B 21 · la cella campanaria e i piccoli obelischi ornamentali in pietra bianca, ... mento, che...

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CASA CAZUFFI 19 Insieme all’adiacente palazzotto, l’antica casa dei nobili Cazuffi affacciata su piazza del Duomo e confinante con la chiesa dell’Annunziata costituisce la più importante domus picta del- la Trento rinascimentale. Si tratta di un semplice edificio ori- ginariamente a due piani (poi sopraelevato), impostato su un portico ad archi ribassati. Nella facciata si aprono dodici mo- nofore, due delle quali, al secondo piano, presentano eleganti balconcini. Tre fasce marcapiano dipinte a motivi geometrici accompagnati da motti latini separano orizzontalmente altret- tanti registri pittorici con figure a monocromo su campo az- zurro. Le raffigurazioni mitologiche e allegoriche ripropongo- no alcuni temi dell’Emblematum Liber dell’umanista Andrea Alciati, testo pubblicato ad Augsburg nel 1531: si riconosco- no in particolare le allegorie della Fortuna, dell’Occasione, della Nemesi e, nel registro inferiore, l’episodio di Damocle alla mensa del tiranno Dionigi. Il ciclo risale al quarto decen- nio del Cinquecento ed è stato attribuito dubitativamente, su base stilistica, al pittore vicentino Marcello Fogolino. Dall’agosto del 1545 la dimora fu presa a pigione dall’arcive- scovo di Palermo e futuro cardinale Pietro Tagliavia d’Aragonia. CATTEDRALE DI SAN VIGILIO 20 E CAPPELLA DEL CROCIFISSO Insigne tempio romanico, la cattedrale è uno scrigno di arte sacra con testimonianze pittoriche e plastiche dall’età pa- leocristiana al XIX secolo. La facciata è caratterizzata da un grande rosone e da un portale romanico strombato. Sul fianco sinistro, che chiude a mezzogiorno la piazza del Duomo, si imposta un elegante protiro romanico con elementi gotici e rinascimentali, mentre nel transetto si apre il rosone con la ruota della Fortuna. Sul prospetto meridionale si imposta la Cappella del Crocifisso, elevata nel 1682 dal principe vescovo Francesco Alberti-Poja per ospitare il grande crocifisso ligneo davanti al quale furono proclamati i decreti conciliari: la figura di Cristo in croce è accompagnata dalle statue della Madonna e di San Giovanni Evangelista, anch’esse scolpite agli albori del Cinquecento dallo scultore Sistus Frei di Norimberga. Le grandi tele laterali sono di Karl Loth, gli affreschi della cupola di Giuseppe Alberti. All’ingresso della cappella, sui basamenti delle statue barocche della Maddalena e della Veronica, sono incise iscrizioni commemorative del Concilio e delle visite pon- tificie del 1782 (Pio VI) e del 1995 (Giovanni Paolo II). L’altare maggiore, ispirato al baldacchino berniniano di San Pietro a Roma, fu eretto tra il 1738 e il 1743 dall’architetto e scultore trentino Domenico Sartori. Il Concilio si aprì in cattedrale il 13 dicembre 1545 con una messa cantata dal cardinal legato Giovanni Maria Del Monte e con il successivo sermone pronunciato da Cornelio Musso, vescovo di Bitonto. Nel coro si tennero le sessioni della prima e della seconda fase del Concilio. Sempre in cattedrale si svolse- ro varie cerimonie ufficiali, come il conferimento della berretta cardinalizia a Ludovico Madruzzo, avvenuto il 20 aprile 1561 alla presenza dei cardinali legati. Il sinodo fu chiuso solenne- mente in duomo il 4 dicembre 1563 e il giorno seguente i 217 padri si avvicendarono sull’altare maggiore per apporre la loro firma sugli atti conciliari. Durante il Concilio nel duomo furono sepolti Johannes Colósvar, vescovo di Csanád e Galeazzo Ro- scio, vescovo di Assisi, oltre al capitano spagnolo Miguel Au- gusto Dansa, venuto a Trento al seguito del fratello Pedro Ago- stino, vescovo di Huesca e Jaca. Sulla controfacciata è murato il bel monumento funerario del botanico senese Pietro Andrea Mattioli, medico del Concilio, morto a Trento nel 1577. CHIESA DI SAN LORENZO 21 Gioiello di architettura romanica, l’attuale Tempio Civico sorse nel 1183 come chiesa benedettina, ma già nel 1234 passò ai domenicani. L’annesso convento, dopo cinque secoli di storia e cultura, fu soppresso nel 1778 per essere adibito a carcere e successivamente a lazzaretto e magazzino militare. Il com- plesso dell’antica badia, caduto in rovina, fu completamente demolito negli anni Trenta del Novecento. La chiesa, rimasta priva di ogni arredo, fu riaperta al culto nel 1955 ed è attual- mente officiata dai frati cappuccini: la facciata è caratterizzata da una grande trifora. Il campanile, con le quattro bifore del- la cella campanaria e i piccoli obelischi ornamentali in pietra bianca, è uno dei più caratteristici della città. Durante il Concilio il convento di San Lorenzo ospitò l’amba- sciatore imperiale Diego Hurtado de Mendoza e molti teologi dell’Ordine domenicano, tra cui lo spagnolo Pedro de Soto da Cordova, confessore di Carlo V, Girolamo Oleastro de Zamula, inviato del re di Portogallo, e Bartolomé dos Martires, arcive- scovo di Braga e futuro beato. Vi furono seppelliti Lodovico Vannino de Teodoli da Forlì, vescovo di Bertinoro e teologo, che morì a Trento l’11 gennaio 1563, e lo stesso Pedro de Soto, morto il 20 aprile successivo. MUSEO DIOCESANO TRIDENTINO A Aperto tutti i giorni esclusi i martedì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle14.30 alle 18.00 (invernale dalle 14.00 alle 17.30). Fondato nel 1903, il Museo fu riallestito in Palazzo Pretorio nel 1963, in occasione del IV centenario della chiusura del Concilio di Trento. Nel 1995 Giovanni Paolo II inaugurò l’attuale allesti- mento, che comprende manufatti lapidei, dipinti, sculture, arazzi, paramenti sacri e oreficerie dal XV al XIX secolo. Una sezione del percorso espositivo è dedicata alle testimonianze iconografiche dell’assise tridentina, tra cui due tele settecentesche raffiguranti l’apertura e la chiusura del Concilio nella cattedrale di San Vigilio e un dipinto del 1633 raffigurante una congregazione generale in Santa Maria Maggiore. CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO B Aperto tutti i giorni esclusi i lunedì non festivi, dalle 9.30 alle 17.00 (estivo dalle 10.00 alle 18.00). Sorto nella prima metà del XIII secolo come presidio imperia- le, dal 1255 il castello è sede dei principi vescovi di Trento, che lo trasformano nel corso dei secoli in una magnifica residenza. Dopo la caduta del principato (1803) viene ridotto a caserma. Restaurato e riaperto al pubblico nel 1924 come Museo Na- zionale, dal 1973 ospita le raccolte d’arte antica della Provincia Autonoma di Trento. Nel percorso di visita è esposto un grande quadro raffigurante una congregazione generale del Concilio in Santa Maria Maggiore. Al Buonconsiglio il cardinale Cristoforo Madruzzo offrì sontuosi banchetti e diede alloggio a numerosi padri conciliari. Fra gli altri si ricordano: i legati pontifici Marco Sittico d’Altemps e Ludovico Simonetta; Claudio Jaio, membro fondatore della Compagnia di Gesù; il fiorentino Giacomo Nacchianti, vescovo di Chioggia; e il famoso umanista e cartografo Olao Magno (Olav Manson), arci- vescovo di Uppsala, primate di Svezia in esilio. PALAZZO DELLE ALBERE C Aperto tutti i giorni esclusi i lunedì non festivi, dalle 10.00 alle 18.00. La villa suburbana fu costruita nella prima metà del Cinquecen- to dai Madruzzo e dopo l’estinzione della nobile famiglia (1658) passò alla mensa vescovile, fungendo da residenza estiva dei principi vescovi di Trento. Devastata da un incendio nel 1796, conobbe un periodo di decadenza durato fino ai recenti restau- ri. Un tempo vi si accedeva attraverso un lungo viale alberato a pioppi – donde il nome – aperto sul Borgo di Santa Croce dai cosiddetti Tre Portoni: la facciata principale era dunque quella ri- volta alla città, caratterizzata da una doppia serliana. L’imponente edificio a pianta rettangolare è dotato di quattro torri angolari ed è circondato da un fossato. La decorazione pittorica interna, di cui solo una parte è stata rimessa in luce, risale al sesto decennio del Cinquecento e si articola in vari cicli, tra cui quello dei Mesi. Dal 1987 il palazzo è una delle sedi del MART, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Alle Albere fu ospite dei Madruzzo il vescovo di Alba Marco Gi- rolamo Vida, che a Trento compose il dialogo “De Rei Publicae Dignitate”, rievocazione delle dotte discussioni umanistiche dei padri conciliari. VILLA MARGONE (Ravina di Trento) D Aperta il mercoledì e il sabato dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 16.30 (nel periodo estivo fino alle 18.00). Ingresso gratuito. Eretta verso la metà del XVI secolo dal notabile trentino Lorenzo Basso, la magnifica dimora suburbana si inserisce in un comples- so edificiale preesistente di cui rimane in luce un edificio merlato e una torricella. La facciata presenta un ampio portico sormon- tato da un’armoniosa loggia rinascimentale di ispirazione veneta. Sulle pareti degli ambienti interni si dipana una ricca decorazione pittorica realizzata poco oltre la metà del Cinquecento, attribuibi- le su base stilistica a un ignoto pittore veneto-fiammingo vicino ai modi di Gualtiero Padovano. Il salone terragno ospita un ciclo pit- torico dedicato ai Fasti di Carlo V, mentre negli ambienti contigui i temi prescelti sono Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento e i Mesi. Notevole anche la ricca quadreria. La villa offre il più interessante esempio di decorazione mo- numentale di età conciliare in area trentina. N S W E 1 2 3 4 5 5 5 5 6 7 8 9 10 11 13 12 14 15 16 16 17 18 20 21 A B C 19 PER RAVINA (Villa Margone) D TRE PORTONI

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CASA CAZUFFI 19Insieme all’adiacente palazzotto, l’antica casa dei nobili Cazuffi affacciata su piazza del Duomo e confinante con la chiesa dell’Annunziata costituisce la più importante domus picta del-la Trento rinascimentale. Si tratta di un semplice edificio ori-ginariamente a due piani (poi sopraelevato), impostato su un portico ad archi ribassati. Nella facciata si aprono dodici mo-nofore, due delle quali, al secondo piano, presentano eleganti balconcini. Tre fasce marcapiano dipinte a motivi geometrici accompagnati da motti latini separano orizzontalmente altret-tanti registri pittorici con figure a monocromo su campo az-zurro. Le raffigurazioni mitologiche e allegoriche ripropongo-no alcuni temi dell’Emblematum Liber dell’umanista Andrea Alciati, testo pubblicato ad Augsburg nel 1531: si riconosco-no in particolare le allegorie della Fortuna, dell’Occasione, della Nemesi e, nel registro inferiore, l’episodio di Damocle alla mensa del tiranno Dionigi. Il ciclo risale al quarto decen-nio del Cinquecento ed è stato attribuito dubitativamente, su base stilistica, al pittore vicentino Marcello Fogolino.

Dall’agosto del 1545 la dimora fu presa a pigione dall’arcive-scovo di Palermo e futuro cardinale Pietro Tagliavia d’Aragonia.

CATTEDRALE DI SAN VIGILIO 20E CAPPELLA DEL CROCIFISSOInsigne tempio romanico, la cattedrale è uno scrigno di arte sacra con testimonianze pittoriche e plastiche dall’età pa-leocristiana al XIX secolo. La facciata è caratterizzata da un grande rosone e da un portale romanico strombato. Sul fianco sinistro, che chiude a mezzogiorno la piazza del Duomo, si imposta un elegante protiro romanico con elementi gotici e rinascimentali, mentre nel transetto si apre il rosone con la ruota della Fortuna. Sul prospetto meridionale si imposta la Cappella del Crocifisso, elevata nel 1682 dal principe vescovo Francesco Alberti-Poja per ospitare il grande crocifisso ligneo davanti al quale furono proclamati i decreti conciliari: la figura di Cristo in croce è accompagnata dalle statue della Madonna e di San Giovanni Evangelista, anch’esse scolpite agli albori del Cinquecento dallo scultore Sistus Frei di Norimberga. Le grandi tele laterali sono di Karl Loth, gli affreschi della cupola di Giuseppe Alberti. All’ingresso della cappella, sui basamenti delle statue barocche della Maddalena e della Veronica, sono incise iscrizioni commemorative del Concilio e delle visite pon-tificie del 1782 (Pio VI) e del 1995 (Giovanni Paolo II). L’altare maggiore, ispirato al baldacchino berniniano di San Pietro a Roma, fu eretto tra il 1738 e il 1743 dall’architetto e scultore trentino Domenico Sartori.

Il Concilio si aprì in cattedrale il 13 dicembre 1545 con una messa cantata dal cardinal legato Giovanni Maria Del Monte e con il successivo sermone pronunciato da Cornelio Musso, vescovo di Bitonto. Nel coro si tennero le sessioni della prima e della seconda fase del Concilio. Sempre in cattedrale si svolse-ro varie cerimonie ufficiali, come il conferimento della berretta cardinalizia a Ludovico Madruzzo, avvenuto il 20 aprile 1561 alla presenza dei cardinali legati. Il sinodo fu chiuso solenne-mente in duomo il 4 dicembre 1563 e il giorno seguente i 217 padri si avvicendarono sull’altare maggiore per apporre la loro firma sugli atti conciliari. Durante il Concilio nel duomo furono sepolti Johannes Colósvar, vescovo di Csanád e Galeazzo Ro-scio, vescovo di Assisi, oltre al capitano spagnolo Miguel Au-gusto Dansa, venuto a Trento al seguito del fratello Pedro Ago-stino, vescovo di Huesca e Jaca. Sulla controfacciata è murato il bel monumento funerario del botanico senese Pietro Andrea Mattioli, medico del Concilio, morto a Trento nel 1577.

CHIESA DI SAN LORENZO 21Gioiello di architettura romanica, l’attuale Tempio Civico sorse nel 1183 come chiesa benedettina, ma già nel 1234 passò ai domenicani. L’annesso convento, dopo cinque secoli di storia e cultura, fu soppresso nel 1778 per essere adibito a carcere e successivamente a lazzaretto e magazzino militare. Il com-plesso dell’antica badia, caduto in rovina, fu completamente demolito negli anni Trenta del Novecento. La chiesa, rimasta priva di ogni arredo, fu riaperta al culto nel 1955 ed è attual-mente officiata dai frati cappuccini: la facciata è caratterizzata da una grande trifora. Il campanile, con le quattro bifore del-la cella campanaria e i piccoli obelischi ornamentali in pietra bianca, è uno dei più caratteristici della città.

Durante il Concilio il convento di San Lorenzo ospitò l’amba-sciatore imperiale Diego Hurtado de Mendoza e molti teologi dell’Ordine domenicano, tra cui lo spagnolo Pedro de Soto da Cordova, confessore di Carlo V, Girolamo Oleastro de Zamula, inviato del re di Portogallo, e Bartolomé dos Martires, arcive-scovo di Braga e futuro beato. Vi furono seppelliti Lodovico Vannino de Teodoli da Forlì, vescovo di Bertinoro e teologo, che morì a Trento l’11 gennaio 1563, e lo stesso Pedro de Soto, morto il 20 aprile successivo.

MUSEO DIOCESANO TRIDENTINO AAperto tutti i giorni esclusi i martedì,dalle 9.30 alle 12.30 e dalle14.30 alle 18.00(invernale dalle 14.00 alle 17.30). Fondato nel 1903, il Museo fu riallestito in Palazzo Pretorio nel 1963, in occasione del IV centenario della chiusura del Concilio di Trento. Nel 1995 Giovanni Paolo II inaugurò l’attuale allesti-mento, che comprende manufatti lapidei, dipinti, sculture, arazzi, paramenti sacri e oreficerie dal XV al XIX secolo.

Una sezione del percorso espositivo è dedicata alle testimonianze iconografiche dell’assise tridentina, tra cui due tele settecentesche raffiguranti l’apertura e la chiusura del Concilio nella cattedrale di San Vigilio e un dipinto del 1633 raffigurante una congregazione generale in Santa Maria Maggiore.

CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO BAperto tutti i giorni esclusi i lunedì non festivi,dalle 9.30 alle 17.00 (estivo dalle 10.00 alle 18.00).Sorto nella prima metà del XIII secolo come presidio imperia-le, dal 1255 il castello è sede dei principi vescovi di Trento, che lo trasformano nel corso dei secoli in una magnifica residenza. Dopo la caduta del principato (1803) viene ridotto a caserma. Restaurato e riaperto al pubblico nel 1924 come Museo Na-zionale, dal 1973 ospita le raccolte d’arte antica della Provincia Autonoma di Trento. Nel percorso di visita è esposto un grande quadro raffigurante una congregazione generale del Concilio in Santa Maria Maggiore.

Al Buonconsiglio il cardinale Cristoforo Madruzzo offrì sontuosi banchetti e diede alloggio a numerosi padri conciliari. Fra gli altri si ricordano: i legati pontifici Marco Sittico d’Altemps e Ludovico Simonetta; Claudio Jaio, membro fondatore della Compagnia di Gesù; il fiorentino Giacomo Nacchianti, vescovo di Chioggia; e il famoso umanista e cartografo Olao Magno (Olav Manson), arci-vescovo di Uppsala, primate di Svezia in esilio.

PALAZZO DELLE ALBERE CAperto tutti i giorni esclusi i lunedì non festivi, dalle 10.00 alle 18.00.La villa suburbana fu costruita nella prima metà del Cinquecen-to dai Madruzzo e dopo l’estinzione della nobile famiglia (1658) passò alla mensa vescovile, fungendo da residenza estiva dei principi vescovi di Trento. Devastata da un incendio nel 1796, conobbe un periodo di decadenza durato fino ai recenti restau-ri. Un tempo vi si accedeva attraverso un lungo viale alberato a pioppi – donde il nome – aperto sul Borgo di Santa Croce dai cosiddetti Tre Portoni: la facciata principale era dunque quella ri-volta alla città, caratterizzata da una doppia serliana. L’imponente edificio a pianta rettangolare è dotato di quattro torri angolari ed è circondato da un fossato. La decorazione pittorica interna, di cui solo una parte è stata rimessa in luce, risale al sesto decennio del Cinquecento e si articola in vari cicli, tra cui quello dei Mesi. Dal 1987 il palazzo è una delle sedi del MART, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

Alle Albere fu ospite dei Madruzzo il vescovo di Alba Marco Gi-rolamo Vida, che a Trento compose il dialogo “De Rei Publicae Dignitate”, rievocazione delle dotte discussioni umanistiche dei padri conciliari.

VILLA MARGONE (Ravina di Trento) DAperta il mercoledì e il sabato dalle 9.00 alle 12.30e dalle 14.30 alle 16.30 (nel periodo estivo fino alle 18.00).Ingresso gratuito.Eretta verso la metà del XVI secolo dal notabile trentino Lorenzo Basso, la magnifica dimora suburbana si inserisce in un comples-so edificiale preesistente di cui rimane in luce un edificio merlato e una torricella. La facciata presenta un ampio portico sormon-tato da un’armoniosa loggia rinascimentale di ispirazione veneta. Sulle pareti degli ambienti interni si dipana una ricca decorazione pittorica realizzata poco oltre la metà del Cinquecento, attribuibi-le su base stilistica a un ignoto pittore veneto-fiammingo vicino ai modi di Gualtiero Padovano. Il salone terragno ospita un ciclo pit-torico dedicato ai Fasti di Carlo V, mentre negli ambienti contigui i temi prescelti sono Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento e i Mesi. Notevole anche la ricca quadreria.

La villa offre il più interessante esempio di decorazione mo-numentale di età conciliare in area trentina.

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TRE PORTONI

Comune di TrentoAssessorato alla Cultura, Turismo, Biblioteche, Solidarietà Internazionale e Pari Opportunità

Ufficio CulturaVia delle Orfane, 1338100 TrentoTel. 0461 884286

Ufficio TurismoVia Belenzani, 1938100 TrentoTel. 0461 884169

[email protected]

Ufficio Relazioni con il pubblicoVia Belenzani, 338100 Trentonumero verde 800017615

Testi:Roberto Pancheri

Immagini:Gianni Zotta

Mappa:Comune di Trento, Servizio Urbanistica - Toponomastica

Progetto grafico e Stampa:Litografica Editrice Saturnia - Trento

Progetto a cura del Servizio Cultura e Turismo del Comunedi Trento, in collaborazione con il Museo Diocesano Tridentino

Si ringraziano: Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e ArtigianatoFondazione Cassa di Risparmio di Trento e RoveretoPoste Italiane

In copertina: particolare degli affreschi di Palazzo Roccabrunacon l’emblema del canonico Gerolamo Roccabruna CHIESA DELLA TRINITÀ 1

Eretta tra il 1519 e il 1522, all’epoca del Concilio la chiesa era affidata alle suore clarisse, che risiedevano nell’annesso convento (oggi Liceo-Ginnasio “Giovanni Prati”). Fu profon-damente rimaneggiata nel corso del Seicento, quando la fac-ciata – sul fastigio della quale si legge la data 1666 – assunse l’attuale assetto barocco. Nel 1803 la chiesa fu soppressa e spogliata degli altari e dei principali arredi sacri, mentre il convento fu adibito a caserma. Riaperta al culto nel 1861, fu riarredata con altari e tele provenienti da altre chiese della città. La facciata, inquadrata da due possenti lesene sorreg-genti un timpano spezzato, è caratterizzata da un’esuberante decorazione plastica a festoni, volute, drappeggi, teste d’an-gelo e obelischi. Una finestra a mezza ruota e due finestre oblunghe laterali fanno ideale corona alla nicchia centrale, ove è collocato il gruppo scultoreo della Trinità. Del precedente prospetto rinascimentale si conserva solo il portale e l’ingres-so al convento, sovrastato da due bifore. L’interno è ad aula unica, con volta a crociere suddivisa in tre campate e due cappelle laterali. Dietro l’altare maggiore si apre un vasto coro. Di particolare interesse artistico sono la pala maggiore sei-centesca, di Martino Teofilo Polacco, proveniente dalla chiesa di San Marco, e i due altari laterali, già nella cattedrale: nel-l’antipendio di quello di destra una decorazione a commesso mostra due visioni del Duomo con il secondo campanile, mai realizzato.

Dalla chiesa della Trinità prese avvio la processione inaugura-le del Concilio (13 dicembre 1545), alla quale presero parte quattro cardinali, venticinque tra vescovi e arcivescovi e cinque generali di ordini religiosi, oltre ad altri delegati e a tutto il clero trentino. Negli anni successivi la chiesa e il convento furono molto frequentati dai padri conciliari: nel 1547 vi celebrarono l’ultima messa prima di trasferirsi Bologna e da qui partirono molte processioni.

PALAZZO A PRATO 2L’attuale Palazzo delle Poste, opera insigne dell’architetto fio-rentino Angiolo Mazzoni (1929-1934), ingloba i resti della ri-nascimentale dimora dei baroni a Prato, parzialmente distrutta da un incendio nel 1845. In origine l’edificio aveva pianta cru-ciforme con cortile loggiato centrale. La facciata sull’attuale piazza Alessandro Vittoria, documentata da un rilievo otto-centesco, era organizzata su tre piani e tripartita da lesene corinzie. Nel prospetto centrale si aprivano quattro bifore a tutto sesto e al secondo piano sporgeva lateralmente un Erker. Al terzo piano si apriva un’ariosa loggia angolare. La facciata posteriore, di un piano più bassa, era caratterizzata da una quadrifora centrale. Della magnifica architettura cin-quecentesca rimangono in luce solamente il portale poste-riore, datato 1512, alcune arcate del portico colonnato del cortile e, sempre all’interno, una trifora a capitelli corinzi. Un moderno affresco visibile sotto la loggia prospiciente via San-ta Trinità rievoca le processioni conciliari. L’opera, datata 1933, è di Luigi Bonazza, pittore trentino formatosi nel clima della Secessione viennese.

Durante la prima fase del Concilio (1545-1547) nel palazzo furono ospitati i cardinali legati Giovanni Maria Del Monte (il futuro papa Giulio III), Marcello Cervini (il futuro papa Mar-cello II) e Reginald Pole, arcivescovo di Canterbury, oltre al-l’ambasciatore di Carlo V, Francisco Toledo. Nella seconda fase (1551-1552) vi abitarono i legati pontifici Marcello Crescenzi, Sebastiano Pighino, arcivescovo di Manfredonia, e Luigi Lip-pomano, vescovo di Verona. Nella terza fase (1562-1563) la dimora – che nel frattempo era passata in proprietà di Nicolò

Madruzzo – ospitò il cardinal legato Marco Sittico d’Altemps, nipote di Pio IV, l’arcivescovo di Reims Charles de Guise detto il cardinale di Lorena e parte del seguito del marchese di Pe-scara, Fernando Francisco d’Ávalos, governatore di Milano e ambasciatore di Spagna. Il salone del palazzo fu utilizzato per le congregazioni preparatorie. Dall’ingresso principale partiva il corteo dei legati diretti in duomo, tra due file di alabardieri.

TORRE ARCIDIACONALE O DEL MASSARELLO 3L’austera torre a pianta quadrangolare è una massiccia co-struzione medievale che si eleva per circa 20 metri tra l’at-tuale via Santa Trinità e il vicolo della Storta. Anticamente era la residenza degli arcidiaconi del capitolo della cattedrale (al tempo del Concilio la carica era ricoperta dal canonico Martin Neideck). L’impianto romanico fu successivamente modifica-to in età gotica e fino alla seconda metà del Settecento, epoca in cui furono aperte le quattro finestre prospicienti via Santa Trinità. Al primo piano è visibile una decorazione ad affresco di gusto tardogotico, organizzata in tre registri: in alto corre una fascia a motivi fitomorfi, al centro si dipana un motivo po-licromo a scacchiera, in basso un finto drappeggio. Nella sala del caminetto si conservano lacerti di affreschi rinascimentali, che attestano l’esecuzione di lavori di miglioria nel corso del Cinquecento.

La torre prende il suo nome attuale da Angelo Massarelli di San Severino, segretario e cronista del Concilio, che qui visse per tutta la durata dell’assise. Nel 1546 vi prese alloggio an-che il vescovo di Piacenza Catalano Trivulzio. Nelle case vicine alloggiarono Ludovico Beccadelli, arcivescovo di Ragusa, Gi-rolamo Gallerato, vescovo di Sutri e Muzio Calini, arcivescovo di Zara.

PALAZZO ROCCABRUNA 4Importante esempio di architettura manierista, il palazzo è il risultato di un’operazione di accorpamento e ridefinizione estetica e funzionale di varie unità edilizie site nel quartiere di Borgo Nuovo, avvenuta tra il 1557 e il 1562 per iniziativa del canonico Gerolamo II Roccabruna (1525-1599), arcidiacono del capitolo della cattedrale e stretto collaboratore del princi-pe vescovo Cristoforo Madruzzo. La facciata, asimmetrica, è scandita da tre ordini di finestre incorniciate in pietra bianca, bugnate nei primi due piani. Il portale aggettante reca in chia-ve di volta lo stemma Roccabruna e sorregge un balconcino chiuso da una balaustra. Al centro della facciata campeggia lo stemma cardinalizio di Cristoforo Madruzzo, a rimarcare il for-te legame del committente con il suo protettore. Nelle nicchie dell’androne si segnalano i busti cinquecenteschi di quattor-dici imperatori romani, da Giulio Cesare a Traiano, mentre in altri ambienti del pianterreno si conservano lacerti di affre-schi a grottesca. Salendo la scala si accede al salone d’onore del piano nobile, caratterizzato dalla presenza di un camino cinquecentesco recante il motto del canonico Roccabruna, “NEC SORTE MOVEBOR” (neppure la sorte mi smuoverà) e il suo emblema, un sole raggiante unito a un eliotropio fiorito. Questi elementi simbolici, insieme alle iniziali N, S, M, sono riproposti in pittura sulle pareti della sala, lungo le quali corre una fascia affrescata con gli stemmi delle nobili famiglie impa-rentate con i Roccabruna alternati a cariatidi. Notevole anche il soffitto ligneo a cassettoni ottagonali con fioroni a rilievo. Dal salone si accede alla cappella gentilizia, costruita a ponte sopra il vicolo Gaudenti e decorata con affreschi della secon-da metà del Cinquecento illustranti le storie di San Gerolamo. Altri ambienti del primo piano presentano soffitti con stucchi settecenteschi.

Dal primo gennaio 1563 l’intero palazzo fu preso in affitto da Claudio Fernandez de Quiñones conte di Luna, ambasciatore del re di Spagna Filippo II presso il Concilio. Giunto a Trento nel giorno di Pasqua, il conte di Luna fu uno dei protagonisti dell’ultima fase dell’assise e suscitò la cosiddetta “disputa per le precedenze”, non tollerando che altri delegati potessero pre-cederlo nelle cerimonie ufficiali. Morì a Trento il 28 dicembre dello stesso anno, pochi giorni dopo la chiusura del Concilio, e fu sepolto nel vecchio convento di San Bernardino.

BORGO SANTA CROCE 5 E TORRIONE MADRUZZIANOAl termine dell’attuale via Mazzini sorgeva, fino al 1844, Porta Santa Croce, l’ingresso alla città per chi proveniva da sud. Al di là di essa si trovava la piazza di Fiera e il borgo medievale di Santa Croce, che prende il nome dalla chiesa annessa al-l’Ospizio dei Crociferi, oggi aula magna dell’Istituto Trentino di Cultura. Sul lato occidentale di piazza Fiera si erge il Torrione, massiccio edificio a pianta circolare posto a baluardo della porta e delle mura duecentesche, documentato per la prima volta nel 1562, ammodernato nel 1595 dal principe vescovo Ludovico Madruzzo e nuovamente rimaneggiato nel 1835. Su via Santa Croce si affaccia l’antica chiesa di Santa Chiara (già di San Michele), ad aula unica, profondamente trasformata tra Sei e Settecento: in età conciliare (1548) essa si arricchì di due pale d’altare del pittore bergamasco Giambattista Moro-ni, oggi sostituite da riproduzioni (l’Annunciazione si conserva oggi al Castello del Buonconsiglio, la Santa Chiara al Museo Diocesano). Sul lato opposto della via si apre l’arco detto dei Tre Portoni, accesso monumentale al viale alberato che con-duceva alla residenza suburbana dei Madruzzo.

Durante il Concilio questa zona della città fu teatro di varie cerimonie, tra cui i tre solenni ingressi dei legati pontifici, av-venuti rispettivamente il 13 marzo 1545, il 29 aprile 1551 e il 16 aprile 1561, e il ricevimento del cardinale di Lorena, giunto dalla Francia con largo seguito il 13 novembre 1561. In tali occasioni il Magistrato Consolare faceva erigere archi e altri apparati effimeri.

PALAZZO CALEPINI 6L’edificio prende il nome dalla nobile famiglia originaria di Fia-vé insediatasi a Trento nel corso del XV secolo. Fu in seguito dimora dei baroni Völs-Colonna e degli Alberti d’Enno. Nel 1812 passò ai baroni Salvotti, che lo rimaneggiarono. Tra il 1824 e il 1846 fu adibito a residenza vescovile e sede della Curia. Nel 1924 vi stabilì i propri uffici l’Istituto di Credito Fon-diario per il Trentino-Alto Adige, che ne curò il restauro, affi-dato all’architetto Ettore Sottsass senior. La fronte su via Cale-pina conserva l’assetto tardo-rinascimentale, cui corrisponde il rifacimento “in stile” della facciata su via Garibaldi. Notevoli le finestre bugnate a punta di diamante e il portale a due corsi di bugne, con stemma barocco. Un secondo portale tardo-cinquecentesco è oggi murato nel cortile. Risale alla metà del Settecento la decorazione del salone al primo piano, che ospita un camino barocco sormontato dallo stemma Alberti e un ciclo di dodici tele di soggetto mitologico già attribuite al pittore veneziano Francesco Fontebasso e alla sua bottega, ma che le fonti assegnano al pittore trentino Antonio de Ro-medis. Alla stessa epoca risalgono anche i pregevoli stucchi rococò che decorano gli ambienti contigui. L’originale soffitto cinquecentesco del salone, costituito da pregevoli dipinti su tavola di soggetto mitologico, fu smontato nell’Ottocento e andò distrutto durante un bombardamento aereo del 1944.

Durante il Concilio, fu ospite di Bonaventura Calepini il man-tovano Luciano degli Ottoni, abate di Pomposa. Nel dicembre del 1845 il palazzo, divenuto sede provvisoria della Curia, fu al centro dei festeggiamenti per il terzo centenario dell’aper-tura del Concilio Tridentino, indetti dal vescovo Giovanni Ne-pomuceno de Tschiderer, che ospitò il vescovo di Bressanone Bernardo Gallura e il cardinale Friedrich von Schwarzenberg, arcivescovo di Salisburgo, giunto a Trento l’11 dicembre in rap-presentanza del papa. Davanti al palazzo ebbero luogo con-certi bandistici e luminarie. Nel giugno del 1863, in occasione del terzo centenario della chiusura del Concilio, vi soggiornò il cardinale Karl August von Reisach, arcivescovo di Monaco e rappresentante di Pio IX alle nuove celebrazioni.

PALAZZO GHELFI 7

Il palazzo s’impone con la sua mole su piazza Pasi, l’antica piazza delle Opere. La semplice facciata presenta tre ordini di monofore a tutto sesto e un balconcino sotto il quale è collocato lo stemma in pietra dei Ghelfi o Gelpi, nobile famiglia valtellinese integratasi nel corso del Quattrocento nel patri-ziato urbano di Trento ed estintasi alla fine del Seicento. Del vasto ciclo di affreschi rinascimentali che adornava la faccia-ta rimangono pochi lacerti – tra cui si riconosce lo stemma principesco di Bernardo Clesio, che consente di collocare l’impresa decorativa tra il 1515 e il 1539 – e una descrizione settecentesca, che ci parla di immagini delle Stagioni, di per-sonaggi biblici (Adamo, Eva, Susanna) e della storia antica (Viriginia, eroi a cavallo). Il portale dà accesso a un ampio cortile interno caratterizzato da eleganti ballatoi con ringhiere in ferro battuto. Gli architravi dei portalini di accesso a ciascun piano, di forme cinquecentesche, recano incisi motti latini mo-raleggianti e ripetono l’arma dei Ghelfi. La facciata sud, visibile da via Dordi, presenta un doppio ordine di trifore con profili a bugnato e un grande portale di tipologia tardo-manierista.

Nel 1552 il palazzo ospitò il delegato spagnolo Gutierre de Vargas Carvajal, vescovo di Plasencia.

PALAZZO CAZUFFI 8

Sito nella contrada di San Benedetto, l’edificio è stato pesan-temente rimaneggiato ma conserva la facciata rinascimentale, ispirata ai principi del decoro e della simmetria e inquadrata da lesene angolari in pietra suddivise in tre ordini sovrapposti. Il prospetto, caratterizzato da otto monofore, è scandito oriz-zontalmente da due grandi fasce marcapiano e dal cornicione ligneo a cassettoni del sottogronda. I quattro portali sono in-serti ottocenteschi in stile neorinascimentale. Della ricca de-corazione pittorica, che interessava l’intera facciata, rimango-no visibili solo le scene bibliche superiori (Storie di Rebecca) e la fascia marcapiano con allegorie di fiumi intervallate da clipei all’antica. I riquadri centrali, definiti da festoni di fiori e frutta, sono ridotti a pallide ombre. Le fonti settecentesche as-segnano il ciclo al pittore bresciano Lattanzio Gambara, gene-ro del più noto Romanino: l’attribuzione rimane controversa, ma è corretta la collocazione culturale nell’alveo della pittura manierista di area padana.

Il 2 maggio 1545 nel palazzo prese alloggio il vescovo di Pia-cenza Catalano Trivulzio, dell’Ordine degli Umiliati, che era ospite di Bartolomeo Cazuffi. In seguito il prelato si trasferì in casa dell’arcidiacono. Nel 1551 nel palazzo dimorava l’amba-sciatore Francisco Vargas, fiscale di Spagna al Concilio, col suo segretario.

CASA MIRANA 9Il palazzo è una delle più antiche costruzioni del Sass, cuore pulsante della città medievale: sul lato settentrionale sono an-cora visibili tracce di una decorazione tardogotica, anche se i principali elementi architettonici (portali, monofore e bifore) sono di schietto gusto rinascimentale. Nella prima metà del Cinquecento, infatti, l’edificio fu radicalmente trasformato ad opera della nobile famiglia Mirana, il cui stemma compare sul-la chiave di volta dell’arcone d’ingresso. Al piano nobile si se-gnalano due ambienti contigui, decorati ad affresco intorno al 1535-1540 dal pittore vicentino Marcello Fogolino e dalla sua bottega. Il soffitto ligneo del salone principale reca tavolette dipinte a girali e grifi, intervallate dagli stemmi delle famiglie Mirana, a Prato e Castelletti Busio. Di particolare interesse le nature morte raffigurate a trompe-l’oeil nella fascia mediana delle pareti, con rappresentazioni molto realistiche di frutta, fiori e selvaggina, mentre nella fascia superiore si alternano eroine bibliche ed exempla virtutis. Nella saletta adiacente le pareti ospitano un ciclo pittorico coevo a carattere narrativo, con episodi tratti dall’epos cavalleresco e scene di torneo.

Durante il Concilio la casa di Girolamo Mirana servì da abita-zione al vescovo di Venosa, Alvaroz de la Quadra.

PALAZZO MIGAZZI CIANI 10Il vasto edificio, appartenuto alla nobile famiglia Migazzi di Cogolo in Val di Pejo, presenta un prospetto a tre piani con finestre sormontate da timpani spezzati di tipologia barocca. Al centro si apre un portale a bugnato rustico con maschero-ne in chiave, mentre ben più sontuosi appaiono i due portali laterali, pure caratterizzati da mascheroni, ciascuno dei quali è costituito da pilastri sormontati da capitelli corinzi e architravi ad arco modanati.

Dal 28 agosto 1561 fino alla chiusura del Concilio vi soggiornò il cardinale polacco Stanislao Osio (Stanisław Hozjusz), vesco-vo di Warmia/Ermland e legato pontificio, già nunzio apostolico in Ungheria. Dal maggio al giugno del 1562 fu ospite dell’Osio

il teologo gesuita Pietro Canisio, futuro santo. Il 14 ottobre dello stesso anno prese stanza nello stesso palazzo Nikolaus Herburth, vescovo di Przemysl, ambasciatore del re di Polonia. In dicembre giunse infine il cardinale Otto Truchsess, vescovo di Augsburg e intimo amico di Cristoforo Madruzzo.

CHIESA E CONVENTO DI SAN MARCO 11Il complesso agostiniano di San Marco, di fondazione due-centesca, è composto dalla chiesa e dal soppresso monaste-ro, di cui si conserva l’ampio chiostro. Alla chiesa, ridisegnata nelle forme attuali nel 1665 da Martino Fuiten e spogliata dei principali arredi in età napoleonica, si accede attraverso un portico seicentesco rivestito di lastre tombali. Nell’abside un moderno affresco di Antonio Fasal (1937) raffigura, tra gli altri personaggi, il cardinale Gerolamo Seripando, vescovo di Sa-lerno, alla cui liberalità si deve l’ampliamento del chiostro.

Nel convento di San Marco dimorarono durante il Concilio i principali esponenti dell’Ordine Agostiniano, tra cui i vescovi di Coimbra, di Segorbe e di Teramo e il cardinal legato Seripan-do, che vi morì il 17 marzo 1563. Nella chiesa furono sepolti anche Giovanni Antonio Pantusa da Cosenza, vescovo di Let-tere, e l’ungherese Nicolò Zolyiomi, giovane segretario del ve-scovo di Pécs Georg Draskovic. Presso la chiesa soggiornava l’arcivescovo di Genova Agostino Salvagno e qui, il 13 marzo 1563, prese avvio il processo contro il genovese Agostino Cen-turione, accusato di eresia.

PALAZZO TRAUTMANNSDORF 12La monumentale dimora, che si estende da via del Suffragio a piazza della Mostra affacciandosi su piazza Raffaello Sanzio, assunse le forme attuali nel corso del Seicento, quando i tre prospetti si arricchirono di portali balconati, finestre a bugne rustiche, oculi e fantasiosi mascheroni, mentre gli spazi inter-ni furono riorganizzati intorno a un cortile mediante androni voltati. L’intervento, che costituisce il più notevole esempio di ammodernamento in chiave barocca di una dimora signorile trentina, si deve ai conti Trautmannsdorf, nobili tirolesi inse-diatisi nel XVI secolo nella Torre Franca di Mattarello. In pre-cedenza il complesso edilizio apparteneva alla nobile famiglia Particella. Ai Trautmannsdorf subentrarono successivamente i baroni Salvadori.

Durante la prima fase del Concilio il palazzo ospitò il cardinale spagnolo Pedro Pacheco de Villena, vescovo di Jaén, giunto a Trento il 29 giugno 1545 con largo seguito.

CHIESA E CONVENTO DI SAN FRANCESCO 13(SUORE CANOSSIANE)La chiesa e l’annesso convento, di fondazione duecentesca, presentano oggi ben poche tracce della loro storia più remo-ta. Sede dei francescani conventuali, il complesso era situato fuori le mura in corrispondenza di Porta Nuova e fu soppresso e adibito a ospedale militare in età napoleonica. Dal 1827 fu affidato alle suore canossiane, che oggi vi gestiscono un isti-tuto scolastico.

Nella chiesa è murato, a sinistra dell’ingresso, il monumento funerario di Cesare Cybo, arcivescovo di Torino, che morì a Trento il 26 dicembre 1562. Nel convento dimorarono i prin-cipali delegati dell’Ordine dei francescani conventuali, tra cui l’arcivescovo di Palermo Ottaviano Preconio, Cornelio Musso vescovo di Bitonto e Felice Peretti da Montalto, il futuro papa Sisto V.

PALAZZO QUETTA ALBERTI-COLICO 14L’irregolarità della facciata evidenzia come il palazzo derivi dalla fusione di due nuclei edilizi preesistenti, che furono ar-monizzati e arricchiti di elementi rinascimentali nel corso dei primi decenni del Cinquecento. Dal punto di vista architet-tonico si segnala anzitutto il portale bugnato, sormontato da un rilievo con il monogramma di Cristo sorretto da due angeli (l’emblema di San Bernardino). Di grande eleganza sono pure la trifora e il balconcino traforato centrale, mentre il secondo piano presenta una sequenza regolare di monofore a tutto sesto. Le cornici lapidee delle finestre appaiono inserite “in rottura” rispetto alla preesistente decorazione pittorica. Que-st’ultima è costituita da una fascia superiore raffigurante profili all’antica racchiusi entro clipei monocromi, sotto la quale cor-

re un fregio a grottesca: questo intervento è stato assegnato dalla critica a Marcello Fogolino e datato agli anni Trenta del Cinquecento. Il resto della superficie del prospetto fu dipin-ta in due fasi diverse nella seconda metà del Quattrocento, mentre un lacerto di affresco trecentesco (Annunciazione) è visibile a lato del portale. Nella parte destra è visibile un finto bugnato con fasce a grottesca e candelabre verticali, mentre nella parte sinistra una finta architettura di pilastrini marmorei è sovrapposta a un ordito a pelte con motivi fitomorfi ripetuti, interrotto da due stemmi d’incerta identificazione. Come at-testa lo stemma scolpito sull’architrave del portale, l’edificio passò nel Cinquecento alla nobile famiglia Gilli (de Liliis, Zilli) di Quetta in Val di Non, il cui esponente di maggior spicco fu il famoso oratore Antonio Quetta, cancelliere dei principi vescovi Bernardo Clesio e Cristoforo Madruzzo. Al XVI secolo risale anche la sistemazione del cortile interno caratterizzato da un arioso portico ad archi. Gli eredi Gilli lo vendettero in seguito ai Padri Gesuiti, i quali a loro volta lo cedettero, nel 1657, al canonico e futuro principe vescovo di Trento Fran-cesco Alberti-Poja. Questi ne fece dono alla nipote Marina Alberti-Poja, moglie di Gianfrancesco Alberti conte di Còlico. Da allora e fino al XIX secolo fu abitato dalla nobile famiglia Alberti-Colico.

All’inizio del Concilio il palazzo servì da abitazione al cardinale Giovanni Maria Del Monte e, più tardi, all’ambasciatore cesa-reo Francisco Toledo, che vi fece ingresso il 15 marzo 1546. Nella terza fase dell’assise vi soggiornarono i cardinali legati Bernardo Navagero e Gerolamo Seripando: quest’ultimo morì a Trento il 17 marzo 1563 e trovò sepoltura nella chiesa di San Marco.

PALAZZO THUN (MUNICIPIO) 15L’assetto esterno del palazzo risale alle trasformazioni che in-teressarono un complesso di edifici medievali dopo il loro ac-quisto da parte della nobile famiglia Thun, nella seconda metà del Quattrocento. La facciata presenta quattro ordini di fine-stre architravate ed è decorata a finto bugnato, caratteristiche che le conferiscono un aspetto particolarmente austero. Sugli spigoli fasciati in pietra campeggiano due scudi scolpiti con l’arme dei Thun, ripetuta nella chiave di volta del cinquecen-tesco portale. Il grande cortile e molti ambienti interni furono rinnovati tra il 1831 e il 1838 per iniziativa del conte Mat-teo Thun, che affidò l’intervento all’architetto Rodolfo Vantini di Brescia e a un’équipe di decoratori e ornatisti (i bresciani Tommaso Castellini, Giuseppe Dragoni, Faustino Pernici e il trentino Ferdinando Bassi). Il palazzo fu acquistato dal Comu-ne nel 1873 e da allora è la sede del Municipio. Ospita pitture e caminiere di età barocca e numerose testimonianze artisti-che legate all’identità civica di Trento: tra queste, la statua in pietra del Nettuno, realizzata nel 1768 da Stefano Salterio per la fontana di piazza del Duomo (sostituita in situ da una copia in bronzo). Il salone al piano nobile, dove oggi hanno luogo le sedute del Consiglio Comunale, fu decorato nel 1938 dal pittore veronese Pino Casarini. Di particolare interesse sono gli affreschi strappati visibili sulle pareti dello scalone d’onore: si tratta delle pitture murali che fino al 1909 ornavano il pro-spetto di Casa Cloz-Garavaglia in via San Marco, qui ricove-rate per ragioni di conservazione. Furono realizzate nel 1551 – l’anno di riconvocazione del Concilio – dal pittore veronese Domenico Riccio detto il Brusasorci e raffigurano scene mito-logiche, figure allegoriche ed episodi di storia romana (Vittoria di Cartagena e Continenza di Scipione).

Durante il Concilio il palazzo, messo a disposizione dal barone Sigismondo Thun, fu abitato da due legati pontifici: il cardinale di Mantova Ercole Gonzaga, che vi morì il 2 marzo 1563, e il cardinale Giovanni Girolamo Morone, suo successore nella presidenza del Concilio. Qui si tennero le congregazioni pre-paratorie della terza fase del sinodo.

PALAZZO PONA GEREMIA 16Il palazzo, perla della Trento rinascimentale, fu costruito nella seconda metà del XV secolo come residenza del conte vero-nese Giovanni Antonio Pona. Il prospetto verso il cortile in-terno e lo scalone collocato nell’androne presentano ancora elementi di gusto gotico-veneziano, cari all’epoca del principe vescovo Johannes Hinderbach, mentre la facciata sull’antica Contrada Larga presenta ormai tutti i caratteri stilistici del Ri-nascimento italiano. Essa è organizzata intorno a una sequen-za di aperture costituita dal portale e da due magnifiche qua-drifore sovrapposte, ai lati delle quali si collocano due coppie di monofore. Al centro del prospetto ma in posizione asimme-trica sporge un balconcino traforato, vegliato da due leoncini scolpiti. Perfettamente integrata alla partitura architettonica è la decorazione ad affresco, sviluppata su tre livelli intervallati da fasce orizzontali marcapiano con motivi a grottesca: in alto, vari personaggi sontuosamente abbigliati occupano lo spazio di una finta loggia, dalla quale pendono preziosi tappeti. Tra le figure si riconosce agevolmente quella dell’imperatore Massi-miliano I d’Asburgo, raffigurato tre volte nell’atto di concedere udienza. Nella fascia mediana quattro grandi riquadri ospi-tano altrettante scene narrative: un consesso o convivio tra dignitari; un cavaliere (Marco Curzio?); Muzio Scevola e una quarta scena ormai poco decifrabile (Sacrificio di Lucrezia?). A livello del pianterreno sono ancora ben visibili la ruota della Fortuna e la gigantesca figura di un armigero, mentre sopra il portale è affrescata una Sacra Conversazione. Assai dibattuti sono la datazione e la paternità del ciclo: l’ipotesi attualmen-te più accreditata è che si tratti di un’impresa decorativa del veronese Gian Maria Falconetto coadiuvato da uno o più col-laboratori. Il ciclo nel suo complesso costituisce il memoriale di una delle visite di Massimiliano I a Trento: forse quella del 1508, quando ricevette nella cattedrale la corona imperiale. Attaversando il vasto androne, il cortile interno e il giardino, si giunge in via delle Orfane: all’esterno delle antiche scuderie del palazzo è murata una lapide commemorativa del passag-

gio per Trento di San Francesco Saverio con altri padri gesuiti, tra cui il teologo del Concilio Diego Lainez, cui è dedicata la piazzetta retrostante l’abside di Santa Maria Maggiore.

Nel palazzo dimorò, durante la terza fase del Concilio, il car-dinal legato Ludovico Simonetta, vescovo di Pesaro. In questo periodo i palazzi Quetta, Thun e Geremia erano uniti da un ponte di legno appositamente costruito per comodità dei padri conciliari. In un secondo tempo la struttura fu prolungata fino a raggiungere la chiesa di Santa Maria Maggiore.

BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE 17La chiesa fu eretta tra il 1520 e il 1524 per volontà del prin-cipe vescovo Bernardo Clesio dall’architetto comacino Anto-nio Medaglia, sui resti della medievale Santa Maria ad Nives. La facciata fu rimaneggiata tra il 1900 e l’anno successivo dall’architetto Emilio Paor, ma conserva il magnifico portale cinquecentesco con lo stemma del cardinale Cristoforo Ma-druzzo. Notevole anche il più antico portalino che si apre sul fianco meridionale, fregiato dello stemma a Prato e ornato da altorilievi raffiguranti la Vergine, i santi Pietro e Giovanni e un delizioso angelo musicante. L’interno è ad aula unica con sei cappelle laterali e presbiterio rialzato. Tra le pale d’altare, me-rita la massima considerazione quella della seconda cappella laterale destra, raffigurante la Vergine col Bambino, San Gio-vanni Evangelista e i Dottori della Chiesa: fu dipinta dal pittore bergamasco Giovanni Battista Moroni nel 1551 e può dun-que essere considerata l’emblema del Concilio. Dalla parete sinistra del presbiterio sporge la cantoria, capolavoro degli scultori Vincenzo e Giovanni Girolamo Grandi (1534), mentre nulla rimane dell’organo di età conciliare, opera di maestro Caspar tedesco, citata dal Massarelli e celebrata dai contem-poranei. Nella parete di fronte è murata la lapide funeraria del cardinale Gerolamo Seripando (qui traslata dalla chiesa di San Marco), recante l’epigrafe latina dettata dal confratello agosti-niano Cristoforo da Padova. Sulla volta della chiesa si dispiega una decorazione pittorica interamente dedicata alla memoria del Concilio, che fu realizzata nel 1909 dal pittore marchigiano Sigismondo Nardi. Essa si articola in quattro grandi riquadri raffiguranti rispettivamente: il Vangelo con i Padri della Chiesa; una congregazione generale in Santa Maria con figure alle-goriche; una processione di padri conciliari; l’allegoria della Chiesa Cattolica con il rogo dei libri proibiti e la cacciata de-gli eretici. Tra i riquadri e il cornicione sono collocati i ritratti di alcuni protagonisti del Concilio: sul lato nord il papa Paolo III, il cardinale Bernardo Clesio, il cardinale Carlo Borromeo e il papa Giulio III; sul lato sud, proseguendo in senso orario, il papa Marcello II, il cardinale Giovanni Girolamo Morone, il cardinale Cristoforo Madruzzo e il papa Pio IV. Sulla controfac-ciata sono dipinti i ritratti di don Gaetano Duchi, committente dell’opera, e del vescovo di Trento Carlo Valussi. Accanto alla chiesa, sul lato settentrionale, si eleva la colonna eretta nel 1845 a ricordo delle celebrazioni per il terzo centenario del-l’apertura del Concilio: il monumento fu pesantemente dan-neggiato durante la seconda guerra mondiale.

A partire dal 13 aprile 1562 in Santa Maria si tennero le con-gregazioni della terza fase del Concilio, quella conclusiva. A tale scopo venne allestita nella navata una tribuna ad emici-clo in legno, documentata da dipinti e incisioni. Nel marzo del 1563 la piazza antistante fu teatro di una rissa insorta tra ospiti spagnoli e italiani, che fu sedata solo dopo alcuni giorni.

PALAZZO CIVICO (SALA DELLA TROMBA) 18Antica sede del Magistrato Consolare - l’organo di autogo-verno della città - il Palazzo Civico o Municipio Vecchio è un complesso di edifici che si estende tra via Cavour (l’antica Contrada di Santa Maria) e via Belenzani (l’antica Contrada Larga). Le due facciate attuali, realizzate rispettivamente alla fine del Settecento e negli anni Trenta dell’Ottocento, sono entrambe contrassegnate dall’aquila civica. Il complesso, ac-quisito dall’autorità municipale nel 1481, comprende la me-dievale Torre della Tromba, antica sede delle carceri cittadi-ne. L’adiacente Sala della Tromba, che ospitava le sedute dei consoli, fu decorata tra il 1793 e il 1796 da pregevoli stucchi di gusto neoclassico, realizzati dallo scultore Antonio Giongo di Lavarone.

Le quattro sovrapporte del salone presentano i profili a rilievo dei papi e degli imperatori regnanti all’apertura e alla chiu-sura del Concilio: Paolo III Farnese, Pio IV de’ Medici, Carlo V d’Asburgo e Ferdinando I d’Asburgo. La grande cornice in stucco al centro della parete meridionale ospitava una tela raf-figurante il Concilio, oggi al Castello del Buonconsiglio. Anche nella sede del potere laico e in piena età dei Lumi, dunque, la città di Trento sceglieva di autorappresentarsi facendo ri-ferimento all’avvenimento storico che l’aveva resa illustre nel mondo.

Giovanni Battista Moroni, Madonna col Bambino in Gloria, San Giovanni Evangelista e i quattro Dottori della Chiesa. Trento, Basilica di Santa Maria Maggiore

Nessun avvenimento storico ha segnato tanto profondamente l’identità civica di Trento quanto il XIX Concilio Ecumenico, in-detto dalla Chiesa di Roma il 13 dicembre 1545 e conclusosi solennemente, dopo due interruzioni e alterne vicende, il 4 di-cembre 1563. Trento era stata scelta come sede conciliare già nella bolla di indizione del 1542, quando papa Paolo III la definì “sito commodo, libero e a tutte le Nationi opportuno”. La sua posizione geografica la rendeva infatti un ideale ponte tra l’Italia e il mondo tedesco, mentre il suo peculiare statuto politico – una città governata da un vescovo vassallo dell’imperatore – offriva garanzie sia al Papato sia all’Impero. La straordinaria assise, che negli auspici doveva tentare di riconciliare le Chiese riformate di Germania con la Santa Sede, si concluse, in questo senso, con un nulla di fatto, ma condusse a una profonda riforma interna della Chiesa cattolica. Per almeno due secoli i decreti tridentini esercitarono un’influenza decisiva non solo sulla vita religiosa, ma anche sulla cultura e su molti aspetti del vivere civile del-l’Europa cattolica. Durante i lavori conciliari, diluiti nell’arco di diciotto anni, Trento ospitò 284 prelati e numerosi altri delega-ti provenienti da diverse nazioni, assumendo di fatto il ruolo di capitale del cattolicesimo e di crocevia della politica europea. Nel terzo periodo del Concilio, quello conclusivo, a Trento erano presenti gli ambasciatori di dodici Stati. Per far fronte a questo compito la città, che all’epoca contava meno di diecimila abitan-ti, fu mobilitata a tutti i livelli, sotto l’abile guida del principe ve-scovo Cristoforo Madruzzo. Cardinali, vescovi, generali di ordini, teologi e ambasciatori, spesso accompagnati da folto seguito, furono ospitati nei principali palazzi, nei conventi e nelle locande, mentre le sessioni conciliari si tennero nella chiesa di Santa Ma-ria Maggiore e nel duomo di San Vigilio. Molti di questi luoghi conservano ancora oggi testimonianze e memorie di quegli av-venimenti: l’itinerario qui illustrato si propone di riscoprirle. Nella prima parte, esso ricalca il percorso della processione inaugurale del Concilio, per poi estendersi in più direzioni attraverso il centro storico. Una visita specifica meritano i tre siti oggi adibiti a sedi museali (Museo Diocesano Tridentino, Castello del Buonconsi-glio e Palazzo delle Albere) e la villa Margone di Ravina, dimora storica recentemente aperta al pubblico.

ITINERARI STORICO-ARTISTICI

IL CONCILIO A TRENTOi luoghi e la memoria

Comune di Trento