Auto-Aiuto_01-2010

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Auto Aiuto AUTO AIUTO ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEI SOCI 9 aprile 2010 Associazione Parenti ed Amici di Malati Psichici Poste Italiane Spa - Spedizione in abbo- namento postale - D.L. 353/2003 (Conv: in L. 27/02/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bolzano Reg. 3.7.1995, n. 17/95, Nr. 1/2010

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Giornale dell'Associazione Parenti ed Amici di Malati Psichici - Bolzano (Italia)

Transcript of Auto-Aiuto_01-2010

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Auto Aiuto

AutoAiuto

ASSEMBLEAGENERALE oRDiNARiADEiSoCi 9aprile2010

Associazione Parenti ed Amici di Malati Psichici

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbo-namento postale - D.L. 353/2003 (Conv: in L. 27/02/2004, n. 46) art. 1, comma 2, DCB Bolzano Reg. 3.7.1995, n. 17/95, Nr. 1/2010

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Auto Aiuto

IMPRESSUM

Opuscolo informativo quadrime-strale dell‘Associazione Parenti ed Amici di Malati Psichici

Registrato al tribunale di Bolza-no: Nr. 17/95 R.St. del 3.7.1995

Editore:Associazione Parenti ed Amici di Malati PsichiciVia G. Galilei, 4/a39100 BolzanoTel. 0471 260 303 Fax 0471 408 [email protected]

Responsabile:Prof.ssa Carla Leverato

Redazione:Martin Achmüller, Laura Kob, Lorena Gavillucci, Margot Gojer, Carla Leverato, Alessandro Svettini Traduzione:Martin Achmüller, Margot Gojer, Carla Leverato, Carmen Premstaller

Foto:Archivio, Martin Achmüller, Margot Gojer, Magdalena Hofer, Brigitte Gutgsell, Carmen Prem-staller

Impostazione e veste grafica:Carmen Premstaller

Stampa:Karo Druck, Frangarto

La redazione ringrazia per la preziosa collaborazione tutti co-loro che hanno contribuito alla pubblicazione di quest‘edizione. Si riserva il diritto di effettuare abbreviazioni ai testi.

Indice

pagina 3

pagina 4

pagina 5

pagina 6

pagina 7

pagina 8

pagina 9

pagina 10

pagina 11

pagina 13

pagina 14

pagine 14

pagina 15

pagina 16

Con il sostegno della Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige Ripartizione alle Politiche Sociali

Con il sostegnodella Città di Bolzano

Editoriale

“Il mondo ormai sta cambiando...”

Diventare protagonisti del proprio e dell’altrui benessere

Volontariato boicottato

Basta Auto Aiuto

Formazione è cambiamento?

Parliamone insieme Formazione

L’angolo dell’ascolto Hobisognodiunconsiglio

Assemblea Generale Ordinaria dei Soci 2010

La guarigione sociale (Recovery) dalla malattia mentale grave

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con Disabilità

Vi invitiamo a candidarvi per il Direttivo dell’Associazione

I lettori ci scrivono...

L’idea era buona...

Nostri

pensierisentimenti

compassionedolore

sono con le vittimedel disastro ferroviario in Val Venosta

con chi ha perduto un loro caro, con chi comunque è stato dolorosamente colpito e provato.

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EDITORIALE

Cari lettori!Carla Leverato

Diventare protagonisti del proprio e dell’altrui benessere

S i può essere vecchi a 21 anni? Forse si, se ci riferiamo ad una

Associazione. Vecchi in che senso?

La maggior parte dei soci è tale fin dall‘inizio: essi sono quindi i vecchi soci, e ciò naturalmente non è di per sé negativo. Anche l‘età dei soci è abbastanza avanzata.

Anche in questo caso è positivo che ci sia qualcuno che conserva la memoria delle lotte fatte, delle conquiste ottenute, delle difficoltà superate...

Ma i tempi cambiano. La situazio-ne dei malati è diversa, diverse sono le strutture, diverse le condizioni, diversa la società. Al giorno d‘oggi poi, in cui i cambiamenti sono velocissimi, c‘è da confondersi le idee.

E‘ per questo che l‘Associazione deve in qualche modo ringiovanire.

Come? Qual‘è la attuale sfida del l‘Associazione, se essa, se noi tutti, vogliamo crescere con i tempi?

Il primo impegno può essere quel-lo di far si che l‘Associazione diventi sempre più un osservatorio della real-tà del disagio psichico, per conoscerla, per capirla, per intervenire. Ma questo può avvenire soprattutto a contatto con i soci stessi. Sono loro i diretti in-teressati. Sono loro che possono dire in che modo i servizi sono o non sono di aiuto, di che cosa le famiglie avreb-bero ancora bisogno.

Diretti interessati sono anche i fami-liari, giovani di età, con figli bambini o comunque giovani.

Ma dove sono? Come mai non sono conosciuti dall’Associazione? Come mai le informazioni non arrivano loro?

Le risposte ipotetiche possono es-sere molte: non conoscono l‘Associa-zione, perché nessuno ne parla loro, nemmeno i servizi; non pensano di aver bisogno di aiuto; non hanno

ancora riconosciuto e accettato di avere un problema; lo sottovalutano; se ne vergognano, ecc. ecc.

A chi tocca darsi da fare? A tutti noi. Come?

Possiamo uscire allo scoperto, lasciando da parte la vergogna e la paura.

Possiamo, con rispetto e delicatezza, contattare e informare le famiglie che sappiamo in difficoltà.

Possiamo parlare, chiedere aiuto agli insegnanti e alle scuole, ai vicini, al parroco e ai parrocchiani, agli amici... Agli stessi possiamo dare informazioni e fare opera di sensibilizzazione.

Possiamo diventare noi stessi auto-ri e protagonisti del cambiamento, dando anche sostegno a livello per-sonale a chi ne ha bisogno, istituen-do una rete sociale di solidarietà che parte, ma va ben oltre il chiuso dei gruppi di Auto Aiuto.

Possiamo noi, proprio noi, crescere, diventare più forti, imparare a stare meglio. Le occasioni di formazione non mancano certo, non manca nemmeno un “Punto di Sostegno”, per diventare tutti, con coraggio e determinazione, collaborazione e solidarietà protagoni-sti del proprio e dell‘altrui benessere.

E ciò non costa nulla: perlomeno in denaro, o contributi provinciali.

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Auto Aiuto

Q uale è attualmente la situa-zione del familiare del malato

psichico e quali sono i cambiamenti, soprattutto di mentalità e di visione, intervenuti rispetto al passato?

Ebbi già modo, in occasione del ventennale dell’Associazione, di evi-denziare come la presenza stessa dell’Associazione ed il suo operare abbiano esercitato un influsso estremamente positivo sulla situazio-ne delle famiglie: sostegno, informa-zione, formazione, confronto, quel “non essere più soli”, che è di grande importanza per chi affronta, giorno per giorno, la sofferenza dell’anima.

In questi vent’anni sono cambiate molte altre cose e tutte in meglio, anche per quanto concerne la com-petenza e l’effi-cacia dei servizi, la loro diffusione sul territorio, la rispondenza alle esigenze del-l’utenza.

Sono intervenu-ti anche cambia-menti di mentalità, ma a questo pro-posito non si può non considerare come il nostro pre-sente ed il nostro immediato passato siano caratterizzati da un processo di mutamento molto rapido ed altret-tanto complesso, che investe tutti gli ambiti del vivere.

La rivoluzione tecnologica e gli importanti flussi migratori sono due tra i fattori determinanti delle tendenze di cambiamento culturale e di percezione identitaria sia indivi-duale che collettiva.

Il concetto stesso di diversità e di rapporto con il “diverso da sé”, così come quello di integrazione sociale e culturale non appartengono più alle sfere ristrette di addetti ai lavo-ri in campo clinico, antropologico o sociopedagogico, ma sono divenuti tematiche di esperienza quotidiana

“Il mondo ormai sta cambiando...”Luce

e di riflessione per la nostra società intera, con esiti che vanno dalla presa di coscienza che il riconoscimento e l’accettazione della diversità rappre-sentano un percorso, seppure non facile, di opportunità e di crescita a tutti i livelli, alle reazioni di paura e di chiusura, che talora si spingono fino ad esasperate forme di fobia e razzismo.

Questo contesto e la sua veloce evo-luzione sviluppano, infatti, situazioni spesso molto contraddittorie: se da un lato il moltiplicarsi delle possibi-lità di contatto e relazione facilitano l’approccio alla diversità, a tutte le forme di diversità, dall’altro la conti-

guità può divenire potenzialmente conflittualità ed in ogni caso esiste il pericolo concreto che chi non “sta al passo” con le nuove tecnologie, i nuo-vi linguaggi, le nuove competenze, le nuove modalità relazionali, si ritrovi in una condizione quasi automatica di emarginazione. Vale per singole per-sone, come per popoli interi.

Come persona, prima ancora che come familiare di malato psichico, vedo positivamente tutto ciò che favorisce l’apertura mentale, la cono-scenza, l’incontro, lo scambio, tutto ciò che ci facilita la vita e ne aumen-ta la qualità e come familiare, poi, non posso che essere felice di quei segnali di attenzione e rispetto verso la diversità, che tanto aiutano a ridurre lo stigma del malato e le barriere che

lo circondano.Ma, sempre come persona, prima

che come familiare, osservo con tanta inquietudine i fenomeni di violenza, alimentati dall’ignoranza e talora da una sapiente regia, che si manife-stano sempre più frequentemente proprio nei confronti dei diversi, siano essi stranieri, portatori di handicap, omosessuali, zingari, malati psichi-ci, disadattati, aderenti ad un’altra religione: assomiglia molto al popolo dei lager, vero?

Ed infine, mentre medici e sociologi dicono a chiare lettere che l’aumento delle malattie psichiche, soprattutto depressione e psicosi, è in forte cre-

scita, vedo il perico-lo che le fasce più fragili, quindi anche i malati psichici, siano esposte al rischio di esclusione sociale, che deriva da ciò che forse si può definire “incom-petenza digitale”, il mancato accesso a quel mondo in cui tutto è – virtual-mente - accessibile a tutti. Non essere in grado di gesti-

re le applicazioni tecnologiche nel nostro mondo può sempre di più significare non essere in grado di gestire la propria quotidianità con la dovuta indipendenza ed essere con-finati ai margini del vivere sociale: assomiglia molto al concetto di ghet-to, vero?

Tornando al quesito iniziale, mi sen-to soggettivamente di dire che tanto è cambiato ed anche in meglio, che un familiare di malato psichico ha mag-giori aiuti e più sostegno che in pas-sato, ma che serve un impegno forte di attenzione nell’ambito etico-valo-riale perché tutto ciò che è cambiato in meglio non si perda e tutto ciò che sta cambiando vada nella direzione del rispetto profondo dell’Uomo e dei suoi diritti.

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Auto Aiuto

S iamo viandanti. Per le strade della vita. E‘ un po‘ come percorrere il

cammino che porta i pellegrini attra-verso la Spagna e la Francia fino al santuario di Santiago di Compostela.

Ci si alza tutte le mattine, qualche volta con entusiasmo e di aspettative per la giornata che ci sta davanti, qual-che altra volta con fatica, forse anche con angoscia al pensiero della strada da fare, delle ore che ci aspettano, ci si sente inadeguati senza capacità, senza forze...

Per la strada ci si affiancano persone, qualcuna col nostro ritmo, qualche al-tra più lenta.

Qualcuno ci piace, qualcuno ci infa-stidisce. Altre persone ci sorpassano, altri si fermano, altri ancora non ce la fanno e tornano indietro. Altre volte camminiamo da soli.

Così è anche partecipare ad un grup-po di auto mutuo aiuto.

Ciascuno deve decidere da solo di fare il primo passo, il più difficile però lo si deve volere. La meta è lontana, ma ci vogliamo arrivare: vogliamo star bene con noi stessi e con gli altri, per-ché è un nostro diritto. Ma ciò richie-de il nostro impegno.

La solitudine fa paura, è difficile da sopportare e nello stesso tempo è faticoso stare con gli altri.

Però nel gruppo di Auto Aiuto lo è di meno. Perché mai?

Perché ci si trova in un gruppo di “pari”, di persone cioè che vivono situazioni simili, che sono accomuna-te dal vissuto di una simile situazione di disagio, di difficoltà, di sofferenza... e tutte con il diritto di stare bene.

Nel gruppo chi desidera parlare si

accorge subito che sarà ascoltato, capito... che può fidarsi, confidarsi, affidarsi, che non è più solo.

Nei primissimi gruppi di Auto Aiu-to, che erano quelli degli alcolisti, il metodo usato veniva riassunto nella frase: ”Tu solo ce la puoi fare, ma non ce la puoi fare da solo”.

Chi non ha mai frequentato un grup-po spesso ne ha paura: paura di essere deluso, di essere giudicato, di doversi caricare, oltre che della propria soffe-renza, anche di quella dell‘altro... e per questo non si decide o non ha la forza di fare il primo passo.

Ma un gruppo efficace non è basa-to sulle lamentele reciproche. Esso rappresenta piuttosto la partenza per “un cammino insieme per ritrovare o scoprire il proprio benessere”.

Non si lavora su ciò che provoca malessere, ma sulle risorse delle per-sone, sui loro aspetti positivi.

Scoprire e riconoscere che ciascuno di noi ha dentro di sé delle energie, delle qualità, delle competenze è il primo passo necessario per il cam-biamento e per il rafforzamento del l‘autostima.

Il sostegno che offre il gruppo è straordinario. Le energie si moltiplica-no, si fondono; l‘esperienza diretta di ciascuno viene messa a disposizione di tutti per la ricerca concreta di solu-zioni pratiche.

E questo non si apprende né dai libri né dalle istituzioni, e nemmeno dagli “esperti”.

Secondo l‘OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) i gruppi di Auto Mutuo Aiuto, che sono affidati a non professionisti, sono un validis-simo strumento per creare un cam-biamento personale e sociale, per rendere i cittadini responsabili e pro-tagonisti del benessere proprio e della comunità.

Auto Mutuo Aiuto

Diventare protagonisti del proprio e dell’altrui benessereCarla Leverato

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Auto Aiuto

I gruppi rappresentano infatti l‘inizio di un cambiamento sociale e cultura-le, perché essi permettono di uscire dall‘isolamento e dall‘impoverimento relazionale.

Imparando a relazionarsi con gli al-tri, che non fanno più paura perché scopriamo che non sono diversi da noi, impariamo che i momenti di ascolto e aiuto reciproco possono diventare uno stile di vita da esten-dere all‘ambiente in cui viviamo, sia familiare, che di lavoro o di vicinato.

Se ognuno si attiva per chi è in tem-poranea difficoltà, sia nel gruppo, che fuori, se non ci dimentichiamo mai dei compagni di cammino, ma in qualche modo ci teniamo in contatto l‘uno con l‘altro, se l‘esperienza e la cultura dell‘auto mutuo aiuto vengo-no divulgate da chi ne ha fatto espe-rienza e ne ha tratto benefici, inven-tando magari delle attività spontanee ed autoorganizzate, si creerà una rete di solidarietà importantissima, per-ché, come afferma Patch Adam, è solo prendendosi cura delle persone che si ottengono i migliori risultati.

Volontariato boicottato?La nostra presa di posizione pubblicata nel giornale “Dolomiten”

P er anni Ingeborg Forcher è stata a disposizione come referente per i

malati psichici e i loro familiari presso l‘ospedale di Silandro. Mensilmente si sono rivolte a lei con i loro problemi non meno di 10 – 15 persone, apprez-zando il suo prezioso aiuto e la sua personale esperienza.

Ad un certo punto però, per motivi non chiari, le è stato impedito questa attività, svolta peraltro gratuitamen-te. Quando ha chiesto spiegazioni le è

stato promesso un incontro chiarifica-tore ad alto livello con tutti gli interes-sati. La promessa però non solo non è stata mantenuta, ma anzi le è stato nuovamente dichiarato che ogni col-laborazione con lei è impensabile.

In questo modo viene boicottata dagli organi preposti la possibilità di venire incontro al bisogno di aiuto dei malati e dei loro familiari - del tutto in contrasto con l‘attualmente tanto decantato progetto „UFE“ di coinvol-

gimento degli „Utenti Familiari Esper-ti“ nell‘assistenza dei malati psichici.

E ciò avviene nel 2010, anno euro-peo contro la povertà e l‘emarginazio-ne sociale!

Come Associazione non ci resta che esprimere alla signora Forcher il nostro grazie riconoscente e un chia-ro invito a tutti i responsabili, affinchè vengano create offerte di aiuto per i familiari. Ce n‘è bisogno.

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Auto Aiuto

Q uello che Ingeborg Forcher ha realizzato in Val Venosta non era

“Auto Aiuto”: lei è venuta incontro alle persone che si devono confrontare con la pesante diagnosi di “malat-tia psichica”, siano essi i malati stessi o i loro familiari, in cerca di aiuto o disperati.

Ad essi Ingeborg ha dato, volonta-riamente e gratuitamente, un aiuto concreto per la vita di tutti i giorni: lotta contro la mancanza di auto- stima, contro il “burocratismo”, contro i pregiudizi, spesso contro il contesto e l‘ambiente.

La vita: una lotta. Senza speranza con tanti nemici, ma più facile da sop-portare e superare se altre persone ci sono vicine e pensano, soffrono, sop-portano insieme a noi.

E‘ quello che spesso avviene nei gruppi di Auto Aiuto.

Ingeborg Forcher lo sapeva e lo faceva, cosa che non è possibile al personale dell‘ospedale.

La “giornata psichiatrica” in un ospe-dale non ha niente a che fare con la vita quotidiana dei malati. Ne è la miglior dimostrazione il fatto che i pazienti e i loro familiari vengono informati della possibilità di avere una consulenza, più spesso dal per-sonale di pulizia che dal personale medico.

I gruppi di Auto Aiuto si formano, come dice la parola stessa, per “aiu-tarsi reciprocamente”, come comple-tamento al trattamento medico, per rafforzare i pazienti nell‘affrontare la malattia. Essi perciò non nascono

dalle strutture, nemmeno in “stretto contatto” con queste.

Al contrario: le strutture di solito ne sanno troppo poco in proposito, li vedono come rivali, temono per le proprie competenze, dovrebbero coinvolgere il quotidiano dei malati e dei loro familiari.

E proprio questa “attività sociale” - è significativo che il locale a disposi-zione era quello dell‘assistente socia-le – è stata tolta a Ingeborg Forcher, perché ha avuto il coraggio di mo-strare che anche altri punti di vista possono essere validi.

Il promesso “confronto” non c‘è stato: è questo il significato di “strettissimo contatto” con le Associa-zioni?

Basta Martin Achmüller

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Formazione è cambiamento?Carla Leverato

C hi si trova in una situazione di sofferenza o di stress, ha un unico

desiderio: uscirne.E per uscirne ritiene che ci sia una

sola possibilità: che tutte le persone intorno cambino. Gli altri.

Probabilmente questa sarebbe la soluzione più semplice. Di sicuro quella che non reca al sofferente altro stress, cioè altro spreco di ener-gie, perché di energie lo stressato non ne ha più.

E tanto meno la voglia di cambiare lui stesso. “Mica sono io la causa della sofferenza”, pensa.

In questa reazione c’è molta parte di verità, e la verità si nasconde dapper-tutto ed è spesso difficile trovarla.

Un primo passo verso lo star meglio – perché è solo questo che la perso-na sofferente o stressata desidera - è quello di analizzare la situazione, di guardarla in faccia. Ma da soli è trop-po difficile farlo, perché fa male, ed allora c’è bisogno di qualcuno che stia con noi, che ci ascolti, che ascolti il nostro dolore.

Questo è l’inizio di ogni buona formazione, quello che però fa più paura. Ed è anche per questo motivo che le persone che più ne avrebbe-ro bisogno non sanno decidersi ad affrontarla.

E’ solo in un secondo momento che è possibile rendersi conto che ci sono situazione tali che non possono esse-re modificate ma accettate.

Nel caso concreto che più interessa i nostri lettori, accettare di avere un familiare che soffre di un disagio psichico, accettare non significa far finta che ciò non sia pesante, non sia doloroso, non sia talvolta insop-portabile, o per assurdo che si possa essere perfino contenti di quello che è successo. Non vuol nemmeno dire che si debba supinamente sopporta-re e sacrificarsi.

Accettare significa soltanto prende-re atto realisticamente che la situazio-

ne è quella che è.E allora? E’ proprio vero che nessu-

no può far niente e che tutti devono soltanto continuare a star male?

In un gruppo di formazione è più facile, con l’aiuto degli altri, scoprire che ci sono altri punti di vista, altri modi per affrontare ciò che ci sembra-va impossibile.

La scoperta più bella può essere quella di entrare in contatto con noi stessi per scoprire che abbiamo tutti grandi risorse. Non sono forse quel-le che ci hanno permesso di andare avanti fino adesso?

Però non sappiamo fare tutto e ab-biamo tutti bisogno degli altri.

Perché abbiamo paura di chiede-re aiuto? Perché pensiamo che a noi tocchi soltanto dare e mai ricevere? Perché non vogliamo lasciare anche agli altri il piacere e la gioia di fare qualcosa per noi?

Paura di mostrarci deboli o di scopri-re che non siamo poi così indispensa-bili come credevamo?

Il gruppo di formazione rappresen-ta una formidabile risorsa per farci accettare noi stessi, con i nostri punti di forza e i nostri limiti.

Purché riusciamo a superare la pau-ra di entrare in contatto con noi stessi. Purché concediamo la nostra fiducia ai gruppi di formazione e ai forma-tori. Purché ci armiamo di un po’ di pazienza e non pretendiamo risultati immediati. Purché siamo consapevo-li di aver intrapreso un cammino che noi stessi dobbiamo fare.

Gli altri non hanno in tasca la ricetta miracolosa per i nostri problemi.

Ci accorgeremo però ad un certo punto del cammino che, pur senza costringerci a sforzi sovrumani per cambiare, tutto intorno a noi ci appa-rirà in una luce diversa.

Chi sa cambiare il proprio atteggia-mento, infatti, non cambia le cose, ma riesce a vederle in altro modo... e così sta meglio, con se stesso e con gli altri.

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Auto Aiuto

Che senso può avere per noi familiari di persone con disturbo psichico fre-quentare incontri di formazione?

Le aspettative nei riguardi della for-mazione sono diverse per ciascun par-tecipante. C‘è chi cerca un confronto di idee e/o di esperienze, chi una confer-ma che il proprio modo di agire e com-portarsi è corretto, per qualcuno infine sono più importanti le novità

Novità nel campo della psichiatria? Come facciamo noi a tradurle in pratica?

Non si parla di scoperte scientifiche, ma di tutto ciò che riguarda l‘assisten-za del paziente. Attualmente è proprio il ruolo dei familiari che sta assumendo sempre più importanza.

E se gli operatori non ci lasciano spazio?

Allora i familiari si possono rivolgere alle associazioni che rappresentano i loro interessi. Ma ancora più efficace é naturalmente quanto i familiari riesco-no a realizzare nel quotidiano. Ci sono nuove conoscenze, nuovi punti di vista, nuove possibilità...

...che però non vengono accettate dai malati psichici...

...ed è proprio qui che bisogna trova-re una nuova strada, che sia più facile da percorrere per i malati e i familiari. E‘ quello che succede anche alla vita di coppia. Quando si vive insieme per mol-ti anni, si assumono modalità di com-

portamento fisse ed abituali. Un cam-biamento sarebbe spesso molto utile.

Chi deve cambiare?

Non sempre e non proprio le persone: è troppo difficile. Piuttosto il modo di dialogare, di comunicare, di rapportarsi l‘uno con l‘altro... Non tutti gli abituali modelli sono anche graditi e di aiuto, ma anzi essi possono, se pur inconsape-volmente e involontariamente, distur-bare molto.

In definitiva bisogna cambiare.

No, prima di tutto bisogna fermarsi a valutare con consapevolezza e poi si possono cercare nuove strade.

E questo si dovrebbe ottenere con una formazione?

Dipende naturalmente dal formatore,

ma anche dalla disponibilità dei parte-cipanti. Presupposto per un migliora-mento è l‘apertura verso gli altri e verso altre cose. Non è che proprio tutto deb-ba essere cambiato.

Sarebbe meglio allora che partecipas-sero entrambi, cioè i familiari e i malati?

Ci sono molti pareri contrari a incon-tri „misti“. Si tratterebbe sicuramenti di un seminario molto più intensivo, una grossa sfida per tutti, soprattutto per gli organizzatori. I partecipanti dovrebbe-ro essere scelti secondo rigorosi criteri riguardanti diagnosi, stato, assistenza ecc. E dovrebbero anche essere chiara-mente definiti gli obiettivi.

Lei che cosa pensa di una simile for-mazione?

Un progetto pilota sarebbe interes-sante.

Martin Achmüller

Parliamone insieme...Formazione

Basta un pizzico di sale!Das Salz in der Suppe!

für den Verband Angehöriger und Freunde psychisch Krankerper l‘Associazione Parenti ed Amici di Malati Psichici5 ‰

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Codice fiscale: 00736190216

GRAZIE per la Vs. firma sulla dichiarazione IRPEF!

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Auto Aiuto

S i racconta che in cima ad una montagna, ai bordi di una radura,

vivesse una persona considerata da tutti un grande saggio. La sua casa era una capanna fornita soltanto del più stretto necessario: un letto, un tavolo con una sedia e un fornello. Tanto in casa non ci stava mai. Sedeva davanti alla capanna e accoglieva sorridendo le persone che a qualsiasi ora veniva-no a trovarlo per avere un buon con-siglio sui casi più disperati della vita. La regola era che ciascuno venisse da solo, a piedi.

Le persone salivano la montagna

lentamente. Arrivavano davanti al saggio e...

Tornati nelle proprie case ricorda-vano la strada sassosa che avevano percorso, il ritmo dei propri passi, il profumo dei fiori, il canto degli uccelli, qualche fruscio di animale... del saggio qualcuno ricordava un particolare, chi gli occhi, chi la barba bianca, chi la voce... a non ricordava-no la domanda che gli avevano fatto. E nemmeno la risposta.

Ma nessuno era deluso dell’incon-tro.

Improvvisamente avevano scoperto che la verità che ci riguarda è dentro di noi, soltanto dentro di noi. Nessuno sa quello che va bene per noi, nessu-no ha la ricetta per la nostra felicità, se non noi stessi.

E allora perché cerchiamo i buoni consigli?

Forse è perché qualche volta sia-mo confusi, perché ci sembra che da

soli non riusciremo mai a trovare la soluzione ai nostri problemi. Infatti la cerchiamo dove non la si può trovare, cioè negli altri invece che in noi stessi.

Ma allora nessuno ci può aiutare, nemmeno una persona saggia?

Certamente gli altri ci possono aiutare a trovare la nostra verità, ma solo se si mettono in ascolto vero, se ci guidano, con delicatezza e rispet-to dei nostri tempi e dei nostri rimi, a scoprire quello che le nostre emozioni ci stanno dicendo... e solo impariamo a riconoscerle e ad esprimerle.

Forse dopo essere stati ascolta-ti, e soltanto dopo, ci può far bene anche sentire un’opinione, un parere, un’esperienza... offerta come una pos-sibilità, ma mai come un dovere o un obbligo imposto.

Carla Leverato

L’angolo dell’ascoltoHo bisogno di un consiglio

Chihaunproblemahaanchelerisorseperrisolverlo

V i piace camminare? State volen-tieri in compagnia?

Una signora ospite del „Grieserhof“ di Bolzano cerca una persona che la accompagni una volta in settimana circa nelle escursioni col CAI.

E‘ un bellissimo modo per favorire l‘integrazione sociale!

Gli interessati si possono rivolgere alla Signora Bacher presso il “Grieserhof”, Tel. 0471 283 447 o all‘Ufficio del l‘Associazione, Tel. 0471 260 303.

Cerchiamo persone amanti delle gite in montagna

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Auto Aiuto

R ecovery è una parola ricorrente ormai nei nostri incontri, e così

è successo anche in occasione del l‘Assemblea di Bolzano, tenuta questa volta nella Sala di Rappresentanza del Comune. Ma l‘assonanza con la paro-la italiana „ricovero“ che ha tutt‘altro significato - come ha sottolineato il dottor Alessandro Svettini – non deve confondere, perchè con „recovery“ si intende una fase successiva e propo-sitiva al momento acuto, un processo di autonomia e responsabilità perso-nale ritrovate, per un periodo di alme-no due anni.

E‘ una parola che include quindi gli obiettivi stessi, di ragionevole e fattiva speranza, delle persone e delle famiglie che danno vita all‘Associazio-ne. Pur nei casi di disabilità mentali gravi che si manifestano in gioventù

– sempre Svettini – “anche dopo molti anni ci si rende con-to che qualcosa si è perso, qualcosa è rimasto in piedi, qualcosa ancora si è trasformato dentro di noi. E che, forse, si è diventati un po‘ migliori.”

Questo è l‘im-pegno a costruire speranza e non sfi-ducia, a concentrar-si sulla persona e non sulla malattia.

In questo sen-so è stata letta la t e s t i m o n i a n z a della mamma di Francesco, che „sta prendendo in mano la sua vita elabo-rando e per-s e g u e n d o nuovi obiet-tivi e pro-getti“ e che per questo ringrazia a tutti.

U n ‘a l t r a mamma ha espresso il suo piacere sul netto miglioramento del figlio dopo una grave malattia psichi-ca.

Un gesto, questo, che riporta però ad una delle questioni irrisolte: l‘in-serimento lavorativo, necessario per l‘autonomia e il recupero dell‘autosti-ma e del rapporto con il prossimo, che anche per via (ma non solo) della crisi economica, sembra sempre fermo ai blocchi di partenza, dove l‘ente pub-blico non riesce a fare la sua parte e la soluzione non può essere deman-data esclusivamente alle cooperati-ve sociali di tipo B. Pesante anche la

mancata collaborazione fra strutture sparse sul territorio altoatesino (diffi-cile da gestire la frammentazione dei servizi fra otto Comunità comprenso-riali e gestori pubblici diversi per una popolazione che equivale a quella di un quartiere di una grande città) dove non si riesce a far incontrare doman-da e offerta in tempo utile.

Altri grossi problemi sempre aperti sono i percorsi di carattere psichia-trico ‚dedicati‘ agli adolescenti e l‘im-possibilità di ottenere coperture assi-curative dalle società private.

Scarsa e deludente invece la presen-

Assemblea Generale Ordinaria dei Soci 2010Lorena Gavillucci

AlessandraMasiero,membrodelDirettivo,presentailprogrammadell’attività2010

SiglindeJaitner,presidente

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Auto Aiuto

Dott.AlessandroSvettini,membrodelDirettivo

za da parte delle strutture pubbliche; pochi hanno accettato l‘invito perso-

nale, praticamente tutti hanno lascia-to la sala prima della discussione pre-

vista con loro. E‘ questo il frutto della nostra costante „pressione“ presso le istituzioni locali, nazionali e interna-zionali?

L‘Assemblea ha quindi approvato al-l‘unanimità il bilancio dell‘anno 2009 con tutti i documenti allegati e la re-lazione della presidente sull‘attività nell‘anno appena concluso. Voti una-nimi hanno avuto anche il bilancio preventivo e i programmi per il 2010, che confermano tutte le attività tra-dizionali: il Punto di Sostegno con la consulenza specialistica – che ora tut-ti i soci e gli amici possono aiutare con un contributo di 20 Euro per un‘ora di sostegno - i gruppi di Auto Aiuto sul territorio, la rappresentanza a livello nazionale ed internazionale e tutte le attività del tempo libero, dalla vasta gamma di località per le vacanze con gli accompagnatori alle ‚olimpiadi‘ estive ed invernali.

i l dottor Basso ha annunciato che – finalmente! - e grazie anche alle

nostre pressioni, entro quest‘anno o poco più dovrebbero essere defi-nite le gare d‘appalto per i lavori al “Grieserhof”, dove l‘anno 2014 si presenta ora come un traguardo possibile per la riapertura del servi-zio.

Più tardi si porrà il problema del per-sonale... considerato che i ‚tagli‘ nel sociale sembrano i più facili da fare in tempi di contenimento dei costi?

Costruzione del centro riabilitativo in Via Fago a Bolzano

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Auto Aiuto

E’ possibile uscire dalla malattia mentale grave e diventare membri at-tivi della società? E’ possibile il recove-ry, cioè la “guarigione sociale”?

La storia di David ce ne offre un esempio concreto.

i l suo percorso è iniziato al Servizio di Riabilitazione Psichiatrica Preco-

ce e Recovery “Gelmini” di Salorno, è continuato, dopo un primo migliora-mento, al laboratorio protetto di Vil-la di Egna ed ora David è in grado di svolgere il lavoro di cameriere in un bar, come dipendente della coopera-tiva “Aquarius”.

Ma non basta ancora. E’ riuscito per-sino a raccontare la sua personale esperienza di malattia e di guarigione, parlando in inglese davanti al pubbli-co dei congressisti, al 10. Congresso Mondiale di Riabilitazione Psicosocia-le che si è tenuto nel 2009 a Bangalore in India.

La sua testimonianza è importantis-sima ed incoraggiante. Egli ha dimo-strato che se il recovery dalla malattia mentale grave è stato possibile per lui, lo può essere anche per tante altre persone.

SONO USCITI DALL’IDENTITà DI MALATI PSCICHIATRICI

E lo è infatti, perché grazie al per-corso di recovery altri sono usciti dal-l’identità di malati psichiatrici e come lui svolgono con soddisfazione il loro ruolo sociale impegnati in un lavoro utile alla comunità.

Le esperienze di tutte queste perso-ne rappresentano una risorsa impor-tantissima per la ricerca sulle malattie mentali e sui loro esiti.

Lo Studio Italiano sul Recovery, ha appunto l’obiettivo di individuare at-traverso le storie personali quali fatto-ri hanno favorito e quali invece hanno

La guarigione sociale (Recovery) dalla malattia mentale graveUna testimonianza personale al 10° congresso mondiale di riabilitazione psicosociale a Bangalore (India)Alessandro Svettini

ostacolato i loro percorsi di recovery.L’importante ricerca, quasi conclu-

sa, è stata presentata al Congresso di Bangalore dal coordinatore nazionale dello studio dott. Alessandro Svettini del Servizio di Riabilitazione “Gelmi-ni”.

L’IMPORTANTE LAVORO DELLA COOPERATIVA “AQUARIUS”

A l congresso è stata anche pre-sentata dalla dott.ssa Fernanda

Mattedi l’attività della cooperativa “Aquarius”, che si occupa di servizi di manutenzione di aree verdi, di servizi di reception, pulizie di locali, gestione di bar e mense.

Le cooperative sociali, che sono composte da lavoratori ordinari e da lavoratori svantaggiati per non meno del 30% dei primi, hanno per scopo la promozione umana e l’integrazio-ne sociale dei cittadini, attraverso lo svolgimento di attività lavorative sul mercato libero. Esse godono inoltre

di agevolazioni fiscali e burocratiche rispetto alle imprese private.

Il paziente psichiatrico che abbia abilità lavorative sufficienti per inizia-re un‘attività lavorativa protetta viene dapprima inserito nella cooperativa come stagista. In seguito passa ad un’esperienza lavorativa che, pur es-sendo ancora protetta, si svolge nel mondo reale del lavoro.

Successivamente ha la possibilità di essere assunto come lavoratore dipendente ed infine, raggiunti gli obiettivi del training lavorativo in cooperativa, di cercare un lavoro sul mercato libero.

REINSERIMENTO LAVORATIVO è UN PERCORSO RICCO DI OSTACOLI

E‘ vero che il reinserimento lavorati-vo di pazienti psichiatrici rappresenta tuttora un percorso lungo e ricco di ostacoli, però si è concretamente di-mostrato che può essere possibile!

Caratteristiche di un servizio effettivamente orientato al recovery(Samsha, 2005)

AutodirettoindividualizzatoecentratosullapersonaEmpowermentolisticoNonlineareBasatosuipuntidiforzaSupportotrapariRispettoResponsabilitàSperanza

1.2.�.�.�.�.�.�.9.10.

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Auto Aiuto

i l 2003 è stato l‘anno internazionale della disabilità. Uno dei frutti della

luce puntata, lungo l‘arco di quei do-dici mesi, sulla complessità, la ricchez-za anche, sicuramente la problemati-cità di vivere qualche disagio rispetto alle persone cosiddette normodotate, è stata la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con di-sabilità. Una convenzione che il Par-lamento italiano ha approvato e fatto propria il 3 marzo 2009, come si vede, con tempi abbastanza lunghi di ma-turazione.

Ora ci arriva dalla Sicilia, dall‘ Azienda Sanità Pubblica di Catania, una testi-monianza di come i principi sanciti e modificati grazie all‘ICF – classificazio-ne internazionale per la valutazione della disabilità – trovino applicazione concreta e sbocchi positivi, in questo caso nell‘inserimento lavorativo di 32 giovani con gravi psicosi e disturbi della personalità.

Con questa storia si vuol comunicare che l‘approccio di un nuovo sistema di welfare (accessibilità, eguaglianza di opportunità, rispetto per l‘evoluzione

delle capacità e sostegno ad una so-cietà e mondo del lavoro più inclusivi rispetto al passato) può trovare in un processo omogeneo e condiviso di valutazione, l‘ICF appunto, uno stru-mento di diritto internazionale im-portante anche nelle „buone prassi“ della vita e del lavoro quotidiano.

L‘invito a valorizzarlo e utilizzarlo nei modi corretti va quindi a tutte le isti-tuzioni, con la presenza attenta delle associazioni dei familiari.

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con Disabilità

L ‘attività dell‘Associazione Parenti ed Amici di Malati Psichici con-

siste in contatti e rappresentanze a livello politico, pubblico e privato e nella consulenza e sostegno dei mala-ti psichici e dei loro familiari.

Vi invitiamo a candidarvi per il Direttivo dell’AssociazioneNuove elezione degli organi collegali nel 2011

Ne fa parte anche la collaborazione e il lavoro in rete con operatori del settore, comitati politici, istituzioni e organizzazioni che operano in cam-po psichiatrico e sociale, come pure la sensibilizzazione e l‘informazio-ne rivolta alla popolazione al fine di

abbattere i pregiudizi e gli inter-venti volti a migliorare

la prestazione dei servizi psico-sociali.

Nei gruppi di Auto Aiuto, nelle

conferenze e negli incontri e

nelle pubbli-cazioni si

tengono

sempre presenti gli

obiettivi formativi

per i familiari.Vi interessano le problematiche dei

familiari di malati psichici? Conoscete qualcuno che vorrebbe impegnarsi in loro favore?

Cerchiamo per le nuove elezioni del 2011 persone disponibili ad operare come volontari nella nostra Associa-zione.

Oltre agli ambiti su descritti nel l‘Associazione si possono mettere in gioco le proprie competenze e risor-se personali. Ciascuno può dedicare all‘Associazione tempo e impegno conformemente ai propri interessi, può trovare ampio spazio per le pro-prie idee.

Le riunioni di tutti membri del Diret-tivo avvengono una volta al mese.

Contattateci!

Le collaboratrici dell‘Ufficio sono a vostra disposizione per ogni altra informazione. Tel. 0471 260 303 o e-mail [email protected]

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Auto Aiuto

Molto favorevole è stata la reazione al tema trattato nell‘ultima edizione: ”I bambini dimenticati - figli di geni-tori malati psichici”. Diversi lettori ci hanno scritto, raccontandoci le loro esperienze di figli o figlie di mala-ti psichici: le abbiamo riassunte e le riportiamo qui di seguito con piacere, soprattutto perché tutte sono impre-gnate di speranza e fiducia.

F igli che fin dalla più tenera età si son trovati immersi in situazioni

familiari particolarmente complesse e difficili, dove la sofferenza segnava le giornate e permeava anche ogni possibile idea di futuro; famiglie (erano altri tempi, ma si sa, tutt‘ora lo stigma nei confron-ti della malattia psi-chica non è vinto) alle prese con avvenimen-ti tristi e umanamente pesantissimi, dove tuttavia poco si parlava e meno ancora ci si confron-tava, in particolare ‚ all’esterno; bam-bine e bambini per i quali la paura di un ‚brutto‘, drammatico evento immi-nente si mischiava continuamen-te ai pensieri dell‘età e ai compi-ti di scuola.

Per tutti, a qualunque età, il momento qualificante in que-sto percorso, quello in cui si comincia a intravvedere qualcosa al di là del muro, è il momento del ri-conoscimento della malattia, quan-do al dolore viene dato un nome e con esso un quadro di riferimento, anche in senso positivo. Conoscere aiuta a scacciare i fantasmi:

„La mamma viveva in due mondi diver-si, fino alla diagnosi è stato difficile.”

„Era normale che il padre fosse così, non lo conoscevamo in altra maniera.”

„C‘era solo la consapevolezza che il papà malato era, malato continuava ad essere e così sarebbe rimasto.”

„Al padre la malattia è stata riconosciu-ta in età molto anziana, la diagnosi ha rappresentato comprensione per il suo stato, ma anche per lo stato dei fratelli e dei figli. Dopo di allora abbiamo valutato tutto con altri occhi.”

Soprattutto, si riesce a con-tenere il senso di colpa e di vergogna nei confronti degli ‚altri‘:

„Ci siamo resi conto che che la famiglia era una vittima incolpevole, così come incolpevole era la persona negli atteg-

giamenti violenti.”

„Molto dolore è stato risparmiato quando final-mente tutti hanno capito e se ne è potuto parlare.”

„Quando gli altri ti ascol-tano e ti sostengono, la vergogna si al-lontana.”

„Prima avevo paura che si leggesse la colpa sul mio viso, paura di non uscirne mai in questa vita.”

Anche se ogni persona – per carattere, men-talità, cultura,

vissuto personale – ha un approccio diverso ai percorsi possibili, da tutte le testimonianze emerge fiducia nel

ruolo del personale specialistico e nel va-lore terapeutico della parola:

„Mi avrebbe aiutato po-ter parlare, anche ora ne ho molto bisogno.”

„Avrei avuto bisogno di aiuto professionale e di protezione.”

L‘aiuto viene dall‘interno e dall‘ester-no della famiglia, si materializza in un familiare o in un parente che si ren-de conto della situazione e che a sua volta viene aiutato a farlo, assume la veste dello psichiatra o dell‘operatore che è stato costretto a intervenire in momenti di crisi acuta, magari si con-cretizza in una situazione particolare anche in un avvocato con cuore e co-scienza, in grado di dare consigli sen-sati e suggerire al meglio.

Il valore della parola si ritrova, in tutti, nel rapporto con i propri

figli:

Lasciatevi aiutare per-chè esiste sempre una

via d‘uscita.„

So che ci sono giorni cupi, ma ora so perchè e so anche che alla fine il sole torna a splendere.”

I lettori ci scrivono...

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Auto Aiuto

„A chi sta male e ha bimbi dico: parlate di quel che succede dentro di voi, dei vostri pensieri, di cosa sentite! Rivolgetevi a un terapeuta, non restate soli!”

„Chi ha figli deve lasciarsi aiutare, com-prendere che così ai bambini si rispar-miano grandi dolori.”

„Occorre parlare con semplicità e di tut-to apertamente.”

„Con i bimbi bisogna parlare e non minimizzare, cercare di pensare anche a loro perchè anche loro hanno biso-gno di aiuto.”

„Dopo la diagnosi ho prestato più at-tenzione anche ai miei figli, scoprendo e trovando il modo di ridurre i miei

disturbi e di affrontare i momenti peggiori.”

Il fine è sempre di stare meglio e di far star meglio gli altri, di infor-marsi e di informare sempre e ancora, di recuperare il rapporto con la famiglia di origine. Si cerca un valore, il valore dell‘esperienza, anche nei fatti più tragici; si vuol co-struire e curare i contatti sociali; si fanno rimargi-nare le ferite.

„Non siamo colpevoli nè responsabili!”

„Ma siccome „non è facile ricordar-

si di sè quando curi un‘altra persona” rischiando di non avere nessuno che si curi invece proprio di te, e sicco-me per essere d‘aiuto, soprattutto ai bambini e ai ragazzi, occorre „aver

fiducia nelle proprie forze e superare la pau-ra di ammalarsi”, la via maestra che viene indicata è quella emer-sa fino a qui: lasciarsi aiutare da chi può e sa farlo, non nascondersi, non avvilirsi. Perchè co-munque anche l‘espe-

rienza difficile del disagio psichico, più o meno come tutte le cose della vita, non è un fatto isolato e viene condivisa da tantissime persone, lo si voglia o meno.

Più parlo della malattia, più studio e

approfondisco, meglio mi sento.”

C‘è stato un convegno su: “Famiglie affidatarie per malati psichici“. I relativi costi sarebbero molto più bassi del ricovero in strutture. Da quasi 30 anni la giunta provinciale gira in-torno a questa idea e ci sono state ben 7 delibere su questo tema e 7 in totale sono state le persone accolte da famiglie affidatarie. Perfino i rappresentanti politici hanno dovuto ammettere che „ben poco era successo“.

Due relatori hanno riferito da due zone facilmente con-frontabili, quella del lago di Costanza e il trevisano. Un relatore ha illustrato i pro-getti pilota italiani.

L‘importante risultato derivatone era che le famiglie ospitanti si trovano molto più fa-cilmente per mezzo di altre famiglie, ma

non attraverso campagne pubblicita-rie.

Sottolineata è stata l‘importanza delle condizioni del conte-

sto e l‘orien-t a m e n t o verso lo

„spazio so-ciale“ per

una giusta scelta delle famiglie. Detto ancor

più chiara-mente: le fami-

glie affidatarie hanno bisogno

di accompagna-mento, aiuto e ri-conoscimento.

La mia concreta controdomanda: che

ne è delle famiglie d‘origine? Co-nosco molto

bene l‘impegno in proposito della nostra Associazione, ma da parte della pubblica amministrazione non so nulla di “accompagnamento da parte di un esperto“, di „aiuto“ (anche finanziario), di vero „riconoscimento dell‘impegno della famiglia“.

E ancora un‘ultima critica: la mag-gior parte dei malati psichici non han-no bisogno di affidamento familiare, e nemmeno di „assistenza“ in strutture, ma di un buon sostegno, aiuto edaccompagnamento per la vita quo-tidiana. In questo modo non si aiute-rebbero 7 pazienti, ma piuttosto circa 20.000, perché questi sono i numeri resi noti per la Giornata Mondiale del-la Salute Mentale.

L’idea era buona...Martin Achmüller

„Prevenzionesecondaria“oppure

„assistenza primaria” migliorata?