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a cura di Paolo Bozzaro Ordine degli Psicologi Regione Siciliana Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia Palermo 2009

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

a cura di Paolo Bozzaro

Ordine degli Psicologi Regione Siciliana

Attività psicologiche eConsultori Familiari in Sicilia

Palermo 2009

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

INDICE

PrEFAzIoNE di F. GIArDINA, Presidente Ordine degli Psicologi Regione Siciliana... p. 011

I CAPItoloI Consultori Familiari in Sicilia:

analisi organizzativa e azioni progettuali

PAolo BozzAro

1.1. Evoluzione della famiglia e servizi sociosanitari ........................ p. 003 Evoluzione dei modelli familiari ............................................... p. 006 Effetti dell’immigrazione sulla vita sociale e familiare .............. p. 015 Dinamiche familiari e nuovi bisogni ........................................ p. 018

1.2. Consultori familiari: struttura organizzativa e compiti istituzionali ........................... p. 023

1.3. La rete dei Consultori Familiari in Sicilia ................................. p. 037 Osservatorio Regionale sulla Famiglia ..................................... p. 045 Osservatorio Epidemiologico Regionale ................................... p. 048 Riordino del Sistema Sanitario Regionale ................................ p. 049

1.4 Indagine descrittiva dei Consultori Familiari in Sicilia: ............. p. 055 Asl 1 - Agrigento ......................................................................... p. 055 Asl 2 - Caltanissetta .................................................................... p. 059 Asl 3 - Catania ............................................................................ p. 068 Asl 4 - Enna ................................................................................ p. 070 Asl 5 - Messina ........................................................................... p. 073 Asl 6 - Palermo ............................................................................ p. 077 Asl 7 - Ragusa ............................................................................. p. 084 Asl 8 - Siracusa ............................................................................ p. 087 Asl 9 - Trapani ............................................................................ p. 091

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1.5 Le attività psicologiche: rilevazione e tipologia degli interventi .............................................. p. 098

1.6 Compiti istituzionali e azioni progettuali ................................... p. 102

II CAPItoloApprofondimenti tematici

e contributi di ricerca / azione

2.1 P. BozzAroParti cesarei e medicalizzazione del Percorso Nascita ......................... p. 111

2.2. F. CAStroGIoVANNILa mediazione familiare: quali competenze professionali? ................ p. 120

2.3 C. rIGGIConsultori e I.V.G. ............................................................................... p. 139

2.4 G. VErDUrALavorando di psicologia in ospedale ..................................................... p. 147

2.5 r. MAStroSIMoNEIl Percorso Nascita e la preparazione al parto ..................................... p. 167

2.6 D. AGoStAAttività psicologica e richieste del Tribunale ...................................... p. 175

2.7 M. CANNAtALa violenza intrafamiliare: il lavoro degli psicologi consultoriali dell’ASL 6 di Palermo ............. p. 180

2.8 P. APAroCorsi sulla genitorialità condivisa ....................................................... p. 191

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2.9 A. MISUrACACorsi di preparazione al parto .............................................................. p. 195

2.10 G. INFUrCHIALo “spazio adolescenti” nel Consultorio Familiare ............................. p. 203

2.11 A. NICItARuolo dello psicologo nel Dipartimento Materno Infantile ............... p. 209

Appendice Normativa di riferimento: .................................................. p. 217

A. Normativa nazionale1. Legge n. 405 del 29 luglio 1975: “Istituzione dei consultori familiari.”

2. Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, in S.O. alla GU 17 maggio 1983, n. 133

3. Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, in GU 13 marzo 2000, n. 60

4. Progetto Obiettivo Materno-Infantile - D.M. del 24/4/2000

5. D.P.C.M. 14 febbraio 2001, ‘’Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie’’ , in G.U. n. 129 del 6 giugno 2001

B. Normativa della regione Siciliana1. L. R, n. 21 del 24/7/1978 “Istituzione dei Consultori Familiari in Sicilia”, in G.U.R.S. 29 luglio 1978 n. 32

2. Direttiva interassessoriale sull’applicazione della legge 476/98 riguardante la convenzione a tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale e le modifiche alla legge 184/83 in materia di minori stranieri (16.6.2000)

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3. Piano Sanitario 2000-2002

4. Legge 31 luglio 2003, n. 10. Norme per la tutela e la valorizzazione della famiglia

5. Disposizione interassessoriale per l’applicazione di procedure omologate e standardizzate per la preparazione delle coppie e per la stesura della relazione sociale e psicologica sulle coppie aspiranti all’adozione nazionale e internazionale. (in GURS n. 37, 3 sett. 2004)

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Prefazione

Innanzi tutto, sento di ringraziare vivamente gli autori di questo libro perché rappresenta una prima riflessione articolata e completa sulla esperienza trentennale della psicologia consultoriale.

Il Consultorio Familiare rappresenta infatti il luogo in cui, di fatto, si è sperimentata una rappresentazione della professione di psicologo originale, attuale, non conflittuale con altre professioni sanitarie, non correlata esclusivamente al cosiddetto ambito clinico.

La professione di psicologo, ancor prima della sua definizione normativa (L. 56/89), si è stabilizzata in Sicilia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale fin dal 1983, col recepimento della L. 833/78 e l’attuazione della riforma sanitaria.

Uno dei punti focali della riforma e dell’interesse collettivo fu, e lo è ancora, l’attenzione data alla prevenzione, sia come strumento di controllo della spesa sanitaria, sia come intervento mirato alla crescita culturale e sociale del paese.

Nell’ambito consultoriale le famiglie hanno trovato un contenitore adeguato ai loro bisogni, alle loro aspettative ed ai loro progetti, così da accompagnare il lento percorso del paese verso la modernizzazione.

In questi anni l’educazione sessuale, la psicoprofilassi al parto, la vicinanza alle problematiche adolescenziali, il sostegno alle donne, hanno contribuito alla crescita individuale e sociale proprio perché sono stati inseriti in questo ambito istituzionale, che ha dato credibilità agli utenti, al di fuori da ogni rigido schema di moralizzazione.

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Ecco perché oggi appare preoccupante il ridotto interesse della classe politica verso il depauperamento dei Consultori Familiari siciliani: da un lato il numero degli psicologi impegnati si riduce anno dopo anno, dall’altro l’enfasi data alla componente ginecologica rispetto a quella psicologica, rischiano di determinare fra gli utenti una visione troppo meccanicistica della vita, nella quale trovano spazio con molte difficoltà le emozioni ed i sentimenti che legano tra loro gli individui.

Questo libro, edito a cura del consigliere dott. Paolo Bozzaro e col contributo di colleghi impegnati nell’attività consultoriale, oltre ad una approfondita indagine sulla realtà siciliana, offre numerosi riferimenti normativi ed esperenziali per promuovere e rilanciare il Consultorio Familiare.

L’Ordine professionale partecipa con interesse a queste azioni di sensibilizzazione per tutelare, promuovere e rilanciare la professione di psicologo, sperando che l’amministrazione regionale comprenda la funzione strategica che svolge questo professionista, la cui presenza negli altri paesi europei è indicatore del livello della qualità della vita.

Palermo, ottobre 2009

Fulvio GiardinaPresidente dell’Ordine degli Psicologi

della Regione Siciliana

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I Capitolo

Paolo Bozzaro

I Consultori Familiari in Sicilia: analisi organizzativa e azioni progettuali

1.1 - Evoluzione della famiglia e Servizi socio-sanitari

I Consultori Familiari sono strutture socio–sanitarie pubbliche o private convenzionate, nate per rispondere a vari bisogni della fami-glia, della donna, della coppia, dell’infanzia e dell’adolescenza.

La legge istitutiva – la n. 405 del 29 luglio 1975 (vedi Appendice normativa) – esce in un momento in cui la società italiana è attraver-sata da profondi cambiamenti culturali, sociali ed economici, cambia-menti che non possono non interessare, per le profonde ripercussioni sulle persone e sulle relazioni, anche l’istituto familiare. La famiglia è, per eccellenza, la struttura principale di mediazione tra “pubbli-co” e privato” ed è inevitabile che, anche a livello politico, si registri in questi anni un intenso dibattito sull’introduzione di nuovi assetti giuridici. Oltre alla riforma del diritto di famiglia (1975), si attuano in questi anni molteplici interventi legislativi, segnali espliciti dei mu-tamenti registrati nel rapporto di coppia e in quello tra genitori e figli all’interno della società italiana.1 1Ricordiamo quelli principali: introduzione della legge sul divorzio (1970); referendum abrogativo con la sconfitta degli anti-divorzisti (1974); legge sulle lavoratrici madri e sugli asili nido (1971); diritto all’informazione e all’uso dei metodi anticoncezionali (1970 e 1975); riforma del diritto di famiglia (1975); legge sull’aborto (1978); referendum abrogativo con la sconfitta degli anti-abortisti e dei fautori di una maggiore liberalizzazione (1984); riforma dell’adozione dei minori (1983); parità tra i sessi sul lavoro (1977); riforma del divorzio (1987). Cfr. UNGARI, 2002.

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I movimenti di emancipazione femminile, la maggiore presenza delle donne nel mondo del lavoro, la diversa attenzione alle tematiche della sessualità e dell’affettività, la presenza attiva di un mondo giovanile che contesta sistematicamente i principi tradizionali dell’autorità, la forte mobilità economica e sociale che attraversa tutte le aree del Paese … mettono in crisi un modello di famiglia sostanzialmente ancorato alla società agricola e patriarcale, che non corrisponde più al modello di convivenza che va emergendo.

L’Italia si va trasformando in un paese moderno, industrializzato, nel quale urbanizzazione e mobilità impongono un nuovo rapporto fra città e campagna, fra produzione e consumi: le famiglie estese delle comu-nità agricole, basate sulle reti parentali, vengono sostituite da famiglie nucleari, all’interno delle quali diventano emergenti e prioritari i biso-gni dell’individuo, quelli relativi all’appagamento emotivo e affettivo personale e quelli collegati ad un riconoscimento sociale più esplicito (consumi, salute, istruzione, professione, reddito…).

Non è un caso che i temi più ‘caldi’ sui quali si polarizza l‘attenzio-ne dell’opinione pubblica sono il divorzio e l’aborto. Il primo sancisce il primato della coppia coniugale sull’istituto familiare, la priorità del legame affettivo fra i coniugi su tutto il resto, figli compresi. Il tema dell’aborto costringe tutti a confrontarsi con le problematiche della contraccezione (e quindi della sessualità) in un contesto culturale e so-ciale, quale quello italiano, fortemente condizionato dall’educazione cattolica, ma ormai esposto (come tutte le società moderne) a processi di forte secolarizzazione. 2

2La Chiesa Cattolica, a seguito della ventata riformista promossa dal Concilio Vaticano II, ha sicuramente assunto un diverso atteggiamento nei confronti della società moderna. Anche se nei documenti conclusivi delle ‘sessioni conciliari’ furono sostanzialmente ribadite le posizioni tradizionali del Magistero ecclesiastico, il dibattito attorno ai temi rivelò un fermento e un pluralismo assolutamente nuovi. All’interno delle commissioni vennero per la prima volta affrontati temi molto importanti quali quello della giustizia, della povertà, della guerra, dei totalitarismi, della condizione della donna, del valore della sessualità… Ne derivò nella riflessione teologica e nella prassi pastorale della Chiesa riguardo ai compiti della famiglia una attenuazione e un ridimensionamento della funzione riproduttiva, che prima costituiva la giustificazione primaria e l’asse portante del rapporto coniugale, a favore di una prospettiva antropologica più vasta e sicura (cfr. Gaudium et spes, n. 49), che

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La costante ideologizzazione3 del dibattito politico e giuridico, che accompagna questi cambiamenti (e che non sarà del tutto superata neppure negli anni successivi), non sempre è utile alla comprensione delle criticità e alla individuazione delle soluzioni.

Stenta a farsi strada in Italia una “cultura politica” dei servizi alla persona e alle famiglie, basata sul rispetto delle libertà individuali e delle esigenze personali, comportamenti e situazioni che non possono rientrare in rigidi schematismi giuridici o in schemi standardizzati. Non beneficiando in Italia di un’autentica tradizione liberale in tema di rapporto fra vita pubblica e vita privata, quando i comportamenti interpersonali e intrafamiliari diventano oggetto di attenzione da parte del legislatore, questi rischia di valutarli solo in funzione dell’impatto sociale che ne può derivare sul piano pubblico. Le istanze dell’indivi-duo, della persona, della singola famiglia rischiano di essere sacrificati in nome dell’affermazione di principi etici e giuridici, che a volte sca-turiscono da schematismi interpretativi e assunti giuridici astratti, non sempre esenti anche da stereotipi o pregiudizi.

vede anzitutto nel nucleo familiare quel centro di affetti necessario allo sviluppo e alla realizzazione di tutti i componenti della famiglia. Sulla contraccezione, ma anche in tema di separazione e divorzio, la posizione ufficiale della chiesa è rimasta sostanzialmente ancorata ad un atteggiamento di fermezza, ma appare evidente che una buona parte del mondo cattolico non è più sintonizzata rigidamente su queste posizioni.

3Buona parte della letteratura sociologica (e in parte anche psicologica) di questi anni sulla famiglia, sulle sue funzioni e sulle sue dinamiche, interne ed esterne, parte da paradigmi ideologici di derivazione marxista o liberale o freudiana (cfr. a titolo esemplificativo ANSHEN, 1955; BARBAGLI, 1977; LAING, 1973), che ostacolano una lettura più attenta ai processi reali di strutturazione e funzionamento dei gruppi familiari (BOZZARO, 1978).

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Evoluzione dei modelli familiari

Un esempio di ciò è dato dalla persistenza in Italia (nella rappresen-tazione sociale più diffusa e di conseguenza nella legislazione socia-le corrispondente) di un concetto univoco di “famiglia”, quando da tempo sociologi e demografi hanno segnalato la presenza e la diffusio-ne di tipologie abbastanza differenziate.

Già S. ACQUAVIVA (1981) distingueva in base alla struttura e alla funzione almeno 7 tipi di famiglia:

1) famiglia molecolare tradizionale (la più diffusa)2) famiglia a doppia carriera (marito e moglie lavorano, entrambi

partecipano ai lavori domestici, necessariamente orientati a servizi so-ciali esterni per la gestione dei figli…)

3) unioni libere (persone che convivono senza vincoli formali esplici-ti, con una percezione diversa della durata della convivenza, dell’orga-nizzazione e delle responsabilità, con forte apertura ai servizi sociali…)

4) famiglia comunitaria (composta da più coppie, per lo più giova-ni, che vivono in comunità senza sacrificare l’intimità coniugale)

5) ‘famiglia’ individuale (formata da un solo individuo)6) ‘famiglia’ a gestione monosesso (formata prevalentemente dalla

madre con uno o più figli o, più raramente dal padre e da uno o più figli)7) convivenza monosesso (di soli uomini o di sole donne, dovuta per

lo più alla convenienza economica e a ragioni di lavoro)

L’ISTAT fino agli anni ’80 ha suddiviso le famiglie, secondo la loro composizione, in quattro tipi:

1) Tipo A: famiglie composte dal solo capofamiglia, con o senza membri aggregati

2) Tipo B: famiglie composte da capofamiglia e coniuge, con o sen-za membri aggregati;

3) Tipo C: famiglie composte da capofamiglia e figli, con o senza coniuge e con o senza membri aggregati;

4) Tipo D: famiglie composte da capofamiglia e parenti (ascendenti o collaterali), con o senza coniuge, con o senza membri aggregati

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Mantenendo questa tipologia e osservando l’andamento statistico degli ultimi 50 anni, le famiglie di tipo A passano da 11,5% (1961) a 18,3% (1981) e a 26,1 % (2006), diventando il secondo modello più diffuso. Anche il modello di tipo B risulta in espansione: 11,3 % nel 1951, 17,2 nel 1981, 20 % nel 2006. La famiglia di tipo C rimane quella con il più alto indice di percentuale anche se passa dal 55,8% (1961), al 53,3 (1981) al 39 % (2006). Infine crolla definitivamente il modello tipo D che dal 22.5% (1951) passa all’11,2 (1981) per arriva-re all’ 1 % del 2006. (Tabella 1)

La diversa composizione delle famiglie rimanda a dinamiche sociali e relazionali diverse e di conseguenza a bisogni ed esigenze psicologi-che e sociali piuttosto differenziati. Pur mantenendosi la popolazione italiana attorno ai 57 milioni di abitanti, il numero complessivo delle famiglie è cresciuto, anche a causa dell’allungamento medio della vita.

La distribuzione dei tipi familiari per area geografica presenta al-cuni caratteri di uniformità e altri di differenza. L’incremento di per-sone che abitano da sole è un fenomeno che riguarda tutto il territorio nazionale, anche se maggiore nell’area del nord-est rispetto alle isole.

Tabella 1

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Stesso discorso per le coppie coniugate con figli: diminuiscono in tut-to il territorio nazionale, ma con più accentuazioni al nord rispetto al centro e al meridione.

In Sicilia è ancora prevalente il modello di famiglia, formata da coppia coniugata con figli (passata dal 46 % del 1997 al 43,3 % del 2001), rispetto alla coppia coniugata senza figli (passata dal 17,3 % del 1997 al 16,6 % del 2001) e alla persona sola (dal 20,5 del 1997 al 21,6 % del 2001).

“I dati empirici – secondo M. LUCCHINI e S. SARTI – mettono in evidenza una dinamica di crescita dei tipi familiari che potremmo definire ‘postmoderni’, ovvero ‘modi alternativi’ di fare famiglia ed una complemen-tare contrazione dei ‘tipi tradizionali’. Ragionando in termini assoluti, nel 2001 possiamo stimare la presenza di circa 5.400.000 famiglie unipersonali (su un totale di circa 22 milioni di famiglie). La crescita di questo tipo fa-miliare va imputata al fenomeno della vedovanza, ossia al progressivo ve-nir meno della coabitazione tra le generazioni, ma anche all’aumento degli eventi di separazione e divorzio, nonché alla maggior diffusione dei single non anziani. Il peso percentuale delle coppie mononucleari (vale a dire le coppie sposate e non sposate, con o senza figli) diminuisce di quasi quattro punti nel decennio 1990/2000, mentre a tale contrazione si accompagna un aumento delle famiglie unipersonali” (p. 6).

Se prendiamo in considerazione la distribuzione delle famiglie se-condo la numerosità dei componenti vediamo subito che si è passati dal 32,7 % delle famiglie con quattro componenti nel 1990 ad una percentuale del 26,8% nel 2001; le famiglie composte da una sola per-sona rappresentano nel 2001 il 24,5 del totale, quasi una su quattro.

Anche il numero dei figli per coppia è andato diminuendo. Una coppia su cinque non ha figli: alcune per motivi di infertilità, altre per libera scelta, altre per difficoltà di varia natura. Fra le coppie con figli il 46 % ne ha uno solo; il 42,8 ne ha due; solo l’11,2 % ne ha tre o più. In Sicilia le percentuali sono rispettivamente di 37,8 % con un figlio, 47,1% con due; 15,1 % con tre o più. (Tabella 2)

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Il tasso di natalità in Italia, come si sa, è fra i più bassi del mondo. Nel 2008 il rapporto nati vivi su 1.000 abitanti è stato di 9,6, anche se con valori che vanno dal 7,8 della Liguria a 11 della provincia di Bolzano. In Sicilia siamo al 9,8. La crescita totale della popolazione è stata sempre nel 2008 del 7,3 ma non per l’aumento delle nascite, bensì grazie al saldo migratorio. Senza questo apporto avremmo avuto una crescita naturale in negativo, pari a -0,1.

Il declino della natalità in Italia è un fenomeno che si è manifestato

già alla fine dell’Ottocento; è proseguito per tutto il Novecento con parziali periodi di ripresa (famoso il baby-boom degli anni sessanta: 19,7 il tasso di natalità nel 1964) per poi discendere e assestarsi dagli anni ’90 ad oggi attorno al 9.

Anche i quozienti di nuzialità (numero dei matrimoni celebrati in un anno ogni 1.000 residenti), che fino agli anni ’70 si sono mantenuti costanti, sono andati diminuendo: 7,5 nel 1971; 5,2 nel 1985; 4,3 nel 2005. È cresciuto in concomitanza il numero delle libere convivenze, anche se difficile calcolarne esattamente l’entità, come pure il numero dei matrimoni civili. Sono tutti segnali dei cambiamenti culturali che

Tabella 2

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hanno accompagnato l’evoluzione della famiglia italiana, che - contra-riamente a quanto pensava BANFIELD – non possiede caratteristiche strutturali e funzionali così sociologicamente specifiche da rappresenta-re un tipo particolare e quindi di resistere ai processi di trasformazione sociale. 4

Il calo di fecondità e di nuzialità, unito all’incremento della quota di anziani vedovi/e e all’aumento costante di singles, ha portato negli ulti-mi anni ad una forte crescita delle famiglie unipersonali. Nel 2001 quasi una persona su 10 vive da sola. Gli incrementi più evidenti di questo tipo familiare si registrano tra i 35 e i 54 anni e nel gruppo degli anziani (> 75 anni). Gli uomini sono più numerosi delle donne a sperimentare condizioni di single nella fascia di età intermedia (35-54 anni), mentre le donne hanno maggiori possibilità di sopravvivere al partner deceduto.

Un fenomeno degno di attenzione, ampiamente studiato, è il prolun-gamento della permanenza in famiglia di figli in età compresa tra i 18 e i 34 anni (circa 7 milioni nel 2006). La percentuale di giovani che si tro-vano in questa condizione è sostanzialmente identica a quella registrata nel 2001 (il 60% del totale). Difficoltà di inserimento nel mondo lavo-rativo, scarso reddito da lavoro, allungamento degli anni di istruzione e di formazione, matrimonio come unica via legittima per transitare allo stato adulto… mantengono i figli dentro casa ben oltre la soglia della maggiore età. Le giovani donne, tra l’altro, studiano più a lungo dei ragazzi e ciò promuove una strutturazione dell’identità femminile più improntata alla carriera professionale, rispetto ad un recente passato nel quale prevaleva l’orientamento verso i ruoli della donna come moglie e madre.

4 BANFIELD, che aveva condotto delle ricerche sulle famiglie di un paesino lucano, utilizzò il termine di “familismo amorale” per indicarne i comportamenti, espressione che fu generalizzata ad altre regioni, fino a diventare una forma di etichettamento delle famiglie italiane, specie del sud. Come giustamente scriveva SARACENO: “La famiglia italiana non esiste: a uno sguardo attento la famiglia appare in realtà l’espressione e il luogo di molteplici e combinate differenze: tra classi sociali, fasi della vita, appartenenze territoriali e culturali ecc. Esse a loro volta si ripercuotono sulle altre differenze di cui è composta la cangiante ‘unità’ familiare: tra donne e uomini, madri e padri, genitori e figli, giovani e vecchi… La differenziazione familiare non è un fenomeno statico e astorico, bensì è legata alla storia dello sviluppo del nostro sistema sociale.” (1981, p. 110).

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Statisticamente dei giovani che restano a casa il 47,7 % ha una qual-che occupazione; il 31.7 % sono studenti; il resto è in cerca di occupa-zione. Secondo l’ISTAT l’aumento del dato relativo alla permanenza in famiglia dei giovani in cerca di occupazione riguarda nella stessa misura maschi e femmine.

I dati del 2006 confermano le diversità presenti sul territorio nazio-nale: i giovani del Centro e del Nord fanno percorsi diversi di uscita dalla famiglia di origine rispetto ai coetanei del Sud e delle Isole, che presentano una maggiore permanenza in famiglia. Differenze territo-riali esistono anche relativamente alla condizione occupazionale: la percentuale degli occupati sui giovani che vivono ancora in famiglia è più alta nel Nord-est (62,6 %) e nel Nord-ovest (60,2 %) rispetto al Centro (49,9 %) e al Sud (31,2 %) o alle Isole (29,8 %).

Dalla contestualizzazione di questi dati nella mappa del benessere e della povertà vengono fuori delle evidenze empiriche, che secon-do il Dossier delle ricerche dell’Osservatorio Nazionale sulle famiglie, presentato in occasione della Conferenza Nazionale sulla Famiglia di Firenze (24-26 maggio 2007), vedono penalizzate maggiormente certe tipologie di famiglia.

Premesso che l’occupazione (e quindi il reddito) continua a rappre-sentare il più importante fattore di differenziazione sociale e di strut-turazione delle disuguaglianze, secondo gli Autori non si può negare che “certi accadimenti di corso di vita, che conducono alla formazione o alla dissoluzione familiare, possano agevolare il rischio di transizione da uno stato di relativo benessere ad uno di relativo disagio e vicever-sa; ne è prova il fatto che le aree della deprivazione annoverano indici di penetrazione di famiglie monoparentali, di anziani soli e di famiglie numerose significativamente superiori rispetto alle aree del benessere” (Lucchini, Maretti, Sarti, 2007, p. 11).

I tipi familiari che hanno più propensione al rischio di povertà sono le famiglie composte da anziani soli (soprattutto vedove), da genitori separati (soprattutto donne separate e divorziate) e da famiglie nume-rose (più di 4 componenti). Le famiglie che abitano nell’Italia meri-dionale ed insulare hanno in generale un minore vantaggio concorren-

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ziale, rispetto a quelle che risiedono nell’Italia del centro e del nord, di appartenere ai segmenti di benessere e maggiore a quelli di deprivazione. “A richiedere maggiore protezione troviamo non solo famiglie composte da ‘grandi anziani’, parzialmente autosufficienti o in isolamento relazionale, madri separate o divorziate con figli a carico che non possono contare sull’at-tivazione di legami familiari forti, perché il coniuge è assente e i figli non sono ancora in età per prender parte alle forze lavoro, ma anche una consi-stente proporzione di coppie con figli ‘strutturalmente svantaggiate” (p. 14).

Quando si parla di basso tasso di natalità non ci si può non domandare quanto peso abbia in tale scelta la valutazione del “costo dei figli”, anche se parlando di costo ci si dovrebbe riferire al costo complessivo che neces-sita per la sua crescita (investimento di tempo, di energie e diminuzione, specie da parte della donna, di altre possibilità di guadagno) e non solo alle spese di mantenimento. Analizzando il costo di mantenimento dei bambini per classi di età e per ripartizione geografica, Perali giunge a que-ste conclusioni: “un bambino di età inferiore ai 6 anni accresce i costi di una coppia di circa il 27 per cento e costituisce circa il 53 per cento del costo di un adulto equivalente. Un bambino di età compresa fra i 6 e i 13 anni aumenta i costi di una coppia senza figli di circa il 30 per cento, mentre un bambino della classe di età superiore li accresce del 17 per cento che corrisponde al 35 per cento rispetto ad un adulto equivalente. È interessante notare che tra le diverse regioni le differenze nelle scale non sono economicamente significa-tive ad eccezione del costo di un bambino di età inferiore ai 6 anni nel Sud Italia che è superiore rispetto alle altre macro regioni italiane” (p. 16). Né si possono invocare economie di scala per le famiglie numerose, in quanto il bambino ‘aggiuntivo’ non costa meno del primo.

In termini monetari, considerando la spesa mensile per le necessità di una coppia senza figli pari a circa 1.200 euro mensili, il costo di un figlio minorenne si potrebbe stimare di circa 300 euro al mese.

La forte precarizzazione del lavoro, specie in fase di ingresso, non per-mette l’acquisizione di un livello di reddito sufficientemente stabile per la costituzione di una famiglia autonoma. Avere garantita l’opportunità di formarsi una famiglia e di avere dei bambini, assicurando loro uno standard di vita adeguato, comincia ad essere per molti giovani una im-

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presa difficile, spesso impossibile senza il sostegno costante delle famiglie di origine. In tal senso le ragioni teoriche e le necessità pratiche di un sostegno pubblico alle famiglie con figli sono fin troppo evidenti per do-verle ancora discutere. Va detto con chiarezza che l’Italia è, insieme alla Spagna, il Paese che spende meno per famiglie e bambini: in % delle spese sociali appena il 3,6% contro il 14% del Lussemburgo, del 13% della Danimarca, del 12,8% della Finlandia, del 10% della Germania e del 8,1% della Grecia.. 5

Un dato invece sul quale è utile riflettere è il rapporto fra tasso di oc-cupazione femminile e tasso di fecondità. È questo un nodo significativo per comprendere come esigenze apparentemente diverse (emancipazio-ne femminile e controllo delle nascite) si siano infine incontrate dopo un lungo percorso storico 6 e come di fronte alla crisi demografica, che si registra in tutta Europa, sia fuorviante che qualcuno pensi di imputare ciò alla maggiore presenza delle donne in attività lavorative fuori di casa!

Il rapporto è proprio il contrario. Essendo più esposte a rischi di po-vertà, sono le famiglie monoreddito che oggi fanno meno figli.

Mettendo a confronto i diversi Paesi europei, si registra un numero maggiore di bambini per donna proprio nei Paesi che presentano con-temporaneamente una maggiore percentuale di donne che lavorano (cfr. Tabella 3).

5“…Dagli studi condotti per l’Italia emerge che il sostegno pubblico dei figli a carico è rilevante, ma è prevalentemente finalizzato a garantire un ampio accesso all’istruzione e alla sanità, la cui fruizione è una condizione necessaria ad assicurare che i giovani cittadini possano cogliere le opportunità che la vita loro offre indipendentemente dalle condizioni socio-economiche delle famiglie di appartenenza. Il sostegno è invece modesto con riferimento ai genitori in condizioni di disagio economico e, per quanto riguarda i figli, nelle età prescolari… L’attuale sostegno pubblico appare pertanto adatto a quelle tipologie familiari, ancora prevalenti ma destinate a ridimensionarsi numericamente, in cui non vi sono rilevanti problemi economici e in cui la madre non partecipa al mercato del lavoro” (SARTOR, 2007, p. 22).

6“Alla fine del secolo XIX le curve dell’emancipazione femminile e del controllo delle nascite finalmente si incrociarono, cosicché le donne emancipate delle classi sociali inferiori acquisirono finalmente un sistema per frenare la fecondità, e le donne maltusiane di classe media una ragione personale per avere famiglie ridotte. Così il controllo delle nascite si pose al servizio dell’emancipazione femminile e le due forze insieme produssero il declino della fecondità…La storia della vita familiare e del mutamento demografico nel secolo XIX può essere scritta come la storia di questa convergenza” (SHORTER, 1977, p. 350).

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Che ciò comporti una rivisitazione dei ruoli genitoriali nell’accudi-mento dei figli è un logico corollario. I “padri” in generale sono oggi più presenti e la distribuzione dei carichi di lavoro all’interno della fa-miglia tende ad essere gestita con maggiore reciprocità specie quando entrambi i coniugi lavorano.

Paesi

N° bambini per donna

% di donne che lavorano

Italia, Spagna, Grecia

1,2 – 1,3

45 – 55 %

Irlanda, Olanda, Austria

Gran Bretagna, Portogallo

1,4 – 1,6

65 – 75 %

Francia, Norvegia, Belgio

Danimarca, Svezia, Finlandia

1,7 – 2,0

65 – 75 %

(Fonte: Consiglio di Europa – 2001)

Tabella 3

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Effetti dell’immigrazione sulla vita sociale e familiare

Per avere un’idea immediata di cosa ha rappresentato concretamente l’immigrazione degli stranieri in Italia – al di là degli slogan xenofobi e delle contraddizioni della politica – è sufficiente scorrere le cifre della tabella 4, presentate nel 42° Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese.

Pur provenendo da paesi, culture e linguaggi diversi, gli immigrati che si stabiliscono in Italia tendono ad integrarsi abbastanza rapidamente, as-sumendo ruoli, comportamenti e percorsi di vita non molto diversi da quelli degli italiani. “Solo vent’anni fa gli stranieri residenti erano appena lo 0,8% della popolazione: nel 1998 il fenomeno riguardava 1 milione di

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persone, mentre oggi i cittadini stranieri in Italia sono ben 3,4 milioni. Ci avviamo, quindi, a raggiungere in termini complessivi la soglia del 6% della popolazione residente, ma va ricordato che nel Centro-Nord siamo ormai a quote ben più significative: a Milano, ad esempio, già oltre il 13%, a Torino e Firenze al 9%. Anche se in Italia manca un modello di riferimento unico, stanno emergendo modalità peculiari di fare integrazione: lo sviluppo della dimensione familiare, da un lato, e di quella microimprenditoriale, dall’al-tro: ambiti che tipicamente hanno caratterizzato lo sviluppo del Paese” (p. 12).

Si calcola che oggi siano ben 1.367.000 le famiglie con un capofamiglia straniero (pari al 5,6% del totale). Aumentano anche i matrimoni misti (ben 34.000 nel 2006) e le coppie miste (200.000 quelle dichiarate).

La fecondità delle donne straniere residenti in Italia è in media doppia rispetto alle donne italiane (2,50 > 1,26 figli). L’età media alla nascita dei figli è per esse 27 anni, contro l’età di 31 delle donne italiane. (Tabella 5).

I figli di stranieri nati in Italia (quindi con cittadinanza italiana) nel 2007 sono stati 457.000. Sul totale dei residenti stranieri i minorenni rap-presentano più di un quinto (22,3%). Se ne coglie la variegata presenza sui banchi delle scuole: nella scuola primaria il 6,8 % del totale, ma anche nelle scuole superiori, segno che il processo di integrazione scolastica non riguarda solo la scuola dell’obbligo, ma un più ampio progetto di accultu-razione e di emancipazione attraverso lo studio. L’incremento percentua-le di alunni stranieri nelle scuole secondarie di secondo grado è di +25 %.

Tabella 5tassi di fecondità specifici per età e cittadinanza delle donne residenti in Italia.

Anno 2006 (valori per 1.000 donne)

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Cresce anche la loro presenza nel mondo del lavoro e non soltanto per quelle attività di manovalanza generica e poco specializzata (agri-coltura, edilizia…). Nel 2007 le imprese individuali aperte in Italia da persone nate al di fuori dei confini dell’Unione europea sono state ben 37.531, l’8% in più rispetto al 2006.

La presenza degli immigrati nel tessuto sociale va ben oltre l’appor-to in termini di forza-lavoro e di contributo diretto e indiretto all’eco-nomia italiana. Ridurre ogni discorso sugli immigrati solo ai riflessi economici immediati (costi/benefici) della loro presenza, impedisce di cogliere tutti gli altri significati che il processo di migrazione innesca nei percorsi personali e familiari delle persone coinvolte, nella costru-zione e decostruzione dei legami parentali e sociali in primo luogo, ma anche negli scambi che l’incontro fra culture diverse comporta. An-corati a paradigmi “etnocentrici”, come dice MANTOVANI (2004), spesso noi consideriamo la nostra cultura superiore a quella degli im-migrati, tendiamo a interpretarne i comportamenti alla luce dei nostri modelli culturali e ci aspettiamo, nella migliore delle ipotesi, che essi ‘assimilino’ prontamente la nostra lingua, le nostre usanze, i nostri stili di vita. In realtà non è cosi: le culture non sono sistemi rigidi, imper-meabili, ostili (anche se lo possono facilmente diventare se si esaspera la percezione delle differenze come minaccia alla propria identità). Le culture – in un mondo sempre più ‘piccolo’ e facilmente percorribile in ogni direzione – vengono facilmente a contatto, si contaminano, si fondono, si integrano: le società moderne sono tutte, di conseguenza, a vocazione “multiculturale”.

La migrazione che sta interessando l’Italia (e l’Europa) non riguar-da più singole persone, interessate a guadagnare qualcosa per poi ri-tornare nei paesi di origine. È un fenomeno complesso, che scaturisce da flussi migratori massicci provenienti da varie parti del mondo, con “progetti” di migrazione alle spalle molto differenziati. C’è chi scappa dalla miseria più nera o da conflitti tribali insanabili (paesi africani), c’è chi emigra con tutta la famiglia in cerca di una migliore condizione di vita, chi fa parte di una maxi rete di import/export (cinesi), chi si è già preventivamente accreditato per determinati lavori (assistenza domestica, badanti, pulizie…) come chi proviene dallo Sri Lanka… Senza una conoscenza più precisa degli scenari di origine e delle mo-

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tivazioni che spingono ad emigrare si rischia di avere una visione ri-duttiva del fenomeno e ad assumere comportamenti di accoglienza o di rifiuto non adeguati.

Per quanto riguarda in particolare le dinamiche familiari la presen-za ideale e/o reale di una famiglia accanto al migrante (con la parti-colare rappresentazione culturale che tale evocazione ha nelle varie società) rende tutto il percorso per certi versi più difficile, ma per altri versi anche più sostenibile. “È la famiglia che designa spesso quale componente possa o debba essere candidato alla partenza, che individua le opportunità migratorie o di sistemazione in un determinato paese, che finanzia il progetto migratorio, che favorisce l’introduzione nella nuova realtà sociale, fornendo risorse materiali e informative ai nuovi arrivati. È sempre la famiglia ancora a stabilire una serie di obblighi reciproci tra i migranti e la famiglia che resta al paese di origine. Ed è proprio in seno alla famiglia che frequentemente si opera, più tardi la scelta di rientrare nel paese di origine o di stabilirsi definitivamente in quello di accoglien-za. L’investitura familiare di chi emigra prevede, dunque, una serie di vincoli etici, che lo confermano nella sua identità e lo proteggono o, vice-versa, lo espongono a sradicamento” (GOZZOLI-REGALIA, 2005, p. 57). La migrazione da un punto di vista più squisitamente psicologico rappresenta un “attacco ai legami”, un’esperienza traumatica di sepa-razione, che spinge il migrante ad una sfida: può perdere quei legami, come può ristrutturarli in una prospettiva di cambiamento radicale.

Anche i servizi consultoriali si vanno attrezzando ad accogliere le problematiche specifiche che provengono da questa parte della popo-lazione, anche se non si coglie un chiaro modello di integrazione cui tendere e una progettualità di più largo respiro, che tenga conto della diversità e non subordini l’aiuto, l’assistenza, la cura ad una ‘richiesta di normalizzazionè. (JABBAR, 2000)

Dinamiche familiari e nuovi bisogni

I cambiamenti sociali e culturali, che hanno accompagnato nell’ul-timo secolo l’evoluzione della struttura familiare e ne hanno modifi-cato le funzioni, sono stati sostanzialmente legati al passaggio della

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società italiana da una condizione pre-industriale a quella industria-le (anni Sessanta e Settanta) – pur con aree di sviluppo interno non omogenee, soprattutto se pensiamo al divario Nord/Sud - e succes-sivamente all’ingresso in quella che i sociologi definiscono, piuttosto genericamente, l’era post-industriale.

In realtà si tratta di una condizione piuttosto complessa, nella quale processi totalmente nuovi come quelli della globalizzazione dell’eco-nomia o dell’informazione (internet) o progetti e processi politici trans-nazionali (la costruzione dell’Unione Europea o i forti flussi migratori intercontinentali) coesistono con comportamenti sociali apparentemente contraddittori. Alcuni di questi attingono a modelli di rappresentazione totalmente nuovi (basti pensare alle influenze e alle contaminazioni derivate dal multiculturalismo), parte rimangono legati a forme e valori tradizionali, con spinte regressive e recupero di culture locali, altri si ispirano a mediazioni temporanee, che tentano di conciliare status quo e cambiamento in equilibri instabili e in tra-sformazione costante.

Nel breve periodo tali processi possono sviluppare dinamiche più di tipo conflittuale che di integrazione. Ogni cambiamento degli as-setti di convivenza, da quelli produttivi a quelli di scambio, comporta rischi, perdite, acquisizioni, trasformazioni.

Secondo TALCOTT PARSONS (1974) il passaggio della società all’industrializzazione e alla conseguente modernizzazione ha compor-tato per la famiglia la perdita di alcune funzioni, che prima esercita-va quasi interamente (funzioni di produzione di beni e di servizi per l’esterno e per l’interno, funzioni di istruzione e di socializzazione per i più giovani, funzioni attinenti alla sfera espressiva e ricreativa, di soste-gno e di assistenza per i membri più deboli e per gli anziani…). Nell’era industriale alla famiglia, delle tante funzioni che prima essa svolgeva, sembrano esserne rimaste solo due: quella di socializzazione primaria dei figli e quella di stabilizzazione delle personalità dei suoi membri adulti, funzioni che tra l’altra non tutte le famiglie sembrano essere in grado di esprimere adeguatamente. Sono queste, tuttavia, che nell’im-maginario collettivo definiscono il concetto più diffuso di “famiglia”.

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Questo viraggio della funzione sociale della famiglia dal piano isti-tuzionale-esterno a quello privato-interno ha portato qualche osserva-tore a parlare di fine dell’istituto familiare o comunque di crisi irrever-sibile di un modello storico, che si riteneva universale. In realtà, come sottolinea DONATI (2002), il concetto di famiglia è così mobile nella sua essenza, che esso si adatta facilmente alle diverse forme culturali nelle quali si sviluppa senza appiattirsi ad una sola di esse. 7

Donati non condivide l’idea che ad un assetto tipico di società corrisponda un modello ben preciso e unico di famiglia. Dagli studi sociologici emerge piuttosto la presenza di una pluralità di forme fa-miliari che variano in ragione di vari fattori (la posizione della famiglia rispetto al modo di produzione, rispetto alla stratificazione sociale o rispetto alla forma del potere politico): “quale che sia la formazione storico-sociale considerata, la famiglia si presenta sempre come una rela-zione che, mediando i rapporti fra gli individui, fa sempre una differenza e costituisce delle differenze” (ibidem, p. 15). Da questo punto di vista è errato pensare che ci sia un evoluzionismo storico in senso stretto che operi sulla struttura familiare facendole perdere progressivamente nel corso della storia importanza e funzione. Per Donati, pur nella variabilità delle varie epoche, la famiglia sembra assolvere ad una ori-ginale significatività sociale, che deve essere colta continuamente non su paradigmi di natura biologica, bensì di carattere storico e culturale.

Nella società contemporanea è evidente la presenza di forme fa-

miliari caratterizzate da un continuo spostamento dei confini, nelle relazioni di coppia come nei rapporti intergenerazionali, fra “pubbli-co” e “privato”. Da un lato, osserva Donati, la famiglia si privatizza sempre più: aumento delle libere convivenze, delle libere unioni e di-minuzione dei matrimoni; tendenza a considerare le relazioni interne,

7“Che cos’è la famiglia? L’obiettivo di definire la famiglia è sempre stato, oggi come ieri, un rompicapo. Il fatto è che questo termine designa una vasta gamma di forme sociali primarie che presentano strutture relazionali assai diversificate e a confini variabili da cultura a cultura. Anzi, in generale, ogni cultura ha una sua ben precisa rappresentazione della famiglia. Ancora: il fatto che oggi questa rappresentazione sembri svanire indica non già che la famiglia scompaia, ma invece che siamo di fronte ad un processo socio-culturale di ri-differenziazione della famiglia” (DONATI, 2002, p. 15).

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intersoggettive come emanazioni del proprio Sé, non collegate alla società; enfatizzazione dell’area espressiva ed emotiva, con riduzione della sfera della responsabilità… Dall’altro lato, paradossalmente, la famiglia diventa oggetto di interessi pubblici e collettivi, al punto che “l’avere o meno una famiglia diventa un titolo per il godimento o meno, in certe forme piuttosto che altre, di diritti o intitolazioni di welfare” (p. 26). La stessa società che spinge la famiglia nel privato, le richiede responsabilità e compiti pubblici: non solo nella socializzazione pri-maria dei bambini, ma anche nelle complesse forme di coinvolgimen-to attivo che specie negli ultimi decenni i servizi socio-sanitari stanno sempre più richiedendo alle famiglie in presenza di anziani, di soggetti con handicap, con patologie croniche o semplicemente con criticità evolutive.

Compresse fra istanze così opposte le famiglie non sono più de-finibili attraverso quelle rappresentazioni o metafore che ne evi-denziavano un tempo le caratteristiche di stabilità e di protezione (“focolare domestico”, “rifugio degli affetti”, “luogo sicuro”, “nido d’amore”…). Le famiglie vivono attraversando continuamente fasi di costruzione e de-costruzione, di apertura e di chiusura, di espansione e di contrazione in un luogo e in un tempo molto particolari: i legami affettivi si annodano, ma anche si sciolgono; si rinsaldano, ma anche si indeboliscono, seguendo dinamiche psicologiche complesse, che a loro volta sono fortemente intrecciate al contesto di bisogni e di ri-chieste, che i vari membri della famiglia contemporaneamente espri-mono e che non è possibile accogliere e soddisfare interamente dentro la sfera familiare.

Senza una rete sociale di servizi adeguati, la famiglia oggi non po-trebbe assolvere alle più elementari funzioni per le quali si costituisce. Dall’istruzione alla tutela della salute dei figli i genitori oggi necessi-tano continuamente di supporto, di aiuto, di consulenza specialistica: di servizi esterni che non possono essere considerati ‘opzionali’ o con-dizionati ad una specifica necessità o soggetti ad aggravi economici aggiuntivi o semplicemente lasciati alle associazioni di volontariato..

Il passaggio da una logica assistenziale, legata alla individuazione

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e alla emergenza del bisogno, alla costituzione di una rete permanen-te di servizi sociali per la persona, per le famiglie, per la comunità (Welfare community), è stato di fatto riconosciuto, almeno sul piano normativo, con la Legge 328 del 2000.

Attivare su tutto il territorio nazionale questa rete di servizi non è facile, perché in molte regioni (soprattutto del Sud) sui bisogni di assistenza molte forze politiche fondano la loro specifica ‘politica del consenso’: mantenere costanti rapporti di dipendenza, attraverso una soddisfazione parziale e non autonoma dei bisogni primari. Le risorse economiche (che restano comunque poche in termini assoluti) non vengono indirizzate a creare sistemi attivi e permanenti di assistenza e di tutela, creando o potenziando i servizi socio-sanitari. Vengono invece dispersi in mille rivoli, in centinaia di progetti, che spesso re-stano sulla carta, o erogati sulla base di emergenze reali o fittizie, senza monitorarne realmente il percorso, la destinazione, l’uso, l’esito.

Le condizioni di povertà, di emarginazione e di disagio tendono a sommarsi nel tempo e a pesare sugli identici strati di popolazione, che sono poi gli stessi che non godono di sufficienti protezioni sociali sul piano dell’occupazione, del reddito, dell’abitazione, dell’istruzione e della salute. Spiace, dopo decenni di osservazioni sociologiche e prati-che socio-assistenziali, che quotidianamente confermano il paradigma elementare della “esclusione progressiva” dall’area dell’agio e del be-nessere di chi non possiede un “reddito minimo” iniziale per l’inclu-sione sociale, assistere ancora a politiche sociali che eludono questo obiettivo primario, ritenendo cinicamente che il rapporto ricchezza/povertà faccia parte di un determinismo economico non eliminabile.

Sul piano delle politiche a favore delle famiglie salute e welfare rappresentano due facce della stessa medaglia: ecco perché servizi di confine come i Consultori Familiari possono permettere di realizza-re e integrare interventi strategicamente più efficaci rispetto ad altri servizi, specie se agli obiettivi storici per i quali erano stati creati ven-gono affiancati nuovi compiti in relazione ai bisogni emergenti delle famiglie attuali.

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1.2 - Consultori Familiari: struttura organizzativa e compiti istituzionali

La Legge Nazionale, che ha istituito i Consultori Familiari, li de-finiva essenzialmente dei “servizi di assistenza alla famiglia e alla ma-ternità”, ove per assistenza intendeva molto concretamente l’offerta di una consulenza specializzata e di mezzi idonei, rivolti soprattutto alle donne, per promuovere una procreazione responsabile o per pre-venire una gravidanza. Così venivano indicati all’art. 1 gli scopi e le funzioni dei Consultori:

- l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;

- la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procrea-zione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti;

- la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; - la divulgazione di informazioni idonee a promuovere ovvero a

prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.

Di cosa si occupano oggi i Consultori Familiari? Se ci atteniamo alla semplice descrizione delle prestazioni ivi erogate, così come vengono illustrate in uno dei tanti siti aziendali o all’interno di una qualunque ‘carta dei servizi’, possiamo dire che nel corso degli anni il ventaglio delle attività consultoriali si è ampliato quantitativamente, fino ad in-cludervi anche prestazioni specialistiche che difficilmente avrebbero trovato luogo in un ‘servizio di assistenza di base’ a vocazione preva-lentemente ‘di prevenzione’:

- Informazioni e consulenze per la procreazione responsabile - Prescrizione contraccettivi orali e applicazione contraccettivi

meccanici - Consulenza psico-sessuale - Informazione per la prevenzione dei rischi genetici e per il con-

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trollo della gravidanza a rischio - Informazioni sulla sterilità della coppia - Procedure per l’interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.),

supporto medico e psico-sociale (anche per i minorenni) - Prevenzione dei tumori della sfera genitale femminile (visite, pap-

test, esame del seno e tecniche dell’autoesame) - Monitoraggio della gravidanza e corsi di preparazione alla nascita - Ecografia ostetrico – ginecologica - Consulenza psicologica con sostegno psico-terapeutico - Psico-diagnostica per l’età evolutiva - Consulenze sociali - Procedure per l’espletamento delle pratiche di adozione (naziona-

li e internazionali)- Affidamento familiare dei minori - Interventi sociali sul territorio per la prevenzione del disagio gio-

vanile, della coppia e della famiglia - Sostegno alla genitorialità - Mediazione familiare - Prevenzione dei fenomeni di maltrattamento e abuso sessuale a

danno dei minori - Richiesta dei test HIV secondo le procedure dettate dalle vigenti

normative in materia

È ovvio che non in tutti i Consultori si fa tutto ciò, anche perché la dotazione organica negli anni è rimasta pressocchè invariata e in alcuni ancora oggi manca un normale ecografo. In realtà, l’evoluzio-ne delle esperienze consultoriali, più che il frutto di una programma-zione unitaria e omogenea, sembra essere scaturita da tutta una serie di fattori concomitanti e convergenti, nelle quali hanno pesato dispo-nibilità delle amministrazioni locali, specifiche risorse professionali, contesti culturali più o meno favorevoli…

Senza esagerare si può affermare che ogni consultorio, pur per-seguendo gli stessi obiettivi, presenta una propria fisionomia, frutto anche dell’impronta che i singoli operatori vi hanno dato, essendo spesso la storia dei consultori sovrapponibile alla vita professionale

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dell’operatore, che in molti casi ha iniziato e terminato nello stesso luogo la propria esperienza lavorativa.

Le differenze, rintracciabili spesso nell’ambito della stessa azienda sanitaria, hanno fatto sì che da un consultorio ad un altro i carichi di lavoro e le tipologie di offerta assistenziale presentino tuttora una forte variabilità, con ricadute non sempre positive per l’utenza. Non è raro, infatti, rilevare come alcune prestazioni (la preparazione al par-to, ad esempio, o l’accoglienza a donne maltrattate o la mediazione familiare) siano del tutto assenti in alcuni consultori, mentre in altri vi occupano, in percentuale, un tempo maggiore.

Le ragioni di una tale disomogeneità possono essere rintracciate a vari livelli. M. GRANDOLFO (1995; 2002) oltre a segnalare i diversi contesti funzionali (servizi) e amministrativi (assessorati), nei quali le leggi regionali avevano previsto l’inserimento dei Consultori Familia-ri, ritiene che la mancanza di obiettivi operativi misurabili, interes-santi dal punto di vista della sanità pubblica, dichiarati e condivisi, ha prodotto una aleatorietà delle risorse assegnate, con conseguente svalutazione nel tempo di tutta l’area della prevenzione. La cultu-ra sanitaria italiana, oltre ad essere “medicocentrica”, è stata anche “ospedalocentrica”: di conseguenza sono sempre stati sottovalutati sia i servizi collocati nel territorio sia i bisogni di salute non iscrivibili nel modello del determinismo biologico imperante in medicina. 8

Un altro elemento di debolezza è stato, per Grandolfo, il far rife-rimento inizialmente all’utenza ‘spontanea’, per rispettarne la sogget-tività, non preoccupandosi di inserire l’attività del consultorio all’in-terno di una analisi epidemiologica più attenta della popolazione di riferimento e non avendo a disposizione dati omogenei per valuta-

8“Infatti, mentre i servizi di cura e riabilitazione vengono in qualche modo determinati dai problemi in atto, incidenti o prevalenti, e i processi di autoreferenziamento possono alterare ma non evadere la pressione delle urgenze, quelli inquadrati nell’ambito della prevenzione possono perdersi completamente senza la bussola degli obiettivi verificabili. Conseguenza diretta di questa carenza è la indeterminatezza di criteri con cui assegnare le risorse e la evoluzione ospedalocentrica del Servizio Sanitario Nazionale, nonostante le altisonanti dichiarazioni di principio sulla centralità della prevenzione” (GRANDOLFO, 1995, p. 2)

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re le attività dei consultori. Ciò ha prodotto scarsi studi di efficacia dell’azione consultoriale e la frammentazione delle attività in “presta-zioni” burocraticamente quantificabili.

Pur riconoscendo queste criticità, va però detto che nel panorama dei servizi sanitari tradizionali i Consultori Familiari hanno rappre-sentato una novità assoluta, ponendosi come servizi atipici di confine tra Sanità e società civile, tra bisogni di salute e bisogni di interazione.

Pur con notevoli differenze nella formulazione e tempi molto lenti per la realizzazione - nel 1979 su 2200 consultori previsti, ne erano stati aperti soltanto 650 - tutte le Regioni hanno recepito le indicazioni della Legge Nazionale e approvate le relative Leggi regionali. I requi-siti e gli standard di fabbisogno indicativi per i Consultori Familiari sono stati più volte precisati, ma non sempre hanno sortito gli effetti desiderati, per la mancanza di una adeguata capacità di programma-zione e di pianificazione, di coerente copertura finanziaria, di lentezza con cui gli interventi sono stati realizzati.

I vari Piani Sanitari Nazionali hanno sempre riservato uno spazio preciso ai Consultori Familiari, ribadendone l’utilità e l’efficacia, ma è con il P.S.N. 1998-2000 che si da inizio a un processo di trasforma-zione strutturale dei servizi, si ridefiniscono i livelli assistenziali (da 5 a 3: Assistenza Sanitaria collettiva in ambienti di lavoro; Assistenza Distrettuale; Assistenza Ospedaliera), si suggeriscono nuovi assetti or-ganizzativi (Dipartimenti e Distretti), si puntualizzano – attraverso i Progetti obiettivo che ne deriveranno – le linee di azione.

L’emanazione del Progetto obiettivo Materno Infantile del 2000 ha rappresentato sicuramente, per chi opera in questo settore, un mo-mento di particolare importanza non solo perché ha permesso di fare il punto su tutte le problematiche dell’area, inserendole per la prima volta in maniera organica all’interno di una osservazione e valutazione ‘epidemiologica’ più accurata, ma perché ha indirettamente sollecita-to in molti operatori una rimotivazione progettuale e professionale, costringendo a rivedere gli obiettivi originari dei Consultori Familiari alla luce della realtà attuale.

Come è noto, nel P.O.M.I. sono tre i progetti strategici individuati:

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percorso nascita, adolescenti e prevenzione dei tumori femminili. Il primo progetto si articola sulla necessità di garantire ad ogni

parto un livello essenziale e appropriato di assistenza ostetrica e pe-diatrica/neonatale, organizzando i servizi territoriali e ospedalieri in modo da assicurare una continuità assistenziale anche in presenza di criticità, di patologie accertate, di complicanze in itinere, di parti con rischio elevato. Deve essere rivista la rete delle unità funzionali ostetri-che e neonatologiche (di I, II e III livello) in riferimento al fabbisogno territoriale, ma anche alle effettive risorse strutturali e tecnologiche esistenti, ivi compresi reparti per la terapia intensiva-subintensiva e le modalità di trasporto materno e neonatale. I requisiti organizzativi minimi dei ‘punti nascita’ sono chiaramente individuati a livello strut-turale e tecnologico negli obiettivi che devono prefiggersi, nelle azioni che devono attuare, negli indicatori da utilizzare per la valutazione del processo e degli esiti.

L’obiettivo della umanizzazione (termine non pienamente felice per indicare una particolare attenzione agli aspetti psicologici e re-lazionali), per fare un esempio, deve essere essere sempre presente, promuovendo la preparazione della madre e della coppia all’evento nascita attraverso i corsi pre-parto, ma anche attivando tutte quel-le iniziative che facilitano e rafforzano il contatto madre-bambino, compresa la possibilità del rooming-in in casi di ricoveri ospedalieri successivi.

Il P.O.M.I. interviene anche sul ruolo e sulle funzioni dei pediatri di libera scelta, una rete di circa 6.000 unità, che pur avendo rap-presentato un progresso nella qualità e nell’uniformità delle cure al bambino in Italia, non è ancora messa integralmente “a sistema” con gli altri servizi sanitari. Le criticità segnalate nel 2000 sono purtroppo ancora esistenti: l’età di interesse e di competenza del pediatra non comprende l’intera età adolescenziale; l’azione preventiva e curativa non è adeguatamente coordinata e integrata con le attività di altri servizi (guardia medica, consultorio familiare, medicina scolastica, medicina dello sport, pronto soccorso ospedaliero). Quest’ultimo aspetto è importante, perché non assicurando la rete dei pediatri di libera scelta la copertura oraria per tutte le 24 ore, molte emergenze pediatriche arrivano direttamente al pronto soccorso, con il rischio

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elevato di disagi aggiuntivi, di accessi e anche di ricoveri impropri. 9 L’ospedalizzazione dei minori, inoltre, deve essere fatta in struttu-

re e in condizioni particolari (degenza per classi di età; possibilità di ospitare un genitore; partecipazione del pediatra al percorso diagnosi e cura del proprio paziente; clima di accoglienza e di rispetto per le esigenze del bambino…) ed essere limitata allo tempo strettamente necessario.

Il lavoro dei pediatri rappresenta il campo elettivo per la prevenzio-ne: le azioni suggerite in tale senso dal P.O.M.I. riguardano l’educazio-ne alla salute, i programmi di immunizzazione, gli infortuni e gli inci-denti, il rischio sociale, l’alimentazione, gli abusi e i maltrattamenti. Se si promuovesse, in effetti, un’offerta attiva di interventi preventivi, in particolare a favore delle fasce deboli, infantili e adolescenziali – que-sto è l’obiettivo principale della “pediatria di comunità” – mettendo ‘a sistema’ pediatri di libera scelta, neuropsichiatria infantile, consultori familiari… il significato strategico di investire maggiormente nell’area materno-infantile ai fini di una promozione più efficace della salute e del benessere sarebbe più evidente.

Sugli adolescenti – secondo obiettivo del P.O.M.I. – oltre ad indi-viduare nell’ambito del Consultorio Familiare uno ‘spazio’ specifico a loro dedicato, un punto di ascolto alle loro domande di aiuto e di consulenza, si vuole avviare un vero e proprio monitoraggio dello svi-luppo e del disagio adolescenziale in aderenza al Piano di azione del Governo italiano per l’infanzia e dl’adolescenza. Progettualmente le azioni da promuovere sono tante (attivare contatti fra scuola, con-sultori familiari, attività di volontariato, mondo del lavoro e famiglie; promuovere programmi di prevenzione, programmi finalizzati alla educazione alla salute; attivare interventi specifici per il riconosci-mento e le prime cure per problematiche correnti di natura psichica e psico-sociale…). Manca forse, nel Progetto, per quanto riguarda ap-punto la salute e il benessere degli adolescenti, una chiara individua-zione dei livelli di responsabilità, di decisione, di coordinamento fra

9Secondo la “Carta europea dei diritti dei bambini degenti in ospedale” il bambino deve essere curato in ospedale in regime di ricovero ordinario esclusivamente per patologie che non siano trattabili con altre tipologie di assistenza più rispettose delle sue condizioni di vita abituali (day hospital-day surgery, assistenza ambulatoriale o domiciliare).

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famiglia, scuola e servizio sanitario, anche se i compiti di un consulto-rio riguardo a questa fascia di popolazione sono ampiamente intuibili e in buona parte anche adegutamente sperimentati.

Sul terzo obiettivo – la salute della donna in tutte le fasi della vita – il P.O.M.I. riconosce che l’impegno alla difesa ed alla promozio-ne della salute della donna deve tenere conto dell’adeguamento alla realtà socio-sanitaria e culturale, che è profondamente mutata negli ultimi tempi e deve portare ad una più diretta politica in favore della famiglia, anche in riferimento alla responsabilità di cura che la donna ha all’interno della stessa.

Che sia ancora presente, nell’ambito dei consultori familiari, una prevalenza di attenzione al genere femminile fa parte della storia stes-sa di questi servizi. Tuttavia l’ottica progettuale vuole conciliare l’at-tenzione sulla donna (in tutte le fasi della vita) con l’attenzione sui figli, bambini e adolescenti, ma anche sulla coppia e sulla famiglia nel suo insieme.

Queste convinzioni appaiono più chiare quando il P.O.M.I. pro-spetta in modo più pragmatico i percorsi che si possono seguire nelle attività consultoriali. Parlando dello ‘spazio adolescenti’, ad esempio, un’azione specifica suggerita è quella degli incontri con i genitori (Predisporre incontri con genitori degli alunni delle scuole elementari e medie, sulle problematiche della sessualità in età adole-scenziale e più in generale, incontri di formazione-informazione fina-lizzati a rendere gli adulti più consapevoli ed informati delle proble-matiche proprie dell’adolescenza, mettendoli in grado di porsi in una posizione di ascolto attivo che favorisca la comunicazione adolescente-adulto). Trattando delle relazioni di coppia, di famiglia e del disagio familiare, si afferma che “questo àmbito operativo ha acquisito col passare degli anni una importanza rilevante tra le azioni del Consulto-rio Familiare, in particolare per tutto ciò che attiene la consulenza re-lazionale, le consulenze riguardanti problemi e difficoltà in ordine alla sessualità, alle scelte e alle decisioni procreative, all’esercizio di ruoli genitoriali.” Gli interventi, pertanto, in ordine ai conflitti di coppia ed intergenerazionali, nonché a situazioni di disagio familiare con particolare attenzione ai nuovi contesti familiari (unioni di fatto, famiglie con un solo genitore, famiglie ricostituite, famiglie miste

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quanto a provenienza etnica, ecc.), devono rappresentare un’area di interesse proprio perché in forte espansione.

Se il P.O.M.I. ha dato una visione organica e “sistemica” alle di-verse problematiche dell’area materno-infantile, prospettando la ne-cessità di riprendere successivamente in dispositivi legislativi e in azioni di politica sanitaria i vari aspetti individuati (continuità che si è rilevata purtroppo molto intermittente e sostanzialmente molto debole), c’è da sottolineare che buona parte del progetto era basata sul rispetto di quel requisito minimo fondamentale, presente nella legge n. 34/96, che prevedeva 1 Consultorio Familiare ogni 20.000 abitanti, un parametro che non ha trovato realizzazione uniforme nel territorio nazionale e che ha creato di conseguenza perdita di opportunità e disparità di trattamento dell’utenza.

Ciò malgrado l’esperienza dei consultori è andata avanti con enor-mi difficoltà, ma anche con risultati apprezzabili.

Alcune Leggi Regionali hanno maggiormente sottolineato gli aspetti psicosociali rispetto a quelli biomedici, recuperando e va-lorizzando in prospettiva un concetto di sanità, di salute più vicino all’attuale paradigma di “benessere”, che non a quello di semplice “assenza di malattia”.

In molti consultori si è dato spazio alle problematiche relaziona-li della coppia e della famiglia, offrendo consulenze e psicoterapie individuali, di coppia e anche familiari, promuovendo contempo-raneamente per giovani e adolescenti percorsi di informazione e di educazione sessuale e affettiva.

Punto di riferimento costante per i giudici in caso di separazio-ni conflittuali, specie in presenza di minori per i quali valutare un affidamento, il consultorio lo è diventato anche per le pratiche di adozione ordinaria e per tutti quei casi nei quali è richiesta una valu-tazione di idoneità genitoriale.

Il consultorio è anche diventato lo spazio elettivo di ascolto, di ac-coglienza e di intervento per i fenomeni di abuso, di violenza, di mal-trattamenti nei confronti di donne e minori o per quelle situazioni di famiglie multiproblematiche, che richiedono spesso l’intervento di

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altri servizi territoriali (neuropsichiatria infantile, salute mentale…).Alcune pratiche consultoriali (specialmente nei primi anni di isti-

tuzione) sono state a volte maggiormente perseguite (o ostacolate) sulla base di convincimenti ideologici più che di neutrale valutazio-ne della domanda. Ancor prima della istituzione dei consultori pub-blici (e in contemporanea) sono sorte associazioni come l’A.I.E.D. o l’U.C.I.P.E.M.10, che rivendicavano, nel più ampio dibattito delle problematiche collegate alla procreazione, alla contraccezione, alla genitorialità, atteggiamenti ben precisi a favore o contrari alle prati-che contraccettive o all’aborto, motivati dalla propria scala di valori.

Recentemente si è avuto un “ritorno di fiamma” sul tema dell’aborto, con l’istituzione di una Commissione parlamentare ad hoc e il ritorno di ‘presidi’ anti-abortisti in qualche ospedale, salvo scoprire poi che il flusso degli aborti in Italia è progressivamente sceso (grazie anche al lavoro di sensibilizzazione fatto in questi anni) e che a fare ricorso ad esso sono piuttosto le donne straniere, non sempre informate ed educate a pratiche contraccettive moderne. 11

Anche il riconoscimento dell’obiezione di coscienza al sanitario, che intende avvalersi di questo diritto, ha finito con il condizionare il flusso delle pratiche abortive o della prescrizione di anticoncezionali più verso alcune strutture che verso altre, facendo sorgere in parec-

10L’A.I.E.D. (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica) apre il primo consultorio di assistenza contraccettiva a Roma nel 1955. Associazione molto attiva soprattutto in campagne di opinione e per eventi giudiziari importanti per il riconoscimento pubblico della contraccezione e dei diritti civili, quali il divorzio, l’aborto, la legge sulla violenza sessuale, gestisce una propria rete di servizi consultoriali in tutta Italia (cfr. www.aied.it). L’ U.C.I.P.E.M. (Unione Consultori Italiani Prematrimoniale E Matrimoniali) nasce nel 1981. Di ispirazione cristiana, raggruppa vari consultori presenti in quasi tutte le regioni, promuovendo in particolare attività di formazione per le coppie e di consulenza familiare, su un ampio spettro di problematiche, comprese quelle legali, mettendo al centro la persona, la sua crescita psicologica, relazionale e morale.

11Secondo la annuale Relazione sulla legge 194 al Parlamento, presentata dal ministero del Welfare nel luglio 2009, si è registrata nel 2008 una diminuzione del 4,1 % degli aborti rispetto all’anno precedente (quando erano stati 126.562). In diminuzione anche gli aborti tra le minorenni. Resistono invece quelli tra le donne immigrate, che rappresentano sul totale il 32,2 %.

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chi casi disparità inaccettabili all’interno dello stesso SSN. 12

Dal punto di vista organizzativo il consultorio si è caratterizzato all’inizio come un servizio centrato sul “lavoro di équipe”, abbastan-za autonomo e flessibile nella scelta dei moduli organizzativi interni, orientato a valorizzare i diversi saperi e le diverse figure professionali presenti, promuovendo insieme progetti e iniziative volte soprattut-to all’informazione e alla sensibilizzazione, vere e proprie pratiche di “educazione alla salute”, finalizzate anche a far conoscere l’offerta dei servizi consultoriali. Con il tempo questa attività si è ridimensionata e, anche sull’onda delle ‘riforme degli assetti organizzativi aziendali’ – che hanno enfatizzato i valori ‘prestazionali’ traducibili in numeri e indicatori quantitativi, piuttosto che qualitativi – ginecologo e psico-logo hanno iniziato (su versanti diversi) a “dividersi” e ad “isolarsi”, curando ognuno la propria area professionale e marginalizzando le altre figure presenti (ostetrica, infermiere, assistente sociale…) verso ruoli subalterni o di tipo semplicemente amministrativo. In parecchi casi si è rinunciato completamente al lavoro di prevenzione, scam-biando il consultorio come sede per interventi di “specialistica am-bulatoriale”, di natura ginecologica (visite, controlli, Pap Test…) o di natura psicologica (psicoterapie individuali o familiari, osservazioni psicodiagnostiche…).

La Riforma del S.S.N. del 1999, ad opera della Bindi – più pre-cisamente definita “Norme per la Razionalizzazione del S.S.N.” (Dlgs. 229/99) – al fine di individuare meglio gli oneri e le responsabilità de-gli Enti Locali e del S.S.N. aveva cercato di definire i confini dell’area socio/sanitaria, confini piuttosto labili e mobili, che la 833/78 aveva in un certo senso contribuito ad abbattere sull’onda di un recupero ‘olistico’ di un concetto di salute, non estraneo ai condizionamenti 12Da un’indagine presentata nel 2008 dalla S.I.G.O. (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) gli obiettori sembrano in aumento. A livello nazionale, per i ginecologi si è passati negli ultimi anni dal 58,7% al 69,2%; per gli anestesisti dal 45,7% al 50,4%. In alcune Regioni l’ aumento è molto rilevante, soprattutto nel Sud. In Campania gli obiettori sono quasi raddoppiati (i ginecologi sono passati dal 44,1% all’ 83%; gli anestesisti dal 40,4% al 73,7%; il personale non medico dal 50% al 74%). In Sicilia, i ginecologi obiettori sono saliti dal 44,1% all’ 84,2% e gli anestesisti dal 43,2% al 76,4%. In Veneto, l’ obiezione è superiore al dato nazionale: 79,1% dei ginecologi; 49,7% degli anestesisti; 56,8% del personale non medico.

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dell’ambiente fisico e sociale. È importante definire quest’area dal momento che – essendo mancata in Italia una efficace politica del Welfare – è stata spesso ‘caricata’ sulla spesa sanitaria una parte con-siderevole di “assistenza sociale”, che avrebbe dovuto trovare altrove riconoscimento e accoglienza.

Delineato con la legge 328 del 2000 il nuovo sistema dei servizi

sociali alla persona, con il DPCM del 14 febbraio 2001 viene emanato l’atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie, che vengono così distinte:

1) Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale (di competenza delle aziende unità sanitarie locali e a loro carico: sono quelle prestazioni assistenziali finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o inva-lidanti di patologie congenite o acquisite)

2) Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria (di competenza dei co-muni, con partecipazione alla spesa da parte dei cittadini: sono quelle prestazioni che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute, come interventi di sostegno a favore dell’infanzia, dell’adolescenza e delle responsabilità familiari; interventi per con-trastare la povertà; interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali o semiresidenziali di adulti e anziani con limitazioni di autonomia…)

3) Prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria (cioè tutte quelle prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeu-tica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono preva-lentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze patologiche, patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative… Sono pre-stazioni a carico del fondo sanitario).

In appendice viene allegata una Tabella sintetica nella quale tro-viamo indicati: l’area, le prestazioni o funzioni, la fonte legislativa e i criteri di finanziamento.

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La prima di queste aree è proprio la Materno-infantile con ripor-tate per intero non solo le prestazioni dei Consultori Familiari, ma le integrazioni successive operate in materia dalla legge 194/1978, dal-la 285/1997, dalla 66/1996, dalla 269/1998, nonché dal richiamo al P.O.M.I. del 2000:

1. Assistenza di tipo consultoriale alla famiglia, alla maternità, ai mi-nori attraverso prestazioni mediche, sociali, psicologiche, riabilitative.

2. Attività assistenziali inerenti l’interruzione volontaria di gravidan-za attraverso prestazioni mediche, sociali, psicologiche

3. Protezione del minore in stato di abbandono e tutela della sua crescita anche attraverso affidi e adozioni; interventi di sostegno per le famiglie di minori in situazione di disagio, di disadattamento o di devianza; interventi per minori soggetti a provvedimenti penali, civili, amministrativi.

4. Interventi di prevenzione, assistenza e recupero psicoterapeutico dei minori vittime di abusi.

Le prestazioni indicate ai NN° 1 – 2 – 4 sono interamente a carico del SSN, mentre quelle al punto 3 a carico dei Comuni. Spetta alla Regione, naturalmente, l’opera di programmazione dei servizi e delle prestazioni secondo principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patri-moniale, continuità assistenziale.

Non possiamo non notare come in questi testi legislativi il termine

“psicologico” sia più volte ripetuto, in maniera distinta e precisa rispet-to ad altre attribuzioni professionali, comprese quelle mediche, riman-dando esplicitamente alla necessità di interventi professionali specifici da parte dello psicologo e/o dello psicoterapeuta.

Quando segnaliamo la carenza di psicologi nell’ambito dei servizi consultoriali non lo facciamo per spirito di corpo o per un mero interes-se di categoria, ma perché riteniamo che il contributo della psicologia e degli psicologi in questo area sia estremamente importante, in quanto risponde a precise esigenze di assistenza, di valutazione, di cura, di tu-tela, di recupero che richiedono strumenti e mezzi psicologici specifici.

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Nel documento sui l.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza) del 2002 (in Suppl. Ord. G.U. n. 19 del 23 gennaio 2002) gli obiettivi specifici dei Consultori vengono ripresi integralmente e inseriti fra le prestazio-ni erogabili dal SSN senza alcun onere aggiuntivo per l’utente.

Si parla chiaramente di:

- assistenza sanitaria e sociosanitaria alle donne, ai minori, alle cop-pie e alle famiglie;

- educazione alla maternità responsabile e somministrazione dei mezzi necessari per la procreazione responsabile;

- tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento, assistenza alle donne in stato gravidanza;

- assistenza per l’interruzione volontaria della gravidanza, assisten-za ai minori in stato di abbandono o in situazione di disagio;

- adempimenti per affidamenti ed adozioni

Viene ricordato, in sintonia con il P.O.M.I., che devono essere in-dividuate in ogni azienda modalità organizzative nell’ambito del “per-corso nascita”, che assicurino tutte le azioni necessarie all’’assistenza alla madre e al nascituro, ivi compreso il trasporto materno e neo-natale, l’assistenza ospedaliera (compresa urgenza ed emergenza) ai bambini, riabilitazione, tutela salute della donna. Lo stesso P.O.M.I. individua requisiti organizzativi e standard di qualità delle U.O. di ostetricia e neonatologia ospedaliere, inclusa la dotazione di persona-le. Viene anche ricordato che la legge n. 34/1996 prevede 1 C.F. ogni 20mila abitanti, parametro questo che andrebbe rispettato.

In buona sostanza la normativa nazionale, pur nel quadro di un complessivo ridimensionamento della spesa sanitaria e di uno sforzo di razionalizzazione, ha sempre riconosciuto e riproposto la funzione e l’importanza dei Consultori Familiari, recuperando anche attraverso progetti collaterali risorse economiche aggiuntive per sostenere una politica attiva verso le famiglie.

È a livello regionale che non sempre si è riscontrato un adeguato sforzo di organizzazione e di utilizzazione delle risorse e delle oppor-

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tunità. Anche se i vari documenti di programmazione – non ultimi in il Piano Sanitario Regionale 2000-2002 o Le Linee guida per l’attuazio-ne del piano socio-sanitario (D.P. 4 novembre 2002) – hanno ribadito sui consultori familiari gli obiettivi nazionali e del P.O.M.I., le azioni di governo non hanno modificato lo stato dei servizi. Solo così si spie-gano le disparità che, a monte della stessa normativa e delle stesse quote di finanziamenti, emergono evidenti nelle pratiche di assistenza e nei percorsi offerti.

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1.3 - la rete dei Consultori Familiari in Sicilia

In Sicilia i Consultori Familiari sono stati istituiti dalla legge re-gionale n. 21 del 24 luglio 1978, sulla base delle indicazioni e degli obiettivi contenuti nella Legge 405 del 29 luglio 1975 e integrandone gli obiettivi con un esplicito riferimento alla Legge 194/78 appena approvata.

È l’Assessore regionale per la sanità che inizialmente ha avuto il compito di predisporre il piano di ripartizione territoriale dei con-sultori, in modo da assicurare una loro diffusione equilibrata nella Regione, tenendo conto anche delle particolari situazioni geografiche, urbanistiche e demografiche, garantendo in ogni caso l’istituzione di un consultorio nei comuni con almeno 35.000 abitanti e nei consorzi di comuni la cui popolazione non fosse inferiore ai 25.000 abitanti. 13

Nel delineare prospetticamente la natura del consultorio, la legge regionale ne individua bene, a mio giudizio, la sua doppia natura: ser-vizio sanitario da un lato, da integrare con le altre strutture sanitarie, presenti nel territorio (distretti sanitari, uffici sanitari comunali, con-dotte mediche e ostetriche, ospedali …), servizio psico-sociale dall’al-tro, teso a instaurare e mantenere collegamenti stabili con le strutture scolastiche e sociali, con l’ufficio del giudice tutelare, con il tribunale dei minorenni e con le strutture giudiziarie operanti nel settore del diritto di famiglia (art. 6).

Rispetto al testo nazionale, che viene più volte citato, il legislatore regionale dedica una particolare attenzione alla scelta e alle quali-fiche del personale, consapevole del fatto che le tematiche trattate non sono riconducibili del tutto ai confini tecnici e disciplinari del-le rispettive aree professionali e che va salvaguardata, nell’interesse e nel rispetto dell’utenza, una visione interdisciplinare. A tal fine, dopo aver affermato (art. 6) che l’attività di consulenza e di assi-13Fino a quando non verranno istituite le Unità Sanitarie Locali, saranno i comuni e i consorzi di comuni ad istituire il consultorio, la cui gestione sociale viene affidata ad un comitato del quale fanno parte cinque rappresentanti, eletti dal consiglio comunale; un rappresentante eletto dal personale del consultorio; l’ufficiale sanitario. (art. 7)

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stenza dovrà essere svolta da operatori in possesso di titoli specifici in una delle seguenti discipline (medicina, psicologia, pedagogia e assistenza sociale), specifica che gli operatori “aventi ciascuno le fun-zioni di consulente familiare, operano collegialmente ”. Per favorire l’assunzione di una cultura comune, viene previsto per tutte le figure professionali un percorso formativo obbligatorio: “un corso bien-nale di aggiornamento interdisciplinare, organizzato dall’Assessorato regionale della sanità, su tutte le materie che attengono ai compiti ed alle finalità previsti dall’art. 1 della presente legge e dall’art. 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194”.

Tali corsi, come viene ribadito nell’art. 9, sono finalizzati ad attua-re una sostanziale compenetrazione di comportamento professiona-le nell’esame e valutazione dei casi clinici e sociali nonché nel lavoro d’équipe. Anticipando di qualche decennio l’E.C.M., il legislatore regionale nel comma successivo impone all’operatore del consulto-rio di frequentare, almeno una volta ogni tre anni, appositi corsi di aggiornamento su tutte le materie che attengono ai compiti e alle finalità del consultorio.

Il corso biennale fu effettivamente realizzato, almeno nei primi anni di implementazione dei consultori familiari, e permise ai vari professionisti, vincitori dei concorsi, non solo di acquisire conoscen-ze e dati di riflessione sulle problematiche della coppia e della fami-glia, ma di confrontare in modo produttivo i diversi saperi.

Da testimonianze dirette dei protagonisti, registrate negli anni successivi, è emerso che in molti hanno attribuito a questo inizia-le percorso formativo comune la possibilità di adottare realmente nell’attività consultoriale la modalità del lavoro in équipe e di af-frontare collegialmente e in modo creativo la sfida di un servizio sociosanitario così particolare.

In Sicilia la programmazione della rete consultoriale e la sua atti-vazione è avvenuta con una certa lentezza, rispetto ad altre Regioni, anche se l’attenzione e la sensibilità da parte degli organismi asses-soriali preposti e da parte di alcune forze politiche non sono mai mancate.

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Con la Riforma Sanitaria del 1978 i Consultori sono passati sotto le competenze delle Unità Sanitarie Locali, trovando collocazione organizzativa e funzionale nell’Area dell’Assistenza Sanitaria di Base e mantenendo nel tempo le caratteristiche iniziali di unità opera-tive territoriali, ad accesso diretto da parte della popolazione, con una offerta articolata di prestazioni e di servizi, compresa la som-ministrazione degli anticoncezionali, senza alcun onere da parte dell’utente (art. 5).

La storica debolezza strutturale del sistema sanitario regionale, insieme a politiche centrate su logiche clientelari e costrette ad in-seguire le ricorrenti emergenze, ha impedito che si creasse la rete territoriale di Consultori, come prevista dalla normativa.

Se si esamina l’attuale distribuzione dei Consultori Familiari e la si confronta con il piano programmato e metà degli anni ’80, ci si rende conto che non soltanto tale rete non è stata mai completata, ma a cominciare dai primi anni ’90 si è assistito ad un lenta, ma pro-gressiva contrazione: delle sedi, delle risorse, del personale. Dei 203 previsti nel 1989 ne risultano oggi aperti (molti dei quali a tempo parziale) 187. (Tabella 6) .

Tabella 6

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Il rapporto definito dalla Legge 34/96 di 1 consultorio ogni 20.000 abitanti non trova riscontro in Sicilia, che vede su base regionale un valore medio di 1 consultorio per 26.883 abitanti, con punte estreme come le province di Palermo e Catania, nei quali troviamo rispettiva-mente 1 consultorio ogni 36.570 e 1 consultorio ogni 32.735 abitanti. Se prendiamo poi in considerazione le sole aree metropolitane di Pa-lermo, Catania e Messina il rapporto sale a 1 Consultorio ogni 40.000 abitanti. (Tabella 7)

Il rapporto grezzo (1 consultorio/20.000 abitanti), come è eviden-te, non rende giustizia del fatto che la popolazione non è distribuita in modo omogeneo sul territorio, che specie in Sicilia si caratterizza per condizioni geofisiche e urbane molto diversificate, con una rete viaria non particolarmente estesa ed efficiente. La provincia di Enna, ad esempio, vede una densità di popolazione di 67 abitanti per kmq., mentre la provincia di Catania ne registra 293 e quella di Palermo 240. Da tempo nell’organizzazione territoriale dei servizi sanitari si chiede

Tabella 7

Provincia Popolazione N° Consultori 1 CF x Pop.

Agrigento 455.550 22 20.706

Caltanissetta 272.570 13 20.966

Catania 1.081.915 33 32.785

Enna 173.723 10 17.372

Messina 654.032 30 21.801

Palermo 1.243.385 34 36.570

Ragusa 309.280 14 22.091

Siracusa 400.764 16 25.047

Trapani 435.974 15 29.064

Totale 5.027.193 187 26.883

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di tener conto di queste specificità sia per favorire l’accesso degli uten-ti sia per non penalizzare quella parte di popolazione residente in co-muni più distanti. Esigenze di economia, ma anche requisiti indispen-sabili di efficienza interna, impongono di rivedere la rete ospedaliera, così come si è andata moltiplicando in questi anni, favorendo invece i servizi territoriali, che – se adeguatamente attrezzati – permettono di intervenire sui bisogni di salute con azioni di diagnosi e di orienta-mento, ma anche di cura e di riabilitazione, in continuità assistenzia-le con l’eventuale momento di ricovero, evitando l’eccessivo ricorso all’ospedalizzazione (con rischi di inappropriatezza molto alti).

In ogni Consultorio dovrebbe essere presente formalmente un’équi-pe formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assi-stente sociale, 1 infermiere e/o assistente sanitario. Dalla ricognizione condotta dal nostro gruppo di lavoro, la presenza degli psicologi è nettamente al di sotto di quella minima prevista. A fronte di 187 Con-sultori aperti in tutta la Regione il numero di psicologi presenti è di 129: uno scarto di ben 58 unità! A questa carenza di organico si è ov-viato assegnando spesso “a scavalco” su due o tre consultori lo stesso psicologo, con il risultato abbastanza ovvio di privare della presenza stabile del professionista il doppio dei consultori! Nessuna provincia in Sicilia rispetta lo standard previsto dalla normativa. (Tabella 8)

Tabella 8

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Con la creazione dei Dipartimenti e dei Distretti, i Consultori Fa-miliari hanno sicuramente rafforzato la propria identità, collocandosi funzionalmente dentro il Dipartimento Materno-Infantile e mante-nendo l’ancoraggio forte al Distretto.

Recependo le indicazioni nazionali in materia di dipartimento, an-che in Sicilia sono state date dall’Assessorato indicazioni a riguardo (cfr Decreto 12 giugno 2003, Linee-guida generali inerenti l’organizza-zione del dipartimento materno-infantile). In questo testo sono natu-ralmente più gli ‘auspici’ e le ‘buone intenzioni’, che non i dispositivi diretti di governance e di controllo. L’ambiguo processo di azienda-lizzazione, al quale sono state sottoposte le aziende sanitarie, ne ha in buona parte rafforzato l’autonomia e l’indipendenza (rispetto ai ‘poteri’ centrali o ‘regionali’), non sempre però con esiti virtuosi ri-guardo all’assunzione di precise responsabilità rispetto ai processi e ai prodotti finali. Si assiste pertanto ad un gioco di reciproci rilanci fra le singole aziende e il governo regionale, senza riuscire spesso a com-prendere dove si trova il punto di debolezza o di negligenza.

Nello specifico, ad esempio, le Linee guida regionali prevedono un Dipartimento funzionale (non strutturale), nel quale l’integrazione “dovrà prevedere la condivisione di risorse strutturali, tecnico-scien-tifiche e professionali, sulla base di linee di intervento e progettualità specifiche, deliberate dagli organismi direttivi e di indirizzo del diparti-mento stesso. In questo contesto possono essere, altresì, previste misure di interscambio programmato - anche temporalmente - di personale ed attrezzature, al fine di realizzare le auspicate sinergie organizzative del DI.MI.”; vengono indicati con precisione gli obiettivi strategici e scelti gli interventi prioritari; si fornisce uno schema della struttura organiz-zativa del dipartimento (direttore, comitato…).

Dopo 6 anni dalla pubblicazione di queste linee-guida in alcune aziende il Di.M.I. non esiste ancora; in altre è stato solo individuato il Direttore; in alcune la Neuropsichiatria Infantile non ne fa parte… In nessuna provincia, come è emerso dalla nostra indagine, sono sta-ti creati “dipartimenti interaziendali”, né adottati precisi protocolli per gestire il rapporto auspicato fra servizi consultoriali e ospedali.

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Disomogenea appare l’organizzazione interna del lavoro (équipe) e carente in generale l’informazione verso l’utenza (carte di servizi, siti web, pagine bianche..). Tabella 9

Tabella 9

Nelle Linee-guida regionali questi obiettivi vengono adottati quasi interamente ed espressi in modo anche analitico:

1)  Riduzione della mortalità perinatale a livelli tendenzialmente vici-ni ai migliori livelli europei. 2)  Miglioramento della funzionalità dei servizi di diagnosi prenatale, mettendoli in grado di rispondere al 90% del fabbisogno stimato. 3)  Un percorso nascita adeguato sotto il profilo organizzativo, strut-turale e tecnologico, secondo quanto previsto dal POMI. 4)  La promozione della salute del neonato e la diagnosi precoce del-le anomalie congenite e delle malattie genetiche e/o rare come chiave di volta per la prevenzione dell’handicap. 5)  Il rispetto dell’area pediatrica anche come ambiente di ricovero e cura di soggetti in età evolutiva, evitando il ricovero di bambini in strutture destinate al ricovero di pazienti in età adulta. 6)  La promozione della salute della donna con interventi dedicati alla patologia neoplastica (tumori del collo, dell’utero e della mam-mella per cui è documentata l’efficacia degli interventi di screening), alla osteoporosi in menopausa, alle problematiche uro-ginecologiche. 7)  La piena attuazione della legge n. 194/78. 8)  Garantire, ove possibile e anche sulla base di successive indica-zioni che verranno fornite dall’Assessorato, la continuità assistenziale in età pediatrica, evitando l’afflusso improprio presso i pronto soc-corso ospedalieri nelle ore notturne e festive quando non è operante l’assistenza del pediatra di famiglia.

AG. CL. CT. EN. ME. PA. RG. SR. TR.

1 Istituzione del Di.M.I. Si Si No No Si Si No No Si

2 Neurops. Inf. nel Di.M.I. Si Si No Si Si Si Si Si No

3 Collegamenti con i reparti di maternità degli Ospedali

Si Si ? ? Si Si Si No Si

4 Carta dei Servizi dei CC.FF. No No Si No No No No No Si

5 Riunioni abituali d’équipe Si No Si Si No Si Si No Si

6 Informazioni sui CCFF nel sito Web Si No Si No Si Si Si Si Si

7 Valutazione delle attività dei CC.FF. Si No No Si No Si No No Si 8 Corsi ECM per gli operatori No No Si Si Si Si Si No Si

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Manca il riferimento agli adolescenti, ma va ricordato che nel lu-glio dello stesso anno il Governo regionale approva una legge spe-ciale sulla famiglia (Legge Regionale n. 10 del 31/07/2003) nella quale viene individuata una serie articolata di interventi, che vanno dall’ambito socio-economico a quello più squisitamente sanitario per la tutela e la valorizzazione della famiglia.

È una legge ‘organica’ (come si diceva una volta) che vorrebbe definire e avviare una seria politica regionale per le famiglie, special-mente per quelle che trovano difficoltà di varia natura per formarsi e per portare avanti le finalità per le quale si costituiscono. Sono previ-sti interventi di natura economica, di sostegno al credito, interventi abitativi, concorso alle spese per le adozioni internazionali, sportelli per le famiglie, agevolazione dei compiti di assistenza per i lavoratori attraverso congedi parentali e migliore organizzazione dei tempi di vita e di lavoro, centri di accoglienza…

Viene dato grande rilievo (art. 5) agli interventi per il sostegno e la promozione della procreazione responsabile enfatizzando il ruolo dei consultori familiari pubblici e privati convenzionati, alla tutela della maternità e della vita nascente (art. 6), prevenendo le difficoltà che possano indurre all’interruzione di gravidanza con aiuti econo-mici o fornendo ospitalità alla madre presso famiglie o case alloggio; assicurando la continuità dell’assistenza dall’inizio della gravidanza fino all’allattamento; favorendo un nuovo rapporto tra partorienti e istituzioni socio-sanitarie, affinché il parto e il puerperio siano vis-suti come eventi naturali; si intende perfino predisporre un “servizio di parto a domicilio per le gestanti che ne facciano richiesta purché siano garantite condizioni igienico sanitarie di assoluta sicurezza per la madre e per il nascituro”; si vuole assicurare al bambino, in ambito ospedaliero, la continuità del rapporto familiare affettivo. E a tal riguardo la Legge 10 prevede che in ogni reparto di pediatria venga assicurata la presenza di uno psicologo. 14

Come si può notare da quanto detto, non manca in Sicilia – come

del resto a livello nazionale – la normativa di riferimento nella quale

14Presenza che quando scriviamo non è rilevabile in nessuno dei reparti di pediatria esistenti all’interno delle Aziende Ospedaliere o dei Presidi più importanti!

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vengono disegnate e descritte, spesso con buona padronanza tecni-ca, le situazioni di partenza, spiegate le ragioni e le giustificazioni di certi disservizi e indicate le soluzioni. Il limite di tutte le buone leggi è che occorre poi … una volontà politica determinata per applicarle e questa volontà in Sicilia non sembra essere stata molto presente, pur nell’alternanza dei vari schieramenti politici.

Anche l’individuazione di strumenti ‘tecnici’, indispensabili per dotare la politica di mezzi di programmazione e di pianificazione, non è andata mai a buon fine e ogni nuovo governo che entra in scena spesso non possiede quegli elementi di conoscenza e di com-petenza che ne dovrebbero ispirare e guidarne l’azione. Due esem-pi di questa discrasia sono l’Osservatorio regionale sulla Famiglia e l’Osservatorio Epidemiologico.

osservatorio regionale sulla Famiglia

Che le problematiche sociali e sanitarie incontrate dalle famiglie debbano essere oggetto di una osservazione e di una rilevazione per-manente è fuori dubbio. Impossibile oggi programmare una politica di interventi o una organizzazione di servizi senza avere a disposizio-ne dati aggiornati sulla popolazione, sulla distribuzione di essa nel territorio, sulla evoluzione demografica, sulla reale composizione dei nuclei familiari, sulle caratteristiche socio-culturali delle comunità di riferimento, sui bisogni più diffusi in relazione alla salute, all’abitazio-ne, al lavoro, all’istruzione…

Tale necessità è stata più volte segnalata agli organi responsabili e più di un Governo Regionale periodicamente ha tentato di organiz-zare uffici o ‘osservatori’ (come è uso definirli da un po’ di tempo) di rilevazione, di ricerca e di analisi dei fenomeni sociali e in particolare delle condizioni delle famiglie siciliane.

Già nel 2000 (D.A. n. 2067 del 13/12/2000) era stato istituito l’os-servatorio regionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, con i compiti seguenti:

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1. conoscenza della condizione del minore e della famiglia anche con approfondimenti e studi su temi specifici e iniziative di formazione sulle condizioni dei minori;

2. sensibilizzazione e promozione della conoscenza dei diritti dell’in-fanzia e dell’adolescenza e stesura di un rapporto annuale sulla condi-zione dell’infanzia e dell’adolescenza;

3. sostegno per l’elaborazione della programmazione degli interventi nelle aree materno-infantile, adolescenti,giovani e famiglie e per la defi-nizione dei budjets economici necessari per la gestione dei servizi;

4. organizzazione della Giornata Regionale sull’Infanzia e l’Adole-scenza;

5. coordinamento con l’Osservatorio Nazionale all’Infanzia e Adole-scenza e cura degli adempimenti connessi.

Nel 2004 tale Osservatorio viene assorbito all’interno dell’osser-vatorio permanente sulle Famiglie (istituito con il D.A. n. 834 del 31.3.2004 in forza dell’art. 18 della L.R. n. 10/2003) con sede in Pa-lermo presso l’Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del-le Autonomie Locali che (come si legge nel testo) vuole essere uno “strumento privilegiato per concorrere a migliorare la qualità della vita delle famiglie, per progettare politiche familiari innovative adeguate ed efficaci, rispondenti alla nuova complessità familiare”.

Vengono stabilite apposite norme per il funzionamento e per la sua composizione. Presieduto dall’Assessore regionale alla Famiglia, delle Politiche sociali e delle autonomie locali, è composto da 21 persone rappresentative di vari organismi pubblici e privati. Nelle intenzioni del legislatore questo osservatorio vuole essere uno strumento di in-formazione, collegamento e collaborazione tra i servizi, le associazio-ni, le organizzazioni pubbliche e private e, naturalmente, strumento di verifica e programmazione. Lo scopo finale è ambiziosissimo (“fa-vorire il sostegno alle famiglie e sviluppare politiche di promozione che comportano iniziative di coinvolgimento e protagonismo delle famiglie nella società, in una logica di Welfare mix.”), ma come strumento di osservazione della realtà sociale siciliana suoi obiettivi specifici sono soprattutto due:

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1) fornire in tempi ragionevoli alla Regione una conoscenza at-tendibile della realtà familiare, compresa la mappatura delle risorse esistenti, in modo da permettere una valutazione dell’efficacia delle politiche familiari;

2) sviluppare il collegamento, il confronto e la collaborazione tra i servizi (“creare un’occasione per raccordare le varie esperienze in atto tra i servizi pubblici, del privato sociale, del volontariato attraverso l’at-tivazione di una “rete” tra i servizi.”)

I mezzi attraverso cui realizzare questi obiettivi vengono individuati nella costituzione di una banca dati (per la raccolta ed il monitoraggio dei dati sulle famiglie, sui servizi, sulle richieste, sulle risposte); nell’or-ganizzazione di seminari, convegni, dibattiti, momenti di formazione comune; nell’attivazione di ricerche su aree specifiche di particolare rilevanza. Naturalmente tutto questo intenso lavoro, che richiede un coordinamento adeguato per essere portato avanti (e nel decreto se ne ribadisce la necessità) non può infine rimanere archiviato negli armadi dell’Assessorato. Si stabilisce pertanto che occorre dare ampia diffu-sione e circolazione dei data ‘osservati’ e ‘rilevati’ attraverso pubblica-zione periodica di documenti a carattere informativo o promozionale, di dati statistici o di altro genere.

Ma chi dovrebbe praticamente ‘fare il lavoro di osservazione?’ Chi dovrebbe stabilire ‘cosa’ osservare, con quali strumenti, con quali si-stemi e metodi? L’osservatorio, si legge sempre nel decreto di istitu-zione, si avvale di un Comitato tecnico-scientifico (che imposta e su-pervisiona tutto il lavoro tecnico), composto da 10 a 20 componenti, indicati dai membri aderenti all’Osservatorio, di gruppi di lavoro-ri-cerca e di esperti. Estremamente analitico nell’individuare i compiti di ognuno, i tempi e le priorità ‘procedurali’, i raccordi fra Osservatorio e Uffici dell’Assessorato…, buon senso richiederebbe che nel Decreto venisse almeno indicato un costo presunto dell’intera operazione e che prima dell’approvazione del D.A. il Responsabile avesse anche verificato sul relativo capitolo di bilancio l’esistenza di una congrua somma per avviare l’impegnativo progetto.

Succede invece che dopo l’individuazione dei componenti dell’Os-

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servatorio, tra settembre e novembre del 2005, passano 3 anni e mez-zo: nessuna notizia (almeno sul sito dell’Assessorato) sul lavoro suc-cessivo. Non è dato di sapere se l’assemblea si è riunita e quante volte; se è stato deciso qualcosa da fare; se sono stati chiamati degli esperti…

Certo è che un qualunque ricercatore che volesse acquisire un sem-plice dato demografico come, ad es. quante sono le famiglie con bam-bini da 6 a 11 anni o gli adolescenti tra 11-15 anni interessati da pro-blemi di dispersione scolastica o le giovani coppie con problemi abi-tativi o i bambini in istituto …. deve rivolgere altrove le sue ricerche, perché la promessa ‘banca dati” non è ancora stata neppure disegnata.

Dipartimento osservatorio Epidemiologico

Istituito presso l’Assessorato regionale della sanità con la legge 6 gennaio 1981 n° 6, art. 18, l’Osservatorio Epidemiologico ha tra gli altri il compito di “ fornire tutte le informazioni di supporto necessarie alla Regione per l’attuazione delle attività di programmazione sanita-ria, di valutazione dell’efficacia, e dell’efficienza in materia sanitaria, di controllo di qualità del prodotto sanitario”. Nel 2000 è stato costituito in Dipartimento e aaffidato dal marzo 2001 al Dr. A. Mira, che lo ha diretto fino al 2007.

Uno dei compiti principali del Dipartimento è quello di acquisire ed elaborare i dati sulle nascite. Dal luglio 2001 (cfr. Decreto 16 luglio 2001, n. 349) è in vigore un nuovo sistema di rilevazione dei dati di sanità pubblica e statistici di base relativi agli eventi di nascita, alla nati-mortalità ed ai nati affetti da malformazioni. Il vecchio certificato di assistenza al parto (CeDAP) assolveva alla doppia funzione di sta-tistica sanitaria e di atto amministrativo. Dal CeDAP, infatti, gli uffi-ci di stato civile dei comuni ricavano gli estremi per la compilazione dell’atto di nascita e le informazioni da inviare all’’ISTAT. A seguito dell’entrata in vigore della legge 675/96 sulla privacy, sono entrate in vigore disposizioni normative che hanno modificato le modalità di rilevazione, di trasmissione e di utilizzo dei dati. In modo particolare è intervenuto il divieto di trasmettere le informazioni sanitarie contenu-te nel CeDAP a strutture diverse da quelle del Sistema Sanitario. Così la recente normativa ha introdotto per la rilevazione sulle nascite una

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netta separazione tra il circuito anagrafico ed il circuito sanitario: al Comune possono essere trasmessi solo i dati necessari per compilare l’atto di nascita.

Le informazioni statistico-sanitarie sono rilevate attraverso il nuovo Certificato di Assistenza al Parto, da compilare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale secondo precise linee guida dettate dal Mi-nistero. Adottate in Sicilia attraverso il D.A. n°00401 del 2.4.2002 (in GURS n. 18 19-4-2002), esse contengono alcune disposizioni sul flus-so, il tracciato record e le modalità di trasmissione delle informazioni  dagli istituti di ricovero, dove avviene il parto, al Dipartimento Osser-vatorio Epidemiologico dell’Assessorato Regionale per la Sanità.

Due sono le diverse modalità di inoltro dei dati al Dipartimento: le Aziende Ospedaliere, i Policlinici Universitari e gli IRCCS lo fanno di-rettamente; le Azienda USL e gli istituti di ricovero che fanno capo ad una Azienda USl attraverso un ufficio dedicato (preferibilmente il SIl).

Così come per il flusso relativo alle SDO, è stato predisposto il software per la preparazione dell’invio dei dati al Dipartimento Os-servatorio Epidemiologico, che dovrà avvenire per via telematica, con periodicità trimestrale.

Mentre andiamo in stampa, apprendiamo da un quotidiano regio-nale che l’attuale dirigente del Dipartimento Attività Sanitarie e Os-servatorio Epidemiologico, dott.ssa M. A. Bullara, intende potenziare la dotazione informatica (in particolare quella dei SerT), migliorare la raccolta dati, stimolare i Direttori Generali ad una maggiore attenzio-ne verso i flussi informativi da fornire periodicamente alla Regione, prorogare per il biennio 2009-2010 le direttive per il completamento del Sistema Informativo Regionale.

riordino del Sistema Sanitario regionale

“Una delle esperienze più mortificanti, all’inizio del mandato, è stata dovere rappresentare una Regione che in campo sanitario aveva perso credibilità poiché il deficit aumentava anno dopo anno come logica conseguenza di una politica sanitaria non abbastanza rigorosa e organiz-zata”. Questa lucida affermazione, contenuta nel documento di sintesi

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con il quale l’assessore alla Sanità dr. M. Russo ha presentato nel giugno 2009 la Legge di riordino del Sistema Sanitario Regionale (Legge 14 aprile 2009 n. 5 Norme per il riordino del Servizio Sanita-rio Regionale) sintetizza il contesto nel quale si è venuta a trovare la Sanità siciliana, costretta nell’ultimo anno ad operare un “piano di rientro” economico, con il quale tenterà una inversione di ten-denza.

Le mete dichiarate sono: la diminuzione dei ricoveri ospedalieri (il tasso attuale è di 249 per 1000 abitanti, molto superiore al tasso del 180 per 1000 previsto dalla normativa nazionale); la riduzione della mobilità sanitaria, dovuta in massima parte a prestazioni sani-tarie (soprattutto di tipo chirurgico) che vengono cercate altrove, pur essendoci negli ospedali siciliani unità operative in grado di ef-fettuarle (ma che evidentemente non riscuotono fiducia e credito); riduzione dei posti-letto esistenti anche perché alto è il ricorso al ricovero ospedaliero, a fronte di un consistente numero di ricoveri e di trattamenti inappropriati, ed eccessivo il numero di strutture ospedaliere esistenti.

Sbilanciata verso un’assistenza ospedaliera (tra l’altro non di buona qualità) e poco attrezzata per quella territoriale, nella legge di riforma il governo Lombardo intende agire di conseguenza: rior-ganizzare anzitutto la rete ospedaliera aggregando in dipartimenti o strutture organizzative in casi di frammentazione e/o duplicazio-ne, accorpare e/o eliminare le strutture superflue o sovradimensio-nate, rifunzionalizzare i presidi ospedalieri. Il segno della svolta è già nel numero delle aziende indicate nel documento di riforma: da 9 Ausl, 17 aziende ospedaliere, 3 policlinici, 2 sperimentazioni gestionali, 1 ospedale classificato, 2 Irccs, si passa a 9 Asp (aziende sanitarie provinciali), 3 aziende ospedaliere di riferimento regio-nale, 2 aziende di alta specializzazione, 3 aziende ospedaliere/uni-versitarie. Dai 46 presidi ospedalieri si transita complessivamente a 20 distretti ospedalieri, che vengono ‘ancorati’ alle 9 Aziende provinciali, pur con una certa autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria (saranno infatti guidati da un coordinatore sanitario e da un coordinatore amministrativo, individuati dal di-rettore generale).

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Nell’ambito del distretto sanitario troveranno collocazione la pre-venzione individuale o collettiva, diagnosi, cura, riabilitazione ed educazione sanitaria e i presidi territoriali di assistenza per: le cure primarie (UTAP, continuità assistenziale, cure domiciliari, diagnosti-ca specialistica, piccolo chirurgia d’emergenza, ricoveri bassa e me-dia complessità, riabilitazione, assistenza patologie croniche), i servizi socio-sanitari integrati con le prestazioni sociali; i servizi a favore dei minori e famiglie con bisogni complessi, i servizi di salute mentale e tossicodipendenze. Lo scopo è anche quello di rendere effettiva l’in-tegrazione socio-sanitaria, prevista dalla legge 328/2000 e una quali-ficazione di questa può venire anche attraverso un compiuto coinvol-gimento dei medici di medicina genrale e dei pediatri di libera scelta.

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La nuova articolazione delle Aziende Sanitarie Provinciali nelle tabelle seguenti.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

La nuova architettura della Sistema Sanitario Siciliano è un primo passo verso la realizzazione di un disegno abbastanza complesso, che vuol far dimenticare tanti episodi di malasanità, di disorganizzazione, di lentezze assistenziali, di disparità di trattamento. Riaffermare i prin-cipi della ‘centralità del malato’, dell’universalità e parità di accesso ai servizi sanitari, dell’appropriatezza del percorso di accoglienza, presa in carico, cura e dimissione, far osservare i L.E.A., assicurando appropria-tezza e uniformità su tutto il territorio è un’espressione di intenzionalità politiche apprezzabile, ma a questa deve seguire una reale capacità di governance dei processi organizzativi, efficace e coerente.

A livello regionale è stato già operato il riordino dell’Assessorato alla Sanità con una diversa articolazione delle Aree e dei Servizi attorno a due dipartimenti: il Dipartimento per la pianificazione strategica e il Di-partimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico. I Con-sultori Familiari afferiscono al Servizio 8 – Programmazione territoriale ed integrazione socio-sanitaria del Dipartimento per la pianificazione stra-tegica.

Il metodo di lavoro promosso dall’ass. Russo – programmazione, obiettivi, controlli, responsabilità, premialità e sanzioni - sembra produr-re buoni frutti. Già nominati i nuovi Direttori Generali, avviati i lavori per il Piano sanitario regionale triennale, conclusa la contrattazione integrati-va con le OO.SS. con la stesura di linee guida su importanti aspetti orga-nizzativi: sono segnali di un clima diverso, che ci auguriamo possa portare anche ad una nuova attenzione nei confronti delle attività e delle finalità dei Consultori Familiari, che possono svolgere se potenziati nelle risorse e nel personale, una funzione strategica importante nella promozione della salute e del benessere della popolazione siciliana.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

1. 4 - Indagine descrittiva dei Consultori Familiari in Sicilia

Il Gruppo di Lavoro, promosso dall’Ordine degli Psicologi, ha condotto tra il 2007 e il 2008 una estesa e accurata ricognizione dei Consultori Familiari, provincia per provincia, verificando sedi, in-dirizzi, numeri di telefono, orari di apertura al pubblico, personale psicologico, contesto organizzativo di riferimento, tipologia delle attività psicologiche.

Le indicazioni relative ai presidi ospedalieri delle singole asl si riferiscono, naturalmente, alla situazione esistente prima dell’entrata in vigore del riordino (1. settembre. 2009).

organizzazione

Presenti nei 7 Distretti Sanitari dai quali è composta l’ASL 1 (Agri-gento, Bivona, Canicatti, Casteltermini, Licata, Ribera, Sciacca), i 22 Consultori Familiari (2 dei quali ‘privati convenzionati’) oltre a svolgere le attività istituzionali previste dalla legge, portano avanti dei progetti specifici anche in collegamento con l’Ufficio Aziendale per i progetti di prevenzione in ambito scolastico. 15

15 È stata istituita una rete di Osservatori Distrettuali per i progetti di prevenzione con l’intento di conferire una cornice istituzionale, riconoscibile e stabile, alla progettazione e al confronto fra gli operatori che svolgono attività di prevenzione in collaborazione con le istituzioni scolastiche. Compito di ogni Osservatorio è favorire un’adeguata distribuzione delle risorse impegnate nella prevenzione scolastica, in termini sia quantitativi che temporali, con iniziative volte al superamento della frammentarietà, ridondanza e sovrapposizione degli interventi. A tal scopo si incoraggia una progettualità dal carattere pluridisciplinare e si sostengono i processi che facilitino l’avvicendarsi di risorse provenienti da ambiti diversi.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

I Consultori Familiari dell’ASL 1 afferiscono dal punto di vista or-ganizzativo al Dipartimento Materno Infantile, che – pur formalmen-te istituito – di fatto non è ancora operativo. Fanno parte del Di.M.I. anche le Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile.

La mancata attuazione dell’assetto dipartimentale favorisce una certa frammentazione e disomogeneità dei servizi consultoriali che, in assenza di una programmazione condivisa, operano in modo abba-stanza indipendente e autonomo.

In ogni Consultorio dovrebbe essere presente formalmente un’équipe formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assistente sociale, 1 infermiere e/o assistente sanitario. In realtà le uniche figure presenti a tempo pieno nei 22 consultori sono il medico ginecologo, l’infermiere e/o assistente sanitario e, parzialmente, l’as-sistente sociale.

lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 10 consultori; com-pletamente assente in 4; a tempo parziale negli altri 8.

I collegamenti con i 3 Presidi Ospedalieri, gestiti direttamente dalla ASL (il “Barone Lombardo” di Canicattì, il “San Giacomo d’Altopasso” di Licata e il “F.lli Parlapiano” di Ribera) - al cui interno sono presenti i reparti di ostetricia e ginecologia – sono tenuti direttamente dagli operatori, che curano gli invii. Lo stesso succede con l’Azienda Ospe-daliera “S. Giovanni di Dio“ di Agrigento, al cui interno sono attive l’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia (con 30 posti letto) e l’U.O. di Terapia Intensiva Neonatale.

Nel rispetto delle peculiarità istituzionali proprie di ogni servizio, l’attività dell’Osservatorio indirizza il confronto tra gli operatori verso una possibile migliore definizione dei diversi ambiti di intervento. Ciò anche allo scopo di presentare alle istituzioni scolastiche un più chiaro sistema di referenze. A tal riguardo consulta: http://www.asl1ag.it/progetti%20scolastici%20aziendali.htm).

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Informazione

L’informazione sulle attività e sulle iniziative promosse dai Consulto-ri Familiari è affidata in genere alle singole UU.OO., alcune delle quali hanno prodotto episodicamente materiale divulgativo.

Sul sito ufficiale della ASL sono attivi dei links ai singoli distretti (http://www.asl1ag.it/distretti.htm) con l’indicazione dei Consultori Familiari (sede, indirizzo, numeri telefonici, orari di apertura).

Dalla verifica del Gruppo di Lavoro alcune di queste informazioni non risultano aggiornate. Non vengono illustrate sul sito le caratteristi-che specifiche delle attività e degli interventi, offerti dai Consultori Fa-miliari, né i profili professionali degli operatori che vi sono impegnati.

Evidentemente si da per scontato che l’utenza conosca ormai attività e finalità dei Consultori Familiari e che una informazione a riguardo possa risultare superflua.

Se ciò è in parte vero per coloro che effettivamente vi si rivolgono - raramente gli operatori hanno segnalato richieste inappropriate - non sono state fatte indagini o ricerche sul campo per appurare la reale co-noscenza dei servizi offerti da parte della popolazione residente.

Non è stata prodotta dalla ASL una Carta dei Servizi specifica per i Consultori Familiari né materiale informativo con target ben definiti.

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari possiedono locali idonei e ben attrezzati. La registrazione del flusso utenti è stata informatizza-ta. È stato adottato un software specifico per raccogliere e archiviare i dati (comprese tipologia e frequenze di prestazioni e attività), anche se non ancora messo interamente a sistema. Quasi tutti i consultori sono dotati di ecografo.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

AGRIGENTO

(convenzionato) VIA DANTE 49

Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) Dr.ssa Cassesi

AGRIGENTO VIA DELLA VITTORIA Lun/ven (9,00-12,00) 0922.407381 Dr.ssa Milano

ARAGONA VIA DARWIN 46

Via Cairoli,1

Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.37022 Dr. Furchì (50%)

BIVONA CONTRADA CAPPUCCINI

13 Lun/ven (8,30-13,30) mar e gio

(5,30-16,30) 0922.986423 Dr.ssa Figliuolo (50%)

BURGIO VIA LEONE Dr. Livoti (50%)

CAMMARATA VIA LIBERTA' 22 Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.907013/1

5 Dr. Pinelli (50%)

CANICATTI' VIA P. MICCA 8 Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.733581 Dr. Infurchia

CASTELTERMINI VIA KENNEDY Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.929136 Dr. Pinelli (50%)

FAVARA VIA LIGURIA 1

Via della Sanità Lun/ven (9,30-12,00) 0922.429023 Dr. Furchì (50%)

FAVARA (convenzionato)

VIA A. MORO 56 Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) Dr.ssa Vallì

LICATA C/O OSP. S. GIACOMO Lun/ven (9,00-12,00); lun, mar e gio (15,30-17,30)

0922.776422 Dr.ssa Bonvissuto

MENFI C/O PRES.

OSPEDALIERO Lun/ven (8,30-13,30) 0925.72761 Dr. Robertazzo (65%)

NARO VIA DON GUANELLA Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.956026 Dr. Pagliarello

PALMA DI MONTECHIARO

VIA TEN. PALMA Lun/ven (8,30-12,30) mar

e gio (16,00-18,00) 0922.790265 (Assente)

PORTO EMPEDOCLE

VIA AGRIGENTO 1 C/da Inficherna

Lun/ven (9,30-12,30) lun e gio (16,00-17,30)

0922.435609 Dr.ssa Picone

RACALMUTO VIA F. VILLA

Via Circonvallazione

Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio (16,00-18,00)

0922.942072 Dr. Robertazzo (35%)

RAFFADALI VIA MOSCA Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.473263 Dr.ssa Cuffaro

RAVANUSA VIA LAURICELLA 12 Lun/ven (9,00-12,00) lun e gio

(16,00-18,00) 0922.880330 Dr. D’Auria

RIBERA VIA LIGURIA 1 Lun/ven (8,00-14,00) lun e

gio (15,30-18,30) 0925.62806 Dr. Livoti (50%)

S. BIAGIO PLATANI

VIA VITTORIO VENETO

Att. Amb: lun (9-13); pom (15,30-18)

Att.progr: Merc Gio, Ven. (9-13)

Spaziogiovani: Gio (15,30-18,30)

0922.918565 Dr. Figliuolo (50%)

S. MARGHERITA

BELICE VIA CANNITELLO Lun/sab (8,30-13,30) 0925.311111 (Assente)

SCIACCA VIA P. GERARDI Lun/sab (8,30-13,30) 0925.23968 Dr.ssa Scicolone

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Informazione Sul sito ufficiale della ASL, rinnovato nel mese di dicembre 2008 –

www.ausl2.caltanissetta.it - le informazioni riguardanti i Consultori si tro-vano sia all’interno del Dipartimento Materno Infantile che all’interno dei 4 Distretti.

Il Di.M.I. è articolato in 4 Unità Operative: U.O. Ostetricia e Gineco-logia, U.O. Consultori, U.O. Pediatria, U.O. Medicina Scolastica. L’U.O. di Medicina Scolastica eroga prestazioni di medicina preventiva, esegue screening su temi di salute pubblica a rilevanza sociale, collabora con il corpo docente delle scuole a campagne di educazione sanitaria, vigila sull’igiene delle scuole.

L’Unità di Neuropsichiatria Infantile eroga prestazioni mediche, psico-logiche, sociali e pedagogiche. Esegue visite su soggetti portatori di han-dicap, formula le diagnosi, imposta il piano terapeutico, esegue i tratta-menti necessari in via diretta o per tramite strutture accreditate, control-la l’andamento dei progressi terapeutici presso le strutture accreditate, formula i PEI (piani educativi individuali) e segala i casi di necessità di sostegno scolastico. Collabora con enti pubblici ed accreditati.

Le Unità di Pediatria ospedaliera assicurano prestazioni ambula-toriali in day-hospital ed in regime di ricovero ordinario secondo i livelli di assistenza compatibili con la organizzazione ospedaliera in cui insistono. Offrono consulenze a pazienti che si rivolgono al pronto soccorso anche in regime di pronta reperibilità. Assistono la donna durante il parto, visitano il neonato alla nascita e lo seguono fino alla dimissione.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Le Unità di Ostetricia e Ginecologia erogano prestazioni medico chirurgiche in regime di ambulatorio, di ricovero ordinario, di day-hospital, di day surgery sia di carattere ostetrico che di carattere gine-cologico. Assicurano assistenza di pronto soccorso anche con il ricor-so alla pronta disponibilità.

Per quanto riguarda i Consultori Familiari sono state eliminate, rispetto al sito precedente, tutte le informazioni riguardanti le finali-tà e le prestazioni offerte, informazioni molto utili dal punto di vista dell’utente, che in questo modo si trova ad essere piuttosto disorienta-to su cosa può effettivamente richiedere al consultorio familiare.

Sul sito vengono indicati ben 14 consultori attivi con il relativo nu-mero di telefono e gli orari di apertura. Queste le sedi indicate: Calta-nissetta, Gela, Riesi, Sommatino, S.Caterina, San Cataldo, Serradifal-co, Mazzarino, Mussomeli, Niscemi, Resuttano, Vallelunga. Di alcune sedi manca l’indirizzo; in realtà sono 13 perché Il C.F. di Resuttano è sede distaccata di quello di Santa Caterina.

Viene ricordato che l’accesso, oltre ad essere gratuito, può avvenire direttamente o per appuntamento, ma non viene fornita alcuna infor-mazione sulle figure professionali presenti.

Non è stata prodotta dalla ASL una Carta dei Servizi specifica per i

Consultori Familiari né materiale informativo di alcun genere. L’infor-mazione sulle attività e sulle iniziative promosse dai Consultori Fami-liari è affidata in genere alle singole UU.OO., alcune delle quali hanno prodotto episodicamente materiale divulgativo.

organizzazione

I Consultori, pur afferendo funzionalmente al Di.M.I., sono col-locati all’interno dei 4 Distretti, nei quali è composta l’Azienda: Calta-nissetta, Mussomeli, San Cataldo, Gela.

lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 6 consultori; comple-

tamente assente in 5; a tempo parziale negli altri 2.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

I reparti di Ostetricia e Ginecologia presenti nei Presidi Ospedalieri di San Cataldo, Niscemi, Mazzarino e Gela; probabilmente alcuni di questi reparti,o addirittura gli ospedali chiuderanno a seguito del riordino della Sanità siciliana.

Nel territorio è anche presente l’Azienda Ospedaliera “S.Elia”, al cui interno è attivo il Dipartimento Materno Infantile, composto da due Uni-tà Operative: Ostetricia e Ginecologia – Pediatria e Neonatologia. Non esiste nessun protocollo d’intesa fra l’Azienda Ospedaliera e i consultori familiari e i rapporti sono, in genere, tenuti tramite i singoli operatori.

locali e attrezzature

Caltanissetta 1: locali ed attrezzature adeguati (è presente il colposco-pio). Caltanisetta 2: locali sufficienti; manca una sala dove svolgere atti-vità collettive o il Corso di preparazione alla nascita; buoni gli arredi e le attrezzature informatiche; attrezzature mediche carenti (mancano l’eco-grafo e il colposcopio, mentre il cardiotocografo è stato dato in prestito all’ospedale di San Cataldo che non l’ha restituito); adeguati gli arredi. Sommatino: carenti i locali, attrezzature mediche adeguate (è in dotazio-ne l’ecografo). Santa Caterina - resuttano: carenti i locali, attrezzature mediche adeguate

riesi, Serradifalco, Vallelunga: locali ed attrezzature mediche adegua-ti. San Cataldo:locali adeguati, attrezzature mediche carenti. Mussomeli: il consultorio è stato momentaneamente trasferito in un appartamento, messo a disposizione dal Comune, allocato presso gli alloggi popolari del-la cittadina. questa sistemazione ha arrecato disagi di non poco conto perché trattasi di locali non a destinazione sanitaria; probabilmente, il CF non verrà inserito nuovamente nel vecchio presidio, poiché il piano di ristrutturazione non ne prevede al suo interno i locali. In atto, agli opera-tori, non è nota quale sarà la futura collocazione. Le attrezzature del CF di Mussomeli sono carenti. Mazzarino – Butera: locali ristrutturati ma numericamente inadeguati per un’équipe al completo. Peraltro uno dei locali è condiviso con l’Ufficio della Commissione medica per l’invalidità civile. Le attrezzature ginecologiche sono obsolete, inadeguati gli arredi. Niscemi: locali ed attrezzature mediche adeguate (sono presenti l’eco-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

grafo e il colposcopio). Gela 1: Locali ed attrezzature mediche adeguati. Gela 2: Locali ottimi (è, pure, presente una stanza dedicata alle riunioni e ai corsi di preparazione alla nascita), gli arredi sono carenti, essenziali le attrezzature ginecologiche

Quasi tutti gli psicologi dei Consultori lamentano la carenza di mate-riale psicodiagnostico.

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

organizzazione

Presenti negli 11 Distretti Sanitari dai quali è composta l’ASL 3 (Cata-nia 1, Catania 2, Catania 3, Acireale, Adrano, Bronte, Caltagirone, Giarre, Gravina, Palagonia, Paternò) i Consultori Familiari sono in tutto 33, due dei quali convenzionati (anche se uno dei due non ha avuto rinnovata la convenzione dal 2008).

I Consultori Familiari dell’ASL 3 afferiscono dal punto di vista orga-nizzativo al Settore Medicina di Base – Servizio Materno Infantile, del quale non fanno parte (come in altre asl siciliane) le Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile, afferenti al Servizio di Neuropsichiatria Infantile, un Servizio che aspira ad avere riconosciuta una dimensione dipartimentale, anche perché dotato – unico in Sicilia – di un Servizio Ospedaliero con possibilità di ricovero di minori (6 posti letto), presso il Presidio di Acireale.

La mancata attivazione dell’assetto dipartimentale del Materno Infan-

tile ha favorito una certa frammentazione e disomogeneità dei servizi che, in assenza di una programmazione condivisa, anche nella ASL 3 operano in modo abbastanza indipendente, autonomo e non coordinato.

In ogni Consultorio dovrebbe essere presente formalmente un’équipe formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assistente so-ciale, 1 infermiere e/o assistente sanitario.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

In realtà lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 20 consul-tori; presente al 50% in altri 7; assente del tutto nei restanti 6.

I collegamenti con i Presidi Ospedalieri, gestiti direttamente dalla ASL (il “S. Marta e S. Venera” di Acireale, il P.O. di Biancavilla, il P.O. di Bronte, il P.O. di Paternò, il P.O. di Giarre, il P.O. di Militello) - al cui interno sono presenti reparti di ostetricia e ginecologia – sono te-nuti direttamente dagli operatori.

Nel territorio catanese ci sono anche 4 grosse Aziende Ospedaliere (3 in città – “Cannizzaro”, “Garibaldi”, “Vittorio Emanuele” – e 1 a Caltagirone “Gravina”) e un Policlinico Universitario con attività di ostetricia, di ginecologia e di neonatologia piuttosto intense.

Dell’ A.O. Vittorio Emanuele fa parte il “Santo Bambino”, sede ‘storica’ di nascite per i Catanesi, e il “Ferrarotto”. Il “Santo Bambino” offre 2 Divisioni di Ostetricia e Ginecologia, una Divisione di Neona-tologia con UTIN, un Istituto di Patologia Ostetrica e Ginecologica, un Istituto per la talassemia.

Al “Santo Bambino” è presente anche un Servizio di Psicologia (4 dipendenti + 3 a contratto), che svolge un intenso lavoro su tematiche “trasversali” (dalla psicoprofilassi al parto alla consulenza psicologica, alla formazione del personale, alla psicoterapia…).

Non ci risulta che siano stati sottoscritti protocolli di intesa fra l’Asl 3 e le 4 Aziende Ospedaliere al fine di rendere operativo l’auspicato ‘pontè fra ospedalità e territorio, suggerito dal Progetto Obiettivo. Come sempre è l’utente che – di fronte all’emergenza di un bisogno ‘sanitario’ – deve cercare la risposta attraverso conoscenze e informa-zioni personali. La prassi abituale è quella di “affidarsi” ad un medico ginecologo di fiducia, che poi orienta e invia ad altre strutture private e/o pubbliche.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Informazione

Pur possedendo un sito gradevole e articolato – www.ausl3.ct.it - se si vogliono trovare informazioni sui Consultori Familiari, bisogna cercare con molta pazienza. L’Asl 3, infatti, si presenta ancora orga-nizzata in Settori (Amministrativi e Sanitari) e se si clicca su Assistenza Sanitaria di Base nessun link porterà ai Consultori. Tornando all’home page e cercando in Distretti Sanitari si trova una tabella generale che informa dei Servizi Aziendali che sono presenti in ogni Distretto. Fra questi il Consultorio Familiare, del quale viene indicata la sede, il nu-mero di telefono, l’orario di apertura, ma non in tutti i casi.

L’informazione sulle attività del consultorio, infatti, non è né univo-ca né completa. Nel Distretto di Catania 2, ad esempio, si legge che il consultorio offre: consulenza per maternità e paternità responsabile, con-sulenza per interruzione volontaria di gravidanza, prevenzione oncologica dell´apparato genitale femminile, educazione sessuale. Il Consultorio del Distretto di Caltagirone presenta un elenco più analitico: visita gineco-logica, visita senologica, PAP-Test, informazione contraccezione, malattie sessualmente trasmissibili, consulenze di sessuologia, sociali, prematrimo-niali, educazione sanitaria nelle scuole, preparazione al parto, assistenza psicologica della donna in stato di gravidanza, psicosociale per la prepara-zione della maternità e paternità. Nel Distretto di Paternò c’é solo l’indi-cazione: Consultorio Familiare. In altri due distretti (Gravina e Giarre) - pur essendo attivi – del Consultorio nessuna traccia.

Nella Carta dei Servizi della ASL, consultabile anche nel sito in for-mato .pdf, i Consultori Familiari non sono presenti nella Parte Gene-rale, che pure illustra i vari servizi sanitari territoriali e ospedalieri. Per saperne qualcosa occorre aprire i singoli link dei distretti, dove vengono fornite informazioni su sedi, indirizzi, numeri telefonici, orari di apertu-ra e un breve elenco delle attività che vi si svolgono. La schermata delle prestazioni, ripetuta identica per gli 11 distretti, recita:

- Consulenza per maternità e paternità responsabile- Consulenza per interruzione volontaria di gravidanza;

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

- Prevenzione oncologica dell’apparato genitale femminile- Educazione sessuale- Spazio giovani

Dalla verifica del Gruppo di Lavoro alcune di queste informazioni non risultano aggiornate. Non resta che consultare le Pagine Bianche, all’’interno delle quali - nello spazio di informazione di pubblica utili-tà – troviamo in ogni comune lo spazio dell’ASL 3. Ove presente, del Consultorio Familiare è indicato sempre il numero di telefono e fax; per alcuni anche l’indirizzo.

Mentre sui Consultori Familiari l’impegno informativo da parte dell’Azienda appare estremamente carente, su altri ‘servizi’ d’area l’attenzione e l’interesse a informare la popolazione sono evidenti. Proprio nella Parte Generale della Carta dei Servizi è ben eviden-ziata l’offerta in regime specialistico/ ambulatoriale di un Servizio di Ostetricia e Ginecologia del quale vengono analiticamente indicate le prestazioni (visita, Pap test, colposcopia, ecografia, cardiotomogra-fia, tutela della maternità responsabile L. 194\78, consulenza genetica e Tri-test, amniocentesi, isteroscopia, consulenza per la menopausa, screening oncologico) e le modalità di accesso (tel. 095/7716022, tel. 095/7716016 - Prenotazione tramite il numero verde 800553131).

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari possiede locali idonei, anche se non in tutte le sedi adeguati alle esigenze e dotate di idonee attrezzature.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CATANIA (Fossacreta)

Convenzionato Via Terre Forti 9/c

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00;

lunedì, martedì e

mercoledì dalle 16.30 alle 19.00

095.451624 Dr.ssa Gagliarda (50%) Dr.ssa Valpreda (50%)

CATANIA

(Vita Nuova - Convenzionato)

Via Emanuele Infantino 17

Da lunedì a venerdì

dalle 8.00 alle 14.00; martedì e mercoledì

dalle 15.00 alle 19.00

095.455838 Dr.sse DAMANTI e MAGLIA

CATANIA (LIBRINO)

Viale Bummacaro 17 - Librino

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

mercoledì dalle 15.00 alle 18.30 (spazio

giovani)

095.2545721 Dr.ssa S. LA ROSA

CATANIA Via Orfanelli 36

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00; mercoledì dalle 15.00

alle 18.30 (spazio giovani)

095.2535510/12 Dr.ssa D. AGOSTA

CATANIA 2 - Viale N. Martoglio 11

Da lunedì a venerdì

dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.30 alle 18.00

095.2545373 Dr.ssa LONGO

Dr.ssa C. DI CARLO

CATANIA Via Galermo 254

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.00;

martedì dalle 15.00 alle

095.511000 Dr.ssa.M. BONFIGLIO

CATANIA 2 - Via G. D’Annunzio 60

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.30 alle

18.00 (spazio giovani)

095.2545323 095.2545321

Dr.ssa M. SPAMPINATO Dr..ssa L. ALIOTO

MISTERBIANCO Via G. Galilei

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle 18.00

095.2545671 Dr.ssa S. ARTALE (50%)

ACIREALE Via Paolo Vasta 189

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle

18.00

095.7677357 Dr. S. PITTERA

ACICASTELLO Via Stazione 3

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.30 alle 18.00

095.7677701 095.7677705

Dr. I. ZINGALES

ACICATENA Via D’Agostino 37

Da lunedì a venerdì

dalle 8.30 alle 13.00; martedì dalle 15.00 alle

18.00

095.804854 Dr. SEMINARA

SANTA VENERINA

Via Mazzini s.n. Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00

095..954717 Dr.ssa CARDILE (50 %)

GIARRE Via Oberdan, 2/F

Da lunedì a venerdì

dalle 8.30 alle 13.00; martedì dalle 15.00 alle

17.30

095.7782664 Dr.ssa COPANI (50 %)

RIPOSTO Via Roma, 36

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle 17.30

095.7826401 Dr. E. SPUCCHES

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

FIUMEFREDDO Via Diaz 30

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì e giovedì dalle

15.30 alle 18.00

095.646274 Dr.ssa E. MATANO

LINGUAGLOSSA Via S. Nicola, 12

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle 18.00

095.7782479 Dr.ssa CARDILE (50%)

BRONTE Via Catania, 3

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00; lunedì dalle 14.30 alle

18.00

095.7746425 Dr. S. BELLISSIMA (70 %)

RANDAZZO Piazza S. Vincenzo 79

D lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00; mercoledì dalle 15.30

alle 17.30

095.7746728 -----------

TREMESTIERI E. Via Puleo

Da lunedì a venerdì

dalle 8.00 alle 13.00; martedì dalle 15.30 alle

18.30

095.7502309/310 Dr.A. SANSONE

PEDARA Via Etnea

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.00;

martedì dalle 16.00 alle 18.00

095.7027010 Dr.ssa ROSSI

S. GIOVANNI L.P. Via Duca d’Aosta 43/b

Lunedì, mercoledì e venerdì dalle 8.30 alle 13.00; martedì dalle

15.00 alle 18.00

095.7502226 Dr.ssa RACITI (50%)

Dr.ssa S. ARTALE (50%)

S. AGATA L.B. Via A. di S. Giuliano 24/a

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 13.00;

martedì dalle 15.30 alle 18.30

095.7502025 Dr.ssa SOTERA

BIANCAVILLA Via C. Colombo 104

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.00;

giovedì dalle 15.00 alle 17.00

095.7716811 Dr.ssa A. GERMANA’

ADRANO Piazza S. Agostino

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.30 alle 18.00

095.7716301 Dr. S. BELLISSIMA (30 %)

PATERNO’ Via Massa Carrara s.n.

Da lunedì a venerdì

dalle 8.30 alle 13.00; martedì dalle 15.30 alle

18.00

095.7975025 Dr.ssa G. BELLIA

SCORDIA Via Barchetta

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle

17.30

095.7943703 -----------

RAMACCA Piazza Cavallotti 1

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00;

martedì dalle 16.00 alle 18.00 (spazio giovani)

095.7943402 Dr. G. Artale (50%)

MILITELLO Via S. Francesco di Paola

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle 18.00

095.7943417 Dr. G. ARTALE (50%)

PALAGONIA Via Sondrio 1

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00;

martedì dalle 15.00 alle 18.00

095.7955354 ---------------

VIZZINI Viale Buccheri 43

Da lunedì a venerdì

dalle 8.30 alle 13.00; martedì dalle 15.30 alle

18.00

0933.962197 -----------

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

MIRABELLA I. Via Scollo 2

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30;

martedì dalle 15.00 alle

18.00

0933.991930 ------------

GRAMMICHELE Via dei Mille s.n.

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00;

martedì dalle 15.30 alle 18.00

0933.941560 Dr.ssa PAPA

CALTAGIRONE Via Madonna della Via 161/a

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 13.00;

martedì dalle 16.00 alle 18.00

0933.353711 ----------------

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

organizzazione

L’ASL 4 di Enna comprende 4 Distretti Sanitari (Enna, Agira, Ni-cosia, Piazza Armerina) e 3 Presidi Ospedalieri per l’emergenza di I livello (Ospedale “Ferro-Branciforti-Capra” di Leonforte; Ospedale “Basilotta” di Nicosia; Ospedale “M. Chiello” di Piazza Armerina) che offrono un’assistenza sanitaria ad una popolazione diffusa su un territorio piuttosto disomogeneo e con una rete di collegamenti non sempre facili. La scarsa densità della popolazione non rappresenta in questo caso un vantaggio dal momento che i servizi sanitari sono ne-cessariamente presenti solo nei grossi centri.

I Consultori Familiari attivi sono 10, presenti in ogni distretto. Af-feriscono al Dipartimento Materno Infantile, che elabora protocol-li attuativi, coordina le prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione a livello territoriale ed ospedaliero e garantisce la di-stribuzione delle risorse necessarie al conseguimento degli obiettivi prefissati, in particolare la tutela della salute delle donne in età fertile e dei soggetti in età evolutiva dal periodo prenatale all’adolescenza.

In ogni Consultorio dovrebbe essere presente formalmente un’équipe formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assistente sociale, 1 infermiere e/o assistente sanitario.

In realtà gli psicologi sono in tutto 6 e coprono a scavalco più consultori.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Informazione

L’Asl 4 di Enna è ben ‘presentata’ nel nuovo sito – www.ausl.enna.it – che unisce alla gradevolezza della grafica essenzialità e chiarezza nel-le informazioni. La mappa del sito si apre e si percorre con estrema intuibilità. Alle informazioni che riguardano i Consultori Familiari si accede attraverso il link del Dipartimento Materno Infantile. La pre-sentazione è diretta: “Il Consultorio Familiare è un servizio che rispon-de ai bisogni di salute, d’informazione sanitaria, d’educazione sessuale, di benessere psicologico di donne, uomini, coppie e famiglie”. Le presta-zioni offerte sono quelle tipiche del consultorio, alle quali ne vengono aggiunte alcune (piuttosto specifiche e particolari, come “lo yoga” o “la preparazione al parto in acqua”) probabilmente grazie alla presen-za in loco di operatori che praticano queste tecniche:

Visite ginecologiche-ostetriche Visite senologiche Spazio menopausa Spazio adolescenti Consulenza preconfezionale e per la sterilità Contraccezione e controlli in gravidanza Preparazione al parto Interruzione volontaria della gravidanza Prevenzione tumori del collo dell’utero (Pap-test) Prevenzione dei tumori del seno (senologia) Consulenza e segretariato sociale Informazioni sanitarie e sessuali Certificazioni medico-legali

(astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza) Visite psicologiche Corsi in piscina per menopausa Corsi in piscina per preparazione al parto:

gestanti, coppie e genitori/figli Ipnosi Yoga

Segue l’indicazione delle sedi (indirizzo e numero telefonico) dei 10 Consultori presenti, senza la specificazione degli operatori che vi lavorano né degli orari di apertura del servizio.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

locali e attrezzature Dalle schede di rilevazione dell’attività consultoriale, prodotte

dall’Azienda, si evincono giudizi differenziati sulla qualità di locali e attrezzature. Su 10 consultori, 5 hanno locali buoni; 4 mediocri; 1 fa-tiscenti. La metà di essi presenta barriere architettoniche. Solo 3 con-sultori su 10 hanno la disponibilità di una sala per incontri di gruppo. 7 consultori, oltre alla sede centrale, utilizzano saltuariamente per al-cune attività anche altrettante sedi distaccate.

Tutte le sedi possiedono un PC, ma soltanto una è collegata Intra-net e possiede una propria email.

Città Indirizzo Orari Apertura Telefono Psicologo

ENNA Via Messina 1

Lun. e merc. (9-13; 15-

17,30); Mar., giov., ven. (9-13)

0935.520667 Dr.ssa VACCARO (40 %)

Dr.ssa BARBARINO (20 %)

AGIRA Via Vittorio Emanuele 56

Lun. e giov. (9-13; 15-17); mart., merc. e ven. (9-13)

0935.697061 Dr. CASTROGIOVANNI

BARRAFRANCA

PIETRAPERZIA Corso Italia 1

Lun. e merc. (9-13; 15-17,30);

mart. ,giov., ven. (9-13);

0934.404003

0934.404009 Dr.ssa ARENA (20 %)

CENTURIPE

CATENANUOVA P.zza Mercato Vecchio

P.zza Etna

Lun., merc. e giov. (9-13; 15-17);

mart. e giov. (9-13); ven. (9-13)

0935.78039

0935.520956 --------

LEONFORTE Via G. Leopardi 7

Lun. e giov. (9-13; 15-17); mart., merc., ven. (9-13)

0935.904799 Dr.ssa DI BLASI

NICOSIA Via S. Giovanni Michele

Lun. e merc. (9-13; 15-18); mart. ,giov., ven. (9-13);

0935.671538 Dr. LOIBISO

PIAZZA ARM. Via Libero Grassi

Lun. e merc. (9-13; 15-17);

mart. e giov. (9-13); ven. (9-13)

0935.981851 Dr.ssa. ARENA (80 %)

TROINA Via Nuova del Carmine 10

Lun. e merc. (9-13; 15-17); mart. e giov. (9-13); ven.

(9-10,30)

0935.656221 (Assente)

VALGUARNERA Via Convento 2

Lun. e giov. (9-13; 15-17); mart., merc. e ven. (9-13);

0935.955524 Dr.ssa BARBARINO (80%)

CALASCIBETTA

VILLAROSA

Via Maddalena 149

Viale Europa 2

Lun. e merc. (9-13; 15-

17,30); Mar., giov., ven. (9-13)

0935.520221 0935.520225

Dr.ssa VACCARO (60 %)

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

organizzazione

Estesa per 3.247 kmq e attraversata da due imponenti catene mon-tuose (i Peloritani sul versante ionico e i Nebrodi sul versante tirre-nico), la provincia di Messina conta ben 108 comuni, con una rete stradale di collegamento buona nelle aree pianeggianti scarsa in quelle montane. L’accessibilità ai servizi sanitari è pertanto fortemente diso-mogenea.

L’ASL 5 presenta, di massima, una organizzazione simile alle altre unità sanitarie siciliane: i distretti sanitari sono 9 (Taormina, Messina Sud, Messina Nord, Milazzo, Lipari, Barcellona P.G., Patti, Ristretta, S. Agata MIlitello) e 7 i Presidi Ospedalieri (Taormina, Milazzo, Barcel-lona P.G., Patti, Ristretta, S. Agata Militello). Nella città di Messina sono presenti anche due Aziende Ospedaliere (A.O. Piemonte e A.O. Papardo) e un Policlinico Universitario.

Il Dipartimento Materno Infantile è stato attivato da qualche anno ed esplica, come previsto nel P.O.M.I. due gruppi di funzioni, ospeda-liere e territoriali. Nelle prime confluiscono le attività delle UU.OO di pediatria, di ostetricia e ginecologia (presenti nei presidi ospedalieri); nelle seconde le attività dei consultori familiari e quelle delle UU.OO. di Neuropsichiatria Infantile, che fino al 2000 facevano parte del Di-partimento di Salute Mentale.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

In ognuno dei 30 consultori attivi (tre dei quali convenzionati) do-vrebbe essere presente formalmente un’équipe formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assistente sociale, 1 infermiere e/o assistente sanitario.

In realtà lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 15 consul-tori; presente al 50% in altri 8; assente del tutto in 7.

Non ci risulta che siano stati sottoscritti protocolli di intesa fra l’Asl 5 e le 2 Aziende Ospedaliere e il Policlinico al fine di rendere opera-tivo l’auspicato ponte fra ospedalità e territorio, come suggerito dal Progetto Obiettivo.

Informazione

Estremamente carente è l’informazione da parte della ASL su tutta l’at-tività offerta dai servizi sanitari. Sul sito ufficiale www.ausl5.messina.it (po-vero nella grafica e ancor di più nei contenuti) nessuna informazione sui consultori esistenti, sulla loro ubicazione, sulle prestazioni erogate, sul personale che ci lavora.

Gli unici documenti presenti nel sito sono quelli che riguarda-no l’organizzazione amministrativa e burocratica dell’Azienda (atto aziendale, delibere organizzative…) ad eccezione del Dipartimento di Salute Mentale, che si è dotato di un proprio sito linkato a quello aziendale, ricco di informazioni e di notizie.

Esisterà sicuramente una Carta dei servizi … ma è stato difficile reperirla. Così le uniche informazioni sui Consultori Familiari sono quelle che possono ricavarsi dall’elenco telefonico…

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari possiede locali idonei e attrezzature di base, anche se non è stato possibile verificare analitica-mente la consistenza e l’appropriatezza.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

CITTA' INDIRIZZO ORARIO APERTURA TELEFONO PSICOLOGO

MESSINA Via Monte Scuderi

VILLA LINA

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 13.00; lunedì e mercoledì dalle 15.30 alle

17.00

090.42640 Dr.ssa Truglio Rizzo

MESSINA VIA DEL VESPRO is. 289

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; lunedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

090.3653584 Dr.ssa Dominici (50%)

MESSINA c/o ex-Ospedale R.

Margherita

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.00; lunedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

090.3653756 Dr.ssa Smedile (50%)

MESSINA VIA S. FAMIGLIA 7

CONTESSE

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; lunedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

Dr.ssa Smedile (50%)

MESSINA TREMESTIERI - S.S. 114

Km 5200 - PISTUNINA

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; lunedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

090.365204 Dr.ssa Sidoti

MESSINA VIA D'ANFUSO -

VILLAGGIO ALDISIO

Da lunedì a venerdì

dalle9.00 alle 12.00;

lunedì e giovedì dalle

15.30 alle 17.30

090.3653584 Dr.ssa Dominici (50%)

MESSINA

(convenzionato)

Via Madaffari 28

TORRE FARO

Da lunedì a venerdì dalle

9.30 alle 12.30 e dalle

16.00 alle 18.30

090.321336 Dr.ssa Lazzarotto (50%)

ACQUEDOLCI Contrada Buon Riposo 0941.727357

BARCELLONA P.G. VIA KENNEDY 110 BIS

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

090.9799641 Dr. C. Riggi

BROLO VIA TRENTO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.00 alle

17.00

0941.562663 Dr.ssa Lo Presti (50%)

CAPO D'ORLANDO VIA C. COLOMBO 15

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.30; giovedì

dalle 16.00 alle 18.00

0941.912355 Dr.ssa Natoli

CASTELL'UMBERTO VIA C. BATTISTI 20 0941.438861 -

FRANCAVILLA DI S. VIA DEI MULINI 1

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 16.00 alle

19.00

0942.98571 Dr.ssa F. Grasso

GIARDINI NAXOS

(convenzionato)

VIA NAXOS 96

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 16.00 alle

19.00

0942.52634 Dr.ssa Parisi

GIOIOSA MAREA VIA RAGUSA 1

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.00 alle

17.30

0941.302767 Dr.ssa Camuti (50%)

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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76

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

LIPARI VIA GARIBALDI 81

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 13.00; lunedì,

martedì e giovedì dalle

15.30 alle 17.30

090.98855453 Dr. Paino (30%)

MILAZZO VIA IMPALLOMENI 45

Da lunedì a venerdì dalle

9.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

090.9222342 Dr. Paino (70%)

MISTRETTA VIA CAIROLI 3 0921.21383025

NOVARA DI SICILIA VIA NAZIONALE 10

PACE DEL MELA P.ZZA UGO LA MALFA Dr.ssa Lombardo

PATTI VIA CATTANEO

Lunedì, mercoledì e

venerdì dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì

dalle 9.00 alle 13.30 e

dalle 15.30 alle 17.30

0941.242138 Dr.ssa Lo Presti (50%)

ROCCALUMERA VIA TORRENTE SCIGLIO,

20

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.30; lunedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0942.746351 Dr. D. Pinetti

S. AGATA DI

MILITELLO VIA CATANIA 14

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 13.00; lunedì e

giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0941.7087501 Dr.ssa Sberna

S. PIERO PATTI VIA CATANIA 23 Lunedì e venerdì dalle

8.30 alle 13.00 0941.661413 Dr.ssa Camuti (50%)

S. STEFANO DI

CAMASTRA VIA CROCE MISSIONE

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; lunedì,

martedì e giovedì dalle

15.30 alle 17.00

0921.331690 Dr.ssa Gentile (30%)

SANTA TERESA

RIVA

PIAZZA REGGIMENTO

AOSTA

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; martedì e

giovedì dalle 15.00 alle

17.00

0942.614805 Dr.ssa Grissini

TAORMINA PIAZZA S. FRANCESCO

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; lunedì,

martedì e giovedì dalle

15.30 alle 17.00

0942.614020 Dr.ssa D. Grasso

TERME VIGLIAT0RE VIA NAZIONALE 154

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 12.00; giovedì

dalle 15.00 alle 18.00

090.9781578 -------------

TORTORICI VIA FILANGERI

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 13.00; lunedì e

giovedì dalle 14.45 alle

17.00

0941.430351 --------------

VILLAFRANCA T.

(convenzionato)

VIA CALAMARO 13

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 13.00; lunedì,

mercoledì, venerdì dalle

16.00 alle 19.30; martedì

dalle 15.30 alle 18.30

(spazio adolescenti)

090.332761 Dr.ssa Sidoti

Dr.ssa Tribulato

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77

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

organizzazione

Nell’Azienda USL 6 di Palermo sono presenti 34 consultori fami-liari, afferenti al Dipartimento Materno Infantile, che - da quando si legge nel nuovo sito aziendale www.ausl6palermo.org – gestisce l’or-ganizzazione di tutte le unità ospedaliere e territoriali che operano per la tutela della salute della donna in tutte le fasi della vita e per la tutela dei soggetti in età evolutiva, dal periodo prenatale all’ado-lescenza, inclusa l’assistenza psichiatrica in età evolutiva; un sistema organizzativo di integrazione ed interazione tra strutture, competenze e professionalità che cerca di rispondere alla complessità di richieste e problematiche del territorio palermitano, fra i più vasti della Sicilia.

Le attività del Dipartimento sono volte al raggiungimento dei se-guenti obiettivi:

- riduzione della mortalità perinatale;- miglioramento della funzionalità dei servizi di diagnosi prenatale;- miglioramento dei percorsi di nascita sotto il profilo organizzati-

vo, strutturale e tecnologico;- promozione della salute del neonato e della diagnosi precoce delle

anomalie congenite e delle malattie genetiche e/o rare;- continuità assistenziale in età pediatrica;- promozione della salute della donna con interventi volti alla dia-

gnosi tempestiva della patologia neoplastica (tumori del collo dell’ute-ro e della mammella, per cui è documentata l’efficacia d’interventi di

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78

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

screening) e della osteoporosi in menopausa;- piena attuazione della legge n. 194/78 (IVG);- umanizzazione dell’assistenza e adeguamento degli ambienti.In particolare, le attività del DI.MI. sono le seguenti:- counselling e prevenzione nell’ambito dell’assistenza alla materni-

ta’ e paternita’ responsabile- consulenza, orientamento e supporto in gravidanza, parto, puer-

perio e primo anno di vita del bambino, nell’ambito del sostegno alla genitorialità.

- counseling alle coppie e/o singoli che richiedono interruzione vo-lontaria di gravidanza, nell’ambito della applicazione della L.194/78;

- promozione della salute degli adolescenti;- prevenzione degli abusi e dei maltrattamenti, nonché di sostegno

per chi li ha subiti;- consulenze psico-sociali;- coordinamento delle Unità operative di Tutela della salute dell’in-

fanzia, della donna e della famiglia di Distretto (Consultori Familiari);- coordinamento delle attività di Medicina scolastica;- coordinamento e programmazione delle attività e delle prestazioni

neuropsichiatriche in ambito infantile e adolescenziale (0-18 anni).

Fanno parte del Dipartimento anche le Unità operative di Neu-ropsichiatria Infantile, presenti in molti distretti e il coordinamento di tutte le attività delle Unità Operative di Ginecologia e Ostetricia, le Unità Operative di Pediatria, le Unità Operative di Neonatologia presenti nei vari Presidi Ospedalieri. In particolare: presso il P.O. In-grassia è allocata la Ginecologia e Ostetricia (UOC), la Neonatologia e l’UTIN (UOC); presso il P.O. Casa del Sole di Palermo la Pediatria (UOC) e la Neuropsichiatria Infantile (UOC); presso il P.O. Aiuto Materno di Palermo la Pediatria (UOC) e la Neuropsichiatria Infan-tile (UOC); presso il P.O. Civico” di Partinico la Ginecologia e Oste-tricia (UOC) e la Pediatria (UOC); presso il P.O. S. Cimino di Termi-ni Imprese la Ginecologia e Ostetricia (UOC) e la Pediatria (UOS); presso il P.O. Madonna SS. dell’Alto di Petralia Sottana la Ginecologia e Ostetricia (UOC) e la Pediatria (UOS); presso il P.O. Dei Bianchi di Corleone la Ginecologia e Ostetricia (UOC) e la Pediatria (UOS);

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79

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

presso il P.O. Regina Margherita di Palazzo Adriano la Ginecologia e Ostetricia (UOS) e la Pediatria (UOS).

La presenza dei Consultori Familiari viene richiamata anche nelle pagine dedicate ai Distretti, con l’esplicitazione che si tratta di un ser-vizio con “accesso diretto” e senza prescrizione medica.

Segue elenco delle prestazioni: - informazione sui diritti della donna in materia di tutela sociale della maternità; - informazione sui servizi sociali, sanitari, assistenziali pubblici e privati operanti sul territorio sulle prestazioni e sulle modalità per accedervi; - attività di informazione e consulenza sui temi della sessualità; - assistenza sanitaria psicologica e sociale inerente la procreazione responsabile, la consulenza e la somministrazione di contraccettivi, l’informazione e la consulenza sulla regolazione e il controllo della fertilità; - assistenza sanitaria psicologica e sociale inerente la tutela della gra-vidanza e della maternità e l’assistenza domiciliare al puerperio; - assistenza sanitaria psicologica e sociale per le donne e le coppie che chiedono l’interruzione volontaria di gravidanza, secondo le pro-cedure di cui agli art. 4 e 5 della Legge 194/78; - consulenza per la diagnosi precoce dei tumori della sfera genitale e delle malattie a trasmissione sessuale; - consulenza per le problematiche della pubertà e della menopausa; - assistenza psicologica e sociale al singolo, alla coppia e alla famiglia per difficoltà relazionali, per problemi di separazione e divorzio an-che in riferimento alla consulenza sul diritto di famiglia; - assistenza al singolo e alla coppia in riferimento a difficoltà di ordine sessuale e l’assistenza alla donna per problemi di violenza sessuale; - assistenza psicologica e sociale nei confronti di minorenni che in-tendono contrarre matrimoni, prestando, se richiesta, collaborazione all’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 84 del Codice Civile; - consulenza agli adolescenti; - attività di informazione, di educazione alla salute e di preparazione al parto.

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80

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Sono inoltre presenti a Palermo, con una prospettiva interdistret-tuale, delle unità operative che si interessano di tematiche specifiche: il Centro di prevenzione, consulenza e terapie per adolescenti e famiglie “Telemaco”, il Centro di Psicoterapia dell’Età Pediatrica, il Centro per il trattamento del disagio psichico in adolescenza, il Centro Adozioni e il Telefono Donna contro la violenza, il maltrattamento e l’abuso e i G.O.I.A.M. (Gruppi Operativi Interistituzionali contro l’Abuso e il Maltrattamento).

In ogni Consultorio dovrebbe essere presente formalmente un’équipe formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assistente sociale, 1 infermiere e/o assistente sanitario. Per quanto riguarda lo psicologo, considerata la particolare organizzazione del Servizio di Psicologia e la presenza di specifiche unità operative, la sua presenza in consultorio familiare di fatto non è mai a tempo pieno.

A fronte di 34 consultori aperti, gli psicologi formalmente asse-gnati a questo servizio sono in tutta la provincia 29, ma di essi 6 dividono il loro tempo fra lavoro consultoriale e G.o.I.A.M.

Informazione

Nelle pagine del sito aziendale, pur essendo descritte in maniera analitica le strutture organizzative dei Dipartimenti e dei Distretti, gli obiettivi e l’elenco delle prestazioni erogate dai Consultori Familiari, mancano le informazioni più importanti: sedi, numeri di telefono, ora-ri di apertura e nome degli operatori.

Queste carenze, riscontrate tra l’altro anche in altri siti aziendali, confermano l’impressione che l’uso di internet da parte dell’ Azienda 6 non sembra essere dettato dall’intenzione di comunicare le proprie attività agli utenti, di facilitare il contatto con i servizi, di promuovere la conoscenza delle offerte, ma di soddisfare (senza molta convinzio-ne) ad un obbligo istituzionale.

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81

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari possiede locali idonei e le attrezzature di base (computer, fax). Nell’indagine effettuata dalla rivista Altroconsumo (n. 70, ottobre 2007) sui servizi consultoriali in 6 grandi città italiane, i ricercatori sono rimasti sorpresi per aver rilevato nella città di Palermo 1 consultorio ogni 40.000 abitanti (il miglior risultato rispetto alle città campione!), una buona accessibilità ai lo-cali (quasi tutti a pian terreno e con la targa fuori dalla porta) e senza barriere architettoniche. I giorni di attesa per una visita sono in media 29,5 (da un minimo di 7 giorni del Consultorio di via Roma a 63 giorni del Consultorio di L.go Pozzillo).

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82

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Distretto COMUNE INDIRIZZO ORARIO APERURA Telefono PSICOLOGO

1 CEFALU’ Via Aldo Moro, 1 Lu-Ve: 9-13;

Ma e Gio: 15-18 0921-926756/5

Dr.ssa Squillaci Anna

2 PETRALIA SOTTANA Via Garibaldi 40

Lu-Ve: 9-12 Ma e Gio: 15.30-

17.30 0921-682867/62

Dr. Pepe

Vincenzo

GANGI Via Cappuccini, 1 Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15-18

0921-644716

Dr.ssa

Ballistreri

Giuseppina

(80 %)

CASTELLANA Via Leone XIII 0921-562125

Dr.ssa Ballistreri

Giuseppina (20%)

3 TERMINI IMERESE Via Ospedale Civico

10

Lu-Ve: 8-14 Ma e Gio: 15-18

091-8113787/8153120 Dr.ssa

Macaluso

Vittoria

4 BAGHERIA Via Massimo D’Azeglio, 45

Lu-Ve:9-13 Lu e Gio: 15.30-

17.30 091-991313/4/5

Dr. Fricano Giuseppe

SANTA FLAVIA Via De Gasperi, 41 Lu-Ve: 9-13

Lu e Gio: 15.30-17.30

091-991335/7/4 Dr. Lo Presti

Francesco

5 CORLEONE Via Duca D’Aosta Lu-Ve: 8-14

Ma e Gio: 15-18 091-8450495/07

Dr.ssa

Paravisi

Gabriella

6 LERCARA FRIDDI Via S. D’Acquisto, 4 Lu-Ve 9-13

Ma e Gio: 15-16.30 091-8256302/9/2005

Dr. Naschini

Mario

7 PARTINICO Via Siracusa 20 Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15-16.30 091-8911365/4

Dr. D’Amico

Salvatore

MONTELEPRE Via Purpura, 82 Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15-17 091-8984261 Dr. Bruno

Vincenzo

8 CARINI Cortile dei Trentatré Lu-Ve: 8.30-12.30

091 8680198

Dr. Muscato

Calogero (60

%)

TERRASINI P.zza Caduti per la

patria Lu-Ve: 9-13

Lu e Me: 15-17 091-8699038

Dr.ssa

Codognotto

Lucia

CAPACI Viale dei Pini, 1 Ma e Me: 9-13 091 8671561

Dr. Muscato

Calogero (40

%)

9 MISILMERI Via De Gasperi, 1 Lu-Ve: 9-13.30 Ma e Gio: 15-18 091-8710231/2/3

Dr. Aronadio

Giuseppe

10 PALERMO - CESALPINO

Via Cesalpino, 19/A Lu-Ve 8.30-12.30 Ma e Gio 15.30-1 091-7037308/23

Dr.ssa

Lauricella

Lucia

PALERMO –

NOVIZIATO Via Roma, 519 Lu-Ve: 9-13 091.7032230

Dr.ssa Vita

Lala

Distretto COMUNE INDIRIZZO ORARIO APERURA Telefono PSICOLOGO

1 CEFALU’ Via Aldo Moro, 1 Lu-Ve: 9-13;

Ma e Gio: 15-18 0921-926756/5

Dr.ssa Squillaci Anna

2 PETRALIA SOTTANA Via Garibaldi 40

Lu-Ve: 9-12 Ma e Gio: 15.30-

17.30 0921-682867/62

Dr. Pepe

Vincenzo

GANGI Via Cappuccini, 1 Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15-18

0921-644716

Dr.ssa

Ballistreri

Giuseppina

(80 %)

CASTELLANA Via Leone XIII 0921-562125

Dr.ssa Ballistreri

Giuseppina (20%)

3 TERMINI IMERESE Via Ospedale Civico

10

Lu-Ve: 8-14 Ma e Gio: 15-18

091-8113787/8153120 Dr.ssa

Macaluso

Vittoria

4 BAGHERIA Via Massimo D’Azeglio, 45

Lu-Ve:9-13 Lu e Gio: 15.30-

17.30 091-991313/4/5

Dr. Fricano Giuseppe

SANTA FLAVIA Via De Gasperi, 41 Lu-Ve: 9-13

Lu e Gio: 15.30-17.30

091-991335/7/4 Dr. Lo Presti

Francesco

5 CORLEONE Via Duca D’Aosta Lu-Ve: 8-14

Ma e Gio: 15-18 091-8450495/07

Dr.ssa

Paravisi

Gabriella

6 LERCARA FRIDDI Via S. D’Acquisto, 4 Lu-Ve 9-13

Ma e Gio: 15-16.30 091-8256302/9/2005

Dr. Naschini

Mario

7 PARTINICO Via Siracusa 20 Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15-16.30 091-8911365/4

Dr. D’Amico

Salvatore

MONTELEPRE Via Purpura, 82 Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15-17 091-8984261 Dr. Bruno

Vincenzo

8 CARINI Cortile dei Trentatré Lu-Ve: 8.30-12.30

091 8680198

Dr. Muscato

Calogero (60

%)

TERRASINI P.zza Caduti per la

patria Lu-Ve: 9-13

Lu e Me: 15-17 091-8699038

Dr.ssa

Codognotto

Lucia

CAPACI Viale dei Pini, 1 Ma e Me: 9-13 091 8671561

Dr. Muscato

Calogero (40

%)

9 MISILMERI Via De Gasperi, 1 Lu-Ve: 9-13.30 Ma e Gio: 15-18 091-8710231/2/3

Dr. Aronadio

Giuseppe

10 PALERMO - CESALPINO

Via Cesalpino, 19/A Lu-Ve 8.30-12.30 Ma e Gio 15.30-1 091-7037308/23

Dr.ssa

Lauricella

Lucia

PALERMO –

NOVIZIATO Via Roma, 519 Lu-Ve: 9-13 091.7032230

Dr.ssa Vita

Lala

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

Page 89: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

83

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

PALERMO - PARISI Via Roma, 519

Lu-Ve 9-13

Ma e Gio 15.30-

17

0091-7032230/4

Dr.ssa

Migliorino

Luisa (50 % al

GOIAM)

11 PALERMO -

BOCCADIFALCO Piazza Micca, 1

Lu-Sa 9-13

Ma e Gio 15.30-

17.30

091-6684608/171

Dr.ssa

Stancampiano

Manuela

(50% al

GOIAM)

PALERMO - DANISINNI

Piazza Danisinni Lu-Ve 8-14

Lu e Gio 15-17.30

091-6520644

Dr. Lacagnina

Francesco

(40 % al

GOIAM)

PALERMO -

PIETRAGLIATA Via Pietratagliata, 50 Lu-Ve 9-12.30

Ma e Gio 15-17 091-599439

Dr.ssa

D’Angelo

Francesca

MONREALE Via Venero, 212 Lu-Ve 9-12

Ma e Gio 15-17 091-6402767 Dr. Iervolino

Luigi

12 PALERMO – LARGO

POZZILLO Largo Pozzillo, 7

Lu-Me-Ve 9-13 Me 15-17 091 7035301

Dr.ssa

Conticello

Concetta

(50 % al

GOIAM)

PALERMO –

TOMMASO NATALE Via del Cedro, 6 Lu-Ve: 8.30-12.30

Lu e Me: 15-17 091-

532798/7036782/81

Dr.ssa Di

Bartolo

Rosaria

PALERMO - NOCE Via N.C. 1, 3 Lu-Ve: 9-13

Lu e Me: 15.30-18 091-7035502/7/8

Dr.ssa

Cannata Anna

Maria (50% al

GOIAM)

PALERMO – CEP

CRUILLAS Via Monte

S.Calogero 26/28 Lu-Ve: 7.30-14 Me: 14.30-18 091-7407689/90

Dr.ssa

Muscato

Fortunata

13 PALERMO –

VILLAGGIO RUFFINI

Via P. R. da

Partanna, 7

Lu-Ve: 8-13.30

Ma e Gio: 14-17.30 091-7036742/55/44/54

Dr.ssa

Inzerillo

Teresa

PALERMO - ZEN Via L. Einaudi, 16 Lu-Ve: 8.30-12.30

Ma: 15-17 091-7036715/11 Dr.ssa Cocco

M. Concetta

PALERMO – D’AZEGLIO

Via M. D’Azeglio, 6/A Lu-Ve: 8.30-12.30 Ma e Gio: 15.30-

17.30 091-7032174/75

Dr.ssa

Melluso

Ernestina

(40 % al

GOIAM)

PALERMO - ARENELLA

Via Papa Sergio Lu-Ve: 8-12.30

Ma e Gio: 15.30-17.30

091-7036618/6834 Dr.ssa Marino

Maddalena

14 PALERMO -

VILLAGRAZIA Via della Vega, 25

Lu-Ve: 8.30-13 Ma: 15-17.30 091-7037283/80

Dr. Di Filippo

Armando

PALERMO -

SETTECANNOLI

Via R. Maria di

Sicilia, 16

Lu –Ve: 8-14

Ma e Gio: 14.30-17.30

091-7037255/658/7261

Dr.ssa

Piombo

Rosaria (40 %

al GOIAM)

PALERMO - ORETO Via G. Arcoleo 25 Lu-Ve: 9-13 091-7037374 Dr.

VILLABATE

Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15.30-

17.30

----------

PALERMO - PARISI Via Roma, 519

Lu-Ve 9-13

Ma e Gio 15.30-

17

0091-7032230/4

Dr.ssa

Migliorino

Luisa (50 % al

GOIAM)

11 PALERMO -

BOCCADIFALCO Piazza Micca, 1

Lu-Sa 9-13

Ma e Gio 15.30-

17.30

091-6684608/171

Dr.ssa

Stancampiano

Manuela

(50% al

GOIAM)

PALERMO - DANISINNI

Piazza Danisinni Lu-Ve 8-14

Lu e Gio 15-17.30

091-6520644

Dr. Lacagnina

Francesco

(40 % al

GOIAM)

PALERMO -

PIETRAGLIATA Via Pietratagliata, 50 Lu-Ve 9-12.30

Ma e Gio 15-17 091-599439

Dr.ssa

D’Angelo

Francesca

MONREALE Via Venero, 212 Lu-Ve 9-12

Ma e Gio 15-17 091-6402767 Dr. Iervolino

Luigi

12 PALERMO – LARGO

POZZILLO Largo Pozzillo, 7

Lu-Me-Ve 9-13 Me 15-17 091 7035301

Dr.ssa

Conticello

Concetta

(50 % al

GOIAM)

PALERMO –

TOMMASO NATALE Via del Cedro, 6 Lu-Ve: 8.30-12.30

Lu e Me: 15-17 091-

532798/7036782/81

Dr.ssa Di

Bartolo

Rosaria

PALERMO - NOCE Via N.C. 1, 3 Lu-Ve: 9-13

Lu e Me: 15.30-18 091-7035502/7/8

Dr.ssa

Cannata Anna

Maria (50% al

GOIAM)

PALERMO – CEP

CRUILLAS Via Monte

S.Calogero 26/28 Lu-Ve: 7.30-14

Me: 14.30-18 091-7407689/90

Dr.ssa

Muscato

Fortunata

13 PALERMO –

VILLAGGIO RUFFINI

Via P. R. da

Partanna, 7

Lu-Ve: 8-13.30

Ma e Gio: 14-17.30 091-7036742/55/44/54

Dr.ssa

Inzerillo

Teresa

PALERMO - ZEN Via L. Einaudi, 16 Lu-Ve: 8.30-12.30

Ma: 15-17 091-7036715/11 Dr.ssa Cocco

M. Concetta

PALERMO – D’AZEGLIO

Via M. D’Azeglio, 6/A Lu-Ve: 8.30-12.30

Ma e Gio: 15.30-17.30

091-7032174/75

Dr.ssa

Melluso

Ernestina

(40 % al

GOIAM)

PALERMO - ARENELLA

Via Papa Sergio Lu-Ve: 8-12.30 Ma e Gio: 15.30-

17.30 091-7036618/6834

Dr.ssa Marino

Maddalena

14 PALERMO - VILLAGRAZIA

Via della Vega, 25 Lu-Ve: 8.30-13

Ma: 15-17.30 091-7037283/80 Dr. Di Filippo

Armando

PALERMO -

SETTECANNOLI

Via R. Maria di

Sicilia, 16

Lu –Ve: 8-14

Ma e Gio: 14.30-17.30

091-7037255/658/7261

Dr.ssa

Piombo

Rosaria (40 %

al GOIAM)

PALERMO - ORETO Via G. Arcoleo 25 Lu-Ve: 9-13 091-7037374 Dr.

VILLABATE

Lu-Ve: 9-13

Ma e Gio: 15.30-

17.30

----------

Page 90: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

84

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

organizzazione

Presenti nei 3 Distretti Sanitari (Ragusa, Modica e Vittoria) i 13 Con-sultori Familiari dell’Azienda USL 7 fanno parte del Dipartimento Ma-terno-Infantile che – come si legge nel sito www.ausl7.rg.it - “integra or-ganizzativamente tutte le Unità operative ospedaliere e le Unità operative territoriali coinvolte nella salvaguardia della salute delle donne in età fertile e dei soggetti in età pediatrica”. Nello specifico il Di.M.I. espleta compiti di diagnosi e cura nell’ambito dell’area ospedaliera e compiti di promo-zione della salute, di prevenzione, di riabilitazione e di integrazione fra interventi sanitari e socio/assistenziali nell’ambito dell’area territoriale. Fa parte del Dipartimento anche il Servizio di Medicina Scolastica.

Gli obiettivi prioritari assegnati al Dipartimento sono:

- la tutela della salute della donna in tutte le fasi ed ambienti di vita;- la tutela della procreazione e della maternità e paternità responsabile;- la tutela dell’unità madre-neonato all’interno del percorso nascita;- la tutela della salute dei minori fino al raggiungimento dell’età adulta;- la tutela del minore disabile e dei soggetti socialmente deboli;- la prevenzione, cura e riabilitazione del disagio psichico e sociale do-

vuto a problematiche scolastiche, familiari e relazionali anche in riferi-mento agli abusi e maltrattamenti;

- l’umanizzazione dell’assistenza con particolare riferimento al mo-mento della nascita

Del Dipartimento Materno Infantile non fanno parte le Unità Ope-

Page 91: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

85

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

rative di Neuropsichiatria Infantile, che afferiscono al Dipartimento di Salute Mentale. I presidi Ospedalieri presenti in provincia sono 4: il P.O. Maggiore di Modica, il P.O. Busacca di Scicli, il P.O. Guzzardi di Vittoria e il P.O. Regina Margherita di Ragusa. Ad eccezione del P.O. di Scicli, negli altri è attiva l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia

È anche presente nella città di Ragusa l’Azienda Ospedaliera Maria Pa-ternò Arezzo, al cui interno è operante un Dipartimento Materno Infan-tile con UU.OO di Pediatria, Ostetrica e Ginecologia, UTIN e Neona-tologia, Cardiologia Pediatrica, Genetica Medica, Diagnostica e terapia dell’infertilità, Gastroenterologia pediatrica.

Non ci risulta che siano stati sottoscritti protocolli di intesa fra l’Azien-da 7 e l’Azienda Ospedaliera.

L’Azienda USL di Ragusa è l’unica della Sicilia che possiede almeno un consultorio in ogni comune.

lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 7 consultori; a tempo

parziale negli altri 7.

Informazione

In nessuna pagina del sito aziendale (né in quella del Di.M.I. né in quella dedicata ai Distretti) si leggono informazioni o notizie sui Con-sultori Familiari (indirizzi, numeri di telefono, orari di apertura). Una dimenticanza davvero curiosa, specie quando si riscontra che l’Azienda, nello stesso sito, ci tiene a segnalare agli utenti l’esistenza di tutti gli al-tri servizi, compreso - nell’ambito del Settore veterinario - di una unità operativa che si occupa di pet therapy cioè di “zooantropologia e attività assistita con gli animali”, della quale fornisce nome del responsabile, indi-rizzo, numeri di telefono, fax e perfino email!

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari è allocata in locali ido-nei e dotati delle attrezzature di base.

Page 92: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

86

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%) VITTORIA VIA CASTELFIDARDO 19

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 14.00; martedì

15.00 alle 17.30; giovedì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 17.30 presso la

Guardia Medica di Scoglitti

0932.999422 Dr. Pace Marcella

VITTORIA VIA CASTELFIDARDO 19

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 14.00; martedì

15.00 alle 17.30; giovedì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 17.30 presso la

Guardia Medica di Scoglitti

0932.999422 Dr. Pace Marcella

VITTORIA VIA CASTELFIDARDO 19

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 14.00; martedì

15.00 alle 17.30; giovedì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 17.30 presso la

Guardia Medica di Scoglitti

0932.999422 Dr. Pace Marcella

VITTORIA VIA CASTELFIDARDO 19

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 14.00; martedì

15.00 alle 17.30; giovedì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 17.30 presso la

Guardia Medica di Scoglitti

0932.999422 Dr. Pace Marcella

VITTORIA VIA CASTELFIDARDO 19

Da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 14.00; martedì

15.00 alle 17.30; giovedì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 17.30 presso la

Guardia Medica di Scoglitti

0932.999422 Dr. Pace Marcella

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

CITTA' INDIRIZZO APERTO Telefono PSICOLOGO

RAGUSA PIAZZA LIBERTA' 10

Da lunedì a venerdì dalle 8.45 alle 12.15; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.15

0932.653921 Dr.ssa Nasello Silvana

RAGUSA VIA DELLE AMERICHE

72

Da martedì dalle 8.00 alle

14.00; lunedì e mercoledì dalle

15.00 alle 20.00

0932.251144 Dr.ssa Aparo Paola

COMISO VIA KEPLERO 1/A

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30;

martedì e giovedì dalle

16.00 alle 18.00

0932.740509 Dr.ssa Ciccione Sandra

CHIARAMONTE GULFI VIA UMBERTO 91

Martedì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle

17.00; mercoledì dalle 9.00 alle 13.00; giovedì dalle 15.00 alle 17.00;

venerdì dalle 9.00 alle 13.00

0932.922583 Dr. D’Amanti Vito (40%)

MONTEROSSO

ALMO (Sede distaccata

Chiaramonte Gulfi)

VIA PADRE PIO Lunedì dalle 9.00 alle

11.00

0932.977642

0932.977685 Dr. D’Amanti Vito (10%)

ISPICA VIA DUCA D’AOSTA 32

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 18.00

0932.951588 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

GIARRATANA VIA CALATAFIMI 1 Lunedì dalle 10.30 alle

13.30; giovedì dalle 9.00 alle 13.00

0932.976044 Dr. D’Amanti Vito (50%)

MODICA VIA FINOCCHIARO A. 18

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.753262 Dr.ssa Pisana Antonella

MODICA CORSO UMBERTO 283

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0932.448111 Dr. Armenia Giuseppe

POZZALLO VIA ORIONE 4 Lunedì dalle 8.30 alle

12.00; giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.446690 Dr.ssa Moltisanti Luisa (50%)

SANTA CROCE CAMERINA

VIA G. DI VITTORIO 3

Lunedì dalle 14.00 alle 20.00; martedì e giovedì

dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 14.30 alle 17.30;

mercoledì e venerdì dalle

8.00 alle 14.00

0932.912989 Dr.ssa Gulino Teresa

SCICLI Ospedale Busà

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0932.840229 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

VITTORIA VIA GIURATO

Da lunedì a venerdì dalle

8.00 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 14.30 alle

18.00

0932.999428 Dr. Lanteri Riccardo (50%)

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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87

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Informazione Nel nuovo sito, www.ausl8.siracusa.it, anche se graficamente pes-

simo (leggibilità minima, caratteri piccolissimi, infinità di tendine e di links senza logica di rimandi, colori dissonanti…), le informazioni sui Consultori familiari sono esaustive e complete.

Dalla tendina delle Aree Operative si accede alle informazioni sui vari servizi sanitari, tra i quali appunto i Consultori. Vengono indicati con chiarezza le sedi, gli indirizzi, i numeri di telefono, gli orari di apertura e, per parecchi consultori, anche i nomi degli psicologi e dei ginecologi presenti.

Si precisa che è gradita la prenotazione obbligatoria diretta o te-lefonica e che le prestazioni sono gratuite. Viene precisato che sono completamente esenti da pagamento di ticket:

1) Il Pap-test relativo al programma di screening formalmente ap-provato ai sensi del D.A. n. 6969/93 e tutte le prestazioni consecutive che si dovessero ritenere necessarie per la definizione diagnostica e la relativa terapia

2) La richiesta di certificazione d’interruzione volontaria di gra-vidanza e tutte le prestazini diagnostiche, necessarie per effettuarla, seguite nelle strutture della stessa Usl ai sensi dell’art. 1 del D.A. n. 14128 del 28/12/1994 pubblicato sulla Gurs n. 7 del 4.2.1995

3) Tutte le prestazioni che, rientrando nei compiti istituzionali, si ef-fettuano direttamente in Consultorio nonché quelle erogate al di fuori di esso purché inserite in programmi specifici formalmente approvati dall’Assessorato regionale Sanità (ai sensi del D.M.S. 1 febbraio 1991.

Page 94: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

88

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Viene anche fornita l’informativa sui tempi di attesa: in relazione ai periodi dell’anno ed in relazione all’attività di istituto già program-mata. Alcune prestazioni vengono esitate nella stessa giornata o entro le successive 48 ore al massimo (I.V.G., prescrizione e consegna con-traccettivi orali, le volte successive alla prima).

La prenotazione dei corsi di preparazione al parto va effettuarla nei primi 2/3 mesi di gestazione (la data presunta del parto è utile che sia omogenea). Per le consulenze l’attesa è al massimo di 7/10 giorni.

organizzazione

Il territorio dell’AUSL 8 è diviso in quattro Distretti sanitari di base: 1) Distretto di Siracusa comprendente i comuni di Siracusa, Canicat-tini, Floridia, Solarino, Priolo, Sortino, Palazzolo, Buccheri, Buscemi, Cassaro e Ferla; 2) Distretto di Augusta comprendente i comuni di Augusta e Melilli; 3) Distretto di Noto comprendente i comuni di Noto, Avola, Pachino, Portopalo e Rosolini; 4) Distretto di Lentini comprendente i comuni di Lentini, Carlentini e Francofonte.

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89

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

I 16 Consultori aperti fanno parte del Servizio Tutela Materno Infan-tile e dell’Età evolutiva e svolgono le attività previste per legge: preven-zione, assistenza sanitaria, tutela psico-sociale per il singolo, la coppia, la famiglia, rispondendo ai bisogni di salute, di informazione sanitaria, di educazione sessuale per il miglioramento della qualità della vita.

Queste le prestazioni più comuni:1. Visite ginecologiche-ostetriche;2. Ecografie ostetriche e ginecologiche (per prevenzione);3. Consulenza pre-concezionale e per sterilità;4. Controlli in gravidanza fisiologica e a rischio;5. Preparazione al parto;6. Contraccezione;7. Interruzione volontaria della gravidanza;8. Consulenza per problemi legati alla menopausa;9. Prevenzione tumori al collo dell’utero (pap-test);10. Prevenzione tumori alla mammella (senologia);11. Consulenza sociale e psicologica, singola, di coppia e di gruppo;12. Educazione sanitaria e sessuale in sede e presso le scuole e nei

posti di lavoro;13. Certificazioni medico-legali (astensione obbligatoria dal lavoro

per gravidanza);14. TococardiografiaIn ogni Consultorio dovrebbe essere presente formalmente un’équipe

formata da 1 medico ginecologo, 1 psicologo, 1 ostetrico, 1 assistente so-ciale, 1 infermiere e/o assistente sanitario.

In realtà lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 7 consultori; negli altri 9 è presente part time.

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari possiede locali idonei, do-tati delle seguenti attrezzature: fax, computer, cardioecografo.

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90

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

CITTA' INDIRIZZO APERTURA TELEFONO PSICOLOGO

SIRACUSA

VIA IERONE I° 37

Dal lunedì al venerdì (08,30 -13,00) - Martedì e

giovedì (15,10 - 17,00)

0931 484226

0931 482628

Dr. C. Cascone (60%)

SIRACUSA

VIA ITALIA 7

Dal lunedì al venerdì

(08,30 -13,00) - Martedì e giovedì (15,10 - 17,00)

0931 484464 0931 484465

Dr. A. Nicita (20%)

SIRACUSA

VIA TUNISI 34

Dal lunedì al venerdì (08,30 -13,00) - Martedì e

giovedì (15,10 - 17,00)

0931 484220

Dr.ssa I. Basile

AUGUSTA VIA F. DE ROBERTO 109

Da lunedì al venerdì (08,30 - 12,30) - Martedì e

giovedì (15,30 - 17,30)

0931 989115

Dr. L. Spina (60 %)

AVOLA C/O OSPEDALE DE MARIA

Da lunedì al venerdì (9,00 -

13,00) - Martedì e giovedì (15,30 - 17,30)

0931 582457

Dr. G. Spitale

FRANCOFONTE

CONTRADA COCO Dal lunedì al venerdì (9,00 -

12,30) - Martedì (15,30 -18,00) 095 7841659

---------

FLORIDIA

VIA DE AMICIS 2

Dal lunedì al venerdì (08,30 -13,00) - Martedì e giovedì (15,10 -

17,00)

0931 948086

Dr.ssa M. Mallia

LENTINI

VIA MACELLO 2

Lunedì, martedì e giovedì (9,00 - 12,00) - Martedì e giovedì

(16,00 - 17,30)

095 7837365

Dr.ssa R. Morelli

CARLENTINI VIA DELLO STADIO Mercoledì e venerdì

dalle 09,00 alle 12,00 095 909983

------

MELILLI

VIA FANI s.n.

Martedì e giovedì (9,00 - 12,00) - Martedì e giovedì

(15,30 - 17,30)

0931 553030

-------

NOTO

VIA MONTESSORI 3

Da lunedì al venerdì (9,00 – 13) - Prenotazioni al n. 0931 891561 - Martedì e giovedì (15,30 - 17,30)

0931 890678

0931 890680

Dr. A. Caruso

PACHINO

PORTOPALO CONTRADA COZZI C/O OSP.

Da lunedì al venerdì

(08,30 - 13,30) - Martedì e giovedì (15,30 - 7,30)

0931 801195

Dr. S. Barone

PALAZZOLO ACREIDE

VIA NAZIONALE 112

Da lunedì al venerdì (8,30 - 13,00) - Martedì e giovedì (15,10 -

17,00)

0931 883290

Dr. G. Rubino

PRIOLO

GARGALLO VIA MEGARA IBLEA 15

Dal lunedì al venerdì (08,30 -

13,00) - Martedì e giovedì (15,10 - 17,00)

0931 769449

---

ROSOLINI

VIA SIPIONE 17

Da lunedì al venerdì (8,30 - 13,30) - Martedì e giovedì

(15,30 - 17,30)

0931 501832

---

SORTINO

Contrada Lago

Da lunedì a venerdì (8,00 – 14.00) - Martedì e giovedì

(15,10 - 17,00)

0931 954747

Dr. C. Cascone (40%)

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Informazione

L’informazione sui Consultori Familiari offerta attraverso il nuovo sito dell’Azienda 9 – www.asltrapani.it - è tra le migliori della Sici-lia, per chiarezza espositiva e leggibilità dei testi. Attraverso una fine-stra laterale vengono presentati i percorsi più utili dal punto di vista dell’utente:

Che cos’è il Consultorio Le risposte alle domande più frequenti Il Consultorio Familiare più vicino Se hai deciso di adottare un bambino Mediazione familiare Affidamento familiare Donazione del cordone ombelicale

Ad ogni domanda è collegata una pagina con le informazioni es-senziali, adeguatamente motivate sul piano delle scelte aziendali e della politica sanitaria di riferimento. A proposito delle finalità del Dipartimento Materno Infantile, ad esempio, viene ricordato che “la tutela della salute in ambito materno infantile costituisce un importante impegno dei sistemi sociosanitari per il riflesso che gli interventi di pro-mozione della salute, di cura e riabilitazione in tale ambito hanno sulla qualità del benessere psico-fisico nella popolazione generale attuale e fu-tura.” L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato, infatti,

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

nel miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale.

I Consultori Familiari sono presentati come delle strutture socio–sanitarie, pubbliche o private convenzionate, dell’Azienda Sanitaria Locale nate per rispondere ai vari bisogni della famiglia, della don-na, della coppia, dell’infanzia e dell’adolescenza. Le attività e i servizi sono organizzati secondo il lavoro di équipe ove con quest’ultimo ter-mine si intende un gruppo di professionisti specializzati in vari settori che collaborano al fine di aiutare tutti i cittadini a far fronte ai loro bisogni ed a garantire la tutela della salute.

L’équipe del Consultorio Familiare è composta dalle seguenti figure professionali:

•Ginecologo; •Ostetrico; •Infermiere e/o Assistente Sanitario; •Psicologo; •Assistente Sociale; Viene ricordata la Legge Nazionale 405 del 29 Luglio 1975, che

istituisce i Consultori Familiari, e riportato per intero l’art. 1: Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi:•l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità

ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della fami-glia, anche in ordine alla problematica minorile;

•la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti;

•la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; •la divulgazione di informazioni idonee a promuovere ovvero a pre-

venire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.

L’informazione legislativa viene completata con il riferimento alle leggi regionali più significative: la legge Regionale N. 21 del 24 Lu-glio 1978 (che istituisce appunto i Consultori Familiari in Sicilia) e la legge 10 del 31/07/2003, che ne ribadisce l’importanza in materia di prevenzione primaria e secondaria, di sostegno alla genitorialità,

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

mediazione familiare, affidamento familiare ed adozioni nazionali ed internazionali.

Di cosa si occupa un Consultorio Familiare?•Informazioni e consulenze per la procreazione responsabile; •Prescrizione contraccettivi orali e applicazione contraccettivi

meccanici; •Consulenza psico-sessuale; •Informazione per la prevenzione dei rischi genetici e per il con-

trollo della gravidanza a rischio; •Informazioni sulla sterilità della coppia; •Procedure per l’interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.),

supporto medico e psico-sociale (anche per i minorenni); •Prevenzione dei tumori della sfera genitale femminile (visite, pap-

test, esame del seno e tecniche dell’autoesame); •Monitoraggio della gravidanza e corsi di preparazione alla nascita; •Ecografia ostetrico – ginecologica; •Cardiotocografia; •Colposcopia; •Consulenza psicologica con sostegno psico-terapeutico; •Psico-diagnostica per l’età evolutiva, •Consulenze sociali •Procedure per l’espletamento delle pratiche di adozione (nazio-

nali e internazionali) •Affidamento familiare dei minori; •Interventi sociali sul territorio per la prevenzione del disagio gio-

vanile, della coppia e della famiglia. •Sostegno alla genitorialità; •Mediazione Familiare: •Prevenzione dei fenomeni di maltrattamento e abuso sessuale a

danno dei minori; •Richiesta dei test HIV secondo le procedure dettate dalle vigenti

normative in materia. Particolarmente significativa è la sezione delle domande più frequen-

ti che si rifà ad un modello comunicazionale interattivo con l’utenza: vengono ipotizzate situazioni reali, piuttosto ricorrenti nella pratica

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

consultoriale, per ognuna delle quali in forma diretta e colloquiale viene fornita la risposta o il suggerimento operativo più immediato. Sapendo che l’utenza che cerca informazioni sul web è perlopiù rap-presentata dalla popolazione giovanile, le situazioni immaginate e le indicazioni prospettate sono perfettamente coerenti con tale target anche nella scelta del linguaggio. Ampie e dettagliate sono le infor-mazioni relative ai momenti più critici (interruzione volontaria della gravidanza, scelta di contraccezione, insorgenza di problemi di cop-pia…) e una costante attenzione viene messa nel ricordare più volte che i minori di anni 18 possono trovare nel Consultorio uno spazio a loro dedicato (spazio adolescenti).

Equilibrata appare anche la scelta delle situazioni-tipo sia riguardo alla varietà di domande che alle risposte, che tengono conto dell’offerta differenziata di prestazioni che le varie figure professionali possono assicurare. Riguardo alla figura dello psicologo viene detto con estre-ma semplicità e chiarezza che in ogni Consultorio Familiare “é presen-te uno psicologo cui è possibile rivolgersi per una consulenza psicologica o per un sostegno psicoterapico. Anche in questo caso l’intervento è gra-tuito. Insieme allo psicologo potrai cercare di decifrare ed interpretare il tuo stato di malessere e decidere di intraprendere un percorso terapeu-tico finalizzato al cambiamento. Talvolta il tuo malessere non è invece solo di ordine psicologico ma è dovuto a situazioni contingenti, a proble-mi per te difficili da capire, da affrontare e da risolvere”.

L’impianto informativo è integrato dalla indicazione puntuale delle sedi, dei numeri di telefono, degli orari di apertura dei Consultori.

organizzazione

I Consultori Familiari, presenti nei 6 Distretti dei quali è composta la ASL: Trapani, Pantelleria, Marsala, Mazara, Castelvetrano, Alcamo sono in tutto 15, compreso uno convenzionato. Il distretto è l’articolazione territoriale al cui livello il Servizio Sanitario Regionale attiva il percorso assistenziale, secondo quanto previsto dal D.L.vo 502/92 e successive modifiche ed integrazioni. A ciascun distretto sono attribuite risorse definite, in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferi-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

mento e alle vigenti disposizioni regionali. Tra i compiti del distretto:•assicurare l’assistenza primaria relativa alle attività di medicina gene-

rale, pediatria di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva.•assicurare l’assistenza specialistica ambulatoriale: prestazioni spe-

cialistiche ambulatoriali sono erogate attraverso i medici specialisti con-venzionati interni ovvero acquisite tramite le strutture convenzionate esterne accreditate.

•assicurare l’attività ed i servizi consultoriali per la tutela della salute dell’infanzia, della donna e della famiglia; dovrà essere assicurata la piena realizzazione del progetto di tutela materno-infantile.

•assicurare attività o servizi di medicina legale, fiscale e necroscopica;•assicurare l’attività di educazione alla saluteAll’Azienda fanno anche riferimento 6 Presidi Ospedalieri,ad

ognuno dei quali è preposto il Direttore Medico di Presidio che dirige la struttura ospedaliera con autonomia tecnico funzionale e ne è re-sponsabile ai fini igienico-sanitario e organizzativi.

La struttura organizzativa di riferimento per i Consultori Fami-liari è naturalmente il Dipartimento Materno Infantile, che viene così presentato:

“La tutela della salute in ambito materno infantile costituisce un im-portante impegno dei sistemi sociosanitari per il riflesso che gli inter-venti di promozione della salute, di cura e riabilitazione in tale ambito hanno sulla qualità del benessere psico-fisico nella popolazione generale attuale e futura. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individua-to, infatti, nel miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari prioritari a livello mondiale. Il Di-partimento Materno Infantile della Azienda U.S.L. n.9 è la modalità organizzativa per il raggiungimento degli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale, del Progetto-obiettivo Materno Infantile e del Piano Sanita-rio Regionale per l’Area Materno- Infantile.

È una struttura tecnico funzionale che integra tutte le unità operati-ve ospedaliere e le unità operative territoriali garantendo la continui-tà assistenziale all’infanzia, all’adolescenza, alla famiglia, alla donna, alla coppia. La mission del Dipartimento Materno Infantile è quella di realizzare un sistema Integrato di servizi per l’infanzia, la donna, la famiglia e per ridurre la frammentazione e la dispersione delle risorse.”

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Del Dipartimento fanno parte due strutture complesse: per l’Area Ospedaliera, una U.O. Coordinamento Attività Ospedaliere Materno Infantili, alla quale confluiscono le Unità Operative con posti letto ed i servizi specialistici di Ostetricia e Ginecologia e di Pediatria / Neonatologia operanti in ambito ospedaliero con com-piti prioritari di diagnosi e cura e per l’Area Territoriale una U.O. Coordinamento Attività Territoriali Materno-Infantili e Prevenzio-ne Malattie Oncologiche Femminili, alla quale invece confluiscono le Unità Operative di Tutela della Salute dell’Infanzia, della Donna e della Famiglia presenti nel territorio ed operanti in ambito distret-tuale con compiti prioritari di promozione della salute, di preven-zione e cure primarie in ostetricia e ginecologia e di integrazione fra interventi sanitari e socio-assistenziali.

Nell’Area Territoriale affluiscono inoltre, a livello centrale, le se-guenti Unità Operative:

•Prevenzione Abuso e Maltrattamento Infantile, •Osservatorio Infanzia Adolescenza, Famiglia, •Centro Unico lettura citologica pap-test, •Screening Cervico-Carcinoma,•Coordinamento Attività di Psicologia in ambito Consultoriale•Tutela della Salute in ambito Scolastico.Seguono le informazioni relative ai Consultori Familiari di Trapani,

Erice e Valderice. Di ogni servizio vengono indicati: nome del respon-sabile, nomi degli operatori presenti e loro qualifica, indirizzo, nume-ro di telefono e di fax, orari di apertura.

In verità lo psicologo è presente a tempo pieno solo in 3 consul-

tori; presente part-time in altri 11; assente in quello di Pantelleria.

locali e attrezzature

La maggior parte dei Consultori Familiari è allocata in locali idonei e dotata di attrezzature minime (fax, computer, cardio-ecografo).

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97

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

CITTA' INDIRIZZO APERTURA TELEFONO PSICOLOGO

TRAPANI VIA TORRE 216

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e giovedì

dalle 16.00 alle 18.00

0923/20962 0923/24874

Dr. Bica (50%)

TRAPANI Via Saraceni, 2

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e giovedì

dalle 15.30 alle 17.30

0923/22723 0923/22723

Dr. Genovese

TRAPANI (convenzionato)

Ten. Alberti, 21

Tutti i giorni dalle 8.30 alle 13.30 e il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 15.30 alle

19.30

0923/536411 0923/536411

Dott.ssa P. Bruno, Dott.ssa L. Di Bella

ALCAMO VIALE EUROPA 60

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.00 alle

17.30

0924.599526 Dr.ssa Pugliesi (50%)

CASTELLAMMA

RE DEL GOLFO VIA DONIZETTI

Da lunedì a venerdì dalle

8.30 alle 14.00; martedì e giovedì dalle 15.00 alle

17.30

0924.30130 Dr.ssa Pugliesi (50%)

CASTELVETRANO

VIA BRANDIMARTE

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e giovedì

dalle 15.30 alle 17.30 0924.930111 Dr.ssa Matera

ERICE – CASA SANTA

Viale della Provincia, 1 (Cittadella della Salute)

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30

0923/472386/387 - 0923/472388

Dott.ssa Farsaci (50 %)

MARSALA VIA TRAPANI-CONTRADA

BOSCO

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00; martedì e

giovedì dalle 15.00 alle 17.00

0923.995777 Dr. Sammartano (50%)

MARSALA PIAZZA G. MARCONI 43

Da lunedì a venerdì dalle 8.30 alle 13.00; martedì e giovedì dalle 15.00 alle

17.00

0923.712230 Dr. Sammartano (50%)

MAZARA DEL VALLO

VIA CASTELVETRANO

Tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e il martedì e giovedì

dalle 15.30 alle 17.30 0923.940370 Dr.ssa Misuraca (50%)

PANTELLERIA VIA ARCIPRETE D'AIETTI

Lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9.00 alle 14.00;

martedì e giovedì dalle 9.00

alle 14.00 e dalle 15.00 alle 18.00

0923.910111 ----------

PETROSINO VIA F.C/O

POLIAMBULATORIO

Da lunedì a venerdì dalle

9.00 alle 13.00; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0923.986437 Dr.ssa Adamo (70%)

SALEMI CONTRADA GIBLI' C/O

OSP.

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0924.982166 Dor.ssa Misuraca (50%)

SANTA NINFA PIAZZA FLEMING

Da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 13.30; martedì e giovedì dalle 15.30 alle

17.30

0924.62022 Dr.ssa Amico (50%)

VALDERICE CONTRADA CAVALIERI Tutti i giorni dalle 8.40 alle

13.00 e il martedì e giovedì dalle 15.00 alle 17.00

0923/891386

0923/891386

Dr. Bica (50%)

Dr.ssa Farsaci (50 %)

CONSULTORI FAMILIARI

Città Indirizzo Apertura Telefono Psicologo

CALTANISSETTA 1 VIA DE GASPERI 4

Dal lunedì al venerdì dalle

9.30 alle 12.30; il lunedì e giovedì dalle 15.30 alle 17.30 tramite

prenotazione

0934/21129 Dr. Cavalieri

CALTANISSETTA 2 V.le REGINA MARGHERITA 34

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/506570 Dr.ssa Matrosimone

GELA 1 VIALE EUROPA, 67

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì

e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0933/939344 Dr Gagliano

GELA 2 VICO IACONA

Aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle

9.00 alle 12.00; il martedì e giovedì dalle 16.00 alle 18.00

0934/922063 D.ssa Maganuco

MAZZARINO VIA ROMA 2

Dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00; il martedì

e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0934/385442 (Assente)

MUSSOMELI VIA MANZONI Tutti i gg. dalle 9.00 alle

13.00; martedì e giovedì dalle 16.00 alle 17.00

0934/992162 Dr.ssa Pardi

NISCEMI VIA MELI 13

Da lunedì al venerdì dalle

8.00 alle 14.00; il martedì e il giovedì dalle 15.00 alle 18.00

0933/887424 Dr.ssa Pitronaci

S. CATERINA V.SA RESUTTANA

VIA CIMITERO Martedì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/679519 (Assente)

RIESI CONTRADA CICIONE Tutti i gg. 8.30 alle 13.00 0934/923206 (Assente)

SAN CATALDO VIA C.COLOMBO 3/5 Tutti i gg. dalle 9.00 alle

12.00 0934/571606 Dr.ssa Picone (50 %)

SERRADIFALCO VIA MINTINA Dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00

0934/931710 Dr.ssa Picone (50 %)

SOMMATINO Viale A. Moro, 76 Lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.00

tel. 0934/873643 (Assente)

VALLELUNGA C/DA BARONIA Martedì e venerdì dalle

8.00 alle 11.00 0934/814429 (Assente)

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98

Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

1.5 le attività psicologiche: rilevazione e tipologia degli interventi

Le attività psicologiche, come previsto dalla normativa, compren-dono un ventaglio di prestazioni che vanno dai corsi di preparazione al parto alla consulenza per il Tribunale, dai corsi di educazione ses-suale e affettiva nelle scuole alle psicoterapie individuali o di coppia o familiari. La tipologia specifica delle attività e i carichi di lavoro possono variare da un consultorio ad un altro sia in relazione alle ore di presenza dello psicologo sia alla sua specifica formazione profes-sionale sia alla condivisione o meno, con altre figure professionali, di attività da svolgere insieme.

Al fine di cogliere l’incidenza delle singole attività in relazione agli obiettivi complessivi del consultorio (anche in vista di una successi-va riflessione sulla congruenza delle attività erogate con i Livelli Es-senziali di Assistenza) indichiamo per ogni provincia la percentuale media delle singole attività sul totale delle prestazioni effettuate dagli psicologi.

Attività psicologiche – ASl 1 AGrIGENto

Nota: se questi sono i valori medi, va sottolineato che in alcuni con-

sultori (come in quelli di Agrigento e di Licata) l’attività per il Tribu-nale raggiunge percentuali del 30 %, mentre l’attività di prevenzione – ritenuta a giusto titolo uno dei compiti principali del Consultorio - impegna alcuni psicologi (come quelli di Naro e di Sciacca) rispetti-vamente per il 40% e il 33% dell’intera attività consultoriale.

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

15%

24%

N° 60

24 %

10 %

2,5 %

4,7 %

6 %

Page 105: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Attività psicologiche – ASl 2 CAltANISSEttA

Nota: Nei Consultori di Gela e di Caltanissetta 2 l’attività per il Tribunale raggiun-

ge percentuali rispettivamente del 27 % e 25%.

Attività psicologiche – ASl 3 CAtANIA

Attività psicologiche – ASl 4 ENNA

Attività psicologiche – ASl 5 MESSINA

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

19%

9%

N° 16

19 %

8 %

1 %

3 %

3 %

Attività per il

Tribunale (%)

Attività di prevenzione

(%)

Corsi preparazione

parto (annuali)

Psicoterapia individuale

(%)

Psicoterapia familiare

(%)

Corsi menopausa

(%)

Corsi genitorialità

(%)

Mediazione familiare

(%)

29 %

15 %

N° 28

23 %

13 %

6 %

6 %

7 %

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

16 %

15 %

N° 26

25 %

6 %

2 %

8 %

7 %

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

18 %

29%

N° 15

21 %

5 %

0

1 %

2 %

Page 106: Attività psicologiche e Consultori Familiari in Sicilia · Lavorando di psicologia in ospedale..... p. 147 2.5 r. MAStroSIMoNE Il Percorso Nascita e la ... 1Ricordiamo quelli principali:

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Attività psicologiche – ASl 6 PAlErMo

Nota: c’è una notevole differenza tra le attività svolte dallo psicologo nei consultori di Palermo ed in quelli della provincia: in particolare, a Palermo una grande percen-tuale del tempo e delle energie viene dedicata ai rapporti con l’Autorità giudiziaria (soprattutto Tribunale per i minorenni).

In provincia si riesce a dedicare più tempo alle attività di prevenzione.Alcuni psicologi sono impegnati per un monte ore tra le 12 e le 19 alla settimana

nei G.O.I.A.M. (Gruppi operativi interistituzionali contro l’abuso ed il maltrattamento sui minori). In questi casi la percentuale di tempo dedicato alle attività per il Tribunale aumenta fino a toccare il 75% complessivo; gli psicologi impegnati nei G.O.I.A.M. ine-vitabilmente non riescono a dedicarsi alle attività di prevenzine, ai corsi preparto, ecc., se non sporadicamente;

L’attività per il Tribunale (esclusa quella rientrante nella competenza dei G.O.I.A.M.) comprende tutta l’area della valutazione delle competenze genitoriali e del sostegno alla genitorialità nei casi di limitazione della potestà genitoriale e l’area della valutazione delle coppie che aspirano all’adozione nazionale o internazionale di un minore.

L’attività di prevenzione svolta dai colleghi comprende i progetti finalizzati all’edu-cazione affettiva e sessuale attraverso incontri di gruppo con le classi scolastiche (per lo più scuole medie superiori, ma anche scuole medie inferiori e qualche scuola ele-mentare e materna), con gli insegnanti e con i genitori, l’attivazione di punti di ascolto all’interno delle scuole, gli incontri con altre agenzie presenti nel territorio (volontariato sociale, delegazioni municipali);

I corsi di preparazione al parto variano molto da un consultorio all’altro: in qualche caso si tratta di corsi di psicoprofilassi al parto, in altri di incontri per l’accompagna-mento alla nascita ed alla genitorialità; la presenza dello psicologo è sempre centrale; nei consultori in cui non vengono organizzati corsi preparto, ciò qualche volta è dovuto alla indisponibilità di spazi idonei, o alla mancanza del tempo necessario.

La psicoterapia individuale è rivolta per lo più all’utenza spontanea in età adulta e adolescenziale. In qualche consultorio si rivolge soprattutto ai bambini e agli adolescen-ti. La psicoterapia familiare comprende soprattutto il lavoro terapeutico con le coppie per problematiche di carattere relazionale e per gli aspetti riguardanti la genitorialità.

Il lavoro d’équipe si svolge in modo molto diversificato: in alcuni consultori (pochi) esiste un vero e proprio lavoro dell’équipe consultoriale, articolato in incontri regolari tra le figure professionali, programmazione e condivisione del lavoro; nella maggior parte dei consultori il lavoro d’èquipe coinvolge lo psicologo e l’assistente sociale; la maggioranza dei colleghi lavora in èquipe con regolarità insieme ad operatori di altri

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

46 %

15 %

N° 15

15 %

5 %

0

10 %

5 %

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

servizi o enti (per le adozioni e nei casi del Tribunale spesso l’équipe comprende gli assistenti sociali del Comune). D’abitudine si lavora in mini équipes con gli psicologi tirocinanti.

Nell’ambito dei G.O.I.A.M. il lavoro in équipe multidisciplinare è prassi consolidata.I rapporti con le scuole sono tenuti stabilmente dagli psicologi che svolgono un’atti-

vità di prevenzione regolare.Attualmente sembra che l’area della menopausa trovi poco spazio tra le attività dello

psicologo, se non attraverso consulenze individuali sporadiche.

Attività psicologiche – ASl 7 rAGUSA

Attività psicologiche – ASl 8 SIrACUSA

Attività psicologiche – ASl 9 trAPANI

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

16 %

23 %

N° 40

21 %

11 %

4 %

5.5 %

2,5 %

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

22 %

14 %

N° 82

32 %

10 %

2 %

8 %

8 %

Attività

per il Tribunale

(%)

Attività di

prevenzione (%)

Corsi

preparazione parto

(annuali)

Psicoterapia

individuale (%)

Psicoterapia

familiare (%)

Corsi

menopausa (%)

Corsi

genitorialità (%)

Mediazione

familiare (%)

20 %

10 %

N° 23

33 %

14 %

0

6 %

3 %

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

1.6 Compiti istituzionali e azioni progettuali

Obiettivo di questa ricognizione è anzitutto quello di fornire, come Ordine degli Psicologi, un contributo di conoscenza perché venga assunta a livello istituzionale una nuova prospettiva, che – partendo dal potenziamento dei Consultori Familiari – collochi in un sistema integrato di servizi sociali e sanitari gli interventi a favore delle famiglie, superando quelle forme di assistenzialismo episodico e anacronistico (quali, ad esempio, la prassi degli assegni economici una tantum per ogni nuovo nato o un contributo occasionale alle fa-miglie con un basso reddito), che polverizzano le risorse senza creare sistemi di protezione stabili e orientati nel tempo.

I genitori vanno “sostenuti” socialmente e psicologicamente lun-go tutto il percorso nascita dei figli, un percorso che inizia molto tem-po prima del concepimento e che non termina sicuramente con la nascita del figlio. Se si interpretano adeguatamente i compiti che le varie normative di riferimento hanno periodicamente sottolineato e rinforzato riguardo ai Consultori Familiari, c’è spazio e materia per costruirvi accanto e attorno un’adeguata rete di servizi differenziati e specializzati: dal supporto, all’’aiuto, al sostegno, alla consulenza, alla mediazione familiare, agli interventi di prevenzione, di tutela e promozione della salute e del benessere delle famiglie lungo tutto l’arco della vita. Sanità e Servizi Sociali devono integrare meglio le rispettive politiche di settore, con una ridistribuzione di compiti, di responsabilità e di competenze più coerente con il concetto più attuale di Welfare.

Nel campo sanitario occorre sicuramente individuare delle prio-rità e promuovere un sistema di programmazione sanitaria compati-bile con le risorse economiche disponibili. Alcuni punti di program-ma sono stati proposti nella Conferenza Nazionale del giugno 2007, svoltasi a Roma per iniziativa dell’Istituto Superiore di Sanità, alla quale hanno partecipato molti operatori dei Consultori Familiari di tutte le regioni, e sintetizzati nella cosiddetta “carta dei 7 punti”:

1) Istituzione dell’Anagrafe nazionale dei Consultori Familiari

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

2) Verifica del P.O.M.I. (continuità assistenziale e integrazione con i servizi di I e II liv.)

3) Inserimento degli obiettivi del P.O.M.I. nella verifica dell’opera-to dei Direttori Generali

4) Obbligo di relazione annuale da parte delle Regioni sui Consul-tori Familiari

5) Conferenza biennale nazionale sui Consultori Familiari6) Istituzione di un gruppo interregionale dei Consultori Familiari

nell’ambito della Commissione Salute della Conferenza Stato/Regioni7) Valorizzazione delle esperienze e Piano di aggiornamento/for-

mazione continua degli operatori dei Consultori Familiari

Sono dei ‘punti’ che attengono soprattutto alla sfera della gestione e dell’organizzazione dei servizi consultoriali, indicazioni strategiche che dovrebbero servire a tenere più alta e costante l’attenzione su que-ste problematiche, sostenendo dall’interno e monitorando sul piano nazionale la realizzazione del Progetto Obiettivo Materno Infantile. Sono provvedimenti che naturalmente condividiamo e che a livello re-gionale potrebbero già trovare un primo livello di applicazione, anche in prospettiva del nuovo Piano Sanitario Regionale.

Un altro obiettivo di questo lavoro è quello di evidenziare l’apporto che la psicologia e gli psicologi hanno dato in questi anni nell’area materno/infantile non solo come contributo teorico alla migliore co-noscenza del bambino, dell’età evolutiva, delle relazioni affettive pri-marie, delle dinamiche di coppia o familiari, ma come intervento pro-fessionale specifico, richiesto dalle persone o dalle istituzioni (scuole, tribunali…), volto a comprendere meglio situazioni psicologiche o re-lazionali, ad esprimere una valutazione psicodiagnostica su competen-ze genitoriali, a contribuire a motivare un procedimento giudiziario di affidamento o di separazione… o a fornire strumenti di informazione e di conoscenza al fine di prevenire condotte non appropriate, o ad of-frire un aiuto, un sostegno psicologico in uno dei tanti momenti critici che possono accompagnare la vita e lo sviluppo di un adolescente, di una coppia, di un genitore, o pianificare un trattamento psicoterapico, se necessario, per disagi più profondi e strutturati.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Il ventaglio di interventi professionali, richiesti allo psicologo in ambito consultoriale è veramente ampio, forse troppo rispetto alla possibilità di rispondere in modo adeguato a tutto. Dalla nostra in-dagine è emerso in modo chiaro che in ogni consultorio lo psicologo lavora con livelli di intensità diversi in molteplici aree, interagendo con fasce di popolazione molto differenziate (per età, per tematiche, per problematiche…), con strumenti professionali diversi, con carichi di lavoro non sempre sostenibili, in quanto su un consultorio posso-no affluire – a volte per ragioni di semplice collocazione territoriale - maggiori richieste da parte delle Autorità Giudiziarie o da parte delle scuole o da parte dell’utenza.

Alla luce dei cambiamenti che hanno riguardato la Sanità (ridefini-zione di contesti, di risorse e di personale) e al nuovo quadro norma-tivo di riferimento (ci riferiamo in particolare ai L.E.A.) ci rendiamo conto che questo modo di operare non è più sostenibile né con la va-rietà e vastità di richieste che giungono al Consultorio né con l’evolu-zione e la crescita del proprio statuto professionale. Lo psicologo del Consultorio Familiare non può più continuare ad agire come ha fatto sinora, affrontando da solo una così eterogenea e sempre più incalzan-te problematica, dividendo il proprio tempo fra le varie tipologie di domande in un impossibile tentativo di mediare fra le varie richieste, che spesso si sovrappongono per urgenza o per complessità.

Queste criticità non riguardano soltanto lo psicologo, ma anche le altre professionalità. In alcune realtà il ginecologo ha finito con l’occuparsi unicamente di consulenze ginecologiche individuali, ri-nunciando in partenza a qualunque lavoro dì équipe o di rete. In al-cuni consultori ginecologo e psicologo hanno smesso di collaborare: si pongono nei confronti dell’utenza come due erogatori autonomi e indipendenti di prestazioni specialistiche, non raramente con qualche spunto di sterile competitività.

“Analizzando le risorse disponibili - osserva Grandolfo – si ha la netta percezione che la loro applicazione non sia appropriata: ognuno fa quello che ritiene di fare, senza preoccuparsi più di tanto di verificare efficacia e impatto di sanità pubblica. La questione non è solo il non ri-spetto delle obbligazioni indicate dalle norme, ma è anche e soprattutto

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

lo svilimento della professionalità, che invece trova valorizzazione solo se è attivo il processo di valutazione continua, alla luce degli obiettivi di sanità pubblica, essendo stata attuata una strategia operativa valida” (p. 1).

Occorre che il singolo psicologo, il singolo ginecologo, il singolo Consultorio escano dal sistema di autoreferenzialità, nel quale hanno finora operato, per entrare nella logica della programmazione, della pianificazione (pluriennale e annuale) in accordo con gli obiettivi dei Piani Sanitari Nazionali e Regionali.

Ma per far questo è necessario dare operatività alle funzioni del Di-partimento, un assetto che in molte asl siciliane esiste solo formalmen-te forse per giustificare l’attribuzione di qualche incarico. Malgrado la Regione avesse prodotto nel 2003 delle precise Linee Guida sull’orga-nizzazione e sul funzionamento del Dipartimento Materno-Infantile, dalla nostra indagine nessuno di essi risulta veramente operativo. È ovvio che senza un coordinamento e senza un’azione comune di pro-grammazione e pianificazione, senza monitoraggio dei processi e va-lutazione dei risultati, ogni Consultorio rischia di essere un servizio di frontiera isolato, all’interno del quale anche il lavoro degli operatori rischia di essere privo di linee comuni di azione, di identità professio-nale, di incidenza e di riconoscimento.

Per la figura dello psicologo, che - a differenza del medico gineco-logo - va costruendo faticosamente una propria identità professionale dentro la Sanità, questo isolamento non giova: rimanendo solo, sen-za confronto professionale, senza possibilità di assicurare una con-tinuità ai propri interventi, lo psicologo del Consultorio Familiare, pressato dalla complessità delle richieste, rischia di inseguire soltanto le emergenze senza avere la possibilità di pianificare dei modelli di intervento, di condividerli all’interno di una comunità scientifica di riferimento, di percepire il proprio lavoro all’interno di un progetto e di un programma dipartimentale condiviso, di non poter perseguire – come sarebbe legittimo dopo una pratica costante e una maturazio-ne professionale – anche obiettivi di specializzazione, di direzione, di coordinamento, di supervisione…

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Occorre rivedere, nell’ambito dell’area materno-infantile, come vengono distribuiti i carichi di lavoro per figura professionale, come le varie professionalità (psicologo, ginecologo, neuropsichiatra infantile, pediatra…) effettivamente si comportano in relazione alle richieste di aiuto, di salute e di benessere, con quali strumenti, con quali processi e con quali esiti, dal momento che molte delle problematiche corre-late al percorso nascita, allo sviluppo, alla sessualità, alla genitorialità, all’adolescenza, alla famiglia… non soltanto richiedono una visione pluridisciplinare, ma si intrecciano costantemente su diversi piani, che se non sono bene individuati (in termini di competenze e di responsa-bilità), si confondono o si disconfermano reciprocamente.

Riteniamo che siano maturi i tempi per avviare con l’apporto di tutte le professionalità una duplice riflessione: la prima, più squisitamente tecnica e professionale, orientata a razionalizzare e potenziare le risor-se professionali interne del consultorio, attraverso azioni più mirate di valutazione dei progetti strategici, di ricognizione più puntuale delle ri-sorse, di adozione di strumenti più efficaci di lavoro e di organizzazione di esso; la seconda, riguardante l’utenza e la committenza, finalizzata a rivedere e ridistribuire il ventaglio delle richieste, delle domande, ipo-tizzando a livello più alto, anche l’affidamento di compiti più specifici ad altre unità operative o ad altri servizi. La ripartizione operata dal DPCM 14 febbraio 2001 in materia di prestazioni socio-sanitarie tra SSN e Comuni fa intravedere una specifica competenza del SSN per “prestazioni medico specialistiche, psicoterapeutiche, di indagine diagno-stica sui minori e sulle famiglie adottive e affidatarie” in presenza di mi-nori in stato di abbandono o di minori vittime di abusi, mentre sono a carico dei Comuni gli interventi di sostegno per le famiglie di minori in situazione di disagio, di disadattamento o di devianza o per minori sog-getti a provvedimenti penali, civili e amministrativi. Il criterio (ripreso anche per le aree dei disabili, degli anziani non autosufficienti, per le dipendenze patologiche. per le patologie psichiatriche, per le infezioni da HIV e per i pazienti terminali) è di riservare al SSN le prestazioni più squisitamente sanitarie: diagnosi, terapia, cura, assistenza (in fase intensiva e estensiva) e riabilitazione.

Alla luce di quanto contenuto nei L.E.A. non c’è dubbio che tante

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delle richieste che giungono allo psicologo del Consultorio da parte del Tribunale in materia di adozione nazionale e internazionale o di affi-damento dei figli in caso di separazioni o in materia di affido tempo-raneo dovrebbero trovare accoglienza in un’azione integrata fra servizi sanitari e servizi sociali. Anche le disposizioni attualmente vigenti - non ultima la direttiva interassessoriale del 2000 in materia di adozione in-ternazionale (vedi appendice normativa) – evidenziano l’esistenza di criticità, dovute essenzialmente alla carenza di personale dedicato (in molti Comuni non è ancora presente il Servizio Sociale), ma tentano di risolverle riaffermando i principi senza individuare nuovi strumenti. Imporre con una direttiva che non più del 10% del tempo lavorati-vo dello psicologo del consultorio debba essere dedicato all’adozione internazionale, appare un compromesso bizantino che tra l’altro non tiene conto nè dell’autonomia organizzativa del Dipartimento né della natura specifica della prestazione.

C’è da fare, a riguardo, una considerazione basilare. Essendo in Si-cilia gli unici psicologi ‘pubblici’ quelli assunti dalle ASL, ogni ente pubblico (scuole, enti locali, tribunali, commissioni di invalidità…) che necessita di un intervento psicologico, qualunque sia la natura di esso e la destinazione finale, invia allo psicologo della ASL. Ne scaturiscono, inevitabilmente, percorsi a volta confusivi e inappropriati. Allo stesso operatore, al quale viene richiesta un’attestazione di idoneità genitoriale viene magari inviata qualche mese dopo la stessa persona, risultata non idonea, perché venga presa in carico e aiutata psicologicamente. È ovvio che le finalità di un assessment non sono le stesse di una presa in carico: setting, contratto, relazione cambiano profondamente se si valuta una persona al fine di sostenere una decisione del giudice per l’affidamento dei figli o perché si debba stabilire un’alleanza terapeutica!

Dal momento che le richieste dei Tribunali rappresentano in mol-te realtà consultoriali un carico di lavoro rilevante, sarebbe opportu-no rivedere questi flussi in modo da razionalizzare meglio i percorsi ed evitare che lo psicologo del consultorio, sul quale principalmente insiste questa tipologia di domanda, sia escluso dalle altre attività con-sultoriali. Una migliore programmazione a livello distrettuale o diparti-mentale può anche servire a centralizzare alcune tipologie di prestazio-ne, in modo da rispondere meglio alle richieste: le liste di attesa, anche

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nell’ambito materno-infantile, cominciano a essere un serio problema per l’erogazione appropriata dell’assistenza.

Come ha giustamente osservato Grandolfo, non ha molto senso pro-porre priorità e progetti strategici, se poi non si valuta concretamente il tempo di lavoro necessario per attuarli. Per avere un’idea di prima ap-prossimazione dei carichi di lavoro per figura professionale necessari per la realizzazione dei tre progetti strategici, Grandolfo ha valutato che con una popolazione bersaglio di 20 mila abitanti, si hanno mediamente: 200 nascite, di cui 100 prime nascite; circa 200 adolescenti; circa 6.000 donne di età 25-64 anni. Se l’obiettivo 1 è l’offerta attiva di corsi di accompagna-mento alla nascita e l’assistenza durante il pueperio, l’ipotesi complessiva del carico orario è di circa 204 ore, che impegnano singolarmente lo psi-cologo a essere presente per almeno 184 ore. Se l’obiettivo 2 (adolescenti) si traduce nell’avviare dei corsi di educazione sessuale a scuola e aprire uno spazio adolescenti dentro il consultorio, il carico minimo per rea-lizzare queste attività è di 403 ore, all’interno delle quali lo psicologo è presente per 356 ore. Sul 3 obiettivo (prevenzione del tumore del collo dell’utero), assumendo l’ipotesi di effettuazione di 1120 Pap test si ha un totale di 1000 ore l’anno: richiesta presenza dello psicologo 150 ore. È fa-cile affermare come – non essendo rispettati il parametro di 1 consultorio per 20.000 abitanti e lo standard minimo di personale per ogni consulto-rio – già questi dati risultano ampiamente sottostimati.

Queste simulazioni, tuttavia, sono utili per far emergere in prospettiva

la necessità di collegare qualunque ipotesi di politica sanitaria ad una va-lutazione reale dei percorsi, degli strumenti e delle risorse che occorrono per promuoverla. La valutazione, intesa come un processo costante di osservazione, di monitoraggio, di rilevazione, che riguardi non solo l’ana-lisi del punto di partenza e l’indicazione della meta da raggiungere, ma soprattutto l’analisi del percorso, che coinvolga tutte le professioni (e non solo il Responsabile di vertice), che diventa oggetto di comunicazione e restituzione degli esiti a tutta la comunità sociale (la salute e il benessere non sono monopolio dei servizi sanitari) può diventare lo strumento elet-tivo attraverso il quale le attività professionali si raccordano agli obiettivi di sistema.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

BIBlIoGrAFIA

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SItoGrAFIA

1) www.osservatorionazionalefamiglie.it2) www.epicentro.iss.it3) www.centrostudi.gruppoabele.org/?q=node/219

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

II Capitolo

Approfondimenti tematici e contributi di ricerca /azione

2.1 Parti cesarei e medicalizzazione del Percorso Nascita

Paolo Bozzaro

Resta alta la percentuale di parti cesarei sul totale dei parti avve-nuti in Italia che emerge dall’ultima registrazione ufficiale (S.D.O. – Schede dimissione ospedaliera, 2005): 38,32 %, con punte del 59,95 % in Campania e del 52,35 % in Sicilia. La regione con il più basso indice è il Friuli V.G. (23,93) seguita dalla Toscana (26,09) e dal Vene-to (28,89).

È un dato in aumento rispetto agli anni precedenti (37,7% nel 2004

e 36,6 % nel 2002), che rappresenta anzitutto un elemento di non appropriatezza, dal momento che il ricorso al parto cesareo nei Paesi Europei si attesta attorno a percentuali del 18 % .

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda come indice di riferimento accettabile una percentuale tra il 10-15 %, dal momen-to che la percentuale di parti con taglio cesareo è uno degli indicatori sulla Salute Riproduttiva adoperati a livello internazionale.

Angela SPINELLI (Istituto Superiore di Sanità) – sfatando il mito dell’equivalenza parto cesareo=parto sicuro – sottolinea come il ri-

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schio di partorire con questa metodica “risulti maggiore col crescere dell’età materna, per le donne che partoriscono in struttura privata, per quelle che non hanno frequentato un corso di preparazione alla nascita, per le residenti al Sud e, naturalmente, per quelle con disturbi in gravi-danza… Si è osservato un rischio elevatissimo di taglio cesareo quando la donna aveva già avuto un figlio con questa procedura” . (…….)

Gianfranco GORI (UO Ostetricia Ginecologia, ASL Forlì) sostiene che i tagli cesarei moltiplicano per 4 (se non addirittura per 8) il ri-schio di morte per una donna e, analizzando i dati delle S.D.O. degli ultimi anni, osserva come a presentare bassa mortalità perinatale e morbosità neonatale siano proprio le Regioni con un tasso medio di cesarei inferiori alla media nazionale, mentre regioni con alto tasso di cesarei hanno un’alta mortalità perinatale e morbosità neonatale: a conti fatti i cesarei non portano vantaggi in termini di esiti neonatali, come sostengono altri, per non dire che costano parecchio di più al Sistema Sanitario Nazionale.

Sul piano della EBM (Evidence Based Medicine) un documento di riferimento importante è quello prodotto nel 2001 dal Royal College of Ostretricians and Gynaecologist, che riassume le evidenze scientifi-che emerse dalla letteratura sull’argomento al fine di definire meglio i confini dell’appropriatezza.

Quattro sono, generalmente, le condizioni che spingono alla scelta del parto cesareo: la sofferenza fetale, la distocia, la presentazione po-dalica e un pregresso cesareo.

La motivazione principale, cioè la sofferenza fetale, viene registrata in genere attraverso il CTG (cardiotocografo). Poiché questo stru-mento ha un’alta sensibilità, ma una scarsa specificità, sono frequenti i “falsi positivi”. L’invito pertanto è, prima di ricorrere al cesareo, di operare una più attenta valutazione della sofferenza fetale, ricorrendo anche ad altri sistemi (come la valutazione del Ph fetale).

In presenza di distocia (cioè di ritardo della progressione), non si dovrebbe ricorrere al cesareo senza prima aver tentato di correggere il ritardo con l’ossitocina.

Di fronte a presentazione podalica del feto non sembrano esserci

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allo stato attuale motivi di discussione per l’indicazione del cesareo, mentre per pregressi cesarei le migliori evidenze a disposizione indi-cherebbero un vantaggio per il parto vaginale se sono passati almeno 18 mesi dal precedente.

Riflettendo su questi dati emerge una considerazione preoccupan-te: che nelle sale parto di molte cliniche e ospedali italiani si sia dif-fusa una prassi sanitaria non sufficientemente suffragata da prove di evidenza scientifica e non sostenuta da un’adeguata attenzione alle condizioni del bambino e della donna. Il parto sembra essere diven-tato un evento da approcciare e da risolvere all’interno di un contesto fortemente medicalizzato, nel quale prevalgono scelte delle quali be-neficia più l’operatività del medico e della struttura che non il bambi-no o la madre.

Lo afferma con molta chiarezza GORI quando dice: “Oggi abbia-mo nelle nostre sale parto una generazione di medici educati a risolvere ogni problema con un taglio cesareo, ma che poco conosce delle manovre ostetriche, ma anche della fisiologia ostetrica e che ha poco rispetto degli aspetti emozionali della nascita… In quest’ottica, l’idea che mi sono fat-to è che da noi molti cesarei siano preventivi, per evitare cioè il rischio di trovarsi nella vera emergenza ostetrica a cui non si sarebbe in grado di rispondere”.

Un altro segnale dell’elevata medicalizzazione, non solo del mo-mento del parto, ma dell’intero percorso di gravidanza, è l’elevato numero di esami alle quali si sottopone la donna. Nessun dubbio che l’assistenza medica diretta durante la gravidanza abbia portato nel complesso a maternità più sicure e che la maggiore disponibilità di strumenti diagnostici permetta di monitorare meglio tutto il processo con benefici anche di natura psicologica per la madre.

C’è tuttavia un limite da rispettare, un limite che scaturisce anzi-tutto dall’utilità effettiva degli esami richiesti. Da una inchiesta di Al-troconsumo (n. 67, aprile 2007), che ha raccolto l’esperienza di 1691 mamme attraverso un questionario strutturato, emerge una pratica prescrittiva in eccesso di esami, di ecografie e di integratori, ben oltre la necessità e l’utilità dimostrate.

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Dal quadro dell’inchiesta (ponderato in modo da rispecchiare l’in-tero territorio italiano) spicca il fatto che a circa metà delle donne in-tervistate siano state prescritte analisi del sangue oltre quelle rimbor-sate dal Servizio Sanitario Nazionale. Emergono quantità eccessive di esami di screening per rischi bassi (come l’amniocentesi in giovane età) e prescrizioni di integratori di vitamine e minerali consigliati (il 60% dei casi) che normalmente sono inutili. 16

Lo stato di gravidanza, in base alle risposte del campione, è stato confermato principalmente attraverso un’ecografia (45%) o dall’esa-me delle urine (45%). Nel 32 % dei casi è stata anche confermata attraverso un esame del sangue, analisi “più costosa, più scomoda e inutile, visto che l’analisi delle urine è perfettamente sufficiente a con-fermare lo stato di attesa” (p. 11).

Il 98% del campione afferma di essere stato seguito da un gineco-logo e solo l’11% anche da un’ostetrica. Se si pensa che per millenni il mestiere di far nascere i bambini è stato appannaggio delle donne, il ricorso così massiccio alla figura del ginecologo segnala immediata-mente il viraggio culturale e comportamentale, che si è verificato in questo campo. La percentuale di donne che si fa seguire da un gineco-logo privato è del 70%, con una spesa in media di quasi 600 euro per la gravidanza e numero di visite programmate (in media una al mese). Nessuna donna ha avuto difficoltà a ottenere dal proprio ginecologo una visita non programmata. Scarsamente utilizzati i consultori pub-blici (solo nell’8% dei casi), segno forse di una sfiducia o dell’esigenza di una maggiore privacy.

Tra i test più eseguiti risulta quello sulla toxoplasmosi (il 98%),

mentre tra i meno eseguiti quello sulla sifilide (33%), che è invece in lieve aumento (causa l’immigrazione e i rapporti interetnici più fre-quenti). Il 66% delle donne si sottopone al test per identificare il ci-

16“Secondo le informazioni Istat, nel 2004-2005 il 47 % delle visite specialistiche, escludendo quelle odontoiatriche, è stato pagato in Italia out of pocket. In ostetricia-ginecologia il 64,5% delle visite sono a pagamento; seguono dietologia, dermatologia e oculistica… Secondo alcuni dati, negli anni 2005-2006 il 60% degli italiani avrebbe pagato di tasca propria prestazioni sanitarie (sempre escludendo quelle odontoiatriche) garantite dai Lea. Percentuali simili non hanno riscontro nei Paesi dell’Europa occidentale…” (G. PADOVANI, 2008, p. 4).

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tomegalovirus, che può provocare gravi danni durante la gravidanza. L’utilità di questo test è controversa in quanto non ci sono rimedi di efficacia comprovata in caso di positività.

La tendenza maggiore ad effettuare esami in eccesso è nel caso del-le ecografie. Per ciascuna donna intervistata risulta una media di 6 ecografie, che va oltre le 3 previste dalle Linee guida nazionali, con il 20% del campione che ne ha eseguito almeno 9. Dal momento che il S.S.N. rimborsa solo le tre previste in periodi ben precisi (la prima entro tre settimane; la seconda tra la 19 e la 23; la terza tra le 28 e la 32), anche il fattore costo sembra giocare un ruolo nella dinamica delle prescrizioni.

Che sia necessario avviare una riflessione sulla attuale organizza-zione e gestione dell’assistenza sanitaria durante il Percorso Nascita è fuor di dubbio. Una percentuale così elevata di parti cesarei non può essere elusa con la giustificazione dell’evitamento del dolore da parte della partoriente o con non ben provate ragioni di sicurezza per la sa-lute del bambino. Tra l’altro è stato verificato empiricamente che una corretta e attenta informazione da parte dell’ostetrico, accompagnata ad una maggiore continuità dell’assistenza alla gravidanza, diventa un fattore efficace per la diminuzione dei parti cesarei.

Tale riflessione viene ulteriormente sollecitata dalle notevoli dif-ferenze territoriali che si riscontrano in tema di qualità dell’offerta di salute fra le varie Regioni italiane. Che anche in Sanità esista una questione meridionale non è una novità. Ma che dopo la riforma del 1978 perdurino ancora differenze così vistose fra nord e sud non è più tollerabile.

Il tasso di mortalità infantile è stato in Italia nel 2006 del 3,7 ogni 1.000 nati vivi, uno dei migliori al mondo, ma se scomponiamo il dato medio riferendolo alle varie Regioni vediamo che esso va dal 2,3 e 2,4 della Toscana e del Friuli al 4,7 delle isole e al 4,6 dell’intero Meridione.

È evidente che qualcosa non funziona a livello di organizzazione: nel territorio napoletano c’è un numero eccessivo di punti-nascita con dimensioni ridotte (al di sotto di 150 parti all’anno) e posti letto delle Unità di rianimazione neo-natale dispersi in strutture troppo piccole

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per assicurare un’assistenza di qualità. La rete dei consultori, tra l’al-tro, risulta abbastanza limitata.

Non molto diversa è la situazione nelle altre regioni meridionali, Sicilia compresa. In Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, in ostetricia e ginecologia, pediatria e medicina generale, la quota di letti dislocata in ospedali con meno di 120 posti-letto è del 20% circa; nel Centro-nord la stessa quota è inferiore al 3 %.

“…quella dell’attesa e del parto – afferma PADOVANI (2008) - è da

anni, in realtà, un’industria consolidata che svolge (male) una funzio-ne di supplenza nei confronti di strutture pubbliche insufficienti e scar-samente accreditate presso buona parte della cittadinanza. Allo stesso modo si spiega il record mondiale della Campania nel tasso dei cesarei… Gravidanza e parto sono tra i percorsi medici che esemplificano come nel Meridione molte soluzioni non siano determinate da problemi di spesa pubblica (il cesareo costa a Stato e Regioni il doppio del parto fisiologi-co), ma essenzialmente il prevalere di politiche clientelari nella gestione del sistema” (p. 4).

L’alto numero dei parti cesarei, in questo contesto, rappresenta

l’elemento sintomatico, la ’spia rossa’ che segnala una organizzazione e una gestione disfunzionale dell’assistenza socio-sanitaria, ma anche il diffondersi di pratiche cliniche che modificano violentemente i pa-radigmi culturali e i vissuti emozionali che per secoli hanno circonda-to l’evento ‘nascita’.

Non vogliamo assolutamente esprimere con ciò un giudizio di va-lore sulle scelte individuali delle donne in relazione al rapporto con il proprio corpo, con i processi biologici che lo attraversano, con le dinamiche del dolore e della sofferenza in particolare, né tanto meno supportare quella visione arcaica che vedeva nel ‘dolore del parto’ quasi una punizione e una compensazione al piacere del rapporto ses-suale.

Ci si può chiedere tuttavia, come hanno fatto alcuni operatori in una ricerca pubblicata recentemente (FIASCHI, GIRIBALDI, MO-RANO, BENTIVOGLIO, 2008), se oltre ai fattori organizzativi e ge-

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stionali menzionati, esistano aspetti psicologici specifici, che possono essere messi in correlazione con l’ampio ricorso al parto programma-to. “Essendo il parto, in vario modo e con diverse intensità, un’esperien-za forte sia fisicamente che emotivamente, ipotizziamo che esso possa rappresentare un evento sostanzialmente stressante, che richiede una re-azione di adattamento e dunque l’utilizzazione di meccanismi di difesa che avranno il compito di ridurre il livello di ansia” (p. 67).

L’impianto della ricerca - che ha coinvolto 70 donne, intervista-te e testate tra la 30esima e 34esima settimana di gravidanza, la fase più significativa per esaminare aspettative, paure ed emozioni legate all’evento parto – si è avvalso di un questionario semi-strutturato e del D.M.I. (Defens Mechanism Inventory), uno strumento standardizza-to, coerente con la teoria psicoanalitica dei meccanismi di difesa, che permette di misurare l’intensità con cui i soggetti utilizzano le cin-que modalità difensive principali: aggressività (TAO: Turning Against Object), proiezione (PRO: Prjection), principalizzazione (PRN: Princi-palization), rovesciamento (REV: Reversal), rivolgimento contro se stes-si (TAS: Turning Against Self).

L’assunto teorico è che tutte le difese mirano a ridurre il livello di ansia, a renderla più sopportabile, restituendo e rafforzando lo stato di benessere, che può essere minacciato in alcuni momenti della vita. In questa prospettiva le difese non si distinguono in patologiche e non patologiche, in quanto tutte concorrono in equilibrio fra loro a produrre un adattamento ottimale. L’ipotesi è che nell’esperienza ma-turativa ma anche sostanzialmente stressante della gravidanza e della maternità alcuni stili difensivi possono essere utilizzati più frequente-mente di altri in relazione alle specifiche modalità di parto.

Per verificare questa ipotesi gli autori hanno diviso i soggetti in due gruppi: il primo gruppo, formato dalle donne che avevano program-mato un parto cesareo e un parto in travaglio con analgesia epidurale e il secondo (gruppo di controllo) dalle donne che avevano program-mato un parto naturale.

Dall’analisi descrittiva dei dati è emerso che lo stile difensivo della principalizzazione (che include l’intellettualizzazione, l’isolamento e la razionalizzazione) è lo stile difensivo più utilizzato in assoluto in relazione alle tre forme di parto. “In molte ricerche è stato evidenziato

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che nella popolazione adulta normale la PRN è la scala con i valori più alti. Anche gli autori della validazione italiana del DMI sottolineano come le difese intellettualizzanti sono in genere connesse con un buon livello di adattamento sociale e a competenze quali il problem-solving. Inoltre essi ipotizzano che poiché le difese intellettualizzanti poggiano in genere sulla razionalità possono rappresentare la modalità di risposta difensiva privilegiata dalla nostra società, per contro una sua massiccia utilizzazione può coincidere con indifferenza emotiva, difficoltà a stabi-lire legami intensi e soddisfacenti” (p. 71).

Analizzando nello specifico gli stili difensivi maggiormente utilizza-ti per ciascuna modalità di parto emerge che nel parto naturale gli stili maggiormente utilizzati sono in successione: la principalizzazione, la proiezione e l’aggressività; nel parto cesareo la principalizzazione, la proiezione e il rovesciamento; idem nel parto con epidurale.

In conclusione, secondo gli autori, “lo stile difensivo più utilizzato in tutte e tre le modalità di parto risulta essere la principalizzazione, an-che se nel parto naturale abbiamo uno scarto in positivo più significativo (58,66%), segue il parto epidurale (51,18%) ed infine il parto cesareo (50,73%). Nelle modalità di parto più orientate alla medicalizzazione gli stili difensivi maggiormente utilizzati dopo la principalizzazione sono quelli improntati alla repressione-negazione dell’affetto mentre nel par-to naturale prevalgono quei meccanismi che rafforzano le risorse neces-sarie per il compito richiesto dalla modalità di parto” (74).

In conclusione contrastare l’eccessiva medicalizzazione del per-corso nascita attraverso una riappropriazione da parte delle donne dei vissuti emotivi ad esso correlati con la possibilità di attraversarne con-sapevolmente le aree più oscure e ansiogene e di poterne condividere i significati all’interno della coppia e del gruppo sociale di riferimento non vuol dire togliere garanzie, sicurezza e tutela alla salute della don-na e del bambino, ma contestualizzare il parto e la nascita all’interno della rete di relazioni interpersonali – prima fra tutte la relazione ma-dre/bambino - che motivano e giustificano l’evento prima e dopo.

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2.2 - la mediazione familiare: quali competenze professionali?Filippo Claudio Castrogiovanni

Premessa

Nell’ultimo decennio è stato registrato un notevole incremento del-le cause di separazione e di divorzio e con esse del livello di conflittua-lità che le accompagna e le segue. Dietro una separazione si nasconde un dolore multiplo fatto di disillusione, rabbia, perdita, solitudine, desiderio di vendetta e spesso a pagarne le conseguenze sono soprat-tutto i figli sempre più disorientati, preda dei genitori, oggetto di ri-catto. Nella maggior parte dei casi accade che il conflitto coniugale, doloroso ed insostenibile, si trasformi in vera e propria guerra, in cui c’è sempre un vincitore ed un perdente.

Diceva Ghandi che laddove c’è un perdente la guerra non è mai finita; ed è purtroppo in questa contesto che si inserisce la logica per-versa delle separazioni estenuanti e dei divorzi interminabili.

Da questo quadro contraddittorio e complesso, il nuovo art. 155 del codice civile impone al giudice di valutare “prioritariamente la possi-bilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori”, in modo da realizzare al meglio il diritto della prole a “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi”. Infatti, la Legge n. 54 dell’8.02.2006 sull’affido condiviso pone la responsabilizzazione dei genitori in merito ai propri doveri verso la prole e ne prevede, all’art. 155-sexies, che prima dell’emanazione dei provvedimenti temporanei, il giudice disponga l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Si è voluto così recepire un principio, quello dell’audizione del minore in tutti i procedimenti giudiziari che lo riguardino, già garantito da di-verse convenzioni internazionali nonché dalla Convenzione sull’eser-cizio dei diritti da parte dei minori adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 ed entrata in vigore il 1° luglio 2000.

Il fine primario è quello di ridurre al minimo le conseguenze pre-giudizievoli della rottura delle relazioni familiari e della dissoluzione del vincolo coniugale, di tutelare gli interessi e l’integrità psicofisica

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dei figli, favorendo soluzioni di composizione amichevole, il manteni-mento delle relazioni tra genitori e figli, riducendo altresì i costi eco-nomici e sociali della separazione e del divorzio per le parti.

Rispetto a certi rigidi meccanismi giuridici l’approccio della media-zione è decisamente più costruttivo, visto e considerato che vengono presi in esame sentimenti contrastanti che scaturiscono da tali con-troversie. In tale ambito, si riconosce e si comprende quella rabbia, quel rancore e quel dolore legato al contesto delle separazioni e non si interviene per esasperare ed esacerbare le contese familiari ma per fa-cilitare la discussione delle parti aiutandole a formulare accordi validi e positivi per tutti i membri della famiglia.

Il processo di mediazione familiare

Principio fondamentale della mediazione è la libera volontà delle parti di impegnarsi in tale procedimento per comporre le proprie con-troversie. Attraverso una serie di incontri, si tenta di facilitare nella cop-pia la previsione di un futuro, anche se non più condiviso, e di vivere la separazione non come esperienza di fallimento, ma come un momento di difficoltà che può essere trasformato in opportunità di ricostruire una vita, lasciando alle spalle il cieco odio e le rivendicazioni egocentriche.

Durante la narrazione dei fatti le parti ricostruiscono le tappe del loro percorso fatto di continui litigi, elaborano il lutto della separazio-ne, vengono guidati, attraverso l’impiego di tecniche di tipo cognitivo, come il problem solving, nella valutazione delle diverse soluzioni pro-spettate e di quella più vantaggiosa avendo riguardo sia ad una ridefini-zione della propria identità personale ed un recupero dell’autostima, sia ad una responsabilizzazione del ruolo genitoriale e allo sviluppo di una personalità armonica dei figli.

Per quanto concerne l’ambito applicativo, la mediazione può essere utilizzata nella fase di decisione (se separarsi o meno), nella fase legale di separazione, nella fase post-sentenza. Alla luce delle considerazioni svolte ed in conformità con i principi dettati in materia a livello comu-nitario, appare opportuno rendere operativa tale tecnica di risoluzione dei conflitti familiari, dando l’opportunità alle parti, attraverso l’incon-

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tro con un mediatore, di verificare da un lato i benefici della mediazione stessa con conseguente riduzione della durata delle procedure giudizia-rie, un minor costo per le parti e uno snellimento del carico di lavoro per i magistrati; dall’altro un’effettiva tutela morale e giuridica dei figli in vista di uno sviluppo sereno della loro personalità.

Va ricordato, infatti, che i genitori hanno l’obbligo, costituzional-mente previsto, di soddisfare i bisogni materiali, morali e affettivi dei figli e di scegliere l’indirizzo educativo da impartire a prescindere da un eventuale scioglimento del vincolo coniugale. Sarebbe, pertanto, auspicabile l’introduzione di una collaborazione del mediatore quale ausilio sia dell’autorità giudiziaria che degli avvocati nella risoluzione di controversie familiari. Sarebbe, oltremodo, necessario un impegno in tal senso anche da parte delle amministrazioni comunali e provinciali, per garantire un sostegno sociale alle numerose coppie che affrontano la separazione e il divorzio con tutto il carico emotivo ed economico che tale scelta comporta.

Compiti di un servizio di mediazione familiare

Il servizio di mediazione familiare si rivolge alle coppie di coniugi che, pur avendo deciso di separarsi o divorziare, non riescono a rag-giungere un accordo sulle relative condizioni, ma non vogliono neanche intraprendere un lungo, costoso e defaticante procedimento giudizia-rio. Lo scopo dell’attività di mediazione non è, pertanto, quello di per-mettere una riconciliazione della coppia (in tal caso deve farsi ricorso ad uno psicologo o ad un consulente matrimoniale), bensì quello di permettere la formazione di un consenso reciproco in ordine alle condizio-ni per la separazione o per il divorzio, evitando (o riducendo al minimo) ogni forma di conflitto.

Ci si può separare male e perpetuare le sofferenze per tutti coloro che sono coinvolti, a volte con conseguenze indesiderabili per i figli. È pos-sibile separarsi bene e superare la crisi in modo positivo. Non è terapia o counseling e non sostituisce il ruolo dell’avvocato o del giudice.

La mediazione familiare può costituire un’opportunità per una buona separazione. È un percorso per coppie in via di separazione, se-

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parate o divorziate. Si tratta di un intervento ‘paradossalè che chiede a due persone che hanno deciso di lasciarsi, di incontrarsi, mettendo alle spalle il passato per guardare avanti e decidere del loro futuro e di quello dei loro figli.

La mediazione familiare mira a creare un setting specifico, uno spa-zio e un tempo “neutro” dove i coniugi hanno la possibilità di “ripen-sarsi” come coppia, o come coppia che si separa, ma che rimane unita nell’esercizio della funzione genitoriale: qualora la separazione doves-se essere l’opzione scelta, i coniugi durante il percorso di mediazione avranno l’opportunità di riorganizzare emotivamente e pragmatica-mente la loro vita. Consiste in una serie di incontri con professionisti qualificati (mediatori familiari), i quali facilitano la comunicazione ed aiutano i genitori a collaborare e da trovare soluzioni realistiche.

Si apre in tal modo la possibilità di elaborare un progetto d’inte-sa durevole sulle principali questioni riguardanti la comunicazione genitoriale che, attraverso un percorso strutturato di negoziazione, giunge a degli accordi “ragionevoli e mutuamente soddisfacenti” su tutti gli aspetti inerenti la separazione: modalità di affidamento dei figli, calendario delle visite per il genitore non affidatario, assegno di mantenimento, la cura e l’educazione dei figli, la divisione dei beni comuni, ecc.

Questo progetto non imposto, ma negoziato e scelto dai parteci-panti, aumenta la possibilità di essere mantenuto nel tempo.

La mediazione globale si occupa della divisione dei beni oltre che degli aspetti relazionali ed affettivi. Questo tipo di servizio offerto alla famiglia in crisi si basa su di un presupposto essenziale, che lo dif-ferenzia da ogni altro tipo di intervento volto a risolvere le dispute: le persone, pur nel disordine emotivo/organizzativo che spesso ac-compagna una crisi coniugale, hanno la capacità di autodeterminarsi ed assumersi la responsabilità di decidere ciò che è meglio per loro, evitando di delegare ad un terzo, avvocato o giudice che sia, questo compito.

I dati sperimentali, derivati dagli studi sulle conseguenze del divor-zio, condotti a livello mondiale parlano chiaro: la durata degli accor-di è direttamente proporzionale al grado di soddisfazione che questi procurano a chi è tenuto a rispettarli. Ne deriva che soltanto un ac-

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cordo che rispetti gli interessi di entrambi i coniugi avrà la possibilità di resistere nel tempo.

Queste ricerche, avviate negli Stati Uniti, in Canada ma anche in Europa, dimostrano con evidenza che in percentuale gli accordi rag-giunti in sede di mediazione familiare presentano un numero consi-derevolmente più basso di successivi ricorsi in tribunale rispetto agli accordi imposti dal giudice in sede giudiziaria.

La mediazione, che raramente prevede la presenza dei figli (spe-cialmente se piccoli), rappresenta anche il modo migliore per i mi-nori di vedere tutelati i loro diritti, bisogni ed interessi: se, infatti, il mediatore non interviene mai in merito al contenuto degli accordi, sui quali soltanto i coniugi hanno diritto di parola, egli ha comunque il dovere di opporsi a quelle decisioni che con evidenza minaccino l’interesse dei bambini. Sono allora i figli, “i terzi assenti nel processo di mediazione”, i beneficiari privilegiati di questo tipo di intervento. La mediazione familiare si presenta allora come un aiuto concreto ai padri e alle madri che intendono ripensare in maniera intelligente e costruttiva alla riorganizzazione del ménage familiare, evidentemente destrutturato dalla crisi coniugale.

In mediazione non ci si occupa del passato e dei motivi che han-no condotto la coppia alla decisione di separarsi, almeno che questi aspetti non servano effettivamente per costruire quel tavolo delle me-diazioni, che farà da base all’attività negoziale dei coniugi. L’attenzio-ne dei protagonisti si soffermerà soprattutto sui ruoli presenti e futuri e su tutti gli aspetti di gestione del nuovo assetto familiare.

La mediazione familiare, in sintesi, serve:

•ad aiutare i coniugi in via di separazione a trovare accordi “mu-tualmente soddisfacenti” per entrambi su ogni aspetto della separa-zione (affidamento dei figli, calendario delle visite, aspetti economici e patrimoniali:

•a migliorare l’intesa e la comprensione, ristabilire un canale di co-municazione magari interrotto da anni;

•a promuovere un dialogo costruttivo e chiaro fra gli ex-coniugi in vista di una collaborazione futura come genitori;

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•a coadiuvare i cambiamenti emotivi, psicologici, pragmatici ed or-ganizzativi che accompagnano la separazione;

•ad aiutare a prevenire la sofferenza generale provocata dalla crisi coniugale ed evitare che la crisi coniugale sfoci in una conflittualità dannosa e distruttiva;

•ad offrire uno spazio neutro di dialogo e confronto costruttivo; •a tutelare il benessere e i diritti dei minori coinvolti; •a promuovere il rispetto fra i genitori; •ad “umanizzare il divorzio”.

Da un punto di vista psicologico la capacità di separarsi civilmente rappresenta il modo migliore per dirsi addio e per chiudere in positi-vo e dignitosamente un capitolo della propria vita. E per continuare entrambi ad essere protagonisti, anche se da lontano, della crescita dei propri figli: ci si può separare come coniugi, ma non ci si può mai separare dal proprio ruolo di genitori.

la mediazione familiare in Italia

La mediazione familiare è ancora una pratica poco diffusa in Italia, lasciata perlopiù all’iniziativa dei privati (esistono centri convenziona-ti a Milano, Genova, Roma, Bari). Nel settore pubblico la situazione è drammatica: la mediazione familiare è lasciata all’iniziativa dei singoli operatori – pochi – che lavorano all’interno dei servizi sociali o in consultorio.

Il luogo per eccellenza dove potrebbero essere istituiti servizi di mediazione familiare è ovviamente il consultorio familiare, presente su tutto il territorio: un luogo che dovrebbe essere al servizio di tutta la famiglia e non limitarsi – come troppo spesso accade un po’ dapper-tutto in Italia – semplicemente all’assistenza sanitaria (ginecologia) o psicologica del singolo individuo. Sarebbe utile che anche i tribunali potessero offrire la possibilità di un supporto socio-psicologico della famiglia in crisi in fase di separazione o divorzio e un luogo di me-diazione familiare dove indirizzare le coppie che dovrebbero essere lasciate libere di accettare o meno l’intervento del mediatore. Soltanto

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quando accetteremo di cambiare prospettiva, passando dal conflitto al consenso - per riprendere il titolo di un libro di alcuni anni fa di GULOTTA e SANTI (1988), che proponevano un nuovo approccio alla risoluzione dei conflitti familiari passando dal conflitto conside-rato come distruttivo e come minaccia per l’integrità delle posizioni acquisite al conflitto come occasione di cambiamento ed evoluzione - soltanto allora la società e le coppie che si lasciano saranno abbastanza mature per accettare il processo della mediazione familiare.

Siamo tuttavia ben consapevoli del fatto che la mediazione fami-liare non sarà mai una panacea. Vi saranno sempre alcune coppie che non potranno trarne beneficio: o perché troppo immature o perché presenti seri disturbi di personalità in uno dei coniugi o nel caso di gravi sospetti di abusi o maltrattamenti nei confronti dei figli; in tal caso sarà il giudice a valutare in prima persona e all’occorrenza trami-te altri strumenti la situazione familiare.

Competenze professionali del mediatore familiare

La figura del mediatore familiare è una figura nuova che non ha an-cora acquisito un vero riconoscimento professionale (a livello di albo professionale, ad esempio): i primi mediatori italiani si sono spesso improvvisati tali o si sono formati all’estero (Usa, Canada, Francia, Inghilterra, Svizzera) e provengono da varie professioni.

Per essere efficace il mediatore deve sviluppare conoscenze legali e fiscali, nonché avere competenze nel campo psicosociale: il mediatore si distingue tuttavia dai professionisti esperti di tali settori anche se può da essi provenire (numerosi mediatori hanno alla base una forma-zione e una professionalità specifica: quale giurista, avvocato, psicolo-go, psicoterapeuta o assistente sociale).

Chi ha esercitato a lungo un’altra professione e non dispone di una formazione specifica nel campo della mediazione familiare rischia di “inquinare” tale campo. Una lunga pratica quale avvocato o psicote-rapeuta potrebbe influenzare negativamente la pratica della mediazio-ne. Gli psicoterapeuti sono abituati a intervenire partendo dai bisogni espressi dai clienti e la loro pratica consiste nell’aiutarli a cambiare

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comportamenti, atteggiamenti, percezioni: tutto ciò finalizzato alla ri-cerca di un miglior benessere. La relazione terapeutica è inoltre confi-denziale e non necessita di rapportarsi a regole esterne (la legge) né si preoccupa delle decisioni concrete, che le persone prenderanno nella loro vita.

In mediazione gli operatori devono tenere conto delle dinamiche e delle emozioni senza soffermarvisi a lungo e unicamente allo scopo di impedirne l’interferenza con il compito di negoziazione. Devono inoltre imparare a tenere conto del contesto giuridico nel quale si col-locano le persone e a lavorare a livello di decisioni concrete (di ordine finanziario, custodia dei figli): il mediatore, proveniente dalla pratica della psicoterapia, che dovesse ignorare tali aspetti, eserciterebbe una mediazione non rispondente alla sua ragion d’essere.

I mediatori provenienti invece dall’area giuridica sono abituati a consigliare i propri clienti e a proporre loro soluzioni precostituite. Il mediatore deve dunque astenersi dal decidere al posto delle parti. I giuristi-mediatori devono quindi sostanzialmente cambiare la loro posizione e il loro modo di lavorare anche se gli argomenti discussi sono più o meno gli stessi. Altrimenti rischiano di “giocare al giudice” e di dirigere le parti verso un’intesa che corrisponderebbe ai criteri di un tribunale.

Alla luce di queste considerazioni sembrerebbe più opportuno pensare al mediatore come ad una figura professionale a sé stante, sia che provenga dalle file degli avvocati, e che quindi senta come più importanti le questioni patrimoniali, sia che provenga dalle file degli psicologi o degli psicoterapeuti familiari e che consideri come più ur-gente la questione delle relazioni affettive. È su questo indirizzo che si muove l’ Associazione per la promozione della mediazione familiare che si batte per il riconoscimento giuridico di questa figura professionale, il cui Codice deontologico all’art. 4 reciterebbe: «Nessuno potrà eser-citare la funzione di mediatore familiare se non avrà nello stesso tempo acquisito una competenza tecnica in una professione legata alle scienze umane e/o giuridiche; seguito da una formazione specifica alla media-zione familiare in materia di divorzio e separazione; in più egli dovrà seguire corsi di aggiornamento periodici e sottomettersi a supervisione».

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Pertanto, la nuova figura professionale - attraverso l’acquisizione di specifiche competenze - diventa un esperto nella gestione dei conflit-ti, è imparziale e non dà giudizi. Il suo compito consiste nell’aiutare la coppia a riaprire i canali di comunicazione interrotti dal conflitto, lontano da una logica che vuole sempre un vincitore e un perdente. Ponendosi in una posizione neutrale, il mediatore non si permette di giudicare l’adeguatezza delle proposte dei genitori e non fornisce la risposta ai problemi, ma si limita a favorire forme di collaborazione stimolando i partner nell’esplorazione di soluzioni innovative e per-sonalizzate. Grazie a tale clima positivo e idoneo alla collaborazione ed al rapporto empatico instaurato con la coppia, egli potrà accom-pagnare e sostenere ciascun genitore nella ridefinizione della propria identità personale e nella negoziazione delle questioni relative alla se-parazione, affinché essa avvenga nel modo più sereno possibile.

Il ruolo del mediatore si distingue da quello dello psicoterapeuta, dell’assistente sociale o dell’avvocato. È tuttavia inevitabile che alcuni aspetti di queste professioni in certa misura vadano a sovrapporsi, ma ciò non impedisce di sottolineare alcune differenze fondamentali.

Tali funzioni specifiche sono riassunte schematicamente nella ta-bella I. A differenza di quanto avviene generalmente nella psicote-rapia, in mediazione familiare non si esplorano approfonditamente le percezioni e i sentimenti relativi al passato della coppia, in quan-to la caratteristica principale della mediazione risiede nella brevità, intensità e pragmaticità, nella ricerca di soluzioni concrete a fronte della difficoltà della coppia di armonizzare i propri bisogni e opinioni contrapposte. L’accento, infatti, non è posto sul passato, ma sull’ana-lisi della situazione attuale al fine di aiutare le persone ad individuare delle prospettive di vita futura più serene.

La mediazione familiare è sempre più frequentemente riconosciuta come un metodo di lavoro strutturato che esige competenze specifi-che nella risoluzione del conflitto al fine di aiutare le coppie nel pas-saggio da un confronto distruttivo alla ricerca comune di soluzioni a problemi precisi.

Questo percorso, non imposto, ma scelto dalle parti, durante il quale i due negoziano le loro decisioni, aumenta la possibilità che gli accordi presi vengano mantenuti nel tempo e possano essere modi-

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ficati nel futuro, secondo necessità, in un clima di collaborazione. Si tratta di un percorso di negoziazione che ha il fine di trasformare un processo conflittuale in un processo di tipo win-win (che in inglese significa: vinci-vinci). Tra i due processi vi è una differenza radicale: nell’ottica conflittuale si persegue la vittoria grazie alla sconfitta del contendente.

In un’ottica win-win si persegue il massimo vantaggio per tutti. L’esempio sociale estremo di processo conflittuale è la guerra: quan-do due paesi sono in guerra prevalgono sentimenti ostili, diffidenza, attribuzione di colpe, responsabilità ed ogni forma di spregevolezza e negatività al contendente. Sebbene non si possa escludere che in alcuni casi la guerra sia l’unica soluzione possibile, bisogna ricordare che il suo costo è enorme sia per i vinti che per i vincitori, e può essere incalcolabile per le vittime innocenti. Allo stesso modo, sebbene non possa escludersi in via di principio che alcune contese tra coniugi non possano avere altri sbocchi che la controversia giudiziaria, è anche qui utile ricordare che, in ogni caso, il costo economico, sociale ed emotivo per i contendenti e soprattutto per i figli è sempre oneroso ed a volte disastroso.

Si ricorda, a questo proposito, che in un’ottica conflittuale è spesso evidenziabile la tendenza ad utilizzare i figli come strumenti per azioni ostili nei confronti del coniuge. Altro esempio sociale di processo win-win è costituito dagli accordi nel mondo degli affari. Un accordo van-taggioso è vantaggioso per tutti i soggetti che vi partecipano. Infatti, un accordo che dovesse rivelarsi non vantaggioso per qualche mem-bro è destinato comunque ad essere disatteso o bruscamente interrot-to e quindi alla fine risulta non conveniente neanche per chi sembrava ne potesse ricevere solo vantaggi. Allo stesso modo, per ottenere i massimi vantaggi tra ex-coniugi ed i massimi vantaggi per i figli, è essenziale essere disponibili a tenere conto dei bisogni ed interessi di tutti. Il difficile lavoro di mediazione familiare consiste proprio in questo, aiutare i genitori a rinunciare alle richieste che hanno un puro scopo conflittuale ed ostile (distruttivo verso il contendente) e con-sentire la libera espressione di bisogni affinché possano essere materia di accordo esplicito. Inoltre, consiste nell’aiutare i genitori a dotarsi di strumenti che li rendano capaci di modificare gli accordi in caso di

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

sopravvenute nuove condizioni oggettive. È per questa ragione che il mediatore familiare non è un solutore di controversie né un sugge-ritore di soluzioni, ma è un facilitatore di una comunicazione che sia sufficientemente sana, tale da favorire la ricerca di accordi spontanei. Si possono enumerare diversi approcci alla mediazione familiare, ma tutte le scuole e gli orientamenti più importanti, pur dando enfasi di-versa talora ad un aspetto, talora ad un altro, riconoscono che il suo ruolo primario è il superamento del conflitto (o comunque dei suoi aspetti deteriori) e la negoziazione di accordi nell’interesse soprat-tutto dei figli. Sebbene la mediazione familiare possa costituire una opportunità di crescita personale per tutti i membri della famiglia, il suo scopo principale non è psicoterapeutico. Pertanto, la mediazione familiare è distinta dalla terapia familiare e dalla psicoterapia in ge-nere, sebbene possa utilizzarne alcuni strumenti di osservazione e di intervento. È per questa ragione che la mediazione familiare sta len-tamente acquisendo dei metodi propri di valutazione e di intervento, relativamente indipendenti dalle scuole di psicoterapia

Il lavoro di mediazione familiare si svolge generalmente nell’arco di un tempo breve (pochi mesi) ed ha degli obiettivi molto definiti. Spesso, infatti, il conflitto è relativo ad aree molto specifiche (general-mente questioni relative al patrimonio, all’attribuzione dell’abitazio-ne, all’affidamento, alla frequentazione ed alla educazione dei figli). Generalmente i figli sono esclusi dalle sedute di mediazione familiare, in quanto si ritiene che debbano essere liberati dal carico emotivo di un conflitto che non appartiene a loro, piuttosto che esserne vittime o testimoni sofferenti. I genitori debbono dunque essere educati alla possibilità di dirimere direttamente tra di loro le divergenze, riducen-do al minimo il coinvolgimento dei figli.

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Terapia familiare Mediazione familiare Consulenza legale

Soggetti

implicati

Può partecipare anche solo uno

dei membri della coppia

I bambini possono essere coinvolti fin dall’inizio

Coinvolge entrambi i partner

I bambini non partecipano

Implica il singolo e/o la

coppia

I bambini non sono coinvolti

Obiettivi Miglioramento del funzionamento familiare e della comunicazione

Prendere accordi condivisi, decisioni concrete,

miglioramento della

comunicazione e della cooperazione

Conseguimento del miglior risultato possibile

per il cliente

Dar voce alla volontà del cliente in ambito legale

Oggetto

Il sintomo, la relazione

disfunzionale, le emozioni Raramente legato direttamente a

questioni giuridiche/economiche

Questioni relazionali ed

economiche che possono emergere dall'organizzazione

della separazione

Questioni litigiose, i fatti, le

procedure giuridiche

Ruolo Aiutare

Curare

Dirigere il processo

Favorire la comunicazione

Dare pareri legali

Consigliare, difendere

Orizzonte

temporale

Lavoro potenzialmente a lungo

termine, non strutturato e

sistematico Tentativo di stabilire delle

connessioni tra il presente e il

passato (in funzione del modello)

Lavoro a breve termine,

strutturato, numero definito di

incontri Centrato sul presente e sul

futuro

Maggiormente centrato

sul futuro

Strategie

qualificanti

Utilizzo di prescrizioni e

strumenti terapeutici, ascolto attivo, lavoro sulle emozioni

Non direttività

Incoraggiamento alla

comunicazione aperta e diretta, gestione del conflitto,

identificazione opzioni di

soluzione, redazione di accordi, tecniche di

mediazione,

direttività

Informazioni e consigli

legali, ricerche, giudizi, redazione di atti

Quadro teorico di

riferimento

Teorie particolari: sistemica, psicodinamica, cognitivo-

comportamentale, ecc.

Modello di mediazione: relazionale-simbolico,

sistemico, terapeutico, ecc.

La legge, la dottrina, la giurisprudenza,

esperienza/prassi di

tribunale

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Mediazione familiare e gestione dei conflitti intrafamiliari

La Charte européenne de la formation des médiateurs familiaux, re-datta nel 1992 da una équipe di mediatori e poi ripresa nel 1997 dal Forum europeo di formazione alla mediazione familiare, definisce la mediazione “un processo che prevede la presenza di un terzo - il media-tore appunto - adeguatamente preparato che aiuta le parti ad affrontare tutte le questioni connesse alla riorganizzazione familiare in vista della separazione coniugale, nel pieno rispetto delle legislazioni vigenti nei vari paesi”.

In mediazione, quindi, i coniugi lavorano insieme con il mediato-re per il raggiungimento di un obiettivo concreto: l’elaborazione di accordi di separazione che  saranno poi presentati al giudice per ot-tenere la ratifica ufficiale necessaria. L’attenzione dei protagonisti si soffermerà soprattutto sui ruoli presenti e futuri e su tutti gli aspetti di gestione del nuovo assetto familiare.

La mediazione familiare non è necessariamente rivolta alle coppie che hanno già deciso di separarsi: in quanto servizio di aiuto in caso di conflittualità familiare, possono recarsi dal mediatore tutti coloro che vivono una situazione di conflitto in famiglia e che sentono il bisogno di trovare uno spazio neutro in cui confrontarsi per chiarire la propria posizione, le proprie idee, o ritrovare un proprio ruolo coniugale o genitoriale corroso dal tempo o da situazioni conflittuali. In sintonia con tale orientamento, la mediazione familiare sistemica si propone, inoltre, di:

1. rifiutare la logica di “vittoria” di una parte sull’altra e quella di genito-re “cattivo” e genitore “buono”;

2. considerare il conflitto non solo come un periodo di crisi delle rela-zioni, ma come possibilità di crescita e di rielaborazione attraverso la rifles-sività;

3. aiutare i genitori a decidere autonomamente e di comune accordo;4. proteggere i figli dalle contese genitoriali e ridefinire i confini tra geni-

tori e figli nella separazione;5. creare un clima collaborativo nel quale i genitori apprendono a ne-

goziare le loro posizioni per trovare accordi comuni non solo nel presente;

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6. creare una diversa cultura della separazione e del divorzio.

Di contro su questo terreno conflittuale delle separazioni, ci si può imbattere nella seguente patologia: la Sindrome da Alienazione Ge-nitoriale (P.A.S.: Parental Alienation Syndrome). La sindrome di alie-nazione genitoriale è una delle più gravi patologie da separazione. Un disturbo psicologico che può insorgere nei figli, tipicamente a seguito del loro coinvolgimento in separazioni conflittuali non appropriata-mente mediate. A dispetto della scarsa conoscenza che attualmente ne abbiamo in Italia, la PAS è oggetto di studio e ricerca in ambito scientifico e giuridico da oltre vent’anni nel mondo, ed è stata inizial-mente descritta e sistematizzata in letteratura da Richard A. Gardner .

Gardner definisce la P.A.S.: “Un disturbo che insorge quasi esclu-sivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di deni-grazione contro l’altro genitore (genitore alienato). Tuttavia, questa non è una semplice questione di “lavaggio del cervello” o “programmazione”, poiché il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione. È proprio questa combinazione di fattori che legittima una diagnosi di PAS. In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di P.A.S. non è applicabile”.

La P.A.S. è prodotta da una programmazione dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): un lavaggio del cervel-lo che porta i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso il genitore non affidatario (genitore alienato). Le tecniche di programmazione del genitore alienante, tipicamente comprendono l’uso di espressioni denigratorie riferite al genitore non affidatario; false accuse di trascu-ratezza, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale); la costruzione di una “realtà virtuale familiare” di terrore e vessazione che genera, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore alienato. I figli, quindi, si alleano con il genitore “sof-ferente”; si mostrano come contagiati da questa sofferenza ed iniziano ad appoggiare la visione del genitore alienante, esprimendo, in modo

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apparentemente autonomo, astio, disprezzo e denigrazione contro il genitore alienato.

La programmazione arriva spesso a distruggere la relazione fra figli e genitore alienato, perché i bambini arrivano a rifiutare qualunque contatto, anche solamente telefonico, con il genitore non affidata-rio. Perché si possa parlare di P.A.S., però, è necessario che l’astio, il disprezzo, il rifiuto non siano giustificati (o giustificabili) da reali mancanze, trascuratezze o addirittura violenze del genitore non affi-datario.

La diagnosi di P.A.S. si basa sull’osservazione di otto sintomi pri-mari nel bambino:

1. Il primo sintomo è la “campagna di denigrazione”, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore affidatario verso l’altro genitore. In una situazione normale, ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l’altro. Nella P.A.S., invece, il genitore programmante non mette in discussione questa mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a favorirla;

2. il secondo sintomo è la “razionalizzazione debole” dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il ge-nitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamen-te superficiali. Ad esempio, come scrive Gardner: “non voglio vedere mio padre perché mi manda a letto troppo presto”, oppure “perché una volta ha detto c….”;

3. la “mancanza di ambivalenza” è un ulteriore elemento sintoma-tico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è visto come “tutto positivo”;

4. il “fenomeno del pensatore indipendente” indica la determina-zione del bambino ad affermare di essere una persona che sa pensare in modo indipendente, con la propria testa, e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza influenza del genitore programmante;

5. “l’appoggio automatico al genitore alienante” è una presa di po-sizione del bambino sempre e solo a favore del genitore affidatario, in

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qualunque genere di conflitto si venga a creare; 6. “l’assenza di senso di colpa” è il sesto sintomo: questo significa

che tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore escluso, avvengono senza sentimenti di colpa nel bambino;

7. gli “scenari presi a prestito” sono affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venirne da lui direttamente, come l’uso di parole o situazioni normalmente non conosciute da un bambino di quella età per descrivere le colpe del genitore escluso;

8. infine, l’ottavo sintomo è “l’estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato”, che coinvolge nell’alienazione la fa-miglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.

Richard Gardner afferma che l’instillazione incontrollata di P.A.S. è una vera e propria forma di violenza emotiva, capace di produrre significative psicopatologie sia nel presente che nella vita futura dei bambini coinvolti. Gravi psicopatologie quali: esame di realtà altera-to; narcisismo; indebolimento della capacità di provare simpatia ed empatia; mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali; paranoia; psicopatologie legate all’identità di genere.

Un distacco dalla realtà degli affetti genitoriali, che può scatenare la sindrome di alienazione genitoriale quando un genitore arriva a perce-pire i figli come non-persone: come mezzi, cioè, per acquisire maggior potere nel conflitto, oppure come strumento per dare sfogo e sod-disfazione a sentimenti di rabbia e disagio propri della sola “coppia coniugale”. È il passaggio all’atto, il superamento della percezione e la perdita dei confini del sé, l’uso diretto dei figli come arma nel conflitto della separazione.

Motivazione dei genitori programmatori

Vendetta contro il partner - Ottenere concessioni economiche - Convinzione di essere il genitore più adatto – Desiderio di controllo e/o di potere - Paura di perdere l’affetto del figlio - Convinzione di aver “dato di più ‘’ al figlio rispetto al partner – Gelosia per la nuova

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situazione sentimentale del partner – Salvaguardia del proprio senso di identità – Desiderio di staccarsi emotivamente dal partner – Mante-nimento della relazione con il partner attraverso il conflitto.

Caratteristiche dei genitori programmatori

Le ricerche empiriche stimano che gli uomini separandi/divorzian-di che utilizzano tali tecniche sono 2%-25% e spesso di carattere au-toritario e rigido; le donne sono il 4%-85% del totale delle separan-de/divorziande e sono generalmente quelle più indulgenti. Gli uomini utilizzano maggiormente metodi diretti, come il rapimento; le dorme utilizzano maggiormente la manipolazione psicologica, ad esempio le false accuse, di abuso sessuale, anche perché passano solitamente più tempo col figlio.

In generale, i genitori programmatori sono narcisisticameate vulne-rabili, immaturi, con bassa autostima, dipendenti dal figlio o da altri membri del nucleo familiare.

L’utilizzo delle tecniche di lavaggio del cervello è sovrarappresen-tato nelle seguenti categorie di genitori: tossicodipendenti, alcolisti, abusanti, genitori che accusano il partner di incesto.

Caratteristiche dei genitori bersaglio

Facilitano l’instaurarsi della P.A.S., anche se ad esso è generalmente attribuita un’importanza minore rispetto al ruolo del genitore pro-grammatore:

- in due terzi dei casi il genitore bersaglio è il padre, che ha quindi maggiore probabilità di essere vittima della P.A.S. soprattutto quando viene accusato falsamente di maltrattamento fisico e abuso sessuale;

- la responsabilità attribuita per il fallimento del matrimonio; il ge-nitore a cui viene attribuita tale responsabilità ha maggiore probabili-tà di divenire genitore bersaglio, soprattutto quando è stato infedele al coniuge o ha avviato una nuova relazione subito dopo la separazione.

Come qualunque altra patologia, anche la P.A.S. può presentarsi, nel momento diagnostico, con differenti livelli di gravità (P.A.S. di

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grado lieve; di grado moderato; di grado grave) a seconda dell’inten-sità e dell’efficacia della programmazione. È responsabilità del tera-peuta scegliere l’approccio adeguato: a seconda di quanto appropriata sarà (o meno) la terapia scelta, la P.A.S. potrà infatti evolvere: nel sen-so risolutivo (scomparsa dei sintomi e remissione completa); nel senso migliorativo (con sollievo sintomatologico e remissione parziale); nel senso di una stabilizzazione (in costanza di gravità della sintomatolo-gia); nel senso peggiorativo (aggravamento della patologia, fino allo stato di “morte vivente” - secondo l’espressione usata da Gardner - della relazione fra genitore alienato e figlio).

L’arma migliore, come per qualunque patologia, risiede però nel-la prevenzione: nella definizione di nuove regole del gioco. Gaetano Giordano afferma che è l’attuale sistema sociale di gestione del con-flitto coniugale a creare il problema che vuole risolvere, e che l’unica via d’uscita è entrare in una cultura della condivisione della genitoria-lità: una cultura al momento fortemente ostacolata nel suo esprimersi, proprio dalle regole (e alcune volte anche dagli operatori) di un siste-ma che vive e guadagna del conflitto che vuole risolvere.

Mediazione familiare e affidamento condiviso

Gli aspetti di genitorialità nelle separazioni potrebbero essere chia-ramente definiti, se si potesse comprendere appieno il concetto che, nella famiglia, esistono due “entità di coppia”, distinte per diritti, do-veri e responsabilità reciproche: la “coppia coniugale” e la “coppia genitoriale”.

Il “conflitto coniugale”, quindi, non necessariamente può (o deve) scatenare anche un “conflitto genitoriale”, ed eventuali contrasti fra le due entità potrebbero essere affrontati con l’ausilio della mediazione familiare. Sono purtroppo le attuali regole che governano l’evento se-parazione a creare il problema. Per governare il mondo degli affetti ci si appoggia ad un “sistema globale degli antagonismi”; a meccanismi di conflitto giudiziario; ad una “verità processuale” con tanto di parte vincente contrapposta a parte soccombente. L’istituto dell’affido mo-

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nogenitoriale, così largamente utilizzato nel passato con il 90% di affi-damenti esclusivi alla madre, è un elemento che rafforza la prospettiva in termini di vincitore e vinto.

Gli effetti della nuova legge sull’affidamento condiviso dei figli sono (ad oggi) tutt’ora da verificare. Nel contesto giudiziario e, più in generale, all’interno del “sistema globale degli antagonismi”, i figli as-sumono spesso il ruolo dei civili inermi in una guerra di dominio: veri sconfitti di una visione ideologica che individua un nucleo coniuge/genitore/figli nel ruolo della vittima ed il coniuge/genitore soccom-bente nel ruolo del carnefice violento e crudele.

BIBlIoGrAFIA

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2.3 - Consultori e IVG Carlo Riggi

Giovanni telefona alle 13,50 di venerdì, chiede dello psicologo. Lui e la sua ragazza sono disperati, una disattenzione ha provocato una gravidanza non desiderata. Sono entrambi maggiorenni, si vogliono bene, la loro è una coppia stabile, lui ha anche un lavoro, ma non si sentono ancora pronti per avere un figlio.

Il giovane parla tutto d’un fiato, la fidanzata è accanto a lui, lo ascol-to in silenzio. Appena ha esaurito il primo irrefrenabile sfogo fissiamo un appuntamento per il lunedì successivo.

Poco prima dell’ora della seduta l’infermiera mi avvisa che i ragazzi hanno telefonato, questa volta chiedendo della ginecologa: hanno in-tenzione di tenere il bambino e di farsi seguire dal consultorio durante la gravidanza.

Adele è una brillante studentessa liceale, prossima alla maturità. Un rapporto non protetto con un “balordo” ha provocato una gra-vidanza alla quale non vuole rinunciare, nonostante il ragazzo si sia coraggiosamente defilato facendo perdere traccia di sé, nonostante sia consapevole di quanto questo costituirà un handicap per la sua carrie-ra universitaria, nonostante una famiglia dissestata che sarà già tanto se non la butterà fuori di casa. Nonostante tutto.

Il bambino nasce, Adele nel frattempo si diploma ma poi deve fer-marsi, passare attraverso mille lavoretti precari e sottopagati, soppor-tare le umiliazioni di una famiglia che a stento sopporta lei e il suo bambino, accettare le avances di personaggi poco rassicuranti, alla fine accasandosi con un giovane tossicodipendente, spiantato anche lui e con mille problemi ma almeno capace di darle un po’ di affetto.

Continuo a vedere Adele con cadenza costante, una volta a settima-na, consapevole che in certi momenti il nostro rapporto è una delle poche cose che le permettono di mantenere un filo di autostima e di speranza. Tante volte penso dentro di me a quanto talento sia andato sprecato, quante opportunità perdute per la scelta di tenere quel bam-bino. Che nel frattempo sta crescendo, pieno di problemi anche lui.

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Oggi Adele appare più solida e sicura di sé, ha un lavoro dignitoso, il rapporto con il ragazzo tossicodipendente ha retto alle difficoltà, il ragazzino sembra aver recuperato un buon equilibrio. Finalmente, sembra che ci siano i presupposti per una vita “normale”. Un happy end che può scaldare il cuore, ma che nulla toglie ai dubbi e alle per-plessità legati a scelte così difficili e alla responsabilità di sostenerle nella nostra veste di operatori sanitari.

Due flash, due storie tra le tantissime per rappresentare la comples-sità e la delicatezza dei compiti di un servizio come il consultorio, che con grande ingenerosità e superficialità in altri tempi è stato denigrato fino a essere bollato come “abortificio”. Due storie “anomale”, stante che la normalità è costituita da donne, per lo più minorenni, spesso sole o accompagnate da un’amica, che transitano dal consultorio qua-si solo per adempiere a una formalità di tipo burocratico e, per quanto poi apprezzino la qualità del rapporto che si istaura con gli operatori, perseguono il loro obiettivo nel modo più veloce possibile e non si fanno più vedere.

Nella sua globalità il lavoro del consultorio è mirato a ridurre il fe-nomeno abortivo. La mera presenza del servizio, già di per sé, esercita questo tipo di funzione: Giovanni e la sua ragazza avrebbero avuto modo di riflettere se avessero dovuto far ricorso a un aborto clande-stino?..

Il solo fatto di avere la possibilità di un passaggio istituzionale, di vedere accolto un bisogno così drammatico - primariamente di atten-zione e di comprensione -, il poter condividere l’angoscia profonda legata ad un elemento imprevisto e “catastrofico”, apre di per sé spa-zio al pensiero, ridimensionando l’automatismo del ricorso all’agito, in questo caso all’aborto.

Il consultorio non è un abortificio, dunque, ma non è neppure un “salvificio”. Chi può giurare, in cuor proprio e al di fuori di indebite pressioni ideologiche, che Adele non avrebbe fatto meglio ad inter-romperla quella gravidanza? Certo, oggi che il bambino è quasi un giovanotto, il pensiero risulta “irricevibile”. Ma il dubbio era ben le-

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gittimo quando quel feto era solo un’ipotesi di vita.Proprio l’ideologia è ciò a cui dobbiamo rinunciare. Noi non dob-

biamo “desiderare” nulla per i nostri utenti, dobbiamo solo far sì che le loro risorse trovino le condizioni migliori per essere pienamente dispiegate. E che la capacità di pensiero possa prendere il posto di un’angoscia senza nome che, impedendo loro di pensare e di “soffri-re”, li spinge unicamente ad agire.

Il servizio nella sua interezza, e lo psicologo in particolare, deve poter assumere una temporanea funzione di “istanza superegoica au-siliare”. Deve rappresentare, cioè, la possibilità per l’utente posto di fronte ad un così drammatico dilemma di alleggerire il peso di una re-sponsabilità eccessiva, carica di sensi di colpa, e poter accedere ad una piena disponibilità del giudizio, grazie al fatto che l’istituzione può fornire un adeguato confronto critico, privo di quegli aspetti colpevo-lizzanti e sadici che, inibendo il pensiero, conducono più facilmente alla messa in atto del gesto “liberatorio”. Meccanismo che, compro-mettendo la possibilità di una scelta matura, crea i presupposti per un ritorno di angosciosi sensi di colpa, che durano spesso per tutta la vita.

Perché questa funzione risulti efficace, occorre che l’équipe sia completa e coesa. Lo psicologo è la figura imprescindibile per acco-gliere e leggere la domanda e i suoi riverberi emotivi impliciti; il gi-necologo, insieme agli infermieri e agli ostetrici, è il riferimento per tutto ciò che concerne gli aspetti concreti, creare consapevolezza sul piano del corporeo e sulle conseguenze medico-sanitarie, indicare so-luzioni possibili; l’assistente sociale è la figura che accompagna anche fisicamente l’utente, specie se minorenne, attraverso tutti i passaggi necessari. Le varie figure in armonia tra loro, rasserenando l’utente rispetto alle incognite di tipo sanitario e appianando il percorso bu-rocratico, fungono da “facilitatori” di fronte a quegli aspetti concreti che rischiano di ingolfare la capacità di pensiero della donna e le per-mettono di concentrarsi sul senso della propria scelta e aprire la pos-sibilità di individuare strade alternative, operando una ricognizione interna delle risorse disponibili, dentro di sé e intorno a sé.

Il consultorio, pertanto, nell’interezza della sua équipe è uno stru-mento fondamentale per l’attuazione delle finalità della Legge 194.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

La Legge 194 del 22 maggio 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” prevede che il ricorso all’IVG sia consentito entro i 90 giorni di gravidanza lì ove la donna “accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”, previo ricorso ad un consultorio o ad altra struttura abilitata. La leg-ge richiama l’obbligo di garantire il pieno rispetto della dignità e della riservatezza della donna e, per quanto riguarda le minorenni, lì dove insistano condizioni tali da sconsigliare il coinvolgimento dei genitori, delega al giudice tutelare, al quale la struttura socio-sanitaria dovrà tra-smettere una relazione, il compito di autorizzare l’intervento.

Lo spirito della legge non è, evidentemente, quello di favorire la pra-tica dell’aborto, ma di riportare il fenomeno entro regole di sicurezza sanitaria e di adeguato supporto psicologico, potendo così far ricor-so a tutte le risorse disponibili affinché la donna, o la coppia, possano scegliere consapevolmente se proseguire o interrompere una gravidan-za non pianificata, in sicurezza e con spazi adeguati di riflessione che consentano di sfuggire alla istintività di soluzioni dettate dalla paura, compresa quella di sentirsi al di fuori della legge e quindi ancora più colpevoli.

All’Art. 9 la legge prevede che, per precisi motivi di ordine etico, il personale interessato, previo dichiarazione comunicata al medico pro-vinciale e al direttore sanitario, possa astenersi dalle procedure relative all’IVG.

La norma, giustamente rispettosa delle libertà individuali, rischia tuttavia di risultare problematica nei casi in cui un’alta percentuale di operatori scelga di astenersi per motivi di coscienza. Oggi in Italia circa il 60% dei ginecologi è obiettore, con punte del 92% in Basilicata e 80% in Veneto. In Sicilia è obiettore circa il 44% dei ginecologi attivi in strutture che effettuano l’interruzione di gravidanza. Ciò comporta un ridimensionamento delle risorse disponibili per l’utenza, un aumento dei tempi di attesa e un aggravio dei carichi di lavoro per gli operato-ri rimasti disponibili (circostanza che, essendo la pratica dell’IVG non

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

certamente piacevole, specie per il medico che compie materialmente l’intervento, può essere causa di pesanti ricadute).

D’altra parte, specie per quanto riguarda i consultori, al momento di accettare l’incarico l’operatore sa benissimo il tipo di compito che gli viene richiesto, e ci sarebbe da chiedersi se non occorrerebbe a monte un maggiore sforzo di coerenza per far sì che le conseguenze delle pro-prie scelte etiche non vadano poi a ricadere sull’utenza.

Il fenomeno dell’obiezione di coscienza risulta particolarmente di-scutibile nei consultori familiari, proprio perché la finalità ultima del nostro intervento, come abbiamo visto, è proprio quella di ridimensio-nare il fenomeno abortivo. È paradossale quindi che proprio i colleghi più sensibili a questo tema facciano mancare il proprio contributo in tal senso. Tanto più che i risultati fin qui raccolti sembrano confermare la bontà della legge 194 nel perseguire la propria finalità.

I dati vanno interpretati alla luce di fenomeni collaterali quali l’emer-sione del nero e l’aumento della presenza di immigrate nella popolazio-ne italiana. Possiamo infatti ragionevolmente affermare che l’aumento del numero di aborti nei primi anni dall’istituzione della legge sia fisio-logico, legato alla regolare registrazione di interventi che in precedenza venivano svolti in assenza di qualunque riscontro ufficiale (oltre che di qualunque tutela per la donna) oppure all’estero. A partire dal 1986 il numero di aborti inizia a flettersi significativamente, e possiamo sup-porre a buon diritto che il numero attuale (circa 130.000 fino al 2001) sia sostenuto in buona parte dall’afflusso di immigrate. La percentuale di donne straniere che fa ricorso all’IVG, infatti, è passata dal 1980 al 1998 dal 2% al 16% e risulta tutt’ora in costante ascesa.

La legge funziona quindi, nella sua doppia finalità di costituire un filtro critico per una scelta responsabile della donna e della coppia, e in quello di fornire una adeguata tutela psicologica e sanitaria.

Il compito degli psicologi è delicatissimo, soggetto ad una sorta di ambiguità che però, come vedremo, è solo apparente: insieme alla don-na o alla coppia dobbiamo cercare di esplorare tutte le risorse disponi-bili per capire se l’ipotesi di genitorialità, pur emersa in maniera acci-dentale, abbia qualche reale chance per essere portata avanti e se la scel-ta dell’IVG non sia affrettata, dettata da paura, inibizione intellettiva o

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altro; allo stesso tempo, dobbiamo salvaguardare l’equilibrio psichico della donna (della coppia) creando i presupposti per non lasciare che i sensi di colpa irrompano in maniera insopportabile. Finalità apparente-mente contrastanti. Ma la contraddizione, come dicevo, è solo apparen-te. Credo infatti che il nostro ruolo sia soprattutto quello di fornire un “contenitore” e una “sponda critica” per far sì che processi di pensiero, affettivo e decisionale, possano svolgersi in modo fluido e che la scelta, quale che sia, si affranchi dalla connotazione di puro acting, dettato solo dalla paura e dalla momentanea incapacità di immaginare nuove pro-spettive emozionali e operare adeguate ristrutturazioni cognitive.

Proporsi come temporanea “istanza superegoica”, equilibrata e ac-cogliente, fa sì di alleggerire il carico di angoscia di cui l’utente è por-tatore in un momento così delicato, e di creare i presupposti perché si ripristini una adeguata capacità di pensiero.

Aiutare la donna a prendere in esame i pro e i contro anche materiali, riconsiderare le proprie risorse, accompagnarla nella presa di coscienza di livelli di sofferenza profondi, significa non solo far sì che la scelta sia più oculata e coerente con i reali bisogni della persona, ma anche pre-venire le potenziali ricadute, in termini di sensi di colpa e di scadimento dell’immagine di sé in relazione ala propria “degnità” genitoriale, legate ad una scelta vissuta a posteriori come troppo superficiale, non analiz-zata fino in fondo, non abbastanza “sofferta”, o come rabbia verso se stessi per l’esperita incapacità di difendere il proprio bambino.

Ecco, aiutare la donna ad esplorare appieno i propri livelli di soffe-renza, incoraggiarla ad uscire dalla spirale dell’”incubo” per far sì che il trauma di oggi possa assumere i connotati dell’esperienza e, come tale, possa essere elaborata, accettata, “archiviata” come un fatto doloroso, una traccia, pur indelebile, che non resti una ferita sempre sanguinante, un fantasma immanente e angosciante come quelli che ritroviamo spes-so, anche dopo molti anni, nella costellazione affettiva di tante donne che hanno attraversato l’esperienza dell’aborto. Questo è il nostro com-pito.

Quando invece si sia mossi da ragioni prettamente ideologiche, può succedere che siano motivi tutti interni allo psicologo ad imporsi sulle esigenze dell’utente. Un rischio sempre presente nella pratica della nostra professione.

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Tra le maggiori questioni aperte segnalerei:

- Il numero di aborti clandestini tra le immigrate è ancora alto, spe-cie al Sud.

- Il “padre” è assai poco coinvolto nella scelta dell’IVG. Non c’è dubbio sul fatto che il peso dell’aborto ricada in misura assai più con-sistente sulla donna, ed è giusto che essa sia tutelata nella sua libertà di scelta (anche perché, spesso, il maschio “scompare” di fronte ad una gravidanza indesiderata). Ma la scelta di dare o non seguito ad un progetto di vita riguarda comunque entrambi i possibili genitori. Una riflessione sui diritti/doveri del partner si rende necessaria.

- I giudici non sono sempre sensibili alle necessità di tutela del di-ritto delle minorenni. Taluni hanno l’abitudine di ricorrere troppo di-sinvoltamente al coinvolgimento dei genitori.

- I mezzi di sostegno per le ragazze madri sono insufficienti. La di-fesa della vita passa attraverso l’offerta di alternative possibili, di sov-venzioni, di servizi, non attraverso la colpevolizzazione dell’aborto.

- La possibilità di ricorrere alla dichiarazione di adottabilità del neonato da parte delle ragazze madri (che potrebbero dare alla luce il proprio figlio e farlo vivere in un’altra famiglia) ha scarsa efficacia pratica. Probabilmente è un fatto culturale, ma la quasi totalità delle donne sollecitate in tal senso dichiara che preferisce abortire piuttosto che pensare il proprio figlio vivo e distante da loro. Può sembrare pa-radossale su un piano razionale – scegliere la “non vita” per il proprio figlio piuttosto che il distacco – ma è così.

- Si ritorna a parlare delle “Ruote”, luoghi di accoglienza dove le madri possono “depositare” il figlio che non intendono tenere.

Chissà che questa modalità di abbandono, evitando il contatto di-retto con altre persone e introducendo un elemento di “aleatorietà”, non permetta di superare alcune delle resistenze descritte nel punto precedente.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

BIBlIoGrAFIA

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AA.VV. (1976), L’aborto come vissuto nella realtà psichica e nel mondo esterno, in Rivista di

Psicoanalisi, n. 2

BALDARO-VERDE J. (1987), Donna maschere ed ombre, Cortina ed., Milano

NAPPI C. – FORLEO F. – GUIDA M. (1996), Effetti sullo staff medico dell’interruzione

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VEGETTI FINZI S. (1997), Volere un figlio. La nuova maternità tra natura e scienza, Mondatori,

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2.4 - lavorando di psicologia in ospedaleG. Silvana Verdura

Sintetizzando il percorso storico che ha caratterizzato l’assistenza ospedaliera degli ultimi anni, potremmo dire che il movimento cultu-rale che ha visto il prevalere dell’individualismo e dell’autodetermina-zione dell’uomo, è progressivamente diventato leva di cambiamento anche nel modo di concepire e, conseguentemente di operare, in am-bito sanitario.

Privatizzazione, competitività, qualità prestazionale, sono elementi che spingono ad attraversare una visione “paternalistica” della strut-tura ospedaliera, in cui chi offre assistenza individua e decide il bi-sogno di chi la riceve secondo i propri criteri di curante. Il processo di superamento di questa ottica si muove con il fine di restringere sempre più la distanza tra bisogno del paziente e sua soddisfazione, in una offerta di prestazione pubblica che si trova a dover attenzio-nare contemporaneamente nuovi criteri sia della gestione economica dell’Ente, sia della nuova richiesta di un utente più consapevole del proprio diritto e determinato nel volerlo garantito.

Saranno necessari pochi anni e pochi aggiustamenti normativi per focalizzare l’attenzione sul “ricevente” ed inserire, quindi, il paziente come membro attivo del sistema di cura, piuttosto che relegarlo al ruolo passivo di depositario del servizio erogato.

Accanto a realtà in cui il paziente viene impropriamente definito utente, cliente, ospite perchè tali appellativi rimangono solo promo-tori culturali di un cambiamento ma non ancora segni dello stesso, si rilevano enti in cui si inizia a chiedere al malato di esplicitare i propri bisogni, i fattori che ritiene punti di criticità, i livelli di gradibilità e di soddisfazione, individuando così nell’ascolto del destinatario di un servizio un criterio indispensabile al miglioramento assistenziale.

Il funzionamento di strutture come l’ URP, i Circoli di Qualità e l’attuazione di procedure e metodologie che facilitino lo scambio in-formativo necessario ad “umanizzare” i luoghi di cura, hanno il com-pito di dare voce al vissuto soggettivo del paziente, riallineando citta-dino e struttura medica in un rapporto paritario e compartecipativo.

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Tuttavia, centralizzare la riflessione sul disagio umano di un com-ponente di una comunità porta inevitabilmente alla rilevazione del disagio degli altri membri che la costituiscono.

Nella pratica operativa risulta evidente quanto sia impossibile “ascoltare” l’interpretazione individuale della sofferenza dei pazien-ti ricoverati in ospedale senza incontrare quella dell’operatore, altra parte della relazione. La convergenza delle dimensioni esistenziali dei protagonisti impone allora di parlare di “ relazione tra” componenti di un sistema, di dinamiche condivise da persone che agiscono fun-zioni e ruoli diversi e che, anche per questo, necessitano di trovare nel codice comunicazionale il ponte d’interazione e di connessione che gli consentirà di agire sinergicamente verso un obiettivo comune.

Il quadro teorico, quindi, si delinea in termini meglio definiti in mo-delli d’analisi e d’implementazione di un funzionamento assistenziale che sia rispettoso non solo della globalità dell’essere umano, sia esso paziente o operatore (e che quindi si orienti al superamento delle po-larità psiche-corpo, risorse emotive- risorse tecniche), ma anche della relazione che lega i vari attori intesi come parti di un unico contesto non separate e non separabili.

L’alleanza terapeutica nel rapporto paziente-curante, la condivisio-ne di obiettivi, linee guida e procedure tra gli operatori, diventano strumenti essenziali nel raggiungimento di una buona compliance nel primo caso e nella realizzazione di un governo clinico nel secondo.

È palese, a questo punto, che l’evoluzione della politica medica, siano più o meno contenti i medici di quanto stia accadendo, ha preso atto di dimensioni e contenuti mutuati dalla psicologia, di metodo-logie di studio e d’intervento sull’uomo e sui suoi processi intra ed interpersonali, che riconoscono la necessità di integrare in un assetto pluridisciplinare il proprio intervento professionale.

Ma, e questo è il paradosso, quanti psicologi lavorano in aziende ospedaliere?

Tutto il percorso descritto ed oggi ancora di più, definisce lo psi-cologo come professionista necessario e, tuttavia, ancora “implicito” negli orientamenti teorici ed assente nelle piante organiche degli ospe-dali. Gli psicologi che lavorano in ospedale sono in tutta la Sicilia circa

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20, distribuiti in n 6 ospedali su un numero totale di aziende e presidi ospedalieri che sono circa 50!

C’è da riflettere anche sull’opportunità di inscrivere lo psicologo all’interno di UU.OO. specialistiche mediche (Malattie Infettive, Pe-diatria, Oncologia…) valutando che in questo caso, se da una parte viene riconosciuta la significatività psicologica della sofferenza fisica, dall’altra la si cripta dentro una specifica patologia quasi fosse possi-bile stabilire una sempre uguale corrispondenza tra tipo di patologia e livello di sofferenza percepita, o, peggio, fosse possibile escludere la necessità dell’intervento psicologico da altre, omologando il sentire emotivo in categorie predefinite con un criterio somatico.

E, anche, relegare la psicologia alla gestione di un settore non ha poi l’effetto di allontanare ulteriormente la nostra disciplina dallo stu-dio e dall’intervento sui processi dell’organizzazione sanitaria nel suo complesso, di restringere il suo utilizzo ad una unica unità operativa, o, ambito significativo ed a cui io tengo molto ma politicamente anco-ra più circoscritto, alla clinica psicoterapeutica?

In ogni caso, dentro o “sopra” i reparti, la carenza nel nostro ruolo è lapalissiana e c’è da chiedersi chi stia facendo il nostro lavoro magari traducendo in “psicologese” chissà quali altre discipline! Probabil-mente chiunque! Secondo il diffuso costume di pensare che, essendo la psiche patrimonio di tutti, tutti possiamo essere psicologi? Come dire che siccome tutti beviamo acqua, tutti possiamo progettare la rete idrica di una città.

Ultimo in ordine di tempo, ma non certo per importanza, il “Testo unico sulla sicurezza del lavoratore” – D.Lgs 81/08 - che all’art. 28, sancendo l’obbligatorietà degli Enti ad attivare gli strumenti necessa-ri per la prevenzione e protezione dai rischi psico-sociali, finalmente interpretati come fattori che intervengono sulla definizione del livello di sicurezza al pari dei rischi fisici, chimici e biologici, dimentica di assegnare tali funzioni allo specialista di pertinenza, appunto il diri-gente psicologo!

Dall’altra parte, tuttavia, scorrendo gli elenchi dei progetti d’ag-giornamento autorizzati dal Ministero per gli operatori sanitari, vi è una quantità di eventi formativi che centralizzano comunicazione, re-lazione, bisogni, programmi per il contenimento del burn out..., in

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un’ottica di recupero di lacune formative antiche (quanto agli studenti di medicina, per esempio, oltre che incidere, auscultare, guardare e “fotografare” un essere umano, sarebbe necessario insegnare a “ve-derlo”).

La richiesta di psicologia nelle strutture ospedaliere è presente nel bisogno non solo del paziente ma anche di chi lavora a contatto con la sofferenza, come abbiamo rilevato somministrando un questionario ai sanitari partecipanti ai corsi ECM organizzati dalla nostra U.O., che dichiarano la percezione di un alto livello di stress lavoro correlato ed esprimono, in altissima percentuale (92%!) l’esigenza di un interven-to su di esso. Quello che ancora manca è il consequenziale e propor-zionato utilizzo dei professionisti deputati, attraverso non solo una formulazione normativa che preveda la presenza di dirigenti psicologi negli ospedali, ma anche una volontà politica che ne dia esecuzione.

Presso l’Azienda Vittorio Emanuele-Ferrarotto-S.Bambino di Cata-nia lavoriamo quattro psicologi (di ruolo) e tre (part-time). Completa-no il gruppo quattro volontari ed i tirocinanti, generalmente a numero completo (8).

La nostra Unità Operativa formula annualmente gli obiettivi opera-tivi e concorda con la Direzione Generale il budget necessario al loro raggiungimento. Siamo inseriti nel Dipartimento dei Servizi per meglio definire la trasversalità della Psicologia che opera in tutti i presidi ed in tutti gli ambiti d’intervento specialistico in essi presenti. La scelta di superare l’iscrizione nell’area materno-infantile, settore in cui storica-mente tutti noi psicologi anziani siamo nati, è stata automaticamente effettuata dall’amministrazione sulla base della rilevazione della distri-buzione del nostro lavoro su vari ambiti.

Relativamente all’area che in questa sede trattiamo, il nostro Ser-vizio si occupa del coordinamento del training preparto.

Nonostante il rilevante calo di utenza, che partorisce presso il pre-sidio S.Bambino negli ultimi anni, riusciamo a mantenere il numero medio di utenti accolti in circa 200 coppie l’anno, che arrivano a noi quasi esclusivamente per richiesta propria e più raramente per invio del ginecologo. Il percorso è organizzato in assetto pluridisciplinare (gli psicologi, 4 ginecologi, 4 neonatologi, 4 ostetriche ed 1 anestesi-

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sta). Lo staff di specialisti che collabora con noi, risulta fortemente motivato all’attività che viene effettuata e retribuita in orario di la-voro e senza incentivi economici ulteriori. La qualità percepita de-gli interventi, monitorata ad ogni incontro sia sull’interesse suscitato dall’argomento trattato, sia sulle capacità di entrare in relazione del trainer, ha consentito di individuare punti di criticità in tempi brevi, ottenendo ormai un livello quasi costante di gradibilità medio intorno all’8,86/10. I nostri incontri sono organizzati per coppie e negli ultimi anni la partecipazione dei compagni/mariti è molto aumentata (siamo passati da sporadiche presenze al 35% di futuri papà che partecipano all’intero corso), mostrandoci non solo le trasformazioni del percorso maschile nella genitorialità, ma anche i cambiamenti dinamici tra i componenti della coppia stessa.

Un’analisi quantitativa del microsistema riferito alla maternità ri-sulta quindi soddisfacente, ma non basta a rilevare temi che abbiamo visto caratterizzano oggi la gravidanza e su cui ci interessa confron-tarci.

Primo fra tutti la difficoltà di ricondurre alla naturalità un evento che non riesce ad uscire da una medicalizzazione che oggi è diventata meno visibile e per questo più difficile da riconoscere e da contenere perché maggiormente sintonica con contenuti culturali che riguarda-no la nostra attuale società. Per esempio la prestazionalità.

Le nostre donne arrivano al corso dichiarando come aspettative privilegiate quella di acquisire competenze cognitive sul parto (45%) e quella di imparare una metodologia tecnica che garantisca loro di effettuarlo “nel modo migliore(27%). L’aspettativa di elaborare i con-tenuti emotivo-affettivi della gravidanza si attesta intorno al 9%!

Quello che le donne oggi chiedono è, in pratica, che si insegni al loro corpo una cosa che il loro corpo sa già. La necessità di “control-lare” il corpo, di gestire il suo percorso attraverso un binario raziona-le, il sapere, che diventi poi un saper fare, dipende senz’altro da una odierna posizione esistenziale della donna più attiva, più vigile e deci-sionale che in passato. Ma, in questa fase di vita, l’ipercontrollo viene ulteriormente nutrito da un contesto esterno che promuove monito-raggi continui e routinari durante tutto lo stato gravidico: ecografie mensili, controlli ematologici, screening e visite cadenzano il tempo

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con una frequenza vertiginosa. In questo ascolto esasperato del corpo, quello che va sullo sfondo

è l’ascolto dell’anima, del significato che il nuovo incontro con una sé madre avrà nel percorso di riconoscimento e di appropriazione del figlio. La normale ambivalenza nei confronti di un evento così ricco di contenuti emotivi, viene colpevolizzata perché devierebbe dall’ideale raggiungimento di un modello materno “da Mulino Bianco”, efficien-te e ben truccata dalla colazione del mattino. L’allattamento, il tenere in braccio il neonato, la sua igiene diventano palestre su cui impostare vere e proprie “tecniche” d’intervento materno. Ed intorno donne sempre più in ansia nel timore di non riuscire ad imparare tutto e bene.

La centralizzazione del “fare” ha un suo originale riscontro nella tensione delle gravide a trattare spesso temi che riguardano i primi anni di vita del bambino, concentrandosi su come ottenere dai figli questi o quei comportamenti, saltando a piè pari l’età neonatale in cui il codice comunicativo non è mediato dalla parola o dalla volontarietà del comportamento!

La “fisiologica” sensazione di insicurezza nei confronti del nuovo ruolo materno diviene sentimento di inadeguatezza in cui la ricerca delle risorse che la risolvano viene sempre più spostata all’esterno, con una massiva delega ai tecnici competenti, piuttosto che cercate ed elaborate al proprio interno, in un circuito di deleghe che continuerà ad autoalimentarsi.

Ancor più presente questo tema nelle donne che abbiano raggiun-to lo stato gravidico dopo un percorso di procreazione assistita, in cui il baricentro della genitorialità è, ancor prima della gravidanza, spostato sulla tecnica ( o sul tecnico) esterna alla coppia.

E tornando al cammino del riallineamento nella relazione tra cu-rante ed utente, a che punto siamo nella gravidanza?

Al ginecologo, come agli altri specialisti, viene richiesto di espletare una competenza manageriale nella gestione dell’attività clinica, che tenga conto di DRG, di rapporto costi/fatturato, ottimizzazione delle risorse, intrecciando troppo strettamente finalità di mercato alla ge-stione della salute del cittadino. Quanto è allora congruente chiedere

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al medico che tratti la gravidanza per quello che è, un evento naturale, laddove questa modalità d’approccio corrisponderebbe al rischio di perdere soldi, posti letto, reparti.

L’esito è, infatti, un dilagante aumento dei parti cesarei, svuotati della loro funzione di “cura” del benessere della gravida e del bambi-no, ma divenuti una modalità di risanamento del bilancio economico dei reparti di ostetricia per il loro DRG più remunerativo del parto spontaneo. E quanto si può chiedere ad una donna, con altrettanta congruenza, di scegliere liberamente se partorire spontaneamente o chirurgicamente, laddove il cesareo sia “consigliato” dal medico.

La nostra esperienza e la letteratura ci raccontano che la “scelta” chirurgica viene accettata dalle mamme nell’obiettivo primario di tu-telare il nascituro, tollerando la perdita della capacità di “affidarsi a sé, di farcela da sola”. L’abbassamento dell’empowerment della donna nel momento della nascita potrà essere un presupposto disturbante un sereno e solido ingresso nel ruolo materno e nel processo di attacca-mento al figlio ( paradossalmente “tenuto a distanza” per proteggerlo dalle proprie incapacità!).

E, ancora, la massiva promozione del parto indolore, proposto an-che questo come panacea contro l’atavica (ma quanto “culturalmente indotta?!”) paura delle donne di soffrire durante il travaglio. Quanto questo “esserci parzialmente” nell’esperienza corporea potrà fungere da sollecitatore di una altrettanta parzialità nel significato dell’espe-rienza è un dato che meriterebbe forse maggiore attenzione. Un’atten-zione che consenta alle donne di effettuare il parto indolore per scelta pensata e consapevole piuttosto che per fuga dalla paura.

Ho estremizzato i tratti critici di uno scenario nuovo relativo alla maternità, e alla genitorialità, senza per questo potermi definire una nostalgica dei tempi andati, se non altro per egoistica appartenenza di genere. Tuttavia penso che proprio i processi trasformativi richiedano uno sforzo d’integrazione e di sintesi tra parti antiche e parti nuove, in cui lo psicologo deve svolgere un lavoro fondamentale. Gli strumenti medici consentono di leggere l’uomo secondo parametri omologabili e misurabili, ma non possono essere gli unici nella descrizione dell’indi-viduo e, anzi, .necessariamente devono essere armonizzati a criteri che

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salvaguardino il significato ed il senso degli eventi personali. Costruire uno spazio di ascolto, riflessione, di ricerca personale all’interno del quale ognuno si senta capace di individuare le proprie risorse, emo-zioni e scelte, è l’assunto su cui noi lavoriamo nei gruppi di training, che forse risulta obiettivo “antagonista” al comune pensare di oggi, molto più orientato alla prestazionalità e alla decomplessualizzazione, ma che stando ai riscontri che abbiamo dall’utenza, evidentemente, ne coglie un bisogno latente ma presente.

I bisogni dell’utenza in trattamento chemioterapico presso l’U. o. di oncologia Medica

La chemioterapia rappresenta una fase del percorso assistenziale della malattia oncologica che si caratterizza per la significatività del livello di sofferenza psicofisico della persona: le pesanti implicazioni somatiche degli effetti collaterali si accompagnano spesso al passaggio da una primo momento in cui la traumaticità della diagnosi e l’imme-diatezza dell’intervento chirurgico esaltano l’angoscia di morte cen-tralizzando la supremazia della preoccupazione per la sopravvivenza fisica ed i bisogni ad essa collegati, ad un momento, la chemioterapia appunto, che per ritmi, tempi e tipologia di relazione con gli operatori sanitari, consente la lenta e progressiva emersione anche di bisogni psicologici ed esistenziali, che riteniamo debbano trovare la possibili-tà di essere espressi e soddisfatti per migliorare la qualità assistenziale dell’individuo malato di tumore nel suo contatto con il presidio di cura, e per migliorarne in generale la qualità di vita complessiva.

La programmazione della ricerca è stata effettuata in collaborazio-ne con il dott. Bordonaro ed il dott. Buscarino con i quali si sono concordati obiettivi e finalità in una sintonia d’intenti che ha reso im-mediatamente operativo l’intero processo.

Approccio teorico di riferimento: fenomenologico integrato

La complessità della sfera dei bisogni di un individuo malato, che fa capo alla propria storia personale, alle proprie aspettative di sod-

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disfazione, alle proprie risorse ed alla dimensione culturale e di con-testo in cui l’individuo vive e che definisce la malattia, ci ha spinto ad accostarci all’ambito definito scegliendo un approccio di ascolto che consentisse al diretto interessato di raccontare la sua esperienza, la-sciando a lui la scelta e la definizione di rilevanza dei bisogni espressi.

Abbiamo, in definitiva, deciso di rilevare informazioni non tanto sulla malattia oncologica -disease- quanto piuttosto sull’interpretazio-ne soggettiva che ogni malato dà al proprio stato - illness –certi che i vissuti e le aspettative dell’utenza della nostra Azienda differiscono tra loro e, a maggior ragione, da quelli di altri contesti socioculturali.

A differenza delle ricerche con scopi preminentemente conoscitivi e teorici, che utilizzano questionari in cui i bisogni sono “ precompi-lati” dal ricercatore ed in cui all’utente viene richiesto il livello di ade-sione a questi,ricerche che privilegiano l’ascolto dell’utente risultano maggiormente funzionali nel raggiungimento di obiettivi di cambia-mento che comportano l’innalzamento dei livelli di qualità percepita e, quindi, di soddisfazione dell’utente .

Metodologia

Appare consequenziale da quanto detto l’esigenza di utilizzare una “strumentazione” adeguata all’approfondimento delle modalità individuali di affrontare la malattia,nei diversi timing della diagnosi, dell’intervento chirurgico e della chemioterapia.

La N.B.M. (Narrative Based Medicine) attraverso la narrazione del paziente del proprio percorso di malattia, gli consente di esprimersi da una posizione di protagonista attivo, contraltare di uno stato di bisogno e, quindi, di condizionamento che l’utente vive per il suo es-sere malato, riferendo contenuti che egli stesso definisce primari nel proprio vissuto. La qualità percepita non può essere rilevata senza il diretto contributo dell’utente e la NBM è una metodologia che utiliz-za la soggettività piuttosto che la presunta oggettività per poi poter operare interventi di modifica che riescano a raggiungere realmente i bisogni, le aspettative ed i desideri dell’utente.

In questa fase sperimentale si sono comunque inseriti nel tempo

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dell’intervista, un questionario sul distress della malattia (P.D.I. - Per-sonality Distress Inventory) e cinque items a risposta si/no del Questio-nario per la valutazione dei bisogni del paziente (N.E.Q.), per ulteriore verifica non solo della correlazione dei risultati ottenuti con le diverse metodologie, ma soprattutto per una analisi della qualità e quantità informativa che queste diverse metodologie avrebbero prodotto, in aderenza ad un approccio multidimensionale che rispecchia la com-plessità della realtà presa in esame.

Il P.D.I., validato in lingua italiana, si propone di misurare l’impat-to della malattia e delle terapie in termini di distress psicologico. Lo strumento è costituito da tredici domande, le cui risposte utilizzano una scala Likert a cinque punti per la valutazione dell’intensità del distress, che esita in quattro range.

I primi due non evidenziano un particolare disagio psicologico, bensì delineano, il primo un buon equilibrio personale, il secondo solo lievi manifestazioni di distress. Il terzo range mette in luce un cer-to grado di disagio ad eziologia recente, che può evolvere verso la re-missione o verso la cronicizzazione, contrariamente al quarto livello,in cui le difficoltà rispetto alla gestione delle emozioni e dei rapporti con gli altri sembrano essere presenti e stabilizzati da più tempo.

Il N.E.Q. è un questionario di autovalutazione sui bisogni di in-formazione e di assistenza ed offre una panoramica interessante, at-traverso una serie di quesiti a risposta si/ no, su quanto accade nel paziente che si confronta con la propria patologia e, attraverso di essa, con il sanitario. Trova la sua maggiore significatività come strumento comunicativo tra medico e paziente ricoverato che, attraverso la sua ripetuta e frequente compilazione, segnala agli operatori le proprie aree di bisogno.

È stato necessario redigere una cartella psiconcologica per la regi-strazione dei dati rilevati durante i colloqui con i pazienti (stampata dal Centro Multimediale in tempo reale).

Le interviste sono state effettuate da quattro psicologi volontari che hanno utilizzato l’esperienza maturata nel campo della psiconcologia durante il precedente anno di tirocinio post-laurea praticato presso il nostro Servizio e la supervisione che i dirigenti dello stesso hanno effettuato sull’operato giornaliero.

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Campione N. 41 utenti in corso di trattamento chemioterapico per patologia

oncologica, di cui n. 25 donne e n. 16 uomini. Altri n. 8 utenti invitati a partecipare alla ricerca hanno rifiutato.

L’unico criterio di selezione utilizzato è stato la conoscenza della malattia oncologica da parte degli intervistati.

tempi e risorse utilizzate

Durata : tre mesiRisorse umane : personale delle UU.OO. di Psicologia e di Onco-

logia Medica ; quattro psicologi volontariRisorse materiali : cartelle psiconcologiche, materiale psicodiagno-

stica, materiale cartaceo

risultati

È possibile distinguere i risultati evidenziati in tre diverse categorie a seconda dello strumento d’analisi utilizzato, rimandando la lettura interpretativa complessiva alle conclusioni .

P.D.I. – I range: punteggio da 13 a 25

P.D.I. – II range: punteggio da 26 a 30

DONNE UOMINI TOTALE

N° utenti 8 11 19

Età media 61 anni 56 anni 59 anni

Tempo M di malattia 3.50 mesi

DONNE UOMINI TOTALE

N° utenti 2 3 5

Età media 54 anni 56 anni 55 anni

Tempo M di malattia 2.50 mesi

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P.D.I. - III range: punteggio da 31 a 35

P.D.I. - IV range: punteggio oltre 35

I dati del P.D.I. evidenziano come un’alta percentuale di soggetti si posizioni fra il III ed il IV range che, su un continuum che va dall’as-senza di distress per la malattia (I range), alla sua presenza con signi-ficativa sintomatologia cronicizzata (IV range), definiscono lo stile di reazione alla attuale condizione come disfunzionale e ostacolante il nuovo adattamento che la malattia impone.

È interessante verificare che la durata del tempo di malattia è pro-porzionale alla intensità di sofferenza da distress e che sul lungo tem-po, risultano le donne le maggiori interessate del disagio di livello più alto di distress.

Resta da sottolineare che il P.D.I. è un questionario di autovaluta-zione e, come tale, risente della disponibilità dell’intervistato a condi-videre con il ricercatore informazioni personali.

Alla prima domanda del N.E.Q. (“È soddisfatto del suo rapporto con i medici ?”) le risposte sono: 40 SI, 1 No. L’unica risposta negativa data, è riferita a personale di altro presidio, per cui è possibile parlare di totalità di soddisfazione nel rapporto con i medici.

Andando oltre la umana tentazione di utilizzare i numeri per au-toincensarsi, cosa che sarebbe incongruente con il presupposto teo-rico che nulla è perfetto, ma tutto perfettibile, è possibile ipotizzare

DONNE UOMINI TOTALE

N° utenti 5 0 5

Età media 55 anni 56 anni 55.5 anni

Tempo M di malattia 4.60 mesi

DONNE UOMINI TOTALE

N° utenti 10 3 13

Età media 63 anni 55 59 anni

Tempo M di malattia 14 mesi

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che la gradienza per il personale medico è da riferire essenzialmente al livello di competenza professionale percepito dall’utenza. In altra ricerca, infatti, abbiamo verificato che le aspettative che il malato rie-sce ad esprimere nei confronti del medico riguardano essenzialmente le qualità specialistiche,piuttosto e prima delle capacità relazionali il cui bisogno viene inibito nella cornice generale della priorità per la preoccupazione per la sopravvivenza fisica.

Si tratti di questo o, più semplicemente, si tratti di una richiesta di difficilmente “libera” valutazione di un operatore indispensabile e presentificato dal trattamento che l’utente sta effettuando in quel mo-mento, riteniamo che la domanda debba essere modificata per fornire informazioni utilizzabili.

Alla seconda domanda (“Ha bisogno di informazioni più compren-sibili?”) le risposte sono: 5 SI / 36 NO. Basso il bisogno di ricevere informazioni sulla propria condizione di salute in un linguaggio meno tecnico, tanto da poter presupporre la capacità del sanitario di ade-guare il codice linguistico al paziente che ha davanti. Quattro persone sulle cinque, che evidenziano il bisogno, sono donne : perchè?

“Ha bisogno di maggiori attenzioni da parte del personale infermieri-stico?” Rispondono SI 3 persone, NO 38. Due su tre dei soggetti che hanno risposto affermativamente, riferiscono il loro bisogno alla ne-cessità “ oggettiva “ di aumentare il numero degli infermieri, percepiti come sovraccarichi di lavoro.

“Ha bisogno di maggiori informazioni sui trattamenti attuali ?” Ri-spondono SI 6 persone; 35 NO. “Ha bisogno di maggiori informazioni sulle condizioni future ?” 14 rispondono SI, 27 NO. Alle domande 4 e 5, si evidenzia una elevata percentuale di espressione di bisogni infor-mativi da parte delle donne, piuttosto che degli uomini.

Il NEQ consente di fotografare il dato, ma non ci consente di ca-pirne il perché.

“Bisogni relativi alla struttura ospedaliera ?” 4 SI, 37 NO. Due per-sone su quattro lamentano la difficoltà di raggiungere il nostro ospe-dale quando questo sia lontano dalla loro residenza, difficoltà che aumenta proporzionalmente all’intensificarsi degli effetti collaterali della chemio.

Colpiscono situazioni limite in cui il familiare che accompagna il

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malato viene licenziato per il ciclico assentarsi dal lavoro.“Considera l’ambiente ospedaliero adeguato alle sue esigenze ?” 39 pa-

zienti rispondono SI, 2 NO. Le risposte negative vengono riferite alla impossibilità di dare una connotazione positiva ad una qualsiasi struttura ospedaliera in quanto luogo di cura e, quindi, simbolo dello stato di malat-tia. Alcune risposte positive derivano invece specificamente dal paragone delle differenze strutturali tra passato e presente del presidio O.V.E.

“Bisogno di scambio con persone nella stessa condizione ?” 18 SI, 23 NO. Risulta il bisogno più rilevante ed il ritrovarsi insieme a persone nelle

stesse condizioni viene generalmente interpretato come luogo in cui dare e ricevere supporto dagli altri, in una reciprocità che probabilmente soddisfa necessità di alleanza e condivisione in un contesto paritario .

È da osservare che questo bisogno viene espresso in un tempo iniziale dall’esordio di malattia, momento in cui,probabilmente,è più facile rile-vare una posizione di attivazione e di capacità di reazione alla malattia maggiormente orientata alle relazioni con l’estero.

Narrative Based Medicine

Nonostante dalle domande del N.E.Q. non si evidenzi alcun rilievo negativo sul servizio offerto, nel racconto viene frequentemente espres-so il disagio provocato dal tempo di trattamento.

Se dovessimo fidarci di S. Agostino, potremmo meglio comprendere come il tempo interno è differente dal tempo cronologico, tanto da es-sere percepito dilatato o ridotto a seconda della gradevolezza con cui lo si trascorre. Immaginiamo, allora, quanto possa durare una terapia di 4 / 6 ore, in cui si è costretti all’immobilità senza avere nulla da fare se non stare male o, al meglio, annoiarsi.

ISolAMENto : è una condizione caratterizzata dalla chiusura dei canali comunicativi con l’esterno. Può essere il risultato di una scelta, più o meno consapevole, del paziente che la utilizza per con-centrarsi su una elaborazione interna, abbassando il volume del “ru-more” di contesto,ma può invece essere un forzato adattamento ad una situazione che si sente immodificabile.

Semplificando,l’eremita non avverte il bisogno di comunicare, il

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prigioniero si. Entrambi sono isolati, quello che li differenzia è l’aver scelto o meno la condizione di isolamento.

Una buona parte delle persone contattate, alla richiesta di raccon-tare la loro storia,iniziavano a parlare di sintomi fisici e approfondi-menti diagnostici, seguendo un automatismo acquisito nel rapporto con la struttura ospedaliera che di questo si occupa, per poi passa-re con sollievo al racconto del loro vissuto emotivo, altre, cogliendo nell’operatore psicologo il permesso implicito, hanno da subito parla-to di temi esistenziali, otto hanno rifiutato e tra questi, una signora ha specificamente rifiutato un approccio psicologico.

BISoGNo DI SoStEGNo AFFEttIVo: abbiamo “contato” le persone che durante il racconto esprimevano il desiderio di sentire più vicini familiari o altri : 14 SI, 27 NO.

Un terzo del campione totale lamenta una condizione di carenza affettiva, individuando, in misura quasi equivalente tra loro, nel co-niuge, nel personale medico ed in quello infermieristico il soggetto preferenziale da cui desidererebbe ricevere maggiore sostegno.

È da sottolineare che la quasi totalità delle persone che evidenziano lo stato di bisogno affettivo è costituita da donne.

È,inoltre, visibile che il tempo di esordio della malattia è superiore ai 10 mesi, segno che il protrarsi della malattia sollecita l’innalzamen-to del bisogno nelle donne, che probabilmente si aspettano di essere accompagnate nella sensazione di vicinanza durante tutto il percorso.

BISoGNo DI SoStEGNo PrAtICo: una delle più frequenti conseguenze della chemioterapia è il senso di spossatezza e l’astenia.

Questa conoscenza però non sembra essere sufficiente a modifi-care ingiunzioni culturali antiche,in modo da strutturare nuovi com-portamenti maggiormente funzionali alla risoluzione della situazione problematica. 14 rispondono SI, 27 NO.

Anche nella malattia la donna aderisce ad un ruolo che la vede in-sostituibile o, comunque, non sostituita nella gestione della quotidia-nità familiare domestica. Laddove un uomo che sospende di lavorare vive questa condizione come una frustrazione della propria identità sperimentando la tristezza per la perdita, una donna più facilmente

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aggiungerà alla tristezza per sé, il senso di colpa per i familiari che non ha la forza di accudire.

Conclusioni

L’ospedale,con la necessaria attenzione al corpo, sostiene ed ampli-fica il silenzio comunicativo sul significato e vissuto emotivo dell’espe-rienza da parte del paziente.

La presenza in sala di un operatore che invita a parlare di questi contenuti funziona,sin dai primi giorni, come “permesso implicito “ ad uscire dall’isolamento, a parlare del vissuto di malattia, a solida-rizzare tra pazienti e a scambiarsi opinioni con il vicino di poltrona (spostando sull’esterno una attenzione prima orientata alla personale reazione somatica alla chemioterapia?).

La comunicazione si “ colora” di connotati emotivi, probabilmente prima inibiti dal sentirsi in dovere di essere presenti solo nella corpo-reità della malattia.

La maggiore empatia nella relazione viene verificata anche nei con-fronti degli operatori sanitari.

Questa immediata modifica del clima comunicativo lascia presup-porre l’esistenza del bisogno del paziente in trattamento chemiotera-pico, di esprimersi in un codice complessivo, psicosomatico .

Gli operatori sanitari: non possiamo negare che se questa modifi-ca viene accolta con piacere anche dagli operatori, probabilmente la minore rigidità comunicativa soddisfa anche il sanitario ( ci faremo raccontare da loro perché!).

Rilevanti sembrano alcuni contenuti che emergono dai racconti, nel definire le caratteristiche che distinguono il percorso di malattia al femminile ed al maschile :

Il senso di colpa: è generalmente donna e si sviluppa a partire dalla perdita della potenza nelle attività di accudimento (dei figli, del mari-to, della casa, del lavoro ecc. )

la depressione è una reazione fisiologica alla consapevolezza di malattia e costituisce uno dei passaggi attraverso cui è possibile arriva-re all’accettazione di questa .Si è osservato, però, un cospicuo nume-

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ro di pazienti, generalmente donne e generalmente anziane, in cui la sintomatologia depressiva sembra,per intensità e per durata, risultare funzionale solo alla maggiore sofferenza nel la vita quotidiana. L’au-silio di una terapia farmacologica antidepressiva sarebbe di sollievo e consentirebbe una maggiore godibilità del tempo residuo.

la famiglia: resta,soprattutto per le donne, il luogo privilegiato di sostegno ed elaborazione della sofferenza .Al suo interno il paziente cerca risorse, conforto e vicinanza. Tuttavia,spesso,le dinamiche fami-liari si caratterizzano per il tentativo di non toccare nuclei problemici con l’obiettivo di “ far soffrire di meno “, avendo come conseguenza paradossale la minore spontaneità e vicinanza tra i membri. Occu-parsi del malato oncologico e non del suo nucleo familiare, diventa, nel nostro contesto culturale, un reale ostacolo al miglioramento della qualità di vita del paziente.

la qualità informativa sullo stato di malattia il bisogno di avere maggiori informazioni sulle proprie condizioni di salute è più alto nelle donne ( pur mantenendosi in linee generali molto basso per le informazioni sui trattamenti attuali = 15 %, e arrivando al 35 % per le condizioni future).

In eventuali e successive indagini questo dato dovrà essere appro-fondito, ma la conoscenza del contesto culturale in cui viviamo ci con-sente di formulare due ipotesi :

a) l’interpretazione della realtà e la sua lettura è generalmente per le donne fondata sulle relazioni e sui rapporti di attaccamento che le stesse intrattengono, a differenza degli uomini che utilizzano più fre-quentemente il riferimento all’ individualità personale.

Le informazioni diventano, quindi, un momento di ulteriore con-tatto esterno per le donne

che privilegiano la richiesta ad altri ( i sanitari, appunto ) come strumento di conoscenza.

b) il personale medico ( in questa U.O. generalmente maschio ) agi-sce una diversa modalità comunicativa a seconda che si trovi davanti un utente donna o uomo,facendosi portavoce

in questo, di una opinione culturale riferita alla maggiore protezio-ne che la definizione del femminile richiama .Sostanzialmente, come

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se, con le pazienti donne, si lasciasse un vuoto informativo, “tratte-nendo” contenuti reputati pericolosi o difficilmente gestibili.

Merita una discussione a parte l’analisi comparativa delle metodo-logie utilizzate.

Non vi sono dubbi che la NBM possa entrare di diritto tra le me-todologie più efficaci nella definizione dei bisogni dell’utente, per la qualità informativa che consente di raggiungere. È evidente, infatti, come risposte generalizzanti di gradimento della struttura (molto alto nei nostri pazienti ) non avrebbero permesso di individuare, per esem-pio, l’assenza di riviste come un elemento facilitatore di una posizione esistenziale di inutilità e passivizzazione.

Quello che però sembra ancora più convincente, nel momento in cui si riproponesse ad ulteriori indagini, è la capacità di uno strumen-to d’analisi di provocare già effetti.

Mettersi direttamente in rapporto con le persone,piuttosto che uti-lizzare la mediazione di un foglio di carta da completare con delle cro-cette, è già strumento di cambiamento quando la rilevazione riguarda ambiti relazionali “ sull’essere soddisfatti di qualcosa o qualcuno” o “su quello che mi aspetto da “: l’umanizzazione dell’assistenza è un proces-so che con la NBM è possibile iniziare ad attuare sin dall’analisi iniziale.

In una ottica sistemica è facile poi spiegare il fenomeno che vede la generalizzazione della modifica a largo raggio e che vede, cioè, tutti i componenti del reparto muoversi verso un aggiustamento migliora-tivo del clima a partire dai pazienti che manifestano durante il tratta-mento un aumento degli scambi e della qualità comunicativa tra loro e nei confronti del personale .

Riteniamo indispensabile delineare anche le aree di vulnerabilità che la N.B.M. ha presentato nel corso della ricerca : la complessità elaborativa dei dati forniti durante le narrazioni, che impone all’ope-ratore una capacità di comprensione che va oltre le parole, e la neces-sità di uno specifico addestramento all’ascolto attivo per gli operatori intervistanti. In relazione a quest’ultimo, soprattutto, già dalle primis-sime interviste si è evidenziato che la profondità dei contenuti messi a disposizione dalle persone dipendeva dalla capacità dell’operatore

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di istaurare una relazione immediatamente ed intensamente empatica caratterizzata da un implicito (e analogico) permesso alla espressione emotiva.

Il raccontare è, infatti, una relazione comunicativa il cui prodotto dipende non solo da chi parla ma anche da chi ascolta, in un inter-scambio di mondi interni che riguardano il modo di pensare, di senti-re e di agire nei confronti della malattia.

Per ultimo, il modo di procedere dell’analisi attraverso la NBM è all’insegna della contestualizzazione piuttosto che della generalizza-zione, quindi risulta di primaria importanza definire con chiarezza gli obiettivi della ricerca : l’utilizzo della NBM è da preferire laddove l’analisi conoscitiva è il primo passo verso un obiettivo finale di in-tervento e modifica dell’ambito preso in esame.

Proposte

Interventi programmabili su aspetti organizzativi - organizzazione del tempo per gli utenti nel locale di trattamento: materiale vario (riviste, TV, radio con auricolari, carte da gioco,

puzzle ….), associazioni di volontariato ( shiatzu )- sala attesa per i familiari degli utenti- vivibilità arredi- terapia in degenza su richiesta ?

Interventi programmabili su aspetti relazionali- apertura sportello ascolto per utenti e familiari- seminari formativi sulla relazione medico-malato per specializzandi- riunioni d’equipe mensili su discussione casi - attività di gruppo per utenti e familiari

Interventi programmabili su aspetti professionali- protocollo di collaborazione con Ambulatorio di Psichiatria

per i pazienti con alto livello di disagio psicoemotivo

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- orario di ricevimento per i pazienti - richiesta di personale del servizio civile per necessità utenti

(spostamenti, aiuto domestico…)- foresteria per fuori sede ?

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2.5 - Il ‘Percorso Nascita’ e la preparazione al partoRita Mastrosimone

I1 Percorso Nascita è il periodo di endo ed esogestazione, che va dal preconcempimento a sei mesi dopo la nascita del bambino e vede coinvolti la donna, il bimbo, la coppia e la famiglia in interazione con 1’ambiente circostante. Gli operatori sanitari e non che lavorano nei servizi ospedalieri e territoriali, cioè nelle strutture di I, II e III livello, rappresentano una delle componenti esterne con cui la donna e la coppia interagiscono in questo delicato momento della loro vita.

La nascita dei Consultori si è collocata in un momento storico ca-ratterizzato dalla ribellione nei confronti della cultura e dei modelli di stampo autoritario paternalistico e dall’affermazione dei principi di autodeterminazione della persona. II Consultorio Familiare, fin dalla sua istituzione, tra gli altri obiettivi, si è proposto come il servizio ter-ritoriale preposto alla gestione della gravidanza fisiologica ed all’acco-glienza e al sostegno della coppia in attesa di un figlio. Le caratteristi-che dell’équipe consultoriale hanno permesso il superamento dell’ap-proccio frammentario e iper medicalizzato innescato dal progresso tecnologico del secondo dopoguerra, accostandosi ad un utente visto nella sua dimensione sia fisica che emotiva, affettiva e relazionale, pro-ponendo un modello sociale di salute piuttosto che biomedico.

Fin dai tempi più remoti la gravidanza, il parto, la nascita sono stati eventi attorno a cui si sono realizzati riti ed interventi con il fine di regolarne 1’aspetto sociale ed individuare strumenti e strategie che controllassero il rischio di morte per la madre e per il bambino.

Dal diciassettesimo al ventesimo secolo la gravidanza ed i1 parto si sono avvantaggiati dell’aumento delle conoscenze scientifiche e dell’impiego della tecnologia, ma solo cento anni fa apparvero i primi segni di un cambiamento radicale nella cura del parto.

Due furono i passaggi determinanti avvenuti nei paesi anglosassoni: la legittimazione del parto in ospedale e l’inizio delle cure prenatali. In tali paesi non era insolito garantire alle donne meno abbienti parti gratuiti in ospedale, ma l’interesse scientifico che nutriva un gruppo di

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medici per il parto li sollecitò a far partorire le donne di tutte le classi sociali in ospedale. Le partorienti diventarono in tal modo oggetto di studio e di osservazione sia dei medici interni che degli studenti di medicina.

Non esisteva ancora alcuna forma di assistenza prenatale, la quale nacque nel momento in cui gli Stati cercarono di affrontare il proble-ma dei tassi di mortalità infantile e materna, ancora molto elevati, alla fine dell’Ottocento ed agli inizi del Novecento. La causa del fenome-no veniva prevalentemente individuata nelle condizioni di salute indi-viduale (malattie pregresse trascurate, alcolismo, ecc.) piuttosto che nei fattori ambientali (abitazioni malsane, alimentazione inadeguata o non sufficiente). Nel 1901 il primo posto-letto ospedaliero, destinato specificamente alle gestanti, fu attivato in Gran Bretagna mentre la prima visita ordinaria prenatale fu effettuata negli Stati Uniti.

L’ospedalizzazione dell’inizio del XX secolo, in tal modo, ha con-tribuito a sottrarre la gravidanza e il parto dalla sfera dei fenomeni naturali e a configurarli come problemi medici.

II processo di tecnologizzazione subì un incremento notevole dopo la seconda guerra mondiale e, nonostante che in quel periodo non fosse molto disponibile l’assistenza specialistica tutti i tassi di morta-lità valutati in ostetricia scesero a livelli senza precedenti, tanto che il ventennio successivo fu caratterizzato da una diffusione ancora più massiccia della tecnologia nell’ambito della maternità.

In Italia, dal 1960 in poi, le donne cominciarono a partorire in gran maggioranza in ospedale tanto che divenne un po’ alla volta la sede esclusiva della nascita. Proprio in quel decennio la mortalità legata all’evento era notevolmente diminuita e i più videro il legame causa effetto tra i due elementi. In realtà ci furono altri fattori a determina-re un tale risultato: nutrizione migliore, migliore condizione sanitaria generale delle donne, alloggi piu adeguati e cambiamenti nei modelli di fertilità.

Studi successivi hanno messo in evidenza che l’apporto medico tec-nologico contribuisce nella misura del 20% a controllare i1 rischio di mortalità e morbilità. Nel 1980 1’Organizzazione Mondiale della Sa-nità ha organizzato una ricerca sui servizi offerti alle utenti in Europa

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(32 Paesi), rivedendo tutta la letteratura allora esistente e organizzan-do prove e ricerche.

È emerso che solo il 10% delle procedure normalmente applica-te era stato esaminato con metodologie scientifiche. Da qui l’esigen-za di confrontarsi ulteriormente per stabilire un’omogeneità basata sull’evidenza. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha organizzato tre conferenze (1984 a Washington, nel 1985 a Fortaleza e nel 1986 a Trieste) e da queste sono emerse le fondamentali raccomandazio-ni sull’utilizzo delle tecnologie: perché una tecnologia possa essere ritenuta appropriata deve venir provata scientificamente, deve venir dimostrata la sua sicurezza, deve essere economicamente compatibile e socialmente accettabile.

Negli stessi anni in opposizione all’eccessiva medicalizzazione nac-quero i primi gruppi femminili che reclamavano il controllo sulla loro esperienza (fisica ed emotiva), continuità d’assistenza e scelta sul dove, sul come e con chi partorire. Contemporaneamente alcuni medici ed ostetriche, consapevoli degli effetti iatrogeni dell’uso sistematico delle procedure, si attivarono per riportare la donna ed il bambino al centro della loro assistenza, avviando il processo di umanizzazione. Tale inver-sione di tendenza é stato sancito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha individuato nel miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino uno degli obiettivi sanitari a livello mondiale.

Emerge dunque la necessità di un nuovo modello di assistenza cen-trato sull’empowerment teso a rendere protagonista consapevole ed at-tento il fruitore delle cure, attento ai suoi bisogni non solo fisici ma anche emotivi e relazionali e un ritorno della gravidanza e del parto alla loro dimensione di eventi naturali e fisiologici. In contrasto con il Welfare paternalistico/direttivo, 1’approccio alternativo considera la donna competente ed adeguata in grado di controllare il proprio stato e di prendere decisioni che riguardano la sua salute nonché quella del nascituro, se adeguatamente informata e sostenuta.

Anche in Italia, a livello istituzionale e normativo c’e stato un rico-noscimento della necessità di sviluppare un approccio umanizzato al Percorso Nascita, rappresentato dai Livelli Essenziali di Assistenza che fanno esplicito riferimento al Progetto Obiettivo Materno Infantile.

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Nell’ambito dell’assistenza al percorso nascita il POMI identifica quali prioritari gli obiettivi di:

1. “umanizzazione” del percorso nascita, attraverso la promozione dei corsi pre-parto, la qualificazione del personale, la sperimentazione di percorsi di demedicalizzazione del parto,la presenza di una persona scelta dalla donna durante it travaglio e it parto, 1’attivazione di percor-si facilitanti il contatto madre-bambino, la promozione del rooming-in e l’assistenza in puerperio.

2. favorire l’avvicinamento e contatto puerpera-neonato (anche in situazioni di patologie), attraverso il collegamento funzionale-struttu-rale tra area ostetrico-ginecologica ed area pediatrico-neonatologica e 1’adeguamento strutturale al fine di facilitare il rooming-in e l’allatta-mento al seno.

3. realizzare dimissioni protette e dimissioni precoci attraverso 1’at-tivazione della rete sanitaria ospedaliera territoriale e sociale per il rien-tro a domicilio della madre e del bambino.

4. promuovere 1’allattamento al seno, attraverso corsi pre-parto e di assistenza post- nascita.

5. incrementare, nel corso del triennio, la percentuale di allattamen-to precoce al seno (entro le 24 ore) attraverso la qualificazione del per-sonale e 1’attivazione di percorsi facilitanti ii contatto madre-bambino.

6. verificare iniziative di promozione della pratica dell’allattamento al seno oltre il terzo mese.

Tali obiettivi sono ispirati dal nuovo concetto di salute inteso come un equilibrio dinamico tra elementi biologici e psichici della persona in interazione ed influenzati da elementi ambientali. Una salute che non si centra più solo sulla risoluzione dell’evento patologico, ma sulla valorizzazione delle risorse funzionanti della persona. In relazione a questo, anche il rapporto medico-paziente esige dei cambiamenti che consentono un’apertura agli aspetti psicologici delle persone, all’in-staurarsi con loro non di un rapporto di potere ma di una relazione d’aiuto efficace e nel percorso nascita, in particolare, anche dell’ade-guato utilizzo delle risorse umane e professionali.

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I1 Consultorio familiare per gli aspetti che lo connotano (la mul-tidisciplinarietà, 1’approccio centrato sui bisogni della persona vista nella sua interezza, la forte connotazione psicosociale) si può con-siderare non solo come 1’antesignano di questo modo di intendere 1’assistenza e la cura, ma anche i1 fulcro ed il punto di snodo del Percorso Nascita. Il luogo dove la coppia e la donna possono confron-tarsi su questa nuova fase del ciclo vitale individuale e familiare denso di cambiamenti non solo biologici e fisiologici, ma anche relazionali, emotivi e sociali, che richiedono lo sviluppo di nuove competenze e comportamenti e 1’acquisizione di un nuovo ruolo. Esso rappresen-ta anche il luogo della continuità dell’assistenza dove la donna ed il proprio partner possono trovare sia in fase preconcenzionale sia nel post-partum operatori in grado di orientarli e sostenerli verso scelte di salute rispondenti ai loro bisogni e a quelli della prole.

In questa ottica, pur contribuendo tutte le professionalità presenti in Consultorio al raggiungimento di questi obiettivi, appare rilevante la figura dello psicologo, in quanto promotore di benessere, in tutte le fasi del percorso nascita: nel sostenere la donna e la coppia verso un progetto di maternità e paternità responsabile, nell’empowerment della donna in gravidanza e del suo partner rendendo loro possibile la gestione della gravidanza e del parto e del post-partum in piena coscienza, nella formazione degli operatori del Percorso Nascita.

Da tali azioni deriveranno un’adeguata alleanza terapeutica, una maggiore compliance alle indicazioni degli operatori sanitari ed una maggiore “competenza” da parte dei futuri genitori nell’affrontare questo importante momento della propria vita.

Sarebbe, ovviamente, auspicabile che la figura dello psicologo fosse presente anche nei reparti di ostetricia al fine di non interrompere questo importante aspetto dell’assistenza e della promozione della sa-lute nel momento culminante dell’esperienza relativa all’attesa di un figlio, rappresentato dalla nascita.

L’AUSL 2 di Caltanissetta, nel 2004, ha varato un progetto, cosi come previsto dal POMI che ha visto coinvolti tutti i Consultori della provincia e che ha avuto come obiettivi quello di uniformare le pro-cedure relativamente ad alcuni degli interventi che le diverse profes-sionalità, presenti in Consultorio attuano lungo il Percorso Nascita, di

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promuovere 1’allattamento al seno, di sostenere i neogenitori.Tale progetto é stato preceduto da un percorso di formazione, orga-

nizzato all’interno dell’AUSL, curato dalla ginecologa del Consultorio di Serradifalco dott.ssa Riccobene Rosaria, dalla psicologa dello stesso servizio d.ssa Picone Francesca e dalla d.ssa Mastrosimone Liboria del Consultorio n. 2 di Caltanissetta. Esso è stato rivolto a tutti i pro-fessionisti del Percorso Nascita operanti nei distretti sanitari provin-ciali i quali sono stati aggiornati sugli obiettivi del P.O.M.I. e sulle in-dicazioni dell’O.M.S. al fine di creare una base comune di intervento.

L’assenza di continuità assistenziale con 1’azienda ospedaliera, rela-tivamente al distretto di Caltanissetta, ha rappresentato un elemento deficitario del progetto. Meglio e andata nei distretti in cui vi sono presidi ospedalieri gravitanti nell’AUSL, dove gli operatori interessati hanno concertato intese informali al fine di garantire la continuità tra consultorio ed ospedale. Tale situazione, in atto, non sembra poter trovare una soluzione anche a causa della difficoltà a costituirsi nella nostra Azienda di un Dipartimento Materno Infantile che possa fun-gere da valido organo progettuale e di coordinamento dei servizi e delle UU.00. ad esso afferenti.

La persistente carenza di professionisti dell’area psicosociale, che grava, inoltre, sui Consultori dell’Azienda n. 2, ha privato alcuni ter-ritori di quell’approccio integrato e globale alla persona che viene au-spicato dagli organismi sanitari internazionali. Altresì si ha l’impres-sione che il Percorso Nascita, relativamente al territorio provinciale, si identifichi e si esaurisca nel periodo in cui la donna é gravida e la coppia é in attesa, tenuto conto la carente progettualità che interessa la fasi preconcezionale e postnatale sia nella nostra azienda sanitaria sia altrove.

L’intervento psicologico sulle infertilità e le sterilità dl coppia, la consulenza genetica di I livello, nonché gli interventi di prevenzione della depressione post- partum e 1’empowerment delle competenze genitoriali nel primo anno di vita potrebbero essere gli ambiti, specifi-ci di queste fasi, in cui lo psicologo del Consultorio potrebbe investi-re, in futuro, la propria professionalità.

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BIBlIoGrAFIA

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2.6 - Attività psicologica e richieste del tribunale Dora Agosta

In base ad una rilevazione del movimento dei procedimenti civili e dei provvedimenti, avviati presso il Tribunale per i Minorenni di Ca-tania, alla fine dell’ultimo trimestre del 2005 sono stati registrati circa 1532 procedimenti relativi ad interventi sulla potestà genitoriale e circa 177 procedimenti relativi alla regolamentazione della potestà tra geni-tori naturali.

A questi dati vanno aggiunti i dati di quello stesso anno, relativi ai procedimenti di adozione nazionale (domande di disponibilità all’ado-zione non inferiori a 1350) e all’adozione internazionale (numero di do-mande superiore a 200).

Va, inoltre, ricordato che la percentuale d’attività per il Tribunale nei Consultori Familiari di Catania e provincia è risultato pari al 29%. Questi dati dovrebbero essere considerati utili, ma anche necessari, per valutare nella giusta prospettiva la questione del rapporto tra attività psicologica e richieste da parte dei giudici nell’attuale panorama cata-nese.

Per le particolari caratteristiche del bacino di utenza in cui è inserito il Consultorio Familiare presso il quale presto servizio, verrà fatto riferi-mento, in modo particolare, ai procedimenti che arrivano all’attenzione mia e della collega A.S.

Quando ho scelto di sviluppare questa tematica, mi sono lasciata sicuramente trascinare dall’entusiasmo di poter formalmente definire una criticità scottante, che impegna attualmente gran parte della mia attività lavorativa.

A questo proposito vorrei aggiungere che, se inizialmente, anni fa, occuparmi di questioni riguardanti i minori e le loro famiglie non sem-brava un compito faticoso, oggi devo confessare che lungo questo per-corso obbligato a causa delle molte richieste del Tribunale dei Minori, mi sono appassionata.

Procedendo nella ricerca del materiale bibliografico ho cominciato a provare un certo disagio e quasi un rifiuto per il compito che avevo

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scelto liberamente. Questo vissuto, che mi ha a lungo bloccata, oggi comprendo che è facilmente collegabile allo scenario complesso e spes-so contraddittorio offerto dal rapporto tra l’attività psicologica e il Tri-bunale.

Considerando a parte l’ambito delle adozioni, con lo specifico delle nuove leggi riguardanti l’adozione internazionale, che hanno stimolato un intenso dibattito tra le istituzioni e una prassi codificata e condivisa, per il resto non sembra evidenziarsi niente di sufficientemente chiaro e definitivo, nonostante l’abbondante letteratura prodotta e nonostante l’incalzante pressione esercitata da una realtà sociale marginale, sempre più costretta in una quotidianità problematica e spesso drammatica.

Siamo, infatti, testimoni e attori di trasformazioni strutturali, rapide e profonde e notiamo frequentemente che spesso le persone e, purtrop-po, anche le istituzioni vi si conformano poco o niente o solo superfi-cialmente.

Ne derivano conflitti di vario tipo: violenze, emarginazioni e stigma-tizzazioni e di conseguenza si assiste al ricorso ad una serie di meccani-smi difensivi nei confronti di un vivere frustrante.

Da tutto ciò scaturisce, da una parte, l’immagine di una umanità disadattata e deviante, che è quella che poi costituisce l’utenza della giustizia. Dall’altra emerge l’immagine di una categoria di operatori e di specialisti psico-sociali in difficoltà e molto spesso bloccati nei loro interventi da un vissuto di impotenza, che nasce dalla percezione della complessità di una completa e funzionale interpretazione delle dinami-che psicologiche, sociali e culturali.

Pertanto, si evidenzia ancora oggi, la necessità di un maggiore ap-profondimento e di una maggiore uniformità nella formazione degli specialisti psico-sociali coinvolti, con la progressiva creazione di reti interistituzionali di intervento, che sostengano il singolo operatore e al contempo agevolino la realizzazione di progetti complessi e articolati.

A questo proposito vorrei ricordare il tentativo incompleto e inter-rotto avviato, all’ interno del progetto Urban, di creare una rete antivio-lenza per le donne in difficoltà, che prova a mettere insieme, attorno alto stesso tavolo operatori di diverse istituzioni (ASL 3, Comune di Catania e Forze dell’ordine). In parallelo, altrettanto necessaria appare la formazione psicologico-sociale dei magistrati, formazione che li age-

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voli nell’adozione di una visione meno dogmatica dei fatti e li avvicini al lavoro di rete.

Non si può non riconoscere, infatti, che identica è la materia su cui operano gli psicologi e gli uomini del Diritto, ma soprattutto identici sono il tipo di prestazione e la problematica operativa: in entrambi gli ambiti vanno, allo stesso tempo, formulati giudizi e programmati e gui-dati provvedimenti risolutivi.

Si tratta certamente di un’operazione cognitiva notevolmente com-plessa, che richiede la capacità di distinguere i fatti, di qualificarli in termini psico-relazionali e in termini giuridici, evitando, per quanto sia possibile, ogni forma di interferenza da parte di preconcetti, di pregiu-dizi e di convinzioni personali.

Purtroppo, pochi, ancora oggi, pur sapendo di intervenire in ambiti delicati, sono veramente consapevoli di quanto e come i preconcetti e la personalità concorrano anche nell’espletamento dell’attività giudiziale. Infatti, in questo parallelismo tra dimensione psicologica e dimensione giuridica risulta molto chiaro che gli interventi realizzati in un campo e nell’altro richiedono sì un buon grado di obiettività, ma allo stesso tem-po si basano su impressioni empatiche e su reazioni emotive.

Queste comunanze di oggetto e di problemi offrono, anzi devono of-frire, un’opportunità, da noi ritenuta preziosa, di confronto, di scambio di esperienze, confronto e scambio orientati ad un momento di crescita insieme e non di chiusura difensiva o di prevalenza di un committente sull’altro.

Se l’immissione dello psicologo come componente a tutti gli effetti del collegio giudicante impone allo stesso psicologo una preparazione giuridica, altrettanto andrebbe potenziata nel giudice un’ idonea sensi-bilità psicologica e una riflessione su condizionamenti comportamen-tali, culturali e sociali. Ancora oggi e ancora nel campo della giustizia minorile si avverte l’accreditamento al giudice di una indefinita e indi-scussa capacità di comprendere e valutare sia rispetto a dati esteriori, sia rispetto a quelli riferibili alle peculiari individualità coinvolte.

Contestualmente il sistema giuridico non sembra riconoscere, sem-pre e chiaramente, altrettanta autorevolezza al ruolo e alla competen-za dell’intervento psicologico, il cui livello di scientificità, forse, non si

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ritiene tale da consentire una piena introduzione in un mondo, quello giuridico, che non tollera dubbi e posizioni interlocutorie. Pertanto sembrerebbe riproporsi una relazione di sudditanza tra Giustizia e Psicologia, relazione che non può conciliarsi con la realizzazione di un lavoro di rete, come abbiamo già detto e richiesto.

Un intervento in rete potrà attuarsi in una stretta, frequente, co-stante e fiduciosa collaborazione tra coloro che operano accomunati dagli stessi obiettivi. Vi sono realtà che indicano che simili esperienze esistono, e già da tempo (vedi l’esperienza del Consultorio Familiare Toniolo di Napoli) e quindi, non solo possiamo ritenerle possibili, ma siamo inevitabilmente spinti a interrogarci su quali siano le difficoltà e gli ostacoli là dove, invece, vengono considerate solo delle irraggiun-gibili aspirazioni.

Si tratta di un mito, che tale deve rimanere per mantenere intatto tutto il suo fascino, o si tratta, invece, di una realtà concreta che può essere costruita con disponibilità e sinergia?

Nella mia esperienza, più frequentemente relativa ai casi di regola-mentazione della potestà genitoriale, ha pian piano preso corpo una procedura che si basa su un’attenta lettura dei termini del problema, stabilendo fino ad allora i contatti con gli altri servizi coinvolti e, l à d ove possibile con il giudice, che invia e segue il caso. Questa fase è finalizzata ad una precoce condivisione delle informazioni per la identificazione di una chiave di lettura che consenta una approfondita analisi del contesto storico e istituzionale del caso. Anche l’inviante va considerato come un anello della catena dell’intervento in un’ottica circolare ma nel rispetto della specifica competenza istituzionale e professionale dei servizi e degli operatori coinvolti.

Pertanto alla fine di questa prima fase occorre individuare e diffe-renziare i compiti relativi a ciascun servizio con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni e disorientamenti pericolosi per gli utenti. Questi mi sembrano i punti salienti del percorso di lettura e di interpretazione:

- L’avvio delle indagini psico-sociali con la convocazione ufficiale delle parti implicate nel procedimento

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- Il confronto sul caso e la formulazione di un’ipotesi di intervento da parte dell’équipe interna del Consultorio Familiare. In questa fase viene rilevata e utilizzata la discrepanza tra i dati informativi conse-gnati e i dati emersi nell’indagine effettuata

- La restituzione operativa all ‘interno dell’équipe di lavoro allargata.

Il confronto nel gruppo interno e nel gruppo allargato viene previsto come un ritornello in altri momenti del lavoro di rete per un monito-raggio dello stesso lavoro e una riduzione delle possibili distorsioni (invischiamenti da parte degli operatori, coalizioni e complicità di-sfunzionali).

Prende corpo, quindi, un processo circolare in un movimento a spirale (tesi, antitesi e sintesi).

La differenza di informazione, di prospettiva e di operatività an-drebbero intese come premessa di costruzione e di arricchimento a favore e a tutela dell’utente (beneficiario dell’intervento) e non di di-struzione e stigmatizzazione.

Tutto ciò prevede, naturalmente, da parte degli operatori una for-mazione omogenea, condivisa e continua in tutto l’arco del processo, che stiamo presentando. Nella routine ordinaria questa modalità di procedere e di intervenire diventa sufficientemente fluido e naturale, un nuovo modus operandi.

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2.7 - la violenza intrafamiliare: il lavoro degli psicologi consultoriali dell’ASl 6 di Palermo

Anna Maria Cannata

L’Ordine degli Psicologi siciliano ha opportunamente costitu-ito dei gruppi di lavoro tematici che, attraverso il diretto coin-volgimento degli operatori personalmente impegnati in ciascun ambito specifico, potessero fornire una fotografia quanto più possibile precisa della professione psicologica ed al contempo un contributo di riflessione e di proposte. Nel gruppo monotema-tico dedicato al tema dell’abuso e del maltrattamento purtrop-po non è stato coinvolto nessuno dei colleghi palermitani che da tempo lavorano all’interno dei G.O.I.A.M. (Gruppi operativi interistituzionali contro l’abuso e il maltrattamento sui minori): avendo maturato una esperienza pluriennale e ricca, grazie an-che alla formazione specialistica acquisita, essi avrebbero potuto offrire un contributo pregnante e di certo utile anche agli altri colleghi siciliani. L’”esclusione” si ripeterà in occasione del Con-vegno dal titolo “Modelli e prassi sul fenomeno dell’abuso e del maltrattamento in Sicilia”, che si terrà a Palermo il prossimo 7 maggio, nel quale non è previsto alcun intervento programmato da parte degli psicologi dei GOIAM.

La scelta di dedicare la presente relazione al lavoro svolto dagli psicologi della ASL 6 di Palermo nei casi di violenza intrafamilia-re, pur non potendo colmare questa lacuna, può comunque con-tribuire alla conoscenza di un’esperienza e di una metodologia di lavoro psicologico complessa e proficua. Di questa opportunità ringrazio Paolo Bozzaro, coordinatore del gruppo di lavoro sui Consultori familiari, che ha favorito l’avvio di un confronto sui principali aspetti del lavoro psicologico nei Consultori, tra i qua-li occupa una posizione di rilievo, per motivi sia qualitativi che quantitativi, l’area relativa all’approccio metodologico ed opera-tivo nei confronti delle famiglie multiproblematiche segnalate da parte del Tribunale per i minorenni.

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I Consultori familiari, com’è noto, sin dalla loro istituzione, sono stati i servizi socio-sanitari che più di tutti si sono occupati delle famiglie, offrendo consulenza psicologica e sociale e tratta-mento psicologico per le più svariate problematiche familiari. Lo psicologo e l’assistente sociale del Consultorio hanno imparato a confrontarsi con le storie di violenza intrafamiliare grazie ai racconti delle donne protagoniste, racconti spesso camuffati, più raramente espressi sotto forma di rivelazioni esplicite.

La crescita della consapevolezza da parte degli operatori della incidenza della violenza intrafamiliare, dei gravi esiti post trau-matici delle esperienze sfavorevoli infantili (E.S.I.) e della com-plessità e specificità degli interventi richiesti per un efficace trat-tamento, insieme ad una maggiore sensibilità delle istituzioni al riguardo, hanno favorito la nascita a Palermo di servizi speciali-stici rivolti proprio alle vittime della violenza, per lo più bambini e donne. Questi servizi, che hanno usufruito della professiona-lità e dell’esperienza di numerosi psicologi consultoriali, sono i G.O.I.A.M., Telefono donna e il Centro Armonia.

Nel percorso di rilevazione e di trattamento dei casi di violen-

za intrafamiliare, i Consultori della provincia di Palermo, lungi dall’essere esclusi ed esautorati, continuano a rivestire un ruolo fondamentale, facendo parte di una rete in cui nessun singolo servizio può rispondere in modo solitario e autarchico a proble-matiche di grande complessità come quelle a cui facciamo riferi-mento, ma deve necessariamente integrarsi con gli altri.

Gli psicologi dei Consultori sono chiamati ad operare soprat-tutto nel momento iniziale ed in quello finale del percorso ri-guardante le vittime della violenza, essendo spesso i primi ad ac-cogliere le richieste di aiuto (più o meno dirette) delle donne o ricevendo da altri servizi l’invio delle donne stesse per l’avvio di un percorso terapeutico. La prassi di lavoro con le coppie e le famiglie, soprattutto su mandato del Tribunale per i minorenni, rende il Consultorio un osservatorio privilegiato delle situazioni problematiche che possono costituire terreno fertile per la vio-lenza intrafamiliare.

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I G.o.I.A.M.

I G.O.I.A.M. (Gruppi operativi interistituzionali contro l’abuso e il maltrattamento sui minori) nascono a Palermo nel 1998 su iniziativa del Comune, dell’ASL 6 e dell’ex Provveditorato agli studi e la loro costituzione viene formalizzata nel 2000 con il protocollo d’intesa tra le tre istituzioni coinvolte.

Le principali funzioni attribuite ai G.O.I.A.M. dal protocollo d’intesa sono le seguenti:

•l’accoglienza delle segnalazioni riguardanti i casi di presunto abuso e maltrattamento su minori;

•la consulenza agli operatori dei servizi socio sanitari e scolastici ri-guardo alla segnalazione di eventuali situazioni di abuso o rischio;

•la proposta all’Autorità giudiziaria di misure di tutela del minore e la loro attivazione;

•la valutazione psicologica del minore vittima di abuso sessuale o di maltrattamento;

•la valutazione psicologica delle capacità genitoriali residue e della loro recuperabilità;

•l’elaborazione del progetto di trattamento per il minore e la famiglia;•l’assistenza al minore in tutte le fasi del procedimento giudiziario

(audizione protetta, incidente probatorio) laddove richiesto dall’Autorità Giudiziaria.

I G.O.I.A.M. sono costituiti da operatori provenienti dalle tre istitu-zioni firmatarie e più precisamente:

•dal Servizio sociale professionale del Comune di Palermo;•dalla A.S.L. 6 di Palermo (Servizio di Psicologia, Servizio di Neurop-

sichiatria Infantile, Servizio sociale);•dal Centro Servizi Amministrativi ex Provveditorato agli Studi (Os-

servatorio sulla dispersione scolastica).

Attualmente sono sei in tutto, uno per ogni distretto socio sani-tario di Palermo ed uno per il distretto di Misilmeri, e sono com-posti da 2 psicologi, 2 neuropsichiatri infantili, 2 assistenti sociali

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(Servizio sociale aziendale), 2 operatori psicopedagogici territoriali (C.S.A., ex Provveditorato agli Studi), 1 assistente sociale del Servi-zio sociale professionale del Comune di Palermo.

Tutti gli operatori, ad eccezione dell’assistente sociale del Comu-ne di Palermo, sono distaccati dai servizi di appartenenza per 12 o 19 ore settimanali. Gli psicologi provengono per lo più dai Consul-tori familiari.

L’idea di istituire i G.O.I.A.M. è nata dalla constatazione che i fenomeni legati alla violenza, all’abuso e al maltrattamento erano stati affrontati in precedenza in maniera frammentaria, confusa ed insufficiente. Risultava necessario adottare nuove metodologie in-novative e più efficaci. Era sentita fortemente, inoltre, l’esigenza di rispondere adeguatamente all’emergenza rappresentata dai numero-si casi di abuso sessuale rilevati a Palermo alla fine degli anni ‘90 e di attivare progetti di prevenzione utili a circoscrivere un fenomeno che appariva dilagante.

La nascita delle équipes specialistiche dei G.O.I.A.M. ha richiesto che gli operatori integrassero la propria formazione ed esperienza personale pregressa con una formazione professionale specifica. In particolare era necessario imparare a lavorare con persone che non formulavano una richiesta spontanea di aiuto, a differenza di quanto la maggior parte degli psicologi erano abituati a fare, ed a fronteg-giare la tendenza alla negazione tipica dei protagonisti della violen-za. Una formazione specifica era indispensabile, inoltre, per potere affrontare l’impatto emotivamente dirompente che il fenomeno del-la violenza, in particolare quella sui minori, ha inevitabilmente su ciascun operatore. La costituzione di gruppi di lavoro specialistici, caratterizzati dall’uso di una metodologia di lavoro condivisa, con-sentiva di dare risposte articolate a problematiche complesse, garan-tendo al contempo agli operatori il supporto necessario. La centra-lità della tutela degli operatori sarà ribadita e discussa in occasione della giornata di studio organizzata dal C.I.S.M.A.I. (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia) a Taormina il 18 giugno prossimo dal titolo “La tutela degli operatori come fattore di protezione del bambino maltrattato”, nell’ambito de-

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gli “Stati generali sul mal-trattamento all’infanzia in Italia” la cui fase conclusiva si terrà a Roma all’inizio del 2010.

L’impostazione dei G.O.I.A.M. ha avuto come suo fulcro l’integra-zione tra i servizi chiamati a collaborare e ad agire in modo coerente in aiuto delle vittime della violenza: la rete interistituzionale costruita si è dovuta confrontare con la complessità derivante dalla contemporanea presenza di diversi sistemi – il sistema giudiziario penale, il sistema dei servizi, il sistema giudiziario civile ordinario - che interagiscono da vertici che non sempre sono sovrapponibili, ma talvolta sono in conflitto.

Per entrare, seppur sinteticamente, nel merito della metodologia dell’intervento, si può rappresentare il percorso dei G.O.I.A.M. nei casi di abuso e di maltrattamento come articolato in quattro fasi prin-cipali, interdipendenti tra loro, che si succedono in ordine logico e cronologico. Esse, coerentemente con le linee-guida per gli interventi degli operatori psico-socio-sanitari nei casi di abuso sessuale e mal-trattamento ai minori definite dal C.I.S.M.A.I. (2001), sono così iden-tificabili:

1. Rilevazione2. Protezione3. Valutazione4. Trattamento

Per un approfondimento delle fasi elencate si rinvia alla ricca lette-ratura al riguardo.

Di particolare pertinenza dello psicologo, seppur sempre in stret-ta connessione con le altre figure professionali, è l’analisi del quadro complessivo della situazione traumatica nei suoi aspetti individuali e relazionali e la valutazione della recuperabilità delle capacità geni-toriali residue e delle risorse protettive disponibili nel più generale contesto dei familiari di riferimento del minore vittima di violenza. La valutazione suddetta implica la comprensione dell’insieme delle relazioni che hanno determinato il fallimento delle funzioni di cura e di accudimento dei figli da parte delle figure genitoriali. L’elabora-

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zione di un ragionamento diagnostico complesso all’interno del quale collegare i diversi elementi rilevati con il quadro del funzionamento psicologico del bambino nel suo contesto relazionale consente, nella maggioranza dei casi, di arrivare ad una diagnosi di compatibilità o di incompatibilità del quadro rilevato con l’ipotesi di abuso sessuale o di maltrattamento.

Come è possibile dedurre dai brevi cenni metodologici esposti, il lavoro psicologico all’interno dei G.O.I.A.M. è molto complesso e impegnativo. Lo psicologo, infatti, svolge svariati compiti specifici: la consulenza agli operatori delle varie agenzie territoriali sul rischio presente in una certa situazione che coinvolge un minore, la segnala-zione all’Autorità giudiziaria delle ipotesi di pregiudizio ai danni di un minore e delle misure protettive necessarie, la messa in atto della protezione del minore su mandato dell’Autorità giudiziaria stessa e la preparazione del minore e dei familiari protettivi, l’avvio del processo valutativo delle condizioni psicologiche del minore e della recuperabi-lità delle risorse genitoriali attraverso colloqui individuali, familiari, di coppia e l’uso di strumenti osservativi e psicodiagnostici a seconda dei casi specifici, la stesura di relazioni psicologiche a conclusione della valutazione con la formulazione di ipotesi prognostiche, il confronto costante con gli altri operatori impegnati nel caso e con l’Autorità giu-diziaria (Tribunale per i minorenni, Procura minori, Procura Ordina-ria). In ogni fase dell’intervento lo strumento metodologico essenziale è la condivisione e il confronto con l’èquipe di lavoro.

Il modello teorico - operativo descritto, lungi dall’essere perfetto, nel confrontarsi con la complessità della realtà locale palermitana, ha incontrato numerosi ostacoli alla realizzazione degli obiettivi prefis-sati. Alcuni nodi critici emersi nel corso degli ultimi anni riguarda-no, per esempio, i criteri di reclutamento degli operatori, spesso non basato sulla motivazione e sulla specializzazione; la formazione degli operatori stessi, che è stata garantita solo in minima parte, e l’assenza di una supervisione; la loro assegnazione “a scavalco” tra più servizi, con effetti negativi sia sui servizi di provenienza che sui G.O.I.A.M., ma anche sugli operatori stessi, sovraccaricati da troppi compiti.

Di certo, però, nonostante i punti deboli, la nascita delle équipes

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specialistiche rappresenta un grande salto di qualità nell’approccio al problema della violenza intrafamiliare, che ha consentito di offrire risposte specifiche e valide nei diversi momenti del percorso descrit-to. La creazione dei G.O.I.A.M., peraltro, è da considerarsi un uni-cum nel panorama nazionale, essendo il solo caso di èquipes specia-listiche multiprofessionali centrate sulle problematiche della violenza sui minori nell’ambito delle istituzioni pubbliche. L’esperienza dei G.O.I.A.M., inoltre, ha dato avvio ad un circolo virtuoso favorendo il dialogo e la crescita professionale degli operatori coinvolti ed an-che, almeno parzialmente, delle istituzioni di cui essi fanno parte. Un aspetto significativo è, per esempio, quello dei rapporti tra gli operato-ri psicosociali e l’Autorità giudiziaria, complessivamente cresciuto in una direzione di maggiore e migliore comunicazione e collaborazione.

L’esperienza professionale effettuata nei G.O.I.A.M. ha una rica-duta molto significativa anche sul lavoro consultoriale degli psicologi, che si giova della maggiore sensibilità al fenomeno della violenza e di una più significativa competenza nel riconoscerlo e trattarlo.

tElEFoNo DoNNA

Telefono donna è un servizio istituito nel settembre del 1999 all’in-terno dell’ASL 6 di Palermo grazie all’intesa tra il Servizio di Psico-logia, il Servizio sociale e il Dipartimento materno infantile. Vi colla-borano part time psicologi e assistenti sociali dei Consultori familiari.

Anche Telefono donna, come il G.O.I.A.M., nasce nel contesto di una conoscenza sempre più precisa del fenomeno della violenza sulle donne, grazie al lavoro pluriennale svolto a Palermo in questo ambi-to da numerosi operatori. Esso si fonda sulla consapevolezza che la maggior parte delle violenze avviene all’interno delle mura domesti-che (il 69,7 % nel 2007), che solo una minima parte delle donne che ha subìto violenza in famiglia la considera un reato e pochissime la denunciano (il 18,2 % e il 7,2 % rispettivamente nell’ultimo anno).

La violenza contro le donne è un problema mondiale ancora non sufficientemente riconosciuto e denunciato, si tratta di un fenomeno che si sviluppa soprattutto nell’ambito dei rapporti familiari e coin-

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volge donne di ogni estrazione sociale e livello culturale, provocando danni fisici e gravi conseguenze sulla salute mentale, e comportando alti costi socioeconomici non solo alle donne, ma anche alle comunità in cui vivono.

L’opinione largamente diffusa che la violenza alle donne interessi prevalentemente strati sociali emarginati, soggetti patologici, famiglie multiproblematiche è stata disconfermata dagli studi svolti in que-sto ambito: la violenza contro le donne è in realtà un fenomeno che appartiene più alla normalità che alla patologia e riguarda uomini e donne di tutti gli strati sociali, esiste in tutti i paesi, attraversa tutte le culture, le classi, le etnie, i livelli di istruzione e di reddito e tutte le fa-sce di età. La violenza sulle donne si presenta generalmente come una combinazione di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica, con episodi che si ripetono nel tempo e tendono ad assumere forme di gravità sempre maggiori.

Telefono donna si configura come una prima voce contro la violen-za, il maltrattamento, l’abuso psicologico o sessuale. È un Servizio di ascolto, consulenza ed informazione al quale si accede gratuitamente attraverso il numero verde 800.397.363 per parlare dei propri pro-blemi, relativi a situazioni di violenza o a conflitti familiari, con un operatore, psicologo o assistente sociale, preparato ad offrire una con-sulenza specifica.

Il servizio telefonico risponde tutti i giorni dal lunedì al venerdì, dalle ore 08.00 alle ore 14.00. È possibile telefonare anche in ano-nimato e ricevere informazioni, anche legali, su come uscire da una situazione di violenza e su come contattare gli altri Servizi presenti a Palermo.

Le attività di Telefono donna sono:

•fornire ascolto e sostegno alle donne che, telefonando, formulano una prima richiesta di aiuto;

•aiutare ciascuna donna nel processo di ridefinizione del problema;•fornire a chi telefona le informazioni necessarie per iniziare un

percorso di cambiamento;•contattare i servizi sociali e sanitari del territorio per costruire un

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“invio protetto”;•creare collegamenti con i servizi Territoriali, in primis i Consultori

familiari, e le Associazioni impegnate nella stessa area d’intervento, prima tra tutte l’U.D.I. (Unione Donne Italiane), Le Onde Onlus;

•promuovere percorsi di sensibilizzazione sui temi della violenza e del maltrattamento per gli operatori aziendali (operatori sanitari dei Pronto Soccorsi ospedalieri, medici di base, ecc,).

Dal 2005 si è costituita la Rete cittadina antiviolenza di cui fan-no parte la ASL 6 con Telefono Donna e i Consultori, il Comune, il M.I.U.R., i Carabinieri, la Provincia Regionale, l’Azienda Ospedale Cervello, il Policlinico con la Medicina Legale, l’Ospedale dei Bam-bini, le Onde Onlus e altre Associazioni di privato sociale, in diretto contatto con il numero nazionale 1522.

È stato realizzato un progetto di prevenzione della durata di due anni con i ragazzi delle scuole superiori (160 ragazzi e ragazze) sul tema della violenza all’interno delle relazioni affettive con proiezioni di video e con spettacoli teatrali.

Da alcuni anni sono attivi presso il Consultorio familiare “Parisi” gruppi clinici collegati al Telefono donna e rivolti a donne abusate e maltrattate.

Sono proseguite anche le consulenze offerte a gruppi di operatori di altre ASL nell’ambito della formazione di progetti specifici rivolti alla prevenzione e alla cura delle situazioni di maltrattamento.

CENtro ArMoNIA

In stretta connessione con Telefono donna e con il G.O.I.A.M., il Centro Armonia, nato di recente ad opera del Servizio di Psicologia della ASL 6, si configura come un Centro finalizzato alla cura dei traumi da abuso sessuale e maltrattamento e risponde alla crescente domanda di assistenza psicologica da parte delle vittime di violenza domestica e di traumi da abuso sessuale.

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I suoi compiti precipui sono:

valutare i funzionamenti post traumatici delle vittime adulte e proporre idonei percorsi di trattamento; attuare azioni di sostegno psicologico in favore delle vittime adul-

te, anche all’interno del contesto familiare di appartenenza; integrare gli interventi di cura con quelli di protezione, in collabo-

razione con i vari partner istituzionali delle Rete antiviolenza cittadina; garantire l’assistenza psicologica delle vittime adulte all’interno

dei percorsi giudiziari; offrire trattamenti psicologici mirati all’elaborazione del trauma,

anche con l’uso di tecniche specifiche (E.M.D.R., Eye Movement De-sensitization and Reprocessing).

I tre servizi presentati propongono – come si è avuto modo di os-servare - un modello complesso di intervento finalizzato alla preven-zione ed al trattamento nei casi di violenza, in particolare di quella intrafamiliare. L’esperienza maturata nel corso degli ultimi dieci anni consente di identificare i punti critici di cui tenere conto se si vuole ottenere un miglioramento della qualità del lavoro in questo ambito e, al contempo, di rilevare la significativa crescita della competenza professionale degli psicologi nel confrontarsi con il fenomeno della violenza.

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SPUNtI BIBlIoGrAFICI

CIRILLO S. (2005), Cattivi genitori, Raffaello Cortina, Milano

CISMAI (2001), Dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale all’infanzia

CISMAI (2001), Requisiti minimi dei Servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia

CISMAI (2002), Linee-guida per la valutazione clinica e l’attivazione del recupero della genitorialità nel

percorso psicosociale di tutela dei minori

DE ZULUETA F. (1999), Dal dolore alla violenza, Raffaello Cortina, Milano

DI BLASIO P. (a cura) (2005), Tra rischio e protezione. La valutazione delle competenze parentali

Ed. Unicopli

FOTI C. (a cura) (2003), L’ascolto dell’abuso e l’abuso nell’ascolto, Franco Angeli, Milano

MALACREA M. (1998), Trauma e riparazione, Raffaello Cortina, Milano

MALACREA M. (2002), Bambini abusati, Raffaello Cortina, Milano

SHAPIRO F. (2000), EMDR Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari

McGraw-Hill, Milano

rIVIStE

Maltrattamento e abuso all’infanzia, Franco Angeli, Milano

Minorigiustizia, Franco Angeli, Milano

SItoGrAFIA

www.cismai.org

www.minori.it

www.progettotiama.it

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2.8 - Corsi sulla genitorialità condivisaPaola Aparo

Negli ultimi decenni stanno avvenendo a livello sociale cambiamen-ti molteplici, profondi ed estesi, che coinvolgono tutti i settori e gli ambiti della convivenza civile e richiedono risposte adeguate, per far fronte a situazioni decisamente nuove.

Per quanto riguarda il sistema sanitario, si stanno mettendo in atto analisi impegnative e complesse riforme per adeguarsi a tali cambia-menti culturali e sociali. I consultori, all’interno di questi mutamenti, si pongono una serie di interrogativi sul proprio ruolo e sulla direzione futura da perseguire. È necessario, come passo preliminare, arrivare ad un consuntivo delle attività ed esperienze accumulate ed elaborare una serie di riflessioni e di interventi in vista di rispondere alle nuove richieste dei cittadini e operare una riqualificazione della propria pre-senza e delle proprie funzioni.

Per attuare tale obiettivo, il consultorio non può limitarsi a svolgere un servizio che soddisfa le richieste che spontaneamente ad esso afflu-iscono, ma deve intervenire principalmente nell’area della prevenzio-ne sia negli ambiti relazionali che in quelli educativi.

In altre parole il consultorio dovrebbe rappresentare, nella realtà sociale attuale, una struttura di riferimento che si occupa di promuo-vere il benessere delle persone attraverso il potenziamento delle risor-se e l’offerta di strumenti per affrontare, in modo positivo e funziona-le, le problematiche di vita relazionale quotidiana.

In ambito preventivo un’area privilegiata sulla quale il consultorio può (e deve) intervenire è, decisamente, quella della famiglia. A tale riguardo, l’art. 1 della legge 405/75, istitutiva dei consultori, richiama in maniera precisa l’assistenza medica, psicologica e sociale nei riguar-di dell’individuo e della sua famiglia. In ragione di tale legge-quadro la struttura consultoriale è stata deputata ad affrontare le problemati-che psico-socio-sanitarie della famiglie. Sarebbe auspicabile, a questo proposito, che i consultori diventassero una sorta di osservatorio della salute socio-sanitaria della famiglia.

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In alcuni Consultori Familiari della provincia di Ragusa, al fine di offrire iniziative qualificate che tengano conto delle difficoltà specifi-che delle famiglie, sono stati attuati dei corsi su un tema di particolare rilievo ed attualità: la genitorialità condivisa.

Scopo di tali corsi è promuovere e sostenere un modo di essere genitori che in modo innovativo e creativo risponda alle cambiate condizioni sociali assumendo i valori positivi e ancora fruibili della famiglia tradizionale. La prima domanda che si affronta in tali percor-si riguarda proprio l’analisi dei cambiamenti sociali che interessano a molti livelli l’istituzione familiare.

Una caratteristica evidente della società di oggi è la frammentazio-ne: non esistono punti di riferimento percepiti come sicuri, verticistici e centrali. I paradigmi interpretativi si sono frantumati e assumono molteplicità di contenuti e forme sempre cangianti. In tale contesto anche nel mondo dei legami affettivi si sono verificati mutamenti si-gnificativi. Mentre prima l’istituzione famiglia era caratterizzata da una appartenenza che costituiva uno sfondo sicuro, oggi il nucleo-famiglia risponde più a requisiti affettivi ed è esposto in pieno alle difficoltà sociali ed economiche della società odierna.

In modo specifico, le condizioni economiche hanno provocato il passaggio dalla famiglia patriarcale a quella nucleare, mentre l’emer-gere della soggettività come valore prioritario ha reso fragili e precari gli stessi legami di appartenenza sottoposti alla legge della autore-alizzazione del soggetto. Le derive individualistiche dei processi di attenzione al soggetto rischiano di chiudere gli individui nella loro solitudine e di penalizzare in modo particolare i più fragili (bambini, persone con disagio o disabilità).

Se l’essere se stessi ha rappresentato un traguardo importan-te, l’essere solo se stessi ( definendo il mondo all’interno della pro-pria unicità) rischia di aprire spazi di incomunicabilità e sterilità affettiva. L’altro diventa, in tale prospettiva egocentrica, un mondo estraneo,sconosciuto, irraggiungibile.

Tali processi hanno avuto ripercussioni notevoli nei rapporti di coppia e nelle coppie genitoriali. All’interno di tali legami le diversità vengono vissute come irriducibili. Ci si chiede come superare tutto questo partendo dal presupposto che, nonostante le molteplici diffi-

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coltà, nell’uomo come nella donna,non svanisce il bisogno di raggiun-gere l’altro. Anche dalle recenti ricerche di neuroscienza sulla esisten-za dei neuroni-specchio,viene dimostrato che la capacità dell’uomo di sintonizzarsi con l’ambiente e con le intenzioni dell’altro è innata. Possiamo dire che la dimensione relazionale è costitutiva di ogni sog-getto e dà significato ad ogni interiorità e ad ogni esistenza.

In tale cornice di riferimento la genitorialità viene ripensata come esperienza di inevitabile condivisione che si attua solo con l’apporto e la collaborazione di entrambi i genitori. La crescita sana e soddi-sfacente di un figlio è data dalla qualità della relazione di coppia: il rapporto che ogni genitore instaura con il figlio risente dei vissuti re-lazionali tra i partner. Il tipo di rapporto esistente tra i due genitori ha anche delle conseguenze sulla formazione dell’identità del figlio perché il figlio sviluppa la propria identità all’interno della relazione triangolare (genitori e figlio; è grazie ai messaggi che il figlio riceve da entrambi i genitori che può sviluppare la propria identità di genere).

La funzione materna e la funzione paterna sono complementari ed indispensabili per la formazione di una identità solida nel figlio: la madre garantisce l’esistere, il padre il divenire. Questi due principi rivelano quanto sia importante l’apporto di entrambi i genitori con la propria diversità di genere e quanto tale apporto deve essere ripensato in una logica di reciprocità: le polarità maschile e femminile contribui-scono con pari dignità e necessità al processo educativo.

Rispondenti a tale filosofia i corsi sulla genitorialità condivisa, orga-nizzati e rivolti a genitori suddivisi a seconda delle fasce d’età dei figli, hanno come obiettivo di fare in modo che i genitori si sentano meno soli nella cura dei figli e si sostengano a vicenda attraverso il ricono-scimento dei loro limiti e la scoperta delle proprie e le altrui risorse. Lo scopo dei corsi è la realizzazione di una sorte di condivisione delle attività di cura. I corsi sulla genitorialità condivisa comprendono una parte teorica, pratica ed applicativa e forniscono altresì elementi di riflessione e di confronto sui vissuti e sulle problematiche portate dai genitori stessi. Rispondono in tal modo alle esigenze di acquisizione di specifiche ed adeguate abilità comportamentali.

L’iniziativa si svolge a numero chiuso, al fine di favorire momenti di aggregazione e socializzazione,attraverso la discussione e la condivisio-

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ne delle proprie esperienze. Il confronto con le altre coppie genitoriali risulta molto stimolante e comporta un superamento dell’isolamento in cui spesso si trova la famiglia della società post moderna. Come già detto, il passaggio nella società post moderna dalla famiglia estesa alla famiglia nucleare crea una carenza di relazioni della famiglia con altre famiglie. Ci si ritrova soli ad affrontare le varie problematiche,che re-stano circoscritte nell’ambito del proprio nucleo familiare. I genitori si ritrovano soli ad affrontare il compito educativo.

I corsi sulla genitorialità condivisa – rispondendo a queste esigenze - risultano arricchenti e stimolanti, permettono alle famiglie di uscire dalla loro chiusura e di sperimentare possibilità nuove di risoluzioni alle loro difficoltà anche attraverso uno scambio relazionale con le altre famiglie. Si persegue, in questo modo, un vantaggio più globa-le all’interno di un’etica della responsabilità,intesa come dimensione educativa, che coinvolge il contesto sociale più ampio.

BIBlIoGrAFIA

BAUMAN Z. (2004), Amore liquido, Laterza, Bari

BERNARDI M. (1998), Adolescenza. Una Guida per i genitori di oggi, Fabbri Editore, Milano

MAIOLO G. (2000), L’occhio del genitore. L’attenzione ai bisogni psicologici dei figli, Centro Studi Erick-

son, Trento

OLIVIERO FERRARIS A. (1992), Crescere. Genitori e figli di fronte al cambiamento, Cortina, Milano 1

SALONIA G. (2004), Dialogare nel tempo della frammentazione, in ARMETTA F. NARO -

SALONIA G., Sulla felicità e dintorni. Tra corpo, tempo e parola, Argo, Milano

SPAGNUOLO LOBB M. (2000), ”Papà mi riconosci?”. Accogliere la diversità dei figli oggi, in “Quaderni

di Gestalt”, anno XVI, n. 30/31

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2.9 – Corsi di preparazione al parto Agata Misuraca

I corsi di preparazione al parto vengono attivati e promossi per consentire alla donna di non subire ma gestire la gravidanza, il parto, il puerperio e di superare la paura del dolore di parto e di fronteggiare l’ansia connessa. Essi si propongono altresì di favorire il parto natura-le e di ridurre il ricorso al parto cesareo.

I corsi di preparazione al parto, che si sono avviati presso il Con-sultorio Familiare di Ma zara dal 1986 (anno in cui si apre il Servi-zio) si rivolgono alle gestanti e/o coppie “in attesa”, promuovendo un’azione complessiva di informazione, di formazione, di sostegno e di orientamento.

Il riscontro positivo dei corsi ha prodotto nel tempo un aumento progressivo dei corsi e quindi del numero dei partecipanti. Non c’è stato bisogno di ricorrere a pubblicità esplicita: le donne che l’aveva-no sperimentato lo consigliavano a conoscenti e amiche.

Attualmente si attivano in media tre/quattro corsi l’anno. La pre-senza dei partecipanti oscilla tra le 20/25 persone per corso: il gruppo è in genere formato per ¾ da primipare. Ogni corso si articola in 8 incontri con cadenza settimanale, della durata di circa tre ore ognuno.

Tutti gli Operatori del Consultorio sono coinvolti nel corso, in mo-menti diversi. Gli incontri si svolgono prevalentemente nella sede del Consultorio salvo l’ultimo incontro che avviene in Ospedale. Al fine di favorire una esperienza ottimale ci è sembrato opportuno attivare una collaborazione con la struttura Ospedaliera, dove alcuni opera-tori del reparto di Ostetricia e Pediatria, attraverso la visita guidata degli ambienti (sala travaglio, sala parto, neonatologia, pediatria, stan-ze destinate alle donne dopo il parto) prendono un primo contatto con le future madri, che hanno modo di familiarizzarsi con l’ambiente ospedaliero nel quale partoriranno.

Le donne o le coppie vengono contattate telefonicamente dall’infer-miera del Consultorio per essere informate sulla data di inizio del corso. Il giorno stabilito esse vengono accolte dall’assistente sociale, che effet-tua un primo colloquio di anamnesi e fornisce le prime informazioni sul corso. Successivamente la psicologa incontra la donna (o la coppia), si

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informa delle motivazioni che hanno spinto la donna a sperimentare la maternità, di eventuali aspettative e di eventuali situazioni particolari. Il colloquio è anche finalizzato ad una indagine della personalità.

Al primo incontro collettivo, in un contesto confortevole, rassicu-

rante, contenitivo, caratterizzato da un clima cordiale, il gruppo ini-zia con le presentazioni dei partecipanti e degli operatori. Durante la presentazione vengono prospettati gli obiettivi da raggiungere, il pro-gramma da svolgere, i metodi,gli strumenti le strategie che si ritiene utilizzare,le tematiche e le problematiche che si intendono affrontare, i ruoli e le competenze degli operatori, i tempi, i luoghi, le modalità organizzative.

Poiché obiettivo principale del corso è rendere la donna consape-vole, preparata all’evento e in grado di gestire se stessa, la sua gravi-danza, il parto e la maternità esso si avvale di strumenti tecnici -infor-mativi - formativi - psicologici, di guida e sostegno.

Gli strumenti generalmente utilizzati dal Ginecologo, dall’Ostetri-co, dal Pediatra sono finalizzati alla guida e alla conoscenza del per-corso nascita da un punto di vista fisiologico.

le tecniche di rilassamento( metodo R.A.T )utilizzate per favorire il ripristino dell’equilibrio psico-fisico, la consapevolezza della respi-razione e del rilassamento, riducono il dolore delle contrazioni duran-te il travaglio e agevolano il parto.

la tecnica della spinta associata alla respirazione, offre alla donna un metodo per gestire adeguatamente il suo parto, infatti la spinta guidata, corretta e ottimizzata le consente di risparmiare energie, di partorire prima e con meno dolore.

Determinante per il buon esito del parto è la preparazione psicologica della donna al parto e alla maternità che consiste:

-nel farle prendere consapevolezza delle emozioni legate alla sua gravi-danza, al parto, delle responsabilità e competenze legate al ruolo di madre.

-nel favorire l’ elaborazione del suo vissuto e il passaggio relativo al cam-biamento di status da figlia a madre.

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- nel fornirle strumenti psicologici per gestire adeguatamente se stessa, la sua gravidanza, il suo parto,la sua maternità, il suo rapporto di coppia, le sue relazioni e il suo contesto familiare e sociale.

-nel ridurre le ansie e le paure legate al dolore delle contrazioni e del parto.

- nel rassicurarla sulla comparsa dei sintomi durante la gravidanza e il puerperio e sulla funzionalità del loro uso.

-nel favorire l’allattamento al seno.-nel guidarla nella gestione del neonato, dei figli maggiori e del rapporto

tra i fratelli e il nascituro.-nell’aiutarla a recuperare il suo equilibrio individuale,di coppia e fami-

liare.

Il dolore

Il dolore legato alle contrazioni viene presentato come risposta fi-siologica e necessaria per la dilatazione del collo dell’utero .Accogliere le contrazioni, non considerarle minacciose, accettarle senza opporre resistenza, possibilmente rilassati, utilizzando il respiro autogeno o respirando profondamente con l’addome, permette di adattarsi gra-datamente al dolore delle contrazioni che man mano aumentano per frequenza e per intensità, mantenendo costante la soglia del dolore iniziale, un notevole risparmio di energie necessarie per mantenere il proprio equilibrio psicofisico.

Il sintomi

I sintomi variano per intensità, frequenza e durata, il loro uso è funzionale mentre l’abuso cioè la loro strutturazione si rivela dan-nosa e disfunzionale.

Vengono considerati meccanismi di difesa inconsci, strategie per tutelarsi dalle aspettative di prestazioni eccessive proprie e al-trui, per affrontare il cambiamento, non in modo traumatico ma gradualmente e nel rispetto dei propri tempi. Tra i sintomi il più frequente e caratteristico della fase puerperale è“ la depressione “,

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che come abbiamo già evidenziato non è una malattia ma una dife-sa. Essa si manifesta con crisi di pianto, svogliatezza, demotivazio-ne, tendenza all’isolamento .Le ansie, le paure, lo stress psico-fisico accumulato durante la gravidanza, durante il parto, il cambiamen-to e lo squilibrio( transitorio) ormonale, la paura di non essere all’altezza del nuovo ruolo, di sbagliare, di non riconoscere i biso-gni del bambino, il calo di attenzioni da parte di tutti (compreso il marito),i sentimenti di ambivalenza nei confronti del bambino e della separazione da lui, le aspettative proprie e altrui nei confronti della gestione del sé, del bambino e dell’evento,( compreso l’allat-tamento al seno ), la difficoltà nel controllare le proprie emozioni e i propri sentimenti, la consapevolezza di dover rinunciare ai propri spazi, ai propri bisogni, la minaccia di stravolgimento della propria vita, le notti insonni, la stanchezza, il bisogno di riposare, le fan-tasie di fuga, di morte, quelle perverse e inquietanti sollecitano il crollo psico-fisico e nello stesso tempo impongono la necessità di trattare e affrontare il problema. Si è costretti quindi a ridurre o spostare le energie che venivano utilizzate per curare la relazione con gli altri, per ottenere consensi e convogliarle su se stessi, un processo inconscio che richiede un contesto senza aspettative, fa-vorevole, contenitivo e in grado di sostenere, che consente di stare da soli per potere finalmente, nel rispetto dei propri tempi,entrare in relazione con se stessi, con il proprio inconscio, con le proprie emozioni superando il muro delle resistenze e della censura, con la prospettiva di ridurre o eliminare la scissione che governa e si ren-de responsabile dei conflitti, di abbattere quelle barriere che ten-gono separate istinto e ragione, piacere e dovere, che non consen-tono il confronto, lo scambio di esperienze, l’integrazione, l’amore, la crescita. Si tratta quindi di un momento prezioso e importante, che offre l’opportunità di cambiare rotta, di recuperare e investire le risorse in maniera più adeguata e costruttiva, puntando più sulla qualità che sulla quantità, più sull’essere che sull’apparire, su un progetto che si propone di tutelare la salute psico- fisica e miglio-rare la qualità della vita.

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la gestione del sè

Per ottenere dalla donna una risposta congrua all’evento nascita, per consentirle la gestione adeguata della sua gravidanza, del parto e del puerperio serve aiutarla a gestire meglio se stessa, le sue relazioni,il suo contesto familiare e sociale.

La gravidanza è generalmente caratterizzata da sintomi, disturbi, alterazioni che non riguardano tutte le donne in eguale misura e di-pendono da molteplici fattori: genetici, organici, fisici, psicologici, traumatici, socio-ambientali, culturali.

La capacità di gestire più o meno adeguatamente la gravidanza, il parto e la maternità dipende da donna a donna e poi: dalla sua per-sonalità, dal suo pensiero, dal suo grado di autostima, dal vissuto psi-cologico, dalla sua storia personale, relazionale e professionale, dai traumi, dallo stile di vita,dal suo grado di realizzazione, dall’ambiente dove ha vissuto e dove vive, dalle sue attuali condizioni psicologiche, dalle prospettive future.

Si ritiene, pertanto, necessario sollecitare la donna a prendere con-sapevolezza delle proprie risorse, delle potenzialità, delle emozioni legate alla gravidanza, al parto e alla maternità, a tutelare, recuperare o migliorare la propria autostima, la propria identità, il rapporto con se stessa, a rendere flessibile, creativo e produttivo il suo pensiero, ad accettare i suoi limiti, le proprie ed altrui diversità, ad integrare le parti di sé e del sé con gli altri.

Gli interventi psicologici che vengono utilizzati, prevedono azioni di contenimento, recupero, sostegno che a più livelli comprendono: l’illustrazione di modelli e percorsi istituzionali e non “sani e adegua-ti” e ancora l’invito a rispettare la proprie azioni e reazioni, i propri tempi di crescita, ”quel percorso individuale” funzionale al raggiun-gimento – mantenimento del proprio equilibrio e ancora ad esercitare auspicabili azioni di mediazione tra “piacere e dovere “ tra “essere e apparire” tra “ bisogni individuali e collettivi”, anch’essi finalizzate all’integrazione.

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Il cambiamento di status

Nell’arco della sua vita, la donna sperimenta situazioni di cambia-mento, percorrendo tappe importanti per la sua crescita: l’adolescen-za segna il passaggio da bambina ad adulta, la maternità da figlia a madre, la senilità da madre a nonna .

Qualsiasi cambiamento, per scelta o perché imposto, implica la rottura di un equilibrio che comunque sia, in modo graduale o trau-matico comprende sempre un aspetto positivo, mi riferisco a quan-do l’esperienza gestita adeguatamente trasforma il danno in risorsa offrendoci l’opportunità di crescere. Gradiamo spesso crogioliarci nella prigione delle abitudini per necessità, per comodità, per econo-mizzare le nostre energie e se non fossimo spesso costretti ai cambia-menti non conosceremmo e sperimenteremmo nuovi percorsi, non ci confronteremmo mai con niente e con nessuno, non sarebbe quindi possibile alcuna evoluzione umana e tecnologica.

Affrontare un cambiamento vuol dire attivare un processo (preva-lentemente inconscio) di elaborazione e rielaborazione del sé, della propria immagine, del proprio vissuto,della situazione attuale, dei propri lutti e delle proprie perdite, fare il bilancio della propria vita, l’analisi delle proprie risorse, la valutazione delle cose da eliminare e dei valori da custodire, un percorso evolutivo che dovrebbe infine condurre alla consapevolezza del proprio valore, all’integrazione delle parti di sé, alla gestione adeguata del sé e del proprio contesto psico-socio-familiare e culturale

l’allattamento al seno

Le gestanti vengono informate sul valore e sull’opportunità dell’al-lattamento al seno da vari punti di vista: nutrizionale ( alte proprietà nutritive e disintossicanti del colostro nei primi giorni di vita, il latte come alimento sano a tutela della salute presente e futura del bam-bino per il trasferimento su di lui degli anticorpi dalla mamma),di prevenzione per eventuali allergie del bambino, terapeutico( contra-zione dell’utero)di comodità e convenienza ( rispetta i tempi della dia-

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de madre-bambino ed è economico, non contando che si può anche conservare per 24 ore in frigo, dopo averlo estratto con il tiralatte, o addirittura surgelare, psicologico ( dopo la fase nutrizionale favorisce, con il prolungamento della suzione, il rapporto madre-figlio per lo scambio di emozioni, sentimenti ed è anche dotato di poteri rassicu-ranti, rilassanti, benefici per entrambi).

L’ allattamento al seno, poiché richiede generalmente la presenza della mamma e quindi potrebbe risultare più impegnativo dell’allatta-mento artificiale, necessita della presenza di una certa disponibilità e serenità da parte della madre che raggiunge se l’allattamento al seno rappresenta per lei una scelta e non una imposizione che è destinata a rivelarsi, quindi, controproducente per entrambi, spesso con la com-parsa nella madre di svariati sintomi psico-somatici ( ragadi, mastite, depressione, ansia ecc). In questi casi l’allattamento artificiale si rivela per il bambino il danno minore bisognoso come è di cure e amore, che prescindono dal tipo di allattamento, da parte di una mamma non stressata che lo coccola e gli trasmette serenità.

Vengono pertanto rassicurate, contenute e sostenute tutte le mam-me che in condizioni di precarietà psico-fisica non si sentono o non sono in grado di allattare al seno i loro figli

risultati attesi e conclusioni

Nonostante un incremento nel tempo di corsi di preparazione al parto, che ormai si fanno ovunque e sono molto frequentati, essi ri-spondono alle attese solamente in parte.

Se da un lato rendono la donna informata su tutto il percorso nasci-ta, consapevole quindi delle proprie emozioni, responsabile del ruolo che l’attende, in grado di gestire se stessa e l’evento che la riguarda, dall’altra l’eccessiva medicalizzazione del percorso nascita, (richiesta soprattutto dalle donne colte e di ceti elevati), con gli eccessivi con-trolli, esami diagnostici, ecografici, che sembrano vendere la garanzia di un parto senza complicanze per la madre e per il bambino, il rischio delle denunce facili, la comodità per entrambi (ginecologo–cliente) di programmare l’evento, spinge i ginecologi a non rischiare e a ricorrere

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quindi con una certa frequenza al parto cesareo.Sarebbe necessario, pertanto, sollecitare la consapevolezza e quindi

il cambiamento, di una cultura mercificante che non risparmia nem-meno chi “dà e riceve la vita” con un evento straordinario come “la nascita”.

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2.10 - Il Consultorio Familiare e lo Spazio Giovani Giuseppe Infurchia

I consultori familiari sono nati più di 30 anni fa per dare concrete risposte in termini di salute, assistenza psicologica, sociale e sanitaria alla popolazione: all’infanzia, a singoli, uomini, donne, coppie e fami-glie. Essi hanno sempre funzionato con poche risorse umane e scarsi finanziamenti pubblici.

Questi servizi rappresentano, tuttavia, per l’intera comunità una grande risorsa, che va conservata e potenziata. Negli anni hanno in-contrato grandi difficoltà, ma espresso anche grandi potenzialità. Su di essi si sono riversate tematiche quali la procreazione responsabi-le, i rapporti interpersonali e familiari, la tutela della gravidanza, la sessualità, la contraccezione, la salute del bambino, il sostegno agli adolescenti ed ai giovani, 1’affidamento e le adozioni nazionali ed in-ternazionali, il sostegno alla coppia ed alla genitorialità, la mediazione familiare, ecc.

Carenze finanziarie, vastità di compiti, genericità a volte di con-tenuti hanno rallentato l’ampliamento e il potenziamento delle rete consultoriale in tutte le regioni, mentre nuovi bisogni socio-sanitari sono emersi malgrado le carenze e i ritardi delle istituzioni.

Nonostante queste contraddizioni, il consultorio come servizio so-cio-sanitario, è riuscito a diventare un luogo preciso, bene individuato dall’utenza, dove affrontare tali problematiche.

L’originalità dei servizi consultoriali é un patrimonio unico da non disperdere, tanto é vero che, a partire dalla fine degli anni Ottanta, commissioni nazionali promosse dai vari Ministri della Sanità hanno prodotto linee di indirizzo per la riqualificazione e potenziamento dei consultori familiari, 1’ultima delle quali quelle contenute nel Progetto Obiettivo Materno Infantile (P.O.M.I.), inserito come parte integran-te del Piano Sanitario Nazionale 1998-2000.

Indagini condotte dall’I.S.S. hanno dimostrato che 1’applicazione delle indicazioni proposte dal P.O.M.I. migliorano gli esiti di salute. Nonostante ciò spesso le persone che ne avrebbero più bisogno non

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vengono coinvolte. Ritengo che sarebbe opportuno realizzare una se-rie di interventi di prevenzione primaria, caratterizzati da un approc-cio integrato, secondo un modello prevalentemente psicosociale del concetto di salute.

I1 Progetto Obiettivo Materno Infantile assegna un ruolo strategi-co ai Consultori Familiari nella promozione e tutela della salute della donna e dell’età evolutiva e indica in dettaglio modalità e campi ope-rativi prioritari, con una esauriente indicazione di modalità d’inter-vento e letture dei risultati.

Nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sono richiamati tutte le prestazioni presenti nel POMI e vengono citate tutte le leggi che fan-no riferimento ai CF (405/75, 194/78, 34/96).

Penso che se è vero che la qualità operativa dei CF risulta migliore di quella di altri servizi come alcune indagini dell’Istituto Superiore di Sanità hanno ampiamente dimostrato. Un esempio: i corsi di prepa-razione al parto/percorsi nascita, se realizzati dai CF, sono associati a un maggior prolungamento dell’allattamento al seno, a differenza dei corsi organizzati dagli ospedali.

Nonostante tutti gli elementi critici, la consapevolezza dell’assoluta originalità dei servizi consultoriali (multidisciplinarietà e non diretti-vità) é sempre stata presente. Questa affermazione fondata sulla co-noscenza di esperienze innovative, sperimentate e condotte da molti operatori, hanno prodotto esperienze spesso esemplari, anche se rara-mente valorizzate a dovere.

Le attività consultoriali rappresentano un importante punto di ri-ferimento, soprattutto per le parti svantaggiate della popolazione, che non avrebbero avuto altre alternative. Indagini campionarie condotte dall’ISS... hanno ripetutamente rilevato non solo un alto gradimento (>80%) da parte di chi aveva avuto modo di usufruire dei servizi con-sultoriali, ma anche 1’efficacia maggiore del servizi consultoriali nel garantire esiti positivi e nel prevenire esposizioni inappropriate.

Questo essere luogo di frontiera impone atteggiamenti sensibili e delicati lontani da ogni fondamentalismo: agire per far crescere la consapevolezza delle persone e non per condizionarle é una difficile impresa ed una continua sfida per le professionalità consultoriali.

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È certamente una rivoluzione, rispetto agli stereotipi convenziona-li, assumere la gentilezza, 1’empatia e la comprensione come carat-teristiche “professionali” che ogni giorno vanno reinventate e ricon-quistate con ogni singola persona. Ed è fuori dubbio che sia più facile sperimentare queste capacita con persone gradevoli, educate, dello stesso livello sociale, o che comunque stanno al loro posto. È un po’ più difficile con chi è radicalmente differente. E 1ì che viene messa alla prova la capacità professionale degli operatori della prevenzione. È questa capacità il fondamentale requisito del professionista della prevenzione, mentre le competenze di merito, sempre importanti, rappresentano solo un prerequisito.

La prevenzione come offerta d’intervento in genere raggiunge una persona nella condizione di relativa normalità e qualifica il consulto-rio come portatore di una possibilità, pertanto il servizio diventa un luogo che può offrire aiuto.

Riguardo gli adolescenti, esistono alcuni problemi molto importan-ti da tenere presenti quando si affrontano programmi di prevenzione. La condizione di disagio non è evidente di per sé se non quando sta già trovando espressione in manifestazioni molto prossime alla pato-logia oppure francamente patologiche. Si rileva un problema di visi-bilità per chi deve intervenire. A qualunque stadio si intervenga, un conto é rispondere a una richiesta esplicita di aiuto, un altro conto è percepire 1’esistenza del disagio e offrire, o peggio ancora, imporre 1’aiuto quando non richiesto.

Tuttavia come confermano i risultati di una indagine nazionale che PISS ha condotto nel 1998, intervistando un campione di ado-lescenti frequentanti le prime due classi delle scuole medie superiori di 24 ASL del Nord del Centro e del Sud, i risultati hanno fornito un quadro rassicurante per quanto attiene al senso di responsabilità e al desiderio di consapevolezza, mentre nelle conoscenze é emerso una notevole carenza, a testimonianza di un bisogno, peraltro chiaramente esplicitato dagli adolescenti.

Anche la richiesta della tempestività dell’offerta dell’informazione ed educazione sessuale non può essere disattesa, pena il consolida-mento di conoscenze distorte, attitudini e comportamenti inadeguati.

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La comunicazione tra pari va considerata una risorsa preziosa da va-lorizzare nella peer education.

L ‘esposizione ai rapporti sessuali non è risultata così precoce come in altri Paesi industrializzati e meno a rischio di quanto comunemente si ritiene.

Gli adolescenti chiedono a gran voce informazione ed educazione a cui in particolare i consultori familiari sono chiamati a far fronte.

Le relative buone conoscenze sull’AIDS, in contrasto con quelle assolutamente scarse riguardo le altre ben più comuni malattie a tra-smissione sessuale, testimoniano difetti d’impostazione negli interven-ti “educativi” per la prevenzione dell’AIDS, in cui sembra essere stato privilegiato 1’approccio direttivo, terroristico, settoriale e frammenta-to, con il prevalente coinvolgimento di esperti della patologia, piutto-sto che della promozione della salute.

La prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale può essere attuata efficacemente solo con un approccio integrato, che parta dalla fisiologia della riproduzione e dalla ricchezza relazionale della sessua-lità.

L’attività del consultorio familiare si caratterizza anche nella offerta di corsi d’ informazione sulla fisiologia della riproduzione e sull’igie-ne, o nell’offerta attiva di consulenza, nel caso in cui gli insegnanti si sentano in grado di svolgere tale compito educativo. In entrambi i casi il consultorio familiare può ulteriormente offrire spazi, tempi e orga-nizzazione degl’interventi riservati ai giovani svolgendo la funzione di consultorio per adolescenti, pensati e realizzati non come luogo di cura, ma dove ci si prende cura dove si respira benessere e non malattia, in cui le caratteristiche adolescenziali sono considerate normali tappe evolutive e non come potenziali sintomi da diagnosticare ed eventual-mente curare, in cui gli operatori hanno una funzione di monitoraggio e di ascolto proponendo sani percorsi di crescita, cosi da soddisfare le richieste di consulenza individuali o di piccoli gruppi per approfondi-menti sulle problematiche psico-relazionali legate alla sessualità.

Questa attività produce come effetto, se efficacemente condotta, una maggiore consapevolezza nello sviluppo della personalità in una face delicata come a quella dell’adolescenza, e quindi riduce la pos-

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sibilità di sviluppo del disagio adolescenziale. È compito di chi deve comunicare con loro farsi accettare, trovare la via giusta per entrare in sintonia, rimuovere le barriere che ostacolano la comunicazione, adat-tarsi alla specificità, alla singolarità di quella persona, tenendo conto che si va a prospettare la possibilità di ammalarsi o ad andare incontro a uno stato di sofferenza. E chi meglio di uno psicologo ha le compe-tenze per pianificare e promuovere tale comunicazione ed interventi?

Sul medio e lungo periodo, tale attività avranno 1’effetto sulla ridu-zione dell’incidenza delle malattie sessualmente trasmesse, dell’abor-to, disagio psico/evolutivo e nelle relazioni socio-affettive. La pro-mozione della salute, a partire da quella riproduttiva, tra adolescenti rappresenta una priorità

in sanità, perchè costituisce l’ intervento con più alto valore ag-giunto se si tiene conto che si ha che fare con una fascia di popolazio-ne particolare, che a coinvolta nel processo di crescita e formazione, quindi maggiormente può valorizzare il proprio bisogno di salute e proporsi come protagonista, nel promuovere comportamenti e atteg-giamenti positivi.

In Sicilia i consultori familiari, ritengo anche se con modalità mol-to diverse e con pochi momenti di verifica della qualità delle attività svolte, nell’arco di questi decenni, hanno accumulato una notevole esperienza sia nella realizzazione dei Corsi nelle scuole, sia nell’atti-vazione di spazi giovani, con importanti apprezzamenti e gradimento.

Ritengo che sarebbe utile ed importante, almeno a livello regionale, sviluppare protocolli operativi condivisi di riferimento, per la realiz-zazione d’interventi con gli adolescenti. Tali protocolli dovrebbero essere messi a punto a partire dal bisogno di valutazione di efficacia e di risultato. I consultori familiari, opportunamente potenziati, come raccomandato a livello nazionale, rappresentano i servizi più appro-priati per svolgere tale attività nella prospettiva dell’ empowerment.

È chiaro che nella realtà siciliana, aldilà dei proclami contenuti nel Piano sanitario regionale 2000/2002, di fatto tutti i direttori generali del-le aziende sanitarie con le loro decisioni organizzative (a tutt’oggi non sono stati aperti molti consultori ed in quelli funzionanti si rilevano significative carenze di organici, per lo più figure socio-psicologiche), hanno scelto di penalizzare i consultori familiari tenendoli ai margini

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negl’investimenti delle aziende sanitarie. I mancati investimenti nei consultori hanno prodotto un risparmio immediato di risorse, se si considera la prevenzione esclusivamente come spesa.

In conclusione per dirla con le parole di E. Grandolfo dell’I.S.S., autorevole conoscitore dei consultori italiani, “appare tuttavia para-dossale il ragionamento secondo il quale un intervento chirurgico per un tumore invasivo del collo dell’utero produce fatturato mentre 1’esecu-zione del Pap-test produce spesa”. Ma proprio per questo è opportuno che vadano ridefiniti gli obiettivi operativi delle Aziende USL, perchè le priorità di prevenzione nel settore della salute materno-infantile, dei piani sanitari nazionali e regionali possano essere pienamente perse-guite.

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2.11 – ruolo dello psicologo nel Dipartimento Materno Infantile Alfonso Nicita

“Può succedere, in alcune fasi della vita, di sentire il bisogno di discu-tere con qualcuno dei propri problemi. In ogni Consultorio Familiare è presente uno psicologo al quale è possibile rivolgersi per una consulenza psicologica o per un sostegno psicoterapico. Anche in questo caso l’in-tervento è gratuito. Insieme allo psicologo potrai cercare di decifrare ed interpretare il tuo stato di malessere e decidere di intraprendere, ove necessario, un percorso terapeutico”.

Questa presentazione è stata ricavata da una locandina pubblicitaria

web di un servizio consultoriale pubblico. Essa è certamente coinvol-gente per il possibile utente, ma mostra anche un certo fascino verso la professione di psicologo. Nella sua semplicità “romantica” contiene elementi di verità che sentiamo appartenerci. Nel contempo però non può non sovvenirci la problematicità sia della realtà così come essa è, sia le domande di efficienza e di efficacia che ci vengono poste e le cui risposte sono poco compatibili con l’aureola testè mostrata.

Il Consultorio Familiare, in base alle sue leggi istitutive nazionale e regionali, offre assistenza psicologica alla donna, all’uomo, alla cop-pia, alla famiglia e all’adolescente. Il servizio di consulenza e assisten-za psicologica comprende:

• Consulenza e supporto nei problemi psicologici di coppia • Consulenza e supporto nelle situazioni di disturbi della sessualità • Consulenza e supporto nelle interruzioni di gravidanza • Accoglienza di vittime di abuso sessuale • Parere sull’ idoneità all’adozione di coppie che ne fanno richiesta• Parere circa l’affidamento di bambini in caso di separazione con-

flittuale dei genitori • Sostenere i genitori nel caso in cui abbiano difficoltà educative

la pluriprofessionalità nella multidimensionalità Gli psicologi, per garantire i compiti chiamati a svolgere, operano

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autonomamente pur collaborando con gli altri operatori presenti nel consultorio.

I Consultori Familiari sono stati istituiti nel 1975 proponendo un modello di intervento volto a tutelare e promuovere la salute pubblica intesa nella sua accezione biologica, psichica, sociale e furono allora il precursore di un sistema sanitario futuro. Va ricordato che il modello dei consultori familiari italiani è quanto oggi proposto nel contesto internazionale nel programma OMS di “Making pregnancy safe” ove si pone l’accento sull’importanza di allestire servizi di salute primaria caratterizzati da un approccio integrato, secondo un modello sociale di salute e sostenuti da modalità operative basate sull’offerta attiva, operante mediante relazioni di comunicazione orizzontali. Se questa è la richiesta di Pluriprofessionalità ii Consultori è richiesta una visio-ne multidimensionale del concetto di salute che va oltre il benessere fisico, psichico e sociale intendendosi come potenzialità e capacità di progettare la propria vita sia durante le fasi libere da patologie che durante i periodi di perdita del benessere. In questo contesto, la ope-ratività e la stessa metodologia di lavoro richiesta ai consultori han-no anticipato la nuova visione proposta dalla OMS del concetto di salute laddove viene esplicitato che il benessere psicofisico non può prescindere dalla capacità e possibilità del soggetto di essere attore dei processi sociali.

Multidimensionalità e specificità psicologica

Nella concreta operatività dei Consultori Familiari più che sull’im-piego di complicate e costose apparecchiature è necessario contare sulla capacità, preparazione ma anche passione ed etica degli opera-tori. I risultati che vengono conseguiti non possono essere misurati meccanicamente in termini di quantità o di valore economico delle prestazioni, ma utilizzando indicatori di salute più raffinati volti a di-mostrare:

• l’aumentato benessere degli utenti;• la migliorata capacità di autodeterminazione delle persone;• la capacità di indirizzare la propria azione per dare aiuto a supe-

rare le crisi fisiologiche dovute alle diverse fasi evolutive della vita (il

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passaggio dall’infanzia all’adolescenza e poi all’età adulta, diventare madre o genitore; il controllo della fertilità; il passaggio dalla fertilità alla menopausa);

• la capacità di operare nella prevenzione di tutti quei casi ascrivibi-li ad un disagio sociale e psicologico, non ancora patologico, affinché l’intervento aiuti la persona a non entrare nella patologia psichiatrica.

Per far fronte a questa complessa multidimensionalità operativa il Consultorio Familiare interagisce con i Servizi gestiti dall’Asl (Sert, DSM, Riabilitazione…),con quelli gestititi dai Comuni e con quelli gestiti da altri Enti (in primis, il Ministero di Giustizia…), istituzioni scolastiche, Privato Sociale,

attraverso una progettualità condivisa. Al fine di concretizzare tutto ciò, nel recente passato è stata formalizzata una nuova normativa con-sustanziantesi nei distretti sociosanitari e nei Piani di Zona. Essi sono il principale strumento messo in campo dove si opera in ottica multi-dimensionale di servizi anche facenti capo a diverse amministrazioni. Per gli psicologi dei Consultori Familiari, ma oserei dire per tutta la professione psicologica, i Piani di zona rappresentano la risorsa e lo strumento fondamentale della loro esplicazione professionale. Non è più possibile una professionalità psicologica consultoriale (ma oserei dire anche di qualunque altro contesto pubblico) che si esplicita nel chiuso della propria stanza (quando c’è) e nella politica del “chi viene …viene”.

Per tutti gli operatori consultoriali, ma per gli psicologi in primo luogo, il la formulazione del piano locale del distretto può costitui-re una preziosa opportunità e per lo stesso piano gli psicologi sono un’essenziale risorsa se interpellati o coinvolti non a giochi fatti ma sin dalla stesura dei progetti.

Il capitolo dei piani territoriali che maggiormente coinvolge gli psicologi consultoriali è quello relativo alla tutela dei minori ed alle problematiche dell’affido e dell’adozione. Queste aree tipiche dell’at-tività consultoriale debbono necessariamente essere rimodellate e progettate nel piano locale il quale dovrà necessariamente avvalersi dell’apporto degli psicologi dei Consultori. Per questo è disdicevole il

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mancato coinvolgimento - da chiunque operato - degli psicologi con-sultoriali nella progettazione di lineee guida e modelli di intervento in questo settore. A livello delle Aziende Sanitarie, che materialmente designano gli operatori chiamati ad istruire i Piani territoriali con gli enti locali, ed a livello centrale regionale degli assessorati competenti, va posta con forza questa necessità sia da parte delle OO.SS. (per il livello locale) sia da parte dell’Ordine (per i livelli regionali).

In tema di adozioni ed affidamenti familiari la legge 476/1998 attri-buisce compiti molto importanti ai servizi socioassistenziali degli Enti locali, chiamati a lavorare insieme, in forma integrata, con i servizi delle Aziende Sanitarie Locali, anche in collaborazione con gli Enti autorizzati, per una più approfondita indagine sulla realtà familiare delle coppie e sulle motivazioni ad adottare.

I Servizi chiamati in causa dalla Legge 476/98 sono i Consultori Familiari delle Aziende Sanitarie Locali, per quanto concerne lo psi-cologo, ai quali viene chiesto di lavorare insieme, in forma integrata, nel rispetto della specificità di ciascuno, anche in collaborazione con gli altri Enti, per l’espletamento delle diverse fasi dell’iter adottivo, valorizzando la genitorialità adottiva ed affidataria e la generatività so-ciale, intesa come capacità di una intera comunità territoriale di farsi carico dei diritti di cittadinanza delle persone in crescita.

Le équipes integrate nascono, perciò, dalla necessità di integrare competenze professionali appartenenti al campo sociale e sanitario (quest’ultimo rappresentato dagli psicologi delle aziende sanitarie) per l’espletamento del corretto iter adottivo. Diventa quindi oltremo-do necessario che lo psicologo sia chiamato a portare la sua esperienza tecnica ed il suo bagaglio scientifico per strutturare, nei Piani di Zona, linee guida con protocolli finalizzati alla:

•Determinazione delle forme di collaborazione e di collegamento tra i diversi servizi, con l’obiettivo di contribuire ad elevare la com-plessiva qualità delle attività nell’ambito del sostegno alla famiglia, e della prevenzione dell’abbandono del minore;

• Stabilire le procedure per fornire sia le informazioni sull’ado-zione internazionale che sul relativo iter della famiglia disponibile all’adozione;

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• Stabilire procedure e momenti tesi ad altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà ed informarne le famiglie richie-denti adozioni;

•Curare la preparazione degli aspiranti all’adozione, aiutandoli a scoprire le loro risorse e le

•motivazioni profonde della richiesta adottiva, nonché a verificare insieme a loro la reale disponibilità ad affrontare i compiti che inten-dono assumere;

•Quali siano gli elementi da acquisire sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sulla loro attitu-dine a farsi carico di un’adozione internazionale, sulle eventuali carat-teristiche particolari del minore o dei minori che sarebbero in grado di accogliere;

•La definizione delle équipes integrate;• Interventi in favore dei minori vittime di maltrattamento, abuso e

sfruttamento sessuale assicurando risposte di tutela della salute psico-fisica del minore presunta vittima di episodi di violenza;

Le prestazioni di tipo socioassistenziale al minore ed alla famiglia dovranno rispecchiare il concetto di natura integrata della salvaguar-dia della salute così come definitivamente sancito nella più recente normativa in materia, in un’ottica di intervento ‘globale’ della rete dei servizi, che assicuri risposte tempestive ai bisogni emergenti, valoriz-zando le risorse e l’apporto delle diverse professionalità coinvolte ed evitando la sovrapposizione delle iniziative.

Il lasciare, da parte sanitaria, la progettazione generale delle attività in sede locale nelle mani e nelle menti esclusive di dirigenti medici, certamente toglie elementi tecnologici e professionali determinati alla buona riuscita applicativa delle norma. Risulta altresì chiaro che di-venta essenziale destinare risorse professionali adeguiate alle attività di prevenzione. Basta fare un esame di quali siano queste attività da incrementare (così come impone la logica e la normativa) per rendersi conto di quanto detto:

• tutte le forme di promozione della genitorialità responsabile rea-lizzate dai servizi sociosanitari;

• tutte le forme di consulenza e di collaborazione, finalizzate all’in-

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dividuazione precoce di situazioni di bambini/adolescenti a rischio di grave trascuratezza e/o di abuso;

• gli interventi finalizzati a sostenere le famiglie a rischio, anche al fine di prevenire condizioni di grave pregiudizio a danno dei figli minori d’età;

• gli interventi di presa in carico precoce da parte dei servizi so-ciosanitari di situazioni familiari particolarmente a rischio, anche me-diante la segnalazione al Tribunale per i Minorenni e l’attivazione di provvedimenti di natura civile;

• l’offerta di consulenza e di presa in carico da parte dei Consulto-ri, anche i collaborazione con i servizi specialistici quali i Dipartimenti di salute Mentale, e/o di Centri antiviolenza, nei confronti di persone che manifestano interesse sessuale verso i bambini o gli adolescenti, o che abbiano già commesso reati specifici.

Per quanto riguarda le problematiche relative all’adozione da qual-che anno la Regione Sicilia ha dato avvio ad un progetto di informa-tizzazione totale delle procedure. Il punto forte del sistema è costitu-ito dall’eliminare i tempi morti dovuti ai vari passaggi burocratici. La via telematica non solo elimina questi tempi, ma, finalmente, toglie dal mezzo tutta quella serie di firme di responsabile di U.O.S., U.O.C, sul-le nostre relazioni, firme assolutamente inutili e che trovano la loro… mission nel dimostrare…la necessità di esistenza di questi responsa-bili. A fianco a questo l’adozione del sistema telematico porta un’oc-casione più importante per gli psicologi: lo stimolo all’elaborazione di un sistema di relazionare sull’argomento più condiviso da parte degli operatori e con linguaggi unitari e maggiormente comprensibili dai lettori. L’aver già scelto unitariamente una serie di domande alle quali la relazione psicologica deve dare risposta è un primo importante pas-so; l’identificazione delle procedure e degli strumenti per dare queste risposte è il necessario successivo passo da compiere (fermo restando la ovvia autonomia del singolo professionista).

Il tema del servizio verso l’adolescenza è quello forse di maggior

impatto tra le esigenze sia istituzionali che scientifiche e professionali di provare l’efficacia e l’efficienza di dottrine e metodologie di lavoro

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e la stessa materia di lavoro i cui risultati sono visibili solo a livello generazionale.

La consulenza e assistenza a favore degli adolescenti è un’attività dei Consultori Familiari ad amplissima prevalenza psicologica. Essa indubbiamente riguarda le nuove sfide che ai servizi socio – sanitari sono posti; l’adolescenza, le etiche sull’ educazione sessuale, le nuove realtà di famiglie sono tre direttrici necessariamente correlate ed in-terrelate

Analizzando i compiti assegnati ai consultori familiari dalla legge nazionale e dalle leggi regionali, si evince subito l’attenzione centrale alla famiglia, (dallo stesso nome del servizio significata) e, di conse-guenza, alla prevenzione e cura del disagio sino agli stadi precedenti della franca patologia. Il disagio familiare è evidente solo quando si esprime in manifestazioni molto prossime alla patologia e la cui solu-zione può anche consistere nel ricercare un nuovo equilibrio che può mettere in discussione proprio le convenzioni sociali.

La necessità di operare “per far crescere la consapevolezza delle per-sone e non per condizionarle” è un modo di agire che necessariamen-te si inserisce in fattori di ordine etico. A fronte di ciò qui diventa esiziale il confronto tra professionisti, la valutazione di impatto delle attività, il confronto con le rappresentanze presenti nel territorio. E’ al superiore livello regionale che vanno predispsosti modelli di azione e soprattutto obiettivi e verifiche; ciò non può essere fatto senza una qualificata presenza della nostra professione. A livello locale questa operatività non può essere svolta senza un’adeguata direzione affidata agli psicologi delle Unità Operative dei Consultori familiari.

Conclusioni e linee per il futuro Il problema dei Consultori Familiari riguarda:

L’inserimento nelle strategie della Azienda Sanitaria Il riproponimento e l’aggiornamento delle strategie di azione vi-

sta il progresso sociale dei trenta anni passati dalla legge 405/75 e dalla L.R. 21/78

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La rivisitazione della rete dei Consultori tenendo presente le nuo-ve esigenze di popolazione ed i nuovi compiti affidati.

Agire per la prevenzione del disagio familiare comporta tenere pre-senti tutta una serie di “campanelli di allarme” i cui recettori sono servizi ben diversi dai consultori familiari: sono campanelli di allarme l’evasione vaccinale, l’evasione dell’obbligo scolastico, il basso profitto scolastico, gli episodi di piccola delinquenzialità minorile (v. bullismo ecc.). Il Consultorio familiare diventa però uno strumento di interven-to in queste situazioni se…..riesce a sapere di queste evidenze. Si pone quindi l’esigenza che il consultorio possa avere connessioni con tutti i servizi che raccolgono questi eventi a partire dai servizi sociali delle municipalità e gli altri servizi del sistema sanitario. Per programmi di questo tipo è possibile definire indicatori di esito.

L’azione richiesta, affinché i Consultori Familiari possano svolgere il loro ruolo passa per l’imporre alle Aziende Sanitarie piani di inter-vento con questo tipo di procedure e valutare i D.G. e le altre figure strategiche delle aziende non solo nei termini del bilancio economico ma anche nel senso della loro risposta a questi problemi.

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Appendice normativa

A. Normativa nazionale

1. Legge n. 405 del 29 luglio 1975: “Istituzione dei consultori familiari.” 2. Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, in S.O. alla GU 17 maggio 1983, n. 1333. Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, in GU 13 marzo 2000, n. 604. Progetto Obiettivo Materno-Infantile - D.M. del 24/4/20005. D.P.C.M. 14 febbraio 2001, ‘’Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie’’ , in G.U. n. 129 del 6 giugno 2001

B. Normativa della Regione Siciliana

1. L. R, n. 21 del 24/7/1978 “Istituzione dei Consultori Familiari in Sicilia”, in G.U.R.S. 29 luglio 1978 n. 32 2. Direttiva interassessoriale sull’applicazione della legge 476/98 riguardante la convenzione a tutela dei minori e la coo-perazione in materia di adozione internazionale e le modifiche alla legge 184/83 in materia di minori stranieri (16.6.2000)3. Piano Sanitario 2000-2002, in 4. Legge 31 luglio 2003, n. 10. Norme per la tutela e la valorizzazione della famiglia5. Disposizione interassessoriale per l’applicazione di procedure omologate e standardizzate per la preparazione delle coppie e per la stesura della relazione sociale e psicologica sulle coppie aspiranti all’adozione nazionale e internazionale. (in GURS n. 37, 3 sett. 2004)

Legge n. 405 del 29 luglio 1975: “Istituzione dei consultori familiari” Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 agosto 1975

1. Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi:a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e da singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti;c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso. Le somme non impiegate in un esercizio possono essere impiegate negli anni se-guenti. Tali finanziamenti possono essere integrati dalle regioni, dalle province, dai comuni o dai consorzi di comuni direttamente o attraverso altre forme da essi stabilite. Alla copertura dell’onere di 5 miliardi per il 1975 si provvede per il medesimo anno finanziario mediante riduzione dello stanziamento del capitolo 6856 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l’anno medesimo. Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. 2. La Regione fissa con proprie norme legislative i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione e il controllo del servizio di cui all’articolo 1 in conformità ai seguenti principi: a) sono istituiti da parte dei comuni o di loro consorzi i consultori di assistenza alla famiglia e alla maternità quali organismi operativi delle unità sanitarie locali, quando queste saranno istituite;b) i consultori possono essere istituiti anche da istituzioni o da enti pubblici e privati che abbiano finalità sociali, sa-nitarie e assistenziali senza scopo di lucro quali presidi di gestione diretta o convenzionata dalle unità sanitarie locali,

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quando queste saranno istituite;c) i consultori pubblici ai fini della assistenza ambulatoriale e domiciliare, degli opportuni interventi e della sommini-strazione dei mezzi necessari si avvalgono del personale dei distretti sanitari, degli uffici sanitari comunali e consor-ziali, delle condotte mediche e ostetriche e delle altre strutture di base sociali, psicologiche e sanitarie. I consultori di cui alla precedente lettera b) adempiono alle funzioni di cui sopra mediante convenzioni con le unità sanitarie locali. Fino all’entrata in vigore della riforma sanitaria, i consultori di cui alla lettera b) possono stipulare convenzioni con gli enti sanitari operanti nel territorio, in base ai programmi annuali regionali di cui all’articolo 6 e secondo i criteri stabiliti dalle regioni. I consultori pubblici e privati per gli esami di laboratorio e radiologici ed ogni altra ricerca strumentale possono avvalersi degli ospedali e dei presidi specialistici degli enti di assistenza sanitaria. 3. Il personale di consulenza e di assistenza addetto ai consultori deve essere in possesso di titoli specifici in una delle seguenti discipline: medicina, psicologia, pedagogia ed assistenza sociale, nonché’ nell’abilitazione, ove prescritta, all’esercizio professionale. 4. L’onere delle prescrizioni di prodotti farmaceutici va a carico dell’ente o del servizio cui compete l’assistenza sani-taria. Le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano. 5. Lo Stato assegna alle regioni 5 miliardi di lire per l’anno finanziario 1975 e 10 miliardi negli anni successivi per finanziare il servizio previsto dalla presente legge. Il fondo comune è ripartito tra le regioni entro il mese di febbraio di ogni anno con decreto del Ministro per il tesoro sulla base dei seguenti criteri:a) il 50 per cento in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione;b) il residuo 50 per cento in proporzione al tasso di natalità e di mortalità infantile quali risultano dai dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica relativi al penultimo anno precedente a quello della devoluzione. 6. La regione, tenuto conto delle proposte dei comuni e dei loro consorzi nonché’ delle esigenze di una articolazione territoriale del servizio, redige un programma annuale, approvato dal consiglio regionale, per finanziare i consultori di cui all’articolo 2, sempre che si riscontrino le finalità indicate all’articolo 1 della presente legge. 7. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni emaneranno le norme legislative di cui all’articolo 2.

8. E’ abrogata ogni norma incompatibile o in contrasto con la presente legge.

Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, in SO alla GU 17 maggio 1983, n. 133 TITOLO IDELL’AFFIDAMENTO DEI MINORI

Art. 1 - Il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Tale diritto è disciplinato dalle disposi-zioni della presente legge e dalle altre leggi speciali. Art. 2 - Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un’altra famiglia possibilmente con figli minori o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicu-rargli il mantenimento, l’educazione e l’istruzione.Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un istituto di assi-stenza pubblico o privato, da realizzarsi di preferenza nell’ambito della regione di residenza del minore stesso. Art. 3 - L’istituto di assistenza pubblico o privato esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del capo I del titolo X del libro I del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, ed in tutti i casi nei quali l’esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito. All’istituto di assistenza spettano i poteri e gli obblighi dell’affidatario di cui all’art. 5. Nel caso in cui i genitori riprendano l’esercizio della potestà, l’istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio.

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 Art. 4 - L’affidamento familiare è disposto dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore, il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il Tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.Nel provvedimento di affidamento familiare debbono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, non-ché i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario. Deve inoltre essere indicato il periodo di pre-sumibile durata dell’affidamento ed il servizio locale cui è attribuita la vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il Tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedi-mento emesso ai sensi del primo o del secondo comma.L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l’interesse del mi-nore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto ovvero intervenute le circostanze di cui al comma preceden-te, richiede, se necessario, al competente Tribunale per i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore. Il Tribunale, sulla richiesta del giudice tutelare o d’ufficio nell’ipotesi di cui al secondo comma, provvede ai sensi dello stesso comma. Art. 5 – L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall’autorità affidante.Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 316 del codice civile.L’affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine.Le norme di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comu-nità alloggio o ricoverati presso un istituto.  TITOLO II DELL’ADOZIONE

Capo IDisposizioni generali Art. 6 - L’adozione e permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che intendono adottare.L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quaranta anni l’età dell’adottando.Sono consentite ai medesimi coniugi più adozioni anche con atti successivi. Art. 7- L’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato dl adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche quando il minore compia l’età sopraindicata nel corso del procedimen-to. Il consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell’adozione.Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una età inferiore può, se oppor-tuno, essere sentito, salvo che l’audizione non comporti pregiudizio per il minore.  Capo IIDella dichiarazione di adottabilità Art. 8 - Sono dichiarati anche d’ufficio in stato di adottabilità dal Tribunale per i minorenni del distretto nel quale si tro-vano, i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei pa-renti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma precedente, anche quando i minori siano ricoverati presso istituti di assistenza o si trovino in affidamento familiare.Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al primo comma rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice. 

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Art. 9 - Chiunque ha facoltà di segnalare alla autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età.I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.La situazione di abbandono può essere accertata anche d’ufficio dal giudice.Gli istituti di assistenza pubblici o privati devono trasmettere semestralmente al giudice tutelare del luogo, ove hanno sede, l’elenco di tutti i minori ricoverati con l’indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni, psicofisiche del minore stesso. Il giudice tutelare, assunte le necessarie informazioni, riferisce al Tribunale per i minorenni sulle condizioni di quelli tra i ricoverati che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.Il giudice tutelare, ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli istituti ai fini di cui al comma precedente. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qua-lora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore i sei mesi deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare, che trasmette gli atti al Tribunale per i minorenni con relazione informativa. L’omissione della se-gnalazione può comportare l’inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.Nello stesso termine di cui al comma precedente uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi.L’omissione della segnalazione può comportare la decadenza della potestà sul figlio a norma dell’art. 330 del codice civile e l’apertura della procedura di adottabilità. Art. 10 - Il Presidente del Tribunale per i minorenni, o un giudice da lui delegato, ricevute le informazioni di cui all’arti-colo precedente, dispone di urgenza tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza approfonditi accertamen-ti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull’ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.Il Tribunale può disporre in ogni momento e fino al provvedimento di affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento temporaneo nell’interesse del minore, ivi comprese, se del caso, la sospensione della potestà dei genitori sul figlio dell’esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma precedente possono essere adottati dal presidente del Tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.Il Tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti così assunti.Il Tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, i genitori, il tutore, il rappresentante dell’isti-tuto presso cui il minore è ricoverato o la persona cui egli è affidato e tenuto conto di ogni altra idonea informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori.Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile. Art. 11 - Quando dalle indagini previste nell’articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e noti risul-tano esistenti parenti entro il quarto grado, il Tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell’art. 44. In tal caso il Tribunale per i minorenni decide nell’esclusivo interesse del minore.Nel caso in cui non risulti l’esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternità o mater-nità sia stata dichiarata giudizialmente, il Tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al ricono-scimento. La sospensione può essere disposta dal Tribunale per un periodo massimo di due mesi sempreché nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale.Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, la procedura è rinviata anche d’ufficio sino al compi-mento del sedicesimo anno di età del genitore naturale, purché sussistano le condizioni menzionate nel comma precedente. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi.Ove il Tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei commi precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.Se entro detti termini viene effettuato il riconoscimento, deve dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista ab-bandono morale e materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si provvede senza altra formalità di procedura alla pronuncia dello stato di adottabilità.Il Tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei servizi locali, informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o comun-

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que quello reperibile, che si possono avvalere delle facoltà di cui al secondo e terzo comma.Intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l’affidamento preadottivo, il riconoscimento è privo di efficacia. Il giudi-zio per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione divenuta definitiva. Art. 12 - Quando attraverso le indagini effettuate consta l’esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell’articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, o ne è nota la residenza, il Presidente del Tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del Tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al Tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.In caso di residenza all’estero è delegata l’autorità consolare competente.Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il Presidente del Tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l’opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l’assisten-za morale, il mantenimento, l’istruzione e l’educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l’incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia.Il Presidente o il giudice delegato può, altresì, chiedere al pubblico ministero di promuovere un’azione per la corre-sponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, dispone, ove l’uopo, provvedimenti temporanei ai sensi del secondo comma dell’art. 10. Art. 13 - Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all’articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il Tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza. Art. 14 - Il Tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del proce-dimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell’interesse del minore. In tal caso la sospensione è disposta con decreto motivato per un periodo non supe-riore ad un anno, eventualmente prorogabile.La sospensione è comunicata ai servizi locali competenti perché adottino le iniziative opportune. Art. 15 - A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all’art. 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal Tribunale per i minorenni quando;1) i genitori e i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;2) l’audizione dei medesimi ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non di-sponibilità ad ovviarvi;3) le prescrizioni impartite ai sensi dell’art.12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal Tribunale per I minorenni in camera di consi-glio con decreto motivato, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell’istituto presso cui il minore è ricoverato o la persona cui egli è affidato. Deve essere, parimenti, sentito il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto i dodici anni e, se opportuno, anche il minore di età inferiore.Il decreto è notificato per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell’art. 12, al tutore, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre reclamo nelle norme e nei termini di cui all’art. 17.Il Tribunale per i minorenni nomina, se necessario un tutore provvisorio ed adotta i provvedimenti opportuni nell’in-teresse del minore. Art. 16 - Il Tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia dello stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.Si applicano gli ultimi due commi dell’art.15.Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile. Art. 17 – Il pubblico ministero, i genitori, i parenti indicati nell’art. 12, primo comma, il tutore possono proporre ricorso avverso il provvedimento sullo stato di adottabilità dinanzi allo stesso Tribunale che lo ha pronunciato, entro trenta giorni dalla notificazione.A seguito della opposizione, il Presidente del Tribunale per i minorenni nomina un curatore speciale al minore e fissa con decreto l’udienza di comparizione dinanzi al Tribunale da tenersi entro trenta giorni dal deposito del ricorso, disponendo la notifica del decreto di comparizione al ricorrente ed al curatore speciale del minore nonché la convo-

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cazione per l’udienza fissata delle persone indicate nel penultimo comma dell’art. 15.All’udienza fissata il Tribunale per i minorenni sente il ricorrente, le persone convocate, nonché quelle indicate dal-le parti e, quindi, sulle conclusioni di queste e del pubblico ministero, ove non occorra ulteriore istruttoria, decide immediatamente dando lettura del dispositivo della sentenza; questa deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia e notificata d’ufficio nel testo integrale al pubblico ministero, all’opponente e al cura-tore speciale del minore.Avverso la sentenza il pubblico ministero, l’opponente o il curatore speciale possono con ricorso proporre impugna-zione, entro trenta giorni dalla notifica, dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte d’appello, la quale, sentiti il ricorrente e il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nel penultimo comma dell’art. 15, ed effettuati ogni altro accertamento ed indagine opportuni, decide nei modi stabiliti nel precedente comma.Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione per violazione di legge entro trenta giorni dalla notificazione. Art. 18 - La dichiarazione definitiva dello stato di adottabilità è trascritta. a cura del cancelliere del Tribunale per i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria del Tribunale stesso.La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno successivo a quello della comunicazione che il decreto di adottabilità è divenuto definitivo. A questo effetto, il cancelliere del giudice della impugnazione deve inviare im-mediatamente apposita comunicazione al cancelliere del Tribunale per i minorenni. Art. 19 - Durante lo stato di adottabilità è sospeso l’esercizio della potestà dei genitori.Il Tribunale per i minorenni nomina un tutore, ove già non esista, e adotta gli ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore. Art. 20 - Lo stato di adottabilità cessa per adozione o per il raggiungimento della maggiore età da parte dell’adot-tando. Art. 21 - Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca, nell’interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni di cui all’art. 8, successivamente alla pronuncia del decreto di cui all’art. 15.La revoca è pronunciata dal Tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico ministero, oppure dei ge-nitori.Il Tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.Nel caso in cui sia in atto l’affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato.  Capo IIIDell’affidamento preadottivo Art. 22 - I coniugi che intendono adottare devono presentare domanda al Tribunale per i minorenni, specificando l’eventuale disponibilità ad adottare più fratelli. È ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione. I Tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri Tribunali; gli atti posso-no altresì essere comunicati d’ufficio. La domanda decade dopo due anni dalla presentazione e può essere rinnovata.Il Tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all’art. 6, dispone l’esecuzione delle adeguate inda-gini di cui al comma seguente e sceglie fra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.Le indagini dovranno riguardare in particolare l’attitudine a educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottanti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore.Il Tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti degli adottatiti ove esi-stano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone l’affidamento preadottivo e ne determina le modalità. lì minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’affidamento alla coppia prescelta.Il Tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini.Non può essere disposto l’affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni.Il decreto è comunicato al pubblico ministero ed al tutore.Il provvedimento di affidamento preadottivo, divenuto definitivo, è trascritto a cura del cancelliere entro dieci giorni

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sul registro di cui all’art. 18.Il Tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell’affidamento preadottivo direttamente o avvalendosi del giudice tutelare e dei servizi locali. Art. 23 - L’affidamento preadottivo è revocato dal Tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico mini-stero o del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all’ultimo comma dell’articolo precedente, quando si rivelano gravi difficoltà di idonea convivenza.Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal Tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato.Debbono essere sentiti, oltre il pubblico ministero ed il presentatore dell’istanza di revoca, il minore che abbia com-piuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore, gli affidatari, il tutore, il giudice tutelare ed i servizi locali, se incaricati della vigilanza. Deve procedersi ad ogni opportuno accertamento ed indagine.Il decreto è comunicato al pubblico ministero al presentatore dell’istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore.Il decreto che dispone la revoca dell’affidamento preadottivo, divenuto definitivo, è annotato a cura del cancelliere entro dieci giorni sul registro di cui all’art. 18.In caso di revoca, il Tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’art. 10.Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile. Art. 24 - Il pubblico ministero e il tutore possono impugnare il decreto del Tribunale relativo all’affidamento preadot-tivo o alla sua revoca, entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della Corte d’appello.La Corte d’appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nell’art. 23 ed effettuati ogni altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera di consiglio con decreto motivato.  Capo IVDella dichiarazione di adozione Art. 25 - Il Tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore, il pubblico ministero, il tutore, il giudice tutelare ed i servizi locali, se incaricati della vigilanza, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull’adozione con decreto mo-tivato in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all’adozione. Il minore che abbia compiuti gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’adozione nei confronti della coppia prescelta.Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni quattordici, debbono essere sentiti.Nell’interesse del minore il termine di cui al primo comma può essere prorogato di un anno, d’ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con ordinanza motivata.Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo, l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell’altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto dalla data della morte.Se nel corso dell’affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari l’adozione può essere di-sposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell’esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.Il decreto che decide sull’adozione è comunicato al pubblico ministero ai coniugi adottanti ed al tutore.Nel caso di provvedimento negativo viene meno l’affidamento preadottivo ed il Tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’art. 10.Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile. Art. 26 - Il pubblico ministero, i coniugi adottanti ed il tutore possono impugnare il decreto del Tribunale relativo all’adozione entro trenta giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della Corte d’appello.La Corte d’appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nell’art. 25, primo com-ma, effettuato ogni altro accertamento e indagine opportuni, decide in camera di consiglio, con decreto motivato.Avverso il decreto della Corte d’appello è ammesso, entro trenta giorni, ricorso in Cassazione per violazione di legge.Il provvedimento che pronuncia l’adozione, divenuto definitivo, è trascritto a cura del cancelliere del Tribunale per i minorenni, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, sul registro di cui all’art. 18 e

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comunicato all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell’impugnazione deve inviare immediatamente apposita comunicazione al cancelliere del Tribunale per i minorenni. Art. 27 - Per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome.Se l’adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell’art. 25, quinto comma, l’adottato assume il cognome della famiglia di lei.Con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato verso la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimoniali. Art. 28 - Qualunque attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità o alla maternità del minore e della annota-zione di cui all’ultimo comma dell’art. 26.L’ufficiale di stato civile e l’ufficiale di anagrafe devono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dall’autorità giu-diziaria.  TITOLO IIIDELL’ADOZIONE INTERNAZIONALECapo IDell’adozione dei minori stranieri Art. 29 - Per i provvedimenti di adozione di minori stranieri è competente il Tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il luogo di residenza degli adottanti o affidatari.Nel caso di coniugi cittadini italiani residenti nello Stato straniero è competente il Tribunale per i minorenni del di-stretto in cui si trova il luogo dell’ultimo domicilio dei coniugi; in mancanza di precedente domicilio è competente il Tribunale per i minorenni di Roma. Art. 30 - I coniugi i quali intendano adottare un minore straniero debbono richiedere al Tribunale per i minorenni del distretto la dichiarazione di idoneità all’adozione.Il Tribunale, previe adeguate indagini, accerta la sussistenza dei requisiti previsti nell’art. 6. Nel caso di coniugi cittadini italiani residenti nello Stato straniero il Tribunale potrà avvalersi delle autorità diplomatiche e consolari e dei servizi locali delle località dove gli adottanti sono vissuti in Italia.I provvedimenti di cui ai commi precedenti sono emessi in camera di consiglio con decreto motivato, sentito il pub-blico ministero, e sono impugnabili ai sensi degli articoli 739 e 740 del codice di procedura civile. Art. 31 - L’ingresso nello Stato a scopo di adozione di stranieri minori degli anni quattordici è consentito quando vi sia provvedimento di adozione o di affidamento preadottivo del minore emesso da una autorità straniera nei confronti di cittadini italiani residenti in Italia o nello Stato straniero, o altro provvedimento in materia di tutela e degli altri istituti di protezione dei minori. L’autorità consolare del luogo ove il provvedimento è stato emesso dichiara che esso è conforme alla legislazione di quello Stato.L’ingresso nello Stato a scopo di adozione di stranieri minori degli anni quattordici è altresì consentito quando vi sia nulla osta, emesso dal Ministro degli affari esteri d’intesa con quello dell’interno. Ari. 32 - Il Tribunale per i minorenni dichiara l’efficacia nello Stato dei provvedimenti di cui al primo comma dell’arti-colo precedente quando accerta:a) che è stata emanata, in precedenza, la dichiarazione di idoneità dei coniugi adottanti, ai sensi dell’art. 30;b) che il provvedimento straniero è conforme alla legislazione dello Stato che lo ha emesso;c) che il provvedimento straniero non è contrario ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori.La dichiarazione di efficacia è emessa in camera di consiglio con decreto motivato sentito il pubblico ministero. Av-verso la decisione del Tribunale è ammesso ricorso per Cassazione. Ari. 33 - Il provvedimento emesso da un’autorità straniera non può essere dichiarato efficace con gli effetti dell’ado-zione se non risulta comprovata la sussistenza di un periodo di affidamento preadottivo di almeno un anno.Ove il provvedimento non preveda l’affidamento preadottivo o comunque questo non sia stato effettuato, esso è di-

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chiarato efficace come affidamento preadottivo. In tal caso, dopo un anno di permanenza del minore in Italia presso gli adottanti, il Tribunale per i minorenni competente pronuncia il decreto di cui all’art. 25.Qualora l’affidamento preadottivo non abbia esito positivo e negli altri casi in cui il provvedimento straniero non possa essere dichiarato efficace con gli effetti dell’adozione, il Tribunale applica l’art. 37, dandone comunicazione, per il tramite del Ministero degli affari esteri, allo Stato di appartenenza del minore. Art. 34 - Il nulla osta di cui al secondo comma dell’art. 31 è concesso, su richiesta di coniugi forniti della dichiarazione di idoneità all’adozione, quando nell’ordinamento dello Stato di provenienza del minore non sia prevista l’emanazio-ne di uno dei provvedimenti di cui al primo comma dell’art. 31, qualora sussistano motivi di esclusivo interesse del minore stesso all’ingresso nello Stato a scopo dì adozione.Il nulla osta è concesso anche nel caso in cui per eventi bellici, calamità naturali o altri eventi di carattere eccezionale, non sia possibile l’emanazione del provvedimento anzidetto.Il nulla osta non può essere concesso in mancanza di autorizzazione all’espatrio del minore a scopo di adozione o di affidamento da parte dell’autorità dello Stato di provenienza competente secondo l’attestazione dell’autorità consolare e tenuto conto delle circostanze indicate nei commi precedenti, a provvedere in merito alla protezione dei minori e alla salvaguardia dei loro diritti.Il Tribunale per i minorenni accerta la sussistenza dei provvedimenti di cui ai commi precedenti, acquisisce ogni pos-sibile notizia in ordine alla situazione del minore e ne dichiara lo stato di adottabilità disponendone l’affidamento preadottivo ai coniugi richiedenti.Qualora l’affidamento preadottivo non abbia esito positivo, il Tribunale applica l’art. 37. Art. 35 - È fatto divieto alle autorità consolari Italiane di concedere il visto per l’ingresso nello Stato e agli uffici di polizia di frontiera di consentire l’introduzione di stranieri minori degli anni quattordici a scopo dì adozione, al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 31.Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore degli anni quattordici, al quale non viene consentito l’in-gresso in Italia per l’insussistenza delle condizioni di cui all’art. 31, provvedono a proprie spese al rimpatrio immediato del minore nel paese di origine. Art. 36 – Al di fuori di quanto previsto nell’art. 31, l’ingresso nello Stato di stranieri minori degli anni quattordici non accompagnati dai genitori o da parenti entro il quarto grado deve essere immediatamente segnalato dagli uffici di polizia di frontiera al Tribunale per i minorenni del distretto ove è diretto il minore, ovvero, nella ipotesi in cui non sia desumibile il luogo di dimora del minore nello Stato, al Tribunale per i minorenni dì Roma.Dette segnalazioni devono contenere l’indicazione del nome della persona che eventualmente accompagna il mi-nore.Le segnalazioni sopra indicate non devono effettuarsi nel caso di ingresso di minori per motivi turistici e di studio, sempre che la permanenza non sia superiore ai tre mesi. Art. 37 - Al minore straniero in stato di abbandono che si trovi nello Stato, si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza. Art. 38 - Il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, può autorizzare enti pubblici o altre organizzazioni idonee allo svolgimento delle pratiche inerenti all’adozione di minori stranieri. Art. 39 - Il minore di nazionalità straniera adottato da coniugi di cittadinanza italiana acquista di diritto tale cittadi-nanza.La disposizione del precedente comma si applica anche nei confronti degli adottati prima dell’entrata in vigore della presente legge.  Capo IlDell’espatrio di minori a scopo di adozione Art. 40 - I residenti all’estero, stranieri o cittadini italiani, che intendono adottare un cittadino italiano minore di età, devono presentare domanda al console italiano competente per territorio, che la inoltra al Tribunale per i minorenni del distretto dove si trova il luogo di dimora del minore, ovvero il luogo del suo ultimo domicilio; in mancanza di dimora o di precedente domicilio nello Stato, è competente il Tribunale per i minorenni di Roma. 

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Art. 41 - Il console del luogo ove risiedono gli adottanti vigila sul buon andamento dell’affidamento preadottivo avvalendosi, ove lo ritenga opportuno, dell’ausilio di idonee organizzazioni assistenziali italiane o straniere.Qualora insorgano difficoltà di ambientamento del minore nella famiglia dei coniugi affidatari o si verifichino, co-munque, fatti incompatibili con l’affidamento preadottivo, il console deve immediatamente darne notizia scritta al Tribunale per i minorenni che ha pronunciato l’affidamento.Il console del luogo ove risiede il minore vigila per quanto di propria competenza perché i provvedimenti dell’autori-tà italiana relativi al minore abbiano esecuzione e se del caso provvede al rimpatrio del minore. Art. 42 - Qualora sia in corso nel territorio dello Stato un procedimento di adozione di un minore affidato a stranieri, o a cittadini italiani residenti all’estero, non può essere reso esecutivo un provvedimento di adozione dello stesso minore pronunciato da autorità straniera. Art. 43 - Le disposizioni di cui al sesto, settimo e ottavo comma dell’art. 9 si applicano anche ai cittadini italiani resi-denti all’estero.Per quanto riguarda lo svolgimento delle funzioni consolari, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 34, 35 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200.Competente ad accertare la situazione di abbandono del cittadino minore di età che si trovi all’estero e a disporre i conseguenti provvedimenti temporanei nel suo interesse ai sensi dell’art. 10, compreso se del caso di rimpatrio, è il Tribunale per i minorenni del distretto ove si trova il luogo di ultimo domicilio del minore; in mancanza di precedente domicilio nello Stato è competente il Tribunale per i minorenni di Roma.  TITOLO IVDELL’ADOZIONE IN CASI PARTICOLARICapo IDell’adozione in casi particolari e dei suoi effetti Art. 44 - I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al primo comma dell’art. 7:a) da persone unite al minore, orfano di padre e di madre, da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori;b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;c) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.L’adozione, nei casi indicati nel precedente comma, è consentita anche in presenza di figli legittimi.Nei casi di cui alle lettere a) e c) l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato.Se l’adottante è persona coniugata e non separata, il minore deve essere adottato da entrambi i coniugi.In tutti i casi l’adottante deve superare di almeno diciotto anni l’età di coloro che intende adottare. Art. 45 - Per l’adozione si richiede il consenso dell’adottante e dell’adottando.Se l’adottando non ha compiuto i quattordici anni il consenso è dato dal suo legale rappresentante.Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una età inferiore può, se op-portuno, essere sentito. Art. 46 - Per l’adozione è necessario l’assenso dei genitori e del coniuge dell’adottando.Quando è negato l’assenso previsto dal primo comma, il Tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell’adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all’interesse dell’adottando, pronunziare ugualmente l’adozione, salvo che l’assenso sia stato rifiutato dai genitori esercenti la potestà o dal coniuge, se convivente, dell’adottando. Pa-rimenti il Tribunale può pronunciare l’adozione quando è impossibile ottenere l’assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo. Art. 47 - L’adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronuncia.Finché il decreto non è emanato, tanto l’adottante quanto l’adottando possono revocare il loro consenso.Se uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione del decreto, si può procedere, su istanza dell’altro coniuge, al compimento degli atti necessari per l’adozione.Se l’adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell’adottante. Art. 48 - Se il minore è adottato da due coniugi, o dal coniuge di uno dei genitori, la potestà sull’adottato ed il relativo esercizio spettano ad entrambi.

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L’adottante ha l’obbligo di mantenere l’adottato, di istruirlo ed educarlo conformemente a quanto prescritto dall’art. 147 del codice civile.Se l’adottato ha beni propri, l’amministrazione di essi, durante la minore età dell’adottato stesso, spetta all’adottan-te, il quale non ne ha l’usufrutto legale, ma può impiegarne le rendite per le spese di mantenimento, istruzione ed educazione del minore con l’obbligo di investirne l’eccedenza in modo fruttifero. Si applicano le disposizioni dell’art. 382 del codice civile. Art. 49 - L’adottante deve fare l’inventario dei beni dell’adottato e trasmetterlo al giudice tutelare entro un mese dalla data del decreto di adozione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del capo I del titolo X del libro I del codice civile.L’adottante che omette di fare l’inventario nel termine stabilito o fa un inventario infedele può essere privato dell’am-ministrazione dei beni dal giudice tutelare, salvo l’obbligo del risarcimento dei danni.Art. 50 - Se cessa l’esercizio da parte dell’adottante o degli adottanti della potestà, il Tribunale per i minorenni su istan-za dell’adottato, dei suoi parenti o affini o del pubblico ministero, o anche d’ufficio, può emettere i provvedimenti opportuni circa la cura della persona dell’adottato, la sua rappresentanza e l’amministrazione dei suoi beni, anche se ritiene conveniente che l’esercizio della potestà sia ripreso dai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile.Art. 51 - La revoca dell’adozione può essere pronunciata dal Tribunale su domanda dell’adottante, quando l’adottato maggiore di quattordici anni abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso di loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.Se l’adottante muore in conseguenza dell’attentato, la revoca dell’adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l’eredità in mancanza dell’adottato e dei suoi discendenti.Il Tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministe-ro, l’adottante e l’adottato, pronuncia la sentenza.Il Tribunale, sentito il pubblico ministero ed il minore, può emettere altresì i provvedimenti opportuni con decreto in camera di consiglio circa la cura della persona del minore, la rappresentanza e l’amministrazione dei beni.Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al quarto comma, il Tribunale li segnala al giudice tutelare ai fini della nomina di un tutore. Art. 52 - Quando i fatti previsti nell’articolo precedente sono stati compiuti dall’adottante contro l’adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su domanda dell’adottato o su istanza del pubblico ministero.Il Tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno accertamento e indagine, sentiti il pubblico mini-stero, l’adottante e l’adottato che abbia compiuto gli anni dodici e se opportuno, anche di età inferiore, pronuncia sentenza.Inoltre il Tribunale, sentiti il pubblico ministero ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore, può dare provvedimenti opportuni con decreto in camera di consiglio circa la cura della persona del minore, la sua rappresentanza e l’amministrazione dei beni, anche se ritiene conveniente che l’esercizio della potestà sia ripreso dai genitori.Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al terzo comma il Tribunale li segnala al giudice tutelare al fine della nomina di un tutore. Art. 53 - La revoca dell’adozione può essere promossa dal pubblico ministero in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli adottanti.Si applicano le disposizioni di cui ai precedenti articoli. Art. 54 - Gli effetti dell’adozione cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca.Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell’adottante per fatto imputabile all’adottato, l’adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell’adottante. Art. 55 - Si applicano al presente capo le disposizioni degli articoli 293, 294, 295, 299, 300 e 304 del codice civile. 

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Capo IlDelle forme dell’adozione in casi particolari Art. 56 - Competente a pronunciarsi sull’adozione è il Tribunale per i minorenni del distretto dove si trova il minore.Il consenso dell’adottante e dell’adottando che ha compiuto quattordici anni e del legale rappresentante dell’adot-tando deve essere manifestato personalmente al Presidente del Tribunale o ad un giudice da lui delegato.L’assenso delle persone indicate nell’articolo 46 può essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.Si applicano gli articoli 313 e 314 del codice civile, ferma restando la competenza del Tribunale per i minorenni e della sezione per i minorenni della Corte di appello. Art. 57 - il Tribunale verifica:1) se ricorrono le circostanze di cui all’art. 44;2) se l’adozione realizza il preminente interesse del minore.A tal fine il Tribunale per i minorenni, sentiti i genitori dell’adottando, dispone l’esecuzione di adeguate indagini da effettuarsi, tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza, sull’adottante, sul minore e sulla di lui famiglia.L’indagine dovrà riguardare in particolare:a) l’attitudine a educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare degli adottanti;b) i motivi per i quali l’adottante desidera adottare il minore;c) la personalità del minore;d) la possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell’adottante e del minore.TITOLO VMODIFICHE AL TITOLO VIIIDEL LIBRO I DEL CODICE CIVILE Art. 58 - L’intitolazione del titolo VIII del libro I del codice civile è sostituita dalla seguente: “dell’adozione di persone maggiori di età”. Art. 59 - L’intitolazione del capo I del titolo VIII del libro I del codice civile è sostituita dalla seguente: “Dell’adozione di persone maggiori di età e dei suoi effetti”. Art. 60 - Le disposizioni di cui al capo I del titolo VIII del libro I del codice civile non si applicano alle persone minori di età. Art 61 - L’art. 299 del codice civile è sostituito dal seguente:“Art. 299. - Cognome dell’adottato. - L’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio.L’adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell’adottante. Il rico-noscimento successivo all’adozione non fa assumere all’adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l’adozione sia successivamente revocata, il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell’adottante.Se l’adozione è compiuta da coniugi, l’adottato assume il cognome del marito.Se l’adozione è compiuta da una donna maritata, l’adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei”. Art 62 - L’art. 307 del codice civile è sostituito dal seguente:“Art. 307. - Revoca per indegnità dell’adottante. - Quando i fatti previsti dall’articolo precedente sono stati compiuti dall’adottante contro l’adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su domanda dell’adottato”. Art. 63 - L’intitolazione del capo II del titolo VIII del libro I del codice civile è sostituita dalla seguente: “Delle forme dell’adozione di persone di maggiore età”. Art. 64 - L’art. 312 del codice civile è sostituito dal seguente:“Art. 312. - Accertamenti del Tribunale. - Il Tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:1) se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;2) se l’adozione conviene all’adottando”. 

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Art. 65 - L’art. 313 del codice civile è sostituto dal seguente:“Art. 313. - Provvedimento del Tribunale. - Il Tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con decreto motivato decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.L’adottante, il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono impugnare il decre-to del Tribunale con reclamo alla Corte di appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero”. Art. 66 - I primi due commi dell’art. 314 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:“Il decreto che pronuncia l’adozione, divenuto definitivo, è trascritto a cura del cancelliere del Tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell’impugnazione, su apposito registro e comunicato all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato.Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato”. Art. 67 - Sono abrogati: il secondo e il terzo comma dell’articolo 293, il secondo e il terzo comma dell’articolo 296, gli articoli 301, 302, 303, 308 e 310 del codice civile.È abrogato altresì il capo III del titolo VIII del libro I del codice civile.  TITOLO VINORME FINALI, PENALIE TRANSITORIE Art. 68 - Il primo comma dell’art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile è sostituito dal seguente:“Sono di competenza del Tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 171, 194, secon-do comma, 250, 252, 262, 264, 316, 317-bis, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, nonché nel caso di minori dall’art. 269, primo comma, del codice civile”. Art. 69 - In aggiunta a quanto disposto nell’art. 51 delle disposizioni di attuazione del codice civile, nel registro delle tutele devono essere annotati i provvedimenti emanati dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 10 della pre-sente legge. Art. 70 - I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire al Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio uffi-cio, sono puniti ai sensi dell’art. 328 del codice penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire 400.000.I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati che omettono di trasmettere semestralmente al giudice tutelare l’elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti ovvero forniscono informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire 2.000.000. Art. 71 - Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere di definitività un minore, ovvero lo avvia all’estero perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni.Se il fatto è commesso dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di educazione, di istruzio-ne, di vigilanza e di custodia, la pena è aumentata della metà.Se il fatto è commesso dal genitore la condanna comporta la perdita della relativa potestà e l’apertura della proce-dura di adottabilità; se è commesso dal tutore consegue la rimozione dall’ufficio; se è commesso dalla persona cui il minore è affidato consegue la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.Se il fatto è commesso da pubblici ufficiali, da incaricati di un pubblico servizio, da esercenti la professione sanitaria o forense, da appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati nei casi di cui all’art. 61, numeri 9 e 11, del codice penale, la pena è raddoppiata.La pena stabilita nel primo comma del presente articolo si applica anche a coloro che, consegnando o promettendo denaro od altra utilità a terzi, accolgono minori in illecito affidamento con carattere di definitività. La condanna com-porta la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.Chiunque svolge opera di mediazione al fine di realizzare l’affidamento di cui al primo comma è punito con la reclu-sione fino ad un anno o con la multa fino a lire 2.000.000. Art. 72 - Chiunque, per procurarsi danaro o altra utilità, in violazione delle disposizioni della presente legge, introduce

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nello Stato uno straniero minore di età perché sia definitivamente affidato a cittadini italiani è punito con la reclusio-ne da uno a tre anni.La pena stabilita nel precedente comma si applica anche a coloro che, consegnando o promettendo danaro o altra utilità a terzi, accolgono stranieri minori di età in illecito affidamento con carattere di definitività. La condanna com-porta l’inidoneità a ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare. Art. 73 - Chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per adozione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire 900.000.Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, si applica la pena della reclu-sione da sei mesi a tre anni.Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche a chi fornisce tali notizie successivamente l’affidamento preadottivo e senza l’autorizzazione del Tribunale per i minorenni. Art. 74 - Gli ufficiali di stato civile trasmettono immediatamente al competente Tribunale per i minorenni comunica-zione, sottoscritta dal dichiarante, dell’avvenuto riconoscimento da parte di persona coniugata di un figlio naturale non riconosciuto dall’altro genitore. Il Tribunale dispone l’esecuzione di opportune indagini per accertare la veridicità del riconoscimento. Nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano gli estremi dell’impugnazione del riconoscimento il Tribunale per i minorenni assume, anche d’ufficio, i provvedimenti di cui all’art. 264, secondo comma, del codice civile. Art. 75 - L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato comporta l’assistenza legale alle procedure previste ai sensi della presente legge.La liquidazione delle spese, delle competenze e degli onorari viene effettuata dal giudice con apposita ordinanza, a richiesta del difensore, allorché l’attività di assistenza di quest’ultimo è da ritenersi cessata.Si applica la disposizione di cui all’art. 14, secondo comma, della legge li agosto 1973, n. 533. Art. 76 - Alle procedure relative all’adozione di minori stranieri in corso o già definite al momento di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data medesima. Art. 77 - Gli articoli da 404 a 413 del codice civile sono abrogati. Per le affiliazioni già pronunciate alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano i divieti e le autorizzazioni di cui all’art. 87 del codice civile. Art 78 – Il quarto comma dell’art. 87 del codice civile è sostituito dal seguente:“Il Tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L’autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l’affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo”. Art. 79 - Entro tre anni dall’entrata in vigore della presente legge i coniugi che risultino forniti dei requisiti di cui all’art. 6 possono chiedere al Tribunale per i minorenni di dichiarare, sempreché il provvedimento risponda agli interessi dell’adottato e dell’affiliato, con decreto motivato, l’estensione degli effetti della adozione nei confronti degli affiliati o adottati ai sensi dell’articolo 291 del codice civile, precedentemente in vigore, se minorenni all’epoca del relativo provvedimento.Il Tribunale dispone l’esecuzione delle opportune indagini di cui all’art. 57, sugli adottanti e sull’adottato o affiliato.Gli adottati o affiliati che abbiano compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche i minori di età inferiore devono essere sentiti; se hanno compiuto gli anni quattordici devono prestare il consenso.Il coniuge dell’adottato o affiliato, se convivente e non legalmente separato, deve prestare l’assenso.I discendenti degli adottanti o affiliati che hanno superato gli anni quattordici devono essere sentiti.Se gli adottati o affiliati sono figli legittimi o riconosciuti è necessario l’assenso dei genitori. Nel caso di irreperibilità o di rifiuto non motivato, su ricorso degli adottanti o affilianti, sentiti il pubblico ministero, i genitori dell’adottato o affiliato e quest’ultimo, se ha compiuto gli anni dodici, decide il Tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo dell’assenso mancante.Al decreto relativo all’estensione degli effetti dell’adozione si applicano le disposizioni di cui agli articoli 25, 27 e 28, in quanto compatibili.Il decreto del Tribunale per i minorenni che nega l’estensione degli effetti dell’adozione può essere impugnato anche dall’adottato o affiliato se maggiorenne.

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 Art. 80 - Il giudice, se del caso ed anche in relazione alla durata dell’affidamento, può disporre che gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente in favore dell’affidatario.Le disposizioni di cui all’art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e successive modificazioni, e gli articoli 6 e 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano anche agli affidatari di cui al comma precedente.Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento affinché tale affidamento si possafondare sulla disponibilità e l’idoneità all’accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche. Art. 81 - L’ultimo comma dell’art. 244 del codice civile è sostituito dal seguente:“L’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore”. Art. 82 - Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle procedure previste dalla presente legge nei riguardi di persone minori di età, sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa e diritto dovuti ai pubblici uffici.Sono ugualmente esenti gli atti ed i documenti relativi all ‘esecuzione dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei procedimenti su indicati.Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, valutati in annue lire 100.000.000, si provvede mediante corrispondente riduzione del capitolo 1589 dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l’anno finanziario 1983 e corrispondenti capitoli degli esercizi successivi.Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, in G.U. 13 marzo 2000, n. 60

CAPO I PRINCÍPI GENERALI

Articolo 1.(Finalità)

1. La presente legge promuove un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, mediante:a) l’istituzione dei congedi dei genitori e l’estensione del sostegno ai genitori di soggetti portatori di handicap ;b) l’istituzione del congedo per la formazione continua e l’estensione dei congedi per la formazione;c) il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città e la promozione dell’uso del tempo per fini di solidarietà sociale.Articolo 2. (Campagne informative)

1. Al fine di diffondere la conoscenza delle disposizioni della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale é autorizzato a predisporre, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, apposite campagne infor-mative, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati allo scopo. CAPO II CONGEDI PARENTALI, FAMILIARI E FORMATIVI

Articolo 3. (Congedi dei genitori)

1. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, dopo il terzo comma é inserito il seguente:“Il diritto di astenersi dal lavoro di cui all’articolo 7, ed il relativo trattamento economico, sono riconosciuti anche se l’altro genitore non ne ha diritto. Le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7 e al comma 2 dell’articolo 15 sono estese alle lavoratrici di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, madri di bambini nati a decorrere dal 1º gennaio 2000. Alle predette lavoratrici i diritti previsti dal comma 1 dell’articolo 7 e dal comma 2 dell’articolo 15 spettano limitata-

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mente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino”.2. L’articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é sostituito dal seguente:“ Articolo 7. - 1. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Le astensioni dal lavoro dei genitori non possono complessivamente ecce-dere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo. Nell’ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione obbligatoria di cui all’articolo 4, primo comma, lettera c), della presente legge, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;b) al padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla lettera b) del comma 1 é elevato a sette mesi e il limite complessivo delle astensioni dal lavoro dei genitori di cui al medesimo comma é conseguentemente elevato a undici mesi.3. Ai fini dell’esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore é tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preav-visare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni.4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresí, di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a otto anni ovvero di età compresa fra tre e otto anni, in quest’ultimo caso nel limite di cinque gior-ni lavorativi all’anno per ciascun genitore, dietro presentazione di certificato rilasciato da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe il decorso del periodo di ferie in godimento da parte del genitore.5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. Ai fini della fruizione del congedo di cui al com-ma 4, la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione rilasciata ai sensi dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’altro genitore non sia in astensione dal lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo”.3. All’articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:“Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano le disposizioni in materia di contribuzione figurati-va, nonché di riscatto ovvero di versamento dei relativi contributi previsti dal comma 2, lettera b), dell’articolo 15.In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del presente articolo possono essere utilizzate anche dal padre”.4. L’articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é sostituito dal seguente:“Articolo 15. - 1. Le lavoratrici hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente legge. Tale indennità é comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia. 2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all’articolo 7, comma 1, ai lavoratori e alle lavoratrici é dovuta:a) fino al terzo anno di vita del bambino, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi; il relativo periodo, entro il limite predetto, é coperto da contribuzione figurativa; b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, e comunque per il restante periodo di astensione facoltativa, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, nell’ipotesi in cui il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria; il periodo medesimo é coperto da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per cento del valore massimo dell’assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell’interessato, con riscatto ai sensi dell’articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.3. Per i periodi di astensione per malattia del bambino di cui all’articolo 7, comma 4, é dovuta:a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la contribuzione figurativa;b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento dell’ottavo anno, la copertura contributi-va calcolata con le modalità previste dal comma 2, lettera b).4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), é determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddi-tuali per l’integrazione al minimo.5. Le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per l’erogazione delle prestazio-ni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie dall’ente assicuratore della malattia presso il quale la lavoratrice o il lavoratore é assicurato e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi o di anzianità assicurativa”.5. Le disposizioni del presente articolo trovano applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o affidatari. Qua-

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lora, all’atto dell’adozione o dell’affidamento, il minore abbia un’età compresa fra sei e dodici anni, il diritto di astenersi dal lavoro, ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, può essere esercitato nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. Nei confronti delle lavoratrici a domicilio e delle addette ai servizi domestici e familiari, le disposizioni dell’articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dal comma 4 del presente articolo, si applicano limitatamente al comma 1.Articolo 4. (Congedi per eventi e cause particolari)

1. La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di deces-so o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di docu-mentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa.2. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non é computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria. 3. I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l’attività lavorativa dopo la sospensione di cui al comma 2.4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e per le pari opportunità, provvede alla definizione dei criteri per la fruizione dei congedi di cui al presente articolo, all’individuazione delle patologie specifiche ai sensi del comma 2, nonché alla individuazione dei criteri per la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni di grave infermità dei soggetti di cui al comma 1.

Articolo 5. (Congedi per la formazione)

1. Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio di cui all’articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio pres-so la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa. 2. Per “congedo per la formazione” si intende quello finalizzato al completamento della scuola dell’obbligo, al conse-guimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non é computabile nell’anzianità di servizio e non é cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi. Una grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri stabiliti dal medesimo de-creto di cui all’articolo 4, comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero può differirne l’accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene, disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all’esercizio di tale facoltà e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere inferiore a trenta giorni. 5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al versamento dei relativi con-tributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.

Articolo 6. (Congedi per la formazione continua)

1. I lavoratori, occupati e non occupati, hanno diritto di proseguire i percorsi di formazione per tutto l’arco della vita, per accrescere conoscenze e competenze professionali. Lo Stato, le regioni e gli enti locali assicurano un’offerta for-mativa articolata sul territorio e, ove necessario, integrata, accreditata secondo le disposizioni dell’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, e del relativo regolamento di attuazione. L’offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati, certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed euro-peo. La formazione può corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore ovvero essere predisposta dall’azienda,

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attraverso i piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali in coerenza con quanto previsto dal citato articolo 17 della legge n. 196 del 1997, e successive modificazioni.2. La contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata, definisce il monte ore da destinare ai congedi di cui al presente articolo, i criteri per l’individuazione dei lavoratori e le modalità di orario e retribuzione connesse alla partecipazione ai percorsi di formazione.3. Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali di cui al comma 1 possono essere finanziati at-traverso il fondo interprofessionale per la formazione continua, di cui al regolamento di attuazione del citato articolo 17 della legge n. 196 del 1997.4. Le regioni possono finanziare progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi contrattuali, preveda-no quote di riduzione dell’orario di lavoro, nonché progetti di formazione presentati direttamente dai lavoratori. Per le finalità del presente comma é riservata una quota, pari a lire 30 miliardi annue, del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede annualmente, con proprio decreto, a ripartire fra le regioni la predetta quota, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Articolo 7. (Anticipazione del trattamento di fine rapporto)

1. Oltre che nelle ipotesi di cui all’articolo 2120, ottavo comma, del codice civile, il trattamento di fine rap-porto può essere anticipato ai fini delle spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all’articolo 7, comma 1, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dall’articolo 3, comma 2, della presente legge, e di cui agli articoli 5 e 6 della presente legge. L’anticipazione é corrisposta unita-mente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo. Le medesime disposi-zioni si applicano anche alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati. 2. Gli statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, possono prevedere la possibilità di conseguire, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo n. 124 del 1993, un’anticipazione delle prestazioni per le spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui agli articoli 5 e 6 della presente legge.3. Con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della pro-grammazione economica, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, sono definite le modalità applicative delle disposizioni del comma 1 in riferimento ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Articolo 8. (Prolungamento dell’età pensionabile)

1. I soggetti che usufruiscono dei congedi previsti dall’articolo 5, comma 1, possono, a richiesta, prolungare il rap-porto di lavoro di un periodo corrispondente, anche in deroga alle disposizioni concernenti l’età di pensionamento obbligatoria. La richiesta deve essere comunicata al datore di lavoro con un preavviso non inferiore a sei mesi rispetto alla data prevista per il pensionamento. CAPO III FLESSIBILITA’ DI ORARIOArticolo 9. (Misure a sostegno della flessibilità di orario)

1. Al fine di promuovere e incentivare forme di articolazione della prestazione lavorativa volte a conci-liare tempo di vita e di lavoro, nell’ambito del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, é destinata una quota fino a lire 40 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, al fine di erogare contri-buti, di cui almeno il 50 per cento destinato ad imprese fino a cinquanta dipendenti, in favore di azien-de che applichino accordi contrattuali che prevedono azioni positive per la flessibilità, ed in particolare: a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavo-ratore autonomo, ovvero quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro, tra cui part-time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini fino ad otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di affidamento o di adozione;

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b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo;c) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo. 2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e per le pari opportunità, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al comma 1. 

CAPO IV ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITA’ E DELLA PATERNITA’Articolo 10. (Sostituzione di lavoratori in astensione)

1. L’assunzione di lavoratori a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa dal la-voro ai sensi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificata dalla presente legge, può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio dell’astensione, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva. 2. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del datore di lavoro che assume lavoratori con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione ai sensi degli articoli 4, 5 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificati dalla presente legge, é concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento. Le disposizioni del presente comma trovano applicazione fino al compimento di un anno di età del figlio della lavoratrice o del lavoratore in astensione e per un anno dall’accoglienza del minore adottato o in affidamento. 3. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, é possibile procedere, in caso di maternità delle suddette lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all’assunzione di un lavoratore a tempo determinato, per un periodo massimo di dodici mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 2. 

Articolo 11. (Parti prematuri)

1. All’articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:“Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. La lavoratrice é tenuta a pre-sentare, entro trenta giorni, il certificato attestante la data del parto”.

Articolo 12. (Flessibilità dell’astensione obbligatoria)

1. Dopo l’articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é inserito il seguente:“Articolo 4- bis. - 1 . Ferma restando la durata complessiva dell’astensione dal lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competen-te ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro”.2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’elenco dei lavori ai quali non si applicano le disposizioni dell’articolo 4- bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, introdotto dal comma 1 del presente articolo.3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, provvede, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad aggiornare l’elenco dei lavori perico-losi, faticosi ed insalubri di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026.

Articolo 13. (Astensione dal lavoro del padre lavoratore)

1. Dopo l’articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, sono inseriti i seguenti:“Articolo 6- bis. - 1 . Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi tre mesi dalla nascita del figlio, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. 2 . Il padre lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell’arti-

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colo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.3 . Si applicano al padre lavoratore le disposizioni di cui agli articoli 6 e 15, commi 1 e 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni.4 . Al padre lavoratore si applicano altresí le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, per il periodo di astensione dal lavoro di cui al comma 1 del presente articolo e fino al compimento di un anno di età del bambino.Articolo 6- ter. - 1 . I periodi di riposo di cui all’articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modifica-zioni, e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore:a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.

Articolo 14. (Estensione di norme a specifiche categorie di lavoratrici madri)

1. I benefici previsti dal primo periodo del comma 1 dell’articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono estesi, dalla data di entrata in vigore della presente legge, anche alle lavoratrici madri appartenenti ai corpi di polizia municipale.

Articolo 15. (Testo unico)

1. Al fine di conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo é delegato ad emanare un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia, nel rispetto dei seguenti princípi e criteri direttivi:a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;b) esplicita indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni;c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le mo-difiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e sempli-ficare il linguaggio normativo;d) esplicita indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore;e) esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico;f) esplicita abrogazione delle norme secondarie incompatibili con le disposizioni legislative raccolte nel testo unico.2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 é deliberato dal Consiglio dei ministri ed é trasmesso, con ap-posita relazione cui é allegato il parere del Consiglio di Stato, alle competenti Commissioni parlamentari permanenti, che esprimono il parere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione.3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto dei princípi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con le modalità di cui al comma 2, disposizioni correttive del testo unico.

Articolo 16. (Statistiche ufficiali sui tempi di vita)

1. L’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) assicura un flusso informativo quinquennale sull’organizzazione dei tempi di vita della popolazione attraverso la rilevazione sull’uso del tempo, disaggregando le informazioni per sesso e per età.

Articolo 17. (Disposizioni diverse)

1. Nei casi di astensione dal lavoro disciplinati dalla presente legge, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove erano occupati al momento della richiesta di astensione o di congedo o in altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresí diritto di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.2. All’articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, é aggiunto, in fine, il seguente comma:“Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall’articolo 4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all’inizio

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del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresí diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti”.3. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere condizioni di maggior favore rispetto a quelle previste dalla pre-sente legge.4. Sono abrogate le disposizioni legislative incompatibili con la presente legge ed in particolare l’articolo 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

Articolo 18. (Disposizioni in materia di recesso)

1. Il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo di cui agli articoli 3, 4, 5, 6 e 13 della presente legge é nullo.2. La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento deve essere convalidata dal Servizio ispezione della direzione provinciale del lavoro. 

CAPO V MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104Articolo 19. (Permessi per l’assistenza a portatori di handicap)

1. All’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 3, dopo le parole: “permesso mensile” sono inserite le seguenti: “coperti da contribuzione figurativa”;b) al comma 5, le parole “, con lui convivente,” sono soppresse;c) al comma 6, dopo le parole: “può usufruire” é inserita la seguente: “alternativamente”.

Articolo 20. (Estensione delle agevolazioni per l’assistenza a portatori di handicap)

1. Le disposizioni dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente. 

CAPO VI NORME FINANZIARIEArticolo 21. (Copertura finanziaria)

1. All’onere derivante dall’attuazione delle disposizioni degli articoli da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e 9, della presente legge, valutato in lire 63 miliardi per l’anno 1999 ed in lire 298 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, si provvede, quanto a lire 273 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, concernente il Fondo per l’occupazione; quanto a lire 25 miliardi annue a decorrere dall’anno 1999, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1 della legge 28 agosto 1997, n. 285. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica é autorizzato ad apportare, con propri de-creti, le occorrenti variazioni di bilancio.CAPO VII TEMPI DELLE CITTA’Articolo 22. (Compiti delle regioni)1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni definiscono, con proprie leggi, ai sensi dell’articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, qualora non vi abbiano già provveduto, norme per il coordinamento da parte dei comuni degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pub-blici e degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, nonché per la promozione dell’uso del tempo per fini di solidarietà sociale, secondo i principi del presente capo.2. Le regioni prevedono incentivi finanziari per i comuni, anche attraverso l’utilizzo delle risorse del Fondo di cui

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all’articolo 28, ai fini della predisposizione e dell’attuazione dei piani territoriali degli orari di cui all’articolo 24 e della costituzione delle banche dei tempi di cui all’articolo 27.3. Le regioni possono istituire comitati tecnici, composti da esperti in materia di progettazione urbana, di analisi socia-le, di comunicazione sociale e di gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine al coordinamento degli orari delle città e per la valutazione degli effetti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari.4. Nell’ambito delle proprie competenze in materia di formazione professionale, le regioni promuovono corsi di qua-lificazione e riqualificazione del personale impiegato nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.5. Le leggi regionali di cui al comma 1 indicano:a) criteri generali di amministrazione e coordinamento degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e dello spettacolo, dei trasporti;b) i criteri per l’adozione dei piani territoriali degli orari;c) criteri e modalità per la concessione ai comuni di finanziamenti per l’adozione dei piani territoriali degli orari e per la costituzione di banche dei tempi, con priorità per le iniziative congiunte dei comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti.6. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono secondo le rispettive com-petenze.

Articolo 23. (Compiti dei comuni)

1. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti attuano, singolarmente o in forma associata, le disposizioni dell’articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal presente capo, nei tempi indicati dalle leggi regionali di cui all’articolo 22, comma 1, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.2. In caso di inadempimento dell’obbligo di cui al comma 1, il presidente della giunta regionale nomina un commis-sario ad acta .3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono attuare le disposizioni del presente capo in forma associata.

Articolo 24. (Piano territoriale degli orari)

1. Il piano territoriale degli orari, di seguito denominato “piano”, realizza le finalità di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), ed é strumento unitario per finalità ed indirizzi, articolato in progetti, anche sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi sistemi orari dei servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione e coordinamento.2. I comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti ad individuare un responsabile cui é assegnata la competenza in materia di tempi ed orari e che partecipa alla conferenza dei dirigenti, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni.3. I comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono istituire l’ufficio di cui al comma 2 in forma associata.4. Il sindaco elabora le linee guida del piano. A tale fine attua forme di consultazione con le amministrazioni pub-bliche, le parti sociali, nonché le associazioni previste dall’articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, e le associazioni delle famiglie.5. Nell’elaborazione del piano si tiene conto degli effetti sul traffico, sull’inquinamento e sulla qualità della vita citta-dina degli orari di lavoro pubblici e privati, degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, delle attività commerciali, ferme restando le disposizioni degli articoli da 11 a 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nonché delle istituzioni formative, culturali e del tempo libero.6. Il piano é approvato dal consiglio comunale su proposta del sindaco ed é vincolante per l’amministrazione comu-nale, che deve adeguare l’azione dei singoli assessorati alle scelte in esso contenute. Il piano é attuato con ordinanze del sindaco. Articolo 25. (Tavolo di concertazione)1. Per l’attuazione e la verifica dei progetti contenuti nel piano di cui all’articolo 24, il sindaco istituisce un tavolo di concertazione, cui partecipano:

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a) il sindaco stesso o, per suo incarico, il responsabile di cui all’articolo 24, comma 2;b) il prefetto o un suo rappresentante;c) il presidente della provincia o un suo rappresentante;d) i presidenti delle comunità montane o loro rappresentanti;e) un dirigente per ciascuna delle pubbliche amministrazioni non statali coinvolte nel piano;f) rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande, media e piccola impresa, del commercio, dei servizi, dell’artigianato e dell’agricoltura;g) rappresentanti sindacali dei lavoratori;h) il provveditore agli studi ed i rappresentanti delle università presenti nel territorio;i) i presidenti delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani, nonché i rappresentanti delleaziende ferroviarie.2. Per l’attuazione del piano di cui all’articolo 24, il sindaco promuove accordi con i soggetti pubblici e privati di cui al comma 1. 3. In caso di emergenze o di straordinarie necessità dell’utenza o di gravi problemi connessi al traffico e all’inquina-mento, il sindaco può emettere ordinanze che prevedano modificazioni degli orari.4. Le amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute ad adeguare gli orari di funzionamento degli uffici alle ordinanze di cui al comma 3.5. I comuni capoluogo di provincia sono tenuti a concertare con i comuni limitrofi, attraverso la conferenza dei sin-daci, la riorganizzazione territoriale degli orari. Alla conferenza partecipa un rappresentante del presidente della provincia.

Articolo 26. (Orari della pubblica amministrazione)

1. Le articolazioni e le scansioni degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione de-vono tenere conto delle esigenze dei cittadini che risiedono, lavorano ed utilizzano il territorio di riferimento. 2. Il piano di cui all’articolo 24, ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, può preve-dere modalità ed articolazioni differenziate degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica amministrazione. 3. Le pubbliche amministrazioni, attraverso l’informatizzazione dei relativi servizi, possono garantire prestazioni di informazione anche durante gli orari di chiusura dei servizi medesimi e, attraverso la semplificazione delle procedure, possono consentire agli utenti tempi di attesa più brevi e percorsi più semplici per l’accesso ai servizi.

Articolo 27. (Banche dei tempi)

1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l’utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l’estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impie-ghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate “banche dei tempi”.2. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l’utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresí aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali. Articolo 28. (Fondo per l’armonizzazione dei tempi delle città)

1. Nell’elaborare le linee guida del piano di cui all’articolo 24, il sindaco prevede misure per l’armonizzazione degli orari che contribuiscano, in linea con le politiche e le misure nazionali, alla riduzione delle emissioni di gas inquinanti nel settore dei trasporti. Dopo l’approvazione da parte del consiglio comunale, i piani sono comunicati alle regioni, che li trasmettono al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) indicandone, ai soli fini del presente articolo, l’ordine di priorità.2. Per le finalità del presente articolo é istituito un Fondo per l’armonizzazione dei tempi delle città, nel limite massimo di lire 15 miliardi annue a decorrere dall’anno 2001. Alla ripartizione delle predette risorse provvede il CIPE, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.3. Le regioni iscrivono le somme loro attribuite in un apposito capitolo di bilancio, nel quale confluiscono altresí even-tuali risorse proprie, da utilizzare per spese destinate ad agevolare l’attuazione dei progetti inclusi nel piano di cui all’articolo 24 e degli interventi di cui all’articolo 27.

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4. I contributi di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente per:a) associazioni di comuni;b) progetti presentati da comuni che abbiano attivato forme di coordinamento e cooperazione con altri enti locali per l’attuazione di specifici piani di armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini di utenza;c) interventi attuativi degli accordi di cui all’articolo 25, comma 2.5. La Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, é convocata ogni anno, entro il mese di febbraio, per l’esame dei risultati conseguiti attraverso l’impiego delle risorse del Fondo di cui al com-ma 2 e per la definizione delle linee di intervento futuro. Alle relative riunioni sono invitati i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, per la solidarietà sociale, per la funzione pubblica, dei trasporti e della navigazione e dell’ambien-te, il presidente della società Ferrovie dello Stato spa, nonché i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e del volontariato, delle organizzazioni sindacali e di categoria.6. Il Governo, entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base dei lavori della Conferenza di cui al comma 5, presenta al Parlamento una relazione sui progetti di riorganizzazione dei tempi e degli orari delle città. 7. All’onere derivante dall’istituzione del Fondo di cui al comma 2 si provvede mediante utilizzazione delle risorse di cui all’articolo 8, comma 10, lettera f) , della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

PROGETTO OBIETTIVO MATERNO-INFANTILE - D.M. del 24/4/2000 - G. U. n. 131 del 7 giugno 2000

9. Salute degli adolescenti.

La promozione della salute e l’assistenza nell’età adolescenziale deve essere potenziata al fine di garantire uno stato di maggiore benessere a questa fascia di cittadini, che ponga anche le basi di una migliore qualità della vita adulta futura. Questa esigenza non trova oggi adeguata risposta a causa di carenze istituzionali e della frammentarietà degli interventi di salute per gli adolescenti.L’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile deve prioritariamente sviluppare strategie di intenti appropriate, favorire l’integrazione tra i servizi coinvolti, predisporre strumenti di monitoraggio, operando in modo integrato a differenti livelli, sia per la prevenzione, sia per i trattamenti.

I LIVELLO: valutazione dello sviluppo adolescenziale, prevenzione e centri di prima consultazione.

Questo livello coinvolge molteplici ambiti e profili professionali che devono operare in équipe (pediatra di libera scel-ta, medico di medicina generale, pediatra di comunità, psicologo, neuropsichiatra infantile, ginecologo, assistente sociale, ecc.). Gli interventi devono essere coordinati a livello distrettuale con coinvolgimento dei C.F., degli ambulatori specialistici, dei servizi sociali, ecc. I C.F. possono essere il punto di riferimento attorno al quale organizzare la rete delle risorse. Molta attenzione deve essere riservata a questo livello alla educazione alla salute e all’analisi delle condizioni socio-familiari o ambientali predisponenti alla devianza o al disagio. A tal riguardo sono da definire, sede per sede, pro-grammi di intervento concordati tra Sanità, Pubblica Istruzione, Grazia e Giustizia, Affari Sociali, ecc.I C.F., in rete aziendale, hanno compiti di individuazione di situazioni di difficoltà, di primo accoglimento della doman-da di aiuto, di counselling, di trattamento breve su situazioni emergenti a patologia sfumata, e di coordinamento. Presso i C.F. viene attivato un punto di ascolto e di raccolta, anche telefonico, delle richieste di chiarificazione, di con-sultazione e di supervisione alle situazioni difficili che possono essere rilevate nei diversi luoghi di convivenza coin-volgenti problemi adolescenziali: la famiglia, la scuola, i luoghi di aggregazione, ecc.I C.F. devono essere messi in rete all’interno dell’Azienda, con i vari servizi specialistici e, all’esterno con tutti i potenziali invianti (famiglie, sanità, scuola, giustizia, associazionismo, mondo del lavoro).

II LIVELLO: trattamenti a ciclo diurno - notturno o in regime di ricovero.

È collocabile a livello di strutture per l’ospitalità diurna e notturna e a livello ospedaliero. In quest’ultimo caso il servizio ospedaliero è identificabile con l’U.O. pediatrica, integrata dall’U.O. ospedaliera di neuropsichiatria infantile, ove pre-vista, e comunque collegata funzionalmente con l’U.O. di neuropsichiatria infantile del distretto.Le funzioni di coordinamento devono essere affidate, per quanto attiene alle problematiche generali pediatriche (inerenti la fisiopatologia dello sviluppo, endocrinologiche, sessuali e internistiche) ad un pediatra con competenze in adolescentologia, anche integrato nell’équipe della U.O.O. di pediatria; per quanto riguarda i disturbi psicoemotivi ed i disturbi del comportamento, ad un neuropsichiatra infantile. Nell’àmbito della programmazione regionale devo-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

no essere date norme di indirizzo per le emergenze - urgenze psichiatriche (vedi U.O. di N.P.I.) nonché per l’identifica-zione delle strutture di II livello. È determinante una stretta collaborazione con tutte le competenze che si rendessero necessarie e disponibili ed in particolare con il ginecologo, lo psicologo, l’assistente sociale e l’assistente sanitario.Dev’essere prevista, sempre a livello di organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile, una attività di psi-coterapia per adolescenti, da collocare in una sub-U.O. progettata e gestita in modo peculiare in funzione dei bisogni specifici di questa fascia di popolazione. Particolare attenzione deve essere rivolta ai disturbi delle condotte alimentari. La presenza sul territorio di varie strutture che ospitano minori con problematiche molto complesse suggerisce di offrire loro presidi di supervisione e consulenza sistematici, con particolare riferimento alla esigenza prioritaria di fare afferire il minore a strutture dedicate sia sotto il profilo logistico sia per competenze professionali specialistiche, te-nendo in particolare conto i problemi delle emergenze - urgenze psichiatriche, nel contesto dei rapporti con i servizi di salute mentale soprattutto ai fini della continuità terapeutica nelle fasi di passaggio all’età adulta.L’azienda, nella predisposizione della carta dei servizi deve dare adeguata visibilità all’accesso telefonico, con partico-lare riferimento per le chiamate di urgenza - emergenza psichiatrica in età adolescenziale.

SALUTE DEGLI ADOLESCENTI

OBIETTIVI AZIONI INDICATORI

- Monitoraggio dello sviluppo e

del disagio adolescenziale in aderenza al Piano d'Azione del Governo italiano per l'infanzia e

l'adolescenza

-Attivare a livello di C.F. punti di

ascolto alle domande di aiuto e di consulenza per giovani

- Attivare contatti tra scuola, C.F., attività di volontariato, mondo del lavoro, famiglie per riconoscere e

risolvere il disagio scolastico, sociale, familiare, ecc.

- Integrazione tra P.L.S., P.C., C.F. e

strutture specialistiche territoriali e ospedaliere per il trattamento dei disturbi adolescenziali

- Promuovere programmi di

prevenzione degli incidenti stradali in età adolescenziale

- Promuovere programmi finalizzati alla educazione alla salute

- Attivare interventi specifici per il riconoscimento e le prime cure per

problematiche correnti di natura psichica e psico-sociale

- Percentuale di C.F. che hanno

attivato punti di ascolto per adolescenti

- Percentuale di abbandono scolastico

- Percentuale di nati da madri

minorenni - Tasso di abortività nelle minorenni - N. di adolescenti assistiti a livello

durata media dei ricoveri - Percentuale di suicidi e di tentativi documentati di tentativi documentati

di suicidio nei minorenni, su base campionaria

- Percentuale di incidenti stradali con coinvolgimento di minorenni

- Percentuale di adolescenti con competenze appropriate sulla salute,

su base campionaria

- Percentuale di interventi specifici attivati

10. Maltrattamenti, abusi e sfruttamento sessuale dei minori.

Il maltrattamento si concretizza ne «gli atti e le carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascu-ratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di terzi» (IV seminario criminolo-gico - Consiglio d’Europa, Strasburgo, 1978).

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Il maltrattamento può concretizzarsi in una condotta attiva (come percosse, lesioni, atti sessuali, ipercura) o in una condotta omissiva (incuria, trascuratezza, abbandono). L’assenza di evidenze traumatiche nel fisico non può esclu-dere l’ipotesi di maltrattamento.Il trauma relativo al maltrattamento e alla violenza, in particolare quella sessuale, se non rilevato, diagnosticato e curato, può produrre disturbi psicopatologici o di devianza nell’età adulta.Ogni intervento finalizzato a contrastare il maltrattamento non può prescindere da una politica globale di preven-zione primaria, volta ad evitare che si verifichino situazioni di disagio nelle quali spesso, ove non sostenute in tempo, possono innestarsi fenomeni di maltrattamento nelle sue varie forme.Lo Stato, le Regioni, gli Enti Locali devono istituire e potenziare servizi sanitari e socioassistenziali per garantire soprat-tutto ogni intervento idoneo a rimuovere le situazioni che determinano il maltrattamento nei diversi stadi dell’età evolutiva del bambino, quale strumento fondamentale di prevenzione anche in riferimento a quanto suggerito da organismi interistituzionali quali, ad esempio, la Commissione contro gli abusi, i maltrattamenti e lo sfruttamento sessuale dei minori (D.P.C.M. 26 febbraio 1998) nello specifico documento «Proposte di intervento per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del maltrattamento» - settembre 1998.

Azioni

- Aumentare in tutto il territorio nazionale, a livello aziendale o interaziendale, le competenze di personale sanitario e socio-assistenziale in grado di intervenire in questo specifico settore;- Attivare in tutte le aree territoriali servizi di aiuto alla famiglia e ai bambini in difficoltà;- Fornire una adeguata formazione agli operatori, sia iniziale sia in itinere, tale da poter sospettare, diagnosticare o prendere in carico casi di maltrattamento ed abuso;- Sviluppare un’azione di coordinamento dei servizi che operano sia in area sociale che sanitaria in modo tale da essere in grado di dare risposte congrue, globali e in tempi utili;- Favorire l’interazione della rete dei servizi pubblici con l’area giudiziaria, l’area scolastica e del privato sociale;- Promuovere nella collettività una nuova consapevolezza dei diritti del bambino.

Strategie

1. Rilevamento dei dati e delle risorse

- Far emergere il fenomeno, indagarlo e conoscerlo sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo:integrare i dati raccolti tramite l’area giudiziaria, i dati relativi ai casi conosciuti dall’area sociale, dall’area sanitaria (pronto soccorso, pediatri di libera scelta e medici di medicina generale, consultori familiari, U.O. di neuropsichiatria infantile e di psicologia dell’età evolutiva), con i dati provenienti da altre fonti (centri specialistici pubblici e privati, linee telefoniche di aiuto, ecc.)- Predisporre una mappa delle risorse disponibili sul territorio in grado di dare risposte in termini di rilevamento, pro-tezione, diagnosi e cura dei minori maltrattati e fornirla ai servizi territoriali coinvolti (legge n. 451/1997 «Istituzione della Commissione parlamentare per l’infanzia e dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia»).

2. Formazione

2.1 Formazione di base sul fenomeno del maltrattamento da parte di tutti coloro che operano a contatto con i bam-bini perché acquisiscano le competenze necessarie a comprendere i segnali di disagio.La formazione mira all’acquisizione di nuove competenze specifiche, allo sviluppo di nuove capacità di accoglienza nei confronti del disagio sofferto dal bambino anche all’interno della propria famiglia al fine di essere in grado di individuare, il più precocemente possibile, nei loro comportamenti, i segnali del disagio e i sintomi rivelatori del mal-trattamento e attivare, altrettanto precocemente, percorsi di protezione e percorsi di presa in carico psico-sociale e sanitaria, che devono essere gestiti da operatori specializzati nel settore.

2.2 Formazione specialistica per gli operatori delegati a diagnosticare il maltrattamento e a prendere in carico la vit-tima e la famiglia.Sul territorio devono essere identificate professionalità di riferimento in grado di fornire le informazioni corrette sul «cosa fare» quando viene riconosciuto un segnale di disagio, «come e a chi segnalare» al fine di mettere in moto la rete di protezione, nonché il percorso di aiuto al bambino e, ove possibile, al nucleo familiare.

3. Organizzazione dei servizi «in rete»

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

3.1 Servizi integrati in rete: servizi integrati su tutto il territorio in grado di porsi come riferimento e supporto nei casi di maltrattamento) che devono garantire negli ambiti territoriali di competenza ed in accordo con gli Enti locali di riferimento due livelli funzionali:

a) organizzativo, attraverso la costituzione di task force di riferimento alla cui formazione concorrono più servizi e nel cui ambito si riconoscono compiti di raccordo e di coordinamento di uno o più servizi integrati in rete. A questo livello le funzioni sono soprattutto di consulenza agli operatori in particolare sulle problematiche e sull’ac-certamento del maltrattamento, di collegamento e coordinamento dei servizi in rete, di raccolta dati e monitoraggio del fenomeno, di formazione degli operatori (medici, insegnanti, ecc.).In linea di massima non si dovrebbero costituire équipes che si occupino solo di maltrattamenti e abusi a tempo pieno, bensì si dovrebbero individuare operatori «referenti» messi a disposizione a tempo parziale, per una attività progettuale specifica, che devono operare in stretta collaborazione con gli operatori dei servizi che possono essere coinvolti a livello distrettuale. Il servizio sociale ed il C.F. rappresentano il collegamento funzionale con le altre compe-tenze collegate in rete sul territorio: pediatria ospedaliera, Pediatria di Comunità, Pediatria di Libera Scelta, Neuropsi-chiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SERT, Servizio di psichiatria adulti.

b) operativo, finalizzato alla presa in carico dei casi, nella valorizzazione delle risorse esistenti, per evitare la sovrappo-sizione degli interventi e la moltiplicazione delle figure di riferimento. A questo livello compete l’attività di sensibilizzazione, prevenzione e formazione (specie nel contesto scolastico), l’ascolto e l’intervento su segnalazioni e rapporti con l’Autorità Giudiziaria, l’informazione per la rilevazione precoce e tempestiva dei segnali, il trattamento del bambino e della famiglia, gli interventi di emergenza (in raccordo con il centro di coordinamento) la protezione fisica e psicologica del bambino/a vittima tramite il collegamento con le comunità di accoglienza e pronto intervento.Nella fase di individuazione dell’iter diagnostico e terapeutico, laddove si renda necessario, gli operatori del gruppo di riferimento collaborano con il servizio sociale, le forze dell’ordine, la magistratura minorile ed ordinaria sulla base di accordi che indichino ruoli, funzioni e responsabilità di ciascuno.

3.2 Protocolli d’intesa

Le Regioni devono individuare una comune metodologia d’intervento a carattere multidisciplinare, predisporre l’in-tegrazione dei percorsi sanitari, sociali e giudiziari ed il coordinamento delle risorse pubbliche e private. I protocolli d’intesa rappresentano un efficace strumento per definire i ruoli, le funzioni, le modalità, i percorsi, le interazioni tra le diverse istituzioni e tra le istituzioni e le realtà di privato sociale, cui devono fare riferimento tutti gli operatori del pubblico e del privato.In particolare le Regioni dovranno individuare poli di riferimento in strutture pubbliche attrezzate adeguatamente con operatori di professionalità specifica, per consentire l’audizione protetta di minori da parte dell’autorità giudizia-ria competente.È opportuna la identificazione di aree a rischio per stabilire priorità di intervento a seconda dei rilievi epidemiologici.La scuola rappresenta il luogo privilegiato di osservazione del disagio dei bambini e degli adolescenti e rappresenta il contesto sul quale puntare l’attenzione per interventi mirati di prevenzione. L’insegnante è il tramite per una rile-vazione precoce ed il suo ruolo deve essere maggiormente valorizzato e adeguatamente formato; ogni intervento integrato deve vedere rappresentata la scuola.Oltre alla scuola e quindi i Provveditorati agli Studi, soggetti istituzionali ed Enti coinvolti sono principalmente: le Regioni e gli Enti locali, (singoli o associati), le Aziende sanitarie e ospedaliere, le Prefetture, l’Autorità Giudiziaria, gli Uffici Minori delle Questure e la Polizia giudiziaria, i Centri per la giustizia minorile, il privato sociale, Enti e Associazioni di volontariato, Enti e strutture di formazione e di ricerca, Università, altri soggetti a vario titolo organizzati.

11. SALUTE DELLA DONNA IN TUTTE LE FASI DELLA VITA

L’impegno alla difesa ed alla promozione della salute della donna deve tenere conto dell’adeguamento alla realtà so-cio sanitaria e culturale profondamente mutata negli ultimi tempi e deve portare ad una più diretta politica in favore della famiglia, anche in riferimento alla responsabilità di cura che la donna ha all’interno della stessa. Per una organizzazione sanitaria che faccia fronte alla sfida della qualità e che coniughi efficacia ed efficienza ad equità, vanno considerati anche i fenomeni legati ai cambiamenti sociali. L’incremento della presenza della donna in ambito produttivo non ha visto una contemporanea crescita di servizi tali

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

da offrire un migliore supporto alla famiglia e ciò, insieme ad altri fattori, ha contribuito a determinare dei cambia-menti nelle scelte riproduttive.

I tassi di fecondità nel nostro Paese, pur con differenziazioni regionali sono oggi tra i più bassi d’Europa. La riduzione della natalità, sin dalla fine degli anni 70, interessa tutte le regioni italiane, determinando non solo la nota caduta dei relativi livelli, ma modificando anche le caratteristiche strutturali del comportamento riproduttivo, quali l’ordine e la cadenza delle nascite. L’innalzamento dell’età media al parto sia per le prime nascite che per le successive, delinea soprattutto una tendenza a posticipare l’inizio della vita riproduttiva , con circa un quarto dei primi figli tra donne di età uguale o superiore a 30 anni.

La presenza della donna nella realtà produttiva comporta, nei confronti della sua salute, una maggiore esposizione ad eventuali fattori di rischio derivanti dagli ambienti di lavoro. Nell’ambito della promozione della tutela della salute della donna in ambiente lavorativo, l’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile deve coordinarsi e collaborare strettamente con il D.P. nella realizzazione di programmi specifici, in particolare per quanto riguarda la salute riproduttiva. Inoltre, la consapevolezza dei rischi connessi all’attività lavorativa, domestica e non, deve essere patrimonio di tutte le U.O. dell’organizzazione dipartimentale e deve essere tenuto costantemente presente in ogni tipo di intervento che riguardi la donna.

Un elemento poi che non può essere trascurato è il fatto che l’aumento di speranza di vita della popolazione ha fatto si che il periodo post-fertile della vita femminile si sia allungato, dall’età media della menopausa alla aspettativa media di vita (82-83 anni), di circa trenta anni. Si calcola infatti che le donne di età superiore ai 50 anni siano oggi tra 9 e 10 milioni. In questa età, per la chiara evidenza epidemiologica particolare interesse deve essere rivolto ad alcune patologie quali le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi, ecc.. Tenuto conto, inoltre, che la cessazione dell’attività ovarica comporta effetti che, pur di minor rilievo in termine di sa-lute fisica, possono compromettere sensibilmente la qualità della vita della donna, particolare interesse deve essere rivolto a situazioni quali l’incontinenza urinaria, le problematiche relazionali e quelle legate alla sessualità.

La promozione della salute, la prevenzione ed il trattamento delle principali patologie ginecologiche in tutte le fasi della vita devono essere garantiti attraverso una completa integrazione dei servizi dei diversi livelli operativi. Ad ogni donna deve infatti essere assicurato, nell’ambito dell’organizzazione regionale delle cure, un idoneo percor-so che le consenta di accedere con facilità al livello di cura più adeguato e completo al suo caso. La promozione della salute, la prevenzione e la presa in carico devono essere assolti dal I livello, rappresentato dalla rete dei C.F.; l’attività di diagnosi e cura ambulatoriale dal II livello, livello rappresentato dagli ambulatori specialistici del Distretto e dell’Ospedale.L’attività di diagnosi e cura ospedaliera devono costituire il III livello. In esso devono essere affrontate la diagnostica specialistica di livello superiore ed il trattamento con adeguate risorse strumentali ed esperienza professionale in merito alla sterilità ed infertilità, alla patologia ginecologica benigna e maligna, ai proble-mi delle malattie a trasmissione sessuale, ai problemi connessi con l’età post-fertile ed alla menopausa, comprenden-do in questo anche i problemi di ginecologia urologica. La promozione della salute della donna, è oggetto di forte interesse da parte del presente Progetto il quale, anche secondo quanto previsto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27.3.1997 sviluppa, tra l’altro, gli obiettivi relativi alla prevenzione e tutela della salute (obiettivi strategici C1-C5) indicati nella dichiarazione e nel programma d’azione della IV Conferenza mondiale sulle donne – Pechino 1995. Sino ad ora la tutela della salute della donna è stata perseguita attraverso l’offerta di prestazioni, spesso integrata da interventi terapeutici, per lo più fruiti dalla popolazione femminile che spontaneamente accedeva al servizio e con forti limitazioni per quanto attiene alla tipologia dell’offerta stessa, almeno in parte dovute a difficoltà burocratiche, alla scarsa disponibilità di risorse e agli ostacoli nel realizzare il lavoro di équipe multidisciplinare. Si vuole invece che l’offerta di interventi faccia parte di una ben definita strategia di prevenzione orientata da identi-ficati obiettivi generali e specifici, nonché da un processo di promozione della salute che aiuti la persona ad arricchire le proprie competenze per effettuare scelte più consapevoli.

Tutto ciò deve prevedere una maggior attenzione rivolta a:

- Favorire l’offerta attiva delle misure preventive; - Favorire la massima integrazione tra il Consultorio Familiare, i servizi (ambulatoriali, sociali, socioassistenziali) del Distretto e le strutture ospedaliere;

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

- Favorire il dialogo, il confronto e l’integrazione operativa tra i profili professionali tradizionalmente afferenti al Consultorio Familiare ed il personale di altri profili professionali che opera sul territorio, compreso quello coinvolto nella attività di diagnosi e cura primaria ; - Maturare l’attitudine negli operatori alla valutazione quale strumento per la riqualificazione ; - Riconsiderare l’offerta relativa ai problemi di salute della donna, salute vista nella sua globalità, in tutte le fasi della vita.

In un progetto più ampio di tutela della salute della donna va quindi prevista la riqualificazione del Consultorio Familiare, sia in termini organizzativi che operativi, che integri l’offerta consultoriale con quella delle altre struttu-re territoriali facenti capo all’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile in modo tale che, distretto per distretto o ASL per ASL si persegua una maggiore efficacia ed efficienza, coniugata ad una maggiore equità, e si contraggano le attuali dispersioni di risorse finanziarie e umane, quali sono quelle che troppo spesso realizzano interventi parcellari e ripetitivi nella medesima popolazione che, per contro, vede insoddisfatti altri bisogni primari.

12. CONSULTORI FAMILIARI

Il Consultorio familiare costituisce un importante strumento, all’interno del Distretto per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna più globalmente intesa e considerata nell’arco dell’intera vita, nonché a tutela della salute dell’età evolutiva e dell’adolescenza, e delle relazioni di coppia e familiari.Le attività consultoriali rivestono infatti un ruolo fondamentale nel territorio in quanto la pecularietà del lavoro di équipe rende le attività stesse uniche nella rete delle risorse sanitarie e socioassistenziali esistenti.Dalla emanazione della legge n. 405/1975 e delle leggi attuative nazionali e regionali, le condizioni di regime dei Consultori per completezza della loro rete e stabilità del personale non sono ancora state raggiunte e, soprattutto al Sud, persistono zone con bassa copertura dei bisogni consultoriali. L’esigenza di integrazione nel modello dipartimentale, e soprattutto la messa in rete dei Consultori Familiari con gli altri servizi sia sanitari che socio-assistenziali degli Enti locali, impone un loro adeguamento nel numero, nelle mo-dalità organizzative e nell’organico, privilegiando l’offerta attiva di interventi di promozione della salute attraverso la realizzazione di strategie operative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di salute da perseguire nel settore materno infantile.

È necessario cioè attuare strategie preventive in cui siano chiaramente definiti: gli obiettivi (riduzione dell’incidenza o prevalenza degli eventi o delle condizioni che si vogliono prevenire), i sistemi e gli indicatori di valutazione (di processo e di esito), la popolazione bersaglio da coinvolgere (quella a rischio di produrre gli eventi e le condizioni), le modalità operative per il coinvolgimento della popolazione e per l’erogazione delle misure di prevenzione, la valuta-zione dei fattori di rischio della non rispondenza e dell’incidenza o prevalenza degli eventi o condizioni nella quota di popolazione non raggiunta.

L’adeguamento dell’attività consultoriale agli obiettivi individuati può essere realizzato, privilegiando l’offerta atti-va, attraverso l’implementazione di programmi di promozione della salute, definiti secondo i criteri sopra esposti, le attività dedicate alla programmazione operativa ed alla valutazione, alla formazione ed aggiornamento, nonché gli interventi rivolti all’utenza spontanea ed alla presa in carico dei casi problematici identificati nell’attività svolta nei programmi di prevenzione.

Si tratta, cioè di ripensare le modalità operative con lo scopo di privilegiare gli interventi di prevenzione primaria e diagnosi precoce. L’attività di diagnosi e cura dovrebbe assumere una competenza di «prima istanza» riservata in particolare alla presa in carico (garantendo ove necessario percorsi preferenziali per l’accesso alle strutture dell’or-ganizzazione dipartimentale) dei casi problematici identificati nell’attività svolta nei programmi di prevenzione o segnalati dalla pediatria di libera scelta (P.L.S.), dalla scuola, dai servizi sociali, ecc. Poiché i fattori di rischio sono per lo più distribuiti in modo non uniforme sul territorio e poiché la popolazione a mag-gior rischio è generalmente quella più difficile da raggiungere, le attività di prevenzione e diagnosi precoce passano attraverso una offerta attiva modulata per superare le barriere della comunicazione, anche mirando a recuperare i non rispondenti.Il consultorio si integra nella rete dei servizi territoriali a livello distrettuale e deve essere salvaguardato il lavoro di équipe, fondamentale per garantire globalità e unitarietà dell’approccio preventivo. L’organizzazione dipartimentale dell’area materno-infantile garantisce l’integrazione con gli altri servizi territoriali e con quelli ospedalieri e degli Enti locali per permettere la continuità della presa in carico e per la realizzazione degli interventi di promozione della

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

salute, di cui è responsabile per quanto attiene a programmazione, coordinamento generale e valutazione, in col-laborazione con il D.P.I C.F., coordinati tra loro e con gli altri servizi coinvolti, mettono a punto gli aspetti operativi e realizzano le strategie di intervento operativo. L’azione del Consultorio familiare deve poter contare su solide radici nel tessuto sociale e sanitario territoriale ed essere orientata dalle evidenze epidemiologiche della comunità in cui il Consultorio familiare opera.In particolare tale connotazione richiede la capacità di interlocuzione con gruppi, associazioni, istituzioni educative a vario titolo presenti ed operanti nel territorio, nonché la capacità di stabilire rapporti permanenti tra i vari presidi e servizi, anche al fine di garantire percorsi di assistenza agevoli e completi, in special modo a chi si trova in condizioni di elevato rischio sociale o sociosanitario. Inoltre deve privilegiare la globalità e la unitarietà delle risposte ai bisogni emergenti nei vari ambiti di azione (tutela dell’età riproduttiva ed evolutiva, tutela della famiglia, delle fasce socialmente deboli, dell’handicap) e l’integrazione con le U.O. territoriali e le U.O. Ospedaliere afferenti al D.P. ed all’organizzazione dipartimentale dell’area materno-infantile.Va ribadito che per il raggiungimento degli obiettivi di globalità e unitarietà degli interventi deve essere sostenuta e sviluppata l’attività di integrazione dei servizi sociali nei comuni singoli e/o associati, anche tramite la stipula di convenzioni o di accordi di programma. Ciò anche nel rispetto delle diverse articolazioni con cui si possono definire i rapporti tra Aziende sanitarie ed Enti locali. La valutazione dell’efficacia degli interventi, verificati attraverso indicatori specifici di progetto, deve rappresentare la base per l’aggiornamento culturale e professionale e per la riqualificazione operativa nonché lo strumento per confrontarsi con gli altri servizi. Tale approccio, perseguito nel P.O., non può che determinare, attraverso l’integrazione sociosanitaria, una volta ridefiniti i livelli essenziali, uniformi ed appropriati di assistenza, una riallocazione delle risorse in base alle priorità individuate quali obiettivi di salute leggibili e attuabili anche nel processo di definizione del budget delle strutture operative da parte delle A.S.L. nel rispetto degli indirizzi organizzativi e dei criteri di finanziamento espressi dalle amministrazioni regionali.La legge n. 34/1996 prevede un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti. È opportuno distinguere tra zone rurali e semiurbane Essendo il Distretto la sede di coordinamento delle azioni territoriali della A.S.L. il Consultorio familiare, nel rispetto delle prerogative sue proprie, istituzionali ed operative, si integra nell’organizzazione dipartimentale dell’area ma-terno-infantile afferendo al Distretto, dove dovranno altresì raccordarsi le attività e gli operatori del settore socio-assistenziale. Per lo svolgimento delle sue funzioni il consultorio si avvale, di norma, delle seguenti figure professionali: ginecolo-go, pediatra, psicologo, ostetrica, assistente sociale, assistente sanitario, infermiere pediatrico (vigilatrice di infanzia), infermiere (infermiere professionale), il cui intervento integrato, proiettato nelle problematiche della prevenzione, ne definisce la fisionomia e specificità rispetto ai presidi di natura ambulatoriale e ospedaliera.Devono essere previste, in qualità di consulenti, altre figure professionali quali il sociologo, il legale, il mediatore lin-guistico-culturale, il neuropsichiatra infantile, l’andrologo e il genetista presenti nella A.S.L. a disposizione dei singoli consultori.

Attività consultoriale

Il consultorio familiare mantiene la propria connotazione di servizio di base fortemente orientato alla prevenzione, informazione ed educazione sanitaria, riservando alla attività di diagnosi e cura una competenza di «prima istanza», integrata con l’attività esercitata al medesimo livello, sul territorio di appartenenza delle U.O. distrettuali ed ospeda-liere e dei servizi degli Enti locali. Sul piano organizzativo, l’integrazione deve essere completamente attivata da una parte all’interno del consultorio familiare stesso, tra figure a competenza prevalentemente sanitaria e quelle a competenza psico-sociale e socio-assi-stenziale sviluppando il lavoro di équipe e dall’altra con gli altri servizi e U.O. territoriali (ginecologia ambulatoriale, pe-diatria di libera scelta, psicoterapia, neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva, ecc.) nonché con le U.O. ospedaliere.La realizzazione di un proficuo e serio rapporto territorio/ospedale, che deve essere configurato nell’àmbito dell’or-ganizzazione dipartimentale dell’area materno-infantile deve basarsi sulla complementarità dei diversi servizi nel rispetto delle reciproche autonomie e specificità, da realizzare attraverso ben definiti progetti che vedano coinvolti diversi ambiti operativi e attraverso lo sviluppo di programmi di aggiornamento permanente, alla luce degli indica-tori di esito e di processo.È necessario identificare un responsabile del consultorio (o dei consultori, qualora siano più di uno nel territorio del

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

dipartimento) che coordini l’attività del Consultorio familiare e monitorizzi il conseguimento degli obiettivi, fungen-do da garante nei confronti dell’organizzazione dipartimentale.L’àmbito di competenza consultoriale può concretizzarsi in alcuni obiettivi di salute prioritari alla luce del Piano sa-nitario nazionale:

Spazio Adolescenti

Le attività di promozione della salute in età adolescenziale vanno svolte quanto più possibile negli ambiti collettivi (soprattutto nelle scuole). In tal modo i servizi si accreditano e divengono punti di riferimento per gli adolescenti. L’attività di promozione della salute offre l’opportunità di rendere visibili gli stati di disagio per i quali fornire aiuto, organizzando più diffusamente gli spazi adolescenziali nei C.F.Il consultorio deve associare alla capacità di offerta attiva dei programmi di prevenzione una funzione di accoglienza e presa in carico per chi accede spontaneamente al servizio. Molta attenzione deve essere riservata all’educazione alla salute e all’analisi delle condizioni sociofamiliario ambientali predisponenti alla devianza o al disagio. Sono da definire programmi di interventi socio-sanitari concor-dati con altre Istituzioni: Pubblica Istruzione, Giustizia, ecc.

Azioni

- Coordinare con gli organi scolastici l’offerta attiva di corsi di informazione ed educazione alla salute nelle scuole (sulla fisiopatologia della riproduzione, alimentazione, educazione alla affettività, prevenzione delle malattie sessual-mente trasmesse, ecc.).- Promuovere un’offerta attiva dello spazio giovani nel consultorio per dare la possibilità di approfondimento a livello individuale e/o per piccoli gruppi agli stessi studenti coinvolti nei corsi di educazione alla salute effettuati presso le scuole. Lo spazio giovani rappresenta anche una grande opportunità per tutti gli adolescenti e l’informazione di questa disponibilità potrebbe essere data contattando i luoghi di aggregazione giovanile e offrendo un accesso a tale spazio in orari graditi all’utenza.- Predisporre incontri con genitori degli alunni delle scuole elementari e medie, sulle problematiche della sessualità in età adolescenziale e più in generale, incontri di formazione-informazione finalizzati a rendere gli adulti più consa-pevoli ed informati delle problematiche proprie dell’adolescenza, mettendoli in grado di porsi in una posizione di ascolto attivo che favorisca la comunicazione adolescente-adulto.

Relazioni di coppia, di famiglia e disagio familiare

Questo àmbito operativo ha acquisito col passare degli anni una importanza rilevante tra le azioni del Consulto-rio Familiare, in particolare per tutto ciò che attiene la consulenza relazionale, le consulenze riguardanti problemi e difficoltà in ordine alla sessualità, alle scelte e alle decisioni procreative, all’esercizio di ruoli genitoriali. Interventi in ordine a conflitti di coppia ed intergenerazionali nonché a situazioni di disagio familiare con particolare attenzione ai nuovi assetti della famiglia (unioni di fatto, famiglie con un solo genitore, famiglie ricostituite, famiglie miste quanto a provenienza etnica, ecc.), rappresentano un’area di interesse in forte espansione in rapporto a crescenti domande.Particolare attenzione deve essere rivolta ai problemi dei figli di genitori separati e alla donna in corso di separazione.Un particolare àmbito di attività, da svolgere in raccordo con i servizi socio-assistenziali e con le autorità giudiziarie competenti, riguarda tra l’altro i casi di abuso, maltrattamento, incuria, ecc. nonché l’affido familiare, l’adozione, il ma-trimonio fra minori, il sostegno a gravidanze e maternità a rischio sociale, la problematica attinente la separazione/divorzio (in particolare i conflitti riguardanti l’affido dei figli).

Deve essere inoltre prevista l’assistenza psicologica in ordine a problemi sessuali connessi ad episodi di abuso e/o violenza sessuale. In particolare, su questi casi deve attivarsi l’intera équipe operativa in quanto la complessità dei problemi richiede interventi specifici, ma strettamente integrati, di natura sanitaria, psicologica, sociale e giudiziaria come da indicazioni contenute nel già citato Documento «Proposte di intervento per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del maltrattamento».La terapia delle patologie sessuali è da prevedere a livello sovra distrettuale (o comunque secondo un dimensiona-mento che garantisca l’uso razionale delle risorse professionali) ove presenti competenze in sessuologia (II livello) e/o centri multidisciplinari (III livello).Azioni

- Attivare progetti di ricerca attiva e valutazione dei casi di grave ritardo o evasione vaccinale (su segnalazione dei

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

servizi vaccinali) e dei casi di grave basso profitto o abbandono scolastico (su segnalazione delle scuole).- Garantire un collegamento con i pronto soccorsi per offrire consulenza ed eventualmente aiuto in caso di lesività domestica (con particolare riferimento a quelle riguardanti i bambini e le donne) la cui causa o le cui modalità richie-dono approfondimento sulle condizioni dell’ambiente familiare. - Monitorare il disagio giovanile con particolare correlazione all’assetto della famiglia, al rapporto con la scuola, ecc.- Offrire supporti al singolo e alla famiglia per superare le difficoltà relazionali.- Garantire il supporto psicologico e sociale al singolo e alla famiglia nelle diverse crisi.- Garantire il collegamento con l’autorità giudiziaria per le situazioni più a rischio.

Controllo della fertilità e procreazione responsabileDeve essere potenziata l’offerta attiva di consulenza tendente all’espressione di una sessualità rispondente ai bisogni del Compito del Consultorio Familiare è quello di aiutare le donne e le coppie a scegliere tra le varie possibilità ciò che più si adatta ai propri valori culturali ed etici ed ai propri bisogni e stili di vita, tenendo conto della fase del ciclo della vita riproduttiva. In tema di sterilità e infertilità di coppia il ruolo del Consultorio Familiare consiste in un primo approccio con la coppia, nell’esclusione di una grossolana patologia a carico dell’apparato genitale e nella consulenza inerente la fisiologia riproduttiva, l’adeguatezza nella frequenza dei rapporti, ecc., e quindi indirizzare alle strutture idonee per il successivo iter diagnostico e terapeutico.

Azioni

- Garantire l’offerta attiva a tutte le coppie di un colloquio prematrimoniale sulla fisiologia della riproduzione, sul-la procreazione responsabile, sulla salute riproduttiva, sulla responsabilità genitoriale, sulle dinamiche relazionali, sull’accertamento di condizioni di rischio per consulenza genetica e indirizzo al servizio specifico, sulla prevenzione immunitaria (rubeo test, vaccinazione contro la rosolia) e non immunitaria (rischio di esposizione a contagio, per es. toxoplasmosi), sulla diagnosi prenatale precoce.A colloqui individuali possono seguire, o essere proposti in alternativa, incontri di gruppo.All’approccio prevalentemente diagnostico-terapeutico attualmente dominante deve essere affiancato quello psi-cologico e educativo-informativo.Il Consultorio Familiare rappresenta la struttura territoriale di primo ascolto e di primo intervento, con funzioni di collegamento con le scuole e con i servizi socio-assistenziali dei comuni per raggiungere le fasce sociali più disagiate.

Assistenza in gravidanza

L’informazione alle donne in gravidanza, sostenuta da mezzi e metodi della comunicazione di massa, dovrà esse-re realizzata anche mediante inviti individuali alle donne (segnalate dai medici di base, dalle strutture distrettuali, dall’ufficio ticket al momento della richiesta dell’esonero dalla partecipazione al costo, ecc.).Tenuto conto del diritto della gravida alla scelta della figura professionale o della struttura territoriale o ospedaliera cui affidarsi nel percorso nascita, l’offerta attiva del Consultorio Familiare dovrà privilegiare le donne e le coppie che possono trovare difficoltà di accesso ai servizi pubblici e privati.

Azioni

- Offrire colloqui informativi sulla gravidanza (assistenza, servizi disponibili, corso di preparazione alla nascita, facilita-zioni relative ai congedi lavorativi, esclusione dalla partecipazione al costo della spesa sanitaria, ecc.). - Offrire attivamente i corsi di preparazione al parto, alla nascita, al ruolo genitoriale e all’assistenza post-parto, con particolare riferimento alla promozione dell’allattamento al seno; - Garantire la prevenzione delle malformazioni congenite, l’assistenza alla gravidanza fisiologica e l’individuazione delle gravidanze problematiche ed a rischio: tale attività va offerta attivamente nelle situazioni di gravi difficoltà so-ciali, con particolare riferimento alle donne e/o tra comunitarie e/o nomadi, avendo particolare cura di garantire il rispetto delle specifiche culture di appartenenza, anche attraverso la collaborazione con le associazioni di volonta-riato operanti sul territorio.- Adottare una cartella ostetrica ambulatoriale orientata da linee guida condivise; - Monitorare la crescita ed il benessere fetale anche mediante l’indirizzo a prestazioni di tipo strumentale;- Operare in stretto collegamento con i centri di diagnosi prenatale per i casi che lo richiedano;- Offrire sostegno psicologico individuale e di coppia ed alle gestanti con facoltà di partorire in anonimato, come da legislazione vigente;

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

- Perseguire e mantenere contatti permanenti con i reparti ospedalieri in cui le donne andranno a partorire, anche attivando momenti strutturati di conoscenza reciproca, e prevedendo incontri di formazione comune tra operatori ospedalieri e territoriali privilegiando l’integrazione degli operatori dei C.F. e ospedalieri per quanto attiene il percorso nascita.- Offrire sostegno e presa in carico sanitario, psicologico delle minorenni che affrontano la maternità senza reti fa-miliari e parentali di appoggio o che intendono affrontare l’IVG predisponendo la relazione per il giudice tutelare.Quale atteggiamento di particolare considerazione della collettività nei riguardi della donna gravida, devono essere predisposti interventi atti a privilegiare l’accesso ai servizi pubblici e privati (ambulatori, laboratori d’analisi, uffici, ecc.) secondo percorsi e facilitazioni che portino a ridurre per quanto possibile i tempi d’attesa ed i disagi della gestante.La promozione dell’allattamento al seno, auspicata dagli Organismi internazionali, dal Ministero della Sanità e dalle Società scientifiche, riconosce nella corretta informazione in alcuni momenti prenatali e neonatali un’importanza fondamentale nell’offrire alla madre ed al neonato lattante condizioni più favorevoli al successo-soddisfacimento dell’allattamento naturale. Il contributo dei servizi territoriali, in particolare del Consultorio Familiare, durante i corsi di preparazione al parto, in occasione del contatto domiciliare dopo la dimissione precoce della coppia madre-neonato e della successiva offerta attiva di servizi a livello territoriale è di notevole rilevanza, purché inserito in un progetto di Azienda che integri le varie competenze ospedaliere e territoriali (comprese le Associazioni di volontariato) nella formazione ed aggiornamento specifici del personale e nel supporto diretto alla madre.

Assistenza alla puerpera ed al neonato

La frequente carenza di aiuto alla puerpera al momento del rientro a domicilio suggerisce un maggiore impegno dei servizi territoriali ed in particolare del Consultorio Familiare nell’aiuto a risolvere i problemi della puerpera e del neonato. Tale esigenza ha assunto particolare rilevanza a seguito dell’incremento numerico delle dimissioni ospeda-liere precoci, che devono essere appropriate e concordate con la madre. In ogni caso devono essere esplicitati i criteri sanitari adottati per assicurare che madre e neonato siano dimessi in condizioni appropriate per la prosecuzione delle cure a domicilio e le misure di salvaguardia del benessere della diade, con particolare riferimento alle dimissioni antecedenti le 48 ore dopo il parto.

Azioni

- Nel rispetto del princìpio della continuità assistenziale ed in presenza di effettive possibilità di cure economiche da da parte dei servizi territoriali deve essere attivata un’offerta di assistenza ostetrica e pediatrica (almeno nell’attesa che il neonato sia registrato tra i clienti del pediatra di libera scelta), a domicilio almeno nel corso della 1a settimana di vita, e soprattutto in caso di dimissione precoce.Deve essere tenuto in considerazione l’esigenza di tutela della salute fisica e psichica di madre e neonato e delle esi-genze relazionali ed organizzative del nucleo familiare, in particolare modo in presenza di soggetti «a rischio» sociale o socio-sanitario (extracomunitarie, nomadi, ecc.) rispetto i quali deve essere prevista una presa in carico complessi-va, di concerto con i servizi sociali.

Prevenzione dell’IVG

La problematica dell’interruzione volontaria di gravidanza presenta certamente aspetti di grande delicatezza e complessità: da un lato implica infatti la necessità di cercare di rimuovere le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione (anche attraverso la stimolazione di interventi di natura sociale e socio-sanitaria integrata) e, ove ciò risultasse vano, seguire adeguatamente (da un punto di vista sanitario, ma anche psicologico), nell’intero percorso assistenziale, la donna che richiede un IVG. Nel caso in cui tale richiesta provenga da minorenne senza assenso dei genitori, o da donna in situazione di disagio sociale e/o socio-sanitario (con particolare riferimento a donne con pro-blemi psichiatrici, tossicodipendenti, immigrate ecc.) l’intervento consultoriale deve farsi più attento e deve garantire, per quanto possibile, il «tutoring» dell’utente che si traduce in un vero e proprio affiancamento ed accompagnamen-to dell’intero percorso assistenziale.

Azioni

- Offrire il colloquio;- Garantire il supporto psicologico e sociale. Qualora ne esistano le condizioni. deve essere previsto l’invio e/o la presa in carico della donna da parte del Servizio Sociale Comunale, al fine di attuare interventi di natura sociale e sanitari tesi a rimuovere le eventuali cause che la inducono la donna ad interrompere la gravidanza (anche avvalendosi, nel

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

rispetto della sua volontà, delle associazioni di volontariato);- Assumere la presa in carico della donna che richiede l’IVG facilitandone il percorso verso le strutture di II-III livello, anche al fine di favorirne il ritorno al C.F. per la promozione della salute riproduttiva e la prevenzione della ripetitività dell’IVG.- Offrire interventi finalizzati alla consulenza per la procreazione consapevole post IVG, per la prevenzione del ripe-tuto ricorso all’IVG.

Prevenzione dei tumori femminili

Il consultorio collabora all’attuazione dei programmi di screening regionali o aziendali su tumore del collo dell’utero e della mammella attivati secondo le indicazioni della Commissione Oncologica Nazionale. Al consultorio può essere assegnata la competenza dell’offerta attiva, mediante chiamata e verifica della non rispondenza. Il consultorio deve collaborare per il supporto psicologico alla donna con patologia oncologica prima o dopo la tera-pia, anche attraverso la promozione di gruppi di auto aiuto. Inoltre, il consultorio deve svolgere funzioni di presa in carico e di indirizzo verso i servizi specialistici di diagnosi e cura, facilitando i percorsi e gli accessi.Condizione essenziale per tale obiettivo di salute è la collaborazione continua, secondo le linee operative diparti-mentali, con i servizi di secondo e terzo livello (citologia, colposcopia, mammografia, ecc.) accreditati e con controllo di qualità.

Azioni

Tumore del collo dell’utero: offerta attiva del Pap-Test a tutte le donne di età compresa tra 25 e 64 anni, con periodicità triennale ove non sussistano condizioni di rischio (secondo le indicazioni della Commissione Oncologica Nazionale)Tumore della mammella: il C.F. offre consulenza ed indirizza la donna verso i centri di diagnosi precoce per la preven-zione del tumore della mammella e, per le donne di fascia di età 50-69 anni, indirizza verso il programma di screening, secondo i le indicazioni della Commissione Oncologica Nazionale.

Interventi per l’età post-fertile

Pur essendo sufficientemente chiarito il rapporto causale tra carenza estrogenica, patologie degenerative e sinto-matologia soggettiva, la sostituzione ormonale in menopausa non risulta comunque essere l’unica possibilità di prevenzione e cura. Uno stile di vita caratterizzato da dieta adeguata, attività fisica regolare e riduzione del fumo di tabacco e dell’uso di alcool, si è infatti dimostrato efficace nella prevenzione sia delle malattie cardiovascolari che dell’osteoporosi. Risulta pertanto necessario selezionare prioritariamente le donne in rapporto alle esigenze individuali ed alle pro-spettive di prevenzione di patologie degenerative.I Consultori Familiari devono promuovere la sensibilizzazione delle donne in età post-fertile alla prevenzione ed al trattamento delle malattie degenerative proprie dell’età, anche mediante la discussione, l’informazione e l’indirizzo a soluzioni personalizzate. Tale attività può anche essere svolta in modo complementare con l’offerta attiva del Pap-test.Inoltre, per le donne in corso di trattamento con terapia ormonale sostitutiva, il C.F. può facilitare ed organizzare gli opportuni controlli strumentali periodici.

Azioni

- Promuovere l’aggiornamento professionale di ginecologi, medici di base, ostetriche, fisioterapisti sulle problemati-che del climaterio e della menopausa e sulla possibilità di trattarla. - Incentivare la consapevolezza delle donne circa la possibilità di migliorare il proprio stile di vita e la sessualità per la qualità della vita post-fertile.

Vaccinazioni

Il Consultorio Familiare, in sinergia con il DP e con il Distretto può intervenire nell’offerta attiva delle vaccinazioni per il conseguimento degli obiettivi del P.S.N. secondo le azioni e priorità indicate dal «Piano nazionale vaccini 1999-2000» (provvedimento 18 giugno 1999, Supp. Ord. n. 144 alla Gazz. Uff. 29 luglio 1999, n. 176).In particolare, in collegamento con i servizi responsabili dei programmi vaccinali potrebbe svolgere le indagini domi-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

ciliari nei casi in cui il bambino non sia stato portato alla seduta vaccinale e, con i suddetti servizi potrebbe collaborare alla realizzazione di campagne di educazione sanitaria e campagne vaccinali.Si riportano in Allegato 7 i requisiti e gli standard di fabbisogno indicativi per i C.F. che possono essere presi come riferimento nelle attività di programmazione regionale.

13. Organizzazione dipartimentale dell’area materno-infantile.

Il modello organizzativo dipartimentale discende dalla normativa vigente che ha fornito indicazioni circa l’organizza-zione dell’assistenza ospedaliera e territoriale nel settore materno infantile.Il D.P.R. n. 28/1969 introduce, per la prima volta nel nostro Paese, la possibilità di realizzare «strutture organizzative a tipo dipartimentale tra le divisioni, sezioni e servizi affini e complementari, al fine della loro migliore efficienza opera-tiva, dell’economia di gestione e del progresso tecnico e scientifico».Tali propositi non sono però stati seguiti da significative esperienze e, nel 1975, l’argomento è statoripreso dalla legge 18 aprile 1975, n. 148, che, nel confermare i concetti della normativa del 1969, introduceva la questione dell’integra-zione dell’ospedale con altre istituzioni sanitarie extraospedaliere, stabilendo che nel previsto comitato di Diparti-mento fossero inseriti i responsabili sanitari delle strutture esterne collegate.La legge n. 148/1975 demandava ad un successivo decreto la relativa normativa, emanata poi con il D.M. 8 novem-bre 1976. Il decreto prevedeva che le regioni promuovessero, con gradualità, l’istituzione dei Dipartimenti, al fine di garantire la convergenza di competenze ed esperienze nei diversi campi dell’assistenza, della ricerca e della didatti-ca, favorendo l’aggiornamento professionale ed i collegamenti con le strutture extraospedaliere e consentendo, nel contempo, il superamento di molte disfunzioni, anche attraverso un maggior grado di umanizzazione all’interno delle strutture.Di fatto, strutturalmente l’ospedale non si è modificato nonostante la legge n. 833/1978 stabiliva che le Regioni «disci-plinano con legge l’articolazione dell’ordinamento degli ospedali in Dipartimenti, in base al princìpio dell’integrazio-ne tra le divisioni, sezioni e servizi affini e complementari, a quello del collegamento tra i servizi ospedalieri ed extra-ospedalieri ... nonché a quello della gestione dei Dipartimenti stessi sulla base dell’integrazione delle competenze ...». La successiva legge n. 595/1985 ha sancito una vera e propria svolta nell’organizzazione ospedaliera.Con tale legge, infatti, viene stabilito il contenimento dei posti letto per unità di popolazione, e vengono introdotti concetti nuovi, come quello di aree funzionali omogenee, in quanto capaci di meglio realizzare il contenimento dei posti letto, pur mantenendo elevata la capacità operativa, anche attraverso l’ospedalizzazione a ciclo diurno, che per la prima volta compare tra le attività effettuabili proprio attraverso la riconversione degli spazi. In particolare con l’art. 10 viene prevista: «la ristrutturazione, nel triennio 1986/88, in deroga a quanto previsto dagli artt. 36 e seguenti della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e dai D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128 e D.P.R. 27 marzo 1969, n. 129, delle degenze ospedaliere in aree fun-zionali omogenee afferenti alle attività di medicina, di chirurgia e di specialità, che, pur articolate in divisioni, sezioni e servizi speciali di diagnosi e cura, anche a carattere pluridisciplinare, siano dimensionate in rapporto alle esigenze assistenziali e rappresentino misure di avvio all’applicazione dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1978, n. 833». Tali concetti vengono ripresi dalla legge finanziaria ‘92, cioè la legge 30 dicembre 1991, n. 412 che, all’art. 4, fa obbligo alle Regioni di «attuare a modifica di quanto previsto dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132, il modello delle aree fun-zionali omogenee con presenza obbligatoria di day hospital, conservando alle unità operative che vi confluiscono l’autonomia funzionale in ordine alle patologie di competenza, nel quadro di una efficace integrazione e collabora-zione con altre strutture affini e con uso in comune delle risorse umane e strumentali». Il D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni, all’art. 4 comma 10, prevede che le Regioni «provvedono alla riorganizzazione di tutti i presidi ospedalieri sulla base delle disposizioni di cui all’art. 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, organizzando gli stessi presidi in Dipartimenti». Nello stabilire i criteri per la individuazione degli ospe-dali di rilievo nazionale e di alta specializzazione, prevede che questi debbano avere una «organizzazione funzio-nalmente accorpata ed unitaria di tipo dipartimentale di tipo dipartimentale di tutti i servizi che compongono una struttura di alta specialità».Tale modello ricomprende anche quanto previsto dal decreto 29 gennaio 1992 del Ministro della Sanità «Elenco delle alte specialità e fissazione dei requisiti necessari alle strutture sanitarie per l’esercizio delle attività di alta specialità», nell’àmbito delle norme organizzative previste all’art. 4. Il D.Lgs. n. 502/1992, come modificato da ultimo D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, all’art. 1-bis definisce il modello ope-rativo del dipartimento della prevenzione ed all’art. 17-bis, comma 1, sancisce che «l’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle Aziende sanitarie».La legge 28 dicembre 1995, n. 549: «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica» ribadisce che «l’organizzazio-ne interna degli ospedali deve osservare il modello dipartimentale», onde «consentire a servizi affini e complementa-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

ri di operare in forma coordinata per evitare ritardi, disfunzioni e distorto utilizzo di risorse finanziarie».Il processo di aziendalizzazione, instauratosi col D.Lgs. n. 502/1992 e D.Lgs. n. 517/1993 e successive integrazioni e modificazioni, coinvolge a pieno il territorio dell’Azienda sanitaria, inteso sia come àmbito di intervento extrao-spedaliero all’interno del quale garantire l’erogazione di prestazioni assistenziali sia come sede fisica di strutture cui fare riferimento. Per la specifica area materno-infantile già norme precedenti avevano previsto specifici interventi sui minori in età scolare (D.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264 e D.P.R. 22 dicembre 1976, n. 1518), sulle donne e sulle coppie (legge n. 405/1975 e legge n. 194/1978) e sul minore bisognoso di tutela (legge n. 285/1997.)Ora tali interventi extraospedalieri, secondo la logica dei livelli uniformi di assistenza, da garantirsi da parte della relativa struttura organizzativa aziendale, confluiscono nelle U.U.O.O. Distrettuali. Il Distretto infatti risulta essere la sede ottimale, quale area di integrazione socio-sanitaria, per il funzionamento dei servizi. Il Distretto, inoltre, consente l’interazione sinergica tra i vari soggetti protagonisti delle azioni volte al persegui-mento del benessere personale e sociale.Il processo di aziendalizzazione comporta una ridefinizione di rapporti tra àmbito sanitario e socioassistenziale sia alla luce del D.Lgs. n. 502 (Delega ai Comuni), della legge n. 142/1990 (Accordi diprogramma) e del D.Lgs. n. 229/1999 (integrazione socio-sanitaria).Dall’analisi delle disposizioni normative al riguardo, risulta lo sforzo del legislatore di proporre modelli di integrazione delle strutture, tali da garantire una più efficiente organizzazione degli interventi socio-sanitari.L’area funzionale omogenea da una risposta a tale esigenza, attraverso l’aggregazione di unità operative che conser-vano la propria autonomia.Risulta quindi necessario creare fra territorio ed ospedale, alla luce della legislazione vigente, una sinergia che nasca da strutture di pari dignità.Ciò va inteso come la realizzazione di un coordinamento funzionale per perseguire obiettivi strategici e scelte ope-rative finalizzate al miglioramento della qualità delle azioni di prevenzione cura e riabilitazione con particolare atten-zione alle fasce di popolazione più deboli nell’utilizzo integrato dei fattori produttivi.Il D.Lgs. n. 229/1999 all’art. 17-bis, comma 1, sancisce che «l’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle Aziende sanitarie». L’organizzazione dipartimentale è quindi un modello organizzativo grazie al quale Unità Operative Ospedaliere (U.O.O.) e/o Unità Operative Territoriali (U.O.T.), mediante l’erogazione di specifiche prestazioni in base alle previsioni del programma annuale aziendale, concorrono al conseguimento degli obiettivi di salute secondo le indicazioni del P.S.N. e dei Piani Regionali (Sanitari e Socioassistenziali).Nel Dipartimento confluiscono, nel rispetto della programmazione regionale, sulla base dell’art. 2 del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni, U.O.O. e U.O.T. interdipendenti, rispetto alle azioni di programma previste, che mantengono tuttavia la propria autonomia, secondo il piano dei centri di responsabilità individuato.Nell’area materno-infantile il modello organizzativo è un Dipartimento tecnico-funzionale non equiparato quindi ad una struttura operativa dotata di proprio budget. Le U.U.O.O. territoriali e ospedaliere che lo compongono mantengono la loro collocazione all’interno delle strutture operative previste dal D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni (Distretto, Ospedale a contabilità separata ovvero Azienda ospedaliera, Policlinico universitario, I.R.C.C.S.) le quali, nella definizione dei rispettivi budget dovranno tener conto degli obiettivi dell’organizzazione dipartimentale.Nelle aree metropolitane, in cui convergono più aziende ospedaliere ed ASL potrà essere presa in considerazione la stipula di appositi accordi interaziendali per il raggiungimento degli obiettivi fissati, sulla base di linee guida regionali.L’interdipendenza reciproca che si verifica sia tra strutture operative che tra unità operative della stessa struttura ri-chiede pertanto nel primo caso la necessità di un coordinamento e nel secondo caso l’individuazione di centri di responsabilità specifici.Tale coordinamento consente di indirizzare le attività delle U.O. coinvolte per ridurre la frammentazione ed i connessi possibili fenomeni di contraddittorietà degli interventi e migliorare la qualità degli stessi nel rispetto dei livelli essen-ziali, uniformi ed appropriati di assistenza, garantendone l’interdisciplinarietà e la continuità.Le Regioni, per quanto detto in premessa, devono prioritariamente prevedere, nel rispetto delle indicazioni detta-te dal P.S.N. e dai P.S.R., l’organizzazione dipartimentale dell’area maternoinfantile. cui compete la realizzazione dei programmi assistenziali per la popolazione target, definiti sulla base della programmazione regionale, aziendale e distrettuale, con il coinvolgimento di tutte le U.U.O.O. Territoriali e Ospedaliere interessate, secondo gli indirizzi orga-nizzativi del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni, al fine di realizzare gli obiettivi di salute anche nella logica della integrazione socio-sanitaria.È così possibile ipotizzare l’istituzione di Dipartimenti che vedono nell’àmbito dell’area ospedaliera, compiti di dia-gnosi e cura, e nell’area territoriale compiti di promozione della salute, di prevenzione, cure primarie, riabilitazione ed integrazione fra interventi sanitari e socio-assistenziali, interventi tutti che nel loro complesso devono garantire l’unitarietà dell’approccio assistenziale particolarmente importante in questa area.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Il modello organizzativo dipartimentale dell’area materno-infantile, nel rispetto della logica dell’integrazione anche con le Aziende Ospedaliere, è un dipartimento tecnico-funzionale tipicamente trasversale, coinvolgendo U.U.O.O. afferenti a diversi livelli organizzativi aziendali. Con riferimento alla tipologia dell’Azienda (Azienda U.S.L. comprendente U.O.O. e U.O.T., Azienda Ospedaliera Auto-noma, Policlinico Universitario, I.R.C.C.S.) il modello organizzativo dipartimentale potrà essere caratterizzato da am-biti di azione, organi e modalità organizzative diverse, nel rispetto degli obiettivi generali prefissati dai P.S.N. e P.S.R. per l’area maternoinfantile. L’organizzazione dipartimentale nella singola Azienda raccoglie ed integra funzionalmente le varie U.U.O.O. che ope-rano nell’area materno-infantile.Nell’organizzazione dipartimentale trasversale dell’area materno-infantile viene realizzata la complementarità tra Aziende diverse, per il raggiungimento degli obiettivi fissati, sulla base delle linee programmatorie regionali, nell’àm-bito dei rispettivi piani aziendali.Nel rispetto degli obiettivi dei P.S.N. e P.S.R. e in attuazione della programmazione aziendale e distrettuale, delle rela-tive priorità individuate sulla base dei dati epidemiologici, compito dell’organizzazione dipartimentale è di attivare azioni mirate al soddisfacimento dei bisogni della popolazione dell’area materno-infantile del territorio di apparte-nenza proponendo altresì la distribuzione delle risorse necessarie al conseguimento degli obiettivi prefissati.

Compiti dell’organizzazione dipartimento sono quindi:

- nel rispetto delle Linee Guida, elaborare protocolli attuativi, coordinare le prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione a livello territoriale ed ospedaliero, ottimizzare le risorse e per garantire prioritariamente la: - tutela della salute della donna in tutte le fasi ed ambienti di vita;- tutela della procreazione e tutela sociale della maternità e paternità responsabile;- tutela dell’unità madre-neonato all’interno del percorso nascita;- tutela della salute dei minori fino al raggiungimento dell’età adulta;- tutela del minore disabile e dei soggetti socialmente deboli;- prevenzione, cura e riabilitazione del disagio psichico e sociale dovuto a problematiche scolastiche, familiari e rela-zionali anche in riferimento agli abusi e maltrattamenti;- offerta attiva di interventi preventivi;- integrazione socio-sanitaria;- umanizzazione dell’assistenza, con particolare riferimento al momento della nascita;

- Garantire i livelli assistenziali attraverso l’individuazione ed il coordinamento delle prestazioni che si rendono neces-sarie nell’àmbito di un approccio globale alla persona, per mezzo delle seguenti funzioni:- prevenzione;- attività ambulatoriale;- preospedalizzazione;- Day-Hospital e Day-Surgery;- emergenza ed urgenza continua nelle 24 ore;- ricovero ordinario;- organizzazione e responsabilità dei trasferimenti interni e del follow-up dimissione protetta e assistenza domiciliare integrata- riabilitazione;

- Raggiungere gli obiettivi prefissati attraverso le seguenti modalità:- didattica, formazione ed aggiornamento;- ricerca e sorveglianza epidemiologica;- informatizzazione, studio e applicazione di sistemi integrati di gestione;- coordinamento ed integrazione delle risorse disponibili dell’area materno-infantile;- adeguamento dei modelli operativi anche nel rispetto dei requisiti minimi funzionali ed organizzativi;- elaborazione ed applicazione di specifiche Linee Guida;- utilizzazione ottimale degli spazi assistenziali, del personale e delle apparecchiature;- organizzazione dell’attività libero-professionale intramuraria nell’àmbito del Dipartimento;- valutazione e verifica della qualità dell’assistenza fornita;- individuazione e promozione di nuove attività o di nuovi modelli operativi.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Il personale delle U.U.O.O. territoriali e ospedaliere che afferiscono all’organizzazione dipartimentale, pur mantenen-do l’appartenenza alla U.O. alla quale è assegnato, opera in un sistema organizzativo caratterizzato dalla massima integrazione, ai fini del perseguimento di livelli assistenziali appropriati ed uniformi. Poiché il personale rappresenta la principale risorsa messa, indirettamente. a disposizione, e poiché questo costitui-sce la quota preponderante delle risorse conferite alle U.U.O.O. di appartenenza,l’organizzazione del lavoro cui deve tendere il modello dipartimentale al fine di garantire obiettivi di efficienza e di efficacia e quella della metodologia per progetti.L’integrazione funzionale deve quindi essere orientata all’utilizzo dei fattori produttivi in funzione di progetti mira-ti, identificando i centri di responsabilità corrispondenti, specificando il contributo che ciascuna struttura operativa fornisce al progetto.È opportuno che tale modalità comprenda anche i Servizi Sociali secondo la logica dei piani di zona dei servizi.Il D.Lgs. n. 229/1999 all’art. 17-bis prevede che la direzione del dipartimento sia affidata dal direttore generale ad un dirigente con incarico di direzione delle strutture complesse aggregate nel dipartimento e definisce le caratteristiche e le modalità di svolgimento dell’incarico. Affida inoltre alla Regione la disciplina della composizione e delle funzioni del Comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso alla individuazione dei direttori di dipartimento». Nel caso di accordi tra aziende devono essere preconfigurate soluzioni che rispettino al massimo l’autonomia delle singole Aziende, le quali, condividendo obiettivi derivati dal P.S.R. e attuando strategie comuni a favore della po-polazione dell’area materno-infantile, concorreranno in misura diversa al finanziamento dei progetti, in relazione all’impegno che ciascuna Azienda dedica ai progetti, oggetto degli accordi.In pratica, le Aziende coinvolte:1. concorrono al raggiungimento degli obiettivi generali del Piano Sanitario Regionale per quanto attiene all’area materno-infantile;2. condividono tra loro obiettivi specifici e strategie operative correlate alle norme di indirizzo regionale.

Allegati

Tali allegati contengono indicazioni orientative per le regioni da adattare, alle proprie esigenze di programmazione sanitaria regionale e costituiscono un contributo tecnico per tutte le realtà istituzionali coinvolte nel processo di at-tuazione del P.S.N. 1998-2000 relativamente al campo materno-infantile.1. Requisiti e standard di fabbisogno assistenziale indicativi per le unità operative di ostetricia e di neonatologia ospe-daliere (U.O. autonome o aggregate alla U.O. di pediatria).2. Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per il trasporto materno e neonatale.3. Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per le U.O.O. pediatriche.4. Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per le U.O.O. pediatriche di altissimaspecializzazione (malattie croniche e disabilitanti).5. Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per l’urgenza e l’emergenza pediatrica di III livello.6. Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per le U.U.O.O. territoriali, ospedaliere,semiresidenziali e residenziali di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.7. Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per i consultori familiari.

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001, ‘’Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie’’ - G.U. n. 129 del 6 giugno 2001

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRIVisto l’art. 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, laddove e’ prevista l’emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento che assicuri livelli uniformi delle prestazioni socio-sanitarie di alta integrazione sanitaria, anche in attuazione del Piano sanitario nazionale; Visto l’art. 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, e successive modifiche e integrazioni, in cui e’ prevista la tipologia delle prestazioni socio-sanitarie e l’ambito dell’atto di indirizzo e coordinamento da emanarsi ai sensi del citato art. 2, comma 1, lettera n), della legge n. 419 del 1998; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, recante “Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000”, con particolare riguardo alla parte relativa all’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale;

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Visto l’art. 8, commi 1 e 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modifiche ed integrazioni; Visto l’art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;Considerata, quindi, l’esigenza di assicurare l’emanazione dell’atto di indirizzo e coordinamento relativo all’integra-zione socio-sanitaria;Vista l’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 21 dicembre 2000;Visto il parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali unificata con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 21 dicembre 2000;Consultate le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266;Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri nella riunione del 26 gennaio 2001;Sulla proposta del Ministro della sanità di concerto con il Ministro della solidarietà sociale; Decreta: Art. 1Atto di indirizzo e coordinamento1. E’ approvato il seguente atto di indirizzo e coordinamento.

Art. 2Tipologia delle prestazioni1. L’assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone che presentano bisogni di salute che richiedono prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale, anche di lungo periodo, sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali. Le regioni disciplinano le modalità ed i criteri di definizione dei progetti as-sistenziali personalizzati. 2. Le prestazioni socio-sanitarie di cui all’art. 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni sono definite tenendo conto dei seguenti criteri: la natura del bisogno, la complessità e l’intensitàdell’intervento assistenziale, nonché la sua durata. 3. Ai fini della determinazione della natura del bisogno si tiene conto degli aspetti inerenti a:a) funzioni psicofisiche;b) natura delle attività del soggetto e relative limitazioni;c) modalità di partecipazione alla vita sociale;d) fattori di contesto ambientale e familiare che incidono nella risposta al bisogno e nel suo superamento. 4. L’intensità assistenziale e’ stabilita in base a fasi temporali che caratterizzano il progetto personalizzato, cosi’ definite: a) la fase intensiva, caratterizzata da un impegno riabilitativo specialistico di tipo diagnostico e terapeutico, di elevata complessità e di durata breve e definita, con modalità operative residenziali, semiresidenziali, ambulatoriali e domiciliari; b) la fase estensiva, caratterizzata da una minore intensità terapeutica, tale comunque da richiedere una presa in carico specifica, a fronte di un programma assistenziale di medio o prolungato periodo definito; c) la fase di lungoassistenza, finalizzata a mantenere l’autonomia funzionale possibile e a rallentare il suo deterioramento, nonché a favorire la partecipazione alla vita sociale, anche attraverso percorsi educativi. 5. La complessità dell’intervento e’ determinata con riferimento alla composizione dei fattori produttivi impiegati (professionali e di altra natura), e alla loro articolazione nel progetto personalizzato. Art. 3Definizioni1. Sono da considerare prestazioni sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di compe-tenza delle aziende unita’ sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata me-dio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali. 2. Sono da considerare prestazioni sociali a rilevanza sanitaria tutte le attività del sistema sociale che

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilita’ o di emar-ginazione condizionanti lo stato di salute. Tali attività, di competenza dei comuni, sono prestate con partecipazione alla spesa, da parte dei cittadini, stabilita dai comuni stessi e si esplicano attraverso: a) gli interventi di sostegno e promozione a favore dell’infanzia, dell’adolescenza e delle responsabilità familiari;b) gli interventi per contrastare la povertà nei riguardi dei cittadini impossibilitati a produrre reddito per limitazioni personali o sociali;c) gli interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel pro-prio domicilio di persone non autosufficienti;d) gli interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani con limita-zione dell’autonomia, non assistibili a domicilio;e) gli interventi, anche di natura economica, atti a favorire l’inserimento sociale di soggetti affetti da disabilita’ o pa-tologia psicofisica e da dipendenza, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di diritto al lavoro dei disabili;f) ogni altro intervento qualificato quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed inserito tra i livelli essenziali di assistenza secondo la legislazione vigente.Dette prestazioni, inserite in progetti personalizzati di durata non limitata, sono erogate nelle fasi estensive e di lungoassistenza. 3. Sono da considerare prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria di cui all’art. 3-septies, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensita’ della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patolo-gie per infezioni da H.I.V. e patologie terminali, inabilita’ o disabilita’ conseguenti a patologie cronico-degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post-acuta caratterizzate dall’inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibili-tàdell’impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell’assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell’assistenza. Dette prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domicilia-re o nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio-sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungoassistenza. Art. 4 Principi di programmazione e di organizzazione delle attività1. La regione nell’ambito della programmazione degli interventi socio-sanitari determina gli obiettivi, le funzioni, i criteri di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie, ivi compresi i criteri di finanziamento, tenendo conto di quanto espresso nella tabella allegata. A tal fine si avvale del concerto della Conferenza permanente per la programma-zione sanitaria e socio-sanitaria regionale di cui all’art. 2, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, o di altri organismi consultivi equivalenti previsti dalla legislazione regionale. La regione con il concorso della stessa Conferenza, svolge attività di vigilanza e coordinamento sul rispetto di dette in-dicazioni da parte delle aziende sanitarie e dei comuni al fine di garantire uniformità di comportamenti a livello territo-riale. La programmazione degli interventi socio-sanitari avviene secondo principi di sussidiarietà, cooperazione, effi-cacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, nonché di continuità assistenziale. 2. Al fine di favorire l’integrazione con i servizi di assistenza primaria e con le altre prestazioni socio-sanitarie, la programmazione dei servizi e delle prestazioni ad elevata integrazione sanitaria rientra nel Programma del-le attività territoriali, di cui all’art. 3-quater, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifi-che e integrazioni. I comuni adottano sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini per consentirne l’esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle suddette prestazioni. 3. Per favorire l’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni socio-sanitarie necessarie a soddisfare le neces-sita’ assistenziali dei soggetti destinatari, l’erogazione delle prestazioni e dei servizi e’ organizzata di norma attraverso la valutazione multidisciplinare del bisogno, la definizione di un piano di lavoro integrato e per-sonalizzato e la valutazione periodica dei risultati ottenuti. La regione emana indirizzi e protocolli volti ad omogeneizzare a livello territoriale i criteri della valutazione multidisciplinare e l’articolazione del piano di lavoro per-sonalizzato vigilando sulla loro corretta applicazione al fine di assicurare comportamenti uniformi ed omogenei a livello territoriale.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Art. 5 Criteri di finanziamento1. Le regioni, nella ripartizione delle risorse del Fondo per il servizio sanitario regionale con il concorso del-la Conferenza di cui all’art. 3, comma 1, tengono conto delle finalità del presente provvedimento, sulla base di indicatori demografici ed epidemiologici, nonché delle differenti configurazioni territoriali e ambientali. 2. La regione definisce i criteri per la definizione della partecipazione alla spesa degli utenti in rapporto ai singoli interventi, fatto salvo quanto previsto per le prestazioni sanitarie dal decreto legislativo n. 124 del 1998 e per quelle sociali dal decreto legislativo n. 109 del 1998 e successive modifiche e integrazioni. Art. 6 Norma di garanzia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono alle finalità del presente atto di indirizzo e coordinamento nell’ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordina-menti.  

Il presente decreto verrà trasmesso alle competenti commissioni parlamentari e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 14 febbraio 2001

Il Presidente del Consiglio dei Ministri Amato

Il Ministro della sanità

Veronesi

Il Ministro della solidarietà sociale Turco

registrato alla Corte dei conti l’11 maggio 2001

Ministeri istituzionali - Presidenza del Consiglio dei Ministri

Tabella A - PRESTAZIONI E CRITERI DI FINANZIAMENTO - (Tabella prevista dall'art.4, c.1 del DPCM 14 febbraio 2001 -

"Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie") Pubblicato in G.U. n. 129 del 6 giugno 2001

AREA PRESTAZIONI - FUNZIONI FONTE LEGISLATIVA CRITERI DI FINANZIAMENTO

Materno infantile

1. Assistenza di tipo consultoriale alla famiglia, alla maternità, ai minori attraverso prestazioni mediche, sociali, psicologiche, riabilitative

L. 29/7/1975, n.405 100% a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

" 2. Attività assistenziali inerenti l'interruzione volontaria di gravidanza attraverso prestazioni mediche, sociali, psicologiche

L. 22/5/1978, n.194 100% SSN

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

" 3. Protezione del minore in stato di abbandono e tutela della sua crescita anche attraverso affidi e adozioni

Norme nazionali in materia di diritto di famiglia, affidi e adozioni nazionali ed internazionali

100% SSN le prestazioni medico specialistiche, psicoterapeutiche, di indagine diagnostica sui minori e sulle famiglie adottive e affidatarie.

" Interventi di sostegno per le famiglie di minori in situazione di disagio, di disadattamento o di devianza

L. 28/8/1997, n.285 Leggi regionali

100% a carico dei Comuni le prestazioni di supporto sociale ed economico alle famiglie, di supporto educativo domiciliare e territoriale sui minori, compresa l'indagine sociale sulla famiglia

" Interventi per minori soggetti a provvedimenti penali, civili, amministrativi.

100% a carico dei Comuni l'accoglienza in comunità educative o familiari

" 4. Interventi di prevenzione, assistenza e recupero psicoterapeutico dei minori vittime di abusi

L. 15/2/1996, n. 66 L.3/8/1998, n. 269 D.M. 24/4/2000: P.O. Materno Infantile

100% SSN

Disabili 1. Assistenza ai disabili attraverso interventi diretti al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e tramite prestazioni domiciliari, ambulatoriali, semiresidenziali e residenziali e assistenza protesica

L. 23/12/1978, . n.833 art.26 Provvedimento 7/5/1998: linee guida del Ministero della Sanità per l'attività di riabilitazione

100% SSN l'assistenza in fase intensiva e le prestazioni ad elevata integrazione nella fase estensiva e nei casi di responsività minimale. 100% SSN l'accoglienza in strutture terapeutiche di minori affetti da disturbi comportamentali o patologie di interesse neuropsichiatrico.

" 2. Tutela del disabile attraverso prestazioni di riabilitazione, educative e di socializzazione, di facilitazione dell'inserimento scolastico e lavorativo, in regime domiciliare, semiresidenziale e residenziale, nella fase di lungo assistenza, compresi gli interventi e servizi di sollievo alla famiglia

L. 5/2/1992, n.104 L. 21/5/1998, n. 162 Leggi regionali

100% SSN le prestazioni diagnostiche, riabilitative e di consulenza specialistica 70% SSN e 30% a carico dei Comuni (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale) l'assistenza in strutture semiresidenziali e residenziali per disabili gravi, in strutture accreditate sulla base di standard regionali. 40% SSN - 60% Comuni (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale) l'assistenza ai disabili gravi privi di sostegno familiare, nei servizi di residenza permanente. 100% a carico dei Comuni l'assistenza sociale, scolastica ed educativa e i programmi di inserimento sociale e lavorativo.

Anziani

e persone non auto-sufficienti con patologie

cronico-degenerative

1. Cura e recupero funzionale di soggetti non autosufficienti non curabili a domicilio, tramite servizi residenziali a ciclo continuativo e diurno, compresi interventi e servizi di sollievo alla famiglia

Linee Guida emanate dal Ministero della Sanità del 31/3/1994 L. 11/3/1988, n.67 L. 451/1998 D.L.vo n. 229/1999 DPR 23/7/1998: Piano Sanitario 1998/2000 Leggi e Piani regionali

100% SSN l'assistenza in fase intensiva e le prestazini ad elevata integrazione nella fase estensiva. Nelle forme di lungoassistenza semiresidenziali e residenziali il 50% del costo complessivo a carico del SSN, con riferimento ai costi riconducibili al valore medio della retta relativa ai servizi in possesso di standard regionali, o in alternativa il costo del personale sanitario e il 30% dei costi per l'assistenza tutelare e alberghiera, il restante 50% del costo complessivo a carico del Comune (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale).

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

" 2. Assistenza domiciliare integrata

P.O Anziani 100% SSN le prestazioni a domicilio di medicina generale e specialistica, di assistenza infermieristica e di riabilitazione 50% SSN e 50% Comuni (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale) l'assistenza tutelare. 100% a carico dei Comuni l'aiuto domestico e familiare

Dipendenze da droga, alcool e

farmaci

1. Tutela delle persone dipendenti da alcool e da droga tramite prestazioni di tipo ambulatoriale, domiciliare, semiresidenziale e residenziale, di riabilitazione e reinserimento sociale

DPR 9/10/1990, n. 309 L.18/2/1999, n.45 Accordo Stato-Regioni 21/1/1999

100% SSN le prestazioni terapeutico-riabilitatve ed i trattamenti specialistici, compreso il periodo della disassuefazione in comunità terapeutica 100% a carico dei Comuni i programmi di reinserimento sociale e lavorativo, allorché sia superata la fase di dipendenza

Patologie psichiatriche

1. Tutela delle persone affette da disturbi mentali tramite prestazioni terapeutiche e riabilitative di tipo ambulatoriale, domiciliare, semiresidenziale e residenziale.

DPR 10/11/1999: P.O. Tutela della salute mentale 1998/2000

100% SSN

" 2. Accoglienza in strutture a bassa intensità assistenziale e programmi di reinserimento sociale e lavorativo

Nella fase di lungoassistenza, ripartizione della spesa tra Asl e Comuni secondo quote fissate a livello regionale prevedendo, nei parametri di ripartizione, una quota minima di concorso alla spesa tra il 30% ed il 70% (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale).

Patologie per infezioni da

HIV

1. Cura e trattamenti farmacologici particolare per la fase di lungoassistenza ed accoglienza in strutture residenziali

L. n.135/1990 DPR 8/3/2000: P.O. Aids

100% SSN nella fase intensiva ed estensiva. Ripartizione della spesa tra Asl e Comuni in misura non inferiore al 30% per ognuno nella fase di lungoassistenza (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale).

"

2. Eventuali programmi di reinserimento sociale e lavorativo

100% a carico dei Comuni (fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale).

Pazienti terminali

1. Prestazioni e trattamenti palliativi in regime ambulatoriale, domiciliare, semiresidenziale, residenziale

L.28/2/1999, n. 39 100% SSN

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Legge Regionale n. 21 del 24/7/1978, “Istituzione dei Consultori Familiari in Sicilia” in G.U.R.S. 29/7/1978 n. 32

Articolo 1 In attuazione della legge 29 luglio 1975, n. 405, la Regione siciliana programma e promuove la creazione di consultori familiari che, in particolare, hanno il fine di realizzare: a) l’ assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problema-tica minorile; b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’ integrità fisica degli utenti; c) la tutela della salute della donna e del concepito; d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso; e) tutte le finalità e gli adem-pimenti previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194, << Norme per la tutela sociale della maternità e sull’ interruzione volontaria della gravidanza >>. Articolo 2 L’ Assessore regionale per la sanità predispone il piano per la ripartizione territoriale dei consultori, per il riparto dei finanziamenti destinati dallo Stato e dalla Regione per la loro attività e per l’ organizzazione di attività promozionali e di studio su materie attinenti alle attività dei consultori stessi, nonchè lo schema di regolamento per l’ ordinamento e il funzionamento dei consultori e lo schema di convenzione di cui al suc-cessivo art. 8. Il piano, lo schema tipo di regolamento e lo schema tipo di convenzione vengono adottati con decreto dell’ Assessore regionale per la sanità , sentito il parere della competente Commissione legislativa dell’ Assemblea re-gionale siciliana, secondo le modalità previste dal terzo comma dell’ art. 25 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 27. Articolo 3 Fino all’ istituzione delle unità sanitarie locali nelle quali il servizio consultoriale sarà integrato, la programmazione della ripartizione territoriale dei consultori, di cui al precedente articolo, deve essere effettuata tenendo conto della necessità di garantire una equilibrata diffusione territoriale del servizio, anche in rapporto a particolari situazioni ge-ografiche o urbanistiche, assumendo come parametro di riferimento l’ area delle unità sanitarie locali. Per ogni unità sanitaria locale è obbligatoria l’ istituzione di almeno un consultorio pubblico a gestione diretta comunale o consor-tile. Nelle more della definizione dell’ area delle unità sanitarie locali, l’ equilibrata diffusione territoriale del servizio sarà attuata con l’ apposito piano predisposto dall’ Assessore regionale per la sanità , secondo le modalità previste all’ articolo precedente, garantendo prioritariamente l’ istituzione dei consultori pubblici a gestione diretta comunale o consortile. Deve in ogni caso essere garantita l’ istituzione di un consultorio nei comuni con almeno 35.000 abitanti e nei consorzi di comuni la cui popolazione non sia inferiore a 25.000 abitanti.Articolo 4 Entro il 31 ottobre di ogni anno l’ Assessore regionale per la sanità predispone il piano annuale di ripartizione terri-toriale dei consultori e di ripartizione dei relativi contributi, di cui all’ art. 2. In particolare, con il programma di riparto dei contributi si provvede all’ assegnazione di una quota non inferiore al 95 per cento della complessiva disponibilità quale risulta dal successivo art. 14 sulla base dei seguenti criteri: a) 50 per cento in relazione alle spese di impianto e di funzionamento previsti, ed in proporzione alla popolazione alla quale ciascun consultorio dovrà fornire le proprie prestazioni; b) 50 per cento in proporzione al tasso di natalità , di natimortalità e di mortalità infantile, quali risultano dai dati ufficiali dell’ ISTAT relativi al penultimo anno precedente a quello dell’ assegnazione. Il residuo della comples-siva disponibilità verrà utilizzato per il finanziamento di iniziative per la formazione e l’ aggiornamento del personale. I comuni o i consorzi di comuni entro il 30 settembre di ciascun anno presentano apposita istanza all’ Assessorato regionale della sanità , corredata da un preventivo riguardante le spese di impianto, di gestione, quelle per la fornitura dei mezzi necessari all’ utente per gli scopi di cui alla lett. b dell’ art. 1 della presente legge, nonchè quelle per ogni altro intervento d’ istituto. Qualora i comuni o i consorzi di comuni intendano avvalersi dell’ opera dei consultori di cui alla lett. b dell’ art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405, l’ istanza dovrà essere corredata da un preventivo riguardante le spese di gestione, quelle per la fornitura dei mezzi necessari all’ utente per gli scopi di cui alla lett. b dell’ art. 1 della presente leggee quelle per ogni altro intervento di istituto. L’ Assessore regionale per la sanità , in conformità al piano di cui al primo comma, entro il 30 novembre emette il decreto di concessione dei contributi. Entro il 31 gennaio dell’ anno successivo a quello cui si riferisce l’ assegnazione dei contributi, gli enti locali o i consultori beneficiari inviano all’ Assessorato regionale della sanità una relazione sullo stato di attuazione del servizio nonchè sull’ impiego delle somme percepite.

Articolo 5 Ogni consultorio, pubblico o convenzionato, è aperto gratuitamente a tutti i cittadini e agli stranieri. L’ onere delle prescrizioni dei prodotti farmaceutici è a carico del servizio cui compete l’ assistenza sanitaria. La prescrizione e la somministrazione dei prodotti farmaceutici, compresi gli anticoncezionali, e degli altri mezzi idonei per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile possono essere ef-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

fettuate direttamente dai medici operanti nei servizi previsti dalla presente legge. Per i soggetti privi di assistenza, l’ onere delle prestazioni farmaceutiche fa carico al comune o al consorzio. Le altre prestazioni previste sono gratuite per tutti.

Articolo 6 Nei consultori familiari pubblici, l’ attività di consulenza e di assistenza prevista dall’ art. 3 della legge 29 luglio 1975, n. 405, dovrà essere svolta da operatori in possesso di titoli specifici in una delle seguenti discipline: medicina, psi-cologia, pedagogia ed assistenza sociale, nonchè dell’ abilitazione, ove prescritta, all’ esercizio professionale. Gli ope-ratori di cui al comma precedente, aventi ciascuno le funzioni di consulente familiare, operano collegialmente. A tal uopo devono aver frequentato e concluso un corso biennale di aggiornamento interdisciplinare, organizzato dall’ Assessorato regionale della sanità , su tutte le materie che attengono ai compiti ed alle finalità previsti dall’ art. 1 della presente legge e dall’ art. 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194. Ogni consultorio pubblico deve disporre del seguente personale: a) di almeno un assistente sociale a tempo pieno; b) di un operatore sanitario (ostetrica o assi-stente sanitaria visitatrice o infermiera professionale a tempo pieno); c) di un ginecologo e di uno psicologo. Il gruppo di lavoro può , se necessario, avvalersi di un medico generico, uno specialista in pediatria, un consulente legale ed un pedagogista, distaccati dalle strutture pubbliche esistenti nel territorio o in regime di consulenza. Gli operatori, che prestano la loro attività in consultori che servono fasce ridotte di utenza, possono, nei limiti delle ore di lavoro previste contrattualmente, essere distaccati a prestare la loro opera in altri consultori. In conformità a quanto previsto dall’ art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405, i consultori pubblici, ai fini dell’ assistenza ambulatoriale e domiciliare, degli opportuni interventi e delle somministrazioni dei mezzi necessari, si avvalgono anche dei servizi dei distretti sanitari, degli uffici sanitari comunali e consortili, delle condotte mediche ed ostetriche, delle strutture e del personale di enti soppressi e delle altre strutture di base sociali, psicologiche, sanitarie. I consultori previsti dall’ art. 2, lett. b, della legge 29 luglio 1975, n. 405, adempiono alle funzioni indicate nel precedente comma mediante convenzioni con le unità sanitarie locali. Fino all’ entrata in vigore della riforma sanitaria possono stipulare convenzioni con gli enti sanitari operanti nel territorio, in base ai programmi annuali regionali previsti dall’ art. 6 della legge 29 luglio 1975, n. 405 e secondo i criteri stabiliti dalla Regione. I consultori, pubblici o convenzionati, per gli esami di laboratorio e radiologici ed ogni altra ricerca strumentale, possono avvalersi degli ospedali e dei presidi specialistici degli enti di assistenza sanitaria. Il personale dei consultori pubblici è assunto per pubblico concorso per titoli ed esami. I consultori pubblici o convenzionati, integrati nelle strutture sanitarie, mantengono collegamenti stabili con quelle scolastiche e sociali esistenti nella zona, nonchè con l’ ufficio del giudice tutelare, con il tribunale dei minorenni e con le strutture giudi-ziarie operanti nel settore del diritto di famiglia. Il personale utilizzato nei consultori è vincolato al segreto d’ ufficio.

Articolo 7 Fino all’ istituzione delle unità sanitarie locali, i comuni ed i consorzi di comuni inclusi nel programma di cui all’ art. 3, provvedono all’ istituzione del consultorio, la cui gestione sociale, sulla base dello schema tipo di regolamento, viene affidata ad un comitato del quale fanno parte: - cinque rappresentanti, di cui almeno tre donne, eletti con voto limita-to a tre dal consiglio di quartiere ove esiste, o dal consiglio comunale, o dall’ assemblea consortile;

- un rappresentante eletto dal personale del consultorio; - l’ ufficiale sanitario. Il comitato elegge, nel suo seno, il presidente. Il comitato di gestione stabilisce e promuove la più ampia forma di partecipazione in rapporto alla realtà sociale in cui opera. I componenti del comitato prestano la loro opera gratuitamente.

Articolo 8 I comuni ed i consorzi di comuni possono servirsi dell’ opera di consultori istituiti ai sensi della lett. b dell’ art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405. I predetti consultori adempiono alle loro funzioni mediante convenzioni secondo lo schema - tipo predisposto dall’ Assessore regionale per la sanità ai sensi del precedente art. 2. La convenzione ha come presupposto l’ esistenza di una sede già fornita dei locali e delle attrezzature necessarie, di una equipe compo-sta secondo quanto previsto dall’ art. 6 della presente legge, nonchè di una esperienza operativa, di almeno due anni, comprovata da una dichiarazione sostitutiva dell’ atto di notorietà, ai sensi dell’ art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e deve prevedere: a) il programma di attività; b) le modalità di accertamento del numero degli utenti e degli in-terventi che il consultorio effettua; c) l’ entità del contributo da assegnare; d) la pubblicità dei bilanci; e) le modalità di erogazione del servizio; f) l’ impegno di garantire la realizzazione di tutti i fini di cui all’ art. 1 della presente legge; g) la gestione democratica secondo quanto previsto dall’ articolo precedente. L’ ufficiale sanitario competente per territo-rio accerta l’ esistenza dei requisiti per le finalità di cui al comma precedente ed esercita la vigilanza sui consultori con-venzionati, riferendo al sindaco ed all’ Assessore regionale per la sanità per i conseguenziali provvedimenti definitivi.

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Articolo 9 L’ Assessorato regionale della sanità organizza i corsi biennali di cui al secondo comma dell’ art. 6. Tali corsi sono finaliz-zati ad attuare una sostanziale compenetrazione di comportamento professionale nell’ esame e valutazione dei casi clinici e sociali nonchè nel lavoro di equipe. Il personale addetto ai consultori pubblici e convenzionati ha l’ obbligo di frequentare, almeno una volta ogni tre anni, appositi corsi di aggiornamento su tutte le materie che attengono ai compiti ed alle finalità previsti dall’ art. 1 della presente legge e dall’ art. 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194. L’ Assessorato regionale della sanità , per l’ attuazione di quanto previsto nel presente articolo, promuove la collabora-zione delle università , delle altre strutture sanitarie pubbliche e degli altri organismi specializzati nella formazione e qualificazione professionale. Articolo 10 Per i primi due anni di applicazione della presente legge, relativamente alle figure professionali di cui all’ art. 6, il limite massimo di età stabilito dalle norme vigenti per l’ assunzione da parte dei comuni e loro consorzi è elevato di cinque anni. Articolo 11 Nel primo biennio di applicazione della presente legge o comunque sino a quando non sarà stato espletato il primo dei corsi di aggiornamento previsti dal primo comma dell’ art. 9, gli operatori di cui al primo comma dell’ art. 6 posso-no partecipare al concorso a prescindere dall’ avvenuta frequenza del corso stesso. Gli operatori che partecipano al concorso in forza della disposizione di cui al precedente comma hanno l’ obbligo, al fine di conseguire la nomina in ruolo, di frequentare il primo corso biennale di aggiornamento che verrà organizzato dall’ Assessorato regionale della sanità in data successiva alla pubblicazione della graduatoria dei vincitori del concorso stesso.

Articolo 12 In sede di prima applicazione della presente legge, l’ Assessore regionale per la sanità è autorizzato, sentito il parere della competente Commissione legislativa dell’ Assemblea regionale siciliana, secondo le modalità previste dal terzo comma dell’ art. 25 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 27, a derogare ai criteri di cui al precedente art. 4.

Articolo 13 Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano le norme della legge 29 luglio 1975, n. 405.

Articolo 14 All’ onere derivante dall’ applicazione della presente legge, da determinare in relazione all’ assegnazione dello Stato di cui alle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, si provvede con le assegnazioni statali medesime.

Articolo 15 La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.

DECRETO PRESIDENZIALE 11 maggio 2000. Piano sanitario regionale 2000/2002.

2.2.2 Attività, risorse e sede del Distretto L’organizzazione del Distretto assicura: a) l’assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l’approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali;b) il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture operative a gestione diretta, organizzate in base al modello dipartimentale, nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;c) l’erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai comuni.Il Distretto garantisce:a) assistenza specialistica ambulatoriale;b) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell’infanzia, della donna e della famiglia;

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d) attività o servizi rivolti a disabili o anziani;e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;f) attività o servizi per le patologie da HIV;g) attività o servizi per le patologie in fase terminale;h) attività o servizi legati alle patologie correlate all’immigrazione;i) attività o servizi di medicina legale, fiscale e ne-croscopica.…

2.4.3 Consultori familiari Costituiscono le strutture cardine per la piena attuazione della legge 194/78. Dovrà essere attuato il completamento della rete consultoriale e l’eventuale potenziamento delle équipes consultoriali.…

5.5.1. Tutela materno-infantileL’area d’intervento materno-infantile, intesa nella sua accezione più ampia di tutela della salute della donna in età fertile e della popolazione in età pediatrica, è stata tra quelle che maggiormente hanno sofferto del-la mancanza di una organica programmazione. E’ questo uno dei settori nei quali l’assenza di coordinamen-to delle attività sanitarie e di queste con le attività sociali si traduce in una serie di prevedibili eventi negativi.

5.5.2. Il Dipartimento materno-infantileIl Dipartimento materno infantile è la struttura tecnica identificata in ogni Azienda USL per il raggiungimen-to degli obiettivi del PSN 1998-2000 e dal presente Piano sanitario regionale per l’area materno-infantile. Il DI.M.I. integra organizzativamente tutte le Unità operative ospedaliere e le U.O. territoriali coinvolte nella sal-vaguardia della salute delle donne in età fertile e dei soggetti in età pediatrica inclusa l’assistenza psichiatri-ca in età evolutiva. Le singole U.O. mantengono la loro collocazione all’interno delle strutture operative pre-viste dal presente PSR, dal decreto legislativo n. 502/92 come modificato dal decreto legislativo n. 229/99. Sono da prevedere forme di collaborazione fra aziende per coordinare i relativi programmi dell’area materno-infan-tile. L’organizzazione e le attività del DI.M.I. vanno coordinate con l’emanando “Progetto obiettivo materno-infantile nazionale” già esitato dal Consiglio Superiore di sanità.Considerata la variabilità delle dimensioni territoriali, della numerosità della popolazione residen-te e della sua distribuzione sul territorio, le Direzioni generali delle AUSL definiranno il numero dei di-partimenti più opportuno in funzione delle risorse umane disponibili e della richiesta di assistenza. Per quanto attiene all’attività dei consultori, si procederà all’adeguamento della rete ed a una riqualificazio-ne delle attività svolte, alla attuazione dei corsi di formazione permanente per la conduzione di specifici pro-grammi di prevenzione dedicati alla educazione alla salute degli adolescenti e della famiglia per una mater-nità e paternità responsabile. Un programma specifico potrà essere realizzato nelle aree in cui questo abbia particolare rilevanza sulla base dei dati elaborati annualmente dal sistema di sorveglianza regionale dell’IVG. E’ necessario, per una responsabile contraccezione, attivare o potenziare l’integrazione tra l’attività dei consultori, servizi IVG e i servizi sociali del Comune.Per la promozione dell’attività dei consultori e per rispondere ad un bisogno dell’utenza, si prevede che ogni con-sultorio istituisca uno “spazio” adolescenti appositamente dedicato con esclusività d’accesso preferibilmente pome-ridiano.Inoltre, poiché, di fatto, non esiste alcuna struttura territoriale specificatamente deputata a fornire assistenza alle fa-miglie e ai minori sottoposti ai maltrattamenti e ad abuso, è necessario individuare percorsi che rendano il consulto-rio naturale terminale di questa problematica in collaborazione con i servizi di psicologia, neuropsichiatria infantile ed i servizi sociali del Comune.Tali obiettivi saranno raggiunti anche attraverso:-  l’integrazione dei servizi consultoriali con le altre componenti del dipartimento materno infantile, con particolare ri-guardo alle azioni di presa in carico globale del paziente e della famiglia, assicurando la continuità della assistenza dal momento della dimissione fino al raggiungimento ed al mantenimento del più alto grado di autonomia possibile; -  la promozione nell’ambito dei servizi consultoriali di azioni volte alla prevenzione ed alla individuazione precoce del disagio giovanile in ambito scolastico, familiare e relazionale, anche in riferimento ad abusi, maltrattamenti e sfruttamento sessuale.

5.5.3. Obiettivi strategici Gli obiettivi strategici da raggiungere nel triennio sono:-  la riduzione della mortalità perinatale a livelli tendenzialmente vicini ai migliori livelli europei;

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-  il miglioramento della funzionalità dei servizi di diagnosi prenatale, ponendoli in condizione di potere rispondere, almeno, al 90% del fabbisogno stimato;-  un percorso nascita adeguato sotto il profilo organizzativo, strutturale e tecnologico, secondo le specifiche previsio-ni contenute nel Progetto obiettivo materno infantile nazionale approvato dal Consiglio superiore di sanità;-  la promozione della salute del neonato e la diagnosi precoce delle anomalie congenite e delle malattie genetiche e/o rare come chiave di volta per la prevenzione degli handicap;-  il ricovero quando necessario deve preferibilmente avvenire in strutture idonee all’età dei minori e non in strutture dedicate agli adulti; deve altresì essere predisposto tutto quanto è necessario per lo svago, per la formazione e per la continuità dei rapporti con la famiglia;-  la promozione della salute della donna con interventi volti alla diagnosi tempestiva della patologia neoplastica (tumori del collo dell’utero e della mammella, per cui è documentata l’efficacia d’interventi di screening) e della oste-oporosi in menopausa; particolare attenzione dovrà essere rivolta, sia per la rilevanza anche nella vita di relazione, sia per la frequenza sempre più in aumento (visto il prolungarsi dell’età media della donna), alle problematiche uro-ginecologiche.-  la piena attuazione della legge n. 194/78.Tali obiettivi potranno essere raggiunti attraverso la realizzazione di una serie di programmi d’intervento le cui prio-rità saranno identificate dai DI.M.I. in funzione delle necessità della popolazione, delle strutture e professionalità esi-stenti e della loro capacità operativa.Per il raggiungimento degli obiettivi si indicano quali interventi prioritari:-  il rispetto della dignità e dei diritti della donna del bambino e della coppia, della soggettività culturale e psicofisica della persona utente;-  la programmazione degli interventi assistenziale e dei servizi in relazione alla eterogeneità della domanda pro-veniente dall’utenza (corsi diversificati di preparazione al parto, attività ambulatoriale ostetrica per le gravidanze in normale evoluzione, consulenza genetica);-   l’umanizzazione dell’assistenza e l’ adeguamento degli ambienti; in tale spirito, i reparti verranno strutturati in modo da garantire ambienti singoli confortevoli, la presenza dei partner durante il travaglio ed il parto e il “rooming in”(compresenza del neonato nella stessa stanza con la madre).Per quanto sopra può prevedersi la necessità di fornire un’accurata informazione alla donna sugli argomenti in prece-denza riportati; tale informazione va svolta sia nelle scuole che negli ambienti di lavoro.Altro punto qualificante è costituito dall’avvio di un controllo e monitoraggio sull’incidenza dei parti operatori rispet-to ai parti spontanei. La conoscenza di questi dati, che pongono la Sicilia al di sopra della media nazionale per quanto riguarda i parti operatori, deve spingere ad una accurata valutazione delle motivazioni che ad essi sottende. Andrà pertanto potenziato, nel rispetto della dignità della donna e nella scrupolosa osservanza delle indicazioni mediche, un accurato controllo di qualità specifico sulla questione.Andrà, infine, favorito l’approfondimento di un ulteriore qualificazione dell’arte e della scienza ostetrica.Inoltre, occorrerà procedere a: a) Razionalizzazione delle U.O. di ostetricia, di pediatria, e di terapia intensiva neonatale.Si prevedono tre livelli di assistenza a seconda della complessità dell’intervento necessario ed in rapporto ai requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici posseduti dalle singole U.O.Le U.O. di terzo livello fanno parte di Aziende ospedaliere, Aziende ospedaliero-universitarie e IRCCS in grado di garantire per la madre e per il neonato le massime competenze diagnostico-terapeutiche a livello subspecialistico.In caso di particolare attrazione di casistica da parte delle U.O. chirurgiche subspecialistiche dovrà essere adeguata la dotazione dei posti letto. Valutazioni particolari dovranno essere fatte nel caso che la U.O. sia centro di riferimento di gravide e neonati HIV positivi.I criteri di distribuzione, gli standards qualitativi e le funzioni delle stesse sono dettagliatamente previste dal “Progetto obiettivo materno-infantile nazionale già esitato dal Consiglio superiore di sanità.In considerazione della disomogenea e talora anomala distribuzione territoriale delle U.O., oltre al collegamento funzionale delle stesse con la rete regionale di emergenza, deve essere realizzato un servizio di trasporto neonatale. A tale scopo, il Governo regionale provvederà con apposito atto ad identificare i bacini di utenza che debbono afferi-re alle singole unità di terapia intensiva neonatale (terzo livello di assistenza).Deve essere prioritariamente favorito comunque il trasporto “in utero”.b) Potenziamento dell’attività dei centri di diagnosi prenatale della Regione con particolare riferimento alle sedi di Palermo Catania e Messina. Accanto al potenziamento delle strutture sono d’importanza cruciale le campagne d’in-formazione che conducano alla identificazione delle coppie a rischio e l’offerta di consulenza genetica qualificata con particolare riferimento alla talassemia, sindrome di Down, fibrosi cistica e malattia di Duchenne. Particolare at-tenzione deve essere altresì riservata alle patologie congenite d’organo, quali le malattie cardiovascolari per la loro

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incidenza e peculiarità. Per quanto riguarda la talassemia, è già ben avviato un programma di prevenzione e di dia-gnosi prenatale che ha condotto alla riduzione di più dell’80% della natalità dei soggetti affetti da morbo di Cooley. La Regione siciliana, in base alle evidenze epidemiologiche, individua i centri per la diagnosi prenatale e ne controlla periodicamente la qualità delle attività. I centri di diagnosi prenatale per garantire adeguati e completi interventi diagnostici (malformazioni connatali, aberrazioni cromosomiche, malattie geneticamente trasmesse, infezioni ecc.) e di consulenza genetica, trattamenti medici e chirurgici di alta specializzazione ai neonati affetti attraverso la program-mazione del parto e attraverso idonea assistenza alla gestante, sia sotto il profilo medico che psicologico, assicurano:-  servizio di diagnostica ecografica di elevato livello qualitativo;-  prestazioni diagnostiche invasive prenatali (amniocentesi e/o tecniche alternative).Devono altresì funzionalmente essere collegati con:-  laboratorio di analisi chimico-cliniche, radioimmunologiche, microbiologiche e virologiche;-  servizio di genetica;-  laboratorio di citogenetica e biologia molecolare;-  servizio di anatomia patologica con competenze in ambito perinatologico;-  unità operativa di neonatologia, pediatria e specialità pediatriche (neurochirurgia, cardiologia, cardiochirurgia ecc.).c) Effettuazione, presso tutti i punti nascita, dei prelievi ematici da inviare per l’esecuzione degli screening per la dia-gnosi precoce di malattie ereditarie, come l’ipotiroidismo congenito, la fenilchetonuria e la fibrosi cistica ai laboratori di primo livello già individuati dalla Regione siciliana.d) Diagnosi precoce nel neonato delle menomazioni che possono portare all’handicap, imperniati sull’attività del pediatra di base, che deve garantire:-  l’esame dello sviluppo psicomotorio e degli organi di senso;-  il controllo dello sviluppo somato-staturale;-  la valutazione relazionale genitore-bambino.Tali indagini devono essere eseguite, se necessario, a domicilio a tutti i nati entro il trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese ed ogni due anni dal compimento del primo anno al dodicesimo anno d’età. I dati dovranno essere trascritti in un libretto personale, secondo un modello predisposto a tal fine dall’Assessorato regionale della sanità; e) Potenziamento dell’attività di rilevazione del registro regionale delle malformazioni;f) Promozione dell’allattamento al seno, delle norme igieniche per la prevenzione delle malattie a trasmissione oro-fecale nei lattanti e delle vaccinazioni.Tale attività dovrà essere prioritariamente rivolta alle donne identificate “a rischio sociale” (per bassa sco-larità, età della madre < 20 anni, residenza in particolari aree metropolitane) nel contesto di program-mi d’integrazione con i servizi sociali del Comune che conducano alla presa in carico dei nucleo familiare ed attraverso i quali sia possibile intervenire sulla situazione di svantaggio nella quale si trova il bambino.

Direttiva interassessoriale sull’applicazione della legge 476/98 riguardante la convenzione la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale e le modifiche alla legge 184/83 in materia di minori stranieri

REGIONE SICILIANAAssessorato agli Enti LocaliGruppo 12° - Ass.to EE.LL. prot. n. 1274Gruppo 55° - Ass. to Sanità prot. N. 905

Alle Province RegionaliAi Sindaci dei Comuni dell’IsolaAi Direttori generali delle Aziende UU.SS.LL. Ai Capi settore Assistenza Sanitaria di base delle Aziende UU.SS.LLAi Presidenti di Corte D’Appello della Regione SicilianaAi Presidenti dei Tribunali per i Minorenni della Regione Siciliana

La legge 31 dicembre 1998 n. 476 “Modifica ed esecuzione della convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale”, fatta all’’Aja il 29 maggio 1993, e le “Modifiche alla legge 4 maggio 1993 n. 184 in tema di adozione di minori stranieri”, entrata in vigore il 2 maggio 2000, identifica quali interlocutori dei Tribunali per

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i minorenni i Servizi socio assistenziali degli enti locali singoli o associati con il contributo dei servizi delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere (art. 29 bis comma 4 e art 34) sia nella fase dell’informazione, preparazione e valutazione dette coppie aspiranti all’adozione, sia nella fase successiva di assistenza e sostegno al nuovo nucleo adottivo. La stessa legge, in attuazione dell’art. 39 bis comma 1 °, assegna alle Regioni ed alle Province autonome, nell’ambito del-le loro competenze, il compito di sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere gli interventi previsti dalla legge, vigilando sul funzionamento delle strutture a dei servizi che operano nell’ambito per l’adozione internazionale al fine di garantire livelli adeguati di intervento.

Da un’indagine svolta dall’Assessorato per gli Enti Locali sull’istituzione dell’Ufficio di servizio sociale (art. 5 l.r. n. 22/86) in tutti i comuni dell’isola, è emerso che su 378 comuni (complessivamente i comuni della Sicilia sono 390) in ben 249 non è prevista in organico la presenza della figura professionale dell’Assistente sociale, da qui la necessità di stabilire opportune direttive per ovviare a tale carenza e per regolamentare la necessaria collaborazione con le Aziende Sani-tarie ai fini dell’applicazione della legge citata in oggetto. Pertanto, alla luce di quanto sopra ed in base agli artt. 17 e 48 della legge regionale n. 22/86, si definiscono le competenze degli Enti Locali e delle Aziende sanitarie per le procedure preliminari all’’adozione, elencate all’’art 29 bis comma 4 della legge n. 576/98. All’informazione sull’adozione internazionale e sulle relative procedure nonché sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà provvedono sia i Servizi sociali dei Comuni che i Consultori familiari presenti sul territorio. Alla preparazione degli aspiranti all’’adozione nonché all’’acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli stessi, e di ogni altro elemento utile per la valutazione della loro idoneità, provvedono in collaborazione, gli assistenti sociali dei Servizi sociali dei Comuni e gli psicologi dei Consultori Familiari. La dichiarazione di disponibilità all’’adozione verrà trasmessa dal Tribunale dei Minorenni al comune di residenza degli aspiranti genitori, che ne invierà copia al distretto sanitario competente territorialmente nonché al Comune di residenza degli aspiranti genitori, in mancanza di questa figura professionale, il Comune capofila ne stabilirà l’affida-mento ad altra assistente sociale appartenente al Comune più vicino. Qualora in tutto il territorio distrettuale, che ai fini dell’attuazione della legge di cui trattasi viene identificato, anche per gli Enti Locali, con il distretto sanitario, mancasse la figura professionale dell’assistente sociale, la Provincia territorialmente competente provvederà ad affidare l’esecuzione delle procedure necessarie per l’adozione all’’as-sistente sociale del Comune più vicino di altro distretto; nel caso mancasse la figura professionale dello psicologo, l’Azienda sanitaria territorialmente competente provvederà ad affidare l’esecuzione di tali procedure allo psicologo del Consultorio familiare più vicino ad altro distretto.

Nell’ambito della collaborazione prestata dalle Aziende sanitarie riguardo alle procedure citate, l’impegno orario dello psicologo non dovrà comunque superare il 10% dell’ammontare dell’orario di servizio, in considerazione del fatto che a tale figura professionale sono demandate anche altre competenze specifiche dell’attività del Consultorio familiare.

Relativamente all’’individuazione del Comune capofila, corrispondente a quello in cui ha sede il distretto sani-tario, ai fini dell’attuazione della legge in questione, si allega elenco dei Comuni dell’Isola con indicazione delle aree distrettuali. I Presidenti delle Corti d’Appello che leggono per conoscenza, sono pregati di dare la più ampia diffusione della presente nota alle Autorità giudiziarie interessate. Si sottolinea, infine, che in data 3 maggio 2000 si è insediata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con sede presso il Dipartimento per gli Affari Sociali, via Veneto n. 56 – Roma – la Commissione per le adozioni interna-zionali di cui all’’art. 3 della legge n. 476/98, che ha il compito di collaborare con le Autorità Centrali per le adozioni internazionali degli altri Stati, autorizzare gli Enti di cui all’’art. 39 ter, curando la tenuta del relativo albo, vigilando sul loro operato e revocando l’autorizzazione nel caso di gravi inadempienze, insufficienze e violazione delle norme della presente legge. Le medesime funzioni di vigilanza sono svote dalla Commissione con riferimento all’’attività svolta dai servizi per l’adozione internazionale istituiti dall Regioni e Province autonome di cui all’’art. 39 bis.

Palermo 16.6.2000

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LEGGE 31 luglio 2003, n. 10. Norme per la tutela e la valorizzazione della famigliain B.U. Sicilia n. 34 - 1 agosto 2003

L’ASSEMBLEA REGIONALE HA APPROVATOIL PRESIDENTE REGIONALEPROMULGAla seguente legge:

Art. 1. Finalità ed ambiti d’intervento

1. La Regione riconosce e valorizza, in attuazione dei principi sanciti dagli articoli 2, 3, 29, 31 e 37 della Costituzione, nonché dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, il ruolo della famiglia fondata sul matrimonio o, comunque, su vincoli di parentela, filiazione, adozione, affinità o di affido quale soggetto sociale di primario riferimento per le politiche di promozione della famiglia ed, in particolare, per la programmazione e l’attuazione degli interventi socio-assistenziali, socio-sanitari, socio-culturali ed educativi operati in ambito regionale.2. Per le finalità di cui al comma 1 la famiglia costituisce, altresì, riferimento essenziale di rilevazione e sintesi dei biso-gni dei suoi componenti e, in quanto consentito dalla natura e dalle modalità erogative delle prestazioni, soggetto attivo per lo svolgimento dei servizi e l’attuazione degli interventi stessi.3. La Regione provvede a rilevare periodicamente le condizioni e le necessità familiari dei bambini portatori di han-dicap, di quelli poveri, dei figli di emigranti, dei nomadi, dei rifugiati, degli extracomunitari, degli orfani e di altre categorie di soggetti disagiati per garantire uguali opportunità. La Regione programma gli interventi necessari a prevenire i processi di emarginazione e di disadattamento sociale.

Art. 2. Obiettivi della politica regionale per la famiglia

1. Per la realizzazione delle finalità di cui all’articolo 1 ed, in particolare, per agevolare e sostenere le scelte rivolte alla formazione di nuove famiglie, la Regione promuove l’a dozione di politiche organiche ed intersettoriali volte a:a) rimuovere gli ostacoli, specie di carattere abitativo, lavorativo o economico, che rendono difficoltosa la costituzio-ne o lo sviluppo di nuove famiglie; b) riconoscere l’alto valore sociale della maternità e della paternità, tutelando il diritto alla procreazione, valorizzando e sostenendo l’esercizio delle responsabilità genitoriali;c) tutelare il benessere di tutti i componenti della famiglia concorrendo a rimuovere le situazioni che incidono nega-tivamente sull’equilibrio psicofisico di ciascun soggetto, al fine di favorire l’armonico sviluppo delle relazioni familiari di coppia ed intergenerazionali;d) sviluppare iniziative di solidarietà alle famiglie al cui interno figurino disabili, finalizzandole ad agevolare il loro mantenimento in seno al medesimo nucleo familiare;e) definire modelli d’intervento che agevolino la permanenza degli anziani all’interno del nucleo familiare ricono-scendo il rilevante valore sociale dell’attività di cura ed assistenza da questo praticata;f) rendere compatibili le esigenze derivanti dagli impegni di lavoro dei coniugi con quelle della famiglia, riconoscen-do a pieno titolo il lavoro domestico e di cura, in quanto attività essenziale per la vita della famiglia e per il contesto sociale di riferimento;g) attuare il principio di libera scelta da parte del cittadino e della famiglia nell’articolazione e nel funzionamento della rete degli interventi e dei servizi di sostegno alla persona;h) valorizzare, in attuazione del principio di sussidiarietà, favorendo tutte le forme di autorganizzazione solidaristica tra o per le famiglie, l’associazionismo familiare rivolto a dare impulso alle reti primarie di solidarietà ed alla coopera-zione, per favorire forme di autorganizzazione e di aiuto solidaristico tra le famiglie;i) promuovere attività di tutela, assistenza e consulenza a sostegno dei nuclei monoparentali, delle vittime di violenza sessuale, nonché dei minori abusati o deviati;l) assicurare la realizzazione, da parte degli enti locali, di iniziative finalizzate al sostegno dei nuclei familiari di persone immigrate, anche per consentire l’inserimento dei minori nel ciclo scolastico educativo; m) sviluppare iniziative di solidarietà alle famiglie senza un reddito minimo di sussistenza ed al cui interno figurino minori o disabili, finalizzandole ad agevolare la loro esistenza ed il loro mantenimento in seno al medesimo nucleo familiare;n) mantenere e sviluppare una rete di servizi ad iniziativa pubblica che favorisca la universalità di accesso a quelli di sostegno alla persona.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Art. 3. Interventi e garanzie creditizie

1. Al fine di superare gli ostacoli di natura economica alla formazione di nuove famiglie o per intervenire a sostegno di nuclei familiari in condizione di temporaneo e particolare disagio, la Regione interviene con contributi per l’abbat-timento parziale o totale degli interessi su prestiti quinquennali di importo non superiore a 25.000 euro, da erogare secondo limiti e fasce di reddito predeterminati.2. Destinatari dell’intervento di cui al comma 1 sono:a) coppie che intendano contrarre matrimonio entro un anno o che lo abbiano contratto da non più di un anno dalla richiesta;b) famiglie con a carico e convivente, da almeno un anno, uno o più dei seguenti soggetti: 1) anziano ultrasessantacinquenne non autosufficiente;2) persona non autosufficiente;c) famiglie monoparentali con a carico e convivente, da almeno un anno, uno o più dei seguenti soggetti:1) figlio minore di età;2) anziano ultrasessantacinquenne non autosufficiente;3) malato psichico o persona portatrice di grave handicap fisico o psichico. 3. Nei casi previsti dal comma 2, lettera b) punto 2 e lettera c) punto 3, il contributo di cui al comma 1 è dovuto anche per la ristrutturazione o l’adeguamento della prima abitazione alle esigenze della persona portatrice di handicap.4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si estendono anche alle famiglie che, successivamente alla loro costituzione, decidono di accogliere ed accudire uno o più anziani, parenti in linea diretta di primo e secondo grado, al fine di garantire loro uno spazio minimo vitale.5. Per le finalità di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a stipulare apposite convenzioni con istituti bancari, enti finanziari, assicurativi o previdenziali. 6. Con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono fissati i limiti e le fasce di reddito nonché le modalità attuative dell’intervento di cui al presente articolo.

Art. 4. Interventi abitativi

1. I programmi di edilizia residenziale pubblica convenzionata o sovvenzionata, realizzati ai sensi della normativa vigente in materia nella Regione, prevedono una riserva pari al 20 per cento degli alloggi da realizzare per l’assegna-zione in proprietà indivisa, nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 e suc-cessive modifiche ed integrazioni, a favore delle coppie che intendano contrarre matrimonio o che lo abbiano con-tratto nei tre anni precedenti. L’assegnazione dell’alloggio è condizionata all’effettiva celebrazione del matrimonio.2. Le commissioni di assegnazione alloggi, previste dalla normativa vigente in materia nella Regione, al fine di accele-rare le procedure successive all’emanazione dei bandi, procedono alla verifica dei requisiti, di cui ai bandi medesimi, soltanto per gli assegnatari a seguito della graduatoria redatta dai comuni sulla base delle sole autocertificazioni.3. Il 20 per cento delle quote di riserva individuato ai sensi del comma 1 è destinato a famiglie monoparentali con almeno un figlio minorenne convivente, nonché alle donne che possono inoltrare istanza durante il periodo di gra-vidanza. 4. Con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, di concerto con l’Assessore per i lavori pubblici, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità di compilazione delle liste di cui al comma 3 sulla base dei seguenti parametri: a) livello di reddito complessivo del nucleo familiare;b) carico familiare;c) costituzione o mantenimento della residenza presso comuni ubicati nelle isole minori.5. A valere sui fondi di cui all’articolo 46, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato ad intervenire in favore delle famiglie di nuova costituzione per l’abbattimento totale degli interessi sui prestiti per l’acquisto della prima casa mediante limite quindicennale di impegno di 2.000 migliaia di euro a decorrere dall’esercizio finanziario 2003. Con decreto del medesimo Assessore si determinano i criteri ed i parametri per l’individuazione deisoggetti beneficiari. Nei parametri si tiene, comunque, conto di quanto previsto dalle lettere a) e b) del comma 4, nonché dell’età dei componenti della famiglia di nuova costituzione.

Art. 5. Interventi per il sostegno e la promozione della procreazione responsabile

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

1. E’ fatto obbligo pariteticamente ai consultori pubblici e privati convenzionati di assicurare la realizzazione di pro-grammi informativi e formativi riguardanti la procreazione, rivolti a gruppi omogenei di popolazione.2. Nell’ambito di tali programmi sono offerte modalità di sostegno e consulenza personalizzata che garantiscano la libertà delle scelte procreatrici nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità psicofisica delle persone. 3. Gli interventi previsti sono volti, in particolare, a:a) favorire la prevenzione e la rimozione delle cause che possono indurre la madre alla interruzione della gravidanza; b) prevenire le cause di potenziale fattore di danno per il nascituro;c) garantire gli interventi finalizzati alla prevenzione ed alla cura della abortività spontanea;d) predisporre ed organizzare, per la famiglia che lo richiede, un piano personalizzato di sostegno psicologico, socio-assistenziale e sanitario, utilizzando percorsi integrati idonei a valorizzare il ruolo delle associazioni di solidarietà fa-miliare;e) prevedere programmi ed effettuare interventi relativi all’affido familiare ed all’adozione, intesi come esercizio della paternità e maternità responsabile;f) garantire l’assistenza giuridica e pedagogica per i coniugi che intendono accedere all’adozione o all’affidamento;g) garantire assistenza pedagogica alle famiglie il cui stato di povertà e di marginalità configuri condizioni di rischio educativo per i figli.

Art. 6. Tutela della maternità e della vita nascente

1. La Regione tutela la maternità e sostiene il diritto alla vita fin dal concepimento favorendo interventi finalizzati a:a) prevenire le difficoltà che possano indurre all’interruzione di gravidanza con aiuti economici o fornendo ospitalità alla madre presso famiglie o case alloggio;b) assicurare la continuità dell’assistenza dall’inizio della gravidanza fino all’allattamento;c) favorire un nuovo rapporto tra partorienti e istituzioni socio-sanitarie, affinché il parto e il puerperio siano vissuti come eventi naturali;d) assicurare al bambino, in ambito ospedaliero, la continuità del rapporto familiare affettivo.2. Le aziende ospedaliere e le aziende unità sanitarie locali organizzano corsi di preparazione al parto al fine di offrire alle donne appropriate informazioni sulla gravidanza, nei suoi aspetti psico-fisici, sul parto e sull’allattamento.3. L’Assessore per la sanità definisce un programma di interventi riguardanti:a) la difesa delle gestanti nei luoghi di lavoro per prevenire il rischio di esposizione a sostanze tossiche, radiazioni ionizzanti o variazioni di pressione;b) l’assistenza durante la gravidanza, a scadenze programmate, per l’individuazione precoce di casi ad alto rischio;c) la predisposizione del servizio di parto a domicilio per le gestanti che ne facciano richiesta purché siano garantite condizioni igienico sanitarie di assoluta sicurezza per la madre e per il nascituro.4. Sulla base di programmi di riorganizzazione strutturale dei reparti di maternità, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere allestiscono: a) sale parto dotate di tutte le attrezzature necessarie a garantire all’evento nascita ed al parto la massima serenità e naturalezza; b) spazi singoli per il travaglio e il puerperio tendenti a riprodurre la situazione domiciliare e a garantire la presenza continuativa di entrambi i genitori; c) reparti di patologia neonatale attigui ai reparti di ostetricia;d) una sala da adibire all’informazione e socializzazione delle esperienze.5. Al fine di garantire e promuovere la riduzione ed il superamento degli ostacoli di ordine economico alla procreazio-ne per le famiglie meno abbienti, l’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato ad erogare un bonus di 1.000 euro per ogni nascituro, sulla base di parametri reddituali predeterminati ed in conformità alle competenze in materia delegate dallo Stato alle autonomie locali.

Art. 7. Concorso alle spese per le adozioni internazionali

1. L’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali è autorizzato a concedere contributi fino al 50 per cento delle spese sostenute dalla famiglia adottiva per l’espletamento delle procedure di adozione internazio-nale.2. Con decreto da emanarsi entro 120 giorni dalla entrata in vigore della presente legge l’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali determina i criteri e le modalità attuativi della compartecipazione finanziaria di cui al comma 1.

Art. 8. Interventi per il sostegno alle relazioni familiari ed alle responsabilità educative

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1. Al fine di garantire un approccio globale ai bisogni d’aiuto espressi dalla famiglia, sia sotto il profilo dell’armonia delle relazioni familiari che dell’assunzione delle responsabilità educative, l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a concedere, in favore dei consultori del servizio sanitario, di quelli pri-vati convenzionati, delle istituzioni scolastiche e delle associazioni di solidarietà familiare appositamente accreditate, contributi finalizzati al rilancio degli interventi sociali ededucativi complementari alle prestazioni sanitarie e sociali a rilievo sanitario già erogate dai consultori medesimi ai sensi della legge regionale 24 luglio 1978, n. 21 e successive modifiche ed integrazioni.2. Tali interventi devono prevedere in particolare: a) iniziative d’informazione e formazione rivolte ai genitori ai fini di un approfondimento delle loro funzioni educative; b) promozione ed organizzazione di momenti formativi misti tra genitori e tra genitori e figli;c) iniziative d’informazione e formazione, da svolgersi in collaborazione con gli organi collegiali della scuola, finalizza-te all’aggiornamento degli insegnanti, al confronto educativo con i genitori ed al coinvolgimento di questi ultimi in attività laboratoriali organizzate dalle istituzioni scolastiche;d) sostegno all’assunzione delle responsabilità genitoriali, mediante programmi educativi individualizzati con l’even-tuale supporto di personale qualificato messo a disposizione dagli enti pubblici;e) interventi di mediazione familiare nei casi di gravi difficoltà relazionali nel rapporto di coppia;f) consulenza legale sul diritto di famiglia per le separazioni, adozioni, affido, questioni patrimoniali.3. Con decreto dell’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, adottato entro venti giorni dall’approvazione del bilancio di previsione, sono definiti criteri e modalità per l’erogazione dei contributi di cui al presente articolo prevedendo, altresì, le linee prioritarie d’intervento.

Art. 9. Centri di accoglienza

1. La Regione eroga contributi per la copertura delle spese di primo impianto alle associazioni di donne che orga-nizzano centri di accoglienza per donne vittime di maltrattamenti in famiglia e per i loro figli minori, o a rischio di maltrattamento fisico o psichico.2. I centri di accoglienza sono gestiti da donne e provvedono al ricovero diurno e/o notturno delle donne e dei loro figli in case il cui domicilio è tenuto riservato e possibilmente lontane dal luogo di residenza per un periodo massimo di un anno. 3. I centri di accoglienza forniscono assistenza legale e psicologica alle donne e ai loro figli e favoriscono il reinserimento lavorativo, sociale e scolastico delle vittime di maltrattamenti e dei loro figli minori.4. Con decreto dell’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali sono determinate le modalità di attuazione degli interventi di cui al presente articolo.

Art. 10. Buono socio-sanitario

1. L’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a promuovere, anche me-diante i comuni, interventi di carattere innovativo e sperimentale in ambito socio-sanitario da realizzare attraverso l’attribuzione, in base a livelli di reddito predeterminati, di erogazioni finanziarie denominate buoni socio-sanitari, da corrispondere con carattere periodico, in alternativa alle prestazioni di natura residenziale eventualmente dovute, ai sensi della vigente normativa, a nuclei familiari i quali comprendano nel loro ambito anziani non autosufficienti o disabili gravi.2. Il buono può essere, altresì, impiegato dalla famiglia per l’acquisto di prestazioni sociosanitarie a carattere domi-ciliare, in favore dei medesimi soggetti di cui al comma 1, offerte da enti ed organismi no profit, accreditati secondo strumenti e modalità in grado di consentire la libera scelta dell’utente nell’ambito di una gamma di prestazioni de-terminate riconducibili alla condizione dell’utente medesimo, nonché una concreta ed effettiva verifica, in rapporto alla natura delle prestazioni stesse richieste dalla famiglia, sull’appropriatezza dell’intervento, sulla qualità dei com-portamenti dell’ente erogatore e deisingoli operatori.3. L’importo del buono non può, in ogni caso, superare per ciascuno dei soggetti, anziano non autosufficiente o disabile grave, l’ammontare dell’indennità di accompagnamento predeterminata dalla disciplina vigente in materia. 4. Con decreto del Presidente della Regione, adottato su proposta dell’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, vengono determinati i livelli di reddito complessivi del nucleo familiare, le modalità per l’accesso al buono e per il suo utilizzo in attuazione di quanto previsto dai commi 1 e 2, nonché il sistema di accreditamento degli organismi eroganti unitamente agli strumenti di verifica e controllo.

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Art. 11. Madri di giorno

1. Per “madre di giorno” s’intende una casalinga in possesso di un’esperienza abilitante, conseguita attraverso la per-sonale esperienza della maternità o attraverso apposite esperienze formative, che durante il giorno assista e contri-buisca ad educare, fornendo le cure materne e familiari nel proprio domicilio, uno o più minori appartenenti ad altri nuclei familiari in età da asilo nido.2. Le associazioni di solidarietà familiare, ad esclusione di quelle costituite ai sensi della legge regionale 7 giugno 1994, n. 22 e gli enti di privato sociale onlus che abbiano maturato esperienza di sostegno alle responsabilità genito-riali possono promuovere l’esperienza delle madri di giorno, fornire loro la necessaria preparazione o integrare quella già posseduta, assisterle sul piano amministrativo e tecnico, garantire la continuità della presa in cura del minore nel caso di malattia o impedimento, fornire le necessarie consulenze in campo psicopedagogico, assumere gli oneri derivanti dalle coperture assicurative per laresponsabilità civile verso terzi e provvedere alla fornitura dei beni strumentali o di consumo necessari allo svolgi-mento del servizio.3. La madre di giorno svolge la propria attività senza ricevere alcun compenso dalle famiglie degli utenti, che versano alle associazioni ed alle organizzazioni di cui al comma 2 un corrispettivo per il servizio ricevuto determinato in misu-ra da consentire la copertura dei costi necessari al suo mantenimento.4. I comuni possono erogare alle famiglie, secondo livelli di reddito e criteri di attribuzione predeterminati, vaucher spendibili presso le associazioni e gli enti di cui al comma 2, accreditati presso la stessa amministrazione comunale mediante stipula di apposita convenzione. L’accreditamento è effettuato per tutte le associazioni e gli enti di cui al comma 2 aventi i requisiti previsti dalla presente legge.5. Le convenzioni, di cui al comma 4, prevedono:a) la determinazione del corrispettivo relativo al servizio ricevuto in conformità a quanto stabilito al com ma 3; b) le procedure e le modalità d’integrazione tra i servizi pubblici all’infanzia, i servizi socioassistenziali ed i servizi delle madri di giorno;c) gli standard minimi di esperienza o formazione abilitante per lo svolgimento del servizio da parte della madre di giorno;d) le modalità di verifica periodica della qualità del servizio.

Art. 12. Attività di formazione ed informazione

1. La Regione, nell’ambito dell’attività di formazione professionale di sua competenza e preferibilmente con l’inter-vento dei comuni e delle province, promuove, organizza e finanzia:a) programmi rivolti prioritariamente alle donne in materia di aggiornamento e riconversione professionale per agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro della persona che ha interrotto l’attività lavorativa per motivi di maternità o di cura di un componente del nucleo familiare;b) corsi di formazione per portatori di handicap;c) corsi di formazione e riqualificazione per gli operatori dei servizi socio-educativi e socioassistenzialicoinvolti nell’attuazione della presente legge.2. La Regione riconosce e sovvenziona i servizi alla famiglia erogati da soggetti pubblici e privati accreditati per svol-gere attività di informazione e formazione sulla vita coniugale e familiare e sulla valorizzazione personale e sociale della maternità e della paternità. I consultori familiari pubblici e privati autorizzati realizzano programmi di forma-zione dei giovani al futuro ruolo di coniugi e di genitori, nonché programmi formativi ed informativi riguardanti la procreazione responsabile, rivolti a gruppi omogenei di popolazione. Nell’ambito di tali programmi sono offerte modalità di sostegno e di consulenzapersonalizzata, che garantiscano la libertà di scelta procreativa, nel rispetto della deontologiaprofessionale degli operatori e delle convinzioni etiche e della integrità psicofisica delle persone. Nell’ambito di tali programmi è, altresì, data adeguata informazione sui diritti della donna in stato di gravidanza e sui servizi socio-sanitari ed assistenziali esistenti sul territorio a favore del bambino ed a tutela dei suoi diritti.

Art. 13. Tutela dell’equilibrio psico-fisico dei bambini nelle strutture sanitarie

1. Al fine di garantire l’equilibrio e il benessere psico-fisico del bambino, i presidi sanitari pubblici e privati convenzio-nati della Regione garantiscono, sia nelle modalità organizzative della degenza, sia nell’attuazione degli interventi diagnostico-terapeutici, il rispetto delle esigenze affettive, cognitive ed espressive proprie dell’età del bambino, fa-cilitando la continuità del rapporto con la famiglia, nonché per i bambini in età scolare, con la classe frequentata.2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, in tutti i reparti pediatrici sono individuate modalità organiz-

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zative atte a permettere: a) l’accesso e la permanenza dei genitori, o di persona di loro fiducia affettivamente legata al bambino, nell’intero arco delle ventiquattro ore, consentendo il riposo accanto al bambino e garantendo, a pagamento, l’accesso alla mensa ospedaliera; b) la presenza dei genitori, o persona di loro fiducia, durante la visita medica di reparto, all’atto dei prelievi per esami di laboratorio, le medicazioni ed altre attività terapeutiche, purché precise controindicazioni igienico-sanitarie non la impediscano; c) l’attività ludico-espressiva del bambino con la destinazione di una stanza del reparto a sala giochi fornita di quanto necessario allo svago e con l’adozione di tutte le misure idonee a riprodurre in ospedale condizioni ordinarie di vita. 3. I medici del reparto ed il personale infermieristico sono tenuti a fornire ai genitori tutte le iinformazioni sulla natura e il decorso della malattia, sulle prestazioni mediche cui il bambino sarà sottoposto e sui tempi di attuazione, nonché a favorire un rapporto di fiducia con il bambino; a tal fine la direzione sanitaria dell’ospedale organizza corsi di forma-zione per il personale adibito ai reparti di pediatria.4. Presso ogni reparto di pediatria è assicurata la presenza di uno psicologo che offra assistenza ai bambini e ai genitori nell’affrontare l’esperienza dell’ospedalizzazione.5. Le disposizioni dei commi precedenti, in quanto applicabili, valgono anche per le attività ambulatoriali e di day hospital di tutti i presidi sanitari pubblici e privati convenzionati.

Art. 14. Coordinamento degli orari, pianificazione dei servizi e banche del tempo

1. Al fine di agevolare lo svolgimento dei compiti di cura ed assistenza familiare, armonizzando il funzionamento dei servizi locali con le esigenze complessive di convivenza proprie della famiglia, l’Assessorato della famiglia, delle poli-tiche sociali e delle autonomie locali promuove, nel rispetto delle competenze regolamentari e di programmazione delle autonomie locali, le iniziative di studio e pianificazione dei comuni dirette a favorire la costituzione di banche del tempo, nonché il coordinamento degli orari e delle modalità di funzionamento degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici, delle istituzioni educative e scolastiche e dell’apertura al pubblico degli uffici periferici delle ammi-nistrazioni pubbliche. Per “banche del tempo” si intendono forme di organizzazione mediante le quali persone disponibili ad offrire gratui-tamente parte del proprio tempo per attività di cura, custodia ed assistenza vengono poste in relazione con soggetti o famiglie in condizione di bisogno attraverso associazioni di solidarietà familiare.2. L’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali promuove, altresì, iniziative sperimentali per la stipula di accordi fra le organizzazioni imprenditoriali e sindacali che prevedano forme di articolazione delle attività lavorative volte a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, anche in attuazione della legge 8 marzo 2000, n. 53. 3. L’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a concedere ai comuni un contributo pari al 50 per cento, e per un importo comunque non superiore ai 25.000 euro, delle spese da sostenere per lo svolgimento degli incarichi di studio e di pianificazione di cui al comma 1.4. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio l’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali fissa criteri e modalità per l’erogazione dei contributi di cui al comma 3, prevedendo altresì le linee prioritarie d’intervento per le banche del tempo già costituite e provvede all’istituzione di uno sportello regionale per le banche del tempo.

Art. 15. Sportelli per la famiglia

1. I comuni, singoli e associati, attivano, nell’ambito delle risorse destinate dal piano socioassistenziale,appositi sportelli per la famiglia, che assicurino attività di supporto per agevolare la conoscenza delle norme e dei provvedimenti nazionali, regionali e locali in materia di politiche familiari e l’accesso ai servizi rivolti ai nuclei familiari. 2. Gli enti di cui al comma 1, in collaborazione con la Regione, individuano forme di coordinamento tra gli sportelli per la famiglia ed i servizi regionali, provinciali, comunali, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri enti pubblici che svolgono attività di interesse per i nuclei familiari al fine di fornire un supporto complessivo alla famiglia.3. Le forme di coordinamento di cui al comma 2 sono determinate con deliberazione della Giunta regionale, sentite le competenti Commissioni legislative dell’Assemblea regionale siciliana.

Art. 16. Riconoscimento e valorizzazione dell’associazionismo di solidarietà familiare

1. In attuazione del principio di sussidiarietà la Regione riconosce e valorizza le associazioni di solidarietà familiare rivolte a: a) dare impulso e attivare esperienze di autorganizzazione sociale delle famiglie;

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b) promuovere e gestire esperienze di sostegno e valorizzazione della famiglia;c) favorire il mutuo aiuto nel lavoro domestico e nell’attività di cura familiare anche attraverso le madri di giorno e le banche del tempo. 2. Per le finalità di cui al comma 1 è istituito presso l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali un Registro regionale delle associazioni di solidarietà familiare al quale accedono le associazioni che, oltre al rispetto dei requisiti statutari previsti dall’articolo 3 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 per le associazioni di promo-zione sociale, assicurino il perseguimento delle finalità di cui al comma 1.3. Le associazioni di solidarietà familiare iscritte nel Registro regionale possono stipulare le convenzioni di cui all’arti-colo 11, partecipano attraverso proprie rappresentanze nelle forme previste dagli atti di programmazione regiona-le in materia socio-assistenziale e sociosanitaria, alla progettazione e alla gestione dei servizi, possono beneficiare dell’utilizzo mediante comodato gratuito di beni mobili dismessi o di beni immobili in proprietà della Regione, degli enti locali, delle aziende unità sanitarie locali e di ogni altro ente di cui all’articolo 1, comma 1, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10.4. Con decreto dell’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, da adottare entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità di tenuta del Registro, nonché l’iscri-zione e cancellazione dallo stesso.

Art. 17. Studi, ricerche, monitoraggio e divulgazione

1. Al fine di consentire una permanente implementazione delle politiche regionali socioassistenzialie socio-sanitarie, nel quadro di un crescente livello d’integrazione e di qualità del sistema di welfare regionale e locale, l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali è autorizzato a finanziare studi, ricerche, monitoraggi ed attività di comunicazione o divulgazione concernenti l’analisi sociale, socio-economica, sociocultu-rale e statistica del contesto regionale, l’elaborazione di innovativi modelli gestionali dei servizi o degli interventi, l’elaborazione e l’utilizzo di sistemi di verifica e rilevamento della qualità prodotta e percepita, l’impatto delle politiche adottate, la promozione e ladiffusione di tematiche comunque inerenti il sistema di protezione sociale.2. Per le finalità di cui al comma 1 l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali stipula direttamente convenzioni con singoli esperti di comprovata qualificazione ovvero con enti ed istituzioni pubbliche o private no profit operanti nei settori di riferimento.

Art. 18. Osservatorio permanente sulle famiglie

1. E’ istituito presso l’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali l’Osservatorio perma-nente sulle famiglie, di seguito denominato Osservatorio.2. L’Osservatorio, in particolare:a) studia e analizza le situazioni di disagio, di devianza, di violenza, di monoparentalità, nonché del rapporto tra re-sponsabilità familiari, impegni lavorativi e accesso ai servizi socio-educativo-assistenziali;b) valuta l’efficacia degli interventi in favore delle famiglie realizzati dalla Regione, dagli enti locali, da altri enti, pub-blici e privati, da gruppi e associazioni;c) presenta agli organi regionali proposte sulla politica a sostegno della famiglia;d) esprime pareri in ordine ai provvedimenti concernenti gli strumenti regionali di programmazione sociale e sanita-ria che abbiano interesse per la famiglia. 3. La composizione dell’Osservatorio è determinata dall’Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e delle au-tonomie locali, il quale assicura la presenza di funzionari dell’Assessorato, di dirigenti delle strutture regionali diretta-mente interessate e di esperti scelti fra docenti universitari, rappresentanti delle associazioni di solidarietà familiare e rappresentanti delle associazioni dei comuni e delle province.4. L’Osservatorio, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale delle strutture regionali di ricerca ed analisi. L’Osser-vatorio, previa apposita convenzione, può avvalersi anche di enti specializzati e di istituti universitari.

Art. 19. Norma finanziaria

1. Per le finalità degli articoli 6, 7, 8, 9, 10, 14, 17 e 18 è autorizzata, per ciascuno degli esercizi finanziari 2003, 2004 e 2005 la spesa complessiva di 1.400 migliaia di euro, come di seguito suddivisa:

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(migliaia di euro)

2003 2004 2005

Art. 6 200 200 200Art. 7 200 200 200Art. 8 100 100 100Art. 9 200 200 200Art. 10 300 300 300Art. 14 200 200 200Art. 17 100 100 100Art. 18 100 100 100

2. All‘onere di cui al comma 1, per l‘esercizio finanziario 2003, si provvede con parte delle disponibilità dell‘U.P.B. 4.2.1.5.2, capitolo 215704, accantonamento 1001. Per ciascuno degli esercizi finanziari 2004 e 2005, la spesa, valu-tata in 1.400 migliaia di euro, trova riscontro nel bilancio pluriennale della Regione, U.P.B. 4.2.1.5.2, codice 120201, accantonamento 1001.3. Per le finalità dell‘articolo 3, comma 1, è autorizzato il limite quinquennale di impegno di 600 migliaia di euro, per l‘esercizio finanziario 2003 ed il limite quinquennale di impegno di 2.000 migliaia di euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2004 e 2005. All‘onere relativo all‘esercizio finanziario 2003, quantificato in 600 migliaia di euro, si provve-de con parte delle disponibilità dell‘U.P.B. 4.2.1.5.2, capitolo 215704, accantonamento 1001. Per gli esercizi finanziari 2004 e 2005, la spesa, quantificata rispettivamente in 2.600 e 4.600 migliaia di euro, trova riscontro nel bilancio plu-riennale della Regione, U.P.B. 4.2.1.5.2,codice 120201, accantonamento 1001.4. Gli interventi previsti dagli articoli 7 e 14 sono attivati nei limiti delle spese autorizzate dal comma 1 del presente articolo.

Art. 20.

1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.2. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.Palermo, 31 luglio 2003. CUFFAROAssessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali D’AQUINO

NOTEAvvertenza:Il testo delle note di seguito pubblicate è stato redatto ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi trascritti, secondo le relative fonti. Le modifiche sono evidenziate in corsivo.

Note all’art. 1, comma 1:- Gli articoli 2, 3, 29, 31 e 37 della Costituzione così, rispettivamente, dispongono:“2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.“3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.“29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.“31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimen-

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

to dei compiti relativi con particolare riguardo alle famiglie numerose.Protegge la maternità e l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.“37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.- La legge 27 maggio 1991, n.176, reca “Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989” ed è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 11 giugno 1991, n. 135, S.O.

Nota all’art. 4, comma 1:Il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, reca: “Norme per l’assegnazione e la revoca nonché per la determinazione e la revisione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica” ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 3 marzo 1973, n. 58.

Nota all’art. 4, comma 5:Il comma 2 dell’art. 46 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante: “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)”, così dispone:“2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, con propri decreti, alla ripartizione delle risorse del fondo di cui al comma 1 per le finalità legislativamente poste a carico del fondo medesimo, assicurando prioritariamente l’integrale finanziamento degli interventi che costituiscono diritti soggettivi e destinando almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuo-va costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità”.

Nota all’art.8, comma 1:La legge regionale 24 luglio 1978, n. 21, reca: “Istituzione dei consultori familiari in Sicilia” ed è pubblicata nella Gazzet-ta Ufficiale della Regione siciliana 29 luglio 1978, n. 32.

Nota all’art. 11, comma 2:La legge regionale 7 giugno 1994, n. 22, reca: “Norme sulla valorizzazione dell’attività di volontariato” ed è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana 8 giugno 1994, n. 28.

Nota all’art. 14, comma 2:La legge 8 marzo 2000, n. 53, reca: “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città” ed è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 13 marzo 2000, n. 60.

Nota all’art. 16, comma 2: L’art. 3 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, recante: “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”, così dispone:“Atto costitutivo e statuto. - 1. Le associazioni di promozione sociale si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l’altro essere indicata la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti:a) la denominazione;b) l’oggetto sociale;c) l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione;d) l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette; e) l’obbligo di reinvestire l’eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste;f) le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche associative. In relazione alla particolare natura di talune associazioni, il Ministro per la solidarietà sociale, sentito l’Osservatorio nazionale di cui all’art. 11, può consentire deroghe alla pre-sente disposizione;g) i criteri per l’ammissione e l’esclusione degli associati ed i loro diritti e obblighi;h) l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

i) le modalità di scioglimento dell’associazione;l) l’obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liquida-zione, a fini di utilità sociale.”.

Nota all’art. 16, comma 3:Il comma 1 dell’art.1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, recante: “Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali. Istitu-zione dello Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento”, così dispone:“1. Le disposizioni della presente legge disciplinano l’organizzazione degli uffici dell’Amministrazione regionale ed i rapporti di lavoro e d’impiego alle dipendenze della Regione e degli enti pubblici non economici sottoposti a vigilan-za e/o controllo della Regione, al fine di:a) accrescere l’efficienza dell’Amministrazione regionale in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi della Comunità europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici; b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva del personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica regionale; c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei di-pendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato.”.

Disposizione interassessoriale per l’applicazione di procedure omologate e standardizzate per la preparazione delle coppie e per la stesura della relazione sociale e psicologica sulle coppie aspiranti all’adozione nazionale e internazionale. (in GURS n. 37, 3 sett. 2004) Scopo della presente disposizione è quello di ottimizzare gli interventi in materia di adozione promuovendo forme stabili di collaborazione fra i diversi attori coinvolti nel processo adottivo.Ad integrazione quindi delle direttive interassessoriali nn. 1274-905/2000 e nn. 709-2763/2002, si diramano le se-guenti specifiche indicazioni in merito all’omologazione delle procedure seguite dagli operatori territoriali (assistenti sociali dei comuni e psicologi delle aziende unità sanitarie locali) per la preparazione delle coppie aspiranti all’ado-zione, nonché per la standardizzazione delle procedure relative alla stesura della relazione congiunta sociale e psi-cologica da inviare ai tribunali per i minorenni per l’adozione nazionale e per la valutazione dell’idoneità all’adozione internazionale delle coppie.L’omologazione e standardizzazione delle procedure rappresenta, fra l’altro, un passaggio necessario in vista della pianificazione delle attività esecutive relative all’informatizzazione in Sicilia del procedimento per le adozioni interna-zionali, in attuazione del protocollo d’intesa tra il Ministero della giustizia, la Regione siciliana e la Finconcept.net s.r.l. sottoscritto a Roma il 22 settembre 2003 nell’ambito del progetto denominato “Modello Sicilia”.L’elaborazione di proposte di “buona prassi”, che rendano ben percepibile alle coppie l’unità di intenti tra i servizi pub-blici, costituirà una rassicurante presentazione per chi si appresta ad intraprendere un cammino difficile e complesso quale quello dell’adozione.1.1  Preparazione delle coppie aspiranti all’adozioneLa legge n. 184/83, come modificata dalla legge n. 476/98, all’art. 29 bis, comma 4, individua come compiti specifici affidati ai servizi:a)  l’informazione sull’adozione internazionale e sulle relative procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà;b)  la preparazione delle coppie aspiranti all’adozione.I comuni e le aziende unità sanitarie locali sono tenute quindi ad organizzare, di concerto, corsi di preparazione all’ado-zione per le coppie che hanno presentato la dichiarazione di disponibilità all’adozione presso i tribunali per i minorenni. La possibilità di frequenza gratuita dovrà essere garantita a tutte le coppie che hanno presentato dichiarazio-ne di disponibilità all’adozione (nazionale, internazionale, nazionale/internazionale) e che vorranno partecipare. I corsi dovranno essere programmati in modo da poter essere frequentati subito dopo la presentazione dell’istanza di disponibilità e comunque in un periodo precedente alla valutazione delle coppie. Nelle more dell’informatizzazione che avverrà tramite l’applicazione del “Modello Sicilia”, si chiede ai tribunali per i minorenni la massima collaborazione nel comunicare tempestivamente i nominativi delle coppie, che hanno presentato istanza di adozione, ai servizi interessati.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

I corsi, effettuati a cadenza periodica, dovranno prevedere lo sviluppo, in assetto gruppale, delle fasi della informazio-ne e della formazione, da realizzare nell’arco di un minimo di quattro incontri.La fase dell’informazione, a cura delle assistenti sociali dei comuni, dovrà affrontare almeno le seguenti tematiche:a)  excursus sulla normativa vigente in materia di adozioni, ivi compresa la descrizione dell’iter valutativo e le noti-zie sulle funzioni svolte dai soggetti istituzionali coinvolti, nonché informazioni sul rischio giuridico nell’adozione nazionale;b)  incontro con gli enti autorizzati.La fase della formazione, a cura degli psicologi delle aziende unità sanitarie locali, da sviluppare successivamente alla fase dell’informazione, dovrà affrontare almeno le seguenti tematiche:a) specificità delle capacità genitoriali implicate nell’adozione;b) vissuti abbandonici dei bambini adottati;c) il problema delle origini.Al fine di attivare una comunicazione di gruppo produttiva ed efficace è auspicabile che ad ogni corso partecipino almeno tre coppie, pertanto si suggerisce una centralizzazione dei corsi attraverso accordi fra diversi comuni e nelle aziende unità sanitarie locali, per lo sviluppo delle parti di rispettiva competenza.Inoltre, allo scopo di facilitare una comunicazione libera e spontanea da parte delle coppie, si suggerisce che gli operatori che curano la informazione/formazione siano diversi dagli operatori che curano la valutazione delle coppie.

1.2  Indagini psicologiche e sociali sulle coppie aspiranti all’adozione nazionale e internazionale

La legge n. 184/83, e successive modifiche ed integrazioni, prevede che le coppie che intendono adottare uno o più minori presentino la dichiarazione di disponibilità ad uno o più tribunali per i minorenni nel caso di adozione nazionale (art. 22), o, nel caso di adozione internazionale, al solo tribunale per i minorenni competente per territorio di residenza, come indicato dall’art. 29 bis, comma 1 della legge n. 476/98. Lo stesso art. 29 bis, al comma 4, prescrive che i servizi territoriali provvedano all’”acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di una adozione internazionale, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per i minorenni della loro idoneità all’adozione”.L’acquisizione degli elementi utili alla valutazione da parte dei tribunali per i minorenni, come prevista nell’art. 29 bis al comma 4, va considerata una buona prassi anche nel caso di adozione nazionale.Nel rispetto dell’integrazione fra operatori indicata nelle direttive interassessoriali nn. 1274-905/2000 e nn. 709-2763/2002 ed in particolare nell’art. 3 del modello di protocollo d’intesa proposto nella seconda direttiva, gli assisten-ti sociali dei comuni e gli psicologi delle Aziende unità sanitarie locali dovranno condividere operativamente, nella valutazione, le seguenti fasi:1)  presentazione alla coppia del percorso valutativo;2)  discussione d’équipe in fase intermedia;3)  stesura della relazione conclusiva e colloquio congiunto di restituzione alla coppia.

1.3  Stesura della relazione

La relazione conclusiva dell’indagine psico-sociale dovrà avere caratteristiche tali da facilitare il compito valutativo dei tribunali per i minorenni e l’appropriatezza degli eventuali successivi abbinamenti.Dato atto del prezioso confronto professionale scaturito dai lavori preparatori e istruttori svolti grazie all’ap-porto specifico derivante dalla “Cartella adozioni” dell’U.O. adozioni del servizio di psicologia Azienda unità sa-nitaria locale n. 6 di Palermo - già sperimentata -, e del tavolo tecnico formato dagli assistenti sociali referenti per le adozioni internazionali dei comuni di Catania, Giarre e Termini Imerese e dagli psicologi referenti per le adozioni internazionali delle Aziende unità sanitarie locali di Agrigento, Caltanissetta e Palermo, individua-ti all’interno del gruppo di lavoro del Modello Sicilia, composto da operatori provenienti da tutta la Regione, si dispone l’utilizzo dello schema di relazione di cui all’”allegato B”, in cui sono dettagliatamente descritti per competenza professionale i contenuti minimi necessari ed esaustivi per la compilazione di ognuno dei punti. Lo schema di relazione sociale e psicologica di cui all’”allegato B” è stato sottoposto all’approvazione del N.O.R. nella seduta del 25 marzo 2004, del gruppo di lavoro del Modello Sicilia nella seduta del 26 marzo 2004, e presentato dal tavolo tecnico all’area giustizia, all’interno dei lavori del comitato di progetto del Mo-dello Sicilia, nel corso della conferenza di servizio indetta dal Ministero della giustizia in data 7 aprile 2004, dove ha ricevuto l’approvazione dei rappresentanti dei tribunali e dei rappresentanti del Ministero della giustizia.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

L’utilizzo dello schema rappresenta un elemento fondamentale di qualificazione professionale, anche nell’ottica dell’accreditamento delle procedure nella pubblica amministrazione, in quanto si tratta di uno strumento finalizzato alla stesura di una relazione integrata, all’interno della quale sarà comunque possibile distinguere fra le diverse com-petenze degli operatori, nel rispetto del principio dell’attribuzione delle responsabilità professionali, come indicato dalla normativa sul trattamento dei dati sensibili.Gli psicologi delle aziende sanitarie locali e gli assistenti sociali dei comuni incaricati di effettuare la raccolta degli elementi utili alla valutazione delle coppie aspiranti all’adozione, sono tenuti ad elaborare le relazioni da inviare ai tribunali per i minorenni, a partire dalla data di pubblicazione della presente direttiva nella Gazzetta Ufficiale della Re-gione siciliana, attenendosi, ogni operatore per la sua parte, allo schema di cui all’allegato B o articolando le relazioni inviate in unica soluzione secondo la seguente sequenza tematica:a)  percorso valutativo (a cura di entrambi gli operatori);b)  atteggiamento della coppia nei confronti degli operatori e della valutazione (a cura di entrambi gli operatori);c)  storia individuale del marito (aspetti sociali e aspetti psicologici);d)  storia individuale della moglie (aspetti sociali e aspetti psicologici);f)  storia della coppia (aspetti sociali e aspetti psicologici);g)  contesto abitativo e ambientale (a cura dell’A.S.);h)  area della genitorialità (a cura dello psicologo);i)  atteggiamenti della coppia nei confronti del progetto adottivo (a cura dell’A.S.);l)  area dell’adozione (a cura dello psicologo);m)  conclusioni (a cura di entrambi gli operatori).Nelle more della messa in opera delle procedure informatizzate previste dal “Modello Sicilia”, gli operatori continue-ranno a trasmettere le relazioni al tribunale per i minorenni con i tradizionali sistemi dell’invio postale.Il presente documento è stato presentato e condiviso in sede di coordinamento regionale sulle adozioni interna-zionali.

L’Assessore per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali: D’AQUINO

L’Assessore per la sanità: CITTADINI

Allegato

SCHEMA DI RELAZIONE SOCIALE La relazione elaborata dall’assistente sociale incaricato della raccolta degli elementi utili alla valutazione della coppia da parte del tribunale per i minorenni ai fini dell’adozione nazionale e/o del rilascio dell’idoneità all’adozione interna-zionale, dovrà contenere le seguenti informazioni:

1)  Percorso valutativoN. colloqui individuali. N. colloqui di coppia.

N. colloqui congiunti (con lo psicologo). N. visite domiciliari.

2)  Atteggiamento della coppia nei confronti dell’operatore e della valutazione

3)  Storia individuale del marito

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

Tabella di composizione della famiglia di origine

a)  Contesto socio-ambientaleb)  Informazioni sul contesto di crescita anche extrafamiliare.c)  Carriera scolastica e lavorativa.d)  Relazioni sociali in ambito amicale precedenti al matrimonio.e)  Attuali rapporti con la famiglia di origine e con quella del coniuge e criticità rispetto ai modelli educativi ricevuti.f)  Eventi critici della vita e loro risoluzione.5)  Storia individuale della moglie

Tabella di composizione della famiglia di origine

a)  Contesto socio-ambientaleb)  Informazioni sul contesto di crescita anche extrafamiliare.c)  Carriera scolastica e lavorativa.

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Attività psicologiche e Consultori familiari in Sicilia

d)  Relazioni sociali in ambito amicale precedenti al matrimonio.e)  Attuali rapporti con la famiglia di origine e con quella del coniuge e criticità rispetto ai modelli educativi ricevuti.f)  Eventi critici della vita e loro risoluzione.6)  Storia della coppia

Tabella di composizione del nucleo familiare attuale

a)  Nascita ed evoluzione del legame.b)  Come è stato accolto il legame dalle rispettive famiglie.c)  Cambiamenti subentrati nella vita di coppia dopo il matrimonio, nei rapporti con la famiglia estesa e nei rapporti amicali. d)  Distribuzione dei compiti rispetto alle funzioni familiari anche nell’eventuale presenza di figli.e)  Modalità di superamento delle divergenze.f)  Interessi culturali, sociali e del tempo libero.g)  Fede religiosa.7)  Contesto abitativo e ambientalea)  Status socio-economico.b)  Caratteristiche dell’abitazione e del quartiere in cui vivono.c)  Presenza di strutture e servizi ed eventuali soluzioni organizzative correlate alle esigenze di un minore.8)  Atteggiamenti della coppia nei confronti del progetto adottivoa) Chi ha pensato per primo all’adozione.b) Come sono arrivati alla decisione.c) Quali informazioni hanno avuto e da chi.d) Conoscenza di situazioni adottive.e) Motivazioni espresse dai coniugi, aspettative e preferenze (età, sesso, adozione di più fratelli, eventuale presenza di handicap, rischio giuridico, atteggiamento nei confronti dei bambini di altra etnia o religione). f) Ipotesi dell’operatore.

g) Disponibilità della coppia a modificare il proprio stile di vita.h) Atteggiamento dei familiari nei confronti dell’adozione e loro coinvolgimento.i) Come pensano di affrontare le reazioni dell’ambiente socio-familiare nell’inserimento del minore.9)  Conclusioni

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SCHEMA DI RELAZIONE PSICOLOGICA La relazione elaborata dallo psicologo incaricato della raccolta degli elementi utili alla valutazione della coppia da parte del tribunale per i minorenni ai fini dell’adozione nazionale e/o del rilascio dell’idoneità all’adozione interna-zionale, dovrà contenere le seguenti informazioni: 1)  Percorso valutativoN. colloqui individuali. N. colloqui di coppia. N. colloqui congiunti (con l’A.S.). N. visite domiciliari. 2)  Atteggiamento della coppia nei confronti dell’operatore e della valutazione3)  Storia individuale del maritoa)  Relazioni interne alla famiglia d’origine (rapporti genitori/figli, tra i fratelli, caratteristiche del padre e della madre, eventi salienti dell’infanzia e dell’adolescenza, percorso scolastico e lavorativo...). b)  Descrizione di personalità ed eventuale somministrazione di test e risultati.4)  Storia individuale della mogliea)  Relazioni interne alla famiglia d’origine (rapporti genitori/figli, tra i fratelli, caratteristiche del padre e della madre, eventi salienti dell’infanzia e dell’adolescenza, percorso scolastico e lavorativo...). b)  Descrizione di personalità ed eventuale somministrazione di test e risultati.5)  Storia della coppiaa)  Dinamiche intrafamilari (dinamica della relazione di coppia, relazione con eventuali figli, o con altri appartenenti al nucleo, progettualità di coppia...). b)  Osservazioni e/o colloqui con i figli e/o con altri conviventi. c)  Area dell’infertilità (come è stata affrontata la eventuale infertilità, a chi viene attribuita, dinamiche conseguenti, reazioni della famiglia di origine...). 6)  Area della genitorialità(Capacità di prendersi cura, disponibilità al cambiamento nella vita individuale e di coppia in funzione del figlio, consapevolezza dei bisogni di un bambino, capacità di affrontare la diversità, disponibilità a chiedere aiuto, atteg-giamento nei confronti della rivelazione, eventuale influenza della fede religiosa, presenza di patologie in uno dei due coniugi limitanti le attitudini alla cura...). 7)  Area dell’adozionea)  Motivazione all’adozione (chi ha avuto per primo l’idea di adottare e quando, motivazioni esplicite e motivazioni sottese...). b)  Aspettative e fantasie riguardo all’eventuale figlio adottivo (aspettative e fantasie della moglie e del marito, fun-zione del bambino in relazione alle dinamiche della coppia e della famiglia estesa, pensieri relativi alla dinamica con gli eventuali altri figli già presenti, fantasie relative al bambino immaginario, vissuti relativi alla possibile storia del bambino e della sua famiglia di origine...). c)  Ipotesi dell’operatore sull’adozione (considerare le aspettative specifiche rispetto ad età, sesso, adozione di più fratelli, eventuale presenza di handicap, rischio giuridico, atteggiamento nei confronti dei bambini di altra etnia o religione...). 8)  Conclusioni(2004.31.2107)

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Finito di stamparenel mese di ottobre 2009

da Grafica Saturnia - Siracusa