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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 Povertà & ambiente Il degrado ha due volti, e vanno affrontati insieme India Il clima cambia, i cicloni si intensificano, gli ultimi affogano Gibuti L’eldorado che non c’è e i sogni tenaci dei ragazzi della Siesta MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO LII - NUMERO 8 - WWW.CARITAS.IT novembre 2019 Italia Caritas terrore e attesa Due paesi vicini, stravolti da spirali di guerra che sembrano non volersi esaurire. L’Iraq prova a rialzarsi, tra mille contraddizioni. La Siria, a nord, torna a sprofondare nell’incubo Tra

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Povertà & ambiente Il degrado ha due volti, e vanno affrontati insiemeIndia Il clima cambia, i cicloni si intensificano, gli ultimi affoganoGibuti L’eldorado che non c’è e i sogni tenaci dei ragazzi della Siesta

M E N S I L E D I CA R I TA S I TA L I A NA - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O L I I - N U M E R O 8 - W W W. C A R I T A S . I T

novembre 2019

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editoriali

tori del paese spazi di accoglienza eprossimità. Caritas dunque non soloparla di povertà, ma lo fa a partire daidati di questi centri, strumento perraccontare volti e voci di situazioni didisagio, che per noi non sono “casi”,ma storie e relazioni.

Accanto all’analisi e alla lettura delfenomeno c’è poi, oltre all’animazio-ne della comunità, un’azione di sti-molo delle istituzioni, anche grazie allavoro di rete condotto, da anni, al-l’interno dell’Alleanza contro la po-vertà, insistendo perché il tema entria pieno titolo nell’agenda politica erisorse significative vengano investite su questo fronte.

Ma la povertà non è solo mancanza di reddito o lavoro: è isolamento, fragilità,paura del futuro. Non a caso, il Rapporto povertà di Caritas Italiana l’anno scorsosi è concentrato sul tema della povertà educativa, mentre quest’anno il flash Re-port, che viene presentato insieme con Legambiente il 16 novembre durante ilFestival dell’economia civile, mette in evidenza le strette connessioni tra ambien-te, degrado, povertà e giustizia sociale. Dietro ai numeri presentati ci sono verestorie di vita, situazioni concrete. Non fredde statistiche, ma persone.

Abbiamo tutti ben impresso negli occhi i loro volti: il volto dei minori delleperiferie difficili e complesse delle nostre città, degli anziani isolati dentro il caosdelle grandi aree urbane o nella solitudine delle aree interne, dei disoccupati ul-tracinquantenni privati della loro dignità di lavoratori, delle donne schiacciatetra difficoltà occupazionali e lavoro di cura, dei nuovi cittadini immigrati con leloro speranze di un futuro migliore.

Se il nostro paese non dimenticherà questi volti, renderà sempre più realistiche,concrete e incrementali le misure per lottare contro povertà ed esclusione.

In occasione dellaGiornata mondiale del

povero, Caritas presenta,con Legambiente,l’anticipazione del

Rapporto povertà 2019.Grande attenzioneal tema abitativo

e ambientale. A partireda un presupposto:

al centro la relazionecon le persone

di Francesco Soddu

a speranza del povero non sarà mai delusa»: è il tema del Mes-saggio di papa Francesco per la terza Giornata mondiale del po-vero, che invita a far crescere l’attenzione verso ogni persona in

difficoltà. Caritas Italiana si occupa di povertà fin dalla sua fondazio-ne. Nel 1971 San Paolo VI volle infatti creare un organismo di anima-zione della carità nella comunità ecclesiale che fosse – a nome dellaChiesa italiana – dentro i fenomeni sociali più drammatici, segnalan-do la loro esistenza, proponendo soluzioni alle istituzioni, ma ancherichiamando tutta la comunità alle proprie responsabilità.

Una rete di Centri di ascolto è nata negli anni, intessendo nei terri-

direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Chiara Bottazzi,Francesco Dragonetti, Roberta Dragonetti

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna

stampaMediagraf Spa, viale della NavigazioneInterna 89, 35027 Noventa Padovana

(Pd), tel. 049 8991511, e-mail: [email protected]

sede legalevia Aurelia, 796 - 00165 Roma

redazionetel. 06 66177226-503 [email protected]

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Italia CaritasMensile della Caritas ItalianaOrganismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 796 - 00165 Romawww.caritas.itemail: [email protected]

Chiuso in redazione il 25/10/2019

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I BAMBINI,RICCHEZZA CHE CI GIUDICA

a Convenzione Onu sui diritti diinfanzia e adolescenza (Crc) fuapprovata 30 anni fa, il 20 no-vembre 1989. È stata ratificata in

quasi tutto il mondo. Tuttavia, pur sor-volando su assenze di peso, come gliUsa, il cammino da fare per rendere ef-fettivi questi diritti è ancora lungo.

Basti ricordare alcuni dati, richiama-ti in un dossier pubblicato da CaritasItaliana per l’occasione: un bambino su4 vive in paesi colpiti da guerre o disa-stri naturali, 28 milioni di minori sonostati cacciati dalle proprie abitazioni,ben 75 milioni di bambini e giovanihanno interrotto i percorsi scolastici acausa di conflitti e catastrofi naturali.Anche in Italia, nel 2018, i minori in po-vertà assoluta erano 1.260.000.

Semplicità e sorpresaPapa Francesco, nel Messaggio per la 3ªGiornata mondiale dei poveri, denun-cia le nuove schiavitù a cui sono sotto-posti milioni di uomini, donne e mino-ri, e invita a «rianimare la speranza e re-stituire fiducia», ricordando che «ne vadella credibilità del nostro annuncio edella testimonianza dei cristiani».

Proprio pensando ai troppi bambinirifiutati, derubati dell’infanzia e del fu-turo – minori che affrontano viaggi di-sperati per fuggire da fame e guerra, oche non nascono perché le loro madrisubiscono condizionamenti economi-ci, sociali, culturali… –, il Papa nel mar-zo 2015 aveva ricordato che «da comesono trattati i bambini si può giudicareuna società» e che «i bambini sono insé stessi una ricchezza per l’umanità ela Chiesa, perché ci richiamano costan-temente alla condizione necessaria perentrare nel Regno di Dio: [...] non con-siderarci autosufficienti, ma bisognosidi aiuto, di amore, di perdono».

di = Carlo Roberto Maria Redaelli

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UN BUON FINE NON HA FINE

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LA POVERTÀ SI BATTENON DIMENTICANDOI VOLTI E LE STORIE

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sommario

rubriche3 editoriali

di Francesco Soddu eCarlo Roberto Maria Redaelli

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

10 dall’altro mondodi Manuela De Marco

15 databasedi Walter Nanni

19 contrappuntodi Paolo Brivio

20 panoramaitalia CONCORSO PER LE SCUOLE

30 zeropovertydi Laura Stopponi

35 contrappuntodi Alberto Bobbio

40 il peso delle armidi Paolo Beccegato

41 panoramamondoAIUTI ALLA SIRIA AGGREDITA

45 pontiradioAFRIRADIO, NEL PROFONDODI UN CONTINENTEdi Danilo Angelelli

47 a tu per tuDAVID E LA SONOSFERA:«L’ECO DELLE FORESTE,UN’ARMONIA CHE SI PERDE»di Daniela Palumbo

anno LII numero 8

IN COPERTINAKarmlees, una delle migliaiadi sfollati riversatisi a Erbil,nord dell’Iraq. Ha trovato rifugioin un edificio abbandonato:dopo la sconfitta dell’Isis, attendedi poter fare ritorno a casa(foto Daniel Etter /Catholic Relief Services)

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nazionale6 IL DEGRADO HA DUE VOLTI,

DA AFFRONTARE INSIEMEdi Enrico FontanaAI CENTRI D’ASCOLTOPIÙ ITALIANI, LA POVERTÀTENDE A FARSI CRONICAdi Federica De Lauso

10 DOMANDE SULLA CASA,OLTRELA FRAMMENTAZIONEdi Gianluigi Chiaro

16 AMBIENTEE TERREMOTO:IL DOPPIO GRIDOE LE NOSTRE SCELTEdi David Fabrizi

internazionale

26 INDIA:IL CLIMA CAMBIAE GLI ULTIMI AFFOGANOdi Beppe Pedron

31 GIBUTI: LE SPERANZE TENACIDEI RAGAZZI DELLA SIESTAdi Eleonora Iolie Cirilla-Augusta Mazza

36 IRAQ: IL PAESE STRAVOLTOIN CERCA DI UN PATTOdi Daniele Rocchi 31

che, nonostante la crisi, non si chiude a chi arriva, puòsegnare l’inizio di una fraternità ritrovata.

In mezzo agli innumerevoli volti che chiedono grano(42,5), Giuseppe vede e riconosce i suoi fratelli (42,7), purrimanendo a loro sconosciuto.

La ricostruzione della relazione, che chiede tempo eintelligenza, comincerà da un dialogo, fatto di domandee di ascolto, con il quale si portano i fratelli a raccontarsi:«Dodici sono i tuoi servi; siamo fratelli, figli di un solo uo-mo […] il più giovane è presso nostro padre e uno non c’èpiù» (42,13).

Quella che i fratelli raccontano è ancora una mezza ve-rità, insufficiente affinché la relazione possa rinnovarsi;ma è pur sempre un inizio, che prosegue grazie alla tena-cia di Giuseppe. E anche perché la carestia non cessa(43,1), continuando a mettere in movimento popoli, fa-miglie e relazioni da poter ricostruire.

possa accadere: secondo Genesi41,56 Giuseppe «vendette (il grano)agli Egiziani»: queste le antiche tra-duzioni del testo ebraico. Ma il verboimpiegato di per sé significa non tan-to vendere, quanto comprare; si po-trebbe dunque intendere che «Giu-seppe acquistò per gli Egiziani». Lastranezza del testo potrebbe evocareuna strategia sapiente: si aprono i de-positi per distribuire, e allo stessotempo si compra; da dove però? For-se l’ambiguità del testo suggerisce al-tro: nel momento in cui i depositivengono aperti, il grano non si perdeper gli Egiziani, ma paradossalmentesi acquista per loro. In altre parole: lacondivisione della risorsa non la di-minuisce, rendendola insufficiente;al contrario, la fa crescere affinché siabastante per tutti.

Così Giacobbe in Canaan invita isuoi figli: «Andate laggiù a comprar-ne per noi, perché viviamo e non mo-riamo» (42,2). Un’emergenza am-bientale diffusa, che produce migra-zioni forzate in cerca di una vitapossibile, mette in moto un incontro.La sapiente generosità di un paese

a storia di Giuseppe (Genesi 37-50) racconta di una fraternitàperduta e ritrovata; è una storia di relazioni da costruire, sullosfondo di una carestia persistente e diffusa su tutta la terra («Ci

fu carestia in ogni paese», Genesi 41,54). L’Egitto, la terra fertile eprospera per eccellenza, non fa eccezione: la fame imperversa anchelà. La lungimiranza di Giuseppe, e la sua gestione delle risorse ali-mentari, custodite negli anni di abbondanza, consentono all’Egittoe alla sua popolazione di sopravvivere; così «Giuseppe aprì tutti i de-positi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani» (41,56).

I primi destinatari del frumento provvidenzialmente messo da

I GIORNI DELLA CRISICOSTRUISCONO RELAZIONI

parte da Giuseppe sono gli stessi abi-tanti del paese, che avevano gridatoper avere il pane (41,55). Tuttavia «lacarestia si aggravava in Egitto» (41,56):il testo sembra far capire che l’apertu-ra dei depositi di grano e la vendita delfrumento non riescono a far fronteall’emergenza ambientale e – si sup-pone – alle esigenze della popolazionelocale. Ciò nonostante, «da ogni paesevenivano in Egitto per acquistare gra-no da Giuseppe, perché la carestia in-fieriva su tutta la terra» (41,57). Benchél’Egitto sia in piena emergenza e le suerisorse sembrino insufficienti per isuoi abitanti, le frontiere del paese dei faraoni non si chiu-dono a chi arriva per cercare cibo e una possibilità di vita.

La migrazione è generalizzata, diffusa: «da ogni paese»,senza distinzione, ci si dirige in Egitto in cerca di cibo. Lasituazione descritta sembra far presagire una crisi gene-ralizzata: quanto potranno bastare le riserve di un paeseoppresso dalla carestia (41,56), che si apre a condividerele sue magre risorse con gli stranieri? Eppure, il seguito delracconto ci informa che «Giacobbe venne a sapere che inEgitto c’era grano» (42,1). La condivisione dei beni nonesaurisce evidentemente le risorse del paese dei faraoni:nonostante la crisi locale, nonostante la pressione dellerichieste di cibo da paesi stranieri, il grano dell’Egitto stra-namente non viene a mancare.

Vende o compra?Un’anomalia nel testo, forse, lascia intendere come ciò

L’emergenzaambientale genera

emergenza umanitaria:l’Egitto e i paesi vicinihanno fame. Giuseppe

affronta la carestiaaprendo al popolo

i granai: ce n’è ancheper chi viene da

lontano; la condivisionenon diminuisce, anzi fa crescere la risorsa

L

parolaeparoledi Benedetta Rossi

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ti, negli ultimi dieci anni l’agricolturaitaliana ha subito danni, per queste ra-gioni, pari a 14 miliardi di euro.

Non bastassero i guasti causati dalcosiddetto “effetto serra”, l’Italia conti-nua a divorare le sue aree verdi, soprat-tutto nelle periferie delle città. «Nellearee urbane ad alta densità solo nel2018 abbiamo perso 24 metri quadratiper ogni ettaro di area verde», denuncial’Ispra (l’Istituto per la protezione del-l’ambiente) nel suo rapporto sul con-sumo di suolo, causando nelle periferieanche un innalzamento delle tempera-ture, rispetto alla media nazionale, dicirca 2 gradi. Un impatto ambientalenegativo, che non ha più alcuna giusti-ficazione sociale, come quella del dirit-to alla casa. La cementificazione, scrivesempre l’Ispra, «cresce di quasi 2 metriquadrati ogni anno, con la popolazioneche, al contrario, diminuisce sempre dipiù. È come se, nell’ultimo anno, aves-simo costruito 456 metri quadrati perogni abitante in meno».

Per una nuova economiaAd accumulare ricchezze saccheggian-do l’ambiente sono imprenditori senzascrupoli, politici corrotti e organizza-zioni criminali. Il Rapporto Ecomafia2019 di Legambiente certifica un fattu-rato delle ecomafie pari a 16,6 miliardidi euro, 2,5 miliardi in più rispetto al-l’anno precedente. In Italia si registranooltre 28 mila reati contro l’ambiente(oltre 3 ogni ora), il 45% dei quali si con-centra nelle regioni a tradizionale pre-senza mafiosa: nell’ordine, per numerodi ecoreati, Campania, Calabria, Pugliae Sicilia, le più colpite, nel nostro paese,da disoccupazione e povertà.

Partendo da questa realtà comples-

ne): inutile dire che il Prodotto internolordo è aumentato ancora rispetto al-l’anno precedente, sia pure dello 0,9%.

Divorare le aree verdi Negli stessi anni, sono cresciuti i feno-meni di degrado ambientale, a comin-ciare da quelli causati dai cambiamenticlimatici. Nel 2018, l’anno più caldo perl’Italia dal 1800, Legambiente ha censi-to 148 eventi meteo estremi, con 32 vit-time: 66 allagamenti da piogge intense,41 trombe d’aria, 23 danni gravi a infra-strutture, 20 esondazioni di fiumi e tor-renti. L’anno si è chiuso con la devasta-zione delle foreste alpine tra Veneto,Friuli e Trentino causata dalla tempestaVaia, con venti che hanno superato i200 chilometri orari. Secondo Coldiret-

La lotta alla povertà, soprattutto nelle aree più marginalizzate del mondo, è stata e viene utilizzata per giustificare

scempi ambientali, dall’Amazzonia alledeforestazioni in Africa. Ma anche all’Italia

sa, Legambiente (tramite l’ufficio na-zionale Economia civile) e Caritas ita-liana hanno deciso di rafforzare la lorocollaborazione, già attiva sia nel Forumdisuguaglianze diversità che in diversiterritori. In occasione del 17 novembre,Giornata mondiale ecclesiale dei pove-ri, presentano un Flash report che, difatto, è l’anticipazione di una ricercache sarà realizzata nei prossimi mesi, incui s’intrecciano parametri sociali eambientali, fragilità e risorse, con focusdi approfondimento in 12 territori.

L’obiettivo è duplice: arrivare a unapubblicazione sul rapporto tra povertàe degrado ambientale in Italia, che ver-rà pubblicata a maggio 2020, e definireinsieme proposte e percorsi concreti diuna nuova economia, finalmente civileperché capace di generare beneficieconomici, sociali (a cominciare dallalotta alla povertà) e ambientali. Unesempio concreto? La collaborazioneavviata con l’Opera nazionale della Cit-tà dei ragazzi di Roma e la cooperativasociale Percorsi di cittadinanza grazieal progetto Ecco (Economie circolari edi comunità), promosso da Legam-biente e finanziato dal ministero del la-voro per promuovere attività di rigene-razione ambientale, sociale e culturale.

Distretti di civiltàAlcuni numeri, tra i tanti disponibili, in-dicano la fattibilità di questo processovirtuoso di transizione economica, sal-dando, non solo metaforicamente, laterra con la finanza. In Italia nel 2017sono stati censiti oltre 66 mila produt-tori biologici (+4% rispetto al 2016) e 18mila trasformatori (+11,5%). La super-ficie coltivata è di 1,9 milioni di ettari(+6,3%) e il mercato del biologico, traconsumi interni ed esportazioni, ha su-perato i 5,6 miliardi di euro (+14%). Gliinvestimenti finanziari a tema sosteni-bile, dal 2015 al 2017, si sono letteral-mente moltiplicati, da 2 a 53 miliardi dieuro. E così pure, secondo il Forum per

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è una data che fa da spar-tiacque nella consapevo-lezza delle forti correlazioniche esistono tra povertà edegrado ambientale: è il 18

giugno 2015, giorno in cui venne pub-blicata l’enciclica Laudato si’ di papaFrancesco. Da quel giorno le ragioni dichi è, per missione costitutiva, schiera-to dalla parte degli ultimi si sono anco-ra più saldamente intrecciate con quel-le di chi fa dell’impegno per un am-biente migliore la sua ragione di vita. El’ecologia integrale, in cui i diritti dellanatura e i diritti umani trovano recipro-ca cittadinanza, è diventata la linea diun orizzonte da costruire insieme.

Non era scontata, la maturazione diquesto sentire comune. Anzi, fino anon molto tempo fa (ma per diverse ra-gioni ancora oggi) il diritto al lavoro equello a un ambiente di vita salubre so-no stati spesso in conflitto. La lotta allapovertà, soprattutto nelle aree più mar-ginalizzate del mondo, è stata e viene

utilizzata per giustificare scempi am-bientali, dall’Amazzonia alle deforesta-zioni in Africa. Così come la crescita deiconsumi e del Prodotto interno lordo,con il sovrasfruttamento delle materieprime e l’impatto ambientale che nederiva, rappresentano i parametri chemisurerebbero il benessere economicodi un paese.

Vale la pena usare il condizionaleperché, per restare a quanto accade inItalia, la lettura dei dati dell’Istat sull’in-cremento del Pil e sulle persone in con-dizioni di povertà assoluta raccontaesattamente il contrario. Nel 2015 a vi-vere in povertà erano 4 milioni 598 milapersone, il 7,6% della popolazione, ildato più alto dal 2005. Nel 2016, il Pil ècresciuto dello 0,9% e gli individui inpovertà assoluta sono saliti a 4 milioni742 mila (7,9%). Nel 2017 si è sfiora iltetto dei 5 milioni di poveri, nonostanteil Pil abbia fatto un balzo dell’1,6%. Enel 2018 si sono superati i 5 milioni dipoveri assoluti (8,4% della popolazio-

C’

nazionale povertà e ambiente

di Enrico Fontana responsabile nazionale ufficio Economia civile di Legambiente

Caritas e Legambienteunite per una ricerca(poi per progetticomuni) sul rapportotra povertà e scempiambientali. Alleanzaestemporanea?No, sforzo per una“ecologia integrale”,come chiestoda papa Francesco.Perché diritti umanie della natura hannoprofonda connessione

da affrontare insieme

Il degrado

volti,SPORCIZIA E INDIGENZA

Quartieri di città (Roma e Taranto)sfregiati da rifiuti e fumi: spesso i poverisi concentrano nei quartieri più inquinati

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VERDE SPERANZA Manifestazione dei giovani per ottenerepolitiche più incisive nella lottaal riscaldamento globale. I cui effettiaggravano anche i fenomeni di povertà

mentre appare in costante diminuzio-ne la percentuale dei nuovi ascolti, sce-sa nel 2018 a quota 39,7% (appena dueanni fa era pari al 48,6% - grafico 1).

In aumento l’età mediaTra le persone ascoltate c’è una sostan-ziale parità tra uomini (49,4%) e donne(50,6%). Aumenta l’età media degli as-sistiti, attestatasi nel 2018 a quota 45,8:diminuisce l’incidenza dei giovaniadulti (18-34 anni), soprattutto a causadel calo dei richiedenti asilo e rifugiati,mentre aumentano gli ac-cessi degli appartenenti alleclassi 55-64 anni e over 65.Tra i beneficiari dell’accom-pagnamento prevalgono lepersone coniugate (44,9%);in crescita nel 2018 il peso didivorziati e separati, soprat-tutto tra gli italiani (25% deltotale). Tra le persone ascol-tate, i genitori rappresentanoil 63,4% (in valore assoluto,

88 mila soggetti); tra essi, quasi 30 milavivono con figli minori (dato in au-mento rispetto a un anno prima).

Più della metà delle persone incon-trate (51,1%) vive in un nucleo con fa-miliari e parenti; seguono le famiglieunipersonali, molto più diffuse tra gliitaliani (31,5%), ma non trascurabile èil peso di coloro che sono costretti a vi-vere con soggetti esterni alla propria re-te familiare (per lo più stranieri) o pres-so istituti o comunità, magari promossidalle stesse Caritas diocesane. Queste

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la finanza sostenibile, l’impact inve-sting, che premia, nei rendimenti, i be-nefici ambientali e sociali generati, pas-sato da meno di 3 a 52 miliardi di euro.

Dare sostanza e continuità a questatransizione non è semplice. Si tratta disperimentare strade nuove, andandooltre i propri “rassicuranti” confini, co-me si è impegnata a fare Legambiente,in collaborazione con Caritas diocesa-ne come quella di Lucca, collaborandoalla nascita dei Distretti dell’economiacivile: una cornice istituzionale in cuicondividere innovazione civica, sociale,economica e ambientale, che vedeesperienze già avviate in diversi comu-ni (da Campi Bisenzio a Napoli, da Lec-co a Pontecagnano, passando per laComunità montana del Castelli roma-ni e prenestini) e altre in cammino, co-

me quella del Distretto delle Terre etru-sche e di Maremma, in provincia diGrosseto, o di Putignano (Bari).

Alcuni di questi territori saranno og-getto di approfondimenti che Caritas eLegambiente realizzeranno nella lororicerca, concentrata anche su alcunecittà (Torino, Cagliari, Reggio Calabria,Palermo). Lavoro necessario, come hascritto papa Francesco nella Laudato si’(147): «Per parlare di autentico svilup-po, occorrerà verificare che si producaun miglioramento integrale nella qua-lità della vita umana, e questo implicaanalizzare lo spazio in cui si svolge l’esi-stenza delle persone. Gli ambienti incui viviamo influiscono sul nostro mo-do di vedere la vita, di sentire e di agire».Come sanno benissimo i più poveri, gli“scarti” della nostra società.

nazionale povertà e ambiente

el 2018 le persone incontratee sostenute dai centri diascolto Caritas presenti intutte le regioni italiane (laraccolta dati ne coinvolge

2.166) sono state 195.541; tali presenzepossono essere assimilate quasi ad al-trettanti nuclei familiari che, in mododiretto o indiretto, hanno potuto bene-ficiare del sostegno delle Caritas dioce-sane. Degli individui ascoltati, il 44% ri-sulta di cittadinanza italiana e il 56% diprovenienza straniera (tabella 1). Con-tinua a crescere in termini complessivil’incidenza degli italiani (il trend è co-stante da anni), mentre rimangonostabili in tal senso le differenze tra nord(dove le persone sostenute sono per lopiù immigrati) e mezzogiorno (dove

prevalgono nettamente gli italiani).Tra gli stranieri, l’utenza proviene

anzitutto dal continente africano(48,9%); quanto ai paesi, spiccano Ma-rocco (38,3%), Nigeria (14,9), Senegal(8,6), Tunisia (8,5%), Egitto (3,5%) eGhana (3). Segue l’Europa (30,1%), conmaggiori presenze da Romania

Aicentrid’ascoltopiù italiani,la povertà si cronicizzaI dati 2018: prosegue l’evoluzione dei soggettiche accedono agli sportelli della rete Caritas

di Federica De Lauso

N(38,1%), Albania (22,1%) e Ucraina(13,2%). Rispetto al 2017 sono diminui-te in modo evidente le persone richie-denti asilo e rifugiate, da oltre 13 mila a7.696. Confrontando gli ascolti dell’ul-timo anno con quelli del 2017, si evi-denzia un calo complessivo del nume-ro medio di persone incontrate in cia-scun centro: da una media di 99,6 a90,3 (e nel 2016 il valore era 113,9). Ladiminuzione viene registrata pratica-mente in tutte le regioni ecclesiastiche,ad eccezione di Lombardia, Basilicatae Campania. A fronte di ciò, si registraperò un continuo incremento del nu-mero medio di incontri annui per indi-viduo, passati da 6,6 a 7,18 (dagli annipre-crisi si è registrato un incrementodel 124%), chiaro segnale di una pover-tà che si fa sempre più cronica, multi-dimensionale e persistente (grafico 1).

Anche il dato sulla storia assistenzia-le lo conferma. Infatti è in continuo au-mento la quota di soggetti in carico allarete Caritas da molti anni (5 anni e più),

ultime situazioni riguardano in modoparticolare le persone senza dimora,intercettate con regolarità dal circuitodelle Caritas diocesane: anche nel 2018i numeri relativi agli homeless sono statitutt’altro che bassi; si tratta di oltre 27mila persone, per lo più uomini, stra-nieri, celibi, under 44, intercettati so-prattutto al nord (64,3%) e con storiemultiproblematiche alle spalle, in cui ilproblema casa si somma ad altri due opiù ambiti di fragilità (48,5%).

Le bollette, prima del lavoroAnche nel 2018 risultano molto bassi ilivelli di istruzione: il 68,3% delle perso-ne ascoltate possiede al massimo unalicenza di scuola media inferiore (78,1%nel caso di cittadini italiani). Connessoal tema della fragilità culturali-formati-ve è il tema del disagio occupazionale:le persone in cerca di nuovo o primoimpiego sono il 61,2%. In termini divulnerabilità prevalgono le fragilitàeconomiche (per lo più reddito insuf-ficiente o nessun reddito, 76,6% degliassistiti); seguono i problemi occupa-zionali (53,9%) e abitativi (24,3%). Alledifficoltà di ordine materiale si aggiun-gono quelle inerenti l’ambito familiare(14,5%), problemi di salute (13,7%) ol’immigrazione (10,5%). A complicarei percorsi di presa in carico sono spes-so le situazioni in cui si cumulano dueo più ambiti problematici: nel 2018questa condizione ha riguardato il61,8% dei casi.

In termini di richieste manifestate,prevalgono quelle relative a beni e ser-vizi materiali (58,2%, in calo rispetto al2017). All’interno di tale macrovoce pe-sano in particolare le domande relativea pacchi viveri, vestiario o accesso allemense. Seguono le richieste di sussidieconomici (26,7%), utili per lo più alpagamento di bollette, tasse e canoni diaffitto, e le domande di prestazioni sa-nitarie (analisi, esami, visite mediche,farmaci), che per la prima volta, daquando Caritas raccoglie i dati con re-golarità, superano le domande di lavo-ro e quelle connesse al problema casa.

Le forme di aiuto attivate sono spes-so speculari alle domande: prevalel’erogazione di beni e servizi materiali,in continuo aumento rispetto al passa-to, anche a fronte di un calo delle ri-chieste, seguite dall’elargizione di sus-sidi economici e da interventi legatiall’ambito della salute.

Tabella 1.Persone ascoltate nei Cda. Anno2018 NORD CENTRO MEZZOGIORNO TOTALE

Cittadini italiani 38% 38,6% 67% 44%Cittadini stranieri 62% 61,4% 33% 56%Valori assoluti 85.240 64.452 37.232 186.922

Grafico 1.Numero medio di incontri annui per personapressoiCdad’Italia8

7

6

5

4

3

’07 ’08 ’09 ’10 ’11 ’12 ’13 ’14 ’15 ’16 ’17 ’18

3,2

7,2

Grafico 2.Persone ascoltate per storia assistenziale (nuovi ascolti / in carico da 1a 5 anni e più)50

40

30

20

10

2016

NUOVI ASCOLTI 1-2 ANNI 3-4 ANNI 5 ANNI E PIÙ

48,6

42,6

39,7

21,4

22,4

22,8

11,3

12,3

12,4 18

,7 22,6 25

,2

2017 2018

MACROVOCI DI BISOGNO ITALIANI STRANIERI ALTRO TOTALE

Povertà economica 80,5 73,5 75,9 76,6Problemi di occupazione 52,9 54,8 49,9 53,9Problemi abitativi 20,9 27,2 21,6 24,3Problemi familiari 21,0 9,3 16,1 14,5Problemi di salute 19,3 9,1 15,2 13,7Prob. legati all’immigraz. 0,4 18,6 11,5 10,5Problemi di istruzione 2,1 10,0 3,9 6,4Dipendenze 6,2 1,6 2,4 3,7Detenzione e giustizia 5,5 1,8 1,9 3,4Handicap/disabilità 4,7 1,1 2,3 2,7Altri problemi 7,1 3,1 4,5 4,9Totale persone 59.291 73.864 2.010 135.165

Tabella 2.Persone ascoltate nei Cdaper bisogno e cittadinanza. Anno 2018(% sul totale delle persone ascoltate)

MACROVOCI DI RICHIESTE ITALIANI STRANIERI ALTRO TOTALE

Beni e servizi materiali 52,5 61,4 61,4 58,2Sussidi economici 38,6 18,5 23,8 25,8Sanità 4,4 14,1 6,1 10,4Alloggio 5,6 9,9 4,1 8,2Lavoro 4,6 6,5 5,5 5,8Orientamento 5,9 4,8 7,1 5,2Coinvolgimenti 1,7 1,1 2,8 1,3Consulenze professionali 1,3 0,9 0,3 1,0Scuola/Istruzione 0,2 1,8 0,9 1,2Sostegno socio-assistenziale 0,5 0,4 0,3 0,4Altre richieste 2,3 5,3 2,3 4,2Totale persone 19.123 33.044 785 52.952

Tabella 3.Persone ascoltate nei Cdaper richiesta e cittadinanza. Anno2018(% sul totale delle persone ascoltate)

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SONO 5 MILIONI, NON C’È ALCUNA INVASIONE

In dieci anni, il panorama del-l’utenza straniera dei centri d’ascoltosi è notevolmente modificato. È di-minuita la componente stranierastabile e di vecchio corso, a fronte diun aumento di immigrati recenti, infuga da guerra ed emergenze politi-che e ambientali. Significativo ancheil sorpasso dell’utenza maschile ri-spetto a quella femminile, dopo qua-si un ventennio di prevalenza di que-st’ultima. Più in generale, si confer-ma una diminuzione degli stranieriprovenienti dall’Europa dell’est, afronte di un ulteriore incremento de-gli africani.

Incoraggiante, non esorbitanteIn uno specifico approfondimentopresente nel Rapporto ImmigrazioneCaritas-Migrantes 2019, viene evi-denziato come, purtroppo, le misuredi contrasto alla povertà varate dalprecedente governo escludano dalnovero dei beneficiari 90 mila nucleidi stranieri già percettori della prece-dente misura di contrasto della po-vertà, il Reddito d’inclusione, che

nell’11% dei casi era stato erogato a cittadini non-Ue, conpunte del 29% nel nord.

Nel Rapporto ci sono anche dati in aumento: peresempio l’incoraggiante – ma non esorbitante – crescitadel numero di imprese con titolari nati in un paese extra-Ue (a fine 2017 erano 374.062, +2,1% rispetto a un annoprima) e l’ammontare del volume di rimesse inviate al-l’estero (6,2 miliardi di euro nel 2018), con il primato as-soluto del Bangladesh tra i paesi di destinazione (11,8%del totale delle rimesse inviate dall’Italia). Crescono pur-troppo anche gli infortuni sul lavoro che riguardano i cit-tadini stranieri (mentre il dato complessivo è in tenden-ziale calo), a dimostrazione della maggiore vulnerabilitàdi questi lavoratori.

Fanno infine segnare un aumento gli arrivi “forzati”,collegati al bisogno di protezione di persone in fuga daguerre, persecuzioni, povertà estrema: bisogno tristemen-te determinante delle migrazioni contemporanee.

a diversi anni la presenza di cittadini stranieri in Italia si èstabilizzata, anche da un punto di vista numerico. Si trattadi circa 5 milioni di donne e uomini, che hanno scelto il no-

stro paese come luogo di residenza definitiva. È una presenza chenon risulta in aumento e manda, piuttosto, segnali di contrazionee riduzione.

Diminuisce ad esempio la natalità straniera, non aumenta più alritmo degli ultimi anni l’incidenza degli alunni stranieri nelle scuoleitaliane, persino le acquisizioni di cittadinanza fanno registrare unabattuta d’arresto. Anche il dato sugli ingressi per motivi di lavoro èin costante calo, soprattutto per viadella mancata approvazione, da piùdi qualche anno, del decreto flussiautorizzativo delle quote di ingressoper lavoro subordinato stabile, ovve-ro non stagionale.

L’arretramento si riflette sui datidemografici generali. In Italia, comeè noto, si registra da anni una contra-zione generale della popolazione: ladiminuzione di cittadini italiani, dal2014 al 2018, è stata equivalente aquella di una grande città come Pa-lermo (677 mila persone), ed è statasolo in parte compensata dalle ac-quisizioni di cittadinanza e dalle nuove nascite.

Anche i dati dei centri d’ascolto Caritas evidenziano,rispetto al 2016, una regressione: è diminuito il numeromedio di persone incontrate in 12 delle 16 regioni eccle-siastiche, tendenza che alcune diocesi attribuiscono alcalo complessivo della componente immigrata che si ri-volge alla Caritas. Va fatto notare, in ogni caso, che solo il57,8% delle persone ascoltate dagli sportelli Caritas è dicittadinanza straniera. Stabili, al riguardo, sono le diffe-renze tra nord e sud Italia: nelle regioni settentrionali edel centro gli ascolti riguardano per lo più cittadini stra-nieri (rispettivamente il 64,5% e il 63,4%), mentre nelMezzogiorno le storie intercettate sono per lo più di ita-liani (67,6%). In alcune regioni, come la Sicilia, l’inciden-za degli autoctoni raggiunge addirittura l’80%. Tra le per-sone di cittadinanza straniera rivoltesi ai centri Caritas,prevalgono quelle provenienti da Marocco (18,1%) e Ro-mania (12,0%), anche se in calo rispetto al 2016.

Il Rapporto immigrazione Caritas-Migrantes 2019

riporta interessanti dati sulla presenza di stranieri in Italia.

Molti sono in regressione,a testimonianza

del fatto che il fenomeno è in via di stabilizzazione.

In aumento? Imprese, rimesse e arrivi “forzati”

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I TA L I A C A R I TA S | N O V E M B R E 2 0 1 9 11 10 I TA L I A C A R I TA S | N O V E M B R E 2 0 1 9

di Gianluigi Chiaro Nomisma

on ci siamo ancora ripresidel tutto dalla crisi immo-biliare del 2008, che ha pro-vocato in Italia circa 30 milasfratti eseguiti ogni anno e

un picco, nel 2015, di 341 miliardi dieuro di crediti deteriorati garantiti daimmobili, che hanno lasciato senzacasa migliaia di famiglie. Questo tsu-nami, di cui paghiamo ancora oggi leconseguenze, sospinto anche dallarecessione economica scaturita neglianni successivi, ha fatto riemergerecon forza la questione abitativa, ge-nerando nuove povertà e schiaccian-do ulteriormente i nuclei che già sitrovavano in condizioni precarie.

Nonostante i sentori fossero moltie, successivamente, le cause siano sta-te più e più volte analizzate ed eviden-ziate, tutto ciò non ci ha fatto matura-re, sino a oggi, un modello diverso sultema dell’abitare, dalla casa pubblicaa quella privata. Già nel 2004, quindiin tempi non sospetti di euforia pre-crisi, il futuro assessore alle politiche

abitative e sociali di Milano, GabrieleRabaiotti, in un saggio (La ripresa del-le questione abitativa. Il senso di unadomanda, Franco Angeli), sottolinea-va l’urgenza di passare dalla “doman-da di casa” alla “domanda sulla casa”.L’autore, guardando in prevalenza aglialloggi pubblici, osservava come la ca-sa fosse una spia, un segnale di avver-timento di movimenti sociali impor-tanti, ed evidenziava l’impossibilità diun nuovo fondo Gescal per l’ediliziapopolare residenziale, prospettandoquindi un destino segnato per le am-ministrazioni locali in materia di casapubblica, con vincoli di bilancio sem-pre più stringenti e un patrimoniosempre più vecchio e complesso damantenere.

Cortocircuito delle politicheDue domande del saggio di Rabaiot-ti, in particolare, risultavano forte-mente profetiche: «Quali effetti staproducendo sul meccanismo dell’of-ferta l’ingresso di operatori della fi-

oltrela frammentazionecasa,

sullaDomande

N

nazionale povertà urbane

La questione abitativaè tornata centrale nel nostro paese.Crediti garantiti da immobili deterioratiper 341 miliardi, 30 mila sfrattiall’anno: i bisogni,molto differenziati,richiedono unaclassificazione euna visioned’insieme. Per evitare di renderevane le risposte

NON SOLO SENZA TETTOCoppia costretta a vivere in unalleggio dalle dimensioni ristrette:il disagio abitativo riguarda unampio spettro di diverse situazioni

dall’altromondodi Manuela De Marco

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DI

Rapporto immigrazioneCaritas-Migrantes 2019

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Intervenire con bonifiche e sgomberi degli spazi abitativi, occupati – per non direletteralmente ricoperti – da oggetti

e suppellettili di varia natura, e insiemeoccuparsi della cura della persona

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CLASSIFICAZIONE ETHOSProposta da Feantsa (federazione

europea degli organismi che sioccupano di homeless), classifica le

diverse forme di disagio abitativo.A destra, presidio in una periferia di

Roma contro sfratti e sgomberi

nanza immobiliare? Dove conduce lastrada che vuole tutti i cittadini pro-prietari di casa, dentro a un quadroche, ridotte le protezioni sociali,espone sempre più persone al rischiodi caduta, rendendole vulnerabili?».Se la risposta alla prima domanda ètutta contenuta nella crisi subprimeamericana e poi europea, dare segui-to alla seconda domanda, invece, ri-sulta più complesso e articolato.Nell’attuale contesto, la rappresenta-zione sociale della povertà più diffu-sa è proprio quella della “caduta”: ilrischio che la disoccupazione si ac-compagni alla povertà economica eall’isolamento sociale è sempre piùreale. Se a questo rischio si aggiungeun welfare “smontato”, che accrescesempre più la sensazione di unamancanza di tutela e di giustizia, ec-co perché è fondamentale tornare aparlare di inclusione e di ritorno auna maggiore equità sociale.

La presenza di vecchie e nuove po-vertà è ormai appurata, ma la fluiditàtra le due tipologie può subire accele-razioni, al punto che gli argini posti dadecenni da molti gruppi sociali a ri-schio di povertà possono crollare velo-cemente, e sembra che il processo diimpoverimento si estenda, a livello so-ciale e territoriale, con dinamiche nuo-ve e non previste. In questi anni pro-prio il “fattore casa” è stato un elemen-to che ha fatto scivolare molte famigliesotto la soglia della povertà, facendoleprecipitare nell’area dell’esclusione so-ciale. Proprio tale imprevedibilità haportato, negli ultimi anni, alla nascitadi politiche abitative che affrontasserosituazioni spesso emergenziali, allequali il patrimonio dell’edilizia resi-denziale pubblica (Erp) non sarebbemai riuscito a dare risposta.

Tali iniziative hanno avuto esiti dif-ferenti, a seconda delle risorse a di-sposizione e della capacità gestionaledelle amministrazione locali. In ag-giunta le politiche sono state, di voltain volta, gestite da differenti attori(comuni, Aziende casa o terzo setto-re) e ciò ha generato incongruenze esovrapposizioni, che oggi provocanouna sorta di cortocircuito delle politi-che abitative, complicate ulterior-

mente dal passaggio dal Sia (Sostegnoinclusione attiva) al Rei (Reddito diinclusione) e, infine, al Reddito di cit-tadinanza. Nel tempo si sono som-mate iniziative assai varie: allesti-mento di alloggi per l’emergenza abi-tativa, iniziative di housing first,protocolli anti-sfratto, fondo stataleinquilini morosi incolpevoli, fondoper l’affitto (ormai azzerato a livellostatale), agenzie per l’affitto pubbli-che, piani di edilizia residenziale so-ciale, fino ad arrivare al rilancio delcanone concordato, espressione dellaormai storica legge 431 del 1998.

Ethos, punto di partenzaSi tratta di risposte differenti a una

domanda sempre più frastagliata emutevole e, pertanto, spesso poco ef-ficaci, sia nei tempi che nei risultati.La necessità di un ragionamento suifabbisogni effettivi e, quindi, di unaclassificazione della domanda, oggi,è un elemento imprescindibile permigliorare l’efficacia del processo.

Un punto di partenza potrebbe es-sere la classificazione “Ethos – Clas-sificazione europea sulla grave esclu-sione abitativa e la condizione di per-sona senza dimora”, elaborata daFeantsa (la federazione europea dellereti nazionali che si occupano di per-sone senza dimora) e poi condivisain Italia dalle “Linee di indirizzo peril contrasto alla grave emarginazio-ne” emanate dalla Conferenza unifi-cata stato-regioni e dal ministero dellavoro e delle politiche sociali, secon-do cui la «classificazione Ethos rap-presenta un valido strumento perl’analisi complessiva del disagio abi-tativo e delle dinamiche di povertà edesclusione sociale ad esso collegate».

Partendo dalle persone senza di-mora per arrivare a quelle con disa-gio economico da locazione si po-trebbe, dunque, definire una vera epropria matrice bisogni-politiche,utile a risolvere le sovrapposizione ele duplicazioni degli interventi, oltreche a definire policy di volta in voltaadeguate alla domanda effettiva-mente esistente. Ulteriori passi inavanti si potrebbero anche fare perrisolvere il cortocircuito tra politicheabitative e politiche di welfare, so-prattutto per la fasce più povere dellapopolazione, oggi escluse in largaparte da entrambe le politiche.

In tal senso, il passaggio al reddito dicittadinanza ha complicato ulterior-mente le cose: infatti talune politichedi sostegno all’affitto (oltre a sommarsial contributo già incluso nel Reddito dicittadinanza) andrebbero a modificarel’Isee dei nuclei, comportando la per-dita del diritto. In sostanza, manca unavisione d’insieme, che dia una vera ri-sposta alla “domanda sulla casa” dellefamiglie più povere, sempre più esclu-se dal diritto all’abitare, che è quantodi più importante per lo sviluppo inte-grale della persona.

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DI

nazionale povertà urbane

e porte chiuse, i letti usatiper tutto tranne che per ri-posare, luci spente e tappa-relle rotte. La sporcizia èovunque, non riguarda solo

gli angoli nascosti, ma pervade tuttol’ambiente. Gli specchi, resi opachi,non rimandano più l’immagine… eforse è anche meglio, tanto «non tol-lero la mia figura riflessa». Ancora:assenza o deterioramento di struttu-re minime per una vita dignitosa (ba-gni fatiscenti, cucine improponibili,letti inutilizzabili). E animali, indesi-derati e indesiderabili.

È il triste panorama che si presen-ta in molti domicili, anche di persone

insospettabili, dove vengono a man-care presupposti minimi di vivibilitàigienico-sanitaria. Intervenire conbonifiche e sgomberi degli spazi abi-tativi, occupati – per non dire lette-ralmente ricoperti – da oggetti e sup-pellettili di varia natura, e insiemeoccuparsi della cura della persona,costituisce l’inizio di un percorso di“umanizzazione” di persone che, vi-vendo sostanzialmente da homelesse da randagi nel proprio stesso allog-gio, si rendono protagoniste di un fe-nomeno inquietante, dai numericontenuti, ma non per questo menopreoccupante e doloroso: il cosiddet-to “barbonismo domestico”.

Aurelio che si era rintanatoma ha ritrovato la forza di amare“Barbonismo domestico”: dati non eclatanti, ma fenomeno inquietante.Alla radice, la solitudine. Se ne occupa un servizio di Caritas Roma

di Luca Murdocca

LIn tutti i municipiLa Caritas diocesana di Roma da circaun anno e mezzo si occupa del pro-blema in modo strutturato. Ha varatoun “Servizio di contrasto alle forme diesclusione e isolamento sociale”, cheè finanziato dal dipartimento Politi-che sociali di Roma Capitale e la cuiattività quotidiana prevede interventidomiciliari, da parte di educatori,operatori socio-sanitari e assistentisociali, nelle abitazioni di persone se-gnalate dai servizi sociali territorialidi tutti i 15 municipi in cui è suddivisala città. È un progetto che mette insie-me pubblico e privato, cittadinanza ecomunità, case e convivenza condo-miniale, aspetti sociali e sanitari, sta-ticità e movimento pastorale.

Grazie a questa sintesi, il servizio“abita” quotidianamente numerosesituazioni caratterizzate da disagio epovertà relazionale, provando a ri-

Famiglie in disagio abitativo economico

CATEGORIECONCETTUALI

Sistemazioniinadeguate

Sistemazioniinsicure

Senza casa

Senza tetto

CATEGORIEOPERATIVE

13. Persone chevivono in situazionidi estremosovraffollamento12. Persone chevivono in alloggiimpropri11. Persone chevivono in strutturetemporanee/nonrispondenti aglistandard abitativicomuni

9. Persone chevivono a rischio diperdita dell’alloggio8. Persone chevivono in sistemazioninon garantite

6. Persone in attesadi essere dimesseda istituzioni5. Ospiti in struttureper immigrati,richiedenti asilo,rifugiati3. Ospiti in struttureper persone senzadimora

2. Persone chericorrono a dormitorio strutture diaccoglienza notturna1. Persone chevivono in strada o in sistemazioni di fortuna

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SEMPRE PIÙ PASSIVIE SFIDUCIATI NEL FUTURO

che si creino forti gap non soltantotra giovani e anziani, ma anche tra glistessi giovani, in base alle diverse op-portunità e risorse a disposizione.Uno di tali strascichi consiste nel for-te senso di incertezza per il futuro: inItalia, 1giovane-adulto su 4 (tra i 20e i 35 anni) teme di arrivare ai 45 annisenza aver mai trovato lavoro o esser-si formato una propria famiglia. Talepercentuale sale dal 12,6% di chi ha21-23 anni al 34,9% di chi ha 30-34anni. Anche in questo caso è forte ilpeso del titolo di studio, al quale cor-risponde una maggiore o minore sfi-ducia nei confronti del futuro: in par-ticolare, il timore di diventare adultiinattivi sale a 4persone su10 tra chiha un basso titolo di studio.

Suscita poi preoccupazione, tra igiovani, la percezione dell’illegalitàdiffusa: circa la metà di giovani èconvinto che la maggior parte dellepersone non rispetti le leggi. Questoporta il 30%dei ragazzi a manifesta-re una sorta di impotenza e la con-vinzione che non si possa fare nullaper cambiare le cose; tuttavia oltre9 giovani su10 sono convinti che si

debba fare di più per ridurre il tasso di illegalità diffusa,non solo attraverso l’aumento della vigilanza e la certezzadella pena, ma anche l’investimento nell’educazione.

La nuova indagine dell’istituto Toniolo offre anche unalettura diversa del rapporto tra le nuove generazioni el’uso di bevande alcoliche. Non trova conferma l’imma-gine a tinte fosche dipinta spesso dai media: la maggio-ranza degli intervistati (circa l’80%) adotta comporta-menti di consumo moderato.

Emerge infine con forza l’importanza delle relazioniamicali, che co-partecipano ai processi di costruzionedell’identità sociale. Ben il 77%dei giovani coinvolti nellaricerca dice di avere un gruppo di amici. Tuttavia, solo il5,7%dei giovani dichiara di essere impegnato nel volon-tariato, e questa percentuale si abbassa fino all’1,4% nelgruppo dei giovani che non hanno un titolo di studio se-condario superiore.

in uscita nelle librerie italiane il volume La condizione giova-nile in Italia. Rapporto Giovani 2019 (RG2019), curato dal-l’Istituto Toniolo. Il RG 2019 evidenzia come l'impatto della

povertà educativa sulle traiettorie di vita dei giovani risulti un fattoredeterminante nel successo della transizione scuola-lavoro, e all’in-terno del più generale processo di entrata nella vita adulta, deterio-rando condizioni di benessere generale e partecipazione sociale.

L’Italia sta entrando nella terza decade di questo secolo rimanen-do una delle economie avanzate con maggiori difficoltà a incorag-giare un ruolo attivo e positivo delle nuove generazioni. Così cresce,nel nostro paese, il rischio di trovarsiintrappolati nella condizione di Neet.Se si prende la generazione di chiaveva 20-24 anni a inizio crisi e la sisegue nei dieci anni successivi (pas-sando per la fase più acuta e fino al-l’uscita formale dalla recessione), sinota come l’incidenza dei Neet sultotale della popolazione giovanile siacontinuamente cresciuta, essendosalita dal 21,3% al 29,1%. Ovvero,questa generazione è invecchiatapeggiorando progressivamente lapropria condizione e arrivando a su-perare i 30 anni di età con un caricodi fragilità record in Europa: se nel 2007, all’età di 20-24anni, il divario con la media europea era di circa 6 puntipercentuali, nel 2017 tale divario, riguardo ai giovanitra 30 e 34 anni, era salito a 10 punti percentuali.

Gap non solo rispetto agli adultiDal Rapporto, poi, emerge forte il peso del capitale for-mativo nel determinare processi di esclusione. Ad esem-pio, se si considerano i redditi da lavoro, emerge chequasi il 60% dei giovani non diplomati guadagnanomeno di mille euro al mese (il 58,9% nel 2012 e il 57% nel2016); il 10,2%guadagna da 1.600 a 2 mila euro e appenal’1,1% guadagna oltre 2 mila euro. Nel 2012, il 78% deigiovani non diplomati fra 18 e 30 anni aveva un padre (euna madre) con titolo di studio inferiore al diploma o allaqualifica. Questa percentuale è passata al 69,1%nel 2016.

Uno dei rischi derivanti dalla crisi economica è inoltre

L’Istituto Toniolopubblica il Rapporto

Giovani 2019, fotografiadi una generazione cheha subito pesanti colpidalla crisi dell’ultimodecennio. Aumenta ildivario di opportunità

rispetto ai coetaneieuropei. Nota lieta:

l’abuso di alcol non è così diffuso

È

databasedi Walter Nanni

Rapporto Giovani 2019

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Quello che più colpisce è l’assenza:le persone che abitano appartamentiridotti a discarica, o a rifugio insalubre,

sperimentano un isolamento totale. È comese fossero internati, invisibili al mondo

portare un seme di speranza dovespesso non c’è. Si tratta di vicendeumane complesse, indicative di unbisogno di supporto individuale, maanche dell’esigenza di rivedere le di-namiche consuete dell’essere città,territorio, comunità ecclesiale. Dal“barbonismo domestico” emergecon forza un “mondo vissuto” allastregua dell’invisibilità più totale.Che chiede attenzione.

Spesso anche rifiutiNegli interventi a favore delle perso-ne coinvolte in queste situazioni siparte dalla ricerca di un contatto,chiamato a trasformarsi in una rela-zione di fiducia, di accoglienza e diamore, che liberi dalla costrizione deisemplici bisogni materiali e restitui-sca a una vita attiva e dignitosa. I pri-mi contatti con le persone a vario ti-tolo toccate dal fenomeno di solitorivelano rancore e rabbia, manifesta-ti da chi subisce gli effetti del degradoe dell’abbandono: si tratta dei vicinidi casa, con cui la relazione è spessoimpossibile, o caratterizzata da com-portamenti di chiara ostilità, ma chevanno a loro volta accompagnati esostenuti nel ristabilimento di una si-tuazione vivibile.

Quello che più colpisce gli opera-tori, però, è l’assenza: le persone cheabitano appartamenti ridotti a unasorta di discarica, o comunque di ri-fugio insalubre, sperimentano un iso-lamento totale. È come se fossero in-ternati, invisibili al mondo. Nella casaun’enorme quantità di oggetti, spessoanche rifiuti: è come se ognuna diqueste cose potesse o dovesse parla-re, affrontare un dialogo, colmare af-fettivamente una solitudine. Accu-mulare, conservare, tenere accanto asé: il vuoto della solitudine va riempi-to e costituisce la matrice, il verso, lacifra di ogni fenomeno di esclusione.

Quasi tutte le problematiche per-sonali relative al fenomeno del bar-

bonismo domestico sono da ricon-durre alla condizione di solitudine. Ildolore, al pari della povertà, tende avenire nascosto dentro le mura, per-ché fuori di esse c’è il rischio dellostigma, del giudizio, o ancor peggiodell’indifferenza. Nessuno «ti vede»,nessuno «ti guarda». L’attesa e le at-tese fanno parte della vita in solitudi-ne: esperienza ed esperienze psico-logiche si sommano a quelle emozio-nali, che assumono molteplici formedi espressione nella vita di ogni gior-no; l’assenza di reti primarie e secon-darie influisce negativamente sullavita delle persone e le sofferenze tro-vano diversi modi per sfogarsi. L’ac-cumulo di oggetti e l’incuria dellapropria persona diventano rispostealle assenze e il disagio psichiatrico,acuito dalla condizione di isolamen-to sociale, man mano si prende una

nazionale povertà urbane

parte importante nella vita quotidia-na. Di conseguenza, l’aggancio non èfacile. Ma quando avviene, arriva unmomento in cui la persona inizia a fi-darsi, e inizia a raccontare la sua vita;in quel momento, chi si avvicina sirende conto che il non aver nessunocon cui parlare è davvero una tra lecondizioni di vita peggiori.

Come fossero tuoi genitoriAurelio, dopo un iniziale periodo didiffidenza e una relazione costruitanei mesi, in accordo con gli operatorie l’équipe del servizio Caritas ha trova-to la forza per essere utile ad altre per-sone in difficoltà. Un piccolo nucleofamiliare residente in un altro munici-pio di Roma, composto dalla mammadi circa 80 anni e dal figlio di 65, medi-co in pensione, aveva bisogno, per unperiodo di tempo limitato, di un soste-gno tutti i giorni per tutto il giorno.C’era bisogno, insomma, di una per-sona che si occupasse in particolare diClaudio, il figlio medico, colpito anniprima da un ictus, le cui difficoltà piùevidenti riguardavano la deambula-zione e la cura e l’igiene personale.

Aurelio, per circa quattro mesi,trasferitosi nella casa di quel nucleofamiliare, ha generato una piena esolidale condivisione. Così Claudioha iniziato a uscire con le sue gambe;a presentarsi ogni mattina pulito esbarbato; a organizzare il quotidianodella sua vita tra lunghe passeggiatee la spesa al supermercato. La casa ètornata a profumare di pulito, il ba-gno e la cucina tirati a lucido. Eppureanche Aurelio veniva da una tana. Mala cura del prendersi cura dell’altrogli ha trasmesso un’energia e una for-za che lui stesso non conosceva. E lafiducia che il personale Caritas gliaveva testimoniato lo ha reso piùconsapevole, aiutandolo a uscire dalsuo personale cono d’ombra, addirit-tura capace di offrire le risorse ritro-vate ad altri che stavano peggio.

Il mandato condiviso dagli opera-tori con Aurelio, prima che iniziasse lasua risalita dalla condizione di “bar-bone domestico”, era stato: «Aurè, Ti-na e Claudio devi amarli come se fos-sero i tuoi genitori». E così è stato.

Per piccina che tu sia. Quandola casa diventa un problema

È il titolo del nuovo libro della serie “VivaVoce” (edi -zioni Edb), a cura di Paolo Beccegato e Renato Marinaro di Caritas Italiana: il volume racconta storie che mostrano come la “casa”, oltre a essere

un bisognoprimario e un dirittofondamen-tale per ognipersona, costituisce il luogo dellerelazioniumane vitali. E come tale va protetta e rafforzata.

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I TA L I A C A R I TA S | N O V E M B R E 2 0 1 9 17

nella società, capaci di suscitare an-che l’interesse di molti intellettuali diprim’ordine, divenuti parte attiva delmovimento. Tra loro, Stefano Mancu-so, scienziato che ha chiara la connes-sione tra il mondo vegetale e la salutedel pianeta. Con lui, monsignor Pom-pili e Petrini hanno firmato di recenteun manifesto, che sollecita la piantu-mazione di milioni di alberi, conl’obiettivo ideale di metterne a dimorauno per ogni cittadino italiano.

Approccio più liberoMa non c’è solo l’ambiente nei pro-grammi delle Comunità Laudato si’:seguendo l’insegnamento di papaFrancesco, esse sono impegnate an-che nella ricerca di una diversa logicadi vita. Portano in sé l’idea che ecolo-gia ed economia vanno di pari passo.Avvertono in modo forte quanto laconquista di un diverso sistema di

Non c’è solo l’ambiente nei programmidelle Comunità: seguendo l’insegnamentodel Papa, sono impegnate nella ricerca

di una diversa logica di vita. In base a un’idea:ecologia ed economia vanno di pari passo

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di David Fabrizi icucire il rapporto tra uomoe ambiente. Nel segno del-l’equità e della sostenibilità.Nel solco dell’insegnamentodi papa Francesco. A partire

da un trauma collettivo e di territorio,che ha insegnato molto. Le ComunitàLaudato si’ sono un movimento dipensiero e azione ispirato dall’omo-nima enciclica dell’attuale pontefice,che ha come scopo la diffusione nellasocietà di una maggiore consapevo-lezza sui temi dell’ambiente e dellagiustizia sociale. Promosse dallaChiesa di Rieti e da Slow Food, nonpartono da considerazioni confessio-nali, politiche o ideologiche: non fan-no riferimento al solo mondo cattoli-co ma, come il testo del Papa, punta-no a coinvolgere tutti gli uomini dibuona volontà.

L’origine delle Comunità si può farrisalire ai primi mesi del 2017, quan-

do il vescovo di Rieti, monsignor Do-menico Pompili, incontrò ad Amatri-ce il presidente di Slow Food, CarloPetrini. Erano passate poche settima-ne dalle forti scosse di terremoto, ini-ziate il 24 agosto 2016. Nel dialogo trai due emerse la consapevolezza dicome la totale distruzione del borgoe dell’area circostante, con il suo pe-sante bilancio di vittime, imponevaun tema non aggirabile: il rapportotra uomo e ambiente.

In modo imprevisto, il sisma avevainfatti messo il centro Italia di frontealle ragioni elencate con chiarezza dapapa Francesco per una diversa rela-zione con la natura. Da quell’incon-tro, si è cercato il modo di trasformarein azione il pensiero dell’enciclica. LeComunità Laudato si’ oggi sono pro-prio questo: iniziative dal basso, cheprendono piede rispondendo aun’esigenza sentita trasversalmente

grido

R

nazionale territorio

Coniugare tutelaambientale e giustiziasociale: le ComunitàLaudato Si’ sono un movimento di pensiero e azione, ispiratodall’insegnamento di papa Francesco.Nate dopo il terremotodel centro Italia,interpellano la responsabilitàquotidiana di ciascuno

elenostrescelte

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PER UN’ECOLOGIAINTEGRALELa copertinadell’enciclicadi papa Francesco.Nella foto sotto,un allevatorebeneficiario deifinanziamenti Caritasper la ripresa delleattività economichee di tuteladel territorio in centro Italia

Il decennale del terremoto dell’Aquila, celebrato lo scorsoaprile, ha sollecitato la rete Caritas a interrogarsi sul tema del “terremotodell’anima”, e sull’identità e sul ruolo della comunità cristiana nella lungastagione post-sisma, e in generale dopo una catastrofe, su diversi versanti(culturale, psico-sociale, religioso).

Già dopo il terremoto del 1980, che colpì un vasto territorio della Cam-pania e della Basilicata, causando circa 3 mila morti, le comunità cristianesi interrogarono su questioni di senso, a partire da alcune domande di fondo: dov’era Dio quella notte? Quali sono le responsabilità degli uomi-ni? Come immaginare la concretezza della comunione e la via della rico-struzione?

Con lo stesso spirito si è svolto a fine ottobre, promosso dalla diocesidell’Aquila, in collaborazione con la delegazione regionale Caritas Abruzzo-Molise e con Caritas Italiana, un convegno sul tema “Il terremoto dell’ani-ma”, durante il quale si è riflettuto sul buio del dolore, sulla luce della pre-senza divina, sulle prospettive di rinascita.

Il convegno ha esaminato la risposta delle comunità cristiane, non soloitaliane, manifestatasi con generosità e non legata al solo dono della collet-ta. Molte chiese e Caritas hanno assicurato la prossimità dei volontari presenti nei gemellaggi, accanto alla gente, nonché progetti mirati di accompagnamento psicologico e umano di persone e comunità, sia nelle tendopoli che sulla costa, più tardi negli insediamenti provvisori.

I convenuti hanno analizzato il trauma individuale e collettivo, conducen-do una riflessione ad ampio raggio sugli effetti psico-sociali ed ecclesialidel terremoto, e interrogandosi su come sarà possibile valorizzare, in futu-ro, l’esperienza aquilana a favore di altre popolazioni colpite da catastrofinaturali. Infine si è svolta una visita ai luoghi della rinascita, con testimo-nianze significative e la presentazione di buone pratiche riguardanti la ricostruzione, incluso il rilancio del lavoro e dell’economia. Tra le tanteiniziative, Caritas Italiana ha proposto gli esiti del “Progetto Rainbow”, sul rapporto tra terremoto e salute dei bambini, realizzata con l’ospedaleBambin Gesù e l’ordine dei Camilliani.

Tale progetto è stato uno dei tanti orchestrati da Caritas Italiana, graziealla solidarietà di 23.500 donatori e della Conferenza episcopale italiana,che hanno messo a disposizione delle comunità terremotate oltre 35 milio-ni di euro, e grazie al contributo di oltre 60 Caritas estere. Questa mole di aiuti ha consentito di realizzare interventi di prima emergenza, 4 scuoleper l’infanzia e primarie, 16 centri di comunità, 7 strutture di accoglienza, 2 servizi caritativi, il ripristino per attività sociali e comunitarie di 16 struttu-re parrocchiali, l’avvio di progetti di animazione e aggregazione rivolti inparticolare a bambini e giovani, progetti sociali a favore delle persone in situazione di grave emarginazione, di giovani, famiglie, immigrati, porta-tori di handicap. Tutte le realizzazioni hanno avuto, come è ovvio, l’obiettivodi rispondere a istanze umanitarie e di ricostruzione materiale, ma si sonoproposte anche di provocare la comunità cristiana alla prossimità e alla condivisione, sottolineando il primato delle relazioni. Per ascoltare,condividere, lenire e superare le scosse che hanno lacerato animi individua-li e collettivi, ma che non possono e non devono avere l’ultima parola.

L’Aquila: un decennio di aiutioltre le ferite materiali e dell’anima

L’impegno Caritas

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TEMPO DI BILANCIO,C’È VOGLIA DI FUTURO?

generare sinergie e azioni sistemiche.D’altro canto, permane lo struttu-

rale deficit di monitoraggio e valuta-zione degli interventi, tale da non ge-nerare capacità di imparare dal-l’esperienza, far evolvere pratiche,modellizzare azioni. Il Codice del ter-zo settore ha immaginato funzioni diautocontrollo delle reti tematiche –seppure sottofinanziate – ed esistonolodevoli pratiche di autovalutazione,ma le politiche nazionali e regionalispesso soffrono di una non piena ca-pacità di valutare gli impatti delle mi-sure attuate. Tutto questo acuisce di-sparità territoriali, qualità degli inter-venti, efficacia delle misure.

Il capitale sociale territoriale si ge-nera anche attraverso un orientamen-to che dia senso e strumenti ai diversiattori (servizi pubblici o soggetti so-ciali). Che solleciti non un senso di co-munità mitico, ideologico, o peggionostalgicamente escludente. Ma chefaccia sentire dentro un progetto piùlargo dei propri interessi immediati,iniziando a ricostruire un’identità col-lettiva fondata sulle soluzioni, non suiproblemi.

Sempre in vista della legge di Bilancio, l’enfasi postadal nuovo governo sull’evasione fiscale, pur nella suaconsumata ritualità, rappresenta una – minima – inver-sione di tendenza. E il superamento della sconcertantestagione della retorica della lotta ai furbetti e delle normeantidivano va salutata con favore. La mostruosa massa dirisorse sottratte al fisco non si trova rovistando tra i cu-scini di un consumato sofà, ma dentro meccanismi nor-mativi che hanno incoraggiato comportamenti elusivi edevasivi di una parte del ceto professionale e imprendito-riale del paese, nonché in un’inefficace normativa suisoggetti multinazionali vecchi e nuovi.

Insomma, c’è bisogno di una buona legge di Bilancio,capace di crescita economica e di riorientamento ed ef-ficientamento della spesa, ma anche di far crescere re-sponsabilità, voglia di futuro, speranza di cambiamento.Perché i talenti spesi bene costruiscono e si moltiplicano.Non solo nelle parabole del Vangelo.

tempo di legge di Bilancio. Sotto la scure dell’aumento del-l’Iva e del minaccioso, ma familiare, immenso debito pub-blico del nostro paese. La sfida: promuovere sviluppo, senza

creare ulteriore disavanzo. Una partita non facile.In ambito sociale, la misura che pesa di più – in termini di risorse

dedicate – è il Reddito di cittadinanza. Le dichiarazioni dei respon-sabili economici del nuovo governo sono state sin qui rassicuranti:non si modifica una misura appena avviata. Giusto, ma non siamoabituati a sentirlo.

Le risorse per il Reddito sono indubbiamente molte. Ma i probleminon mancano. Anzitutto, l’esclusionedi una fetta consistente di popolazio-ne indigente, ovvero gli immigrati im-pediti ad accedere al provvedimentoper via amministrativa (attraverso re-quisiti penalizzanti). Lottare contro lapovertà e l’esclusione sociale, lascian-do fuori un segmento rilevante di po-tenziali destinatari, non è però unacosa sensata. Se si vuole inaugurareuna stagione politica diversa, è im-portante aprire i porti, ma anche ri-vedere meccanismi normativi diesclusione dal Reddito. Il quale, d’al-tro canto, è alla prova della questionelavoro: oggi non si possono ancora fare valutazioni fon-date, ma c’è la necessità di un monitoraggio attento.

Più largo dei propri interessiL’elenco delle pagine mancanti o incomplete, nel librodelle politiche sociali del paese, sarebbe infinito. Ma bi-sogna concentrarsi sui nodi di fondo. Certamente, alcunepolitiche (non autosufficienza, dopo di noi, servizio civileuniversale, cooperazione internazionale) non sono suf-ficienti per mancanza di risorse adeguate. Ma fermarsi alpuro dato finanziario non basta; è necessario costruire,anzitutto, indirizzi più generali, che sappiano orientareefficacemente le risorse sui target prioritari. La legge diBilancio non è lo strumento unico di finanziamento diazioni: una concertata strategia multilivello dovrebbeorientare coralmente fondi europei, risorse regionali e lo-cali, per certi versi anche la filantropia privata. Non soloper moltiplicare le opportunità di finanziamento, ma per

Il nuovo governo attesoalla sua prima

“finanziaria”. In ambitosociale, bene la conferma

delle risorse per ilReddito di cittadinanza:

che va reso menoescludente. In generale,

servono capacità diorientamento sistemicodei fondi, e di valutazione

delle misure

È

I TA L I A C A R I TA S | N O V E M B R E 2 0 1 9 19 18 I TA L I A C A R I TA S | N O V E M B R E 2 0 1 9

nazionale territorio

produzione e consumo sia non sololegata a un forte universo di valori,ma anche alla necessità di evitarel’autodistruzione. Le Comunità Lau-dato si’ riflettono, insomma, la cre-scente consapevolezza relativa a temidella giustizia sociale, e corrispondo-no al pensiero di quanti si sono ac-corti – soprattutto tra i giovani – chel’interesse privato non si risolva ne-cessariamente nella felicità pubblica.

All’origine della proposta, si è scel-to di non legare il movimento a unaparticolare forma associativa e quin-di a uno statuto. I temi nuovi che leComunità si trovano ad affrontare ri-chiedono un approccio più libero el’idea stessa della “casa comune” haguidato verso l’adozione della forma“comunitaria”. Le Comunità Laudatosì possono di conseguenza nascereperché alcune persone decidono diformarne una, oppure all’interno diorganizzazioni di ogni tipo già costi-tuite. A dare la direzione sono unsemplice codice etico, che distilla ivalori della Laudato si’, e alcune lineeguida. Le uniche formalità da esple-tare sono la comunicazione dell’av-venuta formazione al centro di coor-dinamento del movimento, che hasede a Rieti, e la condivisione delleesperienze e delle proposte fatte ai ri-spettivi territori con le altre Comuni-tà, principalmente segnalando le ini-ziative per la pubblicazione delle no-tizie e degli altri materiali sul sitoufficiale e sugli altri canali social.

Le Comunità si riuniscono poi unavolta l’anno ad Amatrice, per un fo-rum nazionale che nel 2018 ha avutoper tema la plastica e ha portato i par-tecipanti a sottoscrivere la “Carta diAmatrice”, che le impegna a un usoresponsabile di questo prezioso, maproblematico materiale. Nel 2019 ci siè invece concentrati sul tema del-l’Amazzonia, in sintonia con il Sinododi ottobre, ma anche per individuarenel complesso ecosistema della fore-

sta pluviale e nella cultura dei popolinativi spunti, riflessioni e saperi.

Domanda sulle complicitàLa forma “leggera” consente alle Co-munità Laudato si’ un vasto impe-gno, che va dalla proposta di conve-gni, lezioni e seminari a sfondo am-bientale e sociale, all’impegno inprima persona per la cura del territo-rio. L’idea è promuovere con ognimezzo il pensiero dell’enciclica dipapa Francesco, riportando nel con-testo minimo della propria apparte-nenza locale la grande elaborazioneconcettuale proposta dal Pontefice.

Non bastano infatti le campagnedi informazione o di protesta percambiare le cose. Bisogna che i cam-biamenti che si vogliono otteneresiano interpretati e vissuti in primapersona. È cioè necessario che il pro-blema ambientale, la scure del riscal-damento globale, il rispetto per l’uo-mo e per la natura, vengano presi sulserio a livello individuale, oltre chedai governi, dalle istituzioni, dalmondo scientifico. Diversamente si

Per aprire davvero una fase nuova, occorreche l’approccio ecologico non sia distintodall’approccio sociale, bisogna

cioè imparare a integrare la giustizia nelle discussioni sullo stato dell’ambiente

contrappuntodi Paolo Brivio

rischia che anche la più sincera esentita delle iniziative resti confinatanell’inconcludenza dell’idealismo.

Per aprire davvero una fase nuova,occorre che l’approccio ecologiconon sia distinto dall’approccio socia-le, bisogna cioè imparare a integrarela giustizia nelle discussioni sull’am-biente: ascoltare tanto il grido dellaTerra, quanto il grido dei poveri.Quello del Papa è un discorso rigoro-so, che viene da lontano e contesta laspecializzazione dei saperi: econo-mici, scientifici, umanistici. Anzi, af-ferma che distruzione del pianeta,guerre, migrazioni, cultura delloscarto, disprezzo per la vita e viola-zione dei diritti sono strettamente in-terconnessi. Prendere sul serio que-sto discorso richiede che l’indigna-zione e la rabbia lascino il passo alladomanda sulla nostra complicità.Quando diamo la colpa a un’econo-mia che uccide, non ci rendiamoconto che essa non è altro da noi.L’obiettivo è quello di unire alla ri-vendicazione la testimonianza, attra-verso le scelte di vita quotidiana.

Partito un po’ in sordina, il movi-mento delle Comunità Laudato si’ èarrivato oggi a contare circa cinquan-ta gruppi costituiti in tutto il paese.Sono presenti Comunità Laudato si’in molte province al nord, al centro eal sud. Il movimento, inoltre, punta adavere un respiro internazionale. Esistegià una Comunità attiva nella capitaledel Brasile. L’avanguardia di un cam-mino che vuole arrivare lontano.

PROFITTEVOLI ED ECOLOGICIDue giovani agricoltori della zona diAmatrice in un frutteto: Caritas ha

incoraggiato progetti sostenibili

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di orientamento al lavoro 2”, pro-mosso dalla Caritas diocesana:prevede l’attivazione di 21 tirocini(11 per inoccupati o disoccupatitra i 18 e i 35 anni, gli altri 10per persone in una fascia di etàsuperiore, senza vincoli di requisi-to). L’importo mensile della in-dennità di rimborso per ciascuntirocinante, per un totale di 6 me-si, sarà di 550 euro; i 21 tiroci-nanti faranno ciascuno 4 ore

e formazione alla legalità e sitodi pro- duzione orticola a chilo-metro zero 0; ospita già tre persone in misura alternativa al carcere, per le quali sono pre-visti tirocini per la manutenzionedella villa e in agricoltura. Il pro-getto, reso possibile dal contribu-to della Fondazione Cariverona, è stato promosso dall’associa-zione Diakonia Onlus, bracciooperativo di Caritas diocesanaVicentina, in partenariato con altri soggetti del territorio.

AREZZODimore invernali,per 8 homelessaccoglienza conpercorsi individuali

Ad Arezzo si potenziano i servizi, in particolare

quelli invernali, per le personesenza dimora, sotto la regia del Comune. Mentre il dormito-rio cittadino, rispetto al passato,sarà attivo per un periodo piùlungo, dal 18 novembre al 4 apri-le 2020, e mentre si discute di un progetto di cohousingcon la locale azienda per l’edili-zia residenziale pubblica, la Cari-tas diocesana metterà a disposi-zione una nuova opportunità di accoglienza: 8 posti nelle “dimore invernali”. Si tratta di un percorso nuovo, caratteriz-zato dalla coabitazione, da un re-golamento di convivenza e dalcostante monitoraggio medico e psicologico dei beneficiari, al-l’interno di percorsi personalizza-ti per il recupero della dignità.

SPOLETO-NORCIAMappe per il lavoro,21 tirocini perdisoccupati e percontenere l’esodo

Prosegue l’impegno dellaChiesa locale a sostegno

dell’occupazione. È in partenza,infatti, un nuovo progetto, finan-ziato con fondi Cei otto per mille,denominato “JobsMap – Itinerari

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panoramaitalia

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di orientamento di primo e di se-condo livello con un operatoredell’ente incaricato dalla Caritas,la Gi Group Spa, multinazionaleitaliana specializzata in servizi di risorse umane e politiche atti-ve del lavoro, e 8 ore di orienta-mento specialistico. Obiettivo delprogetto è che i tirocinanti possa-no ricevere al termine del percor-so una proposta di contratto. Domande entro il 15 novembre.

Elencare le ragioni per le quali è buona cosa che nessuna persona si trovi a viverein strada rischia di essere di scarsa utilità. La sensibilità comune ci porta, o do-vrebbe portarci, all’indignazione di fronte alla presenza di persone senza dimora.Ma la proposta denominata housing first permette di ragionare su un passaggio ulteriore, rispetto al semplice obiettivo di non avere persone in fabbriche abbando-nate, o sulle panchine di un parco. Dagli Stati Uniti d’America al Portogallo all’Olan-da, ora anche in Italia, e a Biella, la logica housing first risponde con semplicità alla domanda se la casa sia o no un diritto umano prioritario.

Grazie alla Caritas diocesana biellese, già 6 persone, tra cui 3 donne, sono state inserite in un programma di housing first. Grazie anche al supporto dei fondi8 per mille, che stanno alla base del progetto “Mai più senza”, il numero cresceràancora in questo 2019.

L’obiettivo non è l’eliminazione dei dormitori o di altri servizi, che possono esse-re risposte adeguate per alcuni homeless, ma la loro integrazione con una propo-sta che parte dal bisogno di casa che questi poveri gridano. Il progetto, in altre parole, lavora per il passaggio diretto dalla strada alla casa delle persone senzadimora. Ciò richiede un adeguato supporto integrato relazionale e professionale,nonché una corresponsabilità economica del beneficiario, ma punta a scardinarela logica tradizionale della casa come traguardo da raggiungere una volta superatiuna serie di “gradini” di merito. Si tratta di un’occasione inaspettata per i benefi-ciari, ma è anche un’occasione “pedagogica” importante, per rovesciare le logichecon le quali si è abituati a lavorare e a pensare la comunità.

Incide sul benessereMolti studi, negli ultimi vent’anni, hanno dimostrato gli effetti positivi del modello hfa diversi livelli. L’80% delle persone inserite in appartamento riesce a mantenere la casa a due anni dall’inserimento nel programma housing first. La riduzione dell’usodi droga o alcol è alta tra le persone supportate dal programma. La disponibilità di una casa propria incide poi positivamente sul benessere psico-fisico della persona,riducendo le spese per cure mediche e medicinali.

L’effetto “inclusione sociale” è migliorato dalle opportunità che la casa, come luogo di cura di sé,di identità e di appartenenza a una comunità, offre allapersona in housing first. Il beneficio, paradossalmente,risulta essere anche economico per la comunità, per la riduzione di costi legati a emergenze, sicurezzae ricoveri. Prima la casa: conviene davvero a tutti.

C’è soltanto una strada: la casa!A tutti conviene saltare i gradini…

5di Stefano Zucchiottopermille/Biella

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sull’essere umano. A ottobre un gruppo di soggetti sociali man-tovani, tra cui la Caritas diocesa-na, hanno organizzato un evento,intitolato “Sguardi sull’umanità”,che ha dato modo allo stessoBerengo Gardin di ripercorrere alcune tappe fondamentali dellapropria storia, attraverso scattitratti da oltre 250 pubblicazioni:dal reportage “Morire di classe”,sui manicomi, pubblicato nel1969, fino al passaggio dellegrandi navi a Venezia. L’incontroha chiuso la prima edizione dellarassegna “Succede in città”, nata allo scopo di affrontare temiafferenti alle fragilità sociali attra-verso linguaggi eclettici e nuovi.

MANTOVASuccede in città,le fragilità socialiritratte dagli scattidi Berengo Gardin

L’indagine sociale, le tra-sformazioni urbane, il re-

portage umanista hanno un ruolocentrale nella fotografia di GianniBerengo Gardin, uno dei più gran-di fotografi italiani, la cui opera si contraddistingue anche per l’im-pegno civile. In oltre 1,8 milioni di scatti, rigorosamente in biancoe nero, ha saputo raccontarel’evolversi della società italiana, e non solo, con sguardo acuto,penetrante, fortemente centrato

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VICENZAVilla Vescova,oltre il carcereuno spazio perinclusione e cultura

Villa Vescova (ex Villa Vero-nese) a Brendola ha aper-

to per due giorni a fine settem-bre i propri cancelli: è statal’occasione per conoscere le ini-ziative legate al progetto “Coltiva-re la speranza: tessitori di lavoro,arte e legalità”. Villa Vescova viene utilizzata come spazio di inclusione sociale per personein misura alternativa al carcere o ex detenute, come luogo di cul-tura, come centro di educazione

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SCUOLEUna cultura dell’incontro: torna il concorso con il Miur

AMBIENTEAmazzonia Casa Comune, a Roma un mese per saperne di più

“Cittadini per una cultura dell’incontro: dai social alla comu-nità umana”: con questo tema, Caritas Italiana e ministerodell’Istruzione tornano a proporre, anche per l’anno scola-stico in corso, il tradizionale concorso rivolto agli studentidelle scuole di ogni ordine e grado. Oggi sempre più spes-so le persone si incrociano, ma non s’incontrano. Ognunopensa a sé, vede ma non guarda, sente ma non ascolta.Occorre lavorare per ristabilire relazioni autentiche e co-

struire una vera cultura dell’incontro, che vinca la culturadell’indifferenza. La scuola può e deve essere palestra di allenamento alla comunicazione e alla relazione: il concor-so intende contribuire a costruire una cultura dell’incontro.

Le schede di partecipazione e gli elaborati (nelle tre categorie del concorso: disegno o fotografia; breve scritto;breve video o spot) dovranno essere inviati entro il 2 mar-zo 2020 alla casella [email protected].

Caritas Italiana e DentalPro hanno presentato a settembreil progetto “Aiutiamo le persone in difficoltà a ritrovare

il sorriso”. Frutto di un protocollo di intesa tra le due organizzazioni,il progetto si articolerà attraverso la rete degli Empori solidali delle Ca-ritas diocesane, in coordinamento

con gli oltre 165 centri dentistici di DentalPro, il più grandegruppo odontoiatrico italiano. Grazie all’accordo con Dental-Pro è prevista l’erogazione di prestazioni odontoiatriche pro bono a persone indigenti, individuate da centri d’ascolto e già frequentati gli Empori: tali prestazioni vengono eroga-te all’interno dei 51 centri DentalPro coinvolti nella primafase; ne beneficeranno 255 persone bisognose di cure.

Il Sinodo speciale sull’Amazzonia ha avuto esitirilevanti e una risonanza planetaria. Molte realtàecclesiali e sociali hanno affiancato, con propripercorsi, il cammino dei padri sinodali. “Amazzo-

nia: Casa Comune” è stato uno di questi percorsi, e haunito in ottobre enti, istituzioni, associazioni, congregazionie cittadini nella città di Roma, con oltre 130 appuntamen-ti. Momenti di preghiera e di incontro con i popoli indigeni,mostre ed eventi culturali per conoscere meglio l’Amazzo-

nia e la sua ricchezza spirituale: gli appuntamenti sonostati decine, e hanno portato il tema della salvaguardiadell’Amazzonia, patrimonio dell’umanità, nelle parrocchie,nei gruppi, in diversi luoghi della città. Alcune iniziative so-no state promosse dal Movimen-to cattolico mondiale per il clima(Mcmc), a cui aderisce CaritasItaliana. Informazioni e sintesi:www. amazonia-casa-comun.org

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ASSISTENZACure odontoiatriche gratuite ai beneficiari degli Empori

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gna ad Arci Bologna e Idee in movimento nel progetto Porta Pratello, presentato a finesettembre e risultato vincitore di un avvisopubblico del comune. Pratello è una delle zone più note di Bologna: obiettivodel progetto è tracciare un percorso per individuare nuove risposte ai bisognidel quartiere e della città, in particolare delle fascepiù deboli della popolazione, puntando a sollecitareil protagonismo dei cittadini. Al centro delle iniziative, il contrasto alle povertà economiche, sociali e culturali. Tra le prime attività previste, un portieriato sociale, strumen-to di ascolto e risposta immediata ai bisogni delle fasce piùfragili; un front office di quartiere, con l’obiettivo di mappa-re i bisogni e, di conseguenza, crea-re servizi adeguati; un coworkingper superare l’isolamento lavorativo;un centro studi sul terzo settore, infi-ne l’Archivio delle memorie migranti.

tembre la dispensa “Cibus” per il recupero delle eccedenzealimentari. La dispensa è natacome opera-segno nell’ambitodel progetto otto per mille “Cibus:il recupero delle eccedenze alimentari per l’animazione delle comunità”: attivo da 4 anni,sostenuto dalla Fondazione con il Sud, può contare su una rete di volontari e su più di 40 eser-centi che donano le eccedenze,distribuite a Matera nella mensaCaritas “Don Giovanni Mele”, nella mensa del Centro di acco-glienza “Don Tonino Bello”, nei centri di ascolto parrocchiali e in un centro socio-educativo.

CATANIALocali in comodatodal Comune,più servizi perpersone in difficoltà

Sono stati avviati a ottobrei lavori di ristrutturazione

dei locali ex Postazione Amt ed exVigili urbani, concessi in comoda-to d’uso dal comune alla Caritasdiocesana di Catania, al fine di ampliare e rafforzare il venta-glio dei servizi offerti alle personein difficoltà abitativa e sociale.L’arcivescovo di Catania, monsi-

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no poste l’obiettivo di attuare for-me concrete di sviluppo dell’im-prenditoria in diocesi. La sartoriaè gestita da una famiglia nigeria-na, da anni integrata nel contestosiracusano. Federick e Agathaavevano lavorato come sarti, peranni, nel loro paese, poi hannovissuto in Libia e hanno affronta-to la traversata del Mediterraneo(insieme alla piccola Mery e in at-tesa di un altro bambino) nel giu-gno 2015. Anche nel paese nor-dafricano l’uomo gestiva unasartoria, ma il cambiamento dellasituazione politica ha provocato il sequestro del negozio. Costrettia fuggire via mare, genitori e figlisono stati inseriti in un centro di accoglienza e poi in una comu-nità parrocchiale di Siracusa. I fe-deli li hanno sostenuti; in famigliasono poi arrivati i piccoli Emanue-le e Gabriele. Ora per Derick co-mincia l’avventura da imprendito-re: la sartoria, una delle primerealizzazioni del progetto diocesa-no, è dotata di macchinari profes-sionali per la realizzazione di abitisu misura, ma si occuperà anchedi servizi di cucito rapido e ripara-zioni sartoriali; è stata inoltre av-viata una partnership con un ne-gozio per la realizzazione di abititradizionali e divise lavorative.

gnor Salvatore Gristina, ha bene-detto l’apertura del cantiere. I lavori prevedono l’installazionedi tre bagni e tre docce, che am-plieranno i servizi offerti a personesenza dimora e bisognose; inol-tre è prevista anche la realizzazio-ne di una stanza per il barbiere e spazi per accogliere altre attivitàgià presenti all’Help Center fun-zionante da anni presso la Sta-zione centrale del capoluogo et-neo, come il corso base di linguaitaliana, il servizio guardaroba e l’assistenza legale. I lavori sonostati finanziati grazie a donazionie a un contributo da fondi ottoper mille della Chiesa cattolica.

SIRACUSASartoria sociale,Derick taglia e cuceun futuro su misuraper la famiglia

Una sartoria sociale. Dal nome ammiccante,

ma ispirato al protagonista di unabella storia di uscita dalla pover-tà. È stata inaugurata in ottobrea Siracusa “Derick Fashion”, sar-toria nata nell’ambito di un pro-getto promosso da diverse realtàecclesiali del territorio (tra cui la Caritas diocesana), che si so-

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panoramaitalia

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BOLOGNATre nuovi centri d’ascolto in cittàe un’innovativa coprogettazioneper l’inclusione sociale al Pratello

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Due progetti importanti per Caritas Bologna. Con il supporto della fonda-zione bancaria Carisbo, è stato avviato“Insieme”, con l’obiettivo di rafforzare

la presenza dei servizi nel territorio e dare la possibilità alle famiglie di essere aiutate vicino al luogo in cui vivono.Nasceranno tre centri di ascolto parrocchiali e inter-parroc-chiali in zone della città caratterizzate da un elevato indicedi fragilità sociale, in aggiunta ai 70 già attivi in diocesi.Un’alleanza inedita è invece quella che lega Caritas Bolo-

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ste alle emergenze sociali che af-fliggono il territorio della diocesidel basso Lazio. La collaborazioneporterà a realizzare progetti voltiad aiutare le famiglie in difficoltà.Le prime risposte che il tavolo di lavoro congiunto cercherà di da-re riguardano l’emergenza abitati-va, ma il confronto verterà anche su altri versanti della lotta allapovertà e per l’inclusione sociale.

MATERA-IRSINA“Cibus”, dispensache rafforzala rete contro lo spreco alimentare

La Caritas diocesana, insie-me ad alcune associazioni

locali, ha inaugurato a fine set-

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ROMAGiocamondo accantoalla Scuola d’italiano,ultimo servizio natoda 40 anni di storia

Da 21 ottobre la Scuola di italiano per stranieri

della Caritas diocesana di Romaha aperto “Giocamondo”, spazioa misura di bambino, aperto la mattina da lunedì a venerdì,che permette ai genitori che si iscrivono alla Scuola di italianodi portare con sé i figli da 0 a 6anni, per affidarli a personale de-dicato: mentre i genitori seguonole lezioni, i bambini possono diver-tirsi con attività ludico-educative.

Il nuovo servizio è solo l’ulti-mo dei tanti avviati e sviluppati

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in 40 anni da Caritas Roma. L’importante anniversario è statocelebrato in ottobre con diverseiniziative, tra cui la visita, da par-te del sindaco di Roma, VirginiaRaggi, alla Cittadella della Carità“Santa Giacinta” e una messapresieduta dal cardinale vicarioAngelo De Donatis nella basilicadi San Giovanni in Laterano.

CASSINOTavolo di lavorocon il Comunecontro il disagiosociale e abitativo

La Caritas diocesana e l’amministrazione comu-

nale di Cassino hanno istituito un tavolo di lavoro per dare rispo-

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Alessia Cacocciola (Cari-tas Tortona). «In ottobre,con il convegno Dalla mo-nocultura alla polis: la cittàdi molti per stare bene?, abbiamo provato a ragiona-

re sulle nostre città, che ora sono multiculturali e dovrebbe-ro favorire l’intreccio e l’armonia dei cittadini. E quindi su come coniugare la ricchezza che ci hanno portato le diverse culture, ma anche le fragilità, le periferie, i conflit-ti. Si fa un gran parlare della povertà di relazioni all’internodelle nostre comunità: i cittadini sono sempre più individuislegati uno dall’altro, le Caritas devono impegnarsi tantissi-mo a sensibilizzare le persone fin da giovani, fin dalle scuo-le, al senso del bene comune e a trovare una nuova armo-nia. E non solo tra concittadini, ma anche con l’ambiente».

Alice Anzivino (Caritas Viterbo). «AbitiAMO è il primo progetto di coa-bitazione solidale per stu-denti universitari in Italia.Due le componenti princi-pali: favorire le relazioni e la condivisione tra stu-

denti, e promuovere il volontariato, in questo caso pressoopere segno Caritas. La casa in cui i giovani vivono, do-nata dalla curia, vuole essere un luogo in cui creare valo-

re e sensibilizzare alla solidarietà e al coinvolgimento nella comunità. È prevista anche la parte di formazione:educa al servizio, alla condivisione. Alla fine è preponde-rante la sensazione di essere stati accolti, non il fatto di avere una stanza gratuita. E proprio vivere l’accoglien-za porta a essere testimoni di questa esperienza, colti-vando anche nel futuro la carità, la concordia, l’unità».

Antonella Prestia (Caritas Catanzaro-Squillace). «L’iso-lamento del carcere rispetto alla società riduce le possi-bilità che il detenuto fruisca, nel corso della detenzione,di opportunità di reinserimento professionale, di socia-lizzazione, di reale ed efficace rivisitazione anche criticadel proprio vissuto. Per questo sosteniamo una giustiziache non solo punisca e riabiliti, ma ristabilisca relazioni.Oltre la consapevolezza della gravità della violazione,c’è una relazione con la vittima e con la comunità che si è rotta e che va riparata. Con “Inside out”, progettoper l’inclusione socio-lavorativa di persone detenute del-la casa circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro, ci occu-peremo di far recuperare questa relazione e lavoreremosugli effetti del reato.Prevediamo che il reoincontri non solo la vitti-ma, ma il contesto, ovvero la comunità, nel quale il reato ha pro-dotto i suoi effetti».

L’accoglienza, oltre la stanza gratise le relazioni da ritessere dal carcere

9levocingiro di Danilo Angelelli

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IMMERSI NELLA FORESTAUn ragazzo appartenente al popolo

degli Indios Tururukare (stato diAmazonas, in Brasile) si diverte

nuotando nel fiume Samuama

Il Sinodo speciale dei vescovisull’Amazzonia ha messo a fuoco i “Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”, in una regione cruciale per il pianeta: tutelare i diritti dei popoli indigeni e l’immensoscrigno di biodiversità equivale ad assicurare salute, benessere e giustizia a tutto il mondo

dell’umanità

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Patrimoniowww.caritas.it

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sieme agli utenti sono andate distrut-te: la tipografia, il laboratorio di pa-nificazione, l’allevamento di oltre 300capi di bestiame, tutti i campi colti-vati a riso e ortaggi biologici.

* * *

Lo stato indiano meridionale del Kera-la ha subito, ad agosto 2018, una dellepeggiori alluvioni di sempre. In qual-che settimana, quantità inimmagina-bili di pioggia si sono riversate su colli-ne, montagne, campagne e aree costie-re, gonfiando a dismisura i fiumi.

Se non stupisce più l’eccezionalità deifenomeni meteorologici, sorprende invecel’avventatezza dei tecnici statali che, spinti

da incapacità e da interessi politici, hannoaperto le chiuse senza alcun preavviso

ni e si sta preparando per un esame.Pryia sa che perdere i libri sarebbepiù grave di non avere il cibo. E così,su ordine della autorità, ha abbando-nato tutto, nella sua casa di mattonidi cemento non intonacati: ha rac-colto poche cose, preso per manoPramod e si è recata nel terreno dellaparrocchia, dove è stato allestito ilcampo di emergenza.

Per fortuna Sanjay, il figlio 19enne,lavora in città, si è salvato dalle acque,può provvedere a se stesso e forse an-che a lei e al fratellino. Il marito (e pa-dre) se n’è andato da oltre 9 anni, por-tato via da ettolitri di alcol, diluiti ingiornate tristi, fatte di violenza e apatia.

Nel villaggio di Pryia sono morteoltre 10 persone, trascinate da un mi-sto di terra e fango, un tempo chia-mato fiume, giunto all’improvviso adevastare le loro esistenze.

* * *

Uno studio indiano sui cambiamenticlimatici, pubblicato nel 2010, prevedeche le temperature nelle zone himala-yane cresceranno entro il 2030 di 2,6gradi centigradi. Tale tendenza ha dueimplicazioni: in primo luogo, che ilprocesso è già in atto; in secondo luogo,che enormi quantità di acqua disciol-tasi dai ghiacciai e dalle nevi perenni

La popolazione è da sempre abitua-ta ai problemi causati dalle stagionimonsoniche: allagamenti, necessità diabbandonare temporaneamente leabitazioni costruite abusivamente aridosso del letto dei fiumi, perdita tem-poranea dei mezzi di sussistenza, au-mento delle malattie, periodi di au-mentata povertà. Ma a metà dell’estate2018 la furia della natura, unita al-l’imperizia di politici e amministrato-ri, ha colto tutti di sorpresa.

Se non stupiscono, da anni ormai,l’imprevedibilità delle condizioni at-mosferiche e l’eccezionalità dei feno-meni meteorologici, sorprende invecel’avventatezza dei tecnici statali che,spinti da incapacità, e ancor più dainteressi politici, hanno aperto lechiuse senza preavviso, causandoun’inondazione senza precedenti econ conseguenze drammatiche.

I libri di PramodPryia stringe al petto una coperta euna borsa di nylon con dentro i libridi scuola di Pramod. Il figlio ha 12 an-

LA FATICA DI RESTARE A GALLACase allagate o crollate, strade interrotte

dalle frane, salvataggi di fortuna: tristieffetti delle alluvioni dello scorso luglio

L’impegno Caritas

Caritas Italiana, grazie a un importante supporto finanziario della Conferenza episcopale italiana, in collaborazione con Caritas Indiae il Forum delle Caritas del Kerala (Kssf), ha risposto da subito alle nu-merose richieste di aiuto provenienti dal sud dell’India, dopo le rovinosealluvioni del 2018.

È stato attivato un coordinamento in loco, al fine di poter intervenirein modo equo, coerente ai bisogni ed efficace. La maggior parte degliinterventi prevede la costruzione o la riparazione di abitazioni distrutte e il ripristino dei mezzi di sussistenza, siano essi piccoli negozi, attivitàdi pesca o piccolissime attività produttive. L’attenzione principale vienesempre riservata ai più poveri e alle categorie sociali emarginate: donne sole, anziani, persone con disabilità, bambini.

Cei e Caritas Italiana hanno affidato l’operatività degli interventi a 15 Caritas diocesane del Kerala, a 3 congregazioni religiose, all’Ufficionazionale per la pastorale del lavoro e a Caritas India. Visite costanti garantiscono che i progetti siano attuati secondo gli standard concordatie che le popolazioni bisognose vengano raggiunte con adeguate azioni di sviluppo, in un contesto dove, comunque, la Chiesa cattolica – con i suoi tre differenti riti: Latino, Siro-Malabarese e Siro-Malankarese –è molto forte e riconosciuta come soggetto serio, attento agli ultimi di qualsiasi religione, casta, etnia o estrazione sociale.

Ricostruzione e sviluppo nel Kerala

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di Beppe Pedronfoto di Caritas India

internazionale india

uesta volta è successo an-che fuori. Tutto si è riempi-to di acqua. Un’acqua mar-rone e putrida, puzzolentee carica di detriti, serpenti,carcasse di lunghi topi e

qualche vacca morta.Santosh vive da sempre con le al-

luvioni. Ogni sera tutto si riempie diacqua, lui si rifugia correndo sopra ilmobile piú alto e sta lì per qualcheora, fino a quando torna l’asciutto.Ma di solito la gente intorno lo guar-da stupito, o lo deride, o semplice-mente attende che la sua mente e larealtà si riallineino.

Santosh combatte ogni giorno conla sensazione di affogare, con il livellodelle acque che sale e con i cadaveriche lambiscono il suo rifugio. Da

quando, ragazzino, ha assistito allostupro della madre e all’uccisione delpadre, durante il rovesciarsi potentedel monsone di luglio di molti anni fa,le acque lo visitano puntuali. E conesse il terrore, i morti, gli assassini.

Ma questa volta, per una volta,Santosh si è sentito parte del mon-do… Tutti correvano, tutti a cercar disalvare le macchine della panetteria,tutti a cercare riparo per sé e per legalline incapaci di volare e nuotare.

La piena ha riempito l’istituto incui Santosh vive con altri 43 pazientipsichiatrici, che nessuno vuole o puògestire a casa, accolti da un gruppo direligiosi che li assiste, li nutre e li cu-ra. La devastazione stavolta è statatremenda e molte attività economi-che che la congregazione gestisce in-

Qe gli ultimi affogano

cambiaclimaIl

I mutamenti climaticiproducono un effettoparadossale in India:meno precipitazionicomplessive, ma piùconcentrate e rovinose.Cicloni e alluvioninegli ultimi anni si sono intensificati di numero e gravità. Ne fanno le spese i piùpoveri e vulnerabili

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rete idrica, diversificazione dei mezzi disussistenza e organizzazione struttura-ta dei soccorsi sono fattori determinan-ti per poter rispondere efficacementeagli effetti dei cambiamenti climatici.E costituiscono, molto spesso, la lineadi separazione tra vita e morte.

La bottiglia di SudakharSudakhar è stato previdente, quest’an-no. Per non dover vedere ancora unavolta allagati i campi su cui si è spacca-to la schiena per 30 anni, per non dovercaricare moglie, figli e nipoti sul carromalconcio tirato dal bue messo ancorpeggio, per non osservare di nuovo losgretolarsi impietoso dei suoi timidisogni di vecchio, ha deciso di affidarsial diserbante. Una bella bottiglia pienadi liquido verdastro e puzzolente, e lavita si spegne. Tra qualche spasmo distomaco e la leggerezza della testa.

* * *

Come sempre accade, a essere mag-giormente colpiti anche dai cambia-

potere e di accaparramento dei voti.Durante le alluvioni del 2018, per

esempio, nel sud dell’India le rivalitàpolitiche e il desiderio di dimostrarela propria, illusoria competenza han-no portato a un aumento dell’impat-to del disastro ambientale, compor-tando anche un numero di mortidavvero evitabile.

In quell’occasione il mancato coor-dinamento, dettato appunto dalla su-perbia politica, ha comportato l’aper-tura delle dighe, con la conseguenteinondazione dei territori a valle, l’at-tivazione di smottamenti nei territoricollinari più fragili e l’aumento espo-nenziale dei danni di breve, medio elungo periodo.

Come se non bastasse, a disastroavvenuto il partito reggente nello sta-to del Kerala ha rifiutato per settima-ne gli aiuti esterni, non solo interna-zionali, ma anche dal governo centra-le, proprio per riaffermare la propriacapacità nel gestire l’emergenza. Ca-pacità, poi, tragicamente non com-provata dai fatti.

Anche nell’agosto 2019 la lotta po-litica si è giocata sulle teste, sommersedalle acque, dei cittadini: fuochi in-crociati tra partiti politici e accuse algoverno centrale, governato dalla de-stra estremista e nazionalista, e so-spettato di dare aiuti differenziati aseconda dei bacini elettorali, conmaggiori fondi nelle zone dei proprielettori e minori risorse dove i partitireggenti sono di colore opposto.

I panini di SantoshSantosh lavora con impegno nellapanetteria dell’istituto dove vive.Quest’anno le acque non sono arri-vate fino al laboratorio, ma hannocolpito zone più a nord.

Santosh non lo sa: per lui ogni se-ra le acque tornano a invadere ilmondo, per lui ogni sera è tutto ungridare di fantasmi nella testa. Maquando fa il pane, con i macchinarinuovi acquistati dopo il monsonedello scorso anno, allora tutto si cal-ma. Assapora il profumo dei biscottie delle pagnotte, accarezza con losguardo la doratura dei panini prontiper la consegna, sente la soddisfa-zione di essere utile. L’unica cosa cheasciuga – poco a poco, ogni giorno dipiù – le pozzanghere di dolore del-l’anima.

menti climatici sono i più poveri e ipiù vulnerabili. I contadini spessorientrano in entrambe le categorie: laloro dipendenza dall’agricoltura, in-fatti, li rende molto esposti e deboli, difronte alle minacce che i mutamenticlimatici recano al loro settore.

Da anni le multinazionali e la ven-dita indiscriminata di sementi modi-ficate, gli strozzini e le importazioniselvagge hanno fiaccato un settore chegià era sinonimo di vita dura. E han-no portato migliaia di contadini amigrazioni interne forzate, che spessosi risolvono in forme di sfruttamento,con conseguente ulteriore aggraviodella povertà, o alla scelta estrema delsuicidio.

E mentre i più deboli anneganodurante le alluvioni, o muoiono di fa-me e di sete a causa delle estenuantisiccità, i politici, a tutti i livelli, da unlato provano ad attuare manovre dicorrezione della tendenza autodi-struttiva, ma dall’altro vanificanospesso gli sforzi, in nome di giochi di

ACQUE INCONTENIBILIUn ragazzino pagaia sulle acquedi un fiume esondato, nello scorsoluglio, nello stato indiano del Bihar

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dell’Himalaya si riverseranno a valle.E con esse, distruzione e allagamenti.

A ciò si aggiunge la contraddizionedel cambiamento climatico: aumen-tano le alluvioni, ma diminuiscono leprecipitazioni annue. Ovvero i feno-meni piovosi, i monsoni, si concentra-no in poco tempo, con intensità sor-prendenti. Ma complessivamentel’acqua che cade al suolo si riduce. Daqui, un’alternanza diabolica, con me-si di gravissima siccità, interrotti dasettimane di piogge torrenziali.

Le preghiere di ArunPer Arun sta diventando un pellegri-naggio non organizzato ma abituale.Il trasferimento negli spazi dellachiesa, con moglie e 4 figli piccoli, econ le loro poche cose, si è compiutopuntuale anche quest’anno, per laterza volta di seguito. Anche se sonoinduisti, si aggregano alle preghierecristiane, che le donne intonano trala preparazione di un pasto e del suc-cessivo, per chiedere al Dio dellepiogge di essere clemente e rispar-miare le loro abitazioni, nonché glianimali da allevamento.

Mentre lui prega, Deeva, la figliamaggiore, si prepara per l’esame su libricon le pagine ormai ondulate, asciugatial sole timido di un agosto di pioggia.Da grande vuole diventare scienziata,«per salvare i bambini dall’acqua».

Sa, Deeva, che mentre il Dio dellepiogge ascolta le richieste di tutti, è an-che compito suo l’evitare che la prossi-ma volta il disastro riaccada di nuovo.

* * *

Anche l’estate 2019 è stata per l’Indiauna tragedia. L’ennesima tragedia.Mentre la popolazione stava ancoraattendendo la riparazione delle abita-zioni distrutte l’anno precedente, pre-cipitazioni abbondantissime hannoinvaso le regioni dell’est (Assam, Mi-zoram, Megalayia) e del sud (Kerala,Tamilnadu, Karnataka, Maharastra e

Gujarat), seminando nuovamente di-struzione e costringendo la popolazio-ne ad abbandonare ancora una voltacase, fonti di reddito, scuole.

Il cambiamento climatico si fa sen-tire da anni, con la variazione delle sta-gioni e fenomeni atmosferici estremi,male comune in tutto il mondo. Manell’ultimo decennio la situazione è evi-dentemente molto peggiorata, e moltoancora dovrà peggiorare: uno studiodella Banca Mondiale prevede infattiche, a fine secolo, la temperatura mediaindiana possa raggiungere i 29,1 gradicentigradi, contro gli attuali 25,1.

Le regioni duramente colpite dallealluvioni delle ultime due estati han-no registrato nell’ultimo decennio unaumento della temperatura media di1 grado centigrado: dato apparente-mente irrilevante ma, come mostra larealtà, molto serio e preoccupante.

Le lacrime di PryiaPryia osserva Pramod giocare serenocon gli altri bambini nel campo da-vanti alla chiesa, dove si sono riunite,anche quest’anno, più di 70 famigliesfollate. È felice nel sapere che il figlioè spensierato, nonostante tutto. E nelvedere qualche raggio di sole che fil-tra tra le nuvole nere: almeno oggi,l’unico vestito di ricambio salvatodalle acque e l’uniforme scolastica diPramod potranno assaggiare il sapo-ne, dopo giorni di umidità.

Ma se pensa a Didi, la signora an-ziana che le ha fatto da mamma neglianni della fame, gli occhi le si riem-piono di lacrime, e l’alluvione di do-lore raggiunge il cuore.

Didi è morta quest’anno, all’arrivodella piena. Lo scorso anno ridevanoserene, insieme, proprio dove Pryia èadesso, sogghignando contro la catti-va sorte, alla quale erano di nuovoscampate. Ma ora non c’è niente daridere. Didi era una donna forte, persé e per gli altri, sempre pronta a ca-ricarsi di tutto, e a condividere anche

internazionale india

Come sempre accade, a essere più colpitisono i più poveri e i più vulnerabili.I contadini spesso rientrano in entrambe

le categorie: la dipendenza dall’agricolturafinisce per renderli molto esposti e deboli

il niente che aveva. Didi era la fierezzadi un sorriso parsimonioso, di un cor-po secco secco, di una mente saggia esilente. Ma abitava lontana: solo unpaio di chilometri, ma sempre troppi.Viveva al di là della via principale, do-ve la corrente elettrica non è ancoraarrivata, i cellulari non prendonomai, la strada si fa striscia di buchenascoste dal fango. E questa volta lacattiva sorte si è presa la rivincita.

* * *

La gravità dei danni causati dai feno-meni metereologici estremi – siano es-si alluvioni o siccità, due facce dellastessa medaglia – non dipende solodall’aumento delle temperature, mamolto anche dal grado di vulnerabi-lità di persone, comunità e territori.

Ecco allora che strade, rete elettrica,

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e la si osserva durante il giorno,la Siesta appare come unaspiaggia normale, luogo di in-contro per centinaia di perso-ne che vogliono evadere dal

caldo di Gibuti. Sicuramente più spor-ca e più affollata di una spiaggia italia-na, la Siesta di giorno però accoglienormalmente studenti che hanno fi-nito la scuola, calciatori desiderosi diallenarsi, famiglie che in compagniafumano una shisha e mangiano al ri-paro di alberi spogli, ragazze che inbubu colorati si fotografano a vicenda.

È solo passando di notte o di matti-na, prima dell’alba, che la Siesta iniziaa indossare un’altra faccia, più cruda,difficile da osservare, perché specchiodi un paese pieno di contraddizioni econtrasti. La Siesta, di sera, si riempiedi cartoni: cartoni che fanno da mate-rasso a centinaia di uomini, donne esoprattutto bambini, che dormonosotto un cielo stellato all’addiaccio.

Dormono così, perché è preferibiledormire in gruppi, per proteggersi a

vicenda. Ed è preferibile che qualcu-no durante la notte rimanga sveglio,a turno, per sorvegliare gli altri e pro-teggerli da ubriaconi, malintenziona-ti e cani. Di mattina la sveglia è il soleche inizia a picchiare, o è data dai gi-butini che pretendono che la spiaggiatorni a essere spiaggia, ripulita dai ri-masugli del dormitorio all’aperto.

Meta e trampolinoOgni giorno, dopo una nottata passa-ta all’addiaccio, tra gli 80 e i 120 bam-bini di strada varcano le porte delcentro Caritas di Gibuti. Arrivano –sporchi, stanchi, con sabbia e polvereche li coprono più dei loro stessi ve-stiti stracciati, con ferite putride eaperte, a testimoniare una vita sicu-ramente non da bambini. La maggio-ranza di loro è etiope, di etnia Oro-mo, ma vi è anche una presenza nonindifferente di somali e gibutini.

La posizione strategica di Gibuti(piccolissimo stato con capitale omo-nima, incastonato tra Eritrea, Etiopia

SArrivano da vari paesi.Soprattutto Etiopia.Col miraggio di uneldorado che non c’è.A Gibuti, piccolo statodel Corno d’Africa,per molti minori ladestinazione è la crudavita di strada. Alcuniriescono a tenere vivii loro sogni. E il centrodiurno Caritas li aiuta

testi e foto di Eleonora Ioli e Cirilla-Augusta Mazza

dei ragazzi della Siesta

speranzeLetenaci

internazionale gibuti

NON È L’ULTIMA SPIAGGIAGiochi al centro Caritas di Gibuti.Sotto, minori stranieri senza casasi risvegliano all’alba alla Siesta

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LA POLITICA DEI MURITRADISCE STORIA E VALORI

quiste raggiunte in questi trent’annidi storia d’Europa. Traguardi chesembrano però oggi messi in discus-sione, in particolare a causa dellapressione migratoria verso l’Unioneeuropea, dal Mediterraneo e lungo larotta balcanica, pressione che con-duce molti a sostenere politiche dichiusura delle frontiere e di ricostru-zione di barriere. Numerose persone,da diversi continenti, provano dicontinuo a varcare i confini del-l’Unione europea, i cui stati si attrez-zano, in maniera più o meno sensibi-le alle istanze umanitarie, per respin-gerle e blindare gli accessi. E laviolenza usata dalle polizie, lungotutti i confini europei, soprattuttoquelli della rotta balcanica, non èpurtroppo una fantasia. Episodi direspingimento violento avvengonodi frequente ai confini bosniaco-croato, croato-serbo, ungherese-ser-bo e rumeno-serbo.

«La caduta del Muro simboleggiòl’apertura delle frontiere, mentrel’Europa che oggi risponde alle sfidedelle migrazioni somiglia a una for-tezza», ha recentemente sintetizzato

Nicola Duckworth, direttrice del Programma Europa eAsia centrale di Amnesty International.

La questione migranti è oggi il banco di prova dei va-lori stabiliti dalle Costituzioni democratiche (tra cuiquella italiana) e dalla Carta dei diritti fondamentalidell’Unione: l’uguaglianza, la dignità delle persone, i di-ritti umani a cominciare dal diritto alla vita, la solidarie-tà, tutti valori oggi pesantemente violati dalle politicheattuate dai vari governi in Europa e da quelle dell’interaEuropa. Si tollerano gesti che confliggono con un’idea dicomunità inclusiva: libera, egualitaria e fraterna. Conl’inerzia, l’indifferenza e l’incapacità di superare i veti in-crociati e gli egoismi nazionali, l’Europa tradisce gli im-pegni assunti nella sua Carta dei diritti fondamentali. Erischia di far tramontare i sogni che divennero realtà conla caduta di un Muro.

renta anni fa, il 9 novembre 1989, cadeva il muro di Berlino,metafora e sintesi dell’intera Guerra fredda. «Tutti gli uominiliberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino e quindi,

come uomo libero, io sono un berlinese»: la celebre frase pronuncia-ta nel 1963 da John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Unitid'America, durante la visita ufficiale a Berlino Ovest, fece sì che il Mu-ro di Berlino, alzato da due anni prima, divenisse il simbolo di un’Eu-ropa divisa, che andava liberata da barriere a frontiere bellicose.

Il 3 ottobre 1990 la Repubblica democratica tedesca (Rdt, popo-larmente designata come Germania dell’Est) cessò di esistere, e il suoterritorio iniziò a far parte della Re-pubblica federale tedesca. Si aprivacosì una nuova era in Europa, incar-dinata sul sogno di abbattere mura ebarriere tra gli stati e sul principiodella libera circolazione delle perso-ne, divenuto uno dei pilastri legisla-tivi dell’Unione europea e simbolodell’integrazione comunitaria, non-ché pietra angolare della cittadinan-za dell’Unione, introdotta dal trattatodi Maastricht nel 1992.

Nel 2019 ricorre peraltro anchel’anniversario dell’allargamento del-l’Unione europea ai paesi dell’Europacentrale e orientale, allargamento avviato di fatto propriodalla caduta del Muro di Berlino e dalla successiva fine dellaGuerra fredda, con la conseguente rimozione degli ostacoliideologici e politici alla riunificazione del Vecchio conti-nente. La porta dell’Ue fu aperta ai paesi dell’est nel 1993dal Vertice di Copenaghen, ma solo nel maggio 2004 entròin vigore il trattato di adesione dei primi dieci candidati.Durante la riunione di Copenaghen, i capi di stato e di go-verno dei 15 stati (allora) membri dichiararono che «l’ap-partenenza all’Unione richiede che il paese candidato ab-bia raggiunto una stabilità istituzionale che garantisca lademocrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispettoe la protezione delle minoranze».

Banco di provaI due anniversari ci ricordano le sfide affrontate e le con-

Trent’anni fa cadevala barriera che, nei

decenni della GuerraFredda, aveva divisoBerlino. Oggi, 15 anni

dopo uno storicoallargamento a Est,

l’Europa torna ablindarsi. Contro quanto

sta scritto nelle suecostituzioni. Dunque,snaturando se stessa

T

zeropovertydi Laura Stopponi

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In un silenzio che diventa ogni giorno più assordante, lo Yemen si trovain balia di una catastrofe umanitaria, cominciata nel 2014 da un conflit-to interno e trasformatasi ben presto in guerra civile. Su una popolazionedi circa 28 milioni di abitanti, attualmente 15 milioni corrono il rischio di morire di fame, di colera o sotto un bombardamento aereo. Dall’iniziodel conflitto, 3 milioni di abitanti sono stati costretti a fuggire dalle pro-prie case, e più del 75% della popolazione necessita di assistenza uma-nitaria. Nonostante questo sfondo di violenza, lo Yemen viene ancora utilizzato da migliaia di migranti africani, che ogni giorno scelgono di imbarcarsi dalla costa nord di Gibuti, per tentare di raggiungere, attraverso l’antistante Yemen, i paesi della Penisola Araba.

Un flusso migratorio continuo e alternato interessa lo stretto di Bab el-Manded (conosciuto anche come Gate of tears, cancello delle lacrime):almeno 37.248 persone (Unhcr, 2018) hanno raggiunto Gibuti, che dista so-lo 32 chilometri dallo Yemen, attraversando lo stretto braccio di mare, men-tre al contrario 2.200 yemeniti sono registrati nel campo rifugiati gibutinodi Markazi, nato dalla collaborazione tra governo locale e Arabia Saudita.

La grande maggioranza (83%) dei rifugiati presenti nel piccolo paesedel Corno d’Africa vive in tre villaggi di rifugiati, che si trovano ad Ali Ad-deh, Holl Holl e Markazi. Mentre quest’ultimo campo è di recente costru-zione, i primi due accolgono richiedenti asilo da più di venti anni, inclusepersone che sono nate e cresciute in un campo profughi. Il restante 17%è invece costituito da cosiddetti “rifugiati urbani”, che risiedono in città.

La vicinanza tra i due stati ha sempre favorito la migrazione e lo scambio culturale ed economico tra Gibuti e Yemen. Ben prima del conflitto, molti commercianti yemeniti si erano insediati nella capita-le del piccolo paese del Corno d’Africa per accrescere o creare il lorobusiness. Si è creata così una solida comunità yemenita nella capitale,che – mentre gestisce il maggior numero di boutique presenti a Gibuti –intanto sostiene e supporta i connazionali in fuga dal conflitto in atto.

In realtà, la stessa popolazione gibutina è costituita da un miscugliodi etnie: soprattutto somali, afar e yemeniti, che convivono pacificamen-te. L’intensificarsi del conflitto e il continuo arrivo di rifugiati yemeniti haspinto il governo di Gibuti a promulgare una legge nazionale che permet-te ai rifugiati di accedere a servizi sociali – educazione e assistenza sani-taria – e all’integrazione socio-economica, tramite un accesso facilitato a opportunità lavorative. Ciò ha permesso ai rifugiati di godere deglistessi diritti di un cittadino gibutino in materia di educazione, sanità e lavoro: non è poco, con i tempi che corrono e la diffidenza che, in mol-te parti del mondo, circonda rifugiati e migranti.

IL CONFLITTOLo stretto all’incontrario,in fuga dalla catastrofe Yemen

rivano comunque a Gibuti ville, e quisi scontrano con la cruda realtà: Gibu-ti non è l’eldorado, ma è dove comin-cia la loro vita di strada. Dormire suun cartone, rammassare bottigliette diplastica per poi rivenderle a pochicentesimi, lavare macchine e lustrarescarpe fuori dalla moschea, sniffarecolla e fumare un po’ di marijuana perevadere da condizioni di vita inuma-ne: vivere in strada significa dover so-pravvivere ogni ora, diffidare da tutti,usare le mani per difendersi, attaccaregettando pietre per non essere il più

debole, prostituirsi per guadagnarequalche soldo, ammalarsi e non averela possibilità di essere curati.

Se le motivazioni possono essere va-rie e differenti, ciò che accomuna que-sti ragazzi e ragazze è la speranza di tro-vare, a Gibuti, una possibilità di riscatto,di essere indipendenti e capaci di potermantenere la propria famiglia.

Le bottiglie di Adil, i rifiuti per IbrahimAdil aveva 9 anni quando ha lasciatoil suo piccolo villaggio alle porte di

Dire Dawa (Etiopia) e si è messo incammino per Gibuti: era il più gran-de dei suoi fratelli e doveva dimostra-re di sapersela cavare, non poteva pe-sare ancora sulle spalle di sua madreche faticava a portare il cibo a casaper tutti. Adesso dorme per strada eraccoglie bottigliette di plastica;quando avrà guadagnato abbastanzaritornerà dalla sua famiglia, fiero.

Osman è invece uno dei più grandial centro Caritas: è arrivato quandoancora era così gracile e indifeso da es-sere il perfetto bersaglio per gli scherzi

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e Somalia nel Corno d’Africa, affac-ciato sul Golfo di Aden, di fronte alvertice sud-occidentale della PenisolaAraba) e la sua stabilità politica edeconomica, rendono il paese da unlato una destinazione naturale, percosì dire privilegiata per i migranti e irifugiati provenienti da stati limitrofi(non solo Etiopia, Eritrea e Somalia,ma anche Yemen), dall’altro un tram-polino di lancio verso i paesi arabi,verso i quali migliaia di migranti afri-cani si dirigono in cerca di fortuna,trovandovi però condizioni di vitaspesso al limite della schiavitù. E lapresenza di migranti nel piccolo pae-se del Corno d’Africa non è limitata achi proviene dagli stati confinanti:centinaia di persone hanno fatto rot-ta su Gibuti dalla regione dei Grandilaghi africani (Congo, Burundi, Ruan-da) e da paesi in guerra o instabili, co-me Sudan, Camerun e Uganda.

Le più recenti statistiche realizzatedall’Alto commissariato Onu per i ri-fugiati (Unhcr), pubblicate alla finedello scorso luglio, parlano di 30.098tra rifugiati e richiedenti asilo presentinel paese: un numero esorbitante, sesi considera che la popolazione gibu-tina, secondo stime ufficiali, non rag-giunge nemmeno il milione di abitan-ti. È doveroso però ricordare comequeste stime siano, inevitabilmente,imprecise e limitate, dal momentoche coinvolgono solo le persone rico-nosciute – tramite un pezzo di cartache valga come attestazione di iden-tità – dal governo e dall’Unhcr. In unarealtà tanto variegata quanto compli-cata, si muovono infatti altre migliaiadi persone senza riconoscimento giu-ridico definito, che vivono come fan-tasmi, senza tutele e diritti rispettati.Anche a Gibuti, l’assenza di un docu-mento d’identità valido altera le con-dizioni di vita di tante persone, con-dannate a vivere in un limbo dove unlavoro in regola, l’assistenza sanitariae i diritti civili diventano un miraggio.

APPRODO SICUROPranzo e giochi nel Centro Caritasa Gibuti per tanti bambinicostretti alla vita di strada

Sopravvivere ogni oraGli immigrati irregolari presenti a Gi-buti provengono, come detto, princi-palmente dall’Etiopia: tra questi, unnumero spaventosamente alto è rap-presentato da bambini (in gergo lega-le, i minori stranieri non accompa-gnati – Msna). Il centro diurno Cari-tas, situato nella capitale, conta più di900 ragazzi registrati; quotidianamen-te, la media di persone accolte si aggi-ra tra le 80 e le 120. Si tratta di ragazzitra i 6 e i 18 anni, che lasciano casacon la speranza di trovare un eldoradoa Gibuti, a volte influenzati da chi hagià intrapreso il cammino, a volte co-

internazionale gibuti

È beffardo pensare a quanto sia facile farattraversare i confini, su camion e furgoni,ai cartoni pieni di khat, pianta dagli effetti

stupefacenti. Mentre alcune persone sonocostrette a farlo in condizioni estreme

stretti a fuggire da situazioni di insta-bilità e precarietà. Cominciano il loropercorso a piedi, per poi continuarlosaltando su un treno che collega Etio-pia e Gibuti. Al confine devono scen-dere per evitare i controlli della polizia,così continuano a piedi, marciando infila indiana con in mano una bottigliadi acqua sporca, che non li disseterà.

È un percorso migratorio fatto apiedi scalzi, sotto un sole cocente, chepicchia forte sulla testa e stanca im-mensamente. Per raggiungere la capi-tale dalla frontiera bisogna cammina-re, oppure saltare su uno dei tanti ca-mion che ogni giorno trasportanomerci tra i due paesi. Ed è beffardopensare a quanto sia facile far attraver-sare i confini, su camion e furgoni, ainnumerevoli cartoni pieni di khat –una pianta le cui foglie sono moltoconsumate nel mondo arabo, e che dàeffetti stupefacenti –, mentre invecedeterminate categorie di persone tro-vano innumerevoli ostacoli, e devonospostarsi in condizioni estreme.

Dopo giorni di viaggio, i ragazzi ar-

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ETERNO GIOCO DI SPECCHI,CONVIENE A TUTTI COSÌ…

penisola arabica, tutti fedelissimi aiSaud, i secondi. I soldi del Golfo, tan-to per dire, hanno fatto dimenticareagli americani che i principali re-sponsabili del terrorismo internazio-nale, dalle Torri Gemelle in poi, stan-no da quelle parti, non di là dellostretto di Hormuz…

Primaverecondannate dall’inizioL’oblio come strumento geopoliticoè perfetto. Dimenticare diritti umanie dittatori feroci, anzi stringere le loromani insanguinate, è pratica diffusa.Trascurare guerre o ritenerle a bassaintensità, come accade per Palestina,Siria e Yemen, senza preoccuparsi deldisastro umanitario, politico e reli-gioso che provocano, è un gioco irre-sponsabile, perché è difficile control-lare possibili e probabili escalation.

Invece, l’unica attività che si perse-gue con ogni mezzo è quella del do-minio. Si invocano unità e giustizia,ma in Medio Oriente tutti sono picco-li o grandi colonizzatori. Ognuno ri-tiene di essere solo più bravo degli al-tri, o più scaltro, o più in grado di dis-

simularlo. E così il risultato non cambia. Resta solo la lot-ta, refrattaria a ogni compromesso. E periodici emergonoi disastri umanitari, dalla Striscia di Gaza al Golfo di Aden.Nessuno desidera la guerra, ma tutti la fanno.

Le propagande sono abilissime. Però il rischio che qual-cuno sbagli i calcoli è dietro l’angolo. Si alimentano tensionie si soffocano solo in apparenza fiamme pronte a divampa-re furiose. Si combattono guerre che vengono considerateazioni di disturbo, come quella in Yemen, con il suo tragicoe drammatico carico di morti e nessuna soluzione in vista.

Dopotutto, conviene a tutti, così come a nessuno con-viene che il sistema sociale e politico di quegli stati risultipiù giusto e più equo. Quando le primavere arabe sonosalite alla ribalta della cronaca, il loro destino era già se-gnato. Pace e giustizia continuano a scontrarsi con la so-pravvivenza politica. E va bene a tutti: felici e contenti dipoter finalmente viaggiare nella sabbia rovente.

i hanno provato, lanciando l’ultima arma di distrazione dimassa. L’apertura al turismo da parte dell’Arabia Saudita, conprofusione di tabelle grafiche su costi e benefici mondiali e

nazionali, compresa l’assicurazione che anche le donne potrannoviaggiare da sole senza timore di essere arrestate e lapidate, e chepotranno guidare tra sabbia e cammelli, intende illustrare un paesefinalmente in uscita dal medioevo. Il giovane e ambizioso principeMohammed bin Salman prova a lasciare di nuovo tutti a bocca aper-ta, ipnotizzati dalla pretesa modernità del governo. Sperando chetutti dimentichino la guerra contro lo Yemen e il disastro umanitarioda essa provocato, nonché la mancan-za di ogni scrupolo democratico nellagestione del potere (come l’affaire Ka-shoggi sta lì, insoluto, a dimostrare).

Da quelle parti le cose vanno quasisempre così e le armi di distrazionedi massa sono ampiamente usate datutti, direttamente e per procura. Lalezione di George W. Bush, impartitadalla Casa Bianca complice un Segre-tario di stato, Colin Powell, che nel2003, non avendo trovato la pistolafumante contro l’Iraq, se la costruì emostrò al mondo dal Palazzo di ve-tro, continua a fare scuola dappertut-to, in Medio Oriente e dintorni.

Così tutto appare come in un gioco di specchi, dove èassai difficile (anzi, è reso apposta impossibile) vedere estabilire dove sta la verità. Accade in Israele, con la farsadi leader che minacciano sfracelli per continuare a pie-gare la politica americana a proprio favore. Accade inEgitto, dove possibili false primavere vengono messe inscena nel solito scontro tra lobby militari-industriali chegovernano il paese. E accade tra Arabia Saudita e Iran, do-ve il contrappunto di riformatori e di antichi arnesi guar-diani della rivoluzione, pingui e mai sazi, fa saltare siste-maticamente ogni tentativo di dialogo.

Israeliani e sauditi, in particolare, sono abilissimi acondizionare la politica della Casa Bianca: con la potentelobby ebraica americana, i primi; con l’apparato milita-re-industriale, che deve la propria immensa fortuna so-prattutto alle stratosferiche commesse degli stati della

In Medio Oriente le propagande sono

abilissime nel tentare di condizionare

le superpotenze. E neldistogliere le opinionipubbliche dal tragicobilancio umanitario di

conflitti, come lo Yemen,presentati colpevolmentecome azioni di disturbo

a bassa intensità...

C

contrappuntodi Alberto Bobbio

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internazionale gibuti

dei più anziani, ed era tanto impauritoda nascondersi costantemente dietrole gambe degli animatori. Veniva chia-mato cayo, che in oromo significa “ros-so”, perché i suoi capelli erano diversida quelli degli altri. È cresciuto in e conCaritas, passando dall’essere il picco-lino del gruppo a uno dei più respon-sabili e “di vecchia data”: ha comincia-to a studiare presso il Lec, un centro dialfabetizzazione che permette a chinon ha i documenti o i mezzi di so-stentamento di avere un’educazionedi base; poi, da un giorno all’altro, èpartito. Si parlava di speranza: Osmanè uno di quelli che non ha mai perdutodi vista i suoi obiettivi, i suoi desideri,i motivi che l’hanno spinto a lasciarela sua famiglia da bambino. È partitoper lo Yemen dopo aver messo da par-te i soldi per il viaggio, con la speranzadi raggiungere l’Arabia Saudita e ditrovare un lavoro.

Ibrahim in Caritas dorme tutto ilgiorno ed è sempre stanco. A primavista potrebbe sembrare svogliato epigro, ma è solo tramite l’ascolto e laconoscenza che si scopre che in real-tà lavora tutta la notte, tutte le notti:lontano dal centro città, raccogliepattumiera e smista costantemente irifiuti. In Caritas di giorno trova unambiente sicuro dove riposare, lon-tano dai rastrellamenti della polizia edall’insicurezza della strada.

Doccia, cure, ascoltoEsistono ragazzi che, nonostante lastrada, riescono a raggiungere i loroobiettivi, e altri che invece dalla stra-da vengono sopraffatti: la colla puòucciderli lentamente, o comunquetrasformarli in persone irriconoscibi-li, così come la droga può diventareuna dipendenza incontrollabile.

Il centro diurno di Caritas Gibutiesiste proprio per donare un’alterna-tiva a questi ragazzi. Attraverso unarete di partenariato con attori localied esteri, cerca di rispondere ai mol-

INSIEME SI PUÒUn’alternativa alla violenza della strada:al Centro Caritas le attività comunicostruiscono relazioni positive

teplici bisogni della popolazione, inparticolar modo a quelli della fasciapiù debole: i bambini di strada.

Il lavoro degli operatori e volontariè improntato a trasmettere accoglien-za e rispetto di sé e dell’altro, così dapresentare al bambino un mondo al-ternativo rispetto a quello violento einsicuro che caratterizza la strada.

All’interno del centro diurno vi è lapossibilità di farsi la doccia, ricevereun cambio pulito, usufruire dei pasti e

Alcuni ragazzi, nonostante la strada,riescono a raggiungere i loro obiettivi,mentre altri vengono sopraffatti dalla

strada: la colla può ucciderli lentamente,o trasformarli in persone irriconoscibili

ricevere cure di primo soccorso, grazieal servizio di infermeria presente. Nelcaso vi siano problemi di entità mag-giore, si attiva la presa in carico sani-taria, che assicura cure ospedaliere. Inquesto modo si cerca di ovviare ai pro-blemi legati alla scarsa educazioneigienico-sanitaria e alimentare e al li-mitato accesso alle cure pubbliche,che per la gran parte di questi bambinisi traduce soprattutto in frequenti in-fezioni (intestinali, genitali, ecc.).

Nel corso della mattinata vengonosvolte attività di alfabetizzazione,sport e laboratori manuali. Successi-vamente i bambini che mostranomaggior interesse vengono iscritti alcentro di alfabetizzazione della dio-cesi – Ecole LEC (Lire, Ecrire, Com-pter) – per acquisire dimestichezzacon il francese e la matematica. Al-l’interno del programma di attivitàviene riservato un tempo appositoper l’ascolto individuale di ciascunbambino, grazie al quale il ragazzopuò raccontare la propria storia edesprimere i propri bisogni.

Se viene richiesto, e se esiste unaconcreta possibilità, si lavora per fa-cilitare la riunione del ragazzo con lapropria famiglia, sia essa a Gibuti,oppure in Etiopia. In questo caso siprocede ad un lavoro di rete con l’Or-ganizzazione internazionale per lemigrazioni – Oim, al fine di garantireun ritorno sicuro del ragazzo. Così ilcircolo si chiude. Il viaggio ritorna dadove era partito. Accade poche volte,e può sembrare una sconfitta. Ma è lasalvezza dalla strada. E l’inizio diun’altra vita.

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non meno importante: «La mentalitàfondamentalista lasciata dallo StatoIslamico. L’Isis non è composto solo dapersone, ma è anche una ideologia tesaad annientare l’altro. Per questo deveessere estirpata».

Dal satrapo al califfoMa l’Isis è solo uno dei passaggi piùdrammatici della storia recente del-l’Iraq, che può essere tracciata a parti-re dal 2003, cioè dopo l’invasione del-l’Iraq da parte di una “coalizione di vo-lenterosi”, come la definì l’allorapresidente statunitense George W.Bush, guidata da Stati Uniti e Regno

Unito. Saddam Hussein, sunnita, eraaccusato di sostenere i terroristi di alQaeda e di detenere nei suoi “magaz-zini” armi di distruzione di massa. Co-sì, in nome della “guerra preventiva”,l’Iraq fu invaso dalla coalizione, il dit-tatore destituito e catturato a Tikrit,sua città natale, il 13 dicembre 2003. Il30 dicembre di tre anni dopo fu messoa morte.

Da quel momento si aprì un nuovofronte di guerra, tutto interno e setta-rio, difficile da contrastare per la coa-lizione occidentale, che non avevapiù un nemico da combattere, ma so-lo un territorio da controllare. La scel-ta degli Usa di mettere fuorilegge ilpartito Baath, fino ad allora domi-nante, e di sciogliere l’esercito irache-no, creò un enorme vuoto politico edi sicurezza e due schieramenti con-trapposti: da una parte la minoranzasunnita, uscita sconfitta dalla guerra,dall’altra la maggioranza sciita, arri-vata al potere. A fare da terzo incomo-do, il ramo iracheno di al Qaeda (an-ch’esso sunnita), guidato da Abu Mu-sab al-arqawi, abile a sfruttare loscontro settario, arrivando ad attac-care la maggioranza sciita e i suoisantuari, come quello di Askari a Sa-marra nel febbraio del 2006.

Ne derivò una stagione di attentatie violenze che provocarono, al culmi-ne dello scontro (fine 2006), migliaiadi morti. Lo spargimento di sanguespinse gli Usa ad aggiungere 30 milasoldati ai 130 mila già schierati in ter-ritorio iracheno. Solo dal 2008 comin-ciò un allentamento della violenza,dovuto anche alla decisione dell’allo-ra premier iracheno, al-Maliki, di for-mare un governo di unità nazionale edi usare le truppe statunitensi per mi-gliorare la sicurezza nel paese. Queste

Secondo la Banca mondiale, i tre quintidella popolazione irachena vivono conmeno di 6 dollari al giorno. Mentre si stima

che dal 2003 dalle casse pubbliche sianospariti circa 450 miliardi di dollari

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ultime, nel dicembre 2011, completa-rono il loro ritiro dal paese, dopo averraggiunto un’intesa con Baghdad. Glisciiti iracheni, dal canto loro, avreb-bero dovuto integrare nelle loro strut-ture militari le tribù sunnite che ave-vano combattuto i jihadisti. Promessanon mantenuta, che di fatto permiseal sedicente Stato Islamico di recluta-re migliaia di miliziani tra i sunniti, econquistare prima Falluja nel 2013, epoi Mosul, la seconda città più grandedell’Iraq, nel 2014.

Nacque così il califfato guidato daAbu Bakr al-Baghdadi. Il resto è storiapiù recente, con la guerra in Siria(2011), la successiva caduta del Calif-fato (2017) e le elezioni irachene del12 maggio 2018, che decretano il suc-cesso della coalizione sciita dei Mani-festanti (al-Sairoon), guidata dal lea-der religioso, antiamericano, Muqta-da al-Sadr, ex capo delle milizie sciite.Presidente dell’Iraq è stato nominatoil curdo Barham Saleh, che ha incari-cato il politico sciita Adel Abdul Mah-di di formare il nuovo governo.

Povertà per tre quintiMa il percorso democratico è benlungi dall’essere completato. A 16 an-ni dalla caduta di Saddam Hussein,larga parte dei circa 40 milioni di abi-tanti vive ancora in condizioni di po-vertà, nonostante l’enorme ricchezzapetrolifera e di altre risorse naturalidel paese (l’Ira è il quinto produttoreed esportatore di petrolio al mondo eil secondo produttore Opec).

Secondo la Banca mondiale, i trequinti della popolazione irachena vi-vono con meno di 6 dollari al giorno.Si stima che dal 2003 dalle casse pub-bliche siano spariti circa 450 miliardidi dollari. Inevitabili le proteste che, trasettembre e ottobre 2019, hanno por-tato decine di migliaia di iracheni inpiazza a Baghdad, Najaf, Bassora, Nas-siriya, Kirkuk, Mosul e villaggi limitrofi.«I dimostranti, tantissimi giovani,chiedono la fine della corruzione e ri-

PROFUGHI NEL NORDBimbo porta un materasso, donato

da Caritas. A destra, ricevimentoper un matrimonio tra rifugiati;bimba sfollata vigila il fratellino

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di Daniele Rocchi

A partire dal 2003,l’Iraq ha vissutovicende drammatichee sanguinose. Oggiprova a rialzarsi, conimmensa fatica e tramille contraddizioni,come dimostrano le manifestazioni di piazza tra settembree ottobre. Tormenti e speranze dellaminoranza cristiana

internazionale iraq

n pensiero insistente mi ac-compagna pensando all’Iraq,dove ho la volontà di andareil prossimo anno, perchépossa guardare avanti attra-

verso la pacifica e condivisa partecipa-zione alla costruzione del bene comu-ne di tutte le componenti anche reli-giose della società, e non ricada intensioni che vengono dai mai sopiticonflitti delle potenze regionali». Era il10 giugno di quest’anno, quando papaFrancesco, ricevendo in udienza i de-legati della Roaco (Riunione delle ope-re per l’aiuto alle chiese orientali), resepubblico il suo desiderio di recarsi invisita in Iraq. Un annuncio accolto nelpaese asiatico con grande entusiasmo,perché lungamente atteso, non solodai cristiani, ma da tutti gli iracheni.

«Sarà un’occasione di preghiera, diriconciliazione, di perdono, di unità,

come è successo altrove, ad AbuDhabi, in Marocco, in Egitto. La visitadel Papa – fu il primo commento delpatriarca caldeo, il cardinale LouisRaphael Sako – ha cambiato tante co-se nei rapporti tra cristiani e musul-mani, ha promosso il dialogo. PapaFrancesco è un uomo di pace, dellospirito. Per noi sarà una benedizionegrandissima».

In attesa di conoscere tempi e pro-gramma di questa possibile visita, è le-cito chiedersi che Iraq troverà papaFrancesco. «Un paese in lento miglio-ramento, ma ancora gravato da molte-plici problemi: povertà, sfollati interni,instabilità politica, presenza delle mili-zie paramilitari, settarismo, diffusa cor-ruzione e burocrazia che rallenta ognicosa»: così lo descrive il direttore di Ca-ritas Iraq, Nabil Nissan, che alla lista deiproblemi ne aggiunge un ultimo, ma

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umana, sono stati un modello realedi convivenza e hanno conservato leloro città, le loro chiese e i loro mo-nasteri». Con la caduta del regime«sono stati attaccati dai terroristi, ra-piti, uccisi e le loro chiese sono statespazzate via, così come è accadutoalla chiesa siro-cattolica di Nostra Si-gnora della Liberazione nel 2010».

Il cardinal Sako non dimentica l’in-vasione, nel 2014, da parte dell’Isis, del-le città di Mosul e della Piana di Ninive,quando «i cristiani vennero cacciatidalle loro case e le loro chiese, che risa-livano al IV, V, VI e VII secolo, bruciate».Oggi, aggiunge, «nonostante questearee siano state liberate, i cristiani nonhanno ricevuto sostegno daparte del governo irachenoper la ricostruzione delleabitazioni e il ripristino del-le infrastrutture. Non solo. Ilconflitto ha cambiato la de-mografia del territorio, equesto fa crescere preoccu-pazioni e paure».

Sako denuncia con for-za «il dominio della corru-zione, delle tangenti e delsettarismo all’interno delle

istituzioni statali» e la presenza di go-verni «deboli, incapaci di far rispettarele leggi». Oggi si stima che, del milionee mezzo di cristiani che vivevano inIraq prima del 2003, ne siano rimasticirca mezzo milione. Ma tutto ciò nondeve impedire «agli iracheni di avviareun dialogo politico coraggioso e co-struttivo», così da far nascere un «pat-to nazionale» che coinvolga tutti i par-titi politici. «Gli iracheni devono fidar-si di se stessi, delle loro capacità, eapprezzare il valore della loro unità,grazie alla quale riusciranno a supera-re questa dolorosa realtà. Unità, azio-ne e speranza permetteranno loro direalizzare cose grandi e durature peril paese, e per quanti vi abitano”.

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L’impegno Caritas

Sono passati più di 5 anni da quando le milizie dell’Isis conqui-starono la città di Mosul e la Piana di Ninive, in Iraq, cacciando dalle pro-prie case più di 4 milioni di persone, di ogni religione e appartenenza etnica. A sostegno di queste comunità Caritas Italiana, in accordo con la Cei, nell’ottobre del 2014 ha lanciato una campagna di raccolta fondispecifica, con l’obiettivo di “adottare” le famiglie di sfollati iracheni, conun gesto di solidarietà che non si esaurisse allo spegnersi dei riflettori.Grazie alla generosità di tanti italiani e alla competenza della Chiesa locale e di Caritas Iraq, in questi anni sono stati realizzati i seguenti importanti interventi:. distribuzione mensile di generi di prima necessità per 312 famiglie

per 24 mesi nella diocesi di Erbil e per 90 famiglie per 4 mesi nelladiocesi di Duhok-Amadia;. acquisto e allestimento di 19 container per le famiglie di Yazidi sfol-lati, accolti nel campo profughi di Erbil;. acquisto di uno scuolabus per il trasporto giornaliero degli studentisfollati, accolti nella città di Erbil;. interventi di emergenza relativi alla gestione dei campi profughi;. realizzazione di un centro di formazione socio-pastorale nella parrocchiadi Inishke, diocesi di Duhok Amadya, per un totale di 35 mila euro;. distribuzione di generi di conforto per le famiglie cristiane in periodiimportanti dell’anno (Natale e Pasqua).

Purtroppo i bisogni umanitari in Iraq sono ancora enormi in tutto il pae-se, che vive uno stato di conflitto continuo dal 2003. Per questo, l’inter-vento di Caritas Italiana prosegue con due programmi:. aiuti umanitari di urgenza, attraverso la distribuzione di generi

di prima necessità ai tanti sfollati iracheni e siriani, nei campi profu-ghi di Falluja e della Piana di Ninive;. progetti di sviluppo e riconciliazione, in particolare in favore dei giova-ni iracheni. Il progetto “Giovani e volontariato” prevede il sostegno a più di 300 giovani volontari di Caritas Iraq, in tutto il paese, che fan-no animazione per i bambini nei campi profughi e assistono gli anzia-ni soli e i disabili. Inoltre, grazie al centro giovanile di Baghdad, il progetto offre formazione per i giovani, ma anche corsi professiona-lizzanti per donne vulnerabili.

Cinque anni accanto alle vittimedi ogni credo ed etnia

MINORI NEL MIRINOSopra, ragazzi della comunità cristiana

di fronte all’ingresso di una chiesa aErbil, nel Kurdistan iracheno. Sotto,campo per sfollati interni a Fallujah,

nella regione centrale del paese

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forme. Ma soprattutto lavoro, per ri-partire con una nuova vita», osserva ildirettore di Caritas Iraq, Nabil Nissan.

Carenza di servizi sanitari, bassaqualità dell’istruzione, alto tasso di di-soccupazione (oltre il 22%), diffusioneillegale di armi, presenza delle milizieparamilitari che hanno combattutol’Isis, aumento della criminalità, set-tarismo ed eccessiva influenza del-l’Iran sulla politica interna: sono gliulteriori motivi del diffuso disagio so-cio-economico, e quindi delle prote-ste popolari. Il bilancio della repres-sione delle proteste, attuata dalla po-lizia con centinaia di morti e feriti, èstato drammatico. «Ma il vero maledell’Iraq oggi è la corruzione, le cuiconseguenze negative si riversanosulla vita di tutti i giorni della popola-zione. La corruzione nega i diritti dellepersone, crea povertà, blocca lo svi-luppo», aggiunge il direttore Caritas.

Ma ci sono anche altre sfide chedevono essere affrontate, come la sor-te del «milione e 700mila sfollati inter-ni (di questi il 60% non ha la benchéminima volontà di tornare perché hapaura), dei 3 milioni di disabili, delmilione mezzo di orfani e delle donnedivorziate, oltre 1 milione. Un fuoco dibrace, che cova e viene riattizzato adarte per motivi politici. In Iraq ci ab-biamo sempre convissuto – dichiaraNissan –. Ma spetta alla politica risol-vere questo problema».

Gli aiuti e i volontariDal canto suo, la Caritas irachena fa ilpossibile per venire incontro ai bisognidella popolazione, senza distinzione dietnia e fede. «Gli obiettivi che perse-guiamo – sottolinea il direttore – sonoil miglioramento delle condizioni di vi-ta, la salvezza delle vite umane e la pro-mozione di comunità nuove, lontaneda ogni forma di violenza, esclusione ediscriminazione. Attualmente siamopresenti in tutto il paese con 21 strut-ture, da Zakho e Duhok al nord, scen-

dendo nella Piana di Ninive (Alqosh,Qaraqosh e Tel Uskuf), fino a Baghdad,Falluja, Saqlawia. Ogni anno riusciamoad assistere psicologicamente 2 milamadri traumatizzate dalla guerra e dal-l’Isis, forniamo assistenza sanitaria aoltre 12 mila persone, diamo aiuto sa-nitario a 3 mila famiglie, istruzione a 6mila bambini. Abbiamo restaurato 2mila abitazioni danneggiate e donato380 caravan per emergenze abitative,distribuito 100 mila pacchi viveri rag-giungendo oltre 200 mila beneficiari.Ci sono programmi dedicati agli sfol-lati interni, che vivono nei campi diAmryat, Falluja, Baghdad e Anbar. Unlavoro portato avanti grazie anche alsostegno di Caritas partner, tra cuiquella italiana, e che richiede un impe-gno sempre maggiore».

Ci sono poi i giovani del Volunteersand Peace Building Programme, volutoper i giovani da Caritas Iraq, e sostenu-to da Caritas Italiana e Missio Germa-

internazionale iraq

Nonostante le loro aree d’origine sianostate liberate, i cristiani non hannoricevuto sostegno da parte del governo

iracheno per la ricostruzione delle casee il ripristino delle infrastrutture

nia. «Sono giovani che gettano semi dicittadinanza e coesistenza pacifica,aiutano i più poveri, favorisconol’eguaglianza dei diritti, fanno crescerela responsabilità dei cittadini nella so-cietà civile – racconta la loro responsa-bile, Aida Emanuel –. La guerra e lo Sta-to Islamico hanno diviso ancora di piùil nostro popolo, che ha smarrito moltidei suoi valori spirituali, morali e socia-li. Avvertiamo forte il bisogno di rico-struire la nostra comunità e di crescerein solidarietà. Con la nostra opera in-tendiamo anche aiutare le famiglie cri-stiane a restare in Iraq, per preservarela presenza della nostra religione. I cri-stiani vogliono partecipare da protago-nisti alla ricostruzione del paese».

Convivenza da ritrovareIl crescente calo del numero di cri-stiani in Iraq preoccupa non poco ilcardinal Sako, patriarca caldeo. Piùvolte, nei suoi interventi, il porporatoha ribadito che «i cristiani sono statida sempre una componente essen-ziale della società irachena. Dall’albadel cristianesimo fino alla caduta delregime, nel 2003, hanno difeso valoriquali la cittadinanza e la fraternità

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panoramamondo

na e di altre Caritas estere, si sono organizzate per riuscirea rispondere alle molteplici ne-cessità degli sfollati e comun-que delle popolazioni più tocca-te dagli scontri. Caritas Italianasostiene gli interventi delle Cari-tas dei paesi coinvolti nella crisisiriana (oltre alla Siria, anche Libano, Giordania, Turchia, Cipro, Grecia, Macedonia, Serbia e Bosnia Erzegovina) sin dallo scoppio del conflitto, a marzo 2011. Grazie alle offer-te ricevute e a contributi dell’ot-to per mille, Caritas Italiana ha realizzato decine di progetti,con un intervento complessivodi oltre 7,2 milioni di euro, in vari ambiti: assistenza uma-nitaria, supporto psicosociale,sanità, promozione del lavoro,convivenza pacifica tra i giovani.

L’attacco annunciato da mesi è avvenuto a inizio ottobre. Si è consumata così, nel norddella Siria, l’ennesima violazio-ne del diritto internazionale, ormai calpestato sistematica-mente, in una guerra che durada oltre 8 anni e che ha trasfor-mato il suolo del paese nel cam-po di battaglia di una guerra infinita tra potenze regionali.Sotto attacco, da parte dellaTurchia, questa volta sono le zone nel nord-est, abitateprevalentemente dai curdi. Morti e feriti, naturalmente,purtroppo, anche tra i civili:la popolazione nelle regioni di confine con la Turchia, dopoaver resistito all’Isis e ad altreformazioni terroristiche, è di nuo-vo messa a dura prova. L’inter-vento sta scatenando anchel’esodo forzato di centinaia di migliaia di civili. Gli sfollati si sommano agli oltre 11 milionidi siriani che vivono come sfolla-ti interni o rifugiati in altri paesi.

La nuova iniziativa bellica si aggiunge a quella del governosiriano appoggiato dalla Russiaa nord-ovest, nell’area di Idlib,sotto attacco da aprile 2019, e rende tutto il confine nord del paese di nuovo incande-scente. La tragedia si sommaalla grave situazione umanitaria,con l’80% della popolazione instato di povertà e oltre 11 milio-ni di persone che necessitanodi assistenza umanitaria. Comesempre, a farne maggiormentele spese sono i più vulnerabili:anziani, minori, donne, disabili.

Tutta la rete Caritas, operan-te da anni nel paese, si è mobi-litata per rispondere a questanuova emergenza. In particolarele Caritas di Aleppo e Hassake,con il sostegno di Caritas Italia-

UN POPOLOSENZA STATO,UN PAESESENZA PACEAbitazionicrollate, sfollatiin fuga dallalinea del nuovofronte: nel norddella Sirial’avanzatadell’esercito turco, cominciatanella prima metà di ottobre per allontanarele milizie curdedal confine,ha prodotto lutti, sofferenzee distruzioni

ALBANIATerremoto e alluvioni,doppia emergenzanelle regionidel centro e del nord

Nell’arco di pochi giorni, pocodopo la metà di settembre,due gravi calamità naturali hanno colpito l’Albania e hanno messo a dura prova la sua popolazione. Un terre-moto ha colpito la regione centrale, da Tirana a Durazzo,da Dibra a Berat, causando numerosi feriti e danni a edificiprivati e pubblici; nei giornisuccessivi, nelle regioni centra-li e settentrionali, si è aggiuntauna pesante alluvione, che ha causato smottamenti, frane,colate di fango in numerose località, arrivando a isolare diversi centri e migliaia di abi-tazioni. L’impatto sulla popola-zione di queste calamità naturali ravvicinate è stato rilevante, con danni ingenti e prospettive di ricostruzioneche si annunciano lunghe. Caritas Albania e le Caritas diocesane di Tirana-Durazzo,Lezha e Scutari sono attive su entrambi i fronti per rispon-dere alle necessità della popo-lazione, in stretto coordinamen-to con le autorità locali. In particolare si sta cercandodi capire quali siano le neces-sità, anche di medio periodo,soprattutto per le famiglie più povere e vulnerabili. Uno dei 6 punti di emergenzacostituiti dalla protezione civile locale è stato collocatoall’interno della struttura dioce-sana “Don Bosco” a Tirana,nella quale operatori e volonta-ri Caritas hanno distribuito beni di prima necessità e supportato le famiglie. Tra le categorie più fragili ci sono anche le persone senza dimora, per le quali è stata chiesta a Caritas Alba-nia un’attenzione specifica.

Turchia all’attacco,vicinanza e aiutialle nuove vittime

SIRIA

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TRE BUONI MOTIVI PER NON DORMIRE TRANQUILLI

la spesa militare globale. Sei tra i pae-si con il più alto carico militare delmondo si trovano invece nel MedioOriente: Arabia Saudita (8,8% del Pil),Oman (8,2%), Kuwait (5,1%), Libano(5%), Giordania (4,7%) e Israele(4,3%). I bilanci militari sono com-plessivamente in crescita anche inEuropa (soprattutto in Europa cen-tro-orientale, ma la pressione statu-nitense punta ad alzare significativa-mente la spesa anche in Europa oc-cidentale) e in America Latina, inleggera flessione in Africa (ma la cosanon deve far dimenticare una fortecrescita relativa nell’ultimo decen-nio, con paesi fra i più poveri al mon-do che sono arrivati a impiegare unquarto delle proprie risorse in spesedi sicurezza).

Arsenali rivitalizzatiUn terzo elemento di preoccupazio-ne riguarda gli investimenti strategi-ci: Stati Uniti e Russia, che da decen-ni erano impegnati a ridurre gli arse-nali nucleari che controllano – il 92%di quelli mondiali – hanno di fatto in-vertito la tendenza, con ingenti piani

di ammodernamento delle proprie testate e missili.Fra gli sviluppi preoccupanti, per la prospettiva del di-

sarmo nucleare, si aggiunge l’impulso generalizzato al riar-mo atomico, che finisce per interessare altre regioni attra-versate da forti tensioni geopolitiche (ad esempio India ePakistan e la loro rivalità strategica, o il mar della Cina, se-de di tensioni crescenti e insieme teatro dell’ammoderna-mento dei sistemi di lancio cinesi). Nel frattempo, il pro-gramma nucleare militare della Corea del Nord ha datoprova di rapidi e inaspettati progressi, che hanno destatoallarme e indotto a diversi tentativi di dialogo anche diret-to, i cui risultati restano sinora di fatto non valutabili.

Il quadro globale, insomma, si fa estremamente preoc-cupante, per diverse ragioni, anche a causa dello strettolegame tra questi elementi e il numero e la letalità dei con-flitti armati maggiori. Occorre che la comunità interna-zionale inverta la rotta, prima che sia troppo tardi.

di pace, di per sé complessi e biso-gnosi di una presenza super partes,neutrale e indipendente, che nor-malmente caratterizza un percorsodi accompagnamento verso la ricon-ciliazione tra gli attori di contesti ca-ratterizzati da violenza e conflittuali-tà organizzata.

Un secondo trend è quello dellacontinua crescita della spesa militareglobale, che è giunta a rappresentarecirca il 2,1% del Prodotto interno lordomondiale, per un totale stimato a 1.822miliardi di dollari nel 2018, cifra recorddalla fine della Guerra Fredda. E le ul-time notizie in materia paiono confermare tale evoluzione.

In particolare, guardando alle linee di tendenza degliultimi due decenni, la Cina ha continuato ad accrescerela propria spesa militare (250 miliardi, con una crescitarecord dell’83%), mentre gli Stati Uniti hanno assestato ipropri livelli, spendendo 649 miliardi (ovvero oltre il 3,1%del loro Pil) nel consolidamento della propria incontra-stata preponderanza militare. Tra i primi cinque maggioripaesi nella graduatoria della spesa, in valori assoluti, sitrovano poi Arabia Saudita (67,7 miliardi di dollari), India(66,5 miliardi) e Francia (63,8 miliardi). Tra i paesi con imaggiori tassi di crescita nel ventennio vi sono inveceTurchia (+65%), Australia, Brasile, Canada, India, Russia,Arabia Saudita e Corea del Sud, con dati tra +10 e +40%.

Tra i primi 15 paesi per spesa militare, 7 sono membridella Nato (Usa, Canada, Francia, Germania, Francia,Turchia, Regno Unito): insieme rappresentano il 48% del-

Riduzione delle missionidei caschi blu,

incremento del mercatodelle armi, risalita degli“investimenti strategici”

(ovvero, ripresa del riarmo atomico): i media mainstream non se ne occupano, ma alcune tendenze in atto fanno temere per la pace globale

o scenario geopolitico mondiale contemporaneo è caratteriz-zato da trend preoccupanti – rafforzati da decisioni operativedi questi ultimi mesi – per quanto riguarda la pace globale, che

non trovano adeguata copertura nei media mainstream nazionali einternazionali.

In primo luogo, anche per effetto dell’avversità dei principali governinazionali fortemente sovranisti nei confronti dell’azione dell’Onu e ditutte le sue agenzie, e in particolare nei confronti del peacekeeping Onu,i numeri di truppe dispiegate in “missioni di pace” internazionali appa-iono in costante declino, abbandonando a se stessi interi processi

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ilpesodellearmidi Paolo Beccegato

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LASTORIAI genitori, senza soldi,non sapevano cosadare da mangiare

a quei bambini,alti un metro euna manciata

di centimetri. Allorala parrocchia, con

i pochi risparmi, haacquistato il forno...

PERÙNella città cresciutaa dismisurac’è una mensaper 112 bambini

Centinaia di cucchiai,

forchette, coltelli si muovonoquasi all’unisono. Cercano nei piatti pietanze da racco-gliere, tagliare e sollevare,da portare alle labbra. Tutto

questo movimento si compie,finalmente, nella mensa dellaparrocchia Estrella del Mar a Chimbote, in Perù. Finalmente,perché i suoi giovani commensa-li, poco più che bambini, in pre-cedenza a malapena riuscivanoa fare un pasto al giorno.

Negli ultimi anni la città di Chimbote è cresciuta a dismisura, risucchiando in un buco nero le speranze di giovani famiglie provenientidalle campagne; speranze di una vita migliore, puntual-mente disattese da un lavoroimpossibile da trovare. I geni-tori, senza soldi, non sapeva-no cosa dare da mangiare a quei bambini, alti un metro e una manciata di centimetri.Allora la parrocchia Estrelladel Mar, con i pochi risparmi,ha acquistato un forno, un’impastatrice per il pane,una cucina a gas, un frigoriferoe vettovaglie varie. Ogni giornoassicura 112 pranzi e 112 me-rende a 112 bambini.

Come tutte le chiese, la parrocchia Estrella del Marha un altare, che alla fine è poco più di un tavolo, perquanto santo. Ma la chiesa di Chimbote ha trasformatonel concreto la mensa dell’al-tare in una mensa in cui pos-sono “prendere e mangiaretutti”. Soprattutto i più piccoli.

> Microprogetto 20/19 PerùLa “mensa” dell’altare: parrocchia Estrella del Mar

5 Realizzato!

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NEPALAl villaggio delle otto tribùserve una biblioteca scolastica

Nel villaggio di Sirzia vivono otto tribù: Sanals, Nunias,Musahars, Teli, Savus, Sudis, Kevot, Kammarsm,

Gongois e Doms. Ogni etnia ha la sua lingua, vive rinchiusa in ghetti, soggiogata da un'arretratezza culturale e dallo sfrutta-mento lavorativo, soprattutto in ambito agricolo. Molti fanno un solo pasto al giorno, a base di riso e verdure. Fame e analfa-betismo sono piaghe dilaganti. Come in tutto il Nepal, c’è biso-gno di affermare il diritto allo studio. La missione don Bosco, attiva a Sirzia dal 1993, propone un microprogetto per allestireuna biblioteca nella scuola gestita dai Salesiani: verranno acquistati libri, sedie, tavoli e armadi.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 94/19 NEPAL

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MICROPROGETTO

KENYALo slum è un mare profondo,formazione per non affondare

MICROPROGETTO MICROPROGETTO

GUINEAIl sapone delle donne di Samoe, un prodotto del courage

Il villaggio di Samoe riproduce in piccolo il funziona-mento dell’intera società guineana e africana. Sono

le donne i capisaldi della famiglia: non a caso il termine“Guinea” deriverebbe da un termine della lingua Susu, che significa, appunto, “donna”. Il microprogetto vuole dare un sostegno alle donne della cooperativa Couragedi Samoe, offrendo loro la possibilità di creare un piccolosaponificio con atelier per la vendita dei prodotti che ver-ranno realizzati. Un piccolo ma concreto strumento perl’autosostentamento di tante famiglie, guidate da donneche di courage ne hanno da vendere.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 85/19 GUINEA

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NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

LIBANOBibite per raccogliere fondi, i giovani si inventano il futuro

Dopo otto anni, il Libano continua a fare esperienzadiretta degli effetti della guerra nella vicina Siria. Un

conflitto che ha segnato in maniera significativa la Terra deiCedri, portando con sé povertà e ulteriori tensioni sociali.Molti giovani vedono nell’emigrazione l’unico modo per rea-lizzare le loro vite. Caritas Libano da sempre sostiene i gio-vani, facendone il fulcro della propria azione pastorale. Ilmicroprogetto ha l’obiettivo di consentire l’acquisto di 4macchine per la produzione di limonate, che verranno ven-dute dai giovani in occasione delle giornate di raccolta fon-di per finanziare le loro attività e progetti.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 95/19 LIBANO

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Lo slum Deep Sea della capitale Nairobi è un vero “mare profondo” di vite e di sto-

rie difficili, intrecciate in un tessuto sociale com-plesso. Questo mare umano è popolato da oltre20 mila persone: tante sono giovani donne e ragazze madri, che cercano di sbarcare il luna-rio, troppo spesso costrette ad attività illecite,come prostituzione e spaccio. I missionari dellaConsolata, attivi nello slum dal 2001 con il pro-gramma Coyrep (Consolata Youth RehabilitationProgramme), propongono un microprogetto peravviare corsi che favoriscano la microimprendi-toria femminile: dalla formazione per la sartoria,l’artigianato in pelle, per diventare parrucchiera.

> Costo 4.400 euro> Causale MP 88/19 KENYA

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Le notizie che Michela Trevisan ricorda di aver preparato e letto con più entusiasmoriguardano l’indipendenza del Sud Sudan e il lancio nello spazio di un satellite perlo studio del clima, progettato da un team di studiose di Namibia, Malawi, Kenya,Ruanda e Sudafrica. Ma in 11 anni di notizie ne ha prodotte tante, il Gr Africa di Afri-radio, emittente nata nel 2008 per informare su un continente che non conosciamoabbastanza, e soprattutto per rovesciare stereotipi. Michela è in redazione dal pri-mo giorno di vita della radio: «L’Africa è un continente di una bellezza che lasciasenza fiato, ma è anche terra di profonde drammaticità. Dall’inizio abbiamo cercatodi dare risalto a quell’Africa che sta crescendo, anche sul versante delle nuove tec-nologie, agli sviluppi di quella grande parte di mondo che sta cambiando».

Afriradio è un progetto di Fondazione Nigrizia onlus dei missionari comboniani. Il palinsesto è quasi interamente dedicato all’informazione, con al centro proprio il Gr Africa, tre minuti in onda alle ore 12 e in replica alle 13. Un’edizione quotidianacostruita con tre notizie, di un minuto ciascuna, un tempo radiofonico utile per nonbuttare lì il fatto, l’evento, ma contestualizzarlo, assicurargli un minimo di tridimen-sionalità. «Cercando di far emergere – continua Michela – il legame che c’è conl’Europa, l’Italia, perché le cose che accadono qui si ripercuotono nel continenteafricano in ambito economico, sociale e politico». Un piccolo e denso Gr che si ascolta sul web (www.afri-radio.it), in streaming live e on demand, ma è presenteanche sui social, sulla piattaforma Spreaker e nei palin-sesti di Radio Marconi e Radio inBlu.

Afriradio, tre notizie “lunghe” al giornoper entrare nel profondo del continente

assassinata nel 2016 per le suebattaglie in difesa delle terre an-cestrali, che vengono bruciateper far posto a soia e mais. La street art diventa sempre più spesso arte civile e gli street artist usano i murales, per de-nunciare e dare voce a chi vienesilenziato con la violenza: molti,in diverse parti del mondo, di re-cente sono stati dedicati proprioa Berta Caceres. Gli attivisti eco-logisti sono fra i bersagli piùesposti, non solo in America Lati-na. Nel 2018 sono stati uccisi164 ecologisti, secondo l’osser-vatorio Global Witness: più dellametà in America latina, ma al pri-mo posto tra i paesi ci sono leFilippine, con 30 omicidi. Il Gua-temala è passato da 3 del 2017a 16 dell'anno successivo.

LIBRIFigli dei boss,l’eredità di mafiaè un giogo duroda deporre

Questo è un libro di storie, ma anche di storia. Spaccato di un’Italia conosciuta solo su-perficialmente: la realtà dei Figlidei boss (San Paolo Editore). Nati e cresciuti in famiglie di ma-fia, camorra, ’ndrangheta e sacracorona unita, gli eredi sono pro-tagonisti consapevoli o inconsa-pevoli della storia della criminali-tà organizzata italiana. Sonoconsiderati boss di diritto, anchese non vogliono, perché portanoil cognome di chi ha scritto alcu-ne tra le peggiori pagine dellacronaca nera nazionale. Il testosi sviluppa in tre sezioni: la pri-ma dedicata ai figli dei boss chehanno cercato e trovato una stra-da alternativa ai circuiti criminalifamiliari; la seconda dedicata al progetto “Liberi di scegliere”,rivolto ai minori figli di ’ndranghe-ta; la terza focalizzata sui figli di Riina e Provenzano, boss irri-ducibili. L’autore, Dario Cirrincione,ci porta in questo mondo attraver-so ricostruzioni storiche, incontri

CINEMATuttapposto,i voti ai docentisconvolgonoi baroni accademici

È il debutto di Roberto Lipari,attore siciliano: ha scritto e in-terpreta Tuttapposto, film che,in chiave comica, racconta sen-za sconti la corruzione nelle università italiane. La regia è di Gianni Costantino. Nel castanche Luca Zingaretti, nel ruolodel rettore corrotto, e MonicaGuerritore, che interpreta il mi-nistro dell’istruzione. Roberto è uno studente universitario.Nel suo ateneo è ordinaria am-ministrazione il cosiddetto “ba-ronato”: per passare un esamedi ammissione all’insegnamen-to, è d’obbligo essere racco-mandati, o potersi permetteredi comprare la prova. Nonostan-te Roberto sia il figlio del retto-re, ha la nausea del sistema di raccomandazioni. Che fare?Inventa un’app da smartphone:

L’obiettivo del regista è racconta-re come lo sport possa essereuna grande leva emotiva per usci-re dal tunnel della delinquenza e avere la forza di sognare unnuovo futuro. «Parlare di pugilatoè sempre difficoltoso, parlarne in termini di crescita umana e professionale è anche peggio,soprattutto quando devi racconta-re a chi non ha mai preso unoschiaffo nella vita il perché la bo-xe può aiutare le persone a risol-levarsi», ha detto Mirko Chiari,uno dei coach di Bollate. Attual-mente i detenuti coinvolti nel pro-getto sono venti, hanno dai 19 ai 30 anni, con alcune presenzedi cinquantenni che, a detta delcoach, si difendono molto bene.

ARTE DI STRADAIn tutto il mondofioriscono muralesdedicati a Berta,attivista uccisa

Berta Caceres, honduregna, era un’ambientalista ed è stata

Tuttapposto, che dà il voto ai do-centi. Le cose allora cambiano.

CINEMAPugni chiusi,il pugilatooccasioneper ripensarsi

Pugni chiusi è un docufilm di Alessandro Best. È co-finanzia-to da Infinity, servizio di film on demand online, e racconta del riscatto sociale dei detenutidel carcere milanese di Bollateattraverso la boxe. Nel penitenzia-

rio milanese l’espe-rienza è attiva dal2016 e, come tuttele altre attività inter-ne all’istituto, an-che la boxe è orga-nizzata per favorirela riabilitazione so-ciale dei detenuti. E non solo... Infattiil progetto è rivoltoanche alla poliziapenitenziaria.

e interviste con i figli dei boss, i loro amici, i membri della lorofamiglia, magistrati, giudici, avvo-cati e psicologi. Ricostruendo vite che spesso, e talora invano,vorrebbero viaggiare su binari di-versi, in cerca di verità e riscatto.

PERFORMANCE ART“Estasi”,nella Criptaomaggio di Marinaa santa Teresa

Dal 18 ottobre – e fino al 31 dicembre – torna in Italia MarinaAbramovic, con una performan-ce proposta nel complesso dellaPinacoteca Ambrosiana, precisa-mente nell’area sotterranea dell’antico foro romano, nellaCripta di San Sepolcro. A Mila-no, la madrina della performan-ce art si esibisce in un ciclo di trevideo dal titolo: The Kitchen.Homage to Saint Therese, pez-

zo forte dell’esposizione Estasi.L’artista statunitense di origineserba si relaziona con una dellepiù importanti figure del cattoli-cesimo, Santa Teresa d’Avila.L’opera è composta da tre video,che documentano altrettanteperformance tenute nel 2009dall’artista nell’ex convento La Laboral a Gijón, in Spagna, ter-ra di origine della santa. Secondola leggenda, santa Teresa sareb-be stata colta da una levitazioneinvolontaria mentre cucinava nelsuo convento; nel video, l’artistaricrea questo evento. L’esposi-zione di Abramovic fa parte

del percorso di visita,che consente di rivedere la Cripta da poco restau-rata. L’organizzazione ha donato 200 bigliettid’ingresso a Caritas Ambrosiana, per favorire la partecipazione di perso-ne in difficoltà economica.

pontiradio di Danilo Angelelli

villaggioglobale

zoom

In Italia, ma non solo, spira un forte vento di populismo.Politiche scioviniste, partiti che ottengono consenso sal-dandosi insieme, attraverso la costruzione mediatica di due nemici: Europa e migranti. A quali rischi si va incon-tro, continuando su questa strada? Anzitutto, si rischia di andare contro la Costituzione, negando il diritto di salu-te o il diritto alla vita a tante persone. Paolo Lambruschi,giornalista di Avvenire ha scritto Sulla loro pelle. Il fenome-no migratorio d'Africa ostaggio della politica (San PaoloEdizioni), un libro che prende le mosse dai decreti sicurez-za emanati dal precedente governo, inquadrando il dibatti-to interno all’Italia nelle molteplici e drammatiche situazio-ni che si verificano oggi nel mondo, e richiamando il fortemessaggio pastorale sui migranti di papa Francesco.

Si tratta di un’inchiesta a tutto tondo: populismi di destra e di sinistra, diritti umani, interessi politici ed economici, la posizione della Chiesa. «È sulla pelle dei migranti – argomenta l’autore – che si genera consen-so, si specula, si litiga: mai come oggi la questione migra-toria sta cambiando il dibattito politico, mettendo addirittu-

ra in dubbio il ruolo dell'Unione Euro-pea». Distorta dalle fake news, stra-volta da una narrazione tossica, la materia soffre anche la cronica incapacità di raccontare quello che accaderealmente in Africa: se infatti la crisi migratoria di questodecennio è stata caratterizzata inizialmente dagli esodi siriani, oggi il flusso – momentaneamente fermato in Libia,nelle galere dei trafficanti di esseri umani – proviene in gran parte da rotte africane. Un fenomeno inarrestabile,che ha molte ragioni, e che non può essere rinchiuso o lasciato morire, ma va governato.

Il libro si affida all’evidenza dei numeri, oltre che di ra-gionamenti e di fatti. «Occorre rivedere le politiche migrato-rie, che non possono limitarsi a chiusure, muri e a spaven-tare i cittadini, ma devono trovare un equilibrio tra la libertàdi restare, quella di partire e le necessità europee di ma-nodopera, di preservazione del welfare e dell’identità. Serve una nuova visione per crescere con reciproci vantag-gi, cambiando i paradigmi: una visione alla quale la Chiesacattolica ha offerto molti contributi». [d.p.]

Il consenso pericoloso costruito sulla pelle dell’Africa in movimento

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villaggioglobale

di Daniela Palumboatupertu / David Monacchi

Salvare il canto delle foreste dal-l’estinzione. David Monacchi, inge-gnere del suono e compositore, docente al Conservatorio di Pesaro,marchigiano, dal 1998 ha iniziato a catturare, con registrazioni in 3D,

i “paesaggi sonori” degli ecosistemi in estinzione.Lo fa nel cuore delle foreste equatoriali incontaminate.Il suo visionario progetto mira a sensibilizzare le giovanigenerazioni sull’importanza dellabiodiversità per la sopravvivenzadel pianeta. Ha speso migliaia di ore sul campo, con il progetto“Frammenti di estinzione” il suo lavoro è stato riconosciuto a livellointernazionale. Nel libro L’arca deisuoni originari (Mondadori) raccon-ta la sua straordinaria avventura.

Nella sua infanzia ha avuto un rapporto fisico, stretto, con la natura. A cui i bambini oggi sono perlopiùestranei. Ciò crea una frattura fra uomo e ambiente?

In città c’è un infernale rumore di fondo. Viviamo in una discarica acustica e siamo costretti a difendercifin da bambini per sopravvivere. Il 95% dei suoni dellecittà sono inutili e dannosi, quando siamo in un habitatnaturale abbiamo invece un paesaggio sonoro hi-fi,senza rumore di fondo: i messaggi passano e nutronola nostra percezione uditiva di cose che hanno un senso.

I “frammenti di estinzione” saranno ascoltabili nel-

Frammenti di estinzioneriprodotti in Sonosfera:«L’impronta delle foreste,un’armonia che si perde»

In città c’è un rumoredi fondo infernale.Viviamo in una

discarica acustica: il 95%dei suoni sono inutili. In unhabitat naturale c’èinvece un paesaggiosonoro hi-fi

la Sonosfera. Cos’è esattamente?È uno spazio teatrale mobile, circolare, da 60 posti: 45 altoparlanti, una corona video a 360 gradi intorno al pubblico, proiettori con risoluzione visiva altissima. È un’immersione sonora nella natura: vi si proietta ini-zialmente un audio-video con spettrogrammi, poi suben-tra l’effetto sonoro di tre foreste del pianeta, in Africa,Borneo e Amazzonia. Sonosfera si monta in tre giorni e si smonta in due; può girare indoor in spazi pubblici,

musei di storia naturale e di artecontemporanea. A Pesaro, città Une-

emozioni, come Matteo Bian-chini della scuola “Città Pesta-lozzi” di Firenze, a chi ha elimi-nato zaini e compiti a casa,puntando su una didattica chemira a sconfiggere la noia conla creatività e la consapevolez-za civile. O come GiampieroMonaca, con la sua “Scuoladel Sorriso” ad Asti; o ancorachi è attento all’ambiente, come Danilo Casertano, fonda-tore dell’“Asilo del Mare” a Ostia, o Silvia Sanna, mae-stra della “Scuola Rinnovata

Franchi di Pontenure (Pc), che insegna Italiano e Storiacon i tablet, o Rodolfo Galati di Ferriera (To), che proponeuna “scuola social”, dove co-piare è “condividere”, o ancoraDaniele Manni di Lecce, che in-segna ai suoi alunni a diventa-re imprenditori e trasforma le classi in incubatori di start up.Insomma, lo scrittore ha rap-presentato un universo in movi-mento, con energie ed idee chedanno conto di un grande cam-biamento che nasce dal basso.

sco della Musica, doveva essereinaugurata ad aprile, ma la burocra-zia non favorisce l’innovazione…

Le prossime foreste?Nel sud-est asiatico, Papua occiden-tale (perché contiene aree intatte di cui si sa pochissimo) e Sumatra(dove è urgente andare ora: ha unabiodiversità altissima, ma è deva-

stata dalla deforestazione selvaggia).Cosa ci svelano quei suoni da tramandare?

La natura ci consegna, attraverso l’impronta sonora, gli ultimi 65 milioni di anni di evoluzione indisturbata. Oggi, nelle foreste tropicali, questa impronta sta cam-biando velocemente, come conseguenza del cambiamen-to climatico. Gli ecosistemi delle foreste primarie non scompariranno, si adatteranno: ma la nostra specienon sentirà mai più questa ricchezza di suoni di tantespecie, questa perfetta armonia nella diversità.

Pianeta Cina, 70 anni dopo:a quali risultati approderàl’enorme trasformazione in atto?

di Francesco Dragonetti

Mary BethLeatherdale In mezzo al ma-re. Storie di gio-

vani rifugiati (Il Castoro, pagine 56). Cinque storie vere di giovaniche hanno preso la viadel mare, da soli o insie-me ai genitori, rischian-do la vita per cercare rifugio da guerre, persecuzioni, fame.

LIBRIALTRILIBRI

Pelagio Visentin Vivere nella carità(Editrice Ave, pagi-ne 104). Carità

come stima, rispetto: attraverso Antico e NuovoTestamento, il termine ha rivelato agli uomini il mistero dell’amore. Le riflessioni furono luceper il cammino di Caritasitaliana e ancora per lacomunità cristiana oggi.

Tommaso D’Aqui-no (Fernando Fio-rentino, a cura di)Somma di Teolo-

gia (supplemento) (CittaNuova, pagine 1.400) A conclusione della pub-blicazione dell’opera (in 4 tomi), si offrono tutti gli strumenti e un’ampiaintroduzione per poter“leggere Tommaso mediante Tommaso”.

paginealtrepagine

1° Ottobre 1949: Sulla Piazza Tiananmen a Pechino viene proclamata ufficial-mente la nascita della Repubblica popolare cinese; presidente è Mao Tse Tung.In occasione del 70° della ricorrenza, è opportuno ripercorrere la sua storia, dalla Cina arcaica, fino alla “nuova era” avviata da Deng Xiaoping e allo spettaco-lare rafforzamento della presenza della Cina sulla scena internazionale, dovuto allo sviluppo impetuoso dell'economia negli ultimi decenni.

Ma cosa sappiamo della Cina, di come era e che cosa è diventata oggi? J. A. George Storia della Cina (Il Mulino, pagine 468) abbraccia in un solo sguardo il millenario e affascinante tragitto di una civiltà complessa e ricchissima, che ha sa-puto affrontare transizioni epocali, restando sempre inconfondibilmente se stessa.

In che modo i cinesi vedono loro stessi, il mondo e le sfide del futuro? Dove vae che cosa è la Cina oggi? Dove sono finite le biciclette e gli abiti di Mao? SecondoFrancesco Sisci La Cina cambia. Piccola antropologia culturale dei grandi muta-menti a Pechino (editore Go Ware, pagine 68), tutto ciò che ha fatto la Cina per se-coli è andato perduto. La Cina oggi è grattacieli, treni veloci, aeroporti fantascientifi-ci; alla sera, esplodono i colori delle luci al neon, non più i fuochid’artificio. I cinesi stanno cambiando, sono ormai irriconoscibili. In real-tà, questo cambiamento è avvenuto così velocemente che nemmeno loro riescono a percepirlo. Siamo, a parere dell’autore, nel bel mezzo di questa enorme trasformazione e non sappiamo che cosa diventeràquesta entità, quale forma prenderà e quale impatto avrà sulla coscienzadei cinesi e di noi tutti, che guardiamo stupiti al grande paese asiatico.

Fin dal 1949, una storia tormentata e difficile è stata quella tra la Chie-sa cattolica e la Cina comunista, acuita negli anni Sessanta dall’atteggia-mento del Vaticano verso la Cina, negli anni più difficili della guerra fredda.Angelo S. Lazzarotto Quale futuro per la Chiesa in Cina? (Emi, pagine 160)fa una drammatica ricostruzione della crisi che ha messo a rischio la vitastessa della Chiesa in quel grande paese. Analizzando la politica religiosaperseguita dal regime nei passati decenni, evidenzia la provvidenziale cre-scita della piccola comunità cattolica, pur fra le molteplici difficoltà in cuisi è dibattuta. E offre proposte costruttive e coraggiose per aiutare i nostrifratelli di fede e per favorire la riapertura del dialogo fra Pechino e Roma.

TELEVISIONELa scuola siamo noi,prof innovativi(spesso soli)in otto puntate

Su LaF (Sky 135), alle 21.10, si sviluppa un format d’autore,Prof. La scuola siamo noi. Ne è autore Marco Balzano, insegnante ma anche scrittoredi successo: la sua trasmis-sione racconta l’evoluzione della scuola italiana. Da nord a sud, Marco Balzano ha in-contrato alcuni tra i più appas-sionati insegnanti d’Italia,maestri e professori dellascuola pubblica – materna,elementari, medie e superiori–, che con coraggio solitario e passione civile hanno intra-preso metodi di insegnamentoinnovativi e controcorrente,convinti del valore della scuolae dell’educazione nel tracciareil futuro dei ragazzi. Marco Balzano è entrato nelle loroclassi, assistendo alle lezioni,e dialogando con loro per capi-re fino in fondo la loro visionedell’insegnamento. «Mi chiamoMarco Balzano, sono uno scrit-tore, un papà e un insegnante.Molti credono che il mio lavorosi faccia ancora come 50 annifa. Ma non è così. Oggi la scuo-la italiana è attraversata da un’energia nuova. Ci sonoinsegnanti che sfidano le tradi-zioni e hanno il coraggio di im-maginare una scuola diversa.Nei modi. Nei tempi. Neglispazi»: così lo scrittore presen-ta la sua serie televisiva, chesi occupa soprattutto di chi hadeciso di investire su metodidi insegnamento differenti.Questi insegnanti non sono,ma spesso operano in solitudi-ne, ostacolati nell’innovazione,anche da altri insegnanti o dai dirigenti della scuolastessa. Le storie raccontateda Marco Balzani sono otto:da chi insegna Educazione affettiva, con laboratori delle

Pizzigoni” di Milano; infine chi,attraverso i libri e il teatro so-ciale, crea integrazione e lottacontro l’abbandono scolasticonegli istituti professionali, co-me Sabina Minuto di Savona.

Ma l’autore si èsoffermato anchesu coloro che basano il propriometodo d’inse-gnamento sull’in-tegrazione dellenuove tecnologie,come Alessandra

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I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - via Aurelia, 796 - 00165 Roma - www.caritas.it

Brief Caritas: IL PESO DELLE ARMI

Secondiclassificati ex aequo sezione“Manifestoannunciostampa”

IL PROIETTILE

Lorenzo Brazzini,Filippo Lucchini,Luca Ricci,Carlotta Rubinatoe GuglielmoTaveggia

Istituto europeodi design – Milano

17ª edizionePremiazione a Salerno 24 maggio 2019