Bellocchio al Fatto

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20 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Domenica 20 Settembre 2015 Cultura | Spettacoli | Società | Sport Secondo Tempo SEGUE DALLA PRIMA L » MALCOM PAGANI a pensione, mille euro, non è un granché e mette i brividi. Toccherà affidarsi alla salu- te. Molti sorrisi, molte ma- nate tra i capelli, una certa generosità nel raccontarsi, una certa irrequietezza. Tre sigarette al giorno: Dovrei mollare anche quelle, pause che spezzano il dialogo a me- tà: Scendiamo al bar per un caffè?, tardive raccoman- dazioni ironiche sulluscio: Non mi faccia apparire ma- ligno, sono stato e ho detto cose molto buone, ma si sa, i giornalisti amano la cattive- ria. Libri di Carrère e di Ca- sanova mimetizzati tra mi- niature di Mao, manifesti de ll Unione sportiva bob- biese, poster de I pugni in ta- sca (restaurato dalla Cinete- ca di Bologna, torna nei cine- ma in 60 copie il 19 ottobre) targhe e premi. A Venezia, Sangue del mio sangue non ha ricevuto leoni, ma ha ruggi- to. Anthony Scott, New York Times: Strano e meraviglio- so, dolente e poetico. Debo- rah Young, Hollywood Re- p or t er : Girato magistral- mente, un tesoro. Jay Weis- sberg, V a r i et y : S o r p r e n- dentemente originale. La critica lha promossa. Le fa ancora effetto? Lei mi dice che Robert Mit- chum sosteneva che non esi- stessero attori, ma soltanto attrici. Non è falso. Ego, va- nagloria, narcisismo. Pecca- ti non estranei al cinema. Peccano anche i registi? In passato sono inciampato nella trappola del narcisi- smo. Forse non in maniera compulsiva, ma di certo allo specchio mi sono guardato anchio. Ora accade più rara- mente, letà mi permette di osservare le cose con un con- solante senso di relatività. Poi diciamoci unaltra cosa. Diciamocela. Negare il narcisismo dei re- gisti sarebbe patetico, ma ci si rimira allo stremo anche in altre categorie. Ne llultimo anno più che guardarsi allo specchio, lei ha lavorato. Ho girato due film. Sangue del mio sangue e Fai bei sogni, tratto dal libro di Massimo Gramellini. Non lavevo let- to. Beppe Caschetto, una persona leale con la quale ho to ha incassato il film. A farti condizionare lumore, a pas- sare in un istante dalleuforia alla depressione. Conosco per esperienza diretta en- trambi gli stati danimo. In questi giorni qual è lo sta- to danimo di Marco Belloc- chio? Sono felice che Sangue del mio sangue sia piaciuto, con- centrato sul montaggio del mio nuovo film e nelle ore li- bere, impegnato a immagi- nare altro. E cosa immagi- niamo noi che facciamo ci- nema? Altre storie. E subito dopo? A quanto costeranno queste storie, fin da quando le scriviamo. Ecco a cosa pensiamo. A dove trovare i soldi per far vedere al pub- blico le nostre visioni. A te- nere bassi i costi dellingra- naggio. Non voglio togliere laura romantica al mestiere, racconto solo la verità. E la verità è migliore o peg- giore di 40 anni fa? Non più semplice. Ma più de- mocratica e più leggera. Og- gi, se vuoi, un film lo giri an- che con un telefonino. Dall altra parte è cambiato tutto. Il pubblico invecchia, non si rinnova e muore. Mi ricordo i film di Rohmer o quelli di Wenders. Il raggio verde, Paris Texas, Il cielo so- pra Berlino. Erano successi di pubblico. Se uscissero og- gi avrebbero incassi mode- sti. Girerebbe una serie? Me lhanno chiesto, non so- no pregiudizialmente con- trario, ma bisognerebbe tro- da anni un ottimo rapporto, mi ha proposto di occupar- mene quando di Sangue del mio sangue, un progetto a cui tenevo molto, avevo già fil- mato un frammento: Lim- portante è la storia, fammici ragionare, prima però devo finire laltro film. Il testo mi ha colpito. Siamo partiti. Ab- biamo girato a Gennaio, sarà pronto in primavera. Cosa sta diventando? Ancora non lo so. Nella stan- za accanto a quella in cui sia- mo, Francesca Calvelli inizia a montarlo proprio oggi ed è al montaggio che questo film in cui vediamo Massimo in tre diversi momenti e in tre differenti età della vita, va soprattutto costruito. Cè il bambino che perde la mam- ma, il Massimo preadole- scente e quello adulto inter- pretato da Mastandrea. Va- lerio ha lo sguardo malinco- nico di chi ha subìto una fe- rita molto profonda e sa co- me nasconderla. Il resto del cast? Bèrènice Bejo che con Mas- simo nel libro ha un rapporto profondo e che molto testar- damente ha voluto recitare in italiano, Emmanuel Devos e tanti altri attori come Fa- brizio Gifuni che appaiono in una sola sequenza. Autogrill, centri commer- ciali, librerie. Il libro ha ven- duto più di un milione di co- pie. Non sapevo fossero un milio- ne, ma so che Fai bei sogni ha realizzato numeri spavento- si. Se il meccanismo si ripe- tesse in sala sarei contento. Ma sono soddisfatto anche di quanto ha incassato finora Sangue del mio Sangue, un film che fin dalle premesse doveva costare poco. Meno di Fai bei sogni? Ho una certa storia, un certo carattere. Piccolo o grande che sia, so controllare un budget. La disturba parlare di sol- di? Per cinema, arte e letteratura il fantasma del pubblico è u- na persecuzione. Dover incassare per forza è una condanna? Tu difendi la tua libertà as- soluta, combatti il tuo mora- lismo, i residui ideologici e le suggestioni e poi sempre lì vai a finire. Lì dove? A telefonare al produttore a tarda notte per sapere quan- vare una storia. Avevo pen- sato a un giovane Papa, ma poi sono arrivati Moretti e Sorrentino e amen. Ho visto True Detective, Les Revenan- ts e qualcosaltro restando colpito dalla combinazione tra regole televisive e una qualità che un tempo riguar- dava solo il grande cinema. Qualità eccellente. E crescente frenesia dello spettatore, disabituato ai ritmi del ve cc h i oc i n e- ma. È indubbio. Qui non si tratta di difendere il ritmo di Re- snais, Dreyer o Antonioni, ma di proteggere il loro dirit- to a essere visti. Nella conta- minazione crescente, mi pa- re che al cinema che non si piega alla trionfante dinami- ca del racconto tv sia conces- so uno spazio sempre mino- re. Quando sa di aver fatto un bel film? Quando mi nascondo in sala e ascolto le reazioni del pub- blico. Alla centesima versio- ne del proprio film, il regista Sangue del mio sangue Marco Belloc- chio, 75 anni. qui a fianco sul set di San- gue del mio sangue(foto in alto) presen- tato alla Mo- stra di Venezia non capisce più nulla e non distingue più il bello dal brutto. Alla prima proiezio- ne privata de I pugni in tasca non provai nessuna emozio- ne particolare. Mi dissi: E dunque? Tutto qui?. Il film segnò unepoca. Intuii che avevo provocato turbamento solo con il pub- blico, a Locarno. La gente ri- deva, magari istericamente o quando non avrebbe dovuto, ma rideva. Mi chiedevo: Che film ho fatto?. Non lo sapevo. Ma avevo smosso qualcosa. Al posto di Lou Castel è no- to avrebbe dovuto esserci Gianni Morandi. Ma non sarebbe stato lo stes- so film. Non so se migliore o peggiore, ma diverso. È vero che quando iniziai, per dare al film la certezza di vedere la luce, i produttori mi propo- nevano di inserire nel cast un attore noto. Ed è vero che la tradizione continua ancora oggi. Ma la certezza del suc- cesso di unopera non te la dà nessuno. Tantomeno un vol- Sarà pronto in Primavera Fai bei sogni, dal libro di Gramellini. La storia funziona anche sullo schermo IL PROSSIMO LAVORO L INTERVISTA MARCO BELLOCCHIO Nel nostro mestiere il fantasma del pubblico è una persecuzioneBertolucci l ho invidiato, Moretti e Sorrentino mi hanno rubato il Papa Biografia MARCO BELLOCCHIO Nato a Bobbio (Pc) nel 1939, ha esordito al cinema nel 1965 con il fortunato I pugni in tasca, seguito due anni dopo da La Cina è vicina, Gran premio della Giuria al Festival di Venezia del 1967. Negli Anni 70 firma Nel nome del padree Sbatti il mostro in prima pagina. In carriera ha diretto in totale 26 film Attualmente è in sala con Sangue del mio sangue, presentato a Venezia. In fase di montaggio è invece Fai bei sogni, tratto dal best seller di Massimo Gramellini

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20 » | IL FATTO QUOTIDIANO | Domenica 20 Settembre 2015

Cultura | Spettacoli | Società | Sport

Secondo Te m p o

SEGUE DALLA PRIMA

L» MALCOM PAGANI

a pensione, mille euro, non èun granché e mette i brividi.Toccherà affidarsi alla salu-te”. Molti sorrisi, molte ma-nate tra i capelli, una certagenerosità nel raccontarsi,una certa irrequietezza. Tresigarette al giorno: “D ovr eimollare anche quelle”, pauseche spezzano il dialogo a me-tà: “Scendiamo al bar per unca ffè ?”, tardive raccoman-dazioni ironiche sull’us ci o:“Non mi faccia apparire ma-ligno, sono stato e ho dettocose molto buone, ma si sa, igiornalisti amano la cattive-ria”. Libri di Carrère e di Ca-sanova mimetizzati tra mi-niature di Mao, manifestide ll ’Unione sportiva bob-biese, poster de I pugni in ta-sca (restaurato dalla Cinete-ca di Bologna, torna nei cine-ma in 60 copie il 19 ottobre)targhe e premi. A Venezia,Sangue del mio sanguenon haricevuto leoni, ma ha ruggi-to. Anthony Scott, New YorkTimes: “Strano e meraviglio-so, dolente e poetico”. Debo-rah Young, Hollywood Re-p or t er : “Girato magistral-mente, un tesoro”. Jay Weis-sberg, V a r i et y : “S o r p r e n-dentemente originale”.

La critica l’ha promossa. Lefa ancora effetto?

Lei mi dice che Robert Mit-chum sosteneva che non esi-stessero attori, ma soltantoattrici. Non è falso. Ego, va-nagloria, narcisismo. Pecca-ti non estranei al cinema.

Peccano anche i registi?In passato sono inciampatonella trappola del narcisi-smo. Forse non in manieracompulsiva, ma di certo allospecchio mi sono guardatoanch’io. Ora accade più rara-mente, l’età mi permette diosservare le cose con un con-solante senso di relatività.Poi diciamoci un’altra cosa.

D i c i a m o ce l a .Negare il narcisismo dei re-gisti sarebbe patetico, ma cisi rimira allo stremo anche inaltre categorie.

Ne ll’ultimo anno più cheguardarsi allo specchio, leiha lavorato.

Ho girato due film. Sa ng uedel mio sangueeFai bei sogni,tratto dal libro di MassimoGramellini. Non l’avevo let-to. Beppe Caschetto, unapersona leale con la quale ho

to ha incassato il film. A farticondizionare l’umore, a pas-sare in un istante dall’euforiaalla depressione. Conoscoper esperienza diretta en-trambi gli stati d’animo.

In questi giorni qual è lo sta-to d’animo di Marco Belloc-c h i o?

Sono felice che Sangue delmio sangue sia piaciuto, con-centrato sul montaggio delmio nuovo film e nelle ore li-bere, impegnato a immagi-nare altro. E cosa immagi-niamo noi che facciamo ci-nema? Altre storie. E subitodopo? A quanto costerannoqueste storie, fin da quandole scriviamo. Ecco a cosapensiamo. A dove trovare isoldi per far vedere al pub-blico le nostre visioni. A te-nere bassi i costi dell’ingra-naggio. Non voglio toglierel’aura romantica al mestiere,racconto solo la verità.

E la verità è migliore o peg-giore di 40 anni fa?

Non più semplice. Ma più de-mocratica e più leggera. Og-gi, se vuoi, un film lo giri an-c h e c o n u n t e l e f o n i n o .D al l ’altra parte è cambiatotutto. Il pubblico invecchia,non si rinnova e muore. Miricordo i film di Rohmer oquelli di Wenders. Il raggioverde, Paris Texas, Il cielo so-pra Berlino. Erano successidi pubblico. Se uscissero og-gi avrebbero incassi mode-sti.

Girerebbe una serie?Me l’hanno chiesto, non so-no pregiudizialmente con-trario, ma bisognerebbe tro-

da anni un ottimo rapporto,mi ha proposto di occupar-mene quando di Sangue delmio sangue, un progetto a cuitenevo molto, avevo già fil-mato un frammento: “L’im-portante è la storia, fammiciragionare, prima però devofinire l’altro film”. Il testo miha colpito. Siamo partiti. Ab-biamo girato a Gennaio, saràpronto in primavera.

Cosa sta diventando?Ancora non lo so. Nella stan-za accanto a quella in cui sia-mo, Francesca Calvelli iniziaa montarlo proprio oggi ed èal montaggio che questo filmin cui vediamo Massimo intre diversi momenti e in tredifferenti età della vita, vasoprattutto costruito. C’è ilbambino che perde la mam-ma, il Massimo preadole-scente e quello adulto inter-pretato da Mastandrea. Va-lerio ha lo sguardo malinco-nico di chi ha subìto una fe-rita molto profonda e sa co-me nasconderla.

Il resto del cast?Bèrènice Bejo che con Mas-simo nel libro ha un rapportoprofondo e che molto testar-damente ha voluto recitarein italiano, Emmanuel Devose tanti altri attori come Fa-brizio Gifuni che appaionoin una sola sequenza.

Autogrill, centri commer-ciali, librerie. Il libro ha ven-duto più di un milione di co-pie.

Non sapevo fossero un milio-ne, ma so che Fai bei sogni harealizzato numeri spavento-si. Se il meccanismo si ripe-tesse in sala sarei contento.Ma sono soddisfatto anchedi quanto ha incassato finoraSangue del mio Sangue, unfilm che fin dalle premessedoveva costare poco.

Meno di “Fai bei sogni”?Ho una certa storia, un certocarattere. Piccolo o grandeche sia, so controllare unbudget.

La disturba parlare di sol-di?

Per cinema, arte e letteraturail fantasma del pubblico è u-na persecuzione.

Dover incassare per forza èuna condanna?

Tu difendi la tua libertà as-soluta, combatti il tuo mora-lismo, i residui ideologici e lesuggestioni e poi sempre lìvai a finire.

Lì dove?A telefonare al produttore atarda notte per sapere quan-

vare una storia. Avevo pen-sato a un giovane Papa, mapoi sono arrivati Moretti eSorrentino e amen. Ho vistoTrue Detective,Les Revenan-ts e qualcos’altro restandocolpito dalla combinazionetra regole televisive e unaqualità che un tempo riguar-dava solo il grande cinema.Qualità eccellente.

E crescente frenesia dellospettatore, disabituato airitmi del “ve cc h i o” c i n e-ma.

È indubbio. Qui non si trattadi difendere il ritmo di Re-snais, Dreyer o Antonioni,ma di proteggere il loro dirit-to a essere visti. Nella conta-minazione crescente, mi pa-re che al cinema che non sipiega alla trionfante dinami-ca del racconto tv sia conces-so uno spazio sempre mino-re.

Quando sa di aver fatto unbel film?

Quando mi nascondo in salae ascolto le reazioni del pub-blico. Alla centesima versio-ne del proprio film, il regista

Sangue delmio sangueMarco Belloc-chio, 75 anni.qui a fiancosul set di “San -gue del mios a ng ue” ( fotoin alto) presen-tato alla Mo-stra di Venezia

non capisce più nulla e nondistingue più il bello dalbrutto. Alla prima proiezio-ne privata de I pugni in tascanon provai nessuna emozio-ne particolare. Mi dissi: “Edunque? Tutto qui?”.

Il film segnò un’epoca.Intuii che avevo provocatoturbamento solo con il pub-blico, a Locarno. La gente ri-deva, magari istericamente oquando non avrebbe dovuto,ma rideva. Mi chiedevo:“Che film ho fatto?”. Non losapevo. Ma avevo smossoqualcosa.

Al posto di Lou Castel –è no-to – avrebbe dovuto esserciGianni Morandi.

Ma non sarebbe stato lo stes-so film. Non so se migliore opeggiore, ma diverso. È veroche quando iniziai, per dareal film la certezza di vedere laluce, i produttori mi propo-nevano di inserire nel cast unattore noto. Ed è vero che latradizione continua ancoraoggi. Ma la certezza del suc-cesso di un’opera non te la dànessuno. Tantomeno un vol-

Sarà prontoinP rimavera“Fai beis og n i”,dal libro diGramellini .La storiafunzionaanche sullos ch e r m o

IL PROSSIMOL AVO RO

L’I N T E RV I STA MARCO BELLOCCHIO “Nel nostro mestiereil fantasma del pubblico è una persecuzione”

Bertolucci l’ho invidiato,Moretti e Sorrentinomi hanno “rubato” il Papa

B iog ra f i aM A RCOB E L LO CC H I ONato aBobbio (Pc)nel 1939, haesordito alcinema nel1965 conil fortunato“I pugni intasca”,seguito dueanni dopo da“La Cina èvicina”, Granp re m i odella Giuriaal Festival diVenezia del1967. NegliAnni 70 firma“Nel nomedel padre”e “Sbattiil mostroin primapagina”.In carriera hadiretto intotale 26 filmAt t u a l m e n teè in sala con“Sangue delmio sangue”,presentato aVe n e z i a .In fase dimontaggioè invece “Fa ibei sogni”,tratto dalbest sellerdi MassimoG ra m e l l i n i

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Domenica 20 Settembre 2015 | IL FATTO QUOTIDIANO | SECONDO TEMPO » 21

si ni st ra? ” Rispondo: “F or seperché ascoltando Salvininon si può essere di destra”.

Lei si sente ancora di sini-st ra?

Codesto solo oggi possiamodirti, ciò che non siamo, ciòche non vogliamo. L’ha scrit-to Montale, me ne appro-prio. Mi sento radicale. Lai-co. Per carattere, rabbia e pa-cifico anarchismo, ho unavaga simpatia per il M5S. Ingenerale, qualsiasi realtà cheprefiguri l’assalto al poteredelude, fallisce o si piega ine-vitabilmente al compromes-so. Cinquant’anni fa si respi-rava la retorica bellicista:“Prenderemo il Palazzod’Inverno”. Per fortuna nonè avvenuto. Sarebbe statoterribile.

In gioventù, disse, le capitòdi essere invidioso.

Preparavo con difficoltà Nelnome del padre, Bertolucci u-

sciva con Ultimo Tango e sì,un po’ invidioso sono stato. Èpassato del tempo, non invi-dio più nessuno e consideroragionare sul successo altruiuna sciocchezza. I grandipuoi anche invidiarli, ma tistimolano. Se avessi guarda-to ai maestri con timore, a-vrei dovuto scomparire obuttarmi nel Po.

Ha fatto pace con Taranti-no? Nel 2007, dopo l’espe-rienza da giurato al Festivaldi Cannes, lei gli diede delcafone per un suo duro giu-dizio sulla qualità del cine-ma italiano.

Tarantino era in concorsocon i fratelli Coen che poivinsero l’Oscar e proprio co-me loro non venne preso inconsiderazione. Disse qual-cosa di spiacevole, fu cafonee lo rimarcai. Tutto qui. Opi-nioni. Lampi lontani di moltianni fa. Non ci conosciamo,

lui vive nell’Olimpo, ma nonesiste alcun rancore. Io sonouno spettatore semplice. Ilsuo cinema non è il mio ge-nere, ma è ammirevole.

Quello di Nanni Moretti? U-na volta disse: “Il suo è uncinema fatto di parole, ilmio di immagini”.

Lo stimo molto e mi pare chenegli ultimi film la sua ricer-ca non poggi più prevalente-mente sulla parola. Sta ve-nendo dalla mia parte? Nonso. So che la distanza si è ac-corciata e che il suo cinemadi oggi mi interessa di più diquello di ieri. Prima di Vene-zia, Nanni che era stato aBobbio a presentare Mia ma-dre in un’atmosfera che de-finirei serena, mi ha manda-to un sms di auguri.

Cosa c’era scritto?Oltre all’in bocca al lupo, mispiegava perché aveva deci-so di presenziare al festi-val-laboratorio che organiz-zo a Bobbio solo quest’annodopo essere stato invitatopiù volte senza fortuna: “Eroriottoso perché mi avevi de-finito un miserabile quandoero in giuria a Cannes”. Era-vamo nel ‘97, avevo portatoIlprincipe di Homburg.

Moretti illustrò le ragionidella giuria e disse che il suofilm e quello di Rosi: “Nonerano stati neanche presi incon si de ra zi o ne”. Lei si ar-rabbiò: “Per la mancanza distile veramente miserabi-l e”.

Non me lo ricordavo, ho sba-gliato e mi sono scusato.

Ha litigato spesso?Ho discusso. Anche in mododivertente. Ai tempi de LaCondanna, Orso d’argento aBerlino nel ’91, Pietro Val-secchi, il produttore, michiese in prestito il premioper un servizio fotografico:“Due giorni e te lo ridò”.

E lo ridiede?Dopo una settimana lo ri-chiamai: “Pietro, scusami, a-vete smesso di fotografare?”.Giocò con i paradossi, ne feceuna questione di principio,citò l’esempio dell’Oscar edella statuetta consegnata alproduttore e poi calò le carte:“Me lo tengo, mi spetta di di-ritto, mi hai fatto spenderecentinaia di milioni. Lo con-sidero un risarcimento”. An-dammo in causa. Poi inter-venne l’avvocatessa Cau, u-no spirito sublime: “Con tuttii problemi che ci sono nel ci-nema, vi accapigliate perquesta cazzata? Fate pace”.Ubbidimmo. Il Festival diBerlino fece preparare unacopia esatta dell’Orso. Iotenni la copia, Valsecchi l’o-riginale. L’ho vista con i mieiocchi, è molto ossidata. Ditanto in tanto, Pietro dovreb-be lucidarla.

Rinunciò al premio?Non dovevo esporlo. Era unacopia esatta. Non mi impor-tava. Valsecchi propose di ti-rare a sorte. Non accaddepiù. Non abbiamo avuto più iltempo.

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to conosciuto. Le strade percui un film riesce a farsi ve-dere confinano con il miste-ro.

In “Sangue del mio sangue”recitano entrambi i suoi fi-gli.

Conosco l’osservazione. So-no abituato. C’è chi mi defi-nisce generoso e chi rapace.

E lei com’è?Un regista. Uno destinato afarsi giudicare, descrivere,raccontare dagli altri.

Rimangono i suoi film.Anche lì, poche speranze. Aitempi del Centro Sperimen-tale incontravo sempre unvecchio generico. Mi ferma-va. Mi indottrinava: “Sai chigliele ha date le idee a Felli-ni? Io, tutte io”.

In “Sangue del mio san-g u e”, suo figlio Pier Giorgiointerpreta due ruoli.

Quando arriva il momentodelle riprese vai oltre tuo fi-glio. Pier Giorgio ha percor-

so una strada parti-colare. Ha fatto il

cameraman, ilp r o d u t t o r e ,l ’attore. C ’èstima, affet-

to, onestà nel rapporto. Sefosse scarso non l’avrei in-gaggiato.

Ancora oggi, a 35 anni da“Vacanze in Val Trebbia”,Pier Giorgio lavora con lei.

In quel film, a 6 anni, mi davadello stronzo. Il rapporto èmigliorato.

Anche l’a t to re .Che è doppio, come noi tutti.Ho pensato che in Sangue delmio sangue la sua doppiezzafosse adatta a interpretareun cavaliere tormentato e unmoderno cialtrone. PierGiorgio conosce la macchinacinema come nessuno per-ché, anche per ragioni eco-nomiche, ha sempre lavora-to in vita sua. Non credo se nedebba vergognare. Gliel’hosempre detto: “Sei entrato,magari con il marchio men-zognero del privilegiato e tiassumi vantaggi e svantaggidella situazione”.

Gli svantaggi?Ha fatto sempre un certo tipodi cinema. Non è il primo vol-to a cui pensano i produttoridelle nostre commedie. Enon so neanche se sia un beneo sia un male.

Non le piacciono le comme-die odierne?

Il cinema italiano ha ripresouna sua disordinata efferve-scenza. È meno depresso, c’èvivacità e poi, proprio comeieri, osserva un blocco chepunta a fare i quattrini con untipo di commedia che a menon piace e – tranne rare ec-cezioni –trovo banale e privadi qualunque interesse.

Ne “Il regista di matrimo-ni ”, Gianni Cavina giuravache l’Italia fosse in mano aimorti. La politica è un bagnoturco affollato di membrastanche come in “La bellaaddormentata”?

Mi chiedono: “Perché sei di

Lavoro conP iergiorgioda 35 anniNel primofilm aveva6 anni e midava dellos t ro n z o .Direi che ilrapporto èm i gl i o ra t o

IL FIGLIOAT TO R E

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“La Condanna”, 1991Penso di aver litigato solocon Valsecchi, si è tenutol’Orso d’argento. Alla finemi sono fatto fare una copia

I Pugniin tascaLou Castele Paola Pita-gora in unascena del filmd’e s ordiodi Bellocchio