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SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA 9 GIUGNO 2015 Audizione sulle problematiche concernenti l’attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale, con particolare riferimento al ruolo delle Commissioni paritetiche previste dagli statuti medesimi. Titolo 2015 Commissione Parlamentare per le questioni regionali

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SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

9 GIUGNO 2015

Audizione sulle problematiche concernenti l’attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale, con particolare riferimento al ruolo delle Commissioni

paritetiche previste dagli statuti medesimi.

Titolo 2015

Commissione Parlamentare per le questioni regionali

2 Corte dei conti

Sezione di controllo per la Regione siciliana

| Audizione 9 giugno 2015

Audizione sulle problematiche concernenti l’attuazione

degli statuti delle regioni ad autonomia speciale, con

particolare riferimento al ruolo delle Commissioni

paritetiche previste dagli statuti medesimi.

SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

ROMA, 9 GIUGNO 2015

3 Corte dei conti

Sezione di controllo per la Regione siciliana

| Audizione 9 giugno 2015

Premessa

Il Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali, nell’ambito di una

specifica indagine conoscitiva, ha invitato il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei

conti per la Regione siciliana ad una audizione sulle problematiche concernenti l’attuazione degli

statuti delle Regioni ad autonomia speciale, con particolare riferimento al ruolo delle Commissioni

paritetiche previste dagli statuti medesimi.

A tal fine è stato predisposto, e condiviso col Presidente della Corte dei conti, il presente

documento che, comunque, per gli aspetti generali di ordine istituzionale e finanziario rinvia al

testo dell’audizione della Sezione delle Autonomie tenuta presso la Commissione lo scorso 23 aprile.

Per quanto concerne, invece, gli specifici profili attinenti alla Regione siciliana, le considerazioni

che saranno di seguito svolte traggono origine dall’esperienza applicativa dello Statuto siciliano e

delle relative norme di attuazione, maturata dalla Corte nell’Isola fin dalla sua istituzione,

avvenuta con il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655, e si basano sulle pronunce e sulle analisi

elaborate dalle Sezioni regionali riunite e dalla Sezione di controllo per la Regione siciliana.

La relazione è stata sviluppata sulla base degli otto quesiti sottoposti all’attenzione della Sezione e

tiene conto delle audizioni tenute dalla Commissione sulla base dei resoconti stenografici delle

sedute del 17, 26 e 31 marzo, del 14 e 28 aprile e del 20 maggio 2015.

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1 – IL PRIMO QUESITO È VOLTO A CONOSCERE LA PERSISTENTE VALIDITÀ

DELLO STRUMENTO DELLE NORME DI ATTUAZIONE DELLO STATUTO

SPECIALE SICILIANO, PUR IN PRESENZA DI PARTI DI QUEST’ULTIMO CHE

RICHIEDEREBBERO UN AGGIORNAMENTO.

Al riguardo, premesso che tra gli autorevoli ed illustri studiosi auditi dalla Commissione è risultata

prevalente l’opinione che “ i decreti legislativi di attuazione costituiscono oggi, a normativa

costituzionale e ordinaria vigente, l’unico strumento per dare attuazione agli Statuti speciali” (così,

con espressione di sintesi, il Prof. D’Amico nel corso dell’audizione del 17.3.2015), tale conclusione

appare condivisibile in quanto, peraltro, suffragata dalla giurisprudenza costituzionale.

Ed invero, la Commissione paritetica “è titolare di una speciale funzione di partecipazione al

procedimento legislativo” e, in quanto tale, costituisce un “essenziale raccordo tra la Regione e il

legislatore statale” finalizzato al raggiungimento degli obiettivi indicati nell’art. 43 dello Statuto

(Corte Costituzionale n. 201/2010). E quando il legislatore nazionale ha provato ad affidare alla

Commissione funzioni diverse in vista di nuovi accordi tra Stato e Regione, la Consulta ha ritenuto

incompatibile con l’art. 43 dello Statuto la disposizione statale che aveva inteso attribuire

all’anzidetta Commissione una “speciale funzione consultiva” (Corte Costituzionale n. 145/2008).

D’altra parte, sempre secondo la giurisprudenza costituzionale, lo Statuto siciliano è in grado di

determinare “con precisione la materia legislativa di competenza della Regione” in quanto lo stesso

“deve ritenersi sufficiente a conferire direttamente alla Regione…i poteri legislativi e

amministrativi relativi alla materia.” (così, Corte Costituzionale n. 58/1958, ribadita da n.

136/1969, n. 150/1969 e n. 108/1971). Resta però fermo che “la mancanza di esplicite norme di

attuazione…regolanti il passaggio di funzioni ed uffici dallo Stato all’organizzazione

amministrativa della Regione, vieta che gli organi regionali possano esercitare competenze

amministrative spettanti allo Stato sulla base delle leggi vigenti” (Corte Costituzionale n. 65/1959).

Anche dopo la riforma costituzionale del 2001, che pur ha ridefinito i rapporti tra Stato e Regioni,

sono rimasti invece immodificati i meccanismi di attuazione dello Statuto regionale siciliano che

risultano sempre regolamentati dall’art. 43. Anzi, il legislatore ordinario, con l’art. 11 della legge

131 del 2003, ha esplicitamente ribadito la piena vigenza delle modalità attuative degli statuti e di

trasferimento delle funzioni dallo Stato alle Regioni ad autonomia differenziata. Sul punto la Corte

Costituzionale, nella sentenza n. 236 del 2014, ha conseguenzialmente affermato che “…per tutte le

competenze legislative aventi un fondamento nello Statuto speciale, il principio del parallelismo tra

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funzioni legislative e funzioni amministrative conserva la sua validità. Per le ulteriori, più ampie

competenze che le Regioni speciali e le Province autonome traggono dalla Costituzione, in virtù

della clausola di maggior favore, troverà invece applicazione l’art. 11 della legge n. 131 del 2003 e

quindi il trasferimento delle funzioni avrà luogo secondo le modalità previste dalle norme di

attuazione e con l’indefettibile partecipazione della Commissione paritetica.”

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2/3/7 - SECONDA QUESTIONE POSTA, CON I QUESITI 2 E 3, È RELATIVA ALLE

CAUSE DELL’INATTUAZIONE DELLO STATUTO SPECIALE SICILIANO. A TAL

FINE SI CHIEDE, IN PARTICOLARE, SE TALE SITUAZIONE SIA IMPUTABILE

ALLA MANCATA ADOZIONE DI NORME DI ATTUAZIONE DELLO STESSO O

ALLA VAGHEZZA DI ALCUNE DISPOSIZIONI DEGLI STATUTI SPECIALI,

OPPURE, SOTTO ALTRO PROFILO, SE SUSSISTONO RAGIONI POLITICHE

DELLA RITARDATA O MANCATA ATTUAZIONE. ESTREMAMENTE

SIGNIFICATIVE ED ATTUALI APPAIONO, POI, LE QUESTIONI SOLLEVATE CON

IL SETTIMO QUESITO. LA MANCATA ATTUAZIONE DELLE

DISPOSIZIONI DEGLI STATUTI SPECIALI PUÒ ESSERE RITENUTA

UNA DELLE CAUSE PRINCIPALI DEL CONTENZIOSO STATO-

REGIONI SPECIALI? IN PARTICOLARE, LA MANCATA ATTUAZIONE

DELLE PREVISIONI STATUTARIE CHE REGOLANO I RAPPORTI

FINANZIARI TRA LO STATO E LA REGIONE SICILIANA È DA

RITENERE ALL’ORIGINE DELL’INCREMENTO DELLA

CONFLITTUALITÀ TRA QUESTI ENTI, REGISTRATOSI NEGLI ULTIMI

ANNI?

A tal fine occorre rilevare come la disciplina delle potestà legislative della Regione siciliana, del

tutto peculiare rispetto alle altre autonomie, sia speciali che ordinarie, abbia posto, fin dall’epoca

dell’approvazione dello Statuto con R.D.L. 15 maggio 1946, n.455, non pochi problemi di raccordo

con la normativa statale, in modo particolare, per la difficoltà di individuare, in concreto, i

rispettivi reciproci limiti di attribuzioni.

Lo Statuto siciliano, come è noto, prevede gli ambiti in cui la Regione è titolare di competenze

legislative esclusive (art.14) e di competenze legislative concorrenti con lo Stato (art. 17). La

previsione di due tipi di potestà legislativa regionale ha, da sempre, rappresentato uno degli

elementi più problematici del regionalismo siciliano.

Peraltro, dopo la modifica dell’art. 117 della Costituzione, introdotta dalla legge costituzionale n. 3

del 2001, questa situazione si è evoluta in senso di una più accentuata complessità nei rapporti,

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con conseguente incremento del ricorso al Giudice delle leggi, chiamato, in molti casi, a interpretare

la c.d. “clausola di adeguamento automatico”, che estende alle Regioni speciali le forme di

maggiore autonomia riconosciute a quelle di diritto comune dalla novella costituzionale del 2001.

Va evidenziato che, in molte occasioni, l’esigenza di chiarire i rispettivi ambiti di competenza

mediante l’intervento delle norme di attuazione dello Statuto ha incontrato le difficoltà di un

procedimento lento ed a volte complesso. Tanto in ragione della stessa natura delle norme di

attuazione, che costituiscono fonti di rango superiore rispetto alle leggi ordinarie (c.d. norme

rinforzate), da determinare ad opera della Commissione paritetica a nomina mista, statale e

regionale.

In questo ambito generale, il rapporto tra Stato e Regione siciliana è stato imperniato,

prevalentemente, su due fondamentali questioni, distinte ma strettamente connesse tra di loro.

La prima attiene alla richiesta, più volte rappresentata dalla Regione, dell’approvazione di norme

di attuazione dello Statuto per il trasferimento delle funzioni in materia di pubblica istruzione,

assistenza pubblica, insegnamento universitario e sanità, ascritte formalmente alla competenza

regionale, ma attualmente non attribuite in maniera integrale.

In particolare, la Regione sostiene che, in queste materie, le norme di attuazione si siano limitate a

sparuti e sommari interventi che non hanno consentito l’effettivo integrale trasferimento delle

materie alla propria sfera operativa (documento elaborato dalla Regione in occasione della riunione

del 7 febbraio 2012 del Tavolo tecnico istituito con D.P.C.M. del 30 gennaio 2012).

La seconda questione riguarda il sistema di finanziamento della Regione siciliana, che, secondo la

previsione dello Statuto, doveva essere in grado di assicurare entrate patrimoniali e tributarie

sufficienti all’esercizio delle proprie funzioni.

L’art. 36 dello Statuto speciale, prevede che al proprio fabbisogno finanziario la Regione provvede,

oltre che con le entrate patrimoniali di pertinenza, a mezzo di tributi deliberati dalla medesima;

sono, comunque, di spettanza dello Stato, sia le imposte di produzione che le entrate dei monopoli,

dei tabacchi e del lotto.

L’art.2 del DPR 26 luglio 1965, n.1074, norma di attuazione in questa materia, ha fissato il

principio generale che presiede al riparto dei tributi erariali tra Stato e la Regione, statuendo che

spettano alla Regione tutte le entrate tributarie dirette e indirette, comunque denominate, riscosse

nell’ambito del suo territorio; l’art.4 delle stesse norme di attuazione attribuisce altresì alla

Regione le entrate relative a fattispecie tributarie che, sebbene maturate nell’ambito regionale,

affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della

Regione.

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Sulla portata e l’interpretazione di tali criteri di riparto del gettito dei tributi erariali tra lo Stato e

la Regione, fin dall’avvio della riforma tributaria degli anni settanta è stata chiamata più volte a

pronunciarsi la Corte Costituzionale su iniziativa della Regione che in effetti rivendica proventi

ritenuti di propria spettanza.

La materia delle entrate è stata oggetto di altro frequente contenzioso avverso le norme statali che,

nel tempo e per esigenze di bilancio, hanno riservato entrate tributarie allo Stato.

Infatti, l’art.2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, nell’attribuire alla Regione tutte le entrate erariali

riscosse nel suo territorio, riconosce allo Stato la spettanza delle “nuove entrate tributarie il cui

gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari

finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime”.

L’applicazione di tale clausola di riserva ha prodotto un vasto contenzioso di costituzionalità circa

i criteri per qualificare come “nuova” una entrata tributaria, o per individuare le caratteristiche

della clausola di finalizzazione, nonché le garanzie procedurali nell’applicazione di provvedimenti

che derogavano agli ordinari criteri di riparto dei tributi.

Sul tema la giurisprudenza costituzionale, nel tempo, ha tracciato, attraverso un’interpretazione

evolutiva delle vigenti norme di attuazione, i limiti applicativi del principio di territorialità

dell’imposta (sentenze n. 138/1999 e n. 306/2004).

Su questa materia, tuttavia, con la sentenza n. 116 del 2010, la Corte Costituzionale ha affermato

un criterio interpretativo che in qualche modo modifica precedenti orientamenti giurisprudenziali,

denegando la spettanza alla Regione siciliana di tutti quei tributi che sono espressione della

capacità fiscale che si manifesta nel territorio siciliano in ragione della collocazione in tale ambito

del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria.

In modo specifico, la Corte ha ritenuto “di doversi discostare dall’interpretazione dello Statuto e

delle norme attuative fornita dalle più recenti pronunce” (sentenze n. 111 del 1999, n. 138 del 1999,

n. 66 del 2001 e n. 306 del 2004) e “di dover riaffermare, al riguardo, la ricostruzione del sistema di

riparto del gettito tributario tra Stato e Regione siciliana, confermativa di quella evidenziata dalla

sentenze n. 81 e n. 71 del 1973”, secondo cui l’unico criterio generale è quello basato sul luogo della

riscossione.

La più recente sentenza della Consulta n. 97 del 2013, nell’affermare l’illegittimità costituzionale

dell’art. 4, comma 2, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla legge 26 aprile 2012, n.

44, nella parte in cui si applica alla Regione siciliana, ha confermato il principio della territorialità

dei tributi, ribadendo che “il legislatore statale non può disporre direttamente l’assegnazione alle

Provincie del gettito dei tributi erariali riscossi nel territorio regionale siciliano. Viceversa, il gettito

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della predetta imposta sull’assicurazione contro la responsabilità civile riscossa nel territorio

regionale spetta alla Regione siciliana, la quale provvederà con la propria normativa e nell’ambito

della propria autonomia a dare attuazione alla legislazione statale, eventualmente devolvendo le

somme derivanti da tali entrate alle Provincie.”

Dello stesso tenore le sentenze n. 143 del 2012 e n. 42 del 2013, relative ai ricorsi proposti dalla

Regione siciliana con riferimento alle disposizioni normative volte a riservare allo Stato il maggior

gettito delle imposte derivanti dal contributo unificato di iscrizione a ruolo dei processi tributari in

luogo dell’imposta di bollo, contestualmente abolita, nonché alle disposizioni che hanno

raddoppiato l’importo del contributo unificato per le spese di giustizia.

In entrambe le ipotesi il Giudice delle leggi ha dichiarato non fondata la questione di legittimità

costituzionale, reputando sussistenti i requisiti derogatori alle disposizioni di cui all’art. 36 dello

Statuto ed all’art. 2 del d.P.R. n.1074 del 1965, ovvero la “novità” del tributo e la “specificità dello

scopo”.

La giurisprudenza costituzionale, pur accedendo a un’interpretazione estensiva del concetto di

“novità” del tributo, ritenuta tale anche in presenza di un mero incremento dell’aliquota, ha

ribadito, in entrambe le circostanze, un concetto di assoluta rilevanza nell’ambito dei rapporti

finanziari tra Stato e Regione siciliana: in presenza di tributi “nuovi” e destinati a “specifiche

finalità”, sottratti alle disposizioni statutarie che hanno previsto la devoluzione del gettito riscosso

in Sicilia, quest’ultima “potrà sempre tutelarsi con le opportune iniziative, incluso il conflitto di

attribuzione”. Tanto sia nell’ipotesi in cui si profili la possibilità che il gettito erariale confluisca

indistintamente nel bilancio dello Stato senza realizzare le specifiche finalità che configurano il

requisito della deroga al principio devolutivo regionale, sia nel caso in cui lo Stato, in sede di

riparto del tributo, dovesse determinare in modo erroneo la quota di spettanza della Regione, sia,

infine, nell’eventualità che si possano realizzare economie direttamente confluenti nel risultato di

amministrazione.

Sempre nell’ambito del riparto delle risorse finanziarie tra Stato e Regione siciliana, va menzionata

la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 207 del 2014.

La Regione siciliana aveva impugnato, per la violazione delle nome di attuazione in materia

finanziaria, l’art. 21, comma 3, alinea a), del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63 (Disposizioni

urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del

19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure

d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione

sociale), convertito, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, della legge 3 agosto 2013, n. 90, “ove

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applicabile ricomprendendo nell’aumento del gettito derivante dalle misure previste dagli articoli

14, 16, 19 e 20, da utilizzare a copertura degli oneri derivanti allo Stato per effetto delle

disposizioni” indicate nella norma sopra indicata, sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale.

Al riguardo, la Corte ha chiarito “che l’art. 2 del d.P.R. n.1074 del 1965 va inteso nel senso che

deve essere assicurato alla Regione il gettito derivante dalla capacità fiscale che si manifesta nel

suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza

fiscale del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria. Dalla pronuncia, in definitiva,

emerge il riconoscimento alla Regione del gettito corrispondente alla sua capacità fiscale, a nulla

rilevando che, come nel caso di specie, l’incremento di quest’ultima sia dovuto a detrazioni fiscali

introdotte dal legislatore statale, peraltro comunque poste a carico della Regione”.

Ancora più di recente, nell’ambito dei rapporti tra Stato e Regione, è intervenuta la sentenza della

Corte costituzionale n. 19 del 2015.

La Regione siciliana ha promosso, con altre Autonomie speciali, alcune questioni di legittimità

costituzionale nei confronti dell’art. 32 della legge 12 dicembre 2011, n.183 (legge di stabilità per

l’anno 2012), sostenendo il mancato previo raggiungimento dell’intesa, in sede di Conferenza Stato-

Regioni, circa i criteri e le conseguenti quantificazioni del concorso delle autonomie speciali alla

manovra finanziaria.

Richiamando il principio di leale collaborazione, la Regione siciliana, in particolare, ha lamentato

il fatto che l’entità del contributo alla manovra finanziaria sarebbe stato determinato

unilateralmente dalla legge statale, senza preventivo accordo con la medesima. Altre censure di

legittimità sono state formulate con riferimento alla ripartizione degli oneri finanziari tra le varie

Autonomie in assenza di criteri fissati in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Tutte le questioni sollevate dalla Regione siciliana sono state dichiarate non fondate dalla Corte

costituzionale, nella premessa che le misure legislative statali censurate erano direttamente

riconducibili agli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione.

In sintesi, la Corte, pur avendo ribadito che la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato,

Regioni e Autonomie locali resta la sede naturale per realizzare il bilanciamento delle rispettive

posizioni, ha affermato che la determinazione unilaterale di criteri da parte della legge statale,

contenuti entro i canoni di ragionevolezza e di imparzialità, è conforme ai principi costituzionali,

dovendosi considerare come rimedio ultimo per assicurare il rispetto dei vincoli europei connessi

alla manovra di bilancio, avendo “valenza provvisoria in relazione all’auspicato raggiungimento

dell’intesa in tempi utili alle future manovre”.

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Pertanto, nel rapporto tra Stato e Autonomie speciali, il principio contenuto nella sentenza per

ultimo menzionata, in qualche modo innovativo rispetto agli orientamenti giurisprudenziali del

recente passato, sancisce che la determinazione unilaterale da parte dello Stato, in assenza di criteri

condivisi con le Autonomie speciali, consente di assolvere comunque all’onere di assicurare il

raggiungimento, nei termini temporali previsti, degli obiettivi finanziari delle manovre di bilancio,

in attesa del perfezionarsi dell’accordo.

Un cenno, infine, merita la questione proposta dalla Regione siciliana, nell’ambito dello stesso

giudizio di legittimità costituzionale, nei confronti del comma 16 dell’art. 32 della legge n. 183 del

2011. La norma impugnata dispone che “Le Regioni a statuto speciale e le provincie autonome di

Trento e Bolzano concorrono al riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai

commi 11, 12 e 13, anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato,

mediante l’assunzione dell’esercizio di funzioni statali, attraverso l’emanazione, con le modalità

stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria; tali norme di attuazione

precisano le modalità e l’entità dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo

permanente o comunque per annualità definite”.

Al riguardo, la Corte ha chiarito che l’applicazione di detto articolo resta condizionata al rispetto

degli Statuti delle Autonomie speciali, sia in termini procedurali che sostanziali e che, per la

previsione dell’emanazione di specifiche norme di attuazione, la disposizione non presenta profili di

lesione delle autonomie speciali.

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4 - LA QUARTA PROBLEMATICA SOLLEVATA DALLA COMMISSIONE

RIGUARDA I MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DELLA COMMISSIONE

PARITETICA, NONCHÉ LE PROCEDURE PER LA NOMINA E LA SOSTITUZIONE

DEI SUOI COMPONENTI.

Ai sensi dell’art. 43 dello Statuto speciale, alla Commissione paritetica Stato-Regione siciliana è

attribuito il compito di “determinare” le disposizioni transitorie relative al passaggio degli uffici e

del personale dallo Stato alla Regione, nonché quelle necessarie per l’attuazione del medesimo

Statuto.

L’insediamento dei quattro componenti della Commissione paritetica (due di nomina statale, scelti,

di solito, dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, e due di nomina regionale, designati

dal Presidente della Regione) avviene per iniziativa dell’anzidetto Ministro che, in effetti, adotta il

provvedimento costitutivo della Commissione e convoca la prima seduta, nel corso della quale si

procede all’elezione del presidente della Commissione e si stende il calendario dei lavori.

Relativamente alla Commissione in atto in carica, v’è da osservare che il relativo iter costitutivo

prese avvio il 2 agosto 2013 con la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri da parte

del Presidente della Regione siciliana dei nominativi dei due componenti regionali, concludendosi il

29 gennaio 2014. In tale data, infatti, è stato emanato il decreto del Ministro per gli affari regionali

e le autonomie con il quale, nel completare il plenum con la nomina dei due componenti in

rappresentanza dello Stato, veniva infine ricostituita la Commissione paritetica.

Per assicurare “lo stretto raccordo tra le decisioni della Commissione stessa e gli indirizzi politico-

programmatici del Governo in materia di ordinamento regionale”, il medesimo decreto di

costituzione della Commissione fu reiterato in data 10 giugno 2014 a firma del nuovo Ministro per

gli affari regionali e le autonomie.

In considerazione di tale ultimo provvedimento, i componenti della Commissione paritetica si sono

insediati in data 1 ottobre 2014 e, in quella occasione, è stato nominato il relativo presidente.

Senonché, a seguito delle dimissioni in quella sede di uno dei due rappresentanti della Regione

siciliana e della nuova designazione operata dal Presidente della Regione in data 23 ottobre 2014,

solamente in data 4 novembre 2014 il Ministro pro tempore ha provveduto a ricostituire la

Commissione paritetica, completandone la composizione con la nomina di un nuovo componente.

Da quel momento, sulla base di notizie assunte informalmente, la Commissione opera

regolarmente.

13 Corte dei conti

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| Audizione 9 giugno 2015

Lo Stato ha proposto come prima questione, avente carattere di urgenza, l’adozione di norme

concernenti il trasferimento della sanità penitenziaria.

La Commissione ha dedicato a tale argomento 5 sedute, nel corso delle quali è stato necessario il

confronto tra diverse branche dell’Amministrazione statale (Giustizia, Salute, Funzione pubblica,

Economia e finanze, nonché Ragioneria generale dello Stato) e di quella regionale (Salute,

Economia e finanze).

Il 10 marzo 2015 si è raggiunta una convergenza tra Stato e Regione. La Commissione paritetica,

pertanto, potrà prendere atto dell’esito del confronto, approvando le conseguenti norme di

attuazione, dopo l’acquisizione dei pareri richiesti alle Amministrazioni statali competenti.

Secondo quanto comunicato da uno dei componenti, restano da esaminare e da approfondire nelle

prossime sedute della Commissione paritetica le seguenti questioni:

- concreto funzionamento della Commissione;

- ruolo svolto alla luce della clausola di maggior favore prevista all’art.10 della legge costituzionale

n.3 del 2001;

- eventuale contenzioso derivante dalla parziale attuazione dello Statuto e conseguente incertezza

normativa;

- incidenza sui rapporti finanziari;

- ipotesi di codificazione delle procedure.

Nel corso dell’audizione tenutasi in data 9 marzo 2015, il prof. Antonio La Spina, nella qualità di

componente rappresentante dello Stato in seno alla Commissione, ha evidenziato alcune criticità

che incidono sul regolare funzionamento di questo Organo.

In particolare, ha sottolineato che i componenti cessano dall’incarico tutte le volte che viene meno

la compagine governativa che ha espresso la designazione dei propri componenti, con conseguente

interruzione dei lavori e sospensione di qualsiasi attività.

Infatti, lo stretto collegamento di natura fiduciaria, che lega i membri della Commissione ai

rispettivi Governi che li hanno nominati, non assicura la necessaria continuità dell’attività e non

facilita il raggiungimento dell’accordo sulle questioni da esaminare, indispensabile per l’adozione

delle norme di attuazione.

Alla cessazione, in epoca anteriore alla scadenza dell’incarico, dei componenti, segue quindi una

fase di “stallo” dell’attività della Commissione, che si protrae fino alla sostituzione degli stessi, e la

successiva necessità, dopo le sostituzioni, di intraprendere un diverso percorso nel tentativo di

trovare una nuova convergenza sulle norme da adottare.

14 Corte dei conti

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| Audizione 9 giugno 2015

Le problematiche concernenti il funzionamento della Commissione, evidenziate dal prof. La Spina,

saranno portate all’attenzione della Commissione, che nelle prossime riunioni dovrebbe definire il

programma dei lavori per trovare una sollecita soluzione alle tematica attualmente in esame.

Il quadro prospettato relativamente alla Commissione paritetica per la Regione siciliana finisce per

confermare quanto già segnalato nel corso delle precedenti audizioni (in particolare quella del Prof.

Bin il 31.3.2015) circa l’esigenza di codificare, tramite adeguate fonti normative, le procedure di

provvista e di funzionamento delle Commissioni paritetiche. A tal fine si osserva come nel d.d.l.

costituzionale, d’iniziativa dell’Assemblea Regionale Siciliana, recante “Modifiche allo Statuto

della Regione siciliana” (A.S. n. 3369 – XIV legislatura, poi decaduto), tale problematica sia stata

in parte tenuta presente, atteso che all’art. 43 era stato aggiunto un secondo comma nel quale si

disponeva che “sulle norme determinate dalla Commissione il Consiglio dei Ministri delibera entro

centottanta giorni dalla trasmissione.”

15 Corte dei conti

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5 - CON LA QUINTA DOMANDA SI CHIEDONO, POI, LE MODALITÀ

ATTRAVERSO LE QUALI È ASSICURATO UN COLLEGAMENTO TRA

L’OPERATO DELLA COMPONENTE REGIONALE ALL’INTERNO DELLA

COMMISSIONE PARITETICA E LA GIUNTA REGIONALE.

In atto presso la Segreteria generale della Presidenza della Regione siciliana risulta costituito

(Decreto del Segretario Generale n. 63 del 28.2.2013) un apposito Servizio (4°) con il compito di

curare il “coordinamento delle proposte per l’attuazione dello Statuto in rapporto con gli organi

dello Stato e con la Segreteria della Commissione paritetica di cui all’art.43 dello Statuto”; il

dirigente preposto ricopre anche l’incarico di segretario, per parte regionale, di tale Commissione.

16 Corte dei conti

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| Audizione 9 giugno 2015

6 - IL SESTO QUESITO MIRA AD ACCERTARE L’ESISTENZA DI UN PERIODICO

MONITORAGGIO DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA SULL’ATTIVITÀ

SVOLTA DALLA COMMISSIONE PARITETICA

Non risulta che l’Assemblea Regionale Siciliana sia dotata di strutturati strumenti di monitoraggio

sull’attività svolta dalla Commissione paritetica, anche se in passato alle norme di attuazione sono

stati dedicati pregevoli studi trasfusi in specifici “Quaderni” dell’Assemblea.

17 Corte dei conti

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8 - GLI ULTIMI QUESITI VERTONO SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE IN

ITINERE, CIOÈ SUL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE AC 2613-A, ORA IN

SECONDA LETTURA AL SENATO DELLA REPUBBLICA AS 1429-B, RECANTE

“DISPOSIZIONI PER IL SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PARITARIO,

LA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI, IL CONTENIMENTO DEI

COSTI DI FUNZIONAMENTO DELLE ISTITUZIONI, LA SOPPRESSIONE DEL

CNEL E LA REVISIONE DEL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA

COSTITUZIONE.” IN PARTICOLARE, SI CHIEDE SE LA NORMATIVA DI CUI

ALL’ART. 39, COMMA 12, DEL D.D.L. (“LE DISPOSIZIONI DI CUI AL CAPO

IV DELLA PRESENTE LEGGE COSTITUZIONALE NON SI APPLICANO

ALLE REGIONI A STATUTO SPECIALE E ALLE PROVINCE

AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO FINO ALL’ADEGUAMENTO

DEI RISPETTIVI STATUTI SULLA BASE DI INTESE CON LE

MEDESIME REGIONI E PROVINCE AUTONOME. FINO ALLA

REVISIONE DEI PREDETTI STATUTI SPECIALI, RESTA ALTRESÌ

FERMA LA DISCIPLINA VIGENTE PREVISTA DAI MEDESIMI STATUTI

E DALLE RELATIVE NORME DI ATTUAZIONE AI FINI DI QUANTO

PREVISTO DALL’ARTICOLO 120 DELLA COSTITUZIONE”), INSERITA IN

UN QUADRO DI SOSTANZIALE RIDIMENSIONAMENTO DELLE COMPETENZE

DELLE REGIONI A STATUTO ORDINARIO, POTRÀ CONTRIBUIRE, O MENO, AD

UNA COMPLESSIVA RIVALUTAZIONE DELLA SPECIALITÀ REGIONALE E DEI

DECRETI DI ATTUAZIONE DEGLI STATUTI SPECIALI, OPPURE SE PORTERÀ

PIUTTOSTO AD UN ULTERIORE APPIATTIMENTO DELLE AUTONOMIE

SPECIALI, LE QUALI PREFERIRANNO “ACCONTENTARSI” DELLE ATTUALI

COMPETENZE.

18 Corte dei conti

Sezione di controllo per la Regione siciliana

| Audizione 9 giugno 2015

Tale profilo risulta affrontato in sede di audizione degli esponenti del mondo accademico e per la

sua soluzione richiede competenze ed esercizio di funzioni che non sono riconducibili a quelle di

controllo attribuite dall’ordinamento alla Corte dei conti.

In questa sede può semplicemente notarsi come le iniziative di modifica degli Statuti speciali, pur

presupposte da clausole come quelle di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 (“sino

all’adeguamento…”) o all’art. 39, comma 12, del d.d.l. in corso di esame al Senato (“…fino

all’adeguamento dei rispettivi statuti…”), non hanno avuto alcun successo, collocandosi, in

definitiva, in una prospettiva di conservazione e di mantenimento dell’originaria specialità, senza

dar luogo, invece, ad una nuova auspicabile progettualità statutaria.

Il testo della riforma in discussione rinvia la possibile applicazione alle Autonomie differenziate di

quanto previsto dal nuovo titolo V della Costituzione a future modifiche degli Statuti speciali,

previa intesa con le Regioni e le province autonome interessate. In tal modo viene delineato un

innovativo procedimento pattizio che, di fatto, attribuisce alle Regioni speciali una sorta di potere

di veto su modifiche statutarie e finanziarie alle stesse non favorevoli, con il rischio di rinviare sine

die ogni revisione.