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Belle É poque 1875 - 1914 Francesco Image 3°G - LEONARDO DA VINCI Pavia A.S. 2015 - 2016

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Belle Époque 1875-1914

Francesco Image

3°G - LEONARDO DA VINCI

Pavia A.S. 2015-2016

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Introduzione

La Belle Époque (espressione nata in Francia a fine Ottocento) è il periodo degli

imperialismi europei che parte dal 1875 e termina nel 1914. Questo periodo è

conosciuto come l’età del benessere europeo.

Ho scelto questo percorso perché comprende molte invenzioni e scoperte che hanno

rivoluzionato la storia mondiale. Dalla fine dell'Ottocento le invenzioni e progressi

della tecnica e della scienza furono senza paragoni rispetto alle epoche passate. I

benefici di queste scoperte portarono a standard di vita notevoli. L'illuminazione

elettrica, la radio, l'automobile, il cinema, la pastorizzazione, il vaccino per il colera e

altre comodità, contribuirono ad un miglioramento delle condizioni di vita e al

diffondersi di un senso di ottimismo. La Belle Époque indicava la vita brillante nelle

grandi capitali europee, le numerose esperienze artistiche, ma soprattutto esprimeva

l'idea che il nuovo secolo, il Novecento, sarebbe stata un'epoca di pace e di

benessere. Successivamente alla fine della guerra franco-prussiana e della grande

depressione del 1873-1895, e prima della tragedia della prima guerra mondiale, la

Belle Époque si colloca come un periodo di pace e relativa prosperità. Le continue

scoperte e le innovazioni tecnologiche lasciavano sperare che in poco tempo si

sarebbe trovata una soluzione a tutti i problemi dell'umanità. Debellata la maggior

parte delle epidemie e ridotta notevolmente la mortalità infantile, gli abitanti del

pianeta toccavano ormai il miliardo e mezzo. Alla crescita demografica fece riscontro

anche un impressionante aumento della produzione industriale e del commercio

mondiale che, tra il 1896 e il 1913, raddoppiarono.

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Materia Argomento Pagina

Storia L’Età degli imperialismi 04

Geografia L’Africa 07

Scienze L’Elettricità 12

Tecnologia La lampadina e il telegrafo 15

Inglese Lo sviluppo medico 17

Tedesco La famiglia Krupp 19

Letteratura Proust 21

Musica L’Operetta 24

Arte L’Impressionismo 26

Scienze Motorie Il Golf 30

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STORIA

L’Età degli imperialismi

L'imperialismo si sviluppa come nuovo colonialismo tra il 1870 e il 1914 e consiste

nell'azione da parte dei governi di imporre la propria potenza su altri paesi.

L’obiettivo era quello di sfruttarli dal punto di vista economico assumendo il controllo

delle fonti energetiche e delle esportazioni. Il termine "Imperialismo" nasce in Francia

nell'Ottocento per definire il regime instaurato da Napoleone III. In seguito fu usato in

Inghilterra, associato all'idea di dispotismo. Infine il termine assunse il suo significato

più noto: la tendenza di una nazione ad imporre il suo dominio economico e ad

influenzare la politica interna di altri paesi con l'obiettivo di avviare la costruzione di

imponenti imperi economici. Per i paesi dominanti uno degli obiettivi principali di

questo sistema era quello di ricavare dai

paesi occupati una grande quantità di materie

prime a costi bassi.

Fra il 1870 e il 1914 colonizzare divenne una

strategia fondamentale da parte di molti

paesi. Ogni nazione cercava di espandersi il

più possibile creando un potente impero. Inoltre fra gli stati nacque una vera e propria

gara di espansione. La più grande potenza imperialista d’Europa fu l’Inghilterra. Oltre

l’Europa grandi potenze imperialiste furono il Giappone e gli Stati Uniti. In sintesi le

principali cause della nascita dell’imperialismo sono tre: economiche, politiche e

culturali.

Economiche perché dopo la rivoluzione industriale crebbe l’importanza delle

materie prime come petrolio, ferro e rame. I paesi europei però erano poveri di

materie prime mentre quelli asiatici e africani ne erano ricchi. Inoltre divenne

importante per gli europei controllare il commercio di quanti più paesi possibili,

imponendo ad essi i prodotti della propria industria.

Politiche perché l’imperialismo rappresentò una forma esasperata di nazionalismo.

L’amore per la propria nazione spinto all’eccesso portò a negare la libertà a tutte le

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altre nazioni. Le conquiste coloniali divennero perciò il simbolo di una nazione forte

e prestigiosa.

Culturali perché era diffusa l’opinione che l’uomo bianco dovesse dominare tutte le

altre “razze”. Nei confronti poi di quei popoli che

erano rimasti selvaggi il “compito” degli uomini

bianchi era quello di portare loro la civiltà.

L’Imperialismo portò molti vantaggi e ricchezze ai

colonizzatori ma mise in crisi i paesi colonizzati. Nel

corso delle conquiste coloniali gli europei ricorsero in

modo sistematico all’uso della violenza, grazie anche

alla loro superiorità tecnologica. Contro le nuove terribili armi in acciaio dei bianchi

(fucili di precisione veloci da caricare, mitragliatrici, potenti cannoni), gli africani e

gli asiatici potevano opporre solamente le loro vecchie armi in ferro, poco potenti,

lente e imprecise. Alle frequenti e disperate ribellioni delle popolazioni indigene, i

conquistatori rispondevano con orribili massacri. Conclusa l’occupazione, il territorio

veniva presidiato da un numero limitato di coloni, che vi risiedevano

temporaneamente per garantire il controllo politico ed economico. Soltanto in alcune

colonie alle popolazioni locali si sovrappose una quantità consistente e permanente

di bianchi. In ogni caso i paesi colonizzati vennero sottoposti a uno sfruttamento

brutale, che non solo ebbe conseguenze

immediate sugli abitanti che subivano

maltrattamenti, ma distrusse anche

sistemi economici instaurati da secoli,

che rispecchiavano le esigenze locali.

Spesso non si avviò nemmeno un nuovo

processo di sviluppo, in quanto i

cambiamenti introdotti dai colonizzatori

miravano soltanto a ottenere prodotti agricoli o materie prime destinate

all’esportazione. In molte regioni venne imposto il sistema della monocoltura che

consiste nella coltivazione sullo stesso terreno di un solo tipo di pianta. La

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monocoltura è spesso svantaggiosa perché impoverisce il terreno e, quando è

assoluta, crea dipendenza da altri paesi per il rifornimento di tutti i beni alimentari.

Accadeva così che alcune colonie, pur praticando un’economia prevalentemente

agricola, dovessero importare dall’estero i generi alimentari necessari; inoltre

bastava che il prezzo della monocoltura calasse perché la loro economia subisse un

grave danno. I lavoratori locali erano pagati con salari minimi o costretti al lavoro

forzato; d’altra parte i colonizzatori non introdussero nuove tecnologie se non a

proprio vantaggio. La divisione tra paesi sviluppati e paesi deboli si accentuò sino a

costituire uno dei più gravi problemi del XX secolo. Altrettanto grave fu

l’annientamento delle culture locali operato della colonizzazione: soprattutto nei

territori le cui strutture politico-religiose erano poco organizzate, lo scontro con gli

europei fu devastante, perché gli stili di vita tradizionali non ressero all’invasione di

lingue, abitudini e costumi diversi.

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GEOGRAFIA

L’Africa

La colonizzazione dell'Africa da parte delle nazioni europee raggiunse il proprio

apice a partire dalla seconda metà del XIX secolo, periodo in cui si ebbe una vera e

propria spartizione dell'Africa, i cui protagonisti furono soprattutto Francia e Gran

Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna.

Pur riferendosi spesso ad una presunta "missione civilizzatrice" nei confronti

soprattutto dei popoli relativamente arretrati dell'Africa subsahariana, le potenze

coloniali europee si dedicarono soprattutto allo sfruttamento delle risorse naturali del

continente.

Inizia allora l'espansione coloniale, che raggiunge il suo apice nella seconda metà

dell'Ottocento, quando le potenze europee iniziano una vera e propria “corsa alle

colonie”: ogni paese invia in Africa contingenti militari per occupare i vasti territori

africani dell'entroterra, formalmente ancora appartenenti a nessuno secondo gli

europei.

Il continente africano è separato dall'Asia a nord-est, dall'artificiale Canale di Suez e

circondato dall'Oceano Atlantico, dall'Oceano Indiano e dal Mar Mediterraneo, che lo

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separa dall'Europa. Terzo continente per estensione dopo Asia e America, assieme

all'Eurasia forma il cosiddetto "Continente Antico". Attraversato dall'equatore e dai

tropici del Cancro e del Capricorno, è caratterizzata da una grande varietà di climi e

ambienti che vanno da deserti, a savane e foreste pluviali.

L'altitudine media del continente è pari a circa 600 m s.l.m. Le maggiori altitudini

dell'Africa sono il Kilimangiaro (5895 m di altitudine) in Tanzania e il Monte Kenya

(5199 m di altitudine) nello stato omonimo.

Nella parte settentrionale del continente, dall'Oceano Atlantico fino al Mar Rosso, si

estende il deserto del Sahara, il più vasto deserto del mondo (9.000.000 km²); la sua

superficie è principalmente pianeggiante, ma vi si trovano anche rilievi che

raggiungono i 2.400 m s.l.m.

Coste e isole

Lo sviluppo costiero del continente ha una lunghezza complessiva relativamente

modesta, di circa 26.000 km (l'Europa, con una superficie tre volte inferiore, ha circa

32.000 km di coste). Le coste sono spesso scoscese e rocciose, con rilievi che

arrivano fino al mare. L'unica isola di grandi dimensioni è il Madagascar, la quarta

isola più grande del mondo.

Idrografia

La fascia centrale del continente, dove le piogge sono regolari, presenta corsi d'acqua

che sfociano nel mare, principalmente nell'Oceano Atlantico, come il fiume

Niger (4.160 km) e il fiume Congo (4.200 km). Nella parte più meridionale scorrono

l'Orange, che sfocia nell'Oceano Atlantico, il Limpopo e lo Zambesi, tributari

dell'Oceano Indiano. Lo Zambesi è celebre anche per le Cascate Vittoria, fra le più

spettacolari del mondo.

Il principale fiume africano è il Nilo che, con il suo principale affluente Kagera, è

tradizionalmente considerato il fiume più lungo del mondo (6.671 km).

Una lunga catena di laghi corre lungo la frattura tettonica della Rift Valley: i più

importanti sono il Lago Vittoria e il Lago Tanganica.

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Clima

Il clima del continente africano è generalmente caldo, anche se ci sono variazioni

notevoli a seconda delle zone. L'estrema porzione settentrionale e la parte più

meridionale del continente hanno un clima mediterraneo, con estati secche e inverni

umidi. Il resto del Nord Africa presenta un clima desertico o semidesertico, mentre

avvicinandosi all'equatore il clima si fa tropicale, molto umido; è qui che si registra il

massimo di precipitazioni annuali. Il clima ritorna desertico o semidesertico nelle

zone del Corno d'Africa e del Kalahari, mentre è prevalentemente tropicale

nel Madagascar.

Ambienti naturali

La parte settentrionale del continente è occupata in gran parte dal gigantesco deserto

del Sahara, mentre a sud di questo, l'ambiente predominante è la grande savana,

l'immensa distesa erbacea teatro dei grandi safari per turisti. Altre aree desertiche si

trovano nella zona sud-ovest del continente, dove si trova il grande deserto

del Kalahari.

Nella zona equatoriale, in particolare nel bacino del Congo, vi sono invece le

grandi foreste tropicali. Un'estesa foresta pluviale occupa anche la parte orientale

del Madagascar, per il resto ricoperto da savane. L'estrema parte nord-ovest del

continente, la zona settentrionale di Algeria, Tunisia e Marocco, e la punta

meridionale, presentano ambienti tipicamente mediterranei.

Fauna

L'Africa è famosa in tutto il mondo per la varietà e l'unicità degli animali che la

popolano. Sono presenti molte specie di felini, come il leone, il leopardo, il serval,

il ghepardo e varie specie di gatti selvatici, oltre a specie di canidi come i licaoni e

gli sciacalli. Molto diffusi nelle foreste sono le grandi scimmie antropomorfe come

gli scimpanzé e i gorilla, mentre altri primati popolano anche le praterie, come i

mandrilli, le amadriadi e le scimmie leopardo. Le grandi savane sono il territorio di

giraffe, elefanti, rinoceronti e grandi mandrie di bufali, gnu, zebre, gazzelle, impala e

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antilopi. Nei deserti vivono dromedari, fennec e viperidi. Presso i grandi fiumi vivono

ippopotami e coccodrilli. Le savane sono percorse inoltre dagli struzzi e sorvolate da

varie specie di avvoltoi. Oltre a questi in Africa vi sono numerosissime specie

di uccelli. In particolare in Madagascar vi è un vastissimo ecosistema unico al mondo

con un numero impressionante di volatili.

Popolazione

L'impenetrabilità del Sahara divide l’Africa, naturalmente e culturalmente, in due

entità assai diverse: Africa bianca e Africa nera. Più recentemente l'invasione araba e

europea ha mutato molte cose: si tratta però prevalentemente di mutazioni culturali.

Tra i gruppi etnici indigeni del Nord Africa non mancano elementi europoidi come

i Berberi, cui si sono aggiunti di recente un certo numero di Arabi.

Nell'Africa subsahariana la maggior parte degli abitanti ha la pelle scura. Nell'Africa

centro-orientale vivono i gruppi etnici degli etiopi e dei somali. Gli Stati

dello Zimbabwe e del Sudafrica hanno una piccola, ma significativa, presenza di

gruppi bianchi ed asiatici: i primi sono i cosiddetti Afrikaner, i secondi immigrarono

in epoca coloniale per contribuire ai lavori pubblici effettuati in quei paesi.

Lingue

Nell'intero continente africano vengono parlate più di 2.000 diverse lingue, pur

considerando le difficoltà che insorgono all'atto della definizione di lingua soprattutto

nel caso non esistano (come è il caso di gran parte dell'Africa) forme standardizzate.

La stragrande maggioranza di queste sono lingue indigene africane, mentre una

minor parte (di origine europea o mediorientale) sono state portate in Africa durante

le varie fasi coloniali. Sulla costa orientale è diffuso lo Swahili, nato dall’incontro della

lingua Bantu con l’Arabo.

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Religione

La religione è prevalentemente islamica. Nelle zone isolate si praticano culti

animistici. La colonizzazione ha portato la diffusione del cristianesimo, soprattutto

nell’Africa centrale e meridionale. In Etiopia è diffuso il culto cristiano-copto.

Economia

L'agricoltura è il settore che impiega il 60% dei lavoratori africani. Tre quinti degli

agricoltori sono impegnati in coltivazioni familiari, con produzioni limitate di poco

superiori al bisogno del nucleo familiare. Fattorie più estese, normalmente molto

vaste, investono in prodotti per l'esportazione – caffè, cotone, cacao, tè e gomma.

Raramente queste fattorie producono per il mercato interno. Vi è un salto cospicuo tra

le aziende agricole familiari – normalmente sotto i due ettari d'estensione – e le

fattorie commerciali, che spesso sono latifondiste.

L'Africa esporta minerali e petrolio, le due produzioni con il più alto coefficiente di

ritorno finanziario. Oro, diamanti, rame si trovano in gran quantità in molti paesi

dell'Africa Occidentale e Australe. Sono molti i depositi di oro, ferro, bauxite, rame,

carbone, titanio, uranio e altri minerali non ancora sfruttati.

L'Africa è il continente meno industrializzato. Il settore occupa circa il 15% della forza

lavoro a livello continentale. Sudafrica, Egitto e i paesi magrebini in genere

presentano una struttura industriale adatta sia alla produzione per i mercati locali che

alla esportazione. In Sud Africa ci sono varie aziende che hanno assunto una rilevanza

mondiale. Tra queste la South African Brewery (SAB) che con una continua politica di

acquisizioni in tutto il mondo è attualmente il primo produttore mondiale di birra.

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SCIENZE

L’Elettricità

L’energia elettrica è stata una delle scoperte scientifiche che più ha modificato il

nostro vivere quotidiano.

La rivoluzione elettrica ha avuto inizio alla fine del 1800, esattamente nel 1882 quando

a New York viene messa in funzione la

prima centrale elettrica in Pearl Street

Station su progetto di Thomas Edison e con

il finanziamento del banchiere J. P.

Morgan. Nel 1883, un anno dopo

l’impianto di New York, a Milano in via

Santa Radegonda a due passi dal Duomo,

in uno stabile precedentemente usato

come teatro, veniva costruito il primo impianto in Europa continentale, il secondo al

mondo. La centrale distribuiva l’energia nel raggio di un chilometro e illuminava i

portici di Piazza del Duomo. Questa centrale è stata costruita grazie ad un comitato

promosso dall’Ingegner Giuseppe Colombo che è stato uno degli iniziatori del

Politecnico di Milano.

L'elettricità è una delle proprietà fondamentali della materia: si manifesta attraverso

attrazioni e repulsioni tra corpi e deriva dalle proprietà atomiche della materia. I corpi

dotati di questa proprietà si dicono elettricamente carichi; la grandezza che li

caratterizza si dice carica elettrica.

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Nel 1897 il fisico Joseph John Thomson ipotizzò l’esistenza di una

particella carica negativamente, l’elettrone, e realizzò il primo

modello atomico, secondo il quale l’atomo, che nel suo insieme era

neutro, era costituito da una sfera il cui raggio era di circa 10 -10 m.

La sfera era carica positivamente ed i corpuscoli negativi erano

disseminati in essa come l’uvetta nel panettone. Questo modello è

infatti passato alla storia come “modello a panettone”.

In seguito allo studio della deflessione di particelle da parte di una sottile lamina

d’oro, Rutherford elaborò tra il 1908 e il 1911 il modello planetario dell’atomo.

Secondo questo modello gli elettroni ruotano intorno ad un nucleo delle dimensioni

di 10-15 m in cui è concentrata tutta la carica positiva, come i pianeti del sistema solare

ruotano intorno al sole. Nel nucleo è concentrata la quasi totalità della massa

dell’atomo. Gli oggetti sono quindi per lo più “vuoti”. Nasce così il concetto di nucleo.

Tuttavia l’atomo proposto da Rutherford non poteva essere stabile secondo le leggi

dell’elettrodinamica classica. Infatti gli elettroni cadrebbero sul nucleo (dopo un

tempo dell’ordine di 10-8 s!), poiché muovendosi di moto accelerato irraggiano

energia.

Nel 1913 Bohr riprese così il modello planetario, mantenendo il concetto di nucleo e

introducendo due postulati:

solo un numero discreto di orbite circolari sono permesse agli elettroni che

ruotano intorno al nucleo (quantizzazione delle orbite)

quando un elettrone si trova in una di queste orbite non irradia energia; gli

elettroni possono variare la propria energia solo in seguito alla transizione tra

due orbite permesse (quantizzazione dell’energia)

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Possiamo quindi dire che la materia è costituita da unità dette atomi, un tempo ritenuti

indivisibili, ma che, come è stato dimostrato all'inizio

del '900, sono costituiti da particelle. Un atomo è

formato da tre tipi di particelle: protoni e neutroni,

riuniti in un nucleo centrale, ed elettroni, che si

muovono intorno al nucleo. Ciascun protone porta

una carica elettrica positiva, mentre i neutroni non

possiedono carica; ciascun elettrone porta una carica

elettrica negativa. La carica positiva del protone e la

carica negativa dell'elettrone, di segno opposto, sono uguali in valore assoluto. In

condizioni normali un atomo possiede un ugual numero di protoni (detto numero

atomico Z) e di elettroni e perciò è elettricamente neutro. Di conseguenza sono neutri

anche i corpi formati da questi atomi. In certe circostanze gli atomi possono perdere

o acquistare elettroni (gli elettroni sono "mobili", a differenza dei protoni, che

possiedono una massa assai maggiore e inoltre sono aggregati nel nucleo). Quando

gli atomi di una sostanza acquistano elettroni, la caricano negativamente, cioè la

sostanza possiede un eccesso di elettroni; viceversa, quando perdono elettroni, la

sostanza è carica positivamente, cioè è in difetto di elettroni.

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TECNOLOGIA

La lampadina e il telegrafo

La lampadina ad incandescenza è un oggetto in grado di produrre luce con il

surriscaldamento di un filamento tramite corrente elettrica. L’inventore della

lampadina ad incandescenza vera e propria fu Thomas Alva Edison che nel 1878

riuscì a creare un modello di lampadina sufficientemente durevole. La lampadina era

già stata costruita da Joseph Wilson Swan che creò, anni prima della scoperta di

Edison, un modello di lampadina che poi perfezionò. Edison fu il primo a creare una

lampadina che riuscisse a illuminare degli ambienti e infatti il 31 dicembre del 1879

egli inaugurò l’illuminazione di Menlo Park. Dopo la morte di Edison la lampadina

venne brevettata a suo nome e molti inventori

pensarono ancora all’idea di perfezionarla. La

lampadina ad incandescenza possiede una

struttura molto banale. Produce luce grazie al

surriscaldamento del filamento di tungsteno

tramite la corrente elettrica. L’incandescenza di

questo filamento è dovuta all’effetto joule perché

il tungsteno essendo molto sottile con la tensione

che abbiamo in casa tende a incendiarsi producendo cosi calore e una forte luce. Il

banalissimo circuito elettronico della lampadina ad incandescenza è racchiuso in un

bulbo per protezione. Oggi all’interno del bulbo viene introdotto un gas solitamente

il kripton/argon per evitare implosioni. La durata della lampadina ad incandescenza

è di circa 1000 ore e non è una delle migliori perché il filamento all’interno del bulbo

potrebbe rompersi compromettendo la quantità di luce emessa dalla lampadina.

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Il telegrafo è un apparecchio elettronico che permette di comunicare a distanza per

trasmettere dati usando particolari linguaggi. Tutte le comunicazioni per mezzo del

telegrafo sono dette comunicazioni di telegrafia. Questo nuovo metodo di

comunicazione rivoluzionò tutto il mondo per la sua efficienza

e facilità nel trasferire informazioni. Esistono diverse

tipologie di telegrafi come ad esempio il telegrafo ottico

Chappe. Fu ideato da Claude Chappe che lavorò assieme al

fratello allo sviluppo del sistema telegrafo. Il telegrafo era

formato da una torre con dei bracci e a ogni movimento del

braccio corrispondeva un particolare segno (lettera o

numero). La torre possedeva un cannocchiale per ricevere i

messaggi.

Nella prima metà dell’Ottocento arriva finalmente il successo di Samuel Morse,

inventore di un telegrafo che usava corrente elettrica e fili per trasferire gli impulsi

dati, inventando anche un codice, il codice Morse. Grazie a lui il 24 maggio del 1844

si ha la prima telecomunicazione con il linguaggio Morse. Un altro tipo di telegrafo fu

il telegrafo senza fili inventato da Nikola Tesla nel 1891. Fu però l’italiano Guglielmo

Marconi che nel giugno del 1896 depositò il primo brevetto di telegrafo senza fili. Il

circuito più semplice di telegrafo comprende un generatore di corrente,

un pulsante in grado di chiudere il circuito quando

premuto, un filo di trasmissione ed un elemento

rivelatore del segnale, che può essere una

lampadina oppure un campanello. Il filo di ritorno per

chiudere il circuito è sostituito dalla terra, grazie a due

picchetti infissi nel terreno alle due stazioni. Il tipo più

semplice di tasto telegrafico è un pulsante che premuto collega la fonte di energia

alla linea, inviando un impulso. In posizione di riposo la linea è automaticamente

collegata all'apparecchio ricevitore.

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INGLESE

Lo sviluppo medico

In the early 1870’ Louis Pasteur and Robert Koch established the germ theory of

disease. According to germ theory, a specific disease is caused by a

specific organism. Before this discovery, most doctors believed

diseases were caused by spontaneous generation. In fact, doctors did

autopsies on people who died of infectious diseases and they took

care of patients without washing their hands, not realizing that they

were transmitting the disease.

In 1879 there were many discoveries about vaccines: 1879 Cholera, 1881 Antrax,

1882 Rabies. In 1890 Emil von Behring discovered antitoxins and used them to

develop tetanus and diptheria vaccines.

In 1895 German physicist Wilhelm Conrad Roentgen discovered X rays and the

next year the vaccine for typhoid fever was discovered.

In 1899 Felix Hoffman developed aspirin (acetyl salicylic

acid). The juice from the bark of a willow tree was used as

early as 400 BC to relieve pain. 19th century scientists knew

that it was the salicylic acid in the willow that made it work,

but it irritated the lining of the mouth and stomach. Hoffman

synthesized acetyl salicylic acid, developing what is now the

most widely used medicine in the world.

The doctor Austrian-American Karl Landsteiner described

blood compatibility and rejection (i.e., what happens when a

person receives a blood transfusion from another human of

either compatible or incompatible blood type), developing

the ABO system of blood typing. This system classified the

bloods of human beings into A, B, AB, and O groups.

Landsteiner received the 1930 Nobel Prize in “Physiology or

Medicine” for this discovery.

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In 1906 Sir Frederick Gowland Hopkins suggested the existence of vitamins and

concluded they were essential to health; in 1929 he received the Nobel Prize in

“Physiology or Medicine”.

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TEDESCO

La famiglia Krupp

Die Industrialisierung begann in Deutschland später als in England, verlief aber sehr

schnell.

Um 1800 lebten 80% der Einwohner auf dem Land, 1890 waren es nur noch 30%.

Viele Bauern zogen in die Städte und wurden Lohnarbeiter in

Fabriken. Sie lebten in miserablen Verhältnissen. Die Löhne

waren niedrig und die Arbeit lag bei 16 Stunden. Auch

Frauen und Kinder arbeiteten, um das Existenzminimum der

Familie zu sichern. Die Not zwang viele zur Emigration.In den

Jahren nach 1871 boomte die Wirtschaft: viele Firmen wurden

gegründet, das Ruhrgebiet entwickelte sich zum größten

Industriezentrum Europas.

1875 produzierte die deutsche Industrie schon mehr als die

französische, um 1900 holte sie England ein.

Krupp ist der Name einer deutschen Familiedynastie von Industriellen des 19. und 20.

Jahrhunderts, die ein der größten Unternehmen Europas war. Seit der Fusion mit der

Thyssen AG heißt das Unternehmen heute ThyssenKrupp AG. Der Erfolg der

Unternehmungen prägte das Bild der Stadt Essen von der Hochindustrialisierung bis

weit nach dem Ende des Zweiten Weltkrieges.

Die Krupps produzierten Waffen und sie waren

auf den Schalchtfeldern Europas von 1866 bis

1945 präsent. Im Ersten Weltkrieg steigerte

Krupp seine Rüstungsproduktion, aber nach dem

Vertrag von Versailles durfte das Unternehmen

nur Lastwagen und Lokomotiven herstellen.

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In der nationalsozialistische Diktatur wird die Produktion von Waffen wieder

aufgenommen. Die Firma Krupp setzte während des zweiten Weltkrieges

Zwangarbeiter ein, wie alle deutschen Konzerne. Nach Kriegsende musste Krupp

Reparationen bezahlen.

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LETTERATURA

Proust

Scrittore francese nato a Parigi nel 1871 e morto nel 1922. Figlio di un medico, Adrien,

e di un'israelita di origine alsaziana, Jeanne Weill, appartenente alla ricca borghesia,

crebbe, sempre cagionevole di salute, accanto all'amato fratello secondogenito,

Robert. A nove anni contrasse una grave forma di asma bronchiale, malattia che lo

tormentò tutta la vita e che lo condusse alla morte. Compì gli

studi liceali al Condorcet. Fu un allievo modello, specie per la

filosofia. All'università fece studi di diritto e poi di scienze

politiche. Data la sua passione letteraria nel 1892 fondò, con

gli amici del liceo, la rivista Le banquet. Elegante, raffinato,

dedicò la maggior parte del suo tempo (1895-99) alla scrittura

del Jean Santeuil (uscito postumo nel 1952) e ai salotti, ove

tuttavia si sentiva a disagio, sia per la sua mancanza di titoli

nobiliari sia per il fatto che, figlio di madre ebrea, era considerato da molti un “mezzo

sangue” senza talento e senza personalità. Fu colpito dalle prime grandissime

sciagure: la morte del padre nel 1903 e quella della madre nel 1906. Ancora bambino

aveva scritto in un diario che il colmo dell'infelicità era la separazione dalla madre.

Proust, che già si era rinchiuso in sé stesso, isolandosi in una stanza foderata di

sughero nel boulevard Haussmann,

infastidito dai rumori, dalla luce, forse

soltanto costretto dalla sua nevrosi a vivere

di notte e a riposare di giorno, aveva intanto

dato alla luce nel 1913 Dalla parte di Swann

la prima parte di quel capolavoro il cui ciclo

costituì Alla ricerca del tempo perduto.

Alla ricerca del tempo perduto è un romanzo-fiume scritto tra il 1908 e il 1922, anno di

morte del suo autore. In estrema sintesi può essere descritto come la storia degli

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ostacoli soggettivi e oggettivi che la vocazione letteraria del personaggio-narrante ha

incontrato e superato. Sebbene narrato in prima persona dal personaggio

protagonista, e sebbene il materiale narrativo, i personaggi, i pensieri del narratore

siano profondamente radicati nella biografia dell’autore, la Ricerca non è un romanzo

autobiografico. Marcel Proust non ha inteso raccontare la sua vita, bensì ha voluto

estrarre dai materiali biografici che la sua vita gli offriva un senso che la semplice

esposizione di essi non avrebbe potuto determinare. La trasfigurazione letteraria –

ossia l’elaborazione stilistica e la composizione degli episodi secondo un preciso

disegno – è la chiave di volta dell’operazione proustiana: è ad essa, alla letteratura,

che l’autore affida il messaggio da consegnare al lettore.

Alla base del capolavoro appare una domanda: Cosa ha valore nella nostra

esperienza umana? La risposta data da Proust alla fine della ricerca è: la vera

vita è la letteratura. Non la letteratura che offre solo rappresentazione fredde e

immobili della realtà ma una letteratura che sia ricerca della “verità” e non

della “realtà”, quindi una realtà più profonda che tenga conto della nostra

interiorità e del suo mutare nel tempo.

L’edizione originale pubblicata a partire dal 1913 conta 7

volumi, a loro volta suddivisi in 15 tomi, ognuno dei volumi

ha un proprio titolo. Ma il romanzo proustiano è un’unità

inscindibile e la suddivisione in tomi, volumi, capitoli,

paragrafi ha un valore sostanzialmente convenzionale e

risponde ad esigenze editoriali: non è, per intenderci, un

ciclo di romanzi, sebbene alcune sue parti abbiano

un’apparente autonomia e siano state pubblicate come

narrazioni in sé concluse. Solo l’epilogo, lo svelamento, le

“scoperte” contenute nell’ultimo volume, Il tempo ritrovato,

danno ragione di tutta la narrazione che lo ha preceduto.

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Di seguito riporto un brano che compare nel primo capitolo del volume “Dalla parte

di Swann” nel quale il protagonista, assaggiando una “madeleine” prova una

sensazione di felicità e di estasi che tenta di comprendere.

«… un giorno d’inverno, al mio ritorno a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose

di bere, contrariamente alla mia abitudine, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so

perché, cambiai idea. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che chiamano Petites

Madeleines e che sembrano modellati dentro la valva scanalata di una “cappasanta”. E subito,

meccanicamente, oppresso dalla giornata uggiosa e dalla prospettiva di un domani

malinconico, mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che

s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano

mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di

straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata,

staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini

della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo

dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me,

io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era

potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma

lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa

significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella

prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda. E’ tempo che mi fermi, la virtù del filtro

sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è lì dentro, ma in me. La bevanda l’ha

risvegliata, ma non la conosce, e non può che ripetere indefinitamente, ma con sempre minor

forza, la stesa testimonianza che io non riesco a interpretare e che vorrei almeno poterle

chiedere di nuovo ritrovandola subito intatta, a mia disposizione, per un chiarimento decisivo.”

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MUSICA

L’Operetta

Per operetta s’intende uno spettacolo d’argomento giocoso o sentimentale i cui

dialoghi in prosa e parti cantate si avvicendano senza una sicura e prevedibile logica

esterna, insieme a parti corali e a numeri di danza in un allestimento che tiene

particolare conto della ricchezza scenografica. L’operetta ebbe origine in Francia alla

metà dell’Ottocento, si diffuse quindi a Vienna e a Londra nell’ultimo quarto del

secolo, e conservò inizialmente caratteristiche nazionali. L’operetta si rifà nella forma

a generi già esistenti nel teatro musicale ma sua la caratteristica principale è la stretta

aderenza a temi attuali, come la satira sociale e politica.

L’operetta, nata in coincidenza dell’affermarsi della borghesia, è stata per lungo

tempo considerata uno spettacolo di prosa minore nobilitata dall’apporto musicale,

sotto l’influsso del teatro maggiore, ma sempre relegata ad un pubblico provinciale e

in teatri di periferia. In effetti l’esordio dell’operetta riveste un aspetto sociale di

rilevante importanza nella vita ottocentesca: il gusto e il piacere borghese. L’operetta

si diffuse in breve tempo sia a Vienna sia a Londra, dove fu imitata e copiata quella

francese importando con lo spettacolo anche il mito, tipicamente borghese, di Parigi

come capitale del divertimento e della spensieratezza.

La maggior popolarità si ebbe durante la Belle Époque, che coincise con la

massima internazionalizzazione del gusto borghese.

A Parigi trionfa nell’operetta francese l’infallibile intuito teatrale di Offenbach,

particolarmente sensibile a cogliere le preferenze dei suoi contemporanei. Egli

scelse librettisti geniali e riuscì grazie al suo talento a far applaudire le sue satire più

feroci perfino da coloro cui erano indirizzate.

In Inghilterra l’operetta è caratterizzata dal burlesque un genere di spettacolo

leggero su soggetti fantastici o parodistici.

.

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Fra i moderni compositori d'operette nello stile viennese occupa un posto preminente

Franz Léhar (1878), del quale La vedova allegra (Die lustige Witwe),

dopo la sua apparizione viennese nel 1905, ebbe una risonanza

mondiale e, assumendo aspetto dell'operetta tipo, servì di modello

a quasi tutti i successivi compositori di operette di ogni paese.

In Inghilterra fra i cultori del genere operettistico sono da

annoverare Sir Arthur S. Sullivan (1842-1900), autore di The Rose of

Persia, e S. Jones (1869-1914), famoso specialmente per The Geisha.

Sul modello viennese si formò l'operetta italiana, che con R. Leoncavallo (1858-1919)

assunse un carattere d'italianità non scevro di una nobile impronta, come appare ad

esempio in La reginetta delle rose (1912).

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ARTE

L’Impressionismo

L’Impressionismo è un movimento pittorico francese che nasce intorno al 1860 a

Parigi. È un movimento che deriva direttamente dal realismo, in quanto come questo

si interessa soprattutto alla rappresentazione della realtà quotidiana. Rispetto al

realismo però, non si occupa dei problemi ma solo

dei lati gradevoli della società del tempo. La

vicenda dell’Impressionismo è quasi una cometa

che attraversa la storia dell’arte, rivoluzionandone

completamente soprattutto la tecnica. Dura poco

meno di venti anni: al 1880 l’impressionismo può

già considerarsi una esperienza chiusa. Esso,

tuttavia, lascia una eredità con cui faranno i conti tutte le esperienze pittoriche

successive. Non è azzardato dire che è l’Impressionismo ad aprire la storia dell’arte

contemporanea.

La grande rivoluzione dell’Impressionismo è soprattutto la tecnica, anche se molta

della sua fortuna presso il grande pubblico deriva dalla sua poetica.

La tecnica impressionista nasce dalla scelta di rappresentare solo e soltanto la realtà

sensibile. Evita qualsiasi riferimento alla costruzione ideale della realtà, per

occuparsi solo dei fenomeni ottici della visione e, per far

ciò, cerca di riprodurre la sensazione ottica con la

maggior fedeltà possibile. L’Impressionismo sembra

indifferente ai soggetti. In realtà, proprio perché può

rendere piacevole qualsiasi cosa rappresenti,

l’Impressionismo divenne lo stile della dolce vita

parigina di quegli anni. Non c’è alcuna romantica

evasione verso mondi idilliaci, sia rurali sia mitici; c’è

invece una volontà dichiarata di calarsi interamente nella

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realtà urbana di quegli anni per evidenziarne tutti i lati positivi e piacevoli. Ed anche

le rappresentazioni paesaggistiche o rurali portano il segno della bellezza e del

progresso della civiltà. Sono paesaggi visti con occhi da cittadini.

I protagonisti dell’Impressionismo furono soprattutto pittori francesi.

Tra essi, il più impressionista di tutti, fu Claude Monet. Gli altri grandi protagonisti

furono: Auguste Renoir, Alfred Sisley, Camille

Pissarro e, seppure con qualche originalità, Edgar

Degas. Un posto separato lo occupano, tra la

schiera dei pittori definiti impressionisti, Edouard

Manet, che fu in realtà il precursore del

movimento, e Paul Cézanne, la cui opera è quella

che per prima supera l’impressionismo degli inizi.

Le date fondamentali per seguire lo sviluppo dell’impressionismo sono:

1863: Edouard Manet espone «La colazione sull’erba»;

1874: anno della prima mostra dei pittori impressionisti presso lo studio del

fotografo Nadar;

1886: anno dell’ottava e ultima mostra impressionista.

L’impressionismo non nacque dal nulla. Esperienze fondamentali, per la sua nascita,

sono da rintracciarsi nelle esperienze pittoriche della

prima metà del secolo: soprattutto nella pittura di

Delacroix e dei pittori inglesi Constable e Turner.

Tuttavia, la profonda opzione per una pittura legata

alla realtà sensibile portò gli impressionisti, e

soprattutto il loro precursore Manet, a rimeditare tutta

la pittura dei secoli precedenti che hanno esaltato il

tonalismo coloristico: dai pittori veneziani del Cinquecento ai fiamminghi del

Seicento, alla pittura degli spagnoli Velazquez e Goya.

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Punti fondamentali per seguire le specificità dell’impressionismo sono:

il problema della luce e del colore;

la pittura en plein air;

la esaltazione dell’attimo fuggente;

i soggetti urbani.

La grande specificità del linguaggio pittorico impressionista sta soprattutto nell’uso

del colore e della luce. Il colore e la luce sono gli elementi principali della visione:

l’occhio umano percepisce inizialmente la luce e i colori, dopo di che, attraverso la

sua capacità di elaborazione cerebrale distingue le forme e lo spazio in cui sono

collocate. La maggior parte della esperienza pittorica occidentale, tranne alcune

eccezioni, si è sempre basata sulla rappresentazione delle forme e dello spazio.

La pittura, così come concepita dagli impressionisti, era solo colore. Essi, pertanto,

riducono, e in alcuni casi sopprimono del tutto, la pratica del disegno. Questa scelta

esecutiva si accostava all’altra caratteristica di questo movimento: le realizzazioni dei

quadri non negli atelier ma direttamente sul posto. È ciò che, con termine usuale,

viene definito en plein air.

La scelta dei pittori impressionisti, di rappresentare la realtà cogliendone le

impressioni istantanee portò questo stile ad

esaltare su tutto la sensazione dell’attimo

fuggente.

Secondo i pittori impressionisti la realtà muta

continuamente di aspetto. La luce varia ad ogni

istante, le cose si muovono spostandosi nello

spazio: la visione di un momento è già diversa

nel momento successivo. Tutto scorre. Nella

pittura impressionista le immagini trasmettono sempre una sensazione di mobilità.

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Sul piano dei soggetti l’impressionismo si presenta con un’altra notevole

caratteristica: quella di rappresentare

principalmente gli spazi urbani.

E lo fa con una evidente esaltazione della

gradevolezza della vita in città. Questo

atteggiamento è una novità decisa. Fino a questo

momento la città era stata vista come qualcosa di

malefico e di infernale. Soprattutto dopo lo

sviluppo della Rivoluzione Industriale, i fenomeni di urbanesimo avevano deteriorato

gli ambienti cittadini. La nascita delle industrie avevano congestionato le città. Erano

sorti i primi effetti dell’inquinamento. I centri storici si erano affollati di immigrati dalle

campagne, le periferie sorgevano come baraccopoli senza alcuna qualità estetica ed

igienica; le città erano dunque viste come entità malsane

L’Impressionismo è il primo movimento pittorico che ha un atteggiamento positivo nei

confronti della città, e di una città in particolare: Parigi.

La capitale francese, sul finire dell’Ottocento è, sempre più, la città più importante e

gaudente d’Europa. In essa si raccolgono i maggiori intellettuali ed artisti, ci sono i

maggiori teatri e locali di spettacolo, si trovano le cose più eleganti e alla moda, si

possono godere di tutti i maggiori divertimenti del tempo.

Tutto questo fa da sfondo alla pittura degli impressionisti, e ne fornisce molto del suo

fascino. I luoghi raffigurati, nei quadri impressionisti, diventano tutti seducenti: le

strade, i viali, le piazze, i bar, gli stabilimenti balneari lungo la Senna e persino le

stazioni, come nel famoso quadro di Monet «La Gare Saint-Lazare».

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SCIENZE MOTORIE

Il golf

Il golf è uno sport di origine olandese anche se la maggior parte delle persone

pensano che sia nato in Scozia perché lì ebbe molto successo. Il gioco del golf divenne

sport olimpico dal 1900 al 1904 e dal 2016. Esso è conosciuto come lo sport dell’alta

borghesia perché sul finire del 1800 solo

persone con disponibilità economiche notevoli

potevano permettersi di praticalo. Il golf oggi

è molto popolare negli Stati Uniti e nel Regno

Unito. In Italia fece la sua prima comparsa nel

1900 circa. Il Regno Unito oggi è conosciuto

come la culla del golf sin dal 1400. Questo

sport viene praticato all’aperto in appositi campi situati solitamente nei boschi. La

lunghezza dei campi varia da campo a campo ma, in media, hanno una lunghezza dai

3 ai 7 chilometri. I campi possiedono 18

buche ma alcuni, che sono più piccoli, ne

possiedono solo 9. Tutte le buche sono

dotate di una zona di partenza, chiamata

Tee-Shot. Le partenze si suddividono in

diversi colori: bianco, giallo, blu e rosso. Le

partenze bianche sono per i giocatori

professionisti o che possiedono un

Handicap (hcp) molto basso; i gialli sono per gli uomini in generale, e sono i più usati;

i blu invece sono per le donne professioniste mentre i rossi sono per le donne in

generale. Da queste postazioni il giocatore effettua il suo

primo tiro. L’obiettivo del giocatore è completare ogni

buca nel minor numero di colpi possibile. Il numero dei

colpi viene conteggiato dal primo tiro fino all’ultimo nel

quale il giocatore manda la pallina in buca. La somma

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dei colpi impiegati in ogni buca determina il punteggio del giocatore per quella

partita. Le partite si giocano su 18 buche o 9 buche per quanto riguarda i dilettanti. I

tornei dei professionisti durano 4 giorni dove ogni giorno viene giocata una partita e

il punteggio raggiunto nel torneo è la somma dei

colpi impiegati nelle quattro partite da ogni

giocatore. I campi da golf sono fatti d’erba e

possiedono diversi tagli più lunghi o più corti. Il

centro del campo si chiama Fairway e presenta un

taglio medio di circa 2 cm. Ai lati è presente il

Rough che inizia ad avere un taglio più lungo per

mettere appunto in difficoltà il giocatore. L’ultima parte del campo è il green che si

trova in fondo alla buca e precisamente è la zona dove è situata la bandierina e l’erba

raggiunge un taglio molto corto di circa 3-4 millimetri. Il golf è lo sport con più regole

al mondo perché è molto complicato: le regole principali sono 34 e ognuna presenta

diversi casi particolari. Il giocatore di golf professionista deve possedere due delle 4

qualità motorie: flessibilità e velocità. La flessibilità serve nel momento in cui si deve

eseguire il movimento chiamato Swing perché la schiena, le braccia e le gambe si

devono flettere in modo coordinato tra loro. La velocità nel golf non bisogna

confonderla con la forza perché ci possono essere persone con una massa muscolare

notevole ma non colpiscono neanche la pallina. Ciò che conta è

la capacità di creare maggiore forza di impatto nel momento in

cui si colpisce la pallina; per questo motivo quando si compra

un bastone da golf, per sceglierne la flessibilità, si deve

considerare la velocità dello swing. Ogni giocatore è dotato di

un set di mazze che vanno dal driver al pitch. Il numero della

mazza è scritto su di essa in base all’inclinazione della faccia del

bastone rispetto al terreno e il giocatore può portare in sacca non più di 14 mazze. In

campo il giocatore deve vestirsi in modo adeguato e seguire un’etichetta di

comportamento. Oggi il golf è praticato da circa 70 milioni di persone in tutto il

mondo.