«Baba Cesare, il guru indiano che viene da Torino»
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5/14/2018 Baba Cesare, il guru indiano che viene da Torino» - slidepdf.com
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L’India è stata meta privilegiata a partire dagli anni Sessanta di giovani trasgressivi come il Baba Cesare del romanzo di Terzani
UN ROMANZO SULL’IDEA
DI DIO, ENERGIA SENZA
FORMA E SENZA NOME
CON CUI DOBBIAMO FARE
I CONTI NEL NOSTRO
QUOTIDIANO PELLEGRINAGGIO
BABA CESARE,IL GURU INDIANOCHE VIENE DA TORINO
◆ Alberto Samonà
n un mondo in cui i fattori più importantisono l’economia e le soddisfazioni indivi-duali, che spazio può esserci per la ricerca
di Dio? È forse questo l’interrogativo princi-pale che Folco Terzani pone attraverso le pa-gine del suo romanzo A piedi nudi sulla terra,pubblicato da poco da Mondadori. Un libroche rassomiglia a un inedito diario di viaggio,ma che attraverso l’esperienza narrata, rac-conta un andare ben più sottile, verso il centrodi se stessi.
Questa domanda, poi, è straordinariamentesimile alle recenti esortazioni di Papa Bene-detto XVI, il quale in più di un’occasione ha sot-tolineato come la ricerca di Dio possa trasfor-mare il rapporto che ciascuno di noi ha con lavita quotidiana, con gli altri e con se stesso. Equesta possibilità è alla base di ogni ricerca spi-rituale, in qualsiasi forma si esprima, perchécercare l’assoluto, inevitabilmente, trasformala propria vita e con essa la relazione rispetto aivalori che si danno per prioritari. Accade cosìche possano perdere d’interesse il mito del pro-gresso, il ruolo del denaro, i successi professio-nali e soprattutto le trame dell’ego, laddoveuna ricerca in questa direzione può portarel’essere umano verso una dimensione imper-sonale, nella quale i margini per le varie formedi ego-ismo divengono sempre più stretti.
Il libro prende le mosse dalle esperienze chelo stesso Folco ha fatto in India, a contatto conviandanti, mistici indu e con i sadhu, asceti chevivono nella natura e senza beni personali. Inquesto cercare si ritrova quella curiosità inna-ta che aveva mosso già suo padre Tiziano Ter-zani e, al contempo, la voglia di andare semprepiù all’interno, per sperimentare direttamentel’oggetto della propria indagine, attraverso una
I
conoscenza diretta. Dall’incontro con uno diquesti asceti è nata un’amicizia che si è raffor-zata negli anni: quest’uomo, dai lunghi capelliintrecciati, è un italiano che da anni vive inuna piccola grotta ad Hampi, in India, e per tut-ti, abitanti locali e viaggiatori, è semplicemen-te Baba Cesare. A piedi nudi sulla terra è un po’il racconto della vita reale di questo guru ita-liano, giunto in India da ragazzo sulla scia delmovimento hippie e progressivamente acco-statosi alla ricerca del divino, in un percorsopersonale che nei decenni, da mera trasgres-sione ai modelli sociali dell’occidente, si è tra-
sformato in un cammino contrassegnato da
pei verso il sogno indiano. Un sogno che permolti è miseramente naufragato, trasforman-dosi in un’illusione psichedelica e che in più diuna occasione si è concluso con la morte.
L’India, però, nei decenni non è stata esclu-sivamente il rifugio per giovani occidentali al-ternativi, ma al suo interno è stato spesso pos-sibile incontrare chi ha deciso di vivere in po-vertà, consacrando la propria vita alla ricercadi Dio. La sublimazione che fa del giovane tori-nese un asceta non è descritta come un model-lo pedagogico a cui tendere, ma è semmai la te-stimonianza di una diversa visione della felici-
tà che progressivamente prende corpo in lui,non più legata al possesso, all’avere, ma all’es-sere, alla possibilità di entrare in sintonia conla Creazione, parlando una lingua universale espesso silenziosa, che è la stessa degli alberi,delle piante, degli animali e di quegli esseriumani che sono in cammino in cerca del sacro.
Non si tratta, però, di un viaggio tutto rose efiori, perché quello di Baba Cesare è forgiatoda una profonda sofferenza che funge da car-burante, da benzina per la nascita in sé di unaconsapevolezza, mai ostentata, ma accostatacon il rispetto di colui che fa della propria vi-ta su questa terra un incessante pellegrinag-gio verso Dio. Una sofferenza che passa per iparadisi artificiali della droga – «le chiamava-mo iniezioni di inconsapevolezza» – per il car-cere, vissuto più e più volte e per rapporti conl’altro sesso, ben lontani dalle rinunce di cer-ti asceti. Eppure, scorrendo le pagine del ro-manzo, si avverte la sincerità di quest’uomoche si domanda con naturalezza quale sial’inizio del sentiero e non prova a dare una ri-sposta con la mente, ma la riceve dall’univer-so, vivendo le proprie giornate come un co-stante rito di devozione.
Lo svolgersi del libro sembra quasi seguire il
Nel romanzo “A piedi nudi sullaterra” Folco Terzani racconta
la vicenda di un hippie italianodi iniziali simpatie neofasciste
che cerca in India la viadella realizzazione di sé
una consapevolezza di un altro livello, nel qua-le tutto appartiene a Dio.
La trasgressione di questo sadhu italiano in-comincia nei primi anni Sessanta quando - indecisa controtendenza - l’allora giovanissimoCesare, a Torino, simpatizza per i neofascisti,perché era di moda essere comunisti e perché i‘neri’ erano una sparuta minoranza ghettizza-ta e quindi più simpatici degli altri. Poi l’in-contro con le controculture alternative di que-gli anni, con le tendenze artistiche metropoli-tane e con il primo spinello. E la fuga dall’Italiae dai suoi modelli, senza passaporto sui magicbus che portavano decine di migliaia di euro-
fil rouge di un insegnamento antichissimo tra-smesso oralmente, come avviene ancora fra isadhu indiani e i loro discepoli e al contempo,imprime una traccia sul terreno, che i più sen-sibili possono incontrare e riconoscere, nonfrutto di ideologie umane ma di un’influenzadall’alto. Come racconta Baba Cesare è que-stione di trovare il proprio posto nell’universo.Ed è questa la vera presa di coscienza che al dilà della forma esteriore può investire la vita diciascuno.
Il romanzo di Folco Terzani va, infatti, benoltre la vicenda del guru italiano, ma questa di-
viene paradigma per comprendere che cosanella vita di ciascuno di noi possa fungere danutrimento, da farmaco, e cosa invece da vele-no. Nel suo parlare, in modo estremamentesciolto e realista, il protagonista del libro rac-conta di avere incontrato moltissimi maestri,uomini di fede, mistici e altri ancora, «ognunoaveva una sua ragione. Ma in fondo quello cheli accomunava era che vivevano con attenzio-ne. In questa evidenza ti veniva l’idea di unaperfezione che è divina, al di fuori di una rou-tine sociale classica». Il baba italiano si riferi-sce proprio a quell’attenzione che manca in unmondo egoista e in chi v ive distrattamente lapropria quotidianità, non accorgendosi di quel-l’immenso tesoro di sensazioni, di emozioni edi impressioni che in ogni istante può arrivar-ci dalla vita.
Ecco che si arriva a una comprensione nuo-va, grazie alla quale ci si accorge che tutto puòessere una scuola, esperienze negative com-prese, superando in questo modo i dubbi del re-lativismo e i pessimismi contemporanei, per-ché – come ammette candidamente Baba Cesa-re – l’idea di Dio è una pazzia. È un sogno, unavisione. È un’energia ad alto livello, senza for-ma e senza nome. E noi ci siamo dentro.
Tiziano Terzani
Benedetto XVI
Un negozio di antichiorologi è al centro
del raccontodi Lello Gurrado.
In alto corteo anti-crisi
I TEMPI DELLA CRISI
SCANDITI DA NUOVI
E VECCHI OROLOGI
è tutta la dirompente crisi economica dioggi, che diventa personale e familiare,ma anche la capacità del riscatto (anchein questo caso la forza del singolo si al-larga a macchia d’olio) nell’ultimo ro-manzo di Lello Gurrado Invertendo l’or-dine dei fattori, edito da Marcos y Mar-cos (pp. 222, € 14,50). Uscito nell’autun-no scorso e forse non ancora capito dalmercato editoriale, questo nuovo lavo-
C’
◆ Igor Traboni
zioni languono: per risparmiare, chi haportato la vecchia ‘cipolla’ neppure pas-sa a ritirarla. Immancabile, arriva l’autaut della banca e del direttore che sco-pri non essere più tuo amico. Gianni èconvinto di farcela, perché il momentobrutto poi passerà. Ma non così la pen-sano la moglie Paola e soprattutto i figliMarco e Sandra. Bocconiano e rampan-te il primo, testarda ma affettuosa la se-conda. Saranno proprio i figli a convin-cere Gianni che è ora di smetterla conil vecchio negozio, con quel rintanarsinella stanza dei pendoli che suonanotutti alla stessa ora in una sorta di spet-tacolo sì magico ma senza ‘mercato’.
E la dinamica più interessante, spec-chio dei tempi che Gurrado cesella conparticolari di ottima scrittura, è proprioquella che investe il figlio Marco: saràlui a trattare con i cinesi per la cessionedel negozio, a inserirlo in una grandecatena di orologi a basso prezzo ma allamoda. Il padre riuscirà a digerire i cam-biamenti? Un po’ alla volta, perché inquel negozio non c’è solo tutta una vita,ma soprattutto un tempo che ti accorgista cambiando. E che non puoi ferma-re. Insomma: è una pillola assai amaraquella da mandar giù. E Gianni ci pro-verà gettandosi nell’alcol e iniziandoquindi un percorso che lo porterà pri-ma tra le braccia di una vecchia amica,in una fuga a due d’altri tempi, e quin-di di una psicologa che, con l’aiuto stra-tegico di due colleghi, riuscirà davveroa tirarlo fuori da quel limbo. Compresal’assurdità del credere che quello cheaccade a un suo amico farmacista in re-altà anticipa esattamente di 10 anniquello che poi accadrà anche a lui.
Ma c’è ancora un passaggio da porta-re a compimento. E Gianni lo capiràgrazie a un’altra fuga romantica, que-sta volta con la moglie Paola – figura di-screta ma ferma – prima a Venezia equindi a Padova, davanti alla statua delGattamelata. È qui che il vecchio orolo-giaio capirà qual è la follia che devecommettere per uscire per sempre dal-lo stato di impasse e di crisi personale,nonché dall’alcolismo, come gli hannoconsigliato i dottori.
Non staremo qui a svelare quale paz-zia commetterà Gianni, peraltro conl’aiuto proprio dell’ Elogio della follia diErasmo da Rotterdam. Anche perché èquesto il finale a sorpresa di Gurrado,che tra l’altro tiene incollato il lettorealla suspence di una strana corazza cheimprigiona per tutto il libro il protago-nista, mentre racconta la sua storia adun interlocutore il cui volto – ma so-prattutto la mansione – emergerà sol-tanto nel finale. Certo, a proposito di fi-nale, c’è un “bella ciao” che magaril’autore poteva anche risparmiarsi per-ché non c’entra un granché, ma resta laconcretezza di un libro che aiuta a farriflettere.
UN LIBRO RACCONTA
LE VICISSITUDINI DI
UN ARTIGIANO TRAVOLTO
DALLA GLOBALIZZAZIONE,
CON L’IMMANCABILE
ZAMPINO DEI CINESI
ro del giornalista baresetrapiantato in Lombardia – reduce dai successi di As-sassinio in libreria e La
scommessa – ha il merito discavare nella contempora-neità del lavoro che non c’èpiù, senza tanti moralismio ricette economico-socialiche nessuno chiede a unromanzo. La storia, che at-traversa le pagine in un di-panarsi di colpi di scena, èquella di Gianni Rocchi: 56anni, moglie e due figli, ca-sa in città e in montagna,una vita agiata grazie alnegozio di orogeria in cen-tro ereditato dal padre. So-lo che, all’esplodere dellacrisi, implode la vendita diorologi di marca e dei varininnoli per la casa. Passa-no i giorni e le settimane,senza che in negozio entriqualcuno. Anche le ripara-
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