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www.judicium.it LAURA MARCHEGIANI Il potere di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea dalla tutela del risparmio all’attuazione della Direttiva sui diritti degli azionisti di società quotate SOMMARIO: 1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze azionarie e diritti dei soci all’informazione. - 2. I presupposti del diritto di integrazione. 3. Forma e contenuto della richiesta di integrazione dell’agenda. - 4. I poteri e i doveri degli amministratori di fronte all’esercizio del diritto di integrazione. - 5. Segue. La giustiziabilità del diritto, prima e dopo il decreto correttivo. - 6. Diritto di integrazione e autonomia statutaria. 1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze azionarie e diritti dei soci all’informazione. - Che la protezione degli interessi dei soci di società azionarie passi per l’esercizio dei poteri di voice che discendono dall’appartenenza all’organizzazione ( 1 ) e che a favorirla contribuiscano o possano contribuire una serie di prerogative «minori», ovvero strumentali e prodromiche alla votazione, quali quelle che consentono la partecipazione alla formazione della proposta delle decisioni assembleari, è considerazione che gode di ampio svolgimento e di approfondimento significativo non solo in Europa ( 2 ). In Italia la disciplina dei diritti delle minoranze è stata caratterizzata da una evoluzione discontinua che ha riscontrato una prima battuta d’arresto nel progetto di riforma delle società commerciali della seconda metà degli anni Sessanta, per trovare poi momenti di emersione significativa nel testo unico della finanza, nella riforma organica delle società di capitali e nella legge sulla tutela del risparmio ( 3 ), anche attraverso la specifica previsione della facoltà di incidere sulla predisposizione dell’ordine del giorno dell’assemblea. Con l’inserimento del diritto di integrazione 1 Per una introduzione al tema della rilevanza del voto nell’economia della società azionaria aperta, si vedano EASTERBROOK - FISCHEL, L’economia delle società per azioni, trad. it., Milano, 1996, p. 79 ss. 2 Tra gli esempi del dispiegarsi dei margini di attività propositiva degli azionisti in vista del voto, non si può mancare di segnalare gli Amendments del 2009 al Delaware General Corporation Act che hanno introdotto una nuova Sect. 112, che consente l’introduzione statutaria della previsione che la società inserisca «in its proxy solicitation materials (including any form of proxy it distributes), in addition to individuals nominated by the board of directors, one or more individuals nominated by a stockholder» ed una nuova Sect. 113 che prevede, sempre attraverso il meccanismo dell’opt-in statutario, «the reimbursement by the corporation of expenses incurred by a stockholder in soliciting proxies in connection with an election of directors ». Più in generale, testimoniano la prospettiva convergente di agevolare le proposte di decisione provenienti da( tutti )gli azionisti, le regolamentazioni federali in tema di deleghe di voto ed in particolare l’art. 14a-8 del Securities Exchange Act che impone alle società ad azionariato diffuso di includere nella delega qualsiasi proposta di un azionista, salve alcune eccezioni. Si vedano anche, nello stesso senso, le Sectt. 314 e 321 del UK Companies Act del 2006. 3 Si tratta della l. 262/2005.

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LAURA MARCHEGIANI

Il potere di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea dalla tutela del

risparmio all’attuazione della Direttiva sui diritti degli azionisti di società quotate

SOMMARIO: 1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze azionarie e

diritti dei soci all’informazione. - 2. I presupposti del diritto di integrazione. 3. Forma e contenuto della

richiesta di integrazione dell’agenda.- 4. I poteri e i doveri degli amministratori di fronte all’esercizio

del diritto di integrazione. - 5. Segue. La giustiziabilità del diritto, prima e dopo il decreto correttivo. -

6. Diritto di integrazione e autonomia statutaria.

1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze

azionarie e diritti dei soci all’informazione. - Che la protezione degli interessi dei

soci di società azionarie passi per l’esercizio dei poteri di voice che discendono

dall’appartenenza all’organizzazione (1) e che a favorirla contribuiscano o possano

contribuire una serie di prerogative «minori», ovvero strumentali e prodromiche alla

votazione, quali quelle che consentono la partecipazione alla formazione della

proposta delle decisioni assembleari, è considerazione che gode di ampio svolgimento

e di approfondimento significativo non solo in Europa (2).

In Italia la disciplina dei diritti delle minoranze è stata caratterizzata da una

evoluzione discontinua che ha riscontrato una prima battuta d’arresto nel progetto di

riforma delle società commerciali della seconda metà degli anni Sessanta, per trovare

poi momenti di emersione significativa nel testo unico della finanza, nella riforma

organica delle società di capitali e nella legge sulla tutela del risparmio (3), anche

attraverso la specifica previsione della facoltà di incidere sulla predisposizione

dell’ordine del giorno dell’assemblea. Con l’inserimento del diritto di integrazione

1 Per una introduzione al tema della rilevanza del voto nell’economia della società azionaria aperta, si

vedano EASTERBROOK - FISCHEL, L’economia delle società per azioni, trad. it., Milano, 1996, p. 79 ss. 2 Tra gli esempi del dispiegarsi dei margini di attività propositiva degli azionisti in vista del voto, non

si può mancare di segnalare gli Amendments del 2009 al Delaware General Corporation Act che hanno

introdotto una nuova Sect. 112, che consente l’introduzione statutaria della previsione che la società

inserisca «in its proxy solicitation materials (including any form of proxy it distributes), in addition to

individuals nominated by the board of directors, one or more individuals nominated by a stockholder»

ed una nuova Sect. 113 che prevede, sempre attraverso il meccanismo dell’opt-in statutario, «the

reimbursement by the corporation of expenses incurred by a stockholder in soliciting proxies in

connection with an election of directors». Più in generale, testimoniano la prospettiva convergente di

agevolare le proposte di decisione provenienti da( tutti )gli azionisti, le regolamentazioni federali in

tema di deleghe di voto ed in particolare l’art. 14a-8 del Securities Exchange Act che impone alle

società ad azionariato diffuso di includere nella delega qualsiasi proposta di un azionista, salve alcune

eccezioni. Si vedano anche, nello stesso senso, le Sectt. 314 e 321 del UK Companies Act del 2006. 3 Si tratta della l. 262/2005.

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dell’agenda assembleare tra le misure di tutela del risparmio, l’Italia ha potuto per una

volta anticipare l’adempimento degli obblighi comunitari introducendo una delle

regole poi prescritte agli Stati membri dalla direttiva 2007/36/CE, relativa

all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate (4).

4 In G.U. L 184/17 del 14 luglio 2007. Nei consideranda che introducono la direttiva sono riscontrabili

molti dei temi che attengono al significato del diritto di voto e all’incidenza sulla struttura dell’attività

di voto di regole più o meno restrittive. L’intento del legislatore comunitario di incentivare

l’interessamento degli azionisti all’attività deliberativa passa per l’innalzamento della possibilità di

prender parte in maniera incisiva al processo di voto: in questo senso si spiegano i provvedimenti a

favore di una maggiore informazione preassembleare (art. 5), di un più agevole accesso ai meccanismi

della delega di voto (art. 10-11), di semplificazione delle modalità di intervento e di voto (artt. 7 - 8 -

12), di integrazione dell’agenda assembleare (art. 6). Per un’opinione critica in merito all’efficacia e

alla desiderabilità di simili provvedimenti in una prospettiva di ricerca dell’efficienza, si vedano,

EASTERBROOK – FISCHEL, L’economia, cit., p. 97 ss.

Già in senso critico con riguardo alla efficacia dell’accentuazione dei poteri degli azionisti si

esprimeva MINERVINI, Per un’accentuazione della responsabilità egli amministratori di società per

azioni, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della casa editrice Jovene, Napoli, 1954, p. 321 ss.,

ove descriveva il carattere solo apparente della democraticità della organizzazione azionaria in cui la

tendenziale ininfluenza degli azionisti è dovuta non tanto o non solo all’assenteismo e all’indifferenza

(come sottolineava RIPERT, Aspects juridiques du capitalisme moderne, II ed., Paris, 1951, p. 280 ss.),

ma piuttosto alla separazione definitiva tra proprietà e controllo ASCARELLI, Interesse sociale e

interesse comune nel voto, in Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, 1952, p.

155.

L’attuazione della direttiva ha avuto luogo con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, da ultimo oggetto di

integrazioni e correzioni, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 5 della legge delega (l. 7 luglio

2009, n. 88), da parte del d. lgs. 18 giugno 2012, n. 91, in G.U. n. 152 del 2 luglio 2012, la cui

disciplina troverà applicazione alle assemblee il cui avviso di convocazione è pubblicato dopo il 1°

gennaio 2013.

Obiettivo principale della direttiva era facilitare la partecipazione degli azionisti alla vita della società,

in particolar modo attraverso l’esercizio, anche transfrontaliero, del voto. Il decreto di attuazione ha

concentrato nel t.u.f. la disciplina relativa alla gestione accentrata, prima articolata tra testo unico e d.

lgs. 24 giugno 1998 (c.d. decreto Euro), così riordinando la disciplina della dematerializzazione ed ha

inciso in modo significativo sul funzionamento delle assemblee delle società quotate, anche

privatizzate, estendendo le novità sulla convocazione dell’assemblea e sulla elezione e composizione

degli organi di amministrazione e di controllo alle società disciplinate dalla legge 30 luglio 1994, n.

474. Sull’attuazione in Italia delle regole comunitarie in tema di esercizio degli shareholder rights si

vedano, ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento in Italia della Direttiva sui diritti degli azionisti e

le modificazioni statutarie conseguenti, in Studi e materiali, a cura del Consiglio Nazionale del

Notariato, 2010, 439 ss., ABRIANI-SANTOSUOSSO, La Direttiva relativa all’esercizio di alcuni diritti

degli azionisti di società quotate ed il ruolo degli investitori istituzionali nella democrazia azionaria

del terzo millennio, in RDS, 2007, p. 140 ss. Con riguardo specifico alla disciplina della convocazione

dell’assemblea, ABRIANI, Il “pungolo gentile” dell’assemblea “mite” tra attivismo degli azionisti e

nuova governance societaria. Prime riflessioni sull’attuazione in Italia della Direttiva 2007/36, in

Studi in onore di Marcello Foschini, Padova, 2011, p. 173 ss. e in Riv. dir. impr., 2011, p. 15 ss.(da cui

si cita); GUIDOTTI, La convocazione dell’assemblea delle società quotate: riflessioni sul recepimento

della direttiva 2007/36, in Contratto e impresa Europa, 2011, p. 556 ss., GUERRIERI (a cura di), La

nuova disciplina dei diritti degli azionisti, in Nuove leggi civ. comm., 2011, p. 507 ss.; sull’esercizio

del diritto di voto, in particolare, CALVOSA, L’intervento e il voto in assemblea dopo l’attuazione della

direttiva sull’esercizio di alcuni diritti egli azionisti di società quotate, in questa RDS, 2011, p. 348 ss.

e FURGIUELE, Record date ed esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso, in Riv. dir. comm.,

2008, I, p. 157 ss.

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Ma il potere dell’azionista di intervenire nella formazione, o meglio nella

definitiva con-formazione dell’ordine del giorno, non è regola nuova, né in una

prospettiva diacronica, solo a rammentare il progetto di riforma delle società

commerciali elaborato dal 1964 (5), il cui art. 9, rubricato Convocazione

dell’assemblea e integrazione dell’ordine del giorno su richiesta della minoranza (6)

prevedeva appunto che soci titolari del decimo del capitale sociale o di una

partecipazione non inferiore «a cento milioni di lire in valore nominale» potessero

chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione

dell’assemblea ordinaria, «la trattazione di determinati argomenti in aggiunta a quelli

indicati nell’avviso» (7); né in una veduta sincronica dei maggiori ordinamenti

europei, che già da allora avevano fatto proprio un omologo precetto (8).

5 Ci si riferisce allo schema di disegno di legge concernente la riforma della disciplina delle società

commerciali esteso su progetto della Commissione governativa De Gregorio, nel testo ampiamente

rielaborato a seguito delle proposte del Cnel e del dibattito nelle sedi specializzate, pubblicato in Riv.

soc. 1967, p. 370 ss., in cui la disposizione che qui ci occupa è contenuta nell’art. 9.

Il progetto originario, con la segnalazione delle modificazioni apportate dal Comitato di Ministri, si

può leggere in Riv. soc., 1966, p. 93 ss. Da notare che la fattispecie dell’integrazione dell’agenda,

dapprima delineata come mera specificazione del generale potere di convocazione (“I soci… possono

chiedere la convocazione dell’assemblea a norma dell’art. 2367 del codice civile o l’inserzione

nell’ordine del giorno di argomenti da trattare”) nelle versioni successive del progetto assume la

fisionomia di potere autonomamente assegnato anche a tutti coloro che abbiano sottoscritto una parte

di capitale sociale pari a cento milioni di lire. 6 Si tratta della più recente versione pubblicata in Riv. soc., 1967, loc. cit.: “I soci che rappresentano

una parte del capitale sociale non inferiore al decimo o a cento milioni di lire in valore nominale

possono chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea

ordinaria, la trattazione di determinati argomenti in aggiunta a quelli indicati nell’avviso. Gli

amministratori devono provvedere all’integrazione dell’elenco delle materie da trattare con avviso

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno cinque giorni prima di quello fissato per l’adunanza. In

mancanza l’assemblea deve essere nuovamente convocata a norma del comma precedente” e cioè con

decreto del presidente del tribunale. L’accresciuta rilevanza dello strumento dell’integrazione era

anche testimoniata dalla sostituzione della rubrica dell’art. 7 del progetto originario (Convocazione e

ordine del giorno dell’assemblea) con quella dell’art. 9 risultante dalle modificazioni successive

(Convocazione dell’assemblea e integrazione dell’ordine del giorno su richiesta della minoranza). 7 Che il progetto De Gregorio contenesse una disciplina completa e articolata della convocazione di

minoranza e dell’integrazione dell’agenda assembleare, in linea con la crescente importanza assunta

dalle tecniche di ingresso nel procedimento assembleare delle shareholder proposals nei maggiori

ordinamenti europei e in quello nordamericano, è sottolineato da ABBADESSA, Nuove regole in tema di

procedimento assembleare e tutela delle minoranze, in Riv. soc., 2002, p. 170 ss., a p. 173. 8 La riforma societaria degli anni Sessanta condusse all’introduzione dell’istituto dell’integrazione

dell’agenda assembleare, sia in Francia, con l’art. 160, loi n. 66-537 du 24 juillet 1966 sur les sociétés

commerciales e l’art. 128, décret n. 67-236 du 23 mars 1967 sur les sociétés commerciales (ma si veda

ora l’art. L225-105, Code de commerce modificato in seguito alla recente armonizzazione

dall’Ordonnance n. 2010-11511 du 9 décembre 2010) sia in Germania, ove la disciplina –

tematicamente coordinata con quella della richiesta di convocazione da parte della minoranza – è

contenuta nei §§ 122 e 124 dell’AktG del 1965.

Secondo l’art. 57 del reg. CE n. 2157/2001 relativo alla statuto della Società europea, gli azionisti che

detengano almeno il 10% del capitale sottoscritto, possono chiedere l’inserzione di uno o più punti

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La visione storica e comparatistica del tema indica con chiarezza (alcune

del)le coordinate interpretative della disposizione, suggerendone l’inquadramento

nella cornice regolamentare comprensiva delle altre norme che riconoscono alla

minoranza dei soci il potere di incidere sul contenuto e sullo svolgimento della

riunione assembleare. Una corrispondenza significativa soprattutto si scorge con il

potere del decimo del capitale sociale di determinare l’indizione della riunione

assembleare (9), anche se una peculiare e specifica pertinenza con il momento

dell’informazione preassembleare dei soci pare doversi riconoscere alla facoltà di

integrazione (10

) che, in effetti, può essere utilizzata non solo per promuovere precise

operazioni di competenza assembleare, determinando quindi lo scopo vero e proprio

della riunione dei soci, ma anche per definire in maniera specifica le materie

all’ordine del giorno ovvero per enucleare temi a queste connessi o dalle stesse

derivanti (11

).

all’ordine del giorno dell’assemblea generale, secondo le procedure ed i termini stabiliti dalla

legislazione dello Stato membro in cui la SE ha sede o, in mancanza, dallo statuto della SE. 9 Le altre norme cui si allude sono quelle che presiedono al potere individuale di rinviare la discussione

di determinati argomenti in caso di assemblea totalitaria, stabilito dall’art. 2366 c.c., ed alla facoltà per

il terzo dei soci presenti o rappresentati in assemblea di rinviare la discussione e la deliberazione in

caso di insufficiente informazione sui punti all’ordine del giorno, fissata dall’art. 2374 c.c.

L’inserzione nell’ordine del giorno di argomenti da trattare sarebbe un minus rispetto alla più ampia

facoltà di convocare l’organo assembleare da parte della minoranza qualificata secondo FERRARA,

Sguardo generale alla riforma delle società di capitali, in Riv. soc., 1966, p. 21 ss. Sempre nel senso

della stretta interdipendenza dei due poteri, ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Rapporto sulla società

aperta, Bologna, 1997, p. 124 s., ove la facoltà di convocazione dell’assemblea e quella di imporre la

trattazione di materie selezionate dalla minoranza si riteneva dovessero appartenere ad una medesima

aliquota del capitale sociale. 10

Come subito si dirà, il potere di integrazione dell’agenda non è agevolmente qualificabile come

elemento costitutivo del potere di convocazione: in particolare, sembra corretto riconoscere al potere di

integrazione un preciso significato informativo nell’ambito della dialettica endosocietaria che si

concretizza nella conformazione del programma di discussione e di deliberazione assembleare. Le

considerazioni al riguardo della Relazione illustrativa al d. lgs. 58/1998, e cioè che l’esclusione di una

specifica previsione in tema di integrazione dell’ordine del giorno fosse giustificata dalla appartenenza

della facoltà in discorso al potere di convocare l’assemblea attribuito alla minoranza, oltre a sollevare

giustificati dubbi di legittimità interpretativa (così S. ROSSI, Integrazione dell’ordine del giorno

dell’assemblea nelle società quotate, in DE ANGELIS-RONDINONE (a cura di), La tutela del risparmio

nella riforma dell’ordinamento finanziario, Torino, 2008, p. 29 ss.) negherebbero, in ogni caso, una

funzionalità propria al potere di integrazione, in considerazione dell’identità di quorum legittimante.

Puntualmente, al riguardo, DE GENNARO, La riforma della disciplina societaria e la tecnica

legislativa, in Riv. soc., 1967, p. 95 ss., spec. a p. 115 s., indicava che le questioni applicative poste dal

potere di integrazione dell’agenda assembleare erano ben distinguibili da quelle implicate dal potere di

convocazione tout court: i termini e le modalità di esercizio dovevano piuttosto essere disciplinati in

modo tale da assicurare il rispetto dell’«esigenza di render pubblico prima dell’adunanza l’ordine del

giorno integrato». 11

Nella prassi applicativa delle regole sulle shareholder proposals si sono spesso riscontrate

utilizzazioni volte ad introdurre nel dibattito assembleare tematiche di carattere economico o politico

correlate all’attività di impresa. Per una lettura delle proposte degli azionisti come strumento di

monitoraggio delle opinioni degli azionisti in merito alla condotta del management, PERNA, Public

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La connessione tra diritto di integrazione dell’agenda e potere di

convocazione dell’assemblea non risiede tanto in una relazione di specialità tra di

essi, poiché non sembra che diritti legittimati da una differente misura di

partecipazione al capitale possano assimilarsi se non nel generico senso di poteri

appartenenti alle minoranze (12

) o meglio, ai soci organizzati (13

), ma si fonda

principalmente sull’incidenza di entrambi i diritti sul procedimento deliberativo con

la selezione degli argomenti di cui l’assemblea dovrà occuparsi e che saranno oggetto

company e democrazia societaria, (Bologna, 1998), 135 ss. Sottolineano la funzione strumentale

all’ampliamento dell’attivismo degli azionisti, BIANCHI-ENRIQUES, Corporate Governance in Italy

after the 1998 Reform: What Role for Institutional Investors?, al sito

http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.203112; COSTI, Risparmio gestito e governo societario, in Giur. comm.,

1998, p. 165 ss.; MONTALENTI, Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, Padova,

1999, p. 179. Ampiamente, sui rapporti tra attivismo e potere di integrazione dell’agenda, IRACE, Il

ruolo degli investitori istituzionali nel governo delle società quotate, Milano, 2001, p. 124 ss. 12

Se di singola facoltà appartenente al diritto di convocazione da parte della minoranza si trattasse, non

si spiegherebbe la differente aliquota di capitale fissata per l’esercizio dell’una e dell’altra prerogativa:

DE GENNARO, La riforma, cit., ibidem.

Nell’ordinamento tedesco rimangono sostanzialmente invariati, a seguito del recepimento della SHRD

(su cui WEITENBERG, L’attuazione della direttiva “azionaria” 2007/36/CE nel diritto tedesco, in

Contratto e impresa Europa, 2010, p. 842 ss.), i presupposti di esercizio dei due poteri: nell’ambito del

costante riferimento lessicale dei diritti alla minoranza (einer Minderheit), la facoltà di convocare

l’assemblea appartiene agli azionisti titolari del ventesimo del capitale sociale, mentre una

legittimazione allargata - agli azionisti titolari di una partecipazione al capitale del valore nominale

almeno pari a 500.000 euro – caratterizza il potere di integrare l’ordine del giorno e quello di

presentare progetti di deliberazione da sottoporre all’assemblea (§122 Abs. 2 e 124 Abs. 1, AktG).

La legittimazione è invece unitaria nella GMBH (SANGIOVANNI, Il diritto delle minoranze di

convocare l’assemblea e d’inserire punti all’ordine del giorno nella GMBH tedesca, in Riv. dir.

comm., 2002, I, p. 813 ss.: con il Minderheitsrecht disciplinato nel § 50 della GmbHG, al 10% del

capitale sociale è consentito sia di richiedere la convocazione dell’assemblea, sia di inserire punti

all’ordine del giorno. La connessione significativa del potere di integrare l’agenda assembleare con il

potere di convocazione, sebbene non costituisca necessariamente una relazione di specialità “interna”,

esclusa almeno laddove vi siano differenti requisiti soggettivi del titolare, è anche confermata dall’art.

6 della direttiva 2007/36, ove prevede la facoltà che gli Stati membri limitino la possibilità di esercitare

il potere di intervento nella formazione dell’ordine del giorno alla sola assemblea annuale degli

azionisti, purché sia previsto un autonomo diritto di convocazione esercitabile dalla minoranza relativo

ad una assemblea diversa da quella annuale e il cui ordine del giorno comprenda almeno tutti i punti

che essi hanno richiesto.

La norma considera, con ogni evidenza, l’ipotesi in cui l’ordinamento nazionale regolamenti l’accesso

al potere di convocazione con gli stessi presupposti previsti per l’esercizio della facoltà di integrazione,

e si verifichi quindi una sovrapposizione dei requisiti soggettivi per l’esercizio dei due diritti. Non mi

sembra tuttavia che la finalità della disposizione possa considerarsi raggiunta in tutte quelle ipotesi in

cui sussistano differenze di qualche tipo tra le condizioni di esercizio del diritto individuale

dell’azionista: così, nel sistema di poteri delle minoranze che risulta dalle previsioni dell’art. 2367 c.c.

e dell’art. 126-bis t.u.f. non si sarebbe potuta applicare l’eccezione indicata dall’art. 6 della Direttiva. 13

Nel senso invece che il primo potere (quello di integrazione dell’ordine del giorno) rappresenti una

facoltà naturalmente ricompresa nel diritto di ottenere la convocazione dell’assemblea, in estrema

sintesi, FERRARA, Sguardo generale, cit., p. 21 ss., ma chiarendo subito – seppure con accenti critici –

l’autonomia del diritto di inserzione di nuovi argomenti in capo «ai soci che rappresentino cento

milioni di lire di capitale al valore nominale».

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del voto (14

): nel caso della convocazione, ex art. 2367 c.c., sarà la stessa opportunità

di svolgimento di una riunione assembleare ad essere oggetto della valutazione dei

soci richiedenti, che avranno anche l’onere di predisporre integralmente l’ordine del

giorno dell’assemblea che intendono (far) convocare. L’iniziativa dei soci, peraltro,

non elimina, con riguardo a quella specifica vicenda assembleare, l’originario potere

di convocazione degli amministratori, i quali potranno, una volta ricevuta la richiesta,

integrare l’avviso di convocazione con ulteriori argomenti da trattare (15

).

Con il potere di integrare l’agenda, invece, una aliquota più ridotta del capitale

sociale può inserire la propria proposta nell’iter di formazione dell’ordine del giorno,

così partecipando ad una fase del procedimento scaturito dall’iniziativa degli

14

Circostanza che spiega altresì la contiguità tematica del potere di partecipare alla formazione

dell’agenda con le regole di sollecitazione e raccolta delle deleghe di voto. Per alcuni rilievi critici

sulla funzionalità della previgente disciplina delle deleghe di voto a favorire l’organizzazione degli

azionisti “indipendenti”, ANGELICI, Le minoranze del decreto n. 58/1998: “tutela” e “poteri”, in

Attività e organizzazione. Studi di diritto delle società, Torino, 2007, p. 124 ss., a p. 137 s. Per alcuni

ulteriori riferimenti sul tema: BLACK, Shareholder Activism and Corporate Governance in the United

States, in The New Palgrave Dictionary of Economics and the Law, 1998, vol. 3, p. 459 ss.;

BAINBRIDGE, Shareholder Activism and Institutional Investors, UCLA School of Law, Law-Econ

Research Paper No. 05-20, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.796227; ROMANO, Less Is

More: Making Shareholder Activism A Valued Mechanism Of Corporate Governance, Yale Law &

Economics Research Paper No. 241, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.218650. Per una

rassegna degli interventi a favore di un migliore monitoraggio degli azionisti, BAINBRIDGE, The

Corporate Governance Provisions of Dodd-Frank, UCLA School of Law, Law-Econ Research Paper

No. 10-14, disponibile al sito http://ssrn.com/abstract=1698898; sui rischi della disclosure – anche

informatica – delle informazioni connesse alla sollecitazione delle deleghe, GORDON, Proxy Contests

in an Era of Increasing Shareholder Power: Forget Issuer Proxy Access and Focus on E-Proxy, 61

Vand. L. Rev., 475 (2008).

I procedimenti di voto per delega elettronica (c.d. Electronic Proxy Voting) sono stati introdotti in

Italia dal d.lgs. 27/2010, che ha disposto l’adeguamento statutario alla previsione di “almeno una

modalità di notifica elettronica della delega” – in uno dei pochi adeguamenti strettamente obbligatori:

ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento, cit., p. 442, ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 39. Il.

lgs. 91/2012 ha reso operativa il conferimento della delega in forma elettronica, disponendo che il

conferimento può avvenire “con documento informatico sottoscritto in forma elettronica ai sensi

dell’articolo 21, comma 2 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” (così il nuovo sesto comma

dell’art. 135-novies, t.u.f.).

Per una prospettiva relativizzante delle novità in tema di deleghe di voto, KAHAN, The Insignificance

of Proxy Access, 97, Virginia Law Review, 1347 (2011). 15

Per la soluzione affermativa, motivata dalla titolarità “originaria” del potere di convocazione in capo

agli amministratori, SERRA, L’assemblea: procedimento in Trattato delle società per azioni, diretto da

COLOMBO e PORTALE, 3*, 77, con l’unico divieto di introdurre argomenti tali da neutralizzare o

ostacolare la trattazione delle materie indicate dalla minoranza; MARCHETTI, Sub art. 2367, in

MARCHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da) Commentario alla riforma delle società.

Assemblea, Milano, 2008, p. 77, osserva inoltre come l’intervento dell’organo amministrativo nella

formazione definitiva dell’ordine del giorno di un’assemblea convocata su impulso dei soci, possa

anche “sanare” eventuali inammissibilità o irritualità della domanda originaria. Nel senso, invece, che

la definizione delle materie oggetto della riunione dei soci sia essenzialmente “riservato” ai soci

richiedenti, laddove questi abbiano assunto l’iniziativa della convocazione, COTTINO, Diritto

commerciale, I, 2, Padova, 1999, p. 406.

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amministratori, incrementando di nuovi argomenti da discutere l’elenco di quelli già

definiti (16

). Mi pare quindi evidente che, anche in una prospettiva funzionale, emerga

la differenza tra i due poteri: uno, quello di convocazione, volto principalmente a

risolvere una situazione di inerzia dell’organo gestorio, l’altro, quello di integrazione,

coerente con un andamento “fisiologico” del rapporto soci-amministratori, ma

piuttosto ricco di potenzialità di tipo informativo (17

).

Più in generale, il potere di incidere sulla fase introduttiva del procedimento

assembleare e quindi di determinare indirettamente l’oggetto del voto risulta

rafforzato in specie per gli azionisti di società quotate, sia per l’eliminazione della

norma speciale contenuta nell’art. 125 t.u.f. (18

), che a parità di presupposti soggettivi

di esercizio del diritto, lasciava tuttavia agli amministratori la valutazione collegiale

sulla prevalenza in concreto dell’interesse della società a che l’assemblea non venisse

convocata, sia per l’introduzione, riservata alle quotate (19

), ora indipendentemente

dalla natura lucrativa o mutualistica dello scopo sociale (20

), della regola dell’art. 126-

16

Nemmeno il potere di convocazione esaurisce i propri effetti uno actu, ma serve ad attivare l’iter

procedimentale con cui gli amministratori provocano la riunione dell’assemblea. E’ tuttavia

considerazione condivisibile che sia preclusa agli amministratori ogni valutazione dell’opportunità

della riunione, come invece in precedenza consentiva, proprio nel caso delle società quotate, la

disposizione dell’art. 125 t.u.f.: SERRA, L’assemblea, cit., p. 75 s. 17

Limpidamente, nel senso della valorizzazione di una funzione informativa “pura” della nuova

disciplina della fase preassembleare, GUIZZI, Gli azionisti e l’assemblea nelle società quotate tra mito

e realtà, in RDS, 2011, p. 2 ss. 18

Le differenze disciplinari apprezzabili prima della riforma erano essenzialmente due: da un lato la

previsione di un più elevato quorum per la promozione della convocazione nelle società non quotate

(pari al quinto del capitale); dall’altro la già ricordata possibilità che gli amministratori di società

quotate deliberassero di non procedere alla convocazione “nell’interesse della società”, facoltà

nemmeno riprodotta nell’art. 2367 c.c. che pure prevede un controllo in sede giurisdizionale della

giustificazione del rifiuto di provvedere. 19

Si può agevolmente osservare che la connotazione «speciale» del diritto di integrazione non

appartiene al codice genetico dell’istituto ma si è piuttosto affermata nell’evoluzione legislativa più

recente: se il progetto di riforma del 1967 prevedeva una regola del potere di integrazione per tutte le

società di capitali, sia azionarie che a responsabilità limitata, la legge sul risparmio e la stessa direttiva

comunitaria ne hanno definito i margini di esercizio al solo ambito delle società con azioni quotate. 20

Si deve infatti al d.lgs. 91/2012, la modifica dell’art. 2366 c.c., ove il rinvio alle leggi speciali per la

disciplina della convocazione dell’assemblea delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di

rischio, non contiene più l’inciso “diverse dalle società cooperative”. La modifica si coordina con il

nuovo art. 135-bis, t.u.f., che circoscrive sensibilmente l’ambito di esonero delle cooperative quotate

dalle norme sulla convocazione e sull’informazione preassembleare. Dalla Relazione illustrativa

emerge che il decreto correttivo ha inteso rimuovere la disparità di trattamento introdotta dal d.lgs.

27/2010, poiché non vi sono ragioni, legate specificità tipologica o organizzativa delle società

cooperative, che ostino alla applicazione delle regole volte a tutelare gli investitori nelle società

lucrative quotate.

Mette poi conto di segnalare, tra le misure di ridefinizione dei destinatari delle disposizioni speciali in

tema di convocazione, l’abrogazione del comma 2-ter dell’art. 116-bis, che estendeva alle società

emittenti azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante le norme in materia di convocazione e di

informazione preassembleare, compresa la previsione del potere di integrazione dell’agenda, così

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bis t.u.f. di cui pure sarebbe stato possibile – nel contesto della riforma organica –

generalizzare l’applicazione a tutte le società di capitali (21

).

E’ stato già osservato come l’attuazione della Direttiva comunitaria sugli shareholder

rights, abbia attribuito un più intenso valore informativo alla disciplina della

convocazione (22

), sia attraverso la previsione di modalità di comunicazione

immediate e di facile accesso dei contenuti rilevanti per i soci, sia attraverso

l’attivazione di una vera e propria dialettica preassembleare, favorita dal potere di

chiedere l’inserimento di punti nuovi all’ordine del giorno, ma anche di presentare

proposte di risoluzione alternative a quelle predisposte dall’organo di gestione e di

porre domande prima dell’assemblea (23

). La forma principale della convocazione è

volendo eliminare gli oneri amministrativi ed economici legati alla disciplina speciale della

convocazione e dell’informazione preassembleare e, nel contempo, evitare sovrapposizioni e

interferenze di disciplina nei casi di emittenti che siano allo stesso tempo diffusi e ammessi alla

negoziazione nei sistemi multilaterali alternativi ai mercati regolamentati. 21

Che lo strumento dell’inserzione degli argomenti nell’ordine del giorno potesse assumere un

significato decisivo nello stimolo della dialettica endosocietaria anche nelle organizzazioni azionarie

“chiuse” è stato sottolineato da ABBADESSA, L’assemblea nella spa: competenza e procedimento nella

legge di riforma in RESCIGNO – SCIARRONE ALIBRANDI (a cura di), Il nuovo diritto delle società di

capitali e delle società cooperative, Milano, 2004, p. 56, che ha definito “occasione perduta” la

mancata previsione della regola in discorso proprio nel contesto della riforma organica delle società di

capitali.

La corrispondenza tra potere di convocazione e potere di integrazione è maggiore – anche quanto ai

presupposti – in quegli ordinamenti in cui le due facoltà a tutela della minoranza sono state introdotte

congiuntamente ed in forma unitaria per tutte le società azionarie. Nel Code de commerce, ad esempio,

rimane la corrispondenza tra misura del capitale legittimata a richiedere al convocazione ex art. L225-

103, attraverso un rappresentante comune designato giudizialmente (en justice) e aliquota legittimata a

chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno ex art. L225-105, che tuttavia si riduce in misura scalare

in base alla capitalizzazione della società (cfr. art. R225-71), senza distinzioni tra società con azioni

quotate e non. Anche le regole dell’Aktiengesetz (supra, n. 12), evidenziano una unitarietà genetica dei

due poteri, sebbene si riconosca una legittimazione ampliata, legata all’ammontare del valore nominale

della partecipazione, per le prerogative che i soci possono esercitare in un procedimento assembleare

già avviato. 22

L’assemblea delineata dalla SHRD appare quindi, più che il luogo di espressione di una maggiore

“democraticità” dell’organizzazione azionaria - così GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 11 s., un luogo di

raccolta di informazioni, in misura anche indipendente dall’esercizio del voto. 23

Gli aspetti indicati sono stati oggetto dell’intervento correttivo da parte del d.lgs. 91/2012: accanto

all’introduzione della specifica possibilità di presentare progetti di risoluzione, sono state apportate

modifiche all’art. 127-ter, t.u.f., per ovviare alle difficoltà applicative che si sono riscontrate nella

prima stagione assembleare di vigenza del potere di porre domande in fase preassembleare. Il nuovo

testo dell’art. 127-ter definisce i tempi per la proposizione delle domande in modo coerente con la

funzione dell’istituto disegnata dall’art. 9 della Direttiva, ossia quella di consentire la massima

informazione preassembleare nella prospettiva del conferimento di deleghe con istruzioni: il comma 1-

bis introdotto dal decreto correttivo prevede infatti che l’avviso di convocazione indichi il termine

entro il quale le domande poste prima dell’assemblea devono pervenire alla società (c.d. cut-off date).

Il termine non può superare i tre giorni antecedenti la data della riunione, salvo il caso in cui l’avviso

preveda che la società fornisca in fase preassembleare le risposte alle domande pervenute, potendosi

allora fissare nel sesto giorno che precede la riunione il limite ultimo per la proposizione delle

domande. In tal caso le risposte non dovranno necessariamente essere fornite in assemblea, ma

potranno essere fornite – almeno due giorni prima dell’adunanza – individualmente a coloro che hanno

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quella della pubblicazione dell’avviso sul sito Internet della società (24

), mentre le

altre modalità e termini di pubblicazione sono stabiliti dalla Consob con regolamento,

compresa la diffusione per estratto sui giornali quotidiani (25

).

Il sito web, quindi, diviene il principale luogo di raccolta e di diffusione di tutte le

informazioni rilevanti per la partecipazione dei soci all’assemblea. L’avviso di

convocazione deve infatti contenere, oltre alle indicazioni delle materie all’ordine del

giorno, una descrizione chiara e precisa delle procedure di intervento e di votazione

con particolare riguardo al diritto di porre domande in fase preassembleare e al potere

di chiedere l’inserzione di nuovi argomenti; deve indicare la procedura per l’esercizio

del voto sia diretto che per delega, i moduli che gli azionisti possono utilizzare per

conferire le deleghe di voto e le modalità, anche elettroniche, con cui notificarle.

Allo stesso modo devono essere messi a disposizione del pubblico: una relazione

dell’organo amministrativo sulle materie poste all’ordine del giorno, i documenti che

saranno sottoposti all’assemblea, le informazioni sul capitale sociale con

l’indicazione del numero e delle categorie di azioni in cui è suddiviso, oltre a tutte le

informazioni ulteriori relative all’esercizio dei particolari poteri sociali connessi alla

convocazione. Il sito internet della società sarà quindi il luogo di pubblicazione delle

richieste di integrazione dell’ordine del giorno e delle ulteriori proposte di

deliberazione presentate, con le relative relazioni.

Il sito raccoglie poi i risultati del dibattito preassembleare che scaturisce

dall’esercizio della prerogativa di porre domande ex art. 127-bis, almeno nel caso in

proposto la domanda e a tutti gli aventi diritto al voto mediante pubblicazione in una sezione apposita

del sito Internet della società. Non mi sembra, infatti, in considerazione del valore di fase dell’iter

informativo che la formulazione di domande assume nel momento preassembleare, che la

comunicazione individuale delle risposte possa sostituire la pubblicazione nella sezione apposita del

sito sociale, ma debba se mai aggiungersi ad essa. La considerazione risulta confermata dal comma 3

dell’art. 127-ter, ove si prevede che “si considera fornita in assemblea la risposta in formato cartaceo

messa a disposizione, all’inizio dell’adunanza, di ciascuno degli aventi diritto al voto”, e quindi non

solo di chi ha presentato l’istanza (corsivo aggiunto). 24

“(E)ntro il trentesimo giorno precedente la data dell’assemblea”: art. 125-bis, comma 1, t.u.f. Sono

poi previsti termini anticipati per le assemblee che hanno ad oggetto l’elezione, mediante voto di lista,

dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo (pubblicazione dell’avviso entro il

quarantesimo giorno precedente lo svolgimento dell’assise sociale) e termini brevi e brevissimi

rispettivamente per le delibere urgenti relative alle operazioni indicate nel terzo comma art. 125-bis,

t.u.f. e per l’assunzione delle misure difensive in caso di opa (art. 104, comma 2, t.u.f.). In senso

critico, sull’opportunità di frammentare i tempi della convocazione, secondo una scelta non imposta

dall’armonizzazione comunitaria, GUIDOTTI, La convocazione, cit., p. 563 s. 25

Anche in assenza di una apposita previsione statutaria, l’avviso può riguardare le convocazioni

successive alla prima: il d. lgs. 91/2012, infatti ha introdotto l’unica convocazione ex art. 2369, comma

1, c.c. come regola di default, così adottando la soluzione preferita dagli operatori, rispetto all’opt-in

statutario accompagnato da limitazioni alla facoltà di delegare agli amministratori, per ciascuna

assemblea, la modalità organizzativa da adottare.

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cui l’avviso di convocazione preveda di dare risposta prima della riunione alle

domande pervenute, opzione che dovrebbe rafforzarsi, presumibilmente, se si

considera che uno dei punti deboli della disciplina del diritto di porre domande è stato

ravvisato proprio nell’eccessiva dilatazione dei tempi di svolgimento delle adunanze

che la prassi di rispondere in assemblea ha fin qui determinato (26

).

2. I presupposti del diritto di integrazione. La partecipazione legittimante. - Nella

legge sulla tutela del risparmio la disposizione introduttiva del potere di integrazione

è stata significativamente collocata nel contesto delle “altre disposizioni a tutela delle

minoranze”, indicandone una portata di margine rispetto alle più consistenti modalità

di tutela che sono accordate alla minoranza con le tecniche dedicate di formazione

degli organi amministrativi e di controllo (27

). Altrettanto significativo è che la regola

sull’inserzione di nuovi argomenti in agenda fosse accostata ad una norma (28

) che

rendeva obbligatoria la fissazione da parte della Consob di soglie di partecipazione al

capitale inferiori all’uno per cento per raccogliere deleghe di voto in società ad

azionariato particolarmente diffuso o di elevata capitalizzazione, e quindi in sostanza

un accesso facilitato degli azionisti al meccanismo della delega (29

). Il senso era

26

Così la Relazione al d. lgs. 91/2012. 27

L’altra norma introdotta nel capo secondo della legge 262 del 2005 prevedeva – con una modifica

dell’art. 139 t.u.f. - l’eliminazione della facoltatività per la Consob di fissare soglie inferiori all’uno per

cento del capitale al fine di acquisire la qualità di committente nella raccolta di deleghe di voto,

laddove la società fosse di elevata capitalizzazione o ad azionariato particolarmente diffuso. La

previsione di specifici requisiti del committente – e in particolare il possesso di azioni pari, di norma,

almeno all’1 per cento del capitale sociale – è stata abrogata dall’art. 3.16 del d.lgs. 27 gennaio 2010,

nell’ambito della revisione complessiva della disciplina delle deleghe di voto che è derivata

dall’attuazione della Direttiva 2007/36/CE relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di

società quotate. In particolare, proprio nel senso dell’ampliamento delle possibilità di votare per

delega, in modo da favorire una maggiore partecipazione degli azionisti all’attività assembleare, l’art.

10 della Direttiva ha assunto l’obiettivo di rimuovere i limiti, legali e statutari, alla designazione di

rappresentanti in assemblea, consentendo di limitare unicamente l’oggetto della delega (ad un’unica

assemblea o alle assemblee tenute in un certo periodo), il numero di rappresentanti designabili da un

medesimo azionista, la facoltà di esprimere il voto divergente, e di circoscrivere la libertà del delegante

limitatamente ad alcuni casi di conflitto di interesse, ferma restando comunque l’impossibilità di

vietare tout court il conferimento della delega (così l’art. 139 del t.u.f. con riguardo ai requisiti del

committente che promuove la sollecitazione di deleghe agli azionisti). Ma che la rimozione dei limiti

soggettivi e la previsione del rappresentante designato possano effettivamente “mobilizzare” i centri

decisionali ella società, è efficacemente messo in dubbio da GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 10, anche alla

luce dei limitati effetti invalidanti del deliberato che il mancato rispetto delle istruzioni comporterebbe. 28

Anch’essa inserita nel capo secondo della l. 28 dicembre 2005, n. 262. 29

Se il voto è uno dei principali tratti caratterizzanti del diritto societario, è evidente lo stretto

collegamento che passa tra la determinazione delle materie che possono, nel quadro della ripartizione

di competenze tra organi, essere sottoposte al voto e quindi oggetto di sollecitazione di una

deliberazione dell’assemblea e le modalità con cui gli azionisti possono influenzarne il processo

decisionale. Per alcune riflessioni favorevoli all’allargamento delle condizioni e delle possibilità di

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quello di introdurre meccanismi giuridici specificamente volti ad ampliare l’accesso

alla votazione nel diritto societario (30

) e, in questo contesto, di aumentare gli

strumenti che favoriscono l’emersione di una dialettica endo-societaria fin dal

momento della programmazione dell’attività assembleare (31

). E’ chiaro infatti che il

potere di integrazione non è in grado di influire sulla centralità organizzativa del

principio maggioritario (32

), ma rappresenta certamente di un meccanismo capace di

dar voce alla minoranza qualificata imponendo alla maggioranza di prendere una

posizione sulle soluzioni alternative – formulate in chiave positiva e non più soltanto

come rifiuto di acconsentire alle proposte degli amministratori - di soggetti diversi dal

gruppo di controllo (33

).

L’art. 126-bis t.u.f. – ora riscritto dall’art. 3 del lgs. 91/2012 (34

) - stabilisce che i soci

i quali, anche congiuntamente, rappresentino un quarantesimo, e quindi il 2,5%, del

capitale sociale, possono chiedere entro dieci giorni dalla pubblicazione dell’avviso di

convocazione dell’assemblea, ovvero entro cinque giorni nel caso in cui la

convocazione riguardi le assemblee urgenti e urgentissime di cui agli artt. 125-bis,

terzo comma e 104, secondo comma, t.u.f., l’integrazione dell’elenco delle materie da

trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti proposti per la discussione

incidenza degli azionisti sulla formazione delle decisioni, si vedano SCHWARTZ - WEISS, An

Assessment of the Shareholder Proposal Rule Proposal, 65 Geo. L. J., 653 (1977).

Per una descrizione del sistema aperto di raccolta delle deleghe nell’esperienza nordamericana, anche

in relazione alle proposte di integrazione dell’agenda da parte egli azionisti: PERNA, Public company,

cit., p. 137 ss., TUCCI, Le deleghe di voto nelle public companies statunitensi, in Dir. comm. int., 1998,

p. 385 ss. 30

Per l’identificazione del diritto di voto con l’unica forma di contributo positivo alle scelte

imprenditoriali della società, ANGELICI, La riforma delle società di capitali, Seconda edizione,

Padova, 2006, p. 86. 31

CARIELLO, Alcune questioni in tema di convocazione dell’assemblea su richiesta della minoranza, in

Riv. soc, 1992, p. 610. 32

Se l’influenza sul piano della formazione della decisione è ovviamente proporzionale al numero

delle azioni con voto possedute, tutti gli azionisti sono tuttavia posti su un piano di totale simmetria

informativa, ABRIANI, Il “pungolo” gentile, cit., p. 35. 33

Per una magistrale rilettura della “teoria generale” degli interessi degli azionisti e delle opzioni

legislative del testo unico orientate alla previsione di una “tutela” nella forma dell’attribuzione di

“potere” a quote determinate del capitale sociale, ANGELICI, Le minoranze, cit., pp. 125 ss. e 131 ss. Si

veda anche la puntuale notazione, nel senso della strumentalità dei poteri di convocazione a rendere

maggiormente controllabile il rapporto con gli amministratori, LIBONATI, Diritto commerciale.

Impresa e società, Milano, 2005, p. 354. In merito alla specifica utilità del potere di intervenire nella

definitiva conformazione dell’ordine del giorno nelle società quotate, TUCCI, Modifiche del diritto

societario e nuove forme di tutela delle minoranze, in CAPRIGLIONE (a cura di), La nuova legge sul

risparmio, Padova, 2006, p. 65 ss., spec. a p. 72 s. 34

L’articolo, inserito dall’art. 5 della l. 28 dicembre 2005, n. 262 era già stato sostituito dall’art. 3 del

d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27.

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ovvero presentare proposte di deliberazione sulle materie già all’ordine del giorno

(35

).

Per definire quali sono i soggetti che possono accedere al potere di integrazione, e di

proporre preventivamente progetti di deliberazione, risulta nuovamente utile volgere

lo sguardo alla disciplina della convocazione su richiesta dei soci (36

), per verificare

se sia possibile e corretto estendere, in via diretta o analogica, le stesse conclusioni lì

raggiunte in ordine alla misurazione della percentuale di capitale sociale che deve

essere rappresentato per l’esercizio del diritto.

In tal caso la legittimazione attiva dovrebbe riconoscersi, senza distinguere tra

assemblea ordinaria e straordinaria, e allo stesso modo per le assemblee generali e

speciali, ai soci che siano titolari del diritto di voto sugli argomenti oggetto di

trattazione in quella assemblea e ciò sia per il necessario coordinamento con la

disciplina dell’intervento in assemblea (37

), sia per l’argomento desumibile dallo

statuto normativo delle azioni di risparmio, tipicamente prive del diritto di voto e

come tali escluse dal calcolo della aliquota stabilita dall’art. 2367 c.c. (38

).

Pur esistendo una generale coerenza di tipo funzionale tra le previsioni del potere di

convocazione dell’assise sociale e di aggiungere nuovi punti all’ordine del giorno,

sembra, a ben guardare, che l’art. 2367 e l’art. 126-bis, divergano proprio in quella

componente della ragione giustificatrice che dovrebbe supportare il raggiungimento

di un medesimo risultato interpretativo: la determinazione ex nihilo di una riunione

assembleare presenta un significato specifico che può rimandare a vere e proprie

35

La previsione del più ampio termine generale di dieci giorni, in luogo di quello originariamente

fissato dalla l. 262/2005 in cinque giorni dalla convocazione, era stata introdotta dall’art. 3 del d.lgs.

27/2010. 36

Nel senso della stretta correlazione tra prerogative definite nell’art. 2367 e disposto dell’art. 126

t.u.f. anche MARCHETTI, Sub art. 2367, in MARCHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da)

Commentario alla riforma delle società. Assemblea, Milano, 2008, p. 73 ss. a p. 78; PARRELLA, Sub

art. 5, in NIGRO-SANTORO (a cura di), La tutela del risparmio, Torino, 2007, p. 78 ss. Sui problemi di

interpretazione dell’art. 2367 c.c., ampiamente, MONTAGNANI, Commento sub art. 2367, in NICCOLINI-

STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Napoli, 2004, p. 482 ss. 37

Sottolinea la connessione tra potere di convocazione, diritto di intervento e diritto di voto,

MARCHETTI, Sub art. 2367, cit., p. 74. 38

Così il sesto comma dell’art. 145, t.u.f. che richiama, nel definire l’ambito di esclusione “il calcolo

delle aliquote stabilite dagli articoli 2367, 2393, quinto e sesto comma, 2393-bis, 2408, secondo

comma e 2409, primo comma, del codice civile”. Lo statuto delle azioni di risparmio confermerebbe

quindi il collegamento funzionale tra potere di convocazione e poteri di voice da esercitare in

assemblea, MAGLIULO, Sub art. 2367, in AA.VV., Commentario romano al nuovo diritto delle società,

diretto da D’ALESSANDRO, vol. II, t. I, Padova, 2010, p. 577 ss., a p. 582; PEDERZINI, Sub art. 2367, in

GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli azionisti, cit., p. 542 ss., a p. 545. Nello

stesso senso si erano espressi i commentatori della riforma organica: oltre a MARCHETTI, Sub art.

2367, cit., p. 74, si vedano FIORIO, Sub art. 2367, in COTTINO-BONFANTE-CAGNASSO-MONTALENTI (a

cura di), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, p. 511 e PASQUARIELLO, Sub art. 2367, in MAFFEI

ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Padova, 2005, p. 460.

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disfunzioni del rapporto tra soci e amministratori (39

), mentre la facoltà di cui all’art.

126-bis lascia emergere la portata innanzi tutto informativa del potere, da collegarsi,

sul piano operativo, non soltanto all’esercizio diretto del voto, ma anche

all’utilizzazione dello strumento, ormai privo di limitazioni soggettive di rilievo, della

sollecitazione di deleghe (40

). Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe che

l’unico requisito legittimante sia la qualità di socio, con esclusione quindi dei titolari

di strumenti finanziari – anche partecipativi – ma in misura indipendente alla

titolarità originaria del diritto di voto e quindi di intervento in assemblea (41

). La

considerazione non pare contraddetta, ma se mai confermata dalla lettura del nuovo

testo dell’art. 126-bis, dove si stabilisce che “(c)olui al quale spetta il diritto di voto

può presentare individualmente proposte di deliberazione in assemblea” (art. 126-bis,

comma 1, t.u.f., in fine), così differenziandolo dai “soci” che possono domandare

l’integrazione. E’ ben vero che la differente qualificazione dei soggetti legittimati ad

aggiungere nuovi punti all’ordine del giorno e a proporre preventivamente progetti di

deliberazione si giustifica in ragione del coordinamento della norma con la disciplina

della record date, secondo cui i soggetti legittimati ad intervenire e a votare ex art.

83-sexies non sono necessariamente “soci” (42

), ma è pur vero che la lettera della

disposizione si presta altresì ad una lettura coerente alla specificità degli interessi

protetti attraverso i poteri di intervento nel dibattito preassembleare, che

giustificherebbe una legittimazione più ampia di quella a presentare proposte in

assemblea, non potendosi qui prescindere dalla titolarità del diritto di intervento e,

quindi, di voto.

39

LIBONATI, Diritto commerciale, cit., ibidem. 40

Sull’essenzialità di promuovere la raccolta di deleghe anche sulle proposte presentate dalla

minoranza, pure in un contesto normativo che prevedeva la necessaria presenza di un intermediario,

IRACE, Il ruolo degli investitori istituzionali, cit., p. 134 ss. Si vedano però in senso critico rispetto alla

effettiva incidenza dei nuovi presupposti per la raccolta di deleghe sulla stabilità dei centri decisionali,

GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 10. 41

In senso contrario, PARRELLA, Sub art. 5, cit., p. 79, n. 8 e, seppure con accenti dubitativi,

PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis in GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli

azionisti, cit., p. 679 ss., a p. 686.

Per quanto concerne le azioni oggetto di diritti limitati, deve ritenersi senz’altro applicabile, in parte

qua, il disposto dell’art. 2352, comma 6, c.c. ove prevede la legittimazione cumulativa del socio e del

titolare del diritto reale di godimento o di garanzia e quella, invece esclusiva, del custode

sequestratario. L’applicazione del principio di tassatività delle regole sanzionatorie – cui è

riconducibile la ratio dell’art. 2368, comma 3, c.c. - suggerisce di mantenere in capo al socio la

prerogativa di chiedere l’integrazione dell’agenda nelle ipotesi tipiche di sospensione del voto quali la

morosità, la titolarità di azioni proprie, l’omissione delle comunicazioni previste dall’art. 120, comma

2, t.u.f. o il superamento delle soglie di incrocio azionario fissate dai commi 2 e 3 dell’art. 120 t.u.f. 42

Sulle implicazioni sistematiche della disciplina della record date, FURGIUELE, Record date ed

esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso, in Riv. dir. comm., 2011, I, p. 157 ss.

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3. Forma e contenuto della richiesta di integrazione dell’agenda. – Il d.lgs. 91/2012,

nella prospettiva della definitiva messa a punto della disciplina dei diritti degli

azionisti, ha meglio definito le modalità di trasmissione della richiesta, per la quale è

sempre necessaria la forma scritta, prevedendo l’invio per corrispondenza o con

mezzi elettronici, nel rispetto dei requisiti esteriori, anche di natura tecnica, che

risultino “strettamente necessari” per identificare i richiedenti e che la società dovrà

indicare, anche con riferimento al sito internet, nell’avviso di convocazione. Alla

richiesta va allegata la certificazione attestante la titolarità della partecipazione.

Per quanto concerne il contenuto della richiesta, non si può prescindere dalla

definizione della duplice funzione dell’ordine del giorno dell’assemblea delineata da

Vivante (43

): da un lato la funzione positiva, di tipo informativo, volta a consentire ai

soci una partecipazione in assemblea con “maturo consiglio” e dall’altro quella

negativa, diretta ad impedire che “si sorprenda la buona fede degli assenti”

deliberando su materie non attese (44

).

Analizzando le modalità di formazione dell’agenda assembleare, si riscontra una

diversa terminologia: quando l’impulso è degli amministratori, essi devono convocare

l’assemblea indicando le materie da trattare (art. 2366 c.c., in cui l’indicazione

dell’elenco delle materie da trattare appunto descrive la predisposizione di quella

parte dell’avviso di convocazione che consiste nell’ordine del giorno); quando invece

la richiesta di convocazione, o di integrazione proviene dai soci, nella domanda

diretta ad ottenere la convocazione ex art. 2367 c.c. debbono essere indicati “gli

argomenti da trattare” ovvero - nella richiesta volta a conseguire l’integrazione

dell’agenda di un’assemblea già convocata ex art. 126-bis - “gli ulteriori argomenti da

essi proposti”. Le materie, dunque, sono poste in discussione dagli amministratori, gli

argomenti, dai soci: poiché la materia può essere definita come l’“insieme degli

argomenti” di una trattazione, mentre l’argomento costituisce appunto (una delle)

materie che la trattazione compongono, la proposta dei soci sembra avere un oggetto

più circoscritto di quella introdotta dagli amministratori, cui sarebbe in definitiva

riservato il potere di sottoporre alla discussione, e soprattutto di inserire nel circuito

43

Nel Trattato di diritto commerciale, vol. II, 4° ed., Milano, 1912, p. 283 ss. 44

La definizione vivantiana della funzione dell’ordine del giorno è precisamente ricalcata dalle

decisioni della Corte di Cassazione in materia: si veda, per tutte, Cass. 12 marzo 1981, n. 1408, in

Giur. comm., 1981, II, p. 564.

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informativo preassembleare, che si arricchisce poi con il potere di integrazione e il

diritto di porre domande, temi di più ampia portata (45

).

Tuttavia, mantenendo l’analisi sul piano positivo, non sembra revocabile in dubbio

l’omogeneità ontologica tra materie da trattare ed argomenti da discutere, se non altro

perché il loro contenuto deve necessariamente uniformarsi a quello – tipico - dell’atto

che in origine o successivamente contribuiscono a formare, ossia l’ordine del giorno.

Poiché in effetti quest’ultimo, consiste in un elenco di materie da trattare (arg. ex art.

2366 c.c.) l’inserimento di punti ulteriori non può che rappresentare l’aggiunta di

nuovi temi di discussione dotati di un grado di determinazione tale da costituire

materie su cui deliberare nel rispetto del principio di informazione dei soci chiamati

alla riunione, anche se non deve trattarsi necessariamente di progetti di decisione veri

e propri (46

).

La questione non è meramente nominalistica, poiché il differente grado di

specificazione della richiesta, che comunque può nella pratica permanere nella

forbice che va dal grado massimo di determinazione - rappresentato dall’oggetto delle

singole deliberazioni da prendere - e quello minimo - rappresentato dall’indicazione

anche sintetica, purché chiara e non ambigua, degli argomenti di discussione, incide

su due profili operativi di non poco momento.

Da un lato, la circostanza che l’ulteriore argomento sia più o meno dettagliato

influisce sulla sindacabilità della richiesta di integrazione da parte degli

amministratori e, di conseguenza, sul potere di modificarla in fase di attuazione;

dall’altro, ed in senso più generale, il grado di determinatezza dei nuovi argomenti

incide sull’interpretazione del deliberato assembleare.

I margini interpretativi degli effetti della deliberazione, infatti, diminuiscono

all’aumentare del grado di specificità dei temi di cui si è programmata la discussione.

Poiché l’ordine del giorno delimita, in ossequio al principio di informazione dei soci,

la competenza decisoria dell’assemblea (47

), una materia diversa da quella ivi indicata

45

L’impressione che gli oggetti di discussione abbiano una diversa ampiezza se provenienti

dall’organo gestorio o dai soci rimane intatta al confronto con le norme omologhe presenti in altre

leggi europee. Nel diritto francese, ad esempio, a fronte delle questioni (“questions”) poste all’ordine

del giorno dagli amministratori, si parla di progetti di deliberazione (“projets de résolution”) là dove la

proposta di integrazione dell’agenda assembleare provenga dalla minoranza.

Per un uso sinonimico delle due espressioni, AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano,

2012, p. 185. 46

Anche il vincolo interpretativo posto dalla attuazione della SHRD depone nel senso di una

specificità analoga a quella imposta agli amministratori: si veda al riguardo l’art. 6, comma 1, lett. a)

dove si fa riferimento al “diritto di iscrivere punti all’ordine del giorno”. 47

E’ l’insegnamento di G. FERRI, Le società, in Trattato di diritto civ. it., diretto da F. Vassalli, Torino,

1971, p. 419.

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non può essere oggetto di deliberazione, neppure se implicita in uno degli argomenti

di cui è programmata la trattazione (48

); allo stesso modo, non possono trarsi dalla

interpretazione della decisione esplicita corrispondente all’agenda programmata,

effetti ulteriori caratterizzati da distinzione ed autonomia di oggetto (49

).

Sul punto è intervenuto in maniera definitiva il decreto correttivo prevedendo, nel

nuovo quarto comma dell’art. 126-bis, il dovere di specificare puntualmente non solo

le ragioni, ma anche lo scopo della richiesta di integrazione (50

) predisponendo una

relazione che contenga “la motivazione delle proposte di deliberazione sulle nuove

materie di cui essi propongono la trattazione”: se ne desume, quindi, che ogni

richiesta di aggiungere nuovi punti all’agenda assembleare debba essere corredata da

un progetto di risoluzione.

Con riguardo invece alle materie indicate nell’orine del giorno originario, ci si

domandava, prima dell’intervento del decreto correttivo, se i soci potessero presentare

prima dell’assemblea – e quindi diffondere con i mezzi elettronici di messa a

disposizione del pubblico indicati nell’art. 125-bis e 125-quater – progetti di

deliberazione alternativi a quelli predisposti dagli amministratori (51

).

La previsione dell’art. 6 della Direttiva di “presentare proposte di delibera su punti

che figurano o figureranno all’ordine del giorno” non era stata ripresa nella stesura

definitiva del d.lgs. 27/2010, anche se si riteneva che un’interpretazione

“comunitariamente orientata” potesse essere sufficiente a colmare la lacuna

normativa (52

).

La questione è stata superata con l’entrata in vigore del d.lgs. 91/2012 che prevede

espressamente, per le assemblee il cui avviso di convocazione sarà pubblicato dopo il

1° gennaio 2013, la facoltà di presentare anticipatamente - e negli stessi termini e

modalità prescritti per la richiesta di integrazione dell’ordine del giorno - proposte di

deliberazione sulle materie già in agenda, proposte che dovranno essere diffuse

attraverso il sito internet della società e con le altre modalità previste dalla Consob e

dallo statuto per l’avviso di convocazione, almeno quindici giorni prima di quello

fissato per l’assemblea (art. 126-bis, comma 2, t.u.f.).

48

SERRA, L’assemblea, cit., p. 111. 49

Sul tema, P. FERRO-LUZZI, In tema di deliberazione assembleare implicita, in Riv. dir. comm., 1969,

II, p. 181. 50

Si confronti il § 122 AktG, Abs. 1: “die Einberufung schriftlich unter Angabe des Zwecks und der

Gründe Verlangen“ (corsivo aggiunto). 51

In senso affermativo, argomentando dalla portata self executing delle disposizioni “sufficientemente

precise” della Direttiva, ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 17 s. 52

Così ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 19.

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4. I poteri e i doveri degli amministratori di fronte all’esercizio del diritto di

integrazione – Il d. lgs. 91/2012, è intervenuto a modificare la disciplina del diritto di

integrazione dell’ordine del giorno in alcuni punti che sollevavano dubbi

interpretativi. E’ quindi opportuno procedere ad una rilettura della norma per

verificare quali delle soluzioni finora raggiunte possano considerarsi confermate de

iure condito.

Dopo l’attuazione della SHRD, raffrontando l’art. 2367 c.c. e l’art. 126-bis t.u.f. si

riscontravano una parte simmetrica, rappresentata dalla previsione di un limite al

potere di indire la riunione o di integrarne l’agenda per le materie sulle quali

l’assemblea delibera per legge su proposta dell’organo amministrativo o in base ad

una relazione o un progetto da esso predisposti; e una, più consistente, parte

asimmetrica rappresentata dal mancato richiamo, nell’art. 126-bis, sia della facoltà di

adire l’autorità giudiziaria per azionare la pretesa nel caso di inerzia degli organi

amministrativi e di controllo, sia della possibilità di derogare statutariamente, in

melius, alla percentuale di partecipazione al capitale necessaria per l’esercizio del

diritto, entrambe previste nel caso della convocazione ex novo.

Il limite oggettivo è rimasto intatto, sebbene si discuta in dottrina sulla ragione

giustificatrice di una simile delimitazione del potere di iniziativa dei soci. A una

prima impostazione che intende il limite oggettivo in discorso come operante ogni

qual volta il progetto di deliberazione debba essere per legge predisposto dagli

amministratori – e quindi nel caso dell’approvazione del bilancio, nelle deliberazioni

che hanno ad oggetto la fusione, la scissione, l’aumento del capitale con esclusione

del diritto di opzione, la riduzione del capitale per perdite (53

), si contrappone una

lettura che valorizza il significato “gestionale” del procedimento assembleare e quindi

riserva la convocazione agli amministratori ogni volta che la delibera presupponga

una attività preparatoria di elevato contenuto tecnico, che solo l’organo

amministrativo è in grado di realizzare (54

). In entrambi i casi, tuttavia, non si dubita,

e la lettera dell’art. 126-bis lo conferma (55

), che per quanto riguarda le società

quotate, siano escluse dall’iniziativa dei soci la convocazione e l’integrazione

53

Ma anche la trasformazione di società di capitali ex art. 2500-sexies c.c. e la trasformazione

eterogenea da società di capitali ex art. 2500-septies c.c., BRUNO, I poteri i iniziativa assembleare degli

azionisti, in Giur. comm., 2010, I, p. 736 ss., a p. 743; MONTAGNANI, Sub art. 2367, cit., p. 483 s. 54

FIORIO, Sub art. 2367, cit., p. 511 ss. 55

Ma la conclusione può essere estesa al potere di convocazione previsto dall’art. 2367 c.c.,

PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 688.

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dell’agenda delle sole assemblee che deliberano su proposte, progetti o relazioni degli

amministratori diverse da quelle, sempre obbligatorie, indicate dall’art. 125-ter, t.u.f.

Gli amministratori comunicano, nelle stesse forme previste per la pubblicazione

dell’avviso di convocazione, almeno quindici giorni prima di quello fissato per

l’assemblea, le integrazioni all’ordine del giorno e la presentazione di ulteriori

proposte di deliberazione sulle materie già programmate, mentre il testo delle ulteriori

proposte, come le relazioni che devono corredare sia le richieste di integrazione

dell’agenda, sia le nuove proposte di risoluzione, vengono messe a disposizione del

pubblico presso la sede sociale, sul sito Internet della società e con le altre modalità

previste dalla Consob, contestualmente alla pubblicazione delle notizie della

integrazione o della presentazione.

Significativamente l’obbligo di pubblicizzazione ha ad oggetto le integrazioni

medesime, da intendersi così come proposte dalla minoranza, essendo esclusa dalla

lettera della legge ogni possibilità di modifica dell’oggetto della richiesta. Di qui

alcuni corollari: contrariamente a quanto avviene nella convocazione ex art. 2367, in

cui la formazione dell’ordine del giorno rimane atto degli amministratori ed essi

mantengono nell’attuarlo un grado di discrezionalità dipendente dal livello di

specificazione della proposta dei soci richiedenti, la formazione della parte integrativa

dell’ordine del giorno non tollera alcuna discrezionalità, dovendo gli amministratori

semplicemente rendere note, nelle forme della convocazione, le integrazioni richieste

dai soci e le relative relazioni, potendo al più accompagnare queste ultime con le

proprie valutazioni; l’integrazione dell’ordine del giorno costituisce una componente

documentale autonoma rispetto all’(originario) avviso di convocazione, sebbene

l’ordine del giorno debba considerarsi giuridicamente unitario ed unitariamente

esplichi l’effetto di delimitare l’ambito della competenza decisoria di quella

assemblea e quindi i confini dell’interpretazione degli effetti del deliberato;

rimangono riconoscibili e distinguibili, per i soci e per il mercato, sia pure nella

giuridica unitarietà dell’agenda assembleare, le materie poste in trattazione dagli

amministratori, gli argomenti promossi dalla minoranza, e le osservazioni degli

amministratori su questi ultimi, il che comporta una più evidente emersione

dell’andamento della dialettica endo-societaria, non priva di conseguenze sul piano

dell’informazione degli investitori e dei risparmiatori.

Un aspetto problematico, sempre comune ai poteri di iniziativa assembleare, riguarda

il grado di sindacabilità della domanda dei soci da parte degli amministratori.

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Certamente compete agli amministratori, in applicazione del dovere di diligenza (56

),

il controllo sull’esistenza della titolarità della partecipazione e della legittimazione

attiva, così che la richiesta non potrà e non dovrà essere accolta quando: provenga da

una minoranza inferiore al quarantesimo del capitale sociale, e quindi non qualificata

all’esercizio del diritto; non contenga l’indicazione degli argomenti da trattare,

ovvero li indichi solo per relationem o con il mero rinvio a disposizioni di legge;

l’argomento di trattazione proposto abbia oggetto impossibile o illecito; l’argomento

da trattare non sia di competenza dell’assemblea (perché sia riservato, ad esempio,

alla esclusiva competenza del consiglio); l’argomento da inserire presupponga la

proposta, il progetto o la relazione degli amministratori sulla scorta di disposizioni di

legge diverse dall’art. 125-ter; la richiesta non sia redatta per iscritto o non sia

comunicata con il rispetto dei requisiti necessari per identificare i richiedenti.

L’introduzione di un sindacato in sede giurisdizionale della legittimità del rifiuto di

provvedere o delle modalità di attuazione della richiesta, può far ritenere che il

controllo preventivo degli amministratori verifichi la legittimità della richiesta anche

nel senso di escludere le iniziative che siano “ripetitive e pretestuose o che possano

con probabilità dare vita a situazioni e deliberazioni capaci di recare danno alla

società” (57

). Tuttavia, al di fuori di questi casi, il maggior dettaglio ora richiesto nella

determinazione degli argomenti da proporre in assemblea, tale da far coincidere

l’argomento proposto con l’oggetto della singola deliberazione da assumere, sembra

ridurre drasticamente i margini di discrezionalità degli amministratori nel non dar

corso alle domande ovvero nel modificarne il contenuto: non è infatti stata riprodotta

nello statuto generale della convocazione su richiesta della minoranza la facoltà di

non provvedere qualora lo esiga l’interesse della società (58

).

4. Segue. La giustiziabilità del diritto, prima e dopo il decreto correttivo. – Maggiore

incertezza destavano i profili di effettività del diritto, almeno fino all’intervento

correttivo del 2012 che ha introdotto, nell’art. 126-bis, un nuovo quinto comma che

56

PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 689. 57

Trib. Milano, 21 novembre 1994, in Giur. comm., 1995, II, p. 586 ss.; MARCHETTI, Sub art. 2367,

cit., p. 76 s. trae un argomento favorevole alla discrezionalità degli amministratori dalla previsione del

sindacato giurisdizionale e, in particolare, dalla natura “non ingiustificata” del rifiuto, che potrebbe

emergere dall’audizione degli organi amministrativi e di controllo. Gli amministratori non dovrebbero

nemmeno accogliere le richieste dannose per la società in ragione della divulgazione di notizie capaci

di incidere sul comportamento di terzi, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 689. 58

Così, invece, l’art. 125 t.u.f., ora abrogato, il cui secondo comma prevedeva che entro il termine di

trenta giorni dalla proposizione ella richiesta “gli amministratori, in considerazione degli argomenti da

trattare possono, nell’interesse della società, deliberare di non procedere alla convocazione”.

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prevede l’intervento del tribunale, negli stessi termini indicati dall’art. 2367 c.c., nel

caso di mancata integrazione dell’ordine del giorno con le nuove materie o proposte

presentate dai soci (59

).

In precedenza ci si chiedeva se la regola della tutela giurisdizionale del diritto della

minoranza alla convocazione si potesse estendere analogicamente all’integrazione

dell’ordine del giorno ex art. 126-bis o se almeno fosse applicabile all’ipotesi di

omessa o incompleta integrazione dell’agenda il potere sostitutivo dell’organo di

controllo (60

), magari su iniziativa del presidente del collegio, che – secondo il

disposto dell’art. 148, comma 2-bis, t.u.f., deve essere nominato tra i sindaci eletti

dalla minoranza ed essere quindi “rappresentativo” dei soci estranei al gruppo di

comando della società (61

). Nonostante l’evidente similitudine tra le due fattispecie, la

mancata previsione non era probabilmente dovuta ad una lacuna soggettiva, ma

giustificava l’applicazione dell’argumentum a contrario, secondo cui il mancato

richiamo della disciplina prevista per la richiesta di convocazione derivava dalla

volontà contraria del legislatore all’estensione di quella regola speciale alla ipotesi di

omessa integrazione dell’agenda (62

).

Il rimedio più promettente appariva quello della invalidità della deliberazione

assembleare: i soci non consenzienti che rappresentassero l’uno per mille del capitale

sociale, avrebbero potuto domandare l’annullamento della deliberazione assunta

all’esito di un procedimento che avesse violato le regole di informazione indicate

nell’art. 126-bis, t.u.f., senza che potessero operare i rimedi conservativi della

deliberazione previsti nel quinto comma dell’art. 2377 c.c. (63

)

Meno convincente sul piano pratico appariva l’esercizio dell’azione sociale di

responsabilità, sia nel caso della totale omissione del provvedimento di integrazione,

sia nell’ipotesi di incompleto o elusivo accoglimento della richiesta della minoranza

59

Per la specificazione dei rilevanti interessi gestionali coinvolti nella richiesta ex art. 2367, anche in

una prospettiva in cui il potere può essere utilizzato dalla stessa maggioranza assembleare nella

dialettica con gli amministratori, SERRA, L’assemblea, cit., p. 111. 60

Per la soluzione negativa, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 690. 61

Sul punto, ALESSI, Il rapporto dialettico tra collegio sindacale e soci, in ALESSI-ABRIANI-MORERA

(a cura di), Il collegio sindacale. Le nuove regole, Milano, 2007, p. 5 ss., a p. 13 s. 62

Nello stesso senso, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., ibidem., ove anche l’ipotesi della tutela

cautelare ex art. 700 c.p.c., al ricorrere del periculum in mora.

La ragione giustificatrice della mancata previsione era evidentemente quella di circoscrivere le ipotesi

di contenzioso all’interno delle società, soprattutto poiché quotate in mercati regolamentati,

indirizzando gli interessi della minoranza verso tecniche alternative di realizzazione, in particolare

attraverso meccanismi risarcitori piuttosto che di esecuzione in forma specifica dei diritti. 63

Nello stesso senso, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 691.

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(64

), soprattutto con riguardo alla possibilità di dimostrare la concreta probabilità di

approvazione delle proposte che avrebbero evitato il danno alla società.

La previsione del medesimo rimedio indicato dall’art. 2367 c.c., ha perfezionato il

procedimento di integrazione dell’agenda assembleare e di presentazione di proposte

di deliberazione sulle materie all’ordine del giorno, secondo le finalità del d. lgs.

91/2012.

La nuova disposizione comporta innanzi tutto l’attribuzione all’organo di controllo di

un potere suppletivo delle condotte degli amministratori, nel caso di omissione o di

incompletezza della diffusione delle richieste e delle proposte dei soci.

Il ricorso al tribunale, infatti, è ammesso se l’organo di amministrazione o, in caso di

inerzia di questo, il collegio sindacale, o il consiglio di sorveglianza o il comitato per

il controllo sulla gestione (65

) non provvedono all’integrazione dell’ordine del giorno

con le nuove materie o proposte presentate dai soci. Dati i tempi circoscritti dei

momenti di informazione preassembleare, il potere di ricorrere al tribunale non sarà

limitato al caso di omissione ma troverà applicazione anche nelle ipotesi in cui gli

amministratori ritardino ingiustificatamente la diffusione delle informazioni, oppure

manifestino, tempestivamente, un espresso rifiuto di dar corso alle richieste dei soci

(66

).

Il provvedimento del tribunale viene assunto “sentiti i componenti degli organi di

amministrazione e di controllo”, in ossequio al principio del contraddittorio, ma

anche in ragione della necessità di considerare la sussistenza di una giustificazione

della condotta omissiva o dell’espresso rifiuto di provvedere (67

). Certamente il

64

Un’indicazione positiva proveniva evidentemente dalla stessa legge 262 del 2005 che ha allineato,

nel riformare l’art. 2393-bis c.c., la minoranza legittimata all’esercizio dell’azione sociale di

responsabilità al medesimo 2,5% del capitale sociale cui spetta il diritto di chiedere l’integrazione

dell’ordine del giorno con nuovi argomenti. Tuttavia, oltre alla portata disincentivante, soprattutto per

gli investitori istituzionali, che avrebbe l’incidenza di una simile azione sul valore di mercato, il nodo

della questione risarcitoria si sposterebbe – come in ogni fatto che determini un illecito civile - sulla

prova del danno: spetterebbe ai soci di minoranza dimostrare che la trattazione e la deliberazione degli

argomenti indicati avrebbe determinato l’adozione di provvedimenti idonei ad evitare un danno alla

società oppure avrebbe impedito l’adozione di provvedimenti che l’abbiano in concreto danneggiata,

circostanza assai difficile da realizzarsi in concreto una volta escluse tutte le deliberazioni prese sulla

base di progetti, proposte e relazioni richiesti dalla legge agli amministratori. 65

La competenza è attribuita dalla legge in forma collegiale, ma è probabilmente corretto ritenere che

lo statuto possa attribuire la competenza medesima al Presidente ovvero, disgiuntamente, a ciascuno

dei componenti degli organi amministrativi e di controllo: Consiglio Notarile di Milano, Commissione

Società, Massima n. 82. 66

Così, con riferimento all’art. 2367 c.c., MAGLIULO, Sub art. 2367, cit., p. 585. Il dovere di agire

prescinderebbe dalla natura dell’impedimento per SERRA, L’assemblea, cit., p. 72 67

Valorizza questo significato dell’audizione MARCHETTI, Sub art. 2367, cit., p. 77, ove afferma che il

carattere non ingiustificato della condotta, che può emergere dal controllo giurisdizionale, depone nel

senso della sussistenza di un certo grado di discrezionalità in capo agli amministratori.

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provvedimento sarà favorevole agli amministratori se le richieste di integrazione o le

proposte di deliberazione presentino oggetto impossibile o illecito, come anche,

seguendo una consolidata giurisprudenza (68

), quando le domande configurino la

fattispecie di abuso del diritto, poiché finalizzate ad ostacolare o a disturbare l’attività

dell’assemblea (69

).

Non è invece condivisibile la lettura che riserva agli amministratori di valutare la

conformità del merito delle proposte all’interesse sociale, non solo per l’argomento,

di per sé dirimente, della già citata abrogazione dell’art. 125 t.u.f., ma perché una

simile discrezionalità, al di fuori delle ipotesi di “giustificato rifiuto” prima indicate,

ridurrebbe ulteriormente, e senza plausibili giustificazioni, il potere di iniziativa

assembleare dei soci, già consistentemente intaccato dalla riforma organica (70

).

5. Diritto di integrazione e autonomia statutaria. - Un’ultima area problematica

dell’interpretazione della regola sull’integrazione dell’ordine del giorno, riguarda gli

spazi di intervento dell’autonomia statutaria sulla prerogativa accordata dall’art. 126-

bis, e cioè se, ed in quali termini, possa essere statutariamente modificato il diritto

della minoranza di proporre integrazioni all’ordine del giorno dell’assemblea.

Uno dei punti in cui diritto di convocazione e potere di integrare l’agenda e di

presentare nuove deliberazioni continuano a divergere, infatti, consiste nella espressa

derogabilità statutaria – in senso riduttivo – dell’aliquota del capitale sociale

legittimata a chiedere la convocazione, disposizione non richiamata, né riprodotta,

nell’art. 126-bis, t.u.f.

I margini di incidenza dell’autonomia statutaria su questo diritto debbono essere

ricostruiti nel contesto di due principi ordinanti: da un lato, il maggior grado di

imperatività che deve riconoscersi alle regole che disciplinano il modello di società

con azioni quotate in mercati regolamentati, ove la legge interviene a proteggere

interessi diffusi e polverizzati che non saprebbero tutelarsi da sé a costi ragionevoli;

dall’altro, la necessaria apertura dell’ordinamento corporativo di queste società al

Sul dibattito precedente alla riforma, con riguardo all’art. 2367 c.c., SERRA, L’assemblea, cit., p. 73;

GRIPPO, L’assemblea nella società per azioni, in Tratt. Rescigno, 16, Torino, 1985, p. 272. 68

Si vedano, tra molte, Trib. Milano, 7 maggio 1987, in Giur. comm., 1987, II, p. 812; Trib. Milano,

21 novembre 1994, in Giur. comm., 1995, II, p. 586; Trib. Napoli, 24 gennaio 1996, in Società, 1996,

p. 817. 69

Ricostruisce i poteri degli amministratori in tema di valutazione della procedibilità della richiesta di

convocazione nel quadro delle misure limitative degli abusi delle minoranze, MAGLIULO, Sub art.

2367, cit., p. 588, ove riferimenti alla disciplina dell’invalidità delle deliberazioni assembleari e a

quella del verbale delle deliberazioni di società azionarie. 70

MONTAGNANI, Sub art. 2367, cit., p. 479 s.; BRUNO, I poteri di iniziativa, cit., p. 737 ss., si sofferma

ampiamente sul significato partecipativo dei poteri di iniziativa assembleare nelle società quotate.

Page 23: azionarie e diritti dei soc - judicium.it. Marchegiani.pdf · soc. 1967, p. 370 ss., in cui la disposizione che qui ci occupa è contenuta nell’art. 9. Il progetto originario, con

www.judicium.it

“mercato delle regole”. In questo quadro di determinazione degli interessi protetti, va

poi inserito il vincolo interpretativo che deriva dalla previsione comunitaria delle

fattispecie dell’integrazione dell’ordine del giorno e della presentazione di proposte di

deliberazione. L’art. 6 della Direttiva 2007/36/CE, stabilisce che “(q)ualora uno dei

diritti di cui al paragrafo 1 sia subordinato alla condizione che l’azionista o gli

azionisti in questione detengano una partecipazione minima nella società” tale

partecipazione non possa superare il 5%, ma ipotizza anche l’eventualità che essi

siano attribuiti ai soci singolarmente: ne risulta che ogni disposizione statutaria che

renda più agevole l’esercizio del diritto da parte della minoranza sarà ammissibile, sia

che riduca la percentuale di partecipazione necessaria per proporre la richiesta; sia

che modifichi, sempre in senso favorevole ai soci minoritari, i termini per l’esercizio

del diritto e per la pubblicazione dell’integrazione o della presentazione del progetto

di delibera. Allo stesso modo non mi sembra da escludere l’attribuzione statutaria del

potere di integrare l’agenda e di presentare di proposte ai titolari di strumenti

finanziari partecipativi (71

).

Al contrario, vanno considerate inammissibili le previsioni statutarie volte a limitare

la facoltà e le modalità di esercizio del potere di chiedere l’integrazione rispetto al

contenuto legale minimo, e quindi le clausole che comportino l’aggiunta di nuovi

oggetti a quelli la cui proposta è riservata agli amministratori, quelle che prevedano la

fissazione di requisiti procedimentali che non siano strettamente necessari per

l’identificazione dei richiedenti (arg. ex art. 126-bis, comma 1) e comunque le

disposizioni che abbiano per oggetto o per effetto di rendere maggiormente gravoso

l’esercizio del diritto di integrazione dell’agenda assembleare e di presentare proposte

di deliberazione sulle materie già indicate all’ordine del giorno.

71

Per l’affermativa, ma solo in correlazione all’esercizio del voto, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis,

cit., p. 687.