ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone,...

24
1

Transcript of ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone,...

Page 1: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

1

Page 2: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

2

ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO

(1771-1856) GIANNI RACE

Dell’abate Giulio Genoino (nato a Frattamaggiore il 13 maggio 1771 e morto il 7 aprile 1856) non poche sono le testimonianze del passato, che ne lodano il talento artistico, l’immaginazione creativa, l’erudizione etico-filosofica, in un’epoca, che ancora conservava gli echi delle musiche dei Durante, Piccinni, Pergolesi, Paisiello, Iommelli, Cimmarosa etc. Persico, noto critico di Manzoni e del manzonismo napoletano, lo ricordò, con simpatia1. Genoino, che non era stato estraneo alle vicende storico-politiche del suo tempo, esaltò e incitò Gioacchino Murat, sperando in un ruolo politico di Napoli nel processo di riforma liberale dello stato. Fallito il sogno del Re francese, si era sensibilmente riavvicinato a casa Borbone. Né aveva dimenticato il blasone della nobile sua famiglia da cui proveniva il conte Antonio Genoino, ministro di Ferdinando II d’Austria2. Si chiamava Giulio Genoino anche il giureconsulto napoletano, ispiratore e promotore della sommossa antispagnola, guidata da Masaniello che, dopo l’uccisione del popolare rivoluzionario, d’accordo con il viceré spagnolo D’Arcos, tenne il potere a Napoli e morì durante il viaggio verso la Spagna, mandatovi da prigioniero3. Quando il disegno nazionale unitario si saldò, lui già era scomparso (nel 1856), né lo si rivalutò, anzi una sottile polvere d’oblio ingrigì la sua immagine, pur splendida per decenni, merito di un tenace e positivo lavoro di studi e applicazioni. De Sanctis4 ne parla come del più notevole poeta dialettale di quei tempi: sono celebri le sue “nferte”, le dialettali strenne, che egli andò pubblicando. Scrisse anche commedie e poesie italiane, nonché un’Etica drammatica, che ebbe gran fortuna nei collegi e quei drammi, sono stati recitati ancor per molto tempo. De Sanctis era anche dell’avviso che “arrivato il vento della Rivoluzione Francese, il contrasto tra clero e borghesia, classe dominante, produsse un accantonamento d’idee e scrittori, favorendo così una letteratura epico borghese molto apprezzata come a Napoli, il Genoino”. Salvatore Di Giacomo nella storia del san Carlino, riporta i versi scritti in onore di Vincenzo Cammarano (Giancola), famosa prima maschera di Pulcinella ed in Piedigrotta for ever, 1891 ... dice che “egli aperse il fuoco metrico dell’ode A Carmeniello marito cocciuto ... Ancora i nostri vecchi lo ricordano”5. Di Giacomo si occupò di lui anche nel “Tirsi” di Roma in occasione del centenario di Piedigrotta, 5 dicembre 1901, e nello stesso anno sul periodico “Regina” di Napoli6 affermava “don Genoino è stato il poeta napoletano ufficiale sarei per dire dei primi cinquant’anni del secolo decimonono”7. Sansone ricorda che egli fu “un personaggio singolare della cultura, poeta in lingua e in dialetto ed ebbe larga fama ai suoi tempi”. E più oltre: “nei versi italiani il Genoino continua la maniera arcadica, dal Metastasio al Savioli, e nella poesia dialettale e quella comica della tradizione napoletana del sei-settecento, ma ammodernandola per

1 F. PERSICO, Poeti napoletani della prima metà del secolo, R. Margheri, Napoli 1891. 2 S. CAPASSO, Frattamaggiore, p. 305, Frattamaggiore 1992. 3 Il nuovissimo Melzi, voce: Genoino, p. 575, Milano 1966. 4 F. DE SANCTIS, Letteratura a Napoli, in Opere, vol. XI: la scuola cattolico liberale e il romanticismo a Napoli (a cura di C. Muscetta e G. Candeloro, Napoli 1972). F. DE SANCTIS, Storia della letteratura Italiana, XX capitolo (La nuova letteratura), Milano 1950. 5 S. DI GIACOMO, in Piedigrotta for ever 1891, in Tirsi, anno I, n. 12, Roma nel centenario di Piedigrotta. S. Di Giacomo, Napoli: Figura e paesi e Luci e ombre, p. 201, 1995 Milano. 6 S. DI GIACOMO, in Regina, Napoli, Morano 1901. 7 S. DI GIACOMO, Musica e Musicisti, Napoli 1905.

Page 3: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

3

l’influsso della cultura arcadica e romantica8. Croce, che scrisse un saggio molto bello su di lui, ma composito quale pio e geloso cultore delle vecchie memorie, pone soprattutto in pregio i piccoli drammi composti per l’educazione della gioventù e specialmente della commedia dialettale, l’Asilo delle bambine, che certo non manca di una viva e graziosa spontaneità. Perché, senza dubbio, il Genoino ebbe facilità di composizione, orecchio musicale, grazia e puntualità di osservazione, lieto e aderente sentimento di vita, sincerità nel suo intento educativo”9. Per quanto riguarda le poesie dialettali del Genoino, Sansone le giudica “sempre gradevoli, affettuose, spiritose, aggraziate, lietamente pungenti: padroneggiava una consuetudine compositiva ormai da lui compiutamente posseduta, e sempre uguale a se stessa; nella misura del gusto, temi e problemi d’interiore partecipazione”10. Per l’attività teatrale, P. Calà Ulloa (1802-1879), scrisse: “La commedia, che forse è adatta più di qualsiasi altra ai nostri tempi, non si sostiene sulle nostre scene che mediante traduzione di opere francesi. Fu Giulio Genoino, che per primo sentì l’imperfezione di quelle opere, per ricondurci a Goldoni, modello unico di quadri vivi e naturali. Giovan Battista Vico, Giovan Battista La Porta, lo Zingaro pittore, La lettera anonima. L’Istinto del cuore, e le altre commedie, non erano senza dubbio dei brillanti schizzi, ma vi si ritrovavano parecchie scene che ricordano Goldoni e racchiudevano delle vere bellezze”. E più oltre, trattando dell’Etica, Giulio Genoino, pensò di servirsi dell’attrattiva del teatro per l’educazione dell’infanzia. Nella sua Etica drammatica vi è del Berquin, qualcosa che parla al cuore. Il suo scopo era di soddisfare, con una bella occupazione, quelle schiette fantasie, quei piccoli bisogni dell’infanzia, che variano come i colori dell’iride. In quest’opere le idee non possono mostrarsi con maggior semplicità e l’espressione vi è sempre ingenua, spesso familiare, senza aver mai niente di volgare. Si può, è vero, rimproverargli qualche monotonia, ma egli soggioga dalla prima pagina con il vero poetico ed un’abbondanza di sentimenti nobili11. Quale poeta afferma Ulloa “... Egli aveva molto tatto letterario, rimava con una facilità gradevole, il pensiero sembrava sgorgargli schiettamente, ingenuamente, così come si presentava al suo spirito, ma egli non era mai agitato da impressioni, che voleva imporre”12. Nella poesia dialettale, per la sua grande versatilità, fu definito il Metastasio napoletano. Molte sue canzoni furono famose. Gli si attribuiscono anche i versi bellissimi di “Fenesta ca lucive”13, con alcune riserve. Ma c’è un forte riscontro a favore di Genoino, che avrebbe reso in versi italiani la poesia francese scritta e musicata dall’amico Cottrau, che faceva il giro dei salotti napoletani e parigini ed ispirò poi tanti celebri operisti e drammaturghi (Donizetti, Bellini, Rossini ...). Alcune sue poesie sono di un’irresistibile comicità, divertimenti, bellezza stilistica e satira piacevole di certi usi popolari, inestinguibili nel tempo. Scrisse per esaltare la Costituzione del 1820 di Ferdinando II e i valori di libertà, che espresse nella commedia “Il vero cittadino e l’ipocrita”, rappresentata al teatro Fiorentini di Napoli, con grande successo. Questo suo atteggiamento liberale gli fu

8 M. SANSONE, Storia della Letteratura Italiana, XX capitolo (La nuova letteratura), Milano 1950. 9 B. CROCE in L’Etica drammatica, La Critica XL, Bari 1942, anche lo considera manzoniano. 10 M. SANSONE, La Letteratura a Napoli, dal 1500 al 1860, in Storia di Napoli, vol. XI, cap. IX, Napoli 1972. 11 P. CALA’ ULLOA, (1802-1879), Pensées et souvenirs sur la Litterature contemporaine da Royaume de Naples, vol. II, Ginevra 1859. 12 P. C. ULLOA, op. cit. 13 Enciclopedia Popolare, Torino 1950, voce Genoino. S. Di Giacomo, Napoli: figure e paesi, op. cit. (La canzone, Fenesta ca lucive) p. 38 segg.

Page 4: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

4

rinfacciato da re Ferdinando II nel 1848, col quale poi si chiarì. Il fine educativo, l’esempio delle più elevate virtù sono alla base del suo impegno: “sperai così di aggiungere allo scopo morale cui dee tendere la natura d’istituzione ogni commedia, nel campo teatrale, anche l’utile eccitazione, che destar suole nelle anime, ben nate, l’esempio dei loro virtuosi maggiori, e vedere in azione dei fatti che la storia ha consegnato alla nostra riconoscenza”14.

Alcune osservazioni sull’uso della lingua sono acute, per quanto attiene alla stesura dei dialoghi per la scena: “... Non a tutti quelli, che scrivono elegantemente la prosa, è dato giudicare del modo in cui va scritto il dialogo. E’ questo di osservazione delle particolari maniere con cui uomini diversi di condizione, genio e carattere, si esprimono in società per imitarli nelle azioni. Plauto e Terenzio, comeché scrittori accuratissimi, non usavano certamente nelle loro commedie il linguaggio di Scipione e di Lelio, né il Moliére, di Pascal, né il Goldoni, quello di Messer Giovanni, benché per quattro anni ci si fosse dimorato in Toscana! Né il Nota usò quello del Salvini o del Gelli”15. Attraverso le prefazioni alle varie commedie, attraverso i dialoghi e il raccontino in dialetto, Genoino ci dà nei suoi scritti accenni e riferimenti ai problemi letterari del tempo: il purismo! ... (stupendi i suoi conversari...nda), l’osservazione della legge delle tre unità nell’arte drammatica, il concetto del bello, il modo di scrivere un dialogo e di

14 G. GENOINO, prefazione. 15 GENOINO, pref. a G. B. Vico (dramma).

Page 5: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

5

presentare i caratteri dei personaggi (gli aspetti psicologici, n.d.a.), lo scopo morale del dramma. Trattasi di un’eco viva e palpitante delle solenni dispute sul romanticismo e classicismo, che occupavano la critica letteraria del primo ottocento italiano. Genoino risente, nella concezione di un’opera e nella stesura di essa, di tutto il travaglio dello scrittore di adeguarsi ai tempi, senza venire meno alla tradizione del passato16. Ricordandone la morte, Ulloa afferma: “quantunque Genoino fosse molto innanzi negli anni, la sua Musa non era vacillante. Egli non pensava che a far versi fino agli ultimi istanti. Egli diede in quei tempi un’edizione completa delle sue opere, ove mise più cura e attenzione alla versificazione dandole più verve poetica”17. L’Enciclopedia Popolare così amaramente lo ricorda: “La Sicilia ammira le poesie di Meli, Napoli quelle di Genoino ... Meli ebbe la statua e la pubblicazione dei suoi lavori; il brioso ed arguto napoletano resta ancora non onorato”18. Recensirono le opere di Genoino col suo profilo bibliografico: Nella Biblioteca Italiana, che usciva a Milano tra 1816 e il 1840, e alla quale collaborarono P. Giordani, V. Monti, M.me de Stael, vi è un giudizio positivo favorevole per l’Etica Drammatica19; lo storico ginevrino Sismondi non lesinò i suoi elogi all’opera di Genoino nel quadro della letteratura italiana20; Pio IX, con una lettera personale, si congratulò per la sua opera di scrittore per la gioventù21. Max Vairo, ricordò Genoino, con la cultura e il garbo, che contraddistinguono lo scrittore napoletano22. Genoino aveva studiato nel Chiostro degli Eremitani di san Gerolamo, a Napoli tra i Filippini e si può dire che la sua arte era anche un po' figlia della tradizione gioiosa e salace degli Oratoriani (Servite Deum in laetitia! ...). Da loro apprese la recitazione e la dizione nei corsi di filodrammatica e imparò a suonare il violino. Ciò gli permise d’insegnare musica e canto alla sorella Margherita, morta nel 1814. La ricordò così: “Ancor ti veggo assisa a me d’accanto per erudirti negli eletti modi onde rendesti poi sì grato canto”23. Fu ordinato sacerdote e restò fedele allo spirito religioso e allo stato ecclesiastico. Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento di fanteria Principe. Con tale mansione, fu presso le caserme di Capua e Pozzuoli, dal 179724. A fine 1798 accompagnò un corpo militare napoletano a Livorno, ove sostò un mese e poi ottenne di prestare servizio presso le milizie urbane; nonostante la sua amicizia con il ministro Cancelliere Tommasi la sua attività di scrittore lo danneggiò.

16 P. MARTORANA, Notizie biografiche e bibliografie degli scrittori del dialetto napoletano, Napoli 1874, scrisse che: “Genoino era felicissimo ed immaginoso dipintore delle bellezze del suo paese, ricco di non comune fantasia nel descriverle e vestite di forme poetiche; del nostro popolo fu perfettissimo conoscitore e della lingua, e ciò più che conta, purgatissimo scrittore in fatto di morale”. 17 ULLOA, op. cit. 18 Enciclopedia Popolare, Torino 1950, vol. IV pag. 969. 19 Biblioteca Italiana, Milano 1816-1840 in F. Capasso, Giulio Genoino nel primo Ottocento napoletano, p. 6, Frattamaggiore. 20 F. CAPASSO, op. cit., p. 6. 21 Ibidem. 22 MAX VAJRO, Nostalgie, in Il Mattino, 1816-1840 di 31-12-1968. 23 F. CAPASSO, op. cit., p. 22. 24 Ibidem, p. 9.

Page 6: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

6

Con i francesi ebbe maggior fortuna. Dedicò una raccolta di poesie a Carolina Saliceti, dama di palazzo della regina Carolina Bonaparte e una seconda, il Viaggio Poetico pe’ Campi Flegrei, a Francesco Berio. Parallelamente alla prosa filosofica e narrativa, lima e raffina la poesia dialettale che progredisce, si afferma e si consolida (Martorana). Per Vittorio Gleijeses: “il sacerdote Giulio Genoino è poeta più ‘genuino’ dei precedenti”25. Di lui, Ettore De Mura dice che “si distinse, con pochi altri, dalla pleiade dei poetastri, che infestavano Napoli e fu proclamato il maggior poeta del suo tempo”26. “La poesia popolare è poesia dialettale e molta parte di essa non è popolare”, ha scritto Sansone. Ma è una vera lingua letteraria, d’alto profilo poetico e concettuale. Non possiamo dimenticare, che a Napoli fu molto viva nell’età risorgimentale; abbiamo già visto i suoi inizi ma nel secolo XIX e più precisamente nel periodo che c’interessa, essa si preparò al momento glorioso che conoscerà dopo il 1860, specialmente con Salvatore Di Giacomo, grande poeta e prezioso erudito. Giulio Genoino invece rappresentò, nella prima metà del XIX secolo, il più interessante fenomeno della cultura napoletana, fu talentuoso poeta e autore di piccoli drammi e commedie dialettali, nonché di brevi componimenti in lingua italiana. Aveva intuito l’enormi possibilità artistiche e di comunicazione della letteratura e della musica, di cui era anche compositore di duetti e canzoni. Guardando, oltre le quinte di alcune biografie ufficiali, non sempre è stato capito il perché dei successi di questo poeta virtuoso, che era scrittore teatrale di facile vena e uomo di spettacolo. Un personaggio di oggi, tra le selve di microfoni e dei più sofisticati strumenti di comunicazione di massa. Unanime il giudizio dei suoi contemporanei: un grande letterato e un innovatore teatrale. Le sue composizioni in vernacolo sono però di gran lunga la parte migliore della sua produzione: Genoino fu il creatore di quelle strenne che si prese l’abitudine di pubblicare all’inizio dell’anno e furono denominate “Nferte”, che poi è il termine dialettale di strenne, che continuò a pubblicare sino all’anno della sua morte” (1856). Genoino ha difeso sempre, a più riprese il dialetto napoletano e tuttora gli viene riconosciuto il merito di averlo “pulito dalle scorie”, ingentilendone lo spirito e arricchendolo nello stile e introducendo neologismi, specie di verbi più vivaci e scultorei, metafore ardite, còlte sulla bocca dei popolani27. Egli era un conoscitore profondo della letteratura dialettale, anche per i lavori ponderosi che affrontavano i temi classici e le traduzioni in vernacolo dei capolavori della letteratura italiana, latina e greca. Per lui il vernacolo napoletano era una lingua di un popolo, che era riuscito a renderla universale con la poesia, le commedie e soprattutto le canzoni. E nel prologo dialogico alla sua commedia “Il cuore di una figlia”, Genoino esprime la sua ammirazione per le traduzioni in vernacolo dell’Eneide di Sitillo, La Gierosalemme del Fasano e L’Iliade del Capasso. Venera gli autori famosi quali Basile, Cortese e Lombardi, delle cui opere si rammarica perché non si comprendono da tutti lo spirito delle allegorie, la venustà delle immagini, l’ironia dei traslati, la ridondanza dei “sali attici”, che dimostrano invece la nostra origine greca. E non ha torto quando si lancia in un elogio roboante per la Ciucceide, il poema di Cortese, con una sfida: La sola Ciucceide vale tante opere quanto pesa. Peccato che non l’abbiate letta!28

25 V. GLEIJESES, La storia di Napoli, p. 738, Napoli 1977. 26 E. DE MURA, Poeti Napoletani dal Seicento ad oggi, p. 95, Napoli 1963. 27 F. CAPASSO, op. cit. 28 G. GENOINO, Dialogo tra D. Crispino e l’Autore, prologo alla commedia Il Cuore di una Figlia.

Page 7: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

7

Nel solco di questa tradizione, Genoino sceglie la Nferta (strenna, dono, offerta) il tipo di pubblicazione per portare avanti la sua linea di battaglia per il rafforzamento della strutture linguistiche e le basi letterarie del vernacolo. Man mano che cresce il numero delle pubblicazioni, sale il numero delle poesie, dei drammi e delle commedie. Anche se non originale nel titolo, che era usato anche per i “passatiempi”, acquisì un volto e caratteristiche peculiari, legate soprattutto alla produzione di Genoino. Nel 1769 era apparsa una breve operetta di Luigi Serio, che si celava dietro il nome di Onofrio Galeota, ma lo spirito e i contenuti erano lontani da quelli, “nfertaioli” di Genoino29. Si trattava di volumetti che Genoino pubblicava per Capodanno e una volta, anche per Pasqua, come strenna ai suoi lettori, un’antologia di prose, poesie, canzoni e duetti per musica e perfino una commedia, di cui era stata anticipata la pubblicazione di parti durante l’anno. La prima della serie (La Nferta pe’ lo Capodanno - acchi se la vo accattà -) fu pubblicata il 1834 ed ebbe subito una “nuova sfornata”. La seconda Nferta uscì “pe’ lo Capodanno del 1835”. Vi collaborò un gruppo di scrittori, che orbitavano intorno all’abatino Giulio (I fratelli Carlo e Rocco Mormile di Frattamaggiore, A. M. Carfora, V. De Ritis, B. Zezza etc.) La collaborazione non andò oltre. Intanto, il barone V. Zezza si mise in proprio e iniziò a pubblicare sue Nferte di poesie. Fu il primo a pubblicare una Nferta, tutta sua e tutta piena di poesie dal 1836 e per sette anni di seguito30. Genoino invece non pubblicò puntualmente ogni anno la sua nferta di Capodanno, si giustificava a volte, con i disordini, le guerre e l’epidemie che non mancavano mai. Una volta, col burbero suo modo di fare, scrisse: Da noant’anni, ninnì, n’aje stampata na cufece. E ddatte da fà, core mio. Le Nferte, che pubblicò, furono quelle del 1837, del 1839, del 1843, del 1847 (contrattiempo pe’ la pasca, de st’anno 1847), - Robbe vecchie, novegne e nnove de trinca, forse in due tomi e infine l’ultima nel 1856. Negli ultimi anni della sua vita, Genoino pagava a sue spese, queste speciali pubblicazioni, con prose, versi, e commedie di sua creazione, sempre con successo di critica e lettori. Alcuni versi ci aiutano a capire l’attualità del mondo poetico di Genoino, sempre vicino alla realtà umana, anche nei più reconditi anfratti dell’anima, nonché un puntuale scrigno di tradizioni e costumi: ... ch’a Montevergine me tocca a gghì Nce va Lucrezia, nce va Mennella; La vecchia Mé porzì ce va; Nce va la sgubbia de la se stella, Ch’ave na vozzola ch’é na piatà. Da un’altra poesia di Nferta: ...Tengo sempre contento lo core Pecché male non faccio a nisciuno Da un’altra ancora:

29 E. MALATO, Nferta Napoletana, Napoli 1963. 30 F. CAPASSO, op. cit.; E. MALATO, op. cit; Poliorama Pittoresco, 22 dicembre 1838, n. 1919, Folla scapolata; G. GENOINO, Pref. all’Etica Drammatica; F. CAPASSO, Giulio Genoino nel primo Ottocento napoletano, Frattamaggiore 1970; P. CALA’ ULLOA, op. cit., “Il Mattino” del 31-12-196; MAX VAJRO, Genoino genius loci, in Nferta ossia Strenna napolet., Azienda Aut. Sogg. Napoli 1956, pp. 29-31-33.

Page 8: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

8

Nudo e ccrudo veniette a lo munno, Nudo’ e crudo mme voglio partì. Alla poesia va aggregata la canzone dialettale napoletana, che a Napoli esplode dopo il 1820 con Michele Zezza, Domenico Bolognese, Marco d’Arienzo, Luigi Ricci, Federico Girard, Mariano Paolella e altri. Con questi, scrive Di Giacomo: “Fecondo non meno il Genoino fu, fino agli ultimi anni suoi, collaboratore attivissimo del Poliorama e dell’Omnibus. Ogni anno stampava a sue spese una Nferta o strenna, composta di scritti suoi, tra poetici e prosaici, e nell’Omnibus e nel Poliorama e nelle Nferte sono appunto moltissime e genialissime sue rime”31. Di origini antichissime, in effetti la canzone napoletana, l’aspetto nobile della poesia dialettale, incomincia a far parte della letteratura soltanto in quell’epoca e raggiungerà il suo “magic moment”, tra 1860 e 1880 con Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo. I primi tentativi di comporre canzoni sono contemporanei alla nascita del nostro dialetto, quando per merito di Federico II si mirò ad un’omologazione o fusione (conguagliamento, secondo il linguaggio burocratico), compiendo il primo vero tentativo di forgiare una lingua nazionale, come è visibile nei primi, dolci e armoniosi componimenti dei poeti della scuola siciliana, che inaugurano la storia della letteratura forse anche quella graziosa canzone delle lavandaie della collina del Vomero: Jesce sole, jesce sole nonn te fà cchiù suspirà siente maje che figliole hanno tanto da prià32. Questo canto è stato reso celebre, nella sfavillante “Gatta Cenerentola” capolavoro dell’insigne maestro Roberto de Simone, genio dei nostri tempi. Nei diurni, Matteo Spinelli scrive che re Manfredi si dilettava a comporre canzoni e cantate. Giovanni Boccaccio racconta che, quando la sua Fiammetta faceva le passeggiate in barca, sul mare di “Mergoglino”, cantava or una or altra canzonetta. La canzone napoletana toccò vette di alto lirismo, come per le sventure di Isabella d’Aragona. Più tardi, dal Cariteo ... alle villanelle. Tempio del teatro dialettale fu il San Carlino, un piccolo locale, che sorse a largo di Castello. Passarono su quelle tavole Caffarelli, Francesco Bernardi e Domenico Antonio Di Fiore che tra i primi portò la maschera di Pulcinella e quella di don Anselmo Tartaglia. Il San Carlino ebbe numerose traversie, in quanto all’inizio del XIX secolo fu avversato dalla polizia dei francesi, perché i suoi proprietari erano fedeli ai sovrani borbonici. Il cast degli attori era costituito dalla famiglia Cammarano, tutti grandi artisti che godevano della simpatia di Ferdinando IV di Borbone. “Letterati come Genoino33 scrivevano commedie per questi attori, che attraevano il pubblico con la loro valentia. I napoletani apprezzavano il teatro san Carlino, perché rappresentava il regno di Pulcinella. I maggiori interpreti della famosa maschera furono Vincenzo Cammarano, il primo di tutti, Gaspare De Cenzo e Salvatore Petito. Sorse poi il Teatro Fenice, che prese alcuni attori del San Carlino, che precipitava verso la crisi e

31 S. DI GIACOMO, op. cit., p. 210. 32 G. ARTIERI, in Napoli punto e basta, p. 518 (Elegia della lingua napoletana) e Appendice (I trovatori) p. 535 in poi, Napoli 1980. 33 S. DI GIACOMO, op. cit., p. 80; Genoino in Opere Liriche, IV vol. (F. CAPASSO, op. cit., p. 54)

Page 9: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

9

chiuse nel 1848. Nel 1852, il San Carlino riprese con Petito. Quando morì Vincenzo Cammarano, Genoino improvvisò un’infilzata di versi come epicedio in memoria del grande attore, che meritarono gli elogi postumi ed incondizionati di Di Giacomo34: Francamente a Giove esposero Degli Elisi i deputati, Che laggiù gli eletti spiriti Tutti si erano annoiati Giove intese e rammentandosi Che annoiato ei pur del ciel Spesso era a piantar cavoli Discendeva in mortal velo: Domandò se le buone anime Cui l’Eliso aggrava e tedia, Nella sera almen volessero Divertirsi alla commedia. Mentre l’altre acconsentivano Disse in libera favella Una figlia di Partenope: Io ci voglio Pulcinella. E ci vò quell’Attor celebre Che sul patrio mio Sebeto In un modo inimitabile Tutto il pubblico fa lieto. Ma ti par? Giove risposele, Io che giusto in ciel mi nomo Io dovrei per farti ridere Tor di vita a un galantuomo? Sì, lo devi: in mezzo ai miseri Che agli affanni ed alle pene Condannato hai tu medesimo, Ch’egli, viva, oh!, non va. Fu del Nume allor la grazia A colei così concessa; E colà quell’alma amica Debuttò la sera stessa I teatri in voga: San Carlino, Nuovo (“sopra Toledo”), Fondo, Fiorentini, Fenice ..., si riempivano di spettatori. Finiva l’opera buffa, con tricorno sperlato, giamberga logora, seta stinta, panciotto in fiore. Il grande secolo musicale napoletano si chiudeva, dopo i vani assalti dei Francesi della Querelle ... Il figlio di Casacciello scaricava quintali di risate sul palcoscenico, in ogni occasione. Morto Giancola il teatrino di Piazza Castello prese il lutto per oltre una settimana e durante quel tempo rimase chiuso. Il tracollo si ebbe con la nascita del vicino La Fenice.

34 S. DI GIACOMO, in Storia dei Teatro San Carlino riporta un’altra poesia inedita dello stesso titolo.

Page 10: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

10

Ma ritornò “L’onore del vecchio fosso” con suoi comici. Iniziò qui la carriera del grande Luigi Lablache napoletano dal casato francese, scritturate con lui le due sorelle Bussani, dal san Carlino, non lontano dal san Carlo. Tornò la Piedigrotta, dopo il decennio francese, galante e salottiero, e la scialba festa di Ferdinando IV, il 9 settembre 1825, con Francesco I, la Piedigrotta si arricchisce della parata militare, spettacolosa per maggiore partecipazione dei reggimenti e della Guardia, nasce il personaggio dalla faccia feroce, lo sbirro che il popolo chiamava Titò. Gridando questo nome si dava l’allarme a chi temeva l’arresto o di peggio. L’anno del ritorno della Piedigrotta fu dedicato, più che mai, alla festa dei poeti in lingua e vernacolo. Nel 1843, don Giulio Genoino “aperse il fuoco metrico piedigrottesco con le quartine a Carmeniello, marito cocciuto, la mogliera pe ghì a Piedigrotta” fa sta sparata:

Tu vì sto lesena comme me ngotta! Vi quanta collera mme fa piglià! Lo preo, lo nfraceto, né a Piedigrotta Sto mala fercola nme vò portà! Che s’ha dda dicere mmiez’a sta chiazza? Che s’ha dda dicere? Lo buò sentì? Ca so’ na areteca, na mala razza, Senza na vrenzola pe comparì.

Page 11: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

11

Nc’aje che responnere? Che è mò? Songo io Che faccio lefreche, neh, Carmeniè? No: portamence, marito mio, Sso gusto levame: che male nc’è? e finiva così: E io che da giovene mme songo ausata A ssi spettacole la primma a ghì Pozzo, ncoscienza, sta grande jurnata Ncasa restareme pé aggnetteghì? E avrisse ll’anemo pe so golio De farme strujere, neh, Carmenié? No portamece, marito mio! Si no capisceme ... so guaie pe te! Tu aje cchiù affecchienzia per li turnise, E io mo pe scrupolo te l’aggia dì Vi ca so graveda de quattro mise! E ppe sti Civiche ... pozzo abortì. Qualche anno appresso, nel 1846 il Poliorama pittoresco offriva ai lettori, sul medesimo soggetto, quest’altro parto della Musa partenopea, in lingua italiana. La Festa di Piedigrotta (Canzonetta napoletana) Nel Villaggio ove sì pura è la pompa del creato, Ove i fiori e la verzura L’ape e indora il sol Gigia, dì, chi ha in te destato Il desio di questo suol E termina: Corri corri e schiudi il petto Al gioir che ti s’appresta; Quando all’umile suo tetto Dovrai, Gigia ritornar, Il racconto della festa Da te ognun vorrà ascoltar. Quella storia inizia dalle villanelle cinque-secentesche, cui erano succedute in Napoli le canzonette uscendo dalle baracche ove si rappresentavano commedie dell’arte e dai teatri come quello dei Fiorentini e il Nuovo, i quali accoglievano l’opere buffe di Paisiello, Cimarosa, Piccinni, Pergolesi etc. Il Salvator Rosa di Michelemmà (dalla più antica Vorrei lasciar d’amare?) e il Pergolesi delle arie de Lo frate nnammorato, rappresentato al Fiorentini nel 1732 con la famosa: Non sì ch’ella ch’io lassai Lo conosco, affritto me! Auto ammore tiene ncore, Me tradiste, ma pecché?

Page 12: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

12

“spalancarono il portone” alla canzone napoletana, scriveva un autore dell’epoca. Allora la gente frequentava i teatri più di oggi. Piedigrotta era un’istituzione pubblica: vibravano piedi danzanti, sfrenati nel putipù, scetavaiasse, triccaballacche, nella notte settembrina. Nascevano le canzoni, che mille e mille bocche si trasmettevano e i cuori dei napoletani rendevano popolari sino alla noia. Il boom si ebbe con Te voglio bene assaie e la parodiaca Addio mia bella Napoli: Fuggo da lontano ... Le vecchie canzoni Nennì, nennì vattenne No stà cchiù a suspirà! Nel 1856 morì Giulio Genoino e il letterato Luigi Cassito ne pubblicò il necrologio nel Poliorama con “un capitolo picciuso”, rivolgendosi al poeta Filippo Cirelli che cominciava così: Don Felì, s’é stutata la lucerna de lu Parnasso! Genoino è mmuorto sia pace all’arma soja ... requiammaterna! La lengua che se parla abbascio ‘o Puorto, mo vide stencenata! ... Addio dialetto ... Chi t’adderizza cchiù? Mo jarraio stuorto!35 La poesia-necrologio è significativa, sia per l’importanza dell’autore e per la rivista, che l’ospitava, dove tante volte aveva scritto lo stesso Giulio Genoino. I giornali non avevano altra diffusione, che fra i propri abbonati o nei caffè, dove naturalmente si leggevano gratis. Non vendite per le vie, neppure nei chioschi, nelle piazze, né si pagavano i redattori. L’Omnibus ebbe vita lunga, come il Nomade, l’Iride, il Poliorama pittoresco, più breve quella del Diorama. Scrive sempre De Cesare: “La morte di Giulio Genoino, l’argutissimo abate, autore di tanti versi e commedie dialettali, e generalmente compianto, ispirò a Niccola Sole un bellissimo carme, pubblicato nel primo numero dello Iride”36. Le strenne più accreditate furono quelle di Gaetano Nobile, primo editore del genere, che abbia avuto Napoli forse ultimo. Nel 1856 (anno della morte di G. Genoino) ne pubblicò una con la collaborazione in prose e versi, tutta di autrici italiane viventi. La strenna “Primavera” meritò la collaborazione di Adelaide Amendolito Chiulli, Pulli Filotico, Sava Lettieri etc. Questa strenna per la sua originalità levò rumore, quanto ne levò “La ghirlanda” della quale furono collaboratori: Saverio e Michele Baldacchini, Giuseppe di Cesare, Federico Quercia, Giulio Genoino, etc.37. Scrive di lui, Sosio Capasso: “La fama del poeta abate Giulio Genoino superò i ristretti limiti paesani o regionali per spaziare in quelli più vasti dell’Italia e dell’Europa; le sue opere furono difatti ristampate da diversi editori e tradotte in lingue diverse”38. Letterato insigne ed educatore. I suoi motti di spirito, gli episodi curiosi della sua vita sono ricordati simpaticamente, giacché egli non fu solamente letterato insigne,

35 R. DE CESARE, La fine di un regno, Roma 1975, vol. I. 36 Ibidem, p. 119. 37 Ibidem, p. 122. 38 S. CAPASSO, op. cit.

Page 13: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

13

educatore di vasta dottrina, ma anche uomo arguto e faceto, tanto che oggi noi non sapremmo rappresentarlo senza un bonario errante sorriso sulle labbra a rischiarare i suoi occhi, dallo sguardo limpido e buono, come si addiceva a chi spendeva il tempo in onesti studi, chi indirizzava tutte le sue forze all’elevazione dell’umana coscienza e al perfezionamento della società. Fu scopo precipuo della sua esistenza quello d’istruire divertendo: ridendo castigat mores. Non libri pesanti di erudizione, non volumi densi di pensieri profondi e tali da passare soltanto per mano dei dotti, bensì lavori snelli ed eleganti, di facile lettura, attraenti ricchi qua e là, di spiritose osservazioni, lavori insomma destinati alla massa, della quale il Genoino dimostra di ben conoscere gli umori e le simpatie. Sempre presente il contenuto morale: esso diluito fra le pagine, nascosto fra le righe per poi balzare pienamente in luce nell’epilogo ed inserirsi con forza preponderante nell’animo del lettore, il quale si trova ad aver compiuto una fatica non soltanto piacevole e ricreativa, ma utile anche in sommo grado. Un capitolo fondamentale della sua vita di artista è dato dalle commedie: dalle linee semplici e crude, a volta scheletriche ed essenziali, comunque sempre speculari ad aspetti reali della vita, ove l’Autore mostra vizi e virtù, che nella frettolosa quotidianità ci passano sotto gli occhi quasi inosservati. Dalla Etica Drammatica, pubblicata nel 1824 in due successive edizioni e tradotta poco dopo in tedesco, all’Etica drammatica per l’educazione della gioventù, del 1831, il fine di Genoino fu di educare il pubblico con il teatro. Compose ben ventisei drammi per lo più in due atti, che hanno per titolo una virtù religiosa e l’azione scenica come dimostrazione teorica e pratica (F. Capasso, Giulio Genoino nel primo ottocento napoletano). “Il nostro poeta fu arioso compositore di odi ed altri componimenti artistici, come arie spumeggianti, armoniose strofe senza voli pindarici ed astrusi ermetismi, comunque ricco di finezze. Egli aveva molto tatto letterario, rimava con facilità gradevole, il pensiero gli sgorgava schietto, ma anche beffardo e salace capace di spaziare nelle sfere luminose dell’arte e dei preziosismi” (Ulloa, op. cit.)

VIAGGIO PE’ CAMPI FLEGREI Genoino riesce a rappresentare epicamente e naturalmente le situazioni dei fascinosi, mitici e misteriosi Campi Flegrei, culla antica di storia e civiltà. Nonostante la fortuna ottocentesca del componimento poetico, che ha valori notevoli, tenendo conto dei mezzi espressivi di cui disponeva la cultura del tempo, riesce a fornire l’unico esempio di guida artistica in versi non solo dell’epoca con scansioni metriche connaturali al suo istinto ma anche con esatta rappresentavità dei valori storici e scientifici, rapidità di azioni e “zummate” degne di un perfetto cameramen. Talvolta si direbbe padrone di effetti speciali, di fantasia scenica. Viene spontaneo considerarlo un precursore delle sceneggiature filmiche e ciò avviene proprio in questo singolare poemetto, dove non sono trascurate le notazioni scientifiche con i segreti e le furbizie del tipo dei componimenti, i timbri dei versi e l’impiego delle strofe con studiate pause da regista teatrale e acuti da maestro di poetica. La capacità di scaricare lampeggianti flash su panorami così ampi, quasi fiabeschi, con rapidi mutamenti d’obiettivo, lo rende accattivante, altre volte la sua frenetica esigenza di cantore lo porta a cesellare felici metafore e armonizzare dolci strofe ricamate con artifici di clavicembalo e mano vellutata d’esperto di romanze delicate con quartine ariose, che legittimarono, sedotti dalla sua bravura musicale, paragoni con il divin Metastasio e l’ammirazione di

Page 14: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

14

Salvatore Di Giacomo per la sua bravura di rimatore perfetto, il più grande poeta napoletano della prima metà dell’ ‘800. Il poemetto è composto di sei odi e 40 ottave, si svolge in una varietà di situazioni sceniche come una rappresentazione drammatica, in forme e strumenti espressivi diversi, dai metri alle strofe, che i luoghi e dei personaggi trattati gl’ispirano. Carrellata sui Campi Flegrei a volo di usignolo, in suggestioni di fotogrammi “colorati” per immortalare paesaggi, tra i più belli del mondo e ancora immacolati e inviolati dalle ruspe, dal cemento, dallo smog delle ciminiere e dagli scarichi di motori e motorini, in campo lungo e in dettagli stupendi. Rileggendo Genoino, si colgono atmosfere rare e irripetibili, confrontando passato e presente di realtà storiche, scientifiche e naturali, paesaggistiche con l’occhio del poeta: dal Vesuvio alla Solfatara, dalle terme ai vulcani, dai belvedere ai miti omerici e virgiliani, con le irruzioni prepotenti di una storia, che in tutti i secoli antichi spesso fu la storia stessa d’Italia. Le passeggiate poetiche “pé i Campi Flegrei”, partono da Mergellina, Mergoglino di Sannazzaro. La prima ode è dedicata a Fille che con altri amici, accompagnerà il poeta. Ieri come oggi, torme di visitatori si accompagnano alla guida o all’amico erudito, per esplorare le radici antiche delle origini e dissetarsi alle fonti della cultura classica. Qui, non dimentichiamo che la retorica si chiama Cicerone e Ortensio, la poesia Omero e Virgilio, la storia Giulio Cesare e Cesare Augusto, tacendo tutto il resto che riempie biblioteche di civiltà storica e culturale. ODE Sorgi mia Fille: attendono Gl’impazienti amici, E d’esser teco anelano Di Flegra ai campi aprici. Andiam ... vé come scherzano Su l’ora mattutina I lascivetti zeferi In grembo a Mergellina Il mar s’increspa: muovono Placide l’onde e cede L’una che bacia il margine All’altra che succede. Altro che retorica romantica, linguaggio legnoso, ritmi e rime da filastrocca. Genoino, già ai primi passi, sfoggia un abito poetico di gala: è pura d’armoniosi accenti. Nulla da invidiare alla fluidità di un Chiabrera. In questo componimento d’alto livello e d’ispirazione schietta, si riscontrano le novità e l’attualità del filo conduttore, che anima la poesia di Genoino flegreo, comprese le tematiche dell’abbandono di siti, che andavano protetti per i posteri, con l’emozioni liriche ed ispirate: Ma che! tu tremi? e pavida M’hai fra le braccia stretto? Del muto loco e squallido Soffrir non sai l’aspetto? E pur fra queste tenebre Al fido suo pastor

Page 15: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

15

La villanella conscia Viene a parlar d’amor? Usciti dalla grotta di Mergellina, si spalanca la visione sconfinata del mare, dall’isolotto di Nisida, che ricorda il cesaricida Bruto, a tante spiagge famose, a monte Olibano, alla Solfatara fumante di zolfo, alle “Montagne Leucogee”, sulle quali il poeta invita Fille: Là di quel colle inospite Meco sul giogo ascendi Ed a goder, mia Fillide, Nuovo piacere attendi. Volgi lo sguardo libero Per queste piagge amene E ammira la vinosa Procida. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Che tenero spettacolo! Qui tutto avviva Il monte, il lago, l’isola, La piaggia, il mar, la riva E l’animante e vergine Respiro di natura, Molce gli affetti e bevono La voluttà più pura. Qui la poesia dell’abatino richiama i ritmi dell’abate Giacomo Zanella, ma ha melodiche cadenze e terse e slanci ispirati di grande talento della poesia lirica dell’ottocento. La seconda Ode ha per tema i vulcani flegrei: Solfatara, Astroni e Agnano. Alto il Vulcan lanciava igniti sassi Corsero i solfi liquefatti in onde; E allor questi scabri ingenti massi Crebber le sponde. Rivede l’eruzione della Solfatara e i sommovimenti tellurici, che formarono i colli vulcanici, e si chiede se per caso non vi fossero stati nel passato disastri pari a quelli del Vesuvio spesso scatenato, con città e popoli distrutti. Lo incalza il ricordo di san Gennaro (e dei suoi compagni di fede e di martirio, con la pietà e la fede dell’uomo di chiesa). E furiando del Vesuvio al pari Copria cittadi. Città scomparse e con destin più reo Non mai redente dal potere di morte, Come d’Ercole quelle e di Pompeo Fra noi risorte. E qui la vita che sì pura tenne Offrì mitrato sacerdote a Cristo, Quando intrepido il collo a rea bipenne

Page 16: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

16

Piegar fu visto ... Rimira Astruni un dì vulcano, or lieta D’erbose rive chiomate selve Cinto di colli ombriferi e secreto Asil di belve. Agnano è questo già Vesevo anch’esso; Poi fiume, a Teti di recar fu vago Umil tributo (opera de l’arte) e adesso Stagnante lago. poi si sofferma sulle Terme di Agnano e la Grotta del cane, e chiude la seconda ode: Ma il gaio Tirsi di Falerno antico Bicchier t’offre spumante; il suo ricevi Dono, o mia Fille, e in questo poggio aprico Ti assidi e bevi.

Nella terza Ode si spalanca il grandioso affresco di Pozzuoli, samia e romana, cogliamo alcuni momenti del suo passato, su cui in flash back Genoino scatta “strofe d’autore”, quale in effetti è, di poeta incantato di tanto splendore antico: ... Così Puteoli, per senno ed arte

Page 17: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

17

A Roma simile, fioria di onor Di Augusto all’auspice sovran favore In porto curvansi sue sponde e cento Nel sen ricovron volanti prore. Accenna al cosidetto Tempio di Serapide (Macellum, mercato) della grande città: Sacro a Serapide dall’altro lato Tempio più bello la fronte ergea Di statue immagini scolto e fregiato. Qui è facile cogliere preziosismi di un filologo attento a cesellare il verso con aggettivazioni e verbi, consoni al messaggio, che intendeva lanciare dai monumenti. La quarta Ode è dedicata tutta ad esaltare e glorificare l’Anfiteatro, maestosa e famosa reliquia cristiana della Campania sacra. Noi pensiamo sia la più bella per i valori epici e poetici, ma anche perché fa rivivere momenti straordinari di vita e di storia di Puteoli: Era qui l’infausta arena Dove ardea l’orrendo gioco; La più rea funesta scena Riempia di gioia il loco. A mirar la pugna atroce Di barbarie e di furore Stava il popolo feroce Indulgente spettatore Le due strofe meriterebbero un’analisi completa delle loro strutture, delle rime esterne ed interne, delle consonanze, delle sonorità, armonie, nonché sotto il profilo storico e morale etc. Un lungo saggio meriterebbe poi tutta la lunga ode, che riteniamo tra le più belle prodotte nell’ottocento. L’Ode quinta rievoca la Via Campana, il Monte Gauro e il Lago d’Averno. La prima strofa diventò popolare subito dopo la pubblicazione, le prime due strofe furono cantate sulla falsariga di motivi già conosciuti: Il sentiero, mia Fille, che premi Era un giorno devoto alla morte Qui dell’uomo eguagliossi la sorte, Qui l’orgoglio dei Grandi cessò. Riconosci le dirute forme, E le duplici volte funeste; Degli estinti le tombe fur queste Che la mano del tempo crollò. Monte Gauro era “Già di viti fruttiferi ameno”. Il vecchio antro della Sibilla era invece, sulle sponde dell’Averno: Qui la Vergin Cumana la fronte

Page 18: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

18

Delle nere bende coperse Qui le vittime dell’Erebo offerse Ed il sangue immolato libò. L’Ode sesta è dedicata al lago Lucrino e ha l’amaro sapore della nostalgia: Qual è quel Lago che sì scarse ha l’onde, E quasi vergognando del suo stato Sotto l’alga e l’arena il capo asconde? Esso è il Lucrino ... L’Ode prosegue con vari riferimenti alle rovine romane del luogo e a monte Nuovo che invase il Lucrino e lo trasformò in Maricello. E’ l’ultima ode. Una serie di 40 strofe (ottave) completano il poetico itinerario flegreo, a cominciare da “I Bagni di Nerone”. E’ questo dove il tepido rio scorre fra’ sassi, Loco all’anime tenere funesto Qui la natura impaurita stassi. E geme in atto doloroso e mesto, E par che dica: impure son quest’acque, Nessun le osi toccar: Neron vi giacque. Sono le Stufe di Nerone, che facevano parte del complesso termale in attività ancora nel Medio Evo, derivato dalle acque calde di Baia, che scaturivano dalla falesia di un cratere vulcanico, esploso alcuni millenni fà. Genoino volge poi lo sguardo a Baia, cantata da numerosi grandi poeti latini, italiani e stranieri per le sue bellezze, i crimini consumati dai potenti (Nerone fece uccider sua madre), i piaceri e gli amori: O perigliosa Baia, o del piacere Il più beato incantator soggiorno! O qui tutto ancor sento il tuo potere, Tu sei fatale ancor qual fosti un giorno. Quando l’aurora ad apparir vicina Il ciel dipinge di sereni lampi per la spiaggia errando e la marina, misurando andrei le valli, e i campi; E dove un sasso, un marmo, una ruina Di passato splendor vestigia stampi, Berrei dolcezza de chiara alla mente L’idea dei tempi andati avrei presente. Genoino, volgendo intorno lo sguardo, immaginando di rivivere i tempi fastosi di Roma, resuscita il ricordo di ombre famose e di ville sontuose. Da C. Mario a Pompeo, da G. Cesare a tanti imperatori, con i fatti storici di cui furono protagonisti e le vestigia antiche d’imponenti monumenti: Piscina Mirabile, Cento Caramelle, il Circo, il cosiddetto Sepolcro d’Agrippina (oggi si sa, che è un teatro-odeon). Poi si accosta a Cuma:

Page 19: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

19

Ch’io veda Cuma o riconosca almeno Le sue rovine, e l’irto aero colle Dov’essa giacque alla grandezza in seno, Non già tra l’ozio effeminata e molle. E’ noto che i grandi monumenti cumani affiorarono imponenti e numerosi, con gli scavi di Stevens e soprattutto di Maiuri. Poi s’incanta davanti all’Arco di Cuma, che “ha dato nome Ad Arco Felice”. Oggi sappiamo che l’arco sovrastava i basoli della Domiziana, opera dell’imperatore flavio. E rievocando Bauli, sita in quei paraggi, esalta anche la moderna Bacoli: Quello dell’Arco di Cuma, e di natura resiste, ancora alle vicende infide; Questa è la verdeggiante ampia pianura Su cui Baoli la fronte erger si vide; Baoli famosa che tra l’alte mure Ospite accolse il trionfante Alcide; Che tra i Quinquarti giuochi un tradimento Poi coprì di vergogna e di spavento. Un rapido affresco per il Lago Fusaro e qualche verso per il Lago di Patria: L’Acherusia Palude onde ad Averno Accigliato Nocchier l’anime caccia, E’ quella: il Lago e l’altro ove c’é Linterno Sorgea sublime a questi Colli in faccia Là Scipio inulto dorme il sonno eterno, E la Roma ingrata il fato suo rinfaccia, E par che le sdegnose ossa onorate Fremano amor di Patria, e libertade. Poi volge lo sguardo verso il Promontorio di Miseno, caro ad ogni frattese, e canta il leggendario trombettiere di Enea, eternato da Virgilio e da S. Sosio e chiude il poemetto: Addio loco beato ... Ah! ... non ti suoni Rugghio mai più di ascose fiamme in grembo, Né discenda sul dorso agli Aquiloni A devastar le tue campagne in nembo; Ma di fresche rugiade eletti doni Versi l’Aurora in te dal roseo lembo, Pegno così degli animanti umori Dà vita sempre a ricche messi e fiori. E’ un’opera da riscoprire, diffondere e rivalutare, per i tanti stimoli che si ricevono leggendola e per il posto, che occupò nel fastoso diorama della poesia napoletana Genoino, pioniere della cultura di massa, ma anche promotore di visioni più vaste per le risorse turistico-monumentali della Regione Campania, che la crisi dell’industria pesante ha proposto, tra gli sbocchi più efficaci per uscire dalle difficoltà. Il che sta avvenendo, trovando risposte positive con le numerose manifestazioni collegate ai beni culturali (il maggio dei monumenti) e trascinando la nazione tutta a valorizzare il suo immenso patrimonio turistico architettonico.

Page 20: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

20

Nelle opere teatrali e nei saggi critici, nelle sue Nferte letterarie e nelle collaborazioni a Omnibus e al Poliorama Pittoresco, compie opera meritoria di divulgazione facile di tradizioni e acculturazioni, in un’epoca in cui la scolarizzazione era di là da venire, ma anche di grande cultura. La sua opera è tutto un inno alla Campania e ai suoi luoghi fertili di pianure coltivate, dalla natia Frattamaggiore a tutta la zona atellana, a Napoli, allora quarta capitale in Europa a tutte le incantevoli località costiere e le isole, collier gemmato del paesaggio luminoso. Egli fa rivivere usi, costumi, tradizioni e un linguaggio favoloso, specie nei verbi, ormai introvabili e da recuperare anche perché ci permettono di approfondire gli aspetti semantici più suggestivi dell’evoluzione di un linguaggio eccezionale, che è “ccarne e core, anema e musica” di Napoli. E’ stato scritto da Ettore De Mura che Giulio Genoino fu il massimo esponente del dialetto napoletano per cinquant’anni. Di Giacomo fu affascinato “dal maggior poeta napoletano dell’epoca”, in cui nacquero le maschere d’indelebili Pulcinella, le canzoni memorabili, la storia dell’immortale canzone di Napoli. Con lui fu scritto il napoletano più vivido e più limpido della storia di Napoli, dopo di lui televisivamente omologato, così sciupando l’odoroso fiore di questa lingua-dialetto. Quando il poeta Luigi Cassitto pianse sinceramente Giulio Genoino, nei versi del necrologio, che veniva detto “ò picciuso”, aveva mille ragioni di dubitare che sarebbe morta con lui la lingua del porto, dei vicoli e delle feste di Napoli, la Piedigrotta e il Natale di una volta. Murolo, Russo, Di Giacomo, Viviani e De Filippo e i tantissimi poeti delle celeberrime canzoni, che hanno conquistato tutti i teatri e le piazze dei mondo, hanno illustrato e nobilitato quel linguaggio celeste, creato per cantare con verbi che sono scaglie di luce e vocaboli di lucente seta, mai volgari e ricchi di sentimenti, lacrime e sorrisi. E Genoino ne fu il profeta e il teorico, modesto ma grande e un antesignano dei capopopolo come ebbe a dire Gino Doria, sia pure con un pizzico d’ironia classista, però difensore di un’intellettualità e napoletanità veraci, e di un popolo geniale, che ha dato alla storia d’Italia il 1799 e le 4 giornate del 43, oltre a tanti scienziati, giuristi, grandi musicisti e artisti, e tanti primati e scoperte39.

39 F. CAPASSO, op. cit., p. 11, sottolinea che Genoino fu tra i pubblicisti, che con poesie, articoli e dialoghi, su volantini inneggiarono alla nuova Costituzione di Ferdinando II, nel 1848. Egli scrisse un simpatico e coraggioso dialogo in dialetto, intitolato Ncoppa a la Costituzione-Trascurzo nfra l’autore e lo servitore sujo Minicone. Egli si sofferma ad analizzare articolo per articolo la riforma e il significato di libertà e di democrazia (elezione dei deputati). Bibliotecario dal 1848 e vi restò fino alla morte ma il suo spirito liberale lo tenne fuori per periodi di tempo, allontanato (discriminatissimo, per cinque volte dagli uffici pubblici).

Page 21: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

21

Genoino un tributo di sofferenza pagò di proprio e per le sue opere anche di tasca propria. Il successo venne come sempre con la sofferenza in cuore e il sorriso sulle labbra. Egli fu la voce e l’anima di una Napoli, popolare, civile e nobile come la sua famiglia. Semplice di spirito e sfarzoso di mente. Ecco perché Genoino va ricollocato sulla base marmorea dell’immortalità, che gli spetta, come degno un tempo ne fu considerato e come è stato fatto per il siciliano Meli, un poeta che il grande poeta frattese stimava e tradusse. Ci confortano, con la loro autorità, Croce, Di Giacomo, De Mura e tanti altri che abbiamo citato. Abbiamo sentito questa responsabilità, accostandoci a un grande artista, che ha onorato l’Italia, Napoli soprattutto e la sua cara Frattamaggiore, che perpetua tuttora in Campania, una cultura portentosa (greco/cumana, osco-atellana, etrusco/capuana e misenate/romana). E qui sottolineo il contributo del dialetto frattese all’arricchimento del dialetto napoletano, attraverso il frattese Genoino, cui erano pervenuti anche gli echi di una patria lontana, da cui i secoli non sono riusciti ad estirpare le radici e la religione dei suoi Santi e la fama dei suoi artisti e intellettuali (Lupoli, Stanzione, Durante, Genoino, Falqui etc.). L’immenso Totò De Curtis, non capito da vivo, è stato apprezzato solo dopo la morte, e si è parlato di un attore comico universale e poeta straordinario. Genoino, molto apprezzato da tutti i poeti e artisti del suo tempo in vita e stimato da De Sanctis, Croce, Di Giacomo, Ulloa, De Cesare nonché da tanti nostri contemporanei deve essere conosciuto e onorato non solo dai concittadini e dai napoletani, ma apprezzato da tutti gli studiosi in Italia ed oltre, perché è il poeta di Napoli e dell’epoca storica più importante della città, che vide il Novantanove, i grandi musicisti dei Conservatori, i grandi Pittori della Scuola di Posillipo, le canzoni più amate, il teatro di

Page 22: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

22

Pulcinella e di don Anselmo Tartaglia. E ci ha tramandato il ricordo e le passioni di quella Napoli popolare, il passato dei rioni napoletani e ne celebrò i fasti più schietti delle tradizioni che sono non soltanto nostre. E non vogliamo che muoiano, perché sono intrise di amore e rispetto per i valori umani, quelli dello spirito e dell’amore cristiano, l’essenza stessa della civiltà. Se sappiamo difendere questi valori di solidarietà, educazione e poesia, possiamo sperare ancora di salvare le ragioni del mondo e della speranza. In ogni popolo vi sono verità e certezze come Dio e amore. Fin quando ai poeti come Genoino si darà voce per esprimerle, nulla è perduto, con le tradizioni semplici, belle e ricche di sentimenti. Come in questa poesia famosa: “Per lo bello juorno de lla Vigilia di Natale”40: Tè! Che occasione cca immiezo è scapolata! Non m’allicordo ancora comm’a st’anno Tanta ggente a rrevuoto per la strata. Chiazze e ppoteche sbommecate stanno De tanta sciorte de pruvvisiune Che ll’uocchie stevellà te fanno E pparate de frutte a li pontune E mmontagne e mmontagne de vruoccole, e ttorzelle, E ccarrette de pigne e de capune E’ una poesia meravigliosa, sfolgorante, pirotecnica, esatta in ogni dettaglio anche gastronomico, con le tradizioni debordanti della santa vigilia, ... tra patelle, ostreche e angine, “asciute da cuorpo a lo Fusaro ..., le nnuce de Surriento, sosamielle, aulive de Gaieta, e san Giuseppe e sant’Anastasia, tanto pesce; li zampognari, e tutto un tesoro di piccole grandi gioie della gola (sta per scennerme la vozza) e, avimmo, razie a Ddio, la faccia allera ... voglio sparà li truone a lo Bambino,” ... E l’indomani? “Pe ddiggerì la menza, e ffa la guerra Dimane a na gallotta e a no capone E quarto mozzarelle de la Cerra ... Vi che te face la devozione! ... Genoino cantò, in effervescenti liriche, il primo tratto della ferrovia Napoli-Portici, l’orologio del Mercatello. Nel 1847 dedicò la sua Nferta pasquale a Caserta e allo sfarzoso suo Palazzo Reale, di Luigi Vanvitelli, bellissimo e secondo solo a Versailles, in Europa. Nel 1843, la Nferta aveva trattato il viaggio a Sora, il più popoloso centro della Valle del Liri, ai piedi del brullo monte San Casto. La Nferta del 1845 fu dedicata a Lo viaggio a Palermo ncoppa a lo Nettuno. L’anno, in cui morì Genoino (1856), Daniele Manin e Trivulzio Giorgio Pallavicini costituivano la Società Nazionale Italiana. Si era alla vigilia della seconda guerra

40 Poliorama Pittoresco, 22 dicembre 1838, n. 19.

Page 23: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

23

d’indipendenza (1859), che permise l’indipendenza di Lombardia e Veneto, e all’antivigilia della fine del regno delle Due Sicilie. Iniziava un’era nuova. Ma a quell’Italia unita, che stava per nascere, anche Genoino aveva dato un apporto di speranze, sacrifici e idee. Aveva fatto la sua parte, non solo con l’arte. Dopo una breve stagione postuma, il suo nome cadde nell’oblio. Anche Frattamaggiore cancellò il suo nome dalla targa di una strada. Egli paziente come poetava, attende, nella tomba della chiesa gentilizia di famiglia, che gli si renda il suo. E questa città, che diede i natali anche ad un illustre critico letterario, come Enrico Falqui, e vanta moderni e illustri intellettuali i quali hanno illustrato la figura e i meriti di Genoino, ha diritto a pretendere che i suoi valorosi giovani studiosi, con saggi critici e sapienti ricerche, riportino, alla fama giusta degl’immortali, il poliedrico, arguto, scintillante concittadino Giulio Genoino, un poeta che è gloria di Frattamaggiore e di Napoli e verso cui i miei conterranei sono in debito per il cadeau poetico del Viaggio pe’ Campi Flegrei d’indiscutibile bellezza. Costituisce l’unica e completa guida in versi dei Campi Flegrei, inclusa da Raffaele Artigliere (ed. 1913, al n. 548, pag. 139; e al n. 549 a pag. 140 per l’ed. del 1818), nel prestigioso volume “Contributo della Bibliografia ed Iconografia di Pozzuoli e dei Campi Flegrei dal 1500 al 1963 “ (Pozzuoli, 1964).

Page 24: ATTUALITA’ DI GIULIO GENOINO - Intestazione · del popolare rivoluzionario, ... (La canzone, Fenesta ca lucive) ... Ricoprì il suo primo incarico come cappellano militare del Reggimento

24

Gianni Race è nato a Bacoli (NA). Una vita d’avvocato. Già assistente presso la cattedra di Storia del Diritto Romano (Università di Napoli). Funzionario dello Stato (Vice Rettore Convitto Nazionale di Siena, 1960-62). Vice Pretore Onorario di Pozzuoli (1983-89). Pergamena e medaglia del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Napoli, “per la sua intensa e proficua attività di Magistrato onorario” (1985). Targa e Medaglia d’oro dal Comitato Pro concittadini ed emigrati benemeriti di Monte di Procida, “per il contributo storico-culturale alla Città” (1998). Socio Benemerito dell’A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d’Italia). Avvocato difensore dei Martiri di Procida, nel processo storico/simbolico organizzato, con Magistrati, funzionari, testi (intellettuali) etc., dal Comune di Procida, nel corso delle celebrazioni della Repubblica Napoletana del 1799 (10-7-1999). Autore dei volumi: Bacoli Baia Cuma Miseno, storia e mito (1981); Baia Pozzuoli Miseno / L’impero sommerso (1983); Pozzuoli / storia, tradizioni e immagini (1984); Pergolesi (la biografia), con saggi di F. Degrada, R. De Simone, D. Della Porta (1986); Guida storica e archeologica del Comune di Bacoli (1987); Monte di Procida / storia, tradizioni ed immagini (1988); Cara, vecchia Sibilla (1990); Immagini del passato (1992); La Cucina del mondo classico (1999); Nonché numerosi saggi tra i quali: Sant’Anna a Bacoli (1996) in Tricentenario della Chiesa (1996); Posillipo, Nisida e Bagnoli, in AA.VV., Progetto Bagnoli, a cura di Sergio Brancaccio. Università Federico II, Facoltà di Architettura, e Lions Club Na (1997). Dicearchia, in quaderni Ufficio dei Beni Culturali del Comune di Pozzuoli, n. 4 (1986); Pozzuoli dalle origini alla repubblica romana, in Atti di AA.VV. “La Storia di Pozzuoli dalle origini all’età contemporanea”, a cura dei Comune di Pozzuoli (1991). I Campi flegrei nella storia antica, in Atti del I. Convegno (1989), Movimento Sibilla. Cuma e l’unità dei Comuni Flegrei in Atti del II. Convegno (1990), Movimento Sibilla. Baia nel XX secolo, (Cantiere navale e Silurificio), in “Atti del Convegno” Pozzuoli e l’industrializzazione dei Campi Flegrei, a cura del Comune di Pozzuoli (1996); E’ stato consulente storico del film Giro di Luna tra terra e mare del regista Giuseppe Gaudino (Mostra di Venezia 1997, vincitore di vari premi, fra i 3 giovani registri finalisti del David di Donatello (1999), di un documentario radiofonico (Verso Baia) di Gaudino (1993) e di altro su Poesia Classica e bradisismo (Contrasti Concomitanti) di Giacomo Forte (1984), con attori oggi di successo. Ha collaborato a quotidiani, riviste e pubblicazioni varie di storia, letteratura ed arte (Pensiero ed Arte, Arciere, Controvento etc.). Fa parte del Comitato di redazione della rivista Bollettino Flegreo, cui collabora con articoli e saggi, ed è collaboratore della Rassegna Storica dei Comuni, edita dall’Istituto di Studi Atellani. Ha pubblicato recentemente la seconda ampliata edizione di Bacoli Baia Cuma Miseno, storia e mito (estate 1999). Ha tenuto conferenze e presentato libri di vari autori.