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Atlante dei SIC della Atlante dei SIC della Provincia di Lecco Provincia di Lecco Fondazione Lombardia per l’Ambiente www.regione.lombardia.it LOMBARDIA. COSTRUIAMOLA INSIEME.

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I Siti di Importanza Comunitaria della provincia di Lecco.

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Fondazione Lombardiaper l’Ambiente

www.regione.lombardia.it

LOMBARDIA. COSTRUIAMOLA INSIEME.

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Roberto Dellavedova

ATLANTE DEI SIC

DELLA PROVINCIA DI LECCO

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Fondazione Lombardia per l’AmbientePiazza Diaz 7 - 20123 Milano

tel. +3902806161.1 fax [email protected] www.flanet.org

Via Taramelli, 12 - 24125 Milano

Consiglio di Amministrazione della Fondazione Lombardia per l’Ambiente

Presidente: Paolo ColombaniVicepresidente: Marcela Adriana Mc LeanConsiglieri: Maurizio Arena, Adriana Baglioni, Nicola Francesco Bellizzi, Giovanni Bottari, MarcelloFontanesi, Massimo Donati, Marcela Adriana Mc Lean, Paolo Mantegazza, Lorenzo Ornaghi,Oronzo Raho, Angiolino Stella.

Direttore: Fabrizio PiccaroloCoordinatore scientifico: Antonio Ballarin DentiPresidente del Comitato scientifico: Marcello Fontanesi

Responsabili di progettoPietro Lenna – Regione Lombardia, DG Qualità dell’AmbienteG. Matteo Crovetto – Fondazione Lombardia per l’AmbienteCoordinamentoRiccardo Falco - Fondazione Lombardia per l’Ambiente

Testi: Roberto DellavedovaReferaggio scientifico: Giuseppe Bogliani, Francesco Sartori, Guido TosiProgettazione grafica: Tania FeltrinImpaginazione: Roberto Dellavedova, Riccardo FalcoCoordinamento editoriale: Riccardo FalcoFotografie: Giuseppe Bogliani, Luigi Boglioni, Mattia Brambilla, Fabio Casale, Fabrizio Clemente,G. Matteo Crovetto, Roberto Dellavedova, Riccardo Falco, Andrea Ferrario, Luigi Galperti, GianniGuglielminetti, Giovanni Lisa, Marco Noseda, Marziano Pascale, Simon Pierce, Simone Rossi,Giuseppe Sardi, Guido Tavecchio, Antonello TurriCartografia: Andrea Salvadori

Le foto aree utilizzate sono relative al volo 2003 della Compagnia Generale di Riprese Aeree. Illoro utilizzo è stato autorizzato dalla Regione Lombardia.

Stampa: Arti Grafiche Fiorin, Sesto Ulteriano (S. Giuliano Milanese)

Per la citazione di questo volume si raccomanda la seguente dizione:Dellavedova R., 2010. Atlante dei SIC della Provincia di Lecco. Regione Lombardia e FondazioneLombardia per l’Ambiente, Milano.

© 2010 Fondazione Lombardia per l’AmbienteProprietà letteraria riservataNessuna parte di questo volume può essere riprodotta o utilizzata sotto nessuna forma, senza per-messo scritto, tranne che per brevi passaggi in sede di recensione e comunque citando la fonte.

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INDICE

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PREFAZIONE

PRESENTAZIONE

I SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA DELLA PROVINCIA DI LECCO

IT2030001, IT2030002 - Grigna Settentrionale e Grigna Meridionale

IT2030003 - Monte Barro

IT2030004 - Lago di Olginate

IT2030005 - Palude di Brivio

IT2030006 - Valle Santa Croce e Valle del Curone

IT2030007 - Lago di Sartirana

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

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PREFAZIONE

L’eccessivo sfruttamento delle ricchezze naturali da parte dell’uomo, conseguente alle mo-dalità di sviluppo economico globale, sta mettendo a dura prova la capacità del nostropianeta di continuare ad assorbire l’inquinamento generato e di fornire risorse sufficienti

e qualitativamente adeguate.

Per sanare il “debito ecologico” che la nostra società ha accumulato bisogna da subito invertirequesta tendenza, avviando scelte impegnative ma indispensabili. È quindi necessario interveni-re, a tutti i livelli, per limitare gli squilibri generati dall’uso non sostenibile del territorio e ridurrei potenziali rischi per la biodiversità. Arrestare la perdita di biodiversità e porre in essere glistrumenti adeguati per conservarla ed accrescerla è una delle sfide più impegnative a cui si devefar fronte e Regione Lombardia, negli ambiti di competenza, sta da tempo operando per fornireun proprio rilevante contributo.

In particolare, fin dal 1995, la Regione sta agendo per realizzare sul proprio territorio una partesignificativa di una rete continentale denominata Rete Natura 2000, composta da Siti di Impor-tanza Comunitaria (SIC) e da Zone di Protezione Speciale (ZPS), importante strumento che l’Unio-ne europea ha individuato attraverso la Direttiva Habitat per porre in essere un sistema coerentedi aree destinate alla conservazione della diversità biologica.

Attualmente in Regione Lombardia sono presenti 193 SIC, ossia i siti individuati per la presenza ditipologie di habitat e di specie vegetali e faunistiche di interesse comunitario e quindi ritenutemeritevoli di una attenta conservazione e 66 ZPS, ossia i siti individuati in quanto importanti luo-ghi di nidificazione o rifugio per l’avifauna, ai sensi della Direttiva 79/409/CEE, per una superficietotale di 372.000 ha, che corrisponde al 15,6 % del territorio regionale. L’individuazione di ReteNatura 2000 è avvenuta ricercando un ottimale livello di coerenza con il sistema regionale deiParchi e delle Riserve naturali che a far tempo dai primi anni settanta sono gradualmente statiistituiti fino ad interessare una significativa porzione del territorio lombardo, pari ad oltre il 25%.

Oggi, circa il 50% dei SIC e delle ZPS è collocato all’interno del sistema delle aree protette regio-nali, mentre la rimanente parte, in un contesto come quello lombardo, fra i più densamenteabitati in Europa, ha trovato la sua prioritaria localizzazione in ambito montano che anche perquesta ragione merita una particolare attenzione da parte della società lombarda.

Dando seguito al volume generale, a scala regionale, che ha raccolto e messo a disposizione ditutti i cittadini lombardi le informazioni fondamentali per conoscere la componente SIC di ReteNatura 2000 attraverso una raccolta organica delle fondamentali informazioni e la proposizionedi una gradevole veste grafica, si è ritenuto opportuno procedere alla pubblicazione, optandoper una maggiore incidenza della componente informatica, dei volumi riguardanti le singoleprovincie lombarde al fine di dettagliare la notevole mole di dati e immagini disponibili econseguentemente fornire la possibilità di conoscere in modo più approfondito le singole realtàdel variegato territorio regionale.

Regione LombardiaL’Assessore alla Qualità dell’Ambiente

Massimo Ponzoni

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

PRESENTAZIONE

Fondazione Lombardia per l’AmbienteIl Presidente

Paolo Colombani

La Regione Lombardia è ricca di aree protette e di biodiversità: oltre il 20% del suo territorio è tutelato sotto forma di parchi e aree protette. Tale ricchezza le è valso il riconoscimento, da parte dell’UE, di ben 175 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) che, assieme alle Zone

di Protezione Speciale (ZPS), costituiscono i Siti della Rete Natura 2000. Tale siti sono dei veri“scrigni” delle ricchezze naturalistiche e ambientali della nostra regione e, in quanto tali, vannovalorizzati e tutelati al massimo. Prima ancora però vanno conosciuti, non soltanto dagli addetti ailavori, ma da tutti i cittadini e potenziali fruitori.

A tale scopo la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, su incarico della Regione Lombardia, harealizzato un Atlante dei SIC lombardi articolato in un volume generale che ne descrive habitat especie fondamentali e in 11 volumi, uno per ciascuna provincia lombarda, che descrivono singolar-mente i vari SIC, evidenziandone le caratteristiche salienti e le specificità.

È dunque con grande piacere e soddisfazione che presento questo libro, ringraziando l’autore/gliautori, ma anche il personale della nostra Fondazione che lavora nel settore “Aree protette e bio-diversità” nonché gli esperti che l’hanno revisionato scientificamente.Sfogliando queste pagine il lettore è stimolato a tuffarsi nella natura e a visitare personalmenteluoghi tanto belli e ricchi di Natura: habitat, piante e animali.Se questo avverrà o se almeno il lettore comprenderà l’importanza di preservare luoghi tanto bellie ricchi di naturalità… avremo raggiunto lo scopo che ci eravamo proposti.

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

I SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA DELLA PROVINCIA DI LECCO

Il territorio della Provincia di Lecco esprime unanotevole varietà ambientale e paesaggistica gra-zie ai suoi bacini lacustri armoniosamente in-castonati tra le aree collinari e i dirupati rilievicarbonatici. Tuttavia, quest’ultimo elemento fi-sico predomina sugli altri in quanto le compat-te barriere di monti si distribuiscono sul 70%della superficie provinciale. Nella porzione set-tentrionale della Provincia si trova la cima piùalta raffigurata dal Monte Legnone (2.600 ms.l.m.), mentre a est di Lecco si erge il MonteSerada (1875 m s.l.m.) dal caratteristico profilonoto come Resegone che, insieme ai rilievi del-le Grigne (Grigna settentrionale, 2.409 m s.l.m.;Grigna meridionale, 2.177 m s.l.m.), esercitanoun forte richiamo per tutti gli appassionati del-

la montagna. L’elemento idrografico di maggiorspicco è il fiume Adda; dopo aver abbandona-to la Valtellina in corrispondenza del Pian diSpagna, il fiume riprende il suo tragitto nellaporzione meridionale del ramo di Lecco, dap-prima superando i laghi di Garlate e di Olginate,e in seguito creando un’importante incisionefluviale, fino a terminare la sua corsa nel fiumePo. L’ambiente climatico generale è quello del-le valli prealpine, con regolari e abbondanti pre-cipitazioni distribuite in due massimi stagiona-li che si registrano nel periodo primaverile-esti-vo e in autunno. La presenza della grande mas-sa d’acqua del Lario agisce come moderatoreclimatico contenendo gli abbassamenti termiciinvernali e mitigando la calura estiva. Tale ef-

Tramonto sulla Grigna Meridionale (foto Giovanni Lisa).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

fetto è così evidente che a Bellagio la tempera-tura media di gennaio supera di due gradi emezzo quella di Milano (AA.VV., 1958). Altrielementi caratteristici del clima insubrico sonola limitata presenza delle nebbie e il regolareregime di venti locali conosciuti come brezzedi lago. Nel periodo estivo, durante le ore piùcalde del giorno, l’aria riscaldata si muove ver-so le quote maggiori, originando la brezza divalle o Breva; il Tivano o brezza di monte soffiaviceversa di primo mattino in direzione oppo-sta, discendendo dalle montagne verso le sot-tostanti vallate.

La Rete Natura 2000 della Provincia di Lecco èrappresentata da 7 Siti di Importanza Comuni-taria (SIC) ripartiti nei due settori biogeograficiin cui è suddivisa la Lombardia (tabella 1). Aquesti si aggiungono le porzioni di altri due Sitiappartenenti alla limitrofa Provincia di Como:“Sasso di Malascarpa, IT2020002” e “Lago diPusiano, IT2020006”. Per la descrizione di que-st’ultimi si rimanda quindi all’Atlante dei siticomaschi. Viceversa il SIC “Palude di Brivio,IT2030005”, pur avendo un lembo della sua su-perficie (11,1%) incluso nel territorio ammini-strato dalla Provincia di Bergamo, sarà descrit-to nel presente Atlante. Nel settore Alpino ri-cadono i SIC maggiormente estesi (Grigna Set-tentrionale, IT2030001 e Grigna Meridionale,IT2030002), con l’eccezione del “Monte Barro,IT2030003” la cui superficie è inferiore a quelladel sito “Valle di Santa Croce e Valle del Curo-

ne, IT2030006”, quest’ultimo incluso nell’areaContinentale insieme ad altri tre SIC dall’esten-sione più modesta (Lago di Olginate, IT2030004;Palude di Brivio, IT2030005; Lago di Sartirana,IT2030007). L’area complessiva occupata daiSIC è pari a 6.619 ettari, dei quali circa la metà(54%), ovvero 3.581 ettari, è rappresentata da24 habitat comunitari. Di questa frazione, circail 13% è raffigurato da sei habitat definiti dallaCommissione europea come prioritari. I SIC diLecco sono dunque mediamente estesi circa946 ettari, caratteristica che ne fa la quarta pro-vincia lombarda con i Siti più vasti. Negli 85 SIClombardi dislocati nell’area biogeografica alpi-na sono in media presenti nove ambienti co-munitari, mentre nei rimanenti 90 Siti Conti-nentali il valore scende a tre. I SIC lecchesi han-no mediamente 12 habitat nel contesto Alpinoe cinque in quello Continentale. Tale distribu-zione testimonierebbe la diversificazione dei Sitiche, nel loro seppur basso numero, ospitanoun’elevata varietà ambientale e biologica, no-nostante la superficie occupata dagli habitatrappresenti solo il 2,5% della complessiva esten-sione degli ambienti comunitari nell’insieme re-gionale.

L’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE indivi-dua oltre 200 habitat di interesse comunitario.Nel contesto provinciale gli habitat presentiafferiscono a sei delle nove categorie ecologi-che in cui sono stati gerarchizzati gli ambienticomunitari. La macrocategoria degli ambienti

Tabella 1: Elenco dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) della Provincia di Lecco con relativa estensionein ettari (ha) e corrispondente copertura degli habitat.

Codice SIC Nome SIC Regione Biogeografica

Estensione SIC (ha)

Estensione habitat (ha)

IT2030001 Grigna Settentrionale Alpina 1.617 1.402

IT2030002 Grigna Meridionale Alpina 2.732 1.183

IT2030003 Monte Barro Alpina 649 279

IT2030004 Lago di Olginate Continentale 78 44

IT2030005 Palude di Brivio Continentale 302 73

IT2030006 Valle Santa Croce e Valle del Curone Continentale 1.213 647

IT2030007 Lago di Sartirana Continentale 28 9

Totale 6.619 3.581

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

di acqua dolce, include tre codifiche:3140, vegetazione bentica in acque oligotrofi-che calcaree di Chara sp.;3150, vegetazione del Magnopotamion e Hydro-charition in laghi eutrofici naturali;3260, vegetazione del Ranunculion fluitantis edel Callitricho-Batrachion dei fiumi planiziali emontani.Tra queste, la vegetazione sommersa o galleg-giante di laghi e stagni eutrofici (3150), occu-pando una superficie di 35 ettari, risulta esserela più rappresentata. Gli ambienti acquatici in-cludono categorie vulnerabili, soggette a degra-dazione causata dall’impatto delle attività an-tropiche su tali delicati ecosistemi. Anche neidue soli siti continentali, in cui sono presentigli ambienti d’acqua dolce, ossia “Lago diOlginate” e “Palude di Brivio”, il grado di con-servazione, ovvero l’integrità della struttura e

delle funzioni ecologiche, è stato valutato inalmeno tre casi come medio o ridotto. Anche alivello nazionale gli ambienti di acqua dolce han-no subito una forte contrazione risultando difatto globalmente minacciati. Non a casoPETRELLA et al. (2005) nel Libro Rosso degliHabitat d’Italia attribuiscono a svariati ambientiacquatici un’alta soglia di minaccia.

Gli ambienti di boscaglia sono rappresentati dalsolo habitat “brughiere subalpine su suolocalcareo, 4070*” che, si ricorda, è classificatocome prioritario. Il grado di conservazione os-servato nei due siti Alpini delle Grigne, in cuioccupa un’area complessiva di 70 ettari, è statovalutato buono.Tra gli ambienti caratterizzati da cenosi erbaceecome i prati e pascoli si distinguono cinque dif-ferenti codifiche:

Panoramica sul Lago di Como dalla Cresta Segantini (foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Bivacco B. Ferrario sulla cima della Grigna Meridionale, 2.177 m s.l.m. (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

6170, formazioni erbose calcicole alpine e su-balpine;6210*, praterie secche su calcare a Bromuserectus;6410, praterie con Molinia su terreni calcarei,torbosi o argilloso-limosi (Molinon caeruleae);6510, praterie magre da fieno di bassa altitudi-ne;6520, praterie montane da fieno.Le osservazioni effettuate sui consorzi prativipermettono di stimare una globale valutazionepositiva anche se per alcuni casi si registranosituazioni di degrado come per esempio nelcaso dei prati magri soggetti all’invasione diarbusti. L’unica situazione di eccellenza è ri-portata per l’habitat 6170 presso il sito “GrignaSettentrionale”.I prati acquitrinosi a Molinia caerulea (6410),noti anche come molinieti, sono indubbiamen-te meritevoli di conservazione, data la loro pro-gressiva rarefazione in tutto il contesto nazio-nale; seppur presenti in un solo sito (Palude diBrivio) essi rappresentano ben il 5% della co-pertura regionale di questa codifica. Una secon-da cenosi ben strutturata e diffusa è rappre-sentata dai “prati da sfalcio di bassa quota,6510”, tanto estesi da rappresentare un terzodella copertura complessiva tra tutti i SitiLombardi.Gli habitat umidi appartenenti alla categoriadelle torbiere hanno coperture estremamentelimitate che ne conferiscono una maggior sen-sibilità e rischio di scomparsa, ciò nonostantele comunità vegetali igrofile mostrano una qua-lità complessivamente accettabile. A questatipologia afferiscono due soli habitat: “7220*,sorgenti alcaline con copertura vegetale” e“7230, torbiere basse alcaline”.

La categoria degli ambienti rocciosi includehabitat diversificati, soggetti a forme di per-turbazione talvolta limitate e localizzate tantoda non comprometterne il loro complessivo va-lore biologico. In provincia di Lecco, i succes-sivi habitat si possono osservare nei soli sitialpini:8120, ghiaioni calcarei e scisto calcarei montanie subalpini;

8130, ghiaioni del mediterraneo occidentale etermofili;8210, pareti rocciose calcaree con vegetazionecasmofitica;8310, grotte non sfruttate a livello turistico.Tra questi, le pareti calcaree con piantevascolari rupicole (8210) sono l’ambiente piùesteso (459 ettari). Di indiscusso pregio è il si-stema di cavità sotterranee generate da feno-meni carsici e ubicate in alcune aree dei sitidelle Grigne.

I boschi e le foreste comunitarie, grazie ai novehabitat individuati, esprimono la categoriafisionomica che include la maggior varietà diambienti:9130, faggeti dell’Asperulo-Fagetum;9150, faggeti calcicoli dell’Europa centrale delCephalanthero- Ragion;9160, querceti di Farnia o Rovere subatlantici edell’Europa centrale;9180*, boschi di forra meso-igrofili del Tilio-Acerion;91E0*, saliceti e ontaneti alluvionali;91H0*, boschi pannonici di Quercus pubescens;91L0, querceti di Rovere illirici;9260, boschi di Castagno;9420, foreste di Larix decidua.In particolare, nelle due codifiche di faggete(9130 e 9150) si individuano quelle formazioniboschive meglio strutturate e conservate allequali è stata attribuita una valutazione comples-siva eccellente. Entrambe le categorie presentinei Siti delle Grigne esprimono collettivamen-te il 37% della superficie regionale di codestatipologia.

Considerando la distribuzione degli ambientinei Siti lecchesi si evidenzia che il numero de-gli habitat gravitanti nella sola area alpina(4070*, 6170, 6520, 8120, 8130, 8210, 8310, 9130,9150, 9180* e 9410) è maggiore rispetto aglihabitat esclusivi dei SIC continentali (3140,3150, 3260, 6410, 9160, 91H0* e 91L0); mentrele categorie ambientali più diffuse (6210*, 6510,7220*, 9260), presenti contemporaneamente inquattro aree SIC, gravitano in entrambe le re-gioni biogeografiche. Un quarto degli ambienti

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Viola silvestre – Viola rechembaichiana (foto Roberta Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

censiti in Provincia di Lecco, (3140, 6410, 9160,91H0*, 91L0 e 9420) sono presenti in un solo sito.Poiché gli habitat sono stati individuati a livelloeuropeo, nessuno di essi è chiaramente circo-scritto ai soli siti lecchesi. Tuttavia, è considere-vole evidenziare due casi in cui il contributo deiSIC lecchesi assume un valore di primaria im-portanza: la “vegetazione sommersa con le al-ghe del genere Chara, 3140” e i “querceti di Ro-vere illirici, 91L0”, individuati rispettivamente neisiti di “Palude di Brivio” e “Valle di Santa Crocee Valle del Curone” occupano oltre la metà del-la loro complessiva copertura regionale. Ne con-segue che il ruolo dei siti lecchesi ospitanti talicomunità diventa ancor più determinante alraggiungimento del miglior stato di conservazio-ne per questi habitat.Lo scopo di creare un’efficiente rete ecologicagrazie alla presenza di habitat e alla loro coeren-te diffusione non è l’unico obiettivo della Diret-tiva. Essa si prefigge di salvaguardare la biodi-versità anche con misure di tutela diretta di spe-cie la cui conservazione è considerata un inte-resse comune di tutta l’Unione (MASUTTI & BAT-TISTI, 2007). Appare quindi utile soffermarsi sul-la frequenza e sulla distribuzione delle specie difauna e flora individuate nei sette siti lecchesi.La presenza di ben 59 entità su un totale regio-nale di 128 specie colloca Lecco tra le provincecon il maggior numero di taxa all’interno dei pro-pri SIC. È evidente che tale interessante ricchez-za è il frutto di studi specifici, o di ricerche mira-te condotte all’interno di Riserve o Parchi cheora svolgono anche il ruolo di SIC.In futuro sarà opportuno poter confrontare que-sti dati preliminari con le informazioni che si ag-giungeranno a mano a mano che si investighe-ranno e monitoreranno anche i luoghi menoconosciuti. Delle 59 specie comunitarie indivi-duate, 31 taxa appartengono all’Allegato II, conil solo Storione cobice (Acipenser naccarii) comeunico rappresentante delle specie prioritarie (ta-bella 2). I vegetali sono figurati da tre specie diAngiosperme Monocotiledoni, vale a dire duepreziose orchidee, la Scarpetta di Venere (Cy-pripedium calceolus) e la Liparide (Liparis loeselii),e l’Iridacea Gladiolo reticolato (Gladioluspalustris) a cui si affiancano due Briofite a distri-

buzione assai limitata: Dicranum viride e Manniatriandra. I Mammiferi ed i Pesci, rispettivamen-te con 8 e 13 entità, sono i gruppi sistematicicon il maggior numero di specie comunitarie.Meno diffusi sono gli Invertebrati, che con duesoli rappresentanti, il Cerambice della quer-cia (Cerambyx cerdo) e il più noto Gambero difiume (Austropotamobius pallipes) completanol’elenco dei taxa individuati insieme alle duespecie di Anfibi: il Tritone crestato italiano(Triturus carnifex) e la Rana di Lataste (Ranalatastei).In Lombardia sono state censite 41 specie in-serite nell’Allegato IV della Direttiva di cui 25sono presenti in provincia di Lecco. A questoproposito si ricorda che la maggior parte dellespecie incluse nell’Allegato II sono incluse nel-l’Allegato IV. Ancora una volta tra i Mammiferisi registra il maggior numero di taxa, a seguireil gruppo dei Rettili individuato da 6 specie(Hieropis viridiflavus, Coronella austriaca,Elaphae longissima, Natrix tessellata e Lacertaviridis), i vegetali con tre entità (Physoplexiscomosa, Primula glaucescens e Spiranthes aestiva-lis), e infine gli Anfibi Anuri con il Rospo sme-raldino (Bufo viridis) e la Rana agile (Rana dal-matina). Nessuna delle sei specie di Insetti se-gnalate a livello regionale è presente nei Siti lec-chesi. Il numero di specie inserite all’AllegatoV censite nei SIC lombardi scende a 21 unità,di cui solo un sesto presenti nei siti lecchesi.Mancano all’appello Anfibi e Invertebrati men-tre gli altri gruppi sistematici annoverano unMammifero, la Martora (Martes martes), duePesci, il Coregone (Coregonus lavaretus) e ilTemolo (Thymallus thymallus), e infine due ve-getali, il Bucaneve (Galanthus nivalis) e ilPungitopo (Ruscus aculeatus).Allo stato attuale delle conoscenze, la presenzanei SIC lecchesi di idonee e frequenti aree di ri-fugio, consentono all’ordine dei Chirotteri dipotervisi insediare occupando un’ampia gammadi ambienti. Grazie anche alle ricerche condottein tempi recenti all’interno di alcuni Siti (GrignaMeridionale e Monte Barro) per la provincia diLecco si hanno ben quattro specie (Rhinolophushipposideros, Barbastella barbastellus, Myotis ca-paccinii, Myotis bechsteini) per le quali si concen-

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

trano circa un quarto delle segnalazioni regio-nali. I SIC di Lecco ospitano inoltre alcune spe-cie vegetali che trovano in pochi siti regionali lecondizioni favorevoli alla loro conservazione. De-gne di nota sono le notevoli stazioni di Liparisloeselii presso il sito Palude di Brivio. Si tratta diuna rarissima orchidea di ambienti palustri indi-viduata, oltre a Lecco, nella sola provincia diVarese.Un’ultima considerazione è dedicata alla ripar-tizione di ogni singolo gruppo sistematico all’in-terno dei Siti lecchesi comparata con quella de-gli altri Siti regionali.Da tale confronto emerge che in almeno tre SIClecchesi si registra il maggior numero di specie alivello regionale. In particolare nel Sito “MonteBarro” si regista il numero più alto di Chirotteritra tutti i siti lombardi, mentre presso i SIC “Lagodi Olginate” e “Palude di Brivio” si trova la mag-gior varietà di specie ittiche comunitarie. Il Sito

“Valle Santa Croce e Valle del Curone” insiemealla “Palude di Brivio” registrano un’elevata pre-senza di Anfibi; mentre, presso i siti delle Grignesi osservano numerose specie di vegetali e diRettili contemplati dagli allegati della Direttiva“Habitat”. Complessivamente i Siti lecchesi han-no un numero medio di 23 specie comunitarieciascuno, un valore superato solo dai SIC dallaprovincia di Mantova.

Nei capitoli successivi si riporteranno per ognu-no dei sette Siti di Importanza Comunitaria unabreve descrizione degli aspetti naturalistici piùsignificativi, fornendo di caso in caso notizie sullespecie di flora e fauna che contraddistinguonogli ambienti naturali e seminaturali tutelati dallaDirettiva 92/43/CEE. Un’efficace mappa deglihabitat comunitari e prioritari consentirà di ap-prezzarne la reale presenza e distribuzione al-l’interno del perimetro dei Siti lecchesi.

Monte Rosa visto dalla Grigna Meridionale (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Tabella 2 – Elenco completo delle specie comunitarie inserite negli Allegati II, IV e V della Direttiva 92/43/CE “Habitat” presenti nei Siti della provincia di Lecco. Nella seconda colonna è indicato il numero dell’Allegatoin cui è inserito il taxon in esame; le ultime tre colonne riportano il numero totale delle presenze e la

REGIONE BIOGEOGRAFICA A A A C C C C

TAXON

All

egat

o

IT20

3000

1

IT20

3000

2

IT20

3000

3

IT20

3000

4

IT20

3000

5

IT20

3000

6

IT20

3000

7

To

tale

Alp

ina

Co

nti

nen

tale

MAMMALIA

CHIROPTERA

Rhinolophus hipposideros II x x 2 2 0

Rhinolophus ferrumequinum II x x x 3 3 0

Myotis blythii II x 1 1 0

Barbastella barbastellus II x x x 3 2 1

Myotis capaccinii II x x 2 2 0

Myotis emarginatus II x 1 1 0

Myotis bechsteini II x x 2 0 2

Myotis myotis II x 1 1 0

Eptesicus serotinus IV x 1 1 0

Hypsugo savii IV x x x x x x 6 3 3

Myotis daubentonii IV x x x x 4 2 2

Myotis mystacinus IV x x x 3 3 0

Myotis nattereri IV x 1 1 0

Nyctalus noctula IV x 1 0 1

Nyctalus leisleri IV x x 2 2 0

Pipistrellus kuhlii IV x x x x x 5 3 2

Pipistrellus nathusii IV x x x x 4 3 1

Pipistrellus pipistrellus IV x x x x x x 6 3 3

Plecotus auritus IV x x 2 2 0

Plecotus austriacus IV x x x x 4 2 2

Tadarida teniotis IV x x 2 1 1

Vespertilius murinus IV x 1 0 1

CARNIVORA

Martes martes V x 1 1 0

REPTILIA

SQUAMATA

Lacerta viridis bilineata IV x x x x x x 6 3 3

Podarcis muralis IV x x x x x x x 7 3 4

Hierophis viridiflavus IV x x x x x x 6 2 4

Coronella austriaca IV x x x 3 3 0

Elaphe longissima IV x x x x 4 3 1

Natrix tessellata IV x x x 3 0 3

AMPHIBIA

URODELA

Triturus carnifex II x x x x 4 2 2

ANURA

Rana latastei II x x 5 1 4 x x x

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

dislocazione all’interno delle due regioni biogeografiche. Nell’ultima riga sono riportati in orizzontale, ilnumero complessivo di specie per ciascun sito e il valore complessivo delle segnalazioni, a cui si aggiungeil numero di specie rilevate nei soli Siti Alpini e Continentali.

Numero specie / sito 24 29 25 28 31 20 6 158 21 23

Bufo viridis IV x x x x

Rana dalmatina IV x x x x x x

4 0 4

6 2 4

PESCI

AGNATHA

PETROMYZONIFORMES

Lethenteron zanandreai II x x

Lampetra fluviatilis II x x

GNATOSTHOSTOMATA

ACIPENSERIFORMES

Acipenser naccarii * II x x

CLUPEIFORMES

Alosa fallax II x x

CYPRINIFORMES

Rutilus pigus II x x

Chondrostoma genei II x x

Leuciscus souffia II x x x

Rutilus rubilio II x x

Barbus plebejus II x x

Barbus meridionalis II x x

Chondrostoma soetta II x x 2

Cobitis tenia II x x x

Cottus gobio II x x x

SALMONIFORMES

Salmo marmoratus II x x

Thymallus thymallus V x x

INVERTEBRATI

ARTHROPODA

MALACOSTRACA

Austropotamobius pallipes II x x x

HEXAPODA

COLEOPTERA

Cerambyx cerdo II x x x

VEGETALI

ANGIOSPERMAE

Cypripedium calceolus II x x

Liparis loeselii II x

Gladiolus palustris II x x

Physoplexis comosa IV x x x

Primula glaucescens IV x x x

Spiranthes aestivalis IV x x

Galanthus nivalis V x

Ruscus aculeatus V x

BRYOPHYTA

Mannia triandra II x

Dicranum viride II x x

2 0 2

2 0 2

2 0 2

2 0 2

2 0 2

2 0 2

3 0 3

2 0 2

2 0 2

2 0 2

0 2

3 0 3

3 1 2

2 0 2

2 0 2

3 3 0

3 3 0

2 2 0

1 0 1

2 2 0

3 3 0

3 3 0

2 0 0

1 0 1

1 0 1

1 1 0

2 2 0

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Syntomis phegea (foto Roberto Dellavedova). Cerambyx cerdo (foto Paolo Debernardi).

Ruptela maculata (foto Roberto Dellavedova). Mantis religiosa (foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Panoramica delle Grigne (foto Giovanni Lisa).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

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GRIGNA SETTENTRIONALE - GRIGNA MERIDIONALEIT 2030001 - IT 2030002

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data di proposta come SIC:

Data di conferma come SIC:

Ente gestore:

Dati generali

Longitudine 09° 23’ 13’’ – Latitudine 45° 57’ 10’’

635 (min) – 2407,8 (max)

1617,20 ha

Cortenova, Esino Lario, Mandello del Lario, Pasturo

Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera

CTR Lombardia 1:10.000 B4e2, B4d2, B4d1

Alpina

giugno 1995

marzo 2004

Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esinoe Riviera

IT 203001 – GRIGNA SETTENTRIONALE

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data di proposta come SIC:

Data di conferma come SIC:

Ente gestore:

Dati generali

Longitudine 09° 23’ 31’’ Latitudine 45° 55’ 17’’

209 (min) – 2177 (max)

2732,52 ha

Abbadia Lariana, Ballabio, Lecco, Mandello del Lario, Pasturo

Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera

CTR 1:10.000: B4d4, B4d3, B4d2

Alpina

giugno 1995

marzo 2004

Provincia di Lecco

IT 203002 – GRIGNA MERIDIONA-LE

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

I siti “Grigna Settentrionale, IT2030001” e“Grigna Meridionale, IT2030002”, ubicati a ca-vallo della sponda occidentale del Lario e dal-la Valsassina, sono accomunati da svariatiaspetti ambientali che li rendono quasi spe-culari. Nell’affrontare la redazione dei seguen-ti paragrafi è sembrato opportuno trattarecontemporaneamente i due SIC onde evitaresuperflue ripetizioni. Nelle seguenti sezioninon mancheranno tuttavia specifici riferimentiagli elementi differenziali o peculiari di ciascunsito.Esistono tuttavia delle diversità che si preci-sano di seguito. Confrontando le dimensionidei due SIC si osserva che il Sito meridionale(IT2030002) oltre ad essere il più esteso (2.732ettari) della Provincia di Lecco, ha uno svilup-po altitudinale che parte dai 209 metri fino allavetta più alta denominata “Grignetta” (2.177m. s.l.m.), equivalente ad un dislivello com-plessivo di 1.968 metri. Il sito settentrionale(IT2030001) colloca il suo limite altitudinale in-feriore ad una quota di 635 m ponendo la mas-sima quota in corrispondenza del “Grignone”(2.407 m. s.l.m.), per un dislivello di 1.772 me-tri. Questa è la differenza che permette alla“Grigna Meridionale” di includere quella por-zione di territorio immediatamente a ridossodel bacino del Lario maggiormente influenza-to dal microclima lacustre. Come si esporrà neiparagrafi successivi tale aspetto offre un mag-gior spettro di condizioni ambientali ed eco-logiche che contraddistinguono quest’ultimosito.

1.CARATTERISTICHE AMBIENTALI

1.1.Ambiente fisico

Il territorio delle Grigne non ha bisogno di pre-sentazioni tanta è la notorietà di questo rilievoprealpino. L’aspetto aspro e rude conferito daguglie, torrioni e versanti dirupati si fonde ar-moniosamente con i dolci versanti degradantia levante in Valsassina mentre ad ovest le pen-dici delle Grigne cadono a picco nelle insena-ture del Lario con brusche rotture di penden-za. L’appellativo dolomitico risulta quindi il

marchio distintivo di questa porzione dellePrealpi lombarde. Tale accostamento non è ca-suale: approfonditi studi geologici illustranocome Grigne e Dolomiti abbiano in comune sial’età di formazione sia la composizione chimicadelle rocce. Il motivo di tale affinità è da ricer-care in un passato molto remoto (230 – 65 mi-lioni di anni fa), collocabile nel Mesozoico, ov-vero una porzione temporale della scalacronologica utilizzata dai geologi per riordina-re gli avvenimenti che hanno caratterizzato lalunga storia della Terra.Lo studio delle rocce sedimentarie che costitui-scono l’ossatura di entrambi i rilievi montuosi,ha permesso di ipotizzare l’esistenza di una re-gione compresa tra le Prealpi lombarde e leAlpi Giulie occupata da un vasto Oceano; nel-le rocce biancastre che costituiscono la forma-zione geologica dei Calcari di Ésino, infatti, èpossibile ritrovare numerosi resti fossilizzati dianimali marini come Lamellibranchi, Gastero-podi e alghe. I fossili sono le vestigia di antichiorganismi viventi che si sono preservati all’in-terno di strati rocciosi. In particolare ciò che siè conservato fino ai giorni nostri, sono le lorostrutture rigide costituite da carbonato di cal-cio. Dalla differente tipologia di roccia è an-che possibile dedurre in quale remoto ambien-te (lagune costiere, spiagge, scogliere ecc.) èavvenuta la sedimentazione. Il risultato è unacombinazione assai varia di rocce marineorganogene classificate come calcari. A que-ste si aggiungono le dolomie, formatesi per so-stituzione chimica di calcari originari già de-positati. Le compatte rocce calcaree a loro voltapoggiano su un più antico basamento scistoso-cristallino costituito da sabbie e ghiaie dal pe-culiare colore rossastro. Tali sabbie si sono de-positate in ambiente continentale nel Permiano(tra 290 e 245 milioni di anni), ovvero un peri-odo dell’era Paleozoica il cui significato è “fau-na antica”. Nel linguaggio geologico per “vitarecente” ci si riferisce all’era Cenozoica com-presa tra 65 milioni di anni orsono fino ai no-stri giorni. In questo contesto temporale si for-marono quattro dei principali sistemi montuosidel mondo. Tale processo, che interessò anchela formazione delle Alpi, è noto con il termine

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

di orogenesi. La collisione della placca Africa-na con quella Europea eliminò l’antico Ocea-no Tetide; un vasto fenomeno di compressio-ne delle rocce del basamento oceanico com-portò il caratteristico corrugamento con pie-ghe e faglie responsabile della formazione del-le Alpi. La morfologia dei rilievi è estremamen-te varia in quanto direttamente connessa aidiversi processi di degradazione che agisconoe hanno agito su una vasta gamma di litotipi.Le numerose formazioni rocciose, infatti, de-terminano una morfogenesi selettiva, dovu-ta a una differente risposta agli agenti atmo-sferici che incidono e rimodellano il substra-to. Le sommità del Grignone costituite da Cal-care di Ésino sono rocce particolarmente duree resistenti. Nonostante ciò gli agenti delladegradazione scolpiscono in esso scoscese

pareti, caratterizzate da alte scarpate sub-verticali. La roccia in questione risulta pre-valentemente deteriorata da fenomeni di ge-lifrazione regolati dalle escursioni termiche.Altri litotipi più teneri generano forme piùdolci, con pendii regolari, in genere copertida prati e boschi, come è osservabile nel ver-sante di Pasturo. A questo proposito si ricor-da che un’azione modellante fortemente in-cisiva è stata svolta dai ghiacciai, che nelPleistocene occupavano ripetutamente la re-gione insubrica, lasciando numerose traccedella loro presenza. Dato il substrato calcareo,è doveroso accennare al modellamento di al-cune forme del paesaggio dovute all’azionedell’acqua: la sua proprietà chimica di poterasportare e trasportare in soluzione i compo-nenti delle rocce calcaree origina una serie di

Rupi strapombianti (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Formazioni erbose pioniere lungo il crinale (foto Roberto Dellavedova).

forme di erosione a cui si attribuisce il termi-ne di “carsismo”. La diffusa presenza di frat-ture anche microscopiche rendono le roccecalcaree particolarmente permeabili al passag-gio dell’acqua. In tempi lunghissimi la ripetu-ta asportazione di componenti minerali ha per-messo di originare sistemi di cavità e di grotteirrealizzabili in altre matrici rocciose come peresempio il granito.

1.2.Paesaggio vegetale

Il territorio dei siti delle Grigne è contraddi-stinto da un diversificato paesaggio che almutare della quota, dell’esposizione e di sva-riate situazioni topografiche esprime con la suacopertura vegetale l’effetto dei fattori ecologi-ci. Per descrivere con maggior efficacia tale

varietà è utile avvalersi del classico schemaadottato dai botanici che prevede la suddivi-sione di un rilievo montuoso in “orizzonti”,“piani” o “fasce” caratterizzate da un propriobioclima e da una propria vegetazione (PIGNAT-TI, 1994).Nell’orizzonte submontano, compreso dal li-torale lacustre fino a circa 900 m, si sviluppa-no prevalentemente boschi di Querce (Quer-cus petraea e Q. cerris) e Carpino nero (Ostryacarpinifolia). A questi si aggiungono i boschidi Castagno (Castanea sativa) un tempo favo-riti dall’uomo per i più svariati utilizzi del le-gname e soprattutto per il suo prezioso frut-to. In corrispondenza di impluvi o in vallettefresche solcate da rii, si collocano essenze piùesigenti come Frassini (Fraxinus excelsior) e Ti-gli (Tilia cordata, T. platyphyllos).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Scorcio del Lago di Como (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Intercalate alle fitocenosi arboree si inserisconosu suoli caldo-aridi i prati magri a Forasacco eret-to (Bromus erectus), mentre su suoli più ricchi, inparte ancora concimati e falciati, si affermano iTriseteti a Gramigna bionda (Trisetum flavescens)secolarmente sfruttati per la fienagione.Sulle Grigne l’orizzonte montano che si svilup-pa da circa 900 m s.l.m. è caratterizzato dalladiffusa presenza del Faggio (Fagus sylvatica)raggruppato a formare fitti boschi lungo ogniversante (ROSSI & GIACOMINI, 2005). La presen-za delle faggete è favorita da inverni non trop-po rigidi e da primavere piovose, nebbiose e pri-ve di gelate (BERNETTI, 1995).Salendo di quota ed entrando nell’orizzontesubalpino (dai 1400 fino ai 1800 m s.l.m.), ilclima diventa progressivamente più rigido, fa-vorendo di conseguenza l’affermarsi delleaghifoglie. Il Larice (Larix decidua) è l’unicaconifera che forma dei veri boschi, mentre gliAbeti (Picea abies, Abies alba) e il Pino silvestre(Pinus sylvestris) si osservano solo sporadica-mente (ROSSI & GIACOMINI, 2005). Il Larice èfacilmente riconoscibile dai morbidi aghi cor-ti, verde chiaro, raccolti in ciuffetti portati dabrevi rametti; è considerato l’albero alpino perantonomasia, non solo perché raggiunge lequote più elevate, ma anche perché è quasiesclusivo delle Alpi (GIACOMINII & FENAROLI,1958). I lariceti hanno un sottobosco arbusti-vo per lo più colonizzato dalle ericacee comerododendri e mirtilli. Grazie alle loro frondespaziate e luminose i Lariceti spesso vengonopascolati, modificando di conseguenza il sot-tobosco che assume gli aspetti di una vera epropria prateria.Oggigiorno, sia i boschi di conifere sia le fore-ste di latifoglie hanno perduto la loro impor-tanza economica tanto da essere sfruttati sololocalmente in prossimità degli abitati o dellestrade. Gli arbusteti a Ontano verde (Alnusviridis) sono un esempio di vegetazioneazonale, così definita perché non vincolata aduna particolare fascia altitudinale. Le bosca-glie ad Ontano verde possono affermarsi inporzioni del territorio un tempo occupate daipascoli, trovando però nei solchi vallivi o neicanaloni di valanga condizioni più favorevoli.

Nell’impenetrabile sottobosco dell’Alneto, opiù di frequente al suo margine, si inserisconoi così detti megaforbieti, ovvero comunità dialte erbe lussureggianti esigenti di suoli irriga-ti, freschi a reazione basica fino a debolmenteacida. Spesso le comunità di megaforbie si tro-vano nel mezzo di praterie alpine anche inconche e depressioni, vale a dire in stazioni diaccumulo di neve e di humus.Il passaggio nell’orizzonte subalpino (1400 - 2000)è testimoniato dal netto avvicendamento delLarice a favore degli arbusteti di Rododendro(Rhododendron hirsutum e R. ferrugineum), Mugo(Pinus mugo) e Ginepro (Juniperus nana). Alcuniautori (PIROLA, 1975) descrivono con efficaciaquesta evidente transizione utilizzando il termi-ne di fascia di contesa. Tale definizione bene siapplica a quella porzione posta tra il limite delbosco e quella linea immaginaria occupata dallimite degli alberi contorti, dove gli arbusteti en-trano in concorrenza con le conifere. Il rodoretoprevale sui versanti esposti a nord, dove le nevisi accumulano e si sciolgono più tardi; in questomodo, grazie alla copertura nevosa, le delicategemme sono protette dal disseccamento da gelo(LARCHER, 1980). I pendii soleggiati esposti a mez-zogiorno sono invece colonizzati dai ginepreti.Le condizioni ecologiche che selezionano la flo-ra sono essenzialmente i periodi di relativa ari-dità e il suolo molto sottile o addirittura assente,poiché abbonda la roccia subaffiorante. Il Pinomugo costituisce delle cenosi in genere a carat-tere pioniero strutturate in boschi più o menoradi con sottobosco assai sviluppato in ambientida microtermi a macrotermi.La vegetazione soprasilvatica delle Alpi, de-scritta in numerosi studi, si differenzia ampia-mente in relazione al tipo di chimismo dellerocce su cui essa si sviluppa. Il substratocalcareo delle Grigne determina la composi-zione chimica dei suoli favorendo una pecu-liare vegetazione definita basifitica o calcifila.La vegetazione prativa dell’orizzonte alpino èdata dal seslerieto-sempervireto. Gli ambientiideali di questa vegetazione sono i pendii sco-scesi, spesso rotti o gradonati, meglio se benesposti al sole, dove la persistenza nevosa èpiuttosto breve (OZENDA, 1985). Sesleria comu-

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Potentilla nitida – potentilla rosea (foto Roberto Dellavedova).

Raponzolo chiomato – Physoplexis comosa (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

ne (Sesleria caerulea) e Carice verdeggiante (Ca-rex sempervirens) formano zolle dense e com-patte; esse fungono da pioniere nei ghiaioni evi permangono spesso come specie dominanti,anche nel seslerieto completamente sviluppa-to (PIGNATTI & PIGNATTI, 1983). Sui detriti finicalcarei, la vegetazione pioniera può essere rap-presentata dal Camedrio alpino (Dryas octope-tala), una compatta rosacea che insieme allaCarice rigida (Carex firma) svolge l’importanteruolo di consolidare i detriti. Questa cenosi, co-nosciuta come firmeto, sopporta condizioni am-bientali più rigide rispetto al seslerieto-semper-vireto, insediandosi in stazioni rocciose a de-bole pendenza, esposte al gelo e al vento(OZENDA, 1985; REISIGL, 1990). Il firmeto è unpascolo povero, costituito da poche specie chesi accompagnano alla Carex firma. Quest’ulti-ma garantisce un’efficace protezione alle altrespecie grazie ai suoi resistenti cespi. In alta quo-ta, in prossimità di conche e depressioni, dovesi ha un accumulo di neve prolungato, èindividuabile sul fondo roccioso una vegetazio-ne di valletta nivale. Su terreno siliceo si instaurauna comunità vegetale altamente specializzatafrequente nelle alte montagne dell’Europa me-dia e del nord: è composta da briofite e da ce-spugli nani contorti, dominata dalla specieacidofila Salice erbaceo (Salix erbacea). Le par-ticolari condizioni morfologiche impongono allavegetazione della valletta nivale un prolungatoperiodo di innevamento, di durata variabile daotto a dieci mesi all’anno. Su substrato calcareo,le vallette nivali sono invece colonizzate da unconsorzio di salici nani a tendenza basitofitica:Salice retuso (Salix retusa) e reticulato (Salixreticulata).La vegetazione delle ampie superfici detriticheappare ancor più fortemente influenzata dalladiversa natura litologica, nonché dalla dimen-sione e dalla mobilità dei clasti. Una vegetazio-ne tipica dei ghiaioni calcarei e dei macereti mo-bili, con un periodo di innevamento inferiore ai9 mesi, è caratterizzata dalla presenza del Pa-pavero dorato (Papaver aurantiacum). Gli am-bienti rupestri offrono alle piante condizioni divita estreme; solo le specie vegetali meglio adat-tate da un punto di vista morfo-fisiologico rie-

scono infatti ad insediarsi in anfratti o fessuredelle ripide e scoscese pareti rocciose. Lefanerogame che colonizzano tali fessure sonochiamate casmofite.L’elevata specializzazione che le casmofite han-no raggiunto garantisce la quasi totale esclusi-vità dell’insediamento in questi ambienti estre-mi. Infine non passa inosservata la rigogliosavegetazione a grandi erbe in prossimità dellemalghe in terreni fortemente concimati con l’ac-cumulo di sostanza organica non mineralizza-ta. Si tratta di una vegetazione nitrofila domi-nata dal Rómice alpino (Rumex alpinus). Datala lentezza nei processi di mineralizzazionedella sostanza organica a livello del suolo, èpossibile ritrovare il romiceto anche a distanzadi decenni dall’abbandono dei pascoli e dellemalghe.

1.3.Habitat di interesse comunitario

Confrontando la copertura complessiva deglihabitat emerge che, alle maggiori dimensioni deisiti non sempre corrisponde una effettiva eproporzionale area occupata dagli ambienticomunitari. Il sito della “Grigna Meridionale”è infatti il più esteso delle sette aree comunita-rie individuate in Provincia di Lecco; tuttavia,in “Grigna Settentrionale” si trova la maggiorsuperficie di habitat comunitari (1.388 ettaridistribuiti sull’86% del suo territorio) (figura I).Delle 14 tipologie presenti, tre sono considera-te prioritarie: boscaglie di Pinus mugo e Rhodo-dendron hirsutum (4070*), formazioni erbosesecche seminaturali su substrato calcareo(6210*) e le sorgenti pietrificanti con formazio-ne di travertino (7220*). Nella “Grigna Meri-dionale” sono presenti 13 ambienti comunitaridi cui 12 sono in comune con il Sito della“Grigna Settentrionale”. L’unico ambientecensito esclusivo del SIC meridionale è l’habitatprioritario 9180*: “foreste di versanti, ghiaionie valloni del Tilio-Acerion”.Tra i vari ambienti caratterizzanti il territorio delleGrigne alcuni rimangono maggiormente impressinella memoria di chi esplora i loro scoscesi rilie-vi. È infatti improbabile rimanere indifferenti difronte alla grande varietà di forme e di colori

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Papavero dorato – Papaver aurantiacum (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

offerta da praterie, macereti e rupi fiorite. LeGrigne ospitano difatti numerose specie ve-getali di indiscusso valore naturalistico; un si-curo elemento di pregio è dato dalle specie en-demiche, ovvero da quei taxa presenti solo inun ristretto contesto geografico. Nello speci-fico, la porzione meridionale delle Alpi, nellafascia compresa dal Lago di Como al Lago diGarda, è particolarmente ricca di entità esclu-sive originatesi in seguito ai profondi cambia-menti ambientali che si manifestarono versola fine del Terziario e nel Quaternario. Il climadi quest’ultimo periodo geologico fu sconvol-to da forti recrudescenze climatiche che por-tarono i ghiacci polari fino nel cuore dell’Eu-

ropa centrale provocando una radicale trasfor-mazione della vegetazione (PIGNATTI, 1979). Inquesto periodo ci furono diversi stadi di oscil-lazioni climatiche che si manifestarono in mo-menti di espansione dei ghiacci, detti periodiglaciali, intercalati a fasi interglaciali caratte-rizzate da temperature anche superiori a quel-le odierne. Durante l’ultima glaciazione con-clusasi appena 12.000 anni fa, vaste calotte dighiaccio rivestivano le Alpi creando un pae-saggio simile a quello dell’odierna Groenlan-dia. Le cime più alte, non raggiunte dai ghiac-ciai, poterono quindi ospitare piccole isole divegetazione (PIGNATTI, 1979). Le Prealpi Lom-barde diventarono così dei laboratori natura-

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

li, in cui si sviluppò il processo di differenzia-zione delle specie superstiti in nuove formevegetali. Un esempio di habitat in cui è possi-bile osservare tale varietà floristica è dato dal-le “formazioni erbose calcicole alpine e subal-pine (6170)”, la cui estensione nei siti delleGrigne è tale da rappresentare oltre il 90% del-l’ambiente nel contesto provinciale.L’habitat 6170 ospita numerose specie vege-tali dalle colorate e vistose fioriture: tra i cespidelle graminacee e delle ciperacee affiorano,per esempio, i fiori rosati della Primula glau-cescente (Primula glaucescens), una specieendemica inserita anche nell’Allegato IV del-la Direttiva “Habitat”.

A questa specie si può agevolmente aggiun-gere un lungo elenco di fiori di primaria im-portanza come l’Aquilegia di Einsele (Aquile-gia einseleana), l’Aglio d’Insubria (Allium in-subricum), la Carice del Monte Baldo (Carexbaldensis), l’Erba regina (Telekia speciosissima),la Campanula dell’arciduca (Campanularaineri) la Campanula gialla (Campanula thyr-soides) e tante altre ancora. Degna di nota è,infine, una Primula che solo pochi anni fa èstata descritta come una nuova specie localiz-zata per il solo territorio delle Grigne: la Pri-mula grignensis. Molte delle specie elencatenon sono tuttavia esclusive degli ambientiprativi; spesso è possibile osservarle nel ten-

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

tativo di colonizzare le porzioni dei brecciaipiù consolidati attuando di fatto una staffettacon le specie rigorosamente glaericole. Peresempio i “popolamenti dei ghiaioni calcarei escisto calcarei montani e alpini, 8120”, sono len-tamente invasi dalle splendide fioriture dellaSilene d’Elisabetta (Silene elisabethae) oppuredalla più comune crucifera Erba storna rotun-difolia (Thlapsi rotundifolium). Come si accen-nerà di seguito a proposito della fauna inver-tebrata, le falde detritiche, pur essendo un am-biente aspro e impervio, ospitano forme di vitaspecializzate a superare con efficacia le diffi-cili condizioni ambientali presenti (instabilitàdei clasti, mancanza di un vero e proprio suo-lo e ridotta disponibilità di acqua). I ghiaionidel Mediterraneo occidentale e termofili, 8130,si collocano, rispetto all’habitat precedente,

negli orizzonti montano e submontano in si-tuazioni termiche più favorevoli; in questa co-difica rientra una vegetazione discontinuamarcata dall’abbondanza della graminaceaStipa calamagrostide (Achnatherum calama-grostis). All’interno del territorio dei siti delleGrigne questo habitat si estende su una su-perficie pari a circa 1,5 ettari, occupandosolo l’1,3% del totale; tuttavia, tale porzioneequivale nientemeno che al 73% della sua pre-senza a livello provinciale. Le dirupate pareticalcaree (8210), oltre a essere un ambienteutilizzato dall’avifauna montana per la nidifi-cazione (es. Aquila reale e il Picchio muraiolo)sono anche un importante habitat colonizza-to da pregiate specie floristiche, talvolta pro-venienti anche dalle vicine praterie. Indubbia-mente esclusivo di questo ambiente è l’elegan-

Elenco degli habitat censiti nei siti “Grigna Settentrionale (IT2030001)” e “Grigna Meridionale (IT2030002)”.Per ciascuno di essi si esprime relativa copertura in ettari e la corrsipondente % ed estensione.

Tipi di habitat dell’Allegato I della Direttiva 92/43/CEE

Codice Habitat IT2030001 IT2030002

% Ha % Ha

4070 *Boscaglie di Pinus mugo e Rhododendron hirsutum(Mugo-Rhododendretum hirsuti) 2,64 42,66 1,68 27,22

6170 Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine 32,51 525,75 17,56 283,93

6210*Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con fioritura di orchidee

0,37 5,94 7,73 125,07

6520 Praterie montane da fieno 2,03 32,91 1,17 18,96

7220 *Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion) 0,002 0,032 0,01 0,22

7230 Torbiere basse alcaline 0,002 0,045 - -

8120 Ghiaioni calcarei e scistocalcarei montani e alpini (Thlaspietea rotundifolii) 1,97 31,81 1,69 27,36

8130 Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termof ili 1,36 22,06 0,43 7,01

8210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica 8,5 137,51 19,82 320,61

8310 Grotte non ancora sfruttate a livello turistico 0,41 6,63 0,01

9130 Faggeti dell'Asperulo-Fagetum 22,38 361,97 11,16 180,44

9150 Faggeti calcicoli dell'Europa centrale del Cephalanthero-Fagion 7,27 117,49 0,7 11,25

9180 * Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion - - 1,84 29,78

9260 Foreste di Castanea sativa 2,15 75,29 8,57 138,58

9420 Foreste alpine di Larix decidua e/o Pinus cembra 4,66 34,7 - -

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33

I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

te Raponzolo chiomato (Physoplexis comosa),non a caso inserito nell’allegato IV della Di-rettiva “Habitat” o, ancora, la resistentePotentilla rosea (Potentilla nitida) elitaria del-le sole rupi calcaree. Altrettanto esclusivi delterritorio delle Grigne sono “le boscaglie diPinus mugo e Rhododendron hirsutum (4070*)”.Nonostante all’interno dei due siti la presen-te codifica rappresenti una porzione assai ri-dotta si tratta a tutti gli effetti di un ambientedall’indiscusso pregio naturalistico: al riparodelle ombrose fronde del Pino mugo si posso-no infatti insediare piccole ma preziose popo-lazioni della rara Scarpetta di Venere (Cypri-pedium calceolus), un’elegante e minacciata or-chidea inclusa nell’allegato II della Direttiva“Habitat”.A quote inferiore si mantengono ancora vitalile attività zootecniche indispensabili alla so-

pravvivenza delle “praterie montane da fieno,6520”, un delicato habitat creato dall’ininter-rotta e secolare attività umana. Il pregio biolo-gico dei triseteti, vale a dire il termine conferi-togli dalla graminacea che ne caratterizza lacenosi (Trisetum flavescens), è dato dal corteg-gio floristico più diversificato e variopinto ri-spetto ai simili prati da sfalcio di bassa quota(DELARZE & GONSETH, 2008). Le “formazioni er-bose secche seminaturali e facies coperte dacespugli su substrato calcareo (Festuco-Brome-talia) con fioritura di orchidee (6210*)” sonostate individuate nella “Grigna Settentriona-le” su una superficie limitata (poco meno di 6ettari, equivalente allo 0,34% del sito). Vice-versa, il Sito “Grigna Meridionale” ospita al-meno 125 ettari di tale pregiato ambienteprativo, rappresentando di fatto la porzionedi habitat prioritario più esteso della Provin-

Pino uncinato – Pinus mugo (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

9180*1,1%

92605,1%

altro57, 2%

81201,0%

81300,3%

65200,7%

7220*0,01%

617010,9%

4070*1, 0%

821011,7%

6210*4,6%

83100,01%

91306,6%

91500, 4%

IT2030001 Grigna Settentrionale

altro13,7%

91507,3%

92604,7%9130

22,4%

8310 0,4%8210 9%

6210*0,4%

8130 1%

4070*2,6%

617010,9%7220*

0,002%65202,0%

8120 2,0%

72300,003%

94202,1%

IT2030002 Grigna Meridionale

Confronto tra l’estensione degli habitat nei siti delle Grigne.

cia. La codifica include ambienti prativi da mo-deratamente a molto secchi, distribuiti nel pia-no submontano e montano, con optimum alti-tudinale compreso tra i 300 e i 1000 m. Tali vi-tali cenosi erbacee ospitano numerose specie,molte delle quali minacciate o in via di estin-zione (EGGENBERG et al., 2001).Le sorgenti pietrificanti con formazione ditravertino (Cratoneurion) sono un habitat chesi sviluppa in prossimità delle sorgentialcaline, caratterizzate da muschi fontinali.Il Cratoneurion non ricopre mai grandi super-fici, in molti casi si osservano situazioni di mo-saico con i raggruppamenti delle torbiere bas-se alcaline (7230) o con i prati freschi monta-ni a Carice ferruginea (Carex ferruginea). Laridotta superficie occupata dal prezioso am-biente, probabilmente sottostimata data lasua distribuzione puntiforme, andrebbe ul-teriormente investigata per identificarne lareale presenza nei Siti. Anche l‘habitat delletorbiere basse alcaline risulta essere assaiframmentato o associato ad altre cenosi umi-de. Tale ambiente si sviluppa in aree pianeg-gianti o su pendii alimentati da acquecalcaree. Se si considera poi che l’acqua su-perficiale tende velocemente a filtrare nelsubstrato permeabile, si intuisce come gli am-bienti umidi siano alquanto infrequenti in tut-ta l’area. Le torbiere alcaline hanno un eleva-to valore biologico poiché ospitano una riccae specializzata flora, rappresentata anche dadiverse piante ritenute rare. Questa tipologia

ambientale è stata censita nel solo Sito della“Grigna Settentrionale”.Nei massicci carbonatici, la dissoluzione chimi-ca della roccia ad opera dell’acqua d’infiltrazio-ne, determina la formazione di svariati ambientiipogei. La provincia di Lecco grazie ai due sitidelle Grigne fornisce un contributo alla diver-sificazione degli ambienti della Rete Natura2000 in Lombardia. L’habitat grotte non anco-ra sfruttate a livello turistico, 8310, offre rifugiodurante il periodo di ibernazione a diversimicro-chirotteri, ampiamente tutelati dalla Di-rettiva “Habitat”. Ma non solo: a seconda dellaprofondità degli anfratti aumenta la varietàdella fauna invertebrata estremamente specia-lizzata che li colonizza. Si evidenzia che moltedi esse sono strettamente endemiche o di pri-maria importanza per la conservazione.Anche per quanto riguarda la componente bo-schiva non mancano nei territori in esame am-bienti distintivi e caratteristici. I boschi di Fag-gio (Fagus sylvatica), presenti nei soli Siti delleGrigne, sono distinti in due categorie: “faggetedell’Asperulo-Fagetum, 9130,” e “faggetexerotermofile, 9150”. Alla codifica 9130 corri-sponde il secondo habitat provinciale più este-so (542 ettari); tali cenosi boschive occupanosuoli fertili a reazione neutra, distinguendosi daaltre consorzi simili, per uno strato erbaceo ric-co di specie mesofile (DELARZE & GONSETH,2008). Nelle faggete xerotermofile lo strato er-baceo è invece contraddistinto dalla presenzadi svariate specie xero-eliofile, ossia condizio-

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

nate da una maggior aridità e luminosità. Si trat-ta di un rilevante ambiente in cui spesso si pos-sono osservare numerose rare orchidee (DELAR-ZE & GONSETH, 2008). Presso il SIC “Grigna Me-ridionale”, in corrispondenza di impluvi e forresi insedia l’habitat prioritario delle foreste delTilio-Acerion, 9180*. Si tratta di boschi dilatifoglie in cui prevalgono Aceri (Acer pseudo-platanus) e Tigli (Tilia cordata). I suoli profondi,addizionati alle condizioni microclimatiche pe-culiari, favoriscono l’insediamento di numero-se geofite a fioritura primaverile o a numerosefelci, come ad esempio, l’elegante Linguacervina (Phyllithis scolopendrium). I boschi di ca-stagno sono decisamente più frequenti graziealla coltivazione attuata dall’uomo nel corso deisecoli grazie. I castagneti risultano più estesi incorrispondenza dei versanti del Sito “GrignaMeridionale”, il quale include nella suaperimetrazione la fascia collinare idonea all’in-sediamento del castagno. Le selve castanilicontraddistinte da esemplari vetusti, acquisisco-no un valore biologico maggiore rispetto aicastagneti ceduati, poiché essendo provvisti di

numerose cavità, offrono svariati rifugi per lafauna e nello specifico agli uccelli cavernicoli(DELARZE & GONSETH 2008). Infine, un habitatesclusivo della “Grigna Settentrionale” sono iLariceti inseriti nella codifica 9420, foreste al-pine di Larix decidua e/o Pinus cembra. I 75 et-tari di bosco di Larice rappresentano popola-menti di notevole interesse naturalistico, poi-ché raggiungono nella provincia di Lecco il li-mite meridionale della loro distribuzione nelversante alpino.

1.4. Ambiente umano

In passato, l’allevamento e la caseificazione le-gate allo sfruttamento dei prati e degli alpeggi,erano la principale fonte di sostentamento diqueste zone. L’attuale fisionomia di paesaggio,contraddistinta dall’alternanza tra zone boscateed aree aperte, è il risultato dell’insostituibileattività dell’uomo. Oggigiorno è proprio grazieall’agricoltura che si mantengono i prati dasfalcio, dai quali si ricava il prezioso foraggioda conservare per l’inverno o da consumarsi

Laricete sulle Grigne (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

fresco. L’interruzione di questi cicli lavorativideterminerebbe in pochi anni la scomparsa deiprati, come è accaduto troppo frequentemen-te in numerose valli alpine. Le superfici boscaterisultano generalmente abbandonate e non piùgestite come un tempo, in particolare se collo-cate in zone poco accessibili. Soprattutto i bo-schi di conifere sono meno sfruttati rispetto aiboschi di latifoglie, il cui legname rappresentaancora una risorsa per gli operatori del settoree per i privati. Persiste tuttora il duro lavorolegato all’esistenza degli alpeggi grazie adaziende che stagionalmente si impegnano asfruttare i pascoli in quota. Legato a questoantico mestiere si rievocano tradizioni che fan-no parte del patrimonio storico e culturale diquesti affascinanti monti. Non mancano sagree manifestazioni locali volte a conservare emantenere le risorse agricole e zootecniche checontraddistinguono il territorio. Tra queste siricorda la storica esposizione del bestiame aPasturo che accoglie il ritorno delle mandrie allafine della stagione d’alpeggio. In tale occasio-

ne fanno bella mostra di sé i prodotti tipici lo-cali, in particolare i rinomati formaggi Valsassi-nesi.

2. SPECIE DI INTERESSE

2.1. Specie di interesse comunitarioGrazie alla grande varietà di ambienti, bennove specie di uccelli appartenenti all’Allega-to I della Direttiva “Uccelli” frequentano glihabitat del Sito “Grigna Settentrionale”, a cuisi aggiungono altre cinque specie in “GrignaMeridionale”. Nei Siti comunitari della regio-ne Lombarda le seguenti specie sono esclusi-ve della regione biogeografica Alpina: Civettacapogrosso (Aegolius funereus), Coturnice(Alectoris graeca saxatilis), Aquila reale (Aqui-la chrysaetos), Francolino di monte (Bonasiabonasia) e Fagiano di monte (Tetrao tetrixtetrix). Allo stato attuale delle conoscenze, la“Grigna Settentrionale” è l’unico sito leccheseospitante Civetta capogrosso, Francolino dimonte e Picchio nero (Dryocopus martius),

Praterie calcofile in prossimità del Rifugio Rosalba (foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

mentre la presenza del Gufo reale (Bubo bubo),è stata finora accertata per il solo Sito della“Grigna Meridionale”. A livello regionale que-st’ultimo interessante predatore notturno oc-cupa 37 siti Alpini provvisti di ambienti idonei

utili alla nidificazione. Ed è proprio la dispo-nibilità delle dirupate pareti strapiombanti sulbacino lacustre del Lario che garantiscono l’in-sediamento del maestoso ufo nel territorio del-la “Grigna Meridionale”.

Gracchio – Pyrrhocorax graculus (foto G. Matteo Crovetto).

Elenco delle specie di uccelli dei siti della “Grigna Settentrionale” (GS) e “Grigna Meridionale” (GM) inseritenell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

Uccelli elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico Fenologia GS GMA072 Falco pecchiaiolo Pernis apivorus Migratore regolare, nidificante A073 Nibbio bruno Milvus migrans Migratore regolare, nidificante A082 Albanella reale Circus cyaneus Svernante A091 Aquila reale Aquila chrysaetos Sedentaria, nidificante A103 Pellegrino Falco peregrinus Sedentario, nidificante A104 Francolino di monte Bonasa bonasia Sedentario, nidificante A107 Fagiano di monte Tetrao tetrix tetrix Sedentario, nidificante

A109 Coturnice Alectoris graeca saxatilis

Sedentaria, nidificante

A215 Gufo reale Bubo bubo Sedentario, nidificante A223 Civetta capogrosso Aegolius funereus Sedentaria, nidificante A224 Succiacapre Caprimulgus europaeus Migratore regolare, nidificanteA236 Picchio nero Dryocopus martius Sedentario, nidificante A338 Averla piccola Lanius collurio Migratrice regolare, nidificante A379 Ortolano Emberiza hortulana Migratore regolare, nidificante

• • •

• • • • •

• • •

• •

• •

• • • •

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Codice

1163 Scazzone Cottus gobio •

• • • •

Specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/CEE

Allegato GS GM

1379 - Mannia triandra II 1381 - Dicranum viride

II

1902 Scarpetta di Venere

Cypripedium calceolus

II , IV

1629 Primula della Lombardia

Primula glaucescens IV

1749 Raponzolo chiomoso

Physoplexis comosa

IV

4096 Gladiolo reticolato

Gladiolus palustris II , IV

Mammiferi

1303 Ferro di cavallo minore

Rhinolophus hipposideros II , IV

1304

Rhinolophus ferrumequinum

II , IV

1308 Barbastello

Barbastella barbastellus

II , IV

1309 Pipistrello nano

Pipistrellus pipistrellus IV

1314 Vespertilio di Daubenton Myotis daubentonii IV

1316 Vespertilio di Capaccini

Myotis capaccinii

II , IV

1317 Pipistrello di Nathusius Pipistrellus nathusii

IV

1322 Vespertilio di Natterer

Myotis nattereri

IV

1326 Orecchione comune

Plecotus auritus

IV

1329 Orecchione meridionale

Plecotus austriacus

IV

1330 Vespertilio mustacchino Myotis mystacinus

IV

1331 Nottola di Leisler

Nyctalus leisleri

IV

1357 Martora

Martes martes

V

Pipistrello di Savi Hypsugo savii IV

5008 Pipistrello albolimbato

Pipistrellus kuhlii

IV

1256 Lucertola muraiola Podarcis muralis IV

1263 Ramarro occidentale Lacerta viridis IV

1281 Saettone Elaphe longissima IV1283 Colubro liscio Coronella austriaca IV1284 Biacco Coluber viridiflavus IV

1167 Tritone crestato italiano Triturus carnifex II , IV1209 Rana agile Rana dalmatina IV

VegetaliNome scientificoNome comune

1088 Cerambice della quercia Cerambyx cerdo

1092 Gambero di fiume Austropotamobius pallipes

InvertebratiII , IVII , V

II

• • • •

• • • •

• •

• • • •

• • • •

• • •

• •

• • •

• • • •

• • • •

• •

• • •

• •

Ferro di cavallo maggiore

Anfibi

Rettili

Pesci

Indubbiamente la maestosa sagoma roteantedell’Aquila reale (Aquila chrysaetos) è il bigliet-to da visita del più grande rapace presente sul-le montagne lecchesi. Le sue tecniche di cac-cia richiedono un’ampia disponibilità di areeaperte, come gli ambienti sommitali prativi erupestri. Il volo potente e veloce sfrutta le cor-renti ascensionali, per poi sferrare dall’alto re-

pentini attacchi a lepri, marmotte, ungulati ouccelli. Costruisce il suo nido su pareti roccio-se o alberi maturi purchè protetti dal disturboantropico (BIONDA & BORDIGNON, 2006). I dueSIC delle Grigne presentano dunque le carat-teristiche ambientali idonee per l’insediamen-to di questo prezioso rapace. Nel restante ter-ritorio lombardo, l’imponente aquila è segna-

Specie inserite nelgli Allegati II, IV e V della Direttiva 92/43/CEE, nei rispettivi Siti delle Grigne.

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Civetta capogrosso – Aegolius funereus (foto Giorgio Di Liddo).

Femmina di averla piccola – Lanius collurio (foto Marco Noseda).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Centaurea rhaetica (foto Roberto Dellavedova). Pinguicula leptoceras (foto Roberto Dellavedova).

Telekia speciosissima (foto Roberto Dellavedova). Silene elisabethae (foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

lata in 66 Siti, tutti ubicati nella regione bio-geografica Alpina.Tra i Galliformi, la Coturnice (Alectoris graecasaxatilis) frequenta gli ambienti montani,rupicoli e soleggiati con scarsa vegetazione ali-mentandosi principalmente di semi e germo-gli; è una specie di grande interesse conserva-zionistico, ormai divenuta rara (PINOLI &BIASIOLI, 2007). Individuata nel 35% dei Sitilombardi, ovvero in 61 su 175, trova quasi esclu-sivamente nei SIC Alpini gli habitat idonei perla sua sopravvivenza. Il Francolino di monte(Bonasia bonasia), alimentandosi di gemme eamenti di latifoglie, frequenta soprattutto leforeste del piano montano cercando eventual-mente nel periodo invernale zone di alimenta-zione anche a quote inferiori (AA.VV., 1958).In Lombardia, all’interno della Rete Natura2000, la sua diffusione è più limitata rispettoalla Coturnice: è stato infatti rilevato in 41 sitiAlpini. Le lande subalpine di arbusti nani al li-mite superiore della foresta, o i boschi di coni-fere con un sottobosco costituito da Rododen-dri (Rhododendron ferrugineum, R. hisutum),Mirtilli (Vaccinium myrthillus, V. vitis-idaea, V.gaultherioides) e ginepro (Juniperus nana), co-stituiscono gli ambienti preferenziali del Fagia-no di monte o Gallo forcello (Tetrao tetrix tetrix).I due Siti delle Grigne insieme ad altri 55 SICAlpini, dislocati principalmente nei territoridelle province di Sondrio e Brescia, offronoancora rifugio a questo minacciato Tetraonide.Il Picchio nero (Dryocopus martius), il più gran-de tra i picidi europei, conduce come tutti iPiciformi una vita strettamente arboricola. Ri-spetto ai suoi parenti più prossimi, necessita diformazioni boschive mature ove siano presentivecchi alberi di Faggio, o Larice, nei quali rica-va profonde cavità, in cui colloca il nido (BO-NATO L., 2007). Circa la metà dei Siti Alpinilombardi (47 su 85) ospita questa interessantespecie.Anche la Civetta capogrosso (Aegolius funereus)vive nelle formazioni forestali nei piani monta-no e subalpino come faggete, boschi misti o diconifere (BIONDA & BORDIGNON, 2006).Come gli altri Strigidi è un predatore specializ-zato nella caccia notturna; mediante agguati

cattura prevalentemente topi e arvicole. Con-siderando che la Civetta capogrosso è una spe-cie elusiva e di non facile osservazione, si puògiustificare la sua minore diffusione nei Siti Al-pini (37 su 85).Nei siti delle Grigne gli altri gruppi sistematicicompresi nell’Allegato II della Direttiva“Habitat” sono rappresentati da dodici spe-cie così suddivise: tre Chirotteri, tre piante su-periori, due Briofite, un Anfibio, un Pesce edue taxa appartenenti agli Artropodi, ovveroun Coleottero e un Crostaceo (Tab. 6). Tra iMammiferi presenti nei due siti delle Grigneil Ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus fer-rumequinum) è la specie dell’Allegato II più fre-quente tra siti Lombardi. Decisamente menodiffuso è il Ferro di cavallo minore (Rhinolophushipposideros), distribuito in 7 siti, ed il Vesper-tilio di Capaccini (Myotis capaccinii) localizza-to in 8 SIC. Ancora più rilevante è la presenzadel Barbastello (Barbastella barbastellus); la solaprovincia di Lecco ospita tre dei cinque siti incui si registrata il raro pipistrello, uno di que-sti è la porzione meridionale delle Grigne. Ilregime alimentare del Barbastello a base di mi-crolepidotteri è estremamente specializzato,tanto da selezionare habitat specifici rappre-sentati dalla vegetazione arborea, nei qualisvolge la sua attività trofica. Nel sito “GrignaSettentrionale”, come per il restante arco al-pino può frequentare vari habitat forestali tracui le “foreste di Castanea sativa, 9260” o le“foreste alpine di Larix decidua e/o Pinuscembra, 9420”. Durante l’inverno ricerca, soli-tario, rifugio in ambienti molti diversi e talvol-ta poco protetti come alcune strutture abban-donate dall’uomo: miniere, acquedotti o cavesotterranee (AA.VV., 2003). La disponibilità dihabitat naturali come le “grotte non ancorasfruttate a livello turistico, 8310”, offrono ul-teriori siti di svernamento che ne favorirebbe-ro la sua presenza nei siti lecchesi. Un terzodelle segnalazioni regionali del Gladiolo reti-colato (Gladiolus palustris) si concentrano neidue siti delle Grigne, mentre in Lombardial’Epatica Mannia triandra, oltre al sito Meri-dionale, è individuata solamente in un secon-do sito in provincia di Sondrio. Anche l’altra

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

briofita, Dicranum viride, è altrettanto infrequen-te; la sua presenza conferisce quindi al territoriodelle Grigne un ulteriore elemento di pregio na-turalistico. A livello nazionale la distribuzioneframmentaria della Scarpetta di Venere (Cypri-pedium calceolus), è limitata all’arco alpino e agliAppennini. Si tratta di una orchidea largamentetutelata, data la sua rarefazione anche a causadi raccolte scriteriate che ne hanno ridotto la suadiffusione; nella Lista Rossa nazionale e regio-nale è considerata una specie vulnerabile (VU).Nei Siti della Rete Natura 2000 della Lombar-dia il Tritone crestato italiano (Triturus carnifex)è la specie maggiormente segnalata (65 su 175)tra quelle inserite nell’Allegato II della Diretti-va “Habitat”. In effetti la presenza di idoneiambienti acquatici per la sua riproduzione ga-rantiscono la sua diffusione in numerosi habitatforestali e prativi sia in pianura sia sui rilievi.Ma nel contesto delle Grigne, data la loro natu-ra geologica che favorisce i fenomeni carsici, siha una limitata diffusione di stagni o specchid’acqua superficiali. Assume quindi maggior ri-lievo la presenza di questo singolare anfibio. InItalia la Cerambice della quercia (Cerambyxcerdo) è un coleottero piuttosto comune e diffu-so, le cui larve xilofage si nutrono di legnomarcescente di varie querce, come Rovere(Quercus petraea), Farnia (Q. robur), Cerro (Q.cerris). Legato principalmente ai querceti (inparticolar modo alla presenza di vecchie piante)risulta inserito nella scheda identificativa di en-trambi i siti della Grigna, ma non compare nel-l’approfondita indagine faunistica condotta suiColeotteri entro i limiti del Parco Regionale del-la Grigna Settentrionale (GOGGI, 2007).

2.2. Altre specie importanti

Ancor prima di descrivere la grande varietàfaunistica che arricchisce e valorizza il territo-rio è d’obbligo menzionare alcune specie esclu-sive delle sole Grigne. Sembrerà quindi sorpren-dente, per questo contesto prettamente mon-tuoso, citare un pesce marino appartenente algenere Saurichthys, vissuto 235 milioni di annifa. Il nome corrisponde solo ad alcuni dei nu-merosi fossili individuati in un canalone delle

Grigne Settentrionali dai paleontologi del Di-partimento di Scienze della Terra dell’Univer-sità di Milano. Le ricerche, tuttora in corso,hanno permesso di catalogare una vasta colle-zione di antichi organismi acquatici invertebraticome Daonelle, Gasteropodi, Cefalopodi, Am-moniti fino ad arrivare ad organismi con strut-tura più evoluta come Pesci e Rettili apparte-nenti al Phylum dei Cordati.Come è avvenuto per la componente floristica,anche per l’attuale fauna invertebrata alpina,l’alternarsi dei climi durante il Quaternario eser-citò un’imponente azione selettiva sui popola-menti animali (AA.VV, 1958). L’isolamento e ilfrazionamento ha favorito l’affermarsi di razzeo di specie strettamente limitate a singole re-gioni montuose, in special modo al piede meri-dionale delle Alpi (AA.VV, 1958).Il territorio della provincia di Lecco annoveraquindi pure nella fauna geobia, ovvero legataagli ambienti della lettiera del suolo e del sotto-suolo, numerosi endemiti e specie di notevoleinteresse biologico (BARCELLA et al., 2004). Perquesto motivo il territorio delle Grigne attira l’at-tenzione degli entomologi, che grazie alle lororicerche forniscono preziosi spunti sull’effetti-va presenza e distribuzione di vari gruppi si-stematici. In particolare le falde detritiche car-bonatiche offrono rifugio a specie dalle più sva-riate abitudini alimentari. La maggior parte diesse sono fitofage, vale a dire che si nutronodelle parti fogliari dei vegetali, o microfage, di-pendenti da particelle alimentari di dimensionimicroscopiche. Non mancano, infine, cacciatorierranti tra i detriti incoerenti alla ricerca delleloro prede come Cychrus cylindricollis. Si trattadi una importante Carabide elicofago specia-lizzato nella predazione della chiocciolaChilostoma cingulatum frigidum. L’Otiorhynchusarticulatus è invece un Curculionide la cui di-stribuzione è limitata alla “Grigna Settentrio-nale”, mentre l’Otiorhynchus bertarinii è un en-demismo orobico che nel massiccio delle Grigneraggiunge il suo limite più occidentale. Negliambienti pascolivi contraddistinti da affiora-menti rocciosi, individuando dapprima i cespidi Sassifraga verdazzurra (Saxifraga caesia) èpossibile ricercare tra le sue robuste radici la

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Aquilegia di Einsele – Aquilegia einseleana (foto Roberto Dellavedova).

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larva di Dichotrachelus grignensis un altroendemita localizzato sia nei rilievi della“Grigna Settentrionale”, sia nel territorio ber-gamasco sulle pendici della Presolana. Anchele grotte e gli ambienti cavernicoli sono habitatpeculiari che offrono rifugio ad altre prezioseentità appartenenti alla specializzata faunaipogea. Un interessante esempio è la Boldo-riella grignensis scoperta solo in anni recentipresso la “Grigna Meridionale”, ed in seguitoritrovata in altri ambienti congeniali. L’adatta-mento alla vita ipogea è evidente; completa-mente cieca e con la cuticola priva di pigmen-to, vive nel sottosuolo, nutrendosi di collembolie minuscole larve di ditteri trasportati dall’ac-qua. Tra gli Aracnidi si cita Troglohyphantesmicrocymbium sprovvisto di occhi e dalle ridot-te dimensioni; si tratta di un ragno depigmen-tato localizzato in poche grotte e a grandi pro-fondità; costituisce l’unica specie cavernicolascoperta nel sistema ipogeo del circo diMoncodeno.Altrettanto varia e diversificata è la faunavertebrata che popola i rilievi delle Grigne: en-trambi i siti accolgono sette specie di Anfibi eRettili appartenenti agli Allegati della Diretti-va “Habitat”. Confrontando la distribuzionedei vari gruppi sistematici nei restanti siti co-munitari della Lombardia è di rilievo annota-re come i SIC della Grigna sono tra quelli cheincludono una maggior varietà di Rettili, men-tre per il Sito della “Grigna Meridionale” ap-pare particolarmente elevata la varietà di Chi-rotteri inclusi nell’Allegato IV della Direttiva“Habitat”. Parimenti anche il gruppo degli Uc-celli include numerose specie che arricchisco-no la fauna locale. Tra i vari rappresentanti diquesto gruppo vale la pena di citare il Picchiomuraiolo (Tichodroma muraria), da considerar-si tra i vertebrati l’entità più specializzata a vi-vere sulle pareti rupestri d’alta montagna(AUDISO & BONATO, 2006). Sulle falesie roccio-se trova infatti il suo cibo, rappresentato dainsetti e aracnidi che frequentano regolarmen-te queste superfici o vi si trovano occasional-mente. Grazie alla sua agilità e alle spericolateacrobazie, riesce anche a catturare al volo gliinsetti che, disturbati, cercano di allontanarsi.

3. PROTEZIONE E CONSERVAZIONE

3.1. Stato di conservazione

Il generale stato di conservazione è positivo,tuttavia alcuni habitat, come ad esempio l’am-biente prioritario delle lande alpine calcicole(4070*) evidenziano una condizione di minorintegrità essendo stati investiti da un incendioverificatosi nel 1997 (BARCELLA et al., 2004). Ri-spetto ad altre realtà dell’arco alpino, l’ancoraviva tradizione di sfruttare ampi appezzamen-ti come risorsa per il foraggio permette di benconservare i preziosi habitat seminaturali deiprati da sfalcio montani (6520).Eventuali problematiche possono invece sorge-re dal grande fascino che questi rilievi esercita-no, tanto da generare una elevata presenza tu-ristica per gran parte dell’anno. È noto come ildisturbo arrecato alla fauna da parte dell’uo-mo possa causare danni anche gravi alle popo-lazioni di taluni animali ed in generale agli eco-sistemi (MASUTTI & BATTISTI, 2007). In partico-lare, le attività sportive come arrampicata, alpi-nismo e anche escursionismo svolte in prossi-mità dei siti riproduttivi di alcune specie di uc-celli (rapaci e tetraonidi) soprattutto se reiteratinel tempo, possono avere effetti deleteri sullepopolazioni locali.La presenza di una fitta trama di sentieri benmarcata e visibile dovrebbe scoraggiare gliescursionisti ad improvvisare percorsi alterna-tivi limitando di conseguenza lo sconfinamen-to in aree scelte come riparo e rifugio dall’avi-fauna.D’altro canto una efficace propaganda e sensi-bilizzazione presso i vari gruppi sportivi potreb-be, quando tale coscienza non si è ancora radi-cata, diventare una buona pratica educativa perogni categoria di sportivo.

3.2. Stato di protezione

Il Parco Regionale della “Grigna Settentriona-le” è una realtà di recente istituzione essendostato riconosciuto nel 2005 con la Legge Regio-nale n. 11 del 2 marzo. La Regione Lombardiacon D.G.R. n. 8/5119 del 18 luglio 2007 ha attri-

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buito la gestione del SIC IT2030002 “GrignaMeridionale” alla Provincia di Lecco, mentrequella del SIC IT2030001 “Grigna Settentrio-nale” è affidata alla Comunità Montana Val-sassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera.

4. FRUIBILITÀGrazie alla fitta rete sentieristica i due siti delleGrigne sono letteralmente percorribili in lun-go e in largo in quasi ogni loro piega. Per talemotivo nel tentativo di suggerire alcuni tra-gitti si corre l’inevitabile rischio di tralasciar-ne altri. Si rimanda quindi ogni approfondi-mento alle guide del Parco Regionale dellaGrigna Settentrionale, ricche di spunti perogni tipologia di camminata.Di seguito si propongono comunque i due iti-nerari percorsi per conoscere da vicino i pre-ziosi elementi naturali di questi affascinantirilievi. Si tratta di tragitti comodamente per-corribili in due giornate di cammino per i qualisi suggerisce il pernottamento; così facendonon si rinuncerà alle dovute soste che una fo-tografia o uno sguardo all’orizzonte potran-no richiedere.Itinerario escursionistico 1: Cainallo – rifu-gio Bogani – Grigna Settentrionale e RifugioBrioschi – Rifugio Bietti – Bocchetta di Prada– Cainallo). Interessante escursione che con-sente di osservare gran parte degli habitatcensiti all’interno del sito settentrionale. Sisegnala che tale percorso è stato effettuatonel periodo estivo con una consona attrezza-tura da escursionismo. Per quanto riguarda iltratto alto del tragitto si ricorda che il sentie-ro è attrezzato con corde ma la suapercorrenza richiede in ogni caso buon sensoe una valida preparazione fisica. In alternati-va a questo circuito ad anello è altrettanto in-teressante la possibilità di seguire il classicoitinerario che in una sola giornata permettedi raggiungere il Rifugio Bietti-Buzzi utilizzan-do il medesimo punto di partenza dal par-cheggio di Vò di Moncòdeno.Itinerario escursionistico 2: (Grigna Meridio-nale: Maggiana, Rifugio Rosalba, Cresta Se-gantini, Bocchetta del Giardino, Buco diGrigna, rifugio Elisa, Rongio). Il presente iti-

nerario offre la possibilità di superare i varipiani altitudinali apprezzandone man mano lavarietà di ambienti che si susseguono. Per gliappassionati di flora si segnala la porzionesovrasilvatica dove ogni parete o falda detriticaoffre la possibilità di osservare i fiori più tipicidelle prealpi lombarde. Anche in questo casola parte alta del tragitto si sviluppa su roccia,diventando un impegnativo sentiero attrezza-to con corde (indicato con la sigla EEA). Mauna volta superata questa difficoltosa tracciail resto del percorso si sviluppa senza partico-lari difficoltà. Si suggerisce di approfondiremediante una delle numerose guide tascabiliil percorso che si ritiene più idoneo alla pro-prie capacità atletiche.Presso i siti delle Grigne, oltre alle numerosepasseggiate che si possono organizzare all’aper-to, si segnala anche al possibilità di visitare lecollezioni dei Musei di Esino Lario, Varenna ePrimaluna. Nel primo caso sarà possibile ap-profondire i contenuti naturalistici locali se-guendo un ampio spettro di discipline natura-listiche: le collezioni spaziano da reperti mine-ralogici agli interessanti fossili risalenti al Trias-sico medio, passando da una ricca collezionedi farfalle, alla riproduzione delle fasce altitu-dinali delle Grigne con le relative componentibiotiche che le caratterizzano. Non mancanoinoltre numerosi oggetti che ricostruiscono at-traverso cartelloni la storia locale dai più anti-chi insediamenti umani (celti e romani) fino alladescrizione degli eventi che hanno meglio ca-ratterizzato il territorio. Il Museo civico “LuigiScanagatta”di Varenna è prettamente dedica-to all’ornitologia e alle Scienze Naturali. Unaricca biblioteca scientifica affiancata da un com-pleto schedario del materiale museale custodi-to supporta il visitatore durante la visita allediverse Sezioni dedicate per l’appunto alla bo-tanica con particolari approfondimenti ai Liche-ni e alle Briofite, all’avifauna stanziale emigratoria e alla malacofauna, ovvero aigasteropodi terrestri e ai bivalvi lacustri. Infineil Museo di Primaluna ospita collezioni etno-grafiche proponendosi l’obiettivo di descrive edivulgare la locale cultura della Valsassina(CAMOZZINI Et al., 2006).

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Campanula gialla – Campanula thyrsioides (foto Roberto Dellavedova).

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5. GESTIONE

Il raggiungimento di una equilibrata gestioneavviene attraverso la conoscenza del territorio,delle sue componenti biotiche e delle dinami-che in atto che influenzano i vari ecosistemi.Nel caso dei Siti delle Grigne la complessa retedi interazioni tra la grande varietà di ambientie le specie ivi presenti è la risultante dellamillenaria convivenza con l’uomo. Il profondocambiamento che si è verificato nel corso delleultime decadi ha incrinato questi delicati equi-libri; ne deriva che uno sfruttamento del terri-torio inappropriato, o semplicemente differen-te rispetto a quello che era la norma, determi-na condizioni di instabilità e di perturbazione.A titolo esemplificativo si citano i casi dellepraterie a Bromus erectus ospitanti svariatefioriture di orchidee (6210), e dei prati da sfalciomontani (6520). Negli orizzonti montano e su-balpino, l’abbandono delle pratiche agricole opastorizie ha portato alla repentina degrada-zione della vegetazione originaria, invasa dap-prima dagli arbusti e poi completamente sosti-tuita dalle formazioni boschive. L’attuale limi-tata diffusione della Coturnice (Alectoris graecasaxatilis) è una conseguenza dell’avanzata deiboschi, che ha ridotto gli spazi aperti anche aquote un tempo occupati dall’ormai rarofasianide. Anche a quote maggiori il passatoutilizzo intensivo degli alpeggi su vaste super-fici determinava un variegato paesaggio di ar-busti nani e distese d’erba. La contrazione del-le attività zootecniche avvenuta sull’intero arcoalpino, abbinata al diverso utilizzo del territo-rio, ha portato alla scomparsa di molti habitatindispensabili per il Fagiano di monte (Tetraotetrix tetrix).Un possibile intervento che possa favorire ilGallo forcello è legato al mantenimento di areeaperte nelle zone attuali di colonizzazionedell’arbusteto sulla prateria alpina e alla crea-zione di nuove radure a mosaico nelle areeboscate più fitte. D’altro canto, il progressivoestendersi dei boschi ha favorito l’incrementodi altre specie in passato date in regressione,come ad esempio il Francolino di monte (Bonasabonasia). Anche un eccessivo sfruttamento delle

risorse può risultare altrettanto negativo. Il pa-scolo incontrollato nelle formazioni erbosecalcicole alpine e subalpine (6170), genera unapporto di deiezioni che seleziona e modifica ilcorteggio floristico delle praterie. In secondoluogo, l’eccessivo calpestamento deteriora lacotica erbosa, innescando così processi erosiviche, su grande scala, potrebbe determinare l’in-stabilità dei versanti. Tali problematiche sonoben note agli Enti gestori delle aree protettelombarde. Per questo motivo il Parco regionaledella Grigna Settentrionale, insieme ai parchiRegionali delle Orobie Bergamasche e del Mon-te Barro e alla riserva Naturale Pian di Spagnae Lago di Mezzola, partecipa a un’iniziativa fi-nalizzata alla conservazione della biodiversitànaturale, che prevede interventi comuni da in-traprendere nei riguardi di specie animali, ve-getali e habitat. Un primo esempio è dato dalprogetto pilota RISPOSta (Rinaturazione Im-pianti Sciistici con Produzione Ottimizzata difiorume dei PRAti stabili) che si prefigge nel-l’arco del triennio 2008-2010 di effettuare larinaturazione sperimentale di alcuni ettari diterritorio coinvolgendo gli agricoltori, i gestoridegli impianti sciistici e gli operatori del settoredelle semine potenziate. In particolare, gli Entigestori, percependo le difficoltà dell’agricoltu-ra tradizionale in montagna, si propongono conil presente progetto di sviluppare una possibi-lità integrativa di reddito per gli agricoltori lo-cali, favorendo la riconversione di prati dasfalcio abbandonati o sotto-utilizzati in campiidonei al prelievo di fiorume che si affianche-rebbe alla tradizionale pratica della fienagione.Un’ulteriore considerazione è rivolta agli am-bienti umidi che, come noto, sono habitat fra-gili spesso soggetti a forme di degrado ancheirreversibili. Per tale motivo è doveroso attuareuna gestione in cui non vengano applicate aqueste aree sensibili né captazioni idriche nédrenaggi. La specializzata componente vege-tale di codesti habitat è infatti estremamentevulnerabile a qualsiasi alterazione chimica o fi-sica delle acque. Di conseguenza essendo que-sti popolamenti di dimensioni ridotte, dispersied isolati, in caso di scomparsa di una cenosi aseguito di una perturbazione, in quella località,

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l’habitat andrebbe perduto definitivamente.Preservare questi ambienti non può che avereun effetto positivo anche su altre componentibiotiche che necessitano di tali habitat, comeper esempio gli Anfibi, esigenti zone umidestagnanti. Si ricorda infatti che il mantenimen-to e la tutela di piccoli corpi idrici rientra negliobiettivi della Direttiva Habitat: per quanto ri-guarda le specie dell’Allegato IV è previsto ildivieto di distruzione o disturbo dei siti di ri-produzione o riposo. In merito a queste pro-blematiche il Parco regionale della Grigna Set-tentrionale, grazie a un finanziamento dellaRegione Lombardia, sta attuando una secon-da attività progettuale orientata al ripristino eal mantenimento delle pozze d’alpeggio esi-stenti con lo scopo di favorire gli Anfibi e, na-turalmente, per garantire l’abbeverata del be-stiame.Per quanto concerne gli ambienti forestali laconservazione degli elementi arborei di mag-giori dimensioni e di quelli morti e deperienticon presenza di cavità può favorire la presen-za del picchio nero e della civetta capogrosso.Le medesime fessurazioni e cavità aumenta-no la disponibilità di siti di rifugio anche per ichirotteri; l’eventuale installazione di apposi-te cassette nido per chirotteri o la creazioneartificiale di ricoveri nei tronchi di piante puòessere, infine, un utile intervento di supportopurchè accompagnata da una costante verifi-ca (BARCELLA et al., 2004).

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Panoramica del Monte Barro e dei bacini insubrici (foto Andrea Ferrario).

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Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data di proposta come SIC:

Data di conferma come SIC:

Ente gestore:

Dati generali

Longitudine 09° 22’ 24’’ – Latitudine 45° 47’ 43’’

225 (min) – 922 (max)

648,57 ettari

Galbiate, Malgrate, Pescate, Valmadrera

Comunità Montana del Lario Orientale

CTR 1:10.000 B4d4, B4d5

Alpina

giugno 1995

marzo 2004

Consorzio di gestione Parco Monte Barro

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

1. CARATTERISTICHE AMBIENTALI

1.1 Ambiente fisico

Il sito del Monte Barro si colloca in un’idealearea di transizione tra gli ambienti continentalie quei territori che assumono gradatamente icaratteri alpini. Si tratta di un rilievo isolato daicircostanti monti, la cui sommità raggiunge i 922m s.l.m., occupando complessivamente una su-perficie di circa 650 ettari. A settentrione e adoriente il ramo del Lago di Como ed il Lago diGalbiate lambiscono le falde del Monte Barrolungo la direzione Sud – Est. A ponente, la dor-sale del Corno Birone (1.116 m), del Monte Rai(1.250 m), del Monte Prà Santo (1.245 m) e del-la Colma di Val Ravella (939 m), si affianca alMonte Barro costituendo i primi avampostidelle prealpi lecchesi. Infine a Sud – Ovest iLaghi di Annone e di Garlate contribuiscono amitigare il clima di quest’area insubrica. Le roccesedimentarie calcaree che costituisco l’ossatu-ra del monte (dolomie e calcari) sono rocce diantichissima formazione costituite da Carbona-to di Calcio, la cui origine è collegabile alla se-dimentazione di materiale di origine organica

nei fondali di antichi mari. Si sovrappongonoal substrato calcareo i depositi fluvio-glacialiabbandonati dai ghiacciai quaternari, rappre-sentando una testimonianza indiretta di que-sto imponente fenomeno che ha caratterizza-to i recenti avvenimenti geologici in tutta Euro-pa. La posizione nevralgica del Monte Barrodetermina quindi un felice connubio di indi-scusso valore biologico, come testimoniato dal-la grande varietà di organismi viventi che po-polano quest’area (VILLA, 2000).

1.2 Paesaggio vegetale

La collocazione geografica e la natura litologicadel Monte Barro influenzano e condizionanofortemente la componente vegetale del sito. Inparticolare, le cenosi boschive ed erbacee chesi insediano lungo le pendici esposte a mezzo-giorno devono affrontare limitanti condizioniecologiche date dalla forte insolazione e daglistress idrici a cui si addiziona la scarsa disponi-bilità di nutrienti dei sottili suoli. In queste por-zioni, inadatte alle coltivazioni, in passato sisono concentrati gli sforzi dell’uomo per sot-trarre al bosco le superfici utili da dedicare al

pascolo. Oggigiornouna distratta osser-vazione panoramicadel rilievo si soffer-merà in primo luogosulla componenteboschiva che, colo-nizzando le ampiesuperfici prative diun tempo, ricoprequasi uniformemen-te il solitario monte.Percorrendo gli asso-lati e aridi versanti siattraversa una vege-tazione boschiva ti-pica delle prealpicalcaree rappresen-tata da due speciearboree balcaniche aspiccata termoxero-filia: il Carpino neroScorcio di prato magro (foto Andrea Ferrario).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

(Ostrya carpinifolia) e l’Orniello (Fraxinus ornus)a cui si aggiunge la resistente Roverella (Quercuspubescens). Si tratta di un peculiare ambienteche ospita diverse rare specie submediterraneecome una interessante orchidea priva di clo-rofilla chiamata, non a torto, Fior di legna(Limodorum abortivum). A contatto di tali for-mazioni boschive si colloca una vegetazioneerbacea di mantello o di margine, appartenen-te all’alleanza del Geranion sanguinei. In que-sti consorzi erbacei, tra le numerose specie sipuò osservare il Sigillo di Salomone comune(Polygonatum odoratum), il vistoso aranciato gi-glio di San Giovanni (Lilium croceum) oppurevarie orchidee, come la protetta ed aggraziataCefalantera a foglie lunghe (Cephalantheralongifolia). A metà strada nel progressivo cam-mino che porta i prati aridi a divenire boschettidi Roverella o Carpino nero, si collocano i ca-ratteristici cespuglieti ricchi di varie rosaceespinose produttrici di bacche rosse (Berberis,Rosa, Crataegus, Cotoneaster) incluse nell’alle-anza del Berberidion. Intercalate e frammistea queste tipologie ambientali si inseriscono iprati magri e aridi, ovvero consorzi erbacei digrande valore naturalistico conferito sia dallacomponente vegetale sia animale che si è for-temente specializzata a vivere in tali ambientiaridi e luminosi. Tra le numerose specie vege-tali che si possono osservare nei prati magri si

annoverano svariate orchidee appartenenti aigeneri Orchis (O. morio, O. ustulata, O. provin-cialis e O. tridentata) ed Ophrys (O. insectifera,O. sphegodes). Appare evidente come una va-riegata strutturazione della vegetazione comequella del Monte Barro favorisca un incremen-to della varietà biologica; le comunità di mar-gine xerotermofile così come le zone cespu-gliate ospitano, difatti, diverse specie ecotonalitermofile rappresentate da numerosi insettispecializzati come Lepidotteri diurni (Ropa-loceri), Coleotteri ed Ortotteri (MASUTTI & BAT-TISTI, 2007; DELARZE & GONSETH, 2008).Dove la roccia superficiale e le eccessive pen-denze impediscono l’insediamento di cenosierbacee continue, come le assolate pareticalcaree volte a mezzogiorno, si insedia unaspecializzata vegetazione vascolare calcofila,data da rustiche e tenaci specie erbacee pe-renni, riconoscibili dalla specie guida Cinque-foglia penzola (Potentilla caulescens). Il gran-de interesse che tali ambienti assumono è de-terminato dalla ricca e peculiare flora costitu-ita da numerose specie endemiche o a limita-ta distribuzione geografica come il Raponzolochiomato (Physoplexis comosa), l’Erba regina(Telekia speciosissima), o ancora la Primulaorecchia d’orso (Primula auricula). Le frescherupi esposte a settentrione, più umide e om-breggiate rispetto alle precedenti, appaiono

Panoramica del Monte Barro e dei bacini insubrici (foto Andrea Ferrario).

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Giglio di San Giovanni – Lilium croceum (foto Riccardo Falco).

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invece ricche di felci e muschi favoriti da valoridi umidità e temperatura meno variabili rispet-to al microclima delle pareti assolate. La floraspecializzata che si può osservare in questi sitiè ricca di crittogame sciafile come l’Asplenioverde (Asplenium viride), o la Felcetta fragile(Cystoperis fragilis) da cui deriva il nome del-l’unità di riferimento (Cystopteridium) di questipopolamenti ombrosi (DELARZE & GONSETH,2008).Per quanto riguarda le cenosi arboree i freschiversanti collocati a Nord offrono condizioniecologiche favorevoli all’insediamento di rigo-gliosi boschi mesofili con Acero di monte (Acerpseudoplatsanus), Frassino comune (Fraxinusexcelsior) e Tiglio (Tilia cordata). Infine, nonmanca all’appello l’utilissimo Castagno (Casta-nea sativa) come inequivocabile testimonianzadella passata pianificazione territoriale, finaliz-zata a ottenere dall’ambiente circostante tuttolo stretto indispensabile.

1.3 Habitat di interesse comunitario

Il sito del Monte Barro include otto habitat diinteresse comunitario: tre tipologie di ambientiprativi (6170, 6210* e 6510), una sola categoriadi paludi basse calcaree (7220*), due habitatrocciosi (8130 e 8210) ed altrettanti formazio-ni forestali (9180* e 9260). I boschi di castagnosono l’ambiente maggiormente esteso (119 et-tari) occupando circa il 18% della superficiedel sito. A proposito dei castagneti è interes-sante rilevare che, pur essendo formazioniboschive diffuse un po’ ovunque in Lombar-dia (DEL FAVERO, 2003), i Siti Comunitari indi-viduati nel territorio lombardo, ne compren-dono soltanto una limitata porzione (1.050 et-tari).In provincia di Lecco, grazie ai quattro SIC(Grigna Settentrionale, G. Meridionale, Mon-te Barro e Valle di S. Croce e Valle di Curone)in cui sono inclusi i boschi di Castagno, si re-gistra circa la metà della complessiva superfi-cie appartenente a questa codifica (532 ha). Iboschi di Castanea sativa mostrano una vastagamma di tipi; tra questi assumono una mag-gior valenza biologica i castagneti da frutto con

sottobosco seminaturale, soggetti però ad unprogressivo abbandono che ha compromessola loro struttura ed il loro valore storico-cul-turale. Sulle pendici del Monte Barro sonoinoltre ampiamente rappresentate (71 ha) le“Formazioni erbose secche seminaturali efacies coperte da cespugli su substratocalcareo (Festuco-Brometalia) con fioritura diorchidee (6210*)”. La loro copertura equivalea circa l’11% della superficie del Sito; trattan-dosi di ambienti di primaria valenza naturali-stica, in questi ultimi anni si sono concentratemolte azioni condotte dall’Ente Gestore fina-lizzate al mantenimento di questi preziosi con-sorzi prativi (VILLA, 2000). La codifica comu-nitaria fa riferimento alle cenosi riconducibiliall’intera classe Festuco-Brometea che, in ter-mini meno tecnici, corrisponde alle “prateriemagre” planiziali e montane non soggette aconcimazione, identificabili anche con il ter-mine di “Brometi”. Tale vocabolo include as-sociazioni abbastanza differenti, ma quasisempre caratterizzate dalla presenza più omeno abbondante del Forasacco eretto(Bromus erectus), una graminacea specializza-ta a insediarsi sui terreni calcarei, soleggiati earidi (GIACOMINI & FENAROLI, 1958). Sulle pen-dici più secche e rupestri si aggiunge al sostan-tivo Brometo il prefisso xero- per evidenziarnela maggior aridità. Negli Xerobrometi si asso-ciano al Forasacco eretto varie specie aroma-tiche come il Camedrio querciola (Teucriumchamaedrys) o la Stregona eretta (Stachysrecta), l’elegante Veronica spigata (Pseudolysi-machion spicatum) abbinate ai radi cespi diSesleria cerulea (Sesleria caerulea) o di Koeleriaa fiori grandi (Koeleria macrantha).L’influenza dei bacini lacustri si ripercuote an-che sulla composizione erbacea dei prati magriche nel contesto insubrico sono caratterizzatida un aspetto eterogeneo dato da diverse gra-minacee termofile come il Barbone digitato(Bothriochloa ischaemum) e la Barba d’oro(Chrysopogon gryllus) associate alla comuneCarice umile (Carex humilis) e talvolta alla raraorchidea termofila Serapide maggiore (Serapiasvomeracea) Sul Monte Barro si affermano inoltre altre for- In

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me meno xerofile denominate “Mesobrometi”,in corrispondenza di pendii ad inferiore aridi-tà, in cui i consorzi prativi diventano ancor piùlussureggianti e ricchi di specie. Un elementodi indiscusso pregio dei Mesobrometi è infattidato da un’elevata varietà floristica che ecce-

zionalmente comprende in parcelle di circa 100m2 una media di circa 60 – 100 specie differenti(VILLA & CERIANI, 2005). Il massimo della ricchez-za floristica si raggiunge in quelle cenosi erbaceenon eccessivamente sfruttate, ossia sottopostead un unico taglio tardivo senza concimazione

Tipi di habitat dell'Allegato I della Direttiva 92/43/CEE

Codice Habitat Copertura (ha)

6170 Formazioni erbose calcicole alpine e subalpine 3,35

6210 * Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con fioritura di orchidee 70,71

6510 Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) 36,48

7220 * Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion) 1,178130 Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termof ili 1,318210 Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica 1,029180 * Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion 38,779260 Foreste di Castanea sativa 118,99

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Citiso insubrico – Cytisus emeriflorus (foto Roberto Dellavedova).

Pulsatilla comune – Pulsatilla vulgaris (foto Roberto Dellavedova).

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o eventualmente, soggette a un pascoloestensivo.Alla grande esuberanza di fioriture si accom-pagnano numerosi animali che, pur vivendo inaltri habitat limitrofi, frequentano comunquequeste formazioni per alimentarsi. In partico-lare, le praterie aride diventano un habitat in-sostituibile per gli invertebrati (Ortotteri, Man-toidei, Aracnidi e svariate specie di Lepidotte-ri) nonché per altri gruppi di animali come Uc-celli e Rettili.Le “Praterie magre da fieno a bassa altitudine(Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis)(6510)” sono presenti all’interno del Sito su unasuperficie di ben 36 ettari (circa 6%). Talipraterie sono comunità erbacee mantenutedalle pratiche colturali del taglio e moderata-mente sottoposte a concimazione.Queste comunità polifitiche hanno avuto ori-gine dal dissodamento di boschi e boscaglie; inseguito, la pratica della letamazione ha reso taliformazioni erbacee progressivamente più pin-gui. Con il nome di Arrenatereti si indicano inparticolare quei consorzi prativi contraddistin-ti dalla presenza dell’Avena altissima (Arrhena-therum elatius), una pregiata foraggera a cresci-ta vigorosa (GIACOMINI & FENAROLI, 1958). Perquesti ambienti semi-naturali il valore biologi-co non è tanto dato dalle specie ad ampiavalenza ecologica che lo edificano, ma piutto-

sto dall’espressione di un paesaggio colturaleantropico che progressivamente è andato per-duto. Sotto l’influsso delle glaciazioniquaternarie e delle oscillazioni climatiche adesse intercalate, l’intero arco alpino ha subitoimportanti dinamiche ecologiche. Numerosiautori (GIACOMINI & FENAROLI, 1958; PAWLOWSKI,1970; PIGNATTI, 1976) descrivono come tali fe-nomeni abbiano fortemente condizionato la ve-getazione alpina innescando quei processiselettivi che hanno portato ai numerosiendemismi locali.In particolare nella porzione meridionale orien-tale delle Alpi, nell’area compresa tra il Lago diComo e il Monte Baldo, si riconosce un impor-tante centro di endemismo caratterizzato da uncospicuo gruppo di taxa dalla distribuzione as-sai limitata. Alcuni ambienti ospitano una mag-giore frequenza di tali endemiti insubrici: lepraterie prealpine delle rocce carbonatiche(6170) e i consorzi delle assolate pareti carbo-natiche (8210). Entrambi gli habitat sono pre-senti nella porzione sommitale del Monte Barroin cui è stata individuata la “Riserva naturaleparziale di interesse floristico della Vetta”. La ca-tegoria 6170 include diverse comunità erbaceelocalizzate sopra al limite del bosco. Per esem-pio nei prati secchi a Sesleria, un ambiente digrande ricchezza floristica, strutturato dalla do-minanza di piante cespitose (soprattutto Sesle-ria caerulea e Carex sempervirens), si osservanonumerose specie endemiche come la Carice delMonte Baldo (Carex baldensis), la Carice sudal-pina (C. austroalpina), il Citiso insubrico (Cytisusemeriflorus) e la Primula glaucescente (Primulaglaucescens).L’importanza delle rupi è data dalla varietà dirare specie pionieristiche (Physoplexis comosa),la cui composizione floristica assume caratte-ri di unicità passando da una regione all’altracome segno delle vicissitudini attraversatedalla vegetazione prima e dopo gli episodi gla-ciali. Infine a completamento dell’elenco degliambienti comunitari presenti nel sito si citanodue habitat prioritari: le “Sorgenti petrificanticon formazione di travertino (Cratoneurion)(7220*)” e le “Foreste di versanti, ghiaioni evalloni del Tilio-Acerion (9180*)”.

IT2030003 Monte Barro

82100,2%

9180*6,0%

7220*0,2%8130

0,2%

6210*10,9%

61700,5%

926018%

65105,6%

altro58%

Valori percentuali di copertura degli habitat.

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1.4 Ambiente umano

L’isolato Monte Barro è circondato da un tes-suto urbano assai articolato. Il tratto della li-nea ferroviaria Monza-Lecco e due importan-ti rami stradali (SP 639 e SP 583) affiancano ilsito sul lato Nord, Est ed Ovest, collegando laBrianza alle limitrofe province di Bergamo eSondrio. Altre vie di comunicazione seconda-rie connettono i centri abitati ed i borghi di-slocati ai piedi del Barro.A sud del sito in senso orario si susseguono:Sala al Barro, Civate, Valmadrera, Malgrate,Gaggio, Lecco, Pescate, Garlate e Galbiate. DaGalbiate risalendo le pendici del rilievo è pos-sibile raggiungere oltre agli antichi insedia-menti di Camporeso e di San Michele, anchele specializzate strutture destinate dall’Entesia alla divulgazione sia alla ricerca. Il territo-rio include infine alcuni poli estrattivi dismessied in fase di coltivazione per il completamentodelle opere di recupero ambientale.

2. SPECIE DI INTERESSE

2.1 Specie di interesse comunitario

Il sito del Monte Barro è in una rilevante areadi sosta e di alimentazione per numerose spe-cie ornitiche migratrici (VILLA, 2000); infatti ilSIC risulta compreso in quella porzione meri-dionale delle Alpi in cui si intrecciano impor-tanti tragitti migratori continentali (FORNASARI,2007). Nel 1988 il Parco Regionale del MonteBarro acquisì la struttura dell’ex Roccolo diCosta Perla. Al fine di allestire un moderno cen-tro di studio sulla migrazione dell’avifauna, vicollocò l’Osservatorio Ornitologico Sperimentaledi Costa Perla (FORNASARI, 2007). Grazie all’atti-vità di inanellamento condotta dal 1990 al 2003il Parco dispone di notevole materiale dal qua-le è possibile conoscere la precisa composizio-ne dell’avifauna migratrice che frequenta il suoterritorio. Le circa 27.000 catture si riferisconoa 89 specie; di questo contingente sette taxasono inclusi nell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE e 32 nell’Allegato II della Convenzio-ne di Bonn (FORNASARI, 2007). A questi dati siaggiungono ulteriori informazioni incluse nelformulario Standard del sito “Monte Barro” cheporta a 17 il numero delle specie incluse nel-l’Allegato I della Direttiva “Uccelli”.Presso l’Osservatorio alcune specie risultanocatturate con una certa frequenza come Balia

Uccelli elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico Fenologia A072 Falco pecchiaiolo Pernis apivorus Migratore regolare, nidificante A073 Nibbio bruno Milvus migrans Migratore regolare, nidificanteA074 Nibbio reale Milvus milvus Migratore, svernanteA081 Falco di palude Circus aeruginosus Migratore, svernante A082 Albanella reale Circus cyaneus Svernante A098 Smeriglio Falco columbarius Svernante A103 Pellegrino Falco peregrinus Sedentario, nidificante A224 Succiacapre Caprimulgus europaeus Migratore regolare, nidificante A229 Martin pescatore Alcedo atthis Sedentario, nidificante A246 Tottavilla Lullula arborea Migratore A255 Calandro Anthus campestris Migratore, nidif icante A272 Pettazzurro Luscinia svecica Migratore A293 Forapaglie castagnolo Acrocephalus melanopogon Migratore A321 Balia dal collare Ficedula albicollis Migratrice A338 Averla piccola Lanius collurio Migratrice regolare, nidificante A379 Ortolano Emberiza hortulana Migratore regolare, nidificante A412 Coturnice Alectoris graeca saxatilis Sedentaria, nidificante

Elenco delle specie di uccelli del sito “Monte Barro” inserite nell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

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dal collare (Ficedula albicollis) e Succiacapre(Caprimulgus europaeus). La Balia dal collare èsegnalata in soli otto siti lombardi tra cui ilMonte Barro è l’unico SIC della provincia diLecco di cui si dispongono dati sul piccolopasseriforme. Ficedula albicollis sverna nel-l’Africa equatoriale; in Italia il suo areale, mol-to frammentato, ricade principalmente lungola catena appenninica trovando nelle prealpi ilsuo margine occidentale (BIONDA & BORDIGNON,2006). Allo stato attuale delle conoscenze deiSIC lecchesi, il Succiacapre (Caprimulguseuropaeus) è presente in due soli Siti alpini:Grigna Meridionale e Monte Barro. Si tratta diuna specie con abitudini crepuscolari e nottur-

ne che predilige aree in cui boscaglie e raduresi alternano alle macchie più fitte. Il suo alimen-to abituale sono gli insetti notturni che predacon volo rapido e sicuro, ingoiandoli nel beccodotato di un’ampia apertura boccale. In Lom-bardia è stato segnalato in poco meno del 30%dei Siti, 52 su 175, con una netta prevalenzanei SIC Continentali (34 siti), rispetto ai 18 Al-pini.Nelle reti dell’Osservatorio si registrano anchecatture isolate di Nibbio bruno (Milvus mi-grans). Si tratta di una specie non rara nell’areainsubrica; dalla letteratura si evince quali sianogli ambienti che di norma frequenta, ovvero leformazioni boschive in zone planiziali o rupestri

Specie inserite negli Allegati II,IV e V della Direttiva 92/43/CEE, presenti nel sito “Monte

Codice Specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/CEE

Allegato

1629 Primula della Lombardia Primula glaucescens IV 1749 Raponzolo chiomoso

Physoplexis comosa

IV

Mammiferi

II , IV

1304

Rhinolophus ferrumequinum

II , IV

1308 Barbastello

Barbastella barbastellus

II , IV

1309 Pipistrello nano

Pipistrellus pipistrellus IV

1314 Vespertilio di Daubenton Myotis daubentonii IV

1316 Vespertilio di Capaccini

Myotis capaccinii

II , IV

1317 Pipistrello di Nathusius Pipistrellus nathusii

IV

1324 Vespertilio maggiore

Myotis myotis

II, IV

1326 Orecchione comune

Plecotus auritus

IV

1327 Serotino comune

Eptesicus serotinus

IV

1330 Vespertilio mustacchino Myotis mystacinus

IV

1331 Nottola di Leisler

Nyctalus leisleri

IV

1333 Molosso di Cestoni

Tadarida teniotis

IV

Pipistrello di Savi Hypsugo savii IV

5008 Pipistrello albolimbato

Pipistrellus kuhlii

IV

1256 Lucertola muraiola Podarcis muralis IV1263 Ramarro occidentale Lacerta bilineata IV1281 Saettone Elaphe longissima IV1283 Colubro liscio Coronella austriaca IV

1215 Rana di Lataste Rana latastei II, IV

VegetaliNome scientificoNome comune

1088 Cerambice della quercia Cerambyx cerdo

1092 Gambero di fiume Austropotamobius pallipes

InvertebratiII, IVII , V

Ferro di cavallo maggiore

Anfibi

Rettili

1307 Vespertilio del Blyth Myotis blythii

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Falco pecchiaiolo – Pernis apivorus (foto Mattia Brambilla).

Pettazzurro – Luscinia svecica (foto Marco Noseda).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

in prossimità di aree aperte (BIONDA &BORDIGNON, 2006). In Lombardia il Nibbio bru-no è segnalato prevalentemente nei Siti Conti-nentali (43 SIC), anche se non è trascurabile lasua distribuzione in 19 SIC Alpini. Le dirupatepareti rocciose sono utilizzate per la nidifica-zione dal Falco pellegrino (Falco peregrinus), unelegante rapace conosciuto oltre che per la suaspericolata tecnica di caccia, anche per i graviproblemi conservazionistici incontrati dalla spe-cie negli anni passati. In Lombardia è ora pos-sibile osservare l’affascinante Falconide in 44Siti.L’Albanella reale (Circus cyaneus) è invece ungrande rapace visibile a basse quote solo neimesi invernali. Con un volo radente, in prossi-mità del suolo, perlustra ampi spazi aperti comecoltivi, prati, praterie e pascoli soleggiati, allaricerca di piccoli Mammiferi o Uccelli (BONATO

et al., 2005). Tale specie, osservata complessi-vamente in 64 Siti lombardi, troverebbe nei SICdella regione biogeografica Continentale (41SIC) le condizioni ambientali più favorevoli,tuttavia nel lecchese si registra la sua presenzanei soli SIC alpini (Grigna Settentrionale, G.Meridionale e Monte Barro). In Lombardia loSmeriglio (Falco columbarius), è presente in 26siti, con una netta preferenza per quelli conti-nentali (23 SIC); esso è un piccolo falco dal ve-loce volo, dotato di una vista molto acuta spe-cializzato nella caccia di piccoli passeriformi chefrequentano i prati. In estate si sposta nelle areesettentrionali dell’Eurasia dove si riproducenidificando a terra (BONATO et al., 2005). Il Mon-te Barro è l’unico sito in provincia di Lecco incui è stato finora osservato il piccolo rapace.Pur essendo un sito di ridotta estensione è sor-prendente evidenziare come il Monte Barroincluda ben 25 specie contemplate negli Alle-gati della Direttiva “Habitat”. I soli Chirotterisono rappresentati da ben 16 taxa (6 apparte-nenti all’Allegato II e i rimanenti inclusi nell’Al-legato IV). Si tratta di un valore non trascurabi-le soprattutto se si considera che in soli altri dueSIC lombardi (Val di Mello Piano di Preda Ros-sa, IT2040020; Basso Corso e sponde del Ticino,IT2080002) si registra una varietà di Chirottericosì elevata. Le rimanenti specie appartenenti

all’Allegato II della Direttiva “Habitat” sonoespresse da un Anfibio (Rana latastei) e da dueInvertebrati (Cerambyx cerdo ed Austropotamo-bius pallipes). Il Gambero di fiume (Austropota-mobius pallipes) è una delle specie che risultamaggiormente rappresentato nei siti lombardi,così come pare discretamente presente anchepresso il Monte Barro. Ciò nonostante, occorremantenere un vigile stato di allerta data la pro-gressiva rarefazione che negli ultimi decenni sista registrando all’interno del suo areale di di-stribuzione. Non a caso è un taxa tutelato dallaL.R. 33/1977, oltre ad essere incluso nell’elen-co delle specie rare redatto dell’IUCN(International Union Conservation of Nature).

2.2 Altre specie importanti

La naturale collocazione del Monte Barro, acui si è già accennato nei paragrafi preceden-ti, determina svariate condizioni favorevoli al-l’insediamento di una ricca componente ve-getale, distribuita principalmente sulle rupicalcaree, nei prati magri e nelle praterieinsubriche. A tal proposito è significativo rile-vare come il numero di piante vascolari censite(circa 1.200) è tanto elevato che il territorio delsito risulta essere l’area protetta lombarda conla maggior varietà floristica (VILLA & CERIANI,2005). Ma non solo, in questi ultimi anni, en-tro i confini del Parco, sono state condotte di-verse ricerche finalizzate a comprendere qua-le sia l’effettiva ricchezza dei Lepidotteri diurnifrequentanti gli assolati prati magri. Anche inquesto caso sorprende l’elevato numero dispecie censite (56 specie), tra cui anche alcu-ni Ropaloceri (Maculinea arion e Lasiommataachine) inclusi nell’Allegato IV della Direttiva“Habitat”, che vanno ad aggiornare i dati uf-ficiali inoltrati dalla Regione Lombardia al Mi-nistero dell’Ambiente (inerenti a settembre2006), questi ultimi presi come riferimento perla presente pubblicazione. Ritornando quindialle specie incluse nell’Allegato IV nella do-cumentazione ministeriale si evidenzia che ilgruppo più numeroso presente presso il sitoMonte Barro, dopo i Chirotteri, è quello deiRettili. Il variegato intreccio di ambienti natu-

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Fior di legna –Limodorum abortivum (foto AndreaFerrario).

Serapide maggiore – Serapias vomeracea (fotoSimon Pierce).

Platantera verdastra – Platanthera chlorantha ( fotoRoberto Dellavedova).

Veronica spicata – Pseudolysimachion spicatum(foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

rali e seminaturali ospita le seguenti quattro spe-cie comunitarie: la comune Lucertola muraiola(Podarcis muralis), l’altrettanto frequente Ra-marro occidentale (Lacerta bilineata), il Colubroliscio (Coronella austriaca), in Italia maggiormen-te diffuso sui rilievi, ed infine il Saettone (Elaphelongissima), una specie minacciata nell’EuropaCentrale ma che in Italia si osserva ancora conuna certa frequenza nelle regioni settentrionalie centrali (D’ANTONI et al., 2003).

3. PROTEZIONE E CONSERVAZIONE

3.1 Stato di conservazione e gestione

Dal 1996 il Parco si occupa di coltivazione spe-rimentale e di conservazione in-situ ed ex-situdelle piante autoctone lombarde per l’interoSistema delle Aree Protette Lombarde (VILLA &CERIANI, 2005). A partire dal 2000 (d.g.r. del 5maggio 2000 n.7/49787) la straordinaria ricchez-za floristica del Monte Barro e della RegioneLombardia ha nel “Centro Regionale per la Tute-la della Flora Autoctona (CFA)” un moderno stru-mento operativo congeniale alla salvaguardiadel prezioso patrimonio botanico. Grazie al ri-conoscimento della Regione Lombardia, il Con-sorzio Parco del Monte Barro gestisce il Centrola cui sede operativa è sita presso la Fondazio-ne Minoprio, avvalendosi del coordinamentoscientifico dell’Università degli Studi dell’Insu-bria e della collaborazione con la Banca per laconservazione del germoplasma (Lombardy SeedBank) dell’Università degli Studi di Pavia. AGalbiate, presso Villa Bertarelli, è localizzata lasede centrale che coordina e gestisce la varieattività del CFA. A titolo esemplificativo si ri-corda che in seguito ad approfondite ricerche esperimentazioni condotte dal Centro su svaria-te specie di particolare interesse scientifico-con-servazionistico, sono state attuate azioni fina-lizzate alla riproduzione di almeno 100 specie.Tra queste primeggiano veri e propri tesori bo-tanici come alcune specie emblematiche del-l’area insubrica lombarda: la Primula di Lom-bardia (Primula glaucescens), il Raponzolochiomoso (Physoplexis comosa) e la Campanuladell’Arciduca (Campanula raineri), quest’ultima

estinta all’interno del sito ma reintrodotta consuccesso negli scorsi anni (BRUSA, 2005). A que-ste iniziative di tutela si affiancano altre azionimirate alla implementazione della banca deisemi delle piante lombarde condotte in colla-borazione con i prestigiosi “Royal BotanicGardens” di Kew in Inghilterra. In questo sen-so si archiviano preventivamente quelle specieche un domani potrebbero necessitare di un raf-forzamento in quei popolamenti naturali mag-giormente vulnerabili come nel caso dellepraterie insubriche calcaree (6170) che mani-festano un grado di conservazione rimaneggiatoo ridotto. Il motivo di tale alterazione è da ri-cercare nel fatto che il rilievo del Monte Barroè posto al di sotto del locale limite della vegeta-zione arborea, per cui molte specie insediate inquesti consorzi prativi si trovano, per questemodeste quote, all’estremo delle loro potenzia-lità di sopravvivenza. A ciò si aggiunge il fattoche molte di esse, trattandosi di specie ende-miche raggiungono nel sito l’estremità occiden-tale del proprio areale di distribuzione. Nel casodelle “Praterie magre da fieno a bassa altitudi-ne (6510)”, il principale fattore che compromet-te il mantenimento di un loro buono stato con-servazione è rappresentato dall’abbandonodelle pratiche tradizionali di sfalcio, che porta-no rapidamente alla degradazione della vege-tazione con l’invasione da parte di specie infe-stanti (es. rovi). Anche i prati aridi sono sog-getti alla medesima minaccia come è evidentein ampie aree colonizzate da specie arbustive earboree (BARCELLA, 2004). Per questo motivo nelperiodo compreso tra il 2001 e il 2004 grazie alcofinanziamento tra Parco, Regione Lombar-dia e Comunità Europea è stato attuato il pro-getto Life Natura “Gestione integrata di ambientiprealpino-insubrici” come strumento di gestio-ne naturalistica. L’Ente Gestore ha quindi in-dividuato e pianificato interventi finalizzati allamanutenzione straordinaria dei prati median-te il pascolo con asini di piccola taglia, azioni disfalcio e l’asportazione di alberi e arbusti. Il be-neficio di tali iniziative oltre al recupero dei pratiaridi si ripercuote anche sulla componente ani-male come testimoniato dal recente ritrovamen-to di Maculinea arion in prossimità di una delle

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Pulsatilla montana – Pulsatilla montana (foto Simon Pierce).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

aree in cui il Parco ha operato la riconversionea prato di boscaglie termofile.

3.2. Stato di protezione

Il Sito Comunitario è incluso nel Parco del Mon-te Barro ricalcandone i medesimi confini terri-toriali. Le principali tappe che hanno portato ilBarro da elemento di interesse locale all’atten-zione comunitaria sono le seguenti. Dapprimaistituito come “Riserva del Monte Barro”, condecreto n. 792 del 23 giugno 1976, venne in se-guito riconosciuto con la Legge Regionale n. 78del 16 settembre 1983, come Parco naturale diinteresse Regionale. Con un decreto del Presi-dente della Regione Lombardia del 26 aprile1988 si raggiunse l’attuale composizione delConsorzio del Monte Barro, che si ricorda nac-que già nel 1974, quindi ancor prima dell’istitu-zione del Parco, con l’intento di salvaguardarei beni naturalistici del luogo. La definitiva agni-zione a livello nazionale è avvenuta a seguitodell’istituzione del Parco Naturale del MonteBarro (LR 29 novembre 2002, n.28), che ha difatto anticipato l’imminente inserimento del-l’area nell’elenco ufficiale dei SIC per la regio-ne biogeografica alpina in Italia (DecretoMinisteriale del 25 marzo 2004). Poco prima conla deliberazione di Giunta Regionale (d.g.r.)datata 8 agosto 2003, n.7/14106, si individuacome Ente Gestore dell’allora pSIC (propostoSito di Interesse Comunitario) “Monte Barro,IT2030003” il Consorzio di gestione, costituitoda sette comuni (Galbiate, Garlate, Lecco,Malgrate, Oggiono, Pescate e Valmadrera) e dadue enti sovracomunali (Provincia di Lecco eComunità Montana del Lario Orientale). In se-guito con la d.g.r. del 15 dicembre 2003, n.7/15648, al Parco del Monte Barro si riconosceanche il ruolo di Zona di Protezione Speciale(ZPS) ai sensi della Direttiva 79/409/CEE, con-fermando per essa il medesimo Consorzio qualeEnte Gestore.All’interno dell’area protetta sono inoltre stateindividuate tre aree di particolare valenza na-turalistica: riserva naturale di interesse forestaledella Valle del Faé, la riserva naturale di inte-resse botanico e paesistico della Vetta e la ri-

serva naturale di interesse faunistico-forestaledel roccolo di Costa Perla.

4. FRUIBILITÀ

Il sito è attrezzato con una uniforme rete disentieri che supporta la variegata offerta turi-stica ed escursionistica del monte. In particola-re, i centri didattici e scientifici attrezzati dalConsorzio offrono un’ampia scelta di approfon-dimento su tematiche ambientali, culturali estorico-archeologico locali. Presso l’antico inse-diamento di Camporeso è possibile visitare ilMuseo Etnografico dell’Alta Brianza, dedicatoagli usi e costumi quotidiani delle classi popo-lari del territorio brianteo.Il Roccolo di Costa Perla ospita l’OsservatorioOrnitologico Sperimentale, sede di attività scien-tifiche e didattiche incentrate sullo studio dellefasi migratorie dell’avifauna. Un indispensabi-le riferimento per visitatori del sito è il Centrodel Parco per l’Educazione Ambientale collocatoin località “Eremo”, il quale è attrezzato conuna foresteria dotata di bar-ristorante, un Cen-tro Visitatori e un Laboratorio Ecologico Didat-tico. Inoltre, una volta giunti all’Eremo si acce-de comodamente all’attiguo sentiero botanico“G. Fornaciari”: un valido percorso didatticoimpreziosito da numerose specie floristicheautoctone di grande accezione naturalistica.Non mancano infine, spazi dedicati agli appas-sionati di storia.In corrispondenza del sito archeologico dei Pia-ni di Barra, il Consorzio ha ideato un percorsoguidato che consente di conoscere i resti di uncastello di età gota, emerso dagli scavi archeo-logici promossi dall’Ente Parco dal 1986 fino al1997 e condotti dal Museo “Giovio” di Como.Presso l’Eremo è quindi aperto al pubblicol’Antiquarium, dove tra l’altro, è possibile osser-vare i reperti rinvenuti durante le campagne discavo condotte al Monte Barro.

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I SIC

DE

LLA PR

OV

INC

IA DI L

ECC

OI laghi di Garlate e di Olginate visti dalla Grigna Meridionale (foto Roberto Dellavedova).

LAG

O D

I OLG

INA

TEIT 2030004

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data proposta SIC:

Data conferma SIC:

Ente gestore:

Dati generaliLongitudine 09° 25’ 24’’ – Latitudine 45° 47’ 43’’

198 (min) – 198 (max)

77,976 ettari

Calolziocorte, Olginate

-

CTR 1:10.000

Continentale

giugno 1995

dicembre 2004

Consorzio Parco Adda Nord

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

1. CARATTERISTICHE AMBIENTALI

1.1 Ambiente fisico

I bacini lacustri della Provincia di Lecco sonoun elemento del paesaggio di indubbio valorebiologico che amplifica notevolmente lo spet-tro di ambienti e di organismi del territoriolecchese e Brianteo. Il lago di Olginate è collo-cato a sud del lago di Garlate; i due piccoli spec-chi lacustri appaiono oggi come entità distintein seguito all’avanzamento dei conoidi dei tor-renti Gerenzone, Caldone, Bione e Gallavesale cui geoforme camuffano l’originale prosegui-mento del ramo lecchese del Lago di Como, su

cui hanno agito come elementi separatori(AA.VV., 2003). Lo sbarramento artificiale diCalolziocorte-Olginate a valle del Lago di Gal-biate registra e regola il deflusso delle acque indirezione del bacino di Olginate.

1.2 Paesaggio vegetale

L’area del sito è occupata prevalentemente dallospecchio d’acqua del Lago di Olginate. La na-turale successione vegetazionale dai bassi fon-dali alle sponde lacustri è spesso interrotta aseguito di svariati interventi antropici. Le por-zioni rivierasche ospitano il canneto a Cannuc-cia di palude (Phragmytes australis), lembi di

Uno scorcio del Lago di Olginate (foto Mattia Brambilla).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Panoramica del Lago di Olginate (foto Mattia Brambilla).

Panoramica invernale del Lago di Olginate (foto Mattia Brambilla).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

boschi igrofili e zone umide prative. Ilfragmiteto si presenta maggiormente estesonella sponda orientale del lago mentre, pres-so la riva di Olginate, il canneto occupa unasottile striscia di raccordo tra i due ambienticomunitari della vegetazione sommersa (3150)e galleggiante ed il boschetto igrofilo a salici epioppi (91E0*).

1.3 Habitat di interesse comunitario

L’area comunitaria del Lago di Olginate ospitatre habitat appartenenti all’Allegato I della Di-rettiva “Habitat” occupanti oltre la metà del-l’intera superficie del sito (78 ettari). Lecodifiche, in particolare, si riferiscono alla spe-cializzata vegetazione acquatica (3150 e 3260)che colonizza il piccolo ma importante bacinolacustre. È infatti sorprendente l’impatto che ilLago di Olginate offre a chi si avvicina per la

prima volta alle sue rive: nonostante sia com-pletamente assediato dagli insediamenti urba-ni, le acque dello specchio d’acqua ribollono divita. La massiccia presenza di uccelli stanzialie di passo è favorita dal complesso ecosistemache offre supporto alimentare per svariati ani-mali occupanti diversificate nicchie ecologiche.Un elemento di chiaro valore è dato dalla pre-senza della “Vegetazione del Magnopotamiono Hydrocharition (3150)” occupante il 37% del-la superficie del Sito. Per meglio comprenderequanto sia stato importante il riconoscimentodella presente area come Sito di ImportanzaComunitaria per questa tipologia di ambien-te è significativo riscontrare la sua limitata dif-fusione nel contesto dei siti lecchesi. Infatticirca i 29 ettari della codifica presenti pressoil Lago di Olginate rappresentano l’82% dellasua superficie provinciale.A livello regionale dopo il Sito di “Pian di Spa-

Fragmiteto a Phragmites australis– cannuccia di palude (foto Simone Rossi).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

gna e Lago di Mezzola, IT2040042”, il Lago diOlginate è il secondo SIC avente una superfi-cie così estesa, equivalente al 17% della com-plessiva copertura regionale. La codifica com-prende una diversificata tipologia di cenosierbacee: radicate sul fondo, liberamente natantio sommerse in acque ferme eutrofiche, ovveroad elevato grado di nutrienti, occupanti le spon-de di laghi a profondità modeste (SINDACO et al.,2003).La diga collocata a monte del Sito regola il flus-so delle acque provenienti dal Lago di Garlate;

in questo tratto e a valle del Lago di Olginate,nella porzione in cui il fiume Adda riprende ilsuo tragitto verso la pianura, le acque lente sonocolonizzate da popolamenti flottanti, emergentio sommersi di specie erbacee radicanti sul fon-do, incluse nella codifica 3260 “Vegetazione delRanunculion fluitantis e Callitricho-Batrachion”.Anche per questa tipologia comunitaria è pos-sibile evidenziare l’importanza del SIC Lago diOlginate, in quanto la sua superficie di 9 ettarirappresenta nientemeno che il 94% dell’habi-tat nel contesto dei Siti lecchesi. Il valore biolo-

Codice Habitat Copertura (ha)

3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition 28,71

3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis eCallitricho-Batrachion 9,15

91E0 * Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae) 2,76

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

gico delle cenosi erbacee acquatiche è conferi-to da svariate specie in regresso in tutto il terri-torio regionale e nazionale. Come evidenziato

già da altri autori (LASEN & WILHALM, 2004), purnon essendo considerato un habitat prioritario,le condizioni critiche e relittuali di questo am-biente richiedono particolare attenzione.Le formazioni boschive igrofile (91E0*) sonoframmentate in due porzioni relegate nellasponda sud-occidentale del lago e occupano nelcomplesso una limitata estensione (2,76 ha).La composizione vegetale include anche ele-menti floristici estranei alle potenziali condizio-ni di naturalità; infatti il territorio appare po-polato da specie ruderali e infestanti provenien-ti dal limitrofo territorio fortemente alterato emodificato dalla presenza umana.

1.4 Ambiente umano

Il SIC “Lago di Olginate”, fiancheggiato daicentri abitati di Calolziocorte e Olginate, si in-serisce in un contesto notevolmente urbaniz-zato. Il tratto della piana alluvionale dell’Adda

IT2030004 Lago di Olginate

altro

47%

3260*

11 ,7 %

315036,8 %

91E0*

3,5%

Valori percentuali di copertura degli habitat.

Il lago e l’abitato di Olginate (foto Mattia Brambilla).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

appare, date le sue favorevoli caratteristichemorfologiche, occupato da importanti vie dicomunicazione con elevatissima densità di traf-fico a cui si addizionano alcune industrieubicate nelle immediate vicinanze del Sito. Leattività agricole sono limitate a residui prati fal-ciati in limitati lembi non ancora urbanizzati(BARCELLA et al., 2004).

2. SPECIE DI INTERESSE

2.1 Specie di interesse comunitarioTra i taxa inclusi nell’Allegato I della Direttiva

“Uccelli” è di assoluto rilievo la presenza,seppur limitata al periodo invernale, delTarabuso (Botaurus stellaris), un elusivo e mi-nacciato Ardeide frequentante il canneto aPhragmites australis. Il Tarabusino (Ixobrychusminutus), più diffuso di Botaurus stellaris ma al-trettanto protetto, si insedia nei fragmiteti o inaltri ambienti umidi o allagati strutturati conuna vegetazione densa e sviluppata in altezza(MINGOZZI et al., 1988). I due rari aironi testimo-niano quanto sia significativa la sopravvivenzadi questo delicato territorio in grado di offrireambienti idonei per svariate specie di uccelli in

Uccelli elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico Fenologia A021 Tarabuso Botaurus stellaris Sedentario, nidificante A022 Tarabusino Ixobrychus minutus Migratore, nidif icante A081 Falco di palude Circus aeruginosus Migratore A229 Martin pescatore Alcedo atthis Sedentario, nidificante

Elenco delle specie di uccelli del sito Lago di Olginate inseriti nell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

Epipactis palustris (foto Luigi Boglioni, FAB). Spiranthes aestivalis (foto Luigi Boglioni, FAB).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

regresso o minacciate. Il Falco di palude (Circusaeruginosus) è una specie di passo che insiemead altri rapaci diurni frequenta il lago occasio-nalmente per scopi trofici. Il noto Martin pe-scatore (Alcedo atthis), nella mitologia grecauccello simbolo della dea Alcione, è facilmentericonoscibile per l’appariscente livrea coloratadi arancione sul petto e di azzurro brillante suldorso. Si nutre di piccoli pesci che cattura dopoun acrobatico tuffo nelle acque per poi

riemergere e godersi il pasto sul posatoio da cuiscruta altre nuove prede. Per questa sua tecni-ca di caccia necessita di acque ricche di pesci eidonei posatoi dislocati lungo le rive; nidifica inscarpate il cui terreno compatto e morbido con-sente di scavare il nido. La scarpata sabbiosacollocata sulla sponda sud occidentale del Lagodi Olginate offre le condizioni morfologiche piùfavorevoli alla nidificazione del bel alcedinide.Il Sito Lago di Olginate include 28 specie

Codice Specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/CEE

Allegato

1900 Viticci estivi Spiranthes aestivalis IV

Mammiferi

1309 Pipistrello nano

Pipistrellus pipistrellus IV

1323 Vespertilio di Bechstein Myotis bechsteini II, IV

1314 Vespertilio di Daubenton

Myotis daubentonii

IV

1329 Orecchione meridionale

Plecotus austriacus

IV

Pipistrello di Savi Hypsugo savii IV

1256 Lucertola muraiola Podarcis muralis IV1263 Ramarro occidentale Lacerta viridis IV1284 Biacco Coluber viridiflavus IV1292 Natrice tessellata Natrix tessellata IV

1215 Rana di Lataste Rana latastei II, IV

VegetaliNome scientificoNome comune

1109 Temolo Thymallus thymallus

1138 Barbo canino Barbus meridionalis

Invertebrati

II, VII

II, V

Anfibi

Rettili

1201 Rospo smeraldino Bufo viridis IV1209 Rana agile Rana dalmaltina IV

1097109911001103110711141115 Lasca

Lampreda padana Lethenteron zanandreai

Storione cobice Acipenser naccarii*

Lampreda di fiume Lampetra fluviatilis

Agone e CheppiaTrota marmorata

Alosa fallax

II, V

II, IVII, V

Chondrostoma genei

Pigo Rutilus pigus

113111361137114011491163

Vairone Leuciscus souffia

Barbo Barbus plebejus

Rovella (introdotto) Rutilus rubiliio

Savetta Chondrostoma soetta

Cobite Cobitis taenia

II

II, VII

Scazzone Cottus gobio

Salmo marmoratus

V

II, V

IIIIII

II

Elenco delle specie animali del sito Lago di Olginate incluse negli Allegati II, IV e V della Direttiva 79/409/CEE.

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Giovane esemplare di falco di palude - Circus aeroginosus (foto Marco Noseda).

Tarabusino - Ixobrychus minutus (foto Marco Noseda).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

afferenti agli Allegati II, IV e V della Direttiva“Habitat” rappresentate da: cinque specie diChirotteri (Hypsugo savii, Myotis daubentonii,Pipistrellus pipistrellus, Plecotus austriacus eMyotis bechsteini), tre specie di Anfibi (Bufoviridis, Rana dalmatina, Rana latastei) e quattrospecie di Rettili (Lacerta bilineata, Podarcismuralis, Hierophis viridiflavus e Natrix tessella-ta). I pesci di acqua dolce, con 15 presenze, sonoil gruppo di vertebrati maggiormente espresso.Tra i Petromizontidi, la presenza di Lampredapadana (Lathenteron zanandreai) fornisce al Sitoun ruolo di assoluto valore conservativo. LaLampreda padana (Lathentheron zanandreai) èinfatti una specie endemica del bacino padanodiffusa nei corsi d’acqua del versante alpino tri-butari del Po. Si tratta di un taxon tutelato alivello regionale, nazionale, comunitario e in-ternazionale, poiché nei decenni si è osservatauna forte contrazione del suo areale in seguitoa ripetuti fenomeni di estinzione locale (D’AN-TONI, 2004). Oltre ad essere inclusa negli Alle-gati II e V della Direttiva Habitat è elencata frale specie particolarmente protette nella Con-venzione di Berna (Allegato II). La Lampredapadana vive esclusivamente nelle acque dolci;questa specie si riproduce nei tratti medio-altidei corsi d’acqua, anche in piccoli ruscelli conacque limpide e fresche e su fondali ghiaiosi.Lo stadio larvale della Lampreda padana è chia-mato ammocete; tale forma vive infossata neisubstrati sabbiosi o fangosi dei corsi d’acqua onelle aree ripariali dove la corrente è moderatae dove si alimenta filtrando il substrato. Altret-tanto importante è la presenza dello Storionecobice (Acipenser naccarii), una specie endemi-ca nel bacino del Mare Adriatico fortementeminacciata di estinzione. In Italia tutte le po-polazioni hanno subito una forte contrazionedemografica dovuta alla pesca professionale,alla presenza di dighe che impediscono ilraggiungimento delle principali aree di frega,all’inquinamento delle acque e, più in genera-le, al degrado degli habitat (ZERUNIAN, 2003).Tra i Chirotteri il Vespertilio di Bechstein (Myotisbechsteini) è l’unico pipistrello incluso nell’Al-legato II della Direttiva “habitat” intercettatoall’interno del Sito “Lago di Olginate”. A livello

regionale è stato localizzato complessivamen-te in sette aree comunitarie. Per quanto riguar-da le altre specie di pipistrelli, il monitoraggiocondotto all’interno della zona protetta(BARCELLA et al., 2004) ha evidenziato la frequen-tazione di specie insediate nei contesti antropicicircostanti per preminenti scopi trofici.Tra i vegetali è di indiscusso rilievo la presenzadei Viticci estivi (Spiranthes aestivalis), una ra-rissima orchidea le cui popolazioni in tutta Eu-ropa sono in netta regressione a causa delladrastica perdita di ambienti umidi.

2.2. Altre specie importanti

Il “Lago di Olginate”, cercando un esempiopoco tecnico, si può paragonare a un comodoautogrill posto lungo una delle principali auto-strade percorse da centinaia di uccelli che sispostano lungo la loro rotta migratoria sia inprimavera che in autunno. Oltre alla sua collo-cazione favorevole gode di un clima mite che,insieme all’abbondanza di cibo presente nellesue acque, offre un comodo ristoro per nume-rosi uccelli provenienti dal Nord-Europa. Nonstupisce quindi l’incredibile abbondanza diesemplari e specie che sono state osservate inquesti anni. Secondo recenti studi (AA.VV.,2008) condotti dal Centro Ricerche Ornitologi-che Scanagatta di Varenna (LC) il numero dispecie di uccelli censite presso il Lago diOlginate è di 139 distinte in: 36 specie acciden-tali, 46 specie nidificanti rappresentate da 36stanziali e 10 migratorie, 59 specie non nidifi-canti e 36 specie svernanti. Tra gli uccellimigratori abituali non elencati nell’Allegato Idella Direttiva “79/409/CEE” che qui trovanorifugio e nutrimento si ricorda lo Svasso mag-giore (Podiceps cristatus) e l’elusivo Tuffetto(Tachybaptus ruficollis) a cui si affiancano, daqualche anno, alcuni individui di Svassocollorosso (Podiceps grisegena). Ma sono soprat-tutto gli Anatidi svernanti ad occupare con ab-bondanti popolazioni le anse riparate dellospecchio lacustre, in particolare Moriglione(Aythya ferina) e Moretta (Aythya fuligula)(A.A.V.V., 2008).Tra la vegetazione palustre, di assoluto rilievo

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Martin pescatore – Alcedo atthis (foto Mattia Brambilla).

Svassi maggiori – Podiceps cristatus (foto Marco Noseda).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Natrice tassellata – Natrix tessellata (foto Fabrizio Clemente).

Raganella – Hyla intermedia (foto Simone Rossi).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

è la presenza di alcune orchidee protette lega-te alla presenza di prati umidi e paludosi: Or-chide palmata (Dactylorhiza incarnata), Ellebo-rine palustre (Epipactis palustris) e Orchide ac-quatica o Galletto di palude (Orchis laxiflora).

3. PROTEZIONE E CONSERVAZIONE

3.1 Stato di conservazione

Il complesso biotico del Sito potrebbe in futurosubire malaugurati depauperamenti nel casopeggiorassero alcune condizioni di instabilità.Per quanto riguarda la componente vegetale laframmentazione degli habitat boschivi (91E0*)e umidi (es. canneto) rappresenta un elementolimitante per l’insediamento della fauna. Taleprocesso è una conseguenza dell’interramentodelle anse e dei prati umidi avvenuta mediantel’accumulo di materiali inerti sia urbani sia in-dustriali che ha progressivamente determinatol’innalzamento delle sponde, con la conseguen-te modifica e banalizzazione della vegetazioneoriginale (BARCELLA et al., 2004). Anche la vege-tazione acquatica autoctona manifesta un cer-to grado di sofferenza poiché i fondali del lagosono colonizzati dalla Peste d’acqua di Nuttal(Elodea nuttallii), una specie Nordamericana ingrado di formare, essenzialmente per viavegetativa, estese colonie dense e monotone.Trattandosi di una pianta acquatica trascuratadai pesci e dagli uccelli essa rappresenta unaseria minaccia per la flora acquatica indigenache, si ricorda, costituisce la vegetazione som-mersa dei laghi eutrofici (3150).Per quanto riguarda la componente animaletutti i gruppi sistematici sono interessati, inmodo diverso, dal disturbo antropico arrecatoda varie attività ricreative e turistiche esercita-te lungo il perimetro del lago. Gli Anfibi sonosoggetti a un’elevata mortalità durante la fasedi migrazione che prevede il transito sulle limi-trofe strade trafficate. Come è avvenuto per ilSIC “Lago di Sartirana, IT2030007”, anche peril Sito “Lago di Olginate” l’intervento di gruppidi volontari ne limita le perdite, grazie alla col-locazione di barriere mobili e al trasporto deglianimali da un lato all’altra della strada (BARCELLA

et al., 2004). Le minacce alla conservazione del-l’avifauna sono legate in primo luogo alla fram-mentazione e diminuzione della riva a canne-to; altrettanto negativo è il disturbo arrecato daltransito di imbarcazioni sullo specchio d’acquaagli uccelli acquatici durante il periodo ripro-duttivo (BARCELLA et al., 2004; AA.VV., 2008).Ulteriori problemi potrebbero insorgere dall’im-patto di uccelli in volo contro la vecchia telefe-rica che unisce le due sponde nella parte suddel lago, o per folgorazione contro la linea elet-trica che attraversa il medesimo (AA.VV.,2008). I problemi conservativi dei pesci d’acquadolce sono spesso una conseguenza di un im-patto negativo delle attività antropiche. Tra lepiù limitanti per la fauna ittica si ricorda la di-struzione degli habitat, l’inquinamento, l’ecces-sivo prelievo di acqua per usi agricoli e urbani el’immissione di specie aliene (ZERUNIAN, 2003).L’eventuale inquinamento delle acque può ave-re effetti direttamente sulle specie e, indiretta-mente, sulla disponibilità di cibo. L’incrementodella presenza di specie ittiche alloctone comeil Siluro (Silurus glanis) provoca squilibri nelpopolamento ittico del lago dovuti alla sua atti-vità predatoria e alle sue notevoli capacità dicrescita in termini di dinamica di popolazione(ZERUNIAN, 2003). Infine, la mancanza di unarampa di risalita per i pesci in corrispondenzadella diga a monte del lago di Olginate ostacolala naturale migrazione dell’ittiofauna presentenell’Adda verso gli ambienti del Lago di Garlatee del Lario (BARCELLA et al., 2004; AA.VV., 2008).

3.2 Stato di protezione

Il Sito “Lago di Olginate, IT2030004”, ricono-sciuto con Deliberazione di Giunta Regionaledel 8 agosto 2003, n. 7/14106, si colloca all’in-terno del territorio del Parco regionale dell’Ad-da Nord, quest’ultimo costituito con legge re-gionale del 16 settembre 1983, n. 80. La gestio-ne del sito è affidata al Consorzio costituito daComuni e dalle Provincie di Bergamo, Lecco eMilano, con sede a Trezzo dell’Adda. Con ilDecreto Ministeriale del 26 marzo 2008, pub-blicato sulla G.U. n. 104 del 5 maggio 2008, ilLago di Olginate è stato inserito nell’aggiorna-

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

to elenco dei SIC per la regione biogeograficaContinentale in Italia ai sensi della Direttiva 92/43/CEE. Recentemente l’area protetta AddaNord ha assunto il ruolo di Parco naturale tra-mite la Legge regionale del 16 dicembre 2004,n. 35, allineandosi così alla normativa naziona-le in materia di aree protette.

4. GESTIONE

La convenzione tra il Parco Adda Nord e ilcomune di Trezzo sull’Adda prevede, per l’an-no 2008, la redazione del Piano di Gestioneper il SIC Lago di Olginate. Come anticipatonel paragrafo “3.2 Stato di conservazione”, gliaspetti da analizzare per un’efficace gestionedel Sito sono molteplici. In questa sede si ri-portano le considerazioni redatte nello studiodedicato al monitoraggio del SIC (BARCELLA etal., 2004). Il documento evidenzia come areesensibili le residue zone a vegetazione igrofilaad elofite e il boschetto di ripa a salici e pioppiin sponda destra idrografica. La gestione del-le formazioni forestali dovrebbe preservare daltaglio alcuni esemplari arborei maturi i qualirappresentano potenziali zone rifugio per lafauna. Il canneto a Cannuccia di palude, purnon essendo un habitat incluso nell’AllegatoI della Direttiva 92/43/CEE, esige una puntualegestione visto il decisivo ruolo che gioca in fa-vore della conservazione di svariate specieornitiche. Il disturbo antropico potrebbe es-sere limitato mediante la realizzazione di ul-teriori fasce di canneto lungo le sponde aven-ti la funzione di schermatura naturale. Attua-re interventi finalizzati al mantenimento di sie-pi, bordure e di muretti a secco, potrebbe inol-tre favorire la presenza di rettili e anfibi. Infi-ne, sarebbe significativo effettuare dei moni-toraggi conoscitivi su ciascuna delle specie al-tamente minacciate frequentanti il sito, inmodo tale da individuare delle linee guida adhoc per garantirne la sopravvivenza.

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Uno scorcio della palude (foto Roberto Dellavedova).Utricularia australis (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data di proposta come SIC:

Data di conferma come SIC:

Ente gestore:

Dati generali

Longitudine E 09° 26’ 00’’ Latitudine 45° 45’ 11’’

194 (min) – 209 (max)

302,10 ettari

Brivio, Calolziocorte, Cisano Bergamasco, Monte Marenzo, Olginate

-

CTR 1:10.000 B5e1

Continentale

giugno 1995

dicembre 2004

Parco dell’Adda Nord

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

1. CARATTERISTICHE AMBIENTALI

1.1 Ambiente fisico

Il Sito “Palude di Brivio” occupa un’area pia-neggiante posta alla sinistra idrografica del fiu-me Adda in corrispondenza di un’ansa delmedesimo corso d’acqua. In questa porzionedell’asta fluviale, inclusa nel Parco naturaleAdda Nord, l’ambiente è caratterizzato dallapresenza di terrazzi fluvio-glaciali. L’origine ditali depositi è da ricercare nel periodo geologi-co denominato Quaternario, quando il territo-rio delle prealpi italiane fu interessato dalla pre-senza di potenti lingue glaciali. Non bisogna

immaginare quei tempi come un unico eventotemporale a se stante, ma piuttosto come unaserie di glaciazioni distinte le cui avanzate e iritiri delle coltri di ghiaccio lasciarono evidentitracce sull’attuale paesaggio (lembi morenici,massi erratici, forme levigate ed arrotondate).Cronologicamente il definitivo ritiro dei ghiac-ciai è avvenuto repentinamente circa 10.000anni fa. Per comprendere la grandiosa azionemodellatrice che essi determinarono nell’areain esame è utile sapere che l’anfiteatro more-nico Lariano, ospitante tra i suoi cordoni an-che i piccoli laghi intermorenici della Brianzae del Varesotto, è strettamente connesso conquello del Verbano collocato a circa 70 Km più

Canale della Ruggiolata in prossimità dell'osservatorio ornitologico (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

a Ovest. Proprio la presenza di tracce tipichedei depositi glaciali ha spinto alcuni ricercato-ri a formulare l’ipotesi che la formazione deigrandi laghi sudalpini fosse da attribuire al-l’escavazione glaciale. Con il passaggio ad unafase climatica più calda, nel periodo postgla-ciale dell’Olocene, i ghiacciai si ritirano ad al-titudini più elevate, venendo sostituiti dai la-ghi e da una fitta rete idrografica (CIAMPITTIEL-LO, 1999). Il presente settore meridionale delterritorio lecchese è quindi caratterizzato dadepositi quaternari, rappresentati dai prodot-ti dell’attività glaciale, e dai depositi legati allarete idrica superficiale. In particolare, i terri-tori attraversati dal fiume sono costituiti sia dadepositi fluvio-glaciali più antichi, ovvero leargille rosso giallastre, conosciute comeFerretti, sia da depositi di epoca più recentecostituiti da materiali ghiaiosi e sabbiosi. Lun-go la valle dell’Adda, ad esempio in corrispon-

denza di Airuno e Brivio, si osservano trattipianeggianti derivanti dall’interrimento di an-tichi bacini lacustri intermorenici (VERGOTTINI,2003).

1.2 Paesaggio vegetale

L’area del Sito, sviluppata in corrispondenza diun’ansa dell’Adda, è stata quindi interessatadalla complessa dinamica fluviale che, nel tem-po, ha modificato il territorio collocando impo-nenti depositi fluviali a granulometria variabi-le. Sebbene il corso d’acqua e le aree soggettead inondazione costituiscano un biotopo uni-co rispetto alle aree limitrofe, l’attuale territo-rio si presenta fortemente ridimensionato ri-spetto alle condizioni prossime alla naturalitàriscontrabili in passato. La Palude di Brivio fuinfatti interessata da operazioni di bonifica at-tuate nell’Ottocento e nel Novecento che por-

Panoramica (foto Roberto Dellavedova).

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tarono, da un punto di vista biologico, a un im-poverimento del complesso ecosistema palustreallora esistente (PANZERI, 2003). Nonostante ciò,si incontrano tutt’oggi interessanti compaginidi vegetazione paludosa date da zone umide,prati e boschi igrofili. Infatti, passando dall’ac-qua corrente alla terraferma, si susseguono e siintersecano vari tipi di ambienti che formanoun ricco mosaico vegetale rappresentato dallaspecializzata vegetazione idrofila ed igrofila diacque ferme e correnti, da canneti, tifeti, palu-di a grandi carici, torbiere basse, prati acquitri-nosi, fino ad arrivare al bosco d’alto fusto.

1.1 Habitat di interesse comunitario

Il Sic Palude di Brivio si può considerare un’areacomunitaria di innegabile importanza biologi-ca dato che include alcune tipologie di habitatdel paesaggio palustre divenute rare a causadelle profonde alterazioni attuate dall’uomo suquesti biotopi (urbanizzazione, edificazione diinfrastrutture, bonifiche ecc.). In particolare, nelcontesto provinciale due habitat (3140 e 6410)risultano ubicati solamente nel presente Sito; aquesti si aggiunge l’ambiente delle torbiere bas-se alcaline (7230), la cui superficie relativa (3,43ettari) equivale al 99% della superficie assolutaprovinciale. In merito alle dimensioni dell’ha-bitat “Acque oligomesotrofe calcaree con ve-getazione bentica di Chara spp. (3140)” è rile-vante constatare che rappresenta il 67% dellacomplessiva area censita nei quattro Sitilombardi in cui è stato individuato l’habitat(Monte Legnone e Chiusarella, IT2010002; Palu-de di Brivio, IT2030005; Fontanile Nuovo,IT2050007; Sorgenti della Muzzetta, IT2050009).In effetti si tratta di un ambiente molto raro espesso di dimensioni puntiformi osservabile inpaludi o piccoli corsi d’acqua con sostanze nu-tritive presenti in modeste quantità e con ac-que ricche di ioni idrogenocarbonato.I 17 SIC lombardi che includono i prati a Moli-nia caerulea (6410) sono distribuiti in sette pro-vince (Varese, Como, Lecco, Sondrio, Bergamo,Brescia e Mantova). In effetti, nel paesaggionaturale, i prati a Gramigna liscia (Moliniacoerulea) o vegetazioni analoghe si possono in-

sediare lungo i corsi d’acqua, in aree soggette afluttuazioni dalle acque freatiche, sui pendii adumidità variabile o ancora in prossimità deibordi dei laghi. Una chiave di lettura di taleelasticità è fornita dagli studi di ELLEMBERG

(1988). Analizzando il regime idrico e la reazio-ne del suolo, l’autore evidenzia come le prateriea Molinia coprano un ampio spettro ecologico;tali cenosi erbacee occupano infatti diverse ti-pologie di suoli minerali, sia alcalini sia acidi aumidità variabile, con un conseguente eteroge-neo assetto floristico a cui si aggiunge un’ulte-riore variabilità a seconda della collocazionegeografica, altitudinale e del tipo di gestione acui sono soggetti. Ma ciò non deve far credereche questo habitat sia comune e frequente; vi-ceversa all’interno della Rete Natura 2000 ita-liana è distribuito solo in otto regioni. Inoltre, acausa del suo insoddisfacente stato di conser-vazione registrato a livello nazionale, è statoinserito nelle categoria di minaccia “Alta” dellaLista rossa degli habitat d’Italia (PETRELLA et al.,2005). Nelle aree paludose, in corrispondenzadi suoli soggetti a una maggiore fluttuazione dellivello di falda, si affermano cenosi a grandiCarici denominate Magnoricariceti, abitual-mente a contatto anche con i prati a Molinia. Èproprio a seguito della pratica dello sfalcio sul-la vegetazione palustre a Magnocaricion, che lamaggior parte delle cenosi a Molinia si sonopotute affermare e differenziarsi. In Lombar-dia i molinieti rappresentavano infatti, nei de-cenni passati, un elemento importante del pa-esaggio padano. L’abbandono dello sfalcio, oeventualmente dell’incendio, attuato regolar-mente fino ad una cinquantina di anni fa, hainfluito sulla scomparsa di estesi nuclei di que-sta vegetazione (SBURLINO et al., 1995). L’evolu-zione dei molinieti avviene con una progressi-va diminuzione della presenza dall’acqua, so-prattutto per un accumulo di materiale organi-co e minerale proveniente dalla biomassa nonasportata (CREDARO & PIROLA, 1975). Tale pro-cesso favorisce la comparsa di specie legnosearboree e arbustive (Alnus glutinosa, Frangulaalnus) e l’abbassamento della falda superficia-le, indispensabile al mantenimento della fito-cenosi (SINDACO et al., 2003). I prati a Molinia

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

su substrati alcalini assumono quindi un eleva-to interesse biologico poiché possiedono unaricchezza floristica eccezionale (DELARZE &GONSETH, 2008), variabile da una stazione al-

l’altra, data dall’elevato numero di specie che siinseriscono nel corteggio floristico, ma soprat-tutto dalle svariate piante rare specializzate deisuoli ad umidità variabile come: l’Aglio angoloso

Tipi di habitat dell'Allegato I della Direttiva 92/43/CEE

Codice Habitat Copertura (ha)

3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp. 0,19

3150 Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition 6,28

3260 Fiumi delle pianure e montani con vegetazione del Ranunculion fluitantis e Callitricho-Batrachion 0,61

6410 Praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae) 19,26

6510 Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) 8,06

7230 Torbiere basse alcaline 3,43

91E0 *Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae) 27,76

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(Allium angulosum), la Cannella delle torbiere(Calamagrostis canescens) o la Graziella(Gratiola officinalis). La grande varietà floristicaviene inoltre incrementata dalle specie erbaceedi prato che si frammistano alle tipiche speciepalustri con un gradiente diverso a secondadella gestione. Non mancano infine entità gra-vitanti negli ambienti delle torbiere bassealcaline anche a testimonianza delle frequentisituazioni di mosaico osservabili in natura.Nella porzione nord-orientale del Sito, in cor-rispondenza della Sorgente Fontana San Car-lo, si sviluppano le importanti torbiere bassealcaline (7230) alimentate da acque freatichericche di sali minerali. Le torbiere sono ambientitipici di territori dove, a causa del clima tempe-rato e di particolari condizioni idriche ededafiche, la sostanza organica prodotta dallepiante (briofite, ciperacee, graminacee) non sidecompone ma tende ad accumularsi dandoorigine ad un deposito organico detto torba(BRACCO & VENANZONI, 2004). La torba si diffe-renzia rispetto ad altre categorie di humus perl’elevata presenza di materia organica (più del30%). In pedologia con il termine “torba” siidentifica un tipo di humus, mentre con il so-stantivo “torbiera” si identificano suoli dove lospessore della torba supera i 30 cm (a volte 20cm). Ne deriva che in alcune situazioni nonsempre si forma del materiale torbigeno; sareb-

be quindi più corretto indicare questi ambienticon il vocabolo paludi. Con il termine torbieresi possono pertanto inserire gli ambienti umidipresenti in aree contraddistinte da eccesso diacqua, siano esse sponde di laghi e fiumi o su-perfici piane e versanti ove scorre un sottile velod’acqua (BRACCO & VENANZONI, 2004). Nel casodell’habitat 7230 i motivi di interesse sono datidalla presenza di una specializzata flora palu-stre costituita prevalentemente da specieerbacee basofile incluse nella famiglia delleCyperaceae come la Carice di Davall (Carexdavalliana), la Carice di Host (Carex hostiana) oil meno frequente Giunco nero (Schoenusnigricans). Nel Sito di Brivio le associazioni ve-getali delle paludi basse a piccole carici offronocondizioni ambientali idonee per ospitare an-che rarissime orchidee altamente minacciate.Tra queste si ricorda la piccola Liparide (Liparisloeselii), l’Orchide acquatica o Galletto di palu-de (Orchis laxiflora), l’Elleborine palustre(Epipactis palustris), i Viticci estivi (Spiranthesaestivalis), o ancora l’Orchidea palmata(Dactylorhiza incarnata). Ma non solo, conside-rata la limitata estensione di questi consorzi ela loro progressiva scomparsa, avvenuta soprat-tutto in corrispondenza dei fondovalle, anchela codifica 7230 è collocata nella massima cate-goria di minaccia della Lista rossa degli habitatd’Italia (PETRELLA et al., 2005). Nel contesto re-gionale, l’ambiente delle torbiere basse alcaline,oltre al Sito della Palude di Brivio, è inoltre se-gnalato in soli altri cinque SIC lombardi (MonteLegnone e Chiusarella, IT2010002; Grigna Setten-trionale, IT2030001; Corno della Marogna,IT2070022; Torbiere d’Iseo, IT2070020; Lanche diGerra Gavazzi e Runate; IT20B0004) distribuitiin quattro provincie (Varese, Lecco, Brescia eMantova).L’habitat comunitario più esteso, occupantecirca il 10% del Sito “Palude di Brivio”, è rap-presentato dai boschi igrofili ad Ontano nero edalle foreste alluvionali di Salici e pioppi(91E0*). Normalmente le boscaglie ripariali aSalici e Ontani formano delle fasce ad ampiez-za variabile lungo i fiumi a seconda dell’area diesondazione ordinaria dei corsi d’acqua. Ilsaliceto di Salice bianco (Salix alba), così come

72301,1%

91E0*9,2%

64106,4%

65102,7%

31502,1%

31400,1%

altro79%

32600,2%

Valori percentuali di copertura degli habitat.

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

l’alneto ad Ontano nero, sono stabili sotto ilprofilo evolutivo, ma soggetti a mutamenti inbase al dinamismo fluviale. Gli ontani sono trale specie arboree più tipiche dei boschi di ripa,disposti lungo i corsi d’acqua di piccole e gran-di dimensioni. Lo strato erbaceo delle alnete èrappresentato prevalentemente da ciperacee,tra cui le carici, piante dall’aspetto graminoidee dall’inconfondibile sezione del fusto trian-golare. Nella palude di Brivio il sottobosco èinoltre impreziosito dalla presenza di rare or-chidee (PANZERI, 2003).

1.4 Ambiente umano

Il Sito della Palude di Brivio, posto nei comunidi Brivio, Calolziocorte, Cisano Bergamasco,Monte Marenzo e Olginate è una delle areedi maggior interesse naturalistico e paesaggi-stico dell’intero territorio dell’Adda Nord

(PANZERI, 2003; STABLUM, 2006). All’esterno delsito sono presenti importanti aree industriali,mentre gli abitati di Brivio e Airuno, ubicatisulla destra idrografica del fiume, sono gli in-sediamenti urbani posti nelle più immediatevicinanze dell’area. Le attività agricole sonoriconducibili al mantenimento dei prati perma-nenti e alla gestione dei seminativi a mais. Suentrambi i lati della valle sono presenti impor-tanti vie di comunicazione ad elevata densitàdi traffico (BARCELLA et al., 2004).

2. SPECIE DI INTERESSE

2.1. Specie di interesse comunitarioPresso la Palude di Brivio si possono osservarediversi Ardeidi (Botaurus stellaris, Ixobrychusminutus) tra cui l’elegante Airone rosso (Ardeapurpurea). La specie frequenta aree umide conacque lente o stagnanti ricche di vegetazione

Aglio angoloso – Allium angulosum (foto Roberto Dellavedova).

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riparia, collocandosi nei canneti e talvolta tragli intricati arbusteti di ripa a salici. Le popola-zioni italiane di Airone rosso, dopo un fortedecremento avvenuto tra gli anni Settanta eOttanta, mostrano ora segni di recupero tantoda rappresentare una frazione importante del-la popolazione europea. Di norma le colonie diAironi rossi che nidificano in Italia sono migra-trici e svernanti in Africa sub-sahariana ma oc-casionalmente possono svernare anche nellapenisola italiana (PEZZO, 2005).Nessuno dei Siti della Provincia di Lecco ospi-ta un numero così elevato di specie comunita-rie come il presente Sito della Palude di Brivio.Dei 31 taxa censiti, quattro sono Chirotteri in-seriti nell’Allegato IV della Direttiva “Habitat”(Hypsugo savii, Myotis daubentonii, Pipistrelluspipistrellus, Plecotus auritus) a cui si aggiunge ilraro Vespertilio di Bechstein (Myotis bechsteini)inserito pure nel secondo allegato. Tra i Rettilisono note per la Palude di Brivio quattro entitàcomuni (Lacerta viridis, Podarcis muralis, Hie-rophis viridiflavus e Natrix tessellata), con la solaeccezione di Natrice tessellata meno diffusa ri-spetto alle precedenti. Presso la Palude diBrivio, la passata presenza della Testuggine pa-lustre europea (Emys orbicularis) testimoniatada alcuni autori (PANZERI, 2003; BERNINI et al.,2004) è stata confutata da recenti studi condottiper quest’area comunitaria (BARCELLA et al.,2004; STABLUM et al., 2006). Nel caso degli Anfi-bi il territorio della Riserva Naturale ospita con-temporaneamente tutti i taxa (Triturus carnifex,Rana latastei, Bufo viridis e Rana dalmatina) se-gnalati nei siti lecchesi di interesse comunita-rio. Anche nel caso dell’Ittiofauna il numero

complessivo di specie corrisponde a tutte le se-gnalazioni delle specie comunitarie censite al-l’interno dei Siti della Provincia di Lecco. Inparticolare, il tratto medio dell’Adda, secondorecenti studi (BOGLIANI et al., 2007), ospita ric-che popolazioni di Trota marmorata (Salmomarmoratus), un subendemismo italiano pre-sente anche nella porzione del fiume che inte-ressa l’area comunitaria della Palude di Brivio.La Trota marmorata trova il suo habitat prefe-rito nel tratto medio e medio-superiore dei cor-si d’acqua di maggiore portata con fondaliciottolosi e ghiaiosi (GANDOLFI et al., 1991). Neiprimi due-tre anni di vita la dieta del salmonideè molto simile a quella della Trota fario: si nutredi larve di insetti, crostacei, oligocheti e spessoanche di insetti adulti, per poi diventare un abileittiofago (ZERUNIAN, 2003).I vegetali presenti nel sito contemplati dallaDirettiva “Habitat” sono rappresentati da dueorchidacee (Liparis loeselii e Spiranthes aesti-valis) e dal bel bucaneve (Galanthus nivalis). LaLiparide (Liparis loeselii) è attualmente presentein alcune stazioni relitte del Trentino-AltoAdige, Friuli e Lombardia (ROSSI, 2002); data lasua inesorabile scomparsa a seguito della fram-mentazione e distruzione del suo habitatcongeniale, in Italia è divenuta rarissima tantoda essere inserita tra le specie minacciate nel“Libro rosso delle piante d’Italia” (CONTI, et al.,1993) e nella “Lista rossa regionale delle Pian-te d’Italia”, con lo status di specie minacciata“EN: endangered” (CONTI et al., 1997). Rispettoad altre entità tutelate dalla comunità europeache obiettivamente, per il territorio nazionale,non mostrano particolari criticità (es. Podarcis

Uccelli elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico Fenologia A021 Tarabuso Botaurus stellaris Migratore, svernante A022 Tarabusino Ixobrychus minutus Migratore, nidificante A029 Airone rosso Ardea purpurea Migratore A060 Moretta tabaccata Aythya nyroca Stanziale, nidificante A081 Falco di palude Circus aeruginosus Migratore, nidificante A119 Voltolino Porzana porzana Migratore A229 Martin pescatore Alcedo atthis Stanziale, nidificante A338 Averla piccola Lanius collurio Migratrice, nidificante

Elenco delle specie di uccelli del sito inserite nell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE.

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Specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico AllegatoVegetali

1903 Liparide Liparis loeselii II, IV

1900 Viticci estivi Spiranthes aestivalis IV

1866 Bucaneve Galanthus nivalis V

Mammiferi1323 Vespertilio di Bechstein Myotis bechsteini II, IV

Pipistrello di Savi Hypsugo savii IV

1314 Vespertilio di Daubenton Myotis daubentonii IV

1309 Pipistrello nano Pipistrellus pipistrellus IV

1329 Orecchione meridionale Plecotus austriacus IV

Rettili1263 Ramarro occidentale Lacerta viridis IV

1256 Lucertola muraiola Podarcis muralis IV

1284 Biacco Coluber viridiflavus IV

1292 Natrice tessellata Natrix tessellata IV

Anfibi1167 Tritone crestato italiano Triturus carnifex II, IV

1215 Rana di Lataste Rana latastei II, IV

1201 Rospo smeraldino Bufo viridis IV

1209 Rana agile Rana dalmatina IV

Pesci1097 Lampreda padana Lethenteron zanandreai II, V

1099 Lampreda di fiume Lampetra fluviatilis II, V

1100 Storione cobice Acipenser naccarii * II, IV

1103 Agone e Cheppia Alosa fallax II, V

1107 Trota marmorata Salmo marmoratus II

1114 Pigo Rutilus pigus II, V

1115 Lasca Chondrostoma genei II

1131 Vairone Leuciscus souffia II

1136 Rovella (introdotto) Rutilus rubilio II

1137 Barbo Barbus plebejus II, V

1140 Savetta Chondrostoma soetta II

1149 Cobite Cobitis taenia II

1163 Scazzone Cottus gobio II

1109 Temolo Thymallus thymallus V

1138 Barbo canino Barbus meridionalis II, V

Elenco delle specie vegetali e animali del sito Palude di Brivio incluse negli Allegati II , IV e V dellaDirettiva 92/43/CEE.

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Tarabuso – Botaurus stellaris (foto Giuseppe Bogliani).

Lampreda padana – Lathenteron zanandreai (foto Simone Rossi).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

muralis), la piccola Liparide è altamente minac-ciata. In Lombardia, già nell’Ottocento, eranonote ben poche stazioni, in seguito alla cuiscomparsa si è a lungo pensato che la specie sifosse, almeno per il territorio regionale, defini-tivamente estinta. Solo recentemente, nella se-conda metà degli anni Novanta, sono state in-dividuate due stazioni in provincia di Como edi Lecco, una delle quali inclusa, per l’appun-to, nel Sito della Palude di Brivio. Attualmentesono in corso delle sperimentazioni di coltiva-zione in-vitro a partire dai minuscoli semi pre-levati dalle locali specie da parte dell’Universi-tà dell’Insubria, dell’Università di Modena edella Fondazione Minoprio, finalizzate alla rein-troduzione e al rafforzamento dei popolamen-ti lombardi (RINALDI, 2005).

2.2 Altre specie importanti

Tra gli uccelli migratori abituali che sfruttanol’intricata struttura del canneto come riparo du-rante le fasi migratorie, si contano numerosespecie come ad esempio il Pettazzurro (Luscinasuecica) o la Rondine comune (Hirundo rusti-ca). A queste si aggiungono alcuni interessantipasseriformi acrocefali come il Cannareccione(Acrocephalus arundinaceus), la Cannaiola(Acrocephalus scirpaceus) e la Cannaiola verdo-gnola (Acrocephalus palustris). Non mancanoinfine uccelli sfuggenti e meno frequenti comelo Svasso piccolo (Podiceps nigricollis) o il giàcitato Tarabuso (Botaurus stellaris) (PETRELLA,2003). Nel mondo scientifico, la palude di Brivioè inoltre nota per una ricca comunità di Cole-otteri idroadefagi e di alcune interessanti spe-cie di Molluschi idrobidi (BOGLIANI et al., 2007).A questi si aggiungono le colonie di grossi mol-luschi bivalvi appartenenti alla specie Uniomancus (PETRELLA, 2003). Passando brevemen-te in rassegna il mondo vegetale, in addizionealle diverse essenze floristiche già citate in pre-cedenza, si aggiungono l’erba vesicaria (Utri-cularia australis), la delicata Ninfea bianca(Nymphaea alba) e la Ninfea gialla (Nupharluteum), aventi in comune un problematico sta-to di conservazione determinato dall’inesorabi-le scomparsa dei biotopi palustri. In corrispon-

denza della zona di transizione tra i molinieti edil magnocariceto erano inoltre noti alcuni esem-plari della protetta Felce florida (Osmundaregalis) (STABLUM et al., 2006).

3. PROTEZIONE E CONSERVAZIONE

3.1 Stato di conservazione

Il sito “Palude di Brivio” annovera delicati am-bienti paludosi che mostrano un differente statodi conservazione. La vegetazione forestale, ben-ché frammentata, risulta stabile e complessiva-mente ben strutturata. Viceversa, le praterieumide a Molinia devono la loro sopravvivenzaal perpetrarsi della pratica del taglio; qualoravenisse a meno questa attività si inneschereb-bero repentini fenomeni d’invasione della ve-getazione paludosa con elementi arbustiviigrofili. Per quanto riguarda il canneto, il mo-nitoraggio condotto all’interno del Sito(BARCELLA et al., 2004) annota come l’habitatin questione sia periodicamente soggetto a in-cendi, che compromettono, tra l’altro, la so-pravvivenza di anfibi e rettili, sprovvisti dizone di rifugio nelle immediate vicinanze. Lamedesima composizione floristica del fragmi-teto risulta in parte soggetta all’invasione dispecie esotiche come la competitiva Vergad’oro del Canada (Solidago canadensis), in gra-do di formare estese colonie monospecificheanche su substrati a umidità variabile. Infineuna criticità in comune per tutti gli habitat pa-lustri è il progressivo e naturale interramentoche porterà alla inevitabile contrazione della ve-getazione igrofila erbacea riducendo, quindi,l’habitat disponibile per le più delicate specieornitiche. Ulteriori fattori limitanti che hannoeffetti negativi per l’avifauna derivano dagliestesi insediamenti industriali dislocati lungo ilconfine orientale del SIC, a cui si aggiunge lapresenza di una pista di atterraggio per velivolileggeri (BARCELLA et al., 2004).

3.2 Stato di protezione

Il Sito “Palude di Brivio” è interamente inclusonel Parco naturale dell’Adda Nord. Come nel

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Coltellaccio maggiore – Sparganium erectum (foto Roberto Dellavedova).

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caso del Sic “Lago di Olginate” la gestione èaffidata al Consorzio individuato come Entegestore dell’area protetta.

4. FRUIBILITÀ

L’accesso alla Riserva Naturale è collocato altermine di via Lago vecchio, accessibile dallaSS 639 in corrispondenza della zona industria-le. Da qui è possibile usufruire della rete ditracciati, in molti casi ricalcanti i percorsi sto-rici, che conducono il visitatore all’osservazio-ne degli ambienti e della fauna del territoriodella Palude di Brivio. In principio, il cammi-namento lambisce alcuni interessanti specchid’acqua, in parte ricoperti da un velo di lentic-chia d’acqua (Lemna minor), ospitanti le pre-ziose specie dell’habitat 3150. Questi ambien-ti, noti con il nome di foppe, sono in realtà dellebuche invase dall’acqua scavate in passato perestrarre sabbia e ghiaia (PANZERI, 2003). Pro-seguendo lungo il tracciato si giunge all’osser-vatorio ornitologico della Riserva, passandodapprima dal Casino del Vicerè, un grossocaseggiato rimasto a testimonianza delle pas-sate attività venatorie che interessavano l’in-tera palude. È proprio grazie alle informazionilegate alla cacciagione che si hanno notizie sul-la ricca fauna che in passato trovava rifugionell’area paludosa. Infatti, al tempo dellesignorie sforzesche, la zona compresa da Brivioa Paderno venne adibita come grande riservadi caccia. Oltre all’aucupio, la selvaggina abi-tualmente cacciata era rappresentata da Volpi(Vulpes vulpes), Lepri (Lepus europaeus) e da al-tri animali “fiabeschi” divenuti anche per que-sta zona un semplice ricordo come il Lupo(Canis lupus) e la Lontra (Lutra lutra). Lungo itracciati sono dislocati alcuni pannelli didatticiin grado di presentare in modo esaustivo gli ele-menti naturali e storici dell’area protetta(PANZERI, 2003).

5. GESTIONE

Nonostante la redazione del Piano di Gestioneper il SIC “Palude di Brivio” sia in fase di rea-lizzazione, l’Ente gestore ha precedentemente

predisposto interventi volti alla riqualificazio-ne ambientale del Sito. Tramite la manutenzio-ne delle canalizzazioni presenti all’interno del-la palude ha avviato il ripristino del correttofunzionamento del reticolo idrografico della ri-serva naturale. Contestualmente ha promossoulteriori azioni destinate a migliorare la strut-tura del canneto e degli ambienti ecotonali conlo scopo di conservare e preservare dal degra-do il delicato ambiente umido. In favore degliAnfibi sono state scavate alcune pozze per au-mentare la disponibilità di habitat idonei(PANZERI, 2003). In merito alla complessa gestio-ne che un Sito così ricco di habitat di valenzainternazionale richiederebbe, si evidenziano diseguito alcuni aspetti che determinano condi-zioni limitanti sia per le biocenosi e sia per l’in-tero ecosistema palustre. Innanzitutto, un evi-dente problema è dato dall’instabile livello del-le acque in entrata determinato dallo sbarra-mento posto nei pressi di Olginate. Tale feno-meno si ripercuote negativamente sui popola-menti ittici del sito: le significative variazioni dellivello delle acque causano infatti danni alla ri-produzione di alcune specie ittiche e addirittu-ra fenomeni di moria. Come evidenziato dagliautori del monitoraggio del Sito (BARCELLA et al.,2004) sarebbe quindi opportuno avviare unospecifico studio finalizzato a valutare gli effettidell’alternanza del livello delle acque per poiindividuare criteri, tempistiche e modalità di re-golamentazione dello sbarramento.Un secondo aspetto da affrontare è il conteni-mento e la comprensione delle dinamiche deipopolamenti delle specie esotiche rilevate al-l’interno del Sito. Come già evidenziato perl’area del Lago di Olginate, anche presso la Pa-lude di Brivio gli ambienti acquatici sono sog-getti dall’invasione della Peste d’acqua diNuttall (Elodea nuttallii), un’idrofita fortemen-te competitiva che potrebbe danneggiare i po-polamenti delle macrofite acquatiche sponta-nee; altrettanto svantaggiosa è la presenza delSiluro (Silurus glanis) dato il documentato im-patto che questo grande pesce produce sullealtre specie ittiche (ZERUNIAN, 2003). Infine, larecente individuazione di nuclei dell’esoticaTestuggine della Florida (Trachemys scripta) ri-

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Nuphar luteum (foto Riccardo Falco). Osmunda regalis (foto Roberto Dellavedova).

Thelipteris palustris (foto Roberto Dellavedova). Liparis loeselii (foto Luigi Boglioni, FAB).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

chiederebbe interventi volti a limitarne l’esten-sione dato che, come è avvenuto in altre locali-tà italiane, potrebbe aver contribuito alla scom-parsa delle residue popolazioni autoctone del-la Testuggine palustre europea. Inoltre, poten-do esserci ancora delle possibilità di ritrovamen-to di Emys orbicularis sarebbe auspicabile ef-fettuare ricerche mirate per verificarne l’esi-stenza. Parimenti costruttiva sarebbe l’ideazio-ne e l’attuazione di una campagna di sensibi-lizzazione sulle problematiche relative all’intro-duzione di specie alloctone (BARCELLA et al.,2004).Per quanto concerne la preziosa vegetazionepalustre, gli interventi andrebbero individuatitenendo conto del dinamismo naturale dellemedesime, cercando di favorire e tutelare ladiversità derivante dal mosaico degli habitat. Letorbiere basse alcaline ubicate nei fondovalle sipossono evolvere, per diminuito apporto idrico,verso i molinieti; questi ultimi a loro volta, inseguito all’ingresso di specie legnose igrofile,possono mutare verso i boschi ad Ontano nero.Sarebbe quindi opportuno, per entrambe lecenosi erbacee, effettuare una falciatura tardi-va per evitare che le specie provenienti dagliambienti circostanti come alcune robuste gra-minacee (Phragmytes australis, Deschampsiacaespitosa) o arbusti invasivi (es: Frangula alnus,Fraxinus excelsior, Alnus glutinosa), possanoavere il sopravvento sulla vegetazione torbige-na; contemporaneamente, per queste tipologieambientali, andrebbero interdette le variazio-ne dell’afflusso idrico e l’apporto di sostanzenutrienti (MASUTTI & BATTISTI, 2007). Infine, lariduzione del rischio di incendio ai danni delcanneto potrebbe essere ottenuta con un au-mento della vigilanza e la creazione di striscetagliafuoco all’interno della palude (BARCELLA

et al., 2004).

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104

ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

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105

I SIC

DE

LLA PR

OV

INC

IA DI L

ECC

O

Vigniti a Galbusera Nera (foto Giuseppe Sardi) Limodorum abortivum (foto Giuseppe Sardi)

VA

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RO

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IT 2030006

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106

ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data di proposta come SIC:

Data di conferma come SIC:

Ente gestore:

Dati generaliLongitudine E 09° 21’ 58’’ Latitudine 45° 42’ 52’’

233 (min) – 530 (max)

1.213,3 ettari

Lomagna, Missaglia, Montevecchia, Olgiate Molgora,Osnago, Perego, Rovagnate, Sirtori, Viganò

-

CTR 1:10.000 B5d2, B5d3

Continentale

giugno 1995

dicembre 2004

Consorzio di Gestione Parco di Montevecchia e dellaValle del Curone

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107

I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

1. CARATTERISTICHE AMBIENTALI

1.1 Ambiente fisico

Il Sito “Valle Santa Croce e Valle del Curone” èl’area comunitaria più meridionale del varie-gato territorio della provincia di Lecco. Si trat-ta di un SIC occupante una superficie pari a1.213 ettari: parliamo dunque del Sito Conti-nentale più grande della provincia ed il quintoper grandezza regionale per quest’area bioge-ografica. A differenza della maggior parte deiSiti lombardi continentali collocati in un am-biente esclusivamente pianeggiante, il presen-te SIC lecchese si inserisce in un diversificatoterritorio contraddistinto da rilievi collinari avallecole solcate dai torrenti Curone e Molgo-retta. Il substrato è costituito da rocce sedimen-tarie distinte in Torbiditi o Flitsch di Bergamo,Scaglia Cinerea e Scaglia Rossa (PANSERI, 2000).La genesi della prima categoria di roccia, comeè in parte celata nel suo nome, avvenne in am-biente marino in un remoto periodo denomi-nato Cretaceo (137 – 65 Milioni di anni fa); imateriali detritici (sabbia, argilla, limo), prove-nienti dalle zone costiere, sfruttarono il mezzoacquoso generando delle torbidi correnti che,percorrendo dei veri e propri canyons sottoma-rini, si depositarono nelle antiche piane abissali.Il ripetersi di tali maestosi smottamenti è ora

leggibile nelle rocce dalla regolare stratificazio-ne che ne contraddistingue la tipica disposizio-ne a strati. La Scaglia è costituita da numerosie sottilissimi strati di una particolare rocciachiamata marna (un ensemble di argilla e calca-re). La formazione delle Alpi iniziata nel Ter-ziario (50 Milioni di anni fa) in seguito alla col-lisione del continente Europeo con quello Afri-cano determinò l’emersione di quei materialiaccumulatisi nei fondali oceanici che, divenutinel frattempo rocce sedimentarie, costituisco-no ora i rilievi collinari di Montevecchia. A que-ste due tipologie di substrati si aggiunge laformazione di Ceppo Lombardo costituita damateriale ciottoloso depositato dall’azione diremoti fiumi originatisi a seguito della fusionedei ghiacciai pleistocenici che, nel Quaternario(tra 2 Milioni e 10.000 anni fa) giunsero a lam-bire il territorio del Sito. Non mancano inoltrealtre tipologie di depositi superficiali distribuitida vari agenti fisici (acqua, vento, ghiaccio) du-rante le molteplici fasi di avanzamento e di riti-rata dei ghiacciai.

1.2 Paesaggio vegetale

L’area del Sito offre, rispetto al territorio circo-stante, ampie porzioni occupate da una diver-sificata tipologia di boschi. Tra essi si inserisco-no superfici erbacee occupate dai prati magri e

Panoramica dall’abitato di Pianello (foto Giuseppe Sardi).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Prati magri a Galbusera Nera (foto Giuseppe Sardi).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

dai prati da sfalcio, connessi alle boscaglie diinvasione affermatesi sui terreni agricoli cadutiin disuso. In particolare, le formazioni boschi-ve assumono un rilevante ruolo di connessionetra le porzioni collinari e i primi rilievi prealpinilecchesi. Si tratta a tutti gli effetti di una zonacuscinetto a cui si può attribuire un ruolo diprimaria importanza naturalistica. Il fondoval-le è caratterizzato da formazioni boschivediscontinue con prevalenza di Farnia (Quercusrobur) e Carpino bianco (Carpinus betulus), men-tre i versanti collinari ospitano querceti di Ro-vere (Q. petraea) e Roverella (Q. pubescens), po-polamenti di Betulla (Betula pendula), cedui diCastagno (Castanea sativa), arbusteti invasivi diPrugnolo spinoso (Prunus spinosa), Frangolacomune (Frangula alnus) o Sanguinello (Cornussanguinea) e pinete di Pino silvestre (Pinussylvestris).

1.3 Habitat di interesse comunitario

All’interno del Sito “Valle di Santa Croce e Val-le del Curone, IT2030006” sono presenti ottohabitat comunitari di cui la metà sono classifi-cati come prioritari (6210*, 7220*, 91E0* e91H0*); le cenosi boschive (9160, 91E0*, 91H0*,91L0 e 9260) sono la categoria ambientale piùrappresentata. Considerando il tipo di habitate la corrispondente estensione è possibile af-fermare che il presente sito si contraddistinguecome un tassello fondamentale della Rete Na-tura 2000 lecchese; infatti l’intera area ricoper-ta dagli habitat dell’Allegato I qui presenti (652ettari) rappresenta ben il 18% della complessi-va superficie occupata da tutti gli ambienti co-munitari distribuiti nei SIC della Provincia diLecco. Ma non solo, tre habitat (6510, 7220* e9260) hanno la maggior estensione provincia-le; inoltre altre tre codifiche (9160, 91H0* e91L0) sono esclusive del Sito IT2030006. Il fat-to che il SIC “Valle di Santa Croce e Valle delCurone” sia l’unico Sito incluso nella regionebiogeografica Continentale lombarda ospitan-te i “Querceti termofili di Roverella (91H0*)”ed i “Querceti illirici di Rovere (91L0)”, è unulteriore elemento distintivo di quest’area co-munitaria.

Se si allarga l’analisi della distribuzione di que-ste codifiche a tutti i SIC della Regione Lom-bardia si conferma, per alcuni di essi, la lorolimitata diffusione: ad esempio l’habitat“Querceti di rovere illirici (91L0)”, oltre che inquest’area comunitaria, è localizzato in soli al-tri due SIC bresciani (Altopiano di Cariadeghe,IT2070018 e Sorgente Funtanì, IT2070019), maancor più rilevante è l’estensione della codifica91L0 nel SIC “Valle di Santa Croce e Valle delCurone” che rappresenta addirittura l’87% del-la sua complessiva superficie a livello regiona-le. Il codice in esame corrisponde a boschi dilatifoglie miste, inquadrati nell’alleanza delErythronio-Carpinion, in cui si ha la prevalenzadi Rovere, Farnia e Carpino bianco. Il grandepregio di tali cenosi boschive, collocate su mediversanti, di preferenza su suoli profondi, è datodal ricco corredo floristico e dalle considerevo-li e appariscenti fioriture di geofite primaverilitra cui campeggia l’aggraziato Dente di cane(Erytronium dens-canis).Altrettanto infrequente, almeno nei SIC dellaLombardia, è l’ambiente prioritario dei “Bo-schi pannonici di Quercus pubescens (91H0*)”,segnalato solamente in altri tre Siti in Provin-cia di Varese (Monte Legnone e Chiusarella,IT2010002; Versante Nord del Campo dei Fiori,IT2010003; Grotte del Campo dei Fiori,IT2010004). In questo caso, la copertura del-l’habitat 91H0* nel Sito “Valle di Santa Crocee Valle del Curone” rappresenta ben il 39%della globale superficie occupata nei SIClombardi. In questa codifica si includono i bo-schi termofili di Roverella frammisti a Carpinonero (Ostrya carpinifolia) ed Orniello (Fraxinusornus), insediati su suoli magri e secchi, il cuivalore biologico è dato dal ricco strato erba-ceo costituito dalle interessanti entità di pratie margini boschivi aridi. All’interno del Sito,le boscaglie di Roverella si affermano in corri-spondenza dei rilievi collinari su suoli sottili econ roccia sub-affiorante.Nel caso dei “Querceti di farnia o rovere suba-tlantici e dell’Europa centrale del Carpinionbetuli (9160)” la loro estensione nei SICLombardi raggiunge una superficie di circa 577ettari distribuita in 22 Siti, la maggior parte dei

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Tipi di habitat dell'Allegato I della Direttiva 92/43/CEE

Codice Habitat Copertura (ha)

6210 Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco -Brometalia) (* notevole fioritura di orchidee) 11,94

6510 Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) 161,12

7220 * Sorgenti petrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion) 5,229160 Querceti di farnia o rovere subatlantici e dell'Europa centrale del Carpinion betuli 57,91

91E0 * Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae) 1,19

91H0 * Boschi pannonici di Quercus pubescens 79,691L0 Querceti di rovere illirici (Erythronio-Carpinion) 87,679260 Foreste di Castanea sativa 239,58

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111

I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

quali ricadenti nell’area Continentale (21). LaProvincia di Lecco, grazie ai 58 ettari ubicatinel SIC incluso nel Parco di Montevecchia edella Val Curone, ospita un’area pari al 10%della complessiva superficie regionale. Si trat-ta di formazioni forestali a prevalenza di Quer-ce (Quercus robur, Q. petraea) e Carpino bian-co inquadrabili nell’Alleanza del Carpinionbetuli, equivalenti alla tipologia forestale delQuerco-carpineto collinare di Rovere e/oFarnia (DEL FAVERO, 2003). Nello strato arboreoa queste due essenze forestali si associano dinorma: Castagno, Olmo campestre (Ulmusminor), Ciliegio (Prunus avium) e Acero cam-pestre (Acer campestre). Nei Querco-carpineticollinari localizzati in Lombardia è frequentela presenza della Robinia (Robinia pseudoaca-cia), una leguminosa di origine nordamerica-na, introdotta in Europa dapprima per scopiornamentali ed in seguito favorita per la buo-na qualità del suo legno. Trattandosi di unaspecie eliofila, ovvero amante della luce, essacolonizza velocemente le radure che si posso-no creare in seguito allo sradicamento di vec-chi esemplari arborei oppure, si insedia neglispazi prodotti nei boschi cedui fortementesfruttati (BRACCO et al., 2001). Ai Querco-carpineti della codifica 9160 si attribuisce unconsiderevole valore naturalistico perché sonoormai sempre più frammentati e ridotti a pic-coli lembi di modesta estensione a causa del-l’urbanizzazione e della loro sostituzione con

le colture agrarie (DEL FAVERO,2003; MASUTTI & BATTISTI, 2007).Fortunatamente è abbastanza fre-quente la corrispondenza dei Sitilombardi con questa tipologia dihabitat, ad ulteriore testimonian-za del ruolo che tale codifica giocanella rete ecologica di Natura 2000.Considerando ora gli ambienti co-munitari più estesi all’interno delSito si nota che il 20% della superfi-cie, vale a dire 240 ettari (figura 1),è occupato da castagneti (9260),seguono i consorzi prativi da sfalcioriconducibili alla codifica 6510 (161ettari). Viceversa, l’ambiente comu-

nitario meno esteso, ricoprente una superficiedi circa 10.000 m2, è rappresentato da un iso-lato boschetto igrofilo ad Ontano nero (Alnusglutinosa) incluso nella codifica 91E0*. A pro-posito di habitat prioritari, un approfondimen-to è d’obbligo per le sorgenti alcaline (7220*)colonizzate da specializzati Muschi, apparte-nenti al genere Cratoneurion, in grado di favo-rire la precipitazione di Carbonato di Calcioche lentamente genera i depositi di travertino(MAURI, 2006). Anche in questo caso, oltre adessere un habitat che si sviluppa su limitatesuperfici, in Lombardia mostra una diffusio-ne assai frammentata. Difatti, nella regionebiogeografica Continentale le sorgenti alcalinesono state censite, oltre che nel presente Sito,in soli altri due SIC (Sasso di Malascarpa,IT2020002; Monte Alpe, IT2080021). Il contri-buto di quest’area comunitaria alla sopravvi-venza delle sorgenti petrificanti diventa ancorpiù determinante dato che, gli ambientifontinali alimentati da acque ricche di calcaredislocati a bassa altitudine rappresentano unambiente relitto di grande valore scientificopoiché strutturato da numerose entità stret-tamente vincolate a tale habitat (DELARZE &GONSETH, 2008).Un’ultima considerazione è dedicata ai consor-zi prativi semi-naturali inquadrati nella classedel Festuco-Brometea (6210*), un ambiente diprimaria importanza biologica conferita dallagrande varietà floristica che ospita a cui si ad-

91H0*6,6%

91L06,0%

91605%

91E0*0,1%

651013%

6210*1,0%

926020%

7220*0,4%

altr o47%

Valori percentuali di copertura degli habitat.

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

dizionano i numerosi invertebrati ed altre ca-tegorie sistematiche di animali che frequenta-no sporadicamente o abitualmente tali cenosierbacee.

1.4 Ambiente umano

Il territorio circostante al Sito “Valle di SantaCroce e Valle del Curone” è caratterizzato dal-la forte presenza umana data da centri abitati,aree industriali e vie di comunicazione. Il pae-saggio all’interno del Sito esprime fortementel’identità rurale dei luoghi essendo contrasse-gnato da edifici e borghi rurali distribuiti tra icolli e le valli frammisti alle aree agricole. I col-tivi sono rappresentati principalmente da se-minativi a mais, piante foraggere e prati dasfalcio.

2. SPECIE DI INTERESSE

2.1 Specie di interesse comunitario

Nelle aree rurali, gli habitat prativi intercalati acespugli isolati, boschetti e margini boschivi cre-ano dei mosaici ambientali indispensabili perdiverse specie ornitiche. A livello europeo, inquesti ultimi decenni, il paesaggio campestreha subito profondi mutamenti determinando lacontrazione delle superfici prative e degli am-bienti semi-naturali in esso presenti. Al declinodi svariate specie ornitiche, un tempo diffuse ecomuni, corrisponde quindi un aumento delnumero di uccelli tutelato da apposite norma-tive protezionistiche. Nel caso del Sito di Mon-tevecchia esistono tuttora superfici agricoleidonee ad ospitare interessanti specie vulnera-bili o poco frequenti come la Sterpazzola (Sylviacommunis), il Saltimpalo (Saxicola torquata), il

Verzellino (Serinus serinus), lo Zigolo nero(Emberiza cirlus) o il Canapino (Hippolaispolyglotta). A questi si aggiunge uno dei simbo-li della campagna di un tempo: l’Averla piccola(Lanius collurio), un buon esempio di specieminacciata la cui sopravvivenza dipende dal-l’esistenza dei prati magri. Si tratta di unPasseriforme insettivoro visibile nei consorziprativi aperti e soleggiati intento a ricercare lagrande varietà di insetti di cui si nutre; la suatecnica di caccia consiste nel collocarsi in luo-ghi sopraelevati che gli permettono di control-lare il territorio circostante per poi planare ra-pidamente sugli invertebrati che si trovano sulterreno o, eventualmente, inseguirli in volo.L’Averla piccola trova rifugio nelle boscaglietermofile o in macchie boscose, nidificando incespugli poco accessibili. Fortunatamente, no-nostante la sua vulnerabilità, Lanius collurio èsegnalata in 102 Siti Comunitari lombardi. Learee agricole sono inoltre frequentate per sco-pi trofici da alcuni rapaci diurni: la comune

Poiana (Buteo buteo) è di norma visibile posatasu qualche ramo, mentre l’agile Lodolaio (Fal-co subbuteo) predilige una tecnica di caccia atti-va perlustrando in volo il territorio campestrein cerca di prede.Nelle aree boscate del Sito sono infine presentinumerose altre specie di uccelli, sia comuni siasottoposti a tutela come il Falco pecchiaiolo(Pernis apivorus), lo Sparviere (Accipiter nisus),l’Upupa (Upupa epops), il Frosone (Coccothrau-stes coccothraustes), il Rampichino comune(Certhia brachydactyla), il Picchio muratore(Sitta europea) e l’Allocco (Strix aluco).Nel 2003 l’Associazione Faunaviva realizzò, perconto del Consorzio di gestione del Parco diMontevecchia e della Val Curone, uno studio

Elenco delle specie di uccelli del sito Valle Santa Croce e Valle del Curone inserite nell’Allegato I dellaDirettiva 79/409/CEE.

Uccelli elencati nell'Allegato I della Direttiva 79/409/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico Fenologia

A072 Falco pecchiaiolo Pernis apivorus Migratore regolare, nidificante A229 Martin pescatore Alcedo atthis Nidificante A338 Averla piccola Lanius collurio Migratrice regolare, nidificante

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Biscia d'acqua – Natrix natrix (foto Roberto Dellavedova).

Saltimpalo – Saxicola torquata (foto Marco Noseda).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

finalizzato all’individuazione di interventi a fa-vore dei Chirotteri nel territorio del Parco(CAVENATI et al., 2003). Grazie a questa ricercavennero identificate 11 specie di pipistrelli, dicui sei presenti all’interno del perimetro del SIC.A tali informazioni si addizionano i dati acqui-siti durante la campagna di rilevamento del1993, condotti dalla medesima Associazione,nei quali si indicava pure l’esistenza del Serotinobicolore (Vespertilius murinus) e della Nottola(Nyctalus noctula). Nel primo caso, per quantoriguarda la distribuzione nei Siti comunitaridella Lombardia, sono note solo quattro segna-lazioni, mentre per la Nottola le presenze re-gionali salgono a 19. L’unica specie di chirotteroinclusa nell’Allegato II della Direttiva “Habitat”localizzata nel SIC è il Barbastello (Barbastellabarbastellus), una specie legata alla presenza diformazioni forestali sia in ambienti planiziali che

montani (CAVENATI et al., 2003). Nel sito “Valledi Santa Croce e Valle del Curone”, conside-rando le sole specie incluse negli Allegati dellaDirettiva “Habitat”, alle 8 specie di Chirotterisi aggiungono altri 12 taxa afferenti ai seguentigruppi sistematici: cinque Rettili (Lacerta viridis,Podarcis muralis, Hierophis viridiflavus, Elaphelongissima e Natrix tessellata), quattro Anfibi(Triturus carnifex, Rana latastei, Bufo viridis eRana dalmatina), due Pesci (Leuciscus souffia eCobitis taenia) e un solo vegetale (Ruscusaculeatus). Tra i Rettili è interessante la presen-za di Natrice tassellata (Natrix tessellata), for-temente legata alla presenza di acqua corren-te; si tratta di un ofide appartenente all’Allega-to IV, localizzato in tre Siti continentali lecche-si. La disponibilità di ambienti acquatici comesiti riproduttivi favorisce inoltre gli Anfibi; nelParco di Montevecchia e della Valle del Curo-

Elenco delle specie animali del sito sito Valle Santa Croce e Valle del Curone incluse negli AllegatiII, IV e V della Direttiva 92/43/CEE.

Codice Specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/CEE

Allegato

1849 Pungitopo

Ruscus aculeatus V

Mammiferi

II, IV

II

1308 Barbastello

Barbastella barbastellus

1309 Pipistrello nano

Pipistrellus pipistrellus IV

1201 Rospo smeraldino Bufo viridis IV

1209 Rana agile

Rana dalmatina

IV

1317 Pipistrello di Nathusius Pipistrellus nathusii

IV

1167 Tritone crestato italiano

Triturus carnifex

II, IV

1332 Serotino bicolore

Vespertilius murinus

IV

1312 Nottola comune

Nyctalus noctula

IV

1333 Molosso di Cestoni

Tadarida teniotis

IV

Pipistrello di Savi Hypsugo savii IV

5008 Pipistrello albolimbato Pipistrellus kuhlii IV

1256 Lucertola muraiola Podarcis muralis IV1263 Ramarro occidentale Lacerta viridis IV1281 Saettone Elaphe longissima IV1284 Biacco Coluber viridiflavus IV

1215 Rana di Lataste Rana latastei II, IV

VegetaliNome scientificoNome comune

1292 Natrice tassellata Natrix tessellata

1131 Vairone Leuciscus souffia

Pesci

IV

II

Anfibi

Rettili

1149 Scazzone Cobitis taenia

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Anacamptis pyramidalis con farfalla (foto Giuseppe Sardi).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Ophrys insectifera (foto Giuseppe Sardi).

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117

I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

ne sono infatti presenti 9 specie (MAURI, 2006)di cui due incluse nell’Allegato II: il Tritonecrestato italiano (Triturus carnifex) e la Rana diLataste (Rana latastei). Quest’ultima, in parti-colare, è una specie endemica dell’Italia setten-trionale distribuita nella Pianura Padano-Veneta (ANDREONE & SINDACO, 2002); individua-ta presso 58 siti comunitari lombardi, frequen-ta i Querco-carpineti (9160) o habitat boschivipiù umidi come i saliceti ripariali e i boschettialluvionali (91E0*) di Ontano nero (Alnusglutinosa) o Frassino maggiore (Fraxinus excel-sior).Il Pungitopo (Ruscus aculeatus) è l’unico taxonpresente nel sito “Valle di Santa Croce e Valledel Curone”, appartenente all’Allegato V. Si trat-ta di una particolare Liliacea segnalata in altri 12SIC lombardi, osservabile in gruppi di pochi in-dividui o in ampie colonie distribuite nel sotto-bosco di boscaglie termofile come i consorzi aRoverella o gli arbusteti di Carpino nero edOrniello. Come per tutte le specie elencate nel-l’Allegato V, soggette ad un interesse commer-ciale, o di caccia o di raccolta, l’Ente gestore èchiamato dalla Direttiva “Habitat” ad individua-re delle misure finalizzate al mantenimento diuno stato di conservazione soddisfacente.

2.2 Altre specie importanti

Il presente SIC, grazie alla sua particolare col-locazione e alla complessa struttura conferitadagli ambienti boschivi frammisti a praterie earee agricole, gioca un ruolo fondamentale perla sopravvivenza di numerose specie di esseriviventi. Oggigiorno, in seguito alle accurate in-dagini e ricerche condotte nel Parco di Monte-vecchia e della Valle del Curone, si hanno co-spicue informazioni sulla composizione dellafauna e flora locale. Secondo recenti stime, al-l’interno del territorio protetto del Parco, vivo-no circa 120 specie di animali vertebrati; a que-sti si aggiungono circa 800 specie di pianteerbacee o legnose e decine di specie di funghi(MAURI, 2006).L’attuale componente faunistica risente dellacondizione di isolamento che contraddistingueil Sito; infatti il territorio circostante è stato for-

temente plasmato dall’espansione degli insedia-menti umani che, insieme alle vie di comunica-zione, ostacolano il naturale flusso della fauna.Un esempio eclatante è quello dello Scoiattolorosso (Sciurus vulgaris), in passato comune intutta la Lombardia ma le cui popolazioni natu-rali, a causa del progressivo deterioramentodell’habitat boschivo, hanno subito una fortecontrazione, tanto da arrivare ad estinzioni lo-cali, come nel caso dell’area del Parco di Mon-tevecchia e della Valle del Curone. Per questomotivo, l’Ente gestore a seguito di uno studiodi fattibilità, negli anni 1998 e 1999 reintrodussealcuni individui di Scoiattolo rosso all’internodell’area protetta, dai quali discendono i variesemplari che costituiscono l’odierna cospicuapopolazione (AA.VV., 2003). Una seconda ini-ziativa di successo è stata la reintroduzione delTasso (Meles meles) all’interno del perimetro delParco (BALESTRIERI & REMONTI, 2003; MAURI,2006).Per quanto riguarda la componente vegetaleconsultando il sito internet dell’area protetta èpossibile accedere alla check-list della flora lo-cale, mantenuta aggiornata grazie al contribu-to delle Guardie Ecologiche Volontarie. Me-diante una visita virtuale si può quindi visionarequali sono le specie che si possono incontrarenei vari ambienti, o ancora, visualizzare le belleimmagini fotografiche selezionabili in base alperiodo di fioritura. In primavera, ad esempio,il sottobosco delle numerose formazioniforestali accoglie le precoci fioriture di svariategeofite. Questo termine botanico fa riferimen-to ad una delle categorie incluse nella classifi-cazione di RAUNKIAER (1934), definite sulla basedegli adattamenti cui le piante ricorrono perproteggere le loro gemme durante la stagioneavversa. In questa definizione sono incluse tuttele piante erbacee perenni con gemme sugli or-gani ipogei (rizomi, tuberi, bulbi). Alcuni esem-pi di geofite rizomatose sono Anemone gialla(Anemone ranunculoides) e la più comune Ane-mone bianca (Anemone nemorosa), appartenentialla famiglia delle Ranunculaceae; decisamentemeno frequenti rispetto alle precedenti sono leaggraziate Cefalantera rossa (Cephalantherarubra) e Cefalantera maggiore (C. longifolia).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Cephalanthera rubra (foto Giuseppe Sardi). Erythronium dens-canis (foto Roberto Dellavedova).

Gymnadenia conopsea (foto Roberto Dellavedova). Adiantum capillus-veneris (foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Entrambe sono ampiamente protette sia danormative regionali sia nazionali in quanto ap-partenenti alla famiglia delle Orchidaceae. In ef-fetti, questi attraenti vegetali sono forse l’ele-mento floristico più caratteristico del Sito datoche si possono contare svariate specie adattatea sopravvivere in diverse tipologie di habitat.Alcuni ambienti congeniali alle orchidee sono iboschi termofili insediati sui terreni calcarei; nelloro luminoso sottobosco, in radure o ai margi-ni boschivi si possono ad esempio incontrarePlatantera verdastra (Platanthera chlorantha),Ofride insettifera (Ophrys insectifera) o l’Orchi-dea maggiore (Orchis purpurea). Ma sono so-prattutto i prati magri ad offrire rifugio a diver-se orchidee, talvolta comuni, a cui si affianca-no altre decisamente più rare come il precoceGiglio caprino (Orchis morio), la vistosa Orchi-dea piramidale (Anacamptis pyramidalis), lacomune Manina rosea (Gymnadenia conopsea),l’elegante Orchide screziata (Orchis tridentata)oppure Ofride fior ragno (Ophrys sphegodes).Infine, in ambienti freschi su muri artificiali opareti rocciose calcaree soggette a continuo stil-licidio, si insedia una tipica vegetazione di roc-ce umide rappresentata dal bel Capelvenere(Adiantum capillus-veneris), un’elegante felce adistribuzione Paleotropicale talvolta formantedelle lussureggianti colonie.

3. PROTEZIONE E CONSERVAZIONE

3.1 Stato di conservazione

Nel Sito “Valle di Santa Croce e Valle del Curo-ne” l’habitat dei prati magri occupa le favore-voli aree incolte un tempo destinate a vigneti efrutteti collocate sui versanti terrazzati dispo-sti a meridione; in queste porzioni i consorziprativi aridi mostrano complessivamente unbuono stato di conservazione (BARCELLA et al.,2004). Tuttavia, il problema comune a tutte lecenosi erbacee semi-naturali è dato dall’abban-dono delle attività agrarie o pastorali, con laconseguente colonizzazione delle superfici pra-tive da parte di specie arboree e arbustive. Nelcaso del territorio del Parco, i vigneti attivi sonostati regolarmente falciati fino agli anni ’80

(PANSERI, 2000) ma poi sono caduti in disuso. Aseguito di questa fase di abbandono si registraora una vitale ripresa delle attività agricole, checomporta un secondo elemento di criticità perla corretta conservazione degli ambienti prativi.Infatti, la volontà delle nuove aziende agricoledi ripristinare gli impianti di vigneto, con moder-ne tecniche di intervento, potrebbe determina-re delle ripercussioni degradanti per i consorzierbacei della classe Festuco-Brometea inclusi nel-la codifica 6210. Per questo motivo l’Ente Parcoha definito delle linee guida per la gestione del-l’habitat dei prati magri (CEREDA, 2000). Ancheper la positiva conservazione delle praterie ma-gre da fieno a bassa altitudine (6510) si registra-no problematiche analoghe rappresentate dalmancato intervento di sfalcio che porta alla de-gradazione della vegetazione con l’immediatainvasione da parte di specie infestanti. Ulterioriminacce derivano dal disturbo antropico deri-vato dall’incremento di attività escursionistiche.Per l’habitat prioritario delle sorgenti alcaline delCratoneurion (7220*) la principale vulnerabilità èdata dalla captazione delle acque di sorgente,con conseguente alterazione del regimeidrologico. Nell’area del Parco di Montevecchiae della Valle del Curone, il mutamento della ge-stione del territorio avvenuto a partire dal do-poguerra ha inoltre determinato fenomeni didissesto idrogeologico che, nei casi più gravi,potrebbe determinare la chiusura delle sorgentialcaline fino alla copertura dei corsi d’acqua.In generale per le varie formazioni boschive(9160, 91E0*, 91H0, 91L0, 9260) il principale fat-tore di vulnerabilità è legato alla diffusione dellespecie esotiche invasive arboree come Robiniaed Ailanto (Ailanthus altissima). In particolare laRobinia va a costituire anche dei boschi in pu-rezza che sostituiscono l’originaria vegetazioneforestale spontanea. I boschi termofili a Roverellarappresentano una delle formazioni forestalimeglio conservate dell’area, tuttavia tali consor-zi termofili sono maggiormente soggetti alla mi-naccia di incendi.

3.2 Stato di protezione

Il Sito d’Interesse Comunitario è interamente

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

compreso nel Parco Regionale di Montevecchiae della Valle del Curone. Il Parco venne istitui-to con la Legge Regionale n. 78 del 16 settem-bre 1983, tre anni più tardi fu individuato comeEnte gestore il Consorzio rappresentato attual-mente dai comuni di Cernusco Lombardone,Lomagna, Missaglia, Montevecchia, OlgiateMolgora, Osnago, Perego, Rovagnate, Sirtori eViganò, a cui venne affidata la gestione dell’areaprotetta. Nel 1991 venne adottato il Piano Ter-ritoriale di Coordinamento (PTC), successiva-mente approvato dalla Regione nel 1995. Al-l’interno del Parco il Piano individua le aree dimaggiore valore includendole nella “RiservaNaturale Alta Valle del Curone e Valle di SantaCroce” classificata quale riserva orientatapaesistico-forestale.Il SIC “Valle di Santa Croce e Valle del Curone,IT2030006” con Decreto Ministeriale 26 marzo2008, pubblicato sulla G.U. n. 104 del 5 maggio2008, è incluso nell’aggiornato elenco per la re-gione biogeografica Continentale in Italia aisensi della Direttiva 92/43/CEE. Grazie al Te-sto Unico delle leggi regionali in materia di isti-tuzione di Parchi (L.r. 16 luglio 2007 n. 16) ilterritorio del Parco ha negli ultimi tempi otte-nuto il riconoscimento come Parco Naturale,mentre ancora più recentemente, con L.r. 7aprile 2008 n. 13, è avvenuto l’ampliamento deiconfini dell’area protetta al comune di Merate.

4. FRUIBILITÀ

Il Sito è attrezzato con numerosi sentieri dapercorrere in comodità a piedi. In particolare,il Consorzio di Gestione propone 11 itinerariche permettono di raggiungere i luoghi più sug-gestivi dell’area protetta. Per una scelta del per-corso più idoneo alle proprie aspettative si sug-gerisce di visitare il sito ufficiale del Parco, doveè possibile avere un’anteprima descrittiva deicontenuti della passeggiata e delle emergenzepaesaggistiche, ambientali e socio-culturali chesi potranno incontrare di passo in passo. A in-tegrazione di queste informazioni è inoltre pos-sibile optare per l’utilizzo di quattro percorsiaudioguidati utilizzando i files acquisibili gra-tuitamente dal sito ufficiale. I contenuti si rife-

riscono a degli itinerari pensati per i non ve-denti, dedicati agli ambienti delle sorgenti pie-trificanti, dei prati magri, delle erbe officinali eal paesaggio rurale e alle sue architetture.Presso la “Cascina Butto” ha sede il Centro Vi-site del Parco di Montevecchia e Valle del Cu-rone. La struttura svolge la funzione di offrireinformazioni aggiornate e dettagliate in meritoai numerosi argomenti naturalistici e paesaggi-stici che riguardano la variegata realtà territo-riale del Sito e del Parco regionale. Infine, perchi fosse interessato ad effettuare degli appro-fondimenti sulla componente ambientale loca-le, visitando il museo sito presso il Centro Par-co “Cà del Soldato”, aperto il sabato e domeni-ca, avrà la possibilità di comprendere i preziosiaspetti naturalistici non osservabili in un’unicapasseggiata.

5. GESTIONE

La gestione del Sito è stata affidata al Parco diMontevecchia e della Valle del Curone con d.g.r.dell’8 agosto 2003 n. 7/14106. L’Ente gestorevanta l’esperienza di ben due progetti LIFE. Nel1998 l’Unione Europea approvò il primocofinanziamento alle iniziative proposte per latutela e la riqualificazione delle aree di mag-giore interesse naturalistico; due anni più tardiil sostegno della Comunità Europea venne rin-novato per un secondo Progetto dedicato aglihabitat comunitari inclusi nell’area.Gli ambienti interessati dalle iniziative gestio-nali sono stati le sorgenti pietrificanti con for-mazioni di travertino (7220*), i prati magri(6210*) e i boschi igrofili con Ontano nero(91E0*).Nell’ambito del progetto LIFE Natura 1998 sonostati attuati interventi in favore dell’habitat dellesorgenti pietrificanti. In particolare, è stata av-viata la manutenzione e il risanamento dell’al-veo dei ruscelli e del loro bacino di alimenta-zione attraverso il consolidamento dei versantiabbinati a mirati interventi forestali. Per limita-re il disturbo alle sorgenti causato dal transitosui sentieri, sono stati quindi realizzati passag-gi preferenziali con ponticelli e passerelle. Neipressi delle formazioni più significative sono

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

state inoltre collocate bacheche informative. Inseguito, con il secondo Progetto LIFE Natura,l’Ente gestore ha individuato ulteriori interventidi ingegneria naturalistica con lo scopo di au-mentare la stabilità dei bacini. A queste azionisi sono affiancate iniziative volte a far conosce-re sia al pubblico adulto sia alle scolaresche ilvalore di questi precari ambienti. Degno di notaè lo sviluppo di un programma divulgativo de-dicato ai disabili.Così come è avvenuto per il precedente habitat,anche per quanto riguarda gli interventi con-servativi dei prati magri, l’Ente gestore ha dap-prima promosso indagini e ricerche per appro-fondire le conoscenze di questi delicati ambien-ti. Lo scopo principale del progetto era di pro-muovere risoluzioni orientate ad aumentarnel’estensione. Per questa tipologia ambientalel’Ente gestore ha sviluppato un modello di ge-stione più articolato stipulando con i proprie-tari delle convenzioni per la corretta manuten-zione delle aree prative aride e delle macchiearbustive adiacenti, necessarie alla connessio-ne dei vari ecosistemi. Gli interventi program-mati prevedono l’esecuzione di sfalci solo a sta-gione molto avanzata, permettendo alle specievegetali di completare il loro ciclo biologico an-nuale, abbinata alla rimozione degli arbusti delmargine del bosco da attuarsi ogni due anni.Oltre al mantenimento delle aree prative hainoltre avviato il recupero di superfici abban-donate, su una superficie di circa 20 ettari, di-rettamente e tramite delle convenzioni, ripren-dendo la pratica dello sfalcio e sradicando lavegetazione arborea ed arbustiva invasiva. L’En-te gestore, basandosi sull’esperienza di altrearee protette, ha introdotto il pascolo degli asi-ni. Anche in questo caso, assecondando la po-litica comunitaria sono stati promossi interven-ti divulgativi collocando pannelli didattici lun-go il tracciato dei sentieri che a loro volta sonostati migliorati per dirigere il transito dei visita-tori.Come anticipato in precedenza, la crescenterichiesta di riattivare la viticoltura ha introdot-to delle nuove analisi per verificarne la compa-tibilità con gli obiettivi conservativi dei pratimagri e delle altre componenti biotiche che lo

frequentano. In particolare la necessità di pro-grammare interventi di controllo degli insettiche fungono da vettore di malattie della vite haun impatto negativo sull’entomofauna. Per que-sto motivo L’ente gestore ha optato per l’acqui-sto di aree prative, lontane dai vigneti, da dedi-care ad una maggior tutela ed attenzione natu-ralistica.Infine nell’ambito del Progetto LIFE Natura1998, in favore dell’habitat “boschi igrofili conOntano nero (91E0*)”sono state promosse ini-ziative orientate al miglioramento delle condi-zioni ecologiche dei boschetti igrofili mediantela realizzazione di piccoli sbarramenti con loscopo di aumentare l’umidità del terreno. Perrestituire una maggior naturalità della compo-nente vegetale sono stati eseguiti dei tagli dellespecie esotiche invasive. Infine con l’obiettivodi ampliare la superficie dei boschetti umidisono stati impiantati esemplari di Ontano neroe di altre specie legnose igrofile nelle loro im-mediate vicinanze e nelle radure più ampie.

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I SIC

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Uno scorcio del lago (foto Roberto Dellavedova) Cannareccione (foto Marco Noseda)

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IT 2030007

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Coordinate:

Altitudine:

Superficie:

Comuni:

Comunità Montana:

Cartografia di riferimento:

Regione biogeografica:

Data di proposta come SIC:

Data di conferma come SIC:

Ente gestore:

Dati generali

Longitudine E 09 25 33 Latitudine 45 42 56

319 (min) – 323,60 (max)

27,67 ha

Merate

-

CTR 1:10.000 B5e2

Continentale

giugno 1995

dicembre 2004

Riserva Naturale Lago di Sartirana

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

1. CARATTERISTICHE AMBIENTALI

1.1 Ambiente fisico

Il Sito di Interesse Comunitario “Lago diSartirana, IT2030007” si colloca all’interno del-l’omonima Riserva Naturale, in un’area sopra-elevata rispetto al solco vallivo tracciato a le-vante dal Fiume Adda. L’attuale morfologia hasubito in tempi geologicamente recenti, ricon-ducibili al Quaternario, una sagomatura a se-guito della discesa verso la pianura di vastelingue di ghiaccio. I depositi morenici lasciatiin loco dal ritiro dei ghiacciai hanno ricopertoun territorio già caratterizzato da lievi corru-gamenti attuati dall’orogenesi alpina. Da unpunto di vista geologico il basamento è costi-tuito dalle formazioni della “Scaglia Lombar-da” rappresentata da varie tipologie di marnefittamente stratificate. La genesi del substra-

to geologico calcareo – marnoso è riconduci-bile, in larga misura, alla sedimentazionedetritica avvenuta nell’ambiente marino pri-mordiale che caratterizzava quest’area in tem-pi arcaici (VERGOTTINI, 2008). Come si è verifi-cato anche per altri laghi briantei, lo sbarra-mento operato da un apparato morenico hafavorito la permanenza delle acque sul fondoargilloso impermeabile, con la conseguenteformazione di numerosi specchi d’acqua. IlLago di Sartirana rappresenta dunque un ti-pico esempio di lago inframorenico. L’alimen-tazione dello specchio lacustre è assicuratadagli apporti idrici provenienti dalla minutapercolazione dai circostanti accumuli more-nici.

1.2 Paesaggio vegetale

La vegetazione che contraddistingue il Sito

Lo specchio d’acqua del Lago di Sartirana (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

Ninfea - Nymphaea alba (foto Roberto Dellavedova).

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Lago di Sartirana è spiccatamente igrofila. Sitratta di un interessante esempio di come i na-turali processi evolutivi dei consorzi vegetalideterminano la progressiva occlusione di unospecchio d’acqua. In passato era nota e comu-ne la presenza di importanti specie idrofiteradicanti e natanti. Delle appariscenti fiorituredi Ninfea comune (Nymphaea alba), Ninfeagialla (Nuphar lutea) e di altre interessanti en-tità come la Castagna d’acqua (Trapa natans)o Brasca increspata (Potamogeton crispus), ri-mangono ora sporadici esemplari a causa del-la riduzione dei medesimi popolamenti acqua-tici. Tale condizione, secondo quanto emergedal monitoraggio del sito (BARCELLA et al., 2004),è imputabile alla condizione di ipertrofia delbacino, già rilevata all’inizio degli anni ’80(CNR-IRSA) ed amplificata dall’introduzionedi esemplari alloctoni di Carpa erbivora (Cte-nopharyngodon idella). L’attuale ripresa dellemacrofite acquatiche è una conseguenza del-l’ormai esiguo numero di esemplari di carpaerbivora sopravvissuti. Passeggiando lungo iltratto orientale della riva si osserveranno co-munque delle appariscenti fioriture di Ninfee,riferibili però, a varietà di origine coltivata, acui si aggiungono le vistose infiorescenzebluastre di Pontederia (Pontederia cordata).A mano a mano che il fondale si innalza, ibiotopi acquatici lasciano gradualmente spa-zio alla Cannuccia di Palude (Phragmites au-stralis). Il canneto o fragmiteto, dal nome

scientifico del genere della vistosa elofita, oc-cupa ampie superfici contribuendo con il suopoderoso apparato radicale alle fasi di impa-ludamento dello specchio lacustre, per poigradatamente collegarsi ai consorzi boschividislocati lungo il margine del bacino lacustre.Nella porzione nord occidentale il perimetrodel lago è quasi ininterrottamente delimitatoda un bosco ad Ontano nero (Alnus glutinosa)in parte frammisto anche ad entità esotichecome il Cipresso delle paludi (Taxodiumdistichum), il Platano comune (Platanushybrida) ed il Ciliegio tardivo (Prunus serotina).La presenza del consorzio boschivo indica unafase più avanzata dei lenti processi di interra-mento. La vegetazione erbacea dei prati sta-bili da sfalcio intercalata a superfici occupateda seminativi di mais completano la varietà diambienti all’interno del SIC.

1.3 Habitat di interesse comunitario

Il SIC “Lago di Sartirana” annovera due tipo-logie di habitat comunitari riconducibili alleformazioni erbose mesofile e ai boschi azonalidi Ontano nero (Alnus glutinosa). I prati dasfalcio occupano una superficie pari a circa il15% del sito, concentrati nella porzione set-tentrionale del bacino lacustre. La peculiareubicazione delle praterie consente di creareun’efficace transizione tra i circostanti centriabitati e il piccolo bacino lacustre. L’importan-te ruolo di zona cuscinetto consente di incre-mentare il valore biologico del sito. I prati dasfalcio sono ambienti secondari sottratti allavegetazione originaria arbustiva o boschiva.Essendo prati a conduzione agricola tradizio-nale, sono fortemente influenzati e determi-nati nella loro composizione floristica dell’in-tervento periodico di sfalcio (GIACOMINI &FENAROLI, 1958). L’intervento dell’uomo haquindi portato a selezionare un quadrofloristico costituito da specie spontanee pre-senti di norma anche negli ambienti naturalicircostanti che determina una composizioneassai diversificata da luogo a luogo.Le “Foreste alluvionali di Alnus glutinosa eFraxinus excelsior (91E0*)” sono considerateValori percentuali di copertura degli habitat.

g

91E0*10,5%

651015,0%

altro74,6%

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

dalla Direttiva Habitat un habitat prioritario. Gliontani sono tra le specie arboree più tipiche deiboschi di ripa e si collocano preferibilmentelungo i corsi d’acqua di piccole e grandi dimen-sioni, su suoli umidi ma mai torbosi (FERRANTI

et al., 2002). L’Ontano nero è infatti una pian-ta in grado di insediarsi su suoli intrisi d’ac-qua superando agevolmente anche fluttuazio-ni importanti del livello di falda. Quando il ter-reno si impregna d’acqua il suolo divieneasfittico, limitando a poche specie arbustivele capacità di sopportare tali condizioni.Una strategia adottata da Alnus glutinosa, èquella di sviluppare un efficace intreccio di ra-dici avventizie, insediandosi così in corrispon-

denza della porzione meglio areata del suolo.Un ulteriore vantaggio è dato dalle associazio-ni mutualistiche che le varie specie di Alnusinstaurano con organismi unicellulari azoto-fissatori. Tale condizione favorisce una mag-giore acquisizione di nutrienti rendendo gliOntani maggiormente competitivi sui suoliumidi e poveri di humus sui quali normalmen-te vivono (FERRANTI et al., 2002).Tali accorgimenti risultano ancor più efficacinel momento in cui le inondazioni si manife-stano in corrispondenza del periodo di ripo-so vegetativo, ovvero quando le piante ridu-cono il consumo di ossigeno (RYDIN & JEGLUM,2006).

Tipi di habitat dell'Allegato I della Direttiva 92/43/CEE

Codice Habitat Copertura (ha)

6510 Praterie magre da fieno a bassa altitudine (Alopecurus pratensis, Sanguisorba officinalis) 4,2

91E0 *Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae) 2,9

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I SIC DELLA PROVINCIA DI LECCO

Esempio di fruizione (foto Roberto Dellavedova).

Il lamineto (foto Roberto Dellavedova).

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ATLANTE DEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA IN LOMBARDIA

1.4 Ambiente umano

Il sito “Lago di Sartirana” è compreso tra duepiccole frazioni di Merate: Cassina Fra Martinocollocata a Nord-Est e, a Sud-Ovest, il borgo diSartirana adiacente all’omonimo lago. L’areacomunitaria è ubicata in una porzione margi-nale rispetto alle principali vie di comunicazio-ne trovandosi quindi in un contesto poco urba-nizzato. Il circostante ondulato territorio, co-stituisce una variegata cornice ambientale rap-presentata da seminativi a mais e prati da sfalciointercalati a boschetti, filari e siepi. Il bacinolacustre è perimetrato dalla rete viaria locale chefunge da collegamento tra i borghi e i paesi piùpopolati disposti ai piedi dei colli.

2. SPECIE DI INTERESSE

2.1 Specie di interesse comunitarioNonostante la ricca e differenziata avifauna chefrequenta il sito non si annoverano però specieinserite nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE.Nella scheda descrittiva sintetica del SIC è in-dicata come unica specie dell’Allegato II la Ranadi Lataste (Rana latastei), a cui si aggiungonodue specie di Anfibi (Bufo viridis e Rana dal-matina), due di rettili (Podarcis muralis e Hie-rophis viridiflavus) ed un Chirottero (Pipistrel-lus kuhlii) inclusi nell’Allegato IV della Diretti-va “Habitat”. Per l’area in esame esiste inoltre

una segnalazione del 1991 relativa all’ormai raraTestuggine di palude (Emys orbicularis) non ri-confermata nell’aggiornamento del FormularioStandard del Sito (BARCELLA et al., 2004). LaRana di lataste è una specie endemica della pia-nura padano-veneta individuabile in boschi fre-schi ed umidi caratterizzati da un ricco sotto-bosco come si verifica nelle Alnete a Ontanonero. Per salvaguardare gli ambienti in cui siinsedia l’endemismo padano occorre scongiu-rare sia alterazioni dell’habitat sia della qualitàe quantità dell’acqua (FORNASARI & VIGORITA,2004).

2.2 Altre specie importanti

L’ambiente peculiare del canneto abbinato aquello dei vegetali acquatici favorisce la presen-za di una ricca e variegata vita animale com-prensiva di anfibi, rettili, uccelli e piccoli inver-tebrati acquatici. Seppur di limitata estensione,il sito di Sartirana rappresenta di fatto un idea-le rifugio sia per l’avifauna parzialmente stazio-naria sia per quella nidificante. Tra gli uccellimigratori abituali non elencati nell’Allegato Idella Direttiva 79/409/CEE si ricordano: il Can-nareccione (Acrocephalus arundinaceus), il Tor-cicollo (Jynx torquilla) e la Folaga (Fulica atra).Di assoluto rilievo è la presenza nell’intricatacenosi di Phgramites australis di una delle po-che stazioni italiane di Cicuta acquatica (Cicuta

Elenco delle specie animali del sito Lago di Sartirana incluse negli allegati II e IV della Direttiva 92/43/CEE.

Mammiferi

5008 IV

Rettili

1256 Podarcis muralis IV

1284 IV

Anfibi

1215 Rana di Lataste II , IV

1201 Rospo smeraldino IV

1209 Rana agile IV

Pipistrello albolimbato

Lucertola muraiola

Biacco Coluber viridiflavus

Rana latastei

Specie di interesse comunitario della Direttiva 92/43/CEE

Codice Nome comune Nome scientifico

Pipistrellus kuhlii

Bufo viridis

Rana dalmatina

All.

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virosa), una rara ed estremamente tossica pian-ta erbacea appartenente alla famiglia delleApiaceae. La sua distribuzione è infatti limitataa sporadici siti nei soli territori del Nord Italia inLombardia, Veneto e Trentino – Alto Adige(SCOPPOLA et al., 2005). In prossimità dell’ingres-so del sito sono visibili anche interessanti popo-lamenti naturali della non frequente Lisca a fo-glie strette (Typha angustifolia). Tra lePteridophyte, ovvero la divisione delle piantevascolari rappresentata dalle felci e piante affi-ni, la poco frequente Felce palustre (Thelypterispalustris) trova le condizioni ecologiche favore-voli nelle porzioni del canneto in corrisponden-za dei bassi fondali interrati e intrisi d’acqua.Si ricorda infine che, sebbene i popolamenti diCannuccia di palude non siano inseriti nell’Al-legato I della Direttiva “Habitat”, questi ultimisono a tutti gli effetti un biotopo di indiscussovalore biologico in quanto offrono rifugio e pro-tezione a numerosi invertebrati e a parecchi

uccelli, alcuni dei quali estremamente minac-ciati (DELARZE & GONSETH, 2008).

3. PROTEZIONE E CONSERVAZIONE

3.1 Stato di conservazione

Negli ultimi decenni si è progressivamente af-fermata una maggior sensibilità verso i proble-mi legati alla conservazione degli ambienti ac-quatici. Questa consapevolezza nasce dal fattoche è ormai risaputo come la superficie occu-pata dalle acque stagnanti si stia drasticamen-te riducendo (WILDERMUTH, 1982). Data questapremessa si intuisce come il bacino di Sartiranapossa, nonostante alcune criticità, assumere unrilevante ruolo di conservazione per la flora ela fauna acquatica locale. Essendo il cannetouna cenosi estremamente dinamica, data dallasua efficace rinnovazione annuale, il suo statodi conservazione è da considerarsi positivo.

Rana di Lataste - Rana latastei (foto Simone Rossi).

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Pontederia cordata (foto Roberto Dellavedova).

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Altri ambienti mostrano invece alcune com-promissioni, come nel caso dell’alneta alla cuiframmentazione si aggiunge la presenza dispecie arboree esotiche che ne riducono la na-turalità.In secondo luogo, la presenza di elevatiquantitativi di nutrienti disciolti nelle acquecollocano il bacino lacustre di Sartirana tra ilaghi minori della Lombardia maggiormenteeutrofizzati, anche a causa delle sue limitatis-sime dimensioni e della profondità assai ridot-ta. Ne consegue che il popolamento algale, condominanza delle Cianoficee, sia particolar-mente abbondante. Tale situazione si ripercuo-te sulla componente vegetale: il lamineto tro-va difatti le condizioni ottimali in ambienti damesotrofici ad eutrofici mentre, in condizionidi ipertrofia, l’eccessiva proliferazione delle al-ghe ne limiterebbe lo sviluppo. Ulteriori alte-razioni floristiche potrebbero ripercuotersi an-che sul prezioso popolamento di Cicuta acqua-tica (BARCELLA et al., 2004).

3.2. Stato di protezione

Il sito comunitario è incluso nella Riserva Na-turale del Lago di Sartirana, un’area protettain parte di natura pubblica e in parte privata, lacui gestione è affidata al Comune di Merate.La Riserva Naturale del Lago di Sartirana fuinserita in un primo elenco dei biotopi regiona-li al momento della promulgazione della LeggeRegionale del 27 luglio 1977, n. 33. In seguito siarrivò al riconoscimento ufficiale della RiservaNaturale grazie alla Legge Regionale del 30novembre 1983, n. 86, comparendo tale luogonell’elenco delle Riserve Naturali riconosciutenel territorio della Lombardia. Attraverso ladeliberazione del 15 novembre 1984, n. 1802 delConsiglio Regionale si classificò l’area naturale“a parziale di interesse biologico”, affidando-ne la gestione al Comune di Merate con il sup-porto scientifico dell’Istituto Italiano diIdrobiologia, organo del Consiglio Nazionaledelle Ricerche. Il successivo ampliamento cheportò agli attuali confini dell’area protetta ven-ne definito dalla Delibera del Consiglio Regio-nale n. V/965 del 14/12/1993. Infine con la De-

libera della Giunta Regionale n. 7/14106 del 08/08/2003 l’area della Riserva fu inserita nell’elen-co dei Siti di Interesse Comunitari della Regio-ne Lombardia.

4. FRUIBILITÀ

L’accessibilità al sito è garantita da un circuitosentieristico ad anello che circoscrive il lago.L’Ente Gestore della Riserva prescrive limita-zioni a tutte le superfici del fragmiteto in corri-spondenza del periodo riproduttivo della fau-na locale, comprensivo dei mesi di aprile, mag-gio e delle prime due settimane di giugno. Ri-volgendosi direttamente all’Ente Gestore è pos-sibile programmare delle visite guidate al SICod eventualmente ricorrere all’utilizzo di unastazione di osservazione ornitologica nel casoin cui si desiderasse effettuare delle attività distudio o di ricerca sull’avifauna stanziale emigratrice.

5. GESTIONE

L’esperienza maturata nell’ultimo ventenniodal Comune di Merate come Ente Gestore del-la Riserva Naturale del Lago di Sartirana haportato anche alla sperimentazione di tecni-che di ripristino delle zone umide. Tra i prin-cipali interventi attuati con lo scopo di rallen-tare il processo di impaludamento dello spec-chio d’acqua, si segnalano lo sfalcio annualedel canneto effettuato da novembre a genna-io e lo sradicamento delle cannucce di palu-de. Altre iniziative gestionali sono volte allaregolamentazione delle attività antropicheconsentite tra cui quella agricola, la pesca el’accesso all’area.Secondo quanto emerge dalla relazione tecni-ca che accompagna il monitoraggio dei SIC lec-chesi, per quanto concerne il sito di Sartirana,il disturbo antropico esercita ancora il maggiorimpatto sulle componenti biotiche. Trattandosidi un’area interessata in particolar modo dallapesca, sarebbe opportuno poter monitorarel’impatto di questa attività sui popolamentidelle specie nidificanti più sensibili verifican-do se possa essere di ostacolo alla sosta delle

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specie migratrici durante il periodo invernale(BARCELLA et al., 2004). Un’ulteriore minacciaè legata alla presenza di strade nei pressi delSito ove il traffico veicolare è la principale cau-sa di un’elevata mortalità di anfibi in migra-zione. Negli scorsi anni sono state condottedelle campagne di salvataggio grazie all’inter-vento delle Guardie Ecologiche Volontarie(G.E.V.) mediante il posizionamento di barrie-re mobili e al trasporto degli animali da un latoall’altra della strada (FERRI, 1998). Infine, unapotenziale azione da compiere a titolo speri-mentale potrebbe essere la rigenerazione del-l’ambiente di torbiera che contraddistinguevail laghetto ancora negli anni ’50, quando si se-gnalava l’area come particolarmente ricca disfagni (GIACOMINI & FENAROLI, 1958).

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Siti consultati:

http://www.gevcurone.itht tp: / /www.parcobarro. lombardia . i t /_biodiversita/http://www.centrostudiarcadia.ithttp://www.lagodisartirana.ithttp://www.provincia.lecco.ithttp://www.parchi.regione.lombardia.ithttp://www.parks.it/riserva.lago.sartirana

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