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Da piccola rubacchiava nei Walmart, oggi Amoruso è a capo di Nasty Gal, e-shop da 100 milioni di dollari. Qui racconta come ha fatto, mentre esce il suo libro #GIRLBOSS, manifesto femminista dell’imprenditoria 3.0 di Carlotta Magnanini ATTENTI A SOPHIA La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 10/01/2015 Pag.48 D Repubblica - N.921 - 10 Gennaio 2015 (diffusione:385198, tiratura:546033)

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Da piccola rubacchiava nei Walmart, oggi Amoruso è a capo di Nasty Gal, e-shop da 100 milioni di dollari. Qui racconta come ha fatto, mentre

esce il suo libro #GIRLBOSS, manifesto femminista dell’imprenditoria 3.0 di Carlotta Magnanini

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NEWS

Nata a San Diego 30 anni fa, Sophia Amoruso ha iniziato Il suo business online 8 anni fa su eBay. Oggi il suo sito vende in 150 paesi. I tre ingredienti base del suo successo? Dice: «Non crescere mai, non diventare noiosa, non lasciare che il Grande Capo prenda il sopravvento».

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Sophia Amoruso è la rivincita del pessi-mo esempio. La bambina terribile che all’asilo prendeva a pugni chi le rovinava le statuine di pongo e che poi a scuola studiava più che altro da taccheggiatri-ce, ma che è riuscita a tirare fuori dal nulla (o quasi, in realtà fu un’ernia in-guinale a costringerla a trovarsi un pas-satempo) un business da 100 milioni di dollari. Tanto fattura oggi la sua impresa

Nasty Gal, luogo di culto e e-commerce per le teenager di mezzo mondo, con un uffcio di 5mila metri quadrati a Los Angeles, un centro di distribuzione nel Kentucky e 350 di-pendenti. Chissà che colpo, per i suoi ex insegnanti, vedere la faccia di quella studentessa poco modello con evidenti se-gni di Sindrome da defcit di attenzione fnire sui giornali - e non per averne combinata una delle sue. Soprattutto ora che il suo successo ha fatto il giro del mondo grazie a un libro, una specie di parabola ecumenico-mediatica da leggere tutta d’un fato: #GIRLBOSS, manuale-bibbia per cattive ragazze 3.0 (quelle per intenderci le cui mamme puntavano ad andare dappertutto più che in paradiso) desiderose di fare della pro-pria vita un’opera d’ingegno imprenditoriale. Il 15 gennaio

esce anche in Italia (Marsilio): 236 pagine di incoraggiamenti e pillole per la motivazione. «Non vedo l’ora. In passato ho visitato il vostro paese e lo amo molto», ci dice Amoruso, che nella foto di copertina sembra un incrocio tra Dita Von Tee-se, un manga e Morticia Addams. «In effetti ho cominciato a vestirmi sempre di nero», dice. «Ora che devo sempre essere pronta a incontrare gente per lavoro, cerco di essere relativa-mente sofsticata senza perdere il mio spirito punk». Un bel passo avanti, per una che a 17 anni preferiva i peli lunghi ai tacchi alti, si lavava poco, vestiva nel reparto uomo di Walmart e faceva del freeganismo estremo (il recupero degli scarti, fno a frugare tra i bidoni dell’immondizia) uno stile di vita. Oggi, a 30 anni, questa ragazza che sembra un fumetto è un prodigio dalle mille etichette: «la Cenerentola del tech», se-condo il New York Times, «la Ceo più sexy del mondo», secon-do Business Week, «il fenomeno della moda», secondo Forbes, e ancora una «visionaria», una «pioniera», una «imprenditrice post-moderna», soprattutto una «novella Sheryl Sandberg: modello per il femminismo della quarta generazione», il cui slogan non è più un ben familiarmente bilanciato «lean in», come vorrebbe la numero due di Facebook, luminosa e pa-pale sull’autobiografa Facciamoci avanti, ma un deciso «be bossy», sii autoritaria, a tutte le età.

Amoruso nel quartier generale di Nasty Gal a Los Angeles (5mila metri e 350 dipendenti). Il suo libro #GIRLBOSS esce in Italia il 15 gennaio (ed. Marsilio).

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Ci si ritrova con il paragone? «Il termine “fem-minismo” non mi è mai piaciuto», risponde, «ma l’ho sentito tante di quelle volte che ora mi sem-bra accettabile. E alla fne devo dire che sì: sono una femminista. Però rispetto a una Sandberg, donna straordinaria ma di cui non condivido Harvard, mi sento più vicina a Tavi Gevinson, una che è andata dritta per il suo obiettivo con progetti non convenzionali». Come la 18enne fondatrice del superblog Ro-

okie, anche Sophia Amoruso ha cominciato la carriera guardando dentro un laptop: aveva 22 anni e una decina di lavoretti alle spalle (l’ulti-mo da commessa in un negozio di scarpe, a 12

dollari l’ora) quando cominciò a capitalizzare il suo talento commerciale aprendo su eBay un negozietto di vestiti usati. Li acquistava nelle vendite fallimentari, ai mercatini dell’E-sercito della Salvezza o da sperduti rigattieri californiani, poi li rivendeva a prezzo variabile, che il più delle volte lievitava. «Potevi aprire la base d’asta a 9,99 dollari per una giacca Cha-nel e ritrovartene 2mila con bonifco PayPal». Oltre alla cura delle foto in vetrina, per cui usava amiche mo-delle, svolgeva accurate indagini di mercato su MySpace, sottoponendo ai follower (60mila) le foto dei capi prima di proporli online - ma solo se ricevevano commenti positivi. Poi successe che eBay la pizzicò nel tentativo di soffargli la clien-tela, indirizzandola sul suo nuovo sito Nasty Gal (“ragazzac-cia”, da una canzone del 1975 di Betty Davis). Sophia si vide chiudere l’account in faccia e il resto è storia. «Però è stato su eBay che ho imparato a muovermi velocemente, capire subito cosa va e cosa non va. Trovarmi già allora a dover trattare con una clientela internazionale mi ha insegnato tanto». Allarga-re gli orizzonti, dosare il marketing, “tastare” il polso ai gusti globali. Avendo peraltro a che fare con il segmento di clientela più insidiosa: i Millennials, generazione che in #GIRLBOSS

difende a spada tratta dalle accuse di indolenza, incapacità di impegnarsi e fare sforzi, sacrifci.

È anche per loro che ha deciso di scrivere il libro? «Non penso che ci sia nulla di sbagliato nei Millennials, è un generazione che ha forti e sane aspettative ed è responsabile di molti cam-biamenti positivi nella società. È importante avere delle aspet-tative, se riesci ad averne il controllo: è così che si ha successo nella vita». Poi, certo, «molti hanno un sacco di difetti e pensa-no che ottenere certe cose sia facile, ma non è la maggioranza: vedo tantissimi ragazzi che lavorano a Nasty Gal impegnati a cercare di realizzare i loro sogni lavorando sodo». Amoruso non si è mai risparmiata in questo senso, imparan-do sulla propria pelle, mai fssandosi sugli stessi errori, «come mi ha insegnato mio padre». Altri modelli, icone, non ne ha: «Nel mio libro sostengo che ognuna deve essere il proprio modello. Preferisco competere con me stessa piuttosto che con gli altri. Un’altra cosa che mi ha insegnato mio padre è stata che “sperare non è una strategia”: la speranza non fa accadere nulla, se non ci si mette anche ingegno, consapevo-lezza e olio di gomito». Caso mai, la contraddizione di questa ragazzaccia dall’indole introversa, è far convivere lo «spirito punk» con l’economia di mercato: «Sono diventata adulta cre-dendo che il capitalismo fosse una truffa, ma ho scoperto che è una sorta di alchimia. Mescoli lavoro duro, creatività e au-todeterminazione, ed ecco che qualcosa comincia a bollire in pentola. Una volta che quest’alchimia cominci a capirla, puoi iniziare a vedere il mondo con occhi diversi». In fondo anche ora, con l’anello di fdanzamento al dito e l’in-tenzione di «proseguire con questo progetto da qui al 2024», Sophia resta la stessa bambina (terribile) della stringa rossa. Ne aveva una a 5 anni, correva al parco trascinandosela dietro. «Tutti gli altri bambini chiedevano cosa fosse e io rispondevo che era un aquilone. Da lì a poco, ognuno di loro aveva una stringa rossa e correvamo tutti insieme trascinando i nostri aquiloni in cielo». È questo che lei, in #GIRLBOSS, vuol di-mostrare: se credi in te lo faranno anche gli altri. Lo stesso messaggio che sta alla base del suo business, fn dagli inizi: «Ciò che stavamo davvero facendo con Nasty Gal era aiutare le ragazze a sentirsi fantastiche prima di uscire di casa».

«Preferisco competere con me stessa piuttosto che con gli altri. E sono convinta che sperare, come mi ha insegnato mio padre, “non è una strategia”: la speranza non basta, devi lavorare sodo»

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

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