«Baba Cesare, il guru indiano che viene da Torino»

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  L’India è s tata me ta privilegia ta a par tire dagl i anni Sessa nta di gio vani trasg ressivi come il Baba Cesare de l romanzo d i Terzani UN ROMANZO SULL IDEA DI DIO, ENERGIA SENZA FORMA E SENZA NOME CON CUI DOBBIAMO FARE I CONTI NEL NOSTRO QUOTIDIANO PELLEGRINAGGIO BABA CESARE, IL GURU INDIANO CHE VIENE DA TORINO  Alberto Samonà n un mondo in cui i fattori più importanti sono l’economia e le soddisfazioni indivi- duali, che spazio può esserci per la ricerca di Dio? È forse questo l’interrogativo princi- pale che Folco Terzani pone attraverso le pa- gine del suo romanzo A piedi nud i sulla terra , pubblicato da poco da Mondadori. Un libro che rassomiglia a un inedito diario di viaggio, ma che attraverso l’esperienza narrata, rac- conta un andare ben più sottile, verso il centro di se stessi. Questa domanda, poi, è straordinariamente simile alle recenti esortazioni di Papa Bene- detto XVI, il quale in più di un’occasione ha sot- tolineato come la ricerca di Dio possa trasfor- mare il rapporto che ciascuno di noi ha con la vita quotidiana, con gli altri e con se stesso. E questa possibilità è alla base di ogni ricerca spi- rituale, in qualsiasi forma si esprima, perché cercare l’assoluto, inevitabilmente, trasforma la propria vita e con essa la relazione rispetto ai valori che si danno per prioritari. Accade così che possano perdere d’interesse il mito del pro- gresso, il ruolo del denaro, i successi professio- nali e soprattutto le trame dell’ego, laddove una ricerca in questa direzione può portare l’essere umano verso una dimensione imper- sonale, nella quale i margini per le varie forme di ego-ismo divengono sempre più stretti. Il libro prende le mosse dalle esperienze che lo stesso Folco ha fatto in India, a contatto con viandanti, mistici indu e con i sadhu, asceti che vivono nella natura e senza beni personali. In questo cercare si ritrova quella curiosità inna- ta che aveva mosso già suo padre Tiziano Ter- zani e, al contempo, la voglia di andare sempre piùall’interno,per sperimentaredirettamente l’oggetto della propria indagine, attraverso una I conoscenza diretta. Dall’incontro con uno di questi asceti è nata un’amicizia che si è raffor- zata negli anni: quest’uomo, dai lunghi capelli intrecciati, è un italiano che da anni vive in una piccola grotta ad Hampi, in India, e per tut- ti, abitanti locali e viaggiatori, è semplicemen- te Baba Cesare. A piedi nud i sulla terr aè un po’ il racconto della vita reale di questo guru ita- liano, giunto in India da ragazzo sulla scia del movimento hippie e progressivamente acco- statosi alla ricerca del divino, in un percorso personale che nei decenni, da mera trasgres- sione ai modelli sociali dell’occidente, si è tra- sformato in un cammino contrassegnato da pei verso il sogno indiano. Un sogno che per molti è miseramente naufragato, trasforman- dosi in un’illusione psichedelica e che in più di una occasione si è concluso con la morte. L’India, però, nei decenni non è stata esclu- sivamente il rifugio per giovani occidentali al- ternativi, ma al suo interno è stato spesso pos- sibile incontrare chi ha deciso di vivere in po- vertà, consacrando la propria vita alla ricerca di Dio. La sublimazione che fa del giovane tori- nese un asceta non è descritta come un model- lo pedagogico a cui tendere, ma è semmai la te- stimonianza di una diversa visione della felici- tà che progressivamente prende corpo in lui, non più legata al possesso, all’avere, ma all’es- sere, alla possibilità di entrare in sintonia con la Creazione, parlando una lingua universale e spesso silenziosa, che è la stessa degli alberi, delle piante, degli animali e di quegli esseri umani che sono in cammino in cerca del sacro. Non si tratta, però, di un viaggio tutto rose e ori, perché quello di Baba Cesare è forgiato da una profonda sofferenza che funge da car- burante, da benzina per la nascita in sé di una consapevolezza, mai ostentata, ma accostata con il rispetto di colui che fa della propria vi- ta su questa terra un incessante pellegrinag- gio verso Dio. Una sofferenza che passa per i paradisi articiali della droga – «le chiamava- mo iniezioni di inconsapevolezza» – per il car- cere, vissuto più e più volte e per rapporti con l’altro sesso, ben lontani dalle rinunce di cer- ti asceti. Eppure, scorrendo le pagine del ro- manzo, si avverte la sincerità di quest’uomo che si domanda con naturalezza quale sia l’inizio del sentiero e non prova a dare una ri- sposta con la mente, ma la riceve dall’univer- so, vivendo le proprie giornate come un co- stante rito di devozione. Lo svolgersi del libro sembra quasi seguire il Nel romanzo “A piedi nudi sulla terra” Folco Terzani racconta la vicenda di un hippie italiano di iniziali simpatie neofasciste che cerca in India la via della realizzazione di sé una consapevolezza di un altro livello, nel qua- le tutto appartiene a Dio. La trasgressione di questo sadhu italiano in- comincia nei primi anni Sessanta quando - in decisa controtendenza - l’allora giovanissimo Cesare, a Torino, simpatizza per i neofascisti, perché era di moda essere comunisti e perché i ‘neri’ erano una sparuta minoranza ghettizza- ta e quindi più simpatici degli altri. Poi l’in- contro con le controculture alternati ve di que- gli anni, con le tendenze artistiche metropoli- tane e con il primo spinello. E la fuga dall’Italia e dai suoi modelli, senza passaporto sui magic bus che portavano decine di migliaia di euro- l rouge di un insegnamento antichissimo tra- smesso oralmente, come avviene ancora fra i sadhu indiani e i loro discepoli e al contempo, imprime una traccia sul terreno, che i più sen- sibili possono incontrare e riconoscere, non frutto di ideologie umane ma di un’inuenza dall’alto. Come racconta Baba Cesare è que- stione di trovare il proprio posto nell’univer so. Ed è questa la vera presa di coscienza che al di là della forma esteriore può investire la vita di ciascuno. Il romanzo di Folco Terzani va, infatti, ben oltre la vicenda del guru italiano, ma questa di- viene paradigma per comprendere che cosa nella vita di ciascuno di noi possa fungere da nutrimento, da farmaco, e cosa invece da vele- no. Nel suo parlare, in modo estremamente sciolto e realista, il protagonista del libro rac- conta di avere incontrato moltissimi maestri, uomini di fede, mistici e altri ancora, «ognuno aveva una sua ragione. Ma in fondo quello che li accomunava era che vivevano con attenzio- ne. In questa evidenza ti veniva l’idea di una perfezione che è divina, al di fuori di una rou- tine sociale classica». Il baba italiano si riferi- sce proprio a quell’attenzione che manca in un mondo egoista e in chi vive distrattamente la propriaquotidianità,nonaccorgendosidi quel- l’immenso tesoro di sensazioni, di emozioni e di impressioni che in ogni istante può arrivar- ci dalla vita. Ecco che si arriva a una comprensione nuo- va, grazie alla quale ci si accorge che tutto può essere una scuola, esperienze negative com- prese, superando in questo modo i dubbi del re- lativismo e i pessimismi contemporanei, per- ché – come ammette candidament e Baba Cesa- re – l’idea di Dio è una pazzia. È un sogno, una visione. È un’energia ad alto livello, s enza for- ma e senza nome. E noi ci siamo dentro. Tiziano Terzani  Benedetto XVI Un negozio di antichi orologi è al centro del racconto di Lello Gurrado.  In alto corte o anti-cri si I TEMPI DELLA CRISI SCANDITI DA NUOVI E VECCHI OROLOGI è tutta la dirompente crisi economica di oggi, che diventa personale e familiare, ma anche la capacità del riscatto (anche in questo caso la forza del singolo si al- larga a macchia d’olio) nell’ultimo ro- manzo di Lello Gurrado Invertendo l’or- dine dei fattori, edito da Marcos y Mar- cos (pp. 222, € 14,50). Uscito nell’autu n- no scorso e forse non ancora capito dal mercato editoriale, questo nuovo lavo- C’  Igor Trabo ni zioni languono: per risparmiare, chi ha portato la vecchia ‘cipolla’ neppure pas- sa a ritirarla. Immancabile, arriva l’aut aut della banca e del direttore che sco- pri non essere più tuo amico. Gianni è convinto di farcela, perché il momento brutto poi passerà. Ma non così la pen- sano la moglie Paola e soprattutto i gli Marco e Sandra. Bocconiano e rampan- te il primo, testarda ma affettuosa la se- conda. Saranno proprio i gli a convin- cere Gianni che è ora di smetterla con il vecchio negozio, con quel rintanarsi nella stanza dei pendoli che suonano tutti alla stessa ora in una sorta di spet- tacolo sì magico ma senza ‘mercato’. E la dinamica più interessante, spec- chio dei tempi che Gurrado cesella con particolari di ottima scrittura, è proprio quella che investe il glio Marco: sarà lui a trattare con i cinesi per la cessione del negozio, a inserirlo in una grande catena di orologi a basso prezzo ma alla moda. Il padre riuscirà a digerire i cam- biamenti? Un po’ alla volta, perché in quel negozio non c’è solo tutta una vita, ma soprattutto un tempo che ti accorgi sta cambiando. E che non puoi ferma- re. Insomma: è una pillola assai amara quella da mandar giù. E Gianni ci pro- verà gettandosi nell’alcol e iniziando quindi un percorso che lo porterà pri- ma tra le braccia di una vecchia amica, in una fuga a due d’altri tempi, e quin- di di una psicologa che, con l’aiuto stra- tegico di due colleghi, riuscirà davvero a tirarlo fuori da quel limbo. Compresa l’assurdità del credere che quello che accade a un suo amico farmacista in re- altà anticipa esattamente di 10 anni quello che poi accadrà anche a lui. Ma c’è ancora un passaggio da porta- re a compimento. E Gianni lo capirà grazie a un’altra fuga romantica, que- sta volta con la moglie Paola – gura di- screta ma ferma – prima a Venezia e quindi a Padova, davanti alla statua del Gattamelata. È qui che il vecchio orolo- giaio capirà qual è la follia che deve commettere per uscire per sempre dal- lo stato di impasse e di crisi personale, nonché dall’alcolismo , come gli hanno consigliato i dottori. Non staremo qui a svelare quale paz- zia commetterà Gianni, peraltro con l’aiutopropriodell’ Elogio della folliadi Erasmo da Rotterdam. Anche perché è questo il nale a sorpresa di Gurrado, che tra l’altro tiene incollato il lettore alla suspence di una strana corazza che imprigiona per tutto il libro il protago- nista, mentre racconta la sua storia ad un interlocutore il cui volto – ma so- prattutto la mansione – emergerà sol- tanto nel nale. Certo, a proposito di - nale, c’è un “bella ciao” che magari l’autore poteva anche risparmiarsi per- ché non c’entra un granché, ma resta la concretezza di un libro che aiuta a far riettere. UN LIBRO RACCONTA LE VICISSITUDINI DI UN ARTIGIANO TRAVOLTO DALLA GLOBALIZZAZIONE, CON L IMMANCABILE ZAMPINO DEI CINESI ro del giornalista barese trapiantato in Lombardia – reduce dai successi di As- sassinio in libreria e  La scommessa – ha il merito di scavare nella contempora- neità del lavoro che non c’è più, senza tanti moralismi o ricette economico-so ciali che nessuno chiede a un romanzo. La storia, che at- traversa le pagine in un di- panarsi di colpi di scena, è quella di Gianni Rocchi: 56 anni, moglie e due gli, ca- sa in città e in montagna, una vita agiata grazie al negozio di orogeria in cen- tro ereditato dal padre. So- lo che, all’esplodere della crisi, implode la vendita di orologi di marca e dei vari ninnoli per la casa. Passa- no i giorni e le settimane, senza che in negozio entri qualcuno. Anche le ripara- SECOLOD’ITALIA [ APPENA ] USCITI SECOLOD’ITALIA [ APPENA ] USCITI 8 9 DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012 DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

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Articolo di Alberto Samonà sul "Secolo d'Italia" di domenica 5 febbraio 2012

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 L’India è stata meta privilegiata a partire dagli anni Sessanta di giovani trasgressivi come il Baba Cesare del romanzo di Terzani

UN ROMANZO SULL’IDEA

DI DIO, ENERGIA SENZA

FORMA E SENZA NOME

CON CUI DOBBIAMO FARE

I CONTI NEL NOSTRO

QUOTIDIANO PELLEGRINAGGIO

BABA CESARE,IL GURU INDIANOCHE VIENE DA TORINO

◆ Alberto Samonà

n un mondo in cui i fattori più importantisono l’economia e le soddisfazioni indivi-duali, che spazio può esserci per la ricerca

di Dio? È forse questo l’interrogativo princi-pale che Folco Terzani pone attraverso le pa-gine del suo romanzo A piedi nudi sulla terra,pubblicato da poco da Mondadori. Un libroche rassomiglia a un inedito diario di viaggio,ma che attraverso l’esperienza narrata, rac-conta un andare ben più sottile, verso il centrodi se stessi.

Questa domanda, poi, è straordinariamentesimile alle recenti esortazioni di Papa Bene-detto XVI, il quale in più di un’occasione ha sot-tolineato come la ricerca di Dio possa trasfor-mare il rapporto che ciascuno di noi ha con lavita quotidiana, con gli altri e con se stesso. Equesta possibilità è alla base di ogni ricerca spi-rituale, in qualsiasi forma si esprima, perchécercare l’assoluto, inevitabilmente, trasformala propria vita e con essa la relazione rispetto aivalori che si danno per prioritari. Accade cosìche possano perdere d’interesse il mito del pro-gresso, il ruolo del denaro, i successi professio-nali e soprattutto le trame dell’ego, laddoveuna ricerca in questa direzione può portarel’essere umano verso una dimensione imper-sonale, nella quale i margini per le varie formedi ego-ismo divengono sempre più stretti.

Il libro prende le mosse dalle esperienze chelo stesso Folco ha fatto in India, a contatto conviandanti, mistici indu e con i sadhu, asceti chevivono nella natura e senza beni personali. Inquesto cercare si ritrova quella curiosità inna-ta che aveva mosso già suo padre Tiziano Ter-zani e, al contempo, la voglia di andare semprepiù all’interno, per sperimentare direttamentel’oggetto della propria indagine, attraverso una

I

conoscenza diretta. Dall’incontro con uno diquesti asceti è nata un’amicizia che si è raffor-zata negli anni: quest’uomo, dai lunghi capelliintrecciati, è un italiano che da anni vive inuna piccola grotta ad Hampi, in India, e per tut-ti, abitanti locali e viaggiatori, è semplicemen-te Baba Cesare. A piedi nudi sulla terra è un po’il racconto della vita reale di questo guru ita-liano, giunto in India da ragazzo sulla scia delmovimento hippie e progressivamente acco-statosi alla ricerca del divino, in un percorsopersonale che nei decenni, da mera trasgres-sione ai modelli sociali dell’occidente, si è tra-

sformato in un cammino contrassegnato da

pei verso il sogno indiano. Un sogno che permolti è miseramente naufragato, trasforman-dosi in un’illusione psichedelica e che in più diuna occasione si è concluso con la morte.

L’India, però, nei decenni non è stata esclu-sivamente il rifugio per giovani occidentali al-ternativi, ma al suo interno è stato spesso pos-sibile incontrare chi ha deciso di vivere in po-vertà, consacrando la propria vita alla ricercadi Dio. La sublimazione che fa del giovane tori-nese un asceta non è descritta come un model-lo pedagogico a cui tendere, ma è semmai la te-stimonianza di una diversa visione della felici-

tà che progressivamente prende corpo in lui,non più legata al possesso, all’avere, ma all’es-sere, alla possibilità di entrare in sintonia conla Creazione, parlando una lingua universale espesso silenziosa, che è la stessa degli alberi,delle piante, degli animali e di quegli esseriumani che sono in cammino in cerca del sacro.

Non si tratta, però, di un viaggio tutto rose efiori, perché quello di Baba Cesare è forgiatoda una profonda sofferenza che funge da car-burante, da benzina per la nascita in sé di unaconsapevolezza, mai ostentata, ma accostatacon il rispetto di colui che fa della propria vi-ta su questa terra un incessante pellegrinag-gio verso Dio. Una sofferenza che passa per iparadisi artificiali della droga – «le chiamava-mo iniezioni di inconsapevolezza» – per il car-cere, vissuto più e più volte e per rapporti conl’altro sesso, ben lontani dalle rinunce di cer-ti asceti. Eppure, scorrendo le pagine del ro-manzo, si avverte la sincerità di quest’uomoche si domanda con naturalezza quale sial’inizio del sentiero e non prova a dare una ri-sposta con la mente, ma la riceve dall’univer-so, vivendo le proprie giornate come un co-stante rito di devozione.

Lo svolgersi del libro sembra quasi seguire il

Nel romanzo “A piedi nudi sullaterra” Folco Terzani racconta

la vicenda di un hippie italianodi iniziali simpatie neofasciste

che cerca in India la viadella realizzazione di sé

una consapevolezza di un altro livello, nel qua-le tutto appartiene a Dio.

La trasgressione di questo sadhu italiano in-comincia nei primi anni Sessanta quando - indecisa controtendenza - l’allora giovanissimoCesare, a Torino, simpatizza per i neofascisti,perché era di moda essere comunisti e perché i‘neri’ erano una sparuta minoranza ghettizza-ta e quindi più simpatici degli altri. Poi l’in-contro con le controculture alternative di que-gli anni, con le tendenze artistiche metropoli-tane e con il primo spinello. E la fuga dall’Italiae dai suoi modelli, senza passaporto sui magicbus che portavano decine di migliaia di euro-

fil rouge di un insegnamento antichissimo tra-smesso oralmente, come avviene ancora fra isadhu indiani e i loro discepoli e al contempo,imprime una traccia sul terreno, che i più sen-sibili possono incontrare e riconoscere, nonfrutto di ideologie umane ma di un’influenzadall’alto. Come racconta Baba Cesare è que-stione di trovare il proprio posto nell’universo.Ed è questa la vera presa di coscienza che al dilà della forma esteriore può investire la vita diciascuno.

Il romanzo di Folco Terzani va, infatti, benoltre la vicenda del guru italiano, ma questa di-

viene paradigma per comprendere che cosanella vita di ciascuno di noi possa fungere danutrimento, da farmaco, e cosa invece da vele-no. Nel suo parlare, in modo estremamentesciolto e realista, il protagonista del libro rac-conta di avere incontrato moltissimi maestri,uomini di fede, mistici e altri ancora, «ognunoaveva una sua ragione. Ma in fondo quello cheli accomunava era che vivevano con attenzio-ne. In questa evidenza ti veniva l’idea di unaperfezione che è divina, al di fuori di una rou-tine sociale classica». Il baba italiano si riferi-sce proprio a quell’attenzione che manca in unmondo egoista e in chi v ive distrattamente lapropria quotidianità, non accorgendosi di quel-l’immenso tesoro di sensazioni, di emozioni edi impressioni che in ogni istante può arrivar-ci dalla vita.

Ecco che si arriva a una comprensione nuo-va, grazie alla quale ci si accorge che tutto puòessere una scuola, esperienze negative com-prese, superando in questo modo i dubbi del re-lativismo e i pessimismi contemporanei, per-ché – come ammette candidamente Baba Cesa-re – l’idea di Dio è una pazzia. È un sogno, unavisione. È un’energia ad alto livello, senza for-ma e senza nome. E noi ci siamo dentro.

Tiziano Terzani

 Benedetto XVI 

Un negozio di antichiorologi è al centro

del raccontodi Lello Gurrado.

 In alto corteo anti-crisi

I TEMPI DELLA CRISI

SCANDITI DA NUOVI

E VECCHI OROLOGI

è tutta la dirompente crisi economica dioggi, che diventa personale e familiare,ma anche la capacità del riscatto (anchein questo caso la forza del singolo si al-larga a macchia d’olio) nell’ultimo ro-manzo di Lello Gurrado  Invertendo l’or-dine dei fattori, edito da Marcos y Mar-cos (pp. 222, € 14,50). Uscito nell’autun-no scorso e forse non ancora capito dalmercato editoriale, questo nuovo lavo-

C’

◆  Igor Traboni

zioni languono: per risparmiare, chi haportato la vecchia ‘cipolla’ neppure pas-sa a ritirarla. Immancabile, arriva l’autaut della banca e del direttore che sco-pri non essere più tuo amico. Gianni èconvinto di farcela, perché il momentobrutto poi passerà. Ma non così la pen-sano la moglie Paola e soprattutto i figliMarco e Sandra. Bocconiano e rampan-te il primo, testarda ma affettuosa la se-conda. Saranno proprio i figli a convin-cere Gianni che è ora di smetterla conil vecchio negozio, con quel rintanarsinella stanza dei pendoli che suonanotutti alla stessa ora in una sorta di spet-tacolo sì magico ma senza ‘mercato’.

E la dinamica più interessante, spec-chio dei tempi che Gurrado cesella conparticolari di ottima scrittura, è proprioquella che investe il figlio Marco: saràlui a trattare con i cinesi per la cessionedel negozio, a inserirlo in una grandecatena di orologi a basso prezzo ma allamoda. Il padre riuscirà a digerire i cam-biamenti? Un po’ alla volta, perché inquel negozio non c’è solo tutta una vita,ma soprattutto un tempo che ti accorgista cambiando. E che non puoi ferma-re. Insomma: è una pillola assai amaraquella da mandar giù. E Gianni ci pro-verà gettandosi nell’alcol e iniziandoquindi un percorso che lo porterà pri-ma tra le braccia di una vecchia amica,in una fuga a due d’altri tempi, e quin-di di una psicologa che, con l’aiuto stra-tegico di due colleghi, riuscirà davveroa tirarlo fuori da quel limbo. Compresal’assurdità del credere che quello cheaccade a un suo amico farmacista in re-altà anticipa esattamente di 10 anniquello che poi accadrà anche a lui.

Ma c’è ancora un passaggio da porta-re a compimento. E Gianni lo capiràgrazie a un’altra fuga romantica, que-sta volta con la moglie Paola – figura di-screta ma ferma – prima a Venezia equindi a Padova, davanti alla statua delGattamelata. È qui che il vecchio orolo-giaio capirà qual è la follia che devecommettere per uscire per sempre dal-lo stato di impasse e di crisi personale,nonché dall’alcolismo, come gli hannoconsigliato i dottori.

Non staremo qui a svelare quale paz-zia commetterà Gianni, peraltro conl’aiuto proprio dell’ Elogio della follia diErasmo da Rotterdam. Anche perché èquesto il finale a sorpresa di Gurrado,che tra l’altro tiene incollato il lettorealla suspence di una strana corazza cheimprigiona per tutto il libro il protago-nista, mentre racconta la sua storia adun interlocutore il cui volto – ma so-prattutto la mansione – emergerà sol-tanto nel finale. Certo, a proposito di fi-nale, c’è un “bella ciao” che magaril’autore poteva anche risparmiarsi per-ché non c’entra un granché, ma resta laconcretezza di un libro che aiuta a farriflettere.

UN LIBRO RACCONTA

LE VICISSITUDINI DI

UN ARTIGIANO TRAVOLTO

DALLA GLOBALIZZAZIONE,

CON L’IMMANCABILE

ZAMPINO DEI CINESI

ro del giornalista baresetrapiantato in Lombardia – reduce dai successi di As-sassinio in libreria e  La

scommessa – ha il merito discavare nella contempora-neità del lavoro che non c’èpiù, senza tanti moralismio ricette economico-socialiche nessuno chiede a unromanzo. La storia, che at-traversa le pagine in un di-panarsi di colpi di scena, èquella di Gianni Rocchi: 56anni, moglie e due figli, ca-sa in città e in montagna,una vita agiata grazie alnegozio di orogeria in cen-tro ereditato dal padre. So-lo che, all’esplodere dellacrisi, implode la vendita diorologi di marca e dei varininnoli per la casa. Passa-no i giorni e le settimane,senza che in negozio entriqualcuno. Anche le ripara-

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