Battaglia di monterotondo classe iii e- docente paltrinieri- i.c. buozzi

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1 RICORDANDO LA BATTAGLIA DI MONTEROTONDO DEL 9 E 10 SETTEMBRE 1943 Una raccolta di testimonianze, reperti e disegni a cura della classe III E Scuola Secondaria di I grado I.C. Bruno Buozzi di Monterotondo Docenti: Adriana Paltrinieri (Lettere) Rita Russo (Arte)

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RICORDANDO LA BATTAGLIA DI MONTEROTONDO

DEL 9 E 10 SETTEMBRE 1943

Una raccolta di testimonianze, reperti e disegni a cura della classe III EScuola Secondaria di I gradoI.C. Bruno Buozzi di Monterotondo

Docenti:Adriana Paltrinieri (Lettere)Rita Russo (Arte)

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Battaglia di Monterotondo:L’INCONTRO CON I TESTIMONI E L’USCITA NEL TERRITORIO

Il 10 Marzo 2014, abbiamo avuto un incontro particolare. Insieme alla nostra classe e alla 3D, siamo andati nel teatro della scuola per farci raccontare e avere più informazioni sulla battaglia di Monterotondo. L'incontro è durato dalle 11:00 alle 13:00 ed è stato molto interessante. L’obbiettivo è stato quello di approfondire l'argomento della seconda guerra mondiale ma soprattutto di venire a conoscenza degli eventi storici accaduti nei luoghi che vediamo quotidianamente, che conosciamo o in cui addirittura viviamo.Dunque, l'incontro è avvenuto per tappe. Erano presenti la responsabile del progetto, tre testimoni oculari e il produttore di un filmato (che poi ci hanno mostrato).Inizialmente la signora responsabile ci ha parlato del progetto, spiegandoci che cos'era e qual era lo scopo: tramandare quello che è un patrimonio storico di Monterotondo e far conoscere alla gente la storia delle mura in cui vivono. Ci ha anche presentato i tre signori che hanno vissuto la battaglia di Monterotondo e il regista della pellicola. Dopodiché ha cominciato a parlare uno dei signori "reduci" che ci ha informato a grandi linee di ciò che era accaduto durante quel conflitto. Era l'8 settembre 1943 e a Monterotondo era arrivato l'avviso dell'armistizio tra Italia e alleati.

Così tutti erano in piazza a festeggiare ma, il mattino seguente, verso le 8:30, il cielo si era improvvisamente oscurato e a renderlo tale erano stati i paracadutisti e gli aerei tedeschi che sparavano in volo o mentre scendevano e che, una volta a terra, continuavano a massacrare la popolazione di Monterotondo. A questo punto è intervenuto il produttore del filmato, il quale ci ha spiegato che il video l'aveva realizzato lui raccogliendo e registrando delle testimonianze di persone anziane su quanto accaduto durante la battaglia e su come si sentivano. Il film iniziava con un breve discorso del sindaco Mauro Alessandri che raccontava di questo conflitto e di come fosse stato cruento. Le parti più belle erano, però, i racconti degli anziani. Addirittura era presente una signora che aveva oltre novant'anni (durante la battaglia ne aveva 23).

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Egli a quel tempo aveva tredici anni e lavorava in una bottega presente ancora oggi vicino alla Piazza dei Leoni. Il padre, durante i preparativi per la festa organizzata in onore dell'armistizio, non era sicuro che fosse veramente arrivata la pace perché i tedeschi non se ne erano ancora andati. E aveva ragione. Infatti la mattina seguente, al velarsi del cielo, chiamò tutti quelli che poteva e si rifugiarono in una buca scavata appositamente per quelle occasioni sotto la loro cantina (dove aveva anche posto dei viveri). Durante il racconto tutti abbiamo notato che il signore si stava commovendo, tanta era l'emozione che riusciva a trasmetterci solo al ricordo di quelle vicende.Infine è arrivato il momento dell'ultimo testimone, che all'epoca della guerra aveva solo sei anni. Ci ha raccontato che in realtà lui viveva a Roma, ma dato che la città era diventata pericolosa per l'evolversi della guerra, suo padre aveva pensato bene di portarlo in un luogo più sicuro e ritenne giusto affidarlo all'altra sua figlia che viveva a Monterotondo. Purtroppo, però, la guerra arrivò anche qui e nuovamente suo padre decise di portarlo via. Tornò a Monterotondo e dopo numerosi fatti perigliosi lo rivide.Sulla strada del ritorno i due incontrarono più di un impedimento. Innanzitutto i fili elettrici del tram erano rotti e, penzolando, costituivano un pericolo anche per la bicicletta del padre che vi si poteva impigliare. "Ovviamente", ha affermato il signore, "non conducevano corrente altrimenti non sarei qui". Il secondo grande ostacolo che dovettero affrontare fu il fatto che per entrare a Roma un militare tedesco controllò il padre per evitare che introducesse munizioni nella città. Peccato solo che il bimbo aveva riempito una scatola di biscotti con dei proiettili trovati per terra, pensando di giocarci. Fortunatamente, però, il tedesco non pensò di controllare la scatola e i due poterono passare. Certo, quando arrivarono a casa e il padre aprì la scatola, fu tale lo spavento che rimase paralizzato pensando a cosa sarebbe potuto succedere se il tedesco li avesse scoperti.

Questi testimoni ci hanno fatto capire ancora meglio come sia stata violenta ma anche inaspettata quella battaglia, anche perché nessuno poteva prevederla, dato l'annuncio dell'armistizio. Raccontavano che una volta che erano potuti uscire dalle case, per le strade avevano trovato niente di più che cadaveri, sia italiani che tedeschi, ma l'aspetto più feroce è stato il fatto che i cadaveri non erano tutti interi, infatti si trovavano pezzi di braccia o di gambe distanziate dal corpo. Il video è durato all'incirca quaranta minuti. Comunque all'interno appariva anche uno degli uomini che era lì seduto con noi, il quale dopo ci ha raccontato di come erano stati per lui quei giorni.

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L'11 Marzo 2014, siamo andati a fare una gita per Monterotondo, accompagnati dalla professoressa Paltrinieri. Siamo stati abbinati alla 3A , che era guidata dalla professoressa Ugolini. Siamo ovviamente andati a piedi e la gita è durata circa 2 ore. L'appuntamento era davanti al Duomo con uno dei testimoni alla battaglia, il signor Angelani. Ci ha subito raccontato la storia del muro a fianco alla chiesa che è il più antico reperto del paese. Il Duomo era il punto centrale a quell'epoca, da lì le persone partivano con gli autobus per spostarsi. Poi ci ha illustrato la Piazza Pelosi. Ci ha raccontato che Attilio Pelosi era il vice podestà durante la battaglia.

Dopodiché ci ha parlato di alcuni piloti, come Fausto Cecconi (al quale a Monterotondo è stato dedicato lo stadio, una via e l'arco) e Edmondo Riva, un partigiano trucidato nel '44 dai militari tedeschi. E poi ancora ci ha raccontato di quella che ora è la caserma dei carabinieri, di fronte al Duomo, all'epoca costituita da un solo piano. Prima era invece la sede della casa del fascio e lì si teneva l'adunata del sabato fascista dove i bambini venivano vestiti da soldato e si esercitavano simulando operazioni militari. Dopo la guerra, l'edificio divenne la casa del popolo per vent'anni e quindi la caserma che è oggi.Infine ci ha fatto osservare che l'archetto sul duomo era il passaggio per i nobili per andare dal palazzo Orsini alla chiesa. Di seguito ci siamo recati al Parco del Cigno, davanti al comune, dove ci ha illustrato il significato dei vari monumenti. L'episodio che ci ha colpiti particolarmente è stato che Mussolini per organizzare la marcia su Roma aveva concentrato un'adunata anche a Monterotondo.

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Infine ci siamo incamminati nel parco davanti alla nostra scuola, dove ci ha anche illustrato i monumenti. Lì, inoltre, ci ha mostrato una maschera antigas e una pistola che aveva trovato lui quando era piccolo, tra le macerie.Usciti dal giardino, abbiamo osservato i fori sulla parete della casa prospiciente la farmacia, provocati dai proiettili durante la II Guerra mondiale. Infine siamo stati ospitati nel giardinetto della sua abitazione, un villino liberty in via Mazzini, la cui cantina sotterranea, durante i bombardamenti aerei, serviva da rifugio sia alla sua famiglia che ai vicini.Siamo, poi, tornati a scuola.Insomma, sia l'incontro del 10 che l'uscita dell'11, sono state delle esperienze molto interessanti, anche perché narrate dai protagonisti. Pensiamo che sia proprio questo il vantaggio di studiare la storia abbastanza recente: ossia l'avere a disposizione dei testimoni. Comunque riteniamo che anche il progetto cui stiamo partecipando sia molto efficace perché è importante far conoscere ai ragazzi la storia del luogo in cui si vive. Infatti stiamo raccogliendo altre testimonianze e reperti di quel periodo storico per capire a fondo la storia e il ruolo di Monterotondo durante la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia abbiamo esteso la nostra raccolta di testimonianze anche ad altri paesi e stati, poichè in classe sono presenti alunni provenienti da tutto il mondo, i quali rappresentano una ricchezza sociale e culturale per il nostro paese.Ci riteniamo fortunati per aver partecipato a questa esperienza così significativa perchè crediamo che tutto ciò debba diventare una memoria per tutti noi e per le generazioni future. Non dobbiamo e non possiamo dimenticare.È bene, inoltre, conoscere le atrocità del passato per fare in modo che in futuro non accadano più.

La classe III E

Questo monumento è un sacrario situato nel parco del Cigno, in memoria dei civili caduti in guerra. Tra gli altri sono riportati i nomi dei dueBambini, i fratelli Filzi, morti durante il bombardamento.

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RICORDI DI GUERRA: I RIFUGIL’altro giorno ho ricavato delle ottime informazioni sulla II guerra mondiale dalla mia nonna materna Lucia. Lei, che al tempo della guerra aveva circa dieci anni, ricorda bene quei momenti indimenticabili di terrore e angoscia. Così, come spesso le piace fare, mi ha raccontato degli episodi passati, ed io sono rimasta ad ascoltarla con molta passione. È inutile dire che lei per me è una fonte di immaginazione e di ispirazione e lo strumento che mi fornisce informazioni autentiche, sul passato, e davvero uniche. Penso che ogni persona che ha vissuto una parte della sua vita in guerra abbia una storia unica e personale che può raccontare. L’altra sera ha deciso di descrivermi cosa succedeva a Mestre, vicino Venezia, dove in quel periodo abitava, durante un bombardamento. Mi ha detto che per capire se in quel momento gli aerei lasciavano cadere delle bombe si usava il suono di una sirena che proveniva da degli altoparlanti sparsi in tutta la città. Ogni volta che questa suonava bisognava scappare e rifugiarsi per evitare di essere colpiti da qualche bomba. Vicino casa, per le strade, non c’erano rifugi comuni che potevano ospitare chiunque. Quelli si trovavano soltanto nelle vie principali della città, quindi ognuno se lo doveva costruire da solo con ciò che si trovava. Il padre di mia nonna, il mio bisnonno, aveva costruito un rifugio fatto di terra ricoperto da travi e tavole di legno. Soltanto ora, mi racconta, sa che il rifugio non era un posto sicuro e che se una bomba cadeva sopra la loro casa “ci lasciavano la pelle”… ma spesso la voglia di vivere ti porta ad agire in modo sbagliato e del tutto inconsapevole di ciò che stai rischiando…

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Ogni componente della famiglia aveva la tessera annonaria. Una tessera con cui venivano dati degli alimenti fondamentali, spesso erano la farina di polenta, lo zucchero, il latte, i fagioli e alcune volte la pasta. La famiglia della nonna era, in un certo senso, privilegiata perché avendo in casa un bambino molto piccolo (il suo fratello minore) avevano una razione in più di questi alimenti. Ovviamente il cibo che mancava si andava a comprare al mercato nero. Inoltre il papà di mia nonna coltivava un piccolo orto che rendeva, nei primi anni di guerra, della verdura e della frutta. Nel 1944, però, la situazione in città si aggravò e la famiglia decise di sfollare in campagna. Per puro caso trovarono un tipico casolare di campagna in un paese di nome Gardigiano vicino Mogliano, a pochi chilometri da Mestre. I proprietari di questo casolare erano una coppia di anziani contadini che gli offrirono un posto per dormire e un pasto la mattina in cambio di aiuti da parte di mia nonna e della bisnonna nei lavori in campagna. La mia nonna per esempio aiutava il signore a mungere le vacche o alcune volte andava nell’orto e raccoglieva qualche verdura. Un episodio che si ricorda molto bene è quando ogni tanto la signora faceva la pasta in casa e quando la prendeva per cuocerla ne dava un pochino alla sua mamma. In famiglia quel giorno era festa per tutti! Mia nonna ricorda anche molto bene di quando si mangiava la polenta e, poiché non bastava per tutti, sua madre mangiava in lacrime le poche croste avanzate intorno alla pentola. Mia nonna, inoltre, dice sempre di odiare i fuochi d’artificio perché assomigliano troppo ai suoni e alle luci dei bombardamenti.

Alice

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Testimonianza di mio nonno

Mio nonno ha vissuto da bambino le tragiche condizioni della seconda guerra mondiale. Lui viveva ad Acerno, un piccolo paesino in provincia di Salerno e a quei tempi aveva quattro anni. Essendo tanto piccolo non si ricordava benissimo cos'era accaduto, quindi mi ha raccontato a grandi linee ciò che succedeva e come viveva a quel tempo. Innanzitutto parliamo di dove vivevano. Insieme alla sua famiglia, compresi i vari nonni, zii e cugini, si erano trasferiti in una grotta (che io ho anche visto) che coprivano con una tenda. Lì trascorrevano le giornate: mangiavano, dormivano e i bambini giocavano. Il cibo se lo producevano da soli, coltivando un piccolo orticello lì davanti alla grotta. Non era facile ma loro riuscivano a vivere di soli ortaggi e, a volte, frutta. Le verdure coltivate erano insalata, pomodori, piselli, spinaci e cipolle. Ovviamente, quando si riusciva, potevano mangiarsi della carne ma accadeva molto di rado. La cosa che più mi ha colpito mentre mio nonno raccontava, era il fatto che, durante i bombardamenti o gli attacchi, si vedevano i soldati uccisi che da sopra la grotta cadevano "a fiumi" vicino a mio nonno e ai suoi familiari, i quali, spaventati, non potevano fare altro che rimanere, tanti quanti ne erano, sotto il tendone nella grotta nascosti, sperando che nessuno li scoprisse. Era molto spaventoso, ma soprattutto scandaloso per un bambino di quattro anni vedere una tale carneficina. Per quanto riguarda la scuola, non ci andò per quel periodo che, fortunatamente, non fu tanto lungo (circa qualche mese). Mi ha raccontato, però, che la scuola era molto più dura rispetto ad oggi. Innanzitutto studiavano molto più velocemente e già dalla prima elementare cominciavano ad imparare le tabelline, tant'è che a fine anno le sapevano tutte alla perfezione mentre al giorno d'oggi lo stesso argomento si studia verso la terza elementare. Inoltre, non solo bisognava impararle così precocemente, ma si doveva anche studiare bene perchè se il maestro (ce ne era uno solo) ti trovava impreparato, ti metteva in punizione. Le punizioni consistevano per lo più nelle bacchettate sulle mani, che tuttavia erano quelle meno pesanti. Venivano, infatti, utilizzate altre punizioni per gli atti più gravi, tra queste, ad esempio, mettersi in ginocchio sui ceci o sui sassi dietro la lavagna o rimanere in piedi in un angolo per tutta la lezione se non per tutta la giornata. Riguardo ai giochi, invece, non si compravano, anzi, nel paesino non esistevano nemmeno i negozi in cui comprarli. Perciò si rimediava con l'immaginazione. Si costruivano modellini di aerei o giocavano a campana.

Rossella

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… In SiciliaDurante la Seconda Guerra mondiale, i mio bisnonno ha vissuto dei momenti drammatici e di paura in Sicilia. A quel tempo egli aveva circa tredici anni e viveva in una città di nome Vittoria; era uno studente che non eccelleva ma che conseguiva la sufficienza, tuttavia non completò la scuola a causa della guerra.I momenti più terrificanti furono i bombardamenti preannunciati da un allarme; per proteggersi, lui con la sua famiglia si rincantucciava nella parte più sicura della casa, ossia lungo le mura portanti e sotto le architravi. Ormai non era più sicuro restare in città, quindi, con i suoi genitori, si trasferì in campagna.Già a tredici anni, essendo cosciente di ciò che accadeva, capì che per aiutare la propria famiglia a sopravvivere era necessario alzarsi presto la mattina e aiutare suo padre nel lavoro, perciò andava spesso a zappare e a svolgere altri lavori agricoli.Uno dei tanti problemi della guerra era la mancanza di cibo, infatti si pativa la fame e a volte addirittura si digiunava; di solito la madre preparava il pranzo o la cena con pochi alimenti recuperati.Il mio bisnonno, essendo biondo con gli occhi azzurri, fu scambiato per un tedesco dagli Americani: fu un momento cruciale, infatti se non fosse stato per suo padre che in qualche modo fece capire che era suo figlio, forse sarebbe stato fucilato come tutti gli altri soldati che il mio bisnonno vide morire e a volte uccidersi in lotte corpo a corpo.Uno dei pochi episodi positivi della guerra fu lo sbarco degli Alleati, cioè degli Americani; durante la liberazione dei vari

luglio settembre 1943

Battaglia di Monterotondo: l'esercito italiano lascia Monterotondo10/9/1943

Battaglia di Monterotondo: vengono paracadutati circa 800 soldati tedeschi9/9/1943

Viene diramata la notizia che a Cassibil, in Sicilia, Badoglio ha firmato l’armistizio con gli alleati8/9/1943

Il Gran Consiglio vota la sfiducia a Mussolini. Il re affida l’incarico di formare un nuovo governo al Generale Pietro Badoglio25/7/1943

(Sbarco degli Alleati)10/7/1943

Gli Alleati sbarcano in Sicilia e da lì iniziano a risalire la penisola

9/7/1943

1943

paesi e delle città, gli Alleati lanciavano dai carri armati caramelle e gomme da masticare, che all’epoca vennero conosciute come “gomme americane”; tutti i bambini e le loro famiglie erano felici e acclamavano gli Alleati per averli liberati.Furono anni terribili in cui migliaia di vite venivano soppresse e usate come oggetti, ma si spera che tutto ciò non accada più.

Giovanni

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… In RomaniaHo raccolto testimonianze indirette da mio padre, il quale aveva attentamente ascoltato i racconti della mia bisnonna che ormai non c’è più.Innanzitutto mi ha descritto come si svolgeva la vita dei ragazzi durante la guerra. Nel 1943, in Romania, le aule erano piccole e le classi erano solitamente divise tra maschi e femmine. Non esistevano i quaderni, ma si scriveva con il gesso su una lavagnetta portatile, mentre i libri che servivano erano finanziati dallo stato. Per punire gli alunni si davano bacchettate sulle mani e li si costringeva a restare in ginocchio con le mani in alto, in un angolo dell’aula.Per riscaldarsi, si usava una stufa in mattoni, alimentata da ciocchi di legno, ma la si accendeva solo se veramente necessario. Si andava a scuola solamente per quattro o cinque ore al giorno e si tornava a casa per badare ai fratellini più piccoli. I bambini che hanno vissuto la guerra sono cresciuti e maturati più in fretta. Con la guerra, inoltre, molti ragazzi dovevano lavorare perché le famiglie erano numerose e già i ragazzi di tredici o quattordici anni andavano al lavoro per guadagnare dei soldi e permettere ai fratelli più piccoli di frequentare la scuola.Una volta tornati i loro genitori dal lavoro (soprattutto le madri, perché i padri erano a combattere), si liberavano i figli dagli incarichi loro affidati ed essi andavano a giocare con i bambini del vicinato. Nessuno aveva giocattoli, come invece possediamo noi oggi. Si giocava a campana, si tirava con l’arco e le frecce, solitamente costruiti a mano, si realizzava una palla di stoffa riempita di sale, oppure si creava un palloncino con la vescica del maiale da usare come palla e, per i più piccoli, lo si riempiva di chicchi di granturco per farlo suonare come un sonaglino.Durante la guerra il cibo era scarso e chi allevava bestiame o coltivava la terra era molto fortunato. La mia bisnonna è riuscita a sopravvivere perché all’avvento della guerra possedeva una mucca e quindi disponeva del latte, inoltre coltivava patate e le bolliva insieme per mangiare almeno una volta al giorno. Se l’è cavata fino all’arrivo dei Russi, che si sono impossessati degli animali. Lei dopo è sopravvissuta grazie a patate lesse, polenta e fagioli che solitamente metteva da parte per l’inverno.Per sconfiggere il nemico, durante la guerra, si usava avvelenare l’acqua, ed è per questo che i civili per evitare i bombardamenti si rifugiavano nei boschi, dove anche scavavano la terra per trovare l’acqua e dissetarsi. I soldati erano incaricati di avvisare la popolazione dell’arrivo dei nemici accendendo fuochi in alta montagna e suonando le campane.Le case, allora, erano fabbricate usando il legno e un materiale chiamato lut, costituito da paglia e argilla, per riempire le fessure tra le travi.

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Durante la guerra, nel luogo in cui adesso è costruita la casa di mia nonna, c’erano solo campi abbandonati e lei viveva in un’abitazione un po’ più distante, vicino al nostro fiume, il Bistrita, che scorreva in un letto più ampio di quello del Tevere. In quel periodo, però, entrò in piena, per questo sommerse tutte le poche case che erano state costruite. Adesso emergono solamente i tetti, sui quali ci si siede per pescare. In seguito allo straripamento del fiume, mia nonna ha avuto in concessione della terra dove attualmente vive e dove si era costruita la casa in cui abita ancora oggi.Durante la Seconda Guerra mondiale regnava il re Mihai e la Romania, a quanto ricorda il mio papà, fu invasa dalla Germania e fu costretta a combattere contro la Russia che si impossessò della Moldavia.La vera crisi si conobbe nel 1947, perché tutti i campi furono bruciati e non c’era più bestiame, quindi la popolazione iniziò a morire di fame.

Antonia

In breve…•Il re Mihai, o Michele, salì al trono nell’agosto del 1944, rovesciando la dittatura di Antonescu che nel 1940 aveva aderito alla guerra, in parte costretto, a fianco della Germania. Il nuovo re Mihai, invece, portò la Romania accanto agli Alleati, tuttavia i Russi conservarono una certa diffidenza nei confronti del paese, in quanto gli era stato nemico nei primi anni della guerra.•Mentre il conflitto volgeva al termine, le potenze vincitrici si incontrarono nel settembre del 1945 a Jalta, in Crimea; durante la conferenza che qui si tenne, esse decisero di spartire il mondo in sfere di influenza americana o sovietica; in Europa, gli stati occidentali ricaddero sotto il controllo dell’America, mentre quelli orientali, tra cui la Romania, sotto il controllo dell’URSS.•Nel Febbraio del 1947 si iniziarono a stipulare i Trattati di pace di Parigi: la Romania non venne riconosciuta come un paese che, dal 1944, aveva sostenuto gli Alleati, perciò il re continuò ad essere affiancato da un governo d’ispirazione comunista che ne limitava fortemente i poteri e che rifiutò gli aiuti americani previsti, dalla metà dello stesso anno, con il piano Marshall.Contemporaneamente, il Partito Nazionale dei Contadini fu accusato di aver stipulato accordi segreti con gli Americani, ragion per cui venne sciolto, mentre altri partiti furono costretti a confluire nel partito Comunista.•Nel biennio compreso tra il 1946 e il 1947 vennero giudicati e condannati i militari e i civili accusati di crimini di guerra o di aver sostenuto la dittatura sia rumena che tedesca; tra questi, venne condannato a morte anche Antonescu.Infine nel Dicembre del 1947 il re Mihai fu costretto ad abdicare, mentre il governo comunista proclamò la Repubblica popolare e promulgò, nell’aprile del 1948, la Costituzione.

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CIBO, SCUOLA, GIOCHIDurante la guerra in Romania si viveva con poco o niente, infatti l’unico cibo reperibile, per le persone povere, era pane secco.L’acqua veniva avvelenata da nazisti, quindi la gente era costretta a bere l’acqua piovana delle pozzanghere.Nelle scuole invece dei libri ogni alunno aveva per sé una lavagnetta, grande più o meno come un tablet moderno, su cui scriveva ciò che dettava la maestra in classe.Le bambine giocavano con delle bambole costruite da loro stesse con semplici stracci, cuciti tra loro, che facevano da corpo e la barba della pannocchia, quando non è ancora matura, utilizzata per i capelli.I ragazzi, invece, usavano un cerchione della bici, privato dei raggi, che spingevano con un semplice fil di ferro arrotondato con cui organizzavano delle gare di distanza.

Robert

Testimonianze sulla II Guerra Mondiale L’altro giorno sono andata a trovare mia nonna per sapere qualcosa di più sulla Seconda Guerra Mondiale. Quando iniziò lei aveva 12-13 anni e non abitava a Monterotondo, ma a Gallo ( un piccolo paesino dell’Abruzzo). Lì si mangiavano soprattutto prodotti fatti in casa e i bambini fin da piccoli dovevano dare una mano alle loro famiglie. I giocattoli non si conoscevano per niente tutt’al più, quando si aveva un po’ di tempo libero, si giocava all’aperto, in genere nel cortile; il gioco tipico era nascondino. Nonna mi ha raccontato che più o meno dopo il 1943 i Tedeschi e gli Slovacchi occuparono Gallo. Mi ha detto che quando arrivarono, loro erano freddi e duri; per questo motivo il prete del paese di nonna (che era molto furbo), durante la festività di Pasqua, invece di far ospitare agli abitanti la gente che veniva da fuori per festeggiare, fece loro ospitare i nazisti, in modo tale che quest’ultimi si addolcissero e in effetti è stato così, infatti, non avendo risentito più di tanto della mancanza dei familiari, non ebbero nessun motivo per essere scontrosi.Alla famiglia di nonna capitò sia uno slovacco che un tedesco (Antonio e Francesco) i quali diventarono talmente uniti ai i miei parenti, che un giorno, con il rischio di essere decapitati, avvisarono nonna e gli altri che la sera sarebbero venuti i loro colleghi Tedeschi e avrebbero preso il bestiame. Il mio bisnonno così riuscì a salvare la vacca. Non tutti i nazisti ,però, si ammorbidirono, infatti una volta un tedesco puntò la pistola alla testa di nonna perché voleva il latte e lei, non capendo la lingua, non seppe soddisfare la sua richiesta. Poi tutto fortunatamente si risolse quando intervennero i miei bisnonni e diedero al tedesco ciò che voleva.Anche dopo il fatto accaduto in precedenza, però, nonna rimase sempre dell’idea che i tedeschi erano degli uomini uguali a noi, costretti a comportarsi in quella maniera. Alessia

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… Monterotondo

Il giorno 25/03 ho avuto occasione di intervistare mio nonno riguardo a come era la vita durante la seconda guerra. Gli ho posto domande sulla sua casa, su com’era la scuola, su come si nutriva e beveva, come giocava e soprattutto come vedeva lui la guerra.Mio nonno riguardo la scuola mi ha raccontato che la classi, oltre ad essere divise in 1°-2°-3°-4°-5°, venivano frequentate in diverse parti della giornata perciò le prime tre classi venivano frequentate la mattina e le ultime tre venivano frequentate la sera ( serali). Inoltre mi ha anche raccontato che la sua maestra era severissima come anche tutte le altre maestre di quei tempi; lei esercitava contro gli alunni punizioni corporali come ad esempio bacchettare sulle mani l’alunno o costringerli a mettersi in ginocchio sopra o ceci o sassolini. Le punizione venivano inflitte per vari motivi, come ad esempio non salutare con il saluto fascista la maestra appena entrati a scuola. Mi ha raccontato inoltre che un suo compagno di classe, per dimenticanza o perché la trovava una cosa ingiusta, un giorno non fece il saluto fascista e la maestra lo costrinse a mettersi inginocchiato sopra i ceci dietro la lavagna. La maestra era unica ed insegnava tutte le materie che erano uguali alle nostre, eccetto la materia “calligrafia” che serviva a scrivere meglio. I libri di testo venivano dati gratis agli alunni come anche la penna, il calamaio, il quaderno; sono rimasto sconcertato quando mi ha raccontato che era distribuita anche la marmellata che veniva spalmata su del pane portato da casa. L’orario scolastico era uguale al nostro, cioè di sei ore. Il tipo di voti era scritto in lettere (… otto nove dieci …) cioè non era espresso in numeri (…5, 6, 7, 8…).

(Marcocontinua…)

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Mio nonno giocava con oggetti fatti in casa come ad esempio una palla di pezza o giocava con un bastoncino e una ruota colpendola con il bastoncino per farla rotolare. Mi ha anche raccontato che giochi di gruppo faceva, come Sardina (o "Nascondino al contrario"), così chiamato perché al termine del turno i giocatori si trovavano tutti nascosti in un unico luogo, stretti appunto come sardine. In questo gioco tutti i giocatori contano, al di fuori di chi deve nascondersi. Terminata la conta ogni giocatore inizia la ricerca del giocatore nascosto. Una volta individuato, il giocatore deve nascondersi insieme a questo senza farsi scoprire dal resto del gruppo. L'ultimo che avrà trovato il nascondiglio perde il turno e dovrà nascondersi al turno successivo.Giocava anche a rimpiattino che sarebbe il moderno nascondino dove il giocatore che deve contare deve toccare gli avversari per catturarli, anziché solamente individuarli. Giocava anche a “papanice”, detto anche "Gioco delle Sette Pietruzze". In questo caso, il giocatore che conta deve toccare gli avversari con la palla. Il gioco inizia mettendo una sull´altra sette pietre piatte, un ragazzo si mette a gambe aperte sopra alle sette pietre mentre un altro con il pallone deve cercare di farle cadere. Se le pietre cadono il ragazzo che sta a gambe divaricate deve colpire tutti gli altri con la palla. Nello stesso tempo se uno dei fuggitivi riesce a rimettere una sull´altra le sette pietre, senza farsi colpire dalla palla, vincono i fuggitivi. Questi giochi per me sono più belli di quelli che facciamo noi ora perché prima si aveva più fantasia .La casa della famiglia di mio nonno era quella più grande di tutto il paese anche se era un po’ malandata; mi ha raccontato che come ogni anno il paese si riuniva in casa di mio nonno per festeggiare una ricorrenza popolare e dato che il “DJ” era ubriaco iniziò ad andare in escandescenza e dovettero fermarlo per tranquillizzarlo.

Marco

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Intervista a mia nonna sulla II Guerra mondiale a MonterotondoMia nonna mi racconta spesso delle sue esperienze vissute durante la II Guerra mondiale, qui a Monterotondo.Mi racconta che la scuola era molto diversa da com’è ora, poiché gli insegnanti usavano metodi di insegnamento molto violenti, come la tipica bacchettata sulle mani.Anche i sistemi di riscaldamento erano differenti, infatti, dice mia nonna, bisognava portare un ciocco di legno a scuola ogni giorno e consegnarlo ai bidelli che li bruciavano per portare la legna ardente in classe.In mensa si mangiava poco e oltretutto le pietanze erano disgustose, ma per sfamarsi bisognava consumare per forza quei cibi.Mia nonna era piena di giochi e amici con cui giocare, adorava divertirsi e i giochi che aveva erano sempre costruiti da lei, possedeva moltissime bambole di pezza che amava costruire poiché a ciascuna poteva dare una forma diversa.Anche se mia nonna per vari aspetti ha avuto un’infanzia tranquilla e serena, rischiò varie volte di morire. Mi racconta sempre che i Tedeschi furono in varie occasioni tremendi con lei. Lei era diventata come una ragazza partigiana, poiché tutti i partigiani di Monterotondo si riunivano a Piazza dei Leoni dove abitava lei, allora decisero di dare a mia nonna il compito di avvertirli quando i Tedeschi arrivavano. Una di queste volte un Tedesco la vide e l’afferrò; con molta freddezza me lo ha descritto: era molto alto, biondo, aveva due occhi che sembravano quelli di un demone e con tutta la faccia contratta le disse: “Io Kaput a ti”, ossia “Io ti ammazzo” e le puntò la pistola al capo. Mentre stava per premere il grilletto la mia bisnonna urlò e il Tedesco non la colpì. I Tedeschi si paracadutarono su Monterotondo per conquistarla e quel giorno mia nonna era con un suo amico; mentre i paracadutisti scendevano, sparavano a tutto andare. Uno di questi colpì proprio l’amico di nonna sul collo, uccidendolo all’istante. Mia nonna era proprio accanto a lui e fu solo la prontezza della mia bisnonna a salvarla e ad evitarle un proiettile sul petto, gettandola a terra.Qui a Monterotondo, mi dice nonna, c’erano molti partigiani, veramente coraggiosi. Si ricorda quando uno di loro in preda alla rabbia iniziò a sparare ad un aereo tedesco con un solo fucile di breve gittata. L’aereo non accusò neanche un colpo, ma il pilota sentì il rumore e iniziò a mitragliare sulla folla in fila per prendere del pane. Si ricorda, inoltre, quando un partigiano vicino all’arco di San Rocco uccise un nazista ma si dimenticò di disarmarlo. All’epoca le bombe a mano dei nazisti venivano attivate tirando un filo legato a un braccialetto; un ragazzo, vedendo questa bomba vicino al cadavere, la prese per avere il braccialetto, però questa gli esplose in mano davanti a tutti. Mia nonna ricorda che questo ragazzo venne sbrandellato in una ventina di pezzi e uno di essi andò a finire sull’arco di San Rocco.Mia nonna afferma che la guerra è una futile strage di persone innocenti e che alla fine non c’è un vincitore, sono tutti dei vinti. La guerra, in realtà, è la dimostrazione di quanto può essere crudele e ingiusto l’uomo.Non dobbiamo dimenticare tutto ciò, bisogna invece conoscere i fatti accaduti per fare in modo che non si ripetano più.

Giulio

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RACCONTI: IN SRY LANKA

Si trattava degli anni ‘40, quando in Europa si stava affrontando la Seconda Guerra Mondiale.Durante la Seconda guerra mondiale lo Sri Lanka fu la base delle operazioni britanniche contro i Giapponesi.

Nel 1942 la Marina Giapponese bombardò Colombo con circa 200 aerei. I miei genitori mi hanno raccontato che quando mia nonna si svegliava la mattina era intimorita dalle bombe, che in quel periodo devastavano lo Sri Lanka. In Sri Lanka la vita era molto diversa rispetto ai tempi d’oggi, perché all’epoca, mi disse mamma, il cibo scarseggiava e per comperare un pezzo di pane bisognava stare in fila ore ed ore davanti a un Bakery House. Mia nonna era già adulta, e inoltre aveva già dei figli. Questi ultimi erano bambini, e non capivano quale era la situazione.

Infatti, mi riferì mamma, i suoi fratelli chiedevano a nonna e a nonno molti giocattoli; fortunatamente mio nonno lavorava in una fabbrica di tè insieme agli inglesi dove svolgeva il mestiere di testatore di tè, e quindi aveva la possibilità di soddisfare i loro bisogni. I loro vicini, però, soffrivano la fame vera e propria, per cui mia nonna gli offriva del cibo. Ma quando i bombardamenti si facevano sentire, mia nonna e i suoi figli si nascondevano nelle trincee. A scuola le punizioni più usate erano le bacchettate sulle mani: mi ha raccontato mia zia che lei una volta se ne prese tante solamente perché la mattina, prima di andare a scuola, non era andata in chiesa.La vita in Sri Lanka, fino all’indipendenza del 1948, era così. Flavia

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RICORDI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE …. Roma

Sicuramente i tempi della seconda guerra mondiale non sono stati tra i migliori da quando l’uomo è comparso sulla terra, ed è proprio per questo che è fondamentale non scordarseli e non lasciare il mondo nell’ignoranza più totale. Pur non disponendo di testimonianze dirette, sono riuscito a trarre dai miei nonni e da mio padre poche ma sempre importanti informazioni sul periodo fascista. Mio nonno paterno nacque nel lontano 1925 a Testaccio, una zona situata a Roma centro/sud e proveniva da una famiglia povera. Quando la II guerra mondiale scoppiò, egli aveva solo 14 anni, ma riuscì a capire la gravità della situazione pochi anni dopo, quando il governo fascista obbligò ogni singolo cittadino ad arruolarsi nell’ esercito italiano. Purtroppo mio nonno morì nel 2007, e non fu un uomo a cui piaceva parlare tanto di quella tragedia, quindi quel che si sa è poco. Egli si ricordò che non poteva parlare con più di una persona in un luogo pubblico poiché lo stato lo vietava pensando che stessero complottando qualcosa contro di esso e soprattutto che la fame si soffriva notevolmente in quelle fredde e rigide giornate d’inverno, tanto da dover mangiare cani o gatti pur di restare in vita e sperare che tutto quel malessere potesse terminare. In lui era vivo anche il ricordo dei cartelli appesi nei negozi che vietavano l’ingresso agli ebrei o agli omosessuali. Mia nonna paterna, invece, ricorda solo che tutto quel che possedeva era costruito da lei, scarpe, vestiti come maglioni, camicie, pantaloni.Ora ci spostiamo ad Ercolano, vicino Napoli, dove nacquero mia nonna e mio nonno materni. Quest’ ultimo, nato nel 1929, aveva solo 11 anni agli inizi della seconda guerra mondiale, della quale ricorda svariate vicende; principalmente i bombardamenti che venivano segnalati tramite il suono di una sirena con il quale si avvertiva di rifugiarsi nelle cantine per non esser colpiti dalle bombe, che si potevano ben individuare nell’ infinità del cielo apparendo come piccoli pacchi, che per quanto piccoli avrebbero causato un grave danno. Infatti a confermarmi ciò è stato proprio mio nonno che si creò quest’immagine sin da quand’ era piccino, senza mai più dimenticarsela Avendo pochi anni, mio nonno non aveva delle idee chiare nella sua testa, ma non si cancellerà mai il ricordo della tessera annonaria, un piccolo pezzo di carta che veniva affidato a tutte le famiglie per nutrirle.Mia nonna, oltre che esser stata una bambina di due anni, non ha mai vissuto le violenza della guerra in quanto da Ercolano è stata trasferita ad Avellino dai nonni per non rischiare la vita.

Francesco

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… In CalabriaLa Seconda Guerra mondiale ha toccato sia economicamente che socialmente tutto il globo, in quanto causa di distruzione e morte. Per sapere cosa accadde, però, non serve solo studiare, ma è utile anche parlarne con parenti e amici. anziani, dato che il conflitto si è svolto circa settant’anni fa. Io mi sono fatta raccontare tutto ciò da mia nonna, che nel ’43 aveva 13 anni.Viveva in Calabria, a Catanzaro. La madre si occupava della casa e dei figli, mentre il padre era proprietario di un’industri boschiva.Di solito la sua giornata si svolgeva così: facevano colazione tutti insieme, lei e i suoi fratelli maggiori, solitamente con pane, miele e latte, poi si recava a scuola a piedi e molto spesso accadeva che un gruppo di squadroni fascisti sparasse a qualcuno davanti a lei durante il tragitto. I genitori, dopo la seconda Media, la obbligarono a trasferirsi in una scuola di suore, dove le insegnarono materie quali “ricamo, canto e bella scrittura” Dopo il primo quadrimestre, però, lei si ribellò, dato che desiderava studiare le materie della normale scuola italiana, per cui vi tornò l’anno successivo. Dopo la scuola molte volte non pranzava, dato che i Tedeschi spesso le rubavano con tanta prepotenza l’ormai scarno panino di farina bianca con olio e formaggio. Nel pomeriggio svolgeva i compiti, ma molto velocemente perché lei e la madre andavano nei quartieri poveri a donare i vestiti degli anni passati e provavano ad aiutare in qualche modo tutti. Infine cenavano con ciò che riportava il padre dal panificio. La notte avveniva il peggio, vi erano tantissimi bombardamenti, tanto che per quattro mesi si dovettero trasferire a Serra Stretta, un paesino isolato sulle montagne. I bombardamenti avvenivano soprattutto in quella zona perché vi transitava il treno, quindi gli Alleati immaginavano che lì passassero i Tedeschi. Ma anche per facilitare i collegamenti mare terra, venne molto utilizzata questa ferrovia, dato che prima di giungere lì, gli Alleati erano sbarcati in Sicilia. La campagna ebbe inizio con lo sbarco delle forze alleate a Licata, tra Gela e Scoglitti e tra Pachino e Siracusa, tra il 9 e il 10 luglio 1943; dopo una breve resistenza, gran parte delle unità militari italiane si disgregarono ed entro il 17 agosto l'isola venne interamente occupata, nonostante l'efficace difesa organizzata dalle formazioni tedesche trasferite in Sicilia al comando del generale Hans-Valentin Hube, che peraltro riuscirono ad effettuare con successo una ritirata strategica sul continente.I fratelli di mia nonna non ebbero una vita facile; uno, Umberto, era comunista e i Tedeschi lo ricercavano così accanitamente che setacciarono tutte le case per poterlo trovare e uccidere, ma in quel periodo si era nascosto a Serra Stretta.L’altro fratello, Gianni, era stato impiegato dagli Americani in una stazione per distribuire cibo alla gente. L’ultimo, Fabrizio, era arruolato in marina e si trovava come vedetta nell’isola di Pantelleria. Per quanto era preoccupata per loro, mia nonna allestì in casa un altarino dove pregava ogni sera prima di andare a letto.

Chiara

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…MONTEROTONDO…

Nel 1943 ci fu la battaglia di Monterotondo. Mia nonna mi ha saputo riferire delle testimonianze di questo periodo in Abruzzo, precisamente di un paesino chiamato Faleria, mentre una sua amica mi ha potuto informare sulla situazione che si era creata a Monterotondo e dintorni. All’arrivo dei paracadutisti alcuni anziani credevano che fossero angeli e iniziarono a pregare, mentre il comando militare che si era stanziato lì era fuggito. Intorno a V.le F. Cecconi i Tedeschi bombardarono molto perché c’era un’officina che riparava i carri armati rotti che provenivano da M. Cassino in modo da non farli aggiustare. Inoltre i partigiani erano perseguitati e uno di loro, Edmondo Riva, fu scoperto, rapito e torturato fino alla morte nel 1944. A Monterotondo scalo i bombardamenti erano effettuati tutti i giorni tanto che i cittadini chiamavano i bombardieri i 12 apostoli, perché passavano sempre 12 aerei a bombardare. Infine si dice che sul portone della chiesa dei Cappuccini ci sia ancora il segno di una cannonata.

Arianna

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… FALERIA

Parlando di Faleria, mia nonna mi ha raccontato che i Tedeschi erano andati a vivere in casa sua per un periodo e che non volevano rimanere soli in casa per paura degli attentati, con lei erano molto gentili e, siccome a quei tempi non c’erano molti dolci, i soldati le davano del pane con la marmellata. La mia bisnonna, con l’arrivo dei tedeschi nascose tutti i mobili e gli oggetti che aveva in casa, in soffitta e nello scantinato per paura che glieli sottraessero.Un uomo a Faleria uccise un germanico, così in cambio i tedeschi decisero di uccidere 10 capifamiglia, ossia i padri, ma fortunatamente furono risparmiati grazie al sacrificio di un papà.

I giochi che mia nonna faceva a quell'epoca erano molto semplici, come: batti muro ( che consisteva nel lanciare dei bottoni di una certa forma in un certo modo e vinceva chi li faceva arrivare più lontano), il salto con la corda, nascondino, campana, oppure giocava con delle piccole palline che dovevano essere lanciate contro il muro e riprese senza lasciarle cadere.

Mia nonna ha frequentato la scuola fino alla 5^ elementare e già a quell’età i bambini che non si comportavano bene erano puniti con delle bacchettate sulle mani o mettendoli dietro la cattedra in ginocchio.

I principali cibi che si mangiavano erano: salsicce, pane e olio, pomodoro, marmellata, affettati e minestra.Se stavi male e durante la domenica si mangiava della carne rossa per avere più energie.I dolci si mangiavano solamente durante le feste ( Pasqua, San Giuliano, Ferragosto, Natale, la Befana).

I fascisti chiedevano ai cittadini tutto l’oro che avevano e la mia bisnonna diede loro tutto, ma non gli permise di prendere la su fede.

Arianna

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Battaglia di Roma

Mio nonno, quando è accaduta la battaglia di Roma, aveva solo due anni. Viveva, con i fratelli e i nonni, presso l’aeroporto di Centocelle, una zona soggetta a parecchi bombardamenti.I tedeschi quando bombardavano avevano come obiettivo l’aeroporto di Centocelle perché c’erano gli aerei militari. Il peggior bombardamento è stato quello della zona di San Lorenzo perché c’era la ferrovia. I tedeschi mettevano paura anche se ce l’avevano con gli ebrei.I giochi non c’erano a quei tempi, nè li costruivano e nè li inventavano al momento a causa della guerra. Quando aveva quattro anni, si spostò da Centocelle a Piazza Vescovio. Lì con i suoi amici andava a smontare i proiettili e vendeva la polvere da sparo come ferro vecchio. Una di queste volte, accadde un incidente: mio nonno fu trafitto da 13 schegge e ora ne ha ancora due, una nel cranio e una nella schiena. Il cibo non era come quello di ora; prima si mangiava di rado la carne e di solito si mangiava mortadella, la pasta, il pane, alcune volte anche la polenta, pane e olio e di rado il dolce, quando lo preparavano le mamme. Non c’era il benessere che c’è oggi, i genitori lavoravano tutto il giorno e tornavano la sera tardi ed erano stanchi.Mio nonno, dopo la guerra, andò a scuola al semiconvitto a Orvieto, dove i primi anni si studiava italiano e matematica e dovevano imparare a scrivere bene con il pennino. La storia e la geografia si studiavano dopo, in terza o quarta. Le punizioni a scuola erano diverse, le maestre ti dicevano di metterti dietro la lavagna o in ginocchio sui ceci o i sassolini e gli alunni dovevano stare zitti e non lo potevano dire a casa perché i genitori davano ragione alle maestre, non come ora. I bambini venivano trattati sempre bene. Non c’erano le televisioni in casa e i bambini andavano in strada a giocare con gli altri amici perché non c’erano le macchine. Alla fine delle scuole elementari si faceva l’esame e dopo c’erano le scuole medie o le scuole commerciali.

Nicolò

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TESTIMONIANIANZE DI MIA NONNA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Mia nonna è nata a Roma il 18 settembre del 1940. Benché nel corso della seconda guerra mondiale lei fosse molto piccola, i tragici momenti vissuti ancora riaffiorano nella sua mente. Mi ha raccontato che lei era abbastanza benestante per quell’epoca, poiché il padre lavorava all’ufficio del comune.Nel 1943, quando aveva tre anni, era già molto sveglia e capiva la gravità dei fatti che accadevano; infatti quando suonava la sirena d’allarme per i bombardamenti, lei, assieme a sua sorella e ai suoi genitori, si rifugiava nel ricovero sotto casa sua per evitare di morire a causa delle bombe nemiche. Una fredda mattina d’inverno, il suono della sirena allarmò tutti in quella casa. Tutta la famiglia, tranne il padre che era a lavoro, si affrettò ad andare nel rifugio sottostante alla casa, dimenticando però i cappotti; poiché faceva molto freddo, la madre tornò indietro per prendere i cappotti, ma proprio mentre lei stava riscendendo la rampa di scale collegata al rifugio, i tedeschi sganciarono le bombe non molto lontano dalla casa. Si era alzato un grandissimo polverone e mia nonna e sua sorella non trovavano più la loro madre che stava urlando disperata nel tentativo di ritrovarle. Fortunatamente si ricongiunsero.Intanto, anche il comune era stato fatto evacuare; infatti il padre di mia nonna, corse disperato nel tentativo di raggiungere casa e rivedere la sua famiglia. Fu così.Questa è sicuramente l’esperienza più rischiosa alla quale si è esposta mia nonna, a tal punto che ancora oggi se la ricorda.Ascoltare questo fatto mi ha davvero impressionato, non avevo mai parlato di fatti così con mia nonna; ho ampliato i miei rapporti con lei, poiché adesso un pezzo della sua storia appartiene a me e anche a voi.

Jacopo

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Testimonianza di Mara Bellucci

Quando è scoppiata la II guerra mondiale avevo quattro anni. Io e mio fratello, che all’epoca aveva sette anni, capimmo subito che stava accadendo qualcosa di grave. Infatti, da quando avevo due anni mio padre prendeva in affitto la casa di un pescatore a Fiumicino per trascorrere l’estate. Con noi veniva anche mia nonna, che era rimasta vedova. Con l’inizio del conflitto, purtroppo, mio padre non ci ha più portato al mare.Davanti alla nostra casa a Roma, esattamente a Ponte Milvio, avevamo la caserma Mussolini e vedevamo sempre passare i camion con i soldati tedeschi che perlustravano la zona. La caserma era una costruzione molto grande rivestita di lastre di marmo di Carrara. Io ero terrorizzata dalla sirena dell’allarme aereo: cominciavo a tremare e mia mamma mi prendeva in braccio per tranquillizzarmi e mi metteva l’ovatta nelle orecchie per non farmi sentire il rumore. Quando c’era tempo ci rifugiavamo nei sotterranei della parrocchia Gran Madre di Dio a Ponte Milvio, oppure ci nascondevamo negli scantinati della nostra palazzina. A volte con noi c’erano anche altre famiglie molto numerose ed era difficile convivere tutti insieme. Io a sei anni facevo parte della Gioventù del Littorio, come si evince della mia pagella di ammissione alla seconda elementare. Mio papà lavorava all’ATAC e controllava gli autobus che partivano da Piazzale Flaminio. Aveva partecipato alla Grande Guerra, ritornando a casa solo nel 1919. Infatti i miei nonni lo avevano dato per morto. Era un reduce di guerra e per questo motivo aveva avuto il posto all’ATAC. Essendo un uomo molto attivo, mio padre faceva anche un secondo lavoro: in un’officina costruiva dei prototipi di missili alti un metro. I tedeschi, pensando che i prototipi fossero telecomandati, sequestrarono tutto e tutti. Così mamma vide papà tornare a casa accompagnato da un tedesco per prendere dei vestiti. Lo avrebbero portato in Valchiavenna. Lui voleva fuggire dal tetto, ma mamma non era d’accordo perché se lui fosse scappato noi non avremmo fatto una bella fine. Per lunghi mesi non sapemmo nulla di mio padre. Mamma nel frattempo stava sveglia anche di notte per confezionare vestiti mentre di giorno lavorava in alcuni negozi. Eravamo abbastanza fortunati perché non ci mancava il cibo: potevamo mangiare panini all’olio cotti sulla stufa di ghisa. Mamma aiutava le altre famiglie. Ad esempio, allattava il figlio di una signora che per la paura era rimasta senza latte. Finalmente mio padre tornò perché era stato aiutato da un tedesco di buon cuore e a Roma arrivarono gli americani. I tedeschi erano in ritirata e uccidevano senza pietà. Per fortuna gli alleati erano buoni e ci portavano del cibo. A mio fratello diedero della cioccolata e del latte condensato. Questa è la mia storia, mia e della mia famiglia.

(Claudia) Mara Muzzi vedova Bellucci, nata a Roma il 06/08/1935.

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LA SECONDA GUERRA MONDIALE E IL FASCISMO

Durante la seconda guerra mondiale i miei nonni materni e paterni avevano circa 17 anni e vivevano rispettivamente nelle Marche e a Roma.Mia nonna mi ha raccontato che a volte i tedeschi a Roma e non solo, sparavano alle galline o alle mucche senza farsi tanti scrupoli e se le mangiavano.In quegli anni andare a scuola non era facile, infatti la mia nonna paterna frequentò solo le scuole elementari ma poi ha dovuto lasciare tutto per pensare a suo fratello più piccolo. Però chi poteva permetterselo mandava la propria figlia o figlio in collegio, come i miei bisnonni materni fecero con mia nonna. Nelle Marche, nei paesini come quello in cui abitava mio nonno, si era una piccola comunità e ci si poteva aiutare a vicenda, infatti la fame non era sentiva come nelle città. Tra Macerata e Camerino c’era un gruppo di partigiani in cui ha combattuto mio zio, fratello del mio nonno materno.La guerra segnò molte vite e si portò via quella di un mio zio che non ho mai potuto conoscere, fratello della mia nonna materna, morto sul fronte greco albanese. Un altro mio zio, Balilla Morlupo, ha combattuto insieme a suo fratello con i partigiani lungo il confine tra Umbria e Marche. Nel ‘44 i tedeschi catturarono suo fratello e lo fucilarono, mentre zio in quell’anno si ritirò dal gruppo dei partigiani… E portandosi negli anni questo peso, la primavera del ‘94 a fine aprile si suicidò.

(Leonardocontinua…)

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Dai i miei nonni ho raccolto anche delle informazioni su come si svolgeva la vita loro e dei coetanei quando erano ragazzi.Oggi il divertirsi, la scuola e gli hobby sono completamente cambiati rispetto a sessant’anni fa.Adesso la scuola è più divertente: esistono le attività extra scolastiche ma soprattutto la scuola è diventata realmente “obbligatoria”. Per prima cosa una volta continuava a studiare, dopo le elementari, chi era benestante e chi poteva permetterselo. Inoltre, la scuola era un privilegio per pochi, in quanto generalmente da ragazzi si pensava subito a lavorare. Così fece, infatti, mio nonno che a sedici anni si arruolò in polizia e rischiò la vita il 10 settembre 1943 alla battaglia di Porta San Paolo.All’epoca se non si era ordinati e non si aveva una bella scrittura ti potevano dare le bacchettate sulle mani con una piccola bacchetta di legno, ma una delle punizioni più dolorose era inginocchiarsi sui ceci.A quei tempi non esistevano i videogame o roba simile, si aveva solo un grande giocattolo, “la fantasia” e con la fantasia nacquero giochi che esistono ancora oggi come: nascondino, campana, acchiapparella e altri ancora.

Leonardo

La battaglia di Porta San Paolo

Il 10 settembre1943, la zona sud di Roma è teatro di uno degli episodi più drammatici ed eroici della Resistenza: la battaglia di Porta San Paolo: fu l'estremo, disperato tentativo da parte dei militari e dei civili italiani di opporsi all'occupazione tedesca della capitale, avviata subito dopo l'annuncio dell'armistizio. Nel primo pomeriggio la resistenza è travolta dai mezzi corazzati tedeschi e il capo di stato maggiore della Divisione «Centauro», Leandro Giaccone, firma la resa a Frascati, presso il Quartier generale tedesco.La battaglia di Porta San Paolo è considerata il vero e proprio esordio della Resistenza italiana.

Leonardo

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La guerraIntervista a nonna Giovanna

Durante la seconda guerra mondiale mia nonna paterna aveva otto anni. Nonostante la sua giovane età, ben ricorda quel bruttissimo periodo.La sua infanzia, mi racconta la nonna, è stata segnata dalla fame e dalla carestia. Infatti secondo il suo dire, durante la seconda guerra mondiale, il cibo le mancava e quindi cresceva piccola e magra.Durante la guerra il cibo veniva razionato alle famiglie e distribuito solo in una certa quantità e qualità. La nonna ricorda bene le lunghe file che faceva con sua madre con una tessera “annonaria” per ritirare un po’ di farina. Mio nonno era, invece, uno dei pochi fortunati: aveva un orto e viveva in una fattoria.Monterotondo, secondo il racconto di mia nonna, non ha subito bombardamenti, o meglio dice mia nonna l’unico bombardamento più vicino è stato a Grotta Marozza, quando il generale Badoglio con l’intero comando dello stato maggiore italiano fuggì nella notte dell’Otto settembre 1943.Nonna Giovanna, inoltre, ben ricorda quando in due diverse occasioni si paracadutarono su Monterotondo i soldati tedeschi.Nel primo suo ricordo, ancora vivo nella sua mente, vide ucciso a pochi passi da lei un ragazzo giovanissimo che si trovava in fila con lei, per ricevere un po’ di pane e farina. Dice mia nonna che solo la freddezza e la prontezza della mia bisnonna le salvò la vita, infatti, mentre scendevano dall’alto i Tedeschi che sparavano all’impazzata, lei era rimasta immobile a guardare, ma veniva la mia bisnonna l’afferrò e la portò via prima che venisse colpita. Un’altra volta, invece, ricorda quando un fornaio, oggi dice coraggioso, decise di far rifugiare nel suo locale il comandante dei partigiani, il quale nonostante non volesse accettare, perchè voleva decidere solo lui senza discutere, si cambiò, insieme ai suoi giovanissimi compagni, indossando abiti da lavoro sporchi di farina, per ingannare i tedeschi, che nel frattempo erano arrivati. In quell’occasione mia nonna e sua madre furono rinchiuse in una cantina e liberate a notte fonda.La nonna conclude il suo racconto quasi commossa ed io sono contento di essere suo nipote e poter raccontare a sua volta la sua storia di vita.La guerra è una cosa orrenda, conclude mia nonna, e noi giovani dobbiamo ritenerci veramente fortunati.Mai più guerre, dice mia nonna, solo pace.

Giulio

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REPERTI DI GUERRA

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PUGNALE DEL FASCIO

Si tratta di un pugnale da "combattimento" della milizia fascista (M.V.S.N.), Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Spesso veniva dato in dotazione ai battaglioni delle CC.NN. (camicie nere) impiegate in Africa Orientale e, più in generale, durante il secondo conflitto mondiale.

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Il pugnale è del modello chiamato "Marcia '35"; l’impugnatura è in legno e finemente decorata con intarsi in rilievo. Il fodero e' il classico modello riportante la scritta "MVSN" ed il fascio littorio in rilievo, ed è del tipo con passante fisso. E’ stato prelevato in Sicilia, durante la “consegna delle armi”, cioè l’obbligo di restituire ogni tipo di arma alla fine della guerra.

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MEDAGLIA A CROCE GRANDE

Si tratta di una Croce di Cavaliere OMRI di vecchio tipo, per insignire all’“Ordine al Merito della Repubblica Italiana”. L’insegna era costituita da una croce piana in smalto bianco, pomellata alle estremità, inscritta in un quadrato costituito da quattro aquile imperiali ad ali spiegate e caricata al centro da una stella a cinque punte in rilievo, il tutto sospeso ad una corona con torri; nella parte terminale ci sono 3 minuscole pietre: una verde, una bianca e una rossa come il tricolore.

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Entrambi i lati della decorazione sono identici. Quella dorata veniva riservata agli ufficiali. La medaglia apparteneva al mio bisnonno Scalabrin Mario, ufficiale di cavalleria.

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La Croce di Guerra al Merito venne istituita dal re Vittorio Emanuele III il 19 gennaio 1918.Questo tipo di croci furono assegnate agli appartenenti delle forze armate che avessero maturato almeno un anno di servizio in trincea o sul fronte nemico e vennero riconosciute anche ai feriti in azione o che, per meriti di guerra, avessero ricevuto una promozione.

CROCE DI GUERRA AL MERITO

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Le croci concesse nel periodo del Regno d’Italia recavano il monogramma del re Vittorio Emanuele III (VEIII), mentre quelle del periodo repubblicano si contraddistinguevano per il monogramma RI, “Repubblica Italiana”. Queste croci, quindi, risalgono al periodo della Repubblica e costituiscono un riconoscimento per la partecipazione alla II Guerra mondiale.Il nastrino è a bande bianche e azzurre sia nel periodo monarchico che in quello repubblicano.

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CROCE SU NASTRINO

Croce commemorativa del Gruppo Armate Ovest.È un nastrino con 19 barre verticali di colore verde e rosso e le 2 stellette d’argento sono relative agli anni di guerra.

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PAGELLA FASCISTA Si tratta di una pagella di V elementare, per l’esattezza chiamata “scuola del lavoro”, frequentata da mia nonna Cavestro Lucia, che viveva a Mestre, Venezia, durante la guerra.

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Da notare la copertina, con i colori della bandiera italiana, il fascio e la scritta “Opera Balilla”, istituzione creata appositamente dal regime fascista per l’educazione e l’indottrinamento dell’infanzia e della gioventù. Si distingue chiaramente la scritta a. XXII che si riferisce al ventiduesimo anno della dittatura.

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Da notare le materie che venivano insegnate all’epoca e la valutazione, espressa con un giudizio

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Dopo la scuola elementare, gli alunni venivano indirizzati alla “scuola per l’avviamento professionale”, che introduceva rapidamente al mondo del lavoro, oppure al ginnasio, per poi proseguire gli studi liceali ed, eventualmente, universitari.

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REPERTI DEL CAMPO DI INTERNAMENTO

DI KONIGSBERG

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E’ un utensile del campo di lavoro in dotazione ai prigionieri e si tratta di un coltello e forchetta che si incastrano perfettamente tra loro formando, una volta chiusi, una specie di bastoncino di legno. Era dato ad ogni prigioniero all’arrivo nel campo e apparteneva anche questo al mio bisnonno, Scalabrin Mario.

UTENSILE

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TESSERA DI RICONOSCIMENTO DEL

CAMPO DI LAVOROQuesto oggetto è una tessera di riconoscimento appartenuta al mio bisnonno, Scalabrin Mario, ufficiale di cavalleria. Fu imprigionato subito dopo la firma dell’Armistizio l’8 settembre 1943 e portato in un campo di lavoro a Konigsberg nell’attuale Kaliningrad in Russia. Sul davanti si riconosce il numero di appartenenza al campo, l’indirizzo di questo, la data di nascita e la firma della persona. Inoltre c’è la foto in primo piano. Il tutto montato su una placca di metallo.

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Sul retro varie indicazioni: prima di tutto la specifica di “Militare Italiano Internato” impiegato in un campo che costruiva i camion militare per il trasporto truppe di tipo “Bussing NAG” con la mansione di “aiuto fabbro”. La data di rilascio è chiaramente visibile e risale al 24/04/44. Seguono una serie di indicazioni sul documento:1.La consegna del documento a persone non autorizzate sarà perseguita.2. La perdita dovrà essere denunciata subito alla Direzione o all’Ufficio del personale.3.Il documento deve essere sempre portato con sé.4.Autorizza ad accedere alle aree di lavoro solo nell’orario di servizio.5.Il documento è sotto la responsabilità del lavoratore. La mancata restituzione sarà punita.Si distingue chiaramente anche il timbro della fabbrica “Bussing NAG”.

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LAVORO SVOLTO DA:

Alice

La fotografia rappresenta i camion che venivano costruiti nel campo.

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Tessera annonaria

Utilizzo e fabbisogno

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La seconda guerra mondiale influì su tutti gli aspetti della vita ci

vile.

L'entrata in guerra dell'Italia aumentò la

crisi economica, che si manifestò anche nella scarsità di generi alimentari e nell'aumento dei prezzi. Venne distribuita ad ogni persona la "carta annonaria", con cui si razionavano i generi di prima necessità: pane, farina, olio e sale venivano tesserati, cioè distribuiti consegnando al negoziante un talloncino di una tessera assegnata ad ogni famiglia dagli uffici annonari dei comuni.

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Grazie alla tessera annonaria le persone non pativano la fame. Questa tessera permetteva in date prestabilite di recarsi da un fornitore abituale per la prenotazione dapprima solo di generi alimentari, ma poi si diffuse, ad esempio, anche per il vestiario. Il negoziante staccava la cedola di prenotazione apponendo la propria firma si poteva prelevare la merce prenotata. Visto che i prezzi variavano di mese in mese era uso comune prelevare tutto quanto fosse possibile in un'unica soluzione. Le date di prenotazione e ritiro dei generi alimentari venivano annunciate tramite manifesti e trafiletti sui giornali che si susseguivano a ritmi paradossali. A gennaio si razionò lo zucchero, a maggio caffè e sapone; nei mesi successivi i produttori e commercianti furono obbligati a dichiarare la quantità prodotta di lardo, olio di oliva e formaggi grana.

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Ci furono restrizioni sull'olio e sul burro. Anche il latte fu presto sottoposto a restrizione, tranne che per bambini e ammalati, tanto che fu fatto divieto di acquistare o vendere nel territorio astigiano latte non proveniente dalla centrale.I detentori di suini dovettero dichiarare il numero di animali in loro possesso, esclusi due per il fabbisogno familiare ed entro la fine dell'anno, i contadini furono costretti a consegnare quasi tutti i prodotti all'ammasso.Gli allevatori di bovini dovettero portare all'ammasso il 30% di ciò che eccedeva i 180 kg a capo per destinarlo alle forze armate e alla popolazione civile.Dall'8 luglio gli ospedali poterono solo più trovare giornalmente la carne per la metà dei degenti.Il 27 marzo 1941 fu fatto divieto di vendere gli avanzi di panettoni ai privati e destinarli solo a forze armate e ospedali.Dal 17 maggio i panettieri poterono produrre pane utilizzando l'aggiunta del 20% di patate, ma il primo ottobre un'ordinanza lo razionò di più.Il 24 maggio 1942 fu fatto divieto di vendere il pane raffermo extra-tessera, ma doveva essere ripartito tra la clientela che regolarmente esibiva la carta annonaria.Il 20 novembre 1943 anche il sale fu razionato.Il 20 febbraio 1945 truppe partigiane requisirono sulla Asti-Alessandria un camion carico di sale che venne distribuito tra la popolazione.

Andrea S., Arianna, Nicolò