescovo fece ancora alcune domande, poi si mise a discorrere di Sir More, dicendo che aveva cercato ed era riuscito a tenersi unito a lui conla corrispondenza, per un certo tempo, ma che ora tutti i mezzi atti alloscopo erano stati tolti ad entrambi, come pure ogni sorta di libri.- È per me un gran dolore non poter dire il mio ufficio né celebrare odascoltare la messa: debbo ora dipendere dal Santo Sacrificio offerto daaltri. - Parlava con tanta pacatezza e tranquillità che Cristoforo riusciva

a stento a frenare le lagrime. Sembrava che l'anima mantenesse ancorail suo sereno equilibrio in quel corpo logoro e fosse indipendente daesso. Non c'era il minimo segno di debolezza né di insofferenza. Lastessa camera con i suoi rudi muri, il soffitto coperto di ragnatele, il

 pavimento ineguale, il freddo intenso, e la melanconia sembravanovivificati da un'atmosfera calca, suggestiva e spirituale generata daquest'anima ardente e pura. Cristoforo non s'era mai trovato prima acontatto con una castità così reale.- Non avete visto nessuno dei miei diocesani di Rochester? - continuò il

Vescovo rivolgendosi al Priore.Il Priore scosse il capo.- Talvolta sono molto impensierito per loro, ne ho visti molti neltribunale l'altro giorno. Dimentico che il Buon Pastore è in grado dicustodire le proprie pecorelle. Mi erano così fedeli che son certo non losaranno meno a Lui.

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***Si udì il rumore di una chiave battuta contro la porta dall'esterno ed ilVescovo si alzò lentamente e dolorosamente. - Dev'essere il signor Giles - disse - che ha voglia di andare a cena.

I due monaci caddero in ginocchio e Cristoforo nel chiudere gli occhiudì il leggero mormorio della benedizione sul suo capo. Poi ambeduegli baciarono la mano e Cristoforo andò verso la porta, cogli occhi pienidi lagrime.Udì il Vescovo bisbigliare qualche cosa al Priore, il quale s'indugiò unistante e poi quasi singhiozzò: - Coll'aiuto di Dio!Furono scambiate altre parole ed i due scesero assieme le scale seguitidal guardiano. Cristoforo non osava guardare il suo superiore.Gli aveva dato un rapido sguardo in volto mentre stava fermo sulle

scale onde lasciarlo passare, e ciò che vi aveva scorto aveva dettoabbastanza.

***C'erano parecchie barche che dondolavano nella corrente, ai piedi dellascalinata che conduceva al fiume, appena fuori della Torre, ed essientrarono in una di esse, dicendo al barcaiolo di portarli a Southwark.Era una deliziosa sera d'estate. Il fiume era inondato dai raggi del soleche lo tramutavano in oro fuso ed era ricoperto di barche che lotagliavano in tutte le direzioni. C'erano delle imbarcazioni isolate che

facevano la spola tra le varie scalinate che conducevano al fiume; qua elà le eleganti imbarcazioni dei grossi mercanti e dei nobili cheandavano a casa per la cena, con una fila di remi da ambo i lati ed unosplendore di drappi colorati che abbellivano poppa e prua, simuovevano contro corrente verso la città. Il Ponte di Londra stava oradinanzi a loro, come un palazzo di fate azzurro e romantico contro laluce d'occidente; al di sopra ed oltre si eleva l'alta guglia dellacattedrale. Dall'altra parte la riva era fiancheggiata da una serie di caseallineate che incominciava un po' ad est del ponte e si prolungava su,

fino alla guglia di Southwark; sopra di esse si diffondeva lo splendoredel tramonto interrotto da solchi oscuri là dove le strade correvanoverso il corso dell'acqua.

 Nello sfondo s'alzavano le masse dense del fogliame di giugno. Un branco di cigni, simili a chiazze bianche su quello splendore, nuotavacontro corrente. L'aria era piena di rumori; il tonfo cadenzato dei remi e

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le voci degli uomini giungevano chiare e distinte. Allorché giunsero nelmezzo della corrente incominciò a udirsi in lontananza, la campanadella cattedrale di S. Paolo indicibilmente solenne e melodiosa; un'altrachiesa ne raccolse i rintocchi ed un coro di voci piene ripercosse

l'angelus. Cristoforo era appena giunto a metà nel recitare questa preghiera quando attraverso il tenue mormorio echeggiarono le notefragorose di strumenti a fiato, lontano, oltre il ponte. Il barcaiolo fermòla barca, tenendo un istante i remi in una mano, e guardò dalla partedonde proveniva il rumore facendosi schermo cogli occhi. Cristoforoscorse un movimento fra le imbarcazioni che si trovavano più in su edell'insolita agitazione presso le case sul Ponte di Londra; poi da moltolontano giunsero voci festose di acclamazioni.- Che cosa c'è? - chiese il Priore vivacemente, alzando il capo, mentre il

 barcaiolo si rimetteva impetuosamente a remare. L'uomo buttò il capoall'indietro. - Sua Maestà - rispose. Per qualche minuto non si vide piùnulla. Poi alcune barche lasciarono il centro della corrente per portarsi,verso la sponda allo scopo di lasciare un passaggio libero e si udironogrida dalla direzione del ponte dove sembrava che qualcuno si trovassein difficoltà a causa della forte corrente e dei pilastri del ponte. Una

 barca che si trovava direttamente fra essi e la riva si mosse da un lato erimase così sgombra la luccicante via per l'imbarcazione del Re. Poi, icorni d'ottone risuonarono, questa volta molto più vicino. Cristoforo si

sentiva grandemente agitato. Il drammatico contrasto della scena cuiaveva appena assistito e di quella di cui era testimonio lo sopraffaceva.Aveva visto una estremità della catena della vita, il Vescovo morentenella Torre rivestito di stracci; ora stava per vederne un'altra bendiversa, ossia il Sovrano, in tutta la magnificenza di una parata. IlPriore era seduto in una posizione alquanto eretta; una mano, con lenocche divenute bianche a causa del pugno strettamente chiuso, posavasul ginocchio; l'altra si teneva saldamente all'orlo della barca. Poiriecheggiò la rumorosa musica e apparve la prima barca sotto una delle

arcate più ampie del ponte, a circa centocinquanta metri di distanza.Ora la corrente era molto forte ed il barcaiolo cercò di uscirne per 

 portarsi da un lato, dove l'acqua era più calma; però mentre lavoravavigorosamente di braccia, un remo gli sfuggì.Proruppe in una forte esclamazione di impazienza, che scossefortemente il Priore, ed incominciò a remare furiosamente con l'altro

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remo; ma la barca si girava inesorabilmente su se stessa ed egli fucostretto a trasportare il remo dall'altra parte. Frattanto le barche delcorteo incominciavano a sfilare sotto il ponte e Cristoforo, vedendo chela propria si era sufficientemente spostata da una parte, così da lasciare

il passaggio libero nel mezzo della corrente, si mise ad osservare losplendido spettacolo. Il sole era ormai sceso dietro le alte caseammucchiate sul ponte ed una fascia d'ombra attraversava l'acqua ma

 più in qua la via era chiara ed un istante dopo il battello del Re entravanel chiarore della luce solare. Non c'era possibilità di sbagliarsi nelgiudicare se questa fosse o no l'imbarcazione reale. Era un grande

 battello, misurante almeno venti metri da prua a poppa, e adorno dicolori. Quando entrò nella luce del sole, l'oro di cui era adornorisplendette in modo abbagliante; la prua brillava in mezzo a drappi

azzurri e cremisi; la poppa, ricoperta da una tenda porporina con nastrisvolazzanti, aveva appeso a ciascun lato sgargianti tappezzerie e dietrosventolava lo stendardo reale.Cristoforo si provò a contare i remi, mentre venivano immersinell'acqua con un tonfo ritmico e poi rialzati, spandendo una pioggia digocce e mostrando uno stemma dipinto in ciascuna pala. Sembrava chece ne fossero otto o dieci per parte. Un paio di trombettieri stavano rittidietro la figura dorata scolpita sulla prua; le loro trombe si

 protendevano in fuori simmetricamente con i variopinti drappi che ne

 prendevano, ondeggianti alla brezza. Egli poteva ora vedere le teste deirematori, coperte da berretti contrassegnati dallo stemma regio, che simuovevano simultaneamente come un meccanismo ad orologeria.Tenevano dietro le altre imbarcazioni, una mezza dozzina in tutto.Mentre queste, a due a due entravano nella luce solare tra unosplendore di oro e di colori ed il frastuono del Ponte di Londra crescevasempre più, per un momento il giovane monaco dimenticò l'amaratragedia che stava alla base di tutto ciò che aveva visto e che sapeva -dimenticò la fangosa collina della Torre, la calpestata Tyburn e le vitti.

me appese ai patiboli. Dimenticò anche le paurose facce, che infisse ainumerosi pali che si alzavano in alto al disopra di lui, guardavano ingiù con gli occhi morti e torturati; dimenticò i monaci della Certosa ed iloro cuori gementi; la Regina insultata, ripudiata e dichiarata concubina- dimenticò tutto ciò che rendeva la vita così difficile in quel tempo;

 proprio in quell'istante la splendida visione dell'umana cupidigia si

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dischiuse ai suoi occhi fra suoni e grida festose. Ma fu solo per brevetempo.C'era una mezza dozzina di persone sotto il baldacchino che ricopriva ilseggio d'onore del battello reale; centro luminoso dello splendido

corteo, brillante di cremisi, d'oro e di gemme. Più in là stavano sedutedue persone. Cristoforo non distingueva le loro facce, ma guardandoliattentamente per un momento notò che uno era corpulento ecompletamente rasato e portava alcune insegne attraverso le spalle.Accanto si vedevano le schiene di due signore, vestite di seta a striscecremisi, il cui bianco collo era ricoperto di gioielli e visibile sotto icapelli inanellati a cui faceva corona un ben acconcio cappellino. Nelcentro stava seduta una coppia, un uomo ed una donna; su di questiCristoforo fissò i suoi occhi mentre la barca passava veloce a non più di

dieci metri di distanza, poiché immaginava chi potevano essere.L'uomo era appoggiato al sedile ed appariva mastodontico nellemaniche rigonfie e nell'ampio mantello; teneva disteso un bracciolungo lo schienale del sedile tappezzato, mentre il largo capo copertoda un berretto di porpora e piumato, era inclinato verso la donna che glisedeva al fianco. Cristoforo poteva distinguere alcune ciocche di capellirossicci sotto l'orecchio. Poté pure vedere fuggevolmente, più in là, unviso pacato sopra un collo snello, dagli occhi inchinati e le labbra rosse.Poi, quando l'imbarcazione reale si trovò proprio di fianco, mentre i

trombettieri mandavano un rumoroso squillo, l'uomo volse il capo eguardò per un istante la barca ov'era Cristoforo. Aveva una facciastraordinariamente larga, cosparsa di peli rossicci, rari attorno allelabbra e più fitti sul mento; sembrava ancor più grande a causa deglistretti occhi inclinati in basso e molto ravvicinati l'uno all'altro, e la

 piccola bocca. Più sotto, il mento rigonfio, dopo varie piegheraggiungeva il colletto; anche le guance erano ampie e paffute. Era lafaccia più potente che Cristoforo avesse mai visto o sognato; vi siscorgeva l'animale in ogni linea o curva; lo si sarebbe detto il muso di

un bruto se non fosse stato per il costante, pallido sguardo degli occhi ele piccole labbra serrate. Cristoforo ne fu affascinato ed insiemeatterrito.Gli squilli delle trombe cessarono; si udì di nuovo il rumore degliscalmi simile al battito di un cuore furioso; il Re volse il capo nella

 posizione di prima e disse qualcosa; quindi l'imbarcazione passò oltre.

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Cristoforo s'avvide di essersi involontariamente levato in piedi e sisedette di nuovo, respirando celermente ed affannosamente, con unaspecie di sdegnoso disgusto che non aveva provato fino allora. Questiadunque era il dominatore dell'Inghilterra, la causa di tanti suoi affanni

- quell'uomo grasso e splendidamente agghindato dall'ampia facciacarnosa, ricoperto di porpora e di gioielli; e quella che gli sedeva afianco con affettata modestia era la sua concubina, con le bianche edinanellate mani piegate sulle ginocchia, dai begli occhi chiusi ed ilcaldo respiro del suo consorte sul viso. Erano costoro che stavano

 purificando la Chiesa di Dio da uomini come il Vescovo di Rochester rinchiuso nella Torre, ed il simpatico e santo avvocato! Era per lavolontà di tali persone che le teste dei padri certosini, colla fronte od ilmento legati assieme da un panno, guardavano con occhi morti dai pali

sovrastanti! Si sedette ansante senza più osservare le altre imbarcazioniche passavano cariche degli amici del Re, tutte dirette versoGreenwich.Un fragoroso rumore giunse dalla Torre ed egli balzò in piedi e si volse

 per vedere il fumo bianco che si levava a spire dall'estremità del murofiancheggiando la Porta del Traditore; intense acclamazioni, per quantolontane e tenui, si alzarono dalla folla pigiata sulla banchina e dai

 pescatori ritti ai piedi delle scalinate. Il barcaiolo tornò a sedere e sirimise il berretto.

- Perbacco - disse - c'è stato appena il tempo - e riprese a remare colremo rimastogli, dirigendosi verso la riva. Cristoforo guardò unmomento il Priore e poi riabbassò gli occhi. Questi stava seduto, con lelabbra serrate e le mani strette in grembo e gli occhi inebetiti. Si feceroquindi imprestare un remo da un'altra barca e proseguirono in direzionedi Southwark. Il barcaiolo si arrestò una volta per sputarsi nelle mani

 poiché si avvicinavano al ponte, dove la corrente era molto impetuosa.- Quello era Sir Cromwell con Sua Maestà - disse. Cristoforo lo guardòcon aria interrogativa.

- Quello dal collare d'oro - aggiunse - e vicino a lui stava Andley.Il Priore aveva dato uno sguardo a Cristoforo, nel sentir pronunciare ilnome di Cromwell, ma non fiatò. Cristoforo stesso, di lì a poco eranuovamente assorto nei suoi pensieri. Quegli dunque era il padrone diRodolfo, il braccio destro del Re, temuto in Inghilterra quasi al pari delRe - ed inoltre il Cancelliere Andley, ed Anna, tutti su di un'unica

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imbarcazione di legno. Come era facile a Dio stendere la sua mano esterminarli! Ma poi si vergognò di un tale pensiero timido e senza fede;si ricordò ancora una volta di Fisher e del suo spirito gioviale in uncorpo disfatto. Qualche minuto dopo avevano già messo piede sulla

scalinata e stavano camminando alla volta dell'albergo. Il Prioreallungò la mano e trattenne Cristoforo mentre egli faceva qualche passoavanti per bussare.- Aspetta - disse. - Sai chi è che ha firmato il permesso di cui noi cisiamo serviti per entrare n'ella Torre?Cristoforo scosse il capo.- Sir Cromwell - disse il Priore. - E sai per mezzo di chi ci è pervenuto?Cristoforo guardò attonito.- Per mezzo di tuo fratello.

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XILA SACRA PORPORA

Qualche giorno più tardi, il Vescovo di Rochester venne suppliziato

sulla collina della Torre. Cristoforo si recò per tempo sul posto, e sicollocò ai margini di una piccola folla, rivolta verso la Torre, e per un paio d'ore stette ad osservare le ombre che avanzavano sui muri delmassiccio edificio e la luce che diventava più intensa e piena tra lui e lagrande mole della Torre Bianca. Parecchio tempo prima delle nove lafolla era già molto numerosa e Cristoforo si trovava non più al marginema nel centro di essa. Aveva servito la messa del Priore alle sei. La sera

 prima aveva ottenuto da lui il permesso di recarsi al luogodell'esecuzione. Il Priore però non aveva manifestato il desiderio di

accompagnarlo. Cristoforo s'era accorto che il suo superiore stavacombattendo una lotta e desiderava risparmiargli ogni ulteriore motivodi terrore. Cominciò pure a comprendere che la visita al Vescovo aveva

 prodotto l'effetto di rafforzare il coraggio del Priore. Non sapeva ancoraspiegarsi come mai Rodolfo si era prestato ad un tale progetto; ma nonaveva osato fare ulteriore pressione sul superiore.

***Il Vescovo aveva fatto un magnifico discorso durante il processo,

 protestando contro il tradimento che il Signor Rich aveva consumato

contro il Vescovo abusando della sua confidenza; il discorso era statoseguito da una calorosa dimostrazione della folla. Sotto promessa delRe che nulla di quello che egli diceva al suo amico sarebbe stato usatocontro di lui, il Vescovo aveva manifestato, in una conversazione

 privata, il proprio pensiero circa l'Atto di Supremazia, ed ora questo gliera stato rinfacciato da Rich stesso nel processo!- Vedendo che la Maestà del Re aveva inteso - esordì il Vescovo -inviare uno ad informarsi segretamente circa la mia povera opinione, ionon esitai a manifestarla; ora però mi riesce molto duro permettere che

una tale confidenza venga adoperata come testimonianza contro di me, per accusarmi come colpevole di alto tradimento.Rich si scusò coll'affermare che non aveva detto o fatto più di quelloche gli aveva imposto il Re; ed il processo si concluse con la condannadel Vescovo.

***

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Durante l'attesa presso il palco, Cristoforo pregava quasiincessantemente. Trovava sufficiente sprone alla preghiera nel rimirarela minacciosa fortezza che gli stava di fronte con le cento piccolefinestre, ed il palco da poco eretto, che s'alzava a pochi passi da lui.

Immaginava come il Vescovo trascorresse quel tempo, e credette diaverlo indovinato. Il lungo muro grigio oltre il fossato e le torri che visi ergevano erano suggestive nella loro silenziosa forza. Dal luogo ovesi trovava poteva anche vedere la luccicante distesa del fiume, con leverdi sponde digradanti. La libertà e la bellezza di quella veduta, ildelicato vapore che sovrastava l'acqua, gli uccelli che attraversavanol'aria, le barche che andavano da una riva all'altra, facevano un vividocontrasto colla truce fatalità della prigione e del palco.Una campana da qualche luogo della Torre fece udire i suoi rintocchi ed

un fremito percorse la folla. C'era un uomo straordinariamente alto a pochi metri da Cristoforo, e questi poté vederne la faccia volgersiimprovvisamente verso il terreno basso presso il fiume, dove il portonedella prigione si elevava oscuro contro l'acqua chiara. Ad un tratto lafaccia dell'uomo s'accese di interesse e Cristoforo vide le sue labbramuoversi ed i suoi occhi fissati ansiosamente in un punto. Poiincominciò un movimento come di mare agitato ed il monaco fu spintoa sinistra dalla folla compatta che lo circondava. C'erano delle personeallineate lungo il muro e tutti erano girati verso la medesima parte. Un

lieve mormorio incominciò a levarsi ed una donna accanto a lui diventò pallida e si mise a singhiozzare silenziosamente. Gli occhi del monacofurono colpiti da un risplendente punto luminoso che si spense, tornò a

 brillare e finalmente si risolvette in una scintillante fila di alabarde chevenivano innanzi al disopra delle teste, su per la china che menava al

 palco. Vide un cavallo alzare d'improvviso il capo; poi qualche cappello piumato agitarsi più indietro. Quindi per un istante, dinanzi a sé, tra leteste che si muovevano, scorse un viso emaciato incorniciato da uncappello floscio che oscillava ritmicamente. Poi lo perse di vista.

La scintillante fila delle alabarde si allungò, si divise e venne a porsi trail palco e lui; il mormorio della folla si mutò in un silenzio sepolcrale;si riudirono i solenni rintocchi di una campana dall'interno della

 prigione e Cristoforo, con le mani intrecciate, incominciò a contare icolpi meccanicamente, osservando attentamente le strette sbarre chedelimitavano l'area del palco ed attendendo lo spettacolo ormai

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imminente. Poi fu sospinto qualche metro a destra e quando si fu poggiato un'altra volta stabilmente sui piedi, sopra il palco si trovava unuomo proteso in avanti e gesticolante. Un'altra testa emerse dalla mareaumana e s'offerse alla vista; anche quest'uomo si volse verso i gradini

che aveva appena salito e rimase lì in piedi, con una mano stesa infuori.Il mormorio ed il movimento ricominciò; Cristoforo dovette far di tutto

 per mantenere la posizione e quando risollevò il capo, il solenne esommesso bisbiglio di pietà e di eccitazione andava crescendo, perchésulla Torre illuminata dal sole si disegnava l'ombra dell'uomo a motivodel quale si trovava là tutta quella gente. Portava un abito nero e unasciarpa, ed aveva le mani riunite sul petto; in esse si trovava un libro edun crocifisso. Il capo era coperto ed il volto, pallido ed esile, guardava

la moltitudine. Cristoforo s'accorse appena che il terreno circostante al palco andava riempiendosi di gente; a questo punto una figura siavanzò col viso mascherato e fece un inchino deferente al Vescovo; sifece immediatamente silenzio. Il prelato si girò ed inchinò verso lafolla, poi quella voce meravigliosa risuonò per tutta l'area circostante,colla chiara distinguibilità di parole pronunciate all'aperto, semplici e

 penetranti.- Vi perdono molto di cuore; spero di superare questa bufera concoraggio.

La figura nera si ritirò di qualche passo ed il Vescovo rimase esitante,guardando in qua e in là come per sapere ciò che dovesse fare. IlLuogotenente della Torre si fece innanzi, ma Cristoforo poté soltantonotare il movimento delle sue labbra, per il fatto che dopo le parole delVescovo il bisbiglio era ricominciato; quindi, fatto un segno collamano, si ritirò dietro il prigioniero. Il Vescovo fece un cennoaffermativo del capo, alzò la mano e si tolse il cappello, scoprendo casii bianchi capelli; poi aggiustò con due dita il colletto, tenendo il libroed il crocifisso nell'altra mano.

Coll'aiuto del Luogotenente, si tolse la sciarpa e l'abito; dopo essersicosì spogliato, rimanendo col farsetto ed i corti pantaloni, un fortegrido, rotto da singhiozzi di orrore e di compassione si alzò da mille

 petti; egli infatti non sembrava quasi più un essere vivente, tanto eraemaciato e scheletrito. Sopra quell'esile figura semicadaverica si ergevail vecchio viso logoro dagli anni, sereno e confidente. Ora teneva di

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nuovo il libro ed il crocifisso stretti al petto mentre avanzava versol'orlo del palco. Il grido si mutò in borbottio e cessò d'improvvisoallorché incominciò il suo discorso, ogni parola del quale erachiaramente intelligibile.

- Popolo cristiano - esordì - io son venuto qui a morire per la fede nellasanta Chiesa cattolica di Cristo.Alzò quindi un poco la voce che echeggiò piena di confidenza:- E ringrazio Iddio che fino ad ora il corpo mi ha servito molto bene atale scopo cosicché non ho avuto da temere la morte. Per questo motivodesidero che tutti mi aiutiate con le vostre preghiere, affinchénell'istante in cui verrà vibrato il colpo mortale io rimanga fermo, senzavenir meno in nessun punto alla fede cattolica. - Fece un'altra pausa; lemani si strinsero l'una nell'altra. Diede uno sguardo al cielo:

- E supplico Dio Onnipotente a voler, nella sua infinita bontà emisericordia, salvare il Re ed il suo regno; a degnarsi di tenere la Suamano su di lui e di mandargli saggi consigli.Si arrestò bruscamente ed abbassò il capo. Un leggero fremito corse trala folla. Cristoforo sentì la gola contrarsi e gli occhi annebbiarsi per unmomento. Poi vide il Vescovo passare il crocifisso nell'altra mano edaprire il libro, così, a caso. Il suo esile dito si fermò su una pagina edegli lesse ad alta voce, però come se leggesse a se stesso: - La vita eterna è questa: che conoscano te solo vero Dio e Colui che

hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra compiendol'opera che mi hai dato da fare.Di nuovo ci fu silenzio, poiché sembrava che volesse fare una predica,ma egli guardò qualche momento il libro, poi lo chiuse delicatamente:- Qui c'è abbastanza sapienza per me, giunto al termine della mia vita.Si notò un certo movimento tra le silenziose figure ferme dietro il

 palco, ed il Luogotenente si avanzò un'altra volta; il Vescovo si giròconsegnandogli il libro; poi, sempre col crocifisso tra le mani ed aiutatodall'ufficiale, cadde in ginocchio.

***Sembrava a Cristoforo di aver atteso un'eternità; ma non poteva toglieregli occhi dal morituro. Tutt'attorno stava l'inerte massa della folla, inalto il chiaro cielo d'estate. Dal fiume giungevano i rumori delle grida edei tonfi dei remi e dalla Torre di tanto in tanto lo squillo di un corno edil rintocco di una campana; ma tutto ciò era esteriore e sembrava non

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aver effetto alcuno sul profondo silenzio che regnava ovunque ed in cuianche il monaco si sentiva avvolto. Lo spazio che lo separava dallavittima parve annullarsi come per incanto e Cristoforo si trovò incompagnia di migliaia di altre persone, vicinissimo all'anima dell'uomo

che doveva lasciare il mondo di lì a pochi istanti. Non riusciva a pregare ma provava la sensazione di stringere a sé quello spiritoimplorante, di pulsare con esso aggiungendo vigore colla tensione della

 propria volontà, a quella aspirazione di idealità che aleggiava nella follaassorta.Frattanto i suoi occhi guardavano la vittima attentamente e videro senza

 poter ben discernere, come il vecchio, stesse ora appoggiato all'indietrocogli occhi chiusi e le labbra bisbiglianti, ora piegato in avanti aguardare il crocifisso che teneva tra le mani, alzandolo a tratti e

 baciandolo nei piedi perforati, trattenendovi per qualche istante lelabbra. Dietro, stava l'immobile fila degli ufficiali e di fronte, sotto il

 parapetto del palco, si scorgeva lo scintillio delle alabarde. Passaronodieci minuti senza che avesse luogo alcun cambiamento. L'universosembrava irrigidito nell'aspettazione; sembrava che il tempo si fossefermato. Poi insensibilmente andò impossessandosi dell'anima delmonaco qualche cosa di quel senso del mistero che aveva giàsperimentato a Tyburn. Per un certo tempo ogni dolore e terrore loabbandonò; egli conosceva ormai sperimentalmente quello a cui in altri

tempi solo la sua fede assentiva. Sapeva che il mondo veramente realeera quello dello spirito; che la Torre, la mannaia, l'imminente ombradella morte erano poco più che illusioni; queste cose erano bensì partedella scena, significative e necessarie, ma senza alcuna sostanza direaltà. Solo il mondo eterno, in cui Dio era tutto, era un fatto concreto.

 Non sentiva più compassione o rincrescimento. Null'altro che ilconcerto della pura esistenza di un Essere di cui tutte le persone là

 presenti erano partecipi, stabile nell'eternità, rimase padrone della suamente. Questa insolita sensazione non fu turbata che dall'alzarsi

dell'esile figura sul palco: Cristoforo lo osservava come avrebbe potutoosservare l'inevitabile movimento di un attore che rappresentava la

 parte assegnatagli. Il Vescovo si volse verso oriente, dove il sole eraalto sulla porta della Torre e parlò ancora una volta.- Accedite ad eum, et illuminamini; et facies vestrae non confundentur .Poi, tra un silenzio di morte, si girò, ed i suoi occhi corsero sulle

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innumerevoli facce rivolte verso di lui. Cera però sempre una certatranquilla severità sul suo volto; la severità di uno che ha presosaldamente in mano una coppa amara; le labbra erano strettamenteserrate e gli occhi profondi e fermi. Poi con grande lentezza alzò la

destra, si toccò la fronte e si fece un gran segno di croce, sempreguardando con occhio fermo i volti attoniti. Quindi, senza esitazionealcuna, cadde in ginocchio, stese le mani dinanzi a sé sul palco e siallungò supino a terra. Ora Cristoforo non poteva vederlo, poiché il

 basso ceppo su cui egli aveva steso il collo non era alto che pochicentimetri. Un fremito di commozione attraversò, colla pesantemannaia sulle spalle, e si fermò in attesa. Trascorsero alcuni istantiindicibilmente penosi.

***

Cristoforo perse ogni coscienza del proprio essere; non era consapevoledi altro che della presenza oggettiva del palco e di una snervanteaspettativa; sembrava che nel suo cervello qualche cosa fosserigidamente teso al punto di spezzarsi; come se qualche cosa di moltoimportante stesse per venir rivelato. Tutto il resto era svanito, la scenaattorno a sé, il senso dell'invisibile; non rimaneva che un intervallo ditempo nell'attesa dell'esplosione. Un senso di spasmodica tortura siimpadronì dei presenti allorché il carnefice alzò la mannaia, facendolaroteare intorno al proprio capo; il movimento sembrò tremendamente

lento; quasi volesse accrescere maggiormente l'inverosimile tensione dinervi. Poi in un'esasperante apice, il colpo fu vibrato.

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XIIL'AMICO DEL RE

 Non destò grande agitazione nella villa di Overfield la notizia che Sir 

Cristoforo si sarebbe fermato là qualche giorno, nel suo viaggio diritorno da Londra a Lewes. La cosa non era così preoccupante comequando doveva venire Sir Rodolfo, poiché quest'ultimo aveva maggioriesigenze di un semplice monaco; per lui i cavalli dovevano essere nellamiglior condizione possibile, la cacciagione non troppo selvatica nétroppo addomesticata, le sue stanze senza un briciolo di polvere, nontroppo piene né troppo sprovviste di mobilio. L'altro invece non sicurava molto di tutto ciò, non solo perché era più giovane, ma perchémonaco e come tale abituato ad essere contraddetto e incline alla

condiscendenza. Infatti Lady Torridon, quando sapeva che Cristoforostava per arrivare, non faceva altro se non esprimere la speranza di nonessere invitata a discutere di cose ecclesiastiche ad ogni pasto. Quandofinalmente Cristoforo arrivò, una settimana appresso alla esecuzione diMonsignor Fisher, dopo essersi separato dal Priore a Arckfield, essastava passeggiando nel suo giardino privato, oltre il fossato.Sir Giacomo si trovava in una disposizione d'animo molto diversa.Aveva fatto preparare due stanze affinché suo figlio scegliesse quellache gli piaceva di più, una vicina a quella del Padre Carleton e quindi

accanto alla cappella, e l'altra, la vecchia camera che Cristoforo avevaoccupato prima di andare a Lewes. Quando finalmente il monacogiunse, da solo sul suo stanco mulo, col sacchetto appeso ad unacinghia dei finimenti, un'ora prima del tramonto, suo padre era fuori

 presso il portone d'entrata per riceverlo. Non disse quasi parola duranteil breve percorso; i cuori di ambedue erano gonfi mentre camminavanoassieme verso casa.Padre e figlio cenarono da soli quella sera nel salotto privato, poichénessuno aveva osato chiedere a Lady Torridon di posporre l'ora usuale

della cena. Terminato il desinare e dopo che Cristoforo ebbe raccontatociò che aveva visto, con molti intervalli di silenzio, i due si recarononella sala dove Lady Torridon e Padre Carleton stavano ad attenderli

 presso il focolare di mattonelle fiamminghe. La signora era sedutacome al solito sull'alta sedia, con le graziose mani in grembo; vedendoentrare il figlio gli diede un rapido sguardo dall'alto in basso e sorrise

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con manieroso disprezzo.- L'abito ti sta molto bene, mio caro figlio... sotto tutti gli aspetti -aggiunse, guardandolo con curiosità. Cristoforo l'aveva già salutata, sia

 pur fuggevolmente, un'ora prima all'arrivo, così non fu più necessario

ripetere le cerimonie di saluto. Si sedette accanto a suo padre.- Mi hanno detto che hai visto Rodolfo - osservò Lady Torridon.Cristoforo immaginava quello di cui ella era al corrente, e fece uncenno di assenso. Aveva detto ogni cosa a suo padre. - Ho alcunenotizie - continuò essa, insolitamente desiderosa di parlare - da dare adentrambi. Rodolfo deve sposare Beatrice Atherton, la fanciulla che tu,Cristoforo, hai visto nella sua abitazione. Sir Giacomo lasciò sfuggireun'esclamazione e si piegò in avanti; Cristoforo strinse le labbra. - Essaè l'amica di Sir More - proseguì Lady Torridon, apparentemente

noncurante della sensazione che andavano suscitando le sue parole - maquesti sono affari di Rodolfo.- Perché Rodolfo non ha scritto a me? - chiese il padre, con una certadurezza. Lady Torridon gli rispose con un breve ma significativosilenzio, e poi riprese: - Suppongo che avesse piacere che ticomunicassi io la notizia. Comunque ciò non avverrà che di qui a due otre anni. La fanciulla dice che non può per il momento abbandonareLady More. - Cristoforo rimase turbato da questa notizia, nonostanteche tutto sembrasse esterno a sé! Durante il viaggio vespertino verso

casa si era accorto per la prima volta di non appartenere più a quelluogo; i due anni trascorsi a Lewes avevano prodotto il loro effetto edora egli veniva a casa sua non come figlio ma come ospite. Avevaincominciato a percepire questo mutamento fin dal giorno del diverbiocon Rodolfo, perché non aveva allora sentito per le mancanze delfratello lo stesso intimo dolore che avrebbe provato cinque anni prima.Ed ora questa notizia, pur impressionandolo, non penetrava nel quietosantuario che si era formato nel cuore durante i mesi di disciplina. Ma il

 padre ne fu contristato.

- Avrebbe dovuto scrivermi - disse con tono severo. - E, mia cara, ti prego di ricordarti che io ho il diritto di esser messo a parte degli affaridi mio figlio. - Lady Torridon non si mosse né rispose. Appoggiò ildorso allo schienale e prese teneramente con la mano il braccio diCristoforo.

***

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Parve molto strano al giovane monaco, trovarsi alcuni minuti dopo,nella galleria occidentale della cappella, dove si era inginocchiato dueanni prima, tanto che per alcuni istanti gli sembrò quasi di esserenuovamente in casa propria. Ma l'abituale movimento che fece colla

mano per alzare lo scapolare, quando si sedette per la recita dei salmi,lo richiamò alla realtà.Allora rivestiva un abito di seta, aveva le mani callose per l'usodell'arco, un po' di barba gli copriva il mento ed il sangue gli arrossavale guance. Ora invece era ricoperto dal suo abito di monaco, col voltoliscio e raso, collo spirito stanco ed oppresso, ancora debole per lospasimo procuratogli dal rinnovamento interiore dell'anima. Era piùlontano dall'amore umano, ma più vicino a quello divino, pensava.Dopo compieta, stette seduto con suo padre per alcuni minuti e Sir 

Giacomo parlò più francamente intorno alla notizia che aveva appresa.- Se essa è realmente amica di Sir More - disse - può costituire la suasalvezza. Sono molto spiacente per quello che riguarda Rodolfo. Io nonconoscevo Sir Cromwell come lo conosco ora, quando lo indirizzai dalui. È colpa mia, Cristoforo? - Allora Cristoforo comunicò al padre ciòche il Priore aveva detto dell'aiuto prestato da Rodolfo nella visita chelui ed il Priore avevano fatto alla Torre e chiese una spiegazione. Sir Giacomo rimase in silenzio qualche minuto, lisciandosi mollemente la

 barba grigia appuntita e guardando il focolare.

- Dio mi perdoni, figlio mio, se ho torto, - disse finalmente, - ma ho ildubbio che abbiano permesso al signor Priore di andare alla Torre per scuotere la confidenza di entrambi. Che te ne pare, Cristoforo? - Anchequesti rimase silenzioso per un momento; sapeva di non dover parlaremale delle persone elevate in dignità.- Può essere. Io so che il signor Priore è stato in grande ansietà... - Sir Giacomo batté suo figlio leggermente sul ginocchio e lo rassicurò.- Il Priore Crowham è una persona molto, molto santa, credo: ma... maun po' delicata. Comunque i loro progetti non hanno avuto alcun

effetto. Il Vescovo è nella gloria e l'altro è più risoluto che mai. - Primadi andare a letto Cristoforo scambiò qualche parola col Padre Carleton,sedendosi nello stesso luogo in cui si era seduto due anni avanti, alchiarore lunare.- Se hanno fatto tanto - disse il prete - faranno ancora di più. Quando unuomo è scivolato in un precipizio non si ferma più. Sir More sarà il

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 prossimo ad andarsene; non ho dubbio al riguardo. Tu devi essere pretedi qui a non molto vero, Cristoforo?- Hanno fatto domanda per la dispensa - rispose brevemente il monaco.- Di qui a due anni sarò prete senza dubbio, se Dio vuole.

- Sei felice? - chiese il padre. Cristoforo fece un piccolo gesto.- Non so che cosa significhi questa parola - disse - ma so di aver agito bene. Io non sento nulla. Le vie di Dio ed il Suo mondo sono troppodiversi dai nostri. - Il prete lo guardò in modo insolito, senza parlare.- Ebbene, padre? - chiese Cristoforo sorridendo.- Hai ragione - disse bruscamente il cappellano, - hai fatto bene, haisuperato la linea di confine. - Cristoforo sentì il sangue batterglifortemente alla tempia.- Confine? - chiese.

- Sì, il confine dei sogni. Essi circondano la vita religiosa e tu li haicalpestati. - Cristoforo continuava a guardarlo con le labbra aperte.Questa lode suonava dolce, dopo l'amarezza dell'insuccesso conRodolfo. Sembrava che il prete conoscesse ciò che passava nella suamente.- Oh! avrai delle disavventure, qualche volta – disse - ma saranno il

 preludio della vittoria finale. Tu sei un monaco, figlio mio, ed un uomo.***

Lady Torridon, dopo le sortite verbali della sera precedente, si rinchiuse

di nuovo nel suo inespugnabile silenzio; Cristoforo però, col trascorreredei brevi giorni di permanenza in famiglia s'accorse che l'atteggiamentodella madre verso di lui era improntato a disprezzo. Essa lo dimostravain mille modi: col non presentarsi per vederlo, rifiutando di modificarenel più piccolo particolare le sue abitudini, con un rigoroso silenziosull'argomento che stava a cuore sia a lui che al padre. Essadisimpegnava i suoi doveri puntualmente ed efficacemente sempre;trattava spassionatamente un vecchio servo che aveva dato delle noie e

 per riguardo al quale suo marito sarebbe ricorso a rimedi meno severi,

ma non scendeva mai a delle confidenze, né si degnava di discorrere per prima delle faccenduole domestiche.

* * *Il quarto giorno dall'arrivo di Cristoforo, giunse la notizia che Sir Tommaso More era stato condannato, ma non destò maggior turbamento della caduta di un bastone minacciante. Era inevitabile. In

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seguito, l'ultima sera della permanenza di Cristoforo ad Overfield,giunsero altri particolari.Sir Giacomo e Cristoforo avevano fatto una lunga cavalcata per latenuta, parlando poco, perché ciascuno sapeva quello che c'era nel

cuore dell'altro, e stavano proprio allora smontando presso i gradinidella terrazza, quando si udì il rumore di una furiosa galoppata. Pocodopo due corrieri a cavallo varcarono di corsa la soglia della villa.Cristoforo sentì il cuore sussultargli e martellargli in gola, ma conservòun aspetto indifferente, attendendo ciò che sapeva imminente. Alcunisecondi dopo, Nicola Maxwell fermò con animazione il suo cavallo

 presso i gradini.- Maledetti! - gridò col volto rosso e tremante. Sir Giacomo gli andòsubito incontro e lo prese per il braccio.

- Nicola - disse e diede un'occhiata ai valletti che guardavanoincuriositi. Nicola mostrò i denti come un cane.- Maledetti! - ripeté. Ormai anche l'altro corriere era giunto ai piedidella terrazza; era polveroso e sembrava esausto. Non era noto né al

 padre né al figlio che lo attendevano sui gradini; aveva l'aspetto di unvalletto e, sceso destramente dal suo cavallo, prese per la briglia quellodel signor Nicola.- Vieni dentro, Nicola - disse Sir Giacomo. - In casa potremo parlare. -Mentre i tre andavano su assieme, collo sconosciuto dietro a rispettosa

distanza, Nicola scoppiò di nuovo in una esclamazione.- Hanno perpetrato il delitto. More non è più. Vergine Santa! - La suafrusta si agitò bruscamente nella mano che la stringeva. Si volse edaccennò col capo all'uomo che seguiva, ed i quattro attraversaronoinsieme il salottino ed entrarono nella sala da conversazione di Sir Giacomo, il quale richiuse la porta.- Raccontami bene la cosa, Nicola. - Questi stava presso il focolare,irrequieto cogli occhi che gli balenavano.- Costui sa tutto: era presente alla scena; racconta tu, Riccardo. -

L'interpellato fece la sua relazione. Era uno dei servi del fratello piùgiovane del signor Nicola, il quale viveva in città, ed era stato mandatoa Great Keynes subito dopo l'esecuzione che aveva avuto luogo ilmattino. Era un uomo di discreta educazione e raccontò la storia inmodo soddisfacente. Sir Giacomo mentre ascoltava, nascondeva gliocchi dietro la mano; Nicola si muoveva continuamente presso il

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focolare, interrompendo di tanto in tanto il servo con delle domande ecol ricordargli particolari che questi dimenticava; Cristoforo stavainclinato in avanti nell'oscuro angolo accanto alla finestra. Mentreseguiva il racconto si ripeteva vividamente nella sua mente la scena a

cui era stato presente alcuni giorni prima, sebbene in essa vi fossero deinuovi attori.- È stato questa mattina, sulla collina della Torre. C'era un grandeassembramento di gente già parecchio tempo prima dell'esecuzione. Ilcondannato si fece innanzi coraggiosamente, camminando con unacroce rossa in mano a fianco del Luogotenente, che era suo amico.- Tu eri molto vicino - aggiunse Nicola. - Sì, signore; io ero a lato deigradini, i quali si mossero mentre egli saliva, poiché erano malfermi.Allora More disse al Luogotenente di dargli una mano.

- Come erano le parole?- Non me ne ricordo bene, ma erano secondo il suo solito umore: -Conducetemi su voi, signor Luogotenente; a venir giù ci penserò io!Così raggiunse il palco e batté due o tre volte i piedi allegramentesull'assito per vedere se era sicuro. Poi tenne un discorso ed invitò tuttii presenti a pregare per lui. Disse loro che moriva per la fede dellaChiesa Cattolica, come il Vescovo di Rochester.- Avete saputo che il capo del suppliziato è stato portato ad AnnaBolena? - interruppe impetuosamente Nicola.

Sir Giacomo alzò lo sguardo: - L'apprendiamo soltanto ora. L'uomo proseguì.- Quindi Sir More si inginocchiò per recitare le preghiere e tutta lagente stava in silenzio. Non c'era uno che alzasse la voce contro di lui.Poi si rialzò, si tolse il vestito, scoprendo in tal modo il collo su cui

 passò, sorridendo, una mano. Poi disse al carnefice che il suo collo eracorto e gli ordinò di farsi animo e di colpire giusto, altrimenti il suo

 buon nome ne andava di mezzo: quindi si stese al suolo e pose il collosul ceppo; ma prima di dare il segno si mosse di nuovo e tirò fuori la

 barba da sopra il ceppo mettendola davanti; durante la prigionia eracresciuta alquanto.- Vogliamo le parole - gridò Nicola incollerito.- Disse che la sua barba non aveva consumato alcun tradimento e

 perciò non doveva essere suppliziata con lui. Poi allungò la mano per ilsegnale ed un colpo deciso pose fine a tutto.

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- Maledetti! - sibilò tra i denti Nicola come una specie di amen alracconto, voltandosi rapidamente verso il focolare in modo che la suafaccia non potesse essere vista. Ci fu silenzio assoluto per alcunisecondi.

Il valletto, impassibile, teneva gli occhi bassi; poi riprese a parlare.- Quanto alla testa del Vescovo di Rochester dicono che sia stata portataalla... alla Regina in un sacco bianco e che essa l'abbia colpita sulla

 bocca. Nicola lasciò cadere il suo capo sulla mano appoggiata al legno cheadornava il focolare.- Ed il corpo denudato rimase tutto il giorno sul palco cogli alabardieriche brindavano intorno; al sopraggiungere della notte fu rovesciato inuna buca, nel cortile della chiesa di Barking.

- Per ordine di chi?- Di Sir Cromwell.Ci fu di nuovo silenzio, interrotto però subito dal valletto.- Si dicevano ancora altre cose... - Si fermò esitante.Il vecchio gli fece segno di continuare. - Dicono che la testa diMonsignore risplendesse come una luce, ogni notte sul ponte - aggiunsel'uomo con riverenza; - nei pressi c'era sempre una grande calca tutto ilgiorno, cosicché le vie adiacenti erano sempre bloccate e nessuno

 poteva andare o venire. E così alla fine, gettarono la testa nel fiume;

almeno così si crede - poiché non c'era più quando io andai per vederla. Nicola si volse: i suoi occhi luccicavano ed il volto era adirato e pallido. Sir Giacomo si alzò e parlò con voce rotta:- Grazie, brav'uomo. Avete raccontato bene la vicenda.Mentre il valletto faceva per andarsene, il signor Nicola si giròrapidamente dalla parte del focolare, nascondendosi nel braccio lafaccia, e Cristoforo vide che profondi sospiri gli sollevavano le larghespalle.

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LIBRO IIIL TRIONFO DEL RE

PARTE PRIMA: LE CASE MINORI

I.UN ATTO DI FEDE

Un giorno sul finire d'agosto Beatrice Atherton camminava lungo lariva settentrionale del fiume, da Charing verso Westminster, per annunziare a Rodolfo il suo arrivo in città la sera precedente.Aveva trascorso dei momenti terribili da quel giugno in cui avevaincontrato i due fratelli assieme. Con Margherita al fianco, avevaveduto Sir More in tribunale, rivestito del suo logoro abito di lana,appoggiato al suo bastone, incurvato e incanutito a causa della

 prigionia; aveva udito le sue chiare risposte, le sue domandeindagatrici; finalmente era stata testimone della gioiosa conclusione,dopo la pronuncia della sentenza. Aveva passato in compagnia delladisgraziata famiglia la mattina del sei luglio, inginocchiandosi per recitare le preghiere nella cappella della nuova villa, per varie ore, finoa che Sir Roper non l'aveva avvertita col volto pallido e tremante chetutto era finito.Allora si era recata con gli altri alla sepoltura che aveva avuto luogonella cappella di S. Pietro nella Torre; quindi, e questa era stata la prova

 più dolorosa, era rimasta nell'oscurità estiva, presso la porticinafiancheggiante il portone d'entrata; di lì aveva inteso i corti colpi deiremi ed i passi che venivano su dalla strada ed aveva fatto entrareMargherita che portava il prezioso peso strappato dal palo sul Ponte diLondra. Poi per un certo tempo era andata in campagna con Lady Moree le figlie ed ora era ritornata, in una specie di convalescenza psichica,nella nuova abitazione di sua zia sulla riva del fiume, a Charing.

***La sua faccia era più pallida del solito, ma c'era un vivido splendorenegli occhi mentre essa camminava sotto il mantello azzurro, colladonna di servizio al fianco, preceduta dal servo in livrea. Andavaridipingendo nella mente l'istante in cui Rodolfo l'aveva chiesta inmoglie. Dopo che Cristoforo aveva lasciata la stanza, i due eranorimasti perfettamente immobili fino a che la porta della strada si era

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richiusa; poi Rodolfo si era volto a lei con una domanda negli occhifermi; essa allora aveva detto che non credeva una sola parola delleinsinuazioni del monaco; ma che era stata consapevole di fare ciò che iteologi chiamano un atto di fede. Non che non ci fossero punti scabrosi

 per lei nella posizione che occupava Rodolfo - ce n'erano molti - maessa aveva determinato con una rapida decisione di non tenerne conto edi credere in lui. Era l'ultimo passo di un processo iniziatosi il giorno incui essa aveva preso interesse a questo forte e brusco uomo; ora peròaveva precipitato a causa del fanatico attacco di cui era stata appenatestimone.Il disaccordo, così pensava, del carattere e delle azioni di Rodolfo nonera stato risolto, tuttavia aveva deciso in quel momento che talesoluzione non era richiesta, che i dati che possedeva a questo riguardo

erano insufficienti e che se non poteva dar loro una spiegazione,almeno poteva confidare. Rodolfo era stato molto onesto, andavadicendosi. Le aveva ricordato di essere un servo di Cromwell che moltistimavano nemico della Chiesa e dello Stato. Gli aveva rispostoimmobile e silenziosa, con un cenno del capo, arguendo ciò che dovevaancora venire dal pallore del suo viso e dai suoi occhi lampeggiantisotto le larghe palpebre. Aveva sentito il proprio petto alzarsi eriabbassarsi ed un battito martellare la gola. Anche adesso, quando ci

 pensava, il suo cuore accelerava e le mani si stringevano l'una all'altra.

Poi in un istante la cosa si era conclusa. Aveva scoperto che le propriemani erano ormai saldamente afferrate ed i propri occhi imprigionati daquelli di lui; poi tutto era finito e gli aveva risposto con una parola.Le cose non erano state facili anche dopo quel momento. Più d'unavolta Cecilia le aveva suscitato dei dubbi. Lady More aveva dettoalcune cose indiscrete, molto dure a sopportarsi; la stessa zia avevaaccolto la notizia in silenzio. Ma tutto ormai era finito. Il necessarioconsenso da ambo le parti era stato dato ed ora si trovava ancora unavolta sulla strada di Westminster, coll'immagine di Rodolfo davanti agli

occhi e Rodolfo in persona ad un centinaio di metri di distanza.***

Svoltò all'ultimo angolo della strada, percorse la viuzza e girò di nuovo per attraversare il selciato che fronteggiava la casa. Maurizio era pressola porta quando giunse e si mise subito da una parte. Sembravatitubante.

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- Sir Torridon ha dei signori in casa.- Allora aspetterò - disse Beatrice serenamente ed accennò ad entrare. Ilservo, ancora mezzo esitante, aperse maggiormente la porta e Beatricee la serva entrarono nella piccola sala a destra. Nell'entrare udì delle

voci dall'altra parte. I passi di Maurizio si allontanarono nel corridoio.Beatrice non ebbe molto da aspettare. Ad un tratto si senti il rumored'una carrozza che s'era fermata presso l'ingresso, e la serva che stavaseduta accanto alla finestra guardò fuori. Il suo volto si fece grave.- È la carrozza di Sir Cromwell - disse. Beatrice provò una vagaansietà; Sir Cromwell, nonostante gli sforzi di lei, era il lato ombrosodella vita di Rodolfo. - Viene dentro? - chiese. La serva diede un'altrasbirciatina.- No, signora. - La porta della stanza in cui si trovavano non era

completamente chiusa e si poteva udire un lieve mormorio di voci nellasala, ma quasi subito si sentì stridere un chiavistello sollevato e poi lachiara e distinta voce di Rodolfo.- Ci penserò, signore. - Beatrice si alzò con un certo disagio. Pensavache forse avrebbe fatto meglio a non trovarsi là; ricordò ora il leggeromalcontento del servo nel lasciarla entrare. Si udì uno scalpiccio di

 passi nella sala ed un vocio, e mentre il passo rapido di Maurizio siavvicinava, la porta fu aperta bruscamente e Rodolfo con altre due

 persone si fermò sulla soglia a guardare dentro.

- Non lo sapevo - incominciò, ed arrossì un poco, sorridendo e facendoatto di chiudere la porta. Ma la faccia di Cromwell, col labbro superioreallungato ed i grigi occhi socchiusi, apparve dietro le sue spalle eRodolfo si volse, quasi supplichevole.- Vi chiedo perdono, signore; questa è la signora Atherton e la suadonna. - Cromwell nel suo ricco abito munito di catena avanzò nellasala con una specie di penetrante sorriso.- La signora Beatrice Atherton? - chiese con interrogativa deferenza;Rodolfo fece le presentazioni. Beatrice sentiva di essere alquanto goffa

e in imbarazzo; non era una cosa piacevole esser sorpresa qui, come sefosse venuta per spiare qualcuno. S'accorse d'arrossire mentre spiegavache non aveva immaginato chi si potesse trovare lì. Cromwell laguardava con molta compiacenza.- Non c'è nulla di che scusarsi, signora, - le disse. - Sapevo che eravateamica di Sir Torridon. Mi ha detto tutto. - Sembrava che Rodolfo fosse

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stranamente a disagio, pensava tra sé Beatrice, mentre Cromwell sicongratulava con entrambi con un fare molto cortese, volgendosi poi dinuovo verso la sala grande.- Monsignore - chiamò - Monsignore... Allora Beatrice vide un alto

ecclesiastico dal volto rasato e dall'aspetto piuttosto insignificante magentile, con un ampio labbro pendente e stretti occhi bruni, avanzarenel suo abito da prelato; a questa vista gli occhi le si immobilizzarono ele labbra si serrarono.- Monsignore - disse Cromwell - questa è la signora Beatrice Torridon.- Il prelato, sorridendo leggermente, stese la mano, offrendo a baciarel'anello; Beatrice era perfettamente immobile. Poté scorgere Rodolfoche la guardava con occhi imploranti.- Voi conoscete il Vescovo di Canterbury - riprese Cromwell per 

spiegarsi.- Sì, lo conosco - rispose Beatrice. Ci fu un silenzio di tomba per qualche istante, e poi si udì un tenue singhiozzo della serva. Cranmer riabbassò la mano, sempre sorridendo, e si volse verso Rodolfo.- Dobbiamo andare, Sir Torridon. Sir Cromwell ha, molto gentilmente...- Cromwell che era rimasto attonito per un momento, si girò, nel sentir 

 pronunziare il suo nome.- Sì - disse a Rodolfo - Monsignore deve venire con me, e voi verretedomani a casa mia. Salutò la fanciulla guardandola con un compiacente

interesse che la fece arrossire, e mentre Mons. Cranmer varcava lasoglia della porta d'ingresso per salire nella carrozza con a fiancoRodolfo a capo scoperto, disse qualche parola a bassa voce. - Voi sietecome tutte le altre, signora - e scosse il pesante capo come un padreindulgente. Poi si voltò anch'egli ed uscì.

***Beatrice si recò immediatamente nell'altra sala, lasciandosi dietro laserva e sostò presso il focolare, allorché entrò Rodolfo. Udì la portarichiudersi ed il passo di lui avvicinarsi sul pavimento della stanza. -

Beatrice - disse Rodolfo. Ella si volse e lo guardò: - Non devirimproverarmi - gli disse con grande serenità. - Devi lasciarmi la miacoscienza. - Il volto di Rodolfo si schiarì improvvisamente.- No, no, - riprese lui - temevo che le cose andassero diversamente.- Dicono che sia sposato! - osservò la giovane, senza amarezza.- Sicuro, mia cara, ma... ma, tuttavia io mi sento più inclinato al

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matrimonio di prima. - Gli occhi neri di Beatrice balenarono per lagioia.- Sì, ma i preti! - disse.- Sì, anche i preti... - ribatté Rodolfo sorridendole. Beatrice si accostò

ad una sedia e si sedette.- Credo di non dover fare alcuna domanda, - disse a Rodolfoguardandolo un momento negli occhi immobili. Pensava che si trovasseancora un po' a disagio. - Oh! non so quasi come stia la cosa... - disseRodolfo; e fece un giro attorno alla sala, tornando poi al posto di prima.Essa attendeva, sapendo di aver già posto la sua domanda, ed erasegretamente soddisfatta che egli la sapesse e ne rimanesse perplesso.- Non so quasi come stia la cosa, - ripeté standole di fronte. - O meglio,- sì - tutti lo sapranno presto. - Oh! io posso aspettare fino allora... -

ribatté in fretta Beatrice, non ben sicura se fosse o no infastidita dalsentirsi palesare un segreto di una natura così comune. Rodolfo laguardò, anch'egli poco sicuro.- Ho paura... - incominciò a dire.- No, no, - riprese lei vergognandosi del suo dubbio, - non vogliosapere; posso aspettare.- Voglio dirtelo - continuò Rodolfo. Andò a sedersi sulla sedia che stavadinanzi, incrociando le gambe. - Riguarda la visita delle CaseReligiose. Io debbo andare coi Visitatori, in settembre. - Beatrice provò

un subitaneo e opprimente interesse, ma non lo manifestò.- Ah, sì! - disse leggermente, - e quale sarà il tuo incarico? - Rodolfo furassicurato dal tono della sua voce.- Dobbiamo andare nella provincia meridionale. Io sono nella comitivadel Dr. Layton. Faremo delle indagini sullo stato della religione, come èosservata e così via, e ne faremo una relazione per Sir Cromwell. -Beatrice guardò in terra in un modo leggermente obliquo. - So che cosastai pensando, - disse Rodolfo con voce mista di piacere e di orgoglio.Essa alzò lo sguardo silenziosamente.

- Sì, sapevo che era così - continuò lui sorridendole. - Tu sei curiosa disapere quello che io conosco circa le Case Religiose. Ma io ho unfratello... - Un'ombra offuscò il volto di lei; Rodolfo s'accorse chequell'allusione non le piaceva. - Inoltre, - proseguì, - essi hanno bisognodi uomini intelligenti, non ecclesiastici, per questo affare.- Ma, e il Dr. Layton? - obiettò Beatrice. - Vedi, si potrebbe chiamarlo

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un ecclesiastico, ma non si può dedurre che sia tale, dal suo modo difare. E nemmeno si potrebbe dire che favoreggi quella casta di persone.- Credo che farebbe meglio in una delle sue chiese, - disse Beatrice.- Comunque, questi non sono affari miei - osservò Rodolfo.

- E quali sono i tuoi affari?- Vedi, cavalcare per la campagna; esaminare i religiosi e fare indaginisulla gente di provincia. - Beatrice incominciò a battere moltoleggermente il piede per terra. Rodolfo abbassò lo sguardo sulle fibbieluccicanti e sorrise contro voglia. La giovane continuò:- E coll'autorizzazione di chi?- Di Sua Maestà!- Ed anche con quella di Mons. Cranmer?- Sì; per quanto gliene competa.

- Comprendo - disse Beatrice, e riabbassò gli occhi. Tacquero per qualche istante.- Comprenderai pure che non posso ritirarmi, - spiegò Rodolfo, un po'

 preoccupato dall'aspetto di lei. - È una parte del mio dovere...- Oh, comprendo, - disse Beatrice.- E finché io agisco con giustizia, non ne deriva alcun male...- La giovane taceva. - Comprendi anche questo? - le chiese.- Credo di sì - disse lentamente Beatrice. Rodolfo fece un leggeromovimento d'impazienza.

- No... aspetta - disse la giovane; - comprendo; se non potessi aver fiducia in te, sarebbe stato meglio che non ti avessi mai conosciuto.Invece vedo che posso aver fiducia in te, quantunque non riesca acomprendere come tu possa compiere una simile opera. - Alzòlentamente gli occhi verso quelli di lui e Rodolfo guardandoli vide cheera perfettamente sincera e parlava senza risentimento.- Mia cara, - le disse, - io non avrei potuto subire un affronto simile daaltri che da te; ma so che sei veritiera e non intendi diversamente daquello che sono le parole. Hai veramente fiducia in me?

- Ma sicuro - rispose la ragazza e gli sorrise mentre la prendeva fra le braccia.Quando se ne fu andata, Rodolfo trascorse un brutto quarto d'ora.Sapeva che aveva fiducia di lui, ma ciò non dipendeva forse dal fattoche non sapeva come stavano le cose? Si sedette e rifletté sullaconversazione che aveva avuto con Cromwell e coll'Arcivescovo.

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 Nessuno dei due aveva detto espressamente che ciò che occorreva erauna testimonianza sfavorevole contro le Case Religiose, ma sapeva cheera questo, quello che si richiedeva da lui. Aveva parlato a lungo dellecorruzioni che i Visitatori avrebbero trovato, e Cranmer aveva

raccontato qualche storia, col volto atteggiato a grande dolore, di casiscandalosi che egli stesso aveva appreso. Anche Cromwell aveva fattoosservare che tali corruzioni cagionavano un danno incalcolabile e cheun monaco immorale, nella sua posizione, faceva molto più male chenon i suoi santi confratelli potessero fare di bene. Ambedue avevanodetto una parola anche circa il lusso e le ricchezze che si sarebberotrovate nelle case di coloro che professavano la povertà, ed intornoall'ingiuria fatta alla santa religione di Cristo con tali sleali pretese.Rodolfo sapeva pure, avendo parlato con gli altri Visitatori, la specie di

lavoro a cui molto probabilmente ciascuno di essi sarebbe statodestinato. Per primo c'era il Dr. Riccardo Layton, a cui Rodolfo dovevaunirsi nel Sussex, alla fine di settembre, un prete che aveva due o treincarichi e notoriamente li trascurava. Era un uomo volgare e siabbassava servilmente pur di raggiungere i suoi scopi; Rodolfo loaveva con un certo terrore udito conversare con Cromwell. Egli peròsarebbe stato in gran parte indipendentemente da lui, trovandosi in suacompagnia soltanto in alcune delle Case più grandi, nelle quali erarichiesto più di un Visitatore. Anche Tommaso Legh, un giovane

dottore in legge, non era molto più attraente. Era un uomo distraordinaria arroganza, camminava a testa alta e guardava attorno a sécon occhi insolentemente languidi. Rodolfo si era nello stesso tempodivertito ed adirato nel vederlo, dopo l'intervista di Cromwell scenderenella strada dove il suo cavallo ed una mezza dozzina di servi loattendevano e nell'osservarlo partire con le arie di un volgare principe.Anche Ad Rice, del Galles e lo spaccone D. London dal viso rosso, nonerano persone a cui egli desiderasse molto associarsi; e gli altri nonerano certo migliori. Rodolfo ringraziava che nessuno di questi

individui si fosse trovato in casa sua or ora, quando Cromwell el'Arcivescovo erano entrati nella carrozza e quando Beatrice li avevaincontrati.

***Ci fu un momento, dieci minuti dopo che Beatrice era partita, in cuiRodolfo si sentì mosso ad afferrare il cappello e andare dietro a

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Cromwell per dirgli che lo disimpegnasse da quel brutto incarico, mal'educazione ricevuta dallo stesso Cromwell glielo impedì e rise allafollia di quel pensiero. Certamente, quel lavoro doveva esser fatto!L'Inghilterra era infracidita di sogni e di superstizioni;

l'ecclesiasticismo aveva corrotto la genuina vita umana, e la sanitànazionale non poteva venir restaurata che a prezzo di un processoviolento. Senza dubbio ne avrebbero sofferto anche persone innocenti -innocenti di coscienza, ma colpevoli di fronte allo Stato. - Ogni grandemovimento verso il bene doveva necessariamente essere causa dicatastrofi individuali, ma era appunto il compito di un uomo forte far valere i principi e disprezzare i dettagli. Il lavoro doveva essere fatto;era quindi preferibile che ci fosse un uomo rispettabile a compierlo.

 Naturalmente un tale lavoro richiedeva uomini violenti; doveva per 

forza di cose essere accompagnato da qualche azione brutale e la sua presenza avrebbe potuto contribuire almeno in parte a limitare taliazioni.

***Quanto a Beatrice... ecco, Beatrice non comprendeva ancora. Se avessecompreso le cose come lui, sarebbe stata d'accordo con lui, poichéanch'essa era forte. Inoltre l'aveva poco prima stretta fra le sue braccia esapeva che ella lo amava. Ma se ne stette ancora qualche minuto insilenzio, guardando con occhi distratti i tetti di fronte ed il limpido

cielo; quando Maurizio entrò per vedere se il padrone desideravaqualcosa, la punta della penna d'oca che teneva fra le dita era spezzata.Per mandato del ministro Cromwell, Rodolfo iniziò la visita ufficialealle Case Religiose situate nel Sussex. Lo scopo di tale visita era dicostringere le Case Religiose, vere roccheforti del papato in Inghilterra,a passare sotto l'autorità del Re e nello stesso tempo impadronirsi deinumerosi beni ad esse appartenenti per rinsanguare l'erario dello Stato.Rodolfo ha come compagno in questa losca impresa il Dr. Layton, ilquale, mediante storielle calunniose sul conto dei monaci riesce a

disporre l'animo di Rodolfo alla severità ed alla inesorabilitànell'adempimento del suo compito.Dopo l'incontro avvenuto nell'Abbazia di Durford i due si separarono: ilDr. Layton diretto a Waverly, dove aveva deciso di dormire la notte delsabato e Rodolfo al convento di Rusper.

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IIUNA CASA DI MONACHE

Verso sera Rodolfo col servo Maurizio incominciarono ad avvicinarsi a

Rusper su di un sentiero che vi conduceva da ovest; nell'arrivare alvillaggio s'accorsero che avevano oltrepassato la loro mèta e chedovevano svoltare prima. Il convento, disse loro un uomo, era situato acirca due chilometri in direzione nord-ovest. Rodolfo fece alcuneinterrogazioni ed apprese che consisteva in una casa piuttosto piccola eche con molte difficoltà avrebbe trovato alloggio per la sua comitiva diquattro persone; così lasciò Maurizio nel villaggio per cercarvi unalloggio e si diresse da solo verso il convento, al di là della chiesa edelle case di legno.

La strada era brutta ed il cavallo avanzava lentamente dovendo guardar  bene dove metteva le zampe, cosicché era quasi buio allorché Rodolfoscorse dinanzi a sé il tetto appuntito del convento che si innalzavacontro il cielo debolmente illuminato. Mentre saliva verso la casa,scorse delle luci da qualche finestra, che davano un'impressione dicalore e di familiarità tra le fredde tenebre; e mentre, seduto sul cavallo,udiva uno scampanellio nell'interno della casa, ebbe solo un istante diesitazione al pensiero della pacifica vita che trascorreva tra quelle murae della missione che lui veniva a compiere. Ma il ricordo dei fatti uditi

 persisteva tuttora e parlò con voce aspra quando la piccola imposta siapri ed una porticina rischiarata si disegnò nel nero portone d'entrata.- Sono uno dei Visitatori del Re - disse; - fate sapere alla madre badessache mi trovo qui. Debbo parlarle. - Si udì un rumore soffocato dietro lagrata e Rodolfo poté scorgere due occhi che lo guardavano. Poi ilriquadro di luce scomparve. Passarono alcuni minuti prima chesuccedesse altro, e Rodolfo, intirizzito ed affamato sul suo cavallo,incominciò ad impazientirsi. Teneva la mano sulla maniglia di ferroritorto, pronto a picchiare di nuovo stizzosamente, quando udì un passo

nell'interno ed una luce brillò di nuovo.- Chi c'è? - chiese una voce di donna anziana, con ansietà.- Ho mandato a dire - rispose Rodolfo con petulanza - che sono uno deiVisitatori del Re. Vi sarei molto grato se foste così gentile da nonlasciarmi qui fuori tutta la notte. - Ci fu un istante di silenzio; il cavalloemise un rumoroso respiro.

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- Come posso essere sicura della vostra identità? - ripeté la voce.- Vi basti sapere che ve lo dico io, - scattò Rodolfo. - E se non basta, ilmio nome è Torridon. Voi avete una mia sorella lì dentro. - Ci fuun'esclamazione nell'interno ed un bisbiglio, poi affrettati passi

attraversarono leggermente il selciato. La voce si fece sentire di nuovo.- Vi chiedo scusa, signore; ma avete qualche documento, oppure... -Rodolfo trasse fuori una carta di identità e si sporse in avanti sulcavallo per farla passare attraverso l'apertura. Senti delle dita tremanti

 prenderla dalla sua mano ed un momento dopo dei passi cheritornavano. Ci fu un fruscio di carte e poi ancora un bisbiglio.- Ebbene, mia cara?Qualcosa si mosse nel riquadro di luce, che si oscurò all'avvicinarsi diuna faccia alle sbarre. Poi questa si allontanò e la luce tornò a

risplendere; seguì un confuso sussurrio.- Certamente madre... - incominciò Rodolfo; ma fu interrotto da untintinnio di chiavi e da un respiro ansante; poi quasi immediatamentescattò una serratura accompagnata dal rumore di una chiave girata nellatoppa. S'alzò un coro di sussurri ed un rapido muoversi di passi e poi la

 porta si apri verso l'interno ed una piccola donna anziana apparve nelsuo abito nero, col volto coperto da una stoffa bianca sulla fronte esotto il mento. Le altre s'erano dileguate.- Sono molto spiacente, Sir Torridon, di avervi fatto stare alla porta ma

noi dobbiamo essere molto prudenti. Volete far entrare il vostro cavallo,signore? - Rodolfo rimase un po' imbarazzato dall'improvvisomutamento della situazione e spiegò che era solo venuto per annunciareil suo arrivo in paese; credeva che non avrebbe trovato posto nelconvento.- Ma noi abbiamo qui un piccolo appartamento per gli ospiti -soggiunse la vecchia madre con aria dignitosa - e dello spazio per ilvostro cavallo. - Rodolfo esitò; ma era stanco ed affamato.- Entrate, Sir Torridon. Fareste meglio a scendere a terra e condurre

dentro il cavallo; suor Anna ne prenderà cura.- Ecco, se siete sicura... - riprese Rodolfo, togliendo un piede dallastaffa. - Sono sicura - disse la badessa e si pose in disparte per lasciar 

 passare lui e la bestia. C'era un piccolo cortile, rischiarato da una solalampada che ardeva sul davanzale di una finestra, col convento da una

 parte ed una piccola casetta dall'altra. Al di là di quest'ultima si ergeva

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il tetto di un vasto edificio. Quando Rodolfo fu entrato, una portainterna del convento si aprì ed una sorella laica uscì fuorifrettolosamente; attraversò direttamente il cortile e prese il cavallo per la briglia.

- Servitegli un buon pasto, sorella - disse la badessa, ed accompagnòRodolfo alla porta della foresteria. - Accomodatevi, Sir Torridon;saranno portati subito i lumi.

***Dopo mezz'ora Rodolfo stava cenando nel salotto degli ospiti; uninvitante fuoco scoppiettava nel focolare; un paio di candele ardevanosulla tavola e due vecchie e grigie cortine rammendate pendevano dalla

 bassa finestra. La badessa entrò quando egli aveva finito; licenziò lasorella laica che lo aveva servito e si sedette.

- Vedrete vostra sorella domani, Sir Torridon, - disse quindi - ora è un po' tardi. Ho mandato il ragazzo al villaggio a chiamare il vostro servo; può dormire in questa camera se vi pare. Temo che non ci sia spazio per altri. Rodolfo la osservava mentre parlava. Era alquanto vecchia, con legote cascanti e due occhietti gravi dalla vista corta; infatti di tanto intanto si sforzava di guardarlo bene alla scialba luce delle candele. Illabbro superiore era ricoperto da una leggera peluria scura. Aveva unaspetto stranamente innocuo e Rodolfo sentì un altro subitaneo rimorsoal pensiero delle notizie che doveva comunicarle l'indomani. Era

curioso di conoscere quanto ella sapesse.- Siamo così contente, Sir Torridon, che siate voi il nostro Visitatore.Avevamo paura che fosse il Dr. Layton; abbiamo sentito raccontaretristi cose a suo riguardo. - Rodolfo indurì con uno sforzo il propriocuore.- Non ha fatto che il suo dovere, reverenda madre, - le disse.- Oh! Ma non sapete certamente - esclamò la badessa. - Ha derubato

 parecchie nostre case e lo stesso altare. Ha inoltre dimesso alcune dellenostre suore. - Rodolfo era silenzioso; credeva di dover lasciare stare

ancora in pace la vecchia madre almeno per quella notte. Essasembrava non attendere risposta alcuna, ma proseguì soffermandosi sualcune cose orribili che stavano capitando nei dintorni, e sulle perverseaccuse scagliate contro i religiosi, aggiungendo che la vendetta divinasarebbe sicuramente caduta sui responsabili. Finalmente si volse e lointerrogò con un misto di deferenza e di dignità.

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- Che cosa desiderate da noi, Sir Torridon? Dovete dirmelo, affinché io possa essere sicura che tutto sia in ordine. - Rodolfo si sentiva divertitonell'intimo da quell'aria di innocente sicurezza.- Il mio compito è questo, reverenda madre. Debbo esaminare i libri

della casa nei quali sono registrate tutte le vendite che voi aveteeffettuato. Dovete darmi una lista degli abitanti della casacoll'ammontare delle rispettive doti ed il nome, l'età e la data di

 professione di tutte le religiose. - La badessa spalancò un momento gliocchi.- Sì, Sir Torridon. Voi mi permetterete di vedere tutti i vostri documentidomani; è necessario che io mi accerti che tutto è in regola da partevostra. - Rodolfo sorrise un po' amaramente.- Vi farò vedere tutto - le disse. - E poi debbo ancora chiedervi altro, ma

 per ora basta così. Quando vi avrò fatto vedere i miei documenti sapreteciò che desidero. - Si udì uno scampanellio alla porta esterna; la

 badessa volse il capo ed attese, fino a che si senti un rumore di chiavi elo scattare della serratura.- Sarà il vostro servo. Volete farlo entrare adesso, Sir Torridon? -Rodolfo fece cenno di sì. - Bisogna poi che egli dia uno sguardo aicavalli per vedere se tutto è come voi desiderate. - Un momento dopoentrò Maurizio, e fece un riverente inchino alla piccola vecchia madre,la quale gli chiese il suo nome.

- Quando vi sarete sbrigato col vostro servo, Sir Torridon, egli, se vi pare, potrà chiamarmi. Andrò con lui a vedere i cavalli.- Maurizio aveva portato con sé il fascio di documenti del padrone equando li ebbe messi in disparte e preparata la camera da letto, chiese il

 permesso di andare a chiamare la badessa. Rodolfo trascorse unamezz'oretta nel riandare ancora una volta gli articoli e le ingiunzioni,congratulandosi con se stesso per la perfezione che aveva raggiunto neldisimpegno della sua presente funzione; incominciava appena ameravigliarsi come mai il servo non fosse ancora tornato, quando la

 porta si riaperse e Maurizio entrò nella stanza.- Il mio cavallo è un po' zoppo, signore - disse; - gli ho messo su unimpacco. - Rodolfo alzò lo sguardo. - Sarà in grado di camminare,suppongo... - Di qui a un giorno o due, Sir Rodolfo.- Va bene; è più che sufficiente. Noi ci fermeremo qui almeno fino alunedì.

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Rodolfo non poté dormire molto bene quella notte. Il pensiero di ciòche doveva fare lo tormentava non poco. La cosa sarebbe stata piùfacile se la badessa fosse stata o più docile o più ardita; ma la sua ariadi cortesia mista a dignità lo impressionava. Anche la sua innocenza

aveva in sé qualcosa di commovente come pure la sua apparenteignoranza di quello che la presente visita significava. Aveva fattoun'ottima cena a spese di lei, servito da una suora gioviale; la stessareverenda madre era venuta ed aveva parlato con intelligenteespansività. Stava pensando a come doveva essere la vita al di là diquella parete che lo separava dal convento... come doveva essere attivae puntuale, e nello stesso tempo carezzevole e familiare. Ed era propriola sua mano che doveva atterrarne il primo sostegno. C'erano senzadubbio tre o quattro suore sotto l'età richiesta le quali avrebbero dovuto

essere licenziate, e probabilmente c'era qualche oggetto prezioso daasportare, forse una croce processionale, simile a quella che aveva vistonella collezione del Dr. Layton e qualche ricco calice usato nellesolennità. Anche sua sorella era nel numero di quelle che dovevanoessere dimesse. Come si sarebbe allora comportata la piccola vecchia

 badessa? Che cosa avrebbe detto? Pure si consolava, mentre riposavalà, nella linda camera dal soffitto basso, guardando con occhi fissi laminuscola acquasantiera di terracotta che luccicava contro il battentedella porta, richiamando alla mente il principio che guidava e sosteneva

l'impresa. Forse alcuni innocenti avrebbero avuto da soffrire, alcunivecchi cuori si sarebbero spezzati, ma un uomo come lui doveva esser 

 pronto a tutto. Poi, nel richiamar alla mente le storie del Dr. Layton, ilsuo cuore si riaccendeva e si rinfrancava un'altra volta.L'indomani ebbe luogo l'inchiesta che Rodolfo condusse con tuttorigore e nella quale accettò la dimissione di una monaca ed ingiunsealla propria sorella Margherita, perché inferiore ai venti anni di lasciareil convento per tornare alla casa paterna.La sera dello stesso giorno, al ritorno da una breve passeggiata, ebbe la

sorpresa di incontrare sulla soglia del convento la sorella MariaMaxwell ed il proprio padre.

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IIIPADRE E FIGLIO

Per un momento nessuno dei tre parlò. Poi Maria trasse un profondo

respiro nel vedere il volto di Rodolfo irrigidito in quel momento in unaspecie di cieca ostinazione, che essa aveva notato soltanto una volta odue prima di allora. Mentre stava là ritto, pareva irrigidirsimaggiormente. Le palpebre si abbassarono e piccole linee simostrarono improvvisamente a ciascun lato della sottile bocca. Anchesuo padre lo aveva notato e la mano che aveva sollevato in atto disupplica ricadde e la voce divenne tremula.- Rodolfo... Rodolfo, figlio mio! - disse. Rodolfo non fiatò ancora marimase freddo, colla faccia mezzo rivolta verso le finestre. - Rodolfo,

figlio mio - ripeté l'altro - tu sai perché noi siamo venuti.- Siete venuti a intralciare le mie faccende. - La sua voce era tagliente emetallica, rigida come l'acciaio.- Siamo venuti a impedire un grosso peccato contro Dio - riprese Sir Giacomo. Rodolfo spalancò gli occhi con furore e sporse in fuori ilmento. Anche il volto del padre ora si fece risoluto ed egli si eressenella persona.- Sai quello che stai facendo? - gli chiese.- Sì, lo so. - C'era in quella voce una straordinaria insolenza e Maria

fece un passo avanti.- Oh, Rodolfo - gli disse - almeno fa la cosa con maggiore decoro! -Rodolfo si volse bruscamente verso di essa e l'ostinazione si mutò incollera.- Non intendo che mi si venga ad insegnare ciò che debbo fare - gridò. -Che diritto avete voi di intromettervi tra me ed il mio lavoro? - Sir Giacomo fece un gesto rigido ed imperioso ed il suo atteggiamentosupplichevole gli cadde di dosso come un mantello.- Siediti - gli ingiunse con voce decisa. - Noi abbiamo il diritto di

interessarci delle cose di Margherita. Diremo quel che ci parrà.Maria lo guardò; non aveva mai visto il padre così. Quando posòun'altra volta lo sguardo su Rodolfo, quel volto si era di nuovocontratto nell'ostinazione. Rispondeva a Sir Giacomo con riguardosadeferenza.- Senza dubbio, io mi siedo e voi direte quel che vi parrà. - Attraversò

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la stanza e prese due sedie dinanzi al focolare spento dove stavanoancora le bianche ceneri ed i ceppi del fuoco della sera precedente. Sir Giacomo si sedette colla schiena verso la finestra, cosicché Maria non

 poteva vederne la faccia, e Rodolfo stette un momento fermo presso

l'altra sedia proprio di fronte a lui.- Siediti, Maria - le disse. - Attendete, farò portare delle candele. - Sirecò presso la porta per chiamare la portinaia e poi ritornò e si sedettecon calma deliberazione. Nessuno dei tre pronunciò una parola finchéla monaca non ebbe portato le candele posandole già accese sulleapposite mensole ed uscendo poi senza alzare lo sguardo. Maria eraseduta presso la finestra le cui cortine erano aperte e la stanza eraavvolta nel chiarore misto del crepuscolo e delle candele. Ebbe unaintuizione e scorse in ciò l'incontro della vecchia e della nuova

religione; il simbolo di questi due uomini, la luce di uno dei quali stavasvanendo mentre l'altra si rinvigoriva maggiormente. La luce dellacandela si rifletteva totalmente sul viso di Rodolfo che aveva comesfondo, dietro a sé, la parete bianca. Poi si pose ad ascoltare e adosservare con curioso interesse.

***- Le cose stanno così - incominciò Sir Giacomo; - abbiamo saputo chetu eri qui... - Rodolfo fece un sorriso con un angolo della bocca che nonsfuggì a suo padre. - Io non intendo far nulla di quello che non dovrei

fare - continuò il vecchio, - né di immischiarmi nelle faccende del Re...- E volete che anch'io non me ne immischi - soggiunse Rodolfo.- Sì - disse il padre. - Riceverei molto volentieri te e tua moglie in casa;sarei disposto a provvedervi quanto potrebbe occorrervi e darvi metàdella casa se desiderate, purché tu rinunciassi a questo maledettolavoro. Parlava con tranquilla deliberazione; non c'era segno dicommozione o di passione nella sua voce. Maria però, dal di dietro,

 poteva vedere la sua mano destra stringere come in una morsa il pomodella sedia a braccioli. Le sembrava che i due uomini si fossero

improvvisamente induriti, nello sforzo di dominarsi. La loro aria eracome di due persone amiche che conversavano, non di padre e figlio.- E se no? - chiese Rodolfo colla stessa cortesia.- Aspetta - riprese il padre, ed alzò un momento la mano che poi lasciòricadere. Parlava a frasi brevi e taglienti. - So che hai delle grandi

 prospettive dinanzi a te e che io ti chiedo molto. Non voglio che mi

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creda all'oscuro di tali cose. Se non basta il resto sono disposto a cederetutta la casa a te ed a tua moglie. Non so però che cosa ne pensi tuamadre. - Maria trasse un profondo sospiro. Quelle parole erano comeuna esplosione nella sua anima ed aprivano orizzonti inaspettati. Le

cose dovevano essere disperate se suo padre parlava in quel modo. Nonaveva minimamente accennato a tutto ciò durante quel silenzioso efaticoso viaggio che avevano intrapreso, quando l'aveva fattaimprovvisamente chiamare a Great Keynes nelle prime ore del

 pomeriggio. Vide Rodolfo dare un rapido sguardo a suo padre e poiriabbassare gli occhi.- Siete molto generoso, - disse poi quasi subito - ma non intendolasciarmi corrompere.- Tu... tu allora non sei simile al tuo padrone in questo - ribatté Sir 

Giacomo spinto da un irresistibile impulso. Il volto di Rodolfo si indurìmaggiormente.- È tutto qui? - domandò.- Ti chiedo perdono per aver detto ciò - aggiunse cortesemente suo

 padre. - Non avrei dovuto dirlo. Non intendo però corromperti; èun'offerta che ti faccio in caso di un tuo eventuale dissesto.- Avete finito?- Non ho altro da dire a questo riguardo - disse Sir Giacomo - se nonche...

- Ebbene?- Se non che non so come la signora Atherton accoglierà questa notizia.- La faccia di Rodolfo diventò ancora più pallida, ma le sue labbra sistrinsero e gli occhi lampeggiarono.- Questa è una minaccia.- Chiamala come ti pare. - Si notò un leggero impulso su una guancia diRodolfo. Guardava suo padre con risoluta fierezza. Maria credette discorgere anche dell'indecisione nelle sue palpebre, che si muovevanoquasi impercettibilmente.

- Avete cercato di corrompermi e mi avete minacciato. Due insulti. Neavete pronto un terzo? - Maria percepì un affrettato sospiro di suo

 padre, il quale tuttavia non perdette la calma.- Non ho più nulla da dire al riguardo.- Allora debbo rifiutare - ribatté istantaneamente Rodolfo. - Non vedoalcuna ragione per rinunciare al mio lavoro. Mi piace molto. - La mano

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del vecchio strinse nervosamente il bracciolo della sedia; poi si sollevòe ricadde.- Allora, tornando a Margherita - continuò di lì a poco - ho inteso chevuoi dimetterla dal convento, è vero? - Rodolfo chinò il capo. - E dove

intendi mandarla?- Deve andare a casa - rispose l'altro.- Ad Overfield? - Rodolfo accennò di si. - Allora io non la riceverò.Maria balzò in piedi.- Neanche Maria la riceverà - aggiunse, chinandosi parzialmente versoquest'ultima. Maria Maxwell si sedette di nuovo. Credette di aver oracompreso quello che suo padre voleva dire. Rodolfo fissò attentamenteil padre per un momento prima che anch'egli potesse comprendere.Allora s'accorse dove mirava e rispose destramente, scrollando con

ostentazione le spalle come per sgravarsi di quella responsabilità.- Oh, questi non sono affari miei; domani darò a lei ed a quell'altra unabito e cinque scellini. - La straordinaria brutalità di quelle parole colpìMaria come una frustata, ma Sir Giacomo non si smarrì.- Allora sei tu che devi decidere la questione - gli disse. - Soltanto, puoifare a meno di mandarla a Overfield o a Great Keynes poiché in talcaso sarà immediatamente rimandata qui. Rodolfo sorrise con un'aria ditollerante incredulità. Sir Giacomo si alzò risolutamente.- Vieni, Maria - le disse e girò la schiena a Rodolfo, - dobbiamo trovare

l'alloggio per questa notte. Le buone monache non avranno postodisponibile. - Maria lo guardò nel volto rischiarato dalla candela e fumeravigliata dalla sua decisione; non vi si scorgeva il più piccoloaccenno alla resa. Era molto pallido ma assolutamente determinato; per la prima volta in vita sua essa notò la somiglianza che quel volto avevacon quello di Rodolfo. La linea delle labbra era identica e le palpebrestavano ora abbassate come quelle del figlio. Anche Rodolfo si alzò edallora scorse la risoluta ostinazione di prima svanire dagli occhi e dalla

 bocca di lui. Sembrava che il suo spirito si fosse travasato in quello

dell'altro.- Babbo... - gli disse. Ella attendeva di vedere un'improvvisacommozione dipingersi sul volto del vecchio, ma non scorse il minimomovimento sulle sue guance. Si fermò un momento ma Rodolfo taceva.- Non ho più nulla da dirti. E ti prego di non farti più vedere a casa. -Mentre uscivano Maria si girò ancora una volta e vide Rodolfo attonito

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e tremante presso il tavolo. Poi si ritrovarono nella strada, dopo aver varcato la soglia del portone aperto, ed il padre emise un lungo gemito.- Oh, Dio mi perdoni! Avrò agito male?

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IVLA PRIORIA DI S. PANCRAZIO

Margherita nonostante l'apparato tragico inscenato dal fratello Rodolfo,

non abbandonava l'idea di rimanere in religione. Giunto il momento dilasciar il convento sotto la pressione del fratello, esce effettivamentedal portone ma lasciata allontanare la cavalcatura del persecutoreritorna frettolosa sui suoi passi, accolta maternamente dalla badessa edai congiunti.Poco più di un mese dopo, Rodolfo si incontrò col suo compagnoVisitatore alla prioria di Lewes. Aveva lasciato Rusper in un accesso distizzosa ostinazione, essendo stato spinto unicamente dall'orgoglio afare ciò che gli ripugnava. L'arrivo di suo padre e di Maria là, aveva

avuto esattamente l'effetto opposto a quello che essi avevano sperato eRodolfo aveva licenziato Margherita dal convento semplicemente per non sembrare di essere influenzato dai suoi familiari. Mentre cavalcavain quel mattino d'ottobre, dopo aver lasciato Margherita sulla strada, colmantello sul braccio, aveva avuto un forte sospetto che sarebbe stataricevuta nuovamente, ma non aveva avuto coraggio di prendere altri

 provvedimenti. Si era accontentato di mandare la sua relazione al Dr.Layton, ben sapendo che una severa punizione sarebbe caduta sulconvento se si veniva a scoprire che la badessa aveva disobbedito agli

ordini del Visitatore. Poi per circa un mese aveva girovagato neidintorni portando via bottino, deputando nuovi funzionari edisimpegnando gli altri incarichi a lui affidati. Si cercò ripetutamente dicorromperlo da parte di superiori di Case Religiose; ma a differenza deisuoi compagni, non s'arrese mai, anzi, colpì più severamente quelli chelo facevano. Licenziò un buon numero di religiosi giovani, come puredi più anziani che desideravano uscir di religione, e quando giunse aLewes era ormai abbastanza impratichito delle funzioni che gliimponeva la sua missione.

Però il pensiero delle conseguenze che le sue azioni potevano avere nelfuturo raramente lo abbandonava. Si era alienata la famiglia efors'anche Beatrice. Un giorno, attraversando Cuckfield, scorse i boschiche sovrastavano Overfield, gloriosi nella loro livrea autunnale, e pensòse si sarebbe mai più recato laggiù, a casa sua. Era molto, ciò a cuirinunziava, ma si consolava al pensiero della sua carriera ed alla

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 piacevole prospettiva di possedere per proprio conto un casa simile aquella, quando la missione fosse stata compiuta ed i monasterisgombrati dei loro abitanti. Aveva con sorpresa ricevuto da sua madreuna lettera, portatagli da un messaggero in una delle case in cui allora

dimorava. La madre lo assicurava della sua approvazione e ringraziavadi avere un figlio che fosse veramente uomo; descriveva inoltre comesuo padre e Maria erano tornati senza Margherita e che lei supponevache la badessa di Rusper l'avesse riammessa.- Vai avanti, figlio mio - terminava la lettera - tutto andrà bene. Tu non

 puoi venire a casa, lo so, mentre tuo padre ha queste opinioni; maquesto è un posto molto noioso e non ci perdi niente. Quando saraisposato la cosa sarà diversa. Il Padre Carleton è molto fastidioso, manon importa. - Rodolfo sorrise fra sé al pensare a come doveva

svolgersi ora la vita in casa sua. Aveva scritto di indagare,assicurandola che faceva del suo meglio per essere giusto ecompassionevole e dicendosi certo che essa avrebbe saputo vagliarequalsiasi racconto esagerato intorno alle azioni dei Visitatori. Nonaveva ricevuto risposta; egli stesso infatti le aveva detto che non neaspettava alcuna perché era continuamente in viaggio e non potevadarle un indirizzo stabile.Quando raggiunse le colline circostanti a Lewes si sentì fortementeeccitato; questa era la più importante fra le missioni che aveva

intrapreso ed inoltre conteneva in sé uno stimolo, costituito dal fatto diessere oltre al resto un mezzo per tormentare il fratello Cristoforo, suoantagonista fin dall'infanzia. Dal giorno del litigio avvenuto conCristoforo nel suo appartamento, aveva conservato verso di lui unostizzoso disprezzo. Cristoforo era stato insolente e teatrale, diceva, edaveva perso ogni diritto alla compassione. I sentimenti di Rodolfo aquesto riguardo non migliorarono certo in seguito all'informazionetrasmessagli da uno dei suoi uomini, che il fratello era stato presentealla scena svoltasi a Rusper, senza dubbio chiamato là da Maurizio, il

quale in tal modo si era mostrato infingardo verso il suo padrone,recandosi di soppiatto ad Overfield il mattino della domenica.Dapprima Rodolfo fu molto perplesso per il comportamento diMaurizio; il servo era sempre stato rispettoso ed obbediente; ma oravedeva chiaramente che non aveva mai avuto un vero interesse per lacausa del padrone e conservava ancora una superstiziosa venerazione

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 per le persone e le cose ecclesiastiche. Quantunque fosse per luiscomodo lasciarlo, tuttavia era meglio essere servito inadeguatamenteche tradito.

***

La prioria di Lewes gli offrì una magnifica vista allorché Rodolforaggiunse l'ultima sommità prima di Monte Harry. Naturalmente la prioria di Lewes era un oggetto di forte competizioneed avrebbe avuto molti concorrenti e comprese più che mai la verità diciò quando raggiunse la splendida entrata e vide l'altra torre ed i tettidalle lunghe tegole. Ad ogni modo le sue relazioni con Cromwell eranodelle migliori e si convinse che dal chiedere non poteva venirgli alcundanno. Fu molto turbato quando, smontando da cavallo, vide la folladegli uomini del Dr. Layton che andava in qua e in là pel cortile. Come

a Durford anche qui il suo superiore era arrivato prima di lui ed il luogoera già sottosopra. Quella stessa sera il Dr. Layton riuscì ad estorceredal Vice-priore la firma di un documento in cui si affermava aver egliin una predica esortato al tradimento contro il Re.La notte Rodolfo dormi nella foresteria, nella stessa camera cheCristoforo aveva occupato al suo primo arrivo. Si svegliò una volta alsuono della grossa campana della torre che chiamava i monaciall'ufficio notturno e sorrise alla fantastica follia di tutto quell'apparato.Il suo lavoro durante quel mese aveva cancellato le ultime reliquie di

timore superstizioso e per lui ora più che mai, le Case Religiose nonerano che luoghi rumorosi, risuonanti di scampanii e di canti edoccupati da gente oziosa. Più presto venivano ridotte al silenzio edepurate, meglio era.

 Non si curò di andare a messa la mattina, ma rimase sveglio nellacamera dalle bianche pareti, ascoltando i passi e le voci che giungevanodal di sotto, ed osservando la luce del mattino rischiarare il muro. Fu

 più d'una volta curioso di sapere che cosa facesse Cristoforo e come sisentisse. Non si alzò finché uno dei suoi uomini ebbe aperto la porta

 per dirgli che il Dr. Layton lo attendeva di lì ad una mezz'ora, se eradisposto.La sala del capitolo fu per lui una curiosa visione quando vi entrò

 proveniente dal chiostro. Era una stanza alta e oblunga, della lunghezzadi circa quindici metri, col soffitto ad arco come una cappella ed un

 pavimento di pietra uniforme. In una dozzina di luoghi sul pavimento

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erano incise delle iscrizioni che ricordavano la presenza di corpiseppelliti lì sotto, tra cui quello del conte Guglielmo di Warenne eGundrada, sua moglie, fondatori della prioria. Rodolfo lesse i nomimentre camminava tra due ali di monaci silenziosi fermi presso la

 porta, parlando forte col compagno. L'alta ed arcuata stanza aveva unaspetto di serena nudità; tutt'attorno erano disposti gli stalli, elevati diun gradino dal restante del pavimento; dinanzi alla sedia del priore,sotto il crocifisso, stava un largo tavolo coperto di carte. Accanto, sul

 pavimento giaceva un grosso mucchio di paramenti e di cose prezioseche il Dr. Layton aveva fatto ammucchiare là per l'ispezione; sul tavolo,in segno di maggior dignità ardevano due candele collocate su deimassicci candelabri d'argento.- Sedetevi qui, Sir Torridon - disse il prete, prendendo lui stesso la sedia

del Priore. - Noi ora rappresentiamo il Capo Supremo della Chiesad'Inghilterra, ricordatevi. - E fece un largo sorriso di contentezza. Diedeuno sguardo ai documenti, si mise in posa di giudice e poi fece segnoad uno dei suoi uomini di far entrare i monaci. I due segretari sisedettero alla estremità del tavolo che stava dinanzi al loro superiore.Allora le due file dei religiosi incominciarono ad entrare in ordineinverso, come aveva ordinato il Padre Layton, nere figure silenziose colcapo chino celato dal cappuccio e le mani nascoste nelle ampiemaniche della tonaca. Rodolfo fece scorrere gli occhi su di essi.

C'erano uomini di tutte le età; vecchie facce rugose e facce lisce; manon fu che quando si trovarono ciascuno al proprio posto che riconobbeCristoforo. Il giovane stava ritto dinanzi ad uno stallo accanto alla

 porta, gli occhi chini ed il volto tremendamente pallido, la esile personairrigidita contro gli sbiaditi pannelli di quercia che ricoprivano la paretefino all'altezza di due metri. Il cuore di Rodolfo accelerò i battiti contrionfo. Ah! com'era bello sedere qui da giudice, avendo dinanzi a séquel fratello nell'atteggiamento di colpevole! Il Priore ed il Vice-Priore,i cui posti erano occupati, stavano insieme nel centro della sala, come

aveva ordinato il padre. Essi dovevano essere esaminati per primi. C'eraun silenzio impressionante; i due Visitatori sedevano immobili,guardandosi attorno con severità; i segretari avevano dinanzi la carta

 bianca e tra le dita le penne già intinte. Allora Padre Leyton cominciò.***

Era un compito indicibilmente doloroso, disse, quello che aveva tra

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mano; i monaci non dovevano credere che se ne gloriasse o desiderassetrovare delle colpe e infliggere delle punizioni. Infatti, nulla, se non laconsapevolezza di trovarsi lì in qualità di rappresentante della supremaautorità della Chiesa e dello Stato, gli dava la forza necessaria

all'adempimento di un compito cos1 triste. Rodolfo si meravigliònell'udire tali parole. C'era un tono di solennità nel viso e nella vocedell'uomo e si notava una certa dignità nei suoi pochi ma efficaci gesti.Tutto induceva a credere che fosse mosso da vero zelo; tuttaviaRodolfo ricordava pure il gusto con cui il suo compagno avevaraccontato quelle sporche storie la sera innanzi e le grasse risa cheavevano accompagnato la narrazione. Ma tutto era molto salutare per Cristoforo, pensava.- Ed ora - proseguì Padre Layton - debbo dirvi come stanno le cose. È

una questione alle cui conseguenze non ardisco pensare, se dovessegiungere a conoscenza di Sua Maestà; eppure deve giungervi. Si trattanientemeno che di tradimento. - La sua voce aveva un timbro dimalinconico trionfo e Rodolfo, guardando i due monaci che stavano nelcentro della sala vide che erano tutti e due bianchi come cera. Le labbradel Priore si muovevano in una specie di angosciosa supplica e gliocchi giravano spauriti.- Voi - gridò il padre, guardando fissamente il Vice-Priore, il quale dalfiero sguardo abbassò gli occhi supplichevoli - voi avete commesso il

delitto - senza saperlo, mi dite - ma sempre un delitto, di predicare nellachiesa di questa prioria alla presenza di sudditi fedeli a Sua Maestà,contro le più inconcusse prerogative del Re. Potrei forse scusare ciò -quantunque non sappia se il Re farebbe altrettanto - potrei scusare unostupido come voi trasportato dalla foga delle parole; ma non possoassolutamente - gridò, battendo rumorosamente la mano sul tavolo -scusare il vostro superiore che sta al vostro fianco e che trascurò sia di

 protestare sull'atto contro il tradimento e sia di rimproverarlo inseguito. - Le mani del Priore si alzarono e si strinsero convulsamente,

ma egli non diede alcuna risposta. Padre Layton andò innanzi a leggerela confessione che aveva strappato al monaco la sera innanzi, fino allafirma; poi lo pregò di avvicinarsi.- È questo il vostro nome? - gli chiese lentamente. Il Vice-Priore preseil foglio con mani tremanti.- Sì, è questo, - rispose.

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- Avete sentito - gridò il padre guardando biecamente i monaci! - E direche l'ha firmato lui stesso. Ritornate al vostro posto, reverendo padre, esiano rese grazie al Signore che avete avuto il coraggio di agire così. -Ed ora a voi, signor Priore, che cosa avete da dire? - Il Dr. Layton

abbassò, nel parlare, il tono della voce e pose le mani l'una sull'altra sultavolo. Il Priore guardò su con la stessa atterrita aria di supplica negliocchi; le sue labbra si muovevano, ma non ne usciva alcun suono.Tutt'attorno i monaci erano fissi in una immobilità di morte; Rodolfovide scambiarsi qualche rapido sguardo di sotto ai cappucci, manessuno si mosse.- Sto aspettando, signor Priore - gridò Padre Layton con voce alta eterribile. Di nuovo il Priore aprì le labbra per parlare. Padre Layton sialzò di scatto e fece un gesto violento. - Inginocchiatevi, signor Priore,

se avete bisogno di misericordia. - Ci fu un improvviso mormorio edun'agitazione lungo le due file allorché il Priore cadde in ginocchio,coprendosi la faccia con le mani. Padre Layton stese una mano con ungesto nervoso ed incominciò a parlare.- Ecco, reverendi Padri e fratelli - esordì - voi vedete a che bassezza il

 peccato conduce l'uomo. Questo individuo che si chiama Priore probabilmente se ne stava alquanto impavido in chiesa mentre veniva predicato il tradimento e non dubito che sia stato abbastanza impavidoanche in privato, quando credeva che nessuno lo udisse se non i suoi

amici. Ma voi vedete com'è l'inganno - il detestabile inganno - gli toglieil coraggio e con quanta meschinità si comporta quando sa che uomininel vero senso della parola gli sono di fronte per giudicarlo. Prendeteesempio da ciò, voi che lo avete servito per il passato; non avete più

 bisogno di temerlo d'ora innanzi. - Padre Layton lasciò ricadere lamano e si sedette. Rodolfo vide l'uomo inginocchiato rialzare per unmomento il viso pallido, ma l'esaminatore gli fu subito sopra.- Vi prego di non alzarvi finché non ve n'abbia dato l'ordine - urlò. -Ora parlate, se avete qualche cosa da dire. Non possiamo permettere

che si dica che abbiamo condannato un uomo senza averlo ascoltato.Eh! Sir Torridon? - Rodolfo chinò il capo in segno d'assenso e diedeuno sguardo a Cristoforo; ma suo fratello guardava il Priore.- E allora? - gridò di nuovo il Dr. Layton.- Vi scongiuro, Signor Layton... - La voce del Priore era convulsa per ilterrore.

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- Sì, vi ascolto.- Vi scongiuro a non riferire la cosa a Sua Maestà. Io sono veramenteinnocente, infatti non sapevo che fosse tradimento quello che veniva

 predicato.

- Non sapevate? - gridò con voce di sarcasmo il Dr. Layton,appoggiandosi al tavolo. - Come, voi conoscete la vostra fede, è dunque possibile...- Signor Layton, Signor Layton: ci sono stati tanti cambiamenti inquesti giorni...- Cambiamenti? - gridò il prete; - non ci sono cambiamenti, se nonquelli che fanno i bricconi pari vostri, signor Priore; la fede è semprequella antica. Avreste il coraggio di chiamare Sua Maestà eretico?Debbo far entrare anche questo nella lista delle accuse a vostro carico?

- No, no, Signor Layton - gridò quasi piangendo il Priore, con le manistese in avanti. - Non volevo dire questo: - Cristo m'è testimonio!- Non è forse la stessa fede?- Sì, Signor Layton, sì, certamente, è sempre quella. Ma io nonsapevo... - come potevo saperlo?- E allora perché siete Priore - gridò il prete con un gesto drammatico -se non per tenere i vostri sudditi nella verità e nell'obbedienza? Vorresteforse dirmi...?- Vi scongiuro per l'amore della Vergine di non dir niente al Re...

- Bah! - urlò Padre Layton - potete conservare il fiato per quando glielodirete voi stesso. Ed ora basta con questo. - Si alzò di nuovo e diede unrapido sguardo ai volti pallidi dei monaci. - Sono stanco di questolavoro. Il Priore non ha una parola da dire...- Signor Layton, Signor Layton - gridò un'altra volta l'uomoinginocchiato, sollevando le mani, su una delle quali luccicava l'anello

 prelatizio.- Silenzio - tuonò il Padre. - Sono io che parlo adesso. Ne abbiamoabbastanza di questo lavoro. Sembra che non ci siano più rimasti dei

veri uomini se non nel secolo; queste case sono macchiate di delitti. Non è così, Sir Torridon? - macchiate di delitti! Ma di tutti i lestofantiche ho incontrato, e sono molti e famosi, credo, signor Priore, che voisiate il peggiore. Ed ora ecco la mia sentenza, che dovrà essere

 prontamente eseguita. Voi, signor Priore, e voi, Vice-Priore, dovretecomparire dinanzi a Sir Cromwell, nel suo palazzo, la vigilia di Tutti i

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Santi e raccontare le vostre cose a lui. Vedrete se è delicato come me; può darsi che vi mandi dal Re - questo non lo so - ma saprà ad ognimodo strapparvi la verità, se non lo posso io... - Il Priore lo interruppeancora una volta angosciato; ma il Padre lo ridusse in un istante al

silenzio.- Non ho pronunziato la mia sentenza? Come osate parlare? - Di nuovos'alzò nella sala un mormorio ed egli alzò con furore la mano. - Silenzio- gridò; - non una parola esca dalle vostre labbra. Sono stufo disedizioni. Usciere, fate sgombrar la sala e non permettete che nessunmonaco metta dentro il naso finché non lo mandi a chiamare. Ne hoabbastanza di tutti quanti; sono stanco ed abbattuto. - Si lasciò ricaderesulla sedia, col volto atteggiato a profondo disgusto e si passò la manosulla fronte. Al segnale, i monaci si diressero verso la porta e Rodolfo

stette ad osservare ancora una volta le due file nere uscire dalla sala.- Sir Torridon - bisbigliò il Padre Layton di dietro la mano. - Non vel'avevo detto? Sir Cromwell potrà fare quel che gli pare di un uomosimile.

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VIL RITORNO DI RODOLFO

La visita della prioria di Lewes durò due giorni poiché i possedimenti

erano molto vasti ed i registri numerosi. Nel pomeriggio seguente allascena svoltasi nella sala capitolare, il Dr. Layton e Rodolfo uscirono acavallo per visitare qualcuna delle fattorie vicine, lasciando ordini cheil materiale requisito venisse radunato nel cortile, l'indomani; nonritornarono che sull'imbrunire. L'eccitazione suscitata nel paese fuimmensa quando ritornarono alla prioria percorrendo le mal rischiaratestrade e la gente conobbe chi erano quei gran signori che camminavanocosì allegramente seguiti dai servi.Quando raggiunsero il portone del convento c'era una considerevole

folla di persone che venivano loro dietro, cantando e gridando, pazze digioia al pensiero del bottino che sarebbe probabilmente caduto nelleloro mani. Giunto presso la porta, il Dr. Layton si voltò sulla sella etenne un breve discorso, dicendo che si trovava lì munito di autoritàregia ed avrebbe presto fatto piazza pulita del convento.- E ci sarà della roba - gridò - della roba per tutti! La vedova e l'orfanosono stati derubati abbastanza; è tempo di spogliare i monaci. - Ungrido di contentezza si alzò dalla folla e si acclamò ripetutamente il Re.- Dovete pazientare ancora un po' - continuò Padre Layton - e poi non

vi saranno più tasse. Potete aver fiducia che noi eseguiremo a puntinola volontà del Re. - Attraversando l'entrata rischiarata da un lume sivolse di nuovo verso Rodolfo: - Vedete, Sir Torridon, abbiamolanazione con noi.

***Quella sera Rodolfo incontrò per la prima volta dopo la contesa, suofratello faccia a faccia. Camminava nel chiostro, diretto alla camera delDr. Layton e passò innanzi alla porta del refettorio proprio mentre imonaci vi si recavano per la cena. Diede uno sguardo al locale

consistente in una sala spaziosa e pulita, illuminata da candele dispostelungo i pannelli e fornita di lunghe e semplici tavole apparecchiate, conin fondo la tavola e la sedia del Priore sormontate da un grandeaffresco. Alcuni fratelli laici col grembiule disimpegnavano in silenziol'ufficio di camerieri e tre o quattro figure nere, che erano già entrate,stavano immobili lungo la predella rialzata dal pavimento su cui erano

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collocate le tavole. Tutti i monaci si fermarono istantaneamenteallorché s'imbatterono in Rodolfo ed abbassarono i cappucci in segno dicortese deferenza verso l'ospite. Dopo quella momentanea pausa questisi volse, e presso la porta del refettorio nel chiarore diffuso che

 proveniva dall'interno si trovò faccia a faccia con Cristoforo. Il giovanemonaco era giunto lì proprio allora senza notare la presenzadell'estraneo ed il cappuccio gli copriva ancora il capo.Ci fu un secondo di pausa e poi alzò la mano e gettò indietro ilcappuccio in segno di saluto e Rodolfo mentre faceva un rapido inchino

 passando subito oltre, poté vederne l'esile faccia ed i larghi occhi grigiin cui non si leggeva la menoma emozione. Il cuore di Rodolfo era

 profondamente turbato mentre camminava lungo il chiostro. Si sentiva più disturbato di quanto desiderasse dall'improvviso incontro, dall'atto

di cortesia e dai freddi e fermi occhi di questo stupido di un fratello. Non ebbe più occasione di vedere Cristoforo se non in distanza,mescolato agli altri confratelli. Il giorno dopo quando il lavoro futerminato, lasciò la casa.

*** Nel restante dell'Inghilterra le cose procedevano colla stessa celeritàche nella contea del Sussex. Lo stesso Padre Layton aveva visitatol'Ovest all'inizio dell'autunno e gli altri Visitatori erano occupati in altre

 parti del Paese. Correva la voce che le risorse di tutte le Case Religiose

dovevano essere confiscate e che i religiosi che persistevano ancoranella loro vocazione sarebbero stati costretti a vivere in condizionirigorosissime. Le conseguenze erano visibili nell'enorme aumento dimendicanti, privati ora dell'ospitalità; dovunque le strade erano affollatedi gente che aveva posseduto rendite od aveva ricevuto ilsostentamento quotidiano nelle Case Religiose, come pure di religiosiesclaustrati, alcuni dei quali, licenziati contro loro volontà, si recavanoalle università dove nonostante la visita si credeva potessero ancoraricevere aiuto. V'era però anche un certo numero di monaci di minor 

levatura, i quali preferivano la libertà alla disciplina monastica. Si potevano anche incontrar di quelli, quantunque non molti, che sirecavano a Londra per esporre lamentele, di vario genere contro i

 propri superiori.Da questi e simili eventi tutta la nazione era grandemente agitata. Gliuomini si radunavano in gruppetti presso l'entrata delle trattorie e

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discutevano con calore la situazione. Ciò che maggiormenteincoraggiava gli scontenti era il fatto che i benefici derivanti dalloscioglimento dei monasteri erano evidenti ed attuali mentre leconseguenze dolorose erano una cosa relativamente lontana. Le grandi

Case Religiose, le loro fattorie ed i loro magazzini, i gioielli del tesoro,erano oggetti visibili; gli uomini posavano realmente gli occhi su di essiquando andavano e ritornavano dal lavoro o si recavano a messa ladomenica. Era tanta ricchezza che non apparteneva a loro per il

 presente ma che poteva appartenere in seguito, mentre l'ospitalitàquotidiana, l'impiego di mano d'opera e cose del genere o non eranonotate o andavano a beneficio soltanto di alcuni individui.I temperamenti maggiormente eccitati da tali argomenti erano quelliturbolenti e desiderosi di prevalere. Invece quelli che vedevano un po'

 più a fondo nelle cose e comprendevano il valore dell'immensa caritàesercitata dalle Case Religiose ed il modo in cui la miseria estrema eratenuta lontana grazie alla loro opera, costoro, allora come sempre, nonentravano volontariamente in dibattiti e quando lo facevano non eranocapaci di usare argomenti atti a destare l'interesse e l'attenzione nelleconventicole di villaggio. Anche i loro capi legittimi, il clero secolare, iquali solo avrebbero potuto additare efficacemente alla considerazione imotivi che si celavano sotto la superficie, erano stati abilmente e

 perentoriamente ridotti al silenzio, con un ritiro da parte del Vescovo di

tutte le licenze di predicare.Durante i suoi viaggi Rodolfo ebbe più d'una volta occasione di sentiredelle dispute accalorate in qualche trattoria di villaggio e riuscì adindirizzare la sua personalità ed il suo prestigio, come Visitatore regio,nella direzione che desiderava. Un sabato sera ad esempio, giunse nel

 piccolo villaggio di Maresfield presso Fletching, e dopo aver fattoalloggiare i servi ed i cavalli si recò in una sala, dove erano radunati imagnati. C'erano là una mezza dozzina di uomini, seduti attorno alfuoco. Si alzarono tutti rispettosamente allorché s'accorsero dai gesti e

dalle parole del loro capo che il sopravvenuto era una persona di grandeimportanza e lo guardarono con improvvisa ammirazione e riverenza.Grazie all'educazione ricevuta, Rodolfo aveva imparato il modo ditrattare con qualsiasi categoria di persone e prima ancora di finire lacena e di avvicinare la sedia al fuoco, i presenti parlavano di nuovoliberamente poiché così li aveva incoraggiati a fare il nuovo avventore;

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essi invero, compreso il loro capo, non immaginavano neppurelontanamente la sua identità o lo scopo di quella sua visita. In brevetempo Rodolfo riportò la conversazione all'argomento di prima e chiesele opinioni dell'assemblea riguardo alla politica del Re nella visita delle

Case Religiose. Dapprima ci fu silenzio generale perché quelli eranotempi pericolosi, ma l'aria imperturbabile del personaggio, la suaevidente importanza ed amicizia contribuirono, assieme alla forte birra,ad aprire le loro labbra ed in cinque minuti la conversazione fu avviata.Un vecchietto che stava in un angolo, con le gambe incrociate elisciandosi la faccia, dichiarò che secondo lui questo modo di procedereera un sacrilegio. Le Case Religiose, diceva, erano state erette e

 provviste di beni per la gloria ed il servizio di Dio, e volgerle ad altriusi significava attirare la maledizione sul Paese. Fece poi osservare -

avendo Rodolfo fatto rapidamente tacere il coro di proteste - che i suoiantenati, da tre generazioni, erano stati seppelliti nella chiesa dei padridomenicani ad Arundel e lui era in pensiero per la sorte che sarebbetoccata a chi avesse osato manomettere la tomba di suo nonno,conosciuto come «lo zio Giovanni», poiché il vecchio era stato ai suoitempi un energico difensore della Chiesa e si sarebbe certamentevendicato contro ogni indegnità consumata verso le sue ossa. Rodolfofece notare, con un considerevole sforzo per contenersi, che l'esempionon faceva al caso perché il Re non aveva intenzione di disturbare le

ossa di chicchessia; questo argomento riguardava piuttosto vincoli dicarne e di sangue.Allora s'alzò un coro di voci disparate. Uno, il macellaio, dopo aver invocato molte benedizioni sul capo del Re Enrico, dichiarò che ilPaese era sfruttato in modo indegno da questi rapaci ecclesiastici; che imonaci entravano ogni anno in possesso di nuove terre appartenenti adaltri, assorbivano le piccole fattorie, pagavano salari inadeguati, e - ciòche sembrava a lui l'ingiustizia più grave - uccidevano loro stessi glianimali, della cui carne si servivano per il proprio mantenimento.

Rodolfo, con lodevole tolleranza, lasciò in disparte quest'ultima ragionema parve riflettere sulle altre, come se gli tornassero nuove quantunquele avesse udite ed adoperate cento volte. Mentre le vagliava, un altro

 prese la parola. Narrò alcune storie scandalose e chiese come si potevano indicare quali esemplari di castità uomini che conducevanouna simile vita.

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Entrò un'altra volta in campo il vecchietto ed agitando il piatto in unaccesso di entusiasmo religioso, rinfacciò all'ultimo oratore la facilitànel sollevare il fango; lui poi, portò l'esempio di cinque o sei religiosi alui noti, la cui vita non era meno immacolata della sua. Di nuovo

Rodolfo interruppe il dibattito colla sua voce lenta e disse che anchequest'ultimo argomento non toccava la sostanza della questione. Non sitrattava di sapere se in luogo o in un altro i monaci conducevano unavita più o meno buona poiché nessuno era obbligato ad imitarli né in uncaso né nell'altro, ma se nel complesso l'esistenza delle Case Religioseera giovevole, tenuto conto di cose pratiche come l'agricoltura, ilcommercio ed il sollievo degli infelici.E così la disputa continuò e Rodolfo incominciò ad annoiarsi dellaillogicità dei disputanti e della loro assoluta incapacità di attenersi ai

 punti essenziali. Continuò tuttavia a reggere colla sua mano il timonedella discussione evitando da una parte le nebbie del soprannaturale edel religioso verso cui inclinava il vecchio e dall'altra le grossolanevedute del macellaio e di colui che aveva raccontato le storiescandalose; si accontentò, in una parola, di osservare e apprenderel'opinione dell'assemblea anziché manifestare la propria.Verso la fine della serata s'accorse della presenza di due dei suoi uominii quali si erano introdotti nella sala e si erano seduti un po' più indietro,gustando immensamente l'ironia della situazione ed allora si risolse a

terminare la discussione annunciando la propria identità. L'occasionenon tardò a presentarsi. Il vecchietto aveva manifestato una pericolosatendenza a discorrere delle anime sofferenti nel purgatorio edell'infelicità causata loro dal fatto che non si celebravano più messe enon si elevavano più suffragi, così che un penoso e grave silenzio s'eraimpadronito degli altri. Rodolfo s'alzò di scatto ed incominciò a parlarefacendo scorrere i suoi occhi luccicanti sui volti dei circostanti.- Ebbene, signori, la vostra disputa mi è piaciuta molto. Ho imparatomolte cose e spero trarne profitto. Alcuni di voi hanno detto una

quantità di insulsaggini e voi, signor Miggers, siete quello che avete parlato di più, intorno all'anima e alle ossa di vostro zio Giovanni. - Alsentir pronunziare queste inattese parole si fece un silenzio sepolcrale

 poiché fino allora il suo atteggiamento era stato conciliatorio e quasiapologetico. Ma egli proseguì imperturbabile.- Son certo che l'Onnipotente Iddio sa quale sia il suo compito meglio

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di voi o di me, signor Miggers, e se Lui non può provvedere all'animadello zio Giovanni senza l'aiuto di messe o di funzioni esequiali cantateda ben pasciuti monaci... - Si fermò di botto ed il macellaio scoppiò inuna grassa risata.

- Ebbene, questa è la mia opinione - continuò Rodolfo; se voletesaperla. Io non credo, né sospetto, come fanno alcuni di voi stessiquando vi avrò detto chi io sia - io so che queste Case di cui noiabbiamo parlato non sono nulla di meglio che nidi di vespe. Gliindividui che le abitano sembrano abbastanza santi nelle loro divise,fanno un mucchio di chiacchiere, vanno da una parte e dall'altra come

 per affari, ma non fanno del miele che possa servire a voi od a me. C'èsolo una cosa di qualche valore nelle loro tane: i loro gioielli ed il lorooro, il piombo nelle loro chiese e le campane nelle loro torri. E tutto

questo, per grazia di Dio, lo avremo presto dalle loro stesse mani. - Cifu un mormorio misto di approvazione e di dissenso. Il signor Miggersguardò con occhi assenti questo forestiero irragionevole ed abbassòrisolutamente il volto per prepararsi ad apostrofarlo, ma non ne ebbe laopportunità. Rodolfo era ormai accalorato dalla sua stessa eloquenza etirò avanti imperterrito.- Credete voi che io non sappia ciò di cui sto parlando? Ebbene, ho unfratello monaco a Lewes ed una sorella suora a Rusper ed io stesso fuiallevato ed educato in questa religione fino a sentirne disgusto e noia.

Quanto a mia sorella, essa è come le altre donzelle della suacondizione; non sa mai che cosa dire, a meno che si tratti della Verginee dei Santi e del numero di candele che si accendono a San Cristoforo.Mio fratello poi!... Ecco, è meglio che non ne parliamo. Io conoscoqueste Case come nessuno di voi; so quanto vino bevono i monaci,quanto fanno pagare per le messe, quante perfide convenzioni fanno in

 privato; conosco la vita come conosco la mia, e so che essi sonoassolutamente corrotti ed inutili. Possono dare un piatto o due diminestra per carità ed una coppa di birra, ma loro ne consumano dieci

volte tanto ed asciugano una botte di birra. Danno un soldo al povero etengono venti marenghi per sé. S'impossessano di un campo dopol'altro, di una casa dopo l'altra; riducono il contadino ad un mendicantee il mendicante ad un loro ricoverato. Per Dio! Io dico che più prestoRe Enrico si libera di questa gentaglia meglio è per voi e per me! -Rodolfo pronunziò in fretta le ultime parole e gettò uno sguardo

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insolente alle facce stupefatte. Poi terminò portandosi verso la porta estendendo la mano verso la maniglia.- Se siete curiosi di sapere come sappia tutto ciò, ve lo dico subito: iosono Sir Torridon di Overfield, uno dei Visitatori Regi. Buona notte,

signori. - La sala piombò in un silenzio di tomba, mentre Rodolfosorridendo tra sé scendeva le scale.***

 Rodolfo aveva fatto il piano di tornare a casa una settimana o due dopola visita a Lewes, ma c'era ancora molto da fare e il Dr. Layton gliaveva fatto notare che anche se alcune Case fossero state visitate unaseconda volta i ricchi monaci non avrebbero sofferto alcun danno neldover pagare una doppia tassa. Così non fu che a una settimana didistanza da Natale, che egli giunse alla soglia di casa sua a

Westminster. Il suo seguito aveva ormai quasi raggiunto il numero didodici uomini e di altrettanti cavalli poiché avendo accumulato unagran quantità di tesori oltre a quelli che aveva lasciato nelle mani delPadre Layton non sarebbe stato sicuro viaggiare con una debole scorta;così era una gaia ed imponente cavalcata quella che faceva rintronare lestrette via di Westminster. Rodolfo cavalcava in fronte, con solitariadignità; l'arma gli tintinnava sulla staffa, mentre la splendente piumaadornava il suo volto sottile. Un paio di servi, dall'aspetto minaccioso,cavalcavano di dietro, armati fino ai denti, e poi veniva la comitiva: gli

animali carichi di involti che si urtavano l'un contro l'altro producendorumori metallici e gli uomini che li accompagnavano, con brandelli distoffa ricamata e qualche gioiello di minor valore attaccato qua e là sulvestito.Rodolfo però non si sentiva cosi bene come l'aspetto dava a vedere.Durante questi lunghi viaggi attraverso varie regioni aveva avutotroppo tempo per riflettere ed il pensiero di Beatrice e di quello che ellagli avrebbe detto lo abbandonava di rado. La stessa asprezza delleesperienze, i rudi volti che lo attorniavano, il gergo triviale della stalla e

dell'albergo, la conversazione volgare, tutto contribuiva a renderel'immagine di lei più graziosa ed attraente. Era una specie diadorazione, mescolata a passione, quella che sentiva per essa. I gravisilenzi di lei coincidevano con i suoi e la sua tenerezza armonizzavadeliziosamente colla propria forza. Mentre sedeva presso il focolare coisuoi uomini che bisbigliavano di dietro, progettando nuovi assalti ai

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ricchi nidi che essi odiavano ed ambivano nello stesso tempo, era ilvolto di Beatrice e non quello di un astuto od ansioso monaco chevedeva ardere nella rossa fiamma del focolare.Lo aveva visto quel volto cogli occhi chini, con le lunghe palpebre

incurvate sulle guance e le rosee labbra leggermente chiuse mentre ineri e ricciuti capelli ne ombravano la fronte e celavano il segreto chevoleva leggervi. L'aveva contemplato come un gioiello in un porcilequando si era trovato in qualche sudicia fattoria dove aveva dovutoriposare più d'una volta coi suoi uomini e gli occhi di lei si eranofermati sui suoi con tenera solennità e la sua bocca si muoveva come sestesse parlando. Quando camminava per i freddi ed aspri sentieri alcader del giorno, le nubi si erano squarciate ed avevano incorniciato lafigura di lei rivestita delle lunghe gonne, mescolandola coll'oscurità e

dando maggior risalto al suo viso fiducioso e carezzevole.E poi di nuovo, come la puntura di una ferita gli si riaffacciava laquestione del come essa l'avrebbe ricevuto quando fosse giunto con lespoglie monastiche sui dorsi degli animali e, dietro, il concerto digemiti delle monache a guisa di vento. Ma prima di raggiungere Londraaveva già stabilito il metodo d'incontro che avrebbe usato.Probabilmente essa aveva avuto notizie dell'operato dei Visitatori eforse anche del suo in particolare; non era possibile che suo padre nonle avesse scritto; essa avrebbe quindi chiesto una spiegazione ed

avrebbe invece sentito rivolgere un appello alla propria confidenza. Leavrebbe detto che erano veramente capitate cose dolorose, che era statocostretto a presenziare ed anche ad eseguire delle azioni incresciose dalui stesso deplorate, ma aveva fatto tutto il possibile per essereindulgente.Era lavoro duro il suo, avrebbe detto; ma un lavoro che si dovevacompiere e, stando così le cose, era meglio che il lavoro fosse affidato a

 persone onorate. Non era sempre stato in grado di frenare la violenzadei suoi uomini; per questo aveva bisogno di sentirsi dire una parola di

 perdono dalle sue care labbra. Era abbastanza facile raccontare controdi lui delle storie difficili a confutarsi, ma se essa lo amava ed avevafiducia in lui, e di ciò era sicuro, poteva credere alla sua parola che nonera stata perpetrata deliberatamente ingiustizia alcuna, che anzi erastato lo strumento nelle mani di Dio per impedire molti simili atti.L'appello era efficace, pensava Rodolfo, e fu quasi convinto lui stesso,

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che tale difesa non sembrava peccare gravemente di insincerità. Naturalmente era ombreggiata secondo le regole dell'arte; i particolari più brutali erano eliminati ma nelle linee generali la verità non eramenomata. E, mentre ripeteva mentalmente i punti della difesa

 percorrendo le vie di Westminster, presenti che, pur non escludendo la possibilità di qualche nota triste, tuttavia avrebbe sortito l'effettodesiderato.

***Aveva mandato a casa un messaggio dicendo che stava per giungere equando smontò da cavallo trovò la porta spalancata e l'internoilluminato dalla piacevole luce delle candele, poiché la sera era giàmolto inoltrata. Una folla si era andata adunando lungo il suo cammino;da ogni finestra c'erano dei volti affacciati e mentre stava sulla soglia

 provvedendo alla rimozione dei tesori, vide che la folla aveva riempitola piccola strada ed il cortiletto che fronteggiava la casa. Erano più chealtro bighelloni, gente che non aveva quasi altro da fare se nonalimentare torbidi e gridare.Si innalzarono molte acclamazioni all'indirizzo del Re e dei suoiVisitatori, poiché quella gente era bramosa di guadagno e le CaseReligiose cominciavano a diventare più impopolari che mai nella città.Uno degli involti scivolò mentre veniva rimosso; la corda si sciolse edin un momento il breve spazio tra l'animale e la porta fu coperto di robe

luccicanti e di gioielli. Ci fu un impetuoso rimescolio tra la folla ed ungrido; Rodolfo in un istante fu dall'altro lato dell'animale colla spadasguainata. Non disse nulla ma stette lì fiero e vigile mentre la folla siritirava ed il servo raccoglieva gli oggetti. Non ci furono altriinconvenienti, poiché questo non era stato se non uno spasmodicotentativo d'impadronirsi della ricchezza; qualche altra acclamazione sialzò di nuovo tra quei volti che guardavano intensamente il raffinatogentiluomo ed il tesoro luccicante. Rodolfo però credette meglio direuna parola conciliatoria quando gli oggetti furono trasportati in casa e

gli animali condotti via; rimase poi un momento da solo sui gradini prima di entrare dentro. La folla ascoltò con molta compiacenza ledichiarazioni che ormai aveva incominciato a credere per il fatto che sele sentiva ripetere continuamente all'orecchio da scelti predicatori aPaul's Cross od altrove e ci fu un rumoroso brontolio quando fu fatto ilnome del Papa. Rodolfo terminò con un'incisiva perorazione che aveva

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 pronunciata più d'una volta in antecedenza.- Voi sapete tutto ciò, brava gente, e lo saprete meglio quando la nostramissione sarà compiuta. Anziché ricchi frati e monaci avremo deglionesti cittadini, ciascuno con la sua casa e la sua terra. Il Re lo ha

 promesso e voi sapete che mantiene la parola data. Siamo stanchi deicorvi e delle loro rapine; avremo al loro posto degli uccelli onesti.Pazientate ancora un po'... Il silenzio della folla fu rotto da un acutogrido.- Maledetto bracco dilapidatore che non sei altro!... - Improvvisamenteun sasso proveniente dalla semioscurità che avvolgeva la massa del

 popolo sibilò passando veloce poco lungi da Rodolfo e andò afrantumare un vetro di dietro. Un grosso mugghio s'alzò in breve e lafolla ondeggiò e si volse. Rodolfo sentì il cuore accelerare

improvvisamente e la sua mano si portò di nuovo sull'impugnaturadella spada, ma non ebbe bisogno di passare a vie di fatto. Si alzaronogrida terribili nella luce crepuscolare e colui che aveva lanciato il sassovenne ghermito e calpestato. Rodolfo rimase ancora lì un momento, poilasciò cadere l'impugnatura ed entrò in casa.

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IXL'ACCOGLIENZA DI RODOLFO

- Appena arriva la signorina Atherton - disse Rodolfo al servo -

conducila nel salotto.Il mattino seguente stava seduto in camera al primo piano. Il tavolo eratutto una confusione di carte, registri, appunti, relazioni riguardanti lasua visita alle Case Religiose. Vi aveva lavorato attorno appena alzato,

 poiché doveva presentarsi a Cromwell di lì a un giorno o due ed illavoro era enorme. La stanza al pian terreno, di fronte a quella in cuiintendeva vedere Beatrice e dove essa aveva atteso alcuni mesi prima,mentre Rodolfo conversava con Cromwell e l'Arcivescovo, era oraoccupata da una con lezione di argenteria e di paramenti e la chiave

l'aveva Rodolfo stesso in tasca. La sera precedente aveva appreso dalcustode della casa che Beatrice era venuta quel pomeriggio ed erarimasta sorpresa nell'udire che sarebbe giunto la sera. Essa però, aquanto sembrava, aveva detto molto poco ed aveva solo chiesto alcustode di informare il suo padrone che si sarebbe di nuovo presentatail mattino seguente. Ed ora Rodolfo stava attendendola.Si trovava più a disagio di quanto avesse previsto. Gli avvenimentidella sera innanzi lo avevano scosso violentemente ed imprecava per quello che gli era capitato: l'allentarsi della corda attorno all'involto, la

sua stessa presa di posizione e le parole pronunziate, l'oltraggio che eraseguito e la morte dell'individuo che aveva lanciato il sasso; il corpo dicostui infatti era stato strappato alla gente dagli uomini della guardiaalcuni minuti dopo, ma non era più che un ammasso di carne lacera e

 pesta che aveva perso ogni sembianza umana. Uno della guardia eraentrato in casa per vedere Rodolfo, mentre questi faceva cena, ed erauscito di nuovo dicendo che quel cane se lo meritava, per aver osatoalzar la sua voce contro il Re ed i suoi decreti.Ma Rodolfo era più che mai in pensiero per le parole dette. Non c'era

 pericolo nel dire cose simili nei paesi; ma era da pazzo e da imprudentedirle in città. Gli uomini di Cromwell dovevano mantenersi silenziosi ediscreti, lo sapeva, non demagoghi di piazza; e se avesse avuto il temposufficiente per pensare non avrebbe parlato. Tuttavia il popolo era dallasua parte; evidentemente non c'era nessuna persona d'importanza traquella folla; non era quindi probabile che l'incidente giungesse

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all'orecchio di Cromwell; dopo tutto, forse non era stato commessoalcun male. Frattanto c'era Beatrice a cui pensare e Rodolfo durante lamattinata ripose sul tavolo una dozzina di volte la penna e ripeté ancorasommariamente quello che avrebbe dovuto dirle. Era abbastanza

 perspicace per capire che la sua personalità e non le sue virtù o le suevedute avevano conquistato l'animo della ragazza. E questoevidentemente si era verificato anche nei riguardi propri.Ciascuno dei due era abbastanza distante dall'altro in tutti gli affariesterni; tali cose erano state lasciate indietro un anno prima: non sitrattava di gusti concordi ma di passione. Gli occhi di ambedueavevano guardato con profondità ed intensità; ciascuno aveva fatto uncostante e sereno scrutinio e poi le due anime si erano avvinte in unavivida fiamma di desiderio, vedendo che l'una era fatta per l'altra.

C'erano stati così pochi convegni amorosi, così poche conversazionidopo i primi incontri, così rare lettere scambiate ed ancor più rariabbracci! Gli ultimi veli erano caduti grazie al furibondo intervento diCristoforo ed essi avevano compreso ciò che era stato inevitabile finoallora. Rodolfo sorrise tra sé nel ricordare quanto poco egli aveva detto edessa risposto; non c'era stato bisogno di dire nulla. Quindi i suoi occhicominciarono ad allargarsi e ad accendersi di passione e le mani astringersi forte mentre la memoria si spegneva e la bruciante fiamma

del desiderio tornava ad ardere nell'intimo del cuore. Il mondo degliaffari, delle tergiversazioni si ottenebrò e rimase una cosa sola: il lorovicendevole amore.A questo egli avrebbe fatto appello. Stette seduto così ancora per unmomento e poi riprese la penna quantunque questa gli tremasse inmano, e procedette nel prendere gli appunti.

***Mezz'ora più tardi, perfettamente ricomposto, scendeva le scale per andare ad incontrarla. Aveva appena finito di fare i calcoli necessari,

quando il servo aveva fatto capolino sull'uscio per annunciare cheBeatrice era di sotto; era rimasto seduto ancora un po', cercando diricordare meccanicamente quello che aveva deciso di dire. Ciò eraaccessorio e di nessuna importanza; le parole non potevano variare laquestione; tutti i maledetti conventi del mondo non potevanoinfluenzare quell'unica realtà che ardeva nel loro cuore. Egli non

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avrebbe detto nulla; essa avrebbe compreso tutto. Nel salottino d'entrata, lungo il percorso di Beatrice era rimasta unacerta fragranza ed il suo cuore sussultò. Quindi aperse la porta, entrò ela richiuse dietro a sé. Stava ritta presso il focolare e gli diede uno

sguardo quando entrò. Rodolfo ne vide subito il mantello azzurro, il bianco e ben adorno cappello, il viso pallido ed immobile e gli occhisplendenti. Dietro si scorgevano i ricchi pannelli ed il saltellante

 bagliore della fiamma. Essa non si mosse.Fuori la strada rumoreggiava di grida di bambini, di voci di uomini checamminavano discorrendo, e del fracasso di una carrozza che avanzavatra lo schioccar di una frusta; dalla direzione del fiume giungeva untintinnio di campane. Il veicolo giunse all'altezza della casa e passòoltre e nessuno dei due si era ancora deciso a parlare o a muoversi.

Allora Rodolfo sollevò un poco le mani e le lasciò ricadere guardandoin viso la ragazza. Attraverso gli occhi di lei era la volontà cheguardava, tesa come l'acciaio e la volontà di lui si preparò adaffrontarla.- Ebbene? - disse finalmente con voce perfettamente calma.- Beatrice! - gridò Rodolfo col cuore angosciato. Essa lasciò cadere lamano sul fianco e continuò a guardarlo senza batter ciglio. - Beatrice! -gridò Rodolfo un'altra volta.- Non hai altro da dire dopo quello che è successo ieri sera? - Un

torrente di pensieri gli invase la mente ed egli cercò di afferrarne unomentre correvano via rapidi, per poter dire una parola. Le scuse, comealtrettanti fantasmi, facevano ridda nella sua mente. Eppure c'eranotante di quelle cose da dire e ciascuna era convincente, se fosse stato ingrado di dirla. La nube passò e gli occhi di lei lo guardavano ancora.- Non hai altro da dire? - replicò. La nube lo avvolse un'altra volta;

 piccole scene gli si presentarono all'immaginazione; la strada chemenava al convento di Rusper, la faccia maliziosa di Layton, un altarespoglio; e per ciascuna c'era una storia, se fosse riuscito a raccontarla.

Gli occhi splendenti di lei non accennavano ancora a muoversi. Glisembrava che lo stesse ad osservare con curiosità; le sue labbra eranoaperte ed il suo capo leggermente inclinato da un lato; la sua facciamostrava interesse e indifferenza nello stesso tempo.- Oh, Beatrice... - gridò un'altra volta. Allora ella fu scossaviolentemente dall'amore; Rodolfo non aveva mai sognato che potesse

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avere un tale aspetto; la bocca le tremava; si vedevano i suoi bianchidenti stretti ed un brivido attraversarla tutta. Fece un passo innanzi, masi fermò di nuovo, poiché gli occhi neri risplendevano per la passioneche l'agitava, penetranti e senza rimorso come sempre.

Cadde in ginocchio presso il tavolo, nascondendosi il volto fra le mani. Non capiva altro se non che Beatrice non era più sua. Ora anch'essa parlò, con voce non meno sicura dello sguardo, ma egli non udì una parola di quel che disse. Le parole non erano nulla; non uguagliavanonemmeno le grida della strada, né quell'acuta voce di bimbo enemmeno il leggero crepitio del focolare, dove aveva fatto accendere ilfuoco affinché lei non avesse a soffrire il freddo. Beatrice parlavaancora, ma con voce mutata; si era scostata un poco dal focolare. Egli

 poteva ora sentire il calore del fuoco sulle sue mani, ma non osava

muoversi, né alzare lo sguardo; non c'era più che una cosa per lui;aveva perso Beatrice!La mano di lei si posò sul chiavistello; una ventata di aria fredda vennea scompigliarle i capelli ed essa continuava a parlare. Ora eglicomprendeva un po' di più: Beatrice conosceva tutto, le sue azioni, ciòche aveva detto la sera precedente; e lui non aveva una parola con cuirispondere. Le sue frasi, brevi e sferzanti, cadevano sull'anima indifesadi lui, ma aveva perso ormai ogni sensibilità e stava ad osservare quasicon stupidità come ogni colpo batteva sul giusto; eppure non sentiva

dolore o vergogna.Ella uscì; un quadro appeso al muro, presso il focolare, si mosse per lafolata d'aria che entrò attraverso la porta aperta. Poi questa si richiuse.

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PARTE SECONDALA CADUTA DI LEWES

I

DISSENSO INTERNOLa pace aveva abbandonato la prioria di Lewes. Con la venuta deiVisitatori, un'ondata dal mondo di fuori aveva dilagato attraverso l'altomuro di cinta ed aveva lasciato dietro di sé la rovina trascinando con séla tranquillità del chiostro.Il Padre Antonio però, nonostante la vigilanza e gli inviati speciali, sidiede ad incitare i monaci alla resistenza ed alla lotta per la legalità. .In questo modo sollevò le critiche del Priore al quale la volontà del Re

incuteva grandissimo timore. Di qui una grande confusione nella mentedei monaci. Naturalmente la prioria di Lewes superava il limite minimo di redditoche determinava la soppressione di altre Case minori e ricevette persinoun monaco che aveva ottenuto il permesso di recarsi là quando la suacomunità fosse stata sciolta. Però, nonostante l'incoraggiamentocontenuto nel preambolo della legge, il quale stabiliva che nei conventimaggiori... la religione era abbastanza bene osservata, si sentiva chequesto atto non era che il precursore di un altro che avrebbe soppresso

definitivamente tutte le Case Religiose.Ci fu un soffio di notizie migliori qualche tempo dopo, quando, al principio dell'estate, si venne a sapere che Anna era caduta in disgraziadi Enrico. Si sapeva molto bene che l'influenza di lei spingeva il Re eche non c'era altra persona cosi ostinata contro le usanze antiche. Non

 poteva darsi che Enrico si sarebbe pentito, una volta tolta di mezzoquella pessima consigliera? Tale notizia fu in seguito confermata e per un certo tempo fu fonte di speranze.

***

Sir Nicola Maxwell si recò a trovare Cristoforo e fu ammesso in unodei parlatori. Sembrava molto eccitato e salutò appena suo cognato.- Cristoforo - gli disse - sono venuto direttamente da Londra conimportanti notizie. La concubina del Re è decaduta.- Cristoforo lo guardò con occhi immobili. - È morta? chiese.- Morrà di qui a qualche giorno, grazie a Dio - e sputò rabbiosamente a

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terra. - Dio la punisca! - gridò. - È stata la causa di ogni male. Mi erastato detto così un anno fa ed io non volevo crederci.- E adesso dove si trova? - Allora Nicola narrò la sua storia, col voltoacceso di gioia, poiché non c'era più posto in lui per la pietà. Le voci

che erano pervenute a Lewes erano vere. Anna era stata arrestataimprovvisamente a Greenwich durante le gare sportive ed inviatadirettamente alla Torre.Il Re era stanco di lei, quantunque essa gli avesse generato una bimba enon si faceva scrupolo di muovere contro di lei le accuse più odiose.Essa aveva negato più volte, ma inutilmente. Nella prigione aveva

 pianto e riso ed invocava la vendetta di Dio, ma il processo continuavaugualmente. Il matrimonio era stato dichiarato nullo ed invalido dallostesso Mons. Cranmer che prima lo aveva benedetto ed ora essa era

condannata per averne violato le leggi.- Ma, o è sua moglie - disse Cristoforo meravigliato; - o altrimenti nonè colpevole di adulterio.

 Nicola rise.- Che Dio ci aiuti, Cristoforo; credi che Enrico se la potrà cavare? Poidivenne pallido per la stizza e battendo un colpo sul tavolo maledisse ilRe, Anna e Cranmer. Cristoforo alzò lo sguardo tamburellandoleggermente con le dita sul tavolo. - Nicola - disse - lascia perdere.Quando deve morire Anna? - La faccia del cavaliere riprese

nuovamente colore per la gioia.- Di qui a due giorni - riprese - piacendo a Dio o tutt'al più tre. E nons'incontrerà con quelli da cui si è fatta precedere o con Giovanni Fisher di cui si è fatto portare il capo, da sanguinaria Erodiade.- Prega Iddio che li faccia incontrare... - disse Cristoforo piano. -Almeno pregheranno per lei.- Bah! - gridò Nicola; - per conto mio, occhio per occhio.Cristoforo non disse nulla. Stava pensando alla portata di taleavvenimento. Chi poteva prevederne le conseguenze? Nicola lo

interruppe di nuovo.- Ho udito una storiella gustosa; sai che la stanza in cui si trova ladonna è la stessa in cui dormì la notte precedente la sua incoronazione?La prima volta vi si preparò a ricevere la corona; ora ad avere la testatroncata. Ed è vero che piange e ride. Dicono che la si sente ridere alladistanza di due piani.

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- Nicola - disse allora Cristoforo - sono stanco di tali cose; non parlarne più. Prega Iddio che si converta! - Nicola lo fissò attonito ed anche un po' intimorito. Cristoforo non era così un tempo; ora sembrava piùcalmo e forte; non aveva mai osato parlare in tal modo prima. - Sì, sono

stanco - ripeté Cristoforo. - Ho litigato una volta con Rodolfo e non hoguadagnato nulla. Noi non vinciamo con tali armi. Dov'è Rodolfo? - Nicola strinse le labbra per trattenere l'ira che lo agitava.- È ancora con Cromwell, rispose sprezzantemente; - è molto occupato,secondo quanto ho udito. Stanno per farlo Lord ma non vi sarà nessunaLady.Cristoforo sapeva che Rodolfo era stato respinto da Beatrice. - È ancoraoccupato?- Certamente; ho saputo che ha lavorato molto attorno a questa legge. -

Cristoforo fece alcune domande ed apprese che Rodolfo era diventato più crudele che mai, in seguito alla visita. Era molto conosciuto aCorte; era stato visto cavalcare col Re e si pensava che stesse entrandoogni giorno più nelle sue grazie.- Dio lo aiuti! - sospirò Cristoforo. Il cambiamento subìto da Cristoforoera molto marcato. Non sarebbe bastata ad operarlo né una vita dimondo né una vita trascorsa nella pace del chiostro, ma un'alternativadi ambedue. Era stato ingentilito dal fuoco della vita interiore edirrigidito dall'amarezza esterna delle avversità. La visita di Rodolfo al

convento, culminata nel freddo saluto rivoltogli da Cristoforo nelchiostro come a un ospite e quindi rappresentante di Cristo, aveva postotermine a quello stadio della formazione del monaco. Cristoforo erastato deluso dal fratello, temeva per lui ed era saldo nella sua attitudinea suo riguardo, ma non provava risentimento. Era sincero quando

 pregava Dio di aiutarlo.Quando Nicola, dopo aver mangiato, usci per andare a portar le notiziea Maria, Cristoforo raccontò questa cosa agli altri e ci fu unravvivamento di speranza nella casa. Poi, alcuni giorni più tardi, giunse

la notizia della morte di Anna, seguita, a distanza di un giorno, dalmatrimonio del Re con Giovanna Seymour. Se non altro Giovanna erauna moglie legittima e vera Regina agli occhi dei cattolici, dalmomento che anche Caterina era morta.

***La posizione del cattolicismo inglese continuò a peggiorare e divenne

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quasi insostenibile allorché il Re emanò le Ingiunzioni. In queste ultimedichiarazioni veniva attaccata la stessa dottrina cattolica circa il primatodel Romano Pontefice, i sacramenti e molti altri punti del dogma. Tale

 presa di posizione da parte del Re aumentò ancora il turbamento di tutti

i religiosi, creando veri partiti in seno alle comunità, non esclusa la prioria di Lewes, ove P. Antonio aveva innalzato lo stendardo dellaresistenza.In mezzo a un tale turbinio d'avvenimenti ed opinioni, Cristoforo, chegià aveva ricevuto gli ordini minori, andava preparandosi al sacerdozio.

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IISACERDOS IN AETERNUM

Era un giorno di splendida pace autunnale quando Cristoforo per la

 prima volta cantò messa alla presenza della comunità. Il giorno innanziaveva ricevuto l'ordinazione dalle mani del piccolo e vecchio Vescovofrancese nella chiesa del convento.

***Il venticello era cessato la sera precedente e le colline intorno a Leweserano tutte avvolte dai raggi del sole. L'atmosfera era piena di luce e dicalore, di quello splendore diffuso che pervade le giornate d'autunno.Gli alberi del cortile stavano lì per cadere in letargo, con le foglie tinted'un pallore giallastro, mentre i colombi a stormi esultavano e

roteavano nell'aria inebriante. La chiesa ombrosa era rischiarata dallaluce solare che, entrando attraverso le finestre, si disegnava sui grossi pilastri, sul disuguale pavimento e sulle figure inginocchiate dei nobilie del Vescovo. C'erano alcune persone al di là della grata; Sir Giacomoe sua figlia, di fronte, che osservavano con tenera riverenza la mietituraspirituale del sacerdote novello mentre questi si preparava a stringerefra le mani il mistico frumento e l'uva di Dio.Cristoforo sapeva a perfezione le cerimonie e non faceva sforzo alcuno

 per dissipare il terrore riverenziale che dominava la sua anima. Si

sentiva nello stesso tempo naturale ed irreale; era una cosa quanto mainaturale che si trovasse lì; non poteva pensare di essere qualcosa didiverso da un prete. C'era in lui un senso di benessere anziché dieccitazione, nonostante tutto il complesso della solennità fossemisterioso ed intangibile ed egli sentisse le forze soprannaturaliraccogliersi d'attorno e agitarglisi nell'anima.Dopo il termine della messa il padre e la sorella se ne stavano fuorisilenziosi al sole presso l'uscita occidentale della chiesa in attesa diCristoforo. Questi aveva loro promesso di venir là per un momento

dopo il ringraziamento. Al di là del muro e della dimora ove i Visitatoriavevano trascorso quei due giorni terribili, si ergevano lontane, a guisadelle mura attorno a Gerusalemme, le collinette illuminate dal sole,ombrate qua e là da buche. Girando lo sguardo verso destra al di sopradei rossi tetti di Lewes, si scorgevano di nuovo le colline, i leggerideclivi e vasti altipiani, sui quali Cristoforo, colla barba e col viso

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abbronzato, aveva cavalcato cacciando non molto tempo addietro.Era su quelle colline che Rodolfo era venuto, attraverso quelladepressione del terreno che sembrava contro l'orizzonte una breccia inun'alta muraglia. Ah! senza dubbio Iddio avrebbe risparmiato questo

luogo, così solenne e tranquillo, così graziosamente protetto dalledifese che Lui stesso aveva eretto! Se tutta l'Inghilterra barcollava ecadeva, doveva almeno rimanere in piedi questa vasta casa di

 preghiera, donde s'elevavano giorno e notte le lodi dell'Eterno e lesuppliche dei mortali; questa casa gloriosa dove un sacerdote ad essicosi caro aveva generato mediante la sua mistica paternità lo stessoFiglio di Dio!La porta si aprì dietro di essi e Cristoforo uscì pallido e sorridente, cona fianco un piccolo monaco dallo sguardo ansioso. I suoi occhi si

illuminarono quando li vide là ritti, ma si voltò di nuovo un momento.- Sì, padre - disse. - Di che si trattava?- Ti sei fermato troppo - rispose l'altro - al famularumque tuarum; larubrica dice che nullus nimis immoretur , lo sai; nimis immoretur .- Sì, - rispose Cristoforo.

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IIILA SOLLEVAZIONE DEL NORD

Alcune delle Case Religiose minori si erano sottomesse al Re prima

dell'approvazione della legge, all'inizio della primavera; le altre sisottomisero l'una dopo l'altra dopo che la legge era stata varata, durantel'estate dello stesso anno; tra queste ultime ci fu Rusper. Cristoforoapprese che sua sorella Margherita era ritornata ad Overfield e per ilmomento sarebbe rimasta là.In tutta l'Inghilterra si osservavano le stesse scene. Una banda diuomini, guidata da un Commissario si recava la sera, in qualchevillaggio dove si trovava un piccolo convento; domandava di poter entrare e scompariva agli occhi della gente.

Il giorno seguente si cominciava il lavoro; il piombo della chiesa edegli edifici veniva asportato; i tesori raccolti in mucchi; i pannelli dilegno lavorato messi all'asta sulla piazza del villaggio. Alcuni giornidopo, la comitiva si dileguava a carico completo, lasciando dietro di sémuri senza tetto e religiose trepidanti nel loro nuovo abito secolare, edincerte sul da farsi.Si sperava che il Re avrebbe trattenuta la sua mano dopo la morte diAnna ritornando all'obbedienza verso la Santa Sede. Il Papa eraincoraggiato a pensar così dalle autorità del Continente; anzi, persino in

Inghilterra v'era grande fiducia che si sarebbe effettuato un ritorno alleantiche usanze. Ma Enrico era andato troppo innanzi; aveva assaporatocon troppa soddisfazione la ricchezza che giaceva nei tesori delle CaseReligiose in attesa di lui, e dopo un po' di tregua accostò di nuovo lamano alla coppa. Per un carattere come il suo la cosa era assai naturale.Come nella sua gioventù, non aveva mirato ad altro che a primeggiarenel tennis, nella caccia e nei tornei e più tardi nell'architettura, nellamusica e nella riputazione teologica; come, per questo stesso motivo,era caduto Wolsey, quando il Re aveva lasciato in disparte ragazze e

sports per darsi al più fiero gioco della politica, così ora Enrico non poteva tollerare la più piccola ombra di indipendenza spirituale entro il proprio territorio.A questa notizia un'ondata di risentito disappunto attraversòl'Inghilterra del nord, provocando la sollevazione del Lincolnshire chenon fu domata definitivamente se non al principio dell'estate dell'anno

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successivo.***

Le notizie che pervenivano a Lewes di quando in quando durantel'inverno e la primavera facevano passare il cuore di coloro che le

sentivano attraverso tutta la gamma delle emozioni. Alternativamente lasperanza, la disperazione, una crescente fiducia e poi di nuovo la neradisperazione laceravano l'anima dei monaci. La costernazione peròraggiunse il culmine nell'estate, quando giunse la notiziadell'esecuzione a Tyburn degli Abati di Jervaulx e Fountains con altrimonaci e signori. Il ragguaglio della tragedia finale fu loro dato da unreligioso della piccola comunità benedettina di Middlesborough, ilquale era stato dimesso dai Visitatori dietro sua richiesta, ma che inseguito si era pentito e si era unito alla sollevazione non appena

scoppiata. Era stato presente alla maggior parte degli incidenti e poi,quando l'impresa era fallita, era fuggito verso sud per timore di perder la vita; ora si era messo in cammino verso il Continente per riprenderela carriera monastica.Il Priore era fuori di casa per uno dei viaggi che intraprendeva così difrequente in questo tempo per destinazione ignota, altrimenti il ribelleex monaco non sarebbe stato ammesso; ma il Vice-Priore si lasciò

 persuadere ad ospitarlo per una notte ed egli restò a lungo seduto quellasera in uno dei parlatori a raccontar la sua storia. Cristoforo era

appoggiato al muro e lo osservava mentre parlava col viso illuminatodalla candela. Era un uomo robusto di mezza età, in abito borghese

 perché non era ancora fuori pericolo, stava seduto colla personainclinata in avanti facendo gesti da predicatore ed usando paroleopportunamente scelte e vivide.- Essi si erano già radunati quando io mi unii a loro sulla via di York;erano circa diecimila, con a capo Aske. Non ho mai visto unacompagnia di tal genere! C'era un gruppo di gentiluomini coi loro figliche cavalcavano dinanzi con Aske, tutti rivestiti di corazze; dietro

veniva la folla con altri gentiluomini che facevano da ufficiali. La genteordinaria aveva soltanto picche e forche; alcuni erano ricoperti di unacorazza di cuoio, altri senza, ma marciavano bene e tenevano un buonordine. Ce n'era di ogni sorta: uomini barbuti, ragazzi e minatori del

 Nord. C'erano anche dei monaci e dei frati, non so quanti, cheaccompagnavano l'esercito per infondere coraggio; in ogni luogo dove

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 passavano, le donne uscivano dalle case per offrire cibi e bevande e pregavano Iddio a volerci benedire, e nelle chiese dei villaggi sisuonavano le campane. Dormivano secondo la possibilità, alcuni nellecase, altri nei cortili delle chiese e lungo la strada; quanti di noi

 potevano entrare in qualche chiesa ascoltavano la messa tutti i giorni,come pure quelli che potevano trovarle, portavano le Cinque Piaghe sudi un pezzo di panno cucito sul braccio. Si sarebbe detto che nessuno ciavrebbe resistito tanto eravamo ardenti e pieni di fede.- Cantavate pure qualche cosa, vero? ,- interrogò uno dei monaci.- Sì, padre. Cantavamo marciando:

Cristo crocifisso

 Per le tue larghe ferite guida noi, poveretti,

che siamo pellegrini!

 Per mezzo di Dio e della sua grazia,vogliamo ricomprare la vecchia ricchezza

e la pace dello spirito!- Si cantava per tutte le file, con lacrime e grida.

 Narrò quindi come raggiunsero York ove il sindaco fu costretto alasciarli entrare. Rimasero là un paio di giorni ed Aske emanò le sueistruzioni, secondo le quali tutti i religiosi espulsi potevano far ritornoalle loro Case.- Io mi recai in un piccolo convento lì vicino, di cui ora non ricordo il

nome, per aiutare alcuni frati con cui avevo stretto amicizia, a ristabilirela loro posizione. Avevo loro detto che era mia intenzione rientrare inreligione ed essi mi accettarono ben volentieri in loro compagnia.Giungemmo al convento che era notte. Il dormitorio era senza tetto, manoi dormimmo ugualmente, almeno quelli che ne erano in grado; infattisentivo uno che singhiozzava per la gioia mentre riposava là nel suovecchio angolo, sotto le stelle.Il mattino seguente cantammo messa come meglio potemmo. Ilcelebrante indossava una vecchia pianeta lacera che gli stava appena

sulle spalle, ma non si trovava una croce, per cui la togliemmo ad unacorona del rosario per metterla sull'altare. Quando li lasciai erano dinuovo ai loro uffici come prima e si davano d'attorno per rifare il tettodella casa con vecchie travi; tutto il piombo era infatti nelle mani di Sir Cromwell. Il giardino era tutto calpestato, ma essi dicevano chel'avrebbero rimesso in buon ordine. La gente del villaggio era loro

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amica e li avrebbe provvisti di quanto abbisognavano. Poi descrisse ilsuo viaggio verso Doncaster; l'insolita agitazione dei villaggi per cui

 passava e le notizie che lo raggiungevano di ora in ora del crescentenumero delle forze di Aske.

- Ce n'erano trentamila, mi fu detto, lungo la riva del Don; infatti iSignori Neville e Lunley ed altri erano giunti collo stendardo e leinsegne di S. Cutberto e con cinquemila uomini, oltre quelli chevenivano alla spicciolata da ogni parte del Paese. Sull'altra sponda delfiume stava Sir Shrewsbury, inviato dal Re, con il Duca ed i suoiuomini. Aske aveva un gran da fare per trattenere i suoi uomini dal

 buttarsi su quelli dell'altra riva. Alcuni dei giovani più focosi stavanocome cani levrieri presso l'imboccatura della tana di un topo. Si tennesul ponte una intervista tra parlamentari di ambo le parti perché Norfolk 

sapeva bene che doveva guadagnar tempo; Aske espose le sue richiesteall'inviato regio e questo fu lo sbaglio.Il narratore batté una mano sull'altra e guardò attorno cogli occhiaccesi.- Questo fu lo sbaglio! Era troppo leale e non pensava all'astuzia checovava nella mente dei nemici. Orbene, mentre si era là in attesa inostri uomini incominciarono ad andarsene; le fattorie, le mogliavevano bisogno di loro e noi ci sciogliemmo. Aske doveva trovarsidappertutto in ogni istante; lui non aveva nessuna colpa. Il Signor 

Derby intanto marciava di nuovo contro le Case Religiose cercando dicacciare i monaci un'altra volta. Ma i nostri uomini non commiseroviolenza di sorta, non rubarono un soldo, né bruciarono una casa. Eragente pacifica e non chiedevano se non che venisse loro restituital'antica religione e che potessero adorare Dio come avevano semprefatto!Continuò a spiegare come si fosse perso tempo in quegli inutilinegoziati e come le forze andassero scemando di giorno in giorno. Il Retentò varie risposte, ora contenenti minacce ora promesse, ed in queste,

come nel resto, era palese la mano di Cromwell. Finalmente, verso lafine di novembre, gli insorti si radunarono di nuovo per un altroincontro coi rappresentanti del Re a Doncaster, convocati ivi da fuochiaccesi in cima alle alture del Yorkshire e dallo scampanio delle torri.- Ci fu una discussione molto animata tra di noi a Pomfret, quantunqueio non vi abbia partecipato granché; furono stese le nostre richieste e

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 poi si ripartì per Doncaster. Là nella chiesa dei domenicani si trovava ilDuca con in mano il perdono del Re ed una promessa che i nostridesideri sarebbero stati soddisfatti. Così ritornammo contenti aPomfret; il giorno seguente sul colle di S. Tommaso l'araldo ci lesse il

testo del perdono e noi, poveri stupidi, credemmo che Sua Maestàintendesse mantenere la parola...Il monaco si guardò attorno con amarezza ghignando, coi bianchi dentistretti assieme come quelli d'un cane selvatico; ci fu silenzio per unmomento. Il Vice-Priore diede uno sguardo nervoso ai suoi dipendenti

 perché la narrazione che ascoltavano sapeva di tradimento.Poi il monaco proseguì dicendo che egli stesso si era ritirato un'altravolta nel piccolo convento dove aveva visti ristabiliti i canonici alcunesettimane prima; da allora non aveva più saputo nulla di quello che

capitava, se non che gli araldi giravano pel Paese rendendo noto il perdono del Re a tutti coloro che avevano partecipato alla ribellione.Tale perdono lo affiggevano nelle piazze d'ogni paese e villaggio concommoventi messaggi da parte del Re, in cui questi diceva tutto ildolore che aveva provato nell'udire come i suoi cari figli credessero talifollie sul suo conto.A poco a poco, comunque, il malcontento incominciò a risvegliarsi

 poiché le promesse ristorazioni non venivano e Cromwell, che eraormai riconosciuto come l'ispiratore di tutto il male commesso contro la

religione, rimaneva come sempre nello speciale favore del Re. Aske,dopo essersi portato di persona dal Re per dargli un ragguaglio di tutto,gli scrisse che c'era pericolo di un'altra sollevazione se la restaurazionenon si faceva; infatti non c'erano ancora segni della promessaconvocazione del parlamento libero a York. Poi i disordini eranoricominciati.- Io fui ad Hull, in gennaio - riprese il monaco - col signor FrancescoBygod; ma non combinammo nulla, anzi perdemmo il nostro capo, efrattanto Norfolk si avvicinava col suo esercito. Era doloroso pensare a

ciò che avrebbe potuto succedere se non avessimo riposto la nostrafiducia nel Re; ma la cosa non mi andava e pertanto ero di nuovo qua elà per le macchie, nascondendomi per salvare la vita. Dappertutto era lastessa situazione; i monaci erano di nuovo cacciati dalle loro Case e gliuomini impiccati in gran numero. Io mi recavo da solo presso Meux e liseppellivo cristianamente durante la notte. Tra gli altri ci fu pure un

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monaco il quale era stato appeso rivestito del suo abito. Ma il peggiocapitò a York!La faccia del narratore si contrasse per l'emozione e si passò più voltela mano sulla bocca prima di continuare.

- Non osai andare a Corte per timore di essere riconosciuto, ma rimasifuori tra la folla ad osservare. C'era un individuo che cavalcava con Norfolk: un briccone che noi tutti avevamo imparato ad odiare aDoncaster poiché si prendeva sempre burla di noi segretamente e cidanneggiava quando poteva. L'avevo già visto prima, col Duca, quandoeravamo andati a Whitefriars per il perdono, ed egli stava là dietro conun sogghigno diabolico sul volto; ed ora era di nuovo qui.- Il suo nome? - interruppe Padre Adriano.- Torridon, Torridon! Era un...

Ci fu un movimento nervoso nella stanza, così che il monaco si fermò per guardarsi attorno meravigliato. Cristoforo sentì il sangue salirgli dalcuore e gorgogliare nelle orecchie, e si scostò un poco dal muro a cuistava appoggiato. Vide Padre Antonio chinarsi in avanti e bisbigliarequalcosa al forestiero, ed attraverso la nebbia che gli velava gli occhis'accorse che quest'ultimo lo guardava intensamente, con una mascella

 penzolante.Poi il monaco s'alzò e fece un leggero e rapido inchino a Cristoforo,con deferenza e cortesia, ma anche con una certa risoluta dignitosità.

Quando Cristoforo si fu riavuto il monaco era innanzi nel racconto, manon parlava più di Rodolfo. - Voi non lo credereste diceva - ma acomporre la stessa giuria che doveva giudicare Aske e Constablefurono chiamati alcuni loro parenti, e ciò per espresso volere di

 Norfolk. Erano precisamente Giovanni Aske ed alcuni altri che avevano per moglie le figlie del signor Davey e del signor Roberto Constable.Le conseguenze sono facilmente prevedibili. Se i prigionieri risultavanocolpevoli la gente avrebbe detto che la cosa doveva veramente starecosì, dal momento che i loro stessi parenti li avevano condannati; se poi

venivano assolti allora la giuria li avrebbe condannati ugualmente!Ci fu di nuovo un mormorio degli ascoltatori quando il monaco sifermò.- Bene, essi furono condannati, come sapete, per non aver volutoconsiderare il Re come Capo Supremo della Chiesa e per aver tentato dicostringerlo a tenere un consiglio contro la sua volontà. Ero di nuovo a

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York quando Aske vi fu ricondotto da Londra per essere impiccato; edio fui presente alla scena! - Di nuovo una subitanea emozione lo scosseed egli appoggiò la faccia sulla mano terminando il racconto. - C'eranomolti dei suoi amici là tra la folla e nessuno osò gridare: Dio vi aiuti.

 Neppure io osai...- Emise un compassionevole singhiozzo e Cristoforo sentì i propriocchi bagnarsi di lacrime. Faceva pena vedere un uomo coraggioso chesi reputava codardo.Padre Antonio si sporse un po' in avanti.- Grazie, padre - disse, quantunque con voce un po' aspra - e siano resegrazie a Dio che è morto bene. Ci avete toccato il cuore.- No, no, padre - riprese l'altro teneramente - non dovete pensare così.Dovete servire bene Dio, ora, e pregare per la sua anima. - Mentre egli

 parlava suonò la campana di compieta ed i monaci si alzarono.- Venite in coro, padre - disse il Vice-Priore. L'uomo fece cenno di sì; sialzò e lo seguì fuori della stanza. Cristoforo fu tutto in uno stranofermento mentre sedeva sul suo stallo quella sera. Era stata una cosaalquanto triste l'udire di quel coraggioso tentativo per riconquistare levecchie libertà e la vecchia fede: tentativo che avrebbe avuto successo,se non fosse stato per la fiducia riposta dagli insorti nel Re, e per lamorte del condottiero. Ma attraverso questa sua tristezza era penetratoun dolore più acuto quando aveva appreso che anche la mano di

Rodolfo s'era adoprata nella faccenda e che egli si era ancora una voltaschierato dalla parte del torto, nella competizione per i diritti di Dio.Però non provava risentimento; la contesa si era trasferita dal piano

 personale ad un piano più alto e considerava suo fratello come nemicodi Dio anziché suo proprio. Non avrebbero dunque mai avuto effetto lesue preghiere: le preghiere che innalzava a Dio durante il SantoSacrificio ogni mattina per quell'anima zelante la causa del male? Odoveva forse quel suo fratello andare maggiormente in basso prima dirisalire alla conoscenza ed al perdono?

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IVLA ROTTURA DEL SIGILLO

L'autunno s'avvicinava a grandi passi. L'umido vento di sud ovest

soffiava sulle colline gessifere che si ergevano tra Lewes ed il mare efaceva cadere a terra le morte foglie ingiallite sugli alberi attorno almonastero. L'erba nel giardino del chiostro cresceva alta e scura per lacostante pioggia della stagione. E frattanto le notizie divenivanosempre più preoccupanti.Dopo la festività di S. Michele il Re si mise a lavorare indefessamente.Era stato ostacolato dalla sollevazione del Nord ed attendeva ancora per vedere se le ultime faville erano state definitivamente spente; poiquando fu evidente che il Nord era sottomesso al pari del Sud, riprese a

raccogliere la ricchezza che stava in attesa. Incominciò dapprima nel Nord sotto pretesto di infliggere una punizione per l'incoraggiamentoche i religiosi avevano dato, alle recenti sollevazioni, ed una dopol'altra le grandi Abbazie incominciarono a traballare.Furness e Sawley erano già cadute con Jervaulx e le altre Case; HolmeCultram fu posta sotto la custodia di un superiore disposto a rinunziarealla sua carica. Fino al presente poche delle Case maggiori eranoattualmente cadute, eccetto quelle che si credeva avessero preso partealla rivolta. Per di più, grazie all'incarico presosi dai Visitatori di

contraddire la notizia che il Re intendesse porre le sue mani su tutta la proprietà monastica dell'Inghilterra, alcune anime ottimiste speravano persino che le Case maggiori sarebbero sopravvissute.Di tanto in tanto durante l'anno si svolgevano animate dispute nelcapitolo di Lewes. Il Libro dei Vescovi, pubblicato da una commissionedi teologi ed approvato dal Re e che conteneva le dottrine della nuovafede che veniva promulgata, giunse durante l'estate e fu discusso conmolto calore. Gli animi si accesero talmente che il Priore ordinò chenon se ne parlasse più ed il libro, con altri documenti del genere, fu

riposto su di un venerabile ma poco usato scaffale. L'acrimonia circa gliaffari domestici incominciò ad avviarsi verso l'apice in ottobre, quandosi prese a discutere sulla politica da seguirsi dal monastero in talifrangenti. Alcuni si ritenevano al sicuro ed affermavano che la calma ela fiducia erano la miglior salvaguardia; questi erano appoggiati dalPriore. Altri invece dicevano che il miglior partito consisteva nel

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vendere le proprietà della Casa a basso prezzo a qualche uomo difiducia che fosse disposto a rivenderle al monastero con un profitto noneccessivo quando la bufera fosse passata. Il Priore si alzò adiratoquando fu fatta questa proposta.

- Vorreste che io tradissi il mio Re? - gridò. - Non ne voglio sapere.Questi non sono pensieri degni di un monaco.Si sedette e non volle più ascoltare né parlare. Dopo di ciò si fece molto

 parlare tra i monaci, sul significato di queste parole. Senza dubbio nonc'era nulla di disonorevole in quella proposta; essi cercavano solo disalvare quello che era loro proprietà! E come poteva il Re essere traditomediante tale azione? Una quindicina di giorni più tardi ebbero unarisposta che li colse tutti di sorpresa. Durante la seconda settimana dinovembre il Priore si era tenuto più appartato che mai; soltanto tre o

quattro monaci, assieme al Vice-Priore, erano ammessi nella sua cellaed erano là a tutte le ore. Arrivarono inoltre due o tre forestieri a cavalloe furono intrattenuti dal Priore in un parlatorio privato. La mattina delgiorno quattordici la spiegazione venne.Quando fu assolto il solito programma del capitolo, confessate le colpe,impartite le penitenze e risolta qualche altra piccola questione, il Priore,anziché alzarsi per dare il segnale di uscire, rimase seduto, col capo

 piegato su di una mano. Era un mattino scuro, pesante ed opprimente edal suo posto situato all'estremità della grande sala, Cristoforo non

distingueva i lineamenti di quelli che sedevano sotto l'altra finestra adest; ma non appena il Priore sollevò la faccia ed incominciò a parlare,conobbe dallo sforzo della voce che qualche cosa era imminente.- C'è ancora una cosa - disse il Priore; e si fermò di nuovo. Per unmomento ci fu completo silenzio. Il Vice-Priore si piegò un po' inavanti e stava sul punto di parlare quando il superiore rialzò il capo,assumendo una posizione eretta.- È questa - disse con voce aspra e risoluta; - è questa. È inutile pensaredi poter salvarci. Siamo sotto sospetto, anzi qualcosa di peggio del

sospetto. Io ho sperato, ho pregato e fatto di tutto per conoscere lavolontà di Dio ed ho parlato con Sir Cromwell non una volta o due, maspesso. È inutile voler protrarre la resistenza.La sua voce ebbe un accento di debolezza, ma Cristoforo vide la sua

 persona afferrarsi ai pomi dei braccioli della sedia in uno sforzo diautodominio. Anch'egli ora incominciò a sentirsi turbato; questo non

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era il parlare concitato e timoroso che aveva ascoltato in precedenza;era il parlare di uno che era stato spinto verso una decisione come untopo verso un angolo.- Ho parlato col Vice-Priore e con altri; essi la pensano come me. Non

ho manifestato niente agli altri perché potessero servire Dio in pace il più a lungo possibile. Ma ora debbo dirlo a tutti, miei figliuoli;dobbiamo lasciare questo luogo. - Ci fu un silenzio pregno di unaterribile tensione. I monaci sapevano di essere minacciati; ma potevano

 pensare diversamente, con le notizie che giungevano da ogni parte, enon immaginavano che la catastrofe fosse così imminente. Un vecchiomonaco, di fronte a Cristoforo, incominciò a gemere ed a brontolare;ma il Priore continuò subito:- Io almeno, penso che dobbiamo andare. Potrà darsi che ciò non

avvenga, se Dio ci usa misericordia; ma dobbiamo tenerci pronti a partire, se questa è la Sua volontà, e,... e a discorrere conformemente. -Parlava a frasi brevi, interrompendole con pause in cui appariva losforzo che faceva per continuare e giungere al termine del discorso. Erachiaro che dietro quelle parole si nascondeva dell'altro ed il suo disagiosembrava aumentare.- Desidero che nessuno parli, ora, - disse; - domani, invece della messadella Madonna canteremo quella dello Spirito Santo e dopo dovrò dirvialtro. Intendo che nessuno scambi le proprie idee con altri, ma che

ciascuno rifletta su se stesso e chieda consiglio a Dio. - Stette ancora unmomento seduto in silenzio; poi si alzò e diede il segnale.

***Fu quello un giorno singolare per Cristoforo. Non sapeva che cosa

 pensare, ma era certo che non era ancora stato loro detto tutto. I silenzidel Priore erano pregni al pari delle sue parole. Era facile arguire chestava per capitare qualcosa d'insolito che sarebbe stato presto rivelato;nel frattempo doveva pensare al modo di fronteggiarlo. L'atmosferasembrò carica tutto il giorno; gli stessi edifici avevano un aspetto

strano, non familiare e minaccioso. L'intimo legame tra essi e la suaanima, formato da associazioni di preghiere e di sforzi, appariva irrealee vano. Era tormentato dal dubbio; non riusciva a comprendere né la

 possibilità di accondiscendere alla volontà del Re, né quella diresistergli. Egli, in particolare, non poteva prendere una decisionedefinitiva prima di aver udito che cosa ne pensavano i confratelli;

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fortunatamente essi glielo avrebbero presto reso noto. Allora si dieded'attorno per disintricare le fila degli impulsi, dei desideri, dei timori edella speranza, ed attese, per lo scioglimento definitivo del nodo, ilmomento che avrebbe saputo qualche cosa di più.

Il mattino seguente il Priore, rivestito di paramenti rossi, cantò la messadello Spirito Santo e Cristoforo rimase in trepidante attesa, ricordandocome i certosini, in simile circostanza erano stati visitati da Dio. Mal'ostia fu innalzata ed il campanello suonò e non si vide nulla attornoall'altare se non l'oscurità del coro diradata dal chiaror delle candele enon si percepì altro che il mormorio del vento nelle cappelle retrostanti.Quindi, nell'adunanza del capitolo il Priore manifestò tutto.

***Rammentò ai monaci che la mattina avevano chiesto luce nella

 preghiera e che ora dovevano seguirla senza timore. Era facilecontinuare nella trascuranza, dando ad una tale disposizione d'animo ilnome di fede, ma la prudenza ed il buon senso erano attributi delcristiano non meno della confidenza in Dio. Non dovevano considerarequello che avrebbero desiderato per sé, ma quello che Dio intendeva aloro riguardo, per quanto era loro concesso di leggerlo nei segni deitempi.- Per me - esclamò; e Cristoforo quasi credette che quelle parolefossero sincere, talmente acceso era il suo volto - per me non

domanderei che di vivere e di morire in questo luogo, come ho sempresperato. Ogni pietra qui è cara sia a me che a voi, anzi credo che sia piùcara a me, perché io sono stato in un modo speciale il signore di tutto,ma non voglio parlare di ciò. Dobbiamo essere pronti ad abbandonarevolentieri tutto se Dio lo vuole. Eravamo convinti di aver rinunziato atutto per seguire Cristo quando in questo luogo per la prima voltachinammo il collo sotto il suo dolce giogo; ma credo che ora Egli cichieda anche di più e che noi dobbiamo andarcene di qui come ce neandammo dalle nostre case dieci o vent'anni fa. Anche fuori di qui non

saremo maggiormente lontani da Dio, anzi possiamo forse essergli piùvicini se ce n'andiamo per ottemperare alla sua volontà.Sembrava infuocato di zelo e di amore della verità. Aveva smesso quelfare timido e petulante ed il suo volto delicato era rosso mentre parlava.Cristoforo era attonito e più perplesso che mai. Era dunque possibileche la volontà di Dio consistesse proprio nel fare ciò che egli temeva?

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- Questo è quanto noi dobbiamo considerare, - continuò il Priore conmaggior calma. - Sua Maestà ha mandato a chiedere per mezzo di unmessaggero privato inviato da Cromwell, se siamo disposti a rinunziareal convento. Non c'è nessuna coercizione... - e fece una pausa

significativa. - Sua Maestà desidera che ciascuno agisca secondo chegli suggerisce il giudizio e la coscienza, di... di sua spontanea volontà.Seguì un silenzio di tomba. Ormai questa notizia era attesa. Durante imesi di trepidazione ciascun monaco si era posta di fronte la probabilitàdell'arrivo di una tale notizia o presto o tardi, e gli ultimi giorniavevano portato l'aspettativa all'apice. Eppure era duro vedere il nemicofaccia a faccia e sapere che in definitiva non c'era possibilità diresistergli. Il Vice-Priore si alzò in piedi e incominciò a parlare,guardando tratto tratto il suo superiore come per attingere forza. Le sue

labbra si muovevano un poco alla fine di ogni frase.- Il signor Priore ci ha significato qual è il suo pensiero ed io sono conlui. Il Re ci tratta come suoi figli, desidera che siamo affezionati edobbedienti. Ma, proprio perché è padre, ha anche l'autorità per costringerci a far la sua volontà se non si assoggettiamo. E, come disseieri il signor Priore, noi non sappiamo se, dopo tutto, Sua Maestà,vedendo la nostra docilità, non ci lascerà star qui e non ristabilirà ilconvento nel possesso dei propri beni. Si dice che i monaci di Chertseyvadano alla Certosa di Londra, lasciando Bisham, dove il Re li aveva

destinati l'anno prima. Ma possiamo star certi che non farà altrettantocon noi se adesso gli resistiamo. Per parte mia dunque sonodell'opinione di rinunziare spontaneamente alla casa e di affidarci allaclemenza di Sua Maestà.Le sue parole furono seguite da qualche istante di silenzio, dopo di chesi alzò Padre Antonio. Il suo rude volto era preoccupato e perplesso ma

 parlava abbastanza risolutamente. Disse che non poteva comprenderecome mai tale questione non fosse stata proposta prima, onde aver tempo di considerarla. La cosa si presentava estremamente scabrosa

alla coscienza di qualcuno di loro. Da una parte c'era pericolo di farsiconniventi di un sacrilegio - il Priore si contorse sulla sedia a sentir questo - e dall'altra di gettare all'aria spontaneamente ecapricciosamente l'unica opportunità di salvare il convento. Chiese poiche venisse concessa una dilazione. Parecchi altri presero la parola,alcuni favorendo la proposta ed alcuni chiedendo, come aveva fatto

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Padre Antonio, una proroga di tempo per ponderare. Non avevano precedenti, dicevano, in base ai quali decidere su una tale questione perché comprendevano che non era per il motivo del tradimento cheerano richiesti di rinunziare alla casa ed agli altri beni. Il Priore si alzò

col volto bianco.- No, no - gridò. - A nessun costo! La cosa è ormai decisa. Io... noiabbiamo risolto pacificamente la questione con Sir Cromwell.- Ed allora perché - chiese Padre Antonio - ci si chiede se vogliamorinunziare e cedere?Il Priore lo guardò impotente.- Io... è come un segno che il Re è il signore temporale della terra.- Non lo neghiamo, - disse l'altro.Alcuni lo negano - rispose con voce fievole il Priore. Ci fu ancora un

 po' di discussione. Padre Antonio fece notare che non si trattava qui disupremazia temporale ma bensì spirituale. Intrigarsi cogli Ordinireligiosi era come intrigarsi col Vicario di Cristo, sotto la cui speciale

 protezione quelli erano posti ed a lui sembrava almeno probabile chesottomettersi, anche colla speranza di salvare in definitiva la loro

 proprietà, era riconoscere il ripudio dell'autorità di Roma. E cosi ladiscussione continuò per un'ora finché, essendo ormai tardi, il Priore sialzò un'altra volta per chiedere se qualcuno di quelli che non avevanoancora parlato, avesse qualcosa da dire. Cristoforo aveva avuto

intenzione di parlare, ma tutto ciò che desiderava chiedere era già statoesposto da altri, stava seduto in silenzio, ora alzando lo sguardo alPriore ed ora abbassandolo al liscio impiantito sotto i suoi piedi. Nonaveva idea di ciò che si dovesse fare. Non era un teologo. Allora ilPriore puntò il suo ultimo cannone.- In quanto alla richiesta di maggior tempo per considerare, questotempo ormai è passato. Nonostante quello che qualcuno ha detto,abbiamo avuto sufficienti ammonimenti. Tutti i presenti sanno da varimesi che il dilemma sarebbe stato loro proposto; ora ci si chiede una

risposta. - Fece una pausa un po' più lunga. Le labbra cominciarono atremargli, ma facendo un grande sforzo terminò. - Questa sera arriveràil Signor Peter, in qualità di rappresentante di Cromwell e domanisiederà nel capitolo per ricevere l'atto di sottomissione. - Padre Antonio

 balzò in piedi. Il Priore impose silenzio con un gesto violento e diede ilsegnale di sciogliere l'adunanza.

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***Cristoforo fu per parecchio tempo tormentato dall'incertezza nonsapendo se firmare o no; alla fine decise di lasciarsi guidaredall'impulso soprannaturale.

Il Dr. Peter giunse quella sera, ma Cristoforo non ne scorse che laschiena mentre attraversava il chiostro con Padre Antonio per recarsinella camera del Priore. Questi non andò a cena ed il suo posto, nella

 penombra del refettorio, era vuoto. Non andò neppure a compieta.Quella sera i monaci salirono le scale per andare nel dormitorio collaconoscenza che l'incaricato di Cromwell ed il loro superiore stavanodiscorrendo assieme. Il giorno seguente il Priore si trovò al suo posto

 per la messa conventuale, ma non parlò con nessuno e disparveimmediatamente a funzione ultimata. Quindi, al tempo stabilito, i

monaci si radunarono nella sala capitolare.***

Entrando, Cristoforo alzò gli occhi e vide che la sala era adorna quasicome per la visita del Dr. Layton e di Rodolfo. Un grande tavolo,ricoperto di libri e di carte era disposto all'estremità, immediatamentesotto lo stallo del Priore; ai due capi di esso stavano seduti i segretari,due individui dallo sguardo penetrante, assorti nei documenti. Il Prioreera al suo posto nell'ombra e stava inchinato, in atto di parlare con unuomo che gli sedeva a fianco. Cristoforo non poteva vedere altro, di

quest'ultimo, se non che aveva l'aspetto di un avvocato o di unoscrivano, e che vestiva un abito scuro, e portava in capo un berretto.Girava le pagine di un libro mentre il Priore gli parlava ed abbassava ditratto in tratto il capo in segno di assenso. Quando tutti i monaci furonoseduti, ci fu ancora una pausa. Tutto l'insieme dava stranamentel'impressione di una scena di tragedia, là in quell'oscura e solenne salacon quella linea di volti calmi ed abbassati tutt'attorno alla parete. Edanche considerando le cose più profondamente, tutto portava l'improntadella correttezza e della legalità. C'era il rappresentante del Re, uomo

abile e dotto, circondato dai segni della legge e dell'ordine con i duesegretari pronti a confermare o ad infirmare le sue azioni. C'era inoltrela comunità radunata per disimpegnare quella faccenda nel modo

 prescritto dalla regola, coi documenti legali della fondazione dinanziagli occhi ed il sigillo d'ottone del convento sul tavolo. Non c'era ilminimo accenno a costrizione o ad atti intimidativi; a questi monaci

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non si chiedeva altro che di firmare un foglio se esso rispondeva ai lorodesideri. Ciascuno doveva fare per sé; non si dovevano calpestare i

 privilegi individuali né la coscienza di alcuno. Nulla avrebbe potutoessere preordinato in modo più pacifico. Eppure alla mente di ognuno

dei presenti la quieta sala era piena di terrore. La maestà ed il poteredella volontà del Re incombevano come una cappa sull'assemblea; il pensiero di pericoli ignoti si dipingeva sul volto di tutti. I due uomini pacifici, dall'aspetto d'avvocati, erano ministri di una tremendavendetta; le stesse penne, l'inchiostro e la carta che giacevano là cosìinconsciamente erano sacramenti di vita o di morte.Il Priore cessò ad un tratto di bisbigliare, guardò attorno per vedere setutti erano ai loro posti e si alzò. La sua voce era perfettamente naturalequando disse che il personaggio lì presente era il Dr. Peter, inviato da

Cromwell per offrir loro un'opportunità di manifestare la fiducia el'amore al Re col sottomettere alla sua discrezione gli edifici e gli altri

 beni di loro proprietà. Nessuno era obbligato a firmare; la cosa dovevaessere perfettamente volontaria. La Maestà del Re non intendevacostringere nessuna coscienza a fare ciò che ripudiava. Per parte sua,aggiunse, avrebbe subito firmato, e molto volentieri. Il Re avevamostrato la sua clemenza in cento modi ed in quella clemenza egliconfidava. Poi si sedette e Cristoforo fu meravigliato della sua calma. IlDr. Peter si alzò a sua volta e guardò attorno un momento prima di

aprire le labbra. Quindi pose le mani dinanzi a sé sul tavolo, abbassò gliocchi ed incominciò a parlare.Confermò dapprima ciò che aveva detto il Priore e si congratulò contutti i presenti per avere un tale superiore. Era una grande gioia - disse -trattare con uomini che si erano mostrati così ragionevoli e leali. Altricon cui aveva avuto a che fare, non erano stati così e... e naturalmentela loro ostinazione aveva ricevuto la meritata punizione. Ma nonintendeva parlare di questo. D'altra parte quelli che si erano mostrativeri sudditi di Sua Maestà avevano già ricevuta la ricompensa. Provava

gran piacere nell'annunciare loro che quanto il Priore aveva detto ungiorno o due prima era vero e che i loro fratelli in religionedell'Abbazia di Chertsey, che si erano trasferiti a Bisham l'anno prima,dovevano andare alla Certosa di Londra tra non più di un mese. Fecevedere i documenti; egli stesso aveva contribuito a redigerli. Parlavacon voce calma e moderata e con un aspetto di grande deferenza; non

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c'era ombra di millanteria anche quando riferiva le pene inflitte agliostinati; il suo comportamento era ben diverso dalla boriosa arroganzadel Dr. Layton. Quindi terminò:- E così, Reverendi Padri, la scelta è nelle vostre mani. Sua Maestà non

userà metodi coercitivi, e di qui a poco sentirete che i termini dellasottomissione sono espliciti su questo punto. Non forzerà a firmarenessuno che non sia convinto che questo è il miglior modo di servir lacausa del Re e la sua propria. Sarebbe per lui un gran dispiacere

 pensare di essere stata la causa per cui l'ultimo dei suoi sudditi fossestato costretto ad agire contrariamente alla consegna ricevuta da Dio.Signor Priore, vi prego di leggere le condizioni della sottomissione.Il documento fu letto e risultò appunto quale era stato descritto. Vi siripeteva più volte, con diverse frasi, che la proprietà veniva ceduta

spontaneamente e liberamente. Era impossibile scoprire in esso anchesolo l'accenno ad una minaccia. I beni in questione erano enumerati inmodo quanto mai minuzioso e la lista includeva tutti i diritti delconvento sulla piccola Casa cistercense di Castle Acre. Il Priore deposeil foglio sul tavolo e guardò il Dr. Peter. Il delegato si alzò dalla sedia,

 prese in mano il foglio e stette così un momento.- Voi vedete, Reverendi Padri, che le cose stanno come vi ho detto. Soche avete già considerato la questione, cosicché non mi rimane altro dadirvi. - Scese dalla predella e andò all'estremità del tavolo. Uno dei

segretari gli passò il calamaio e due penne:- Signor Priore, - disse il Dr. Peter con un leggero inchino. - Se vi paredi poterlo fare, vi prego di firmare questo foglio e sottoporlo alla firmadei vostri sudditi. - Lo depose sul tavolo. Il Priore si alzò con vivacità egirò attorno al tavolo. Cristoforo lo osservò dal di dietro, mentre ilmagro avvocato, da un lato, gli indicava il luogo dove apporre la firmaed ascoltò come in un sogno il rumore della penna che raschiava sullacarta. Dal canto suo non sapeva ancora cosa avrebbe fatto. E se tuttifirmavano?... Il Priore ritornò al proprio posto e Cristoforo ne scorse il

volto pallido, atteggiato ad un terribile sorriso. Poi, ad un cenno delsuperiore, si fece innanzi il Vice-Priore e quindi uno dopo l'altro imonaci. Il cuore di Cristoforo si smarrì e poi s'arrestò d'un tratto, presoda una disperata speranza, poiché Padre Antonio, che gli stava difronte, era immobile, col capo in una mano, e quando fu il suo turno per uscire s'accorse che il Priore guardava il monaco con una emozione

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spasmodica dipinta sul volto.- Padre Antonio, - disse quegli. Il monaco sollevò il volto sorridente. -Io non posso firmare, signor Priore. - Allora i veli caddero e ladecisione balenò alla mente di Cristoforo. Udì i battiti del polso

ripercuotersi nelle orecchie mentre le mani bagnate si muovevanoconvulsivamente nonostante le stringesse assieme, ma non fece alcungesto finché tutti gli altri non ebbero firmato. Allora alzò gli occhiverso il Priore, attendendo un suo cenno; tuttavia, anche dopo esserestato invitato, non riuscì a fare alcun segno che equivalesse ad unarisposta. Allora sentì pronunziare il suo nome e facendo un grandesforzo rispose con voce che non sembrava la sua. Ripeté le parole diPadre Antonio:Non posso firmare, signor Priore. - Poi si sedette cogli occhi chiusi ed

attese. Udì dei movimenti attorno a sé, dei passi, il rumore di pergamena ed infine la voce del Dr. Peter; ma non comprese ciò chequesti disse. Solo un pensiero gli occupava la mente: il suo rifiuto e lasfida lanciata al Re - quell'uomo terribile che aveva visto sul battellonel fiume, cogli occhi stretti, la bocca contratta come una borsa e lagrossa mascella, seduto accanto alla donna che chiamava sua moglie -quella donna che ora...Cristoforo sussultò, aperse gli occhi e tornò alla realtà. Il Dr. Peter stavaterminando il suo discorso. Si congratulava con la comunità per la

ragionevolezza e la lealtà dimostrate. Con una schiacciantemaggioranza avevano deciso di porre la loro fiducia nel Re, il qualenon si sarebbe mostrato immemore di tale atto. Quanto a quelli che nonavevano firmato non poteva dir altro se non che avevano usato lalibertà che la Maestà del Re aveva loro concessa. Dire se l'avesserousata bene o no non era affar suo. Poi si volse al Priore.- Ed il sigillo, signor Priore? Credo se ne debba trattar subito. - Il Prioresi alzò e lo sollevò dal tavolo. Cristoforo vide il luccichio dell'ottone edell'argento dell'oggetto prezioso, simbolo della loro esistenza sociale

nella comunità, scolpito, come sapeva, con i quattro patroni della Casa,il con le, l'acqua corrente dell'Ouse e la preghiera rimata a S. Pancrazio.Il Priore lo consegnò al delegato il quale lo prese e stette così unmomento soppesandolo.- Un martello, - disse. Uno dei segretari si alzò e trasse di dietro altavolo una lastra di metallo ed un martello e consegnò ambedue gli

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oggetti al Dr. Peter. Cristoforo osservava, soggiogato da qualcosa dimolto simile al terrore e la sua gola si contrasse in un subitaneospasimo quando vide il delegato posare il metallo sul solido tavolo e

 poi, tenendovi sopra il sigillo piegato su di un lato, alzare il martello

colla destra. Poi i colpi cominciarono ad echeggiare un dopo l'altroripercuotendosi contro le intravature del soffitto.

VL' ULTIMA RESISTENZA

Dopo la partenza dei Visitatori la vita nel convento sembrò scorrerecome prima, sennonché alcuni avvenimenti capitati non molto dopogenerarono un'altra convinzione. Una vera barriera si elevò tra i due

monaci fedeli ed il resto della comunità e dopo pochi giorni,incominciando dal Priore, tutti i monaci firmatari si allontanarono aduno ad uno lasciando la casa nelle mani di P. Antonio e di Cristoforo.Questi cercarono di mantenere in vigore la disciplina monastica per quanto era loro consentito, coadiuvati da Maurizio e da Sir Giacomo eSir Nicola venuti appositamente a Lewes. La decisione presa di comuneaccordo fu di rimanere entro le mura del convento finché non nefossero cacciati colla violenza.Una sera dell'incipiente primavera fu annunciato l'arrivo di una

comitiva di gente a cavallo. Tutti compresero che era giunta l'ultimaora.Il cortile era già immerso nelle tenebre quando uscirono dal refettorio;ma in alto il cielo era ancora debolmente illuminato d'un tenero etrasparente chiarore verde. Vespero brillava chiara e tranquilla adoccidente. Tre figure erano ferme in fondo ai gradini che menavano alchiostro: uno dei servi in compagnia di due signori. Cristoforo tentò diandar subito innanzi, ma suo padre, voltatosi, gli accennò col dito distar fermo.

Il paese giaceva poco lontano, a destra, ed al disopra del muro checongiungeva il lato occidentale della chiesa colla porta d'ingresso si potevano vedere alcune luci e, qua e là, finestre appena illuminate.Dapprima Cristoforo credette trattarsi di un errore; si aspettava unclamore di voci alla porta, un tirare ripetuto del campanello. Poiascoltando si accorse che non era un falso allarme. Da oltre il muro, in

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direzione delle colline che si distinguevano appena contro il cielo dellasera, giunse un mormorio che andava sempre crescendo. Le stradeerano indurite per la siccità e poteva percepire chiaramente il rumore dicavalli e di una gran folla di gente; ma al disopra di tutto quel frastuono

si elevava un vociare sordo che ad ogni istante aumentava. Si spenseuna volta o due, poi risuonò più vicino e più forte. Si sentiva un abbaiar di cani, grida di bambini e di quando in quando qualche nota di uncanto o qualche parola gridata forte.Dei componenti il gruppo presso i gradini nessuno si mosse se nonquando Sir Giacomo ebbe riabbassata lentamente la mano alzata. Lacompagnia era ormai molto vicina e Cristoforo calcolò che dovevatrovarsi sulla ripida discesa che conduceva direttamente al convento;mentre ancora stava pensando, udì il rumore degli zoccoli sul ponte che

attraversava il Winterbourne. Padre Antonio gli venne accanto.- Andiamo presso la porta - e sceso il gradino attraversò il cortileseguito dagli altri. Mentre camminavano, il clamore crebbe e si fecesentire vicinissimo sulla strada ed una rozza lampada rischiarò latorretta del portone d'ingresso. Cristoforo era straordinariamente freddoora che il pericolo lo sovrastava ed alzò lo sguardo verso la robusta

 porta di quercia, verso lo sportellino praticato in uno dei battenti ed illiscio pannello che ricopriva la piccola inferriata, senza altro pensieroche quello di congetturare quanto tempo avrebbe richiesto la

demolizione della porta. Anche gli altri, quantunque non s'accorgessequasi della loro presenza, stavano silenziosi e rigidi al suo fiancomentre Padre Antonio si faceva presso lo sportello chiuso per attendervila chiamata. Questa venne quasi immediatamente. Ci fu un grancrescendo di frastuono quando la folla svoltò all'angolo della strada, edun lampo di luce trasparì di sotto alla porta, poi ci fu un rumore di unintenso vociare, l'arrestarsi degli zoccoli ed un improvviso strappo alcampanello. Il monaco si volse ed alzò la mano. Poi il cicaleccioriprese forte come prima, mentre il resto della plebaglia svoltando

all'angolo s'aggiungeva ai già arrivati. Nell'interno tutto era in silenzio.Cristoforo senti la mano del proprio padre cercare la sua e stringerla;

 poi al disopra del confuso clamore una voce di fuori parlòdistintamente.- Sono dunque fuggiti i topi? - Il campanello danzò di nuovo sul lorocapo e furono battuti alcuni colpi contro la robusta porta. Padre Antonio

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apri il piccolo battente dello sportello.***

Per un momento non fu notato dal di fuori a causa dell'oscurità.Cristoforo poté scorgere da ambo i lati della testa del monaco un

 balenar di luci e nulla più. Poi si fece sentire di nuovo la medesimavoce, con un certo timbro straniero.- Ah! ci siete dunque; affrettatevi ad aprire. Un'altra voce autoritariaimpose silenzio ed il clamore scemò. Padre Antonio attese che tutto sifosse quietato e poi chiese con fermezza.- Chi siete voi? - Si sentì un'imprecazione; il tumulto ricominciò per cessare però subito poiché la stessa voce che aveva chiesto che venisseaperta la porta gridò forte:- Apri, ti dico, monaco sanguinario! Veniamo da parte del Re.

- Per qual motivo venite? - Un frastuono di urla si alzò dalla folla;Cristoforo s'avvicinò a Padre Antonio e guardò di fuori. Lo spazio eramolto ristretto e non poté veder se non la gamba di un uomo postaattraverso una sella, la bruna spalla di un cavallo che si trovava difronte ed una fumosa opacità oltre e al disopra del cavallo. La gamba simosse un poco mentre guardava come se il cavaliere si fosse voltato e

 poi la voce echeggiò di nuovo più alta del tumulto.- Te lo diciamo per l'ultima volta, vuoi aprirci?- No! - gridò il monaco attraverso l'inferriata. - Voi non siete altro che...

- Poi richiuse violentemente il battente perché un bastone aveva urtatocon forza contro le sbarre.- Ritorniamo nel chiostro - disse quindi. Il fragore di fuori era terribilementre i sei attraversavano il cortile deserto, ma si ridusse ad unsinistro silenzio al risuonar secco di qualche ordine. Poi riprese come

 prima con maggior animosità e si sentì il primo colpo inferto alla porta.Cristoforo guardò di nuovo suo padre mentre stavano sui gradini, unatrentina di metri più in là. Il vecchio stava in piedi rigido, con le manisui fianchi, guardando fissamente l'arco della porta d'ingresso che ora

rintronava come un tamburo, e le sue labbra tremavano. Trattenne ilrespiro sentendo dal di fuori una voce al disopra del rumore e si volse

 per metà al figlio, colla mano sollevata come per implorar silenzio. Poila voce gridò di nuovo e Sir Giacomo girò il volto e fissò Cristoforonegli occhi. Ma nessuno dei due disse una parola.Padre Antonio, il quale stava un metro più innanzi, si voltò d'un tratto,

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avendo udito che i colpi diventavano sempre più fitti e decisi, e venneverso di loro. Il suo volto quadrato e pieno era fermo e vigile ed egli

 parlò con secca risolutezza.- Voi e Sir Nicola fareste meglio stare in casa. Io debbo rimanere qui;

fra poco saranno dentro. - Le sue parole risuonavano perfettamentedistinte, lì all'aperto, nonostante lo strepito che si faceva presso la porta. Nicola fece una sdegnosa rimostranza.- No, no, padre; io non mi muovo di qui - Il monaco lo guardò ma nondisse altro e si voltò. Una voce pacata parlò dalla oscura porta di dietro.- Giovanni ed io abbiamo procurato qualche tavola, padre; potremmorafforzare la porta di ingresso... Padre Antonio si voltò di nuovo.- Non resistiamo più oltre. - Quindi rimasero in silenzio, vedendosiimpotenti. Non c'era altro da fare che stare là ad ascoltare il frastuono

ed i colpi che ad ogni momento allargavano sempre più la breccia praticata nella porta ed osservare l'alto muro con la solenne e robustatorretta ergentesi verso le stelle, rischiarato qua e là sulla cima dallaluce delle torce. La foresteria dirimpetto a loro era oscura, eccetto unafinestra del piano superiore illuminata a intermittenza dalla luce delfuoco che era stato acceso in quella stanza qualche ora prima.Improvvisamente Sir Giacomo prese il figlio per il braccio.- E tu, Cristoforo?- Io starò qui, papà. - Si udì un rumore assordante proveniente dalla

 porta: la porticina laterale fu scossa violentemente e fu abbattuta di lì a poco; subito attraverso quell'apertura balzò la figura di un uomo.Potevano vederlo bene mentre stava là, nella luce delle torce, una figuraalta, eretta, con un cappello piumato sul capo ed una canna in mano.Fuori, lo strepito causato dagli uomini che lottavano per entrare eraindescrivibile; si udì un grido di dolore seguito dall'impennarsi di uncavallo, e poi un alto e contenuto mugghio che sommerse ogni altracosa. La chiazza di luce oblunga si oscurò immediatamente poiché unaltro uomo si fece innanzi seguito da una fila interminabile di altri.

Ci fu quindi un momento di tregua, poi la luminosa fiamma di unatorcia brillò nell'apertura e poco dopo si avanzò un individuo con unafiaccola in mano. Ora tutto lo spazio sotto l'arco era rischiarato. In altole decorazioni si illuminavano e tornavano nelle tenebre secondo imovimenti della fiaccola; ogni mattone del muro era visibile, come

 pure le sbarre e le soprastrutture dei grossi battenti. Cristoforo, spinto

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da un indomabile impulso, aveva fatto un salto in avanti quando erastata abbattuta la porticina laterale e i due monaci ora stavano immobilisul selciato del cortile, uno di fianco all'altro nel loro scapolare, colcapo nascosto nel cappuccio ed i lombi stretti dal cingolo; i due signori

ed i servi stavano ritti sugli scalini retrostanti. Cristoforo vide i capidella spedizione avanzare insieme sotto l'arco, mentre la portaincominciava a scricchiolare e a gonfiarsi per la pressione esercitatadalla folla ed un istante dopo vide il balenare dell'acciaio delle spadeabilmente maneggiate. Poi al disopra dell'urlio udì una voce fiera edautoritaria impartire un ordine e notò che uno dei signori che sitrovavano davanti stava con le spalle contro la porta e colla spada

 protesa innanzi a sé: comprese la manovra; era necessario tenereindietro la folla furibonda. Il tumulto si acquietò fino a diventare un

mormorio, quindi una dopo l'altra le figure entrarono nel recinto. Tuttiavevano in mano qualche strumento, una picca od una clava ed eraevidente che erano stati costoro a rompere la porta. Cristoforo licontava meccanicamente, mentre entravano. Sembrava che fossero unadozzina o giù di lì. A questo punto l'uomo che aveva custoditol'ingresso mentre gli altri entravano, tornò fuori attraverso l'apertura edessi lo udirono incominciare ad arringare la folla. Ma un momentodopo non gli badavano già più, poiché sotto l'arcata, con a fianco unoche reggeva la fiaccola, si avanzava colla canna in mano l'uomo che era

stato il primo ad entrare; appena costui fu nel cortile, Cristofororiconobbe in lui il proprio fratello.

***Era vestito d'un semplice ma ricco abito da cavalcata, con grossi stivalied un cappello piumato. Camminava a suo agio, come sicuro di sé enon affrettò né diminuì il passo quando vide poco lungi da sé i monacie gli altri signori. Si fermò ad un metro di distanza da loro e Cristoforovide che la sua faccia non era meno sicura del passo. Le labbra sottilierano serrate e ferme e gli occhi guardavano dall'alto in basso con una

certa insolente ironia le figure dei monaci. Non c'era in essi il minimosegno che indicasse che conosceva le persone che gli stavano di fronte.- Ci avete dato molto da fare - disse - e senza alcuno scopo. Dovremofare una relazione a Sir Cromwell; vedo che siete voi i due cherifiutarono di sottoscrivere la resa. È stato un atto da insolenti, comequest'altro di non aprire. Non ho alcuna autorità per impadronirmi di

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voi, pertanto fareste meglio ad andarvene.Padre Antonio gli rispose con voce altrettanto sicura:- Ora siamo pronti ad andarcene. Voi vedete che non abbiamo ceduto senon alla forza. - Le labbra di Rodolfo si atteggiarono ad un sorriso.

- Oh, se così vi piace! Bene allora... - Fece un passo in disparte eguardò verso la porta dove si sentiva ancora un iroso mormorio copertodalla voce urlante che continuava ad arringa re la folla. Cristoforo sivolse indietro verso suo padre ma la voce gli morì in gola tanto eraterribile quel volto mentre guardava Rodolfo. Stava ritto come prima,quasi irrigidito dal dolore o dalla collera e nei suoi occhi grigisplendeva una intensa emozione; anche le sue labbra erano ferme comequelle del figlio. Ma non parlò. Sir Nicola gli stava al fianco con un

 piede in avanti e nello atteggiamento di chi sta per dare un balzo; il

volto di Maurizio sembrava una maschera adattata sopra le spalle.- Bene, allora... - ripeté Rodolfo.- Ah! Maledetto segugio! - urlò Nicola e sollevò la mano che stringevala frusta. Rodolfo non mosse un muscolo; sembrava tagliatonell'acciaio. .- Andiamo - disse di nuovo Padre Antonio a Cristoforo con una certatenerezza - ci basta di essere costretti ad andarcene colla forza.- Potete passare attraverso la chiesa, se volete - disse Rodolfocompostamente. - Infatti... - Si interruppe poiché il mormorio presso la

 porta si era di nuovo improvvisamente mutato in urlio. - Infatti, farestemeglio a passare da quella parte. Sembra che quegli individui là fuorinon siano vostri amici.- Passeremo dalla parte che preferite - osservò il monaco più anziano.- Allora dalla chiesa - disse Rodolfo - o da qualche altra porta privata.Suppongo che ne abbiate una. La maggior parte delle vostre case nesono provviste credo. - La burla ruppe ogni esitazione. Padre Antoniogli voltò il dorso immediatamente. Cristoforo prese suo padre per il

 braccio mentre questi saliva i gradini.

- Venite. Dobbiamo passare da questa parte.Ci fu una breve sosta. Il vecchio guardava ancora con occhi immobili ilfiglio maggiore che stava ritto più in basso, sempre nella stessa

 posizione. Cristoforo sentì un profondo sospiro e credette che suo padrestesse per parlare, ma il silenzio non fu rotto. Poi i due si voltarono eseguirono gli altri nel chiostro.

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VISCURI E MARTELLI

Il mattino seguente Cristoforo stava seduto presso l'alta finestra di unacasa vicino alla chiesa di S. Michele e guardava verso la partemeridionale del paese. Erano fuggiti senza difficoltà la sera precedenteattraverso la porta della chiesa, con un uomo inviato da Rodolfo per vedere che non portassero via nulla. Aveva lasciato la follaschiamazzante dietro l'angolo della porta principale, e quantunque lagente guardasse curiosamente i monaci, i cinque borghesi che liaccompagnavano li avevano protetti da ogni assalto.Maurizio aveva trovato due giorni prima un alloggio sconosciuto a

Cristoforo, nella casa di una donna che era favorevole ai religiosi, e lasera della fuga aveva guidato la comitiva direttamente là. Quellamattina i monaci avevano celebrata la messa in S. Michele prima che il

 paese si destasse ed ora stavano rinchiusi nell'interno della casa, inseguito alla calda raccomandazione di Sir Giacomo, mentre i duesignori con uno dei servi erano andati a vedere che cosa succedeva alconvento.

***Dal luogo ove stava seduto, Cristoforo, rivestito del suo abito nero,

 poteva vedere oltre la strada scoscesa ed al disopra dei tetti che sitrovavano più in basso, la mole della chiesa del convento, elevantesinella luce solare poco lungi dai prati dove scorreva l'Ouse. La stradache passava di sotto era deserta perché ogni individuo che fosse ingrado di farlo era andato a saccheggiare il convento. C'era probabilitàdi impadronirsi di qualche cosa delle riserve che, come si diceva, imonaci avevano accumulato; forse ci sarebbe stata qualche venditaall'asta e pertanto molta emozione ed anche divertimento.Cristoforo era diventato quasi insensibile. Il freddo che si era

condensato attorno alla sua anima calma la sera innanzi si eratrasformato in ghiaccio. Si accorgeva appena di quel che stavasuccedendo, e della grave portata della catastrofe. che era piombata sudi lui. Laggiù, dinanzi al suo sguardo si stendevano i tetti; fece scorreregli occhi dalla torretta situata ad occidente, oltre l'alta lanterna, alladelicata ornamentazione dell'abside orientale e della cappella, ora nelle

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mani dei saccheggiatori; ed egli sedeva lì estatico, cogli occhi asciutti ela bocca immobile, guardando quella scena come un uomo guarda unaferita che non ha ancora incominciato a dolere.Si vedeva alzarsi del fumo da un fuoco acceso in qualche luogo dietro

la chiesa; un rumore come di metallo percosso su di un sasso si ripetevaritmicamente e le voci degli uomini che si chiamavano l'un l'altronell'interno del recinto solcavano continuamente l'aria. Di quando inquando si faceva vedere distintamente sul tetto la piccola figura di unlavoratore con in mano la picca oppure in atto di sporgersi per avereistruzioni dai compagni che stavano sotto.A questo punto entrò nella stanza Padre Antonio col breviario in manoe si inginocchiò accanto a Cristoforo, restando quindi ad osservare insilenzio.

Guardò il volto pallido e gli occhi assenti dell'altro, diede qualchesospiro ed uscì fuori. La mattinata trascorse e Cristoforo stava ancoracontemplando. Verso le undici gli uomini erano scesi dal tetto; un'altramezz'ora era passata e nessun'altra figura vi era comparsa. Si udironodei passi sulle scale e Sir Giacomo entrò. Si diresse verso il figlio e glisedette accanto. Cristoforo lo guardò. Il vecchio fece un cenno colcapo.- Sì, figlio mio; sono tutti intenti al lavoro. Nulla sarà risparmiato adeccezione del chiostro e della foresteria. Dicono che la chiesa sarà

atterrata entro una settimana. - Cristoforo lo guardò sorpreso.- Tutta?- Tutta, figlio mio. - Sir Giacomo fece una relazione di quanto avevavisto. Era entrato nel cortile con Nicola e poche altre persone, ma nongli era stato permesso di varcare la soglia del chiostro. Nel salotto diricevimento gli aveva detto uno dei lavoratori che si stava allestendo unforno per la fusione del piombo; la chiesa, e questo l'aveva visto luistesso, era piena di lavoratori.- Ed il SS. Sacramento? - chiese Cristoforo.

- Un prete è stato incaricato di portarlo via questa mattina in unacappella, non so quale. - Sir Giacomo descrisse il metodo didistruzione. Avevano incominciato dall'abside e dalla cappella dietrol'altare maggiore. Gli ornamenti erano stati rimossi, le immagini ed iquadri ammucchiati nel cortile esterno; gli ornati di ottone erano statidivelti. C'era una mezza dozzina di muratori occupati nello scalzare i

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 pilastri e le pareti e mentre costoro scavavano, i carpentieri facevanodelle travi di legno per sostenere il peso soprastante. Questi uominierano stati fatti venire da Londra, poiché i delegati non si fidavanotroppo della gente di Lewes. Due dei quattro grandi pilastri dietro

l'altare maggiore erano già demoliti per metà.- E Rodolfo?La faccia del vecchio si fece rigida e severa.- L'ho visto sul tetto; ha finto di non vedermi. - A metà pranzo Nicola siunì a essi. Era rosso in faccia, polveroso ed irato.- Ah, i segugi! - disse stando sulla porta, agitato. - Dicono che lecappelle saranno abbattute prima di sera. Hanno già asportato il

 piombo. - Sir Giacomo alzò gli occhi e gli fece cenno di sedersi.- Torneremo là di qui a poco, almeno abbiamo salvato il nostro

 bagaglio - continuò Nicola; - c'era pure un tuo pacco, Cristoforo, che iomisi con quello. Bisogna portare tutto qui questa sera, compresi icavalli.- Avete parlato con Sir Rodolfo? - chiese Padre Antonio.- Ah, gli ho parlato; quel cane! e gli ho detto quel che pensavo. Ma nonha osato rifiutarmi il bagaglio. Giovanni deve andare a prenderlo questasera. - Durante il pranzo comunicò un'altra notizia. Sapete in mano dichi deve andare tutto questo po' di roba? chiese fieramente, con le ditache gli tremavano per l'emozione. In mano di Sir Gregorio Cromwell,

di sua moglie e del suo bambino. Un bel giardino d'infanzia!***

A sera piuttosto inoltrata Cristoforo era di nuovo da solo alla finestra.Aveva recitato l'ufficio prima del pomeriggio, ed ora era tornato asedere lì, con le mani sul davanzale, a guardar la chiesa. Un'ora primaun servo gli aveva recato un messaggio da parte di Sir Giacomo in cuisi diceva di non attenderli prima di sera e che essi lo avrebbero messoal corrente dello sviluppo della situazione. Tutto il paese si era riversatolà, disse il servo: non era stato possibile trattenerli fuori del recinto. In

quel momento Padre Antonio ritornò e si sedette accanto a Cristoforo;Maurizio, che era stato lasciato in casa a protezione dei monaci, entrò

 poco dopo e si fermò dietro a loro e così rimasero tutti e tre in attesa. Ilcielo incominciava a risplendere, come la sera precedente, per ilchiarore diffuso in un tramonto sereno, mentre l'alta torre ad occidentes'elevava lucente nella gloria. Quanto sembrava ora infinitamente

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lontana la sera precedente, insignificante e tuttavia ben distinta, comeun panorama visto attraverso un telescopio rovesciato! Com'eranolontani, la silenziosa attesa presso la porta del chiostro, il tramestioall'esterno, l'entrata forzata, la fuga attraverso la chiesa!

Il fumo si elevava più vorticoso che mai dal grande comignolo eformava una nube al disopra degli edifici. Forse si stava fondendo il piombo. Si udì uno scalpiccio di zoccoli di sotto, all'angolo della vialastricata, e Padre Antonio si affacciò alla finestra, quindi si ritirò.- Sono i cavalli - disse. In quel punto salì il servo per annunciare che a

 poca distanza stavano venendo i due signori e che lui aveva l'ordine di procurare dei cavalli e metterli subito in assetto di viaggio. Avevasentito Sir Giacomo dire che dovevano partire quella notte. Mauriziouscì frettolosamente ed andò ad aiutare l'altro servo. Dopo cinque

minuti comparvero i due signori. Sir Giacomo si appressò subito aimonaci.- Dobbiamo partire questa notte, Cristoforo. Abbiamo parlato conPortumari. Non dovete rimanere più a lungo nel paese. Cristoforo loguardò.- Sì? - balbettò; - e le cappelle saranno atterrate quanto prima. Ah, buonDio! - Padre Antonio fece sedere il vecchio accanto alla finestra e lui si

 pose dietro i due con Nicola e così continuarono a guardare. La luceormai andava affievolendosi rapidamente e nelle finestre sottostanti

incominciavano a brillare le lampade. La quadrata torre che dominavatutto il convento aveva perso il suo splendore e si rizzava robusta escolorita sullo sfondo verde dei prati. C'era un rosso bagliore qua e là,sopra il muro che ricingeva il cortile, ed il fianco interno della torrettane era illuminato. I quattro intenti a guardare dalla finestra, eranofortemente eccitati e nulla usciva dalle loro labbra se non un acceleratorespiro, nell'attesa di ciò che sapevano essere imminente.Fuori, la sera era meravigliosamente calma; essi potevano udire dueuomini parlare nella strada sottostante, ma dal convento non giungeva

alcun rumore. I picconi avevano cessato di battere e le grida deilavoratori s'erano acquietate. Da oltre il castello, alla loro sinistra,giungeva l'insistente abbaiare di un cane. Qualche stella s'affacciò,svanì e tornò a far capolino nel cielo luminoso verso sud; le collinesottostanti erano grigie e vaporose. Tutti e quattro i nostri personaggiavevano gli occhi fissi verso il lato orientale della chiesa che giaceva

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avvolto nella semioscurità. Potevano scorgere il tetto di quella partedella chiesa sotto cui si trovava l'altare; più sotto lo svelto contraffortedi una cappella e più in giù la bassa tettoia della cappella della Vergine.Cristoforo teneva gli occhi costantemente fissi sul tetto superiore

 poiché sapeva che là si sarebbe notato il primo movimento.Il tempo sembrava eterno. Di tanto in tanto si bagnava le labbra aride,mutava un poco di posizione e scostava il gomito dalla strettamodanatura della cornice della finestra. Poi trattenne il respiro. Dal

 posto ove sedeva, proprio in direzione dei suoi occhi la sommità di unamacchia di arbusti sempreverdi era visibile oltre il tetto, e mentreguardava vide che una chiazza di un verde più pallido era apparsa piùsotto. Tutto d'un tratto vide pure un contrafforte ripiegarsi su se stessocome un gomito e scomparire. Poi la volta ed il tetto rovinarono; i muri

si abbatterono con incredibile lentezza e scomparvero. Una nube biancadi polvere s'alzò come fumo. Poi attraverso la finestra aperta giunse ilfragore della costruzione abbattuta; ed acuto, al disopra di esso, ilclamore di una grande folla.

LIBRO IIILA GRATITUDINE DEL RE

I.

UN PROGETTOPer alcuni mesi dopo la distruzione del convento di Lewes la vita sisvolse in modo molto strano per Cristoforo. Era scivolato dall'acquacorrente in uno stagno laterale dal quale poteva osservare indisturbato ilrapido susseguirsi degli avvenimenti. Non s'era più fatto caso né delsuo rifiuto di firmare la sottomissione né della sua resistenza aiDelegati Regi. Le autorità avevano le mani così piene di affari che nonvedevano l'utilità pratica di preoccuparsi di un monaco innocuo, senza

 particolare importanza, il quale dopo tutto non aveva reagito che inmodo negativo, e sembrava ora sottomettersi nel silenzio enell'isolamento.La famiglia di Overfield in tal modo ricostituita, era di una naturamolto complessa. Padre Antonio, dopo un mese o due, era partito per ilContinente, per seguire la sua vocazione in una Casa benedettina. Sir Giacomo e sua moglie; Cristoforo, Margherita ed il Padre Carleton

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vivevano assieme. Per il momento Cristoforo e Margherita eranorisoluti di aspettare, perché potevano accadere molte cose... la morte diEnrico, un cambiamento di idee, una invasione armata da parte delle

 potenze cattoliche, una rivolta interna in Inghilterra e cose del genere...

e ripristinare la situazione di prima.Inoltre, a differenza di Padre Antonio, essi avevano una casa dove potevano osservare le loro regole con una certa facilità. Il Paese erainvero profondamente agitato da quegli eventi, ma per il presente, partea causa del terrore e parte per l'influenza esercitata sulle convinzionidel popolo inglese da grandi forze, non dava espressione alla suainterna inquietudine. I metodi che Cromwell aveva adoperato con tantaabilità nel passato erano ancora in azione. Per la parte profana si faceva

 balenare al popolo la speranza di uno sgravio di tributi e della

distribuzione della ricchezza e dei terreni monastici; per la partespirituale i Vescovi alle dipendenze di Cranmer erano zelanti nel far sorgere ed alimentare controversie sui vecchi principii, gettando ildubbio sull'autorità del Papa. Gli ignoranti non potevano assolutamentesapere ciò che si doveva credere; nuovi manifesti pieni di argomentisagaci e di inviti persuasivi venivano emanati continuamente dal Re edal clero. Coloro che professavano l'antica religione eranofrequentemente discreditati con accusa di frode, avarizia, immoralità,ipocrisia e cose simili. Erano anche ridotti al silenzio, ed attivi ed

eloquenti predicatori, come Latimer, inveivano da tutti i pulpitidenunziando, spiegando, convincendo.Frattanto l'opera progrediva con celerità. L'estate e l'autunno del '38furono testimoni di reiterate distruzioni di Case Religiose e di oggetti divenerazione nonché dell'intimidazione fatta ai più influenti personaggidella parte cattolica. In febbraio, per esempio, il grande crocifisso diBoxley fu portato a Londra in mezzo ad ogni sorta di indegnità, e dopoessere stato esposto fra scoppi di risa dinanzi al Palazzo del Parlamentoe vituperato da un predicatore a Paul's Cross, fu scagliato tra gli zelanti

cittadini e ridotto a pezzi. Nell'estate, tra gli altri il tempio di S.Swethun a Winchester fu preso d'assalto e spogliato; nell'autunnosuccessivo i conventi che avevano resistito fino allora incominciarono ascompaginarsi. Nell'ottobre il Prezioso Sangue di Hayles, una reliquia

 portata dall'oriente nel secolo XIII e conservata fino al presente congrande amore e riverenza, fu preso dal reliquiario ed esposto al ridicolo

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in Londra. Finalmente, nello stesso mese, dopo che S. Tommaso diCanterbury era stato dichiarato solennemente traditore del suo Principe,il suo nome, immagini e pitture furono fatte raschiare e tagliare da ognilibro, finestra e parete e lui stesso convocato con grottesca solennità a

rispondere delle accuse fattegli. Le sue reliquie furono prese e bruciate,e - ciò che nelle vedute del Re faceva maggiormente al caso - il suosantuario spogliato dell'oro, dei gioielli e dei paramenti che furonotrasportati in una fila di ventisei carri ad impinguare il tesoro del Re.L'anno successivo fu pregno di eventi ancora più terribili. Le pocheCase maggiori rimaste, furono una dopo l'altra prese di mira dal Re equelle che non si sottomisero volontariamente subirono le pene piùgravi decretate per i renitenti. L'Abate Whiting di Glastonbury fumandato a Londra in settembre e due mesi più tardi fu suppliziato sul

colle di Tor in vista del monastero che aveva diretto così a lungo e contanta equanimità. Nello stesso giorno anche l'Abate di Reading fusuppliziato poco lungi dalla porta d'ingresso del suo monastero. Seisettimane dopo anche l'Abate Marshall, di Colchester, fu condannato amorte. Le persone devote, in quel tempo, erano costrette a condurre unavita molto misera, tuttavia pochi erano più infelici che i componenti lafamiglia di Overfield. La cosa era aggravata dal fatto che LadyTorridon non simpatizzava molto cogli altri. Quantunque nonannunziasse spesso ella stessa le cattive notizie - perché non aveva né

lo zelo sufficiente né l'opportunità di farlo - era impossibile dubitareche non ne godesse quando queste arrivavano.Una calda sera d'estate stavano cenando tutti assieme quando entrò unservo, annunciando che un monaco del monastero di S. Swethunchiedeva ospitalità. Sir Giacomo diede uno sguardo alla moglie chestava seduta col volto impassibile ed abbassato, poi ordinò di introdurreil frate. Questi era un uomo timido e rude, che non seppe rendersisubito conto della situazione. Quando il vino ed il cibo ebberoriscaldato il suo cuore, incominciò a discorrere con troppa libertà,

credendo che tutti i presenti condividessero i suoi sentimenti. Sirivolgeva particolarmente a Cristoforo, il quale rispondevacortesemente facendosi descrivere per qualche tempo il saccheggiodella propria chiesa.- Uno di quei sacrileghi aveva già messo da parte la nostra crocechiamata Gerusalemme - gridò, atteggiando il debole volto ad una

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indefinita espressione di dolore misto a collera - e due nostri calicid'oro per portarseli con sé, poi con coltelli e martelli, come ci dice ilsalmista, distaccò gli ornamenti d'argento dalle pareti della chiesa.C'era un individuo che io conoscevo molto bene - due giorni prima si

era confessato da me - il quale sorreggeva una candela e rideva.Quando tutto fu finito, e ciò non fu fino alle tre del mattino, uno deifabbri esaminò il metallo e gridò che non c'era una sola particella divero oro. Il signor Pollad allora s'infuriò con noi e ci disse che il nostrooro era contraffatto al pari delle ossa marce che noi veneravamo. Inrealtà però ce n'era molto oro e quell'uomo mentiva poiché il nostro eraun tempio molto ricco. La vendetta di Dio li colpirà per le loromenzogne e ruberie. Non è forse vero, Lady?Lady Torridon sollevò gli occhi e guardò il monaco. Suo marito

s'affrettò ad interporsi.- Avete finito il vino, padre? - Il monaco parve non udirlo e continuò ilsuo discorso, descrivendo la distruzione dell'altar maggiore e lospogliamento degli ornamenti del muro che s'elevava dietro l'altare,avvenuto nei giorni successivi. Mentre parlava riempiva di tanto intanto il suo bicchiere veneziano, vuotandolo subito dopo ed il suo volto

 prendeva colore e gli occhi si animavano. Cristoforo s'accorse che suamadre stava osservando il monaco con sguardo penetrante edinquisitore ed ebbe timore di ciò che poteva succedere. Ma non c'era

nulla da fare.- Noi, poveri monaci! - gridò a questo punto il narratore - saremo prestogettati sulla strada ad elemosinare il pane. Sua Maestà...- Non è la povertà uno dei voti monastici? - lo interruppe LadyTorridon, guardando sempre fissamente il bicchiere di lui riempito finoa metà.- Oh, sì, signora; ed il Re è risoluto a farcelo osservare, a quanto pare. -Sollevò il bicchiere e lo finì allungando poi di nuovo la mano verso la

 bottiglia.

- Ma questa è senza dubbio un'opera buona - riprese l'altra sorridendo; -sarà indubbiamente una salvaguardia contro l'immoderatezza nelmangiare e nel bere. - Sir Giacomo si alzò di scatto.- Venite, padre - disse al monaco che lo guardava incuriosito, - saretestanco ed avrete bisogno di dormire. - Un lento sorriso si disegnò esvanì sul volto di sua moglie, che si alzò e s'allontanò dalla sala.

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Incidenti di questo genere rendevano la vita ad Overfield molto difficile per tutti; quei cuori afflitti trovarono duro dover stare sempre vigilantionde evitare argomenti pericolosi, senza poter far altro che consolarsi avicenda quando la padrona di casa era assente; ma in modo particolare

ciò era difficile per Margherita. Era quasi silenziosa al pari di suamadre, ma era infinitamente più tenera e dal momento che loro due sitrovavano assieme per la maggior parte del giorno, ad eccezione deltempo in cui la suora si dava alla preghiera, si verificavano spessoincidenti molto preoccupanti e dolorosi.Per i primi diciotto mesi dopo il ritorno dal monastero, la madre lalasciò in pace; ma coll'andar del tempo ed il suo perseverare nellarisoluzione primitiva, Margherita incominciò ad essere l'oggetto di unasottile persecuzione. Per esempio: Cristoforo e suo padre tornavano un

giorno di autunno da una passeggiata nel giardino che si stendeva al dilà del fossato occidentale. Mentre camminavano nella luce diffusa delsole, lungo i sentieri ben tracciati, giunti nel bel mezzo del giardinodove stava la meridiana, udirono delle voci provenienti dalla pergolasituata a destra dietro una siepe di tasso. Sir Giacomo rimase unmomento esitante ed essendosi fermato distinse la voce commossa diMargherita.- Io non posso ascoltarti, mamma. È male dire queste cose. - I duegirarono immediatamente, percorsero un tratto di sentiero e svoltarono

all'angolo. Margherita stava ritta con una mano sul tavolino ed in atto diandarsene. I suoi occhi erano accesi di indignazione e le labbra letremavano. La madre era seduta dalla parte opposta con a fianco il

 bastone dal pomo inargentato e le mani piegate serenamente l'unasull'altra. Sir Giacomo stette a guardare or l'una or l'altra senza chenessuno fiatasse.- Vieni con noi, Margherita? - disse quindi. La fanciulla stette ancora un

 po' titubante, guardando sua madre, poi uscì di sotto la pergola.Cristoforo vide un amaro sorriso dipingersi e morire sul volto della

donna attempata, ma essa non disse nulla. Margherita non poté piùcontenersi allorché, dopo aver attraversato il fossato, salirono verso lacasa dalla torre grigia.- Non posso tollerare un simile modo di parlare, papà disse con gliocchi illuminati da lacrime di stizza, - diceva certe cose intorno aRusper, e che tutte noi eravamo oziose e sciocche...

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- Non devi farci caso, tesoro mio. Tua madre non... non capisce.- Non c'è mai stato nessuno come la madre badessa - continuò lafanciulla. - Non l'ho mai vista oziosa o triste; e... e eravamo tutte cosìoccupate e felici. - Gli occhi le si riempirono un momento di lacrime; il

 padre le mise il braccio attorno alle spalle ed entrarono in casa insieme.Era terribile per Margherita esser gettata così fuori dell'unica vita chesignificasse qualche cosa per lei. Guardando indietro ora, le sembravacome se il convento risplendesse glorioso e bello in un alone di grazia.La disciplina della Casa Religiosa aveva ordinato ed ispirato leassociazioni ideali da cui poi le memorie dipendono ed aveva escluso lenote di scordanti che rovinano le armonie della vita secolare. Lacappella, con le delicate finestre, le ringhiere di quercia, l'effluvio deifiori e dell'incenso, il pavimento a mattonelle, l'unica fila di intarsiature

in legno ed il pastorale accanto al seggio della badessa, era un luogo disilenzio, animato dalla divina presenza che irradiava dalla pissideesposta.Erano queste cose particolari che avevano formato la scena del suoromanzo con Dio, delle sue aspirazioni, tenerezze, lacrime e gioie.Aveva passeggiato nel piccolo chiostro col suo Amante nel cuorementre le lucide foglie di lauro che stormivano nel giardino leripetevano la musica di Lui. Nella piccola e bianca cella avevaimparato a dormire tra le Sue braccia e destarsi nello splendore del Suo

viso. Ed ora tutto ciò era svanito. Ora che era tornata nella casa dellasua fanciullezza, vi aveva ritrovato le immaginazioni dei dolori e delle

 passioni di allora, prima che avesse conosciuto Dio, di partite di cacciae di audaci e rozzi uomini che odoravano di pelli e di sangue,dell'assidua e agghiacciante presenza di sua madre - associazioni checontrastavano colla vita che si svolgeva nel suo intorno. Nel conventoinvece, non c'era nulla che non significasse sforzo e ricompensadell'anima.Anche senza la madre la vita le sarebbe stata difficile ora ad Overfield;

con lei poi era quasi insopportabile. Cristoforo tuttavia era in grado difar molto per la fanciulla, poiché aveva provato quelle medesimesofferenze ed aveva il vantaggio della forza virile. Poteva parlare conlui meglio che con qualsiasi altro della vocazione, poiché entrambi vi

 perseveravano nonostante l'espulsione dal chiostro ed egli era in gradodi ricordarle che l'essenza della clausura, in tali circostanze, consisteva

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nello spirito e non nella esteriorità di quattro mura.Inoltre per Cristoforo era un vantaggio aver la sorella sotto la propria

 protezione. Il fatto che doveva farle da maestro e rammentarle cose cheambedue sapevano, contribuiva a renderle più concrete e viventi a lui

stesso. In questo stato di cose sia per lui come per la sorella, una speciedi contentezza venne a mescolarsi all'afflizione che andava crescendoda un mese all'altro, nonostante le condizioni dell'ambiente. Però nonera completamente soddisfatto della sorella; a volte essa se ne stavasilenziosa e solitaria; incominciava a comprendere quale immenso

 beneficio sarebbe stato per lei in quelle circostanze particolarmentedifficili, aver la compagnia di qualcuna del proprio sesso e delle suestesse simpatie.Ma non vedeva il modo di dare una soluzione a questo problema. Per il

momento le era impossibile tornare nella vita religiosa, a meno che nonandasse all'estero, ma finché c'era la più pallida speranza che i conventifossero ristabiliti in Inghilterra, tanto lei come il padre ed il fratellorifuggivano da questa risoluzione.Questa speranza accrebbe coll'emanazione dei Sei Articoli nel maggioseguente. In tali articoli si dichiarava che la Transustanziazione era undogma rivelato, da credersi sotto pena di morte sul rogo e venivano

 pure confermati come parti della fede professata dalla Chiesa di cuiEnrico si era fatto Capo, la comunione sotto una specie, il celibato

ecclesiastico, la perpetuità del voto di castità, le messe private e laconfessione auricolare.Pure, essendo trascorso parecchio tempo senza che si vedesse alcunsegno di ristabilimento delle Case Religiose, Cristoforo incominciò dinuovo a pensare quale fosse la migliore risoluzione per Margherita.Forse, finché le cose non si fossero chiarite sarebbe stato bene per leiavere qualche amica con cui confidarsi, anche se si trattasse di

 procurarle un po' di sollievo solo per qualche settimana.Un giorno di autunno si presentò al padre e gli manifestò il suo

 progetto. Sir Giacomo chinò il capo e parve comprendere.- Credi che Maria potrebbe essere di qualche utilità? - Cristoforo rimaseesitante.- Sì, papà, lo credo, ma... - Il padre lo guardò.- Credo che una forestiera potrebbe aiutarla di più. Forse un'altrasuora...?

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- Mio caro figlio, non oso domandare un'altra suora. Tua madre.. .- Comprendo - disse Cristoforo.- Bene, ci penserò - riprese l'altro.Due giorni dopo Sir Giacomo lo invitò, dopo cena, nella sua stanza

 privata.- Cristoforo - disse - ho ripensato a quello che hai detto. Maria verràcertamente qui per Natale con Nicola; ma... ma c'è anche qualcun'altrache mi piacerebbe far venire! - Guardò il figlio con una espressionestrana. Cristoforo non poteva immaginare ciò che suo padre intendesse.- È la signorina Atherton - continuò l'altro. - Tu la conosci un poco...l'avrai almeno vista. Da tutto ciò che ho sentito sul suo conto, sulla suaamicizia con Sir More e sul resto, credo che potrebbe essere l'amicaindicata per la povera Margherita. Credi che verrebbe, Cristoforo? -

Questi stava in silenzio. Non riusciva ancora a dissociare pienamente il pensiero di Beatrice dalla memoria di quella volta in cui essa aveva preso le difese di Rodolfo. Inoltre, era possibile invitarla in talicircostanze?- Poi c'è ancora una cosa che non ti ho mai detto - continuò il padre -

 perché non ce n'era bisogno. Io andai a trovare la signorina Athertonquando era fidanzata con Rodolfo. La vidi a Londra e credo di poter dire che stringemmo amicizia. Ora essa ne ha molto poche di amicizie evive appartata. La gente ha paura di lei. Credo che, invitandola, le

faremmo una cortesia. Io non riuscivo a comprendere come avrebbe potuto sposare Rodolfo, ed ora è spiegato. - Cristoforo fu grandementesorpreso da questa amicizia. Suo padre non gliene aveva fatto parola

 prima d'allora.- Mi fece promettere - continuò Sir Giacomo - di farle sapere quandoRodolfo faceva qualche cosa di sconveniente, infatti aveva già avutonotizie di quello che i Visitatori stavano compiendo. Io, naturalmente,le narrai ciò che era succeduto a Rusper. Credo che le siamo debitori diqualche cosa e credo pure, dall'idea che qui si son fatta di lei, che

 potrebbe intendersela anche con tua madre.- Potrebbe riuscire - disse Cristoforo dubbioso - ma è certamentedifficile per lei venire.- Lo so, sì, c'è Rodolfo, c'è la rottura del fidanzamento. Ma seriusciamo a farle giungere l'invito, verrà certamente. Le diremo qualegrande bisogno abbiamo di lei. Manderei Margherita a Great Keynes,

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ma non mi fido. Là non sarebbe sicura come qui; sarebbe costretta astarsene sempre zitta. - Parlarono ancora per qualche minuto eCristoforo si sentì più propenso a seguire quella proposta. Da ciò chericordava di Beatrice e dall'impressione che aveva fatto su di lui in quei

 pochi ma terribili minuti nella casa di Rodolfo, incominciò acomprendere che essa avrebbe probabilmente tenuto bene quel posto e,se Margherita le si fosse affezionata, avrebbe contribuito grandemente aridare la pace alla sua protetta.Era un'idea originale e piuttosto stimolante che a poco a poco siimpadronì della sua immaginazione. Certo, quello era un passoestremo, se si considerava che aveva rotto il fidanzamento col figlio piùanziano, ma contro ciò stava il fatto che non si sarebbe incontrata conlui in casa e che la sua presenza sarebbe stata grandemente apprezzata

almeno dai quattro quinti della famiglia. Si decise di riferireimmediatamente la cosa a Lady Torridon; qualche giorno dopo Sir Giacomo comunicò a Cristoforo nel giardino che la madre avevaacconsentito.- Non so affatto spiegarmi - disse il vecchio - ma tua madre sembròaccettare molto volentieri. Chissà che... - E si fermò improvvisamente.Fu inviata la lettera. Cristoforo la vide e lesse il risoluto invito aBeatrice di venire in aiuto di una suora che aveva insistente bisogno dicompagnia. Pochi giorni dopo la signorina Atherton rispose che sarebbe

venuta con gran piacere una settimana prima di Natale.***

Margherita ebbe un accesso di timidezza il giorno dell'arrivo. Era unchiaro e freddo pomeriggio dal cielo d'un azzurro intenso ed essa uscìfuori scendendo giù per la china verso il fossato; attraversò il ponteguardando la sottile incrostazione di ghiaccio punteggiato qua e là da

 pianticelle e raggiunse il giardino privato. Sapeva che di lì avrebbe potuto udire il rumore delle ruote e provava un'istintiva ripugnanza atrovarsi in casa all'arrivo della forestiera. I fili d'erba irrigiditi sul

sentiero scricchiolavano sotto i suoi piedi; le piante nelle larghe aiuoleriposavano in una rigida immobilità, con qualche fiore inclinato qua elà. Gli agrifogli al di là della siepe di tasso sollevavano masse difogliame disseminate di bacche scarlatte contro il pallido cielo.Il respiro della fanciulla, a causa del freddo intenso, si alzava comefumo mentre passeggiava delicatamente su e giù. Nessun rumore

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veniva a disturbarla. Ad un tratto udì il tintinnìo della forgia del fabbrodel villaggio, a un chilometro di distanza; poi un merlo cinguettando situffò da una siepe, fece qualche rapido giro rasente terra e poi si alzò dinuovo al disopra della siepe. Un pettirosso lo seguì saltellando

vivacemente, con una specie di patetica impertinenza nel tondoocchietto, sperando forse che i passi di questa creatura umanariuscissero a rompere l'armatura di ferro che ricopriva il suolo e darglicosì la possibilità di vivere. Molte cose si volgevano nella suaimmaginazione mentre camminava; chissà che donna era quella chestava per venire, quale poteva essere il suo aspetto, perché non avevasposato Rodolfo; soprattutto però si chiedeva se avrebbe compreso... seavrebbe compreso! Una specie di gelo aveva ricoperto anche la suaanima; non riusciva a trovar alcun sostegno, lì; sapeva bene che era

laggiù, nel convento, quella vita misteriosa che aveva danzato in leicome la primavera, di cui aveva respirato le fragranze. Ma un respiroghiacciato aveva pietrificato tutta questa vita, che s'era dileguata al suosguardo. Ci voleva un'anima come la sua, femminile e capace disimpatizzare con lei, un'anima che avesse sperimentato le stesse cose,che conoscesse la tenerezza e l'amore del Salvatore per liquefare quelrigido strato e trame fuori un'altra volta le essenze e la dolcezza chegiacevano paralizzate...Finalmente udì il rumore delle ruote. Raccolse in mano la sottana nera e

corse verso il limitare dei piccoli tassi che chiudevano il giardino, anord, ed allorché intravide le teste dondolanti dei postiglioni, le crinieredei cavalli e la grande copertura della carrozza oscillante nei profondi eduri solchi della strada, si ritirò di nuovo, presa da un angosciosoaccesso di timidezza, atterrita al pensiero di essere veduta.Il cielo aveva assunto un vivido color aranciato ad ovest, dove gli alti

 pini ne impedivano un po' la vista, prima che essa avesse aperto ilcancello del giardino per tornare in casa. Dalla finestra del salotto al

 pian terreno usciva una luce splendente ed invitante come pure dalla

grande sala. La signorina Atherton, lo sapeva, era in una di questestanze se non era ancora andata di sopra, e lei, sentendo forte latimidezza, girò la casa e vi entrò attraversando la cappella. Il cortile erailluminato da una torcia che ardeva a fianco di una delle porte, asinistra, sopra un paio di grosse casse. Mentre stava lì esitante, un servouscì e lo chiamò a voce bassa per sapere dove fosse la signorina

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Atherton.- È nel salotto, signorina Margherita - le rispose l'uomo. La ragazzas'avviò lentamente verso l'entrata situata dietro l'angolo, guardando lefinestre del salotto mentre vi passava accanto; ma le cortine erano

abbassate da quella parte, cosicché non poté vedere chi vi si trovasse. Il piccolo passaggio d'entrata era buio ma poté sentire un mormorio divoci mentre stava là ancora perplessa.Poi improvvisamente aprì la porta ed entrò nella sala. Sua madre stava

 parlando e la ragazza udì quei suoni freddi e staccati mentre dava unosguardo al gruppo.- Credo che incontriate molte difficoltà, signorina Atherton, in questigiorni. - Margherita vide suo padre che stava seduto sulla sedia accantoalla finestra, con Cristoforo al fianco, ed in un istante si accorse che il

volto di entrambi dava segni di preoccupazione e di disagio. Sulla sediaopposta una ragazza alta, con le mani accomodate sui braccioli ed ilcapo gettato indietro quasi negligentemente. Era ben vestita, con una

 pelliccia intorno al collo; i piedi muniti di scarpe chiuse con fibbie,erano incrociati dinanzi al focolare e le dita luccicavano di gioielli.Aveva il viso pallido, le labbra scarlatte atteggiate a sorriso e nei suoiocchi neri si notava un certo penetrante e piacevole divertimento.L'aspetto era magnifico, pensava Margherita che stava ancora in piedicolla mano sulla porta; troppo magnifico... Suo padre sembrò fare un

movimento di sollievo quando entrò la figlia, ma Lady Torridon, moltosostenuta sulla sedia, proseguì subito:- Intendo dire a cagione delle vostre opinioni, signorina Atherton.Poiché è evidente che tutto ciò che voi considerate sacro è insultatodinanzi ai vostri occhi. - L'alta fanciulla diede uno sguardo aMargherita, con la compiacenza ancora dipinta sul volto e poi risposecon deliberata incisività che uguagliò quella di Lady Torridon.- Non incontro certamente tante difficoltà - rispose - quante neincontrano coloro che non hanno opinioni. - Ci fu una momentanea

 pausa e poi Beatrice aggiunse, alzandosi e rivolgendosi a Sir Giacomoche veniva avanti:- Io compiango questa sorta di persone, Lady Torridon. Prima che lasignora avesse avuto il tempo di rispondere, Sir Giacomo si eraintrodotto nella conversazione.- Questa è mia figlia Margherita, signorina Atherton. - Le due donne si

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salutarono a vicenda.

IIUN DUELLO

Quella sera Margherita osservò Beatrice con crescente interesse misto ariverenza e attrattiva. Non aveva mai visto alcuna persona cosìserenamente padrona di sé. Durante la cena si vide chiaramente al difuori di ogni errore che Lady Torridon aveva deciso di far guerraall'ospite, la quale ai suoi occhi era immagine vivente di tutto ciò chedenotava ristrettezza di mente. Ecco una giovane, sembrava dire a sestessa, che aveva avuto tutte le opportunità di emanciparsi, che era statasingolarmente favorita nell'essere scelta da Rodolfo che poi aveva

messo audacemente in disparte a causa di ridicoli scrupoli degnisoltanto di dementi e di monache.A Cristoforo appariva chiaro che sua madre aveva acconsentito cosivolentieri alla visita di Beatrice per aver l'occasione di punirla. MaBeatrice sapeva abilmente e trionfalmente parare tutti i colpi.

 Non erano trascorsi tre minuti da quando si erano seduti che LadyTorridon iniziò l'attacco con viso grave e chino e nel modo piùvellutato. Ritornò bruscamente al punto in cui la conversazione erastata interrotta nel salotto all'ingresso di Margherita.

- Signorina Atherton - osservò, giocherellando delicatamente colcucchiaio - mi pare che abbiate detto che secondo voi i tempi attualisono difficili per coloro che non hanno opinioni. Beatrice la guardò

 piacevolmente.- Sì, Lady Torridon, almeno più difficili per costoro che non per quelliche hanno un'opinione. - L'altra attese un momento, credendo che lafanciulla confermasse o ritrattasse parzialmente la sua osservazione, masi vide costretta a proseguire.- L'Abate Marshall aveva un'opinione, ma le cose non gli sono andate

troppo bene.Era appena giunta allora la notizia dell'esecuzione dell'Abate. - Così vi pare, Signora? temo di dover conservare ancora la mia opinione!- E che cosa volete dire con ciò?- Voglio dire che se non abbiamo qualcosa a cui aggrapparci, in questitempi turbolenti, saremo trascinati via, ecco tutto.

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- Ah! e trascinati dove? - Beatrice, nel rispondere, sorrise in modo così piacevole e garbato, che l'altra non ebbe motivo di offendersi.- Ecco, sarebbe meglio non rispondere a tale domanda. Lady Torridonla guardò con volto impassibile.

- All'inferno, forse? - disse.- Vedete, sì: all'inferno - rispose Beatrice. Ci fu un profondo silenzio,rotto dalla soffocata ilarità di una serva che stava dietro le sedie, laquale si affrettò a trasformare il suo giubilo in un colpo di tosse. Sir Giacomo diede uno sguardo pieno di ansia al figlio, ma gli occhi diCristoforo risposero con uno scintillio. Lady Torridon stette unmomento in silenzio, profondamente sconcertata dalla rapidità con cuisi era scatenata la battaglia e sorpresa dall'audacia della fanciulla. Ellaera abituata ad usare la brutalità, ma non a riceverla. Depose

accuratamente il cucchiaio sul tavolo.- Ah! - riprese - voi lo credete? E riguardo a quelli che hanno opinionierronee sareste forse dello stesso parere?- Se fossero notevolmente erronee - disse Beatrice - ed imputabili. Masicuro, dobbiamo credere così, Lady Torridon.La donna anziana non rispose affatto, ma continuò la cena. Il suosilenzio era più formidabile della sua parola ed essa lo sapeva e sisforzava di renderlo offensivo. Beatrice non vi faceva alcun caso, però,e senza guardarla incominciò di nuovo a discorrere allegramente con

Sir Giacomo del suo viaggio dalla città. Margherita osservavaaffascinata quel volto calmo e bello, le trine ed i gioielli, le dita bianchee affusolate, come avrebbe osservato uno schermitore durante losvolgersi del duello calcolandone le probabilità di successo.Sapeva molto bene che sua madre non si sarebbe rassegnata facilmentealla prima sconfitta, ed aspettava ansiosamente il prossimo incrociarsidi spade. Beatrice sembrava non aver alcun timore e parlava del Re conassoluta libertà e tuttavia non senza una certa discrezione.- Riuscirà certamente a far prevalere la propria volontà - disse. - Chi ne

 può dubitare? - Lady Torridon vide un'apertura che le permetteva diinfliggere una ferita e vi si lanciò.- Come ci riuscì Sir More - disse interrompendola. Beatrice voltò un

 poco il capo, senza dare alcuna risposta ma non si notò sul suo visofermo un'ombra di risentimento.- Come riuscì Sir More - ripeté Lady Torridon un po' più forte.

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- Dobbiamo ricordare che c'è Sir Cromwell che lo aiuta - osservòtranquillamente Beatrice. Lady Torridon la guardò un'altra volta. Ancheora non poteva credere che questa forestiera potesse trattarla con unatale suprema indifferenza. E c'era un'ulteriore frecciata nella risposta

della fanciulla, poiché tutti i presenti notarono il riferimento a Rodolfo;eppure anche questa volta era impossibile rimanere offesi. Margheritaguardò mezzo spaurita suo padre e vide di nuovo uno sguardo d'ansietànei suoi occhi; egli stava nervosamente sbriciolando il proprio panementre rispondeva a Beatrice.- Sir Cromwell ha mio figlio Rodolfo alle sue dipendenze, - interruppela moglie, - forse voi non lo sapevate, signorina Atherton.Margherita alzò rapidamente lo sguardo in direzione della madre; manon si scorgeva ancora nessun segno di risentimento su quelle labbra

scarlatte o sotto le nere sopracciglia.- Certamente, lo sapevo, - rispose Beatrice, guardandola fermamentecoi suoi occhi larghi e innocenti; - è per questo che... - Si fermò ed aquesto punto Lady Torridon, veramente concitata, fece un passo falso.- Ah, sì! - disse - non avete terminato la frase, eh? - Beatrice gettò unosguardo di ironica disperazione ai servi che stavano dietro. - Ebbene - riprese l'altra - se volete saperlo è per questo motivo chenon ho voluto sposarlo. Non lo sapevate, Lady? - Questa era una taleaudacia che Margherita trattenne d'un tratto il respiro e guardò senza

speranza suo padre ed il fratello che avevano gli occhi costantementechini sul tavolo. Allora Sir Giacomo s'introdusse destramente nellaconversazione, dopo una pausa sufficiente per lasciar che la lezione

 producesse il suo effetto ed incominciò a parlar di cose indifferenti;Beatrice gli rispose con la stessa tranquillità. Lady Torridon fece ancoraun tentativo poco prima che finisse la cena, quando i suoi ebberolasciata la sala.- Voi vivete di... - si corresse ostentatamente - vivete con qualche altrafamiglia, ora, signorina Atherton? Ricordo che Rodolfo mi diceva che

eravate quasi di famiglia in casa More. - Beatrice sostenne lo sguardodella sua interlocutrice con un amabile sorriso.- Vivo a carico di... colla vostra famiglia al presente, Lady Torridon. -

 Non rimaneva altro da dire per allora. La ragazza aveva abilmenteferito tre volte la stessa sua ospite e l'ultima ferita era stata la più

 pungente. La Signora per prima si recò in silenzio nel salotto di

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quercia. Quella sera non attaccò più, ma stette seduta in un dignitosoisolamento, con le mani in grembo, mostrando di non accorgersi della

 presenza degli altri. Beatrice era seduta con Margherita sul lungo sediledi quercia e discorreva piacevolmente con i circostanti. Dopo recitata

compieta, Sir Giacomo trasse Cristoforo in disparte, nel cortileilluminato dalle stelle mentre gli altri camminavano più innanzi.- Mio caro, che dobbiamo fare? La cosa non può continuare così. Tuamadre... - Cristoforo fece un sorriso e gli porse il braccio un momento.- Papà, che cosa vogliamo di più? La signorina Atherton sa mantenerela sua posizione.- Ma tua madre la insulterà.- Non sarà in grado di farlo - rispose Cristoforo. - La signorina Athertonnon ne farà alcun caso. Non hai visto che gusto ci pigliava?

- Davvero?- Sì, i suoi occhi risplendevano.- Ebbene, debbo parlarle - disse Sir Giacomo ancora perplesso. - Vienicon me, Cristoforo. - Il Padre Carleton stava proprio uscendo dalsalotto quando essi raggiunsero la porta esterna di esso. Sir Giacomo locondusse in cortile. Non c'erano segreti tra questi due uomini.- Padre, - gli disse: - avete notato? Credete che la signorina Athertonsarà in grado di stare qui? - Vide con sorpresa che la melanconicafaccia del prete, rischiarata dalla luce lunare, era sorridente.

- Ma sicuro, Sir Giacomo. Essa è abbastanza felice.- Ma mia moglie...- Sir Giacomo, io credo che la signorina Atherton potrà farle del bene.Ella... - si fermò esitante.- Ebbene? - disse il vecchio.- Ella... Lady Torridon ha incontrato la sua rivale - proseguì ilcappellano, ancora sorridente. Sir Giacomo si mostrò un po'imbarazzato.- Vieni dentro, Cristoforo. Io non riesco a comprendere, ma se entrambi

siete di questo parere... - S'interruppe bruscamente ed aprì la porta.Lady Torridon era andata nella sua stanza e le due ragazze erano dasole. Beatrice stava ritta dinanzi al focolare con le mani dietro laschiena - nobile ed eretta figura - e quando entrarono mostrò loro unviso gioviale.- Vostra figlia ha cercato di scusare la mamma, Sir Giacomo, - disse; e

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c'era una vena d'ilarità nella sua voce. - Crede che mi abbia trattataduramente. - Diede uno sguardo a Margherita che, tutta confusa stavaosservandola attentamente di sotto alle delicate sopracciglia, con occhi

 pieni di meraviglia e di ammirazione. Sir Giacomo appariva confuso. .

- La verità è, signorina Atherton, che anch'io... e mio figlio...- No, tuo figlio no - interruppe Cristoforo sorridendo.- Anche voi! - gridò Beatrice - e in che modo sono stata trattataduramente?- Vedete, - prese a dire il vecchio, lasciandosi anche lui sfuggire un

 piccolo sorriso, - credevo che quello che era stato detto a cena...- Lady Torridon e voi tutti siete stati molto ospitali verso di me, - disseBeatrice - mi sembra di essere di nuovo ai bei giorni trascorsi aChelsea. A me piacciono le schermaglie verbali e ci sono così pochi che

vi si adattano. - Sir Giacomo era ancora un po' imbarazzato.- Mi assicurate, signorina, che non vi sentite travagliata da... da nulla diquanto è accaduto?- Travagliata! - gridò ella. - E perché dovrei esserlo? È per me una verafelicità stare qui! - Ma l'altro non era ancora soddisfatto.- Mi promettete di avvisarmi, quando crederete di essere trattatasconvenientemente da... chiunque?- Ma sicuro - rispose la fanciulla sorridendo. - Però non occorre farequesta promessa. Sono veramente felice e sono certa che vostra figlia

ed io saremo buone amiche. - Si volse un poco verso Margherita, eCristoforo notò una curiosa sensazione di riverenza, di meraviglia e diaffettuosità dipinte sul volto della sorella. - Andiamo, cara - disse Beatrice. - Hai detto che volevi condurmi nellamia stanza. - Sir Giacomo si affrettò ad aprire la porta che dava sullescale e le due fanciulle uscirono insieme. Poi richiuse la porta e si volseal figlio. Cristoforo aveva cominciato a ridere.

III

UN PACIERE

Quel Natale, nella famiglia di Overfield, trascorse in modo alquantodiverso dal solito. Maria e suo marito vennero col loro bambino, e tuttala numerosa schiera dei parenti si rassegnarono ad esser testimoni delconflitto tra Lady Torridon e Beatrice Atherton. Questo si prolungò

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alquanto poiché per giorni interi la  padrona si ritirava nella fortezza delsilenzio, da dove guardava fuori cinicamente, scuoteva le spalle,sorrideva quasi impercettibilmente e faceva delle sortite allorchévedeva che non riusciva a provocare un attacco. Beatrice non attaccava

mai; era sempre pronta al minimo accenno di pace, ma vigilavaabilmente e colpiva sodo quando era minacciata direttamente. Nonincassava mai nessun colpo; il dardo più pungente cadeva senzanuocere sul suo splendente scudo ed era seguito da un sorriso; peròqualche volta c'erano dei momenti di acuta ansietà, quando cioè ella

 pareva esitante sul genere di difesa a cui ricorrere.A volte, nel bel mezzo della conversazione e della animazione del

 pranzo si faceva un improvviso silenzio; gli sguardi si accendevanomomentaneamente allorché dalla sedia di fronte a quella del cappellano

un'atmosfera psicologica di pericolo si faceva sentire; poi venivavibrato il colpo, le armi s'incrociavano. Dopo un po' la conversazionetornava ad alzarsi animata e piacevole sopra il campo di battaglia. La

 posizione di Beatrice in casa Overfield divenne terribilmente precariaun mattino di gennaio quando tutta la brigata era riunita sui gradini per assistere alla partenza dei cacciatori dilettanti. Sir Giacomo era coiguardaboschi e coi cani al limitare dello spiazzo prospiciente la casa, estava preparando il programma della giornata; Margherita non eraancora uscita dalla cappella e Lady Torridon, che aveva avuto una

lunga crisi di silenzio stava con Maria e Nicola alla sommità della scaladi mezzo che conduceva dallo spiazzo verso il sentiero ricoperto dighiaia.Cristoforo e Beatrice sbucarono di dietro alla casa, discorrendoallegramente giacché erano diventati grandi amici dal momento cheavevano imparato a comprendersi e Beatrice gli aveva confessatofrancamente che lei aveva avuto torto e lui ragione nella questione diRodolfo. Questo glielo aveva svelato un paio di giorni dopo l'arrivo, mac'era stato un certo imbarazzo nei modi di lei che non aveva permesso a

Cristoforo di dire molto in risposta. Eccoli ora avanzare nel tiepidosole, egli coll'abito monastico ed ella col vestito di casa tutto di seta edi trine, parlando con vivacità.- Ero sicura che avreste capito, padre, - disse quando furono presso ilgruppo. Allora Lady Torridon si volse ed aprì il suo pensieroimprovvisamente e brutalmente.

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- Senza dubbio capirà. Suppongo che non usciate, signorina Atherton, -e guardò con offensivo disprezzo la fanciulla ed il monaco. Gli occhi diBeatrice si restrinsero quasi impercettibilmente e si riaprirono subito.- Oh, Lady Torridon.

- L'ho pensato; - rispose l'altra e diede un altro sguardo ai due... - poiché vedo che il prete non esce. - Ci fu un momento di silenzio. Nicola guardava sua moglie con viso sconcertato. Quindi Beatricerispose sorridendo:- Neanche voi uscite, cara Lady Torridon. Non è ciò sufficiente per trattenermi? - Nicola si lasciò sfuggire una breve risatina e si chinò per esaminare il suo stivale. Lady Torridon aperse le labbra, le richiuse evoltò le spalle alla fanciulla.- Siete ben crudele, le disse dietro Beatrice, e... - La donna si voltò

ancora una volta altezzosamente.- Voi non mi volete - disse. - Mi avete rubato un figlio ed ora vorresterubarmi l'altro. Non vi basta mia figlia? - Beatrice fece istantaneamenteun passo verso la sua interlocutrice e mise la propria mano sul bracciodi lei.- Cara Signora - e la sua voce si fece d'un tratto tenera; - ella non èabbastanza... - Lady Torridon scosse la mano di Beatrice dal proprio

 braccio.- Vieni, Maria - disse.

***

Dopo questo fatto le cose migliorarono un poco. L'incidente non furiferito a Sir Giacomo perché suo figlio sapeva molto bene che nonavrebbe permesso a Beatrice di rimanere in casa un giorno solo dopoun simile insulto; tuttavia Cristoforo si sentì in dovere di consultarequanti erano stati presenti all'accaduto per vedere se ci fosse veramente

 possibilità per Beatrice di rimanere; Nicola si fece rosso d'indignazioneed asserì che era impossibile; Maria era esitante e Cristoforo stesso

dubitava. Finalmente quella sera stessa prima di cena si recò daBeatrice e la trovò da sola nel salotto di quercia. I cacciatori non eranoancora tornati e le altre signore erano di sopra. Beatrice finse direputare l'accaduto una cosa da nulla e non fu se non quando Cristoforominacciò di fare una relazione a suo padre che gli disse tutto ciò che

 pensava.

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- Debbo sembrare ben sciocca a parlare così - incominciòappoggiandosi alla sedia ed alzando lo sguardo verso di lui - e forseanche insolente; eppure debbo dirlo. Si tratta di questo; credo che LadyTorridon... ah! come posso dirlo?

- Parlate - l'incoraggiò Cristoforo, senza guardarla in viso. Beatrice simosse un poco sulla sedia e poi si alzò.- Ebbene, ecco: non credo che vostra madre sia così... così... comel'esterno talvolta la dà a conoscere. Credo che sia molto afflitta eadirata; ci sono mille ragioni. Penso che nessuno le si sia mai opposto

 prima. È stata troppo obbedita, e... e mi pare che rimanendo io potròessere in grado... potrò farle un po' di bene - terminò con vocemalferma. Cristoforo chinò il capo.- Comprendo - disse lievemente.

- Concedetemi un'altra settimana o due - riprese Beatrice. - Farò delmio meglio.- Avete fatto un miracolo con Margherita, - disse Cristoforo. - Nondubito che possiate farne un altro. Non dirò nulla a mio padre e cosìfaranno gli altri.

***Un meraviglioso cambiamento era realmente avvenuto in Margheritadurante l'ultimo mese. Tutta la sua anima, così oppressa dalle attualicircostanze, si era rivolta in estatica adorazione verso questa forestiera.

A Cristoforo faceva quasi un'impressione di pietà scorgere i timidisguardi ed i brividi che la percorrevano quando la brillante figura diBeatrice appariva nella stanza o le sue labbra sorridenti pronunciavanoquelle sagaci frasi. Notava inoltre come le mani di entrambe siincontravano quando esse si sedevano accanto, come Margherita sisedeva distrattamente e spasimando per un po' di attenzione da partedella protettrice, girando gli occhi sul soffitto, sul tappeto,sull'ornamento dei vestiti di lei. Né gli sfuggiva la premura con cui gliocchi della sorella lasciavano ogni altro oggetto per incontrare uno

sguardo dell'altra e l'improvviso rossore che le ricopriva il voltoallorché Beatrice le lanciava una tenera parola o un'occhiata. Ed era unamore retto per di più, agli occhi del monaco. Margherita trascorrevamaggior tempo di prima in preghiera; era più devota durante la messa enell'accostarsi alla comunione, e la sua anima tormentata divenne dinuovo sensibile e piena di vita. L'inverno era passato per lei; era giunto

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il tempo degli uccelli gorgheggianti. ***

Era affascinata dal nobile splendore della compagna. Fino a quel giornola religione era apparsa alla monaca come una cosa delicata che poteva

crescere solo nell'ombra o al caldo riparo del chiostro; ora la vedevafiorire in Beatrice come una robusta ed ardita pianta che agitava lefoglie al vento ed esultava sia al sole come al freddo. Però la religioneaveva anche le tenerezze vespertine, la sua sottile fragranza al cessar della brezza, i suoi dolci colori e le sfumature... anche Beatrice eracapace di pregare; e l'istinto spirituale di Margherita, quando erainginocchiata presso di lei alla balaustra dell'altare o la guardava in visoquando tornava purificata dall'assoluzione ricevuta ai piedi delcappellano, scopriva un ardore di fede caldo almeno quanto il suo. Si

meravigliava anche della gaiezza dell'amica, poiché essa si eraaspettata, per quanto la sua conoscenza delle anime glielo permetteva,uno spirito quieto ed in convalescenza, che andava ristabilendosi malentamente dalla tragedia attraverso la quale era passata. In principio lesembrava che Beatrice dovesse esser quasi senza cuore, tanto poco siscomponeva quando Lady Torridon le lanciava in viso il nome diRodolfo o quello di Sir More, oppure le infliggeva d'improvviso unaferita proprio nel punto più sensibile; non fu che dopo un mese di

 permanenza di Beatrice in casa che la monaca comprese.

Una sera si trovavano assieme nella cameretta di Margherita al di sopradel salotto di quercia. Beatrice era seduta dinanzi al focolare, con le

 braccia riunite dietro il capo, aspettando che l'altra finisse di recitarel'ufficio e guardando attorno con interna compiacenza le pareti cherivelavano così facilmente una loro storia. Sembrava quasi esattamenteuna cella. Un basso letto di quercia col copriletto rosso, stava sotto lavolta declinante, con a lato un tavolinetto sovrastato da un'immaginettafrancese di santa Scolastica. C'era pure un tavolo, su cui stavano unfoglio di carta bianca, un piccolo calamaio e due penne disposte l'una

accanto all'altra; un po' più indietro c'erano due volumetti di carta bianca rilegati, nei quali la monaca andava accumulando ledevozioncine di sua particolare simpatia. Da un chiodo presso lafinestra dalle vecchie cortine rosse pendevano due corone del rosario;sul focolare erano collocati due candelieri di ottone con una croce inmezzo, così da rassomigliare in qualche modo ad un altare.

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Sul pavimento non si scorgeva nulla all'infuori di uno stretto tappeto alato del letto, e tutta la stanza, le pareti, il soffitto ed i mobili erano

 pulitissimi e corretti. Margherita si segnò, chiuse il libro e fece unsorriso a Beatrice.

- Oh! mia cara! - rispose questa. Il volto di Margherita s'illuminò digioia ed ella allungò leggermente la mano verso il ginocchio dell'altra eve la pose.- Ditemi qualcosa, - chiese la monaca.- Cosa debbo dirti? - replicò Beatrice.- Parlatemi della vostra vita a Londra. Non me ne avete ancora mai

 parlato.Uno sguardo insolito passò sul volto dell'altra che abbassò gli occhi eriunì le mani in grembo.

- Oh, Margherita! Te ne parlerei tanto volentieri se potessi. Che cosa ti piacerebbe sapere? - La monaca la guardò incuriosita.- Qualunque cosa - rispose.- Vuoi che ti parli di Chelsea e di Sir More? Margherita accennò di sìcol capo, sempre guardandola e Beatrice incominciò.Per la monaca era un'esperienza straordinaria star seduta lì ad ascoltarequella meravigliosa storia. Per la prima volta Beatrice rinunciò alle

 proprie difese - quelle protezioni dell'intima vita sensitiva che avevaeretto per pura volontà ed aprì il suo cuore. Parlò dapprima della sua

vita in campagna prima che venisse a contatto col gran mondo;dell'amicizia di suo padre con Sir More quando era ancora piccola edella morte di lui quando aveva circa sedici anni. Avendo del denaro

 proprio era venuta a vivere con le sorelle di Lady More e così eragradatamente entrata in intimità a Chelsea.Poi descrisse la vita trascorsa là, l'ordinata bellezza di tutto l'insieme el'anima meravigliosa che ne era il centro ed il sole. Le parlòdell'umorismo di More, della sua costante gaiezza, del dolce cinismosparso qua e là nella sua conversazione, delle sue tenere affezioni e

soprattutto - poiché sapeva che ciò interessava moltissimo la monaca -della sua profonda e risoluta devozione a Dio. Le raccontò come untempo era stato nella Certosa e che, prima del termine della vita,sembrava pentito di non essersi fatto certosino. Le parlò del preziosoinvolto che era stato inviato dalla Torre a Chelsea il giorno precedentela morte e come aveva aiutato Margherita Roper a slegarlo e a trarne

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fuori il cilicio che More aveva portato segretamente per anni e che oraaveva mandato indietro per timore che cadesse sotto occhi estranei ofosse fatto oggetto dell'ammirazione di lingue adulatrici.Il suo volto si fece inesprimibilmente tenero ed affettuoso mentr'ella

 parlava; più d'una volta i suoi occhi si riempirono di lacrime e la voceincespicò così che la monaca era quasi spaventata per l'emozione che provava. Sembrava appena possibile che questa tenera creaturafemminile che parlava così delicatamente di cose divine ed umane edell'originale ed ardente tempra dell'avvocato in cui queste cose eranocosì manifeste, potesse essere la stessa brillante signorina di prima chearmeggiava così bravamente, che non si risentiva mai per una ferita ecamminava così coraggiosamente su un terreno difficile ed infido. - L'hanno ucciso - disse Beatrice. - Re Enrico l'ha fatto uccidere,

 perché non poteva sopportare la sua anima onesta, cortese e santa. Edora noi, superstiti, lo piangiamo, lui, di cui il mondo non era degno. -Margherita si sentì prendere e carezzare la mano e le due stettero per unmomento in silenzio.- Ma... ma... - incominciò timidamente la monaca un po' impressionata

 per questa rivelazione.- Sì, mia cara; tu non sai, come lo potresti, quale grave ferita io portiqui, quale ferita portiamo tutti noi che lo conoscemmo. Ci fu di nuovoun breve silenzio. Margherita andava cercando qualche parola di

conforto.- Ma voi avete fatto quello che potevate per lui, vero? E... ed ancheRodolfo, mi pare di aver udito... - Beatrice si volse e la guardòfissamente. Margherita lesse sul suo volto qualcosa che non potevacomprendere.- Sì... Rodolfo? - disse Beatrice in tono interrogativo. - Non aveteriferito così a mio padre? Non ha fatto tutto quello che poteva per Sir More? - Beatrice pose anche l'altra mano su quella di Margherita.- Mia cara; non lo so. Non posso parlarne.

- Ma avete detto...- Margherita, tesoro mio; credo che non vorrai offendermi; mi pare dinon aver la forza di parlarti di questo. - La monaca afferrò, stringendoappassionatamente, le mani della sua interlocutrice e vi appoggiò laguancia.- Beatrice, io non sapevo... mi ero dimenticata. - Questa si chinò e la

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 baciò gentilmente.***

La monaca prese ad amarla molto di più dopo quel fatto. Fino allora la

sua era stata una specie di ammirazione sensibile, come quella che unsuddito potrebbe sentire per una splendida regina; ma ora la reginaaveva introdotto quest'anima timida, attraverso le porte del suo palazzo,in una cameretta intima e separata dalle altre e là s'era seduta con lei ele aveva fatto vedere ogni cosa, i suoi gingilli spezzati, le suemanchevolezze e soprattutto il suo cuore infranto. Ed allorché dopoquella sera, Margherita osservò di nuovo Beatrice in pubblico, udì lesue pronte risposte e ne notò il comportamento, fu consapevole disapere qualche cosa di più degli altri ed assaporò la gioia di condividere

un segreto di dolore. Ma c'era una ferita che Beatrice non le avevamostrato; quel segreto era riservato ad uno che ne aveva maggior dirittoe poteva meglio comprendere. La monaca non poteva interpretarlo nelmodo giusto.

***

Maria e Nicola ripartirono per Great Keynes verso la fine di gennaio;Beatrice si era recata fuori sulla spianata fronteggiante la casa per salutarli. Giacomino, bambino settenne, l'aveva presa a ben volere da

quando si era accorto che lo trattava come un uomo, con rispetto ecortesia, e non parlava alla sua presenza con aria di superiorità. Stavaora passeggiando con lei, un po' in disparte, mentre i cavalli venivanocondotti dalla scuderia, e le spiegava perché lui, ora, cavalcava solo un

 puledro e non un cavallo.- Le mie gambe non arriverebbero, signorina Atherton disse,mettendone innanzi una ricoperta dal piccolo stivale di cuoio. - Non è

 perché io o mio papà abbiamo paura. L'altro giorno sono andato acavallo di Giannetta, ma, beninteso, non con una gamba per parte.

- Capisco bene - disse Beatrice rispettosamente, senza l'ombra del risosul volto.- Vedi... - riprese il ragazzo. A quel punto giunse sua madre.- Corri a tenere il mio cavallo, Giacomino. Signorina Beatrice, possoscambiare una parola con voi? - Le due si volsero e si posero a

 passeggiare lungo la spianata. - Si tratta di questo - disse Maria,

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guardando l'altra di sotto al suo cappello piumato e tenendo nella manoinguantata l'estremità della sottana assieme al frustino. - Desidero

 parlarvi un po' di mia madre. Finora non ho osato. Non l'ho mai vistacosì agitata in vita mia come adesso. Credo... credo che col tempo farà

tutto quello che desideriate. È inutile fingere di non comprendercivicendevolmente... farà qualunque cosa desideriate, forse tornerà allasua primitiva fede, tratterà meglio mio padre. Essa, essa vi ama, credo;e tuttavia non osa...- A causa di Rodolfo - l'interruppe calma Beatrice.- Sì, come lo sapete? È a causa di Rodolfo. Non può perdonare ciò.Potete dirle qualcosa, credete di poterlo fare? Qualche cosa che spieghi,voi capite.- Capisco.

- Non so come io abbia l'audacia di dire tutto ciò - proseguì Maria,arrossendo violentemente - ma debbo anche ringraziarvi per quello cheavete fatto per mia sorella. È sorprendente. Io non avrei potuto far nulla.- Mia cara, disse Beatrice. - Amo vostra sorella. Non occorre che miringraziate.Una voce forte le chiamò.- Tesoro - gridò Sir Nicola, stando sui gradini con le gambe allargate. -I cavalli sono alquanto impazienti.

- Ricordatevi, - disse in fretta Maria voltandosi. - E Dio vi benedica,Beatrice.Lady Torrydon invece era molto calma in questo momento. Gli altrinotarono con meraviglia il cambiamento. Sembrava fosse stataconquistata da quell'unica arma che credeva d'essere sola a poter maneggiare, ossia la durezza. Come aveva detto il Padre Carleton, nonaveva mai incontrato uno che le si fosse opposto fino allora; era stataabituata a guardare la devozione come una cosa incompatibile con uncarattere forte; nessuno le aveva mai resistito. Sia suo marito che i figli

avevano creduto bene di conquistarla colla condiscendenza; era unacosa più facile e sembrava un agire più cristiano; essa invece, comeRodolfo, si sentiva soltanto maggiormente provocata da questa

 passività.Ora si era incontrata con una della vecchia scuola, la quale era capaceed abile come lei nell'uso delle armi mondane; si era vista ignorata e

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 punta alternativamente, e con una grazia ammirevole per di più, da unache era certamente di quella mentalità che essa aveva gradatamenteimparato a disprezzare e ad odiare. Cristoforo se ne accorse primaancora di suo padre, ma vide pure che la conquista non era ancora

completa. Sua madre era stata soggiogata dal rispetto, come un caneche viene addomesticato; non era ancora stata rammollita dall'amore.Egli aveva parlato a Maria il giorno precedente la partenza deiMaxwell, cercando di esprimere questo a parole; Maria aveva intravistodove stava l'apertura per l'amore, attraverso la quale il lavoro potevaessere compiuto, ed il risultato era stato il colloquio con Beatrice e lamenzione del nome di Rodolfo. Maria però non sapeva in che modoBeatrice avrebbe agito; vedeva soltanto che Rodolfo era l'unicaincrinatura nell'armatura di sua madre e lasciava a questa ragazza che

era stata così abile fino a quel momento, il compito di trovare il mododi introdurvi il dardo.Sir Giacomo aveva rinunziato a comprendere la situazione; aveva per un così lungo periodo di tempo considerato sua moglie comeirriconciliabile, tanto che non sperava di meglio di tenerla quieta;qualsiasi cosa che accennasse ad una conversione gli sembrava unsogno ozioso. Tuttavia aveva notato il cambiamento nel suo modo difare e si domandava che cosa potesse significare; sperava che il

 pendolo non si fosse spinto troppo in là ed era persuaso che sua moglie

non si era certo lasciata intimidire da questa imperiosa fanciulla dellacittà. Ne parlò un giorno con Padre Carleton mentre passeggiava nelgiardino.- Padre, disse - sarei curioso di sapere che cosa è capitato a mia moglie;non vi siete accorto che non ha parlato da tre giorni? Vi pare che lasignorina Atherton le dispiaccia? Se avessi saputo questo...- No, Signore - disse il prete. - Non credo che la cosa stia così, credoanzi che sia proprio il contrario. Le dispiaceva prima, ma ora non più.- Non vi pare che la signorina Atherton sia talvolta un po' aspra e

scortese? A me ha fatto questa impressione. Cristoforo però non la pensa così.- E nemmeno io, Signore. Credo... credo che le cose vadano molto benecosì. Spero che la signorina Atherton rimanga ancora un bel pezzo.- Parla di andarsene tra una settimana o due - disse il vecchio. - Sonosei settimane che è qui.

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- Spero di no - disse il prete - dal momento che avete chiesto la miaopinione. - Sir Giacomo sospirò, guardò il suo interlocutore e poi lolasciò per andare in cerca della moglie e vedere se avesse bisogno dilui. Si sentiva un po' addolorato per lei.

Una settimana più tardi la verità incominciò a venir fuori e a Beatrice sioffrì l'opportunità che aveva atteso. Tutta la famiglia era radunatadinanzi al focolare nell'imminenza della cena. Le finestre dipinte non sivedevano più col tramontar della luce del giorno e le tinte profonde dellegno lavorato della galleria, del pavimento e dei muri eran balzatedall'oscurità al bagliore del fuoco ed al luccicare dei candelabri.Il tempo si era cambiato qualche giorno prima; tutto quel pomeriggio la

 pioggia era caduta sui campi e sui giardini e nubi dense e grigieavevano percorso il cielo. Ora il vento sibilava contro la parete

settentrionale della sala e attraverso una finestra penetrò dentro qualchegoccia, sopra un tappeto. La tavola da pranzo brillava per le argenteriee le maioliche, mentre i tovaglioli stavano ben ripiegati dinanzi ai posti.La porta della cucina era spalancata per il passaggio dei servi, uno deiquali attendeva con discrezione, presso l'entrata, l'arrivo della padronadi casa.Mancava solo lei ed i minuti passavano senza che comparisse. Sir Giacomo si volse con curiosità all'aprirsi della porta che metteva nelcortile, ma era soltanto un cane bagnato e tremante che l'aveva spinta

col muso ed ora si avvicinava supplichevolmente al fuoco.- Povera bestia - disse Beatrice tirando da una parte le gonne. - Prendi ilmio posto - e si scostò di un passo per lasciarlo passare. Il cane alzòuno sguardo pieno di gratitudine, scodinzolò un pochino e si adagiò

 presso le mattonelle del focolare.- Mia moglie è molto in ritardo - disse Sir Giacomo;Cristoforo... - si interruppe avendo udito un rumore di passi nelcorridoio dal pavimento lastricato che conduceva nelle camere. Subitodopo la porta fu spalancata ed una donna si fece innanzi con le mani

distese.- Oh, mio Dio! - gridò. - Lady è ammalata; Sir Giacomo, venite!

IVIL FIGLIO MAGGIORE

+++

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A Rodolfo le cose erano andate a meraviglia dopo il ritorno dalla visitanel Sussex. Era stato incaricato di missioni successive da Cromwell ilquale aveva finito per comprendere come egli fosse un soggetto in cui

 poteva riporre la più assoluta fiducia; ad ogni successo la sua

reputazione cresceva. Sembrava a Cromwell che quest'uomo fosse piùleale ora che non all'inizio della sua carriera, e quando gli fu detto bruscamente da Rodolfo che le sue relazioni colla signorina Athertonerano state sciolte, lo statista non tardò a connettere l'effetto con lacausa. Aveva sempre deplorata quell'amicizia; gli pareva che il caratteredi quel suo dipendente sarebbe stato sicuramente indebolito dall'unionecon un'amica di Sir More e quantunque non gli avesse detto nulla

 poiché il contegno di Rodolfo non si prestava a delle domande, si erasegretamente congratulato con sé e col suo agente per un esito così

felice di un incidente.  Nel frattempo la fortuna di Rodolfo aumentava di pari passo con quelladel suo superiore; ora Lord Cromwell nel regno d'Inghilterra venivasubito dopo il Re, sia per le relazioni riguardanti la Chiesa come per quelle riguardanti lo Stato. Aveva un certo numero di impegni, ognunodei quali sarebbe stato sufficiente per un uomo ordinario, ma che tuttiinsieme non superavano la sua prodigiosa attività. Era assolutamente dasolo, con tutto il potere nelle proprie mani: Presidente della Camera,Ministro degli Esteri, Ministro degli Interni e Vicario Generale della

Chiesa. Però, temuto dagli ecclesiastici, non riscuoteva la fiducia degliuomini di governo e dei nobili ed era odiato da tutti, eccetto che da

 pochi suoi amici personali: una figura unica nella storia inglese, cheaveva raggiunto una statura gigantesca col proprio sforzo e colla

 propria destrezza. Sotto la formidabile ombra di lui Rodolfo diventavagrande. Questi però non era riuscito a prendere il convento di Lewes

 per sé, perché Cromwell l'aveva destinato al proprio figlio Gregorio;ma gli fu concesso di scegliere tra parecchie Case maggiori. Lì per lìesitò nella scelta, non essendo certo del proprio avvenire. Se suo padre

veniva a morire c'era Overfield che lo aspettava, perciò non intendevalegarsi ad una delle Case del lontano Yorkshire; se suo padre viveva,non desiderava essergli troppo vicino. Cromwell gli diceva che nonc'era fretta; ci sarebbero state per i servi fedeli del Re delle Case inabbondanza; e nel frattempo era meglio per Sir Torridon rimanere aWestminster per gettare più profonde e più estese le fondamenta della

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sua proprietà prima di incominciare ad edificare. Anche il titolo che Cromwell gli faceva risuonare all'orecchio di tantoin tanto, anche quello poteva aspettare sino a che non avesse scelto illuogo per una dimora stabile. Rodolfo sentiva di essere trattato

magnificamente dal suo superiore e la gratitudine e l'ammirazioneverso di lui crescevano di pari passo colla sua fortuna. Non c'era piùnessuna parsimonia ora che Cromwell si fidava del suo agente; questi

 poteva prendere quanto denaro voleva per il pagamento dei sotto-agentie per qualsiasi altro motivo, senza che gli venisse chiesto alcun conto.La piccola casa di Westminster divenne ricca di cose preziose; ilcopriletto di Rodolfo era nientemeno che il piviale che egli avevaasportato da Rusper; la sua tavola era ricoperta di calici trasformati aduso profano.

 I servi non erano più i tre o quattro che dormivano in casa; ce n'era unacompagnia. Alcuni attendevano i suoi ordini ogni mattina, altriandavano vagando per lui nei paesi vicini e ritornavano carichi didocumenti e di informazioni raccolte dalla bocca della gente; un'altradozzina attendeva alle cure personali del padrone. Rodolfo aveva pure ache fare con personaggi importanti. In quegli ultimi due anni un buonnumero di Abati gli avevano fatto visita e nella loro qualità di dignitosi

 prelati lo trattavano da pari e ne imploravano l'intercessione. I grandinobili, nemici del suo superiore e di lui stesso, lo osservavano con

ossequiente sospetto quando passeggiava con Cromwell nel Palazzo diWestminster; il Re gli aveva data una tiratina d'orecchio e lo avevalodato; Rodolfo era stato una settimana a Greenwich allorché sidiscuteva se suppliziare o no alcuni Abati benedettini; aveva cavalcatolungo Cheapside, con Enrico alla sua destra e Cromwell dietro, tra folleosannanti e sotto lo scomposto ondeggiamento di drappi dorati e ditappezzerie ed il lieto scampanio di cento bronzee campane. Si era recato a Doncaster con Norfolk per mezzo del quale il Re erasolito fare delle promesse o delle minacce, ed aveva marciato a fianco

del Duca per dominare i capi della ribellione del Nord. Non glimancava un pungolo, oltre quello della sua ambizione, che losospingesse attraverso quella disperata attività; ne aveva uno sufficientenella sua stessa memoria. Non pensava molto alla famiglia e quelle

 poche volte sempre con profondo disprezzo. Non si preoccupavanemmeno di fare qualche rapporto speciale intorno a Cristoforo od a

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Margherita, però gli era impossibile associare il disprezzo al ricordo diBeatrice. Quando essa lo aveva portato ad inginocchiarsi presso iltavolo, aveva lasciato qualcosa dietro di sé - il pungolo delle sue parolee l'amara freddezza dei suoi occhi. Ripensando all'accaduto non sapeva

se la detestasse o se l'amasse ancora; sapeva soltanto che il ricordo dilei suscitava una profonda emozione nel suo animo. Molte volte,allorché trattava brutalmente qualche timido accusato, oppure con lamano su un fianco dirigeva la distruzione di un tempio, il ricordo di lei

 percuoteva la sua anima rozza. Però le avrebbe fatto vedere se era o noun uomo, se dipendeva vilmente da lei e se la sua lingua di donnariusciva a smuoverlo. 

***

 Si era ormai esercitato in svariati campi. Gli affari riguardanti lareligione, per il momento erano passati in seconda linea e la politicainterna ed esterna assorbiva la maggior parte delle energie e del tempodi Cromwell. Si stavano di nuovo raccogliendo le forze control'Inghilterra, e le Potenze cattoliche erano quasi giunte ad una mutuaintesa contro la nazione che aveva rigettato l'alleanza del Papa edell'Impero. In ogni caso c'era per Enrico, data la sua propensione almatrimonio, l'opportunità di giocare ancora una volta una parte in

 politica. Era stato tre anni senza moglie e Cromwell si era affrettato per la terza volta a valersi delle passioni del Re come di uno strumento per la sua politica. Aveva compreso che un'unione tra l'Inghilterra e i

 principi luterani avrebbe costituito un ostacolo formidabile allemacchinazioni cattoliche e con questo pensiero aveva eccitato Enricodescrivendogli il ritratto della gentildonna Anna, figlia del Duca diClèves e cognata dell'Elettore di Sassonia. Dapprincipio aveva avuto

 pieno successo; l'imponente duchessa era sbarcata a Deal verso la finedi dicembre ed il matrimonio era stato celebrato solennemente alcuni

giorni più tardi. Ma dopo breve tempo si incominciò a spargere unaspiacevole voce: si sussurrava ai quattro venti che il Re era disgustatodella nuova moglie e si lamentava di essere stato ingannato circa leattrattive di lei. Rodolfo, che stava dietro le scene di tutta la faccenda,sapeva che la voce era anche troppo vera, essendo stato testimone di unincrescioso incidente il giorno seguente la celebrazione del matrimonio,

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allorché il Re, adirato, aveva inveito nella sala del Concilio, gridandoche era stato ingannato ed aggiungendo molti particolari volgari ad usoe consumo dei suoi amici. Da quel momento Cromwell era diventato singolarmente triste e

 pensieroso. Rodolfo ne aveva osservato il volto grave guardare smarritointorno alla sala, un giorno dopo l'altro, e la mano che reggeva la pennaforare e pungere la carta sottostante. Ma ciò non fu tutto: l'alleanzaanglo-germanica, invece di smorzare, aveva provocato un'opposizionenel Continente e Rodolfo ebbe sotto gli occhi più d'uno di queiminacciosi frammenti di notizie provenienti dall'estero, cheaccennavano ad una probabile invasione dell'Inghilterra se i progetti diCromwell fossero stati eseguiti. Anche questi progetti, però, si eranomostrati ingannevoli ed i principi luterani che egli aveva desiderato di

conciliare incominciavano già ad allontanare da sé le conseguenze dellasua azione. Un giorno, verso la fine di gennaio, Rodolfo si trovava nell'ufficio diCromwell quando giunse un corriere con dei messaggi da parte di unagente che aveva seguito il pacifico. avanzamento del monarcaspagnuolo attraverso la Francia, avanzamento intrapreso come unaspecie di dimostrazione contro l'Inghilterra. Cromwell aprì i messaggi ediede loro uno sguardo, facendo scorrere il suo rapido e vigile occhiosu questa o su quella pagina; Rodolfo vide il volto di lui farsi rigido e

 pallido. Cromwell gettò le carte sul tavolo e fece cenno al corriere dilasciare l'ufficio. Quindi prese una penna, la esaminò e la gettò colla

 punta in basso contro il tavolo; si morse un po' le unghie ed alzò gliocchi verso Rodolfo.- Facciamo fallimento, Sir Torridon - disse bruscamente se siete untopo fate bene a scappare.- Io non scapperò - ribatté Rodolfo.- Per tutti i diavoli! - rispose Cromwell; - io credo che scapperemo tuttiassieme, ma per ora no. - Poi raccolse di nuovo in mano le carte ed

incominciò a leggerle.Pochi giorni dopo Rodolfo ricevette la notizia della malattia di suamadre. Ella gli aveva scritto occasionalmente, parlandogli dellemaniere fastidiose di suo padre, dell'arroganza del fratello, della debole

 pietà della sorella Margherita ed infine accennava all'arrivo di Beatrice.- Io acconsentii di buon grado - scriveva - poiché pensavo di dar 

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qualche lezione alla signorina, invece la trovo molto istruita ed ostinata. Non riesco a comprendere, mio caro figlio, come tu abbia potutodesiderare di prenderla in moglie; tuttavia ammetto che ha un modo difare spigliato; sembra non aver paura di nulla all'infuori delle proprie

superstizioni e della propria follia, ma sono molto felice nel pensareche tutto sia finito tra voi due. Non ti ha mai amato, Rodolfo mio, poiché non dimostra la minima attenzione quando io pronuncio il tuonome, il che ho fatto due o tre volte, e neppure quando si parla di Sir More. Credo che non abbia cuore.Rodolfo nel leggere, si era meravigliato un po' del curioso interesse disua madre verso la fanciulla, come pure del rapporto circa la durezza diBeatrice. Si rassicurava tuttavia pensando che non poteva trattarsid'altro che del suo maledetto orgoglio. Qualche tempo dopo, arrivato a

casa da Hackney dove aveva dormito la notte precedente, trovò uncorriere che lo aspettava. La lettera non gli era stata recapitata adHackney per il fatto che non aveva lasciato detto dove si recava.Conteneva una sola riga di Sir Giacomo:- Tua madre sta male; vieni subito, ti desidera.

***

  Nelle tenebre tempestose di una mezzanotte di febbraio Rodolfo fece

ingresso nella casa paterna attraversando il portone illuminato. Mentresi avvicinava alla casa vide l'alta finestra della sala brillare vagamentecome una gigantesca e luminosa porta sospesa nello spazio e, più sotto,la finestra della stanza di suo padre illuminarsi ed oscurarsi a secondadei guizzi del fuoco acceso nell'interno. Una figura si alzò dinanzi alfocolare della sala quando egli entrò seguito da una folata di vento

 penetrata attraverso la porta aperta. Rodolfo fece scivolare il mantellogocciolante nelle mani del servo e vide suo padre a pochi passi didistanza molto serio e pallido, con le mani distese in avanti.

 - Figlio mio - disse il vecchio - sei arrivato troppo tardi. È morta dueore fa. - Il colpo fu tremendo e per un momento Rodolfo stupefatto,socchiudendo gli occhi alla luce, stringendo nella sua la calda ed esilemano del padre, nello sforzo di rendersi conto della notizia. Era statoricondotto a pensare a se stesso e la sua ostinazione si era affievolitadurante quel lungo viaggio dalla città, attraverso l'agitato tramonto e la

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notte nera risuonante di ululati. Le memorie avevano approfittato diquella forte ansia per riaffermarsi e gli ultimi due o tre anni di vita sierano come cancellati per far ritornare ancora una volta il figlio piùanziano della famiglia di Overfield. Poi, guardando la faccia pallida che

gli stava di fronte e quegli occhi che pochi mesi prima avevanoguardato i suoi con tale appassionata ira, ricordò tutto ciò che era passato tra loro due; lasciò cadere le mani ed avanzò verso il focolare.Suo padre lo seguì e gli si fermò accanto mentre egli distendeva le ditaal tepore della fiamma, e gli raccontò i particolari della fine con frasi

 brevi e mozze: la sera precedente, a cena, era stata colta da dolori e davomito; si era mandato a chiamare il dottore e questi aveva dichiaratoche si trattava di una infiammazione interna. Il giorno dopo era andatacostantemente peggiorando, attraverso periodi di incoscienza; un'ora

dopo che era stata attaccata dai dolori aveva mandato a chiamareRodolfo; sembrava che il dolore andasse aumentando man mano che leore passavano; era morta quella sera stessa alle dieci. Rodolfo ascoltavacol capo appoggiato all'alto camino, distendendo e richiudendomeccanicamente le dita per far tornare flessibili le giunture irrigidite.- La signorina Atherton è rimasta tutto il tempo con lei, continuò Sir Giacomo. - Tua madre la chiamava. - Rodolfo girò lo sguardo da unlato volgendolo poi di nuovo a terra.- E... - incominciò.

- Sì, si è confessata ed ha ricevuto l'estrema unzione, grazie a Dio; nonha potuto ricevere il viatico. - Rodolfo non sapeva se rallegrarsi orammaricarsi per questa notizia. Ad ogni modo era una proceduracorretta, come era corretto l'uso delle candele e del drappo nero nellacerimonia funebre. In quanto al dolore, non l'aveva ancor provato maera conscio di una profonda sensazione nell'interno dell'anima, come diun colpo ricevuto. Tacquero per qualche istante; poi il vento soffiòimprovvisamente nel camino, ed il fumo invase la stanza. Rodolfo sivolse.

- Sono ancora tutti al suo capezzale - proseguì Sir Giacomo; - possiamoandare anche noi. - L'altro scosse bruscamente il capo.- No, - disse; - aspetterò fino a domani. Qual è la mia camera?- La tua vecchia camera - rispose il padre. - Vi è pure una branda per ilservo. La rammenti la via per andarvi? Io debbo star qui in attesa dellasignorina Atherton. - Rodolfo accennò bruscamente col capo ed uscì.

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***

Mezz'ora dopo comparve Beatrice. Sir Giacomo alzò lo sguardo dallasua sedia al rumore dei passi sul pavimento coperto di tappeti. Il voltodella fanciulla era fermo e risoluto, ma si scorgevano delle chiazzescure sotto gli occhi, poiché da due notti non aveva preso riposo. Sir Giacomo si alzò e tese le mani.- Rodolfo è venuto, - disse. - È andato nella sua camera. Dove sono glialtri?- I preti stanno recitando le preghiere, così pure Margherita - rispose; -È tutto pronto, potete andar su quando vi pare.- Prima però debbo dirvi una parola - insisté Sir Giacomo. - Sedetevi,

signorina Atherton. - Le porse una sedia e si collocò presso il focolareappoggiando il capo sulla mano e guardando il fuoco. - Si tratta diquesto: possa il Signore ricompensarvi di quanto avete fatto per noi.Beatrice rimase in silenzio. - Voi sapete che mi ha chiesto perdono, -disse, - quando rimanemmo soli noi due, ma non sapete quello che ciòsignifichi. E ha perdonato, tutta la mia pazzia... Beatrice trasseinvolontariamente un profondo sospiro. - Abbiamo mancato entrambi – continuò il vecchio, - non ci comprendevamo, e temevo che ci saremmoseparati così. Che ciò non si sia verificato è merito vostro... - La sua

voce stanca si interruppe improvvisamente e Beatrice lo udìsinghiozzare. Essa sapeva di dover parlare, ma il suo cervello eraturbato dal bisogno di riposo e dalla lunga lotta; non le veniva in menteuna parola; si sentiva sull'orlo di una grande eccitazione.- Voi avete reso possibile tutto ciò - ripeté Sir Giacomo. Essa haascoltato abbastanza pazientemente tutto quanto le disse il PadreCarleton. E tutto è effetto dell'opera vostra, signorina Atherton. -Incurante, essa lo guardò cogli occhi stanchi e splendenti. - SignorinaAtherton, mi è lecito sapere che cosa le avete detto? - Beatrice fece un

grande sforzo e riacquistò il dominio di se stessa.- Ho risposto alle sue domande, - disse.- Domande? Vi ha chiesto qualcosa intorno alla fede? Ha parlato di me?Forse chiedo troppo... - Beatrice scosse il capo e per qualche istantenon poté parlare. - Chiedo cose che non dovrei - ripeté il vecchio.- No, no! - esclamò la fanciulla - voi avete diritto di sapere. Attendete,

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vi dirò... - S'interruppe nuovamente e senti il proprio respirotrasformarsi in singhiozzo. Nascose un momento la faccia tra le mani.- Dio mi perdoni, - disse l'altro. - Io...- Erano cose riguardanti vostro figlio Rodolfo - proseguì

coraggiosamente Beatrice, quantunque le labbra le tremassero. Ella...ella mi chiese se io lo avevo mai amato e...- Signorina Beatrice, signorina Beatrice, vi scongiuro a non proseguire.- Ed io le risposi di sì... e che lo amo ancora.

 

V

I COMMEDIANTI

 Il mattino seguente avvenne uno strano incontro fra Beatrice eRodolfo. Essa lo vide per prima dalla galleria della cappella, durante lamessa, inginocchiato accanto a suo padre, immobile e ritto; e rimase adosservarlo mentre percorreva la navata. A funzione finita attese ancoraqualche minuto imponendosi la calma, riordinando le proprie forze e

 premeditando ogni movimento o parola onde non disdicesse alla

 presenza di lui, poi si alzò e discese dalla galleria. Aveva provato un dolore insopportabile nel confessare alla donnamorente che amava suo figlio; ciò le aveva riaperta la ferita, dato chenon aveva ancora manifestato quel segreto ad anima viva, nemmenoalla propria. Quando la domanda le era stata rivolta, non aveva esitatoun istante a rispondere, eppure le parole, una volta pronunciate,avevano materializzato ciò che fino allora era stato impalpabile. Guardando giù dalla galleria, quel mattino, comprese di odiare, inteoria, il concetto che egli aveva della vita; era brutale, sleale; aveva

mentito con lei; viveva dei frutti del sacrilegio; aveva calpestato tutti ivincoli di parentela e tuttavia essa amava ogni capello del suo brunocapo, ogni movimento delle sue forti mani. Era questo che avevainfranto il riserbo della madre; era stata battuta dall'insolenza dellafanciulla come un cane che viene ridotto in soggezione; solo una cosanon era stata in grado di perdonare, cioè che questa ragazza avesse

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 potuto respingere l'amore di suo figlio. Poi la domanda era stata fatta ela risposta ottenuta; casi si era compiuta l'opera. La donna morente siera arresa completamente a quella personalità superiore ed avevaobbedito come una fanciulla.

 

***

 Beatrice provò una sensazione di terribile colpevolezza nel discenderele scale, diretta verso il corridoio che si apriva sul cortile. Il fatto diaver tradotto in parole ciò che si celava nel suo cuore le dava a credereche portasse il suo segreto scritto in fronte. Ma ricacciò con uno sforzodi volontà questa immaginazione; sapeva di aver riacquistato il dominiodi se stessa e di poter contare sulla propria discrezione. Il loro saluto fu quello di due che si conoscono: non un batter di cigliood una nota nella voce che tradisse le relazioni di un tempo. Rodolfo laringraziò cortesemente per le cure prestate a sua madre ed essa risposein modo conveniente. Quindi si sedettero tutti per la colazione. Sidovette anche pensare a Margherita che era quasi fuori di sé per rimorso, avendo detto a Beatrice di essere stata una figlia perversa per essersi ripetutamente risentita alle parole della madre, e via di questo

 passo. Beatrice la prese fra le braccia. - Mia cara - le disse - tu devi lasciar da parte questi pensieri. Vieni avederla; essa è in pace e devi esserlo anche tu. La camera da letto doveera morta Lady Torridon era stata trasformata in cappella ardente; ilgrande letto era stato trasportato nel centro della stanza e sei alticandelabri adorni di stemmi e sormontati da candele gialle formavanouna barriera mistica di fuoco e di luce attorno ad esso; le finestre eranooscurate dalle cortine ed ai piedi del letto erano stati disposti dueinginocchiatoi. Su uno di questi stava Cristoforo a fianco del padre,quando esse entrarono. Maria Maxwell, che era arrivata poche ore

 prima che la madre morisse, se ne stava da sola in un angolo. Beatricetrasse Margherita verso il secondo inginocchiatoio, le mise innanzi illibro e le si inginocchiò accanto. Là giaceva il corpo della strana solitaria donna, con le belle maniincrociate e pallide come la cera, stringenti un crocifisso, e con quellegrandi e nere sopracciglia al di sotto delle quali si delineava la doppiacurva delle palpebre chiuse. Sembrava che le guardasse ambedue, come

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era stata sua abitudine in vita, con tranquillo cinismo. Era veramente in pace, pensava Beatrice, come lei stessa aveva detto a Margherita poco prima? Era possibile credere che quel tempestoso e viziato spirito sifosse quietato così improvvisamente? Tuttavia questo non sarebbe stato

un miracolo più grande di quello che la morte aveva operato sul corpo.Questo era così immobile, perché non avrebbe dovuto esserlo anchel'anima? Almeno aveva chiesto perdono al marito per gli anni di insaniatrascorsi, ed aveva chiesto i sacramenti della Chiesa! Beatrice chinò ilcapo e pregò per l'anima della defunta.

***

 Fu disturbata dal leggero aprirsi di una porta; alzò gli occhi e vide

Rodolfo, dopo essere stato un momento in piedi presso il capezzale,cadere in ginocchio. Poteva osservare ogni particolare del suo volto allaluce delle candele; sottili e strette labbra, le folte sopracciglia cosìsimili a quelle di sua madre, e narici incurvate, la linea decisa dellegote. Si provò ad esaminare il processo dei suoi pensieri: la madre erastata l'unico membro della famiglia per cui egli aveva avuto simpatia;le loro anime si comprendevano come nessun altro, eccetto forseBeatrice. Quanto estranei erano stati ad ogni ordinario affetto, quantodolorosa doveva essere stata la loro separazione! E che cosa significava

ora per lui questo filo spezzato? A quale meta, nella sua opinione,conduceva il capo spezzato che era uscito dal mondo visibile versoquello invisibile? Pensava forse che tutto era finito e che l'unica animache aveva compreso la sua era passata come la fiamma di una candelache si spegne? E anch'essa stava forse piangendo per suo figlio, con untenue e sommesso sospirare nel mondo invisibile? Soprattutto,comprendeva quanto fosse solo, ora, quanto interamente, eternamentesolo, a meno che cambiasse rotta? Una vena di compassione si aprì e andò ingrossando nel suo cuore,

inondandole gli occhi di lacrime, mentre guardava il figlio vivo e lamadre morta; poi lasciò cadere nuovamente il capo tra le mani e pregò per l'anima di lui, come per quella della madre.

***

 L'atmosfera della casa durante i due giorni che precedettero il funerale

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fu molto insolita. I membri della famiglia s'incontravano ai pasti nelsalotto e nella cappella; raramente in altri tempi. Rodolfo era quasiinvisibile e quando compariva era sempre silenzioso. Non venivanodate spiegazioni da nessuna parte; si comportava verso gli altri con una

specie di cortesia assente, rispondeva alle loro domande ed ogni tantoazzardava qualche parola per primo. Si rendeva utile in qualche modo,come dare ordini ai servi, esaminare i preparativi del funerale, glistemmi, e disporre al proprio posto qualche cosetta che gli capitasse tramano; al pomeriggio usciva da solo, a cavallo o a piedi. Sembrava aver smesso il disprezzo di prima; si mostrava cortese sia con Cristoforo checon gli altri, ma da nessuna delle due parti veniva pronunciata una

 parola che riguardasse o il passato ed il grande abisso che separavaRodolfo dagli altri o le relazioni future tra lui e la sua famiglia.

 Il funerale ebbe luogo tre giorni dopo la morte, il sabato mattina; fucantata una messa da requiem nella chiesa parrocchiale, alla presenzadel cadavere. Beatrice era seduta nella cappella Torridon, dietro ilferetro nero adorno di ceri. Rodolfo sedeva due posti più indietroseparato da lei solamente dalla persona di Sir Giacomo, ed ella fu dinuovo vivamente consapevole della presenza di lui, dei suoi movimentiquando si inginocchiava o si sedeva e di nuovo si chiese che cosasignificavano per lui tutte le solenni cerimonie, le candele gialle, i

 paramenti neri, la misteriosa aspersione ed incensazione del corpo che

contrapponeva, per così dire, la fragranza e lo splendore alla corruzioneed oscurità della tomba. Ritornò con Margherita, la quale ora si attaccava a lei quasidisperatamente, scoprendo nella sua calma serenità un antidoto al

 proprio interno rimorso. Mentre attraversava il giardino ed il fossato,seguita da Nicola e da Maria, osservò i tre uomini che camminavanodavanti, Sir Giacomo nel mezzo, il monaco alla sinistra e Rodolfo dal

 passo lento alla destra, e si meravigliò della scena severa rappresentatadai tre personaggi. Eccoli procedere il padre e i due figli, fianco a

fianco, in rispettoso silenzio - notò la figura di Rodolfo avanzare diqualche passo per alzare il paletto del cancello ed introdurre gli altri -eppure tra di loro si stendeva un abisso invalicabile. Prima di cena essa uscì di nuovo in compagnia di Sir Giacomo edapprese allora dalle sue labbra che Rodolfo sarebbe rimasto a Overfieldfino a lunedì.

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- Non mi hai detto che ritornerà - disse il vecchio. - Naturalmente èimpossibile. Non vi pare, signorina Atherton?- È impossibile - rispose lei.- Che vantaggio ne deriverebbe? Che vantaggio? - ripeté l'altro.

 La sera cadeva rapidamente coll'addensarsi delle ombre crepuscolari,quando si volsero per tornare a casa. Il campanile della chiesa si alzaalla loro sinistra, snello e spettrale contro il cielo giallo, al disopra dellesiepi nere e dei cipressi. Si fermarono a guardarlo un momento, quelmassiccio svettante verso il cielo ed emergente tra le ossa chegiacevano alla sua base, come una resurrezione eterna operata nella

 pietra. Tutt'all'intorno stavano i morti: le lapidi e le lastre di ferro eranodisseminate, lo sapevano bene, a centinaia fra l'erba e più in là siestendevano di nuovo i tetti, sotto i quali ora incominciavano ad

accendersi le luci, e dove i viventi dormivano e mangiavano. Si udì un lontano rumorio di pesanti carri oltre il villaggio, qualcheschioccare di frusta, l'abbaiare d'un cane. Poi si voltarono di nuovo e sidiressero verso casa.

***

 Quella sera fu il cappellano che arrivò tardi a cena. Gli altri atteseroalcuni minuti presso il focolare, ma non c'erano indizi della sua venuta.

Fu mandato un servo nella camera di lui e questi tornò riferendo che ilcappellano aveva cambiato veste ed era uscito; dieci minuti prima eravenuto un ragazzo inviato dal parroco, evidentemente per chiamare ilPadre Carleton. Aspettarono ancora cinque minuti, ma il prete noncomparve ed essi si sedettero. Quando giunse, la cena era quasiterminata. Entrò dalla porta laterale che comunicava col cortile, tuttoinzaccherato e col volto pallido e preoccupato. Si recò direttamente daSir Giacomo.- Posso parlare con voi? - chiese.

 Il vecchio si alzò immediatamente ed uscì a passeggiare con lui per ilcorridoio. Si attese il loro ritorno, ma essi non comparivano mai; allafine Rodolfo s'alzò, precedendo gli altri nel salotto di quercia. Passandovicino alla camera di Sir Giacomo, udirono il suono di voci nell'interno. La conversazione fu una cosa molto difficile quella sera. Rodolfo si eracomportato con abbastanza grazia e tatto, ma Nicola non aveva

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corrisposto. Dal momento del suo arrivo, il giorno precedente alfunerale, aveva guardato Rodolfo come un cane straniero introdotto inuna casa. Maria aveva cercato di star sempre vicina al marito, vigilanteed ansiosa, riempiendo frettolosamente le interruzioni nella

conversazione, facendo scivolare qualche frase, allorché Nicola si passava la lingua sulle labbra in preparazione ad un sogghigno; unavolta posò rapidamente la propria mano su quella di lui e sommerse un

 brontolio con una sua parola. Rodolfo era riuscito a controllarsi inmodo mirabile! solo una volta Beatrice lo aveva visto mostrare unistante i denti allorché suo cognato si era mostrato più minaccioso delsolito. L'atmosfera era carica quella sera, dato che il padrone di casa non c'eraed allorché Rodolfo si mise a sedere sulla sedia di suo padre, Beatrice

trattenne il respiro per un momento nel vedere lo sguardo dipinto sulvolto di Nicola. Sembrava come se il funerale avesse sollevato una

 pietra che aveva fino a questo punto tenuto in soggezione i due spiritiadirati; Nicola, dopo tutto, era solo genero e Rodolfo, almeno secondolei, un cattivo figlio. Temeva che entrambi potessero credere che unlitigio non avrebbe oltraggiato la decenza, ma temeva più per Nicolache per Rodolfo. Rodolfo sembrava non far caso alle provocazionidell'altro e si appoggiava a suo bell'agio, col capo contro gli stemmiscolpiti nel legno, e batteva leggermente e ritmicamente le dita sui

 pomi dei braccioli. Poi si udì Nicola trarre un lento ed avvelenato respiro e laconversazione morì sulle labbra di Maria. Beatrice si alzòimprovvisamente, nella disperazione; non seppe cosa dire, ma il suomovimento frenò Nicola che la guardò un istante. Allora Maria siriebbe; pose decisamente la sua mano su quella del marito e lasciòuscire una frase indifferente. Beatrice vide gli occhi di Rodolfomuoversi rapidamente da un Iato e poi riabbassarsi e una leggeracontrazione di sorriso disegnarsi agli angoli della bocca. Ma quel

 pericolo era passato ed un minuto dopo udirono la porta della stanza diSir Giacomo, situata di fronte a quella in cui essi si trovavano, aprirsi

 per lasciare uscire i due uomini. Rodolfo si alzò immediatamente quando suo padre entrò seguito dal

 prete, e tornò a sedere nella sedia presso la finestra; c'era nel leggeromovimento delle sue mani un tenuissimo accenno al fatto che aveva

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tenuto il suo posto come figlio più anziano finché non era giunto illegittimo occupante. Ma nella mente di Beatrice la coscienza di questosvanì quando posò lo sguardo sul vecchio, ritto in piedi col viso biancoe rigido e con le mani serrate ai fianchi. S'accorse che qualcosa era

imminente e si alzò prontamente.- Padre Carleton ha portato un'allarmante notizia - disse d'un tratto Sir Giacomo; ed i suoi occhi si portarono sul figlio più anziano che stava in

 piedi nell'ombra della cortina. - Una compagnia di commedianti èarrivata nel villaggio...; essi... essi debbono dare la rappresentazionedomani. - Ci fu per un momento un silenzio di tomba, poiché tutticomprendevano il significato di quell'annuncio. Nicola balzò in piedi.- Per Dio, non la daranno!Sir Giacomo alzò vivacemente la mano.

- Non possiamo impedirlo. I preti hanno fatto tutto il possibile. Il capodella compagnia ha detto loro... - si fermò e di nuovo i suoi occhivagarono su Rodolfo.- II capo ha detto loro che è sotto la protezione di Sir Cromwell. - Ci fuun confuso rumorio nella sala. Nicola voltò subito lo sguardo allafinestra, con le mani strette e la faccia tremante. Rodolfo non si mosse. - Raccontate come sta la cosa, padre - disse Sir Giacomo. Il cappellanofece la sua relazione. Era stato chiamato poco prima di cena dal parrocoed era andato con lui alla fattoria che era stata scelta per la

rappresentazione. I carri erano arrivati quella sera da Maidstone e sistava proprio allora scaricandoli. Aveva visto gli oggetti scaricati; eranoquelli soliti; tutto l'equipaggiamento per la parodia della messa,rappresentazione abituale di tali attori. Aveva visto i costumi, l'abito delfrate, la maschera dal naso rosso, la vestaglia, e la parrucca della donnae tutti gli articoli richiesti. II direttore aveva cercato di protestare control'ammissione dei preti allo spettacolo; aveva sulle prime negato che siintendeva fare qualche insulto alla religione cattolica e si era finalmenterifugiato in un atteggiamento di sfida. Aveva esposto tutta la sua merce

dinanzi ai loro occhi, dichiarando che nessuno poteva impedirgli diagire come meglio gli piaceva, dal momento che l'Arcivescovo nonaveva protestato e Sir Cromwell gli aveva concesso la sua espressaapprovazione. - Abbiamo fatto tutto ciò che ci è stato possibile - disse il prete. Ilsignor rettore ha detto che avrebbe scomunicato tutti i parrocchiani che

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vi andavano; il capo-comico gli rise in faccia. lo gli feci presente ildesiderio di Sir Giacomo, tenuto conto della morte della sua signora;tutto ciò non ha giovato. Non possiamo far nulla. La faccia giallognola del prete s'era fatta rossa per l'ira mentre parlava

e le labbra tremavano compassionevolmente per l'orrore e la pena. Erala prima volta che tal genere di commedianti veniva nelle vicinanze diOverfield; avevano udito parlare della loro presenza in altre parti dellanazione, ma speravano che il loro villaggio sarebbe sfuggito a quellacorruzione. Ed ora era venuta. Si fermò tutto agitato, quando ebbeterminata la relazione. Sir Giacomo guardò di nuovo Rodolfo, il quale era rimasto sedutosilenziosamente nell'ombra, mentre il prete parlava. Nicola non poté

 più frenarsi. Scosse lontano da sé la mano della moglie e fece un passo

attraverso la stanza con risolutezza.- E tu... te ne stai seduto là, tu, diavolo? - gridò.Sir Giacomo gli fu subito accanto, cosi rapidamente che Beatrice quasinon se n'accorse. Margherita stava ora stretta a lei, bisbigliando esinghiozzando.- Nicola - pronunziò seccamente il vecchio, - tacete.- Perdinci! - ruggì irosamente l'altro - m'imponete di tacere!Sir Giacomo lo assali con tale crudezza che fu costretto a retrocedere.- Vi impongo di sedervi - disse. - Rodolfo, vuoi aiutarci? - Questi si

alzò istantaneamente. Non aveva mosso un muscolo quando Nicola gliaveva gridato contro.- Non aspettavo che questo - rispose. - Cosa volete che faccia?Beatrice vide che la sua faccia era abbastanza calma mentre parlava; le

 palpebre erano un po' abbassate e le labbra strette ed immobili.Sembrava non accorgersi della presenza di Nicola.- Impedire la rappresentazione - rispose il padre. Ci fu di nuovo unsilenzio di tomba.- Lo farò - replicò il figlio. - È... è una cosa che conviene fare. - Ed in

mezzo al momentaneo profondo stupore che tenne dietro alle sue parole, attraversò la sala, passò accanto a tutti i presenti senza girare ilcapo ed uscì. Beatrice sentì una violenta emozione afferrarle la golamentre il suo sguardo accompagnava Rodolfo. Allora Margherita le siattaccò di nuovo alle vesti ed ella tornò a quietarla. Beatrice si accorseche Sir Giacomo era uscito dietro al figlio, dopo un momento di

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silenzio e ne udì i passi sulle mattonelle del corridoio. - Oh! Dio lo benedica! - sospirò Margherita. Sir Giacomo ritornòimmediatamente; scosse il capo e, attraversata la sala, si sedette sullasedia che Rodolfo aveva lasciata. Seguì una paurosa calma. Ora

Margherita era tranquilla. Maria era seduta accanto a suo maritodall'altra parte del focolare. A questo punto Cristoforo si alzò e andò asedersi presso il padre, ma neSsuno fiatò. Allora anche Nicola si alzòcon disagio, attraversò la stanza e si mise colla schiena rivolta al fuoco

 per riscaldarsi. Beatrice vide che guardava di tanto in tanto la sedianascosta nell'ombra presso la finestra dove sedevano i due uomini;

 Nicola canticchiò una nota o due leggermente, tra sé, poi si girò e simise a fissare il fuoco tenendo le mani distese in avanti. La campana chiamò alla preghiera e tutti, senza pronunciare una parola

si alzarono ed uscirono. Con lo stesso silenzio ritornarono dallafunzione. Il servo di Rodolfo stava presso la porta quando entrarono.- Mi sia permesso, signori, di dirvi che Sir Rodolfo è rientrato. Mi haordinato di annunciarvi che tutto è stato aggiustato. - Il vecchio loguardò, mandò giù la saliva e finalmente parlò.- È stato aggiustato, dici? La rappresentazione non avrà luogo?- No, non avrà luogo.- Dov'è Sir Rodolfo?- È andato in camera. M'incarica di dirvi che presto ripartirà per 

Londra. 

VI

UNA CATASTROFE

 Il mattino seguente, di buon'ora, Rodolfo si mise a cavallo; ma noncosi di buon'ora da sfuggire ad un'intervista del padre. Si incontrarononel salone; Sir Giacomo nel suo leggero abito da camera e Rodolfocogli stivali e gli speroni, il mantello corto ed il berrettino. Il vecchio lo

 prese per la manica tirandolo vicino al focolare che durante l'invernoardeva notte e giorno.

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- Rodolfo... Rodolfo, figlio mio - gli disse - ti debbo ringraziare per ierisera.- Dovete ringraziare unicamente voi stesso e mia madre. Io non potevofare diversamente.

- Sei tu... - incominciò il padre.- Non è certamente Nicola. Quel pazzo riscaldato quasi mi provocava.- Ma tu, personalmente, le odii queste rappresentazioni? Rodolfo esitò.- Non è decente... - riprese il padre.- Non è certamente decente, ma il popolino è facilmente accontentabile.- Hai avuto molto a che fare con essi?Rodolfo sorrise nella luce del focolare.- Oh, no. Ho detto loro chi ero. Ho preso su di me la responsabilità..- Non avrai nessun fastidio da parte di Sir Cromwell?

- Ha altro a cui pensare che non a una compagnia di commedianti.Quindi si separarono e Rodolfo parti seguito dai servi. Né padre néfiglio aveva detto una parola circa il ritorno. E neppure Rodolfo aveva

 parlato da solo a solo con Beatrice durante la sua permanenza di tregiorni. Una volta era entrato nel salotto appena in tempo per vederlamentre usciva dall'altra porta e si era domandato se non avesse per casoudito i suoi passi e fosse uscita appositamente. Ma sapeva molto beneche sotto la superficiale e reciproca cortesia tra lui e lei c'era qualcosadi più profondo, qualche appassionata emozione vibrante come un

raggio; non sapeva però anche nei propri riguardi, tanto meno, quindi,in quelli di lei, se quell'emozione fosse di amore o di disprezzo. Eradovuto in parte al disagio dell'atmosfera carica, ed in parte alla naturaleritrosia per i ringraziamenti e le spiegazioni che egli aveva deciso ditornare a Londra un giorno prima dello stabilito; odiava la ricercatezzanei modi.

***

 Al suo arrivo a Londra trovò Cromwell un po' meno depresso diquanto lo fosse la settimana precedente, poiché era occupato nei preparativi per la seduta parlamentare che doveva tenersi in aprile; oltrea questa occupazione v'erano molte altre faccende da sbrigare circa inegoziati di Enrico con l'Imperatore. La disputa, che attualmentes'incentrava intorno al trattamento dei sudditi inglesi in Spagna ed altre

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cose simili, in realtà aveva le radici molto più profonde; inoltre c'eratutto un complesso di dettagli che occupavano il ministro. Tuttavia c'eraancora nell'aria una minaccia di temporale imminente; una volta o dueCromwell parlò bruscamente, senza alcun motivo, e Rodolfo si astenne

dal rivelare qualcosa intorno all'affare di Overfield, ma ripresetranquillamente il proprio lavoro. Una quindicina di giorni dopo, però, ebbe modo di chiariremaggiormente la situazione. Era seduto ad un tavolo nella stessacamera di Cromwell, nel Palazzo dei Protocolli, quando uno deisegretari entrò con un plico di incartamenti e li depose come al solitodinanzi a Rodolfo. Questi terminò la lettera diretta al Padre Barnes, ilquale aveva tenuto un sermone protestante a Paul's Cross e ora sfidavail Vescovo Gardiner ad una disputa pubblica. Rodolfo lo consigliava a

frenare la bellicosità e quando ebbe finito prese in mano le relazioniscritte e le scorse con gli occhi. Erano del tenore solito: lamentele,informazioni, proteste, suppliche da parte di uomini di ogni rangosociale; agenti, contadini, sacerdoti, religiosi, fanatici, e le lesse tutte,segnando in cima ad ognuna il contenuto, così da risparmiare fatica alsuo superiore. Dinanzi ad una, tuttavia, si arrestò, guardò un momento Cromwell e

 poi continuò a leggere. Era la lettera di un povero illetterato, piena disgrammaticature, e unta. Conteneva la lamentela di un uomo, il quale si

firmava Roberto Benham, contro Sir Rodolfo Torridon, come sichiamava, per aver questi impedito la rappresentazione di una scenacomica intitolata «Il frate gaudente», nella parrocchia di Overfield, ladomenica primo febbraio. Sir Torridon, dichiarava lo scrivente, si eraservito del nome e dell'autorità di Sir Cromwell per impedire larappresentazione. Si erano fatte delle spese per prepararla, era statainfatti occupata una fattoria ed il trasporto degli arnesi era costatodenaro. Il signor Benham desiderava sapere se questo denaro glisarebbe stato rimborsato e se Sir Torridon aveva agito secondo i

desideri di Sir Cromwell. Rodolfo, perplesso, morsicò la punta della penna quando ebbe finito dileggere la relazione. Non sapeva se fosse meglio farla vedere aCromwell; ciò poteva irritarlo o no, secondo il suo umore. Se ladistruggeva non ne derivava sicuramente alcun danno, tuttavia Rodolfosentiva una certa titubanza nel farlo. Rimase ancora qualche momento a

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riflettere; ci fu un istante in cui fu lì per strappare il foglio, poi lodepose di nuovo, guardò ancora una volta la pesante ed intenta faccia,china sul tavolo a pochi metri di distanza e poi per un subitaneoimpulso riprese in mano la penna e scrisse una riga in un angolo,

spiegando il contenuto dello scritto, apponendovi il contrassegnospeciale ed accatastandolo quindi cogli altri. Cromwell fu così occupato per tutto il resto del giorno che Rodolfo non trovò un'occasione per spiegargli le circostanze del fatto; infatti non lo si vide quasi più nellacamera, così folto era il pubblico che attendeva una sua intervista eRodolfo se n'andò lasciando lì le relazioni, onde il suo capo potesseesaminarle a suo agio.

***

 Il mattino seguente si scatenò un temporale. Cromwell gli si scagliòcontro appena entrò.- Chiudete la porta, Sir Torridon - disse irritato. - Debbo parlarvi. -Rodolfo chiuse la porta e si avvicinò al tavolo di Cromwell e si fermòdinanzi, esternamente imperturbabile, ma con un certo accelerarsi del

 polso. - Che cosa vuol dire questo? - ringhiò l'altro, prendendo in manola lettera che gli era stata consegnata dal segretario. - È vero? - Rodolfolo guardò freddamente.

- Di che si tratta? Del signor Benham?- Sì, del signor Benham. È vero? Desidero una risposta.- Certamente. È vero.- Voi avete impedito la rappresentazione di quella scena?- Vi siete servito del mio nome?- Ho detto loro chi ero... sì. - Cromwell buttò il foglio sul tavolo.- Ebbene ciò vuol dire che vi siete servito del mio nome, non è forsecosì, Sir Torridon?- Credo di sì.

- Credete di sì! E ditemi, se vi pare, perché avete impedita larappresentazione?- L'ho impedita perché non era decente. Mia madre era stata seppellitaquel giorno. Mio padre mi chiese di fare così.- Non era decente! Quando i commedianti avevano la miaautorizzazione!

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- Se la Signoria Vostra non ne vede la sconvenienza, io non possospiegargliela. - Ora Rodolfo incominciava ad adirarsi. Non eranofrequenti le volte che Cromwell lo trattava come un ragazzo caparbio;incominciava a risentirsene. L'altro lo fissò di sotto alle nere

sopracciglia.- Siete insolente. - Rodolfo chinò il capo. - Guardate disse Cromwell; -i miei uomini non hanno altro padrone all'infuori di me. Debbonolasciare casa, fratelli e sorelle per causa mia. Dovreste già averlo capitoa quest'ora, come pure io li ripago sovrabbondantemente. Siete statoabbastanza al mio servizio per saperlo. Ho detto a sufficienza. Potetesedervi, Sir Torridon. Rodolfo si accostò alla propria sedia pieno difurore. Sentiva di essere nel pieno diritto - nel diritto di impedire larappresentazione ed ancora maggiormente nel suo diritto per non aver 

distrutta la relazione quando l'aveva nelle mani. Era stato rimproveratocome uno scolaretto, insultato e ridotto al silenzio. La mano diede un tremito quando prese la penna. Nell'accingersi ascrivere tenne il tergo decisamente girato verso il superiore. Una voltafu costretto a fargli una domanda e lo fece con glaciale compostezza.Cromwell gli rispose concisamente, ma non scortesemente ed egli tornò

 pieno d'ira al proprio posto. Quando fu vicina l'ora del pranzo, si alzò,fece un leggero inchino a Cromwell e si avviò verso la porta. Mentreafferrava colla mano la maniglia udì pronunziare il proprio nome; si

voltò e vide l'altro che lo guardava stranamente.- Sir Torridon, volete pranzare con me?- Mi rincresce, ma non posso - rispose Rodolfo ed uscì dalla sala.

***

 Quando si rividero non vi furono spiegazioni né difese da nessunadelle parti; ma dopo pochi giorni le loro relazioni erano tornate come

 prima. Tuttavia sotto la liscia superficie il cuore di Rodolfo era inquietoe risentito. 

*** 

In seguito alla seduta parlamentare di aprile, le occupazioni diCromwell si fecero sempre più gravose. Rodolfo si recò con lui a

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Westminster e lo udì pronunciare il suo breve ed eloquente discorso suldissidio che prevaleva in Inghilterra e sulla determinazione reale diristabilire la pace e la concordia. - Sulla parola di Dio - esordì l'uomo di Stato parlando con straordinario

calore, cogli occhi accesi vaganti sui silenziosi banchi affollati, e lamano sinistra intenta a giocherellare con la catena - è sulla parola diSua Maestà Iddio che si è fissata la mente del Re; su questa parola,come sull'unico sostegno, egli riposa; e con tutta la sua potenza egli siadoprerà affinché l'errore sia dissipato e le vere dottrine, modellatesulla regola del Vangelo, siano insegnate al popolo. - Tre giorni dopo,entrando Rodolfo nella stanza del superiore, Cromwell lo guardò conuna insolita animazione negli occhi neri. - Buon giorno - disse. - Ho una notizia che spero vi piacerà. Sua

Maestà intende conferirmi un ulteriore segno del suo favore. Debboessere nominato Conte di Essex. - Era una notizia sensazionale.Rodolfo aveva creduto che il ministro non fosse più cosi grande agliocchi del Re come prima, dal giorno dello sfortunato incidente delmatrimonio colla Clèves. Si congratulò caldamente con lui. - È un felice presagio - riprese l'altro. - Preghiamo che sia unacostellazione e non una stella isolata. Ci sono altri miei amici, Sir Torridon, che hanno diritto alla gratitudine di Sua Maestà. - Lo guardòsorridendo e Rodolfo senti il cuore accelerare ancora una volta i battiti,

come sempre faceva quando stava per essergli conferita qualcheonorificenza. I lavori parlamentari proseguirono e parecchi importanti progettidivennero legge. Un land-act (* Progetto di legge sulla proprietà

 fondiaria) fu seguito da un altro che sottraeva alla maggior parte dellecittà d'Inghilterra l'asilo di un santuario nel caso di certi specifici delitti.Si provvide pure alla marina e poi, nonostante le promesse degli anni

 precedenti, fu ordinata una nuova forte tassa. Finalmente cinque altricattolici, quattro preti ed una donna, furono accusati di alto tradimento

 per vari motivi. 

***

 Col trascorrer di maggio Rodolfo non si sentiva del tutto felice.Incominciarono a manifestarsi dei segni che la politica del suo

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superiore circa l'alleanza coi Clèves, andava perdendo terreno nellediscussioni delle assemblee; però lo stesso Cromwell sembravaaccondiscendere così da dare l'impressione che la sua menteincominciava a mutarsi.

 Un giorno Rodolfo ebbe l'incarico di copiare una lettera diretta a Pate,ambasciatore presso l'Imperatore, dalla quale poté dedurre che in luogodella pristina opposizione bisognava assumere un atteggiamentoconciliativo verso Carlo. Ma in questo mese non ebbe molto a chevedere con le faccende parlamentari. Cromwell gli aveva ordinato dicatalogare un'abbondante quantità di documenti privati che si eranogradatamente accumulati nella casa di Rodolfo a Westminster, perchédesiderava avocare a sé il disbrigo della maggior parte di essi. Era unamassa enorme di documenti, riguardante tutti i grandi affari che erano

 passati per le mani di Cromwell negli ultimi cinque anni. Riguardavanocentinaia di persone, viventi e defunte - uomini di Stato, nobili, Cortistraniere, preti, religiosi, contadini, commercianti - quasi tutte le classivi erano rappresentate. Rodolfo rimase varie ore seduto al tavolo, a

 porte chiuse, catalogando, specificando in capo ai singoli documenti ilcontenuto relativo e distruggendo quelli inutili, meravigliandosi per questa sorprendente congerie di pratiche in cui egli pure aveva avuto

 parte. C'erano segreti che avrebbero fatto l'effetto di una bomba se resi di

 pubblica ragione - intrighi, corruzioni, minacce, denunce - e a poco a poco un fascio di documenti andò ammucchiandosi sul tavolo. Ilrimanente giaceva ammucchiato sul pavimento. Quelli che aveva messoda parte sotto i propri occhi erano misti, quanto al contenuto; la solaunità che esistesse fra loro consisteva nel fatto che erano

 particolarmente pericolosi per Cromwell. A Rodolfo pareva di aver inmano polvere da sparo, mentre li sollevava uno dopo l'altro o li buttavanel mucchio. La nuova corona di distinzione che il Conte di Essex aveva

recentemente posta sul proprio capo non vi sarebbe rimasta per un altrogiorno, se questi scritti fossero stati svelati al pubblico. Non ci sarebberimasta neppure la testa su cui metterla. Rodolfo sapeva che unministro così grande come quello da cui dipendeva era costrettooccuparsi di faccende molto curiose, ma non aveva pensato quantoqueste fossero eccezionali e numerose prima di scorgere dinanzi a sé il

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fascio di carte. C'erano casi di persone accusate ed anche convinte dialto tradimento che erano state poste in libertà sulla sola autorità diCromwell, senza fare alcuna relazione al Re; c'erano documenti checontenevano abbozzi, di pugno dello stesso Cromwell, di dichiarazioni

dottrinali bollate di eresia dai Sei Articoli, e di cui erano statedistribuite copie per tutto il Paese dietro suo espresso ordine. Nonmancavano copie di lettere dirette agli incaricati dell'ordine pubbliconelle singole contee che imponevano la liberazione degli ereticicondannati e l'imprigionamento dei loro accusatori; infine v'erano delle

 prove irrefutabili di ingenti doni a lui offerti e da lui ricevuti per il pervertimento della giustizia. Rodolfo terminò quel lavoro una sera di giugno e si lasciò andare sullasedia oppresso dalla fatica e dall'eccitazione, con le dita lordate

d'inchiostro, cogli occhi affaticati fissi sull'ordinato fascio disposto sultavolo. Proprio in quel pomeriggio, lo sapeva, aveva luogo il Conciliodella Corona. Proprio in questo momento, probabilmente, il Conte diEssex stava ponendo i fondamenti della legge, parlando a nome del Re,riducendo al silenzio gli avversari colla forza della propria volontà, maappoggiato al potere regio. E qui stavano i documenti. Si mise afantasticare distrattamente che cosa sarebbe capitato se si fosse recatonella sala del Consiglio e avesse deposti i documenti sul tavolo.Sarebbe stata la fine di tutto per il suo superiore. Non ci sarebbero più

state millanterie e denunzie allora; si sarebbe trattato solo di una lotta per la vita. Il ricordo del proprio rancore di soli cinque mesi prima, gli si paròdinanzi alla mente e il cervello stanco si accese e fu ottenebrato dalrisentimento. Prese in mano il fascio e lo palleggiò un momento. Quic'era la scure di un carnefice, affilata e tagliente. Poi se ne vergognò;ricollocò il fascio sul tavolo, si appoggiò alla sedia ed allungò le sue

 braccia, sbadigliando. Che splendida sera quella! Bisognava uscire a respirare un po' d'aria

 presso il fiume; avrebbe passeggiato un po' in direzione di Chelsea. Sialzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra; l'aprì e si sporse fuori deldavanzale. La sua casa era un po' rientrante dalla strada e c'era uncortiletto di selciato tra la porta d'ingresso e le pietre disuguali dellastrada. Di fronte si ergeva uno degli alti edifici di Westminster chesvettavano verso il cielo con centinaia di vetri risplendenti al sole. Più

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in alto spuntavano fantastici e solenni camini, contro il brillante cielovespertino e tanto a destra che a sinistra la via si prolungava a perditad'occhio nella foschia. La sera era molto calma; gli uomini non avevano ancora incominciato

a sciamare verso casa dalle loro occupazioni e le donne eranoaffaccenda te nell'interno delle case. Un coro di uccelli echeggiònell'aria, ma non si vedeva una creatura vivente ad eccezione di un caneaddomesticato al sole, presso l'angolo del cortiletto. Era delizioso starecosì appoggiato al sole, lontano dal fuoco che ardeva nel focolare sottola massa nera dei documenti inutili, ormai distrutti dalle fiamme.Rodolfo decise di spegnere il fuoco; non ne aveva più bisogno. Dovevauscire, disse tra sé, e non indugiarsi qui. Per il momento poteva chiudere i documenti in qualche posto sicuro,

nell'attesa di trasferirli il giorno dopo; poi stette un momento a pensarese il cappello e la canna fossero di sotto nel salotto d'ingresso. Si drizzòe si ritirò dalla finestra, ma nel farlo notò che il cane all'angolo delcortiletto si era alzato dalla sua posizione e stava con le orecchie tese.Rimase un poco esitante e poi si volse. Dalla strada giungeva il rumoredi una furiosa corsa. Voleva solo vedere chi fosse il pazzo che correvacosì, in una sera afosa, e poi sarebbe uscito. Allorché si sporse dinuovo, i passi precipitosi si udirono molto più vicini; venivano dasinistra, dalla direzione del Palazzo del Governo.

 Un momento dopo comparve nello spazio del cortiletto prospiciente lacasa una figura, dalla faccia arrossata, senza cappello, con le bracciaraccolte sui fianchi e il capo gettato indietro; dal vestito sembrava unsignore; ma perché correva così? Attraversò in un lampo il breve spaziodi fronte alla casa e scomparve. Rodolfo era incuriosito. Attese ancoraun minuto, ma il rumore dei passi era definitivamente cessato, stavaancora una volta ritirandosi dalla finestra quando un altro rumore lofece rimanere in ascolto. Il rumore proveniva dalla stessa direzione di

 prima ed in principio non poté distinguerlo bene. Si udiva un vociare ed

un calpestio di piedi sul selciato. Dopo un po' si udì più vicino e piùdistinto ed egli poté percepire una seconda volta il rumore di passiveloci. Stavano rincorrendo un ladro? pensò. Il vociare ed il tramestio dei piedi crebbe ancora e qualche secondodopo comparvero due uomini, il primo, un artigiano apprendista colgrembiule di cuoio svolazzante mentre correva, l'altro un uomo

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tarchiato dall'aspetto di mercante. Parlavano e gesticolavano mentrecorrevano. Il brusio di dietro crebbe in intensità. Si udiva la voce dimolta gente, donne e uomini che discorrevano, discutevano, gridavano.Il cane ora era completamente ritto e guardava intentamente giù lungo

la strada. Allora apparve il primo gruppo; una mezza dozzina di uomini checamminavano in fretta o trotterellavano, parlando animatamente.Rodolfo non poteva percepire ciò che dicevano. Poi d'un tratto necomparve un certo numero; si accalcavano l'uno dietro l'altro elevandoun clamore indicibile. Il cane scodinzolando si mosse sospettosamenteverso il gruppo, come per indagare. Rodolfo fu preso da una certaagitazione, senza quasi saperne il motivo. Aveva visto centinaia di volteuna folla simile; questo fatto poteva significare qualsiasi cosa,

dall'aumento del prezzo del burro fino ad una dichiarazione di guerra.Ma c'era una terribile animazione e serietà in questa folla. Forse il Reera ammalato? Si sporse maggiormente dalla finestra e gridò, manessuno gli prestò la minima attenzione. La folla si muovevalentamente lungo la strada ed il brusio andava sempre più aumentando;si udì il rumore di porte sbattute; di fronte si aprirono delle finestre edelle teste fecero capolino. Delle grida si elevarono in quella direzionee le teste scomparvero. Rodolfo si ritirò dalla finestra, mentre il numerodelle persone che comparivano alla vista andava sempre aumentando;

corse verso la porta dando uno sguardo fugace ai documentinell'attraversare la stanza; apri la porta, stette un momento in ascolto,

 poi andò sul pianerottolo e chiamò un servo. C'era un rumorio confusodi passi e di voci, di sotto, gli uomini della servitù erano giàsull'allarme, ma nessuna risposta tenne dietro alla chiamata di Rodolfo.Chiamò un'altra volta.- Chi c'è? Cercate informazioni sul significato di tutto questotrambusto. - Uno dei suoi uomini rispose e la porta di accesso sullastrada si aperse e si richiuse. Corse di nuovo alla finestra e vide il servo

attraversare correndo il cortile e prendere una donna per un braccio.Rimase in ansiosa aspettativa; lo vide lasciar cadere il braccio delladonna e rivolgersi ad un'altra e poi ritornare rapidamente verso casa.C'era qualcosa di sinistro negli stessi movimenti dell'uomo, nell'atto diattraversare il cortiletto; correva disperatamente, col capo allungato inavanti; una volta inciampò; un'altra volta alzò lo sguardo verso il

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 padrone e questi poté cogliere di sfuggita l'aspetto del viso. Rodolfo erasul pianerottolo quando i passi del servo rintronarono per le scale.- Parla; di che si tratta? - Il servo alzò un volto su cui era dipinto ilterrore:

- Dicono... Dicono...- Che cosa c'è?- Dicono che gli arcieri del Re sono intorno alla casa del Conte diEssex. - Rodolfo trasse un rapido respiro.- E poi?- E che il Conte è stato arrestato oggi, durante il Concilio. Rodolfo sivolse ed in tre passi fu di nuovo nella sua stanza. La chiave stridettenella serratura.

 

VII

UNA QUESTIONE DI FEDELTÀ

  Non avrebbe saputo dire quanto tempo rimase lì, col fascio di carte frale mani ed i pensieri che gli turbinavano nella mente. Il rumore dellastrada diminuiva ed aumentava, a seconda che le notizie percorrevanola folla determinandone i movimenti e le grida. Poi si ridusse ad uncostante lontano mormorio, mentre la folla tumultuava e gridavaattorno al Palazzo ed all' Abbazia, un centinaio di metri più in là. Allafine Rodolfo, sempre tenendo in mano i documenti si sedette.Bisognava che la mente si schiarisse e come era possibile con tanteimmagini che l'attraversavano con un'interminabile e vividasuccessione? Per un certo tempo non poté riacquistare la calma; il colpoera sconcertante; non gli riusciva di pensare ad altro che al terrificantedramma. Il Conte di Essex era caduto! Poi, a poco a poco la fangosa corrente del pensiero riprese a scorrerechiara. Incominciò a capire quello che gli stava succedendo ed ariflettere alla questione che attendeva ancora una decisione. Il primoimpulso era stato di scagliare i documenti nel fuoco e farli bruciare nel

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rosso cuore del legno; ma qualcosa lo aveva trattenuto. Moltolentamente incominciò ad analizzare quell'istinto. In primo luogo nonera inutile? Sapeva di non possedere nemmeno la centesima parte delle

 prove a carico di Sir Cromwell. Che beneficio avrebbe reso al suo

superiore distruggendo quel piccolo fascio? In secondo luogo qualerisultato avrebbe avuto quest'atto nei suoi personali riguardi? Eraconosciuto da tutti quale agente fidato del ministro; la casa sarebbestata perquisita, i documenti ritrovati e così si sarebbe certamentevenuto a conoscere che aveva distrutto le prove. Forse c'erano in altrecase copie dei documenti che possedeva. Che cosa sarebbe accaduto?D'altra parte se rinunciava spontaneamente a tutto ciò che era in suo

 possesso, tale atto sarebbe stato ugualmente lontano dal liberarlo dallacomplicità. Infine, come un serpente velenoso che solleva il capo, il suo

risentimento personale lo guardava negli occhi e ad esso si aggiungevaora un nuovo stimolo. Aveva perso tutto, lo sapeva abbastanza bene;ricchezza, onore e posizione si erano in un istante ridotte a cenere per lacaduta di Cromwell, e per queste ceneri aveva perso Beatrice. L'avevasacrificata al suo superiore e questi lo aveva deluso. Una specie di furia tenne dietro al terrore. Oh, non sarebbe stato dolceaggiungere anche solo una pietra alla massa che stava per rovesciarsisulla testa di quel potente millantatore, che aveva promesso e nonmantenuto? Batté le ciglia, inorridito da quel pensiero e strinse

maggiormente il fascio nella mano. Il ricordo di innumerevoligentilezze ricevute dal superiore gridavano alla porta del suo cuore. Ilsudore gocciava dalla sua fronte; alzò una mano rigida per tergerlo e lolasciò poi ricadere sull'involto dei documenti. Poi lentamente ricapitolò tra sé le ragioni che gli vietavano didistruggere le carte. Erano schiaccianti, convincenti! Che cosa potevaopporre ad esse? Soltanto un vago istinto andava sollecitandolo conesile voce a distruggere per il suo onore, quell'evidenza accusatrice -

 bruciarla, - sia che ciò fosse di giovamento o di ostacolo. Quindi si

appigliò di nuovo all'altra soluzione; cercò di convincersi che il suoistinto non era più di un ridicolo sentimentalismo; doveva farsi guidaredalla ragione, non dall'impulso. Poi tornò a considerare l'impulso eallora le due soluzioni si avvicendarono mescolandosi in un sordoconflitto. Sospirò un poco e si appoggiò allo schienale della sedia.

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***

 Il sole luminoso aveva lasciato il posto alla fragrante atmosferavespertina ed il fuoco si era ridotto ad un pugno di brace incandescente

 prima che egli si decidesse a muoversi. Nel farlo, si accorse che, difuori, le campane stavano squillando; un melodioso fragore riempìl'aria. In qualche luogo dietro la casa, cinque robuste voci, gridandotutte assieme, proclamavano l'esultanza della città per la caduta delgrande ministro. Si sentiva affaticato ed irrigidito quando si alzò, ma lafebbre aveva sgombrato il suo cervello, permettendogli di prendere ladecisione. Distese le dita e depose leggermente il fascio di carte sul tavolo dasopra il quale l'aveva preso un paio d'ore prima. Gli ufficiali pubblici

sarebbero presto giunti in casa sua, lo sapeva; si meravigliava anzicome non fossero già venuti. Abbandonati sul tavolo i documenti, uscì, prendendo con sé la chiave e chiudendosi dietro la porta. Chiamò unodei servi, dicendogli che sarebbe venuto di li a poco nel salottosottostante, per la cena, e che qualunque visitatore venisse in cerca dilui fosse senz'altro ammesso. Poi passò nella stanza da letto per lavarsie cambiarsi il vestito.

***

 Mezz'ora più tardi tornò un'altra volta di sopra. Aveva cenato da solo,ascoltando, guardando verso la finestra mentre mangiava; ma non c'erastato nessun segno dell'arrivo di qualcuno. Si era vestito con cura

 particolare, allo scopo di farsi trovare in buon arnese quando fosseroarrivati i perquisitori; non ci doveva essere alcun indizio di panico o diansietà. Nell'alzarsi da tavola aveva incaricato il servo di dire a tuttiquelli che venivano in cerca di lui che erano attesi e di condurliimmediatamente di sopra.

 Aperse la porta della stanza privata e vi entrò. Tutto stava come l'avevalasciato; sul pavimento tra la finestra ed il tavolo, erano collocati i bianchi ed ordinati mucchi di documenti; il fascio sul tavolo si vedeva biancheggiare dove lo aveva deposto. Il fuoco si era ridotto a unascintilla. Delicatamente sollevò dal focolare i blocchi di fogli neri checrepitarono quando li toccò; prima non aveva pensato che anche queste

 prove di una distruzione non dannosa era meglio fossero rimosse e le

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fece scivolare attentamente su di un largo foglio di carta, che piegò,mescolando in tal modo le ceneri; stette poi un momento esitante,

 pensando dove poteva nasconderlo. Nella stanza stava facendosi buio; pose il pacchetto sul tavolo; si accostò al fuoco e vi soffiò sopra

aggiungendovi un po' di legno e subito la fiamma danzò nel largofocolare. Nel rialzarsi udì qualcuno picchiare alla porta d'ingresso sullastrada. Per un momento ebbe l'istinto di correre alla finestra per vederechi fosse, ma poi vi rinunciò; c'era appena il tempo di nascondere leceneri ed era anche un'ottima cosa non dare segno alcuno di ansietà.Riprese il pacchetto dei documenti bruciati e rimase in forse; unarmadio non poteva minimamente servire da nascondiglio, poichénaturalmente esso sarebbe stato perquisito. Allora un pensiero lo assalì;montò senza far rumore sulla sedia. Il ritratto di Cromwell dell'Holbein,

col suo abito di pelliccia e la catena, sporgente dalla tappezzeria soprail camino, poteva essere utile. Rodolfo appoggiò leggermente una manocontro la parete e poi lasciò cadere delicatamente il pacchetto dietro ilritratto. Nel fare quest'azione gli occhi dipinti di Cromwell e quelli vividi Rodolfo si trovarono vicinissimi; gli parve strano che le due faccefossero così vicino l'una all'altra in quel momento, e tragicamenteironico il fatto che il padrone proteggesse il servo in tali circostanze.Poi balzò leggermente sul pavimento e si sedette frettolosamente,afferrando nel frattempo il fascio di carte dalla tavola.

 I passi risuonavano ormai sul pianerottolo e udì il rumore dellaringhiera: ma sembrava che venissero con molta calma. Ci fu un istantedi silenzio; i muscoli della gola gli si contrassero vivamente, poi udì ilservo bussare alla porta; la maniglia fu abbassata. Rodolfo si alzò

 prontamente; tenendo in mano le carte; la porta s'aperse e attraversoquella Beatrice entrò nella stanza. La porta si richiuse silenziosamentedietro di lei. 

***

Lei rimase in piedi col cappuccio tirato sul capo, il volto pallido,leggermente tinto di rospo e i neri occhi immobili. Rodolfo laosservava stupefatto, sempre tenendo strettamente fra le mani il fasciodi carte. Essa fece un passo avanti e l'incantesimo fu rotto.- Signorina Beatrice!

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- Sono venuta - rispose lei.- Che cosa c'è? Avete bisogno di me?Essa girò attorno al tavolo, con un'aria di ansiosa aspettativa. - Io... Ionon sapevo - rispose Rodolfo.

- Ma voi mi desideravate. Di che si tratta? Vi ho sentito chiamarmi.Rodolfo, confuso, la guardò di nuovo fissamente.- Chiamarvi? - disse.- Sì, vi ho sentito. Ero nella mia stanza, presso mia zia... ah! un paiod'ore fa. Mi avete chiamato due volte: Beatrice! Beatrice!Poi... poi mi dissero che cos'era accaduto al Conte di Essex.- Io vi ho chiamata? - ripeté Rodolfo.- Sì, voi mi avete chiamata. La vostra voce mi risuonava ben vicinoall'orecchio; credevo che foste nella sala. Ditemi di che si tratta.

Essa lasciò andare il mantello, mentre stava accanto al tavolo, e quellosi aperse facendo vedere un brillio di gioielli intorno al collo. Tiròindietro il cappuccio, che le ricadde sugli omeri, rendendo visibili leciocche inanellate dei capelli annodati con nastri.- Non vi ho chiamata - disse Rodolfo con indifferenza.

 Non so che cosa vogliate dire, signorina Atherton.Ella fece un piccolo gesto d'impazienza.- Ah! sì, c'è qualche cosa. Ditemelo subito. Penso che abbia relazionecol Conte. Che cos'è?

- Non è nulla - disse di nuovo Rodolfo.Stettero a guardarsi l'un l'altro in silenzio. Gli occhi di Beatrice corseroun momento sul ricco vestito di lui, sui documenti che teneva in mano,

 poi vagarono sul pavimento ricoperto qua e là di mucchietti di fogli;quindi sul tavolo e ritornò ai documenti -nelle mani di lui.- Me lo dovete dire - disse. - Che cos'è ciò che tenete in mano?Un dispettoso terrore s'impadronì di Rodolfo.- Questi sono affari miei, signorina Atherton. Che cosa avete da farecon me? - Lei si avanzò ancora di un passo ed appoggiò la sinistra sul

tavolo. Lui poteva vedere quegli occhi immobili, fissi sul proprio volto;Beatrice appariva terribilmente forte e padrona di sé.- Senza dubbio, voi me lo dovete dire, Sir Torridon. Sono venuta qui

 per fare qualche cosa. Non so quale. Che significano quelle carte?Egli si volse e le lasciò cadere sulla sedia che gli stava di dietro.- Ve lo dico di nuovo, non so quel che volete dire.

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- È inutile - ella disse. - Non sono ancora giunti in casa vostra? Checosa intendete fare nei riguardi del vostro superiore? Sapete che si trovanella Torre?- Così suppongo - disse Rodolfo - ma so ben io ciò che debbo fare.

- Sir Torridon, mettiamo termine a questo stato di cose. lo so bene chevoi siete in possesso di molte notizie segrete a carico di Sir Cromwell...- Vi dico che quanto so io è nulla. Non ho la centesima parte dei suoidocumenti. - Si sentiva disperato e confuso, come un uomo che un

 passo dopo l'altro è spinto verso l'orlo di un precipizio. Ma quegli occhineri lo tenevano incatenato. Non sapeva quasi quel che si dicesse.- E tutti questi documenti sono suoi? Che cosa ne avete fatto?- Sir Cromwell mi ordinò di classificarli. - Le parole gli erano strappatefuori contro sua volontà.

- E quelli che avete in mano sulla sedia, che cosa sono? Rodolfo feceancora uno sforzo violento per riacquistare il controllo.- Se non foste una donna, signorina Atherton, vi direi che sieteinsolente. - Quei forti occhi non si mossero.- Ditemi, Sir Torridon, che cosa sono? - Lui rimase silenzioso nella suafuria.- Vi dico io che cosa sono - riprese lei; - essi sono i segreti di Sir Cromwell. Non è così? E voi stavate per bruciarli. Oh! Rodolfo, non èforse così?

La sua voce aveva un tono di supplica. Lui abbassò gli occhi,sopraffatto dalla passione che emanava da lei.- Non è così? - ripeté lei con forza.- Volete che li bruci? - disse lui attonito. La voce non sembrava sua;dava l'impressione che un altro parlasse per lui. Provava in sé la stessasensazione di impotenza che aveva provato allorché ella lo avevafrustato con le sue parole nella sala sottostante.- Se lo voglio? - disse lei. - Ma certo; e che altro potreste fare? - Eglisollevò gli occhi verso quelli di lei; la stanza pareva essere diventata

ancora più scura, in quei pochi minuti. Ora poteva soltanto vedere unafaccia ombrata che lo guardava; ma quegli occhi splendenti edappassionati scintillavano e lo dominavano. Parlò di nuovo, controvoglia. - Non li brucerò - disse. - Non li brucerete, non li brucerete?

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 - Non li brucerò - ripeté lui. Ci fu silenzio. L'anima di Rodolfo stavalottando disperatamente. Stese la mano meccanicamente e riprese idocumenti, come per proteggerli da quella fiera ed imperiosa donna.Gli occhi di Beatrice seguirono il movimento e poi si fermarono di

nuovo sul suo volto. Allora riprese a parlare con una intensarisolutezza, pronunziando parole che produssero tutte il loro effetto, penetrando fin nel centro dello spirito di lui. - Ascoltate, perché questo è ciò per cui sono venuta a trovarvi. So checosa pensate, conosco ogni vostro pensiero come se fosse mio. Cercatedi convincermi che sia inutile bruciare quei segreti; che ve ne sonomigliaia di altri, già sufficienti per condannare Sir Cromwell. A ciò nonrispondo. Cercate di convincermi che l'unico mezzo per salvarvi è diconsegnarli ai suoi nemici. A ciò non rispondo. Cercate di convincermi

che la cosa verrà a conoscenza se li brucerete; che sarete consideratocome un nemico di Sua Maestà. Neppure a questo rispondo. E vi ripetodi bruciarli. Si avvicinò di un altro passo. Ormai non erano distanti più di un metrol'uno dall'altra, ed il fuoco delle parole di lei lo colpiva e lo scottavacolla sua causticità. - Vi siete comportato da falso di fronte ad ogni cosa sublime e nobile.Siete stato falso con la vostra stessa coscienza, con vostro padre, vostrofratello, vostra sorella, la vostra Chiesa, il vostro Re ed il vostro Dio. Vi

siete mostrato falso anche dinanzi alle manifestazioni dell'amore edell'onore. Siete stato falso con voi stesso. Ed ora Dio onnipotente, per Sua cortesia, vi concede ancora un'opportunità - un'opportunità diessere sincero col vostro superiore. lo non dico nulla di lui. Dio ne è ilgiudice. Sapete quale sarà il verdetto. Eppure vi comando di esseresincero a suo riguardo. Egli vanta infiniti diritti su di voi. Lo aveteservito, quantunque ciò non fosse che servire Satana; tuttavia questo èora considérato come privo di amici. Sarà del tutto vero? Saretetacciato come traditore; sarà completamente vero o ci sarà almeno un

caso in cui non sarete falso e traditore come lo siete stato per il passato?- A questo punto si arrestò di nuovo e lo guardò fieramente negli occhi.Dalla strada giunse un rumore di passi, come di acciaio percosso suisassi. Rodolfo lo sentì ed i suoi occhi si volsero verso la finestra; manon si mosse. Ora Beatrice lo toccava quasi. Si sentì per un istanteavvolto dalla fragranza di lei. Poi s'accorse che una mano si era posata

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sui documenti e le sue dita si strinsero maggiormente. Lo scalpiccio dei passi crebbe ancora e poi cessò; subito dopo la casa rintronò di colpialla porta. Beatrice balzò indietro. - Dunque, datemeli - disse; e rimase in attesa con una mano allungata.

Rodolfo sollevò lentamente i documenti; li fissò per un momento e poifissò lei, Quindi glieli porse.

***

 In un attimo lei li afferrò e si pose ginocchioni presso.il focolare.Rodolfo la osservò, ascoltando nel frattempo i passi che salivano lescale. I documenti avevano preso fuoco. La giovane vi introduceva ledita, maciullando, strappando, separando le dense pagine. Ormai erano

quasi del tutto bruciati; il fumo denso si riversava su per il camino;Beatrice separò e sparse attorno le ceneri. Si udì abbassare la maniglia.Ella si rizzò in piedi e sorrise a Rodolfo allorché la porta si aperse e gliinquisitori comparvero sulla soglia.

VIII

A CHARING

 Cristoforo si sentì afferrare da qualche cosa di molto simile al rimorsoquando Rodolfo ebbe lasciato Overfield senza che da nessuna delle due

 parti fossero state pronunciate parole di spiegazione o di pentimento.Riconosceva una propria parte di colpa fin dall'inizio del loro

allontanamento - se si poteva ammettere un inizio - poiché quellatensione nelle relazioni era esistita fin dagli anni della fanciullezza, findove giungevano i suoi ricordi. E s'attribuiva decisamente una parte diresponsabilità per l'aspro battibecco nella casa di Rodolfo, dopo lamorte dei certosini. Si era accaldato e dimostrato insolente e teatrale e

 poi non aveva scritto in segno di riconoscimento del proprio torto.

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Inoltre si era lasciato sfuggire un'altra occasione a Lewes - almeno unaquando l'orgoglio gli aveva impedito di parlare, per timore che gli altri

 pensassero che lui volesse ottenere il favore. Ed ora quest'ultimaoccasione, la migliore di tutte, quando Rodolfo stesso si era mostrato

accessibile e cortese, forse perché impressionato per la morte di suamadre, - anche questa si era lasciata sfuggire ed aveva tollerato che suofratello se n'andasse senza dirgli una parola di pentimento edesprimergli altro che un affetto formale. Celebrando messa, un'ora dopo la partenza di Rodolfo, si sentì turbato;la distrazione venne ad interporsi tra lui e la dolce funzione a cui eraintento. La sua anima era arida e triste. La voce lo tradiva. Comefratello minore pel passato, come monaco e sacerdote al presente,sapeva che il dovere del primo passo verso una riconciliazione

incombeva su di lui e che lui non l'aveva fatto. L'atmosfera familiareera stata turbata dalla partenza di Rodolfo. Prima di tutto perduraval'impressione prodotta dalla morte di Lady Torridon e dagliinnumerevoli rimorsi che quella aveva lasciato dietro. Per di più ancheBeatrice, che aveva aiutato tutti in modo così generoso, avevaannunciato che doveva tornare in città - sua zia infatti era sola nellacasetta di Charing, poiché l'amica che aveva passato Natale lì eratornata al suo paese. Per conseguenza Margherita era caduta quasi nelladisperazione. Finalmente lo stesso Sir Giacomo era preoccupato al

 pensiero di non essersi mostrato più affettuoso con Rodolfo, piùespansivo nel manifestare la sua gratitudine per la faccenda deicommedianti, più pronto ad accogliere benevolmente una spiegazionedal figlio. L'ombra di Rodolfo adunque, era rimasta tra loro e c'era inquesto fatto qualcosa di patetico. Egli era ora così staccato, così solo esembrava che fosse contento che le cose stessero così.

***

 C'erano affari urgenti da sistemare, e più gravosi di tutti, quelliconcernenti il futuro di Margherita. Sarebbe ora stata l'unica donna incasa, all'infuori della servitù e diventava sempre più improbabile che

 potesse di nuovo riprendere la vita religiosa in Inghilterra. Nonsembrava ci fossero molte ragioni a favore della sua permanenza inquella nazione, a meno che rinunziasse del tutto all'abito religioso per 

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andare a dimorare a Great Keynes, come preferiva Maria. Beatrice siofferse a riceverla e tenerla per qualche tempo con sé a Londra, maanche in questo caso sarebbe stata costretta ad indossare l'abitosecolare.

 La sera precedente la partenza di Beatrice, le due fanciulle sedettero econversarono per un paio d'ore. Margherita era grandemente afflitta; pianse un poco, si afferrò a Beatrice e poi si vergognò di se stessa. - Mia cara bimba - disse l'altra - dipende da te. Puoi fare come meglioti piace. - Ma non posso - singhiozzò la monaca. - Non posso; non so. Patemivenir con voi, Beatrice. - Questa allora la calmò e riprese a discorrerecon lei. Le parlò dei suoi doveri verso il padre; doveva pensare che oralui era solo. In tutti i casi era impossibile pensare di lasciar la casa per 

almeno altri sei mesi. Nel medesimo tempo doveva tener presente duecose. Prima: si considerava in coscienza, legata alla religione? Che cosale aveva detto il sacerdote? Se la conclusione era affermativa, alloranon c'era da discutere; doveva recarsi a Bruges, ed unirsi alle sueconsorelle. Seconda: se là conclusione era negativa, si sentivagiustificata abbandonando il padre nell'estate? Se sì, poteva recarsi aGreat Keynes, o venire a Charing per trascorrervi almeno un certo

 periodo ditempo.

 - E che cosa ne pensate voi? - chiese compassionevole la suora. - Vuoi che te lo dica? - rispose Beatrice. Margherita fece un cennoaffermativo. - Allora io sono del parere che tu vada a Bruges,in lugliood agosto. - Margherita la guardò fissamente; le lagrime stavano per sgorgarle un'altra volta dagli occhi. Mia cara; mi piacerebbe tantoaverti con me a Londra – continuò l'altra accarezzandola - certamente,ma non mi sembra che le dottrine e le imposizioni di Re Enricotocchino in alcun modo i tuoi voti. Essi sussistono senza dubbio. Non ècosì, mia cara? Dopo un altro po' di conversazione Margherita

acconsentì. La sua mente era. sempre stata di questa opinione; erasoltanto il cuore che protestava contro questa separazione all'amica.Anche Cristoforo fu d'accordo quando essa gli parlò, qualche giornodopo la partenza di Beatrice. Disse che anche lui aveva riflettuto sui

 propri casi e che a meno che capitasse qualcosa di molto straordinaria,aveva deciso di seguire Padre Antonio all'estero. Avrebbero potuto

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viaggiare assieme. Finalmente, quando la questione fu sottoposta al padre, anche questi acconsentì. - Io mi aggiusterò molto bene - disse. - Maria me n'ha parlato; e Nicolami ha invitato a stabilirmi a Great Keynes; così se tu, figlio mio, parti

con Margherita nell'estate, sistemerò le cose, affitterò la proprietà e poicol Padre Carleton andrò a stabilirmi là. A meno che - continuò - ameno che Rodolfo cambi opinione.

***

 Col trascorrer della primavera ed il sopraggiungere dell'estate, lenotizie, come si era previsto, non s'erano fatte rassicuranti. Nonostante iSei Articoli dell'anno precedente, nei quali si dichiarava che qualsiasi

voto di castità legava dinanzi a Dio, non c'era alcuno indizio cheaccennasse alla possibilità per le migliaia di religiosi, ancora oppressidalle prescrizioni regie, di tornare a quella vita, nella quale solo, talivoti erano perfettamente osservabili. I religiosi infatti erano dispensatidall'obbedienza e dalla povertà dall'autorità civile; era loro possibilecomperare, ereditare ed occupare la proprietà; ma un riconoscimentodella loro vita associata era come sempre, molto lontano. Diventavaogni giorno più palese che quelli che desideravano seguire la lorovocazione dovevano farlo in volontario esilio, per cui si stavano già

scambiando lettere tra il fratello e la sorella a casa, ed i rappresentantidelle loro rispettive comunità nel Continente. Poi improvvisamente, l'undici giugno, giunse la notizia della caduta diCromwell e di tutto ciò che questa implicava nei riguardi di Rodolfo.Erano a pranzo quando arrivò la notizia. La porta si spalancò d'un trattoall'estremità della sala, ed un corriere, bianco di polvere ed indolenzito

 per la cavalcata, s'avanzò un po' zoppicando sul pavimento e consegnòla lettera di Beatrice. Era molto breve. - Venite - stava scritto. - Il Conte di Essex è in arresto. Si trova nella

Torre. Anche Sir Rodolfo è là per essersi rifiutato di dare informazionicontrarie a Cromwell. Si è comportato da vero galantuomo. -Seguivano alcune righe della Signora Giovanna Atherton, zia diBeatrice, la quale si dichiarava pronta a mettere a loro disposizionealcune stanze nella sua casa. Una tetra confusione s'impossessò dei

 presenti. Gli uomini andavano da una parte e dall'altra; le donne, negli

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angoli, bisbigliavano e sospiravano, timorose per lo scontento del Resulla famiglia. Nella strada, tra la terrazza e la stalla, era tutto untramestio di corrieri che davano ordini e contrordini, poiché sulle primenon si sapeva con certezza se Margherita sarebbe partita o no. Un servo

venne su con gran fretta per chiedere istruzioni, chiuso nel suo mantelloda viaggio, e si incontrò sulla terrazza con Sir Giacomo che glicomandò di recarsi a Great Keynes colla notizia ed invitare Sir NicolaMaxwell a venire a Londra e sua moglie ad Overfield; mancava iltempo per scrivere. La stessa camera di Sir Giacomo era tutta in disordine; i vestitigiacevano sparsi sul pavimento ed un servo distratto li stava sbattendoin qua e in là per pulirli. Cristoforo stava cambiando l'abito, poichésarebbe stato andare incontro ad un disastro recarsi in paese vestito da

monaco. Margherita era inginocchiata in cappella, silenziosa e raccolta,ma guardando con occhi pietosi la figura compassionevole della celesteMadre che, col Figlio divino in braccio, le ricambiava lo sguardo. Ilgrosso cane accovacciato sotto il porticato laterale della cappella, simise ad abbaiare nel vedersi passare innanzi nel cortile quei freneticifantasmi. Alto nel cielo dominava il sole caldo di giugno, e tutt'attornosi stendevano i boschi profondi e quieti. Alle tre pomeridianeincominciò la partenza. Sir Giacomo era già in sella, quando sbucòfuori Cristoforo, diventato una figura poco familiare con quel semplice

mantello da prete, il cappello ed i grossi stivali da viaggio. Un paio discudieri rimasero dietro, in attesa, ed un altro tenne fermo il cavallo delmonaco. Margherita era sui gradini, bianca ed immobile; dietro a leistava il cappellano con uno sguardo forte negli occhi allorché questis'incontrarono con quelli del padrone. - Abbiate cura di lei, padre; abbiatene cura. A Dio piacendo, sua sorellasarà qui questa sera. Oh! Dio ti benedica, mia cara! Prega per noi tutti.Dio ti protegga! Cristoforo, sei già a cavallo? Poi s'allontanarono e nubi di polvere bianca s'alzarono intorno a loro.

***

 Verso le otto costeggiavano già la riva settentrionale del Tamigi,all'altezza del Ponte di Londra, nei pressi di Charing. Era stata unaterribile cavalcata, con poche parole scambiate tra i due e lunghi silenzi

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veramente opprimenti, mentre dinanzi a loro si rincorrevano le visioniche la vendetta del Re aveva imposto alla loro immaginazione. Talivisioni facevano passare quasi inosservati ai loro occhi il ricco

 paesaggio, le fitte boscaglie, i prati e le colline di eriche che si

stendevano ai lati della strada che attraversava Surrey. Già da lontano,attraverso la campagna di Southwark, Cristoforo aveva scorto gliedifici ammassati della città, la maestosa Torre che li sovrastava, edaveva udito il dolce scampanio delle campane che suonavano l'angelus;ma soprattutto era corso col pensiero a quell'altro portone d'ingresso,attraverso il quale sarebbero passati di li a poco; al lato del quale i paliergentisi verso il cielo rendevano tangibili gli orrori che si dipingevanoalla sua mente. Aveva alzato un rapido sguardo in alto allorché vi era

 passato sotto tanto tempo prima, in compagnia del Priore. Poi, avendo

guardato innanzi, il respiro si fece più rapido; giù lontano verso Est,appena visibili, si alzavano le oscure torri dove giaceva Rodolfo e dovei santi avevano sofferto. Le vecchie Case Religiose, che si stendevanoin una splendida serie lungo il corso del nume proveniente da Ludgate,a cominciare dalla prioria di S. Agostino, erano illuminate dagli ultimiraggi del sole, alto nel cielo, mentre i viaggiatori procedevano versoCharing, col fiume fiancheggiato da larici da una parte ed il pendioerboso dall'altra. L'afflitto cuore del monaco fu di nuovo ripieno diangoscia nel guardar quelle Case, ora vuote e desolate, mentre una

volta vi avevano risuonato notte e giorno le lodi di Dio. Si fermarono sotto la dondolante insegna di un albergo; dinanzi allospettacolo delle magiche ed azzurre torri di Westminster, per chiederedove si trovava la casa della Signora Atherton; furono diretti un po' piùoltre e più vicino al corso del nume. Si trovarono presto di fronte aduna vecchia casetta, costruita su un piccolo terrapieno privato che si

 protendeva sulla piana costituita dalla riva. Era una casa a più piani econ finestrelle sotto il tetto. Era isolata e situata ad oriente delsobborgo. Quasi prima ancora che fosse cessato il suono del

campanello, Beatrice stessa fu alla porta, in abito di casa, col caposcoperto, e con un viso ad un tempo radioso e forzato. Li fece subitosalire di sopra, dicendo ai servi di condurre i cavalli all'albergo vicinodopo averne scaricati i bagagli, poiché, diceva, non c'erano scuderieannesse alla casa. Cristoforo seguì suo padre, come in un sogno,attraverso l'oscuro salotto e su per le scale fino al primo pianerottolo.

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Beatrice si arrestò presso la porta. - Potete esporre quello che volete - disse - dinanzi a mia zia. La pensacome noi in queste faccende. - Poi entrarono nella stanza; un paio dicandele ardevano su di un tavolo dinanzi alla finestra chiusa da cortine,

ed una vecchia signora con una cortese faccia rugosa si alzò un po'zoppicando dalla sua sedia per dare il benvenuto ai due viaggiatori. - Siate benvenuti, signori, se è lecito ad un cuore addolorato parlarecosì a dei cuori addolorati. - Disse che non c'erano notizie di Nicola;non se n'era sentito nulla. 

***

 Ascoltarono la narrazione degli avvenimenti come erano a conoscenzadi Beatrice, ma alquanto attenuati e adattati alle loro orecchie. Avevatrovato Rodolfo esitante sul da farsi. Questi era stato grandementeturbato dall'improvvisa notizia; avevano parlato un po' e quindiRodolfo le aveva consegnato i documenti perché li bruciasse. Ilmagistrato inviato dal Concilio era giunto in tempo per veder le ceneriancora fumanti; quindi aveva interrogato Rodolfo seccamente poichéera venuto coll'appoggio dell'autorità e Rodolfo non aveva detto altro senon che i fasci che giacevano sul pavimento erano tutti i documenti delConte di Essex rimasti in suo possesso. I perquisitori avevano alloramesso le mani su questi e poi avevano perquisito la stanza. Unaquantità di cenere, disse Beatrice, era cascata da dietro un ritrattocontro la parete, quando i perquisitori lo scossero. Poi il magistratoaveva interrogato anche lei, aveva chiesto dove abitava e poi l'avevalasciata andare. Aveva atteso all'angolo della strada da dove avevascorto gli uomini uscire. Rodolfo camminava nel mezzo come un

 prigioniero. Li aveva seguiti fino al fiume; si era mescolata con la follaraccolta là ed aveva udito l'ordine impartito al barcaiolo di dirigersi

verso la Torre. Questo era tutto quello che sapeva lei. - Ringraziamo Dio per vostro figlio, Sir Giacomo. Si è comportatomolto coraggiosamente. - Un lungo silenzio seguì a queste parole. Ilvecchio la guardò attonito. La situazione era così triste che non eraancora riuscito del tutto ad afferrare il significato di quell'annuncio, - E il Conte di Essex? - chiese. - Anche lui si trova nella Torre. È stato arrestato nel Concilio dal Duca

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di Norfolk. - Allora intervenne la vecchia signora insistendo affinché sirecassero di sotto per la cena, che sarebbe stata pronta di lì a poco nelsalotto. Durante il pasto tacquero, mentre Beatrice, con le bracciaappoggiate al tavolo parlava sottovoce raccontando loro tutto quel che

sapeva sull'accaduto. Non cercò di dissimulare la realtà. Il risentimentocontro Cromwell, disse, superava ogni immaginazione. La sera precedente le strade erano rigurgitanti di folla rumoreggiante. Ne avevaudito le grida fino a tardi. Per varie ore le campane delle chieseavevano trasmesso festosi rintocchi in segno di trionfo per la caduta delministro. - Cani! - disse poi fieramente. - Non ho mai pensato di dir ciò, masento che il mio cuore è inclinato verso di lui. - Il Suo spirito fucontagioso. Cristoforo sentì una specie di gioiosa indifferenza danzargli

nelle vene mentre ascoltava la narratrice, e ne osservava i neri occhiaccesi di indignazione. E se Rodolfo fosse stato condannato? Se nonaltro era stato fedele - almeno di una certa fedeltà. Anche la faccia del

 padre divenne più calma; quel pietoso tremolio del labbro inferiorecessò e lo spavento lasciò i suoi occhi. Era difficile conservare il timorecon quella ragazza vicino. Avevano appena finito di cenare che il campanello della porta esternasquillò di nuovo; un momento dopo Nicola era tra loro, tutto rosso involto per la lunga e veloce cavalcata. Entrò pomposamente nella stanza,

socchiudendo gli occhi per la forte luce e buttò il frustino sulla tavola. - Sono stato dal Commissario della Torre; lo conosco da lungo tempo.

 Non promette nulla. Mi disse che Rodolfo è ben alloggiato. Maria èandata ad Overfield. Maledetto il Re! - Non aveva altre notizie da dare.Appena ricevuto l'annuncio aveva subito mandato la moglie adOverfield ed una mezz'oretta dopo era partito per Londra. Li aveva

 preceduti per tutto il tragitto, a quanto sembra; ma aveva speso un paiod'ore, prima per poter essere ammesso nella Torre e poi per ottenere uncolloquio col Commissario, ma costui non aveva dato alcuna risposta

soddisfacente. Tutto quello che era riuscito a strappargli era una promessa che si sarebbero visti un'altra volta per eventualicomunicazioni. Poi Nicola cenò e volle ascoltare tutta la storia da principio; Cristoforolasciò che suo padre raccontasse e salì di sopra con Beatrice per 

 preparare un alloggio per la notte. Seguendo il consiglio della vecchia

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signora la cosa fu presto aggiustata; Nicola e Cristoforo avrebberodormito in una camera e Sir Giacomo in un'altra. Soltanto due dei servi

 potevano essere alloggiati nella casa; gli altri dovevano prenderealloggio nell'albergo. Beatrice usci per andare ad impartire gli ordini

necessari. La Signora Giovanna Atherton e Cristoforo poteronotrascorrere alcuni momenti assieme prima che gli altri venissero disopra. - Ho il cuore addolorato - disse di nuovo la vecchia signora - ma nellostesso tempo contento. Beatrice mi ha detto tutto.- Anch'io le sono grato - disse Cristoforo leggermente. Chissà se papàcomprende.- Ma sicuro, padre, sicuro. Anche supponendo che non comprendesse...ebbene, Dio conosce tutto. - Quando, di n a poco Sir Giacomo salì di

sopra, fu evidente che non aveva ancora compreso altro se non cheBeatrice pensava che Rodolfo si era comportato bene.- Ma è al Conte di Essex, il quale è stato l'operatore di ogni iniquità,che mio figlio si è mostrato fedele. Questa è una buona cosa?- Perché no? - rispose Cristoforo. - Credo che non lo desidereresteinfedele anche in questa occasione.- Ma alla fin fine non sarebbe dalla parte di Dio se fosse controCromwell? - Il vecchio era ancora troppo turbato per comprenderespiegazioni, ed il figlio rimase in silenzio. anni di pace monastica e di

calamità erano passati, vagliando e penetrando la sua anima, purificandola poco a poco dai calori e dalle passioni in cui era immersa.  Nel guardare nel passato si meravigliò della propria compiaciuta

 piccolezza di allora. Vista così da lontano la sua figura appariva comeuna cosuccia piena di passione, gesticolante, febbrile, orgogliosa.Ricordò la serena certezza di essere lui dalla parte della ragione eRodolfo da quella del torto in ogni screzio che si produceva fra lorodue; ripensò a quel suo furioso e teatrale scoppio d'ira alla morte deicertosini, alla sua esagerata dignitosità in successive occasioni. Anche in quei primi tempi di pace, quando la sua vita interiore avevacominciato ad approfondirsi e ad avvolgerlo s'era mantenuto ristretto,concentrato in sé; aveva disprezzato la comune vita umana, noncomprendendo che la volontà di Dio era altrettanto energica nelrumoroso precipitarsi della corrente come nelle calme e riparate acquelaterali a cui egli era stato chiamato. La caduta della prioria lo aveva

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svegliato da quel sogno e la realtà che incominciava intravedere eraentrata a forza nella sua coscienza durante i mesi trascorsi in famiglia,quando aveva sperimentato la ripugnante mescolanza del mondo deisensi con quello spirito.

 Ed ora per la prima volta la sua anima, rischiarata da una tranquillagrazia interiore e non timorosa di guardare nelle tenebre esteriori, avevatrovato l'equilibrio tra i due elementi. Ora era preparato per qualunquedelle due vite, sia a ritornare nel chiostro e il lavorare per il mondo

 presso le sorgenti stesse dell'energia, sia prendere il proprio posto nellanuova Inghilterra e combattere sull'agitata superficie. Contemplava ilfiume rapido e turbolento, specchio di acqua ben più largo e pericolosodi quello che si era presentato ai suoi occhi quando contemplava il lagodi Overfield rischiarato dalla luna. Eppure al disopra di esso si stendeva

lo stesso tranquillo scudo del cielo che indorava le nere e rapide forzecorrenti con la promessa di una Presenza più grande di loro tutte.Rimase lì a lungo in pensosa contemplazione.

***

 Cristoforo non poté dormire quella notte, e lungo tempo dopo che Nicola, col capo affondato nel guanciale, stava già colla bocca aperta egli occhi serrati, il prete era ancora presso la finestra a contemplare il

fiume su cui sovrastava la luna come uno scudo argenteo in direzionedi Southwark. I prati al di là della corrente erano indistinti ed incolori;qua e là si scorgeva la macchia rossastra di qualche tetto in mezzo aglialberi; e attraverso l'acqua che correva ai suoi piedi la luna disegnavauna striscia argentea, increspata dal rapido moto dell'acqua. Londrariposava tutt'attorno, immersa nella quiete come Overfield, e Cristoforosi ricordò di quel lontano bagno al chiaro di luna tanti anni prima nellago della tenuta di famiglia, quando era tornato tutto accaldato dallacaccia ed era sceso nell'acqua con il cappellano. Allora il lago gli era

sembrato come un fresco e riposante golfo nel mondo delle sensazioni;in principio non si vedeva la luna; solo le stelle trapuntavano il cielo esi rispecchiavano nell'acqua. Poi la luna s'era alzata ed una scia displendore aveva rivestito la tremula superficie. Aveva nuotato lungo lastriscia illuminata, se ne ricordava, mentre le increspature argentee glilambivano le spalle. Ora quegli

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IX

ALLA LIBERAZIONE DEL PRIGIONIERO

 

I giorni che seguirono furono giorni di ansie e di preoccupazioni per gli amici di Rodolfo a Charing. Lo stesso non capitare nulla di nuovoera causa di spavento. Il mattino successivo alloro arrivo Cristoforo sirecò al Palazzo della Giurisprudenza per consultare l'avvocato che il

Commissario aveva raccomandato a Nicola ed un'ora dopo tornò a casain compagnia di lui. La prima cosa a cui occorreva provvedere era lamancanza di cognizioni riguardo alla procedura da adottarsi; ed iquattro uomini discussero fino all'ora del pranzo in un salotto del primo

 piano che dava sul fiume, trattando tutta quanta la situazione.L'avvocato, Sig. Herries, un settentrionale dalla faccia furba, stavaseduto col dorso appoggiato alla finestra, tenendo una pennaorizzontalmente tra le dita agili e brune. Parlava con sentenze brevi,alzando ogni tanto uno sguardo, seguito da pazienti silenzi mentre glialtri parlavano. Sembrava l'incarnazione dell'inazione che dava cosi suinervi a quelle anime ansiose. I tre interessati non sapevano neppure di quale delitto era accusatoRodolfo, ma impararono subito che la frase tecnica che locontrassegnava era rifiuto di tradimento.- Sir Torridon è stato arrestato - disse l'avvocato - per ordine delConcilio. Ad ogni modo sarebbe stato arrestato ugualmente. Si sapevache egli era a parte dei progetti del Conte di Essex. Voi mi dite che egliha distrutto le prove in suo possesso. Ciò è contro di lui se riescono a

 provarlo. - Fece scorrere leggermente la penna sulle labbra e poi lariabbassò mentre gli altri lo guardavano con occhi spalancati.- Ad ogni modo - proseguì il Signor Herries - questo non interessa per ora. Avremo tempo a pensarci. Si tratta di sapere quando si svolgerà il

 processo e come. Il Conte di Essex potrebbe essere processato da untribunale o accusato in Parlamento. Io preferirei quest'ultimo modo. Sir 

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Torridon avrà lo stesso trattamento. Se venisse scelto il primo modo,nulla possiamo fare se non aspettare e preparare il nostro caso. Seinvece si ricorresse al secondo, dovremmo fare il possibile per impedireche il suo nome venga incluso nell'atto d'accusa. - Passò quindi a

spiegar le ragioni che aveva per credere che sarebbe stato emanato unatto di accusa contro Cromwell. Era il metodo solito da adoperarsi concolpevoli eminenti e l'estensione di esso era stata grandementeaccresciuta dallo stesso Cromwell. In quel momento giacevano nellaTorre tre cattolici accusati per le mene dello stesso ministro, a motivodella loro supposta partecipazione ad una congiura per consegnareCalais agli invasori i quali l'anno prima avevano minacciatal'Inghilterra. Anche il sentimento popolare era molto teso controCromwell; il pubblico non avrebbe tollerato un lungo processo, d'altra

 parte una semplice dichiarazione di colpevolezza avrebbe consentito untempestivo sfogo alla furia popolare contro di lui. Questo dunque era il

 pericolo, ma essi non potevano far nulla, continuò l'avvocato, per stornarlo, fino a che non ne avessero avute sicure informazioni. Egli sene sarebbe incaricato, comunicando loro quanto prima il risultato.- E allora? - chiese Cristoforo, guardandolo disperatamente, perché lafredda aria di deliberazione del Signor Herries gli dava un terribilesenso dell'impassibilità procedurale della legge.- Stavo appunto per parlar di ciò - riprese l'avvocato; se le cose vanno

come io penso ed il nome di Sir Torridon è indicato come da inserirsinell'atto di accusa, dobbiamo ricorrere agli amici più potenti che sia

 possibile, per usare della loro influenza contro l'inserzione del nomenell'atto. Ne avete voi di tali amici? - aggiunse, guardando acutamenteSir Giacomo al disopra della penna. Il vecchio scosse il capo.- Non ne conosco nessuno - rispose questi. L'avvocato serrò fortementele labbra.- Allora dobbiamo agire meglio che ci riesce. Possiamo subito mettereda parte tutti i nemici del Conte di Essex, e... ed egli ne ha molti, ora.

Due nomi mi vengono alla mente. Il Signor Rodolfo Sadler, ufficialegovernativo, ed il Vescovo di Canterbury.- Ah! - gridò Cristoforo, abbassando la mano - il Vescovo diCanterbury! Mio fratello ha avuto a che fare con lui.Sir Giacomo si irrigidì sulla sedia.- Non voglio favori da quell'individuo - disse gravemente. L'avvocato

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lo guardò con le ciglia rialzate.- Ebbene, signore - disse - se non volete, io non insisto, ma non possosuggerirne uno migliore. Egli è nelle grazie di Sua Maestà; si dice cheabbia già detta una parola per il Conte di Essex - non molto - in questo

caso molto equivarrebbe a troppo, credo; ma pure è stato qualcosa. Ecosa ne dite del Signor Sadler?- Non so nulla di lui - balbettò il vecchio. Ci fu un momento di silenzio.- Ebbene - riprese il Signor Herries - potrete ripensarci. lo sono per ilVescovo di Canterbury, per le ragioni che vi ho accennato. Ma

 possiamo attendere alcuni giorni. Non sarà possibile far nulla finchénon conosciamo il metodo della procedura. Poi se ne andò,

 promettendo che avrebbe fatto loro sapere il più presto possibile ilrisultato delle sue ricerche.

***

 Le voci incominciarono a correre rapidamente per la città. Si diceva,quantunque allora non fosse vero, che Cromwell aveva inviata unalettera al Re dietro richiesta dello stesso, nella quale spiegava la suacondotta, negando assolutamente di aver pronunciato certe paroletemerarie a lui attribuite. Ci fu un'immensa eccitazione dovunque; lafolla si adunava giornalmente dinanzi al Palazzo di Westminster; ad

ogni angolo delle strade crocchi di persone discutevano sui casi delministro decaduto ed elevavano grida in favore di quelli che sapevanoessere suoi nemici, come il Duca di Norfolk, Rich ed altri - mentrequesti, fendendo la folla, si dirigevano verso il Palazzo.  Nel frattempo gli amici di Rodolfo non erano in grado di far molto.

 Nicola si recò una volta o due a trovare il Commissario della Torre ecercò di strappargli la promessa che Rodolfo sarebbe stato informatodella loro presenza a Londra; ma non gli riuscì di vedere il prigionieroné di avere alcuna notizia sul suo conto se non che stava in buona

salute e di buon umore ed era alloggiato in una cella privata. Poiimprovvisamente un pomeriggio, arrivò qualche notizia da parte delSig. Herries il quale li informava che Cromwell doveva esseregiudicato. Tale notizia accrebbe la loro ansia per il pericolo che ancheRodolfo venisse incluso nella lista. A cena Sir Giacomo non poté mangiar quasi nulla, ma s'accontentò di

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sbriciolare il pane, mentre Beatrice parlava quasi febbrilmente, neltentativo di distrarlo. Alla fine si alzò ed usci mentre gli altri rimaseroseduti, guardandosi l'un l'altro, ansiosi ed angosciati. Disperato, Nicola

 prese a discorrere della visita alla Torre, della esitazione del

Commissario e della propria insistenza; gli ascoltatori non si accorserodi nulla finché la porta si spalancò e nel vano comparve il vecchio cogliocchi luccicanti, e le labbra tremanti di speranza. Teneva un pezzo dicarta in mano.- Ascoltate - gridò mentre gli altri balzavano in piedi. Or ora è giuntoun individuo da parte del Sig. Herries con questo - alzò la carta e lesse.- Il nome di Sir Torridon non è nella lista. Sarò presso di voi domani.- Sia ringraziato Iddio! - sospirò Cristoforo.

*** 

Il mattino seguente ci fu un'altra lunga discussione. Il Signor Herriesarrivò verso le dieci per confermare la notizia; ed i quattro sedettero dinuovo fino a pranzo, discorrendo e progettando. Adesso non c'era più ladisperata fretta del giorno innanzi; il primo pericolo era passato. Unasola cosa poteva fare l'avvocato, ossia, ripetere il suo consiglio diottenere l'intercessione dell'Arcivescovo. Fece di nuovo osservare cheCranmer, mentre godeva l'amicizia del ministro decaduto, non era stato

in alcun modo coinvolto nella rovina di lui; era ancora potente presso ilRe e per conseguenza di considerevole influenza sul Concilio. Era pertanto facile che fosse in grado e nello stesso tempo desideroso di parlare in favore dell'agente di Cromwell. - Io però consiglierei di non far nulla, prima che la dichiarazione diaccusa sia presentata al Parlamento. Noi non sappiamo ancora fino ache punto l'azione di Sir Torridon ha influito sui fatti. Da ciò che voidite, signori, e da quello che io ho udito altrove, sembra che idocumenti distrutti da Sir Torridon non siano essenziali alla condanna. I

documenti trovati nella casa del ministro sono sufficienti. Ma trovarono qualche difficoltà nel persuadere Sir Giacomo adacconsentire a chiedere un favore all'Arcivescovo. Ai suoi occhiCranmer era fuori dei limiti della decenza; aveva vissuto con duedonne, diceva il vecchio, che chiamava mogli, quantunque, essendo

 prete, non fosse capace di matrimonio. Aveva violato il giuramento

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fatto alla consacrazione; aveva benedetto ed annullato con ugual prontezza i frequenti matrimoni del Re; era un eretico confesso suinnumerevoli punti della fede cattolica. Il Sig. Herries fece rilevare con laboriosa minuziosità che questo era

del tutto fuori di argomento. Egli non proponeva che Sir GiacomoTorridon si recasse dall'Arcivescovo come da un superiore spirituale,ma come da uno che aveva grande influenza; se anche fosse stato unassassino non sarebbe importato nulla, a suo avviso. Cristoforo lointerruppe con occhi ansiosi. - Certamente - disse rivolgendosi al padre - voi sapete come io sia dallavostra parte in tutto quello che sostenete; eppure in questo caso sonodel parere del Signor Herries. Non comprendo... - Dio ci aiuti. - gridò il vecchio. - Non so cosa fare. - Volete parlarne

colla signorina Beatrice? - chiese Cristoforo. Sir Giacomo assenti. - Sì, le parlerò.

***

 Il giorno seguente l'atto di accusa fu redatto ed i nostri amici se nerimasero in casa, a Charing, col cuore angosciato, ascoltando la follarumoreggiante nella strada fra canti e grida di trionfo. Ogni gridolacerava i loro cuori, perché non era forse per la disgrazia del superiore

ed amico di Rodolfo che essi gioivano? Mentre facevano cena udirono battere forte alla porta che dava sulla strada; si misero in ascolto edistinsero la voce di un ubriaco che gridava loro di venir fuori einneggiare alla libertà. Nicola divenne rosso d'ira e fece un movimento

 per recarsi alla porta, tenendo la mano sull'impugnatura della spada. - Ah! siediti, Nicola - disse il monaco. - Quel pazzo ubriaco s'è giàallontanato. - E ne udirono i passi malfermi, diretti alla volta diWestminster.

*** Una quindicina di giorni dopo si recarono finalmente a Lambeth. Erastato difficile persuadere Sir Giacomo, ma alla fine Beatrice c'erariuscita. Nicola si era professato pronto a chiedere un favore al diavolo,in tali circostanze, e Cristoforo stesso continuò a sostenere l'opinionedell'avvocato. Ripeté i suoi argomenti più e più volte. Allora fu

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necessario fissare un appuntamento coll'Arcivescovo e finalmente sistabilì il giorno. Sua Eccellenza li avrebbe ricevuti, scrisse un segretario, alle due

 pomeridiane del giorno tre luglio. Beatrice rimase seduta per tutto quel

lungo e caldo pomeriggio presso la finestra del salotto del primo piano,guardando l'ampio fiume sottostante, conscia forse per la prima voltadel peso di responsabilità che gravava su di lei. Li aveva vistiallontanarsi su una barca, il padre e il figlio con Nicola a poppa el'avvocato di fronte a loro sull'asse trasversale. Avevano sceso le scalesenza che nessuno fiatasse se non lei che aveva parlato disperatamente,

 per alleviare la tensione. Poi erano partiti. Sir Giacomo s'era voltatoindietro a guardare Beatrice mentre la barca prendeva il largo, e leiaveva notato che le labbra gli tremavano. Li aveva osservati

rimpicciolire mentre andavano, e poi, allorché una chiatta era passatatra lei e la loro barca, era tornata tutta sola a casa per attendere il ritornodei tre. Eppure lei, in un certo senso, era responsabile di tutto. Non fosse stato

 per la sua visita a Rodolfo, egli avrebbe consegnato i documenti alleautorità ed avrebbe ora goduto della libertà, senza dubbio, come gli altriagenti di Cromwell. Nel pensare a ciò il cuore torturato le chiese più e

 più volte se, dopo tutto, aveva agito bene. Mentre stava là seduta,riesaminò tutta la vicenda.

 - Non avrebbe potuto fare diversamente? Non era, dopo tutto, la suainterposizione ed il suo consiglio un pazzo gesto cavalleresco, nonnecessario e nient'affatto pratico? Eppure era convinta che lo avrebbefatto di nuovo, se si fossero presentate un'altra volta le medesimecircostanze. Sarebbe stato impossibile agire in altro modo, la ragioneglielo avrebbe impedito; il Signor Herries aveva insinuato tante cosecon un semplice e rapido sollevamento delle folte sopracciglia mentrelei gli narrava la storia. Per Cromwell non ci sarebbe stata alcunadifferenza - ah! però lei non l'aveva fatto per questo, ma per lo stesso

Rodolfo affinché non perdesse nessuna occasione di fare un movimentodi ritorno verso l'onore che aveva perduto.  Nondimeno provava una tortura nel pensare a tutto ciò, stando làseduta. Aveva affrontato la questione già prima; ma ora l'angoscia cheaveva scorto attorno a sé durante quelle tre ultime settimane l'avevacostretta a penetrarla maggiormente. Un giorno dopo l'altro aveva visto

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il volto del vecchio padre farsi oscuro e consunto a causa dellasospensione che gli rodeva il cuore. Lo aveva osservato ai pasti - loaveva visto sedersi in un confuso dolore, cercando di padroneggiarsi enon perdere la speranza - lo aveva visto, allorché la luce svaniva nel

salotto sopra stante, concentrarsi profondamente, cogli occhi nascostinella mano, mentre la grigia barba appuntita si muoveva a sbalzi altremolar della bocca. Una volta o due aveva incontrato gli occhi di luifissi sui suoi, in un atteggiamento interrogativo, ed aveva intuito ciòche si nascondeva nel suo cuore, ossia una semplice ed estaticasorpresa per gli strani eventi che avevano reso lei così intimamenteresponsabile della felicità di suo figlio. Il suo pensiero corse pure a Margherita mentre stava là seduta; la

 povera fanciulla che si era cosi riposata in lei, le aveva creduto e

l'aveva amata. Essa si trovava attualmente ad Overfield, vivendo in unincubo, leggendo con tanta ansietà le scarse lettere, delusa ogni volta

 per le buone notizie che bramava e che non giungevano.

***

 Il peso era intollerabile. Beatrice non sapeva quasi dove si trovasse oche cosa stesse aspettando. Andava rivivendo ogni particolare delle

 proprie relazioni con Rodolfo. Si ricordava di quando l'aveva visto la

 prima volta a Chelsea; come era uscito con Sir More dalla porta dellanuova villa per passeggiare nel parco. Ricordava pure d'essere andataattorcigliando nelle dita un anello di erba, mentre prestava ascolto allaconversazione, anello che aveva quindi gettato sulla schiena del cane.Dopo, aveva incontrato Rodolfo quasi tutti i giorni; veniva ad ogni orae lei lo osservava attentamente perché credeva di aver trovato un uomo.Si ricordava come il proprio interesse per lui era andatointensificandosi; come d'improvviso il suo cuore aveva sussultatoquella sera in cui era entrata nella sala ed aveva trovato lui seduto nella

 penombra. Poi, come passo passo, l'amicizia era cresciuta fino arivelare il proprio volto radioso quando le amare parole di Cristoforoavevano echeggiato nella casa presso Westminster. Da allora la sua vita era diventata magica; tutto il mondo le gridava -Rodolfo - le trombe che sentiva squillavano in sua lode; i tramonti

 brillavano solo per loro due. Poi era giunta la notizia dell'opera dei

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Visitatori ed il suo cuore aveva incominciato ad interrogarlainsistentemente; le domande erano divenute affermazione ed in un'oradi passione si era recata da lui, l'aveva flagellato colla sua lingua e loaveva lasciato. Lo aveva ancora visto qualche volta negli anni

successivi; lo aveva seguito da una finestra da cui pendevanotappezzerie, a Cheapside, mentre cavalcava a fianco del Re e non avevaosato chiedersi quello che il cuore bramava tanto dirle. In seguito era venuta la domanda della madre, ed i veli erano caduti.Allora lui l'aveva fatta chiamare - non aveva mai avuto il minimodubbio al riguardo - mentre essa una sera stava seduta da sola nella suastanza. Il grido era giunto fievole e pietoso: Beatrice, Beatrice. - Aveva

 bisogno di lei ed era andata ed aveva mescolato un'altra volta la propriavita con la sua. Ed ora lui giaceva nella Torre...

  ***

 - Beatrice, bimba mia. - Si volse dalla finestra cogli occhi velati dilacrime ed in un istante si trovò inginocchiata a fianco della zia, collafaccia seppellita nel grembo di lei, e sentì quelle graziose vecchie mani

 passarle sui capelli. Udì un mormorio sul suo capo, ma non riuscì adafferrare una parola. Di una cosa sola abbisognava e questa... Poid'improvviso s'era eretta in ascolto, sempre stando in ginocchio, mentre

la mano carezzante le posava immobile sul capo.- Beatrice, mia cara Beatrice.

***

 Si udirono dei passi solleciti e frettolosi di fuori, sulle scale. La ragazza balzò in piedi e rimase cosi un momento, un po' titubante, concontenuta aspettazione. Poi la porta si apri e comparve Cristoforo,imporporato e raggiante, col volto rischiarato dalla luce della sera. - Va tutto bene - gridò l'Arcivescovo ci condurrà dal Re.

X

PLACENTIA

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 Il tratto di riva prospiciente la casa di Greenwich presentava unamagnifica veduta quando quattro uomini vi giunsero una mattina, circatre settimane più tardi. La lunga fila di case di mattoni, a due piani, cheEnrico aveva nominato Placentia, con le loro serie di finestre interrotteda due gruppi di agili torri sovrastanti i fortini, era fronteggiata dalarghi spiazzi e da una striscia d'erba dalla quale si staccavano i gradiniche conducevano giù al fiume. Dinanzi a ciascuna di queste discese

 passeggiavano di continuo sentinelle in brillanti uniformi mentre il sole batteva sui loro elmi di acciaio e sulle punte delle picche; servi collalivrea reale, barcaiuoli in blu e coi segni di distinzione. Qua e là, ai piedi dei gradini, dondolavano fastose barche,

assomiglianti ad una festa di ori e di colori, con ampie e basse tende a poppa e bandiere che pendevano a prua. Altre imbarcazioni andavanoin ogni direzione, come coleotteri d'acqua, saettanti da una riva all'altracoi passeggeri, oppure ferme, coi remi sollevati e trascinate dallacorrente che permetteva ai visitatori di osservare e di far le meravigliealla vista dei grandi edifici. Dietro si ergevano le verdi masse di albericonfinanti col parco digradante, e sopra tutto ciò si stendeva il cielo diluglio, in cui veleggiavano solenni fiocchi di nubi. C'era stato un ritardo nell'adempimento della promessa

dell'Arcivescovo; una volta era fuori per affari; un'altra il Re era troppo pressato dalle occupazioni, come riferiva Cranmer, per permettersi diesaminare quella questione. Poi era venuto improvvisamente daLambeth un corriere con una lettera, in cui si ordinava loro di

 presentarsi a Greenwich il mattino seguente poiché l'indomani era statostabilito quale giorno dell'esecuzione di Cromwell e l'Arcivescovosperava che il Re sarebbe stato disposto ad ascoltare una parola infavore dell'agente la cui fedeltà non era riuscita a salvare il suosuperiore.

***

 Ad un tratto il barcaiuolo trattenne l'acqua col remo sinistro, diedequalche colpo coll'altro remo guardandosi dietro e la barca scivolò finoai piedi dei gradini. Un paio di barcaiuoli colla livrea dell'Arcivescovostavano già in attesa, e fermarono saldamente la barca per permettere ai

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quattro signori di uscirne; un momento dopo questi erano sul piccolospiazzo. Si trovavano di fronte ad una delle entrate minori del palazzo.Ad una sessantina di metri di distanza stava l'entrata regia, adorna didrappi e di tappeti, colla barca del Re dondolantesi sull'acqua

 prospiciente. Un certo numero di servi andavano e venivano sullospiazzo sotto le grandi finestre delle sale parlamentari; qui però i nostri potevano godere una relativa calma. Un piccolo passaggio sbarrato dal passo della sentinella, e che comunicava coll'interno del palazzo, si aprìalla loro destra. Uno dei barcaiuoli salutò la comitiva. - Sir Torridon? - chiese. Cristoforo assentì. - Il mio signore mi haordinato di introdurvi da lui appena arrivati. - Li precedette verso la

 porta, disse una parola alla guardia ed il gruppo entrò nell'internoattraversando il vestibolo. Il corridoio era, con semplice austerità,

 provvisto di guide sul pavimento e di sedie disposte qua e là lungo lozoccolo delle pareti; arazzi inframmezzati da picche incrociate

 pendevano dai muri. Attraverso le finestre basse i quattro poteronovedere a più riprese qualche cortiletto, una macchia di arbusti ed un

 pezzo di prato; per, un breve istante godettero pure la veduta del pratodove Enrico, nei giorni della sua giovinezza, era solito prendersi glispassi di calendimaggio. Ad ogni momento, proseguendo prima nelcorridoio e poi attraverso le sale d'aspetto in fondo, incontravano

 persone che andavano e venivano; servi frettolosi coi loro messaggi,

 persone nobili ed agiate col capo coperto, paggi che stavano rittiaccanto a porte chiuse; due volte fu chiesto loro che cosa cercassero. - Cerchiamo l'Arcivescovo di Canterbury - rispose sempre il

 barcaiuolo. Sembrava a Cristoforo di aver percorso un'immensadistanza allorché la guida finalmente si fermò, facendo loro cenno diandare innanzi mentre un paggio in livrea rossa venne fuori da una

 porta vicina. - L'Arcivescovo di Canterbury - disse per l'ultima volta il barcaiuolo. Il

 paggio fece un inchino, si volse e spalancò la porta. Si trovarono in un

largo salotto, coi tappeti sul pavimento e le pareti ornate di drappi chedal soffitto scendevano fino a terra. Si aprì più in là una seconda portache dava adito ad un'altra sala. Nel centro stava un tavolo rotondo conattorno sedie ricoperte di broccato ed un lungo divano presso ilfocolare. Dalla parte opposta s'aprivano le finestre attraverso le quali sivedeva luccicare il fiume.

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  Non si erano quasi scambiati una parola da quando avevano lasciatoCharing, poiché avevano già detto tutto durante le settimane trascorsenell'attesa della chiamata dell'Arcivescovo. Cranmer li aveva ricevutigentilmente, quantunque non avesse promesso altro se non di introdurli

dal Re, senza esprimere alcuna opinione sul caso. Li aveva ascoltati concortesia, aveva seguito calmo le spiegazioni di Cristoforo intornoall'operato di Rodolfo e poi, quasi senza commento, aveva fatta la

 promessa. Sembrava come se l'Arcivescovo non fosse nemmeno ingrado di elaborare un'opinione, e ancor meno di esprimerla fino a chenon avesse udito ciò che Sua Maestà aveva da dire. 

*** 

Cristoforo si recò alla finestra e l'avvocato lo seguì. - Placentia! - disseil Signor Herries. - Non faccio nessuna meraviglia. È ancora più piacevole vista dall'interno - e rimase così a godere il magnifico panorama, il luccicante corso d'acqua picchiettato di macchie colorate,la lunga riva opposta e le guglie della città che si ergevano in un'azzurrafoschia lontano lontano, a sinistra. Anche Cristoforo stette acontemplare, ma con occhi che non vedevano. Sembrava che ognifacoltà lo avesse abbandonato. La sospensione delle ultime settimaneaveva corroso la superficie della sua anima e l'intensità delle emozioni

a cui andava incontro sembrava aver paralizzato quello che era rimastoin lui. Spontaneamente gli si dipinse nella fantasia la casetta di Charingdove Beatrice stava aspettando e, come immaginava, pregando, e pensòche la prossima volta che l'avrebbe vista avrebbe già saputo tutto, ecioè se la sentenza di Rodolfo era di vita o di morte. La quiete solenne e l'aria di ricca e confortevole tranquillità di cui eracircondato il palazzo, e che s'erano impresse nella sua mente anchedurante il centinaio di metri percorsi nell'attraversarlo, gli fornivanoun'aumentata sensazione di ciò che incombeva sul proprio fratello,

ossia di quelle forze imponenti ed impassibili nelle cui spire era comeavvolto. Poi si girò. Suo padre era seduto al tavolo, col capo appoggiatoad una mano; Nicola stava girando il suo sguardo nell'austera sala conla solennità di un fanciullo, con un fare stranamente rustico e fuori

 posto in tale ambiente. Tutto era immerso nella più grande quietementre Cristoforo stava appoggiato all'imposta della finestra, nel suo

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abito secolare, con le mani strette dietro la schiena. Una volta un passorisuonò nel corridoio ed il pavimento vibrò leggermente; poi squillò uncorno in qualche luogo lontano, mentre dal fiume giungeva adintermittenza il grido di un barcaiuolo Cl il rumore dei remi negli

scalini. Ad un certo punto il Signor Giacomo alzò lo sguardo, apri le labbracome per parlare e poi lasciò ricadere il capo sulla mano. L'attesasembrava interminabile. Cristoforo si voltò ancora una volta verso lafinestra, si tolse il breviario di tasca e lo apri; fece il segno di croce edincominciò: - In nomine Patris et Filii... Allora la seconda porta sischiuse ed egli si volse bruscamente. Si sentì un fruscio di seta ecomparve l'Arcivescovo in abito e mantello. Cristoforo fece un leggeroinchino appena il prelato lo ebbe oltrepassato, diretto con passo svelto

verso il tavolo dove ora Sir Giacomo stava ritto in piedi, e ne scrutò conansia i lineamenti per trarne un presagio. Non vi si poteva leggerenulla; la sua faccia liscia, sorrideva calma come al solito e le larghelabbra erano leggermente separate. - Buon giorno, Sir Torridon; siete giunto a buon tempo. Vengo or oradal colloquio con Sua Maestà e vi condurrò da lui immediatamente. -Cristoforo vide il volto di suo padre impallidire un poco nel farel'inchino. Nicola stette a guardare cogli occhi spalancati. - Ma abbiamoancora qualche minuto a nostra disposizione - continuò l'Arcivescovo. -

È con Sua Maestà il Signor Tommaso Wriothesly. Frattanto ditemi dinuovo che cosa volete che io comunichi al Re.Sir Giacomo, esitante, guardò l'avvocato - Signor Herries disse.Cranmer si girò e fece un'altra volta quel breve e mezzo supplichevoleinchino al prete ed all'avvocato. Quando Cranmer si fu seduto, il Signor Herries venne avanti e gli strinse le mani, cosicché la grossa ametistasormontante l'anello fu ben visibile sul suo dito affusolato.- Si tratta di questo, Eccellenza - esordì - come vi abbiamo detto aLambeth. Questo signore desidera la clemenza del Re verso Sir 

Rodolfo Torridon, ora detenuto nella Torre. Sir Torridon ha servito, dalungo tempo, Sir Cromwell molto fedelmente. Non intendiamomantenere segreti al riguardo. Egli ha distrutto certi documenti privati,quantunque non ci siano prove, e voi ricorderete che noi eravamo indubbio se Sua Maestà dovesse esserne informato...Sir Giacomo lo interruppe improvvisamente.

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- Io l'ho pensato, Eccellenza. Preferirei che il Re sapesse tutto. Nondesidero affatto che ne sia tenuto all'oscuro. L'Arcivescovo, che avevaguardato con sorridente attenzione or l'uno or l'altro, a questo puntoentrò nel discorso.

- Sono contento che voi pensiate così. Anch'io sono di questa opinione.Quantunque questa circostanza non possa essere provata, come dite, èmeglio però che Sua Maestà sappia tutto. Credo che in ogni caso glieloavrei detto io stesso.- Allora, Eccellenza, se credete bene... - riprese il Signor Herries -

 potreste far presente a Sua Maestà che questa è una libera ed apertaconfessione. Sir Torridon ha veramente bruciato dei documentiimportanti, ma essi non avrebbero giovato a nulla. Sir Cromwell eraspacciato anche senza di essi.

- Ma Sir Torridon non le sapeva queste cose? - chiese l'Arcivescovo blandamente.- Sì, Eccellenza - gridò Sir Giacomo - sapeva certamente che il ConteCromwell... - L'Arcivescovo sollevò la mano delicatamente: - Il Sig.Cromwell - corresse. - Il Sig. Cromwell, proseguì il vecchio - dovevasapere che il Sig. Cromwell ne aveva degli altri, più importanti, chesarebbero certamente stati trovati e adoperati contro di lui.- Allora perché li ha bruciati? Voi capite che desidero solamente saperecon precisione quello che devo dire a Sua Maestà.

- Li ha bruciati, Eccellenza, perché non poteva sopportare che la suamano si levasse contro il proprio superiore. Indubbiamente questo nonè che leale e buono! - L'Arcivescovo, calmo, affermò col capo tre oquattro volte.- E voi desiderate che Sua Maestà si incarichi... di far liberare Sir Torridon?- Precisamente, Eccellenza - rispose l'avvocato.- Sì, comprendo. E potete voi darmi qualche garanzia della buonacondotta di Sir Torridon?

- Egli ha servito il Sig. Cromwell - rispose l'avvocato molto freddo - per vari anni. Ha collaborato con lui nell'affare delle Case Religiose;era uno dei Visitatori del Re, ed assistette alla distruzione della prioriadi Lewes; tutto ciò, Eccellenza, è una sufficiente... - Sir Giacomo emiseun gemito.- Signor Herries, Signor Herries... - Cranmer si volse verso di lui

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sorridendo.- Conosco i vostri sentimenti -r disse, - ma se questo è vero...- Sì, è vero! Dio lo protegga! - gridò il vecchio.- Allora questo è quanto noi desideriamo; proprio come voi stesso ci

avete or ora confermato. Nevvero, Signor Herries? L'avvocato guardòdi nuovo il vecchio.- Questa, Eccellenza, è una garanzia sufficiente che Sir RodolfoTorridon non è nemico dei progetti di Sua Maestà.- Non posso sopportare ciò! - gridò Sir Giacomo. Nicola che avevaguardato attonito e con la bocca aperta or l'uno or l'altro, lo prese pel

 braccio.- Dovete pazientare, - disse, - è... è diabolico, ma è pure vero.Cristoforo, non hai nulla da dire? - Il monaco fece un passo innanzi.

- È vero, Eccellenza. lo stesso ero monaco a Lewes.- E vi siete sottomesso all'autorità, - interruppe con rapiditàl'Arcivescovo. - Vivo tranquillamente in famiglia - rispose Cristoforo: -è vero che mio fratello ha fatto tutto ciò ma... ma mio padre desiderache di questo particolare non si faccia menzione nella sua causa.- Se è vero - disse l'Arcivescovo - è un'ottima cosa dirlo. Non vogliamoaltro che la nuda verità.- Ma io non posso sopportare ciò - ripeté di nuovo con voce strozzata ilvecchio. Cristoforo, girando dietro la persona dell'Arcivescovo, si

avvicinò a suo padre.- Sentite, babbo, lasciate fare all' Arcivescovo. Egli comprende lanostra situazione.Sir Giacomo lo guardò stupefatto e turbato.- Dio ci assista! La pensi così, Cristoforo?- Sì, la penso così; Eccellenza, comprendete, vero? - L'Arcivescovofece un altro leggero inchino. - Allora, Eccellenza, noi lasciamo tutto nelle vostre mani. Si sentì

 battere alla porta. L'Arcivescovo si alzò.

- Questo è il segnale per noi - disse. - Venite, signori, Sua Maestà sarà presto a vostra disposizione.Il Signor Herries andò verso la porta e l'aprì facendo un inchino, mentrel'Arcivescovo passava seguito da Sir Giacomo e da Nicola. Lui eCristoforo li seguirono.

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***

 Una specie di oscura indifferenza s'era impadronita del cuore delmonaco mentre usciva dalla sala. Sapeva di trovarsi in maggior 

 pericolo di qualunque altro suo compagno, eppure non temeva. La passione del timore era stata resa ottusa dalle trascorse esperienze, edegli si recava alla presenza del Re quasi senza un tremito. La stanza eravuota, non trovandovisi che un paggio presso l'estrema porta, che siaprì per lasciar passare la comitiva; più in là vi era un ampio vestibolofornito di numerose porte tutto intorno e di una scala a destra. Nelsalite, l'Arcivescovo fece un piccolo cenno agli altri, raccogliendo inuna mano i lembi della veste e rispondendo con la mano libera al salutodella sentinella che stava nel vestibolo. In cima alle scale si apriva un

largo pianerottolo terminante in un corridoio nel quale essi siavviarono. Voltarono a sinistra e man mano che procedeva poterono, danumerosi indizi, rilevare che erano ormai vicini agli appartamenti reali.Si notavano spessi tappeti di cuoio qua e là; lungo i muri eranocollocati splendidi mobili, tavole intagliate sormontate da alti vassoi;armature veneziane finemente lavorate in argento, ed alla porta di ognistanza che dava sul corridoio stava in piedi una sentinella od un servo,che si irrigidivano al passaggio dell'Arcivescovo. Questi rispondeva

 premurosamente ad ogni saluto e due o tre volte chinò cortesemente il

capo. C'era nell'aria un forte odore caldo e fragrante, come di oggettiavvolti nel muschio, che nemmeno le ampie finestre aperte verso ilgiardino a destra riuscivano a diradare completamente. Per la prima volta; da quando aveva lasciato Charing, il cuore diCristoforo accelerò i battiti; le lente tappe precedenti la suaintroduzione alla formidabile presenza avevano incominciato a

 produrre il loro effetto. Se fosse comparso dinanzi al Re d'improvvisonon ne sarebbe stato mosso; se avesse ancora avuto un'ora di tempo, sisarebbe rimesso da quella emozione, ma questo progressivo ed ordinato

avvicinamento, la suggestività degli spessi tappeti e del mobilio, lavista delle figure silenziose che attendevano, 1'odor di muschio sparsonell'aria, tutto, congiurava ora ad influenzarlo. Incominciò a pensareche stava accostandosi alla presenza di qualche grande bestione che siera costruita là la sua tana, custodita da questi servi discreti ed allaquale il condiscendente prelato, nel suo ufficio di custode principale, lo

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guidava. Ognuno di quelli che gli stavano dinanzi poteva additargli ilsantuario del labirinto, dove la creatura era rintanata; una porta potevaaprirsi e da quella affacciarsi una faccia selvaggia, gocciolante sangue e

 bava.

 Finalmente un paggio spinse una porta ed essi vi entrarono; ma quifurono di nuovo fermati. C'era un'ultima sala d'aspetto. Una dozzina di persone, gente d'ognisorta, un avvocato, un soldato ed altri, si alzarono in piedi e siinchinarono al prelato. Allora la comitiva si sedette accanto alla portaopposta in un silenzio di tomba, ed i minuti incominciarono a passare.Durante l'attesa si udì qualche grido proveniente dal fiume; una voltaun passo varcò la porta e due volte un mormorio di voci risuonò e sispense. Poi improvvisamente una mano afferrò la maniglia dall'altra

 parte della porta e l'Arcivescovo si alzò con Sir Giacomo a lato. Ci fuancora una pausa.Quindi una voce echeggiò forte e vicina, dando origine ad unmovimento generale nella sala, in seguito al quale tutti si alzarono in

 piedi. La porta fu spalancata e il Re, insignito dell'ordine dellaGiarrettiera, venne innanzi, blando e sorridente, strisciando, nel

 passare, il battente della porta con le maniche di seta rigonfie. Unafaccia somigliante a una maschera, liscia e senza espressione, lo seguì eriverì l'Arcivescovo. Cranmer si voltò leggermente verso i protetti, fece

un breve cenno e andò direttamente innanzi. Cristoforo lo seguì colSignor Herries.

 

XI

ALLA PRESENZA DEL RE

 Quando Cristoforo si fu inginocchiato con gli altri e la porta fu chiusadietro di lui, s'avvide di trovarsi in una grande sala con paretitappezzate, un largo tavolo ricolmo di carte nel centro, un alto soffitto aintravature ed uno spesso tappeto sotto i suoi ginocchi. Per un momento

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non vide il Re. Il paggio che li aveva invitati ad entrare attraversò lasala e gli occhi di Cristoforo lo seguirono mentre entrava per una portainterna, nell'angolo. Poi, sempre stando in ginocchio, volse gli occhi esi accorse che l'Arcivescovo andava verso la finestra e, giuntovi, sali il

gradino che conduceva sulla predella situata in una veranda ottagonaleincassata nella parete. Allora vide il Re. Era una grossa figura seduta dalla parte opposta a quella per cui essierano entrati, sul largo sedile che correva tutt'intorno alla veranda. Lemaniche rigonfie facevano sembrare enormi le spalle; sul petto pendevauna catena d'oro colla quale le sue grosse dita stavano giocando. Piùsotto, il vasto stomaco si ripiegava sul diaframma e le gambe scarlatteerano incrociate una sull'altra. Sul capo aveva un largo berretto divelluto piumato, sotto il quale si delineava la grossa faccia quadrata,

gioviale e solenne ad un tempo, con le strette occhiate e la piccola bocca a borsa, orlata sul labbro inferiore di peli rossicci, quella facciache Cristoforo ricordava di aver visto nella imbarcazione qualche anno

 prima. Si sentiva forte nell'aria l'odore di muschio. Qui dunque stava lamostruosa bestia, godendosi i raggi del sole e attendendo.

***

 La comitiva rimase cosi ferma qualche momento, mentre l'Arcivescovo

si recava verso la predella; questi si inginocchiò di nuovo, poi si rialzòe pronunziò rapidamente qualche parola che Cristoforo non riuscì adistinguere. Enrico annui col capo e volse gli scintillanti e stretti occhiverso di loro e fece un cenno colla mano. L'Arcivescovo si girò e ripetéil gesto, per indicar loro di alzarsi, cosa che tutti prontamente fecerodietro l'esempio di Cristoforo. - Sir Torridon, Maestà - spiegò l'Arcivescovo, curvandorispettosamente le spalle. - Vostra Maestà ricorderà... Il Re chinò il capo subitamente e cacciò fuori una mano. Cristoforo

diede una toccatina al padre che gli stava dietro. - Fatevi innanzi - gli sussurrò - baciategli la mano. - Il vecchio mosseinnanzi qualche passo esitante. L'Arcivescovo fece un brusco cenno eSir Giacomo avanzò più risoluto verso la predella; cadde in ginocchio esollevò la mano regale alle proprie labbra e si ritirò per lasciar postoagli altri. Quando fu il turno di Cristoforo e questi ebbe sollevate le

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grosse dita scorse per un istante una meravigliosa pietra rossa sul pollice e la riconobbe. Era il «Regale di Francia» che aveva visto anni prima nella visita al santuario di S. Tommaso a Canterbury; in un baleno si ricordò dello stemma di Cromwell come l'aveva visto sui

documenti a Lewes: il mezzo leone stringente fra le zampe l'anellocolla gemma rossa. Quindi anch'egli si ritirò e l'Arcivescovo prese a parlare. - Vostra Maestà ricorderà che è rinchiuso nella Torre un certoSir Rodolfo Torridon, agente di Sir Cromwell... - Il volto del Re sicontrasse leggermente ma egli non disse nulla. - Il quale è in attesa del processo per aver distrutto delle testimonianze.Questo, almeno, Maestà, è ciò che mi è stato riferito a suo carico. Manon è stato provato. Sir Torridon, qui presente, afferma che ciò puòessere provato, ma che tuttavia egli desidera riconoscerlo apertamente

come cosa avvenuta, poiché tale particolare depone a vantaggio di suofiglio. - Gli occhi di Enrico si posarono un'altra volta sul vecchio,corsero sugli altri e si fermarono di nuovo sulla faccia di Cranmer chegli stava ritto al fianco colla schiena rivolta alla finestra. - Egli è venuto qui per implorare la clemenza di Vostra Maestà.Desidera far presente a Vostra Maestà che suo figlio ha sbagliato per eccessiva fedeltà alla causa di Sir Cromwell, e soprattutto che latestimonianza in tal modo distrutta non ha variato il corso dellagiustizia...

- Per tutti i diavoli! - proruppe improvvisamente l'aspra voce - non l'havariato né lo varierà!Cranmer attese un momento cogli occhi bassi; ma il Re era già rientratonel silenzio.- Sir Torridon mi ha persuaso ad accompagnarlo alla Vostra Augusta

 presenza, e a parlare per lui. Egli non è abituato...- E chi sono costoro?Cristoforo senti scorrere su di sé quegli occhi penetranti. - Questi è Sir 

 Nicola Maxwell - spiegò l'Arcivescovo, indicandolo, - genero di Sir 

Torridon, e questi il Signor Herries... - Ed il prete? - chiese il Re.- Il prete è Sir Cristoforo Torridon, che ora vive con suo padre adOverfield.- Ah! Ah! ma è vissuto sempre là?- No, Maestà - rispose Cranmer delicatamente; - fu monaco a Lewesfino allo scioglimento della comunità.

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- Ho udito qualche cosa intorno al suo nome - disse Enrico riflettendo. -Che cos'è che ho udito di voi? - chiese rivolgendosi a Cristoforo.- Era forse il nome di Sir Rodolfo Torridon che Vostra Maestà... -riprese Cranmer.

- Ma no, non era quello. Qual era dunque?A Cristoforo il cuore batteva nelle orecchie come un tamburo. Eradunque giunto quel pericolo rimasto sempre sospeso come unaminaccia sull'orizzonte e che aveva cominciato a disprezzare.Aveva pensato che non ci sarebbe stato alcun pericolo per lui recandosidal Re; era ormai passato tanto tempo da che Lewes era caduta e la sua

 parte era stata così insignificante! Ma la memoria di Sua Maestà eratenace, a quel che sembrava! Il pericolo era vicinissimo, incarnato inquella preponderante personalità.

- È strano - disse Enrico; - ho dimenticato. Ebbene, Eccellenza?- Ho detto tutto a Vostra Maestà - s'affrettò a rispondere l'Arcivescovo.- Sir Rodolfo Torridon non è ancora stato processato e suo padre sperache Vostra Maestà vorrà prendere in considerazione queste due cose:che l'errore commesso da suo figlio fu di eccessiva fedeltà e che essonon ha impedito il corso della giustizia.- Bene, bene - disse Enrico; - ciò è ragionevole. In questi giorni non cen'è troppo né di fedeltà né di giustizia. E non c'è altra accusa controquesto individuo?

- Nessun'altra, Maestà. - Ci fu per qualche istante un completo silenzio.Cristoforo alzò un fugace sguardo verso suo padre, col cuore sollevatodalla speranza, e vide che anche la faccia del vecchio rispecchiava lostesso sentimento. Gli occhi circondati di rughe erano pieni di lacrime ele sue labbra si muovevano.La faccia rossa di Nicola mostrava un misto tale di emozione esolennità che Cristoforo fu preso da un isterico spasimo interiore che

 però si affievolì subito, poiché mentre girava gli occhi intorno,s'accorse che il Re lo stava fissando soprappensiero... La voce

dell'Arcivescovo ruppe il silenzio.- Intende Sua Maestà con questo estendere la propria clemenza a Sir Rodolfo Torridon?- Ehi! - riprese il Re arrogantemente - tacete, Eccellenza, sto cercandodi ricordarmi. Dov'è Michele?- Debbo chiamarlo, Maestà?

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- No; l'avvocato suoni il campanello!Il Sig. Herries al comando del Re balzò verso il tavolo e scosse il

 piccolo campanello. La porta dalla quale cinque minuti prima era uscitoil paggio si aprì senza rumore ed il servo si arrestò sulla soglia.

- Michele - disse il Re; al che il paggio scomparve.Ci fu un penoso silenzio. Cranmer si tirò un poco indietro con aria di paziente deferenza e i suoi mobili occhi si alzarono di tanto in tantoverso la comitiva che gli stava dinanzi. C'era un certo disagio nel suoatteggiamento, da quello che poteva arguire Cristoforo; ma a questo

 punto il monaco riabbassò gli occhi, avendo notato che il Re lo stava dinuovo osservando intensamente, con le labbra serrate e lo sguardointerrogativo. I pensieri incominciarono a turbinare nel cervello diCristoforo. Pregò con disperata celerità che Michele, chiunque fosse,

non sapesse nulla e che il Re non si ricordasse, e, frattanto, attraversoun'altra parte del suo essere correva la sensazione dell'ironia di quellasituazione. Eccolo qui, venuto ad intercedere per la vita di suo fratello esul punto di dover intercedere per la propria. La quiete della salaaccresceva quel senso d'ironia. Tutto sembrava così sicuro, forte ecomodo lassù nella ricca stanza della finestra prospiciente il fiumeilluminato dal sole, in un palazzo attorniato da guardie; eppure quellastessa sicurezza costituiva un pericolo. Era penetrato nella fortezzadella grossa bestia che dominava l'Inghilterra; si trovava vicinissimo a

quelle zanne ed a quei denti macchiati di rosso.Allora improvvisamente la creatura si mosse e ringhiò.- Adesso mi sovvengo! voi foste uno dei traditori che non vollerofirmare la resa di Lewes. - Cristoforo sollevò gli occhi e li riabbassò. -Per Giove, - disse il Re - e voi venite qui! - Tacquero di nuovo eCristoforo vide suo padre voltarsi verso di lui con una faccia pietosa enotò che l'avvocato s'era tirato un poco in disparte. Il Re si volse

 bruscamente verso Cranmer. - Lo sapevate, Eccellenza?- Iddio mi è testimone che non lo sapevo! - ma la sua voce tradì un

tremito. Cristoforo prese il proprio coraggio a due mani e alla fine parlò.- Ci fu detto, Maestà, che doveva essere un atto di libera volontà.Enrico non rispose. Scorreva dall'alto in basso la figura del monaco conle labbra chiuse e meditabonde. Cranmer guardò disperatamente Sir Giacomo.

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- Io non lo sapevo Maestà - ripeté. - Sapevo soltanto che il fratello diquesto prete era stato molto attivo nel servizio di Sua Maestà.Enrico si voltò bruscamente.- Eh? - chiese. Le mani di Sir Giacomo si alzarono, stringendosi

istintivamente. Cranmer lo guardò di nuovo, quasi crudamente.- Sir Rodolfo Torridon era uno dei Visitatori - spiegò l'Arcivescovonervosamente.- E questo individuo era un monaco! - gridò il Re.- Si devono essere incontrati a Lewes, Maestà.- Ah, Eccellenza - gridò d'un tratto Sir Giacomo. - Io vi supplicai... -Enrico si volse improvvisamente verso di lui.- Narrateci la cosa. Che cos'è tutto ciò? - Sir Giacomo mosse innanzi un

 passo vacillante e poi d'un tratto stese le mani.

- Ah, Maestà! per un padre è una cosa triste a raccontarsi. Tutto ciò èvero. Mio figlio qui presente era monaco a Lewes. Non volle firmare laresa. lo... io l'ho approvato per questo: mi trovavo là quando l'altro miofiglio Rodolfo lo cacciò via...- Sangue di Dio! - gridò il Re con volto raggiante. - Un fratello cacciòvia l'altro fratello!Cristoforo vide la faccia dell'Arcivescovo illuminarsi subitamentementre guardava il Re da un lato.- Ma io non intendo che egli sia salvato per questo! - continuò il

vecchio compassionevolmente. - Egli fu un buon servitore di VostraMaestà, ma un cattivo servitore di Nostro Signore.L'Arcivescovo inorridito trasse un sospiro e le sue mani si mosseroconvulsivamente. Ma Enrico sembrava non sentire; la sua piccola

 bocca si era aperta ad un meravigliato sorriso ed egli stava fissando ilvecchio senza udirlo.- Voi eravate là? - chiese. - E vostra moglie? e le vostre zie e sorelle?- Mia moglie è morta, Maestà - gridò il vecchio.- E da qual parte propendeva?

- Ella propendeva dalla vostra parte, Maestà.Enrico si lasciò andare contro lo schienale della sedia. 

*** 

Per un momento Cristoforo non seppe discernere se fosse ira o riso

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quello che scosse la persona del Re. Il suo volto divenne di porpora e isuoi stretti occhi scomparvero fra due luccicanti rughe; le sue manigrasse si distesero sulle ginocchia e tutto il corpo si mosse. Dalla boccaarrotondata uscirono soffi rapidi e silenziosi ed egli incominciò a

dondolarsi un poco da una parte e dall'altra. Un sorriso di deferenza e disimpatia increspò il volto dell'Arcivescovo che volse nervosamente erapidamente lo sguardo al Re, al gruppo e poi di nuovo al Re. Alloscoppio di risa di quest'ultimo, Sir Giacomo si era tirato indietro d'un

 passo e stava rigido e cogli occhi fissi. Cristoforo gli si accostò e glistrinse saldamente una mano. Si udì il rumore d'un passo da un lato edil Re si sporse in avanti, asciugandosi le lacrime con la manica. - Oh, Michele, Michele! - singhiozzò - ho una bella storia daraccontarti. - Un uomo vestito di scuro si avanzò e stette in attesa. -

Dio! che famiglia felice! - disse il Re. - E quest'individuo qui? - eadditò con un debole gesto Nicola. Era ancora sotto l'impressionedebilitante del riso. Il giovane cavaliere mosse un passo innanzi, fermoe indignato.- Io sono contro Vostra Maestà - disse lentamente. Enrico si fece subitograve.- Eh! non è questo il modo di parlare!- È l'unico modo in cui posso parlare - ribatté Nicola se Vostra Maestàdesidera la verità. - Il Re lo guardò un momento, ma l'ilarità gli faceva

ancora luccicare gli occhi.- Bene, bene. È la verità che io voglio. Michele, ti ho mandato achiamare per avere informazioni intorno a questo prete, ma ora so. Èvero che il fratello di lui, ora imprigionato nella Torre, RodolfoTorridon, era uno dei Visitatori? - L'uomo chiuse un momento le labbra.Stava vicino a Cristoforo, un poco più innanzi.- Si, Maestà.- Oh! bene. Dobbiamo rilasciarlo libero, credo, se non c'è altro controdi lui. Fammelo sapere subito, Michele. - L'Arcivescovo diede un

rapido sguardo al gruppo.- Allora Vostra Maestà estende...- Ebbene, Michele, di che si tratta? - interruppe il Re. - È una faccendache Vostra Maestà desidererebbe udire in privato - rispose ilsopravvenuto.- Oh, ritiratevi, Eccellenza, ed anche voi, signori. - Il Re indicò il lato

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opposto della sala, mentre Michele si faceva innanzi. L'Arcivescovoscese dalla bassa predella e incedette sul pavimento, seguito dagli altri.

***

Cristoforo era come avvolto in un turbine di confusione. Dal luogo ovesi trovava scorse che la grossa faccia del Re, interessata ed attentamentre il funzionario pronunciava qualche cosa nelle sue orecchie, siera accesa improvvisamente di contentezza.- Non una parola, non una parola - sussurrò con asprezza Enrico. -Molto bene, Michele. Il segretario allora gli bisbigliò qualche parolanell'orecchio. Cristoforo poteva udire le acute sibilanti ma nessuna

 parola intera. Il Re chinò il capo una seconda volta e l'uomo discese

dalla predella. - Prepara la dichiarazione di accettazione - gli disse poiil Re. Il segretario si inchinò, voltandosi, ed uscì di nuovo dalla sala.Enrico fece un cenno.- Venite, signori. - Stette ad osservarli con solenne giovialità mentreessi si avvicinavano, l'Arcivescovo dinanzi e gli altri due dietro. - Sieteuna triste compagnia - incominciò il Re, guardandoli piacevolmente esporgendosi innanzi con una mano stesa su ciascuno dei ginocchi - edio mi meraviglio, Eccellenza di Canterbury, che voi vi accompagniatecon essi. Ma useremo misericordia, e, ricordate i servizi di vostro figlio

nel tempo passato, Sir Torridon. Soltanto quello lo scusa, ricordatelo:soltanto quello. Mi ricordo molto bene di vostro figlio e gli perdono,ma non lo impiegherò più al mio servizio. Ed il suo perdonocomprenderà pure il vostro, signor prete; ma voi dovete andarvene...dovete andarvene - minacciò improvvisamente - andarvene fuori daquesto regno entro una settimana. Non avremo più da temere tradimentida parte vostra. - La fiera e potente personalità sprizzava fuoco mentre

 parlava e Cristoforo sentì il cuore venirgli meno dinanzi alla forza diessa.

- E voi due, signori - prosegui il Re ancora adirato - fareste meglio anon parlare. Noi non intendiamo permettere una simile conversazionealla nostra presenza. Ma per ora vi scusiamo; cosicché, ho dettoabbastanza? - Sir Giacomo cadde di colpo in ginocchio.- Oh, Dio benedica Vostra Maestà! - incominciò, con le lacrime che glirigavano le gote. Enrico fece un subitaneo gesto.

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- Vi recherete da vostro figlio per vedere come sta e per comunicargliquesta notizia. Egli riceverà tosto l'ordine di scarcerazione da me o daun altro.. - La piccola bocca si increspò di nuovo e si contorse pel

 piacere. - E spero che sarà felice con sua madre. Potete dirgli questo da

 parte mia. - L'Arcivescovo alzò lo sguardo.- Lady Torridon è morta, Maestà.- Oh, bene - ribatté il Re e stese la mano per il bacio.Cristoforo non avrebbe saputo dire come uscirono dalla stanza.Baciarono di nuovo la mano; il vecchio ripeté i suoi ringraziamenti, masembrava turbato dal precipitare degli eventi e dalla grande sorpresa.Cristoforo, nel ritirarsi dalla reale presenza, scorse per l'ultima voltaquegli stretti occhi regali fissi su di sé, ancora splendenti di contentezzae di aspettazione e le grosse guance scarlatte, increspate intorno alla

 piccola bocca nello sforzo di trattenere il riso.- Perché il Re rideva? - si chiese. Attesero qualche minuto nella salad'aspetto perché l'Arcivescovo aveva loro sussurrato che l'ordinedoveva essere emanato immediatamente. Non si dissero nulla, mastettero tutti e tre seduti accanto, guardandosi di quando in quandonegli occhi, tra la meraviglia e la gioia. Il Signor Herries stava un po' indisparte, dignitoso e felice per l'importanza della parte che avevarappresentato in tutto l'affare, sdegnando persino di alzare lo sguardoverso gli altri estranei che osservavano incuriositi la comitiva. Dopo

 pochi minuti venne il segretario e consegnò loro l'ordine conl'autorizzazione di entrare nella Torre.- Sua Eccellenza l'Arcivescovo è trattenuto; mi ha ordinato di dire a voiquattro signori che non potrà più rivedervi. - Sir Giacomo stava in piediesaminando l'autorizzazione.- Per quattro? - chiese.- Sì - rispose il segretario e guardò i componenti il gruppo. Cristoforomise la mano sul braccio di suo padre.- Va tutto bene - mormorò; - non dite più nulla. Beatrice ne avrà più che

a sufficienza. 

XII

LA LIETA NOTIZIA ALLA TORRE

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 Cinque minuti dopo, seduti al sole sui gradini, stavano discutendo serecarsi direttamente alla Torre o tornare a Charing a prendere Beatrice.

Parlavano piano, come uomini usciti dalle tenebre alla luce, quasisopraffatti dal senso di libertà e di freschezza che li circondava.Anziché le stanze odoranti di muschio, la formidabile e dominatrice

 presenza, la sospensione ed il terrore, rideva innanzi a loro il numeincrespato dalla fresca brezza estiva e quel che più contava, Rodolfoera libero non solo dalla prigione, ma anche da quel suo odioso ufficio.Tutto era stato operato da quelle poche frasi, ma per il momento nonriuscivano ancora a darsene ragione. Riguardavano anzi la cosa nellostesso modo con cui guardavano l'incresparsi dell'acqua ai loro piedi, la

 barca sbattuta dal flusso e la lontana città di Londra, come una specie diquadro abbagliante che a poco a poco si sarebbe visto muovere evivere. L'avvocato si congratulò con loro ricevendone in cambio unsorriso ed un cordiale ringraziamento.- Se mi fate scendere a terra presso il Ponte di Londra - disse il Signor Herries - avrei una piccola faccenda da sbrigare là... cioè, se voi andatefino a quel punto.Cristoforo guardò suo padre, di cui teneva un braccio.- Dobbiamo condurre Beatrice con noi - disse - se lo è meritato. - Sir Giacomo, mezzo trasognato, fece un cenno col capo e si voltò verso il

 barcaiuolo.- Passeremo prima dalla scalinata del Ponte di Londra disse.C'era una certa gioia frizzante nei loro cuori quando passarono dinanzialla Torre e ne misurarono con lo sguardo le poderose mura e le boccheda fuoco puntate sul nume. Là dentro si trovavaRodolfo, ma non più per lungo tempo. Essi lo avrebbero visto quelgiorno stesso, e domani... domani al più tardi avrebbero lasciato

insieme quel luogo. Cento progetti mulinavano nella mente del vecchiomentre si piegava in avanti e indietro secondo il movimento della barca, e scrutava l'acqua lucente. Lui e Rodolfo avrebbero ripreso avivere insieme a Overfield; suo figlio doveva essere sicuramentecambiato, dopo quanto gli era capitato e soprattutto dopo quel suocomportamento di fronte alle esigenze della fedeltà. Avrebberoimparato a comprendersi meglio l'un l'altro... meglio di quel che non

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avessero fatto fino allora. L'odiosa vita di sfiducia e di disprezzo eraormai lontana; Rodolfo avrebbe ripreso il tenore di vita di una volta esarebbe ritornato come dieci anni addietro, prima di essere statoallucinato e narcotizzato dall'uomo che l'indomani doveva salire il

 patibolo. Poi si mise a pensare a quest'ultimo e ne sentì quasi compassione;quelle robuste mura non significavano ora per lui se non terrore...terrore e disperazione; il palco veniva già trascinato su per la collinadella Torre. A questo pensiero il vecchio si sporse in avanti frugandocon lo sguardo oltre la banchina e sotto gli alberi dove si ergeva illugubre monticello, ma non riuscì a veder nulla: il denso fogliame gliimpediva la vista. Cristoforo al suo fianco, altrettanto silenzioso, era

 preoccupato da mille pensieri. Ora si sarebbe recato, lo sapeva bene,

all'estero con Margherita come avevano stabilito. L'ordine del Re eral'ultimo segno dell'intenzione di Dio a suo riguardo. Avrebbe sistematoMargherita con le sue consorelle a Bruges e poi si sarebbe riunito aPadre Antonio per riprendere con lui la vita monastica. Sapeva cheavrebbe incontrato qualcuno dei vecchi confratelli di religione; PadreAntonio gli aveva scritto dicendogli che tre o quattro si erano già uniticon lui a Cluny; il Priore aveva dato l'addio per sempre alla vitamonastica ed era stato destinato ad uno stallo prebendale a Lincoln.Frattanto avrebbe avuto la gioia di vedere Rodolfo sganciato dal suo

odioso ufficio e di sapere che il Re non lo avrebbe più impiegato,lasciandolo libero di vivere presso la famiglia e amministrare bene lefaccende a Overfield assieme al padre. Ah! e se Beatrice consentiva acondividere la vita con lui! Senza dubbio, ora... Si volse per guardaresuo padre e i loro occhi si incontrarono. Cristoforo si fece più accostoal genitore. - Beatrice! - disse - E se lei...?Il vecchio abbassò il capo teneramente e gli occhi socchiusi animaronoad un tratto il suo volto.

- Oh! Cristoforo! pensavo di...Allora Nicola uscì dal suo stato di turbamento.Dal momento dell'ingresso nel palazzo, ad eccezione delle invettivelanciate al Re, tutti i suoi atti avevano rispecchiato l'intima confusionedell'animo. L'effetto prodotto in lui dal mutato ambiente era statoquello di paralizzargli le semplici e rudi facoltà, cosicché il suo volto

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era diventato astratto durante tutta l'udienza. Più d'una volta Cristoforoera stato colto da accessi interni di riso, nonostante la tragedia; quelrude cavaliere stava così stranamente a disagio in quella atmosfera. Maora tornava in sé.

- Dio mi aiuti! - fece meravigliato.- È tutto finito. Dio... - Cristoforo proruppe in una risatina. - Caro Nicola - gli disse. - Sì, Dio ti aiuti per davvero! Hai parlato bene!- Non ho fatto bene? - rispose l'altro volgendosi a Sir Giacomo - non ho

 potuto trattenermi. lo...- Oh, Nicola! - interruppe il vecchio e si chinò in avanti, mettendo unamano sul ginocchio. Nicola si andava rassettando la persona mentrestava seduto; avrebbe narrato a Maria la sfida lanciata a Sua Maestà,dimostrandole in tal modo qual marito diplomatico avesse mai.

- Avete agito molto bene - disse ironicamente, interrompendolo, ilSignor Herries. - Avete quasi atterrito sua Maestà.Cristoforo diede uno sguardo all'avvocato, ma Nicola accettò tutto colla

 più grande compiacenza; piegò un po' in avanti l'impugnatura dellaspada, diede con le mani una stiratina al farsetto e continuò a sederesorridente e compiaciuto. In quel momento raggiunsero il piede dellascalinata e fecero discendere il Signor Herries. .- Sarò a casa vostra domani - disse questi - quando andrete a trarreRodolfo di prigione. L'ordine sarà già arrivato domattina, non ne

dubito. - Fece un inchino, un sorriso e si mosse.

***

La faccia di Beatrice comparve alla finestra una mezz'ora dopo che essistavano risalendo la corrente. Cristoforo si rizzò in piedi nella barcaquando l'ebbe vista e agitò freneticamente il berretto, ma la facciascomparve. Beatrice, snella e brillante figura nel suo cappuccio emantello, con a fianco la zia, si trovava già sul pianerottolo di sbarco,

 prima che la barca vi giungesse. Cristoforo si alzò di nuovo e facendosi portavoce con le mani, lanciò un grido attraverso lo spazio che loseparava da lei, annunciando che tutto andava a gonfie vele. Il volto dilei era radioso mentre la barca accostava un fianco alla riva e il

 barcaiuolo cercava di fermarvela. - Va tutto bene - disse di nuovo Cristoforo quando le fu accanto un

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momento dopo. - Deve esser liberato e noi stessi dobbiamoannunciarglielo. - Non osò guardarla, ma s'accorse che era immobile erigida e che i suoi occhi erano fissi in quelli di suo padre. - Oh, signorina Beatrice! ... - Cristoforo incominciò a capire tutto

meglio cinque minuti più tardi, quando la barca si fu rimessa inmovimento seguendo la corrente del fiume. Lui e Nicola si eranoaccomodati a poppa e la ragazza col vecchio sedevano a prua.Dapprima erano tutti molto silenziosi; Cristoforo appoggiato ad ungomito osservava le rive digradanti, gli alberi fiancheggianti il fiume, legrandi case dai tetti alti e più in là le torri, fronteggiate dai gradini di

 pietra. Comprendeva tutto, ora: c'era stato sul volto di Beatrice, durantel'istante in cui l'aveva guardata, qualcosa di più che una semplicesimpatia. Nell'impressione subitanea prodotta da quella grande gioia i

veli erano caduti e la sua anima si era affacciata sugli occhi neri elacrimosi. Non c'era quasi più dubbio, ora, circa quello che sarebbecapitato. Non era solo a motivo di loro, o di Rodolfo, che avevaguardato così; non aveva detto una parola, ma Cristoforo intuiva quantoera tenuto celato.  Nel passare sotto il Ponte di Londra egli si voltò un poco e guardò, aldisopra delle spalle del barcaiuolo, i due che stavano seduti a prua equello che allora vide lo confermò maggiormente. Il vecchio avevasteso un braccio lungo lo schienale del seggiolino e stava un po'

inclinato in avanti; parlava a bassa voce mostrando sul viso le rugheche si erano approfondite più che mai durante quelle ultime settimane,ma irradiando nello stesso tempo una gioia straordinaria. La ragazza gliera a lato, sorridendo cogli occhi chini. Cristoforo poteva vedere le suelabbra scarlatte tremolare e le sue mani, riunite sul ginocchio, muoversia tratti, mentre ella ascoltava. Era un insolito amoreggiamento: il padreche corteggiava per il figlio e la donna che rispondeva al figlio per mezzo del padre. Cristoforo indovinò qual era la risposta che dava.Anche Nicola stava osservando la scena: a questo punto i due seduti a

 prua alzarono improvvisamente lo sguardo; Beatrice e Sir Giacomofecero lo stesso, e gli occhi di tutti trasmisero la gioia da un'estremitàall'altra della barca, nell'incontrarsi delle quattro anime.

*** 

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 Cinque minuti più tardi avevano raggiunto gli scalini che conducevanoalla Torre. Maurizio, che era stato mandato innanzi dalla Signora JaneAtherton appena aveva ricevuto la notizia, stava là tenendo il cavallo

 per la briglia; dietro a lui s'era radunato un gruppetto di oziosi. Affidò

la briglia ad uno di costoro e scese i gradini per aiutare i padroni ascendere dalla barca.- Avete saputo? - gli chiese Cristoforo nell'uscire per ultimo. .- Sì, padre - rispose il servo. Cristoforo lo guardò; anche il volto di lui,simile ad una maschera, sembrava stranamente acceso. Si vedevaancora attraverso la sua guancia la traccia di una lividura come di unalontana frustata. Dopo aver salito gli scalini si accorsero che la piccolafolla, in attesa alla sommità della scalinata non era che una parte di unamoltitudine che si era adunata un po' più in là e che si stendeva sotto gli

alberi fin dove giungeva la vista, a destra e a sinistra, trattenuta dalmuro esterno della Torre da una parte, e dal monticello di terra nascostosotto il denso fogliame dall'altra. Si alzava dalla folla un mormoriointerrotto da risa, dallo squillo di campanelli a mano, dallo schioccar difruste e di grida di bambini. La moltitudine girava la schiena agliscalini; era evidente che qualcosa stava succedendo un po' più in avanti,verosimilmente a sinistra. Dapprima Cristoforo non comprese e sirivolse a Maurizio.- Che cosa c'è? - gli chiese.

- Il palco - rispose concisamente il servo. Nello stesso istante, alto aldisopra del mormorio della folla giunse il rumore di colpi forti come dilegno percosso su legno. Allora Cristoforo ricordò e per un momento sisentì venir meno mentre camminava.Suo padre che accompagnava Beatrice si volse e guardò di sopra conocchi eloquenti.- Mi ero dimenticato - disse piano Cristoforo. - Dio lo assista.

***

 Voltarono quasi immediatamente a destra, in direzione della bassa porta esterna della fortezza e allora per la prima volta si ricordaronoche l'ordine che essi portavano era solo per quattro. Nicola si offersesubito ad attendere di fuori per lasciar entrare Maurizio. Questi rifiutòdecisamente. Ci fu una breve consultazione e poi Nicola si recò dalla

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sentinella di guardia coll'ordine in mano. Questi diede uno sguardo alfoglio, poi uno alla comitiva; quindi si volse e diede un colpo dialabarda contro la grossa porta che stava dietro. Dopo qualche minutouscì un ufficiale nella uniforme di cuoio e con le piume sul cappello.

Prese l'ordine e lo scorse; Nicola aggiunse qualche spiegazione.L'ufficiale lo guardò un momento senza rispondere.- Anche la signorina? - chiese. - Sì - rispose Nicola.- La signorina desidera... - ma s'interruppe. - Dovrete parlare colLuogotenente - continuò. - Posso introdurvi tutti nella sua stanza. -Entrarono guidati da un attendente, passando sotto la bassa e pesantevolta, nel cortile più vicino. A destra avevano il muro che li separavadal fiume e a sinistra le enormi torri ed i bastioni del cortile interno.Cristoforo camminava seguito da Maurizio, riandando colla mente

all'ultima volta che si era trovato in quel luogo col Priore, tanti anni prima. Anche. allora avevano camminato in silenzio, ma per un'altraragione. Passarono accanto alla Porta del Traditore che lasciarono alla lorodestra: Cristoforo nell'andare lanciò uno sguardo all'acqua verde chegorgogliava di sotto - lì Rodolfo era sceso a terra. Poi presero a salire ilripido pendio a sinistra sotto il portale del cortile interno e in pochiminuti si trovarono sulla soglia dell'appartamento del Luogotenente. Ilsilenzio e l'ordine dell'ampia prigione che si stendeva dinanzi a loro

erano pregni di una strana suggestività. Dal lato opposto la grandeTorre Bianca dominava tutto il complesso degli edifici, immensa eminacciosa, rischiarata dalle strette finestruole poste a larghi intervallile une dalle altre. A sinistra la fila di torri adibite a prigione diminuivain prospettiva fino al punto in cui il muro girava ad angolo retto ecorreva dietro la fortezza, lasciando quasi vuoto il grande spazioracchiuso fra tutte queste mura. C'erano soldati di guardia qua e là,

 presso le entrate: un servo attraversò di corsa il largo cortile illuminatodal sole e, mentre essi aspettavano, un dottore nel suo corto abito

 bianco uscì da una porta e disparve attraverso un'altra. Stavano qui in attesa di una risposta alle loro richieste, silenziosi efelici per il messaggio che portavano. Il luogo non ispirava loro terrore.Il soldato bussò di nuovo impazientemente e si mise in disparte.Cristoforo vide Nicola mettersi a fianco dell'uomo, con sul viso lostesso stupore che vi aveva scorto un'ora prima.

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 - Il Conte... il Sig. Cromwell? - lo udì bisbigliare correggendosi. Ilsoldato alzò il pollice sulla spalla. - Là - rispose. C'erano tre soldati, in piedi presso una delle torri, a pocadistanza. Era là, dunque, che Tommaso Cromwell, ex cardatore di lana,

attendeva la morte, udendo forse dalle finestra il brusio della folla al dilà del fossato, e i colpi di mazza sul legno mentre il suo palcoavanzava. In quel punto la porta si aprì e dopo qualche parola il soldatofece loro cenno di entrare.

***

 Altra attesa nell'interno. Appresero che il Luogotenente era uscito, mache doveva tornare subito. Si sedettero, ancora in silenzio, nel piccolo

 parlatorio del pian terreno. Era una graziosa stanzetta, con un largofocolare e due finestre che davano sul cortile. Ma non c'era più lasospensione.del mattino. Ora sapevano come doveva andare a finire.Bisognava che passassero ancora alcuni minuti, lunghi forse per Rodolfo seduto nella sua cella in qualche posto non lontano di lì edignaro del perdono che stava per giungere e poi si sarebbe aperta la

 porta per la quale ogni giorno durante sei settimane il carceriere eraentrato ed uscito ed i volti a lui cari sarebbero apparsi dinanzi e dalleloro labbra avrebbe appreso il messaggio.

 Il vecchio e la giovane, ora silenziosi come gli altri, stavano ancoraseduti assieme accanto alla finestra. Sulla barca si erano scambiati gliopportuni schiarimenti e ciascuno conosceva ciò che v'era nel cuoredell'altro. Cristoforo e Nicola stavano vicino al focolare; Maurizio

 presso la porta e nessuno era tormentato dal minimo dubbio circaquello che il futuro riserbava loro. Cristoforo girava tranquillamente losguardo per la stanza; al tavolino quadrato nel mezzo, alle quattro sedieaccostate ad esso, agli schienali ricoperti di broccato, all'oscura volta,alle tappezzerie appese al di là del tavolinetto tra le porte. Esse

rappresentavano una scena marziale, sebbene evanescente e colorita,con fantastici cavalieri dalle gambe nude su grossi cavalli trottanti,mescolati in un inestricabile conflitto. Una grossa ascia da battagliacompariva tra l'oscuro fogliame di un albero e sullo sfondo spiccava uncervo con le zampe anteriori sollevate in aria e col capo girato indietro.Era un quadro abbastanza grottesco, fatto fare senza dubbio da qualche

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luogotenente che si intendeva più di arte militare che di belle arti, edera rimasto appeso là... per quanto tempo? si chiese Cristoforo. Quasi involontariamente si mise a criticare i singoli particolari,

 paragonandoli coi disegni da lui fatti nell'antifonario; conservava

ancora quell'antifonario a casa; lo aveva portato via da Lewes quandoRodolfo - Rodolfo! - lo aveva cacciato via. Lo aveva avvolto in un pacco il pomeriggio precedente all'arrivo dei predoni. Tra qualchegiorno lo avrebbe mostrato a Rodolfo, a Overfield; vi avrebbero risosopra insieme e lo avrebbe portato con sé all'estero per dargli magaril'ultima toccatina. Dopo tutto non è cosi facile ostacolare l'opera di Dio.Ma in questo frattempo il serpeggiante corso dei suoi pensieri erailluminato e penetrato dalla gioia che gli scaturiva dal cuore. Tutto ciòera vero, e non un sogno! Diede di nuovo uno sguardo ai due seduti

 presso la finestra. Suo padre stava guardando fuori dell'inferriata;invece Beatrice alzò gli occhi e sorrise. Sir Giacomo si alzò. - Il Luogotenente sta venendo - disse. Un momento dopo si udirono i

 passi nel corridoio pavimentato a pietra ed un ronzio di voci. Il soldatoche li aveva introdotti nell'appartamento attendeva coll'ordine diammissione in mano e stava senza dubbio spiegando le circostanze delcaso. Poi improvvisamente la porta si aprì ed un: uomo alto,dall'aspetto militare, coi capelli grigi e la barba rasa, vestito daufficiale, comparve con l'ordine in mano, mentre i due presso la finestra

si alzavano per andargli incontro. - Sir Torridon - disse d'un tratto. Sir Giacomo fece alcuni passi avanti.- Sì, signore.- Siete venuto a vedere Sir Rodolfo Torridon qui detenuto?- Sì, signore - mio figlio. - Nicola si portò innanzi ed il Luogotenentefece un piccolo cenno di saluto.- Sissignore - riprese l'ufficiale - io non potevo ammettervi prima di... -si fermò, come imbarazzato, e si volse a Beatrice. Ed anche questasignora?

- Si, signor Luogotenente - rispose il vecchio.- Ma... ma io non comprendo... - Guardò i volti che gli stavano innanzie poi abbassò gli occhi. - Suppongo... non l'avete dunque saputo? -Cristoforo senti il cuore sobbalzargli e poi cominciare a batterefuriosamente ed insistentemente. Cos'era capitato? Perché l'uomo avevaassunto quell'aspetto? Perché non aveva parlato? Il Luogotenente

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avanzò d'un passo e mise una mano sul tavolo. Guardava stranamenteora una faccia ora l'altra. Fuori, nel cortile, la calma era assoluta. Il

 passo che si era sentito un minuto prima sul selciato era cessato e non sisentiva altro rumore all'infuori del cinguettio di un uccello sotto le

tegole.- Non avete saputo? - ripeté il Luogotenente.- Oh! per amor del cielo... - gridò il vecchio irrefrenabilmente.- Vengo ora da vostro figlio - disse l'altro immobile Siete appena intempo... sta per morire.

XIII

LIBERAZIONE

 Era già mattino ed erano ancora seduti nella cella di Rodolfo, attorno alletto di legno. Da una parte, da dove poteva vedere bene il volto di suofiglio, stava seduto il vecchio con a fianco Beatrice; dall'altra partestavano Cristoforo e Nicola. Maurizio era dappertutto: ora seduto su diuna panca presso la porta, ora fuori in cerca di medicine e di cibo, ora

 presso il letto del suo antico padrone per sollevargli il guanciale,voltarlo nel letto, tenergli ferme le mani prese da convulsioni. - Erano sei giorni che era ammalato, - disse il Luogotenente. - Ildottore, fatto venire da fuori, aveva chiamato la malattia frenite. Eracerto che non sarebbe più guarito. - Avevano fatto cena così come sitrovavano, in silenzio, mangiando quello che il carceriere aveva portatoed avevano dormito a turno sulla sedia, destati da qualsiasi rumore

 proveniente dal letto, dal movimento della luce sul pavimento, allorché

Maurizio andava silenziosamente da una parte o dall'altra, dalcinguettio degli uccelli e dai rumori della città che si andava destandomentre la luce del giorno si disegnava sempre più vasta sul muro e lafinestra stretta diventava splendente e luminosa. Ora il mattino erainoltrato ed attendevano la fine.

***

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 Presso la porta stava un tavolino, coperto da un drappo bianco, con duecandele da cui ormai colava abbondante la cera ed un alto e nerocrocifisso di avorio, che stendeva le braccia in mezzo ai candelieri.

Dinanzi ad esso erano collocati due vasi ricoperti da un velo. - Riuscirà ancora a parlare prima di andarsene - aveva detto il dottorela sera precedente; - non so però se sarà in grado di ricevere il viatico. -Cristoforo si alzò un poco sulla sua sedia - si era irrigidito a forza distar curvo coi gomiti poggiati sulle ginocchia ed allungò leggermente i

 piedi, guardando sempre il letto. Suo fratello giaceva colla schienagirata verso di lui; poteva vederne i capelli neri, più lunghi di quantol'attuale moda di Corte permettesse, il collo bruno e vigoroso ed un

 braccio disteso sull'anca sotto un mucchio di coperte. Le dita si

muovevano un poco, contraendosi ed allentandosi, e dalla boccadell'infermo uscivano lunghi e lenti sospiri. Dall'altra parte stava sedutaBeatrice, eretta e calma, con una mano in grembo e l'altra stretta inquella del padre. Il vecchio aveva il capo chino sull'altra mano, ed erarimasto così da più d'un'ora con la schiena piegata in avanti ed i piediincrociati l'uno sull'altro. Lo strepito all'esterno andava crescendo. Sindal primo albeggiare c'era stato l'andirivieni dei passanti. Il frastuonodelle ruote sulla strada acciottolata, prima assordante, s'era poiallontanato per cessare del tutto, ed il rumore degli zoccoli era

rassomigliato ad un interminabile martellamento sulle pietre dellastrada. Ed ora, col passare delle ore, s'era andato ingrossando unmormorio, uno strano brusio come quello del vento fra gli alberi secchi,mentre una folla imponente si adunava. Beatrice sollevò ad un tratto gliocchi. La fortezza che fino allora era rimasta nella quiete parevasvegliarsi. Sembrava che il rumore venisse dalle scale, ma essi avevanoimparato durante quelle ore che tutti i rumori provenienti dall'internovenivano da quella parte. Si udì qualche squillo di tromba, breve emetallico; un batter cadenzato di piedi al suolo, seguito dal rullo del

tamburo; poi di nuovo silenzio, quindi lo scalpiccio presto svanito di passi che si muovevano. A questo tramestio Rodolfo si scosse. Si voltò lentamente sul dorso; ilrespiro divenne più affannoso ma tornò tosto regolare ed egli si calmòtirando fuori il braccio e stendendolo sulle coperte. Cristoforo scorgevaora il volto bianco e dolorante di lui, di profilo contro la scura gonna di

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Beatrice; la pelle del naso e degli zigomi era molto tesa, le lunghe esottili labbra leggermente aperte. Sulla fronte si notavano delle rughedolorose e gli occhi guardavano con uno sguardo obliquo e terribile ilsoffitto.

  Nell'osservarlo, Cristoforo si sentì afferrare la gola da una contrazione;quel volto era ad un tempo così augusto e così miserabile! Le labbraripresero a muoversi durante la notte; sembrava che il morente parlasseed ascoltasse. Le palpebre battevano un poco ed una volta fece untentativo come per alzarsi. Cristoforo fu subito in ginocchio, e lotrattenne teneramente nel letto. Sentì le esili mani del morente alzarsicercando ansiosamente le sue e guardando tra le palpebre oscillantinotò che gli occhi si facevano sempre più profondi. Poi le manidell'infermo si ricomposero; Cristoforo alzò gli occhi e scorse il volto

di suo padre e di Beatrice intenti su quello di Rodolfo. Qualcosa dellasolennità del morente sembrava riposare sulle labbra contornate di peli

 brizzolati e sugli occhi teneramente fissi. Il volto di Beatrice era fermoed intenerito; nell'incontrarsi dei suoi occhi con quelli del prete, chinò ilcapo.- Sì, parlategli - disse. Cristoforo gettò una mano attraverso il letto

 posandola sul telaio di legno, e poi si abbassò leggermente finché la sua bocca fu presso l'orecchio dell'infermo.- Rodolfo - disse - Rodolfo, mi senti? - Poi rialzò un poco la faccia e

stette ad osservare. Le palpebre si sollevarono lentamente, ma siriabbassarono tosto, e dalle labbra consunte uscì un lieve

 balbettamento, ma le parole erano inintelligibili. Poi tacque.- Sente - pronunciò piano Beatrice. Il prete si abbassò di nuovo e nel far ciò dall'esterno giunse un insolito rumore come di un lungo emostruoso muggito prorompente da migliaia di petti. Il morente siscosse un'altra volta; la sua mano cercò il braccio del fratello e lostrinse con debole forza, poi ricadde sul copriletto. Cristoforo stette unmomento esitante, poi rialzò lo sguardo e in quel mentre si udì uno

scalpiccìo per le scale. Si rizzò in punta di piedi e, guardandosi attorno,vide entrare il dottore seguito da Maurizio. Il dottore, un uomo robusto ed abbronzato, camminava pesantementesul pavimento, ma Rodolfo sembrava non udirlo. Si portò all'estremitàdel letto e fissò la faccia del morente, aggrottando le ciglia e stringendole labbra; Cristoforo lo osservava intensamente per scoprire qualche

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indizio. Poi girò dietro Beatrice, si curvò sul letto e prese delicatamenteil polso di Rodolfo tra le dita. Improvvisamente sembrò ricordarsi diqualche cosa e voltò bruscamente la faccia dalla parte di Sir Giacomo. - È giunto un uomo dal palazzo reale - bisbigliò secco.

 Credo si tratti del perdono. - E Cristoforo vide che inarcava di nuovo leciglia e stringeva le labbra. Poi si curvò ancora su Rodolfo, quindi voltòdi scatto il capo verso la finestra che stava dietro di lui, e, rivolgendosia Cristoforo:- Sta per essere suppliziato Sir Cromwell. Poi d'un tratto si alzò.- Bisognerebbe confessarlo ed ungerlo subito. - Subito? - sussurròCristoforo.- Più presto si fa, meglio è - ribatté il dottore; - Non occorre dirlo. -Cristoforo fu immediatamente in piedi e fece un rapido gesto a

Maurizio. Poi si abbassò di nuovo a terra, guardandosi attorno, esollevò la stola rossa dal pavimento dove l'aveva collocata la sera

 prima; ed anche nel far questo sentì l'anima rivoltarsi. Ma poi diede unosguardo a Beatrice. Non avrebbe giudicato un tale atteggiamento pocoleale? La volontà espressa dai suoi occhi lo costrinse. Sì, sì! Chi puòmettere un limite alla misericordia? Si buttò la stola sulle spalle e sicurvò di nuovo sul fratello, con un braccio allungato attraverso il corpoimmobile. Beatrice e Sir Giacomo erano già in ginocchio.  Nicola era occupato assieme a Maurizio dall'altra parte della stanza e il

dottore se n'era andato. Ora di fuori c'era un profondo silenzio mentre il prete s'abbassava sempre di più fino quasi a toccare con le labbra leorecchie del morente, pronunciando frasi staccate ed interrotte di cui i

 presenti percepivano ogni parola. - Rodolfo... Rodolfo... mio caro fratello! Tu stai per morire..., Ti debboconfessare... Hai peccato gravemente contro Dio e contro gli uomini...Più tardi ti darò l'Olio Santo. Fa' col cuore un atto di contrizione per tutti i tuoi peccati; questo servirà di confessione. Pensa all'amor di Dioe alla Sua morte sul duro legno della croce... alle ferite che Egli ha

subito per nostro amore... Dammi un segno, se puoi, del tuo pentimento. - Cristoforo parlava in fretta ed a questo punto si rialzò unmomento. L'attesa gli pareva spaventosa; non sapeva quanto sarebbedurata; ma per un certo tempo fissò la faccia pallida. Le palpebre simossero di nuovo; le labbra formarono delle parole e si richiusero. Il

 prete alzò lo sguardo, quasi senza sapere il perché; poi tornò ad

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abbassarsi in modo che Rodolfo potesse udire. Poi parlò con un intensosforzo interiore come per costringere la grazia a discendere... « Ego te

absolvo ab omnibus censuris et peccatis, in nomine Patris...»Si alzò un poco e sollevò la mano muovendola prima a sinistra poi a

destra e terminando in basso con le parole: «et Filii et Spiritus Sancti».Il prete si alzò ancora una volta, soffocando l'emozione col pensiero del proprio dovere. Non osò guardare le due figure inginocchiate dall'altra parte del letto, od anche di chiedersi quello che stava facendo. I dueuomini all'altro angolo della stanza stavano in attesa; avevano tolto lecandele ed il crocifisso dal tavolo per deporli sul banco che stava difianco. Cristoforo attraversò rapidamente la stanza, fece unagenuflessione, si rialzò, sollevò il vaso ricoperto dal velo che stava nelmezzo, con dietro il piccolo panno di lino e lo depose sul banco. Fece

una seconda genuflessione, poi un passo indietro verso il tavolo,sollevò l'altro vaso e accennò col capo. I due uomini afferrarono leestremità del tavolo e lo portarono presso il fondo del letto. Cristoforoli segui e vi depose sopra i sacri olii. - La croce ed una candela - bisbigliò vivacemente. Un minuto dopo eranuovamente in piedi presso il letto. «Oremus...» incominciò leggendoin fretta sul libro che Beatrice gli teneva dinanzi agli occhi. «O DioOnnipotente ed Eterno, che attraverso il Tuo beato apostolo Giacomohai parlato, dicendo: se c'è tra voi qualche ammalato, faccia chiamare i

 preti della Chiesa... (Le labbra del morente si mossero al suono diquelle parole; era una ripulsa o un atto di fede?), affinché ciò che vieneoperato esternamente per mezzo del nostro ministero, possa essereoperato spiritualmente nell'interno dalla Tua divina potenza; edinvisibilmente dalla Tua sanazione; per il Signor nostro Gesù Cristo.Amen». Le labbra del moribondo si muovevano ora più rapidamente che mai; ilcapo cominciava a volgersi da una parte e dall'altra e la bocca eraaperta. «Usquequo, Domine...» incominciò Beatrice. Cristoforo intinse

il pollice nel vaso e si inginocchiò frettolosamente. « Per istam sanctamUnctionem» «Per questa santa Unzione» (il vecchio inginocchiato si

 protese improvvisamente innanzi e fermò tra le mani quel capoagitantesi; Cristoforo segnò, ungendole, le palpebre e nel comprimerlecol pollice percepì il mobile umore cristallino). « ... E la Sua piissima

misericordia, possa il Signore perdonarti tutti i peccati che hai

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commesso con la vista». Ah, ecco fatto... Dio Onnipotente! Quegliocchi che erano stati una volta pieni di disprezzo, che si erano posaticosi ansiosamente sui tesori, quelle palpebre risplendevano oradell'amabile bontà di Dio. Cristoforo afferrò un batuffolo di lana che

Maurizio gli porse, deterse con esso le palpebre e lo lasciò cadere nel bacile di terracotta in terra. « Per istam sanctam Unctionem...» E furono unte le orecchie, quelleorecchie che avevano ascoltato le oscenità di Layton, i piani diCromwell e le grida degli oppressi... Poi le narici. Quindi le labbra cheavevano mentito, pronunciato parole di con lera ed accusato il popolodi Dio, si compressero tra le dita di suo padre...anche ora sembrava chesghignazzassero e si contraessero sotto il delicato olio. Anche le maniche si erano posate sulle cose di Dio, che avevano asportato i vasi sacri

dall'altare e i paramenti dorati dal tesoro - anche quelle furono orasegnate e si posarono irrequiete sul copriletto. Le coperte ai piedi delletto furono sollevate e buttate indietro mentre Cristoforo girava attornoal letto, e i lunghi piedi ghiacciati rimasero esposti. « Per istam sanctam

Unctionem, et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus

quidquid peccasti per incessum pedum. Amen». Quindi anch'essi furono purificati dal perdono, essi che erano stati cosi veloci ed instancabilinella guerra contro Dio, che avevano calpestato i cuori dei suoi santi...anch'essi vennero segnati dal segno della redenzione e giacquero di

nuovo sotto le coperte, giunti al termine del loro ultimo viaggio. Ilcuore di Cristoforo fu preso da convulsione.

***

 Allora improvvisamente, in un profondo silenzio, eruppe dall'esterno,attraverso la finestra, un indescrivibile clamore che sommerseistantaneamente il mormorio delle preghiere. Sembrava che tutto ilmondo prendesse parte a quel frastuono. Il rumore, oltrepassato il

fossato, penetrò per le finestre, e gli assi del pavimento ne vibrarono. Siudiva mescolato a quell'urlo prolungato il rullìo dei tamburi, le grida didonne e l'abbaiar di cani. Un momento dopo, a guisa di diabolica

 benedizione, le campane della chiesa di Barking incominciarono adiffondere i loro squilli sonori e discordi, in una esultanza di sangue.Rodolfo si dimenò nel letto; le sue mani portarono alla gola e

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strapparono la camicia mettendo a nudo il collo prima che Beatricefacesse in tempo a trattenerle. Il respiro uscì rapido e grosso attraverso identi aperti; le palpebre batterono più volte furiosamente, poi siaprirono ed il volto divenne immobile mentre egli guardava fuori della

stanza.- Mio... mio Dio! - pronunziò.F I N E

***

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INDICEPresentazione

LIBRO I. LA VOLONTA DEL REI Una decisione

II L'arrivo a LewesIII L'esecuzione di un mandatoIV Sir MoreV L'intercessione di RodolfoVI Un allegro prigionieroVII L'arenaVIII Presa di posizioneIX RistabilimentoX Prigioniero e principeXI La sacra porporaXII L'amico del Re

LIBRO II. IL TRIONFO DEL REPARTE PRIMA. LE CASE MINORII Un atto di fedeII Una casa di monacheIII Padre e figlioIV La prioria di S. PancrazioV Il ritorno di RodolfoVI L'accoglienza di RodolfoPARTE SECONDA. LA CADUTA DI LEWESI Dissenso internoII Sacerdos in aeternumIII La sollevazione del NordIV La rottura del sigilloV L'ultima resistenzaVI Scuri e martelli

LIBRO III. LA GRATITUDINE DEL REI Un progettoII Un duelloIII Un paciereIV Il figlio maggioreV I commediantiVI Una catastrofeVII Una questione di fedeltàVIII A CharingIX Alla liberazione del prigionieroX PlacentiaXI Alla presenza del ReXII La lieta notizia alla Torre

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7/28/2019 Benson R.H. - Il Trionfo Del Re

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