Ba 1994-6 Copertina Biocorrosione - CISBA

34

Transcript of Ba 1994-6 Copertina Biocorrosione - CISBA

Editoriale 3

Biologia Ambientale no 6/1994

EDITORIALE

erché dedicare un numero speciale alla biocorrosione?

Perché il nostro Centro Studi condivide proposte ed aspettative del-l'Azienda Gas Acqua Consorziale di Reggio Emilia e dell'Azienda ServiziMunicipali di Mantova: offrire a dirigenti e tecnici di Aziende pubbliche eprivate un quadro aggiornato delle attuali possibilità di controllo dell'ef-ficienza delle reti idriche.

Sul pieghevole che illustra la giornata di studio dedicata agli aspettibiologici nella corrosione delle reti di distribuzione di acqua potabile, daquesti Enti voluta ed organizzata, si legge: «Interrogarsi e confrontarsisui fenomeni di biocorrosione delle tubazioni di distribuzione dell'acquapotabile significa non solo analizzare un problema che investe pratica-mente tutte le regioni del Paese e le Aziende Acquedottistiche che sioccupano della risorsa idrica, ma significa anche indicare quali sistemi eprocedure sono attuabili per comprenderne le cause e minimizzare glieffetti che tali fenomeni producono sulla qualità dell'acqua erogata.»

Ma non solo.Per il Centro Italiano Studi di Biologia Ambientale investire sulla

tematica della biocorrosione significa ampliare i propri orizzonti cono-scitivi, cioè promuovere l'obiettivo statutario che concerne lo sviluppo e

4 Editoriale

Biologia Ambientale no 6/1994

la diffusione degli studi di biologia ambientale e delle loro applicazioni.Sebbene l'attività di formazione e informazione del C.I.S.B.A. si sia

sviluppata in questi anni su numerosi temi – fra i quali basti citare ilmappaggio biologico dei corsi d'acqua attraverso l'analisi delle comunitàdei macroinvertebrati bentonici, l'analisi della microfauna per il control-lo dell'efficienza degli impianti biologici di depurazione, l'utilizzazione diDaphnia magna in tossicologia ambientale, l'eutrofizzazione delle acquemarine e costiere, l'ecologia del suolo e l'uso di indicatori biologici diinquinamento, l'uso di licheni nel biomonitoraggio dell'inquinamentoatmosferico, il controllo e la gestione del bulking filamentoso e l'utilizza-zione di batteri bioluminescenti in ecotossicologia – l'interesse dell'Asso-ciazione raramente si è rivolto a matrici di uso umano diretto.

Un primo tentativo per colmare questo vuoto è non solo la comparte-cipazione all'organizzazione della giornata di studio, ma anche la pubbli-cazione di questo numero monografico di Biologia Ambientale dedicatoalle problematiche connesse con la formazione ed il contenimento dibiofilm e biofouling, al riconoscimento dei batteri implicati nei fenomenidi corrosione ed alla sistematica degli invertebrati e delle microfiterinvenibili nelle reti acquedottistiche.

Obiettivo a breve termine del Centro Studi è certamente quello didibattere le conoscenze attuali e di indicare gli standard operativi dicontrollo e gli interventi mitigativi per migliorare la qualità della risorsaidropotabile in relazione al problema della biocorrosione, ma l'obiettivodi grande respiro è quello di sviluppare un'azione che promuova lacrescita in tutti i settori della società di una coscienza più precisa deiproblemi che il nostro tempo pone al ciclo dell'acqua.

Corrosione dei materiali metallici 5

Biologia Ambientale no 6/1994

(*) Cise - Milano

BIOCORROSIONE

IL FENOMENO DELLA CORROSIONEDEI MATERIALI METALLICI UTILIZZATINELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

I sistemi di distribuzione dell’acqua potabile com-prendono un’ampia gamma di materiali (acciaio, ce-mento, rame, PVC, ecc.), ma in questo lavoro l’atten-zione sarà focalizzata sull’acciaio al carbonio, ferrozincato e rame in quanto questi materiali risultano ipiù comunemente utilizzati per la realizzazione dellecondotte idriche e quelli maggiormente implicati neiprocessi di corrosione.

ACCIAIO AL CARBONIOLa corrosione delle tubazioni in acciaio nei sistemi

di distribuzione di acqua potabile è un fenomenocomplesso, influenzato da molteplici parametri intera-genti tra di loro (Tab. 1). L’effetto del singolo para-metro può risultare variabile a seconda della situazio-ne locale e può essere di volta in volta beneficooppure può portare all’instaurarsi di una severa cor-rosione. La corrosione dell’acciaio in acqua è essen-

zialmente di tipo elettrochimico ed è dovuta all’ossi-dazione del ferro secondo la reazione:

Fe → Fe2+ + 2e-

Perché tale reazione di ossidazione possa avveni-re occorre che contemporaneamente una reazione diriduzione consumi gli elettroni prodotti (detta anchereazione catodica). In generale tale reazione consisteo nella riduzione dell’ossigeno disciolto nell’acqua:

O2 + 2 H2O + 4 e- → 4 OH-

oppure nella riduzione dello ione idrogeno:2H+ + 2 e- → H2

Le due reazioni di ossidazione e di riduzione devo-no prodursi in contemporanea con la stessa velocità,che risulterà determinata dalla reazione più lenta, ingenerale quella di riduzione. I parametri principali cheinfluenzano la velocità di corrosione sono legati allaqualità dell’acqua e sono: composizione chimica, pH,conducibilità, gas disciolti, temperatura e velocità diflusso. Questi parametri saranno di seguito discussisingolarmente, tuttavia bisogna sempre considerarela loro interdipendenza.

Giovanni Buzzanca(*), Gian Maria Quaglia(*), Lucia Torri(*)

6 Corrosione dei materiali metallici

Biologia Ambientale no 6/1994

Ossigeno discioltoL’ossigeno svolge un ruolo chiave nella corrosio-

ne del ferro in acque naturali, ma i suoi effetti posso-no essere in antitesi tra di loro e dipendenti da altrifattori ambientali. Ad esempio, in acque con valore dipH prossimi alla neutralità ed a temperatura ambientel’ossigeno viene consumato dalla reazione di corro-sione del ferro; d’altro canto la presenza di ossigenopromuove la formazione di ossidi semiprotettivi sulmetallo e più elevata è la concentrazione di ossigenopiù il film di ossido può risultare protettivo. La presen-za di ossigeno appare inoltre necessaria per la forma-zione, sulla superficie delle tubazioni, di depositi dicarbonato di calcio; tuttavia una volta che questidepositi si sono formati l’ossigeno è uno dei principalipromotori di forme di corrosione localizzata sottodeposito.

La velocità di flusso dell’acqua nelle tubazionidetermina l’apporto di ossigeno sulla superficie delmetallo e può dare origine a differenti comportamentidal punto di vista corrosivo. Per basse concentrazionidi ossigeno e velocità dell’acqua fino ad 1 m/s unaumento della velocità stessa comporta un aumentodella velocità di corrosione, dato il maggior apporto diossigeno sulla superficie metallica. Per velocità supe-riori ad 1 m/s la concentrazione di ossigeno sullasuperficie metallica può diventare sufficientementeelevata da provocare la passivazione del metallo.Velocità ancora più elevate, superiori a 5 m/s posso-no accelerare fortemente la corrosione a causa delladistruzione dello strato passivante e del veloce tra-sporto di ossigeno sulla superficie dovuto al flussoturbolento. All’estremo opposto condizioni di ristagnoin generale favoriscono l’innesco di forme di corro-sione localizzata.

Sali discioltiI principali ioni presenti nelle acque naturali sono:

calcio, magnesio, sodio, bicarbonato, solfato, cloruroe nitrato.

I cloruri sono le specie ioniche più deleterie, dalpunto di vista corrosionistico, in quanto riducono l’ef-ficacia dello strato protettivo di ossidi, promuovendol’insorgere di corrosione localizzata. Il tenore limite dicloruri al di sopra del quale si ha la formazione dicorrosione localizzata sul ferro è ritenuto essere dicirca 10 ppm.

I nitrati hanno un effetto molto simile a quello deicloruri, ma generalmente sono presenti in concentra-zioni estremamente modeste.

Il ruolo dei solfati è analogo a quello dei cloruri,anche se la concentrazione necessaria per dare origi-ne a fenomeni di corrosione localizzata è molto piùelevata. I solfati svolgono inoltre un’attività peculiareper quanto riguarda i fenomeni di corrosione battericain condizioni anaerobiche. Il ruolo esercitato dai bat-teri nella corrosione dei metalli è dovuto alla attivitàchimica associata alla loro crescita e riproduzione. Ingenerale gli effetti corrosivi dei batteri sui metallisono attribuibili a: azione diretta dei prodotti del lorometabolismo (acido solforico, solfuri inorganici, ecc.);depolarizzazione catodica dovuta alla crescita anae-robica; variazioni locali di pH e di concentrazionesalina ed infine rimozione di inibitori e di rivestimentiprotettivi.

CO2 discioltaL’effetto della CO2 disciolta dipende essenzial-

mente dal pH della soluzione, dato che esso determi-na le percentuali relative di CO2 idrata, bicarbonati ecarbonati.

CalcioNelle acque naturali l’acciaio al carbonio viene

protetto dalla corrosione in seguito alla formazione diun film più o meno spesso di carbonato di calcio sullasuperficie. Presumibilmente questo film funge da bar-riera di diffusione dell’ossigeno verso la superficiemetallica. Vari indici sono stati proposti per valutarela tendenza o meno del carbonato di calcio di incro-stare le condotte.

TemperaturaVariazioni di temperatura possono influenzare tut-

ti gli equilibri chimici delle specie acquose, comeanche la velocità di diffusione dell’ossigeno, la veloci-tà di deposizione dei prodotti incrostanti e la stessavelocità di corrosione. In sistemi relativamente sem-plici in cui la corrosione del ferro è controllata solodalla diffusione dell’ossigeno, la velocità di corrosioneè proporzionale all’aumento della temperatura in quantoquesta incrementa la velocità di diffusione dell’ossi-geno; la velocità di corrosione raddoppia ogni 30 °Cfino a circa 80 °C. Al di sopra di tale valore si ha una

Corrosione dei materiali metallici 7

Biologia Ambientale no 6/1994

rapida diminuzione dovuta alla diminuita solubilità del-l’ossigeno in acqua.

FERRO ZINCATOLo zinco è utilizzato come rivestimento dell’accia-

io non perché sia un materiale particolarmente resi-stente alla corrosione, ma perché lo zinco si corrodepreferenzialmente e protegge l’acciaio sottostante,funzionando quindi come un anodo sacrificale.

Qualità dell’acquaIn ambienti acquosi a temperatura ambiente la

velocità di corrosione delle condutture zincate rag-giunge un minimo per valori di pH compresi tra 7 e 12,intervallo in cui la principale reazione catodica ècostituita dalla riduzione dell’ossigeno. Di conseguen-za la velocità di corrosione dello zinco aumenta all’au-mentare sia della concentrazione dell’ossigeno disciol-to in acqua che della CO2. In ambienti acidi o forte-mente alcalini l’attacco corrosivo è dovuto allo svilup-po di idrogeno. Per valori di pH superiori a 12,5 lo zincoreagisce rapidamente dando luogo a zincati solubili:

Zn + OH- + H2O → HZnO2- + H2

L’aggiunta di cloro, nelle concentrazioni normal-mente utilizzate per la potabilizzazione dell’acqua,non influenza la velocità di corrosione dello zinco.Bisogna segnalare che lo zinco presenta una inversio-ne di polarità rispetto al ferro, in acque aerate, a circa60 °C. Per tale valore di temperatura questo materia-le perde le sue caratteristiche di anodo sacrifiziale epuò provocare la formazione di corrosione localizzatasull’acciaio sottostante.

RAMEIl rame è un materiale ampiamente utilizzato nelle

linee di distribuzione dell’acqua potabile in quanto ègeneralmente più resistente dell’acciaio alla corrosio-ne. Tuttavia, in alcuni casi, può dare origine a formedi corrosione che possono causare problemi per quantoriguarda la qualità dell’acqua distribuita (piccole con-centrazioni di rame possono causare la formazione dimacchie blu o verdi-blu sulla porcellana, concentra-zioni maggiori di 1-1,5 ppm conferiscono all’acqua unsapore amaro, ecc.).

OssigenoLa corrosione in acqua è dovuta essenzialmente

all’ossidazione del rame secondo la reazione:Cu → Cu2+ + 2e-

e di riduzione dell’ossigeno disciolto in acqua se-condo la reazione:

½ O2 + 2e- + 2H+ → H2OAnche in ambiente acido, a differenza di quanto

avviene per il ferro, l’ossigeno interviene nella corro-sione del rame attraverso lo ione intermedio Cu+:

Cu → Cu+ + e-

Cu+ + O2 + 2H+ → Cu2+ + H2O2Risulta quindi evidente come in assenza di ossige-

no la corrosione del rame sia termodinamicamenteimpossibile.

CO2La CO2 presente nelle acque naturali è stata

molto spesso considerata come un fattore fondamen-tale nel processo di corrosione del rame. Il ruolo chesvolge la CO2 consiste nel dissolvere il film protettivodi ossido di rame che si forma sulla superficie internadelle tubazioni. La quantità di CO2 necessaria perprovocare tale dissoluzione dipende da molti fattori,tuttavia una “regola pratica” considera come soglia diallarme, per quanto riguarda la corrosione del rameuna concentrazione pari a circa 10 ppm di CO2.

INDICI DI CORROSIONEQui di seguito verrà presentata una breve rasse-

gna dei principali indici utilizzati per valutare la corro-sività od il potere incrostante delle acque naturali.Questi indici sono spesso utilizzati come guida, manon devono essere usati indiscriminatamente, in quantonon forniscono una misura quantitativa della corrosio-ne o della formazione di carbonato di calcio.

Indice di LangelierL’indice di Langelier, o di saturazione, (SI) indica

la tendenza di un’acqua a formare o meno depositi dicarbonato di calcio. L’indice è ricavato dal prodottodi solubilità del carbonato di calcio, dalla costante didissociazione dell’acqua e dalla seconda costante didissociazione dell’acido carbonico. Nel campo di ap-plicazione (pH compreso tra 6,5 e 9,5) il pH di satura-zione (pHs) è dato da:

pHs = (pk2 - pks) + pCa + pAlkdove:pk = log (1/x)

8 Corrosione dei materiali metallici

Biologia Ambientale no 6/1994

Ca = concentrazione delle ione calcio in moli/litroAlk = alcalinità totale in equivalenti/litroK2 = seconda costante di dissociazione dell’H2CO3

corretta in funzione della forza ionica e dellatemperatura

Ks = prodotto di solubilità del carbonato di calciocorretto in funzione della forza ionica e dellatemperatura

Comunemente il pHs viene determinato nel modoseguente:

pHs = A + B - log [Ca] - log [Alk]dove A e B sono due costanti che tengono già contodell’influenza rispettivamente della temperatura e dellaforza ionica.

L’indice di Langelier (SI) è dato dalla differenza trai pH dell’acqua ed il corrispondente pH di saturazione:

SI = pH - pHsUn valore negativo dell’indice di Langelier indica

la tendenza dell’acqua a sciogliere i depositi di carbo-nato di calcio e quindi una sua possibile azione corro-siva; un valore positivo indica invece la tendenza allaformazione di depositi di carbonato di calcio e quindila non corrosività dell’acqua.

Generalmente tale indice viene utilizzato per ac-que con moderata od elevata alcalinità e durezza enon può essere utilizzato per acque dolci o contenentispecie ioniche quali cloruri e solfati che possonoinfluenzare la condizioni di equilibrio del carbonato dicalcio.

Indice di RyznarL’indice di Ryznar (RI) è definito come:

RI = 2 pHs - pHdove pHs è del tutto analogo a quanto utilizzato nelcaso dell’indice di Langelier. Un valore dell’indice diRyznar uguale o superiore a 7 indica un’acqua ag-gressiva, mentre un valore inferiore a 6 indica latendenza a formare depositi di carbonato di calcio.L’indice di Ryznar può essere utilizzato sugli stessitipi di acque consigliati per l’indice di Langelier.

Indice di LarsonL’indice di Larson (LI) tiene conto dell’aggressivitàspecifica di singoli ioni ed è espresso come:

Cl + SO4LI = Alkdove Cl, SO4 ed Alk sono rispettivamente le con-

centrazioni di cloruri e di solfati e l’alcalinità totaleespresse come mg/L. Quando l’indice di Larson èmaggiore di 0,5 l’acqua può essere considerata cor-rosiva.

Indice di RiddickL’indice di Riddick (RCI) è basato su una formula

empirica che tiene conto di numerosi fattori chepossono influenzare la corrosione quali: l’ossigenodisciolto, il tenore di cloruri, di nitrati e la durezza:

75 10 D.O. + 2RCI = [CO2 + ½ (Durezza - Alk)+Cl- + 2N]Alk SiO2 Sat. D.O.

dove:CO2: espressa come mg/L CaCO3Durezza: espressa come mg/L CaCO3Cl-: concentrazione di ioni cloruri espressi in mg/LN: concentrazione di ioni nitrati espressi in mg/LD.O.: ossigeno disciolto espresso in mg/LSat. D.O. : ossigeno saturo espresso in mg/L

Valori dell’indice di Riddick compresi tra 0 e 25indicano un’acqua non corrosiva; valori compresi tra26 e 50 indicano un’acqua moderatamente corrosiva;valori compresi tra 51 e 75 indicano un’acqua corro-siva; valori compresi tra 76 e 100 indicano un’acquaveramente corrosiva; valori superiori a 100 indicanoun’acqua estremamente corrosiva. Tale indice vienenormalmente utilizzato per le acque dolci, mentre nonpuò essere utilizzato nel caso di acque dure.

Indice di aggressivitàL’indice di aggressività (AI) è stato formulato per

determinare la qualità dell’acqua che può esseretrasportata nei tubi di cemento-amianto:

AI = pH + log (A·H)dove:A: alcalinità totale espressa come mg/L CaCO3H: durezza espressa come mg/L CaCO3

Valori dell’indice di aggressività maggiori di 12indicano un’acqua non aggressiva; valori compresitra 10 e 12 indicano un’acqua moderatamente ag-gressiva; valori minori di 10 indicano un’acqua forte-mente aggressiva.

ANALISI DEL FENOMENO CORROSIVOQui di seguito verranno presentati alcuni suggeri-

Corrosione dei materiali metallici 9

Biologia Ambientale no 6/1994

menti operativi per poter eseguire una adeguata ana-lisi del fenomeno corrosivo in atto: i suggerimentiforniti sono di carattere generale e possono essereutilizzati per analizzare qualsiasi caso di corrosione.

Per una corretta analisi delle cause di corrosione ènecessaria la documentazione dei dati concernenti laqualità dell’acqua distribuita sia alla sorgente sia nelpunto in cui si è verificato il problema di corrosione.Vanno inoltre documentati i trattamenti chimico-fisicia cui l’acqua è soggetta; le condizioni fluidodinamichedella rete (ad esempio vanno prese in considerazionele possibili zone in cui si possono verificare ristagnid’acqua); la distanza del punto di prelievo dagli im-pianti di clorazione; il materiale della tubazione; l’an-no di posa della tubazione stessa.

Il prelievo dello spezzone di tubazione interessatoal fenomeno di corrosione deve essere effettuato inmodo da non danneggiare la superficie durante lafase di taglio, per cui deve essere eseguito ad almeno10 cm circa dal punto di interesse. Il campione, dopoil prelievo, deve essere mantenuto se possibile umido,in modo da non alterare le condizioni superficiali finoall’arrivo in laboratorio per le successive analisi esoprattutto bisogna evitare di toccare con le maninude le superfici da sottoporre ad analisi in modo daevitare inquinamenti delle superfici stesse. Un’accor-tezza da prendersi al momento del prelievo è disegnare sulla superficie esterna della tubazione lageneratrice inferiore e quella superiore. Infatti gene-ralmente i fenomeni di corrosione sono localizzati perlo più lungo la generatrice inferiore.

In laboratorio il primo taglio da eseguire consistenell’aprire a metà la tubazione; il taglio va eseguito asecco in modo da non alterare le superfici da esami-nare. Una volta tagliato lo spezzone va sottoposto adun accurato esame visivo in modo da stabilire, primadi tutto, se il fenomeno corrosivo sia partito dall’inter-no della tubazione (imputabile alla qualità dell’acqua)o dall’esterno.

Se la corrosione ha avuto origine dall’esterno dellatubazione bisogna verificare lo stato del rivestimentoesterno e la presenza o meno in prossimità dellatubazione di linee ferroviarie.

Nel caso in cui la corrosione abbia invece avutoorigine dall’interno della tubazione l’esame visivo con-sente di determinare se la corrosione è di tipo genera-lizzato (la riduzione di spessore è uniforme su tutta la

Tab. 1Principali parametri chimico-fisici che influenzano lacorrosione

Parametridell’acquapH

Durezza

Alcalinità

Ossigenodisciolto

Anidridecarboniosa

Totaldissolvedspecies(TDS)

Velocità

Temperatura

Commenti

Effetto corrosivo

Scarso effetto per valori compresi tra 4 e 10eccetto nel caso di corrosione localizzatache può incrementare nel range 6-9. Glieffetti del pH sono funzione della velocitàdel fluido e del tempo

In presenza di sufficiente alcalinità il calcioinibisce la corrosione

Maggiore è l’alcalinità, minore è l’aggres-sività dell’acqua. La dissoluzione anodicadel ferro è accelerata dai bicarbonati (HCO3

-

)

La corrosione aumenta con l’aumento del-la concentrazione di ossigeno, ma ad alteconcentrazioni di ossigeno si ha la forma-zione di un film maggiormente protettivo

Aggressiva nei confronti del ferro

La presenza di cloruri e di solfati aumentala corrosività e favorisce la formazione didepositi poco protettivi. Aumenti della con-ducibilità aumentano i rischi di accoppia-mento galvanico o portano alla formazionedi un film meno protettivo di Fe(OH)2

Acque stagnanti possono causare pittinge corrosione localizzata; velocità >5 m/saumenta la corrosione

L’aggressività dell’acqua aumenta con l’au-mento della temperatura sino a 80°C; a tem-perature superiori l’aggressività diminui-sce

Occorre sottolineare come l’effetto di ogniparametro risulta influenzato dalle altre va-riabili

10 Corrosione dei materiali metallici

Biologia Ambientale no 6/1994

superficie interna) o localizzato e di verificare l’entitàdelle incrostazioni presenti sulla superficie interna e laloro morfologia.

Dopo un accurato esame visivo si può passare adanalizzare più in dettaglio lo spezzone: se sono pre-senti delle incrostazioni sulla superficie interna, unprimo rapido esame può consistere nello sciogliere unpezzetto di incrostazione in acido cloridrico concen-trato. La produzione del caratteristico odore di uovamarce sta ad indicare la presenza di solfuro di ferronell’incrostazione stessa, dovuto all’azione dei batterisolfatoriduttori.

Altri esami che possono essere eseguiti in labora-torio sono: osservazioni al microscopio ottico per

valutare lo spessore del residuo (in base allo spessoredel residuo ed all’anno di posa delle tubazioni si puòtentare una valutazione della velocità di corrosione eduna stima della vita residua della tubazione); esame airaggi X delle incrostazioni, per verificare i compostichimici che compongono le incrostazioni stesse (ossi-di di ferro, carbonati di ferro, solfuri di ferro, ecc.);esami al microscopio a scansione elettronica (SEM)con sonda EDS per verificare la distribuzione deglielementi all’interfaccia metallo-deposito (ad esempiosi può verificare se i carbonati di calcio sono deposi-tati all’interfaccia con il metallo formando un depositoprotettivo o se sono localizzati nella zona più esternadell’incrostazione).

Biofilm e biofouling 11

Biologia Ambientale no 6/1994

La corrosione mediata dai microrganismi è l’ef-fetto della distribuzione di un’acqua non biologica-mente stabile. Del resto tutte le acque di falda opotabilizzate contengono sempre un certo numero dicellule batteriche vitali e di sostanza organica biodi-sponibile. Inoltre nessuna struttura è sterile e nessunmateriale (metallico, cementizio, polimerico) è esentedall’attacco dei microrganismi. Per questo una ricre-scita microbica avviene sempre e comunque sullasuperficie interna delle condotte.

La moltiplicazione batterica dipende dalle caratte-ristiche chimico-fisiche delle acque: acque dure e conpH < 8 così come acque con elevata ossidabilità etorbidità fanno aumentare le cariche microbiche, men-tre la presenza di agenti chelanti che sottraggono inutrienti ne inibisce la replicazione.

Sostanze organiche e solidi sospesi inerti tendonoad aderire per forze elettrostatiche alla superficievergine delle condotte, che cominciano ad acquisirela “memoria” dell’acqua che l’attraversa.

È stato dimostrato come l’aggiunta di nutrienti inun’acqua potabile determini il rapido adsorbimento

dei germi sui solidi sospesi facilitando l’adesione diquesto coacervo alle superfici interne dei tubi, come èstato anche documentato al microscopio a scansione(HERSON et al., 1991). Gli incontri casuali tra micror-ganismi e tra questi e i solidi sospesi avvengonosecondo un meccanismo paragonabile a quello delmoto browniano.

La presenza di DOC (Dissolved Organic Carbon)o più precisamente di DOC biologicamente utilizzabi-le promuove lo sviluppo di pellicole biologiche suacciaio, alluminio, vetro, plastica, cemento.

Altri parametri chimici agiscono sulla capacitàreplicativa solo di alcuni batteri. Concentrazioni disolfati eccedenti i 600 mg/L promuovono la crescitadei microrganismi che sono in grado di ridurli (batterisolfatoriduttori) ed i cui prodotti metabolici aumenta-no la corrosione delle strutture.

Situazioni idrodinamiche e meccaniche particolaripossono favorire ed esaltare il fenomeno dell’adesio-ne batterica alle superfici. In condutture di piccolodiametro, riscontrabili soprattutto nei tratti terminalidella rete di distribuzione, la colonizzazione avviene inmaniera più rapida ed esuberante per due ragioni: ilristagno dell’acqua e l’ampiezza del lume disponibile(*) Istituto Superiore di Sanità - Roma

BIOCORROSIONE

Laura Volterra(*)

LA FORMAZIONEDI BIOFILM E BIOFOULING

12 Biofilm e biofouling

Biologia Ambientale no 6/1994

che incide sul rapporto superficie/volume della con-dotta.

Altro fattore di rilievo è la velocità di flusso del-l’acqua. Una velocità di 0,1-1 m/sec in tubi con lumedi 10-15 cm determina una turbolenza che favorisceun intenso contatto tra acqua e superficie del tuboprovocando un rapido scambio di nutrienti tra acqua eparete della tubazione (HERSON et al., 1991).

L’attacco batterico inizialmente è reversibile, mapoi diviene irreversibile; in un primo tempo il regimeturbolento del fluido ostacola la colonizzazione e fa-vorisce la mobilità dei batteri attaccati. I batteri,infatti, carichi negativamente come le superfici su cuiaderiscono, si servono di pili, fimbrie, flagelli. Il suc-cesso della “stanzialità” dipende oltre che dalla cineti-ca dell’acqua, anche dalle asperità delle superfici edal loro potere adsorbente o di bagnabilità. Successi-vamente i batteri rimangono adesi sulle superfici pereffetto della produzione di “slime”, una sorta di col-lante biologico presente nei secreti di molte formebiologiche, costituito prevalentemente da polisaccari-di e glicoproteine dette SPE (Sostanze PolimericheExtracellulari).

Una volta avvenuta questa deposizione, la superfi-cie “condizionata” diviene polo di attrazione ancheper i pochi microrganismi liberi presenti nell’acqua(batterioplancton).

Adesi alle superfici delle condotte, i microrganismisi trovano in una situazione di privilegio, con unaesposizione parziale del protoplasma batterico agliagenti meccanici e chimici.

Il biofilm microbico assume nel tempo le caratteri-stiche di un gel costituito da materiale amorfo, cheintrappola forme viventi anche diverse dai primi colo-nizzatori batterici (microfite, protozoi e metazoi).

Le pellicole biologiche tendono ad aumentare dispessore e a trasformarsi in “biofouling”, esfoliandosiperiodicamente all’accrescersi del rapporto peso/spes-sore, influenzato dalle variazioni dei ritmi duplicatividei germi conseguenti alle variazioni di temperaturache si registrano in rete. In tal caso la pellicolabatterica si trasforma essa stessa in batterioplancton.Questo evento può divenire responsabile di valorianomali eccezionalmente elevati di carica batterica,trovata sporadicamente in controlli effettuati sulleacque destinate al consumo umano.

Il biofilm raggiunge una condizione di equilibrio

quando la spinta al suo accrescimento viene mitigatada quella al consumo ad opera di predatori qualiprotozoi e metazoi. Ciò può succedere entro 4-6 mesidall’installazione di una tubatura.

In gel formati su acciaio o su PVC i tempi diraddoppio passano da 11 giorni a 47 giorni in presenzadi questi “grazers” eucarioti.

Affinché la superficie di una condotta o di unserbatoio possa quindi costituire un utile “reservoir”per i microrganismi occorre che si verifichino 3 con-dizioni:1. che microrganismi presenti assieme ai solidi so-

spesi, siano in grado di attaccarvisi;2. che una volta instaurato il contatto, siano suffi-

cientemente resistenti agli agenti disinfettanti;3. che si accumulino sulle superfici interne grazie

alle cariche elettriche, al grado di idrofilia deimateriali e al flusso d’acqua. In tal modo non sonopiù rinvenibili nell’acqua trasportata, ma vanno acostituire la pellicola biologica.Queste forme viventi, attraverso il loro metaboli-

smo, ossidano e riducono substrati, favorendo la for-mazione di cellette anodiche-catodiche che possonoassumere rilevanza particolare quando siano dispostesu un supporto conduttore, quale è, ad esempio, unasuperficie metallica. Il flusso di elettroni così genera-to promuove una serie di altre reazioni di ossido-riduzione che coinvolgono la materia inerte, produ-cendo un indebolimento della struttura a causa deifenomeni corrosivi.

Il DPR 236/88 fissa valori guida e concentrazionimassime ammissibili per il batterioplancton (i batteripresenti nell’acqua circolante). Non tiene però contodei fenomeni che avvengono sulle superfici, anche sei batteri biofilmanti passano di tanto in tanto, per iprocessi sopra accennati, ad accrescere il batterio-plancton promuovendo transitori superamenti dei li-miti fissati dalla normativa vigente. I processi di bio-corrosione, infine, possono indurre problemi visibili epercepibili dall’utenza (torbidità, colore, sapore, odo-re) e concorrere all’invecchiamento delle strutture ditrasporto.

BibliografiaHERSON D.S., MARSHALL D.R., BAKER R.H., VICTOREEN H.T.,1991. Association of microrganism with surfaces in distri-bution system.J. AWWA: 103-106.

I batteri nella corrosione 13

Biologia Ambientale no 6/1994

La biocorrosione è dovuta allo sviluppo di unapopolazione microbica molto eterogenea che com-prende forme chemiotrofe capaci di trarre energiaper il loro metabolismo dal cambiamento della stato diossidazione di elementi quali ferro, manganese e zol-fo, nonché più generici batteri eterotrofi inclusi nellacosiddetta “Carica Batterica Totale”.

I primi colonizzatori delle superfici interne dellecondotte idriche sono i batteri Gram negativi copio-trofi quali Pseudomonas, Flavobacterium, Achro-mobacter, ecc., in quanto necessitano di un substratoricco di nutrienti; solo successivamente subentranoanche i microrganismi oligotrofi (Caulobacter, Sa-prospira, ecc.) che riescono a sopravvivere in unasituazione nutritiva meno vantaggiosa. I batteri fila-mentosi rappresentano la maggior parte della popola-zione di un biofilm maturo, in quanto la peculiaremorfologia consente loro di adattarsi meglio all’habi-tat della condotta, estendendosi nel lume del tubo per

assorbire nutrienti ed ossigeno, ormai carenti sullasuperficie interna dello stesso.

In tabella 1 sono riportati i principali microrganismirinvenibili nelle pellicole biologiche che si instauranonelle condotte.

FERROBATTERII Ferrobatteri possono essere definiti come mi-

crorganismi in grado di catturare e di ossidare gli ioniferrosi presenti nell’acqua e di depositarli sotto formadi idrossido ferrico idratato.

I prodotti di ossidazione possono essere immagaz-zinati all’interno della cellula, rivestire la strutturacellulare o accumularsi sotto forma di depositi dicolorazione rossastra come matrici extracellulari.

Questi batteri accelerano la reazione che avvienenaturalmente fra l’ossigeno e gli ioni ferrosi presentinell’acqua catturando l’energia rilasciata dal proces-so di ossidazione ed utilizzandola per il proprio meta-bolismo; l’idrossido ferrico compare quale catabolitasulle loro secrezioni mucillaginose.

Anche il manganese, soprattutto se presente in(*) AGAC - Reggio Emilia(**) ASM - Mantova

BIOCORROSIONE

I BATTERI IMPLICATI NEIFENOMENI DI CORROSIONE

Nadia Fontani(*) e Manuela Pedroni(**)

14 I batteri nella corrosione

Biologia Ambientale no 6/1994

Tab. 1Principali batteri implicati nei fenomeni di corrosione

Batteri ferroprecipitantiPeduncolati (o dotati di glicocalice)- Gallionella sp.- Siderocapsa sp.

Prostecati- Hyphomicrobium sp.- Pedomicrobium sp.- Prosthecomicrobium sp.

Filamentosi guainati- Sphaerotilus sp.- Leptothrix sp.- Crenothrix sp.- Clonothrix sp.- Toxothrix sp.

Spirilliformi- Leptospirillum sp.

Batteri unicellulari non filamentosi- Siderocapsa sp.- Naumaniella sp.- Siderococcus sp.

Batteri ferroriducenti- Shewanella (Alteromonas) putrefaciens- Bacillus sp.- Clostridium sp.- Escherichia coli- Enterobacter aerogenes- Klebsiella oxytoca- Klebsiella pneumoniae- Pseudomonas aeruginosa- Pseudomonas cepacia- Pseudomonas fluorescens- Listeria sp.- Vibrio sp.

Batteri solfossidanti- Thiobacillus thiooxidans- Thiobacillus ferrooxidans- Thiobacillus thioparus- Thiospira sp.

Batteri solfossidanti denitrificanti- Thiobacillus thioparus- Thiobacillus neapolitanus- Thiobacillus tepidarius- Thiomicrospira denitrificans

Batteri solfatoriduttoriNon sporigeni- Desulfovibrio vulgaris- Desulfovibrio sp.

Sporigeni- Desulfatomaculum sp.

Batteri solfitoriduttori- Clostridium sp.- Clostridium acetochitylicum- Clostridium limosum

Solfobatteri filamentosi- Beggiatoa sp.- Thioploca sp.

Batteri manganeseprecipitanti- Pedomicrobium manganicum- Metallogenium sp.

Batteri eterotrofi- Acinetobacter sp.- Alcaligenes sp.- Bacillus sp.- Chromobacterium sp.- Corynebacterium sp.- Flavobacterium sp.- Kjurthia sp.- Methylobacterium sp.- Micrococcus sp.- Moraxella sp.- Mycobacterium sp.- Pseudomonas sp.- Staphylococcus sp.

Attinomiceti solfatoriducenti- Nocardia sp.- Actinomyces sp.- Streptomyces sp.

(Segue)

I batteri nella corrosione 15

Biologia Ambientale no 6/1994

GallionellaGram negativo e strettamente aerobio, Gallionel-

la è un batterio costituito da una cellula apicale ed uncoda filamentosa elicoidale, composta di fibrille av-volte da idrossido di ferro. La cellula è a forma direne con diametro di 0,5-0,7 µm e una lunghezza di0,8-1,8 µm.

Spesso i nastri osservati non mostrano cellule visibi-li quali singole entità che costituiscono il filamento.

Il filamento nastriforme convoglia i flussi dell’ac-qua con un meccanismo “spiral down” (a spiraleverso il basso) usando lo stesso principio d’azionedella coclea di Archimede. Questo meccanismo pro-muove la disponibilità di ossigeno disciolto e nutrientiin prossimità della cellula, conferendole un vantaggiorispetto alle cellule presenti nel biofilm dotate di altrestrutture morfologiche.

Il filamento si allunga con la crescita e l’accumulodi polimeri e di ferro ossidato, fino a quando le forze ditaglio, imposte dalla corrente dell’acqua, non ne pro-vocano la rottura.

Una volta tagliato, il filamento diventa una parti-cella sospesa inanimata nell’acqua.

Questo significa che frammenti di filamenti entra-no nella fase acquosa e possono essere facilmentericonosciuti ed identificati al microscopio. Una voltache il filamento è stato tagliato, la cellula può secer-nere un filamento sostitutivo e beneficiare del vantag-gio ecologico prodotto da questa particolare struttura.L’ossido e l’idrossido di Fe e/o Mn conferiscono unamaggiore resistenza strutturale al filamento.

La temperatura ottimale per la crescita è compre-sa tra 8 e 16 °C.

Strettamente autotrofa cresce a bassi livelli diossigeno (<0,1-0,2 mg/L) mentre viene inibita daconcentrazioni superiori a 2,75 mg/L. Ciò gli permettedi fissare la CO2 (tramite la via Ribulosio-bifosfatocarbossilasi) e conseguentemente di ossidare il ferro-ferroso.

Si sviluppa in condizioni di pH vicino alla neutralitàe a basse concentrazioni di carbonio organico disciol-to (DOC).

Habitat: largamente diffusa in acque contenentielevate concentrazioni di sali di ferro.

SiderocapsaLa reazione alla colorazione di Gram non è nota;

(Segue tab. 1)

Miceti ferroriducenti- Acremonium sp.- Penicillum sp.- Rhizopus sp.- Fusarium sp.- Aspergillus sp.- Mucor sp.- Alternaria sp.- Epicoccum sp.- Scopulariopsis brevicaulis- Cladosporium herbarum- Trichosporon sp.- Hormoconis resinae- Cephalosporium sp.- Rhinocladiella sp.- Verticillium sp.- Sporocjbe sp.- Trichoderma sp.- Exophila sp.- Paecilomyces sp.- Phialophora sp.

Lieviti ferroriducenti- Rhodotorula sp.- Sporobolomyces sp.- Candida sp.- Cryptococcus sp.

elevate concentrazioni e con un basso stato di ossida-zione, può essere ossidato da questi microrganismi.

I ferrobatteri filamentosi sono inoltre in grado diconcentrare ioni cloruro ed i loro depositi risultanoricchi di cloruri di ferro e manganese che agisconocome acido cloridrico diluito esplicando una azionecorrosiva sui metalli.

Batteri ferroprecipitanti peduncolati

Si tratta di microrganismi peduncolati o dotati diglicocalice che apparentemente metabolizzano i com-posti contenenti ferro e manganese.

Di questi, Gallionella preferisce habitat con bassicontenuti di sostanza organica, mentre Siderocapsaprevale in ambienti con più alto titolo di carbonioorganico, che spesso si trovano in microaerofilia.

16 I batteri nella corrosione

Biologia Ambientale no 6/1994

aerobio, microaerobio:Cellule di forma sferica od ovoidale attorniate

completamente o parzialmente da una comune cap-sula incrostata di ossido di ferro e manganese.

La morfologia delle cellule comunque è moltovariabile ed è spesso mascherata dall’incrostazione diferro e manganese che può essere rimossa pretrat-tando il campione con soluzioni diluite di ac. ossalico,ac. cloridrico o EDTA.

Le cellule funzionano infatti da nuclei di precipita-zione di questi ossidi.

Batteri autotrofi o facoltativi, vivono liberi o attac-cati alla superficie di supporti immersi nell’ambienteacquoso.

Habitat: questi batteri si rinvengono prevalente-mente in acque fredde.

Batteri ferroprecipitanti prostecati

Si tratta di organismi prevalentemente oligotrofi.Sono caratterizzati dalla presenza di strutture si-

mili alle ife (prosteche), all’estremità delle quali sisviluppa una cellula mobile flagellata che si separadall’organismo di partenza.

HyphomicrobiumGram negativo; aerobio.Cellule sferiche od ovoidali di 0,3-1,2 x 1,0-1,3 µm

con prosteca di diametro variabile tra 0,2 e 0,3 µm.Le ife non sono settate ma possono mostrare vere

ramificazioni. Sono rare invece le ramificazioni se-condarie. Sono organismi mesofili e crescono a pHottimale di 7,0.

PedomicrobiumGram negativo; aerobio.Cellule ovoidali o sferiche di 0,4-2,0 x 0,4-2,5 µm.Possono presentare 5 o più ife di diametro 0,15-

0,3 µm, di cui almeno una origina lateralmente, men-tre le altre sono ai poli della cellula madre.

I composti ossidati del ferro e del manganesevengono depositati sia sulla cellula madre che sulleife.

ProsthecomicrobiumGram negativo; aerobio.Batterio unicellulare di diametro 0,8-1,2 µm con

numerose prosteche che si dipartono da tutta la su-perficie cellulare.

Batteri ferroprecipitanti filamentosi guainati

I batteri filamentosi ferroprecipitanti sono dispostiin lunghe catene di singole cellule tenute insieme dauna guaina che spesso è incrostata da Fe(OH)3 eMnO2.

Questi batteri sono facilmente riconoscibili per laformazione di aggregati flocculanti che li portano adaderire alle superfici di ciò che è a contatto conl’acqua.

Habitat: di questi microrganismi, Sphaerotilusnatans è presente in acque più ricche di carbonioorganico rispetto a Leptothrix sp., che preferisceacque molto pulite, ma in cui siano disponibili ferro emanganese.

SphaerotilusGram negativo; aerobio. Neisser negativo.Ha cellule di larghezza 1,2-2,5 µm e di lunghezza

2-10 µm, generalmente disposte in catena singolaall’interno della guaina ed uniformemente distribuite.Le guaine possono essere attaccate alle superfici inmodo tenace.

Le dimensioni della guaina dipendono dalle condi-zioni nutrizionali; la guaina è formata da complessipeptido-lipidici e polisaccaridici.

Questo organismo può crescere a basse concen-trazioni di ossigeno disciolto (< 0,1 mg/L) e a tem-perature comprese tra 10 e 37 °C. La temperaturaottimale comunque è compresa tra 20 e 30 °C.

Il pH di crescita va da 6,5 a 7,5. Non viene maiutilizzata la fermentazione.

Come fonte di carbonio può usare alcool, parecchiacidi organici e zuccheri.

Le cellule durante gli spostamenti utilizzano i fla-gelli subpolari (ai margini delle zone polari).

I filamenti evidenziano delle false ramificazioni.

LeptothrixGram negativo; aerobio.Le cellule hanno dimensioni di 0,6-1,4 x 1-1,2 µm

disposte a catena all’interno della guaina formata dacomplessi di lipidi, peptidi, polisaccaridi e acido esa-polisaccaridico; il filamento non è mai ramificato.

I batteri nella corrosione 17

Biologia Ambientale no 6/1994

Le cellule libere sono mobili grazie a un flagellopolare.

Come fonte di carbonio utilizza zuccheri (inclusifruttosio e glucosio), acidi organici (compresi lattico,malico) e glicerolo.

Non ha metabolismo fermentativo. Si sviluppa abasse concentrazioni di DOC.

Il pH ottimale di crescita è compreso tra 6,5 e 7,5e la temperatura vicina ai 25 °C.

Habitat: rinvenuto in acque fredde e molto ricchedi ferro.

CrenothrixGram negativo; aerobio.Cellule cilindriche o a forma di disco con diametro

di 0,6-5 µm che si trovano all’interno di una guainanettamente visibile che dà origine a un filamentolungo anche 1 cm.

Spesso lo si trova fortemente attaccato al biofilm.I filamenti sono ramificati ma occasionalmente sipossono vedere false ramificazioni.

Le parti terminali dei filamenti contengono cellulesferiche (macrogonidi) che possono anche essereliberate. Le cellule libere non hanno flagelli.

Habitat: organismi largamente rinvenuti in acquecondottate contenenti ferro e materia organica.

ClonothrixLa reazione alla colorazione di Gram non è nota;

aerobio.Filamenti di lunghezza di 1,5 cm e di larghezza 3-7

µm, attaccati alla superficie o liberi in ambiente ac-quoso, rivestiti di una guaina che può essere incrosta-ta di ossido di ferro o di manganese di colore marronegiallastro. Filamento affusolato più largo alla base chepuò essere singolo o presentare false ramificazioni. Ilfilamento è formato da cellule cilindriche di 2-2,5 x12-18 µm.

Habitat: largamente distribuito in acque stagnantie correnti contenenti composti del ferro e del manga-nese.

ToxothrixLa reazione alla colorazione di Gram non è notaÈ formato da cellule a bastoncello di 0,5-0,75 x 3-

6 µm che costituiscono filamenti di oltre 400 µm dilunghezza.

Producono filamenti a forma di U che ruotanolentamente verso l’apice seguendo un moto circolare.

La sostanza mucoide viene secreta in parecchipunti e viene depositata in un doppio solco ognuno di0.2 µm. Il tricoma è all’interno di una guaina. Puòpresentare false ramificazioni.

L’ossido di ferro può essere depositato insieme aduna sostanza mucoide che fa assumere all’organismouna colorazione marrone giallastra.

I filamenti sono estremamente fragili: durante l’esa-me in laboratorio e dopo un certo periodo di visualiz-zazione microscopica se ne può osservare la disinte-grazione.

Cresce attaccato alla superficie di tubi o materialidi supporto in un ambiente con pH 5,1-7,7 e bassatensione di ossigeno.

Habitat: organismi rinvenuti in acque fredde con-tenenti ioni ferro.

Batteri ferroprecipitanti spirilliformi

LeptospirillumGram negativo; aerobio.Vibrioni o cellule spirilliformi motili per la presenza

di un solo flagello polare.Questi microrganismi utilizzano Fe2+ come fonte

di energia e, sintroficamente con i tiobacilli, possonoutilizzare i solfuri.

Ferrobatteri unicellulari non filamentosi

Si tratta di un gruppo di batteri con la caratteristicadi possedere una capsula extracellulare, composta dimateriale gelatinoso escreto, la cui composizione chi-mica non è ancora nota (HANERT, 1981).

Questi batteri, incapsulati in gelatina, hanno lacapacità di formare grandi masse di idrato ferrico cheimpregna le loro capsule.

Tali microrganismi sono stati studiati solo da unpunto di vista morfologico con l’esame al microscopioottico dei sedimenti ricavati da acquedotti.

Batteri ferroriducenti

Accanto a Sewanella putrefaciens appartengo-no a questo gruppo anche germi a metabolismo fer-mentativo includenti E. Coli, Clostridium pasteuria-

18 I batteri nella corrosione

Biologia Ambientale no 6/1994

num, Clostridium sporogenes, Lactobacillus lac-tis, Bacillus polymyxa, ecc.

S. putrefaciens utilizza Fe3+ ed Mn4+ in copresen-za con acidi organici, ossidando i secondi e riducendoi primi, mediante la seguente reazione:Acetato + 8 Fe3+ + 4 H2O → 2 HCO3

- + 8 Fe2+ + 9H+

Per questa caratteristica funzionale S. putrefa-ciens, ma anche altri batteri che rientrano in questogruppo come, ad esempio, Pseudomonas sp., sonodefinibili come batteri idrogenossidanti ferroriduttori(ed anche manganeseriduttori) secondo le reazionigeneriche:

H2 + 2 Fe3+ → 2 H+ + 2 Fe2+

oppure:H2 + Mn4+ → 2 H+ + Mn2+

BATTERI SOLFOSSIDANTI

Thiobacillus thiooxidans, T. thioparus, ThiospiraLa principale caratteristica di questo gruppo di

batteri è quella di ossidare zolfo inorganico ottenendoenergia per il loro metabolismo:

S0 + 6 Fe3+ + 4 H2O → HSO4- + 6 Fe2+ + 7 H+

Sono batteri Gram negativi strettamente aerobi,autotrofi e con la capacità di sviluppo nell’intervallo dipH tra 2,0 e 4,4 con valore ottimale di crescita ugualea 3; la temperatura ottimale di crescita è di 30-35 °C.

L’azione corrosiva è favorita dalla loro capacità diabbassare il pH e quindi di aumentare la velocità dellereazioni con il successivo aumento di sostanze adazione corrosiva (ac. solforico).

Al microscopio si riconoscono dai lunghi filamenti(> 100 mm) che tendono a disgregarsi durante gliultimi stadi di crescita, trasformandosi in piccoli fila-menti a cellule bastoncellari (0,5 per 1,0 mm) mobiliche appaiono disposte in coppie, in corte catene osingolarmente.

Il movimento avviene grazie a un singolo flagelloposto nella zona polare.

Habitat: Questo particolare gruppo di batteri siritrova comunemente nel suolo, nell’acqua e nei sedi-menti.

Thiobacillus ferroxidansGram negativo; aerobio ed anaerobio.Batterio filamentoso, acidofilo, solfossidante e fer-

rossidante, obbligatoriamente litotrofo che viene clas-sificato come Thiobacillus per la sua capacità dimetabolizzare lo zolfo piuttosto che per quella diricavare energia dall’ossidazione del ferro secondo lareazione:

4 Fe2+ + O2 + 4 H+ → 4 Fe3+ + 2 H2OT. ferroxidans è aerobio in una prima fase di

coltura e successivamente anaerobio.Habitat: acque acide contenenti ferro.

BATTERISOLFOSSIDANTI DENITRIFICANTI

A questo gruppo appartengono forme bastoncel-lari (ad eccezione di Thiomicrospira che è spiralifor-me) in grado di ossidare lo zolfo a spese dello ionenitrato che viene ridotto a nitrito.

Tutte le specie appartenenti al genere Thiobacil-lus sono aerobie ad eccezione di T. denitrificans cheè microaerofilo.

Habitat: ampiamente diffusi nel suolo, nelle acquee nei sedimenti.

BATTERI SOLFATORIDUTTORI

Si tratta di organismi con meccanismo respiratorioin grado di utilizzare solfati o composti contenentizolfo come accettori terminali di elettroni, riducendoliparzialmente ad H2S.

Molte specie ossidano composti organici, quali adesempio il lattato, trasformandolo in acetato che nonè più ulteriormente degradato, secondo la reazione:

2 CH3 CHOH COOH + SO42- →

→ H2S + 2 CH3 COOH + 2 HCO3-

DesulfovibrioGram negativo; anaeorobio obbligato.Vibrioni leggermente incurvati con lunghezza va-

riabile da 0,5-1,5 a 2,5-10 µm.Si presenta come cellula singola o come una corta

catena dalla forma di spirillo, estremamente mobilegrazie ad un singolo o ad un ciuffo di flagelli polari.

La temperatura ottimale di crescita è compresatra i 25 ed i 35 °C.

L’idrogeno è il suo più importante donatore dielettroni:

I batteri nella corrosione 19

Biologia Ambientale no 6/1994

4 H2 + SO42- → S2 + 4 H2O

Alcuni stipiti di Desulfovibrio desulfuricans sonoanche ferroriduttori trasformando Fe3+ in Fe2+

Habitat: lo si ritrova nelle acque, comprese quel-le marine, e nel suolo.

DesulfatomaculumGram negativo; anaerobio obbligato.Ha la forma di bastoncino diritto o curvo di dimen-

sioni 0,3-1,5 x 3-9 µm; è mobile grazie ai flagelliperitrichi della zona polare.

Produce spore ovali che formano lievi rigonfia-menti sulle cellule. Solfati, solfiti e zolfo sono gliaccettori di elettroni che vengono attaccati e ridotti aH2S.

La temperatura ottimale per il loro accrescimentova dai 35 ai 55 °C; alcuni ceppi crescono anche a 25-30 °C.

BATTERI SOLFITORIDUTTORI

Si tratta di batteri molto diffusi nell’ambiente cheriducono solfiti e solfuri. Contemporaneamente ridu-cono Fe3+ a Fe2+ e quindi possono rientrare anche nelgruppo funzionale dei batteri ferroriduttori.

Molti batteri solfitoriduttori appartengono a speciestrettamente anaerobie o aerotolleranti. La loro enu-merazione completa dovrebbe quindi essere condottain anaerobiosi.

Rientra in questo gruppo il genere Clostridium.

SOLFOBATTERI FILAMENTOSI

Si tratta di batteri ampiamente diffusi in ambientiin cui è disponibile una discreta concentrazione diH2S e le condizioni non siano strettamente anossiche.

I filamenti di questi batteri sono dotati di movimen-ti oscillanti.

BeggiatoaGram negativo; aerobio o microaerofilo. Neisser

negativo (può presentare granuli Neisser positivi).Cellule incolori di 1-50 µm x 2-10 µm.Le cellule possono presentarsi singole o in fila-

menti non inguainati.Le cellule possono inoltre presentare inclusioni di

globuli di zolfo, polifosfati o poli-b- idrossibutirrato

(PHB).Habitat: organismi spesso presenti in sedimenti

nell’interfaccia tra la zona anossica e quella ossige-nata.

ThioplocaI tricomi sono analoghi a quelli di Beggiatoa, ma

contenuti in una guaina viscosa all’interno della qualehanno capacità di movimento. Il numero di filamentinella guaina è variabile.

I filamenti più lunghi hanno un diametro uniformee possono terminare arrotondati od affusolati.

Sono spesso presenti inclusioni di zolfo.Habitat: acque fredde contenenti idrogeno solfo-

rato e carbonato di calcio.

BATTERI MANGANESEPRECIPITANTI

Batteri filamentosi bastoncellari o spiraliformi checoncorrono alla deposizione di manganese, il qualeattribuisce un colore brunastro alle acque.

MetallogeniumCellule coccoidi di 0,2-1,5 µm di diametro, spesso

rinvenute in clusters e fortemente incrostate di biossi-do di manganese.

La temperatura ottimale per la loro crescita è di28 °C mentre il pH è tra 6,8 e 7,2.

Habitat: ampiamente presenti nel plankton di ac-que di lago, sedimenti e nel suolo.

Pedomicrobium manganicumGram negativo; aerobio.Cellule sferiche ad ovali di 0,4-2,0 x 0,4-2,5 µm.

Presentano 5 o più ife con funzione riproduttiva di0,15-0,30 µm.

BATTERI ETEROTROFI

Nello studio della biocorrosione oltre ai batteri finqui descritti, si devono considerare altri microrga-nismi con caratteristiche molto diverse tra loro, maaccomunati dal fatto di essere rilevati frequentementein reti di acque potabili con problemi di corrosione.

I batteri eterotrofi possono depositare il ferro nellostesso modo dei caratteristici batteri ferro-ossidanti.

I batteri che producono polimeri extracellulari aci-

20 I batteri nella corrosione

Biologia Ambientale no 6/1994

di, in condizioni moderatamente acide o neutre, pos-sono assorbire in modo non specifico idrossidi di ferrocaricati positivamente.

Un importante ruolo nella corrosione biologica èsvolto dai batteri del genere Pseudomonas, cui ap-partengono specie note per essere tra le prime colo-nizzatrici del biofilm.

In particolare sono stati compiuti studi in laborato-rio sulla irregolarità del biofilm costituito da Pseudo-monas aeruginosa. Il risultato di questa osservazio-ne rivela che la superficie del biofilm è rugosa eindica il distacco di biomassa formata da particellemulticellulari.

Sono stati condotti, inoltre, ulteriori studi sulla par-ticolare resistenza di Pseudomonas aeruginosa alloiodio, dai quali si evince che la matrice del glicocaliceaccumulata rappresenta la barriera di protezione.

Pseudomonas, Alcaligenes e Moraxella sono ingrado di utilizzare complessi organici di ferro ammo-nio citrato e in molti casi di ferro malonato e/o galatto-sato.

In tutti i casi il ferro viene precipitato in forma diflocculati rossi.

È di notevole importanza ricordare che il ruolosvolto da Pseudomonas è quello di batterio ferroridu-cente; è in grado inoltre di metabolizzare l’azotonitrico utilizzato come inibitore dei fenomeni corrosivi,riducendolo a N2 gassoso.

Il genere Bacillus annovera batteri anaerobi edaerobi facoltativi largamente diffusi in natura e con lacapacità di produrre spore, grazie alle quali riescono asopravvivere per lunghi periodi in condizioni ambien-tali avverse.

Bacillus pumilus è capace di utilizzare il carboniopresente in complessi di ferro, lasciando quest’ultimofissato in capsule e creando problemi di precipitazionidi ferro.

Flavobacterium e Pseudomonas vescicularissono stati ritrovati in campioni di materiale flocculatoe da quelli prelevati dalla superficie delle condutture.

Arthrobacter è stato ritrovato nei tubercoli e nelsedimento dove si evidenziava anche la presenza dicoliformi.

I coliformi non sembrano uniformemente associatial biofilm anche se alcuni Autori hanno isolato

Klebsiella sp. ed Escherichia coli in campioni difanghiglia.

ATTINOMICETI

Nel batterioplancton di acque potabili si possonoriscontrare titoli di attinomiceti compresi tra 1 e 1000UFC/100 mL.

È molto probabile quindi che questi valori sianonotevolmente superiori sulle superfici interne dei tubi,nel biofilm e nei sedimenti che si formano in condotta.

Agli attinomiceti è attribuito il ruolo di degradatoridi materiali polimerici naturali e di sintesi usati per lafabbricazione di guarnizioni e giunti soprattutto a livel-lo degli impianti domestici.

La loro colonizzazione si associa spesso alla pro-duzione di odori sgradevoli legati a molecole qualigeosmina e metilisoborneolo percepibili dall’utenzaanche a basse concentrazioni.

Il genere Streptomyces è caratterizzato da mice-lio recante catene di 5-50 spore. Si differenza dalgenere Nocardia che ha tipiche ife frammentate edal genere Micromonospora con micelio dotato dispore singole.

Habitat: Sono stati isolati in raccordi ed altreparti idrauliche delle condotte, anche se realizzate ingomma.

MUFFE E LIEVITI

La popolazione dei lieviti che si moltiplicano in retecomprende varie specie di Candida (C. parapsilo-sis, C. stellatoidea, C. tropicalis, C. zeylandoidea,C. lustenae), Cryptococcus albidus, Rhodotorulaglutinis e Sporobolomyces sp.

Nell’ambito della carica batterica totale di un’ac-qua potabile i lieviti possono costituire l’1-2% contitoli che variano da 1 a 100 UFC/mL.

Tra i miceti ferroriducenti sono compresi i generiAcremonium, Penicillium, Rhizopus, Fusarium,Aspergillus, Mucor, Trichosporon e le specie Sco-pulariopsis brevicaulis, Cladosporium herbarum,Hormoconis resinae.

Altri funghi filamentosi ritrovati in acque potabiliappartengono ai generi Alternaria, Epicoccum, Ce-phalosporium, Verticillium, Trochoderma, Exophi-la, Paecilomyces e Phialophora.

Questa lista non deve considerarsi esaustiva. In-fatti ai funghi appartengono specie con ampia valenzabiodegradativa.

I batteri nella corrosione 21

Biologia Ambientale no 6/1994

I titoli registrati nel biofilm possono giungere a100-1.000 UFC/cm2.

Habitat: Isolati in acque superficiali e profonde,acque potabilizzate, sulla superficie di serbatoi e con-dotte. Sono spesso presenti nei tubercoli poiché sonoricchi di nutrienti e li proteggono dall’azione dei disin-fettanti.

L’accertamento della presenza di microrganismiadesi alle superfici interne delle condotte aiuta acomprendere la natura del fenomeno corrosivo in attoed il suo stato di avanzamento.

Le indagini microbiologiche possono essere effet-tuate su una o più matrici: sul biofilm, che rappresentalo stadio preliminare del processo corrosivo; sulleformazioni tubercolari, che ne rappresentano quellofinale; sulle fanghiglie e sedimenti raccolti durante leoperazioni di lavaggio della rete; sull’acqua circolantenella condotta stessa previa opportuna concentrazio-ne di grossi volumi di campione.

Mediante osservazione microscopica diretta delcampione e dopo opportune tecniche di colorazione, èpossibile identificare la maggior parte di batteri fila-mentosi, peraltro difficilmente isolabili su terreni col-turali.

Le analisi che si basano invece su sistemi diarricchimento su substrati specifici risultano idoneeper la ricerca dei batteri eterotrofi, i non filamentosi ingenere, le muffe ed i lieviti.

Bibliografia essenziale

AULICINO A. et al. - 1989. Corrosione batterica nellereti.In “Microbiologia delle acque potabili”, 6: 109-115.

BERGEY’s “Manual of sistematic bacteriology”, 1990,William e Wilkins, Baltimore.

CHANTEREAU J. - 1980. Corrosion Bactérienne: Bacté-ries de la corrosion. Técnique et Documentation.

22 Macroinvertebrati nel biofilm

Biologia Ambientale no 6/1994

La presente memoria nasce dalle esperienze ma-turate in questo settore attraverso l’osservazione daparte degli Autori di circa 500 campioni di acqua direte raccolti sul territorio italiano, ma tiene ancheconto delle indicazioni riportate in letteratura. Do-vrebbe consentire al biologo di riconoscere organismiquali briozoi, spugne, vermi segmentati e vermi tondifacenti parte del biofouling che può rivestire le strut-ture che vengono a contatto con l’acqua.

Nei moderni acquedotti gli impianti di trattamentodelle acque superficiali, di sorgente e di falda dovreb-bero costituire una barriera efficace nei confrontidella maggior parte degli organismi, ma le vasche dideposito poco protette e le frequenti manutenzione edampliamenti della rete favoriscono contatti tempora-nei con l’ambiente esterno rendendo possibile anchel’accesso di invertebrati.

Gli organismi qui riportati non sono associati, senon in rari casi e non direttamente, con malattieumane. Si evidenziano mediante osservazione micro-scopica di sedimenti raccolti durante lo spurgo di

tubature e la pulizia di serbatoi e di spezzoni di con-dotte.

La presenza di numerosi animali acquatici nellereti di distribuzione può essere spesso associata aduna generosa riserva di cibo, unitamente ad altrifattori favorevoli. Così, se un grande numero di inver-tebrati acquatici appare improvvisamente in una retedi distribuzione, l’operatore può sospettare che i pro-cessi di trattamento non abbiano abbattuto le sostan-ze organiche come dovrebbe avvenire a seguito an-che della sola clorazione, e quindi non siano statisufficienti a inibire la catena alimentare. Se lo stessofenomeno si manifesta in un serbatoio si può ritenereche esso non sia stato sufficientemente protetto dacontaminazioni esterne.

Ogni materiale che incrementa la fertilità (residuivegetali, sporcizia, altri contaminanti organici) attivala catena alimentare degli organismi, analogamente aquello che avviene in un’acqua superficiale.

L’acqua di sorgente prelevata a scopo potabile èdi solito sottoposta al solo processo di clorazione inquanto generalmente ritenuta priva od estremamentepovera di forme viventi, mentre le acque superficiali(*) Istituto Superiore di Sanità - Roma

BIOCORROSIONE

MACROINVERTEBRATICOLONIZZANTI IL BIOFILM

Serena Bernabei(*) e Laura Volterra(*)

Macroinvertebrati nel biofilm 23

Biologia Ambientale no 6/1994

vengono sottoposte almeno ad un processo di filtra-zione. Gli Autori hanno però potuto riscontrare in retiche captano acqua di sorgente l’abbondanza di ele-menti figurati probabilmente già presenti alla fonte.Questo dato è un’ulteriore conferma delle raccoman-dazioni dell’OMS di applicare la filtrazione anche alleacque di sorgente.

È stato comunque dimostrato che anche con lafiltrazione, almeno con filtri a sabbia lenti, occasional-mente possono essere trovati animali nell’acqua fil-trata.

Le più comuni forme che possono vivere negliacquiferi profondi sono poche specie di nematodi avita libera, protozoi, alcuni rotiferi e piccoli crostacei.

Il rinvenimento di questi organismi in un sistema didistribuzione è indizio di una trasformazione in attoall’interno delle tubature la cui origine deve essereaccertata. Le possibili fonti di contaminazione posso-no essere riassunte in cinque punti:1) la presenza di queste forme nell’acquifero o nella

facies crenobiotica che si installa alla sorgente oall’opera di presa;

2) la non completa efficienza dei trattamenti di pota-bilizzazione;

3) la penetrazione all’atto della posa in opera dei tubio durante riparazioni;

4) la possibile formazione di reservoir nei serbatoi;5) la gestione della rete acquedottistica soprattutto

per quanto riguarda la continuità della portata.

PROTOZOI

CiliatiLe forme che vivono nelle acque si nutrono di

batteri, flagellati, alghe, di altri ciliati, granuli di amidoe goccioline di grasso. Tra i ciliati più comunementeassociati alle reti acquedottistiche sono riportati: Vorti-cella sp., Aspidisca sp., Paramecium sp., Microtho-rax sp., Trachelophyllum sp., Hemiophrys sp., Chi-lodonella sp., Uronema sp., Euplotes sp., Bodosp., Cinetochilum sp. Le specie ritrovate possonoindirettamente indicare altre presenze in rete: ad esem-pio Chilodonella uncinata si può nutrire di microfi-te; Trachelophyllum pusillum e Hemiophrys biva-cuolata di protozoi flagellati; Vorticella convalla-ria, Aspidisca cicada, Aspidisca lynceum, Cineto-chilum margaritaceus, Paramecium sp., Microtho-

rax sulcatus sono selettivamente batteriovore.

AmebeSono organismi unicellulari caratterizzati da ap-

pendici mobili dette pseudopodi che consentono al-l’animale di avvolgere particelle di nutrimento, distrisciare e di muoversi. Le dimensioni variano dameno di 25 µm a più di 300 µm.

Nelle reti di distribuzione è riportata la presenzadei seguenti generi: Naegleria sp., Echinamoebasp., Vahlkampfia sp., tra le Acantamebe; Hartma-nella sp., Difflugia sp., Arcella sp. e Thecamoebasp. tra le Tecamebe. Nelle condotte americane cheprelevano acque superficiali sono frequenti le specieNaegleria gruberi, Hartmanella glebae, Hartma-nella agricola e Hartmanella rhysodes. Di questealcune possono avere un interesse sanitario comeNaegleria fowleri che può ingenerare la meningoen-cefalite amebica primaria ed Acanthamoeba, agentea volte di meningite amebica e infezioni polmonari.

METAZOI

PoriferiLe spugne non possiedono veri e propri organi, ma

sono costituite da aggregati di diversi tipi di cellulespecializzate. Sorrette da aghi scheletrici, le celluleformano una struttura cava molto ramificata divisa insettori che esibisce dei pori e comunica con l’esternocon larghi canali detti osculi.

Sono stati segnalati da PENNAK (1953) e MORGAN

(1930) occasionali intasamenti di tubi e condotte fo-derate da un rivestimento di poriferi spesso anche piùdi 2,5 cm. L’incrostazione ostacolava il flusso attra-verso il tubo, talvolta bloccandolo. Morgan riportaanche che la putrefazione delle spugne imprime al-l’acqua un sapore di marcio. In tubature di cemento èsegnalata la presenza della specie Trochospongillaleidy.

CelenteratiSono organismi in cui generalmente si ha alternan-

za di una generazione polipoide con riproduzione ases-suata e di una in forma di medusa con riproduzionesessuale. Quasi tutte le forme di acqua dolce hannoperso la fase di medusa ed assunto nella fase polipoi-de la riproduzione sessuale, che però interviene solo

24 Macroinvertebrati nel biofilm

Biologia Ambientale no 6/1994

in condizioni di stress ambientale.Le idre, piccoli polipi d’acqua dolce (da 10 mm a

2,5 cm) hanno il corpo costituito da un piede, con cuiaderiscono a sostegni fissi, un tronco, che delimita ilvano dello stomaco, un disco orale con la bocca ed itentacoli per la cattura delle prede disposti attorno aldisco orale.

Le idre si cibano prevalentemente di copepodi,cladoceri ed anellidi. Il loro colore varia dal verde albronzo, al rosso, al marrone.

Le idre sono state riportate tra gli organismi ingrado di svilupparsi sulle pareti dei letti di filtrazionedell’impianto di New York (MORGAN, 1930) confe-rendo un colorito rosa ai muri del letto. La loroabbondanza è correlata con una disponibilità dei cro-stacei di cui si nutrono. Anche nell’impianto di filtra-zione di Chicago (BAYLIS, 1957) è stata segnalata unainvasione di idre.

RotiferiI rotiferi sono piccoli organismi lunghi dai 40 µm

ai 3 mm, ciliati all’estremità anteriore per la presenzadi un apparato rotatorio che produce vortici d’acquaper la nutrizione ed il nuoto. Sono articolati in testa,tronco e piede. Vivono come predatori e parassiti intutti i tipi di acque, dai laghi più profondi alle pozzan-ghere.

Sono stati raccolti dalla superficie dei filtri ed inaltre strutture di impianti di potabilizzazione. I seguen-ti generi sono stati riportati da HOBBS (1950) in im-pianti inglesi: Diglena, Colurella, Anurea, Polyar-thra e Triarthra.

NematodiI nematodi costituiscono il gruppo di metazoi più

frequentemente ritrovabile negli acquedotti. Indivi-duati nelle acque potabili fin dal 1865, solo 50 anni piùtardi si cominciò a studiare il fenomeno (COBB, 1918).Segnalazioni riguardano l’Ungheria, gli USA, il Cana-da, l’India, Puertorico, il Sud Africa, la Germania,l’Italia e molti altri Paesi.

Le specie di nematodi esistenti sono stimate intor-no a 100.000. Molte sono parassite e quasi tutte siassomigliano per forma e struttura del corpo, sicchéuna loro classificazione è piuttosto complessa. Glianimali sono rivestiti da una spessa cuticola per lo piùliscia, talvolta ad anelli. Contrariamente agli anellidi

però non presentano segmentazione del corpo. Ilnematode Diplogaster nudicapitatus (0,6-1,2 mm)è stato riportato nelle condotte americane (CHANG,1959 e 1960) insieme ai generi Seinura, Monhyste-ra, Aphelenchus, Rhabditis, Cephalobus, Turba-trix e Dorilaimus (1-3 cm). In Inghilterra è statariportata (KELLY, 1955) la specie Trilobus gracilisnegli effluenti dei filtri a sabbia lenti ed i generiDorylaimus e Rhabdolaimus nei filtri e nelle tubatu-re. Le prime segnalazioni di nematodi in reti acque-dottistiche sono venute da Paesi che utilizzano acquedi superficie; la loro presenza è probabilmente legataal dilavamento dei terreni circostanti e quindi correla-ta ad alti valori di torbidità. In Italia, soprattutto alnord, si sono avuti problemi per la presenza di nema-todi della famiglia Rhabditidae e dalle specie Plectuscirratus e Paractinolaimus macrolaimus. Dalla no-stra esperienza maturata su campioni d’acqua di reteprovenienti da tutta Italia abbiamo potuto appurare lapresenza dei nematodi anche nelle acque di falda;questi organismi fanno probabilmente parte della fau-na originale dell’acquifero e non vengono abbattuticon il solo processo di clorazione a cui spesso questeacque sono sottoposte. E’ stato supposto che i nema-todi fungano da vettori di microrganismi patogeni dicui possono nutrirsi. Altri generi che possono ritro-varsi sono: Aphelenochoides sp., Cephalobus sp.,Ditylenchus sp., Eudorylaimus sp., Ironuss sp.,Monhystrella sp., Mononchus sp., Nothotylenchussp., Panagrolaimus sp., Pratylenchussp., Pristion-chus sp., Rhabditis sp., Tobrilus sp., Triphyla sp.(SMERDA et al., 1971).

E’ frequente il ritrovamento di più generi nellostesso campione: 8 in USA (CHANG et al., 1960); 28generi comprendenti 42 specie in Ungheria a Buda-pest (DOZSA-FARKAS, 1965); 30 generi nelle reti didistribuzione di Puertorico (ROMAN e RIVAS, 1971); 63generi in 3 città canadesi (MOTT e HARRISON, 1983); 6generi in Sud Africa (SMITH e VAN MIEGHEM, 1983).

In Italia sono stati segnalati a Cremona con unepisodio di infestazione da Mononchus (BONETTI eTAMPIERI, 1968), ma attualmente si sono dimostrati piùfrequenti di quanto si credesse con ritrovamenti inacquedotti del Veneto, del Friuli Venezia Giulia, delLazio, della Toscana, dell’Emilia Romagna e delleMarche (VOLTERRA, AULICINO, BERNABEI, MANCINI, co-municazione personale).

Macroinvertebrati nel biofilm 25

Biologia Ambientale no 6/1994

I titoli ritrovabili oscillano dalle unità per litro (TOM-BES et al., 1979), alle decine per litro (MOTT et al.,1981), con punte eccezionali di centinaia per litro(LUPI, 1987).

Per uccidere un nematode occorrono 20 mg dicloro per litro con un tempo di contatto di due ore e 30minuti, ma per inattivare le uova non bastano dosi 10volte maggiori mantenute per giorni.

GordiaceiI gordiacei o nematomorfi sono, allo stadio larvale,

parassiti vermiformi lunghi e sottili di insetti e crosta-cei ma, allo stadio adulto, conducono vita libera. Laloro lunghezza varia da 10 a 700 mm, con un diametrodi soli 0,3-2,5 mm. In un recente lavoro di ricercadegli elementi figurati nelle reti acquedottistiche ita-liane sono stati ritrovati esemplari di gordiacei inacquedotti alimentati con acqua di falda.

BriozoiI briozoi sono organismi sessili coloniali fissati ad

un substrato e forniti di una corona di tentacoli attornoalla bocca. ROGICK riporta (1959) che i generi Pluma-tella, Fredericella e Paludicella sono ben cono-sciuti per ostruire o ridurre il diametro delle condut-ture con i loro materiali di crescita.

Anellidi - OligochetiGli oligocheti sono estremamente difficili da clas-

sificare. Si articolano in segmenti; il corpo presentaun lobo encefalico e un piccolo lobo anale fra cui sonointerposti da 7 a 200 segmenti quasi uguali.

I filtri a sabbia rapidi, che raccolgono detriti organicinegli interstizi tra i granelli, possono rappresentare unluogo ideale per la riproduzione degli oligocheti. In casodi infestazione la bonifica del letto filtrante può essereeseguita con un controlavaggio con una soluzione fortedi soda caustica. Al contrario dei filtri a sabbia rapidiche li bloccano, quelli lenti ne permettono il passaggioin rete. In acque non filtrate e clorate della California èstato trovato il genere Nais sp. (2-8 mm) (BELL, 1955).Lo stesso genere è riportato dall’OMS ( WHO, 1992)in quanto frequentemente se ne ritrovano le setole incampioni di acqua da bere.

Crostacei - CladoceriIn generale i cladoceri sono lunghi 0,2-3,0 mm. Il

loro corpo non è chiaramente segmentato. Sotto ilmicroscopio gli animali appaiono traslucidi; una illumi-nazione appropriata rivela i loro organi interni ricoper-ti da un guscio bivalve. La parte posteriore del corpotermina spesso con una lunga spina. Una larga strut-tura scura sulla testa è un occhio composito, che è lacaratteristica principale di questi animali. Il secondopaio di appendici, o antenne, attaccate al capo sonomolto larghe e ramificate. Le antenne sono usatecome organo propulsore per il nuoto. I cladoceri sinutrono di materia organica particolata, batteri, proto-zoi, alghe, rotiferi e a volte di altri crostacei. Questipiccoli crostacei possono a volte essere osservati inriserve di acque potabili non filtrate. Negli anni ’50 inAmerica (HART, 1957) è stata riportata la loro pre-senza in reti di distribuzione. COX (1946) indica che icladoceri, frequenti nelle acque superficiali, possonoessere rimossi dalle riserve d’acqua con la filtrazione;KELLY (1955) riporta invece la presenza di Daphniasp. negli effluenti dei filtri a sabbia lenti. Alona sp. èstata inclusa tra i gruppi di animali acquatici rinvenibiliin rete ( GERARDI e GRIMM, 1982).

Crostacei - CopepodiCRABILL (1956) ha riferito la presenza nei filtri

dell’impianto di Indianapolis di copepodi adulti deigeneri Cyclops e Canthocampus. La lunghezza deiCyclops è di 0,3-3,2 mm. Le appendici pari sonoattaccate al capo e al torace. Spesso due corpi oblun-ghi ed ovali si osservano ai lati del corpo delle femmi-ne, sono gli ovisacchi pieni di uova. Da ogni uovoesce una larva chiamata nauplius. I copepodi sonocomponenti comuni del plancton. Si cibano di animalie piante unicellulari e detrito organico. Sono stateritrovate anche le specie Paracyclops fimbriatus eChydorus sphaericus (WHO, 1992). Le loro uova(HART, 1957) comunque passano attraverso i filtri earrivano nelle acque trattate, così che le forme adultepossono essere ritrovate ai rubinetti dei consumatori.In casi di infestazione sono stati osservati picchi concirca 20 uova/litro nelle acque trattate e negli effluentidei filtri. In Italia è stata segnalata la presenza in unarete del nord della specie Paracyclops fimbriatus.

Crostacei - IsopodiGli isopodi sono lunghi in media 0,5-1,5 cm e di

colore grigio o marrone. Il corpo è fortemente seg-

26 Macroinvertebrati nel biofilm

Biologia Ambientale no 6/1994

mentato, con sette paia di appendici: il primo paiocostituisce un apparato raschiatore. L’ultimo paio diappendici è molto più lungo del primo. Il gruppo piùcomune di Isopode acquatico e di interesse nelleacque potabili è il genere Asellus. HOBBS (1950)riporta Asellus con altri tipi di crostacei come Gam-marus ed Eucrangonyx nei filtri a sabbia lenti. Sonousualmente presenti in piccolo numero e provocanoproblemi ai consumatori solo perché sono visibili.

Crostacei - AnfipodiGli anfipodi presentano il corpo compresso lateral-

mente e l’addome flesso ventralmente. Nelle retiamericane è comunemente riportata la presenza dellaspecie Hyalella azteca, organismo bentonico e onni-voro. Sempre in America, sono stati condotti varistudi sulle possibili implicazioni sanitarie dovute allapresenza di questi organismi come accumulatori dipatogeni potenziali (LEVY, 1984-1986). La presenza diGammarus pulex in reti acquedottistiche è segnalatadall’OMS (WHO, 1992).

Acari - IdracariniGli idracarini sono un gruppo di organismi caratte-

rizzati dal corpo indiviso e da 4 paia di zampe negliadulti e ninfe e da 3 paia nelle larve. Le dimensionidegli acari acquatici varia da 0,5 a 5 mm. Tutti gliacari di acqua dolce sono predatori. Viene riportata lapresenza nelle reti della specie Tyrophagus putre-scentie (WHO, 1992). Si tratta, in genere di formeche fanno parte della faunula stigo e crenobionte.

Insetti - ChironomidiMolti tipi di chironomidi sono lunghi 20-25 mm. Il

corpo cilindrico porta ventralmente 2 paia di pseudo-podi (false zampe): un paio toracico e l’altro anale.L’ultimo segmento addominale porta generalmenteciuffetti di setole. BAHLMAN (1931) ha indicato lapresenza di chironomidi in un impianto di trattamentodelle acque di Cincinnati. In quell’occasione, da unrubinetto di acqua trattata dell’impianto sono statiraccolti in 24 ore dai 5 ai 20 esemplari. Le foglie e laricrescita algale, che sono associate alla formazionedel fango di fondo dei serbatoi, formano un habitatideale per le larve di chironomidi. HECHMER (1932)riporta la presenza di chironomidi in serbatoi di acquatrattata, in bacini di coagulazione e sulla superficie dei

filtri a sabbia nell’impianto di distribuzione di Washin-gton D.C. In Italia si hanno segnalazioni della presen-za in acquedotti del nord della specie Stylotanytar-sus inquilinus.

Insetti - CulicidiI culicidi sono caratterizzati dall’addome dilatato e

da segmentazione apparentemente assente e dal capolargo. Le larve sono detritivore. La loro presenzanelle reti è segnalata dall’OMS (WHO, 1992).

Molluschi - GasteropodiAppartengono a questo gruppo di animali le comu-

ni lumache e le chiocciole. Le conchiglie degli adultiche possono ritrovarsi sono lunghe da 9,5 a 15 mm,con una larghezza massima di 6-7 mm. La conchigliaè trasparente o opaca. In acquedotti americani èstata segnalata la presenza dei generi Physa, Gonio-basis, Helisoma, Lymnaea, Ancylus, Pleurocera eBythinia (MACKENTUM, KEUP, 1970). Nell’acquedottodi Singapore vi sono state difficoltà attribuite allapresenza della specie Melania tubercolata (INGRAM,BARTSCH, 1960).

Molluschi - BivalviI bivalvi sono molluschi con una conchiglia costitu-

ita da due valve laterali, tipicamente simmetriche. Sinutrono per filtrazione trattenendo le particelle sospe-se in acqua. Le dimensioni della conchiglia variano da1 a 50 mm di lunghezza. In Europa si sono avuti permolti anni, dal 1886 al 1952 ,problemi causati dalbivalve Dreissena polymorpha, che impediva il libe-ro passaggio dell’acqua restringendo il diametro delletubature (INGRAM, 1956; CLARKE, 1952; GREENSHIELD,RIDLEY, 1957; WHO, 1992). Questo mollusco si ciba dilimo di origine vegetale. Si pensa che i molluschigiungano nelle acque trattate che sono state sottoposteal processo di filtrazione passando dal fondo dei filtri.

Altri animali possono ritrovarsi nelle reti idriche,probabilmente per intrusioni accidentali. Dalla nostraesperienza di lavoro possono citarsi gli adulti alati diinsetti che depongono le uova in ambiente umido ealtri insetti quali le formiche che colonizzano braccimorti dell’acquedotto.

Macroinvertebrati nel biofilm 27

Biologia Ambientale no 6/1994

TECNICHE DI RILEVAMENTO

Il DPR 236/88 riporta tra i parametri del gruppoC4 il rilevamento di protozoi e metazoi. Né la direttivacomunitaria né il suo recepimento nel nostro Paese,però, fissano limiti ed indicano metodiche di rileva-mento. La sperimentazione effettuata nell’Istituto Su-periore di Sanità con la collaborazione di organi dicontrollo periferici e gestori di impianti ha evidenziatoche i risultati migliori per il rilevamento di elementifigurati sono raggiungibili con 3 tecniche: a) l’osser-vazione diretta; b) la filtrazione; c) la filtrazione tan-genziale.a) L’osservazione diretta è sufficiente quando le ac-que sono particolarmente ricche di organismi e quan-do risultano colorate (marroni, ruggine, verdi ecc.). Ingenerale sarebbe opportuno, prima di utilizzare glialtri due metodi consigliati effettuare una prima anali-si diretta in quanto la maggior parte di protozoi erotiferi possono essere classificati con esattezza soloin vivo.

Porre una goccia d’acqua sopra un vetrino, copri-re con coprioggetto ed osservare al microscopio a100 o più ingrandimenti.

Ripetere almeno dieci osservazioni del campionedopo opportuna sedimentazione o centrifugazione.b) Procedere alla raccolta di 50 litri di acqua in unatanica di plastica (in alcuni casi si è osservato chepossono essere sufficienti dai 10 ai 20 litri). La filtra-zione può essere eseguita in laboratorio entro pocheore dalla raccolta.

Le maglie utili per la filtrazione frazionata sono leseguenti:- rete da 500 µm (raccoglie il materiale più grosso-

lano, insetti, frammenti vegetali e minerali);- rete da 150 µm (trattiene idracarini, artropodi di

dimensioni minori, rotiferi e materiale inorganico);- rete da 25 µm (separa nematodi, rotiferi e mate-

riale inorganico).Il volume d’acqua risultante dalla filtrazione fra-

zionata deve poi essere sottoposto ad una filtrazionesu membrana di porosità variabile (1,2 - 1,0 - 0,8 -0,45 µm).

Il materiale così concentrato può essere osservatoa fresco al microscopio in piccole frazioni come in a)o all’invertoscopio utilizzando una capsula Petri qua-drettata. In caso l’osservazione non sia immediata,

fissare con acido acetico o propionico al 5-15% eformaldeide al 2-5%.

Questo metodo si è dimostrato particolarmenteefficace per il rinvenimento di nematodi e rotiferi.c) La procedura è come in b), ma si differenzia per iltipo di filtrazione utilizzata che in questo caso è tan-genziale. Questo metodo si è dimostrato particolar-mente utile per il rinvenimento di protozoi che, nonsubendo una pressione perpendicolare diretta, resta-no maggiormente integri e quindi più facilmente os-servabili ed identificabili.

Bibliografia

BAHLMAN C. - 1931. Larval contamination of a clearreservoir.11th Annual Rept., Ohio Conf. on Water Purificatio.State Dept. of Healt, Columbus, Ohio, p.56

BAYLIS J.R. - 1957. Microorganism that have causedtrouble in the Chicago water system.Pure Water, 9: 47

BELL R.J - 1955. Problems caused by the presence ofNais worms and other organism in the public watersupply of Norwich.J. Waterworks Officiers Assn., 4 (4): 119

BONETTI F., TAMPIERI A. 1968. Su un episodio dicontaminazione di un civico acquedotto da parte dinematodi del genere Mononchus (Bastian, 1965).Ann. SCLAVO, 10: 410-423.

CHANG S.L., et al. - 1959. Occurrence of a nematodeworm in a city water supply.Jour. AWWA, 5: 671

CHANG S.L., et al. - 1960. Survey of free-living nema-todes and amebas in municipal supplies.Jour. AWWA, 52: 613

CLARKE K.B. - 1952. The infestation of water works

28 Macroinvertebrati nel biofilm

Biologia Ambientale no 6/1994

by Dreissensia polymorpha, a fresh water mussel.J. Inst. Water Engrs., 6 (5): 370

COBB N.A. - 1918. Nematodes of the slow sand filterof American City.Contrib. SC. Nematol., 7: 189-212.

COX C.R. - 1946. Laboratory control of water purifi-cation.Case-Shepperd-Mann Publishing Corp., New York.

CRABILL M.P. - 1956. Biologic infestation at Indiana-polis.Jour. AWWA, 48 (3):269

DOZSA-FARKAS K. - 1965. Untersuchungen uber dieFauna des Budapester Leitungswasser, mit besonderBerucksichigung der Nematoden.Opusc. Zool. Budapest, 5: 173-181.

GERARDI M.H., GRIMM J.K. - 1982. Aquatic invaders.Water Engineering & Management, October: 22-23

GREESHIELD F., RIDLEY J.E. - 1957. Some researcheson the control of mussels in water pipes.J. Inst. Water Engrs., 11 (3):300

KELLY S.N. - 1955. Infestation of the Norwich, En-gland, Water system.Jour. AWWA, 42: 330

HART K.M. - 1957. Living organism in public watermains.Jour. Inst. Munic. Engrs., 83 (10): 324

HECHMER C.A. - 1932. Chironomus in water supply.Jour. AWWA, 24: 665

HOBBS A.T. - 1950. Manual of British water supplypractice.Inst. of Water Engrs., W. Heffer & Son Ltd., Cam-bridge, England.

HUQ A., et al. - 1983. Ecological relationships betwe-en Vibrio colerae and planktonic Crustacea Copepo-ds.Appl. Env. Microbiol., 45 (1): 275

INGRAM W.M. - 1956. Snail and Clam infestations ofdrinking water supplies.Jour. AWWA, 43: 258

INGRAM W.M., BARTSCH A.F. - 1960. Operators iden-tification guide to animals associated with potablewater supllies.Jour. AWWA, 47: 1521-1550

LEVY R.V., et al. - 1984. Novel method for studyingthe public health significance of macroinvertebratesoccurring in potable water.Appl. Env. Microbiol., 47 (5): 889

LEVY R.V., et al. - 1986. Occurrence and publichealth significance of invertebrates in drinking watersystems.Jour. AWWA, 73: 105

LUPI E. , 1987. Valutazione quantitativa dei nematodiin un impianto di potabilizzazione di acque superficialie loro significato da un punto di vista igienico-sanita-rio.Università degli Studi di Firenze. Tesi di Biologia: 132pp.

MACKENTUM K.M., KEUP C.E. - 1970. Biological pro-blems encountered.J. AWWA, August: 520-526

MORGAN A.H. - 1930. Fieldbook of ponds and stre-am.G.P. Putnam’s sons, New York.

MOTT J.B., HARRISON A.D. - 1983. Nematodes fromriver drift and surface drinking water supplies insouthern Ontario.Hydrobiologia, 102: 27-38.

MOTT J.B., MULAMOOTTIL G., HARRISON A.D. - 1982.A 13-month survey of nematodes at three watertreatment plants in southern Ontario, Canada.Water Res., 15: 729-738.

PENNAK R.W. - 1949. Annual limnological cycles insome Colorado reservoir lakes.Ecol. Monographs, 19: 233

Macroinvertebrati nel biofilm 29

Biologia Ambientale no 6/1994

PENNAK R.W. - 1953. Fresh-water invertebrates ofthe United States.Ronald Press, New York.

ROGICK M.D. - 1959. Bryozoa.In Ward & Whipple’s “Fresh-Water Biology”, JohnWiley & sons, New York (2nd ed.)

ROMAN J., RIVAS X. - 1971. Nematode contaminationin tap water.Nematropica, 1: 39.

SILVEY J.K.G. - 1960. Bloodworms in distributionsystem.Jour. AWWA, 48: 275

SMERDA S.M., JENSEN H.J., ANDERSON A.W. - 1971.Escape of Salmonella from chlorination during inge-stion by Pristionchus lheritieri (Nematoda Diploga-sterinae).

J. Nematol., 3: 201-204.

SMITH P.C., VAN MIEGEM A.P. - 1983. First report ofthe occurrence of nematodes in municipal water inSouth Africa.Phytophylactica, 15: 79.

STREBLE H., KRAUTER D. - 1984. Atlante dei micror-ganismi acquatici. La vita in una goccia d’acqua.Franco Muzzio Ed., Padova.

TOMBES A.S., ABERNATHY A.R., WELCH D.M., LEWIS

S.A. - 1979. The relationship between rainfall andnematode density in drinking water.Water Res., 13: 619-622.

WHO - 1992. Revision of the WHO guidelines fordrinking water quality.Medmenham, U.K., 27-29 January, 1992.

30 Particolato e microfite in rete

Biologia Ambientale no 6/1994

Sostanze colloidaliHanno consistenza ed apparenza mucosa. Posso-

no essere costituite da materia organica (lo stessoSPE dei batteri o gli escreti di alcune alghe) odinorganica (idrossido di ferro). Presentano caratteri-stiche intermedie tra quelle dei sali (solubili) e quelledelle sostanze insolubili.

Gli aggregati mucosi sono in genere ritenuti nellefrazioni più grossolane a seguito di filtrazione susetacci con pori da 500-150 µm; più raramente in filtricon pori di dimensioni inferiori.

Al microscopio la loro morfologia, semmai neabbiano una, è meglio rilevabile in contrasto di fase.

Sostanze colorateIl colore “apparente” dipende dalle caratteristiche

del materiale particolato mentre quello “reale” è ilcolore proprio dell’acqua dovuto alla luce assorbitada quanto è in soluzione. Le acque potabili sono perdefinizione “incolori”, tuttavia, concentrando grandivolumi (10-50 L di acqua) si possono mettere meglio(*) Istituto Superiore di Sanità - Roma

BIOCORROSIONE

Le acque condottate contengono sempre una mi-nima quantità di solidi sospesi non tutti di originebiotica che possono derivare dalla captazione (granulidi quarzo, di sabbia o di calcare) o essere introdottinelle tubature a seguito di opere di manutenzione oriparazione. A volte possono essere prodotti da batte-ri installati nella rete come, ad esempio, gli idrossidi diferro e di manganese prodotti dai ferrobatteri e lesostanze colloidali derivanti dalle SPE (Sostanze Poli-meriche Extracellulari). Possono essere presenti an-che residui di aggregati prodotti nel corso dei processidi potabilizzazione (chiariflocculazione).

Le acque, inoltre, se stivate in serbatoi non suffi-cientemente protetti, possono arricchirsi di sostanzeaerotrasportate che contengono composti inorganici,pollini e frammenti vegetali.

Qui di seguito si riportano alcune caratteristichedegli elementi includibili nel particellato.

Laura Mancini(*), Laura Volterra(*)

PARTICOLATO ABIOTICOE MICROFITE RINVENIBILINELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

Particolato e microfite in rete 31

Biologia Ambientale no 6/1994

in evidenza colorazioni legate ai solidi sospesi inorga-nici e biologici.

Le acque possono risultare colorate per causediverse quali:- presenza dei composti del ferro e del manganese

allo stato colloidale (in tal caso appaiono rosse obrune);

- decomposizione di sostanze organiche quali acidiumici e tannini (color terra);

- sviluppo di microrganismi che possono dare carat-teristiche colorazioni;

- microfite presenti in acque superficiali e non com-pletamente trattenute nella filiera di potabilizzazio-ne.

Il colore di un acqua potabile si può generareanche in rete. Nel caso di biocorrosione delle tubatu-re i microrganismi eseguono una ossidazione del Fe2+

a Fe3+, formando precipitati di ferro che impartisconocolore rossiccio all’acqua. Se i tubi sono realizzati inrame l’effetto corrosivo, darà luogo invece ad acquadi colore blu.

Granuli mineraliPossono essere di diverse dimensioni, colori e

natura. Nelle acque potabilizzate si può ritrovare unacomponente inorganica che proviene dal dilavamentodei suoli e dalla litologia del sito della captazione(sabbiosa, argillosa, ecc.), costituita da ossidi di ferroe di alluminio, idrossidi di quarzo, silicati amorfi, car-bonati, feldspati etc.

Il quarzo o ossido di silicio (SiO2) è un mineralemolto comune, talvolta incolore e trasparente, maalcune volte colorato in rosso, giallo, violetto o verdeper effetto di impurità. È un costituente di numerositipi di roccia (rocce eruttive acide, sabbie, arenarie,rocce metamorfiche) ed è la componente inorganicamaggiormente presente con diverse dimensioni e co-lori.

Il calcare è una roccia sedimentaria costituita dacarbonato di calcio (CaCO3) che può essere di diver-sa origine (chimica, organica o detritica).

Frazioni miste di suolo comprendono componentiinerti classificate secondo la Società Italiana dellaScienza del Suolo ( S.I.S.S.) in:

Sabbia grossa: mm 0,2 < o < 2 mmSabbia fine: mm 0,02 < o < 0,2 mm

Limo: mm 0,002 < o < 0,02 mmArgilla: 0 < 0,002 mmAccanto a questi solidi di derivazione esterna,

ferro, rame e zinco sono stati frequentemente segna-lati in reti acquedottistiche e derivano da fenomeni dicorrosione delle tubature.

I granuli minerali si rinvengono nelle frazioni diacqua filtrata su vagli grossolani (500-150 µm); soloraramente sabbie ed argille sono presenti su filtri aminore porosità. All’osservazione microscopica ap-paiono particolarmente rifrangenti e dotati di spigoli efacce caratteristiche del minerale.

TubercoliSono stati osservati frammenti di tubercoli prove-

nienti dai tubi corrosi a cui erano associati ferrobatte-ri. Si presentano come scaglie di colore rossastro dipiccole dimensioni trattenute dai setacci di 500-150µm.

Residui vegetaliIn quasi tutti i campioni di acqua concentrata

possono essere osservati frammenti vegetali e frazio-ni legnose. Sono facilmente identificabili perché sipresentano con un aspetto sfilacciato ed alcune volteal microscopio o all’invertoscopio a 100x si osserva laparete e la forma caratteristica della cellula vegetale.

Essendo di diverse dimensioni, sono rinvenibili intutti i vagli utilizzabili per la concentrazione di acqua.

PolliniL’impossibilità di isolare totalmente l’acqua dal

contatto con l’aria fa sì che spesso nei concentratisiano presenti pollini di diverse specie, soprattuttoanemofile.

Per la loro dimensione, sono trattenuti da filtri conpori da 500-150-25 µm.

MicrofiteLe microfite sono organismi tipici degli ambienti

idrici. Non solo derivano da acque superficiali, mapossono anche essere presenti, seppure in minorequantità, in acque di falda. Possono ricolonizzareun’acqua al punto di captazione, dentro i serbatoi, odovunque si possa stabilire un contatto con l’aria.

Molte di esse vengono trasportate nell’atmosferasotto forma di cisti e ormogoni.

32 Particolato e microfite in rete

Biologia Ambientale no 6/1994

La loro presenza è frequente nei vagli con magliedi diametro 500-150 µm, ma possono anche essereosservate a minori dimensioni, comunque mai al disotto di 1.2-0.45µm.

Le microfite rilevati in reti di distribuzione sonoriportate in tabella 1.

Una volta che le alghe entrano in rete o in serbatoipossono rimanere vitali e riprodursi: Scenedesmus,Euglena, Microcystis, Oscillatoria, Coelastrum,Chlorococcum si moltiplicano anche al buio purchésia disponibile sostanza organica. Le alghe, pertanto,non devono essere considerate esclusivamente auto-trofe. Molte di esse possono, in particolari condizioni,optare per cicli autotrofi od eterotrofi; alcune di essesono classificabili come eterotrofe obbligate, nel sen-so che necessitano, per crescere, di molecole organi-che che esse stesse non sono in grado di produrre.Solo poche alghe sono autotrofe obbligate.

Le alghe in rete possono resistere al cloro residuodi copertura (in genere 0,2 mg/L) e alcune di essesono particolarmente resistenti a questo biocida: è ilcaso di Closterium, Cosmarium, Gomphosphaeria,Chlorella, Elaktothrix.

Una volta in rete, al buio, debbono utilizzare siste-mi eterotrofici di sopravvivenza: si possono nutrire dibatteri (fagotrofia) o di escreti/secreti degli stessi, cosìcome quelli di chironomidi, nematodi e di altri organi-smi indesiderati. A loro volta, le alghe costituiscononutrimento per i predatori dell’ecosistema rete e secer-nono o rilasciano molecole utili alla vita microbica.

Nell’acqua potabile, le alghe possono influenzare icaratteri organolettici grazie alla produzione di geo-smina, metil-iso-borneolo e una congerie di idrocar-buri lineari e, a volte, aromatici.

Una volta in rete, le alghe si innestano nei processidi corrosione producendo ossigeno che depolarizza isistemi anodo/catodo prodotti dai batteri.

La produzione ed il rilascio di acidi (ac. carbonico,silicico, ossalico) aiuta il processo di disintegrazione dimolti materiali compreso il cemento.

Alcune alghe possiedono efficienti strategie diadesione a qualsiasi superficie e/o manufatto. Tra lecianoficee basti citare Oscillatoria, e Microcystis;tra le cloroficee: Chlorella, e Pediastrum, tra lediatomee: Cyclotella e Navicula; tra le flagellate:Euglena e Synura.

Tab. 1 - Alghe persistenti nei sistemi di distribuzione(da PALMER, C.M., 1962. Algae in water supply. Publ. n.657 U.S. Publ. Health. Serv., Washington D.C.)

Genere Alghe

Anabaena Blu-verdiAnacystis Blu-verdiAphanizomenon Blu-verdiAsterionella DiatomeeChlamydomonas VerdiChlorella VerdiChlorococcum VerdiClosterium DiatomeeCoelastrum VerdiCosmarium VerdiCyclotella DiatomeeCylindrospermopsis Blu-verdiDinobryon FlagellateElaktothrix VerdiEpithemia DiatomeeEuglena VerdiFragilaria DiatomeeGomphosphaeria Blu-verdiMicrocystis Blu-verdiOscillatoria Blu-verdiNavicula DiatomeeNodularia Blu-verdiNostoc Blu-verdiPediastrum VerdePhormidium Blu-verdiScenedesmus VerdiSpirogyra VerdiSynedra DiatomeeSynura VerdiTabellaria DiatomeeTribonema Diatomee

Biofilm e biofouling: prevenzione 33

Biologia Ambientale no 6/1994

Il sistema migliore per controllare i fenomeni bio-corrosivi nelle condotte idriche sta in un’efficace stra-tegia di prevenzione atta ad impedire l’insediamentodel biofilm. A tal fine occorre intervenire sui fenomenidi condizionamento delle superfici interne dei tubi, diadesione e replicazione degli eterotrofi sopravvissutialla potabilizzazione, di riduzione del carbonio organicoassimilabile (COA) e dei nutrienti nell’acqua potabile,di coibentazione delle tubature per evitare che si surri-scaldino in estate, di mantenimento dell’acqua in pres-sione e in circolazione costante.

L’eliminazione della sostanza organica nel corsodei trattamenti di potabilizzazione è una tappaimportantissima per impedire una rigogliosa ricrescitabatterica in rete. Si deve infatti sempre tenere pre-sente che l’acqua non è sterile e che le condizioniprimarie (proprie dell’acqua e dei materiali) o secon-darie (indotte in rete da rotture, stagnazioni, flussialterni, ecc.) stimolano lo sviluppo di germi copiotrofi

ed oligotrofi in funzione della quantità di COA dispo-nibile. Nel caso di acque superficiali eutrofe soggettea blooms algali occorre rimuovere quanto più possibi-le le microfite, fonte di materia organica sia durante ilciclo vitale che dopo la morte.

Ai fini della prevenzione della ricrescita e dellacostituzione del biofouling occorre obbligatoriamentemantenere alti i valori di cloro residuo combinatodell’acqua condottata. I biofilm più maturi sono tutta-via più resistenti al cloro di quelli più giovani: l’aumen-tata presenza di batteri e di SPE inattiva il cloro oltrea selezionare forme microbiche sempre più resistential biocida.

Dosi superiori a 4 mg/L di cloro residuo totale nonriescono ad inattivare il biofilm. Occorre salire alme-no a 6 mg/L di cloro residuo libero. In una rete conalta concentrazione di materia organica, come si veri-fica in tubature rivestite di biofilm, si ha la formazionedi cloro combinato e conseguente sviluppo di caratteriorganolettici sgradevoli dovuti alla formazione di tri-clorammine e diclorammine.(*) Istituto Superiore di Sanità - Roma

BIOCORROSIONE

METODI DI PREVENZIONEE CONTENIMENTO DIBIOFILM E BIOFOULING

Laura Volterra(*)

34 Biofilm e biofouling: prevenzione

Biologia Ambientale no 6/1994

Per alcuni Autori è importante avere titoli alti dicloro residuo libero fino ai terminali della rete per altriè meglio generare un cloro residuo combinato sottoforma di monoclorammina in quanto, pur essendomeno efficace, è più persistente ed agisce più inprofondità assicurando tempi lunghi di contatto conconcentrazioni di 2 mg/L di cloro residuo.

Una volta accertata la presenza di fenomeni dibiocorrosione, occorre risanare la condotta mediantemetodologie chimiche e/o fisico-meccaniche.

I prodotti chimici maggiormente utilizzati per l’eli-minazione del biofouling appartengono sostanzialmentea 3 gruppi: tensioattivi, acidi e disinfettanti.• I tensioattivi, in cui rientrano i fosfati a catenalunga, i fosfati di sodio, il tripolifosfato di sodio el’esametafosfato di sodio, agiscono come umettanti,sequestranti del ferro in soluzione e disperdenti dellesostanze polimeriche extracellulari prodotte da molti

microrganismi. Inoltre queste sostanze usate inconcentrazioni del 3% aumentano di 10-100 volte ilpotere biocida dei disinfettanti.• Nella categoria degli acidi rientrano l’acido clori-drico, l’acido sulfamico, l’acido idrossiacetico. Servo-no per solubilizzare i depositi di idrossido di ferro ecoadiuvano nell’opera di dispersione delle sostanzepolimeriche extracellulari incrementando l’effetto deidisinfettanti.L’acido cloridrico è esso stesso un biocida oltre afungere da chelante mantenendo il ferro in soluzione.Si applicano in dosi variabili tra 7,5 e 21% con periodidi contatto di 6-24 h.• Infine, tra i disinfettanti si includono tutti i compo-sti a base di cloro che esplicano effetto biocida. Siusano in titoli da 250 a 10.000 mg/L (in genere 1.000mg/L) mantenendo un contatto per 18-24 h (HAC-KETT, 1987).

Bibliografia

HACKETT G. 1987. A review of chemical treatmentstrategies for iron bacteria in wells.Water Works J.: 37-42.