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ISTITUTO DELLE SUORE MAESTRE DI S. DOROTEA DI VENEZIA VIA RAFFAELE CONFORTI, 25 00166 ROMA • 06/6624041 E-MAIL: ardereperaccendere@pcn.net Anno XLIV - Trimestrale - Poste Italiane Spa - Sped. in abb. postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma KOINONIA DOCUMENTI SOPHIA PAROLA E ARTE PAROLA E ARTE Splendore del Padre SOPHIA Dove l’amore di Dio si incarna sulla terra DOCUMENTI La cognizione del cuore KOINONIA Il volto della misericordia ORIZZONTI ORIZZONTI L’ecumenismo del sangue INSERTO BICENTENARIO OSD

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ISTITUTO DELLE SUORE MAESTRE DI S. DOROTEA DI VENEZIAVIA RAFFAELE CONFORTI, 2500166 ROMA • 06/6624041E-MAIL: [email protected]

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PRIMA PAGINAConforto della nostra attesa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

PAROLA E ARTESplendore del Padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4-6

ANTROPOSSulla misericordia e la compassione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7-9

SOPHIADove l’amore di Dio si incarna sulla terra . . . . . . . . . . . . . . 10-12

PATERIKONOlimpia di Costantinopoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13-14

KOINONIAIl volto della misericordia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15-17

DOCUMENTIDon Luca Passi: la cognizione del cuore . . . . . . . . . . . . . . . 18-20

FACCE DI SUOREIndimenticabile sorella dorotea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21-22

PASSI NELL’OPERA• Eletto il nuovo Consiglio nazionale cooperatori . . . . . . . . 23-25

• La Promessa dono di Grazia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26-27

ORIZZONTIL’ecumenismo del sangue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28-31

ASTERISCOIl martirio è ancora attuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32-34

[email protected] beato Luca! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

FONDAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36-37

CI HANNO LASCIATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38-41

SEGNALAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

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La Rivista viene inviata gratuitamente. Chi desidera contribuire alle spese può servirsi del c/c postale n. 82063009

In copertina:Battistero paleocristiano di Santa Maria Maggiore a Nocera Superiore (SA)

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CONFORTODELLA NOSTRA ATTESA

SUOR FERNANDA BARBIERO

I l “Conforto della nostra attesa” è lo Spirito Santo definito così dal grande Padredella Chiesa, Ilario di Poitiers Vescovo (315-367). Viene dall’alto. Non è operadelle tue mani. E non è dunque proprietà di nessuno. “Tutti furono pieni di Spirito

Santo”. Tutti! Pieni! È vento e quindi resistente a ogni sequestro. Viene dalla Pasqua di Gesù. È forza della risurrezione, forza della vita. Lo Spirito èimpercettibile come il respiro e, come il respiro è presente nelle più semplici, nellepiù nascoste azioni di ogni giorno. Eppure dono meraviglioso, straordinario, perchésenza lo Spirito le cose di ogni giorno si appiattirebbero, diventerebbero spentomonotono convivere. Lo Spirito Santo è Dono che riscatta la pesantezza, l’opacità diun vivere impoverito e banale. Dono che consente di superare l’ordinariaamministrazione delle cose. Ho letto recentemente le parole, tra le ultime, di EttyHillesum, che scrive dai campi dello sterminio. Sono parole rivolte a Dio: “L’unicacosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è unpiccolo pezzo di te, in noi stessi, mio Dio”.Che cosa significa allora essere creature dello Spirito?La parola “spirito” richiama interiorità, forza intima. Dice uomini e donne del“raccoglimento”, ma non certo dell’intimismo. Come dice Gesù: “Tu, quando preghi,entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto”. L’interioritàdello Spirito è quella capacità di andare “oltre”, o meglio, andare “dentro”.Il primo dono dello Spirito è quello di riportare l’uomo dentro di sé, nelle profonditàdel suo essere, là dove la verità abita. Lo Spirito di Dio abita in voi (Rm 8,9) dice SanPaolo ai cristiani di Roma. Come Dio stesso ha detto: “Abiterò in mezzo a loro ecamminerò con loro”.Noi abituati a cercare la luce fuori di noi, non siamo educati a cercarla dentro di noi.Lo Spirito ci restituisce profondità, verità, senso. Dentro lo spessore opaco delle cose,oltre la scorza esteriore, lo Spirito non chiude il nostro cuore in giudizi affrettati, lomette in ricerca di visioni più profonde, più reali, solitamente più nascoste. L’uomospirituale, cioè l’uomo dello Spirito è colui che pensa e non si lascia manovrare, nonmette la propria intelligenza in schiavitù di nessuno. Lo Spirito è soffio del Dio vivente, è presente in noi fin dall’emergere della vita el’accompagna fino al compimento. È respiro di libertà. Lo Spirito è presenza nascostanel cuore di tutte le cose. Il suo venire, la Pentecoste, è festa dello Spirito che scuote, apre le porte, conducefuori dai recinti protetti, nel rischio della vita, nella imprevedibilità della vita. Ed èebbrezza che non lascia pallidi e spenti, ma vivi e appassionati.Lo Spirito è l’Amore di Dio che fa del nostro cuore la sua dimora ed entra incomunione con noi. Lo Spirito Santo sta sempre con noi, nel nostro cuore, “è ilconforto della nostra attesa, è il pegno della speranza futura nella realizzazione deisuoi doni, è la luce delle nostre menti, lo splendore delle nostre anime”1. Un Padre deldeserto racconta che, quando, durante la Santa Liturgia, il diacono diceva scambiatevil’abbraccio, un anziano era solito ripetere: “Ho visto lo Spirito santo! … nella boccadei fratelli, nel loro abbraccio”. ■

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1 ILARIO DI POITIERS, Trattato sulla Trinità, Lib. 2,1.33.35; PL 10, 50-51.73-75.

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T i sei trasfigurato sul monte e i tuoi discepoli hanno contemplato,come hanno potuto, la tua gloria, o Cristo Dio, affinché quando tiavrebbero visto crocifisso potessero credere volontaria la tua

passione e poi predicare al mondo che tu sei veramente lo splendore delPadre (dalla liturgia bizantina).

La trasfigurazione si colloca tra i primi due annunci della passione cheGesù fa agli apostoli, e secondo la tradizione avviene quaranta giorniprima della crocifissione. Prima che il suo Volto sia sfigurato nellapassione, Cristo vuole lasciare ai suoi il ricordo del suo Volto glorioso eluminoso, per confermarli nella fede. Salendo sul monte, prende con sé

Pietro, Giacomo e Giovanni, quelliche poi lo accompagneranno anchenel Getsemani, dove lo vedrannoconsegnato nelle mani degliuccisori. La trasfigurazione siinserisce dunque in un quadropasquale e ne diventa una chiave dilettura.

Per questo motivo sul mosaico chel’Atelier del Centro Aletti ha fatto aLitija, in Slovenia, vediamo Cristoapparire nella sua gloria da unosfondo scuro, praticamente nero. Laquestione della trasfigurazione diCristo infatti è una questione diluce, quella Luce che le tenebre nonpossono vincere (cf. Gv 1,5), perchéproviene da Dio. Di fronte alla luceassoluta, divina, di Cristo, veraLuce, la luce del cosmo risultaormai scura. Tuttavia il nero checirconda Cristo è fatto da una pietranobile, per dire che il cosmo nonviene annientato, ma nobilitato apartire dal Trasfigurato. In lui era la vita e la vita era la lucedegli uomini (Gv 1,4). La luce chegli apostoli vedono brillare dal Voltodi Cristo è la stessa vita di Dio chesi manifesta nell’umanità assuntadal Verbo. Solo nel Figlio la naturaumana fa trasparire la vita divina.

NATASA GOVEKAR

SPLENDORE DEL PADRE

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Trasfigurazione, Chiesa di San Nicola, Litija(Slovenia) P. M. Rupnik e l’Atelier del Centro Aletti.

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È guardando a Gesù che la nostra razionalità e la nostraaffettività si integrano, per rendere possibile un’esperienzaspirituale che ci edifica come uomini, uomini che devono esseresempre di più uomini veri, uomini autentici. È guardando aGesù, con gli occhi del nostro cuore, che impariamo da lui unostile, nel quale gli altri possono trovare un riflesso di quellapresenza buona, accogliente che aveva Gesù.

La piena rivelazione della vita che il Figlio riceve dal Padre avverrà nellapassione, quando il Figlio amato sarà privato di tutto e, nella suaconsegna volontaria alla morte, si manifesterà che il Figlio conosceveramente il Padre e sa che il Padre non lo lascerà putrefare nella tomba.

Il mosaico di Litija non segue del tutto ilmodulo iconografico tradizionale, chemette in alto, ai lati di Cristo, le figure diMosè ed Elia, e sotto i tre discepoli inatteggiamento di timore e adorazione. Quile figure sono disposte in modo tale daformare due coppie ai lati di Cristo: asinistra il profeta Elia insieme a Giovannirappresentano la profezia, a destra Mosè ePietro rappresentano la legislazione.Entrambe convergono a Cristo,compimento e verifica sia della Legge chedella profezia. I due si rivolgono a Cristo eparlano con Lui, ma non comunicano coni discepoli, perché l’Antico Testamentoparla a noi attraverso Cristo. La Legge hasenso solo se porta a Cristo, se fa dapedagogo. E così il compito della profeziaè di condurre a Cristo. Perciò Elia, aprendoil rotolo della sua profezia, ne fapraticamente uscire Cristo, mentre Mosè,portando le tavole del Decalogo, indica inCristo il vero Legislatore e il compimentodella Legge.

Il rotolo di Elia è ormai completamenteaperto, Giovanni invece tiene tra le maniun libro sigillato, perché la sua profeziariguarda il futuro, l’Apocalisse. Lo sguardodi Giovanni verso il Volto trasfigurato diCristo si traduce nella visione profeticadell’Agnello immolato e trionfante sultrono della Gerusalemme celeste. Giovanniil Teologo ci aiuta a collocare latrasfigurazione in un quadro ancora piùampio che va dal Logos preesistente alloscenario liturgico dell’eschaton.

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Sul lato destro Pietro, che per primo ha riconosciuto in Gesù il Cristo, ilFiglio del Dio vivente (Mt 16,16), guarda apertamente il suo Voltoluminoso. Le sue mani abbracciano e sostengono l’edificio ecclesiale cheporta sulle spalle, per ricordare le parole di Cristo: Tu sei Pietro e suquesta pietra edificherò la mia chiesa (Mt 16,18). Sotto i suoi piedi peròc’è il gallo, per ricordare sempre che l’autorità di Pietro non è poggiatasulla sua capacità e sui suoi meriti, ma sulla sua fragilità e miseria,sull’esperienza della misericordia, per cui il suo è un potere ormairedento. Chi partecipa della vita divino-umana del Figlio non ha piùbisogno di occuparsi di se stesso, perciò Pietro ha tutte e due le manioccupate dalla Chiesa. Per di più, la figura di Pietro si trova proprio dallaparte dove Cristo srotola il chirografo, che porta la scritta: ocistil nas jevseh grehov (ci ha purificati da tutti i peccati). Il particolare del chirografo,documento contenente tutti i debiti dell’umanità da Adamo in poi, cipresenta Cristo come il nuovo Mosè, che compie l’esodo dalla schiavitùdel peccato, annullando il documento scritto contro di noi (Col 2,14).

Sotto, un po’ in disparte, troviamo Giacomo, l’unico che non riesce asostenere lo sguardo e chiude i propri occhi. Sul suo petto si rovescia ilcalice, che ricorda la passione di Gesù (Padre... allontana da me questocalice, Mc 14,36). Il calice ricorda anche il dialogo dei figli di Zebedeocon Cristo dopo il terzo annuncio della passione: Il calice che io bevoanche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voisarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a meconcederlo... (Mc 10,39-40). Giacomo, infatti, sarà il primo martirizzatotra gli apostoli. Diventerà icona di Cristo che farà trasparire la vita del

Padre, proprio come Cristo stesso. Con i suoi occhi chiusi,tuttavia, Giacomo rappresenta anche la parte mistica dellaChiesa, quella che cerca di conoscere le cose con i sensiinteriori. Giacomo ci ricorda così che il cambiamento cheaccade durante la trasfigurazione non riguarda la persona delSignore, ma gli occhi dei discepoli, che si chiudono su ciò cheè carnale per aprirsi ad una visione spirituale. L’invito sulmonte Tabor ha esattamente questo scopo: cambiare l’otticacon cui guardiamo le cose e accogliere lo Spirito che ci rendecapaci di vedere al di là della forma – ciò che appunto significala parola trasfigurazione (meta-mórphosis). Inoltre la figura diGiacomo si avvicina all’altare, per ricordare che la

trasfigurazione si compie lì, nell’eucaristia, dove l’intero Corpo di Cristo èconvocato e trasportato sulla piazza d’oro della Gerusalemme celeste (Ap21,21), dove passa al di là del suo peccato e partecipa della qualità di vitadell’umanità assunta dal Figlio di Dio. ■

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Accogliere lo Spirito cirende capaci di vedere al di làdella forma

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DON NICOLA TONELLO

SULLA MISERICORDIA

E LA COMPASSIONE

O rmai qualche decennio fa,durante una celebrazioneeucaristica, rimasi colpito da

un’osservazione di chi presiedeva. Ilsacerdote espresse il proprio disagio perchénello svolgimento della Messa non si finiscemai di chiedere perdono: «Perfino unattimo prima di comunicarci dobbiamoancora implorare pietà: è davvero troppo!Quando abbiamo chiesto perdono e siamocerti di essere perdonati, non ha sensocontinuare a dichiararci peccatori daperdonare!». Sono certo che l’osservazionedi quel sacerdote trova l’accordo di moltepersone che, avvicinandosi a Gesù,pensano: «Perché dovrei chiederecontinuamente pietà a Dio? Dobbiamoforse strisciare per terra per essere dei vericristiani?». Papa Francesco ricorda spessissimo chel’uomo ha sempre bisogno di essereperdonato e che Dio non si stanca mai diperdonare: una lieta notizia! Ebbene, più diqualcuno non la pensa esattamente così. Il problema, credo, consista nel fatto chequando chiediamo perdono a Dioimmaginiamo di essere dei colpevoli sulbanco degli imputati. Chiedere pietà in untribunale significa scongiurare il giudiceaffinché chiuda un occhio sulle nostremalefatte. Certo, sta al giudice sancire lapunizione o la rimessa in libertà di chi siriconosce colpevole, ma a noi, in quantoimputati, è concessa una sola speranza:quella di umiliarci e di sperare di passarlaliscia. Se ci poniamo in questa prospettiva,però, comprendiamo bene perché la gentesi stanchi di chiedere perdono!

Sulla strada verso GericoLa questione cambia radicalmente se,anziché considerarci come dei colpevoli inun tribunale, ci sentissimo simili a quelpovero uomo che, derubato e picchiato,

giaceva ai bordi della strada che daGerusalemme conduce a Gerico. È laparabola del samaritano a narrare la sorte diquesto malcapitato che, steso a terra mezzomorto dopo essere incappato nei briganti,non aveva neanche la forza di implorare lapietà dei passanti. Un sacerdote e un levitache transitavano da quelle parti lo avevanonotato, ma – per motivi che a lorosembravano validi – erano passati oltre. Unsamaritano, un extracomunitario dei tempidi Cristo, lo aveva visto, ne aveva avutocompassione e lo aveva salvato da mortesicura.Questo è il genere di misericordia che noipossiamo trovare presso il Signore; questa èla pietà che la preghiera implora da Dio.Quando chiediamo pietà al Signore nonstiamo tentando di levarci dagli impicci diun crimine commesso, ma stiamoriconoscendo quanto l’infezione delpeccato ci abbia danneggiato. Rivelandotutta l’intensità della nostra infermità almedico celeste, cerchiamo allora la suaguarigione compassionevole. Il perdono, aquesto punto, anziché assomigliare a unasentenza, diventa la terapia necessaria perguarire ed essere restituitialla vita.

L’amore tenace e pazienteNon finiremo mai di capire e gustare la misericordiadivina. La lingua ebraica e quella greca offrono dellesfumature interessanti alvocabolo “misericordia”. La parola ebraica che più siavvicina al concetto di misericordia ecompassione è hesed. Il termine ebraico hail senso di “amore paziente”. Un esempiodi questo amore lo troviamo nella vicendae negli scritti del profeta Osea. Questisposò una donna che era una prostituta;

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Misericordia èuno sguardod’amore sulle cosee sulle persone

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sebbene lo avesse tradito molte volte, eglicontinuava a cercarla e a riportarla a casa.Il profeta comprese che la propriaesperienza rifletteva esattamente il rapportotra Dio e il suo popolo. Questoè l’amore hesed, l’amore chetutto sopporta, un amore che sipone sopra ogni sentimento eaffetto, rompendo la tentazionedell’orgoglio e diun’autoreferenzialità checosifica ogni rapporto.

L’amore che fa brillare il volto dell’uomoSe consideriamo la lingua greca, invece, laparola “misericordia” si traduce con eleos.All’atto penitenziale, durante lacelebrazione della Messa, ancor oggi cirivolgiamo al Signore cantando: “Kyrie,eleison” che traduciamo con “Signore, abbipietà”.Nella chiesa dei primi secoli eleos dovevafare eco con elaion, che significa olio. Forsela nostra esperienza con l’olio d’olivapotrebbe limitarsi all’insalata, manell’antico mondo mediterraneo, l’oliod’oliva era usato in un’ampia gamma disituazioni e assolveva a funzioni essenziali.

Uno stoppino messo in una lampada a oliopoteva bruciare e illuminare una stanza. Leerbe medicinali erano combinate con l’oliod’oliva per la guarigione. Il buon

Samaritano all’uomo lasciatomezzo morto in mezzo allastrada fasciò le ferite versandoviolio e vino (quest’ultimo per lequalità antisettiche dell’alcool).L’olio d’oliva era anche unsolvente per erbe per farneprofumi. E, ovviamente, era ed èun ottimo cibo: in una regione

dove le risorse di grasso erano scarse, l’oliod’oliva era un alimento essenziale. Unaquantità sufficiente di grasso nella dietaconferisce un colorito sano, e il salmistaringrazia Dio perché egli dona «il vino cherallegra il cuore dell’uomo, l’olio che fabrillare il volto» (Salmo 104,15). Tuttaquesta eco poetica tra eleos e elaioncontribuisce a un senso più pieno di“pietà”, rispetto all’italiano.Dunque, un amore paziente, che si pone aldi sopra di qualsiasi sentimento; unamisericordia che cura le nostre ferite e “fabrillare” il volto dell’uomo, anzichéricordare impietosamente la fallibilità dellanostra natura, rappresenta la rivelazionedella grandezza dell’uomo.

«Io non voglio la pietà di nessuno!»Scriviamo queste righe sulla misericordiaalla vigilia di un grande evento cheinteresserà la Chiesa intera: il Giubileodella Misericordia. Non è scontato chequesta occasione di Grazia sia accoltafavorevolmente e con frutto dai credenti inCristo. I cristiani, in genere, non sentono ilbisogno di essere i destinatari dellamisericordia divina. Pensano al pentimentocome a un iniziale gradino verso lasalvezza, ma una volta seguaci di GesùCristo, battezzati e frequentanti

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Tra il dire e il farec’è di mezzoil comunicare

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regolarmente la chiesa, si sentono a posto enon bisognosi di misericordia. Ilpentimento è considerato come un’attivitàche prepara, che dispone alla vita in Cristo,quando la conversione, invece, è unadimensione che interessa l’intera esistenzadel credente. La salvezza consiste infattinella guarigione dall’infermità del peccato.Se vogliamo essere onesti, occorrericonoscere che avremo sempre a che farecon il peccato che ci infetta e dobbiamosempre cercare di essere guariti a un livelloogni volta più profondo.D’altra parte, la nostra traduzione del “Kyrieeleison” con “Signore abbi pietà”, anche seesatta quanto ai termini, non ne altera forseil senso pieno? Il termine “pietà”, initaliano, ha assunto una sfumaturaleggermente negativa. «Quella persona mifa pietà», diciamo talvolta concommiserazione; e ci capita perfino direspingere la pietà di qualcuno, segnod’orgoglio o di presunzione o più ancoradella nostra incapacità di lasciarsi amare:«Io non voglio la compassione dinessuno!».

Se la compassione è una PersonaEppure la pietà di Dio, ce lo ricordasoprattutto il pensiero dei Padri orientali,non corrisponde a una qualità, o a unsentimento. La pietà di Dio è lo SpiritoSanto, è il Dono del suo amore. «Signoreabbi pietà» vuol dire: «Tu che Sei, mandasu di me, su tutti, il tuo Soffio, il tuo Spirito,e tutto sarà rinnovato; che la tuaMisericordia, la tua Bontà sia su di me, sututti; non guardare alla mia incapacità diamarti, a respirare in te, fa’ rifiorire il miodesiderio, trasforma il mio cuore di pietra incuore di carne...». Quando preghiamo ochiediamo la compassione di Dio nonstiamo cercando anzitutto una “cosa” o unaqualità del Signore, ma stiamo invocando

una Persona. Poiché non abbiamo bisognodi qualcosa, ma di tutto; non ci basta undono, ci è necessario il Donatore stesso.La preghiera del cristiano è una mano tesaverso il Cielo. Siamo mendicanti. È vero,talvolta ci basterebbe una monetina d’oro oargento, segno della pietà di qualchepassante. Qualcuno però farà molto di più.Il Signore prenderà la nostra mano e lastringerà con affetto. Otterremo dal Padreche è nei cieli molto più di una “cosabuona”, otterremo Dio, la Bontà!Diventeremo noi stessi “buoni”, poiché«Abbi pietà di me» significa esattamente:«Dammi il tuo Santo Spirito, che io possavivere la vita stessa del Figlio che ama ed èamato dal Padre». ■

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ANDREA ARVALLI OFM CONV

DOVE L’AMORE DI DIOS’INCARNA SULLA TERRA

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N ella costituzione dogmaticaconciliare Lumen gentium ilmagistero ecclesiale presenta la

vita consacrata con un’espressione chedovremmo ricordare più spesso: Con laprofessione dei consigli evangelici (ilconsacrato) intende liberarsi dagliimpedimenti che potrebbero ritardarlo nelfervore della carità (LG 44,4). Caritatisfervore! Sembra dirci il Concilio che ilfervore della carità è in fondo il cuore dellavita consacrata stessa. Questa espressionerichiama molta letteratura agiografica (sipensi al divino amore ferventes di S. Brunodi Colonia…). Parliamo di un fervore, di unfuoco di carità acceso in tanti uomini edonne di Dio animandoli in moltepliciforme di servizio. Non esageriamopresentando la vita consacrata come luogoecclesiale in cui la diaconia di Cristo è resaancora presente ed operante nella Chiesa enel mondo. Abbeverandoci direttamentealla fonte purissima delle scritture sante mi

pare d’identificare due icone capaci didescrivere lo stile con cui la vita consacrataha imparato a render presente talediaconia. Le icone sono quella dellasuocera di Simone e della vedova diZarepta. Che idea strana… si dirà, cosac’entrano la suocera di Simone, e la vedovadi Zarepta…? Due donne povere che peròci lasciano una grande eredità.

Descrivendone la giornata inaugurale S. Marco illustra l’amore di Gesù verso i poveri: “tutta la città era radunata davantialla porta” specifica Marco 1,33-34, e moltierano gli ammalati e gli indemoniati cheGesù “serviva”. Da sempre la vitaconsacrata trae ispirazione da questi testi:lo scopo stesso della sua esistenza èrendere vivo e presente nel mondo questoservizio. Leggendo bene scopriamo però,quasi nascosto tra le righe, anche unfatterello da nulla: “Ora la suocera diSimone giaceva a letto con la febbre, e

subito gli parlarono dilei. Avvicinatosi, leprese la mano, e lafece alzare. La febbrela lasciò ed ella simise a servirli” (Mc1,30-31). Di solitoleggiamo questomiracolo con qualcheperplessità: come maiGesù si perde dietroad una piccolafebbre? Oh, è unsegno così povero…!eppure il messaggio èimportante. Infattiquella febbreimpediva alla donnadi servire, e solodopo la guarigionepotrà farlo. Quel

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gesto era in realtà una profezia: prima dipoter iniziare a servire dobbiamo infattiessere liberati da quell’inopportuno,invadente, fastidioso amore per il nostroego, che si chiama egoismo, febbre cherende incapaci d’amare, e da cui tutti noidobbiamo essere guariti, sempre.

Nella vita dei santifondatori vi è spesso,all’inizio del loro itinerariocarismatico, unaguarigione simile. Ad undato momento gli occhi siaprono ed iniziano avedere una povertà fino adallora inosservata, poi icuori s’infiammano, lemani si aprono, le casedivengono accoglienti, ilruscello della prima intuizione diviene unfiume d’amore. Esso scende per mille valliperché, certo, i poveri son sempre diversi:senza tetto, orfani, carcerati, malati,ragazze madri, anziani, disabili, profughi. Ipoveri hanno tanti nomi, son sempre diversieppure sono sempre così simili: fame,freddo, malattia, solitudine, abbandono sonsempre uguali per tutti. La parola povertàaccomuna e rende simili uomini d’ogniepoca e d’ogni latitudine: i poveri li avetesempre con voi (Gv 12,8).

La seconda icona della vita consacrataluogo della diaconia è anch’essa d’unafigura femminile, debole e povera: lavedova di Zarepta (1Re 7,1-16). L’episodioè noto: il profeta Elia chiede del pane, lavedova lamenta di non aver più nulla, soloun pugno di farina e un po’ d’oliosufficienti per un’ultima focaccia prima dimorir d’inedia assieme al figliolo. Eliarisponde: va bene, ma prima preparane unpane per me! Alla vedova che non ha nulla

Elia chiede anche quel poco che potrebbetrattenere per sé stessa e per il figlio. Vai tua capire questi profeti! La logica è semprecapovolta: qui Elia chiede alla donna didare prima di ricevere. La vedovaobbedisce senza protestare, dà con fiduciae rimane senza nulla, ha dato tutto, ora puòsolo morire. Quando comprenderemo

anche noi che una verarelazione di servizio o haquesto stesso stile oppurenon è? La diaconia nelnome di Dio non è undare per ricevere incambio, ma un daregratuito, un’offerta senzapagamento fatta con unafiducia ed unaconfidenza senza limiti.

Si dona non sapendo cosa capiterà dopo:facilmente rimarremo senza niente per unpezzo. Solo se è vissuto così il nostroservizio al prossimo è davvero evangelico.E’ un dare senza ricevere, un offrire senzaessere accolti, un comprendere senzaessere compresi, un impegnarsi senzavedere risultati, un nutrire ed essere odiati,un mettersi a disposizione ed esserecriticati, rifiutati, calunniati. Non esageroparlo di una vita consacrata che conosco,chiamata non di rado ai servizi di frontierapiù ingrati, quelli che nessuno vuole perchérichiedono disponibilità a dare rimanendosenza nulla. Il servizio ai poveri è un contoaperto in cui i conti non tornano mai,perché in questo sta l’amore: non siamostati noi ad amare Dio, ma è lui che haamato noi (1Gv 4,10). La vita consacratadice di aver imparato dal suo maestro adamare così, e vorrebbe ancora continuare arivelare il volto d’un amore che si donasenza attese d’essere ricambiato. Per questoè ancora luogo della diaconia del Vangelo.

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L’amore vero è discreto e delicato,

rispettoso delle ferite, delle emozioni di ogni uomo

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Si potrebbe obbiettare che un amore così èincompleto, e che solo quando è reciprocol’amore è completo. E’ vero, ma è ilculmine dell’amore, il suo prodotto piùalto, non la suapremessa né lacondizione del dono. Sesi ama solo quando si è,o si spera, di essereriamati forse non siamopiù nel campodell’amore, ce loconferma il Vangelo: seamate quelli che viamano, qualericompensa ne avete? Non fanno cosìanche i pubblicani? (Mt 5,46).

Vorrei terminare con un’immagineevangelica che renda in modo sintetico lostile relazionale di una vita consacrata

inserita nel mondo. L’immagine è quella delsale. “Voi siete il sale della terra; ma se ilsale perdesse il sapore, con che cosa lo sipotrà render salato?” (Mt 5,13). Sciogliere il

sapore della carità nellepieghe d’una societàsofferente incarna il cuore el’anima della vita consacrata.Essa, sempre, in tutte leepoche ha sempre attuato evissuto un servizio dipromozione, liberazione,solidarietà e presenza con ipoveri. Tale diaconia dellacarità ha collocato i

consacrati vicino ai poveri, nel cuore dellemasse. Questa solidarietà vissuta conattitudini evangeliche, e l’amore per i piùpoveri vissuto in quella santa semplicità chepreferisce l’agire all’imparare odall’insegnare (2 Celano 142; Fonti

Francescane 775)continuano ancoraa rendere la vitaconsacrata un donodivino che la chiesaha ricevuto dal suoSignore, e che conla sua graziasempre conserva(LG 43,1). Il Signore ci aiuti acustodire e coltivarequesto dono. ■

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Appena credetti che c’era un Dio,

compresi che non potevo

che vivere solo per Lui

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FILOCALICA

OLIMPIA DI COSTANTINOPOLI

DI TUTTO RENDI GLORIA A DIO

O limpia (Costantinopoli, 361 /Nicomedia, 25 luglio 408) èvenerata come santa dalla Chiesa

cattolica e dalla Chiesa orientale;nell’antichità fu molto esaltata comeesempio di donna ricca e nobile, che sepperinunciare a tutti ivantaggi del suorango, per aderirepienamente agliideali della religionecristiana.Nacque da una riccae potente famiglia diCostantinopoli,vicina agli ambientidella corte imperiale.Rimase orfanagiovanissima e fuaffidata dal suotutore, il prefettoProcopio, a Teodosia,sorella del vescovoAnfilochio di Iconio.Crebbe nello studiodella Bibbia, facendopenitenze e opere dicarità. A ventiquattroanni sposò il prefettodi Costantinopoli, Nebridio, ma questidopo poco più di un anno morì. Alleproposte dell’imperatore Teodosio I, chevoleva farla sposare nuovamente, rispose:«Se il mio re avesse voluto che io vivessicon un uomo, non mi avrebbe tolto il mioprimo». Per tentare di convincerla,l’imperatore le confiscò tutte le proprietà, eOlimpia visse in povertà. Teodosio allora,vedendo la sua determinazione, dopo quasicinque anni gliele restituì.Il vescovo Nettario (381-397)contrariamente all’usanza, la nominòdiaconessa, dignità che allora si dava allevedove di 60 anni. Olimpia fondò nei pressi

della chiesa di Santa Sofia un convento cheattirò molte ricche e nobili giovanette. Unconvento di 250 diaconesse di cui era labadessa. Aveva creato degli ospedali in cuicurava gli ammalati. Insegnava la dottrina ebattezzava sotto condizione le donne che

chiedevano ilbattesimo.Collaborò conl’arcivescovoGiovanniCrisostomo in molteopere caritative,però, quando siscatenò lapersecuzione controi seguaci diGiovanni, dovetteandare in esilio aNicomedia dovemorì.Il culto disant’Olimpia fumolto diffusonell’antichità. Erafesteggiata neicalendari cattolico eortodosso. Fra lesante diaconesse del

calendario ortodosso vengono festeggiatepure santa Febe, santa Melania giovane ched’altronde era romana, santa Teosobia sposadi san Gregorio di Nissa, santa Macrinasorella di san Gregorio Nisseno e tantialtri… Avevano un’importante influenzaspirituale.

La fiammella tremantePavel Florenskij riassume in unastraordinaria sintesi la rilevanza storica espirituale di Olimpia la interpreta attraversole seguenti parole: «So bene di aver accesosolo un lumicino, una candela da niente.Ma questa fiammella tremante in mani

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inesperte si moltiplica in miriadi di ragginel forziere della santa Chiesa. Per secoli esecoli, giorno per giorno, vi si è ammassatoun tesoro, una pietra preziosa dopo l’altra,una pagliuzza d’oro dopo l’altra, uncentesimo accanto all’altro. Le lacrime deicuori puri si sono raccolte qui come gioiepreziose. Cielo e terra vi hanno depositatoper secoli i loro tesori. Le aspirazioni piùsegrete, gli slanci più nascosti verso lasomiglianza con Dio, i momenti azzurri sisuccedono alla bufera, le gioie dellacomunicazione con Dio e le pene sante delpentimento, il profumo della preghiera e latranquilla nostalgia del cielo, lavenerazione e l’amore: tutto è qui nellaChiesa convogliato e accumulato»

DAGLI SCRITTI DI OLIMPIA

Nessuna di voi muti il suo amore verso laChiesa «Venite figlie mie e ascoltatemi. Per ciò chemi riguarda, la cosa volge al suo fine, lovedo. Ho terminato la mia corsa e forse nonvedrete più il mio volto. Vi scongiuro,nessuna di voi muti la sua devozione versola Chiesa… davanti a colui che, contro lasua volontà e senza intrighi, sarà eletto conil consenso di tutti, chinate il capo, come aGiovanni; la Chiesa non può restare priva divescovo… ricordatevi di me nelle vostrepreghiere».

«Quando senti dire che tra le chiese una ècolata a picco, un’altra è in balia dei flutti,che una ha un lupo anziché un pastore,l’altra un pirata anziché un nocchiero,un’altra ancora un carnefice anziché unmedico, affliggerti, va bene, ché non sipossono sostenere tali mali senza provaredolore; ma affliggersi in modo esagerato èun atteggiamento satanico, letale perl’anima», «ma l’attesa che ti addolora non è

senza guadagno, mantieniti forte e nonproferire nessuna parola amara, ma di tuttorendi gloria a Dio, il che peraltro tucontinuamente fai. Per consolarci corriamoal beato Paolo e sarà lui a dirci quantogrande è il combattimento e quale animagrande richiede».

«Cos’è che ti sconvolge l’anima? Il fatto chela tempesta abbattutasi sulle chiese siaselvaggia e cupa e abbia cangiato tutto inuna notte fonda e salga ogni giorno di più,provocando aspri naufragi, mentre siaggrava la rovina del mondo? Voglio lenireancora una volta le piaghe della tuatristezza. Penso al nocchiero di questomondo che non domina la burrasca conl’abilità, ma doma la tempesta con uncenno».

Non tralasciare di avere cura del Vescovo«Non tralasciare di avere cura del vescovoMaruta… perché ho un gran bisogno di luiper la situazione della Persia. Fatti dire, sepuoi, cosa è stato fatto di buono per operasua e per qual motivo è ritornato,comunicami se gli recapitasti le lettere chegli inviammo… Se non ha piacere discrivermi, dia a te le informazioni, se là èaccaduto qualcosa di nuovo, e se spera dimigliorare la situazione ritornandociancora… ma ora tutto è affidato a te; compiil tuo dovere anche se tutti vanno a testa ingiù, la tua ricompensa sarà completa, cercadunque, di meritarla completamente, nellimite del possibile».

«Desideriamo sapere se gli amici delvescovo Ciriaco sono stati liberati. Nessunoci ha dato notizie precise: dateci voichiarimenti. Di’ al vescovo Ciriaco che, senon gli scrivo, è perché il dolore me loimpedisce». ■

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SUOR FERNANDA BARBIERO

IL VOLTODELLA MISERICORDIA

N on c’è dubbio, l’Opera di S.Dorotea è un’opera dimisericordia. Così l’ha intesa il

Beato Luca Passi, e l’ha espressa qualeesercizio di misericordia. È un dono,un’offerta di misericordia cioè di caritàspirituale. Guardate, la misericordia è una questioneseria! Perché? Perché riguarda Dio. È unodei grandi temi che, come un filoincandescente, attraversa tuttala Bibbia. Si trova nell’ATcome attributo tipico di Dio ela ritroviamo nel NT, comepunto nodale del messaggiodi Gesù. Ed è una realtà cheriguarda l’uomo. La misericordia non è solol’agire del Padre, ma diventail criterio per capire chi sono isuoi veri figli. Insomma, siamo chiamati avivere di misericordia, perché a noi perprimi è stata usata misericordia. E poi è l’anima, l’architrave che sorregge lavita della Chiesa. È determinante per laChiesa e per la credibilità del suo annuncioche essa viva, per prima, la misericordia.Nella traduzione concreta fatta da DonLuca, la misericordia diventa non solo unesercizio spirituale, ma un’azione pastorale,un’Opera che aiuti la Chiesa a offrire lamisericordia!

Come il cieloUna seconda immagine la prendo da Luteroe mi sembra indovinata; dice così: “Lamisericordia di Dio è come il cielo cherimane sempre fermo sopra di noi. Sottoquesto tetto siamo al sicuro, dovunque citroviamo”. Nella Bibbia il cielo èconsiderato come una calotta metallica (il“firmamento”) che incombe stabile sullaterra. È un’immagine per descrivere labontà misericordiosa di Dio. Essa è il tetto

della casa del mondo ove gli uomini e ledonne vivono, agiscono, peccano, pregano,amano.

Offrire un tetto a DioE a questo punto vorrei accostareun’immagine che ho trovato nel Diario diEtty Hillesum, donna ebrea olandese digrande intelligenza e spiritualità,assassinata dai nazisti. Lei con una

immagine “buffa”, eppurprofonda, dice che vuoleoffrire un tetto a Dio perchédimori con noi e in noi. Eccole sue parole: “Ti prometto, oDio, che cercherò sempre ditrovarti una casa, un ricovero.Io mi metto in cammino ecerco un tetto per te. Ci sonotante case vuote, te le offro

come all’ospite più importante”. L’OSD, io la percepisco così: darsi da fareper offrire casa a Dio. L’esercizio dimisericordia in fondo lo si fa per aprire unacasa a Dio nel cuore del fratello. Aiutarci,da fratelli, a farci casa per Dio, a essere lacasa di Dio, perché Egli dimori con noi, siadi casa in noi.

Il volto della misericordia Ecco, la misericordia prende voltonell’Opera di S. Dorotea! Di fronte alla testimonianza, all’esempio diDio Padre che sempre perdona e sempre sichina su chi è misero e infelice anche ilcredente si riconosce “misericordioso”. Èciò che Gesù ci ha mostrato e vuole da noi:“Siate misericordiosi come misericordioso èil Padre vostro” (Mt 6,36). Chi vive così vivebene, vive felice: “Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia” (Mt 5,7).Allora le cose si mettono in questo modo:la misericordia viene da Dio, passaattraverso Cristo, arriva ai cristiani nei quali

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I passi nuovi,c’è bisogno di sognarli,molto prima che pensarli

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opera lo Spirito, così la pensano i Padridella Chiesa: “Come il Padre si rendevisibile nel Figlio, così il Figlio si rendepresente nello Spirito” (S. Basilio, Su loSpirito Santo, 26,64 PG 32,186). L’amore diDio Padre, Figlio e Spirito, l’amoretrinitario, si concretizza nella misericordiacristiana. Dio il misericordioso chiede a noidi praticare la stessa benevolenza verso inostri fratelli. Come si fa?

Arrendersi alla misericordiaArrendersi è un verbo grande e terribile, daspendere con grande attenzione. Non vaconfuso con la rinuncia inerte dellapersonalità passiva, ma si identifica con la

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coraggiosa capacità di abbandono. Esso ciparla di libertà, di distacco da sé che è ilvero principio e fondamento della vitaspirituale. Solo per questa via si possonoavviare circuiti relazionali di cui l’OSD habisogno. Se non ti fai umile, se continui asovra-dimensionarti, invece che ri-dimensionarti, non potrai donarti agli altri,non prenderà vita nessuna passione per lasalvezza delle anime. Non è possibile. Nonsi può. “Chi vuole venire dietro a merinneghi se stesso”, vale a dire chi vuolepartecipare alla Pasqua della salvezza, chivuole dare carne alla salvezza dei fratelli,ha bisogno di sperimentare questainevitabile trasformazione.

L’Opera di S. Dorotea è amore capace dirigenerare, non è fatta per permettere aimigliori di primeggiare, ma per permettereagli umili di essere recuperati e custoditi.Essa offre occasioni non per mettersi allatesta, ma per precipitarsi ai piedi degli altriin atteggiamento di trasparente servizio.Occorre entrare in questo flusso d’amorelasciando che evapori ogni atteggiamentocompetitivo, per dare carne alla

misericordia. Perché? Perché la salvezza è unesercizio continuo dimisericordia, così l’avevaprofondamente vissuta Don LucaPassi. E alla misericordia, DonLuca ha voluto dare carne, darevolto con l’Opera di S. Dorotea.

I segni della misericordiaLa misericordia, dunque, siesprime in opere. Perché? Perchénon è un’idea, un vagosentimento. Essa prende le formeconcrete dell’intervento tutte levolte che il caso lo richiede. Nondimentichiamo quello che A.Manzoni, nei Promessi Sposi, fadire a Lucia nei confrontidell’Innominato: “Dio perdonatante cose, per un’opera dimisericordia!”.Il Catechismo distingue tra operedi misericordia spirituale e operedi misericordia corporale,fissando due gruppi di 7, cifrasimbolica del linguaggio biblicoper esprimere una compiutezza,

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una totalità. Tra le sette opere dimisericordia spirituale: c’è quella che haispirato Don Luca, la terza: Correggere ipeccatori. Il peccato agli occhi della fede, èla peggior disgrazia che possa capitarci.Dare una mano al fratello perché se neliberi, significa volergli bene davvero. “Chiriconduce un peccatore dalla sua via dierrore, salverà la sua anima dalla morte ecoprirà una moltitudine di peccati” (Gc

5,20). “Fin che nel mondo c’è la possibilitàdi compiere un’opera di misericordia, la vitaè bella e vivere è divino”.

Guarire dal proprio autismo spiritualeQuali sono le opere di misericordiaspirituale? Una volta siimparavano a memoria e siripetevano come unapreghiera. Si tratta, lo sannoin tanti per esperienza direttae personale, di opere dimisericordia difficili dadefinire e da esercitare, in unmomento di granderelativismo culturale. Ci vuole umiltà e attenzione. E anche civogliono parole nuove: come consolare,oggi, gli afflitti? E come consigliare,rispettando le persone e le loro storie, chi sitrova nel dubbio? Come correggere ipeccatori? Don Luca con la sua Opera ci haconsegnato la correzione fraterna come una

traccia di ricerca, come impegnoquotidiano da assumere con creatività,come prendersi a cuore il fratello: comepreparare nel nostro cuore un tetto per lui.Ammalati come siamo di indifferenza gliuni verso gli altri, non sappiamo neppureche la correzione fraterna è uno degliatteggiamenti cristiani più decisivi per lasalvezza della persona e per la stessacomunità cristiana, per la chiesa.

Se non ci si sentecustodi, responsabilidel fratello, dellasorella, si diventacome Caino… cheribatte a Dio emostra la suachiusura ostile:“Sono forse io ilcustode di miofratello?” (Gen 4,9).Allora dobbiamoconfrontarci conquella forma diautismo che non ci faguardare agli altri,che non ci avvicinaall’altro.

Il mantello dellamisericordia di DioCome dunque posso

praticare la correzione del fratello? Vi sembrerà strano, ma è così! Innanzituttogli presto attenzione, tenendo fisso losguardo sul Signore (cf. Eb 12,2). Se tuguardi con attenzione il Signore diventicapace di guardare i fratelli, facendo su di

essi discernimento, cioèleggendoli nella loro veritàprofonda e cercando diguardare l’altro con losguardo che a lui avrebberivolto Cristo stesso. Solo se abbiamo losguardo, i sentimenti, ilpensiero di Gesù,possiamo vedere l’altro

nella verità. Occorre sforzarsi di vederel’altro come lo vedrebbe Gesù. Solo allorapuò prendere vita l’Opera di S. Dorotea,solo così è possibile gettare sui fratelli, ilmantello della misericordia di Dio che cicopre con un amore più grande del nostropeccato. ■

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Non si cresce per forza di volontà,ma seguendo la scia

dei nostri sogni

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D on Luca titola la predica n. 24dello schema pervenutoci “Lacognizione del cuore”.

L’appunto che abbiamo a disposizioneapre con la citazione di Mt 7, 18: “Nonpuò l’albero buono produrre frutti cattivi,né l’albero cattivo dare frutti buoni”.L’albero di cui parla il Vangelo di Matteoè, nella riflessione di don Luca, il cuoredell’uomo. Se ciò è vero, se “dal cuoreescono i cattivi pensieri, gli omicidi, gliadulteri, le fornicazioni, i furti, i falsitestimoni, le bestemmie, come dicesempre Gesù nel Vangelo, [appare difondamentale importanza] “benconoscere il fondo del cuore” (p. 1),giacché, se si vogliono emendare i difetti,è condizione imprescindibile poterrisalire alla loro radice. La radice da cuinascono i mali è il desiderio che abita nelcuore; per questo il testo sacro suggerisce:“Spezzate il vostro cuore non le vesti;scindite corda vestra et non vestimentavestra” (Gl 2, 13) e altrove l’ingiunzionedel legislatore afferma perentoria: “nondesiderare; non concupisces” (Es 20, 17).Anche se può sembrare difficileconoscere il cuore poiché, chiosa sempredon Luca, “il cuore dell’uomo è unmistero e un mistero all’uomo stesso e,come è nascosto alla sua osservazione ilsuo cuore materiale, lo è ugualmente ilformale e simbolico, tuttavia, però, egli simanifesta nei segni” (cf p. 1) e per questoin qualche modo lo si può conoscere.

Per risalire al cuoreCome avviene in medicina in cui daisintomi superficiali il medico può risalireai mali interni e trovarne la cura, così,dice don Luca, confortato dalla riflessionedi Cassiano “se vogliamo conoscere benenoi stessi si osservi a che si rivolgono gli

affetti del cuore, ove si fermino i nostripensieri: sovra che versino i nostri parlari”(p. 1). Le strade, potremmo dire, percomprendere come si muove il cuorevanno, secondo don Luca, dallaconsiderazione e osservazione dicomportamenti esterni alla disamina deimovimenti interiori.La prima cosa da prendere in esame,sempre secondo il nostro, sono le personeche si frequentano e le amicizie che sicoltivano. E anche in questo egli ricorrealla Scrittura: “È possibile dire conDavide: camminando nell’innocenza delmio cuore io avevo in abominazione ognimaniera di prevaricatori. Non strinse maiamicizia con me uomo dal cuoreperverso, anzi si allontanavano da sestessi i maligni; perambulabam ininnocentia cordis mei … facientespraevaricationes odivi. Non adhesit mihicor pravum? (Salmo 100, 2-3)”. Certo, chi stringe amicizia con personescostumate o depravate, chi sostiene i“detrattori della fama altrui, gli alteri, isuperbi, gli invidiosi” (Salmo 100, 3 ss.),non si può dire che abbia il cuore liberodalle stesse abitudini.Allo stesso modo sono da prendere inesame i luoghi che si frequentano e ciòche si cerca in essi, giacché “il cuore èquello che guida i nostri passi econsiderandoli conosceremo se il nostrocuore ami Dio o il mondo” (cf p. 2). DonLuca, quindi, porta delle esemplificazionied esplicita dei riferimenti decisamentedatati, ma possono essere con facilitàaggiornati. Egli fa riferimento afrequentatori di teatri lussuosi, cheraggiungono scortati da carrozze edestrieri di valore o avventori di caffè o dibettole e festini, mentre le chiese e iconfessionali sono vuoti.

DON LUCA PASSILA COGNIZIONE DEL CUORE

SUOR EMMAROSA TROVÒ

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Altra via per accedere alla casa del cuoreè riconoscere e individuare dove sostano ipensieri, giacché “è naturale all’uomotornare col pensiero sovra ciò che ama”. Eaggiunge: “Io parlo dei pensieri voluti,accarezzati, trattenuti che si possonoproprio col profeta definire pensieri delcuore” (cf p. 3). Ed esemplifica: l’avaro hail cuore sempre rivolto al denaro e ai benimateriali; l’uomo di affari ai negozi, aitraffici, agli interessi; l’uomo mondanoalle persone a lui gradite o ai divertimentie ritrovi di svago. Per altro verso, ricorda don Luca, si leggenella biografia che san Luigi Gonzaga, eratalmente immerso nel pensiero di Dio checon fatica riusciva ad applicarsi ad altrecose al punto che dovettero i Superioriimporgli di concentrarsi su questioniordinarie, ma egli in tutto agiva vedendomanifesta la sua presenza e ogni cosa

riportando a Dio. L’uno e gli altririferimenti documentano che “gli affettidel cuore sono gli oggetti dei nostripensieri e dalla qualità dei pensieri che cioccupano, possiamo giudicare degli affettiche si nutrono [e che…] dalla pienezzadel cuore derivano i parlari, giusta leparole divine: ex abundantia enimcordibus os loquitur” (cf p. 3). Perciò Diocomandò a Ezechiele profeta di mangiareil libro della Scrittura: “Prendi il libro emangia” (Ez 3, 2) affinchè la Parola, unavolta penetrata nelle viscere e nel cuore,potesse essere annunciata alla casa diIsraele.Ancora possono essere indicativi di ciòche abita nel cuore dell’uomo, da una

parte il timore di manifestare la propriafede e dall’altra i giudizi che le personepronunciano sui comportamenti altruifino a farne costume e abitudine l’ironia,il sarcasmo o la commiserazione verso lepersone che frequentano la chiesa, che sidedicano alla preghiera, che siimpegnano nella cura del prossimo, chemettono a disposizione i loro beni perchéla chiesa aiuti chi è nel bisogno, chi credeai miracoli. Una mentalità razionalistica epositivistica mette in inevitabilecontrapposizione Dio e la scienza: da ciòuna svalutazione della fede, scetticismonei confronti del vangelo, ironicasupponenza verso quanti manifestano laloro fede.

Dalla conoscenza alla cura del cuoreDon Luca a coloro che lo ascoltano,compresi e raggiunti dalla energia chepromana dal suo dire e coinvolti nellasollecitazione ad ascoltare ed esaminarela condizione del proprio cuore, offre deisuggerimenti onde far crescere sentimentipositivi o coinvolgersi in una vera epropria cura che faciliti l’uscita da sestessi e sostenga il processo delcambiamento, della conversione. Iconsigli che egli offre sono l’invocazione,la preghiera da coltivare con intensaadesione, chiedendo insistentemente aDio il dono del suo amore e della suamisericordia. Curiosa la preghiera chesuggerisce: “Se il vostro cuore è attaccatoal mondo, rivolgetevi al Signore e dite colprofeta: Io sono un puledro indomito,convertitemi o Signore: quasi iuvenculusindomitus converte me (Ger 31, 18). (Cfp. 6). E, da ultimo, sollecita a compiereazioni contrarie all’odio, la vendetta, lavanità, l’ambizione, allenandosi alsilenzio, al perdono, alla compassione,ricordando che Gesù nel vangelo afferma“Chi vuol venire dietro a me rinneghi sestesso” (Lc 9, 23) e San Basilio precisa:“Abnegatio sui nihil est aliud nisi summarerum omnium vitae superioris oblivioatque a sui ipsius voluntatibus recessio;l’abnegazione di noi stessi altro non è cheuna totale dimenticanza della vitaanteriore ed un allontanamento di tutte lenostre volontà” (p. 7).

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La conoscenza del cuore e il camminospiritualeLa proposta di don Luca riguardante lacardiognosia cioè la conoscenza delcuore, risponde ad una istanzaprevalentemente morale, propriadell’omiletica del tempo, tuttavia essarichiama e può rimandare ad una dottrinache ha radici nella scienza teologica espirituale e nell’esperienza dei monaci edei mistici i quali hanno coltivato la viadel cuore come strada per l’accessoall’interiorità e recupero all’unità dellapersona. Un monaco coevo all’epoca incui don Luca è vissuto è Teofane, ilRecluso (1815-1894). Nella sua ricerca edesperienza di vita egli perviene allaconvinzione che nella prospettivacristiana, “l’uomo è ciò che è nel suocuore” e per questo, nel suo pensiero, ilcuore è il luogo nel quale si cela la veraidentità dell’uomo, poiché è l’organo chepiù di ogni altra facoltà umana, piùdell’intelletto, più della volontà, permette“un contatto reale con Dio, un’autenticaesperienza religiosa senza la quale non viè né religione né vera etica”. Infattil’apostolo Pietro nella sua prima letteraesorta: “Cercate di adornare l’interno delvostro cuore con un’anima incorruttibilepiena di mitezza e di pace: ciò è preziosodavanti a Dio” (1Pt 3, 4). Per Teofane ilcuore è l’integrità della persona, l’insiemedi tutte le energie umane, è ciò che dàunione all’intero ritmo della vita, ciò chepossiamo cogliere attraverso il “sentire”, isentimenti specialmente, in positivo, ilgusto spirituale di Dio. Il sentimentoreligioso si alimenta e purifica attraversol’ascesi e la preghiera, in particolare lapreghiera del cuore. Esso nascedall’ascolto dello Spirito e presuppone lapurificazione dal peccato e dallepassioni1.

ConclusioneNel vangelo di Luca Gesù afferma: “Là,dov’è il tuo tesoro è anche il tuo cuore”(12,34) confermando la centralità delriferimento simbolico alla parola “cuore”che compare più di mille volte nel testosacro. Da qui pure scaturisce il nesso conla devozione al cuore di Cristo. Pio XII

nell’enciclica “Haurietis aquas” n. 55afferma: “È nei testi della Sacra Scrittura,nella Tradizione e nella Sacra Liturgia,che i fedeli devono ricercare le sorgentilimpide e profonde del culto al Cuoresacratissimo di Gesù”. Il cuore, il sentimento spirituale, ladevozione al sacro Cuore possonocostituire filoni di riflessione in grado diinoltrare nel cammino dell’incontro conDio, nella ricerca della verità di sé, dellalibertà interiore, dell’esperienzadell’amore cristiano. Il cuore, veicolo diautocoscienza, centro spirituale dellapersonalità apre alla libertà del desiderio,dell’amore, della creatività. “Il cuore è un centro illuminante - scrisseB. Vyseslavcev - ma anche il centro dellagravità. Il cuore è visione mentale, mainsieme anche azione mentale! L’ionascosto è conoscenza e amore, gnosis eagape, luce del logos e calore dell’amore,nell’unità inseparabile”.Il cuore quindi è lo specchio dell’anima,la persona stessa nelle sue radiciprofonde: cuore buono è uomo buono,cuore cattivo è uomo cattivo. Nessunopotrà dire di conoscere pienamente unapersona finché non avrà conosciuto esaggiato il cuore. Conoscere il cuore diun uomo significa infatti non soloconoscerne il nome o la faccia, maconoscerne i pensieri, gli affetti, i progettinascosti. Secondo la bibbia, quindi, ilcuore non è solo un’immagine letterariache simboleggia sentimenti o emozioni,al contrario è il luogo dove si concentratutto il nostro essere, la parte interiore dinoi stessi da dove hanno origine le nostredecisioni ultime e dove si vivono le nostreesperienze decisive. Il cuore è la fonte ditutto ciò che l’uomo è o decide di essereo di fare. È il caso di far tesoro della propostaofferta da don Luca, raccogliere lasollecitazione a confrontarsi col propriocuore e verificare la luce e le tenebre chein esso hanno dimora. ■

1 Cf L’intelligenza spirituale del sentimento, acura del Centro Aletti, Roma, Lipa, 1994.2 Cf Idem, p. 75.

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SUOR ALBERICA VITARI

INDIMENTICABILESORELLA DOROTEA

A nzi, sorella e madre: sorella per lacomune appartenenza all’Istitutodelle Suore Maestre di S. Dorotea,

del Beato Luca Passi; madre per la ciframaterna che segnò profondamente i ruoli digoverno che le furono affidati. Parlare di leia distanza di trent’anni circa dalla suascomparsa (+ 10 maggio 1987), non è unpretesto narrativo su cui esercitarsi aelencare virtù e opere, e neppure unaricerca di nuove motivazioni che risveglinoil nostro ricordo. La sua assenza fisica tra dinoi non è mai stata assenza dal nostrocuore. Sono numerose le volte in cui nesenti il ricordo e fors’anche il rimpianto, daparte di chi l’ha incontrata e conosciuta.Scrivere di lei è una sfida personale:l’impegno di raccontare il meglio di unapersona obbliga a guardare scavare dentrola sua vita e contemporaneamente dentro dinoi, che abbiamo vissuto accanto a lei laprima stagione di vita religiosa.

AntoniettaAntonietta, il nome diBattesimo, e del suoBattesimo celebraval’anniversario con gioiapiù che per il giorno delcompleanno. Era nata aZone (Bs), tra i monti. Lafamiglia teneva unnegozio di alimentari euna piccola locanda, dicui Antonietta, ancoragiovanissima, divenne il perno dellagestione a fianco del padre, rimasto vedovopresto: era ospitale, premurosa e pernecessità anche brava cuoca. Nel contempomandava avanti la casa, con cinque fratellipiù piccoli. Cinque erano morti in etàinfantile.Tra sogni e quotidianità, essa proseguivapensosa nella ricerca e realizzazione di una

personale vocazione. Sono cristiana,ripeteva; provo spesso a scandirla questaparola, mi dà luce su quello che sono e chesono destinata a diventare. Ma ogni voltache accennava al papà il desiderio di farsisuora, a lui spuntavano lacrime, che leferivano il cuore. Lascerà la casa appenamaggiorenne. Dei suoi monti porterà con séla nostalgia delle vette.

Mercede, il nome della vita nuovaFatta la scelta, Antonietta avrà cantato comela sposa: Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio,dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre,al re piacerà la tua bellezza (Sal 44, 11-13),mentre nel cuore si dibattevano duesentimenti profondamente umani, chelimavano il suo animo: il dolore deldistacco e la gioia della meta vicina.Se Antonietta aveva già coscienza che

l’essere fatta cristianaè dono divino, equindi ne viveva ladimensione in famigliae in parrocchia, qualiambienti naturali, inIstituto scoprì un luogostimolante che offrivanuove prospettive allasua esistenza: la viadella povertà, castità,obbedienza e lasequela di Gesù, nella

graduale conformazione a Lui. Unprivilegio in sintonia con le sue attese.Pronta discepola dello Spirito Santo, si aprìalle sue illuminazioni, lasciandosi forgiaredalla sua grazia in un cammino di ascesipurificatrice. Tale scuola formò in lei ilprofilo spirituale che in seguito sicaratterizzò in una spiccata spiritualitàcontemplativa e nella sapiente attitudine

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all’adorazione e al rendimento di grazie. Innalzerà lodi a Dio in un abbracciocosmico: dalle bellezze del creato e le sueleggi che meditava quotidianamente;all’arte e alla poesia, che conosceva eapprofondiva; al mistero della Chiesa e ilsuo compito di edificare il Corpo di Cristonella storia. Maestra di preghiera e fineliturgista, memorizzava il linguaggioliturgico e introduceva nella preghieramodalità inattese, che aprivano a nuovisignificati. Ricordo in particolare lapreghiera di Compieta in un corso diEsercizi spirituali, che guidò con parolesorprendenti: “Questa sera nell’esame dicoscienza ringraziamo il Signore per i donidi questa giornata”.È suo il dono dei quattro volumi dellaLiturgia delle Ore, come pure è suol’esempio di prendere in mano la Bibbia,che trovava affascinante. Un’esperienzapilota.Inoltre, Suor Mercede si percepiva debitricedi tutto e a tutti. Attenta agli altri, dimenticadi sé, la pensai sempre come una figurauscita dalle Beatitudini: povera, contenta,mite.Da Superiora generale dichiarò più volte lasua gratitudine alle famiglie delle suore, cheriteneva “le prime benefattrici dell’Istituto”e rispettosa delle singole circostanze,concedeva loro visite a casa,commentando: “Fa bene alle suore andarein famiglia, tornano in comunità rinfrancatenella loro vocazione”. Non risparmiavaparole di apprezzamento per l’impegnodelle sorelle e riconosceva loro la faticadell’obbedienza. Facile al grazie, alriconoscimento di un merito, o all’esitopositivo di qualche iniziativa, si può direche tutto questo dava carne al suo nome: iltermine ‘mercede’ infatti significacompenso, ricompensa.

In cattedraForse si sentiva a disagio in cattedra, chesecondo un pensare comune vuol dire:sentirsi importanti. Certo, lei eraimportante, ma questo lo pensavano glialtri. In cattedra ci andò come insegnante diLettere, preparata, seria e affabile. Seguiva ilcorso di Avviamento professionale peralunne di famiglie modeste, e interpretedello spirito dell’OSD: “Procurino diaffezionarsi le fanciulle, usando un carattere

dolce, e per quanto possibilecondiscendente”. Individuava quelle piùbisognose, e durante gli intervalli siavvicinava loro con qualcosa in mano, cheoffriva quasi furtivamente. Non era solopane, ma affetto, premura materna,sostegno alla crescita, e umana e spirituale.

Per concludereQuanto scritto non dice tutto di SuorMercede, ho fatto un piccolo ritratto di lei,scegliendo di raccontare ciò che è stata piùche ciò che ha fatto. Chi l’ha conosciuta samolto di più. Tuttavia, per coloro che nonl’hanno conosciuta, mi piace ricordarealcuni fatti notevoli.Eletta Superiora generale dell’Istituto diBrescia, nei primi anni ’60, durante il suogoverno intraprese con fermezza le seguentiiniziative: la regolarizzazione dello statuslavorativo delle suore nelle Scuole materne,dotandole dei diplomi richiesti. Il che davaanche dignità al loro lavoro.In obbedienza alla Chiesa del Concilio, inparticolare al documento Ad Gentes, aprì lanostra prima missione in Burundi (Africa).Infine, promosse e attuò l’unificazione (ounione?) dei tre Istituti delle Suore delBeato Luca Passi: Venezia, Lucca, Brescia.Era un sogno del Fondatore. Tre gestiprofetici, ispirati dallo Spirito Santo, suoMaestro. ■

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LUCIA TRAMONTE

ELETTO IL NUOVO CONSIGLIO

NAZIONALE COOPERATORI

N ei giorni 14 e 15 marzo si è svoltaa Roma l’Assemblea Nazionaleelettiva dell’Associazione dei

Cooperatori dell’Opera di S. Dorotea:l’appuntamento triennale che vede ireferenti dei gruppi locali impegnati nellaelezione del Consiglio Nazionaledell’Associazione. Le prime ore sono statecaratterizzate dalla presentazione dellecandidature alle cariche di referentenazionale, di referente amministrativo e diconsigliere. I candidati hanno illustratoall’assemblea il proprio profilo e lemotivazioni che li hanno spinti a presentarele proprie candidature. Da ognuna emergeun forte senso di appartenenza e di servizioe l’evidente desiderio di contribuire inmaniera diretta e responsabile alla vitadell’Associazione.La mattina del 14 marzo, l’Assemblea haascoltato l’interessante relazione delprofessor Claudio Betti, assistente delPresidente della Comunità di Sant’Egidio,dal titolo “In ascolto delle povertà di oggi,in cammino verso le periferie esistenziali”.L’autorevolezza e il dinamismo dialetticodel relatore, l’argomento di stretta attualità,hanno catturato immediatamente l’interessedell’uditorio. È evidente già nel titolo ilforte richiamo all’invito che Papa Francescofa a tutti i cristiani ad uscire dalle penombredelle sacrestie ed incamminarsi verso leperiferie esistenziali che sempre di più siallargano nel mondo, adottandointegralmente la logica di Dio che è quelladella misericordia e dell’integrazione,dell’accoglienza ma anche dell’uscitaperché non basta accogliere ma bisognaandare a cercare senza pregiudizi e senzapaure i lontani condividendo con loro ildono che abbiamo gratuitamente ricevuto.Una Chiesa in uscita quindi, per superare laconfortevole certezza dell’autoreferenzialitàche mina alla base associazioni e

movimenti ecclesiali, congregazionireligiose e istituti secolari fino alle stesseparrocchie, e per rispondere a quella che èla vocazione profonda della Chiesa: essereun popolo messianico così come dice laCostituzione Lumen Gentium: Dio vollesantificare e salvare gli uomini nonindividualmente e senza alcun legame traloro, ma volle costituire un popolo, che loriconoscesse secondo la verità e lo servissenella santità … Questo popolo messianicoha per capo Cristo … ha per legge l’amore,ha per fine il Regno di Dio. Costituito daCristo per una comunione di vita, di carità edi verità, è pure da lui assunto ad esserestrumento della redenzione di tutti e, qualeluce del mondo e sale della terra, è inviato atutto il mondo.Anche l’esperienza dell’Associazione deiCooperatori si inserisce in questa vocazionedella Chiesa quando, nello Statuto, si leggeche il raccontare la buona notizia di un Dioche ha a cuore la vita di ogni uomo è unodegli aspetti della vita dei Cooperatori, eancora, quando si dice che la correzioneevangelica del fratello, cuore dellaspiritualità dell’Opera, non è richiamo algiudizio, ma espressione dell’amore di Dioche si manifesta in un rapporto personaleche cambia la vita di chi è corretto maanche di chi corregge in una assunzione diresponsabilità nei confronti della vita delfratello.Il professor Betti ha quindi indicato qualisiano le periferie di cui parla il Papa:preghiera, poveri, pace.La preghiera è periferia in quanto elementoperiferico della nostra vita immersa nellepreoccupazioni di ogni giorno tanto dadimenticarsene o relegarla in dimensioniripetitive e strette a tal punto da nonlasciare spazio al confronto con la Parola.Una seconda periferia sono i poveri perchéè periferia lì dove c’è un povero, un fratello

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e non un cliente della nostra bontà.Ed infine la terza periferia: la pace. In unmondo dove l’ingiustizia, la prevaricazione,la violenza sono al centro, la cultura deldialogo può offrire percorsi di pace e diconvivenza civile. Al termine del suo intervento il professorBetti ha invitato i cooperatori all’apertura ealla collaborazione con le numerose realtàche nella Chiesa e nella società civilesperano e vogliono cambiare il mondo inun rinnovato spirito di alleanza.I lavori sono proseguiti nel pomeriggio conla presentazione del Regolamentodell’Associazione da parte di MaurizioPanelli e di Priscilla Brunello, conl’approvazione del bilancio consuntivo2014 e preventivo 2015 presentato dallareferente amministrativa GiovannaTramonte e con la relazione del referentenazionale uscente prof. Nicola Chiarot cheha offerto una sintesi del triennio passatodescrivendone i momenti più significativied impegnativi. Si è passati quindi alla faseelettiva che ha espresso il Nuovo ConsiglioNazionale nelle persone di Lucia Tramonte,referente nazionale, Giovanna Tramonte,referente amministrativa entrambe delgruppo di Brindisi, Maurizio Panelli diBrescia, Priscilla Brunello di Quinto(Treviso), Filomena Galeazza diGuardiaregia (Molise), Grazia Mara diLucca, Valentina Silvestri di Forlì, IrynaHaurylchyk di Thiene. Entrano a far partedel Consiglio Nazionale anche MadreTeresa Simionato, Suor Giuseppina Marin eSuor Silvia Antonetti delegate dall’Istituto.Un Consiglio Nazionale in gran parterinnovato e con una larghissima presenzafemminile che sarà impegnato nella guidadell’Associazione per i prossimi tre anni. Le attività dell’Assemblea sono riprese almattino di domenica con l’intervento diMadre Marialuisa Bergomi, Superiora

Generale, che ha ratificato quanto è emersodalle elezioni augurando di lasciarsi sempreinterpellare dalla Parola evangelica che hailluminato il Beato Luca Passi: “Va’ ecorreggi tuo fratello” trasmessaci comeeredità spirituale e apostolica. MadreMarialuisa ha concluso il suo interventocon un riferimento al Documento Per unDialogo sull’Opera di Santa Dorotea oggi,

che può costituire la piattaforma perapprofondire nel dialogo la realtàdell’Istituto e dell’Associazione deiCooperatori, le rispettive identità, le risorsepastorali da condividere, i criteri dioperatività in campo socio-ecclesiale. È unostrumento di dialogo e di scambio che puòaiutarci a crescere nella comprensionereciproca e a maturare un pensiero comunein ordine all’Opera e alla sua attuazione. I lavori assembleari si sono conclusi nellafraternità e nella gioia della “santaamicizia”. ■

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I l neoeletto Consiglio Nazionaledell’Associazione dei Cooperatori èpresente al completo al suo primo

appuntamento di lavoro a Roma, il 23-24maggio per affrontare il nutrito ordine delgiorno predisposto.L’atmosfera è quella di ogni prima volta:eccitazione, ansia, curiosità, qualchepreoccupazione per un compito che è

nuovo sia perla referentenazionale cheper la maggiorparte deiconsiglieri. I lavori hannoinizio e latensione siscioglielentamente nelclima disteso esereno dellapreghierad’inizioguidata dasuor SilviaAntonetti, poiun veloce girodi conoscenzaper stabilireun contatto

più sicuro e avviare il lavoro vero e proprio.Ci sono alcune formalità da espletare:approvare il verbale precedente ed eleggereil consigliere che redigerà i verbali, poi sipassa al cuore delle attività esaminando ilmateriale emerso dall’assemblea deireferenti del marzo scorso e ripercorrendo i5 punti del documento “Per un dialogosull’Opera di Santa Dorotea oggi”: Identità,Carisma, Missione, Formazione, InterazioneLaici- Suore. Tale documento, redattoall’interno del recente Capitolo Generale,vuole essere un aiuto per approfondire, nel

dialogo, la realtà dell’Istituto edell’Associazione dei Cooperatori OSD.L’Opera si configura come una nostraopera, frutto di un’interazione viva e“vivace” tra laici e suore. Il confronto èanimato e ricco di suggestioni derivantianche dagli stimolanti suggerimenti dellarelazione del professor Betti all’Assembleadei referenti. Si giunge infine a delineare il tema ed unabozza delle linee formative per il prossimoanno: Nelle periferie con lo stile dell’Opera:la “virtù” dell’ascolto, la “forza” dellarelazione, il “Dono” condiviso dell’Opera.Sarà compito della CommissioneFormazione sviluppare il tema proposto dalConsiglio ed elaborare il camminoformativo per tutti i cooperatori.La prima intensa giornata si conclude conla cena in Trastevere in un ristorante gestitoda giovani disabili della comunità diSant’Egidio: ancora un’occasione discambio, di conoscenza, di riflessione per iconsiglieri, in una realtà che parla diaccoglienza, di integrazione, di possibilitàdi vita piena per ognuno.Dopo la partecipazione alla S. Messa diPentecoste, i lavori del Consigliocontinuano nella giornata di domenica, conuna serie di comunicazioni e di chiarimentisugli appuntamenti legati alle iniziativeestive. ■

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PRIMO INCONTROCONSIGLIO NAZIONALE

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D a parecchi anni a San Zenonedegli Ezzelini esiste un gruppo dicooperatori di Santa Dorotea, ma

mai si era assistito ad un evento cosìstraordinario. La sera del 15 aprile, pressola chiesetta del Santissimo, quattro di lorohanno pronunciato la loro Promessa. Ivano,Michela, Emanuela e Paola hanno detto illoro “sì” per l’Opera, ovvero si sonoimpegnati a vivere e testimoniare la Parolaevangelica “Va e correggi tuo fratello”prendendosi cura delle giovani generazionicosì come aveva pensato e fondato l’Operail Beato Luca Passi. Nella celebrazione, guidata da suor Angela

Cappellini, il parroco don Antonio hasottolineato, nel brano del vangelo diMatteo, quanto sia importante prendersicura dell’altro mettendosi a fianco,cercando di entrare in relazione persostenerlo e, dopo aver fatto la nostra parte,unirsi ad altri per pregare e affidarlo alSignore che sicuramente ci darà ascolto. La Promessa è stata un grande dono digrazia per i quattro cooperatori. Con vocepiena di emozione l’hanno pronunciata, malo è stato anche per il folto numero dipresenti e per tutta l’intera comunità cheringrazia i cooperatori perché si fannovisibili strumenti nelle mani di Dio,all’interno della parrocchia con amore egratuità. Grazie di cuore ragazzi!

Una cooperatrice

CON LA GIOIA NEL CUORE

Con la gioia ancora nel cuore per lapromessa appena proclamata, mi accingo ascrivere queste poche righe che speroesprimano bene il mio stato d’animo e lacascata di emozioni che si sussegue dentrodi me. Per me la promessa non è stata l’ideadell’ultimo momento. È da quasi due anniche dentro di me si è fatto strada questodesiderio. Il seme era stato gettato, nonsapevo in quale forma, non sapevo ancorail terreno che avrebbe trovato, sapevo soloche quando ho ricevuto la proposta dallesuore dorotee qualcosa è risuonato dentrodi me.Penso che la promessa sia un’occasione diGrazia, una infusione di Spirito Santo che cipermette di crescere come uomini e comedonne di fede. Un atto di umiltà nelchiedere l’aiuto di Dio, attraverso don Lucae Santa Dorotea, per meglio affrontare inostri compiti di cristiani e per metterci

LA PROMESSADONO DI GRAZIA

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totalmente nelle mani del Signore percompiere la Sua volontà.La sera della promessa, condivisa con altritre cooperatori, Paola, Ivano e Michela,attorniata da tanti amici e dalle suore, hosentito la vicinanza fraterna di tutti. Nonpensavo che un atto tanto piccolo fosse cosìgrande agli occhi dei fratelli, non pensavoche da un così piccolo gesto nascesserotanti grandi gesti di condivisione e di

affetto. Ho sentito nel cuore la santaamicizia di cui parlava don Luca. Non misento una privilegiata, come ha giustamenteribadito suor Angela la sera della promessa,non è che il fuoco di chi ha fatto lapromessa arda di più di quelli che nonl’hanno ancora fatta.Nel cuore di ogni cooperatore c’è scritto“ardere per accendere” e “va’ e correggituo fratello”; ed è proprio quest’ultimaesortazione che ha fatto da filo conduttoredurante la serata della promessa. “Mettiti aservizio di tuo fratello, correggilo, sostienilofraternamente”. Nulla di più bello egratificante ma anche difficile da mettere inatto. A volte prima di stare vicino al nostrofratello lo giudichiamo, lo riprendiamo per ipropri sbagli, ne sottolineiamo i difettiprima che i pregi.Promettere è innanzitutto un atto di amoree fiducia. Nella vita non ho mai fatto grandipromesse, anzi molte volte si promettonocose molto superficialmente, soprattuttoquando si è giovani. Oggi invece mi sentodiversa, ho promesso facendo appello atutta la fiducia e l’affetto che porto nelcuore per l’Opera di santa Dorotea, per icooperatori e per le suore maestre di S.

Dorotea. A loro va il mio sentito grazieperché, in questi anni sono state per mesostegno e consolazione.

Marcon Manuela

NON TEMERE IO SARÒ CON TE

Carissimi amici cooperatori,voglio condividere con voi i donispirituali che la Promessa di dedicarmiall’Opera di S. Dorotea, ha rigeneratodentro il mio cuore. Innanzi tutto voglioringraziare ognuno di voi, mentre scrivomi passano davanti i vostri volti, lavostra presenza mi ha fatto sentire ilcalore della vostra persona.Vi assicuro che quella sera è stato unvero momento di grazia, la mia famigliami ha accompagnato, incoraggiato equesto per me è stato il mio primo dono.Arrivata in cappella mi sono chiesta:quale sarà ora il mio compito? In qualesentiero il Signore mi condurrà? Ce lafarò? E se mi troverò in valle oscura?Ma ecco dopo l’invocazione allo SpiritoSanto, man mano che leggevano lo

Statuto sentivo risuonare nel mio cuorel’espressione: non temere Io sarò con te.Ecco che allora mi si è allargato l’orizzonte:con Lui posso affrontare qualsiasi momentobuio perché Lui è la luce! Con questa gioiaho letto la promessa e mi sono emozionataperché Lui era realmente con me. Ora, dopo la promessa, non sono successecose straordinarie, ma straordinariamenteogni giorno sento la sua presenza nellecose quotidiane, che mi aiuta a “stardentro” alla complessità della vita. Ungrazie e un grande abbraccio a suor PaolaMaistrello che mi ha incoraggiato. A suorAngela Marostica che ha accolto la miarichiesta e mi invita a tenere il cuore apertoper continuare ad essere “canale” attraversoil quale passa il carisma per avere la Graziadi poterlo condividere gratuitamente egenerosamente lì dove sono e come sono,con le risorse e i talenti che il Signore mi hadonato. Grazie anche a suor AngelaCappellini e a Iryna membro del Consiglionazionale, perché con la loro presenza hosentito il sostegno di tutta la famigliaDorotea.

Paola Scremin

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C inquanta lumini sono stati accesisul sagrato del duomo di Perugia lavigilia di Pentecoste: un lumino

per ciascuno dei cinquanta Stati del mondonei quali i cristiani sono perseguitati ediscriminati. Proprio con il loro numeroquelle luci consentono di vedere unasituazione che il susseguirsi della cronacaspesso nasconde: l’accanimento a livellomondiale contro i cristiani. La persecuzioneè globalizzata, è una componente di quella“terza guerra mondiale combattuta a pezzi,con crimini, massacri, distruzioni”,denunciata da Papa Francesco il 13settembre dell’anno scorso al sacrariomilitare di Redipuglia, monumento allevittime della strage della Grande Guerra.Il martirio è seme del Cristianesimo. Iltempo dei martiri è l’oggi della Chiesa: c’èsempre qualcuno che con la vita testimoniaciò che la sorregge. All’inizio di quest’annoPapa Francesco ha richiamato l’attenzionedei diplomatici accreditati presso la SantaSede sull’icona della Natività del santomonaco russo Andrej Rublëv: “Il BambinoGesù non appare adagiato in una culla,bensì deposto in un sepolcro: accantoall’accoglienza gioiosa per la nuovanascita, vi è tutto il dramma di cui Gesù èoggetto, disprezzato e reietto fino allamorte in croce”. Ma in quella stessacircostanza, di fronte alla globalizzazionedella persecuzione, il Santo Padre hachiesto subito dopo ai diplomatici “unarisposta unanime che, nel quadro del dirittointernazionale, fermi il dilagare delleviolenze, ristabilisca la concordia e risani leferite profonde”.

Più numerosi che nei primi secoliUn mese dopo, il dolore di Papa Francescoper la brutale esecuzione di oltre unaventina di cristiani copti è stato tale che peresprimerlo ha abbandonato la lingua

italiana ed è ricorso alla “mia linguamadre”, lo spagnolo: “Sono stati assassinatiper il solo fatto di essere cristiani. Sianocattolici, ortodossi, copti, luterani nonimporta: sono cristiani! E il sangue è lostesso. Il sangue confessa Cristo. I martirisono di tutti i cristiani”.Si tratta – ci ha richiamato qualchesettimana dopo ancora Papa Francesco –“dei nostri fratelli e delle nostre sorelle,perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per ilsolo fatto di essere cristiani. Loro sono inostri martiri di oggi, e sono tanti, possiamodire che sono più numerosi che nei primisecoli”.Dal 1997 “Portes Ouvertes France”,un’organizzazione non governativaprotestante, pubblica ogni anno l’Indicemondiale della persecuzione dei cristiani.Se ne ricava che negli ultimi due anni ilnumero dei cristiani uccisi nel mondo èquadruplicato: nel 2014 i cristianiassassinati per la loro fede sono stati 4.344.Nella prima metà del 2015 la carneficinaha continuato a crescere e il timore è che iltriste primato del 2014 sia superato.“Porte Aperte Italia” aggiunge che i cristianisono attualmente il gruppo religiosomaggiormente perseguitato al mondo; piùdi 100 milioni di credenti subisconodiscriminazioni, persecuzioni o atti diviolenza a causa della loro fede. Oltre allavita delle persone, la persecuzione attentaanche ai luoghi di culto: il rapporto riferisceche almeno 1.062 chiese sono stateattaccate.Secondo il rapporto internazionale, laCorea del Nord è lo stato in cui lapersecuzione contro i cristiani è assoluta: sistimano tra i 50 e i 70 mila i cristianiinternati nei lager nordcoreani. In cima allalista seguono Somalia e Iraq. Completano leprime dieci posizioni: Siria, Afghanistan,Sudan, Iran, Pakistan, Eritrea e Nigeria.

TINO BEDIN

L’ECUMENISMODEL SANGUE

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Medio Oriente ed Africa Subsahariana sonoi due centri in cui l’estremismo islamicocolpisce con maggiore durezza.

La maschera del fanatismo religiosoTrovare la Corea del Nord in cima alla listadei cinquanta paesi nei quali i cristianisono perseguitati aiuta a capire che lemotivazioni dell’attacco ai cristiani nonsono prevalentemente di origine religiosa enon è solo l’estremismo islamico a privare icristiani dei diritti essenziali.Tra i cinquanta Stati entra per la prima voltail Messico: qui l’intolleranza religiosa èparte di una tragica combinazione fra malapolitica, criminalità, violenza di genere,prepotenza dei cartelli della droga; unacombinazione nella quale le comunitàcristiane sono le più vulnerabili e finisconoper essere espulse dal loro territorio,alimentando l’esplosione del profughiinterni, aumentati di 35 volte in cinqueanni.In Turkmenistan è il governo il protagonistadelle restrizioni. L’ultimo provvedimento diquest’anno è la chiusura di tutti canali tv siaterrestri che satellitari di proprietà privata:stop dunque a programmi televisivi diispirazione cristiana, a conferma di unalegislazione che vieta la distribuzione diletteratura religiosa cristiana. Ad entrare nel

dettaglio della lista si “legge” che ilfanatismo religioso è la mascheraindossata dai persecutori (o fattaindossare alla popolazione) per farpassare in secondo piano altremotivazioni o altri interessi.Fra i più tragici attacchi ai cristiani diquesto primo semestre 2015 l’assaltoall’università di Garissa in Kenya,dove sono stati trucidati 142 studenti“selezionati” perché cristiani. Madopo la strage il portavoce degliassalitori, gli islamisti somali shabaab,avverte: “Il Kenya vivrà altri attacchi

mortali. Non ci sarà alcun luogo sicuro peri keniani, fintanto che il Paese manterrà lesue truppe in Somalia”. Dunque l’obiettivoè politico non religioso e si scelgono icristiani come vittime sia perché sono unacomunità meno rappresentativa a livellolocale sia perché si vuole enfatizzare ilmessaggio a livello internazionale.Anche il groviglio del Medio Oriente, conle guerre tra musulmani, che si scaricanoprevalentemente sulle comunità minoritariee quindi principalmente sui cristiani, risultapiù complesso di quello che viene dipinto,se si ascoltano le voci di chi ci vive assiemeal popolo, voci di vescovi, di sacerdoti, direligiosi. Scelgo fra tutti mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo metropolitadi Aleppo, la più antica città del mondo, inSiria.“In Siria si sono concentrati molti, tantiinteressi sia delle potenze economicheoccidentali (Francia, Inghilterra, America,ecc.) che orientali, quelle legate all’Islam, oalmeno ad un modo particolare diintendere l’Islam. Vi sono poi gli interessi diIsraele, della Turchia, che vagheggia unritorno all’impero ottomano seppur inchiave moderna, degli Emirati Arabi per viadel gasdotto che dovrebbe passare di lì.Una situazione complessa in cui i cristiani

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rappresentano unaspina nel fianco, perchésono gli unici chehanno un certo tipo dirapporto conl’Occidente e sono ingrado di svelare ilgrande imbroglio chesta sotto a questa guerrae i tanti interessi che sivogliono tutelare. Lareligione c’entra soloperché alcuni hannotentato di coprire gliinteressi economici conquelli presunti religiosi.Questo non corrisponde alla realtà”.

Manca il passaggio dalla pietà allasolidarietàLe difficoltà e le incertezze della comunitàinternazionale nell’intervenire si spieganomeglio, se è giusta l’interpretazionedell’arcivescovo Jeanbart.Indubbiamente oggi i 100 milioni dicredenti violentati, perseguitati, discriminatifanno finalmente notizia nell’informazioneinternazionale e sono entrati nell’agendapolitica e diplomatica sia di singoli stati siadegli Organismi sovranazionali. È statosconfitto quel presunto “dirittoall’indifferenza”, più volte bollato da PapaFrancesco come inammissibile. Mancaancora il passaggio dalla pietà allasolidarietà.A trattenere la comunità internazionalesono indubbiamente sia gli scarsi risultatiottenuti con gli “interventi umanitari” deglianni Novanta sia i rischi a cui sono andateincontro le forze internazionali diinterposizione e protezione nel primodecennio di questo secolo. Non stafunzionando tuttavia neppure l’ultimastrategia, quella che punta alla sostituzione

di governi e poteri; anzi questa strategia hafatto deflagrare la persecuzione, come staavvenendo ad esempio in Libia o in Siria.Sono difficoltà oggettive, che nongiustificano tuttavia l’inazione. L’attaccosistematico, non episodico, nei confronti dipreciso gruppo religioso, si va ormaiconfigurando con le dimensioni del crimineche chiamiamo genocidio. Dopo i genocididel Novecento, l’umanità si è impegnata afar uscire questo crimine dalla propriastoria. Rinunciare a questo impegno è unrischio non solo per i cristiani oggiperseguitati ma anche per milioni di altrepersone in futuro.C’è anche una ricchezza da salvaguardare.La non-violenza, il perdono, addirittura il“porgere l’altra guancia” non sono solosegni di una fede, sono una risorsa capacedi migliorare l’umanità: anche per questoc’è bisogno che la protezione dei cristianientri nelle scelte urgenti della comunitàinternazionale.Riprendendo l’analisi dell’arcivescovo diAleppo mons. Jean-Clément Jeanbart, unprimo deciso intervento è possibile:bloccare il traffico d’armi che raggiungono iterritori in cui i cristiani sono perseguitati e

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bloccare le vendite di petrolio “in nero” daquesti stessi territori. Disseccando questidue canali finanziari si tolgono le fonti deltragico contagio cui stiamo assistendo. Unintervento di questo tipo è nelladisponibilità della comunità internazionale:solo che si voglia partire dal cambiare sestessi per facilitare il cambiamento deglialtri.

La testimonianza dei cristianiLa Chiesa, sotto la guida di Papa Francesco,si sforza di farlo in se stessa, riducendo ledistanze, sottolineando i risultati positivi,rinunciando anche a simboliapparentemente intoccabili per segnalarevalori veri. Mi limito a due citazioni.La Pasqua è un valore, la data della Pasquaè un simbolo che divide: facciamo dunqueunità dei cristiani sulla Pasqua, unificandola data, sta ripetendo Papa Francesco inparticolare alle Chiese d’Oriente.La vigilia di Pentecoste, proprio nel giornoin cui la Chiesa italiana pregava per imartiri contemporanei, a San Salvador èstato proclamano beato mons. OscarArnulfo Romero, l’arcivescovo di SanSalvador, ucciso il 24 marzo 1980sull’altare “in odio alla fede”. Mons.

Romero era già considerato un martire dallaChiesa anglicana e dalla Chiesa luterana,che lo celebra il 24 marzo. Da ora in avantiil 24 marzo di ogni anno sarà celebratoanche dai cattolici come martire:“Monsignor Romero – ha scritto il Papa aicattolici salvadoregni – ha saputo guidare,difendere e proteggere il suo gregge,restando fedele al Vangelo e in comunionecon tutta la Chiesa. Il suo ministero si èdistinto per una particolare attenzione aipiù poveri e agli emarginati”.Il martirio del beato Oscar Romero, cosìcome il martirio dei cristiani contemporaneista realizzando l’ecumenismo del sangue,secondo una potente immagine di PapaFrancesco, che ha spiegato: “Esiste unlegame forte che già ci unisce: è latestimonianza dei cristiani, appartenenti aChiese e tradizioni diverse, vittime dipersecuzioni e violenze solo a causa dellafede che professano… Il sangue di questimartiri nutrirà una nuova era di impegnoecumenico, una nuova appassionatavolontà di adempiere il testamento delSignore: che tutti siano una cosa sola”.Questa è la fede. Il terrorismo di matricefondamentalista è invece una bestemmia,“è conseguenza – ha detto il Papa ai

diplomatici – della culturadello scarto applicata aDio. Il fondamentalismoreligioso, infatti, primaancora di scartare gliesseri umani perpetrandoorrendi massacri, rifiutaDio stesso, relegandolo amero pretestoideologico”. ■

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ANTONIO GIOCONDO BRONZINI OSJ

IL MARTIRIO È ANCORA ATTUALE

A ll’Angelus di domenica 29 agosto2004, prendendo spunto dallamemoria liturgica del martirio di

san Giovanni Battista, Giovanni Paolo IIammoniva i cristiani a esser pronti ognigiorno alla “suprema testimonianza delsangue per la verità e la giustizia”, di fronteai moderni Erode: “Se relativamente pochisono chiamati al sacrificio supremo, vi èperò una coerente testimonianza che tutti icristiani devono esser pronti a dare ognigiorno anche a costo di sofferenze e digravi sacrifici. Ci vuole davvero un impegnotalvolta eroico per non cedere, anche nellavita quotidiana, alle difficoltà che spingonoal compromesso e per vivere il Vangelo‘sine glossa’. [...] L’eroico esempio diGiovanni Battista fa pensare ai martiri dellafede che lungo i secoli hanno seguitocoraggiosamente le sue orme. In modospeciale, mi tornano alla mente i numerosicristiani che nel secolo scorso sono stativittime dell’odio religioso in diverse nazionid’Europa. Anche oggi, in alcune parti delmondo, i credenti continuano ad esseresottoposti a dure prove per la loro adesione

a Cristo e alla sua Chiesa”. Grazie a Giovanni Paolo II, la Chiesacattolica ha preso coscienza del fatto chel’esperienza del martirio è ancor oggiattuale. Il terzo millennio, purtroppo, si èaperto e si snoda nel segno del martirio: unmartirio che conosce molteplici volti eappare sempre più come un’esperienza“globale”. Oggi entrano nei nuovimartirologi esponenti delle Chiese locali dipaesi diversi, di tutti i continenti, adimostrazione di un impegno “ad gentes“sempre più marcato: spesso sono i laici amorire, più vulnerabili del prete o delvescovo.

Un’analisi delle cause In passato si conosceva soltanto una causadi martirio: l’odio contro la fede. Ma oraavviene sempre più spesso che ilmissionario, la suora o il laico impegnatovengano tolti di mezzo semplicementeperché scomodi: perché lavorano per lapromozione dei poveri ed emarginati, fannocampagne contro la violenza, si impegnanoin difesa dei diritti umani degli indios o del

ricupero psicologico espirituale delle vittime dellaguerra civile... Naturalmentequeste ragioni vengonomascherate con motivazionipiù banali: le autorità (e lafalsa giustizia) diranno che si ètrattato di un tentativo di furtofinito male, o di un tragicoincidente stradale... Ancor più sorprende scoprireche, da un esame obiettivodelle circostanze in cui sonorimasti uccisi alcuni missionarie religiose, catechisti evolontari di ambo i sessi,risulta a volte che si è trattatodavvero di morti e omicidi

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avvenuti per motivi di rapina o di furto. Inquesti casi, la vera causa non èdirettamente l’odio contro la fede, ma ilcoinvolgimento del missionario o delvolontario con la vita della gente. Sonominacciati di morte con lettere minatorie ocon aggressioni verbali e fisiche, per farlidesistere dal loro apostolato cristiano eumanitario: se rimangono sul posto anchedopo tali avvertimenti, non sono forse deimartiri?

Nuova tipologia del martireAbbiamo tutti presente alla memoria e alcuore i martiri delle prime comunitàcristiane: uomini e donne sicuri di sé, chesono andati alla morte con un coraggio chepotrebbe sembrare perfino temerarietà,mentre per la comunità che fin dall’inizione ha fatto memoria era purissima fedenella vittoria del bene sul male. Oggi, invece, scopriamo che i testimoniattuali non sono degli eroi. I martiri delnostro tempo sono, a volte, persone chenon hanno scelto di morire per la fede, masono stati “rimossi” perché scomodi. È statala grande intuizione di Giovanni Paolo II: ilNovecento è stato un secolo di martiri delnuovo tipo. Questa, per lui, non era teoria,era la sua vita: aveva visto con i suoi occhiil venti per cento della popolazionepolacca morire durante l’occupazionenazista, oltre alle vittime della Shoah; e poiaveva vissuto sulla propria pelle la duravicenda del comunismo. In questocontesto, come lottare contro il male? comesopravvivere nell’inferno dell’occupazione?come sopravvivere nel lager? comesopravvivere quando viene uccisa tutta laclasse intellettuale? come sopravvivere neglispazi limitati lasciati dalla dittaturacomunista? La risposta dei testimoni(cattolici, ortodossi, evangelici...) è stata lalotta a mani nude. Quando il testimone è

tale fino al versamento del sangue, c’è unapparentamento con tutti gli altri, ancheoltre i confini del cristianesimo stesso.Giovanni Paolo II, nel suo primo libro-intervista con André Frossard, parla delmartirio e lo scrittore francese gli chiede:“Ma dei sei milioni di ebrei morti nei lagerpossiamo dire che siano martiri?”; e luirisponde: “E perché dovremmo negare chelo siano stati?”.C’è, dunque, una nuova concezione delmartire, creata dalle terribili persecuzionidella storia recente. In senso umanistico, il cristiano è colui chevuole vivere e che lotta per la vita, masoccombe violentemente per mano del piùforte. Oggi, la pubblicistica suggeriscel’idea che il martire sia il kamikazeislamico: lo shahid, quello che si toglie lavita per togliere la vita agli altri, che cercala morte e attraverso la sua propria morteporta gli altri alla morte. Ma questo - loconosciamo - non è martirio, è il culto dellamorte, tipico di chi disprezza la vita.No, il martire cristiano è qualcuno che nonvuole morire. Il martire cristiano è anche lasuora che resta in Congo per curare i malatidi Ebola e che, minacciata, dice: “Ma io achi li lascio i miei malati?”. Non è unragionamento eroico, ma è un modo perdire: io resto. È questa la grande intuizione di GiovanniPaolo II: il martire della fede può essereanche un piccolo uomo, una piccola donnache per amore, per umanità, non fuggedavanti alle sue responsabilità, perché nonvuole abbandonare le persone che gli sonoaffidate. È il caso della popolana abruzzeseche, durante la seconda guerra mondiale,nascose nella sua casa due aviatoribritannici ricercati e condannati a morte.“Perché li hai nascosti?”- le chiedono inazisti prima di fucilarla. Risponde: “Non liho aiutati perché erano inglesi, ma perché

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sono cristiana ed era mio dovere aiutarli”.Analogamente il pastore abruzzese MicheleDel Greco, prima della fucilazione permotivi simili, disse: “Perché mi fucilate? Hosolo messo in pratica quello che mi è statoinsegnato in chiesa quando ero bambino:dar da mangiare agli affamati, dare da bereagli assetati”. Risposte, se volete, semplicissime, matestimonianze di umanità profonda. Ilmartire attuale, dunque, è qualcuno chenon è disposto a rinunciare alla sua opera,alla sua umanità, per salvare ad ogni costola propria vita. Sa che la vita è inestimabile,ma che donarla per una giustacausa è doveroso, giusto e santo.

Il martirio della diffamazioneIl grande martire dei primi secolidel cristianesimo, così come èstato raffigurato, è una grandefigura, un eroe che lotta con genteche lo uccide, con figure del maleche spesso sono rappresentatecome demoniache, ma chericonoscono la sua dignità e la suagrandezza morale. Il martirecontemporaneo, al contrario, èquasi sempre martire anche delladiffamazione. Al tempo di Hitler,sotto la dominazione comunista oin potere dei narcotrafficanti, lepersone condannate a morte peraver difeso la giustizia sonosempre accusate di colonialismo,di spionaggio, di reati immorali, odi traffico di valuta... Il martire,oggi, non è una figura titanica, lacui morte è una condanna per isuoi assassini; è una personanormale, la cui unica grandezza(l’onestà e la generosità) dev’esseremessa in dubbio e cancellata. È ilmartirio della diffamazione, della

distruzione morale oltreché fisica, perchétutto ciò che inquieta va distrutto.

Abbiamo il dovere di farne memoriaEcco perché è nostro dovere nondimenticare queste persone. Onorarne lamemoria vuol dire desiderare con tutte leforze un nuovo mondo e un nuovoumanesimo, dove valgano come vero metrodi grandezza le parole di Gesù: “Tuttoquello che avete fatto a uno solo di questimiei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt 23,40). ■

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GRAZIE BEATO LUCA!

� “La preghiera è più forte di qualsiasimale”. Ti prego, don Luca, fa che il piccoloRial non debba soffrire molto. Sostienimamma e papà perché possano superarequesto doloroso momento. Te lo chiedoancora!

� Ciao, don Luca, è una sensazione dipace stare vicino a te. Benedici chi è pienodi amore verso di te. Da’ uno sguardod’amore a tutta la mia famiglia. Grazie perquello che ho ricevuto dalle tue suore.

� Caro don Luca, grazie per averci dato lagioia di incontrare la nostra zia, suorClaramaria. Ti preghiamo di aiutare tutte lesuore di questo Istituto, in particolare quelleche assistono la nostra cara zia.

� Caro don Luca, tu hai detto: “Volersperare contro ogni speranza è la manierapiù sicura per tutto ottenere”: Io spero eprego perché mia sorella possa prestotrovare un posto di lavoro! Il lavoro è tutto:è sicurezza, è dignità… pensaci anche tudon Luca, se puoi!

� Ciao, don Luca. Ti ringrazioinfinitamente per la grazia che hai fatto aLorenzo. Guidaci sempre, proteggici. Nellagrazia di Dio e di tutti i santi, grazie!

� Don Luca, io non ti ho conosciuto, masento dalle suore quanto eri buono, eri giàsanto in vita, abbi pietà di me, ti prego divenirmi in aiuto: ho diversi problemi disalute e tu lo saprai. Entra nel mio cuore evienimi in aiuto. Grazie per quello che faraiper me e mio figlio.

� Beato Luca, mio amato fondatore, sonoqui per ringraziarti per il mio Istituto, perl’Opera e per la mia vocazione. Sonocinquant’anni che il Signore mi hachiamato e mi ha preparato la via. Sonofelice di averlo seguito. Aiutami perchépossa continuare con disponibilità. Ti

chiedo una grazia grande: tu e suorAnnantonia aiutate la mia famiglia tutta; voisapete perché vi chiedo questo. So che hopoca fede, ma voi mi sosterrete. Grazie.Sono lontana fisicamente ma siamo vicini.

� Oggi, solennità dell’Immacolata (8dicembre 2014) abbiamo celebrato il nostrocinquantesimo di professione religiosa. Uninno di lode e di ringraziamento sgorga dalprofondo del nostro cuore per tutti i doniricevuti, in questo nostro lungo periodo divita. Oggi nella solennità dell’Immacolatavergine Maria, ci affidiamo a Lei e, per tuaintercessione, Beato Luca Passi, chiediamodi concederci la grazia di continuare ilnostro cammino nella fedeltà e nellatestimonianza del nostro carisma peraccogliere i poveri, i bambini, i giovani etutte le persone bisognose di aiuto.

� Carissimo don Luca, ti voglio salutare eringraziare per la gioia che provo diappartenere alla tua famiglia che è il nostroIstituto. Benedicilo! Accordaci tante e santevocazioni. Proteggi e sostieni la nostradelegazione. Accordaci la pace nei nostripaesi che sono in guerra. Ti affido i giovani,i Cooperatori, le famiglie in difficoltà e inostri benefattori che si raccomandano allenostre preghiere. In comunione con tutta lachiesa ti saluto. (suor Anna L.)

� Beato Luca, carissimo Padre, ti affidopure le delegazioni di Africa e AmericaLatina e le province di Europa. Benedici gliammalati nel fisico, gli afflitti da pesimorali, gli ammalati nello spirito, lepersone che hanno perso il senso della vita,le persone cadute nel baratro della droga,del fumo, ecc…Tu conosci e sai il nome diciascuna. Grazie di cuore! Benedici eproteggi il Papa e tutti i sacerdoti, tantoamati da te. Grazie! Ciao!

(suor Emanuela L.)

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ARDERE PER ACCENDERE…PICCOLE LUCI

Una biblioteca multicentrica e itinerante per i bambini del quartiere e i ragazzi di strada di Yaunde - Camerun

Eccoci in Camerun, a Yaunde, nel quartiereNkolafeme dove, da alcuni anni, una comu-nità di Suore dorotee è presente per l’anima-zione pastorale dei giovani.Nello stesso quartiere, una comunità di lai-che francesi “Institution Thèrèsienne” è infase di chiusura. Alla fatica per la partenza,si aggiunge il dispiacere di vedere finireun’opera preziosa che da alcuni anni sta of-frendo aiuto a tanti bambini e ragazzi deiquartieri poveri della Capitale.Si tratta della biblioteca Piccole luci, che èstata allestita con pazienza, dedizione e tan-to amore dalle laiche teresiane. Poco distante da loro, la comunità delle suo-re dorotee desidera offrire ai ragazzi un luo-go per studiare, leggere, incontrarsi… Ci so-no vie misteriose che aiutano i desideri a in-crociarsi e così il desiderio delle teresiane dinon vedere morire la biblioteca Piccole luci,si incontra con il desiderio delle dorotee diaprire una biblioteca… Dopo la piacevole sorpresa iniziale, inizia-

no le trattative, nel mese di febbraio del2015 le suore dorotee e le laiche teresianefirmano un accordo nel quale vengono defi-nite le condizioni del passaggio di gestione.La biblioteca Piccole luci è costituita da unabiblioteca centrale e tre filiali, distanti circauna decina di Km l’una dall’altra, ognuna diqueste compie un’azione di promozione edi formazione capillare e preziosa, che con-tribuisce ad accendere una piccola luce nel-la vita dei ragazzi che le frequentano, diven-ta un’alternativa al non saper cosa fare, do-ve andare, con chi parlare e a tutti quegliespedienti che ne conseguono. Il programma della Biblioteca è variopinto eduttile: sta in ascolto dei bisogni e degli in-teressi dei ragazzi, si fa carico della forma-zione degli animatori, realizza attività ludi-che, utilizza la lettura per insegnare a guar-dare con occhi diversi la vita e la realtà,contribuisce alla costruzione di relazioni sa-ne, organizza una “scuola per genitori”.Il nome stesso della biblioteca è accattivan-

te: Piccole Luci…sta bene vicino adArdere per accen-dere!Dal mese di giugnoil progetto della bi-blioteca Piccole lu-ci è stato assuntointeramente dallacomunità dellesuore dorotee, cheha prelevato il pa-trimonio preesi-stente: libri, arredo,attrezzature, auto-mobile e si sta atti-vando per darecontinuità all’espe-rienza.Per dare futuro allaBiblioteca Piccole

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La Fondazione MSD.VE – onlus è stata costituita il 5 novembre 2012 su iniziativa del-l’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea, allo scopo di sostenere progetti di solidarie-tà e di sviluppo nei Paesi dove sono presenti comunità di suore dorotee (Italia, Albania,Repubblica Democratica del Congo, Cameroun, Madagascar, Burundi, Bolivia, Colom-bia, Brasile).La Fondazione MSD. VE – onlus persegue finalità di solidarietà sociale nei seguenti set-tori: • Assistenza sociale • Beneficenza • Istruzione • Formazione • Aiuti umanitariPuoi sostenere le iniziative della Fondazione, versando la tua offerta

Banca Carige ItaliaIT 91J0343112120000000387580

precisando le tue generalità e il Progetto che intendi sostenere.Le offerte versate alla Fondazione beneficiano degli sgravi fiscali.

Puoi donare il 5 X 1000 alla FONDAZIONE MSD.VE - onlusC.F. 94142410268

www.msdve.it

luci occorrono risorse: servono10.000 € per acquisire il patri-monio preesistente e per il2015-2016 si prevede un pia-no di spese pari a 16.000 €.Grazie all’intervento di alcunigruppi missionari e di amici siè costituito un fondo di 13.000€ a favore della biblioteca, nemancano ancora altrettanti.Contiamo anche sul tuo aiutoper assicurare che le Piccoleluci possano continuare a farluce e ad accendere altre luci.

Suor Orsolina PomaPresidente della Fondazione

MSD.VE-onlus

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Suor GIULIAROSA -Maria-- PEZZOTTA

*Bolgare (BG) 1. 10. 1927 † Castell’Arquato (PC) 1. 3. 2015

Ho conosciuto Suor Giulia-rosa in Casa generalizia,dove ho condiviso con leilunghi anni e alterne vicen-de. Svolgeva nella comuni-tà il servizio in cucina, mala trovavi ovunque, deside-rosa di impreziosire i ritaglidel suo tempo libero in pic-coli gesti di carità e di at-tenzione alle sorelle. Almattino era tra le prime ascendere in cappella per lapreghiera e godeva intensa-mente delle occasioni di fe-sta e nella celebrazione de-gli anniversari di Istitutoche in casa generaliziahanno una tonalità partico-lare. Suor Giuliarosa visse la suaesperienza di Suora Doro-tea in vari luoghi: a Cremo-na S. Abbondio, ad Azzio,a Bariano, ancora a Cremo-na, nella comunità di ViaManzoni; a Padova Vanzo,a Roma, e quando il suostato di salute divenne pre-

cario venne trasferita nellacomunità di Castell’Arqua-to, dove ella stessa espresseil desiderio di trascorreregli anni che il Signore leavrebbe ancora concesso. Le suore di questa sua ulti-ma comunità conservanodi lei cari ricordi: la fer-mezza del carattere, il sen-so del dovere fino in fondo,la disponibilità premurosaal servizio degli altri, labuona abitudine al sacrifi-cio personale, la consape-volezza profonda del donodella vita cristiana e dellavocazione religiosa. Parlando con Suor Giulia-rosa, affermano alcune diloro, era facile intuire il suospirito di preghiera, le in-tenzioni che animavano isuoi comportamenti, il de-siderio sempre vivo di faredella sua vita un dono aDio e ai fratelli vicini e lon-tani. Nei luoghi in cui è passatasempre manifestò simpatiaper i piccoli, in particolareper i bambini della Scuoladell’Infanzia, della Scuolaelementare con i quali en-trava in contatto in manieraattenta e affettuosa neglispazi che le erano consen-titi dai servizi che svolgeva.Sotto una scorza che appa-riva un po’ rude ella rivela-va un cuore buono e unarelazione sincera e profon-da. Amava riandare ai ri-cordi che destavano in leigioia e riconoscenza. Sape-va chiedere perdono per al-cune modalità impulsivelegate al suo carattere forte

e fondamentalmente schi-vo. Durante la mia presen-za in Provincia, ebbi mododi incontrarla più volte inoccasione delle visite allacomunità di Castell’Arqua-to. Era sempre tra le primead attendere il mio arrivo ea occupare il suo posto nel-la sala comunitaria perascoltare con piacere le no-tizie di casa o partecipare amomenti di preghiera e dianimazione.Suor Giuliarosa amava ri-manere in contatto con lavita dell’Istituto, si interes-sava delle sorelle che avevaconosciuto nelle varie co-munità, delle varie iniziati-ve e, là dove poteva, nonmancava di essere presentein maniera discreta, ma vi-vace. Era molto abile nellaconfezione di lavori a rete ea uncinetto e godeva nelcontribuire a iniziative dibeneficienza, senza trascu-rare la possibilità di faredono di alcuni lavori a per-sone a lei care. Nel breveperiodo del suo ultimo de-clino, preannunciato da unmalessere quasi improvvi-so, la comunità le rimasemolto vicina e il suo incon-tro definitivo con il Signorefu accompagnato dal Sa-cramento dell’unzione de-gli infermi amministrato dalParroco di Castell’Arquatodi cui ella aveva grande sti-ma. Il 1 marzo Suor Giuliarosaè tornata alla casa del Pa-dre per godere della sua vi-sione beatifica, in compa-gnia della Vergine di cui era

particolarmente devota, delBeato Luca Passi e di tutti isanti, in modo particolaredi S. Teresa del Bambin Ge-sù, la cui ricorrenza liturgi-ca coincide con il giornodel suo compleanno.Mentre la ricordiamo concommozione e affetto fra-terno, la ringraziamo pertutto il bene da lei svoltonelle comunità in cui è pas-sata, nell’Istituto e nellaChiesa.

Suor Assunta Tonini

Suor DIODATA -Maria - ZANOTTI

*Villa Cogozzo 18.2.1920 † Brescia 10.3.2015

L’alba del 10 marzo spalan-cò la porta dell’Alba eternaa Suor Diodata Zanotti:erano le ore 6,00.Maria era nata a Cogozzodi Villa Carcina (BS) il 18febbraio 1920, da Giaco-mo e da Venturini Lucia. Ilpadre, proveniente da Tra-vagliato, lavorava nel muli-no della numerosissima fa-miglia patriarcale, compo-sta da trentatrè persone, e

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CI HANNO

LASCIATO…

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la mamma, proveniente daTorbole Casaglia, era ope-raia in un cotonificio; maben presto il lavoro non ri-sultò sufficiente, per cui al-cuni giovani furono costret-ti a cercare lavoro in altrezone della Provincia; lotrovarono ai piedi della ValTrompia, ove in nuove fon-derie e in una filanda si cer-cavano giovani forze, conofferta anche di alloggio in-frasettimanale. Tra questic’erano anche Giacomo eLucia. Al sabato poi, dopole otto ore lavorative, in bi-cicletta i giovani operai tor-navano alla loro casa con isacchi di castagne da ven-dere a Pavone Mella.A Costorio, Giacomo e Lu-cia si conobbero e matura-rono la loro scelta di forma-re insieme una famiglia. AMaria, primogenita, segui-rono altri cinque figli: Virgi-nia, Livia, Zaccaria, Vale-ria, Angelo, che crebberonella bella famiglia, riccadi fede e di saggezza uma-na. Maria, la maggiore, dopo lascuola elementare frequen-tata in paese, rimase adaiutare in casa, perché lamamma dovette continuareil lavoro; ella, con un tem-peramento sereno e apertoagli altri e una buona intel-ligenza fondata sui principicristiani inculcati dai suoigenitori, servì con impegnoi cinque fratelli e collaboròalla loro crescita, fino a cir-ca venti anni, quando ma-turò la vocazione alla vitareligiosa ed entrò nell’Isti-

tuto delle Suore Maestre diS. Dorotea in Brescia il 3febbraio 1940. Visse conimpegno e serenità il Novi-ziato con le tappe consue-te: il 6 febbraio del 1941 fe-ce la Vestizione e prese ilnome di Sr. M. Diodata;emise la Prima professioneil 6 febbraio 1943, e quellaPerpetua il 1° gennaio1951.Fu inviata per un anno a Ci-liverghe, poi a Calvagese(BS) ove prestò la sua colla-borazione nella cucina del-la scuola materna e in par-rocchia per due anni; passòa Nave S. Rocco (TN) peraltri due anni, indi fu trasfe-rita a Collio di Vobarno finoal 1958. Un’altra scuolamaterna con un’altra par-rocchia l’attendeva, Broz-zo, ove rimase cinque annie fu benvoluta dalla gente,per la sua serenità e per ilsuo servizio silenzioso e at-tento ai bisogni dei bambi-ni, dei giovani e delle fami-glie.Nell’ottobre del 1963 futrasferita a Milano in Viadei Chiostri, nella sede deiCavalieri del S. Sepolcro:qui lavorò per quattro anniin piena disponibilità allesorelle e ai bambini. Per altri sette anni dal 1967al 1974, fu inserita nellacomunità di Brentonico(TN) poi dal 1974 al ’77 aCostorio fu preziosa colla-boratrice nella scuola enella parrocchia. Indi, peraltri sette anni fu presentenella Casa provincializia diBrescia sempre attenta ai

bisogni di tutte le suore.Passò tre anni a S. Giovan-ni di Polaveno, e, di seguitoaltri sette nella pianura pi-sana di Lavaiano, in unapiccola scuola materna,ove prestò, la sua collabo-razione. Nei vari luoghi ove prestòla sua opera di dorotea la-sciò sempre un ricordobello di sé, fino a riceverela seguente testimonianzascritta ”… non abbiamo di-menticato lei con la suaimmagine che diffondevagioia e pace soltanto aguardarla in lontananza enel nostro cuore ci saràsempre un posto per leiche ci ha insegnato impor-tanti piccole cose e ha raf-forzato la nostra fede. Nonsoltanto: il suo ricordo ciaiuterà anche a superare imomenti difficili” (Fabio eFederica Z.).Fu poi chiamata a RomaViale Vaticano nella comu-nità di ricerca sulla Storiadel Fondatore e dell’Istitutoper la stesura della “Positiohistorica” di Don Luca Pas-si; qui visse in nascondi-mento e gioia il suo servi-zio alla comunità, all’om-bra del Vaticano che ellasentiva “Chiesa universale”e amava di vero cuore.Incominciò a non stare be-ne e le si rivelò un mielomainsinuante che la portònuovamente a Brescia peressere curata; poi nel 2004fu definitivamente trasferitanella comunità di Villa S.Giuseppe, ove la salutenon migliorò, anzi si rese

più complessa per il suben-trare di importante decadi-mento cognitivo e, di con-seguenza, la necessità didipendenza assoluta, macon la sua solita serenità,abbandonata alla Volontàdi Dio che sempre avevacercato di fare sua in tuttala vita di consacrata.Nel 1993 scrive il suo desi-derio: “Essere ciborio diPietà e ostensorio di Cari-tà”.Con questo stile di abban-dono e di serenità SuorDiodata ha vissuto anchegli anni della sua malattiafino alla morte.

Suor Gerolama Fausti

Suor CLARAMARIA -Luigia - ZERBO

* Noale (Ve) 17.7.1917 † Venezia 30.4.2015

Suor Claramaria ha lasciatoVenezia per il Paradiso gio-vedì 30 aprile 2015, alleore 11.45, assistita e ac-compagnata con amoredalle sorelle di Casa Ma-dre. Con loro c’era p. Gia-como Giacomin, superiore

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dei Canossiani, che l’ha be-nedetta e assolta da tutte lefragilità umane mentre siaddormentava dolcemente,illuminata da un sorrisoche testimoniava l’incontroimmediato con il Signoredella sua vita. Era nata aNoale, provincia di Vene-zia e diocesi di Treviso, so-rella gemella di suor Iolan-da, pure lei suora dorotea,morta già da qualche anno.Nel 1936, a 19 anni, entrain noviziato a Venezia/Casamadre. Novizia di secondoanno, viene inviata a Thie-ne per gli studi che conclu-derà poi a Venezia nel1942. La sua prima attivitàapostolica, nella scuola e inparrocchia, avviene a Car-penedo, periferia di Mestre,dove rimarrà per 17 anni fi-no all’ottobre 1959. Qui, lasua cordialità, le straordina-rie doti di relazione, la suabravura come insegnante discuola elementare e mater-na, la ricchezza interiore esaggezza umana che tra-spaiono nel suo ministerodi catechista, di consiglieradi giovani, donne, coppie,la rendono gradualmenteuna vera e propria “istitu-zione” nel quartiere vene-ziano di terraferma. Ma talidoti emergono ovunque leiarriva, nel suo lungo servi-zio di educatrice, di guidaspirituale, di superiora, didonna contemplativa, eu-caristica, di consorella at-tenta a collaborare nellacomunità fin quasi al termi-ne della sua vita. Le tappedella sua testimonianza di

consacrata, dopo Carpene-do, vanno da Cremona conle studenti, a Murano,Quinto di Treviso, Filetto(CH) come superiora, inse-gnante, animatrice in par-rocchia.Nel 1992 giunge a S. AgataFeltria e, fino al 2006, dà ilsuo contributo nelle varienecessità della comunitàper ritornare, il 9 settembredi quell’anno, a Venezia, lasua città del cuore, la cittàdel primo grande Amore acui, con entusiasmo ed eu-foria, in ogni occasione difesta dedica il canto: “Ve-nezia nostra, sei il più belnido!/ Voga e va, gondo-lier,/ canta il cuor:/ nonposso andar più via/ per-ché, Venezia mia,/ m’haifatto innamorar!”. Anche a Venezia, vista lasua lucidità mentale e lasua autonomia fisica, sirende disponibile a farsi“compagna e custode” diconsorelle anziane in diffi-coltà e, mentre, lentamen-te, le forze calano e la vitasi consuma, lei si preparagioiosamente all’incontrocon il suo Dio, senza mairinunciare alla felicità dicantare, come una lode eun ringraziamento, il cantodel vecchio gondoliere:“C’è un vecchio gondolier“de Santa Crose”/ chepiange quando passa la re-gata,/ lui più non può re-mar ma spinge a voce/ legondole in ghirlande,/ luich’era il primo sul CanalGrande…”.La Messa di funerale è stata

celebrata il 4 maggio pressola cappella di Casa madre,presieduta da padre Vincen-zo Torrente, canossiano, econcelebrata da don RenzoScarpa, parroco di S. Gere-mia, don Luigi Battaggia,ex-alunno della defunta,padre Vittorio Dalla Rovere,cappuccino, confessoredella comunità. È sepoltapresso il cimitero di S. Mi-chele in Isola, a Venezia.Non posso dare il saluto a“suor Clara”, la mia mae-stra di prima e seconda ele-mentare e mia catechista,senza rendere testimonian-za di ciò che lei ha signifi-cato per me, per l’orienta-mento della mia vita. Ri-cordo il suo tono caldo ecommosso nel raccontarcila vita di Gesù e, in partico-lare, i vari momenti dellaSua passione, il Suo donod’amore, così grande, daarrivare a chiamare “ami-co”, colui che con un baciolo tradiva e lo consegnavaai suoi carnefici. L’amore difronte al tradimento e allamorte hanno suscitato,dentro il mio sentire dibambina, la domanda:“Che cosa posso fare io perrispondere a questo amoredi Gesù? Io non voglio tra-dirlo, voglio essere comeGiovanni che riposa nelsuo cuore, che gli è vicinomentre è sulla croce, che siprende cura di Maria, lamamma del Signore”. At-traverso le parole della miacara maestra, lo SpiritoSanto ha operato nel miocuore e ha suscitato in me

la risposta: “Non posso farealtro che dargli tutta la miavita, e voglio farlo facendo-mi suora come suor Clara”.Un proposito ratificato ilgiorno della mia prima co-munione e concretizzatonel tempo, attraverso mo-menti di slancio e altri dicrisi, di adesione appassio-nata a Lui e di allontana-mento e di peccato, tuttaviasenza mai rinnegare la vo-lontà di “essere di Dio”. Suor Claramaria è ora nellaVerità eterna del Padre, delFiglio, dello Spirito, protet-trice dell’Istituto e di cia-scuna di noi che siamo an-cora in viaggio verso il“compimento”.

Suor Eliana Galetti

Suor RINALDA -Assunta - GIRARDI

*Albaredo 13.8. 1935†Treviso 2.6.2015

La sua morte avvenuta do-po soli sette giorni di de-genza all’ospedale di Trevi-so, ci ha costrette a una se-ria riflessione sulla prezio-

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sità della vita da accoglie-re, gustare intensamentemomento per momento. Sì,accanto al letto, ho pregatocon vero abbandono allavolontà di Dio Padre, certache Lui permette ogni cosaper il nostro bene, anche sea noi non è dato di com-prendere, sul momento, isuoi disegni.Nei suoi anni di permanen-za a Maserada, Suor Rinal-da si è sempre prodigatacon tanta carità e pazienzanel fare compagnia e nelprestare la dovuta attenzio-ne alle sorelle che si am-malavano. E proprio a leinon fu concessa la presen-za del suo caro fratello Atti-lio che per ore stava accan-to al suo letto, in piedi e insilenzio, e la premurosa as-sistenza della nipote Vittori-na che, essendo infermiera,comprendeva il danno irre-parabile da cui era statacolpita la zia: ictus, fibrilla-zione, setticemia. Pure glialtri nipoti la visitarono contenerezza e soffrendo dinon poter più comunicarecon lei.A Maserada dove era giun-ta nel 2003, era diligentenel servizio di guardarobie-ra. In altre comunità doveera stata inviata dall’obbe-dienza si era resa disponi-bile anche per il servizio dicuoca. Nel suo stile discre-to, riservato, nutriva tantoamore all’Istituto, ai supe-riori: per tutti intercedevagrazie di luce e saggezzaevangelica. Godeva quan-do giungevano notizie del-le sorelle missionarie inAfrica, in America Latina ein Albania e supplicava ilSignore di donare alla no-stra Famiglia Dorotea nuo-ve vocazioni per continua-re il carisma del Fondatoreil beato Luca Passi. Facevatesoro delle trasmissioni te-levisive di carattere religio-so e si sentiva partecipe delcammino che la Chiesa

compie per annunciare ilVangelo ad ogni uomo. Da-va il suo contributo di pre-ghiera e dimostrava unacerta predilezione per ilRosario.Una sorella sottolinea chesuor Rinalda sapeva sop-portare il male fisico e altresofferenze con tanto spiritodi sacrificio, si percepivache poneva la sua fiducianell’amore fedele del Si-gnore. Era discreta, riserva-ta, interveniva quandoc’era da difendere la veritàsulle questioni che lei co-nosceva e non ammettevache venissero interpretatediversamente. Nell’omelia del suo funera-le presieduto dal parroco diAlbaredo don Antonio Cu-sinato e concelebrante ilparroco di Maserada, il sa-cerdote ha affermato che lavita di suor Rinalda, mortaa 79 anni, fu una vita pie-na, ricca delle “benedizio-ni” del Signore. Ha avuto iltempo per amare, per gioi-re, per soffrire, per vedererealizzate le promesse cheDio le aveva fatto nel chia-marla a donare la sua vitacome suora nella Congre-gazione delle suore Doro-tee. Il tempo che ha vissutoè stato un dono di Dio e undono per gli altri. Al centrodi tutto ha messo la presen-za di Dio, il suo amore l’hariversato su di Lui e questol’ha portata a vivere nel ser-vizio ai fratelli e a spenderele sue energie, i suoi sacri-fici per il bene di tutti. Ha vissuto in diverse comu-nità: Castell’Arquato, Cre-mona, Fornovo, Ciliverghe,Padova-Vanzo, vivendo ildono della fraternità, lacondivisione, il servizioumile e nascosto. Avevascoperto il segreto della vi-ta: la gioia non sta nelle co-se straordinarie, grandi,portentose, ma nelle picco-le cose. Don Antonio ha ci-tato una frase di Bernanos,

nel suo Diario di un curatodi campagna: “Le piccolecose hanno l’aria di nulla,ma danno pace. Sono co-me i fiori del campo. Li cre-diamo senza profumo e tut-ti insieme profumanol’aria”. Questo è il segretodella vita, si contempla dal-le piccole cose e si vive inpienezza servendo e svol-gendo i propri compiti quo-tidiani in umiltà e nascon-dimento. Un altro motivo

di consolazione ci è statoofferto dal versetto del librodella Sapienza: ”Coloroche gli sono fedeli vivrannopresso di Lui nell’amore:grazia e misericordia sonoriservate ai suoi eletti”. Noicrediamo che suor Rinaldaè ora nelle braccia di Dio,in quel Dio che l’ha ac-compagnata in tutta la suaesistenza e in cui lei haconfidato e ha amato.

Suor Franca Visentin

PARENTI DEFUNTI

Basile Minanifratello di suor Emilienne Mbonihankuye (Burundi)

Dante Campionfratello di suor MariaPia, Udine

Carlo Marini fratello di suor Ornella (Padova, via S. Pietro)

Ladislas Chihebeyipapà di suor Valentina Chihebeyi Burhiba (RDC)

Giustiniano Pasinifratello di suor Adriana (Lucca, via Giardino

Botanico)

Federico Tanfogliofratello di suor Odilia (Brescia, via F. Filzi)

Angelo Bellerifratello di suor Tiziana (Brescia, via Marsala, 30)

Liliana Cadenellisorella di suor Fede (Brescia, Villa S. Giuseppe)

Elsa Bertanisorella di suor Rosangela (Brescia, Villa S.

Giuseppe)

Luigi Milani fratello di suor Adelia (Castell’Arquato)

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ARMANDO MATTEO

Come nessun altroVita e Pensiero, Milano, 2012, € 10,00

L’invidia è da sempre una potente ‘macchina’capace di innescare una carica di energiadirompente, tutta negativa e ben difficile dagestire. Alimenta il desiderio di ferire l’altro, cheappare felice e prospero come nessun altro, conquel dolore che ora ferisce me. Per ArmandoMatteo questa ‘passione triste’, culla di tantainfelicità umana e cifra caratteristica dellamentalità diffusa, alimentata dalle sempre più fortispinte al consumo e al possesso come trattodistintivo di sé, altro non è che un ‘male degliocchi’: lo sguardo si riempie della condizionefortunata dell’altro, che appare ineguagliabile elontana, unica e inafferrabile. Come guarire dallo sguardo invidioso? Lasuggestione di questo breve ma illuminante saggioè che la cura stia nel tema evangelico del ‘vederebene’, che non a caso sta al cuore di molteguarigioni operate da Gesù. Accettando ladifferenza dell’altro come voluta e benedetta daDio, posso giungere a ribaltare la direzione dellosguardo, a cogliere l’intrinseca bellezza della miastessa alterità e da qui partire per un cammino difelicità. La felicità che nasce dalla benedizione diciò che mi è toccato in sorte e che mi rendedavvero come nessun Altro.

CHIARA ANDREOLA

Fame d’amore, la mia anorresiaCittà Nuova, Roma, 2015

Una storia che vale la pena leggere, scritta con untrasporto ed uno stile brillanti. La divorerete, senzamai provare disgusto!È una preziosa testimonianza su questo disturboalimentare. Parlare di un evento così drammaticocon la sua lucidità e ironia è sorprendente. Il suopunto di vista stupisce a tal punto da fardimenticare al lettore i luoghi comunisull’anoressia, che nel suo caso sembra piuttostoessere un percorso ascetico del cibo, associato aduna strana convinzione, dettata da momentiformativi della sua vita, che lei non meritassealcuna tipologia di soddisfazione e di piacere,tanto meno quello derivante dai pasti. Questapersuasione, unita a tensioni familiari e ad altreincertezze, fanno presto passare Chiara dai suoi51 kg (la prima conquista) ai 38 kg (pericolosopunto di non ritorno).Una lotta perenne tra la mente e il corpo, che haportato la prima a sovrastare in modo insano ilsecondo, in un perverso meccanismo diannientamento. Un percorso da giornalista pernulla facile da intraprendere, cambi di vitarepentini in Italia e in Belgio, coinquilini strambicon cui fare i conti e, infine, l’amore costante diEnrico, della sua famiglia e lo sport che l’hannoaiutata a risalire quando oramai sembrava quasiimpossibile.

Segnalazioni a cura di Suor Fernanda Barbiero

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JEAN-PAUL VESCOOgni amore vero è indissolubileConsiderazioni in difesa dei divorziatirisposatiEditrice Queriniana, 2015, € 11,00

In caso di rottura dell’alleanza matrimoniale,l’attuale disciplina cattolica incoraggia la sceltadel celibato. Per coloro che invece si risposanoprevede l’esclusione dai sacramenti dellariconciliazione e dell’eucaristia. In realtà, ragionaVesco, si può perfezionare l’attuale prassi sui“divorziati risposati”, non solo non mettendo indiscussione l’indissolubilità del matrimonio, maanzi riconoscendole tutto il suo valore. Perchéogni e qualsiasi amore di coppia, quando èautentico, lascia di per sé una traccia definitiva,incancellabile.Vesco propone allora di distinguere piùadeguatamente – senza mai separarli –“matrimonio sacramento”, “unicità” e“indissolubilità”. Propone di recuperare nel dirittocanonico una differenziazione decisiva fra reatoistantaneo e reato permanente. Propone dipensare a un accompagnamento spirituale-penitenziale al termine del quale, a determinatecondizioni, si possa aprire la via al perdonosacramentale. La chiesa aiuterebbe a quel puntochi ha fallito nella precedente unione ad affrontareil passato, a considerare le ragioni della rottura, aesaminare la propria responsabilità, per poteraccedere al sacramento della riconciliazione. Nonun diritto al perdono, ma un diritto a poterchiedere perdono.

MARCO D’AGOSTINOCredere... chi me lo fa fare?Itinerario per la cresima e oltreEdizioni Paoline, 2015 € 8,50

Il libro è un coinvolgente itinerario di preparazio-ne alla Cresima, costruito a partire da un’esperien-za su campo vissuta con preadolescenti e adole-scenti, con i loro dubbi, il loro disinteresse diffuso,le loro voglie di protagonismo e/o di messa in di-scussione di tutto. La sfida che, di tappa in tappa,si tenta di attivare è l’incontro tra la bellezza delmessaggio cristiano e la loro vita. Riuscirà la pre-parazione alla cresima a far crescere nei ragazziuna fede vitale, una risposta autentica di fiducia inse stessi, in Dio Padre, in Gesù, nella Chiesa? Riu-scirà a farli vibrare della travolgente energia delloSpirito? La cresima segnerà il loro ingresso nel tes-suto vitale della Chiesa? La sfida è tutta da vivere eil testo accompagna i catechisti, gli animatori, iparroci a farlo. Il Credo, costituisce l’intelaiatura difondo, sulla quale l’autore costruisce l’intera pro-posta. Un Credo che, lungi dall’essere elenco diformule da imparare a memoria, diventa una storiada scoprire, un sentiero da percorre, su cui dialo-gare, ragionare ed esplorare, per scalare le affasci-nanti vette che la fede in Gesù propone.L’autore Marco D’Agostino è sacerdote della dio-cesi di Cremona dal 1995.

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Anno XLIII - n. 2 - Maggio/Agosto 2015

Finito di stampare nel mese di Luglio 2015

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLE SUORE MAESTRE

DI S. DOROTEA DI VENEZIA

Iscritto sul Registro della stampa del Tribunale di Roma

al N. 367/’82 del 9.11.1982

Direttore Responsabile Paola Galetti (Suor Eliana)

CoordinatriceSuor Fernanda Barbiero

Gruppo redazionaleAndrea Ballarin - Fernanda Barbiero

Nicola Chiarot - Eliana Galetti Maria Elisa Perinasso - Emmarosa Trovò

Foto a cura della Redazione

StampaTipografia “Città Nuova” della PAMOM

Via Pieve Torina, 55 - 00156 Roma

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

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