ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM

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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM Veritatem Facientes in Caritate Master in Consulenza filosofica e Antropologia Esistenziale 2014 – 2015 Coordinatore accademico Prof. Guido Traversa VIAGGIO SULLA MONTAGNA INCANTATA di THOMAS MANN Relatore Candidata Prof. Guido Traversa Dott.ssa Anna Maria Rossi

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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUMVeritatem Facientes in Caritate

Master in Consulenza filosofica

e Antropologia Esistenziale

2014 – 2015

Coordinatore accademico

Prof. Guido Traversa

VIAGGIO SULLA MONTAGNA INCANTATAdi THOMAS MANN

Relatore Candidata

Prof. Guido Traversa Dott.ssa Anna Maria Rossi

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“Chi non sa guardare

dentro i libri rimane sempre un tapino”

(da “La Luna e i Falò” di Cesare Pavese)

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PREMESSA

Vorrei innanzitutto spendere due parole per spiegare perché la scelta di un testo diletteratura a conclusione del Master di Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale,frequentato nell’edizione 2014/2015 presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.

La prima ragione è che leggere in maniera profonda la grande letteratura ci fa crescere, ci faconoscere noi stessi, ci fa entrare in comunione con gli altri: come afferma il criticoletterario americano Harold Bloom, “Leggere bene è uno dei grandi piaceri che la solitudinepuò concederci perché, almeno secondo la mia esperienza, è il più terapeutico dei piaceri”.1

La seconda domanda è:

Perché scegliere un classico come “La Montagna Incantata” di Thomas Mann e affrontarneuna rilettura?

Prima di tutto bisogna intendersi sulla definizione di classico e qui ci viene in soccorso unnostro grande scrittore, purtroppo scomparso, Italo Calvino, che appunto alla lettura deiclassici ha dedicato numerosi saggi, uno dei quali intitolato proprio “Perché leggere iclassici”2.

Tra tutte le definizioni che Italo Calvino propone, sono due quelle che preferisco:

“Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; macostituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la primavolta nelle condizioni migliori per gustarli”.

“È classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibilefa da padrona”

Inoltre di un classico “ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima”.

Lo stimolo alla rilettura di questo romanzo mi venne poi, quando lo lessi per la prima voltamolti anni fa, dallo stesso Autore.

Thomas Mann, infatti, nel 1939 tenne sulla “Montagna Incantata” una lezione per glistudenti dell’Università di Princeton, spiegando loro le origini del romanzo e consigliandoneuna “rilettura” sotto un angolo visuale diverso, quello di un viaggio, in cui il viaggiatore HansCastorp non è solo un viaggiatore in cerca di cultura ma il tipico neofito alla ricerca delmistero della vita, quasi una ricerca del Gral.3

1 Harold Bloom “Come si legge un libro” - prefazione (Ed. Rizzoli)2 Italo Calvino “Perché leggere i Classici” L’Espresso 28 giugno 1981. (Raccolta Ed. Oscar Mondadori)3 T. Mann “Lezione per gli studenti dell’Università di Princeton”, in appendice all’Edizione Corbaccio 1992 de“La Montagna Incantata”

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CAPITOLI I – II- III

L’ARRIVO – I RICORDI DI INFANZIA E LE CONCEZIONI MORALI DI CASTORP - I PRIMIINCONTRI CON L’AMBIENTE DEL SANATORIO E CON LE PERSONE MALATE CHE VISOGGIORNANO

All’inizio del romanzo siamo su un treno insieme al giovane protagonista, HANS CASTORP,che si sta recando, da Amburgo, sua città natale, a Davos Platz, nel Canton Grigioni. Piùprecisamente dovrà passare tre settimane di vacanza presso il Sanatorio InternazionaleBerghof per fare un po’ di compagnia a suo cugino, Joachim Ziessen, che lì risiede da un po’di tempo per la sua malattia polmonare.

Da subito, con poche parole l’Autore tratteggia la figura del protagonista, di cui scopriremotra poco che ha solo ventitré anni, chiamandolo “figlio di papà” e facendone intuire letranquille abitudini della classe borghese del tempo.

Le riflessioni del giovane durante il viaggio e il modo in cui l’Autore le narra, anticipanoalcuni argomenti, spesso ricorrenti, che saranno anch’essi protagonisti importanti dellanarrazione, quanto e forse più dei protagonisti reali e, anzi, ne rappresenteranno via, via ilprogredire del percorso interiore e spirituale, che si compirà nella permanenza, masimbolicamente nel viaggio, sulla montagna del Berghof.

Mi sembra a questo punto necessario riportare fedelmente le parole dell’Autorenell’introdurre i due concetti di TEMPO e SPAZIO, che spesso torneranno nelle sue proprieconsiderazioni o in quelle del giovane protagonista:

“Due giornate di viaggio allontanano l’uomo (specie l’uomo giovane le cui radici sono ancorapoco abbarbicate alla vita) dal mondo di tutti i giorni, da quelli che egli considerava doveri,interessi affanni, previsioni assai più di quanto non abbia immaginato mentre la carrozza loportava alla stazione. Lo spazio che rotando e fuggendo si dipana tra lui e la sua residenzasviluppa forze che di solito si credono riservate al tempo. Di ora in ora provoca mutamentiinteriori molto simili a quelli attuati dal tempo, che però in certo modo li superano. Comequest’ultimo, esso genera oblio, ma lo fa staccando la persona dai suoi rapporti etrasportando l’uomo in uno stato di libertà originaria …anzi, trasforma in un baleno persinoil pedante borghese in una specie di vagabondo. Il tempo, si dice, è oblio; ma anche l’ariadelle lontananze è un filtro dello stesso genere, e se anche dovesse agire meno a fondo, incompenso lo fa con maggiore rapidità. Tale fu anche l’esperienza di Castorp.”1

Il giovane non ha attribuito grande importanza al viaggio e pensa in effetti di sbrigarlo infretta e di riprendere la sua consueta vita nell’esatto punto in cui l’ha lasciata.

1 T.MANN, La Montagna Incantata – Ed. Corbaccio 1992, p. 6

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Mentre però il treno sale sempre di più sulla montagna, prova un po’ di inquietudine alpensiero di essere sempre vissuto poco sopra il livello del mare e dover ora affrontare,anche se per breve tempo, la vita in tali altitudini.

La sua casa e la vita ordinata della pianura sono ormai lontane e mentre considera, dalfinestrino del treno, il cambiamento di paesaggio man mano che si sale a maggiori altitudini,gli pare, o forse lo sente a livello inconscio, che, nonostante la brevità del soggiorno, lecircostanze richiedano tutta la sua attenzione e non sia lecito prenderle sotto gamba.

Inaspettatamente, a quella che lui crede essere la penultima stazione prima dell’arrivo,sente la “calma voce amburghese” del cugino Joachim, che da sotto il finestrino, sulmarciapiede, lo invita a scendere perché da quel punto la strada per il sanatorio, in carrozza,è più breve.

Nella descrizione che l’Autore fa di questo incontro, ci coglie un po’ di sorpresa il rapportotra i due giovani coetanei, che ancora una volta denota l’influenza delle abitudini borghesidel tempo, tanto che “il saluto fu senza effusioni, come tra persone fredde e riservate. Èstrano a dirsi, ma sempre avevano evitato di chiamarsi per nome, unicamente per timore diuna eccessiva cordialità”2. Si limitano dunque a darsi del tu.

Mentre salgono verso il sanatorio con la carrozza, Castorp ammira il paesaggio di altamontagna (siamo infatti a 1600 metri di altezza) e lo definisce “grandioso”, ma nello stessotempo, conversando con il cugino, viene in contatto con i primi aspetti della malattiapolmonare, a cui il sanatorio del Berghof è dedicato, e dalla quale anche Joachim è affetto.

Scopre però, come il cugino stesso ha premura di fargli notare, che lì dovrà rivedere il suomodo di misurare il tempo e la sua un po’ semplicistica maniera di considerare la malattiache vi si cura. Infatti alla sua affermazione che Joachim scenderà sicuramente in pianura conlui alla fine delle tre settimane di soggiorno, si sente dire “Certo per noi quassù tre settimanenon sono niente, ma per te che sei venuto in visita e conti di restare soltanto tre settimane,per te sono un cumulo di tempo. Prima ti devi assuefare al clima …. Il clima poi non è la solacosa singolare qui da noi. Qui, sta’ attento, vedrai parecchie novità.”3

E ancora: “Eh, il tempo… Qui ti manipolano il tempo altrui come non puoi immaginare.Per loro tre settimane sono un giorno. Vedrai, tutte cose che avrai modo di imparare... Qui simutano i propri concetti”4.

A questo punto noi lettori, forse prima ancora del protagonista, ci accorgiamo che egli staentrando quasi in una nuova dimensione, nella quale compirà quel viaggio interiore di cuiforse è inconsciamente alla ricerca: dice solo al cugino che lo sente parlare in modo strano,alludendo con questo alle parole “noi quassù”, ripetute già parecchie volte.

2 Ibidem, pp. 9-103 Ibidem, p.114 Ibidem, p.12

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Questa diversa dimensione, che si preannuncia, e nella quale Castorp compirà il viaggio perconoscere se stesso e diventare ciò che veramente è, mi ha fatto tornare in mente un brevee incompiuto romanzo di René Daumal, “Il Monte Analogo”, che forse ci aiuta anche acomprendere perché Thomas Mann ha scelto proprio una montagna, per di più definitaincantata o magica, per ambientare la narrazione del viaggio simbolico del protagonista.

René Daumal infatti afferma nel suo scritto che “nella tradizione fiabesca la Montagna è illegame tra la Terra e il Cielo. La sua cima unica tocca il mondo dell’eternità e la sua base siramifica in molteplici contrafforti nel mondo dei mortali. È la via per la quale l’uomo puòelevarsi alla divinità e la divinità rivelarsi all’uomo”5

Su questo punto e su questo pensiero ci soffermeremo di nuovo, a tempo debito, nelraccontare della esperienza del sogno di Castorp nella tormenta di neve (Cap. VI –Mutamenti).

Torniamo ora al momento dell’arrivo nel sanatorio del Berghof, dove Castorp riceve dalcugino informazioni su alcune usanze del luogo, in particolare circostanze li piuttostofrequenti, tipo quella di trasportare in inverno, da un sanatorio situato ancora più in alto, lesalme con una guidoslitta. A queste parole, pronunciate da Joachim con una sorta diindifferenza, il giovane Hans prima esclama con stupore “Le loro salme? Ah, già. Ma, via!” ead un tratto si mette a ridere di un riso violento, irresistibile…e accusa il cugino di esserediventato cinico nei cinque mesi passati lassù. Ma “D’altro canto può anche darsi che qui danoi si diventi cinici. Lo stesso Behrens è un vecchio cinico di questo genere …”.6

Ecco che, attraverso la descrizione di Joachim, entra in scena il Consigliere Behrens, medicoresponsabile di tutto il buon funzionamento del sanatorio, insieme al suo assistente, ilDottor Krokowski, che, come specifica attività, cura i pazienti facendo “l’analisi dell’anima”:a queste parole “l’allegria” di Castorp aumenta ancora, tanto che non riesce più adominarla, soggiogato dall’analisi dell’anima, pur trovandola ripugnante.

Il primo contatto del giovane protagonista con l’ambiente del sanatorio, con le abitudini cheivi si praticano in conseguenza dello stato di malattia, provoca in lui una reazione che aprima vista può apparire superficiale e incomprensibile, ma forse in effetti gli è necessaria,in considerazione anche della sua giovane età, ad esorcizzare la paura inconscia e arazionalizzare quanto più possibile ciò con cui si appresta a convivere per il periodo previstodi tre settimane. Così la sua reazione di innaturale ilarità riaffiora anche quando prendepossesso della stanza (la n. 34 a fianco di quella del cugino), o quando apprende dellaprescritta cura a sdraio sui balconi, mentre contemporaneamente Joachim gli fornisceinformazioni sulle condizioni di alcuni malati che occupano le stanze vicine.

5 R. DAUMAL – Il Monte Analogo – Ed. Adelphi 2010, p.156 T. MANN – La Montagna Incantata, pp. 15-16

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Finalmente si recano nel ristorante, che si presenta quasi vuoto perché la normale ora dicena è già passata. Questo ambiente “luminoso, elegante e familiare” sarà uno dei luoghi incui il giovane Castorp conoscerà e prenderà confidenza con altre persone che risiedono alBerghof, e delle quali Ioachim già gli parla, preannunciandogli alcune caratteristiche deicommensali che siederanno alla medesima tavola. I cibi sono eccellenti ed abbondanti e,durante la cena Joachim esprime più volte, “pur evitando accuratamente le frasi tropposentimentali”, la sua soddisfazione di avere qualcuno con cui scambiare una parolaragionevole, un diversivo un “un taglio, intendo, una cesura in questa eterna, illimitatamonotonia…”. E qui tornano nuove considerazioni sul TEMPO: mentre Castorp osserva che iltempo lì dovrebbe passare veloce, Joachim risponde in maniera un po’ sconsolata “Veloce elento come vuoi. Non passa affatto, ti dirò, non è nemmeno tempo, e non è vita…. No, non loè”7

Passa così la prima notte del giovane al Berghof: egli viene subito vinto dal sonno per lastanchezza del viaggio, anche se è ancora scosso da un sussulto al ricordo che due giorniprima una persona è morta in quel letto e cerca di tranquillizzarsi con un pensiero “Non saràstata la prima volta…E’ un letto di morte, ecco, un comune letto di morte”.

Questo pensiero ci anticipa fin d’ora un rapporto di quasi familiarità con la morte, che piùavanti sarà spesso ripreso e approfondito, sia riandando ai ricordi di infanzia sia nell’ambitodi esperienze presenti vissute nel sanatorio.

Ed è proprio ai ricordi di infanzia che l’Autore ricorre per meglio delineare la personalità delprotagonista.

Egli ha perso entrambi i genitori quando era tra i quattro e i sei anni e nel periodo successivoegli vive per quasi un anno e mezzo con il nonno paterno, Hans Lorenz Castorp, che muoredi polmonite quando il nipote ha un po’ meno di otto anni, ma rimane per lui la maggiorefigura di riferimento dell’infanzia. Nella casa di famiglia e nella grande sala da pranzo, dovequotidianamente il piccolo Castorp consumava i pasti in compagnia del nonno, si formaronoquei ricordi che spesso saranno evocati dal giovane nel corso della narrazione.

In particolare il piccolo Hans rimaneva affascinato dal portamento altero del nonno e dalsuo modo composto di consumare i pasti, stando ben ritto fra l’alta spalliera della sedia e latavola, appena chino sul piatto mentre, di fronte a lui “il nipote osservava in silenzio conprofonda e inconsapevole attenzione, i gesti fini e misurati…” E allora Hans “guardava leproprie mani e vi sentiva l’insita possibilità di tenere e maneggiare in avvenire il coltello e laforchetta esattamente come il nonno”; soprattutto gli piaceva vedere il nonno che, quandosporgeva leggermente la testa per portare il cibo alla bocca, infilava il mento in quellacravatta “alta e bianca come la neve”, in uso a quei tempi, e questo “gli piaceva ancora inseguito, nel ricordo, quando fu adulto: v’era qualcosa che egli approvava dal fondo

7 Ibidem, pp. 23-24

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11 Ibidem, p.4012 Ibidem, p.50

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dell’anima”8. Dell’ambiente della casa è rimasto ad Hans particolarmente caro il ricordo diun piccolo locale, chiamato “gabinetto”, che riceveva luce dall’alto, semibuio e con scarsamobilia, dove il nonno, finito il pranzo, si recava per prendere un sigaro e dove, spesso, ilpiccolo lo seguiva. In questo piccolo locale c’era una bacheca chiusa a chiave, nella qualeerano conservati oggetti fuori uso e appunto perciò interessanti: tra questi la “bacinellabattesimale”, che spesso il piccolo Hans chiedeva al nonno di mostrargli. Il nonno , allora,evocava i momenti del battesimo di Hans e di quello del padre e “chinava la testa sul bacino,come se fosse nel momento trapassato e lontano”, ed il bambino era preso “dallasensazione un po’ trasognata, un po’ inquietante di qualcosa che si movesse e nello stessotempo stesse ferma, di una stabilità mutevole, che fosse ripetizione e vertiginosauniformità…”9 Anzi è proprio per questa sensazione, già provata e che voleva provare dinuovo, che chiedeva al nonno di vedere la “ bacinella battesimale”. Riflettendo più tardi, dagiovane adulto, Castorp si rende conto che la figura del nonno gli è rimasta impressa moltopiù addentro, più precisa e significativa di quella dei genitori, vuoi per una certe somiglianzafisica, vuoi perché il vecchio era stato “la vera figura caratteristica, la personalità pittorescadella famiglia”10, circostanze dalle quali era nata tra nonno e nipote una certa simpatia,“quella parentela e affinità di carattere che salta un anello e non è affatto rara. Figli e nipotiosservano per ammirare, ammirano per imparare e sviluppare ciò che in loro è preformatoper via ereditaria”11.

La figura del nonno, perciò, come vedremo nel prosieguo della narrazione, tornerà spessonei ricordi del giovane e sarà oggetto di emulazione in alcuni atteggiamenti o, addirittura,oggetto di confronto con nonni altrui, con cui avremo occasione più avanti di fareconoscenza.

Quando il nonno morì era già la terza volta, in così pochi anni e in così giovane età, che lamorte colpiva la mente e i sensi del giovane Hans, che dovette di nuovo cambiare casa edambiente.

Il giovane andò a vivere da uno zio della sua defunta mamma, il console Tienappel, che erastato nominato suo tutore e amministrò in tale veste l’eredità di famiglia.

Trascorse quindi, senza alcuna preoccupazione economica, la sua adolescenza nella grandecittà marinara di Amburgo, dove respirava “con naturalezza e diletto” l’umida atmosfera ditraffici mondiali e di benessere: vedeva “il brulicame dei cantieri, vedeva nei bacini dicarenaggio i corpi giganteschi di navi asiatiche, alte come torri, con le eliche e la chigliascoperte…, le scheletriche ossature di navi in costruzione, e ingegneri con in mano ilprogetto e il piano della sentina, impartire istruzioni ai costruttori”12. Queste scene familiari

8 Ibidem, p.339 Ibidem, p.3810Ibidem, p.38

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13 Ibidem, p.5214 Ibidem, p.53

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suscitavano in lui la sensazione di farne parte, così che, quando si dovette fare la scelta distudi per il suo futuro lavoro, si optò per gli studi di ingegneria navale, non tanto perché egline avesse una idea chiara e consapevole, quanto perché, seguendo i consigli dello zioTienappel, voleva assicurarsi per il futuro il tenore di vita a cui era abituato.

Nel descriverne il carattere e le ambizioni l’Autore vuole dire quanto possa attirare simpatieal suo protagonista ma lo giudica senza passione per “non farlo né migliore né peggiore diquanto non fosse”, e se non lo definisce mediocre lo fa per rispetto del suo destino al qualeinclina “ad attribuire un certo carattere superpersonale”.13

A questo proposito giova riportare fedelmente le parole dell’Autore nel considerare perchéa volte l’individuo non si applica con più gioia e tenacia al raggiungimento di alcuni suoiobiettivi quando non riconosce in essi un valore assoluto, come succedeva al giovaneCastorp con il lavoro, in quanto, pur avendone un rispetto quasi religioso, non lo amavaperché non lo sentiva come principio rispondente a se stesso:

“L’uomo non vive soltanto la sua vita personale come individuo, ma - cosciente oincosciente - anche quella della sua epoca e dei suoi contemporanei, e qualora dovesseconsiderare dati in modo assoluto e ovvio i fondamenti generali e obiettivi della suaesistenza ed essere altrettanto lontano dall’idea di volerli criticare quanto lo era in realtà ilbuon Castorp, è pur sempre possibile che senta vagamente compromesso dai loro difetti ilproprio benessere morale. Il singolo può avere di mira parecchi fini, mete, speranze,previsioni donde attinge l’impulso ad elevate fatiche e attività; se il suo ambienteimpersonale, se l’epoca stessa, nonostante l’operosità interiore, è in fondo priva di speranzee prospettive, se furtivamente gli si rivela disperata, vana, disorientata e al quesitoformulato, coscientemente o no, ma pur sempre formulato, di un ultimo significatoultrapersonale, assoluto, di ogni fatica e attività, oppone un vacuo silenzio, ecco che proprionel caso di uomini dabbene sarà quasi inevitabile un’azione paralizzante di questo stato dicose, la quale, passando attraverso il senso morale psichico, finisce con l’estendersiaddirittura alla parte fisica e organica dell’individuo. Per aver voglia di svolgere un’attivitànotevole che sorpassi la misura di ciò che è soltanto imposto, senza che l’epoca sappia dareuna risposta sufficiente alla domanda “a qual fine?” occorre o una solitudine e intimitàmorale che si trova di rado ed è di natura eroica o una robusta vitalità. Né questo né quelloera il caso di Castorp, sicché si dovrà pur dire che era mediocre, sia pure in un senso moltoonorevole.”14

Pur tuttavia il giovane Hans, anche non avendo una idea chiara e cosciente delle proprieattitudini né tanto meno su che cosa avrebbe preferito diventare, aveva completato glistudi presso il Politecnico di Danzica e altre scuole superiori tecniche ed aveva da pocosuperato, “senza gloria e squilli di fanfara, ma con discreto decoro,” un importante esame

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15 Ibidem, p.6216 Ibidem, p. 6517 Ibidem, p.68

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che gli permetteva di entrare come ingegnere volontario in un cantiere navale per riceverel’istruzione pratica in vista della futura professione.

È a questo punto che, per motivi di salute, una anemia quasi congenita, interviene nella suavita la svolta che lo porta sulla montagna del Berghof, al fine di sottoporsi ad un radicale, manecessario, cambiamento d’aria per un periodo di tre settimane. La specifica destinazione fuscelta perché lì si trovava da cinque mesi il cugino Joachim il quale, come scriveva nellecartoline, si annoiava quasi a morte, per cui avrebbe molto gradito la compagnia del giovaneHans, anche se per un breve periodo.

Possiamo ora tornare all’attuale tempo della narrazione, nel quale, dopo l’arrivo, il nostrogiovane protagonista inizia la sua esperienza di soggiorno nel sanatorio.

Al risveglio, dopo la prima notte passata nel Berghof, il giovane, ripensa ad un sogno,confuso ed un po’ inquietante che ha avuto, ma lo ricorda “con un indulgente sorriso, colsenso di superiorità dell’uomo che si fa la barba alla luce diurna della ragionevolezza…”15:non sa ancora che in quell’ambiente di persone malate dovrà imparare a conoscere parecchipersonaggi dalle abitudini strane, o quanto meno inusuali, e che il difficile non saràabituarsi ma piuttosto assuefarsi a non assuefarsi, il che sembra, a prima vista, unparadosso.

Ha così modo di ascoltare involontariamente, attraverso le sottili pareti, i rumori provenientidalla stanza attigua, occupata come gli ha detto il cugino la sera precedente, da una coppia,marito e moglie, di russi. I rumori rivelano una natura scabrosa, che non può a lungorimanere nascosta al giovane, provocando in lui “una espressione di morigeratezza, che nonera del tutto originale, che egli però assumeva in determinate occasioni”.16

Questo atteggiamento, forse frutto dell’educazione ricevuta e di un certo perbenismoborghese, lo spingerà a chiedere al cugino di non essere presentato a tali rozze persone.Pronto per scendere insieme a Joachim nella sala ristorante per la prima colazione, Castorpprende soprabito, bastone e anche il cappello, che il cugino non usa, quasi per “sfida,perché “era troppo sicuro del suo stile e della sua buona educazione da assoggettarsi cosìfacilmente e per tre sole settimane a usi nuovi e altrui…”.17 Mentre procedono verso la salaJoachim indica questa o quella porta, dicendo i nomi degli inquilini, nomi tedeschi o disvariato suono forestiero, aggiungendo brevi osservazioni sul loro carattere e sulla gravitàdel male. Nella sala ci sono sette tavole, con dieci posti ciascuna, e, una volta arrivati al loroposto, il giovane viene presentato cerimoniosamente dal cugino si commensali presenti, dicui però, egli al momento non memorizza i nomi, se non quello della signora Stohr, delle cuigrossolane abitudini Joachim gli ha già raccontato qualche particolare. La conversazione atavola non è animata, ed il giovane, che prima ha avuto qualche timore di scene paurose, si

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18 Ibidem, p.7319 Ibidem, p.7620 Ibidem, p. 84

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vede deluso: “tutto si svolgeva allegramente, non si aveva l’impressone di trovarsi in unluogo di dolore…I più erano allegri…senza particolare motivo probabilmente, soltantoperché non avevano apprensioni immediate e perché erano in molti”18.

Ad un tratto Castorp ha un guizzo confuso perché una porta si è chiusa di colpo e lui, vuoiper educazione o per una innata idiosincrasia, detesta il rumore di una porta sbattuta.Questo episodio, che al momento sembra marginale, assumerà una notevole, e quasisimbolica, rilevanza nel prosieguo della narrazione.

I dottori, che partecipano ai pasti nella sala, ruotando alle varie tavole, sono già passati equindi Joachim pensa di trovare un momento per la presentazione durante la giornata, mamentre stanno uscendo si scontrano quasi con il Consigliere Beherens.

Il consigliere si presenta subito, nella sua alta statura, con i modi di autorevolezza checompetono al suo ruolo ma è nello stesso tempo affabile e scherzoso, tanto che, appenadopo la presentazione da parte di Joachim, si diletta a fare confronti tra i due cugini,dicendo a Castorp “Ho visto subito che lei ha un non so che di borghese, un certo modo …senza il trambusto d’armi di questo caporale. Lei sarebbe un paziente migliore di lui,scommetterei. Sa, io noto subito chi può essere un paziente come si deve, ci vuol talento,talento ci vuole per ogni cosa…”19. Nello stesso momento, grazie alla sua esperienza dimedico, nota subito il pallore del giovane Castorp riconoscendo il sintomo di una anemiatotale, a cui il soggiorno sulla montagna non può che giovare e gli consiglia di seguire leabitudini quotidiane del cugino, la cura della sdraio nonché le brevi passeggiate all’ariaaperta.

Castorp lo trova molto simpatico e comunica questa sua impressione a Joachim mentreinsieme escono dall’edificio per la passeggiata consigliata, durante la quale avverrà uno deiprimi incontri con un gruppo di malati piuttosto singolari, che, come spiega Joachim, sidicono Associazione del Polmone Unico perché tutti sottoposti ad intervento dipneumotorace, con il quale, immettendo aria per mezzo di un taglio nel fianco, si mette ariposo il polmone malato. Ora la stranezza non è tanto questa quanto il fatto che unacomponente del gruppo, la signora Hermine Kleefeld, con il pneumotorace riesce a fischiaredall’interno, mentre cammina in fretta, nemmeno lei lo sa descrivere chiaramente e neapprofitta per spaventare la gente, specialmente i malati venuti da poco. Così ha fatto colgiovane Hans, passandogli molto vicino, ed egli, prima quasi scandalizzato, dopo laspiegazione del cugino si mette a ridere e osserva che “è una spavalderia bella e buona”20 enon capisce perché questi malati si mostrino cosi spavaldi. Ne emerge una riflessione sulladiversa considerazione di abitudini e comportamenti in un ambiente in cui si vivequotidianamente a contatto con la malattia e spesso con la morte. Joachim, cercando unarisposta alla domanda del cugino, osserva: “Dio mio, sono tanto liberi …Voglio dire, sono

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21 Ibidem, p.8522 Ibidem, p. 8623 Ibidem, pp. 90-9124 Ibidem, pp. 91-92

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tutti giovani, il tempo non conta per loro, e poi può darsi che siano prossimi a morire. Perchédovrebbero star seri? Certe volte penso: morte e malattia, a rigore, non sono cose serie, sonopiuttosto come un bighellonare ozioso; serietà, se vogliamo essere precisi, c’è soltanto nellavita laggiù. Credo che col tempo lo capirai anche tu, se rimani un po’ qui.”21

Mentre si riposano su una panchina, prima di rientrare per la cura a sdraio, ammirando ilpaesaggio circostante Joachim indica a suo cugino i nomi dei “rannuvolati giganti alpini chechiudevano la valle a mezzogiorno”22, ma questi guarda e ascolta distrattamente e chiedeinvece se ci siano stati molti morti da quando lui è lì. Cosi viene a sapere che i casi di mortevengono trattati un po’ “dietro le quinte” per non impressionare gli altri pazienti. Joachimperò racconta di qualche caso particolare a cui ha assistito per fortuita coincidenza, o di cuiè venuto a conoscenza, e osserva che alcuni, anche uomini adulti, mostrano di fronte allamorte una viltà imperdonabile, che comunque il Consigliere Behrens sa come trattare con iltono giusto, gridando per esempio una volta al moribondo “per favore non faccia lostupido”, e il paziente tacque immediatamente e morì tranquillo”23.

Il giovane Hans alza gli occhi al cielo scandalizzato da tali maniere e osserva che ilmoribondo è degno di rispetto e, anzi in qualche modo, sacro, ma, mentre protesta con unaveemenza quasi eccessiva, le sue parole vengono strozzate da una risata “senza limiti, chepullula dal profondo” come quella della sera precedente.

Mentre egli ride, così senza freno, il cugino lo zittisce dandogli anche una gomitata: per lastrada sta venendo verso di loro uno sconosciuto che l’Autore descrive come “grazioso,bruno, coi baffi neri arricciati…”, che si ferma davanti a loro, appoggiandosi al bastone, inatteggiamento garbato e rivolgendo “un saluto preciso e armonioso”.24

Stiamo facendo la conoscenza con un personaggio chiave del romanzo, l’italiano LodovicoSettembrini, che rimarrà a fianco del nostro giovane protagonista fino alla fine del romanzo,o meglio, fino alla sua partenza dal Berghof.

Il giovane Castorp lo osserva per farsi un’idea, come è solito fare quando conosce unapersona, perché, come spiegherà più avanti, non è molto veloce nei giudizi e preferisceguardare, dicendo fra sé “così dunque sei fatto? e sia!”.

Vediamo dunque che impressione il giovane riporta di questo personaggio, al primoincontro:

L’abbigliamento è ben lontano da pretese di eleganza, ma ciò nonostante intuisce che sitrova di fronte a un signore, “l’espressione colta dello sconosciuto, il suo atteggiamento

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26 Ibidem, p. 9327 Ibidem, p. 9428 Ibidem, pp. 94-9529 Ibidem, p. 98

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libero e perfino bello non consentivano di dubitarne”25. Quel misto di miseria e di grazia gliricordano alcuni musicanti forestieri che, nel periodo natalizio, si aggirano suonando neicortili del suo paese: lo pensa perciò come “un sonatore d’organetto” e con questo epitetospesso lo citerà dentro di sé nel corso della narrazione.

Settembrini sorride guardando i due cugini, ma soprattutto Castorp, e quel suo modo un po’ironico di “abbassare e increspare un angolo della bocca sotto i folti baffi … faceva uncurioso effetto, invitava per così dire alla vigilanza e alla chiarità di pensiero”26, facendo intal modo dileguare subito quella ilarità che poco prima si è impossessata del giovane. Le suelabbra inoltre formano le parole con una certa voluttà e lo si ascolta volentieri.

All’inizio della conversazione nasce un equivoco, in quanto Settembrini pensa che ancheCastorp sia venuto lassù per curare la sua malattia e gli chiede quanti mesi gli hanno“appioppato Minosse e Radamanto”27. Cercando di ricordare in fretta chi siano questi duepersonaggi, il giovane spiega che lui non è affatto malato e che è venuto soltanto a trovare ilcugino per qualche settimana, approfittando dell’occasione per concedersi un po’ di riposo.A tale informazione Settembrini risponde esprimendo, come già in precedenza ha fattoJoachim, osservazioni sulla particolare dimensione del TEMPO che vige lassù “Caspita, leinon è uno dei nostri? È sano ed è qui soltanto come ospite, come Ulisse nel regno delleombre? ...Dio mio, tre settimane! Ha sentito tenente? Non è quasi un’impertinenza dire:vengo qui per tre settimane e poi riparto? Noi, signor mio, se permette che glielo insegni,non sappiamo calcolare a settimane. La nostra più breve unità di tempo è il mese. Noi sicalcola in grande stile…è un privilegio delle ombre…. Anche la curiosità consideriamo uno deinostri privilegi”28. Così chiede quale sia la professione di Castorp, pur considerandone lagiovane età, e alla risposta che sarà un costruttore navale se ne mostra sinceramenteammirato, facendo contemporaneamente presente che lui è invece esperto in tutt’altrocampo, quello delle lettere. Mentre la conversazione continua sulla futura professione delgiovane, che Settembrini definisce altrettanto faticosa quanto onorevole, emergequell’atteggiamento di riserva di Hans verso il lavoro e l’eccessiva fatica fisica, che abbiamogià illustrato parlando delle sue “concezioni morali” e risponde dicendo “io qui sono ospitesoltanto, ma non sono proprio robustissimo, e mentirei se volessi sostenere che il lavoro mifa molto bene. Anzi mi affatica parecchio, devo dire. Ecco, proprio sano mi sento soloquando non faccio niente.”29 Lassù poi, appena arrivato, si sente ancora confuso escombussolato, tanto che non è riuscito a gustarsi, quella mattina, neanche il suo solitosigaro. Parlando del vizio del fumo apprende che anche il consigliere Behrens ha la passionedei sigari e Settembrini, comprendendo che ha già fatto la sua conoscenza, si lascia andare aqualche commento maligno sul consigliere e sulla “venerabile direttrice”, che Castorp

25 Ibidem, p. 92

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31 Ibidem, p. 10532 Ibidem, p. 108

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ancora non conosce. Al commento del giovane che trova ironiche le sue osservazioni,l’umanista risponde offrendogli una sua prima breve disquisizione filosofica a propositodella malignità. “Ironico? Maligno vuol dire. Sì, sono un po’ maligno …Lei, ingegnere, nonha nulla contro la malignità, spero. Secondo me è la più tersa arma della ragione contro lepotenze delle tenebre e della bruttezza. La malignità, caro signore, è lo spirito della critica ela critica è l’origine del progresso e della civiltà”30 e più avanti ribadisce il concetto, svelandoinoltre il suo fine pedagogico: “Lei ha detto che parlo con malignità; forse non l’ho fattosenza mire pedagogiche. Noi umanisti abbiamo tutti una vena pedagogica… Il legamestorico, signori, tra umanesimo e pedagogia dimostra il loro nesso psicologico. Non si devesottrarre all’umanista il compito dell’educazione …non si può sottrarglielo, perché soltantolui possiede la tradizione della dignità e bellezza dell’uomo.”31 Questo ruolo di pedagogoSettembrini lo manterrà per tutto il romanzo e il giovane Castorp diventerà il suo “pupillodella vita”.

Mentre rientrano nel sanatorio e, salutato Settembrini, i due giovani tornano nelle lorostanze, Hans chiede al cugino notizie sullo stato di salute dell’umanista e mostraammirazione per quella sua straordinaria loquacità, trovando eccellente il discorso fattointorno alla dignità umana e paragonandolo ad “una cerimonia solenne”.

Siccome è giunta l’ora della “cura a sdraio”, mentre si predispongono per tale scopo,Joachim prova con il “sigaro di mercurio” la sua temperatura e la cosa crea tra i duel’occasione per osservazioni sul TEMPO. Joachim, nel contare i sette minuti necessari, diceche quella prova, quattro volte al giorno, gli piace molto, poiché ci si accorge di che cosa siarealmente un minuto o magari sette … Al che Castorp, che non è affatto avvezzo a filosofare,eppure in quel momento sente il bisogno di farlo, obietta: “Il tempo non è mai reale. Se tisembra lungo, vuol dire che è lungo, se ti sembra breve è breve, ma quanto sia lungo o brevein realtà, non lo sa nessuno”. E alla contrarietà del cugino, che insiste sul fatto che il tempolo misuriamo con orologi e calendari, Castorp continua nelle sue riflessioni, affermando chein effetti noi misuriamo il tempo con lo spazio “ Un minuto dura quel tanto che la lancettadei secondi impiega a compiere un giro”32 e più avanti approfondisce quello che sente in sé,quel giorno, come "pensiero acuto” ( Che sia già l’influenza del pedagogo Settembrini!!):“Lo spazio lo percepiamo coi nostri organi, coi sensi della vista e del tatto. Bene. Ma quale èl’organo del tempo? Me lo vuoi indicare? Vedi, ora sei con le spalle al muro. D’altronde comefacciamo a misurare una cosa della quale, a rigore, non sappiamo dire niente di niente,indicare nemmeno una qualità? Noi diciamo: il tempo trascorre. Sta bene…ma per poterlomisurare …Ecco per essere misurabile dovrebbe trascorrere uniformemente e dov’è scrittoche lo fa? Per la nostra coscienza non lo fa, noi per motivi di ordine superiore poniamosoltanto che lo faccia, e le nostre misure, scusami, sono soltanto convenzionali…. Ho la testa

30 Ibidem, p. 101

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33 Ibidem, p. 10934 Ibidem, p. 114

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piena di pensieri sul tempo…tutto un complesso, direi.”33 Ma per non mettere in agitazioneJoachim, che ha già un po’ di temperatura, si ripromette di tenere a mente tutto e diriparlarne più tardi. Dopo aver provato la sdraio, che trova comodissima, anzi non ricorda diaver mai trovato una sedia così piacevole, al suonare di un gong dopo un’ora (“un’oracomune, non lunga, non breve”), scende insieme al cugino nella sala ristorante per ilsecondo spuntino della giornata. Pur prendendo il suo posto a tavola è ancora sazio dellaprima colazione e ordina soltanto una birra scura in sostituzione della sua solita bevanda, ilporter, che lì non hanno. Approfitta, però, per osservare gli ospiti, così che la massacomincia a scindersi e ne emergono singole persone. Vede al capo della tavola un postolibero per i dottori, che quando possono partecipano ai pasti comuni ruotando tra i varitavoli, vede alcune persone già notate a colazione: il giovane coi baffi, pensieroso etaciturno, la bionda magra che manda giù yoghurt, come se fosse il suo unico cibo, al suofianco una vecchia signora, piccola e vivace, che parla russo, come la bella e florida ragazzache sta all’altro suo fianco. Quest’ultima si chiama Marusja e Castorp osserva, seppur dipassaggio, che quando lei ride o parla Joachim abbassa lo sguardo con una espressionesevera. Vede entrare Settembrini da un ingresso laterale e quando egli si siede alla suatavola i suoi commensali scoppiano in una risata: deve aver detto una malignità, pensa ilgiovane. Poi riconosce subito anche i membri dell’Associazione Polmone Unico. Il cugino gliindica inoltre i due russi, vicini di camera, che tanto lo hanno turbato, con la lorosconveniente rumorosità la sera del suo arrivo. Castorp li osserva “con una mancanza diriguardo che non gli è propria e che a lui stesso pare brutale; ma proprio questa brutalità gliprocura un certo piacere”34.

Inserisco qui una mia riflessione: che stia già uscendo un po’ dalle sue monotone abitudiniborghesi?

In quel momento sente sbattere di nuovo, come la mattina, la porta vetrata a sinistra, mainvece di un soprassalto fa solo una fiacca smorfia e gli riesce troppo gravoso girare la testaper vedere chi è, forse per l’effetto della birra, che bevuta a colazione, lo sta stordendo equasi paralizzando, cosi che coglie volentieri il cenno del cugino per alzarsi e lasciare la salacon passo decoroso, rivolgendo un “cieco inchino ai commensali”.

Prima della successiva cura a sdraio, prima di pranzo, i due giovani scendono per unapasseggiata a Davos-Dorf, dove ci sono negozi e gente e si compera ciò che occorre.Castorp, desiderando la sua diletta attrattiva della vita, si accende un altro dei suoi sigariMaria Mancini e riesce “a sentire ogni tanto un po’ dell’agognato aroma”, ma siccome glicosta un certo sforzo nervoso, alla fine lo getta via. Si sente ancora stordito ma sente ildovere di conversare per cortesia e vorrebbe riprendere il discorso sul tempo, se non che sirende conto di aver scordato tutto il “complesso” di idee che ha avuto in proposito e simette a parlare di condizioni fisiche, a dire il vero, in modo un po’ strano.

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36 Ibidem, p.12237 Ibidem, p. 12538 Ibidem, p. 126

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Riandando ai consigli avuti dal dottor Behrens, concorda con quello circa la cura a sdraio e lepasseggiate ma non certo su quello di misurare la temperatura, che sarebbe troppo per unospite di passaggio. Tuttavia si domanda perché il cuore gli batta così forte:

“Ecco, ci penso già da un pezzo. Ecco, si ha questa palpitazione nell’attesa di una grandegioia, o quando ci si angustia, nelle commozioni insomma, vero? Ma quando il cuore palpitada sé, senza motivo, assurdamente, dirò così per conto proprio, mi sembra sospetto…. Ècome se il corpo andasse per vie proprie e non avesse più contatto con l’anima, fosse in certoqual modo un corpo morto che in realtà non è affatto morto …, ma conduce anzi una vitamolto attiva, per conto proprio però”.35 È come se il corpo vivesse senza collegamento conl’anima ed egli vorrebbe trovare un significato, un sentimento di gioia o di angoscia che logiustifichi. Dopo questo strano discorso camminano per un po’ in silenzio e poi Joachim glichiede le sue impressioni sulle persone della loro tavola, che al giovane Castorp non sonosembrate in effetti molto interessanti. Tornano poi indietro quasi in silenzio ed il giovaneHans sente ancora il suo cuore martellare e incespica persino alcune volte sulla strada pianae, tornato nella stanza, si dirige sul balcone, dove, sulla sedia a sdraio, cade in “undormiveglia greve, dolorosamente mosso dal battito del cuore”.36

Quando suona nuovamente il gong scendono per la terza volta nella sala ristorante: gli ospitientrano dalle due entrate e dalle porte della veranda, così che in breve tutti sono seduti allesette tavole, e il giovane ha l’impressione che non si siano mai alzati da lì e questaimpressione, fantastica e irrazionale, gli provoca un certo piacere, forse a causa della suamente ancora annebbiata. Dopo aver ascoltato grossolani pettegolezzi della signora Sthor sualcuni dei presenti, ha modo di osservare quanto il desinare sia “un capolavoro di arteculinaria e sommamente copioso”, peraltro non invano, visto che nella sala “regna unappetito da leoni … e forse sarebbe stato un piacere assistervi se in qualche modo nonavesse fatto un’impressione sinistra, anzi persino ripugnante”.37 Forse il giovane senteanche qui, come prima per le risate e l’allegria del gruppo dell’Associazione del PolmoneUnico, l’innaturalezza di tale voracità in un ambiente di persona malate.Durante il lungo pasto, di nuovo l’attenzione del giovane è attirata dallo sbattere dellavetrata e questa volta, in un impeto d’ira, egli dice a se stesso che deve scoprire il colpevolee tanto fa sul serio che pronuncia a voce alta “Lo devo sapere!”38. Si volta con tutto il bustoverso sinistra e vede una donna attraversare la sala, una signora o forse ragazza…coi capellibiondo rossicci avvolti in trecce intorno alla testa. In uno strano contrasto con il fracasso delsuo ingresso, lei cammina senza rumore, quasi scivolando e col capo leggermente proteso inavanti va alla tavola chiamata dei “russi ammodo”. Quando ha preso posto, sostenendosi icapelli con le mani, volta la testa al disopra della spalla e dà un’occhiata al pubblico…. Allora

35 Ibidem, p. 117

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39 Ibidem, p. 12940 Ibidem, p. 13341 Ibidem, p. 134

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Castorp nota che ha gli zigomi larghi e gli occhi stretti e a quella vista qualcosa o qualcuno glisovviene di sfuggita, anzi questa forma del viso e il passo “scivolato” diventeranno per ilgiovane la caratteristica più attraente e nello stesso tempo inquietante di quella donna,della quale riesce a sapere il nome, madame Chauchat, e che è di nazionalità russa.Terminato il pranzo, di nuovo sul balcone per la cura a sdraio: lì giace assonnato, “stordito,depresso trasognato, considerando quanto sia strano ciò che gli capita lassù.”39

Mentre stanno effettuando la terza cura a sdraio della giornata , nel giardino sottostante sisente provenire un trambusto , accompagnato da grida femminili, provocato da un giovane,di nome Albin, il quale, prima con un coltello e poi con una pistola, sta spiegando ai presentiquello che farà il giorno in cui la sua malattia, giudicata inguaribile, gli darà troppa noia: datale circostanza gli deriva una sfrenata libertà , simile a quella che provava al liceo, quando“la bocciatura era decisa e non occorreva fare più nulla”40. Quando torna il silenzio,stranamente risuona l’eco delle parole dette, che Castorp, pur nel dormiveglia, rimane adascoltare finché l’eco si spegne. In particolare è rimasto impressionato dal confronto fattocon la vita scolastica, perché lui stesso ha vissuto la stessa esperienza e provato le stessesensazioni: fa a questo proposito una riflessione, che l’onore offre vantaggi notevoli ma nonmeno la vergogna e prova a immedesimarsi nel giovane Albin, definitivamente liberato dalpeso dell’onore e nel godimento degli “inauditi vantaggi della vergogna”41.Ciò provoca in lui un senso di confusa dolcezza, ma gli fa accelerare ancora di più i battiti delcuore.

Si sta per concludere la prima giornata del nostro giovane protagonista nel sanatorio delBerghof, ma egli ha l’impressione di essere lì già da molto tempo e la sera, per la cena, è laquinta volta che entra insieme al cugino nella sala ristorante e scopre che dopo la cena moltisi ritrovano nell’atrio o nei salotti adiacenti, dove sono alcuni tavoli da gioco, per il domino oper il bridge. A uno di questi tavoli vede di nuovo Madame Chauchat e, pur disapprovandolaper la sua maleducazione, riflette di nuovo tra sé “Mi ricorda qualche cosa, ma non sapreidire quale”. Poi incontra di nuovo Settembrini, al quale, su sua richiesta, se gli sembridivertente quel tenore di vita, risponde che a volte è difficile distinguere tra il divertente e ilnoioso: d’altronde lì “si vedono tante cose nuove e singolari… eppure ho come l’impressionedi non essere qui da un giorno ma da parecchio tempo… anzi, mi pare addirittura di esserediventato più vecchio e più saggio.” Al che Settembrini, informatosi sulla sua età (tra pocoventiquattro anni) e saputo da lui stesso che non si sente affatto bene lassù, gli consiglia dipartire subito con uno dei treni direttissimi dell’indomani. Quando Castorp risponde che,pur trovando non facile assuefarsi alla vita di lassù, gli pare tuttavia da codardo e contrarioal buon senso partire subito, Settembrini rinuncia e gli racconta, con un po’ di ironia,qualche bel caso di assuefazione.

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42 Ibidem, p. 14943 Ibidem, p. 151

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La seconda notte del giovane è afflitta dal freddo della stanza e forse dalla febbre masoprattutto popolata da “arruffate visioni del sogno, ancora più arruffate che la primanotte”,42 di cui sono protagonisti i personaggi che in questa prima giornata ha conosciuto.Un sogno in particolare si ripete due volte ed ha come protagonista Madame Chauchat: ella,entrata nella sala da pranzo con il solito fracasso della porta sbattuta, si dirige verso di lui egli porge il palmo della sua mano da baciare, e mentre il giovane, nel sogno, bacia quellamano, “tutt’altro che raffinata”43, è di nuovo pervaso da quella sensazione di dolcezza cheha provato immaginandosi libero dal peso dell’onore e assaporando gli immensi vantaggidella vergogna.

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45 Ibidem, p.15546 Iibidem, p.157

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CAPITOLO IV

VI SI NARRA QUANTO SUCCEDE AL PROTAGONISTA NELLE TRE SETTIMANE DI SOGGIORNOPREVISTE LASSU’

DIFFICILE ASSUEFAZIOE AL CLIMA DI ALTA MONTAGNA

APPROFODIMENTO DELLA CONOSCENZA CON IL PEDAGOGO SETTEMBRINI EDIGRESSIONI DI CARATTERE FILOSOFICO: SUL SENSO DEL TEMPO, SULLA MALATTIA, SULPENSIERO DELLA MORTE, SULLA MUSICA, SULLA TECNICA E IL PROGRESSO, SULLALETTERATURA, SULL’AMORE COME POTENZA PATOGENA

Dopo soli tre giorni di permanenza al Berghof il giovane Castorp si rende conto con stuporedelle stranezze che presenta il clima di alta montagna con i suoi repentini cambi ditemperatura, tali che, come lo informa il cugino Joachim mentre effettuano la pomeridianacura a sdraio, possono provocare nevicate, pur essendosi nei primi giorni del mese diagosto. Il giovane quasi non gli crede ma dopo pochi istanti, tra forti folate di vento siscatena una tormenta di neve, che avvolge in un bianco vapore sia la valle che il villaggiosottostante. Joachim gli spiega che lassù “ci sono giorni d’inverno e giorni d’estate, giorni diprimavera e di autunno, ma vere e proprie stagioni a rigore non ci sono…”44. Castorp siconvince perciò a scendere giù al villaggio e ad acquistare, per effettuare in manieraconfortevole la cura a sdraio, due pregiate coperte di cammello, ma si rifiuta di provvedersianche di un sacco a pelo in quanto obietta: “Il sacco a pelo è troppo singolare … capisci? Seme lo procurassi mi parrebbe di voler stabilire qui la mia dimora e di essere, dirò così, unodei vostri…”45

Di nuovo qui forse emerge la paura inconscia della malattia e quindi la volontà di nonassumere in maniera totale le abitudini dei malati.

Sulla via del ritorno raggiungono Settembrini, anche lui avviato al sanatorio: ne nasce unaconversazione sul clima umido e freddo, di cui il letterato soffre molto, forse anche per averereditato tale sensibilità dal padre, del quale, con parole appassionate, traccia un ritratto dipersona raffinata, nel corpo e nell’anima: egli ricorda che d’inverno amava stare nel suocaldo studiolo in mezzo a libri e manoscritti, “tesori dello spirito”, e si dedicava allaletteratura e “ ora - dice ai due giovani - si figuri lei, ingegnere e lei, tenente, come devosoffrire io, figlio di mio padre, in questo luogo barbaro e maledetto, dove in piena estate ilcorpo trema dal freddo e l’anima è continuamente torturata da impressioni umilianti!”46.

44 La Montagna Incantata, p.154

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47 La Montagna Incantata, p.15748 Ibidem, p. 15749 Ibidem, p. 16050 Ibidem, pp. 160-161

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Si riferisce in tal modo alla compagnia che è costretto a sopportare quando si siede a tavolae non risparmia neanche il personale medico, in particolare “quel matto infernale delconsigliere aulico, Krokowski, quel confessore impudente che mi odia perché la mia dignitàvirile mi vieta di prestarmi alle sue mene pretesche.”47 Allude naturalmente alla pratica dellapsicanalisi con alcuni pazienti.

Castorp, a questo punto, stimolato dai discorsi un po’ piagnucolosi ma anche divertenti eistruttivi di Settembrini, e, avendo anche lui in mente la compagnia della sua tavola, inparticolare la signora Stohr, si avventura in alcune riflessioni sulla malattia: questa, se unitaalla stupidità, “dà, credo, la somma più triste di questa terra… Sono due cose che noncollimano, non vanno d’accordo… Uno stupido, penso, deve essere sano e comune, mentrela malattia deve rendere l’uomo fine, saggio e insolito… Non è così? Io dico forse più diquanto non sia poi capace di sostenere…”48 conclude rimanendo confuso.

Mentre Joachim, a queste, seppur confuse, affermazioni di Castorp, è un po’ imbarazzato, lamordace risposta di Settembrini è la seguente: “Accidenti, ingegnere, lei rivela dotifilosofiche che in lei non avrei mai sospettate! Secondo la sua teoria lei dovrebbe esseremeno sano di quanto pretende, dato che evidentemente ha dello spirito”; continuando poicosì “i concetti da lei sostenuti non sono senz’altro suoi, ma colti, per così dire, tra i concettipossibili che sono nell’aria, per provarcisi una volta, senza assumerne la responsabilità. Ècosa conforme alla sua età che sarà ancora priva di risolutezza virile e per il momento andràsperimentando concezioni diverse. Placet experiri”49.

Perciò si sente in dovere di correggerlo: nasce adesso esplicitamente l’intento pedagogico diSettembrini, che vede nel giovane il “pupillo della vita”, come più volte nel corso dellanarrazione l’Autore chiamerà il protagonista.

Dalla confutazione del pedagogo emerge una diversa visione della malattia: se egli èd’accordo nel riconoscere che malattia e stupidità sono la cosa più triste di questa terra, nonreputa assolutamente la malattia una cosa “veneranda o nobile” che non “collima” con lastupidità. Questa concezione è essa stessa malattia o la via per arrivarci, è una concezioneantiquata, che “risale a epoche di superstiziosa contrizione, quando l’idea umana era avvilitae degenerata in una smorfia, a tempi angosciati nei quali armonia e salute eranoconsiderate sospette e diaboliche, mentre gli acciacchi erano come un lasciapassare per ilparadiso. Ma la ragionevolezza e l’istruzione hanno messo in fuga queste ombre stagnantisull’anima dell’umanità…”50 Ecco che viene fuori l’illuminista, fiducioso nella ragione, nellatecnica, nel progresso che soli possono liberare completamente l’uomo.

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52 Ibidem, p. 16453 Ibidem, p. 16954 Ibidem, p.170

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A questo punto, ribadendo che la malattia può essere rispettata e curata ma non onorata,perché questa sarebbe una aberrazione, cita il poeta italiano, Giacomo Leopardi, che i duegiovani sicuramente non conoscono: egli era “un uomo gobbo, malaticcio con un’animaoriginariamente grande, ma di continuo umiliata dalla miseria del corpo…” e si mette adeclamare dei versi che i due naturalmente non comprendono e allora conclude “Ma lorosignori non capiscono… il deforme Leopardi vide impallidire la luce della gloria e della virtù,la natura gli parve maligna…, disperò della scienza e del progresso! Ecco la tragedia,ingegnere! Qui è il dilemma del sentimento umano”.51

Ne scaturisce infine una osservazione sul rapporto tra anima e corpo, precisamente sul fattoche “un’anima senza corpo è altrettanto disumana e orrenda come un corpo senz’anima”,osservazione che a Joachim ricorda qualcosa di analogo detto in maniera un po’ confusa daHans qualche giorno prima. Ciò conferma Settembrini nella sua intuizione che il giovane sia“un dilettante del pensiero, che alla maniera dei giovani intelligenti sta sperimentando levarie opinioni possibili”, verso il quale l’educatore deve svolgere il suo ruolo di guida per“sviluppare decisamente il giusto e cancellare per sempre… il falso che vuol farsi avanti”.52

L’Autore, poi, mentre ci narra come il giovane protagonista stia facendo pratica, con lecoperte appena acquistate, per prepararsi alla piacevole cura a sdraio prevista dopo lacolazione, fa una lunga digressione sul senso del tempo per farci capire che cosa il giovaneha in mente e prova dopo solo qualche giorno dal suo arrivo lassù.

Mann ci descrive quindi, con bellissime parole, sensazioni che forse anche noi abbiamoprovato, chissà quante volte, durante una vacanza o un viaggio in posti nuovi.

“È una curiosa faccenda questo acclimarsi in un posto nuovo, questo sia pure faticosoadattamento, questa assuefazione, alla quale uno si sottopone quasi per amore di essa e conla precisa intenzione di abbandonarla, appena sia terminata o appena poco dopo, e diritornare alle condizioni di prima. La si inserisce come interruzione o intermezzo nel corsoprincipale della vita, e precisamente a scopo di ricreazione, vale a dire di un rinnovante,sconvolgente esercizio dell’organismo che era in pericolo e già sul punto di viziarsi,d’infiacchire, di intorpidirsi nella disarticolata monotonia della vita quotidiana”.53

Poi si domanda da che cosa dipenda questo rilassamento e conclude affermando che esso èpiuttosto di natura psichica, connesso all’esperienza del tempo che “nell’ininterrottauniformità rischia di andare perduta, ed è così affine e legata al sentimento stesso della vitache l’una non può affievolirsi senza che anche l’altro non sia miseramente pregiudicato”54

Al giovane Castorp quindi sembra di essere lì da molto tempo e di tale sensazione rendepartecipe il cugino Joachim.

51 Ibidem, p. 163

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55 Ibidem, p. 18056 Ibidem, p. 18357 Ibidem, p.185

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Le giornate sono tutte suddivise e organizzate con cura e il giovane, nonostante il suoorganismo si adatti con fatica alle condizioni atmosferiche dell’alta montagna, osserva conattenzione la comparsa di facce e cose nuove, non tanto per assuefarsi quanto “perassorbire cose nuove con sensibilità giovanile”. Così ha modo di vedere, attraverso una portasocchiusa, per la prima volta un moribondo, un giovane che, come lo informa cinicamente ilconsigliere Behrens, è all‘ultimo stadio; fa poi la conoscenza della signora messicana, cheaveva visto in giardino il primo giorno e della quale Joachim l’ha informato che si trova nellapiù cupa disperazione perché ha entrambi i figli malati e, parlando in francese, ripete incontinuazione le parole “Tous-les-deux”. Queste due occasioni inducono il giovane Hans adesprimere il suo sentimento nei riguardi della malattia e della morte: nei confronti di questa,in particolare, forse perché da piccolo ha subito quella dei genitori, non prova né orrore néimbarazzo, anzi trova che nei funerali sia un bene per la gente avere un po’ di raccoglimentoe, mentre comunica al cugino queste sue riflessioni, aggiunge anche che a volte ha pensatodi dover fare “il curatore d’anime”.

Subentrano poi alle giornate ordinarie variazioni anch’esse regolari, come quelle delladomenica, durante la quale ogni quindici giorni si tiene un concerto sulla terrazza: “tutti sistudiano di onorare la domenica e di darle risalto”55. Castorp ora conosce la maggior partedegli ospiti per nome o di vista, e così gli capita di vedere di nuovo Madame Chauchat, chela domenica scende a colazione indossando una fluente veste di pizzo e presentandosi congrazia alla sala, non senza però aver sbattuto alla solita maniera la porta a vetri.

Durante il concerto Il giovane, mentre ascolta la musica, “con la bocca aperta e la testareclinata su una spalla”, come è sua abitudine, osserva di nuovo la singolare atmosferadell’ambiente che lo circonda: si agita intorno a lui una vita spensierata ed egli, ora, non èturbato dal sapere che le persone presenti sono internamente malate. Anzi “questaconsapevolezza creava una maggior curiosità, un certo fascino spirituale…”56

Quando il concerto volge al termine compare sulla terrazza anche Settembrini e nescaturisce una digressione sulla musica, in particolare sulla concezione che lui ha dellamusica: la musica gli piace ma non quando è imposta, come avviene nel sanatorio. Allora inqueste occasioni lui ascolta per poco ma poi se ne va per i fatti suoi cercando di ottenerelassù un’illusione di indipendenza, di libertà. D’altra parte egli ama la musica ma non lastima tanto quanto la parola, che è “il sostrato dello spirito, il lucido vomere delprogresso…”. La musica “non è la vera chiarità, è una chiarezza sognante… nonimpegnativa, una chiarezza senza conseguenze, pericolosa perché invoglia ad acquetarsi inlei…”57. Secondo Settembrini, quindi, la musica da sola non spinge avanti il mondo, ma deveessere preceduta dalla letteratura. Riconosce però alla musica il potere di svegliare il tempo;di svegliare l’uomo al più raffinato godimento del tempo e in questo senso essa è morale.

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58 Ibidem, p. 194

2020

La ritiene comunque ambigua e pensa che sia un pericolo personale per il giovane ingegnere(anche in questo momento vede in lui il pupillo della vita), che lo ascolta ma non riesce aseguirlo con attenzione, un po’ per la stanchezza un po’ perché distratto dalle scene che sisvolgono intorno.

La domenica si distingue inoltre per le passeggiate in carrozza di gruppi di ospiti del Berghof,e gli capita in questa occasione di vedere nuovamente Madame Chauchat, consolidando inlui quella sensazione di una somiglianza che va cercando e che a breve gli si rivelerà insogno.

Infatti il lunedì, che è per lui il primo lunedì lassù al Berghof, porta un’altra variazioneall’andamento ordinario delle giornate, rappresentata dalla conferenza che il dottorKrokowski tiene ogni quindici giorni nella sala da pranzo. Si tratta, come lo informa Joachim,di un corso scientifico per il pubblico maggiorenne del sanatorio, dal titolo “L’amore comepotenza patogena”, titolo da cui emerge chiaramente la connessione con gli studipsicanalitici del dottore.

Prima però della conferenza il giovane Castorp, ancora afflitto da vampate di calore nellatesta e sul viso nonché da improvvise accelerazioni del battito cardiaco, vuole fare unapasseggiata da solo, più lunga di quella che solitamente fa in compagnia del cugino, il qualelo avverte in ogni caso di non esagerare, considerata l’aria di alta montagna. Egli vuoleuscire dalla cerchia del sanatorio perché pensa che i suoi disturbi dipendano anche dalleimpressioni che questo ambiente e i suoi personaggi stimolano in lui.

Durante la passeggiata ammira il paesaggio, intona canti popolari sentimentali e lo fa conentusiasmo, ma man mano che la salita aumenta si sente il fiato ridotto al minimo e siabbandona “al piede di un grosso pino… preda improvvisa - dopo tanta esaltazione - di unprofondo malumore, di un abbattimento quasi prossimo alla disperazione”58.

Quando, ripresosi un poco, si alza per continuare, tentenna la testa come faceva il nonno,accogliendone con affetto l’apparizione e compiacendosi, come avevamo preannunciato, diimitarne il dignitoso sostegno del mento.

Ma le sorprese della sua uscita non sono ancora finite: durante la discesa, per tornare intempo per l‘inizio della conferenza, affascinato dal paesaggio e attirato da una panchina, neipressi di un ruscello che forma delle cascatelle, si siede “per godere la vista…della schiumafuggente, e ascoltare il rumore idillico e loquace, monotono e pur intimamente mutevole;Castorp amava lo scroscio dell’acqua come la musica, e forse di più.” Ma in quel momentogli sopraggiunge una violenta epistassi, che fatica non poco a fermare, e subito dopo cadein quello stato di vitalità attenuata, che precede l’origine di un sogno.

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59 Ibidem, p.20260 Ibidem, p. 207

2121

Torna a quando aveva tredici anni e frequentava la terza classe del ginnasio e stavadiscorrendo nel cortile della scuola con un ragazzo pressappoco della stessa età: si chiamavaHippe Pribislav ed era l’evidente fusione di sangue germanico con sangue slavo. La qual cosasi rivelava soprattutto dagli occhi di un colore ambiguo, grigio celeste o celeste grigio, di untaglio particolare, sottile e quasi obliquo, e dagli zigomi sporgenti. Per questo ragazzo egliaveva sviluppato, pur non conoscendolo personalmente e non sapendone neppure spiegarele ragioni, una affezione ed una ammirazione, a cui si mantenne fedele per quasi due anni,fino al giorno in cui avvenne l’episodio che ora rivive in sogno. Castorp, poco prima dell’oradi disegno, si accorse di non avere con se’ la matita, avrebbe potuto chiederla in prestito aragazzi che conosceva, e invece, per una strana disinvoltura che lo colse in quel momento, inmezzo alla calca del cortile si fermò davanti a Hippe e proprio a lui chiese una matita.Questa fu l’unica volta che si parlarono e la figura del “chirghiso”, come inavvertitamenteera entrata nella sua vita, così inavvertitamente svanì senza rimpianto. Al risveglio, quandorealizza di aver sognato Hippe Pribislav, finalmente comprende la somiglianza che trova inMadame Chauchat ed esclama “Strano come le somiglia…. a quella quassù! Per questodunque mi interesso tanto a lei? O forse per questo mi sono interessato tanto a lui? Assurdo!Una simpatica assurdità”59. In funzione di questo ideale, e ancora inconscio, rapporto che ilgiovane sta interiormente sviluppando nei confronti di quella donna assumono importanzapremonitrice il sogno e la considerazione che egli ne trae.

LA CONFERENZA DEL DOTTOR KROKOWSKI – INVITO ALLA PSICANALISI

Il giovane Castorp dopo quella lunga e nociva passeggiata arriva in ritardo alla conferenzadel Dott. Krokowski e, per non essere notato, occupa un posto d’ angolo libero vicino allaporta, ma la signora seduta davanti a lui è proprio madame Chauchat. Sentendo il rumorealle sue spalle lei si volta a guardarlo e il giovane vede nei suoi occhi il medesimo sguardo diPribislav, tanto è forte ancora in lui la suggestione del sogno.

Mentre egli è attratto dalla visione della scollatura posteriore della donna e dal suoportamento sciatto, che egli giudica essere una conseguenza della malattia, i pensieri gli siconfondono e diventano fantasie, nelle quali si introduce la voce del dottor Krokowski: egl ista parlando ai presenti dell’amore, argomento al quale il giovane non è assolutamenteabituato ed anzi lo ritiene del tutto inadatto e refrattario ad essere trattato “alla luce delgiorno, davanti a uomini e donne”60.

Il dottore ne parla con tono dotto e poetico ma nello stesso tempo ambiguo, definendolo“tra tutti gli istinti naturali il più instabile e compromesso, tendente a fondamentali

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63 Ibidem, p. 22164 Ibidem, p.224

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aberrazioni e scellerate perversioni…Ma ci sono resistenze psichiche e correttivi, istinti buonie regolatori…”61

L’amore represso però non è morto e vive nelle tenebre fino a che ricompare sotto lamaschera della malattia: questa potenza patogena dell’amore vive nell’inconscio e lamalattia può essere ritrasformata in sentimento cosciente solo attraverso l’analisi.

Nella conferenza del dottor Krokowski si esalta quindi il trionfo della teoria freudiana conl’invito a tutti i presenti ad avere in essa fiducia per una completa guarigione.

Il giovane, frastornato, dal suo malessere e dall’argomento, esce insieme a tutti gli altri dallasala pensando tra sé “Qui sono soltanto in visita, sono sano e, grazie al Cielo, non conto, eper la prossima conferenza non sarò qui”.62

E’ trascorsa la prima settimana di soggiorno lassù!

CONVERSAZIONI A TAVOLA E NASCITA DI UNA “RELAZIONE” SENTIMENTALE

Per il giovane Castorp, nella vita felicemente regolata del Berghof, le ore che hannomaggiore attrattiva sono quelle passate a tavola nella sala da pranzo, che stimolano in luiansie e curiosità. Dopo quella poco salutare passeggiata, però, vi partecipa con un certoimbarazzo perché gli è rimasto un leggero e quasi costante tremito della testa, debolezzache egli cerca, in diversi modi, di mascherare: riflettendo su quell’umiliante fenomenoconsidera che esso certamente non è soltanto di natura fisica, da attribuire all’aria e al climadi lassù, “ma rivelava una tensione interna ed era direttamente connessa con quelle ansie ecuriosità”63

La sua ansia principale è rappresentata dall’arrivo di madame Chauchat e dallo schiantodella porta che immancabilmente lo accompagna: ora però il giovane non gira più la testa discatto, pronunciando tra i denti una parola indignata, ma piega la testa sul piatto ed hal’impressione di non essere libero di biasimare, bensì di essere lui stesso colpevole di quello“scandalo”. Di questa specie di rapporto sentimentale, nato tra il giovane e la russa, siaccorge soltanto la sua vicina di posto a tavola, l’insegnante, signorina Engelhart. Ellapertanto si diffonde in apprezzamenti entusiasti intorno alla Chauchat e le sue chiacchierevoluttuose penetrano nel giovane, il quale, per una sua mancanza di indipendenza, habisogno di sentirsi confermare che la russa è una donna deliziosa e di “di essere incoraggiatodal di fuori ad abbandonarsi a sentimenti cui la sua ragione e la sua coscienza opponevanoincomode resistenze”64. Castorp cerca quindi di avere più notizie su madame Chauchat, sulfatto se sia sposata e sul suo nome: sicuramente è sposata, gli dice la Engelhart, ma non

61 Ibidem, pp. 208-20962 Ibidem, p. 213

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65 Ibidem, p. 22866 Ibidem, p. 23267 Ibidem, p. 23368 Ibidem, p. 237

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porta l’anello perché, a suo parere, le donne russe sono emancipate e hanno un tratto disuperiorità; una donna poi così affascinante non ha voglia di far capire subito il suo legamematrimoniale. Castorp, allora, spesso punzecchia la maestra, la quale da parte sua ha un po’la smania di far da mediatrice e desidera fa piacere al giovane, che a sua volta la prende ingiro da una posizione “distaccata e umoristica” e sottostà a quel sentimento intricato,cercando di “tranquillarsi considerando che in, fin dei conti, è là soltanto in visita e tra pocosarebbe ripartito” 65

Gli intervalli tra un pasto e l’altro diventano perciò per il giovane una attesa di quellosuccessivo per ritrovarsi insieme con la malata Clavdia Chauchat. Sente interiormente diaver instaurato con lei una sua relazione e la cosa gli procura anche una diversasoddisfazione: può finalmente attribuire quella accelerata attività del cuore, di cui soffre daquando è arrivato lassù, ad un moto giustificativo dell’animo. “Bastava che Castorppensasse alla Chauchat (e ci pensava davvero) per provare il sentimento adeguato allapalpitazione” 66

SINTOMI DI PAURA - CONFRONTI TRA DUE NONNI

Del previsto soggiorno al Berghof siamo ora quasi alla fine della seconda settimana e i giorni,che prima sembravano passar lenti, cominciano a volar via, ma ognuno di essi si riempie, peril giovane, di tacite e recondite esperienze. Anche madame Chauchat ha notato “fili che sistanno tessendo tra una certa tavola e la sua”67. Tra i due si instaura una schermaglia disguardi, qualcuno accompagnato anche da un sorriso della donna , cosa che provoca nelgiovane diffidenza e letizia insieme: egli infatti, pur avendo delle “ sbrigliate” intenzioni nelvoler creare questa relazione, giudica la cosa irragionevole e non aspira a fare unaconoscenza diretta e ufficiale di madame Chauchat, anzi vede “nella sua tacita relazione conquella trasandata appartenente alla schiera di lassù, soltanto un’avventura delle vacanzeche davanti al tribunale della ragione – della sua propria coscienza ragionevole – non potevaminimamente pretendere di trovare approvazione”68

Il giovane però, nonostante questi suoi pensieri, comincia a considerare le commozioni e letensioni dell’animo, le soddisfazioni e le delusioni che gli derivano da questo rapporto ecomincia a cercare delle occasioni per incontrare la donna più da vicino, ritardando perquesto a volte la sua discesa nella sala da pranzo: in una di queste occasioni, l’incontro tra idue avviene di fronte e lo sguardo della donna si fissa su di lui con insistenza per tutto iltempo, tanto da provocargli “ un colpo al cuore”. È la prima volta che Castorp vede davicino quel volto ed in particolare viene colpito “dagli occhi chirghisi, stretti, tagliati …inmaniera incantevole, il cui colore eguagliava l’azzurro-grigio o grigio-azzurro di lontani

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71 Ibidem, p. 24472 Ibidem, p. 24573 Ibidem, p. 25174 Ibidem, pp. 251-252

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monti”.69 Il giovane ripensa di nuovo a Hippe Pribislav ma non vede più solo unasomiglianza: quegli occhi e quello sguardo sono proprio gli stessi!

“Egli prova ora come sintomi di paura, un’oppressione simile a quella che gli procurava iltrovarsi imprigionato in breve spazio insieme col caso favorevole”70

Dopo solo due settimane di soggiorno al Berghof la vita della pianura appare al giovanequasi bizzarra e falsa e questa sensazione, pur sembrandogli stupefacente, fa rinascere in lui“quell’ inquietudine che dentro lo spingeva in cerca di consiglio e di appoggio”71. Da questostimolo interiore gli vien fatto di ripensare a due personaggi conosciuti lassù: Behrens el’umanista Settembrini. Il primo, direttore del sanatorio, rappresenta al suo internol’autorità suprema, ma il giovane, pur sentendo nel cuore l’inquieto bisogno di un’autoritàpaterna, non riesce proprio a pensare al direttore con fiducia filiale e si convince che fareriferimento a lui non sia molto corroborante.

Rimane Settembrini, “l’oppositore, il fanfarone e homo umanus come definiva se stesso, ...che uomo era? Ed era vantaggioso pensare a lui?”72 Egli si considera pedagogo e il giovaneCastorp non chiede di meglio che di essere guidato, perciò lo tiene d’occhio e ascoltavolentieri “ non senza critica attenzione” tutte le considerazioni e riflessioni, sui più svariatiargomenti, che egli va esponendo durante le frequenti passeggiate o in altre occasioni dicolloquio che si creano nella vita quotidiana del Berghof , per esempio anche alla fine deipasti, quando spesso Settembrini si sofferma alla tavola dove sono i due giovani per unabreve chiacchierata. Gli capita così di parlare anche della sua famiglia e Castorp, “stupefatto,ma disposto a farsi guidare, ascoltava i racconti dell’italiano che gli aprivano un mondosingolare, del tutto nuovo”73.

È in questo modo che il nostro giovane protagonista fa la conoscenza del nonno diSettembrini: un avvocato ma soprattutto un grande patriota, che aveva aderito allaCarboneria in occasione delle cospirazioni contro l’Austria e la Santa Alleanza!

Nel racconto del nipote questo nonno appare ai due giovani “come una figura tenebrosa,appassionata e sobillatrice, un caporione, un congiurato e… non riuscivano del tutto areprimere un’espressione di antipatia, diffidente……..D’altronde la rivolta e la cospirazione diquel nonno erano accoppiate a un grande amore per la patria che egli voleva libera e……purdovevano mentalmente riconoscere che, date le condizioni di tempo e di luogo, la sommossadoveva essere stata una virtù civile e la leale compostezza pari a una fiacca indifferenzaverso la cosa pubblica.”74 Castorp rimane impressionato soprattutto da un particolareriferito da Settembrini sulla figura del nonno: questi si era sempre presentato ai suoi

69 Ibidem, p. 24170 Ibidem, p. 241

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75 Ibidem, p. 25476 Ibidem, p. 25677 Ibidem, pp.258-25978 Ibidem, p. 259

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concittadini esclusivamente in abito nero perché in lutto per l’Italia…e allora il giovane nonpuò non pensare al proprio nonno, anch’egli sempre vestito di nero, anche se conintenzione ben diversa… Nasce così nei suoi pensieri un confronto tra i due: “Erano statidavvero due nonni nettamente diversi!... Nell’un caso e nell’altro c’erano onore e bellezza,pensava sforzandosi di essere equo…. Ed ecco entrambi si erano vestiti di nero, il nonno delnord e quello del sud, entrambi per interporre un rigoroso distacco tra sé e la cattiveriacontemporanea”.75 Paragonando così i due mondi dei nonni, gli torna alla mente unasolitaria gita in barca al crepuscolo, durante la quale per un momento coesistono, davanti alsuo sguardo, a occidente un giorno chiaro, una luce diurna e dalla parte opposta una decisanotte lunare: lo strano contrasto era durato appena un quarto d’ora “prima di trovare ilpareggio in favore della notte e della luna”. Questo il ricordo che gli ritorna alla mente nelfare il confronto tra i due nonni!

Settembrini inoltre, esaltando il fondamento universale del diritto, che aveva animato ilnonno dalla fanciullezza alla morte, spingendolo anche a diventare avvocato, definiscequesto fondamento “fonte della libertà e del progresso”: nel dare questa definizione sispinge ancora avanti perché nell’ambito del progresso annovera tutte quelle scoperte dellatecnica, di cui considera l’importanza per “il perfezionamento morale dell’uomo”76.

Tutto ciò sembra confuso al giovane Castorp, che finora è stato abituato a considerare deltutto distaccate tra loro queste due categorie, la tecnica e la morale! Ciò nonostante egliascolta Settembrini sempre con attenzione, seppur critica, perché non gli manca la buonavolontà di farsi guidare e inoltre perché sente dentro di se quasi un “precetto di coscienza”.

“Secondo il concetto e la parola di Settembrini, due principi sarebbero in lotta tra loro per ilmondo: la potenza e il diritto, la tirannide e la libertà, la superstizione e la scienza, ilprincipio dell’inerzia e quello del moto, del fermento, del progresso. Si può chiamare l’uno ilprincipio asiatico, l’altro l’europeo, perché l’Europa è il paese della ribellione, della critica,dell’azione riformatrice, mentre il continente orientale incarna l’immobilità, l’inerte quiete…”77 Questa la posizione di Settembrini, che vede nel futuro “l’aurora dell’universaleaffratellamento dei popoli nel segno della ragione, della scienza e del diritto”78.

A questo punto ci verrebbe la curiosità di conoscere quale è l’opinione in propositodell’Autore, ma forse la potremo soddisfare più in là, quando farà la sua comparsa nelromanzo un personaggio di estrazione culturale e vedute completamente opposte a quelledell’umanista Settembrini.

Tornando al momento attuale della narrazione, il giovane in effetti non si interessa moltoalle teorie sociali che Settembrini esprime con tanta passione, ma quando, durante le

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79 Ibidem, p. 26280 Ibidem, pp. 262-26381 Ibidem, pp. 263-264

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passeggiate si siede accanto a loro sulla panchina, egli stesso lo invita ad esporre le sue idee:nei suoi discorsi trionfa l’esaltazione dell’umanesimo contro non solo la misantropia e lesuperstizioni del medioevo ma anche contro il sentimentalismo cristiano dei romantici. Ilpedagogo, definendosi un letterato, spiega che in lui si sono fuse le tendenze del nonno edel padre perché “la letteratura non sarebbe altro che questo: l’unione di umanesimo epolitica, tanto più facile da avverarsi in quanto lo stesso umanesimo è già politica e lapolitica umanesimo…”79 Su questo concetto l’attenzione del giovane si risveglia e vuol capirein che senso la letteratura è qualcosa di più dei “bei caratteri”: allora Settembrini parla lorodel culto della parola, dell’eloquenza, che per lui rappresenta il trionfo del senso di umanità.“La parola è l’onore dell’uomo…. E alla letteratura è legata anche la politica, o meglio:questa deriva dalla alleanza, dalla fusione di umanità e letteratura, perché la bella parolagenera la bella azione”80

Con grande fervore l’umanista conclude dicendo ai due giovani che tutte queste cose sonouna sola e si possono riassumere nella parola “civiltà”. Per il giovane Castorp tutto questomeritava di essere udito, senza impegno beninteso e in via di prova, ……ne prendeva notavolentieri e apriva loro l’animo suo per valutarle”81

Il “pupillo della vita” ascolta il suo mentore con attenzione e con spirito di giustizia cerca disoffocare le resistenze che in sé sente sorgere contro alcune delle sue affermazioni.

Queste resistenze scaturiscono nel giovane anche “dalla particolare situazione presente,dalle sue esperienze vuoi indirette, vuoi segrete, tra quelli di lassù”. Così, come per amoredel dovere e per senso dell’equilibrio, Castorp ascolta Settembrini, allo stesso modo “saricavare dalla voce del dovere il permesso di abbandonarsi alla passione!” Dalla parteopposta infatti a tutti i bei concetti esaltati dal pedagogo si trova il pensiero di ClavdiaChauchat!

UNA SVOLTA NEL SOGGIORNO AL BERGHOF

Siamo ormai alla metà della terza settimana, e quindi ultima, del previsto soggiorno lassù e ilnostro protagonista continua a trascorrere come di consueto le giornate secondol’organizzazione e le regole del sanatorio, pensando comunque di cominciare già apreparare la valigia e molto dispiaciuto di dover lasciare di nuovo da solo i cugino Joachim.

In effetti però, fin dai primi giorni del suo arrivo, ha sofferto quasi costantemente diaccelerazioni del battito cardiaco, di continui accessi di calore, disturbi ai quali si è aggiuntauna forma di costipazione con catarro e raffreddore, tanto che, tossendo, qualche volta hatrovato macchie rosse sul fazzoletto. Il cugino Joachim lo informa che “ lassù” il raffreddorenon viene neanche preso in considerazione, ma per tranquillità è meglio che si faccia vedereseguendo al via gerarchica. Così su interessamento di Joachim, il primo gradino della

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82 Ibidem, p. 301

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gerarchia del Berghof, la superiora, signorina von Mylendonk, visita il giovane Castorp nellesua stanza e, dopo avergli confermato che “lassù” raffreddore e semplice catarro sono“fanfaluche”, lo convince ad acquistare un termometro: quel “ sigaro di mercurio” che ildottor Behrens gli aveva consigliato di usare fin dal suo arrivo e che lui invece avevarifiutato. Quando il giovane, rimasto solo, prova, con un po’ di apprensione, la suatemperatura, scopre di avere 37 e 6, oltretutto di mattina! Informato di ciò il cugino,decidono che il giorno seguente si unirà a lui in occasione della sua mensile visita dicontrollo e della cosa parlano subito con il consigliere Behrens, incontrato per caso davantil’ingresso del sanatorio. Il giorno seguente Castorp, sottoposto alla visita, viene informatoche non solo in passato ha avuto un attacco della malattia, non diagnosticato, ma cheadesso ha un nuovo focolaio: dovrà comunque passare qualche settimana di riposo a letto eil dottore lo congeda dicendo “Il resto si vedrà poi. Prenderemo una bella veduta del suointerno…Si metta in mente però: un caso come il suo non guarisce da domani a posdomani,qui non si ottengono successi propagandistici e non si fanno cure miracolose.” D’altra partericorda al giovane che già al suo arrivo aveva avuto l’impressione che sarebbe stato “unpaziente per bene”.82

Questa è la svolta che il giovane non si aspettava? O forse piuttosto quella desiderata alivello inconscio per entrare a far parte della” famiglia di quelli lassù”?

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83 Ibidem, p. 30284 Ibidem, p. 30385 Ibidem, p. 308

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CAP. V

INIZIO DELLA CURA DI CASTORP – ANCORA DIGRESSIONI SUL TEMPO, SULLA MALATTIA,SULLA LIBERTA’ E SU ALTRI CONCETTI CHE VIA VIA SI SVILUPPANO E SIAPPROFONDISCONO NELLA VITA DI LASSU’

Il nostro protagonista, per ordine del consigliere Behrens, è dunque a riposo a letto dalsabato della terza settimana, che avrebbe dovuto concludere il suo soggiorno nel sanatorio.

All’inizio di questo capitolo è l’Autore stesso che si dilunga in alcune considerazioni sultrascorrere del tempo per spiegare al lettore la diversità tra quello dedicato agli avvenimentidelle prime tre settimane e quello che la narrazione riserva alle attuali tre settimane che ilgiovane Castorp è costretto a passare a letto.

“Questo fatto potrebbe destare meraviglia; eppure è in regola e corrisponde alle regole delnarrare e ascoltare. È in regola e risponde a queste norme se il tempo ci sarà esattamentelungo o breve, se per la nostra esperienza il tempo si dilaterà o si restringerà per noiesattamente come per il giovane Castorp… così inaspettatamente sequestrato daldestino”.83

Quando si passa una lunga serie di giorni a letto, perché malati, è sempre il medesimogiorno che si ripete, ma più che di ripetizione -dice l’Autore- “bisognerebbe discorrere dimonotonia, di un presente immobile o dell’eternità… Quella che ti si svela per vera formadell’essere è un presente senza dimensioni nel quale ti si reca la minestra in perpetuo…”84

Il giovane sta quindi nella sua stanza considerando la stranezza delle sue condizioni e diquello che gli sta capitando, così che il suo animo si trova in uno stato di confusione e didubbio.

Egli però cerca, per quanto può, approfittando delle quotidiane visite del cugino, dipartecipare anche a distanza alle variazioni quindicinali di cui ha già fatto esperienza nelleprime tre settimane di soggiorno: così per i concerti che si danno ogni due domeniche, cheegli ascolta dalla porta aperta sulla loggia, tenendo la consueta posizione, “la testa inclinatasulla spalla, lo sguardo amorevolmente devoto e vagante”85. Allo stesso modo vuoleinformazioni da Joachim sulla conferenza che il dottor Krokowski tiene ogni due lunedì,vuole in particolare sapere se ha parlato ancora dell’amore, ma il cugino si mostra però,forse per pudore, un po’ reticente a parlare dell’argomento e si limita a dire che il dottoreha parlato di fenomeni chimici all’interno dell’organismo umano.

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86 Ibidem, p.30587 Ibidem, p. 31288 Ibidem, p. 314

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I due giovani inoltre discutono anche del problema di informare la famiglia dello zioTienappel giù in pianura, ma Castorp non se ne dà pensiero come di una cosa urgente, tantonon lo aspettano per un giorno preciso e “se non arrivo -dice- ci vuole parecchio prima chese n’accorgano, puoi star sicuro”86. Forse si coglie un po’ di amarezza in questaaffermazione? Il giovane non sente come sua quella famiglia?

Inoltre Castorp nei primi giorni di prigionia nella “rimessa, come chiama l’essere costretto aletto, deve rincuorare il cugino, il quale si sente in colpa per il fatto che, venendo a trovarelui lassù, ha scoperto di essere malato e pertanto costretto a restare chissà per quantotempo. Al contrario il giovane pensa di essere stato fortunato perché in tal modo hascoperto la malattia al suo inizio, perciò con maggiore speranza di guarigione, considerandoperaltro che, come ha fatto intuire il consigliere Behrens con le sue domande, potrebbeesserci nella stessa un carattere di ereditarietà.

Allo scadere della terza settimana Castorp si decide a scrivere due righe a casa perinformare, in via generale e provvisoria, di questa sua costipazione febbrile che lo costringe,per scrupolo del consigliere Behrens, a rimandare la partenza.

Il giovane quindi, stando cosi “nella rimessa”, si abitua a quel diverso fluire del tempo di cuil’autore ci ha già informati, e i vari intervalli della giornata, tra i pasti o tra le visite delcugino, gli sembrano così brevi che non ha il tempo di annoiarsi, perché ha“abbondantemente da riflettere sulle prime tre settimane passate lassù, e da assimilare lesue condizioni presenti e le eventualità future…”87

Inoltre egli ora riceve le visite dei medici, e questa circostanza gli dà la sensazione di contaredi più, di non essere lasciato da parte, come avveniva prima “con suo segreto e lieve maquotidiano dispetto”.88

Dopo quasi due settimane dall’inizio del suo riposo a letto riceve la visita di LodovicoSettembrini, che è in effetti l’unica persona della quale egli ha chiesto espressamenteinformazioni al cugino. Dopo aver parlato un po’ delle condizioni di salute del giovane,vanno con il ricordo alla conversazione avuta durante il loro primo incontro, agli appellativiironici, Minosse e Radamanto, che Settembrini aveva riservato ai due dottori, e sisoffermano a considerare la diagnosi fatta dal dottor Behrens, anche se non definitiva,perché da completare con una radioscopia.

Settembrini chiede poi se abbia informato la sua famiglia e l’azienda dove avrebbe dovuto abreve iniziare la sua attività pratica: il giovane nota con calma che gli uni avranno preso notacon animo tranquillo e gli altri non si saranno disperati perché possono cavarsela anchesenza un “volontario”. Da queste considerazioni del giovane scaturisce una riflessione suicaratteri della popolazione tedesca, che Settembrini definisce flemmatica e nello stesso

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89 Ibidem, p. 32790 Ibidem, p. 328

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tempo energica, definizione che il giovane condivide, ma che viene ulteriormente sviluppatadurante la conversazione, quando l’italiano si informa anche sulle condizioni economichedella sua famiglia e sue personali affermando: “Tutti sono ricchi al suo paese.” Il giovane èda ciò stimolato a fare delle riflessioni sulla gente del suo paese, dove l’essere ricco èconsiderato di primaria importanza, tanto che più volte ha udito una frase rimastagli nellamente “Quello? -domandano- Ha ancora quattrini? .... O che ne dice lei? Ecco, non credoche lei, per esempio, Homo Humanus, si troverebbe bene da noi; persino a me, che pure vivoin quell’ambiente, è sembrato certe volte inaudito…Stando qui a letto e vedendo le cose dalontano mi sembra inaudito. Come ha detto lei? Flemmatici ed… energici? Già, ma chesignifica? Significa duri e freddi. E che significa duri e freddi? Significa crudeli. Spira un’ariacrudele laggiù, inesorabile. Stando qui a letto e guardando da lontano, c’è da provarneorrore”89

A questo punto ci sovvengono delle considerazioni che l’Autore fa nelle lezione che tennesul romanzo agli studenti dell’Università di Princeton, nel 1939 (citata nella prefazione).

“Quel mondo di ammalati è chiuso in sé e tenacemente avviluppante… È una specie disurrogato della vita che in un tempo relativamente breve estrania del tutto i giovani dallavita reale”.

Nel punto della narrazione, in cui ora ci troviamo, l’Autore esprime questa riflessione perbocca del pedagogo Settembrini, il quale risponde al giovane Castorp facendogli notare chela sua ultima affermazione è sintomo di un certo allontanamento dalla vita. “Sa ingegnere-gli chiede- che cosa significa estraniarsi alla vita? Io sì che lo so. Lo vedo qui tutti i giorni.Dopo sei mesi al massimo il giovane che viene quassù (sono quasi tutti giovani quelli chevengono qua) non ha altri pensieri che quello di corteggiare le ragazze e di misurarsi latemperatura. E dopo un anno tutt’al più non ne potrà nemmeno concepire altri, ma li sentiràtutti crudeli o, diciamo meglio, sbagliati e ingenui”90

Il giovane lo ha ascoltato, ma con un’orecchia sola, perché ancora ripensa al discorso sulladurezza e la crudeltà ed esprime un suo nuovo pensiero: quella mentalità di “laggiù” nonl’ha mai trovata rispondente alla propria indole e forse ciò è dipeso dalla suapredisposizione alla malattia o dal fatto di aver conosciuto troppo presto la morte peressere rimasto da bambino orfano di entrambi i genitori. Non si può secondo lui, essered’animo così rozzo da considerare ovvia la crudeltà della gente e chiede a Settembrini il suoparere di letterato sulla questione.

Ne nasce una digressione sul modo di considerare la morte, che, secondo il pedagogo, peressere sentita in modo nobile e anche religioso, deve essere considerata come parte eaccessorio, come sacra condizione della vita, non scissa e contrapposta in antagonismo adessa. Ricorda al giovane il modo che avevano gli antichi di venerare la morte, la quale, se

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92 Ibidem, p. 33293 Ibidem, p.341

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viene vista come “potenza spirituale autonoma…è indizio della più orrenda aberrazione dellospirito umano.”91

Il giovane, a tali considerazioni, rimane in silenzio, mostrando una caparbietà puerile cheoffre di nuovo a Settembrini l'occasione di ritornare su un concetto già espresso, quellodel "Placet experiri”:

“Si parla anche della neutralità e della irresolutezza spirituale dei giovani, della loro libertà discelta, e della loro tendenza a sperimentare i diversi criteri possibili e del fatto che non sidevono considerare…quegli esperimenti come opzioni serie e definitive per la vita…Mi vuolpermettere di darle anche in seguito una mano nelle sue esercitazioni? - E nella sua vocec’era come una leggera commozione…” Il giovane, assentendo, “si affrettò adabbandonare la sua prevenuta e quasi scontrosa avversione”92

Nasce così, diremo ufficialmente, il sodalizio pedagogico tra il letterato umanista e il giovane“pupillo della vita”.

Nel frattempo siamo giunti alla conclusione della terza settimana di riposo forzato a letto e ilnostro protagonista ottiene dal consigliere Behrens il permesso di alzarsi e di tornare nellasocietà umana del Berghof.

Da questo momento, in virtù di quel sodalizio pedagogico a cui abbiamo appena accennato,considerata la mole del romanzo e la modestia invece di questo lavoro, non potremoseguire tutte le vicende narrate, nella loro quotidianità ma terremo d’occhio in particolare leesperienze e le riflessioni connesse a quel “Placet experiri”, come lo chiama Settembrini, acui il giovane si è predisposto.

Nell’ambito di queste esperienze dovremo sicuramente tener conto, al fine anche di nondeludere le aspettative del protagonista, di come ed in quali occasioni si va sviluppando quelsuo segreto rapporto con madame Chauchat. Il suo innamoramento, “per dirla con unaparola di laggiù”, ha fatto, durante le tre settimane del suo isolamento, notevoli progressi,perché spesso l’immagine della donna gli si è affacciata ben chiara nella mente e forseproprio per questo le ore gli passavano senza sforzo e se l’autore, prima, si è astenuto daldirlo esplicitamente l’ha fatto “perché – come spiega egli stesso – partecipiamo consimpatia all’inquietudine che si insinuava nella sbigottita felicità di quelle immagini evisioni93”

Tornato dunque nella società umana del Berghof, Castorp riprende le sue quotidianeabitudini in compagnia del cugino, e anche a tavola è come se non ci sia stata alcunainterruzione: il suo modesto grado di malattia non merita particolare considerazione daparte degli altri commensali, tutti malati più gravemente. Egli però fin dal primo giorno in

91 Ibidem, p. 331

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94 Ibidem, p. 35295 Ibidem, 363

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cui riprende posto alla sua tavola, si rende conto di quanto stia aspettando con ansial’arrivo di madame Chauchat, preceduta come al solito dallo sbattere della porta a vetri, equando ciò accade la donna posa lo sguardo su di lui ad occhi stretti e, appena seduta, sivolta a guardarlo da sopra la spalla sorridendo, con lo stesso sorriso di tre settimane prima:ciò provoca nel giovane un stretta al cuore e una maggiore consapevolezza di quel segretorapporto. Così cerca nuovamente di avere dall’insegnante, signora Engelhart, altreinformazioni sulla vita privata di madame Chauchat. Viene in tal modo a sapere che la donnariceve spesso visite maschili, di un suo connazionale che abita a Platz, e che inoltre si fadipingere dal consigliere Behrens. Questa seconda notizia colpisce Castorp ancora piùduramente dell’altra e il dolore e l’inquietudine che ne seguono si ripercuotono subito sullasua parte organica, facendo salire la sua temperature di nuovo a 37 e 7.

Si sta intanto preparando, del tutto casualmente, un nuovo incontro ravvicinato con ladonna nel il giorno in cui egli deve effettuare la prevista radioscopia. Mentre nelloscantinato del laboratorio sta attendendo insieme al cugino Joachim il suo turno, entra nellastanza di attesa anche madame Chauchat. Castorp riceve in questa occasione una ulterioreconferma di quel segreto rapporto che sta nascendo tra loro: egli infatti prima impallidisce,poi diventa tutto rosso e sente il cuore martellare; lei si accomoda, pone leggermente unagamba sopra l’altra ma poi subito cambia posizione guarda nel vuoto con quei “suoi occhi daPribislav” e, imbarazzata, rivolge una domanda a Joachim, il quale è intento a guardare unarivista. Perché a Joachim e non a lui, che non sta facendo nulla? Essi discorrono mentreCastorp ascolta come in sogno e capisce che ciò sta avvenendo in quel modo “perché nelcaso suo le si addiceva una conversazione civile, uno scambio articolato e tra loro non c’eranulla di sfrenato, di profondo, di orrido, di misterioso”94.

Quando entra nel laboratorio è ancora stordito dall’avventura di quegli ultimi dieci minutima siccome è la prima volta che si sottopone ad una radioscopia, anche questa esperienzagli offre lo stimolo per una riflessione. Prima tocca al cugino Joachim, peraltro dopo che ilconsigliere Behrens gli ha mostrato la sua pinacoteca personale di radiografie: su invito dellostesso consigliere e con il consenso del diretto interessato ne vede, al buio attraverso lapallida finestra, lo scheletro e gli altri organi interni e soprattutto egli si emoziona vedendo ilcuore pulsare e, provando insieme rispetto religioso e spavento, più volte ripete “Dio mio,vedo!”. Quando poco dopo tocca lui ha la sensazione di gettare uno sguardo in anticipo nellapropria tomba e, per la prima volta in vita sua, si rende conto che morirà.

Alla fine dell’esame radioscopico il consigliere conferma la diagnosi già fatta nella primavisita - ramificazioni con piccoli nodi - e promettendogli una copia della diapositiva, locongeda dicendo: “Riposo dunque, pazienza, disciplina virile, misurare la temperatura, starecoricato, e calma soprattutto!”95

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DIGRESSIONE SULLA LIBERTA’

Sono intanto passate sette settimane dal suo arrivo ma egli ha su questo scorrere del tempoun’idea confusa: gli sembrano trascorse come sette gironi o gli pare, al contrario di vivere lìda tanto tempo? “Forse era vera una cosa e l’altra; a riguardare indietro, il tempo trascorsogli appariva eccezionalmente breve ed eccezionalmente lungo, ma non riusciva a farsiun’idea di come fosse in realtà…”96

In ogni caso ottobre è alle porte, come gli fanno intendere gli altri pazienti, che si lamentanodella fine dell’estate, se pure c’è stata, e qualcuno dichiara che “se ne rimane defraudati,come della vita in genere”. Ma lì accanto c’è anche Settembrini, che approfittadell’occasione per mettere in guardia il giovane da quel desiderio di compatimento chealcuni esprimono: “Non gli creda ingegnere, non gli creda mai quando imprecano! .....Fannouna vita oziosa e pretendono di trovare compassione, si credono autorizzati all’amarezza,all’ironia, al cinismo… Eh, sì, l’ironia! Si guardi, ingegnere, dall’ironia che prospera qui! Ingenere, si guardi da questo atteggiamento dello spirito!”97.

Il giovane riesce a comprendere intellettualmente quelle affermazioni (cosa che pochesettimane prima, giù in pianura, non gli sarebbe stato facile), ma sente verso di esse unaopposizione interiore, che tuttavia, non riesce ancora ad esprimere apertamente: anchequesto atteggiamento di attenzione critica rientra nel “placet experiri” del pedagogo. Ementre Settembrini asserisce che talvolta malattia e disperazione sono anch’esse forme disciatteria, il giovane, come fece in uno dei primi incontri, difende la malattia, nel senso chela malattia può essere una conseguenza della sciatteria o da essa derivare ma non può conessa coincidere!

Quando poi, all’effettivo inizio del mese di ottobre, Castorp si decide a scrivere nuovamenteallo zio Tienappel, per farsi mandare indumenti più pesanti e adeguati per l’inverno, nonchédel denaro, pur non diffondendosi in molti particolari, ritiene la lettera esauriente…“Bastava così… non secondo il concetto del tempo che si aveva laggiù ma secondo quello chevigeva lassù e ne risultò consolidata la sua libertà”98.

Continua quindi per il giovane la vita regolata del Berghof, con il suo normale andamento: lacura a sdraio, i cinque pasti, le passeggiate e tutto il resto. Egli, senza accorgersene, è già sulpunto di accontentarsi di assolvere i doveri della cura, che stanno diventando quasi unsurrogato dei doveri di “laggiù”. In questa atmosfera e in questa routine si susseguono gliincontri casuali con madame Chauchat, che provocano nel giovane continue forti emozioni,talvolta dolorose, talvolta di gioia a seconda dell’espressione fugace che egli riesce acogliere negli occhi chirghisi della donna.

96 Ibidem, p. 36497 Ibidem, pp.365-36698 Ibidem, p. 373

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100 Ibidem, p. 380101 Ibidem, p. 381

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Soprattutto non si stanca mai di guardarla, impallidendo estatico quando lei entra nella salada pranzo, e di studiarne il portamento lento e sinuoso. “Ma lui era in estasi non tantoperché appariva così seducente, quanto per il fatto in sé, poiché ciò infittiva la nebbia nelsuo cervello, l’ebrietà che voleva sé stessa e pertanto teneva a essere giustificata ealimentata.”99

A Castorp, inoltre, mentre analizza il portamento e le scorrette abitudini della donna, comearrivare a tavola sempre in ritardo o sbattere sempre la porta, tornano alla mente leconsiderazioni di Settembrini sulla malattia e in lui nasce il sospetto che la malattia dimadame Chauchat sia, almeno in parte, di natura morale, e che non sia causa oconseguenza della sua “trascuraggine” ma si identifichi con essa. Ciò nonostante egli nonsolo ha smesso di giudicare negativamente tali comportamenti, ma comincia a sperimentarequesta forma di vita che lo affascina: prova a sedersi rilassato, a non chiudere adagio unaporta e questo gli risulta comodo e adeguato. A questo punto l’Autore si pone una domanda“Ma qual è, domandiamo seguendo forse anche noi ragionamenti settembriniani, quelproblematico incidente che paralizza ed elimina il giudizio umano, lo priva del diritto che viha, o meglio lo induce a rinunziare a questo diritto con folle giubilo? ...Per dirla schietta, ilnostro viaggiatore era pazzamente innamorato di Clavdia Chauchat…”100

Questo innamoramento non ha però una natura gentile e sentimentale ma è piuttosto “unaarrischiata e disancorata varietà di questa malia, mista di gelo e calore”: esso deriva da unaincontrollabile attrazione del giovane per “quel corpo indolente e potenziato, messoenormemente in risalto dalla malattia e reso, così doppiamente corpo. D’altro canto eraqualcosa di assai fuggevole ed esteso, ossia un sogno, il sogno pauroso e infinitamenteallentante di un giovane, alle cui domande precise, anche se inconsce, aveva rispostosoltanto un vuoto silenzio”. L’Autore è quindi convinto che Hans Castorp non avrebbeprolungato il suo soggiorno “se dagli abissi del tempo gli fosse arrivata una notizia,soddisfacente in qualche modo, circa il significato e lo scopo della vita”101

In questa ricerca di risposte si inseriscono, a volte sollecitate dal giovane, a volte invecespontanee e mal sopportate, le incursioni del pedagogo Settembrini. Così capita peresempio in occasione dell’attesa del ritiro della posta, che avviene, di norma, la domenica.Mentre Castorp, approfittando di tale circostanza, attende con ansia l’eventuale arrivo dimadame Chauchat, interviene improvvisamente Settembrini chiedendogli se anche luiattenda della corrispondenza e di come proceda la sua assuefazione all’ambiente delsanatorio. Alla risposta del giovane “Rimangono ancora delle difficoltà... Ma ci si avvezza anon avvezzarsi…E in fin dei conti questa non è poi una miniera siberiana.” L’umanista non

99 Ibidem, p. 377

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105 Ibidem, p.405106 Ibidem, p. 407

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perde l’occasione per punzecchiarlo “Eh no. Vedo che ama paragoni orientali. Si capisce,l’Asia ci divora. Dovunque si guardi: visi tartari.”102

Allude chiaramente a quel nascente legame sentimentale con madame Chauchat, che ilgiovane con i suoi atteggiamenti non cerca di nascondere e che ormai è noto alla maggiorparte della compagnia di lassù! Settembrini coglie allora lo spunto per delle considerazionisulle diversità tra Occidente e Oriente, soprattutto quando Castorp, parlando dellaprevisione della sua permanenza al Berghof, dice che forse ormai ridiscenderà al piano consuo cugino Joachim, può essere tra quattro o sei mesi.

“Senta ingegnere - gli dice - lo sa che è raccapricciante sentirla giocare così coi mesi?Raccapricciante perché non naturale e contrario al suo carattere, frutto soltanto della suaetà; aperta alle nuove esperienze. Oh, l’eccessiva apertura dei giovani! ... È la disperazionedegli educatori…Qui c’è anzitutto molta Asia nell’atmosfera …. Questa gente, non si regolospiritualmente su di loro, non si lasci contagiare dai loro concetti…Codesta liberalità, codestabarbara larghezza nel consumo del tempo è stile asiatico …e forse per questo i figlidell’Oriente si trovano così bene quassù”103

Settembrini continua quindi a parlare a Castorp “con insistenza pedagogica” e lo invita adavere verso la sofferenza e la malattia “un contegno europeo, …non quello dell’Oriente che,essendo molle e predisposto alla malattia, manda qua rappresentanti in numero cosìcospicuo…” e al giovane non rimane “che incassare la ramanzina… stordito, come unoscolaretto da tanta morale”.104

Poi, ansioso di informare il giovane sulla corrispondenza ricevuta, lo invita a ritirarsi insiemenella adiacente sala di lettura: le carte che ha in mano, accompagnate da una lettera, recanoin francese l’intestazione “Lega internazionale per l’organizzazione del progresso”. Essa traedalla teoria evoluzionista di Darwin “il concetto filosofico che la più intima vocazionedell’uomo è il perfezionamento di se stesso”105: chiunque sente in se questa vocazione ha ildovere di collaborare e molti hanno accolto l’appello, non solo in tutta Europa ma anche inTurchia, diventando soci della Lega, trai quali egli stesso è annoverato.

Tra le tante attività della Lega, nell’ambito della scienza sociologica, c’è quella “di compilareun’opera, in vari volumi che sarà intitolata Sociologia delle sofferenze, in cui le sofferenzeumane saranno studiate in tutte le loro classi e specie, entro un sistema preciso edesauriente”106.

Uno di questi volumi sarà dedicato ad una raccolta e una breve analisi di tutti i capolavoridella letteratura universale che riguardano ogni singolo conflitto o sofferenza: tale incarico è

102 Ibidem, p. 400103 Ibidem, p. 403104 Ibidem, p. 404

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111 Ibidem, p. 427-428.

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stato affidato proprio a lui con la lettera appena ricevuta. Il giovane non può checomplimentarsi con il pedagogo per quell’ “incarico grandioso”, ma Settembrini, noncontento dei consigli già dati al suo pupillo insiste nel raccomandargli di lasciare primapossibile il sanatorio per intraprendere la sua professione pratica, di ingegnere: “leraccomando: abbia stima di sé! Sia orgoglioso e non si dia al forestierume! Eviti questapalude, quest’isola di Circe, dove lei non è abbastanza Ulisse da dimorareimpunemente…Stia in guardia.”107

Ma l’atteggiamento del giovane, in quel momento, non è così remissivo agli inviti delpedagogo e anzi si è fatto più rigido e, magistralmente lo descrive l’Autore con poche parole“Questa volta era un combattimento e Castorp stava con le armi in pugno. Influssi vicini gliconferivano vigore. Qui c’era un pedagogo, là fuori una donna dagli occhi stretti.”108

Il giovane quindi continua a cercare occasioni per incontrare madame Chauchat ocomunque per interessarsi a lei in ogni modo possibile. Così, prendendo spunto da unfortuito incontro in giardino con il consigliere Behrens, porta volutamente la conversazionesulla pittura, avendo saputo che egli dipinge: a che cosa mira in particolare Castorp,pilotando in tal modo il discorso? … a vedere, se possibile, quel ritratto di MadameChauchat, che ha saputo essere stato fatto dal consigliere e la cui notizia lo aveva tantoturbato! Avviene così che Behrens, lusingato dall’ammirazione del giovane, lo inviti subito,insieme al cugino Joachim, nella sua abitazione per mostrare loro alcuni suoi quadri.

I due cugini, accompagnati dal padrone di casa, passano in rassegna i quadri esposti lungole pareti; il consigliere, con l’orgoglioso imbarazzo dell’artista, era felice di fissare lo sguardoinsieme con quello di estranei sulle proprie opere. Il ritratto di Clavdia Chauchat era appesonel salotto alla parete della finestra” 109

Castorp, in verità, aveva adocchiato il quadro appena entrato ma ha tergiversato un po’,voltandosi poi stupito e chiedendo “Ma questo è un viso noto, vero?” e alla domanda delconsigliere se lo riconosca risponde “Ma certo, non è possibile sbagliare. E’ la signora dellatavola dei russi ammodo, quella che ha un nome francese…”.110

Il povero Joachim solo ora comprende il vero scopo del cugino e non gli resta cheassecondarlo nell’ammirare il dipinto! Questo in effetti è solo lontanamente somigliante alsoggetto. “Ma Castorp non guardò tanto per il sottile, i rapporti tra quella tela e la personadi Clavdia Chauchat erano per lui abbastanza stretti, il ritratto doveva necessariamenteriprodurre la Chauchat che in quelle stanze aveva posato: ciò gli bastava, sicché ripeté: Talee quale! Sembra viva!”111

107 Ibidem, p. 410108 Ibidem, p. 411109 Ibidem , p. 425110 Ibidem, pp.425 - 426

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Il consigliere, spiegando che è stato un lavoro molto difficile con un viso “così strambo”,afferma che lui conosce la donna meglio dentro, sotto la cute, nella pressione arteriosa,nella tensione istologica e nel moto linfatico ma la superficie presenta maggiori difficoltà e,rivolgendosi a Castorp, gli chiede: “L’ha mai vista camminare? Come il passo, così il suo viso:strisciante.”112

Nonostante ciò le lodi di Castorp sono giustificate perché la conoscenza medica, a cui ilconsigliere ha accennato, ha conferito al quadro una specie di realtà scientifica: ècertamente un vantaggio, spiega il dottore, “che si sia un po’ informati anche su quello chesta sotto l’epidermide e si possa dipingere anche ciò che non si vede…ossia, che si abbia conla natura anche un altro rapporto, diciamo così, non esclusivamente lirico: che, per esempio,uno eserciti la professione accessoria di medico fisiologo o anatomista e conosca un po’anche il di sotto…”113

Castorp, tutto infiammato da questa conversazione, vuole sviluppare le spiegazioni delconsigliere circa la natura della pelle e porta quindi il dipinto in una luce più favorevole;inoltre vuole tentare di esprimere “una propria idea universale, filosofica, che gli stavavivamente a cuore”114, sul rapporto tra scienza e arte e si avventura in una disquisizione sultema con queste parole:

“Volevo dire: di che cosa si occupa la medicina? Certo, io non ne capisco niente, ma si occupadell’uomo.no? E la giurisprudenza, la legislazione, l’amministrazione della giustizia?Anch’esse dell’uomo. E la linguistica, con la quale di solito va unito l’esercizio dellaprofessione pedagogica? E la teologia, la cura d’anime, l’ufficio pastorale del clero? Tuttidell’uomo, si tratta sempre di sfumature di uno stesso importante e principaleinteressamento, dell’interessamento all’uomo; sono in breve le professioni umanistiche….

Qui si vede come lo spirito e il bello si fondano insieme e, se vogliamo, siano sempre statiuna cosa sola, o con altre parole: la scienza e l’arte…”115

Terminata questa sua disquisizione filosofica, mentre il consigliere e Joachim lo guardanosbalorditi per tale improvvisazione, Castorp non si sente minimamente imbarazzato perchétroppo immerso nell’argomento. Continua così, mentre si spostano da una stanza all’altraper prendere un caffè, a portarsi dietro il ritratto di madame Chauchat e a chiedere aBehrens altre informazioni sulla composizione fisiologica della pelle, interessandosi inparticolare al fenomeno dell’impallidire e dell’arrossire, sui quali Behrens confessa che, conprecisione, non lo sanno neanche i medici ed è quasi un mistero, specialmente perché sitratta di influssi psichici e, dal punto di vista dei fisiologi, si pensa che “anche questifenomeni legati a moti psichici siano, in fondo, opportune misure protettive, riflessi di difesa

112 Ibidem, p. 427113 Ibidem, p. 429114 Ibidem. 430115 Ibidem, pp.431-432

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da parte del corpo”116 Il giovane, però, mai sazio di approfondire questa materia continua aporre al consigliere le più svariate domande sulla composizione organica del corpo fino adarrivare a parlare dei fenomeni chimici che provocano, dopo la morte, la rigidità cadaverica.Ancora una volta Castorp ha portato il discorso sulla morte, per la quale spesso hadichiarato di sentire una certa vicinanza, forse per le esperienze che ne ha avuteprecocemente. Si sviluppa in tal modo un’ultima riflessione insieme al consigliere: che lacorruzione del corpo è un fenomeno chimico, è ossidazione ma altrettanto è ossidazione lavita e soggiunge “E quando ci si interessa alla vita, ci si interessa specialmente alla morte.Non è così?” Behrens allora precisa che c’è una differenza “La vita significa che nel ricambiodella materia si conserva e rimane la forma”.117 Alla conclusione, un po’ sconcertante, diCastorp che non vede la necessità e lo scopo di conservare la forma, il consigliere, con tonoquasi di rimprovero, gli fa notare che la sua osservazione non è affatto umanistica, adispetto di quanto poco prima da lui stesso osservato proprio sulle scienze umanistiche, epone fine alla visita dei due cugini congedandoli.

INDAGINI DI CASTORP SULL’ORIGINE DELLA VITA

La lunga chiacchierata con il consigliere Berhens in materia di fisiologia e anatomia non èrimasta senza conseguenze per gli interessi che il giovane Hans sta coltivando durante il suosoggiorno nel sanatorio. A questo proposito c’è da dire, tanto per riacchiappare il tempo chescorre, che è arrivato l’inverno, e l’inverno lassù non è uno scherzo, mentre la neve, alta giàsessanta centimetri, ostacola le passeggiate fino alla panchina del ruscello; inoltre si è giàin prossimità delle festività natalizie, che egli finora ha trascorso sempre in patria, nellacerchia della famiglia. Tornando alle conseguenze di quella chiacchierata, succede che ilnostro giovane protagonista, all’insaputa anche del cugino, si è procurato, ordinandoli ad unlibraio del luogo, libri di anatomia, fisiologia e biologia in diverse lingue, tedesco, francese,inglese. I volumi sono molto pesanti e poco maneggevoli, ma egli mentre la sera sta coricatosul balcone per la cura a sdraio, avvolto ora anche nel sacco a pelo oltre che nelle duecoperte, li appoggia col margine inferiore sul petto e riesce a leggere perfino con il chiaroredella luna e – dice l’Autore- “in quella positura il lettore si soffermava un po’,riflettendo,pisolando o pensando nel dormiveglia…Studiava sul serio,….leggeva con vivo interessamentodescrizioni della vita e del suo impuro e sacro mistero. Che cos’è la vita? Non si sa. Nonappena è vita, ha coscienza di sé, ma non sa che cosa sia… Coscienza di sé è dunquesemplicemente una funzione della materia ordinata in modo che possa vivere e, rafforzata,la funzione si rivolge contro il proprio substrato, diventa l’aspirazione a sondare spiegare ilfenomeno prodotto, aspirazione , piena di speranze e disperata, della vita a conoscere sestessa,… sforzo vano in fin dei conti, dato che la natura non può risolversi in conoscenza, la

116 Ibidem, p. 438117 Ibidem, p. 442

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vita non può in fondo indagare se stessa…Ma tra la vita e la natura inanimata c’è un abissoche la scienza tenta invano di colmare ”118

Così si susseguono, durante la lettura notturna di quei testi “appassionanti”, le riflessioni ele deduzioni del giovane Hans, che giunge fino a “porsi il problema di un’altra generazionespontanea, ben più enigmatica e fantastica di quella organica: la generazione spontaneadella sostanza dalla non sostanza. Di fatto l’abisso tra materia e non materia esigeva diessere colmato con altrettanta, anzi con ancora maggiore urgenza di quello tra la naturaorganica e l’inorganica…Ma quando si arrivò al non più neanche piccolo, il metro sfuggì dimano; non più neanche piccolo fu già equivalente a enormemente grande e…si aprìall’improvviso il cosmo astronomico! … Nel momento in cui si era creduto di venire ad unaconclusione bisognava ricominciare da capo!”119

Studiando poi la dottrina delle malattie, la patologia, riflette ancora una volta su quelpotenziamento doloroso del corpo “il quale però, in quanto rilievo dato al corpo, è nellostesso tempo un rilievo di voluttà: la malattia è la forma impudica della vita.”120

Mentre sta in tal modo riflettendo, cade nel dormiveglia e sogna madame Chauchat “Evedeva l’immagine della vita, il florido edificio delle membra, la bellezza incarnata”, dallaquale nel sogno riceve un bacio voluttuoso.

ESPERIENZE CARITATEVOLI – FESTA DI CARNEVALE E PARTENZA DI MADAME CHAUCHAT

Subito dopo le festività natalizie muore uno degli ospiti del Berghof, il cavallerizzo, e Castorpdecide di andare a vedere il defunto, quasi per dispetto, per opporsi al sistema, vigente nelsanatorio, di tenere nascosti i decessi: egli disprezza la smania egoistica di non voler saperee desidera reagirvi con i fatti. Una sua singolare considerazione ci colpisce mentre parla conla vedova del cavallerizzo: alla domanda della donna su quale sia la sua professione eglirisponde che “era stato ingegnere. Stato? Sì, stato, in quanto erano intervenuti la malattia eil soggiorno lassù, ancora tutt’altro che delimitato, e ciò significava una non trascurabileinterruzione e forse anche, chi lo poteva sapere? Una svolta nella vita.”121

Dopo questa prima visita di condoglianze Castorp sente il bisogno, anche per il prossimofuturo, di portare conforto ai malati gravi e ai moribondi: alla base di questo suo desiderio cisono diversi moventi, non solo la protesta contro l’egoismo invalso nel sanatorio, ma un suopersonale bisogno spirituale di “poter prendere sul serio e rispettare il dolore e la morte”122

118 Ibidem, pp. 455-456-457119 Ibidem, pp. 471-473120 Ibidem, p. 475121 Ibidem, p. 488122 Ibidem, pp. 492-493

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Pensa in questo modo di ricavarne lui stesso soddisfazione e conforto e, inoltre, dicontrobilanciare le varie offese a cui ogni giorno vede esposto quel dolore della sofferenza,offese tra le quali annovera certi giudizi dell’umanista Settembrini sulla malattia. Continuacosì, dopo aver ottenuto il permesso del consigliere Behrens, nelle visite di conforto,accompagnato, seppur malvolentieri, dal cugino Joachim, il quale lo segue non tanto percompiacenza quanto per paura di essere tacciato di scarsa carità cristiana.

A poco a poco i due cugini ottengono la fama “di samaritani e fratelli della misericordia”123 ei questo senso un giorno Castorp viene interpellato da Settembrini: “Perdiana, ingegnere, hoavuto sorprendenti notizie del suo cambiamento! Si è dato alla vita caritatevole? Cerca lagiustificazione nelle opere di carità?” Il giovane prova a schermirsi rispondendo che si trattadi inezie, che lui e il cugino…, ma il pedagogo non lo lascia terminare e riprende: “Via, lascida parte suo cugino! Si sa bene che si tratta di lei, quando la coppia fa parlare di sé, questoè certo. Il tenente è un essere rispettabile, ma semplice, il cui spirito non corre pericoli, unoche non fa stare in pensiero l’educatore. Non vorrà darmi ad intendere che l’iniziativa èpartita da lui! Il più importante, ma anche il più esposto ai pericoli, è lei. Lei, se mi vuolpassare l’espressione, è un pupillo della vita…bisogna prendersi cura di lei. D’altronde mi hadato il permesso di farlo.”124

Questa definizione, già usata in precedenza, compare ora per la prima volta ufficialmente eviene di buon grado accettata dal giovane, che la ritiene “una vera trovata da scrittore!” ementre difende la sua iniziativa dalle ironiche battute di Settembrini, egli, “pur essendosempre disposto a prestargli orecchio e… a subire in prova il suo influsso pedagogico”, nonintende rinunciare, per qualche criterio educativo, alle sue imprese caritatevoli.

Mentre tutte queste vicende si svolgono, si è giunti alla metà di febbraio, è tempo dicarnevale e il giovane Castorp si informa sul Martedì grasso per sapere, da coloro chec’erano l’anno precedente, come sarà. Avviene sul tema, durante una passeggiatamattutina, una nuova diatriba con l’umanista, che parla della festa in tono ironico e dice cheil programma comprende anche le più varie danze macabre, alle quali, purtroppo, non potràpartecipare “quel gruppo che nel frattempo ha detto definitivamente “vale” allacarne.”125 Ma di diverso parere è il giovane, che, anzi, ritiene giusto “che qui si celebrino lefeste nei giorni stabiliti, e si seguano secondo la consuetudine le tappe, gli stacchi del tempoper evitare la monotonia disarticolata: sarebbe strano se fosse altrimenti.”126

Ci si prepara quindi alla festa di carnevale, che l’Autore ci preannuncia carica di significatiper il nostro giovane protagonista, usando parole premonitrici dell’esperienza che egli siappresta a vivere in tale occasione: “Soltanto noi per ora sappiamo come andò a finirequella festa di carnevale…Ma…non intendiamo precipitare nulla….anzi, forse, tiriamo gli

123 Ibidem, p. 513124 Ibidem, pp.513-514125 Ibidem, p. 538126 Ibidem, p. 538

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130 Ibidem, pp.554-555

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eventi per le lunghe, perchè condividiamo la soggezione morale del giovane Castorp che pertanto tempo aveva differito l’avverarsi di questi avvenimenti.”127

Siamo ormai immersi nell’atmosfera della festa serale, decisamente festosa sin dall’inizio, incui i convenuti si scambiano i consueti scherzi riservati a tale occasione, compresa lacitazione di versi, profferiti a voce o scritti su un biglietto, come fa Settembrini facendonerecapitare uno al tavolo del giovane:

“Ma pensate!

Impazza la montagna di magia; se

un fuoco fatuo vi indica la via, non

pigliatelo troppo pel sottile!”128

Il giovane Hans, pur non conoscendo i versi, vorrebbe scrivere una replica sul bigliettoma…non ha una matita, né la può ottenere da Joachim o dalla maestra Engelhart, allora “ isuoi occhi arrossati andarono in cerca di soccorso in Oriente, nell’angolo in fondo, a sinistra,e si vide come il suo momentaneo proposito divagasse in associazioni così lontane da farloimpallidire e dimenticare del tutto la sua prima intenzione….La signora Chauchat là in fondosi era vestita apposta per il carnevale, portava un abito nuovo….le braccia di Clavdia eranonude fino alle spalle, …quelle braccia tenere e piene ad un tempo… che spiccavanostraordinariamente bianche sulla serica scurezza del vestito ….La completa, spiccata,abbacinante nudità di quelle membra di un organismo attossicato…. fu un fenomeno cui nonera possibile reagire se non chinando la testa e ripeter senza voce “Dio mio!”129

Ad un certo momento tra i giochi prescelti tra i presenti c’è quello di fare un disegno adocchi chiusi, ma sempre manca al giovane una matita e questa volta, avuto in prestito unmozzicone inservibile, egli si dirige verso il salottino rivolgendosi direttamente a ClavdiaChauchat e le si rivolge con il tu, approfittando delle licenze carnevalesche.

Il giovane, mentre apostrofa la donna con il tu “Ce l’hai tu una matita?”, è di un pallorecadaverico ma nello stesso tempo sente il battito del cuore fuori controllo e la respirazioneirregolare. “Io? -rispose a quel tu la malata dalle braccia scoperte- Sì forse.” “E in ogni casoaveva nel sorriso un po’ di quell’agitazione che prende quando, dopo una lunga mutarelazione, ci si sente rivolgere la parola per la prima volta…un’agitazione astuta che inquell’istante condensa, senza paure, tutto quanto è preceduto”130

Lei fruga nella borsetta e ne tira fuori una matitina d’argento, “un oggettino di minuteria,quasi inservibile ad un uso serio”, e gliela porge con un “Voilà”, aggiungendo poi sempre in

127 Ibidem, pp. 539-540128 Ibidem, p. 541129 Ibidem, pp. 542-543

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131 Ibidem, p. 556132 Ibidem, p.563133 Ibidem, p. 569134 Ibidem, p. 573

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francese: “Prenez garde, il est un peu fragile”131. Nel frattempo, però, mentre continua tra diloro questa schermaglia di battute confidenziali, si accorgono che il divertimento dei disegniè cessato e la successiva parola d’ordine è quella del ballo. Allora il giovane Castorp cerca unangolo appartato nel salottino e vi colloca una sedia per la donna e una scricchiolantepoltrona di vimini per sé, in modo da stare l’uno di fronte all’altra: ne nasce unaconversazione dai toni abbastanza intimi, quasi completamente in lingua francese, forseperchè la leggerezza e la musicalità di questa lingua danno la sensazione di un “parler sansparler”, come lo stesso Castorp ha detto in una occasione e ciò lo aiuta a superare le sueinibizioni. Trova così il coraggio di confessare il suo amore e per lui è come se la cosaavvenisse in sogno, tanto è forte l’emozione che prova. Mentre però il giovane gli prometteil suo amore per sempre, la donna lo informa che l’indomani partirà. “Ci volle un po’ ditempo prima che la notizia gli giungesse alla coscienza. Poi, guardandosi intorno stravolto, siriscosse come chi è svegliato dal sonno”132

Nonostante il crollo che sente dentro di sé si informa sulla sua destinazione, sul fatto sevada via perchè guarita e se ritornerà. La donna risponde che, pur non essendo guarita, ilconsigliere Behrens non ritiene utile, al momento, proseguire la cura, e quindiprobabilmente tornerà ma non sa certo quando.

Tutta la conversazione è stata accompagnata dalla musica di sottofondo del pianoforte e, alcessare di essa anche la musica cessa e seguono alcuni minuti di silenzio e madameChauchat si rivolge ancora in francese al giovane “Tout le monde se ritire…Eh bien, la fete decarneval est finie…Vous conaissez le consequences, monsieur.”133

Questo, per la donna, vuol dire tornare al normale rapporto di conoscenza e all’uso del voi,cosa che il giovane assolutamente non vuole accettare per cui insiste nel professarle il suoamore, stando in ginocchio. Mentre lei gli accarezza, in questa posizione, i capelli, egli,infiammato dal contatto di lei, con gli occhi chiusi e la testa reclinata, continua in una lunga,disperata digressione sull’ amore, mettendone in risalto gli aspetti organici: “Oh, l’amour, tusais… Le corps, l’amour, la mort, ces trois ne font qu’un.” Castorp rimane con gli occhichiusi anche quando ha finito di parlare, “la testa arrovesciata, le braccia tese davanti a sécon la matitina d’argento tra le dita, inginocchiato, tremebondo, vacillante.”134

Madame Chauchat gli mette sulla testa il berretto di carta e, salutandolo “Adieu, mon princecarneval…”, si dirige verso la porta con la sua andatura scivolata e, voltasi a metà sullasoglia, gli mormora di non dimenticare di renderle la piccola matita.

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135 Ibidem, p. 580136 Ibidem, p. 579137 Ibidem, pp. 581-582138 Ibidem, p. 582

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CAPITOLO VI

VI SI NARRANO I MUTAMENTI PRODOTTI DALLO SCORRERE DEL TEMPO - L’INCONTROCON UN NUOVO PERSONAGGIO - LA PARTENZA ARBITRARIA E IL RITORNO DI JOACHIML’ESPERIENZA DEL SOGNO DI CASTORP NELLA TORMENTA DI NEVE

Abbiamo assistito, alla fine del precedente capitolo, all’annuncio della partenza di madameChauchat ma nelle prime pagine di questo sesto capitolo, che segna più o meno la metà delromanzo, ne abbiamo notizia come di cosa già avvenuta e alla quale peraltro il giovaneCastorp, troppo coinvolto emotivamente, presenzia da lontano, limitandosi a guardare dauna finestra del corridoio che dà sulla rampa di accesso. La donna appare nello stessotempo “agitata e lieta, come era sempre il partente, non fosse altro per il mutamento di vita,prescindendo dal fatto che viaggiasse col consenso dei medici o interrompesse il soggiornosoltanto per tedio disperato, a proprio rischio e con la coscienza poco pulita.”135

L’Autore tiene però ad informarci che, nel momento in cui riprende la narrazione, sono giàpassate sei settimane da quella sera di carnevale, vissuta come in sogno e in lingua francesedal nostro giovane protagonista, il quale ha la concreta speranza che la donna torni, perdesiderio o per necessità, avendone avuto “assicurazioni dirette e orali, non già nel riferitodialogo in lingua straniera, ma in seguito, nel tempo rimasto da parte nostra senza parole,durante il quale abbiamo interrotto il flusso (legato al tempo) della nostra narrazione elasciato che esso, il tempo puro, imperasse.”136

In questo lasso di “tempo puro”, sottratto alla narrazione, l’Autore ci rende edotti di un altrofatto in merito alla relazione del giovane con madame Chauchat. Egli le ha restituito lamatitina d’argento ricevendone in cambio, per suo desiderio, un dono-ricordo che ora tienesempre nella tasca: si tratta di “una sottile lastrina incorniciata, una lastra di vetro, chebisognava tenere contro luce per vederci qualcosa,… il ritratto interno di Clavdia, che erasenza volto, ma rivelava la tenera ossatura del suo busto, rivestita in un alone spettrale dallemorbide forme di carne, insieme con gli organi della cavità toracica…Quante volte l’avevaosservata e premuta sulle labbra nel tempo che da allora era trascorso producendomutamenti!”137 Qui torna ancora una volta la riflessione sul tempo che vige lassù: essoinfatti ha prodotto l’assuefazione alla vita nel sanatorio nell’assenza di Clavdia Chauchat eciò è accaduto più velocemente di quanto ci si aspettasse, per quella particolare tendenzaad essere “organizzato in modo da produrre abitudini, sia pure soltanto l’abitudine a nonabituarsi.”138

Nel frattempo continuano le cure sia di Hans sia del cugino Joachim nonché le periodicheverifiche del loro rispettivo stato di salute da parte dei medici. Castorp ha di nuovo un

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139 Ibidem, p. 585140 Ibidem, p.589141 Ibidem, p. 590142 Ibidem, p. 591

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brutto improvviso attacco febbrile (sembra avverarsi un’ironica profezia di quella fine dicarnevale!), che il consigliere Behrens non ritiene proporzionato al “reperto locale” mapiuttosto derivante da una intossicazione più ampia, da curare con delle iniezioni. Perquanto riguarda il giovane Joachim, egli in questo periodo è soggetto ad eccessi di ribellioneperché le indagini di laboratorio, eseguite con il metodo della scala “Gaffky”, non dannosegni costanti di miglioramento, tali da permettere la sua partenza per il piano, tanto che ildottor Behrens, parlandone con Castorp, osserva: “Quel ragazzo non vuole, non vuoleassolutamente disintossicarsi…dice che vuol andarsene a trascinare la sciabola, quelbambino…Via vuole andare o così o cosà …Lo dice anche a lei? …ma lei, che è più posato, inborghese, colto e civile dovrebbe mettergli la testa a posto prima che faccia scemenze!”139

Durante la stessa conversazione con il consigliere, pilotata scaltramente, il giovane Castorpporta di nuovo il discorso su madame Chauchat, informandolo di averne fatto la personaleconoscenza la sera di carnevale, ma soprattutto volendo indagare se tornerà e se per caso alui scriva: il risultato però è nullo o ambiguo e “le notizie intorno alla scomparsa erano pari azero. Castorp non avrebbe saputo nulla di lei fintanto che erano separati dal mistero deltempo e dello spazio”140

Egli si rende conto, d’altra parte, che la proposta di scrivere, da lei rifiutata, è stata una suaidea borghese poco coerente con la conversazione svoltasi in francese, forse anche inmaniera poco civile, la sera del martedì grasso, … “Non aveva ragione Clavdia a sentirsiesonerata dallo scrivere, grazie a quella libertà che le veniva dalla malattia? Parlare,scrivere, …una faccenda invero umanistico – repubblicana…A questo punto Castorp ripensò aLodovico Settembrini…”. In effetti è un po’ di tempo che l’umanista non compare sullascena: “dopo la riunione di carnevale e il movimentato abbandono della sala di musica daparte di Settembrini, era subentrata tra Castorp e l’italiano una freddezza che andavaattribuita alla coscienza poco pulita dell’uno e alla profonda delusione pedagogica dell’altro,sicché cercarono di evitarsi e per settimane non si scambiarono più una parola.”141

Non sappiamo, a questo punto del romanzo, se il giovane protagonista sia ancora agli occhidel pedagogo un “pupillo della vita”: ora, quando si incontrano Castorp corruga la fronte,arriccia il naso mentre Settembrini posa su di lui un fugace sguardo, in cui si legge un miterimprovero. Dopo alcune settimane, però, questo atteggiamento caparbio, da parte dientrambi, si scioglie quando Settembrini rivolge di nuovo la parola al giovane, anche se solodi passaggio e sotto forma di allusioni mitologiche: “Be’, ingegnere, era buona lamelagrana? ...Dei e mortali visitarono talvolta il regno delle ombre e trovarono la via delritorno. Ma gli inferi sanno che chi assaggia la frutta del loro regno, rimane in loro balia.”142

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Il giovane resta “trafitto” da una allusione così remota, che non riesce a collocare nellamemoria, ma è nello stesso tempo commosso e felice di quel primo approccio, perchè inrealtà non vuole essere respinto e abbandonato dal pedagogo, anche se non osa rivolgerglidirettamente la parola. Settembrini, da parte sua, lascia trascorrere ancora alcunesettimane “prima di riavvicinarsi all’alunno per il quale stava in pensiero”143

Questo riavvicinamento si concretizza in occasione della Pasqua, “festeggiata al Berghofcome vi si festeggiavano puntualmente tutte le tappe e le cesure per evitare la non articolatauniformità”144.

Settembrini approfitta della consueta sosta che gli ospiti del Berghof fanno nell’atrio dopo ilpasto centrale della giornata e si rivolge ai due giovani, Castorp e il cugino, con unadomanda “Ha mai fatto un viaggio per mare, tenente, o lei, ingegnere?” Continua quindiparagonando quella festa per la Pasqua, organizzata al Berghof, e soprattutto la suaatmosfera, alla vita che si svolge su un transatlantico, a bordo del quale “si fa un amorosoaccenno alle feste di terraferma. È una commemorazione di persone fuori del mondo, unricordo sentimentale in base al calendario…e così facciamo anche noi alla meglio, anche noisiamo uomini … Non è così?”145 IL pedagogo sta alludendo di nuovo a quel pericolo diestraniazione dal mondo reale, verso cui aveva già messo in guardia il suo pupillo. I duegiovani assentono e Castorp, “spronato dalla coscienza non pulita” loda l’osservazionedell’umanista e si getta, a sua volta, in una digressione sul tema: “gli agi del piroscafosull’oceano fanno dimenticare le circostanze e il loro rischio…quei raffinati comodi sonopersino indizio di una certa frivolezza, quasi una sfida, qualcosa di simile a quella che gliantichi chiamavano HYBRIS…d’altro canto, invece, quel lusso a bordo involve anche unnotevole trionfo dello spirito e dell’onore umano,…portando quel lusso e quegli agi là fuorisulle spume saline… l’uomo pone, per così dire, il piede sul collo degli elementi…e ciò involvela vittoria dell’umana civiltà sul caos…”146. Settembrini lo ha ascoltato con attenzione e, dirimando, osserva: “È notevole. L’uomo non fa mai un’osservazione universale, un po’studiata, senza tradirsi del tutto, senza metterci inavvertitamente tutto il suo io e presentarein qualche modo simbolico il tema fondamentale e il primo problema della sua vita, Così ècapitato ora a lei, ingegnere. Le sue osservazioni sono invero scaturite dal fondo della suapersonalità, e hanno anche espresso lo stato presente di codesta personalità in manierapoetica: è ancora lo stato dell’esperimento.”147 Il giovane sorride e approva ma il pedagogo,esaltando la HYBRIS della ragione, lo mette ancora in guardia da quell’altra HYBRIS delnaufragio nell’illecito esperimento con le potenze dell’antiragione e dell’ostilità al genereumano. Infine, a sorpresa, annuncia ai due giovani che lascerà il sanatorio per sistemarsi inun altro domicilio fisso nelle vicinanze: questa scelta, di cui già una volta aveva parlato a

143 Ibidem, p. 592144 Ibidem, p. 592145 Ibidem, pp. 592-593146 Ibidem, p. 593147 Ibidem, p. 594

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Castorp, si presenta per lui necessaria perchè, avendo avuto una sentenza definitiva di nonguarigione, può vivere soltanto in quei luoghi di alta montagna ma ha nello stesso tempobisogno di un suo spazio privato per meglio dedicarsi alla sua opera sulla Letteratura dellesofferenze. Il suo nuovo alloggio è a Dorf, presso la casa di un droghiere, che ha affittato laparte alta dell’abitazione ad un sarto per signora, il quale a sua volta accetta coinquilini. Lirassicura però sul fatto che si incontreranno ancora e che non ha intenzione di perderli divista. Questo il commiato dell’umanista dai due giovani nel giorno di Pasqua.

Il tempo, ci dice ora l’Autore, è di nuovo trascorso producendo parecchi mutamenti e questeconversazioni appartengono già al passato. A seguito di quello strano avvicendarsi dellestagioni lassù, che in effetti, come già detto, non possono più neanche chiamarsi stagioni mapiuttosto mutevoli e altalenanti susseguirsi di cambiamenti metereologici, le partenze“arbitrarie” e “sbagliate” sono diventate numerose e le presenze alla tavola da pranzo deidue giovani si sono molto ridotte: è partita per un viaggio, insieme alla signora anziana e allanipote, anche la giovane Marusja, nei confronti della quale Castorp aveva più volte colto nelcugino un imbarazzato coinvolgimento. Non è dato sapere però se il giovane Joachim neprovasse sollievo o al contrario ne attendesse il ritorno, previsto dopo pochi mesi,accantonando per ora quel suo smanioso progetto di partenza per il servizio militare inpianura, allo stesso modo che il giovane Hans attende il ritorno, sine die, di madameChauchat.

Tornando al tempo trascorso, siamo ormai al solstizio d’estate e dopo il disgelo della neve,seguito dal tempo primaverile ed estivo, i prati intorno al sanatorio e i pendii dellemontagne circostanti si sono ricoperti di una variopinta fioritura : la visione di questo trionfodella natura ha fatto sbocciare nel nostro giovane protagonista la passione per la botanica,cosi che egli si è procurato un manuale di botanica generale, gli attrezzi necessari perscavare le piante, un erbario, una lente e con ciò lavora nella sua loggia. Poi di sera osservale stelle, perchè ha inoltre preso ad interessarsi di astronomia, studiando i cicli dellecostellazioni, i solstizi, gli equinozi e provocando stupore nel cugino per le nozioni appreseanche in questo campo. Sembra veramente inesauribile la sete del giovane di ampliare lesfere delle sue conoscenze a campi completamente diversi da quelli prima coltivati nella suavita di pianura! Gli studi si alternano alle consuete abitudini quotidiane del Berghof,comprese le passeggiate, nei dintorni o fino al paese sottostante, riprese con ilsopraggiungere del bel tempo. È cosi che un giorno, nella via principale, tra la Casa di cura el’Hotel Belvedere, in discesa verso Davos-Dorf, si imbattono in Lodovico Settembrini incompagnia di un’altra persona.

La comparsa di questo nuovo personaggio, delle cui caratteristiche parleremo tra pocoutilizzando la descrizione che emerge dal romanzo, mi suggerisce alcune considerazioniprendendo spunto da quelle che l’Autore stesso espresse nella lezione tenuta nel 1939 aglistudenti dell’Università di Princeton sulla “Montagna Incantata” (già citata nella prefazione).

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150 Ibidem, p.624

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In quella lezione, spiegando agli studenti l’origine del romanzo, Thomas Mann disse cheavrebbe voluto dare a quella che all’inizio pensava come una short story un carattereumoristico in riscontro alla tragica novella della Morte a Venezia, che stava ultimando.

Ora la comparsa di questo nuovo personaggio, che si trova, come vedremo, in completaantitesi con l’umanista Settembrini, mi fa tornare in mente, alla luce della confessataintenzione umoristica dell’Autore, la definizione che dava dell’umorismo il nostro LuigiPirandello, per il quale l’umorismo non era altro che il sentimento del contrario.

Che cosa quindi meglio, a questo punto della narrazione, di una figura con tesi contrappostea quelle umanistiche di Settembrini per far procedere il giovane Castorp nel suo viaggioiniziatico sulla Montagna Incantata?

Torniamo adesso al momento dell’incontro tra i due cugini e Settembrini in compagnia delnuovo personaggio. Dopo un primo momento di sorpresa, l’italiano saluta i giovani eprocede alle presentazioni con parole scherzose, dando a Naphta (questo il nome del suoaccompagnatore), il titolo di princeps scholasticorum.148

Tanto per dare un’idea del rapporto che intercorre tra questi due personaggi, riferiamo inmaniera sintetica il dialogo-scontro a cui i due giovani assistono subito dopo le presentazionifatte da Settembrini. Questi, mentre tutti e quattro proseguono insieme la passeggiata,vuole renderli partecipi della “allegrezza” che prova nel cuore per merito della primavera dialta montagna, che lo riconcilia, anche se solo provvisoriamente, con gli orrori di quellaregione: “Non era conturbante e irritante come la primavera del piano. Senza ribolliiprofondi, senza umidi vapori, senza nebbie opprimenti! Aria limpida, invece, secca, serenatutta grazia acerba, secondo il cuor suo. Spettacolo superbo!”149 Subito Naphta lo rimbeccadandogli del volterriano, del razionalista, perchè nella sua lode della natura egli loda quasi“la secchezza classica” e non vi riconosce i “mistici vapori” del suo periodo più rigoglioso,appunto la primavera! Ne scaturisce un dialogo-scontro da cui emergono le posizionicontrapposte dei due su concetti filosofici e su epoche storiche diverse tra loro, sul pianofilosofico, religioso e culturale, nel senso più ampio della parola. Il primo contrasto, quinarrato, verte sul rapporto tra natura e spirito. Mentre Settembrini risponde che “la naturanon ha punto bisogno del suo spirito. È spirito essa stessa”, Naphta a sua volta ribatte che ilsuo è un noioso monismo, mentre lo spirito “è dualistico per sua natura. Il dualismo,l’antitesi è il principio movente, appassionato, dialettico, spiritoso. Vedere il mondo scisso indue principi avversi: ecco lo spirito. Ogni monismo è noioso. Solet Aristoteles quaererepugnam…” “Aristotele? - di rimando Settembrini- Aristotele ha trasposto negli individui larealtà delle idee universali. Che è panteismo.”150 E ancora Naphta esalta il “classicomedioevo” accusando l’italiano di avere in antipatia la libertà delle categorie. A questopunto è interessante vedere come l’autore descrive la reazione dei due giovani di fronte alla

148 Ibidem, p. 622149 Ibidem, pp. 622-623

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152 Ibidem, p.627

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descritta diatriba: “Joachim fissava stupefatto ora l’uno ora l’altro, mentre Castorp con lesopracciglia sollevate guardava per terra. Naphta aveva parlato in tono secco e apodittico,benché fosse stato lui a propugnare la libertà più ampia. Specialmente il modo dicontrobattere con l’esclamazione - errore! - seguito da una smorfia, era sgradevole.Settembrini gli aveva tenuto testa con maggiore serenità e le sue parole avevano un caloresimpatico, specie quando aveva invitato alla concordia in certi principi fondamentali,”151

tanto che è lui a far cessare la scaramuccia alzando un braccio sopra la testa, come a dire“Lasciamo stare!”. Da questa descrizione si capisce subito a chi andrà la maggiore simpatiada parte dei due cugini ed in particolare del nostro protagonista!

Le dispute filosofiche a cui i due giovani nel corso della narrazione assisteranno, e qualchevolta parteciperanno, sono talmente numerose che non potremo, in questo modestolavoro, dar conto di tutte, ma ci limiteremo ad evidenziare quei temi fondamentali su cuiesse vertono in relazione ai fini pedagogici, che hanno per oggetto il “pupillo della vita”. Èindubitabile però che sulla contrapposizione di posizioni filosofiche e culturali dei duepedagoghi più volte Castorp ed il cugino dovranno riflettere e confrontarsi. È da notareperaltro che gli stessi pedagoghi a volte cadranno in contraddizione, non solo tra loro maanche con sé stessi, soprattutto verso la conclusione del romanzo e, forse, in ciò è la molladella crescita interiore che il “viaggio” sulla Montagna Incantata rappresenta in sensometaforico per il protagonista.

Ancora nel corso di questa prima passeggiata a quattro, mentre Settembrini fornisce aNaphta ulteriori notizie sui due giovani, dei quali si arguisce avergli già parlato inprecedenza, e lo informa sull’ intenzione di Joachim di tornare al più presto al suo serviziomilitare in pianura, ipotizzando l’impazienza anche del giovane ingegnere di intraprendere ilsuo lavoro, nasce tra i due una digressione sulle due opposte concezioni di vita,dell’Occidente e dell’Oriente. Settembrini, infatti, richiamando le occupazioni dei due cuginiin pianura, esalta di nuovo l’importanza del lavoro per la dignità dell’uomo, incontrapposizione a quella atmosfera di sognante inattività che vige “lassù’”, mentre Naphta,di contro, esalta la “contemplativa segregazione dal mondo e dalle creature per laconvivenza con Dio”152, in una parola, l’ascetismo dei monaci. Il giovane Castorp si inseriscenella conversazione con il coraggio dell’ingenuità e asserisce che in effetti, in quei dieci mesitrascorsi lassù, la forzata inattività della cura a sdraio ha stimolato le sue riflessioni ed egliha pensato molto di più che in tutti i suoi anni di vita in pianura, È naturale che, ascoltandotali ingenue osservazioni, il pedagogo italiano si preoccupi e lo metta di nuovo in guardiacontro le malie dell’Oriente, dicendogli, mentre lo trattiene per un braccio un po’ indietro:“Ingegnere, ingegnere! …Quante volte le ho detto che bisognerebbe sapere che cosa si è e

151 Ibidem, p. 625

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156 Ibidem,p.638

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pensare come si conviene! All’occidentale spetta la ragione, ad onta di tutte le proposizioni,l’analisi, l’azione e il progresso, ... non le molli piume del monaco.”153

Naphta, dal canto suo, avendo udito, riprende la difesa dell’ascetismo monacale contro leattività, commerciali e non solo, del mondo occidentale. Ciò che emerge dalla digressioneora narrata non è solo il contrasto tra due mondi, orientale e occidentale, ma il contrasto tradue epoche storiche, il medioevo da una parte e l’illuminismo dall’altra. Su questo piano sipresenta l’idea di Settembrini sul progresso inarrestabile dell’uomo, nei confronti dellaquale il nostro giovane protagonista pone la sua attenzione critica, praticando ancora unavolta quel “placet experiri” a cui più volte il pedagogo italiano lo ha richiamato. Castorp,quindi, oppone a quell’idea di progresso inarrestabile alcuni concetti matematici: “Ma ognimoto è circolare. Nello spazio e nel tempo: ce lo insegnano la legge della conservazione dellamateria e quella della periodicità… Dato il moto chiuso senza direzione costante, come si fa aparlare di progresso?”154 Al che Settembrini lo richiama di nuovo ad “affidarsi risoluto agliistinti della sua razza che la devono spingere ad essere attivo. Anche la conoscenza dellescienze naturali la deve legare all’idea del progresso…e non può dubitare che all’uomo siaffaccino ancora infinite possibilità di perfezionamento.”155 A sostegno ulteriore di questosuo invito rammenta le teorie sociali di Rousseau, attraverso l’applicazione delle qualil’uomo ridiventa buono, felice, perfetto come nell’antichità. Secondo Naphta, invece, talidottrine non sono che un peggioramento razionaleggiante della dottrina cristiana e anzi,“Dio stesso ha dato agli uomini l’istinto naturale che ha indotto i popoli a scindersi in statidiversi. La guerra...” ma qui l’italiano di nuovo lo interrompe, ricordando che “persino laguerra, signor mio, ha dovuto servire il progresso, come lei mi concederà, se ripensa a certiavvenimenti della sua epoca preferita, voglio dire alle crociate!”156

Considerata la varietà degli argomenti trattati, la conversazione, come osserva Settembrini,si va disgregando, proprio quando i due “pedagoghi” sono giunti a destinazione, davanti lacasetta dove entrambi abitano, presso l’entrata di Dorf. Con sorprendente gentilezzaNaphta esprime la speranza di altri incontri, invitando inoltre i due giovani a venire atrovarli, nel rispetto tuttavia del diritto di precedenza che Settembrini ha alla loro amicizia,ma in effetti esprime apertamente un intento pedagogico a sua volta per non lasciarel’esclusiva all’ “umanesimo borghese” dell’italiano. Settembrini, da parte sua, affacciadifficoltà e i due giovani, pur accettando con un inchino l’invito di Naphta, riconoscono,quando sono soli, che gli scrupoli di Settembrini sono giustificati. I due, mentre tornano alBerghof, si scambiano le impressioni sulla nuova conoscenza: “E lui che impressione ti hafatto?” – chiede Castorp al cugino e questi in risposta “Il piccolo? Non buona. Ha dettoalcune cose che mi sono piaciute…Ma lui non mi è piaciuto, e uno può dire un mucchio dicose belle, a me però non giovano se è un individuo ambiguo. Ambiguo è, non lo puoi

153 Ibidem, p. 628154 Ibidem, p. 637155 Ibidem, pp. 637-638

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157 Ibidem, p. 644158 Ibidem, p. 646159 Ibidem, p. 650

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negare.” Castorp, nonostante concordi con le impressioni del cugino, tuttavia dichiaral’intenzione di volergli far visita perchè al momento non può dire di averlo capito ma,incontrandolo spesso, non esclude che si possa imparare qualcosa anche da lui. Dichiarainoltre di aver colto qualche contraddizione anche nelle asserzioni di Settembrini “Comevedi-dice- sono stato bene attento, ma non ci vedo chiaro, anzi, il frutto dei loro discorsi èper me una gran confusione…Ci dobbiamo andare assolutamente, per capirne qualcosa.”157

Siamo di nuovo al “Placet experiri”!

A questo punto della narrazione è trascorso quasi un anno dall’arrivo al Berghof del nostroprotagonista ed egli, dopo l’incontro con Settembrini e il “piccolo” Naphta, prosegue i suoistudi di botanica, classificando le piante, che trova nei dintorni, mentre nella sua loggia fa lacura a sdraio. Alterna alle ore dedicate a tale cura e ai cinque pasti quotidiani frequentipasseggiate, a volte anche da solo, quando il cugino è impegnato in visite mediche o esamidi laboratorio. Gli capita spesso così, se il tempo è sereno, di recarsi nella gola silvestre conla panca e il ponticello sopra il torrente montano, dove, pochi giorni dopo il suo arrivo,aveva avuto quella violenta epistassi e aveva visto in sogno Hippe Pribislav. Il giovane non visi reca soltanto per ammirare il panorama o per raccogliere piante ma “per stare solo, perricordare, per riandare impressioni e avventure di tanti mesi e riflettere su tutte. Ce n’eranomolte e diverse, ...non facili da ordinare, poiché gli apparivano variamente concatenate econfluenti l’una nell’altra, di modo che era difficile separare le tangibili dalle pensate osoltanto sognate o immaginate.”158

Cosi rivede il corso della sua vita, quella di prima giù in pianura e quella di lassù e riflette sulcomplesso delle sua avventure: ricorda il nonno, Hans Lorenz Castorp, di cui sempre piùspesso assume il modo dignitoso di sostenersi il mento; estrae spesso dalla tasca dellagiacca il dono- ricordo di madame Chauchat, per guardarlo e ricordare la sera di carnevale ela conversazione con la donna; vede il mondo di laggiù e riflette su di esso, e mentre loevoca pensa a Settembrini, “il pedagogo sonatore d’organetto”, rievoca “le immagini deidue nonni, l’uno accanto e contro l’altro, il ribelle e il ligio, che vestivano di nero per ragionidiverse, e ponderò la loro dignità; meditò e cercò di chiarire accoppiamenti come forma elibertà, spirito e corpo, onore e infamia, tempo ed eternità,… e provò una breve ma violentavertigine al pensiero che l’aquilegia era fiorita di nuovo e l’anno si stava conchiudendo.”159

Castorp, con una espressione infantile, chiama questa attività di riflessioni solitarie in quelluogo pittoresco “regnare”, parola che sembra conferirgli la giusta dignità di fronte“all’eccelsa forma” che ha in mente, eccelsa forma che il piccolo e brutto Naphta hachiamato HOMO DEI, difendendola contro le dottrine sociali propugnate da Settembrini.

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160 Ibidem, p. 653161 Ibidem, p. 654162 Ibidem, p. 655163 Ibidem, p. 656

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Non c’è quindi da stupirsi se il giovane, stimolato dalle sue riflessioni e aspirazioni, decida diandare a far visita a Naphta, pur consapevole di spiacere in tal modo al pedagogo umanista.Pochi giorni dopo il primo incontro, Castorp, dando seguito all’invito ricevuto, si reca quindiinsieme al cugino alla casetta dove abitano i due pedagoghi.

Quando vengono introdotti da un “ servitorello” del sarto Lukacek, che ha subaffittato ledue stanze, nella camera di Naptha, i due giovani rimangono sorpresi , “perfino abbagliatidal lusso dello studio con due finestre, che li aveva accolti; la povertà della casetta, dellascala, del misero corridoio non faceva supporre neanche lontanamente una cosa simile e, percontrasto, conferiva all’eleganza dell’arredamento un che di fiabesco…Ad ogni modo erafine, anzi splendido…. C’era troppa seta, seta color vino, color porpora, i panneggi chenascondevano le brutte porte erano di seta…”160 Ma mentre i due si guardano intorno, inammirazione dei particolari lussuosi dell’arredamento, vedono nell’angolo a sinistra di ungruppo di sedie “un’opera d’arte, una grande scultura di legno dipinto, sopra un piedistallorivestito di rosso: qualcosa di pauroso, una Pietà, ingenua e impressionante fino ad esseregrottesca: la Madonna con la cuffia, le sopracciglia contratte, la bocca torta e aperta in ungemito, in grembo la salma del Redentore, figura primitiva, di proporzioni sbagliate, con icaratteri anatomici messi crudamente in rilievo…Ora l’insigne lavoro conferiva certo un tonoparticolare alla serica stanza.”161 Castorp ne è talmente attratto che va direttamente versola scultura e si sofferma a guardarla nella consueta posizione dei suoi momenti di assortariflessione, cioè con la testa piegata su una spalla e, chiedendo a Naphta a quale epocarisalga, osserva: “Non avrei mai immaginato che una cosa potesse essere ad un tempo cosìbrutta (mi scusi) e così bella.”162 Naphta approfitta subito per impartire una sua lezione algiovane, facendogli notare che si tratta della bellezza spirituale non di quella stupida eastratta del corpo, perchè la realtà è solo nella bellezza interiore “quella dell’espressionereligiosa”, continuando poi a spiegare che la scultura risale al tardo medioevo, al periodogotico, e che rappresenta quindi un “signum mortificationis”: nel periodo gotico non c’èinfatti, come invece nel periodo romanico, “il maestoso trionfo sul mondo e sul martirio. Quiabbiamo la radicale enunciazione della sofferenza e della debolezza della carne. Soltanto ilgusto gotico è, a rigore, ascetico e pessimista.”163 Subito dopo, mentre viene offerta unaricca merenda, dalla porta, rimasta aperta dietro il “servitorello”, fa capolino, entrando conpasso leggero ed un sorriso, Settembrini. La cosa sembra a tutti molto naturale sia per lafamiliarità dell’italiano con i due giovani che per i suoi rapporti con Naphta, comunquemolto stretti nonostante i profondi dissensi. Castorp però ha subito l’impressione cheSettembrini sia intervenuto per stabilire, con la sua presenza, un contrappeso pedagogicoall’influenza di Naphta. La conversazione si aggira ancora sulla scultura lignea e nasce tra idue pedagoghi una nuova lunga diatriba, che vede di nuovo contrapposte la concezioneilluministica dell’italiano, che tra l’altro condanna recisamente gli orrori perpetrati dai

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164 Ibidem, p. 675165 Ibidem, p. 676166 Ibidem, p. 677167 Ibidem, p. 678

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giudici inquisitori, e la riabilitazione della scolastica medioevale da parte di Naphta, cheporta ad estreme conclusioni la difesa del dogma ecclesiastico.

Il dialogo - scontro è molto lungo e si sviluppa in una continua contrapposizione di tesi tra idue: questo contrasto di vedute andrà avanti per quasi tutto il romanzo e sarà spessoripetuto negli incontri con i due cugini. Quello che, però, vale la pena di rilevare fin d’ora è ladiversa modalità con cui i due pedagoghi conducono la diatriba: mentre Settembrini ha unsuo modo potente di fare domande, l’altro vi ribatte con “sgradevole calma”.

Dobbiamo ancora scoprire quindi la vera natura e la personalità del nuovo personaggio, dicui finora abbiamo capito, da alcuni aggettivi utilizzati dall’Autore per descriverlo, che èpiccolo, brutto, ambiguo e, a volte, di modi sgradevoli.

È di nuovo Settembrini a troncare la diatriba per primo, ringraziando il professore “delsaporoso trattamento, della spiritualissima conversazione”164, aggiungendo che i due giovanidevono tornare al Berghof per la cura e, inoltre, egli vuole mostrare loro la sua “cella” alpiano di sopra e saluta infine il professore con l’appellativo di “padre”, cosa subito notatacon meraviglia dal giovane Castorp. Il piano di sopra, a cui si accede tramite una scomodascala, quasi a pioli, è piuttosto un solaio: “vi regnava l’estiva atmosfera del granaio e dellegno scaldato dal sole”165. L’ambiente è composto di due camerette e viene definito dallostesso Settembrini “ritirato e intimo”, definizione pienamente accolta dai due giovani che viaggiungono anche la parola “graziosissimo”. I mobili dell’arredamento sono appartenuti ingran parte al padre e al nonno di Settembrini e soprattutto il piccolo scrittoio, sul quale sonoappoggiati gli strumenti di lavoro dell’italiano, attira l’attenzione del nostro protagonista,tanto che “Castorp ci si mise un momento per prova,…al posto di lavoro dove Settembrini, lamente rivolta ai dolori umani, si dava alla letteratura con finalità enciclopediche, ... eappoggiati i gomiti sul piano inclinato giudicò che anche quello era un posto ritirato eintimo.”166 Ci colpisce fin d’ora il contrasto tra la pomposità e il lusso della stanza di Naphtae la semplicità dell’alloggio dell’umanista italiano.

Due parole vanno ora spese per il tragitto di ritorno al sanatorio da parte dei due giovani,che Settembrini si è offerto di accompagnare: è l’occasione da questi appositamente cercataper mettere meglio in luce il carattere di Naphta agli occhi dei due cugini. Dopo un tratto distrada percorso dai tre in silenzio, silenzio tuttavia dominato dal personaggio Naphta,Settembrini esordisce con un sospiro “Signori…vorrei mettervi in guardia.” 167 Hans eJoachim hanno già capito, ma il primo chiede con finta innocenza “Da che cosa?”Settembrini chiarisce in effetti che li vuole mettere in guardia dalla persona che li ha ospitatipoco prima e che egli ha presentato loro suo malgrado: “È mio dovere segnalare almenoalla vostra giovinezza i pericoli spirituali che correte praticandolo… Nella forma è un logico,

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168 Ibidem, p. 678169 Ibidem, p. 679170 Ibidem, p. 686

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nella sostanza è un intrigante.” 168 Alle osservazioni di Castorp, che allora non si spiegaquesta loro “amicizia”, il pedagogo risponde che, abitando sotto lo stesso tetto, gli incontrisono inevitabili e si avviano rapporti. Il signor Naphta è comunque un uomo di ingegno edegli “approfitta per incrociare la lama delle idee” e aggiunge: “Disputiamo, litighiamo asangue, quasi ogni giorno, ma confesso che l’opposizione e l’ostilità del suo pensiero sonoper me più che mai stimolo a incontrarlo. Io ho bisogno dell’attrito. Un modo di pensare nonè vivo se non ha occasione di combattere e il mio è ben saldo.”169 Castorp cerca dirassicurare il suo pedagogo osservando che ha ascoltato con interesse ma anche con delleriserve le disquisizioni del signor Naphta e, ha notato in lui delle contraddizioni di fatto: puravendo detto un sacco di cose contro il denaro, si rimane sbalorditi dal lusso della sua casa.Arriva ora la spiegazione dell’appellativo “padre” usato da Settembrini nel salutare il loroospite. Il lusso della sua abitazione non deriva da una sua ricchezza personale bensì daquella dei padri gesuiti, nel cui ordine Naphta ha fatto il noviziato e preso i primi voti,dovendo poi interrompere, a causa della sua malattia, gli studi di teologia necessari perdiventare padre gesuita: l’appellativo di padre poco prima rivoltogli da Settembrini è stato inrealtà un eccesso di cortesia. L’umanista poi, continuando a metterli in guardia da uneccessivo influsso di Naphta, lo definisce infine con una sola parola, “voluttuoso” e nespiega il motivo rammentando, in particolare a Castorp, tutto il discorso che una voltahanno fatto sulla morte e sulla vita, sul fatto che la morte ha dignità in quanto condizione eaccessorio della vita, mentre se la morte si isola dualisticamente “essa, in seguito a questavolontà spirituale, diventa … un potere proprio, opposto alla vita, avverso, diventa la grandeseduttrice, il suo regno è quello della voluttà. Perché scioglie e redime, perchè è laredenzione, ma non la redenzione dal male, bensì la malaredenzione. Essa scioglie il costumee la moralità, redime dalla disciplina e dal controllo di sé, dà via libera alla voluttà. Se viprego di guardarvi dall’uomo che a malincuore vi ho fatto conoscere, se vi invito a cingere ilcuore con tre fasce di critica nel trattare e discorrere con lui, lo faccio perché tutti i suoipensieri sono di natura voluttuosa, perché stanno sotto l’egida della morte…”170 Seguono,dopo questa prima, altre due o tre visite a Naphta e il giovane Castorp, pur tenendo a mentegli avvertimenti di Settembrini, ne ricava materia di meditazione per i momenti di riflessionenel suo “regno” solitario.

LA PARTENZA DI JOACHIM E UNA VISITA DALLA PIANURA

Sta per compiersi l’anniversario dall’arrivo di Castorp nel sanatorio, siamo quindi quasi aiprimi di agosto e di nuovo assistiamo ai capricci del tempo di “lassù” e sembra di essere giàin inverno! Ma quel paesaggio invernale suscita in Joachim una reazione esasperata e,mentre stanno facendo la cura a sdraio, esclama con voce soffocata “Siamo dunque da

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171 Ibidem, p. 692172 Ibidem, p. 698173 Ibidem, p. 700

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capo?” e il cugino cerca di calmarlo ricordandogli ciò che Joachim stesso gli aveva spiegatonel primo periodo del suo soggiorno, e cioè che “lassù” non ci sono stagioni vere e propriema soltanto giorni estivi e giorni invernali e quello che ora sembra il nuovo inverno è ancorail vecchio! Questa osservazione non calma affatto Joachim, il quale, al contrario, esclama dinuovo “No! Basta! E’ una porcheria. Tutto insieme è un’enorme, schifosa porcheria, e se tuper la tua parte…io…” e, uscendo “dalla camera a gran passi, chiuse rabbiosamente la portaalle sue spalle, e, se non era illusione, i suoi occhi belli e miti erano pieni di lacrime.”171

Quello stesso pomeriggio Castorp ha la conferma ai suoi timori: Joachim gli comunica inmodo chiaro che ha preso la risoluzione di partire e scendono poi insieme nello scantinatoper la visita mensile. Il consigliere Behrens è di pessimo umore a seguito di alcune begheprovocate dal comportamento di tre ospiti del Berghof, che sono stati addirittura espulsi.Quando conclude la visita di Joachim gli comunica che c’è ancora qualche intoppo e deveprolungare il soggiorno per altri cinque, sei mesetti…Il giovane cerca di parlare ma ilconsigliere lo interrompe con alcune “scempiaggini”, forse dettate dal suo malumore; ciònonostante Joachim, mantenendo un contegno imperturbabile, insiste nel voler parlare e glicomunica la sua decisione di partire per il piano e per il suo servizio militare. Il consigliere aquesto punto depone le armi e, stizzito, gli dice che parta pure ma se ne assuma la pienaresponsabilità. Dopo di che, rivolto a Castorp chiede se anche lui abbia deciso di partire, maquesti risponde che si rimette alle sue valutazioni. Segue una visita frettolosa che siconclude con questa sentenza: “Lei può partire.” “Castorp balbettò: Che sarebbe…Comemai? Sono sano?” “Si, è sano. Il punto quassù a sinistra non conta nulla. L’alterazione nondipende da questo…Per conto mio può mettersi in viaggio.” E Castorp, per tutta risposta:“Ma …consigliere…forse in questo momento non lo dice sul serio?”172 Segue, a questo punto,un inusitato scoppio d’ira da parte di Behrens, che esce sbattendo la porta alle sue spalle.

Joachim, contento di aver combattuto e vinto la sua battaglia, accomuna nel progetto dellapartenza, tra una settimana, anche Castorp, ma subito si corregge limitando l’affermazionesolo a sé stesso. Il giovane Hans non risponde ma riflette sulla partenza del cugino e sullapropria posizione mentre fa una seduta della cura a sdraio: ora è avvezzo a quel tenore divita “che ormai considerava l’unico possibile, per la prerogativa di poter stare lì isolato aripensare ai fatti suoi.” Joachim invece sarebbe partito “là sarebbe vissuto, in pianura, trapersone che non avevano un’idea di come si debba vivere, che non conoscevano l’uso deltermometro, l’arte di avvolgersi nelle coperte, di infilarsi nel sacco a pelo, la triplicepasseggiata e…difficile dire, elencare tutte le cose che non si sapevano laggiù… Impossibile,impossibile- mormorò”173 E siccome vede la sua vita in pianura come impossibile, dovràrestare lassù senza Joachim, attendendo che Behrens lo dimetta veramente guarito e,soprattutto, attendendo il ritorno di Clavdia Chauchat, del quale non si ha ancora nessunanotizia. Arriva intanto la vigilia della partenza di Joachim, che, già preparate le valigie, sbriga

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176 Ibidem, p. 715177 Abide, p.716178 Ibidem, p.717

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tutto per l’ultima volta, i pasti, la cura a sdraio, le passeggiate e saluta i dottori e lasuperiora. La mattina della partenza alcuni pazienti si raggruppano per assistervi e persalutare mentre Castorp accompagna il cugino, salendo con lui sulla carrozza, fino allastazione di Dorf, dove egli, dal giorno del suo arrivo, non è più andato. I cugini stannoinsieme sul marciapiede e Joachim, con “occhi seri e tristemente penetranti” lo salutastringendogli la mano e gli dice “con fervore” “Hans, vieni presto anche tu!”174 Questochiamarlo con il nome di battesimo anziché con il solito “tu” sembra quasi un fattoincrescioso e il giovane Castorp, con il cuore sconvolto, resta a lungo sul marciapiede dasolo, dopo la partenza del treno; poi rifà lentamente la strada per tornare al Berghof.

La ruota del tempo intanto ha girato ed è già passato l’equinozio d’autunno. Anche gli ospitidel Berghof sono di nuovo cambiati e Castorp ora occupa un posto nella tavola dove primasedeva l’umanista Settembrini, insieme ad una variegata compagnia di persone provenientida più parti d’Europa. Nel frattempo giù in pianura, dopo il ritorno di Joachim da solo, eramaturata nella famiglia di Hans la decisione di mandare qualcuno ad informarsi meglio “delfigliol prodigo”175 così, quindici giorni dopo la partenza di Joachim, il giovane riceve untelegramma che gli annuncia l’arrivo, dopo due giorni, dello zio, o meglio dello zio-cugino, ilviceconsole James Tienappel. Castorp accoglie la notizia con molta calma e la comunicaall’amministrazione del Berghof affinché venga predisposta una camera per l’ospite (sarà lastanza già occupata da Joachim). La sera dell’arrivo, una sera di ottobre molto fredda,Castorp si reca, con la solita carrozza, a prendere lo zio alla stazione di Dorf: questi “uscìdallo scompartimento con gradita sorpresa e la espresse con le forme un po’ contegnose emolto civili del gentiluomo tedesco nordoccidentale”176 esprimendo inoltre la suasoddisfazione nel trovare il nipote così florido. Durante il viaggio di ritorno al sanatorioCastorp si diletta, con la testa reclinata, ad indicare con gesti e con parole alcunecostellazioni nel cielo stellato. Tienappel naturalmente si stupisce, non solo dell’erudizionedel giovane in materia astronomica, ma anche del fatto che non affronti per nullal’argomento concreto del ritorno a casa. Quando apprende che tale erudizione il giovanel’ha acquisita stando coricato di notte sul balcone, si stupisce ancora di più e, notando cheCastorp è senza soprabito e senza cappello, gli domanda se non abbia freddo. “Noi nonabbiamo freddo. - rispose Castorp, breve e tranquillo”177 Inoltre il console nota che nonchiede notizie né dei parenti né dei conoscenti, né si cura più di tanto dei saluti di laggiù,compresi quelli di Joachim, che è già presso il suo reggimento. Sempre durante il tragitto lozio comunica che si fermerà solo “otto giorni, cioè una settimana, dunque sette giorni, forseanche soltanto sei.”178, dando per scontato che Hans tornerà a casa con lui, ma egli,riflettendo sul fatto che lo zio parla “come la gente di laggiù” gli risponde che non sipossono precipitare le cose, che l’importante è guarire perfettamente e che, di recente il

174 Ibidem, p. 708175 Ibidem, p. 714

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179 Ibidem, p. 718180 Ibidem, p. 733181 Ibidem, p. 734

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dottor Behrens gli ha ordinato ancora una permanenza di sei mesi. Tienappel considera lacosa da matti, perchè non si può disporre di tanto tempo. A tali osservazioni, “Castorp,guardando tranquillamente le stelle, fece una risatina. Oh, il tempo! Proprio in merito altempo, al tempo umano, James doveva rivedere anzitutto i vieti concetti, prima di poter direla sua quassù tra noi.”179 Ora, senza dilungarci sul racconto particolareggiato di quei seigiorni passati al Berghof dallo zio, narrazione pur ricca di episodi, a volte anche spiritosi,possiamo concludere dicendo che l’attacco della pianura viene senz’altro respinto, tanto cheil console, dopo aver sollecitato e ottenuto, il sesto giorno, un incontro con il dottor Behrensper sollecitare il “rilascio” del nipote, ha rischiato lui stesso di diventare un ospite malato delBerghof: l’indomani mattina è scomparso all’alba, partendo col primissimo trenino verso lapianura, senza neanche salutare il nipote, al quale, poi, con una cartolina dal Lago diCostanza, comunica di aver ricevuto un telegramma che lo richiamava con urgenza al piano.

Hans, quando scopre la partenza dello zio, non si scompone e osserva: “Guarda un po’.”aggiungendo poi con un sorriso malinconico “già…Quello aveva tagliato la corda, aprecipizio, in tutta fretta e in silenzio, quasi approfittando della decisione di un istante, etemendo di lasciarsela scappare…arcicontento di svignarsela pur solo, lui, il galantuomodisertore, verso il vessillo della pianura, lo zio James. Be’, buon viaggio!”180

Il giovane Hans riflette tra sé che quell’attacco respinto ha una importanza decisiva per isuoi rapporti con la gente di “laggiù”: è “per loro la rinuncia definitiva, accompagnata dauna scrollata di spalle, per lui la completa libertà che non gli faceva più tremare il cuore.”181

Approfondimento della conoscenza con Naphta – Le sue origini e nuovi contrasti conl’umanista Settembrini

Abbiamo appreso prima, incidentalmente, che Castorp dopo la prima visita si è recato atrovare Naphta altre due o tre volte, anche senza la presenza di Settembrini. In questeoccasioni lo stesso Naphta gli narra delle sue origini, della sua vita e di come mai ora si troviin quei luoghi. Cercheremo di darne conto, in maniera sintetica, ma pur necessaria per lacomprensione del carattere di questo personaggio, del quale fin dall’inizio è emersa unacerta ambiguità.

Egli, il suo nome è Leo, è di origine ebraica, nato in un villaggio spagnolo, tra la Galizia e laVolinia: suo padre, di cui parla con rispetto, era un funzionario nell’ambito sacerdotale, sioccupava precisamente di “uccidere bestie da macello secondo la legge di Mosè” ed eraconsiderato, non solo tra i suoi correligionari, un uomo eccezionale. Era portato allameditazione, “aveva un che di settario, di irregolare, quasi fosse un confidente di Dio…Maproprio questo nimbo di religiosità, in certo senso ardita, nella quale l’odor di sangue del suo

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184 Ibidem, p. 738185 Ibidem, p. 739186 Ibidem, p. 741

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ufficio aveva la sua parte, fu la sua rovina”182. In seguito ad una sommossa popolare, seguitaalla morte misteriosa di due bambini cristiani, lo trovarono crocefisso e inchiodato alla portadella sua casa, data alla fiamme. La famiglia quindi, ora composta da lui, dalla madre e daaltri quattro fratelli, si trasferì in una cittadina del Voralberg, dove la madre, pur cagionevoledi salute nei polmoni, trovò lavoro in una filanda di cotone. Egli, allora quattordicenne, giàmostrava una intelligenza straordinaria, ereditata dal padre insieme alla gracilità del fisico, edoti intellettuali “che assai presto si fusero con istinti di alterigia, di superiori ambizioni, ditormentosa aspirazione a forme di esistenza più elevate, e lo incitarono ad oltrepassare contutta la sua tenacia gli orizzonti della propria origine.183” Non si accontentava quindi di ciòche apprendeva a scuola ma si procurava altri libri per alimentare il suo cervello e ciò fece sìche alcune sue risposte, durante l’ora di religione, attirassero l’attenzione del rabbinodistrettuale, che cominciò a impartirgli lezioni private: tra i due, però, scoppiarono aspriattriti religiosi e filosofici a causa “della protervia intellettuale, la scettica pedanteria, lospirito di contraddizione, la tagliente dialettica del giovane Leo”,184 tanto che alla fine ilmaestro lo ripudiò e lo espulse dal suo studio. In quel periodo morì la madre e subito dopo,mentre stava seduto sulla panchina di un parco, da cui si vedeva la valle del Reno, venneavvicinato da un insegnante di un collegio di Gesuiti, “Stella Mattutina”. Il gesuita“appassionato pedagogo, conoscitore e pescatore d’uomini” avviò con lui una vivaceconversazione, dalla quale notò subito nel giovane “un’arguta e angosciata spiritualità eandando avanti scoprì un sapere, una maligna eleganza del pensiero che il cencioso aspettodel giovane rendeva ancora più sorprendente”185 Questo incontro rappresentò una svoltadecisiva nella vita di Leo Naphta. Alla fine della conversazione, il gesuita, stupito dalle ideeoriginali espresse dal giovane, non curandosi tanto della loro verità quanto piuttostodell’intelligenza da cui provenivano, lo invitò ad andare a trovarlo nel collegio. Così Naphtaentrò nella “Stella Mattutina”, dove praticò il nuovo maestro, molto più disposto delrabbino ad incoraggiare la sua personalità. “Come numerosi ebrei intelligenti, Naphta eraper istinto un rivoluzionario e aristocratico; socialista…e a un tempo ossesso dal sogno dipartecipare a forme di vita nobili e superbe, esclusive e legittime.” Dopo i primi interventi diformazione da parte del teologo gesuita, la prima manifestazione da parte sua “fu, benchéfrutto di un’analisi puramente comparativa, una dichiarazione d’amore verso la Chiesaromana che gli appariva come potenza ad un tempo nobile e spirituale, cioè antimateriale,antireale e antimondana, quindi rivoluzionaria.”186 Si convertì quindi al cattolicesimo,prendendo alloggio presso il nuovo collegio ancor prima di ricevere il battesimo: poté cosìsperimentare la vita che vi si conduceva, claustrale ma piena di signorilità ed eleganza, oltreche, naturalmente, di disciplina. Durante i suoi studi di retorica manifestò il desiderio distudiare teologia, per entrare in futuro, se ritenuto degno, nell’ordine stesso; passò, inquesto modo, dal secondo al primo convitto, ancora più raffinato ed elegante del

182 Ibidem, pp.734-736183 Ibidem, p. 737

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187 Ibidem, p. 744188 Ibidem, p. 746189 Ibidem, p. 749190 Ibidem, p. 747191 Ibidem, pp.749-750

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precedente. Grazie agli egregi risultati del suo impegno lasciò presto la vita di alunno percominciare il noviziato nella vicina Tisis, dove però la sua salute, per la debolezza deipolmoni, ereditata dalla madre, si andò minando. Le pratiche pedagogiche che seguivarispondevano alle sue attitudini intellettuali, ma egli era la “disperazione del suo direttorespirituale” perché “durante gli esercizi spirituali, … durante tutti quegli esami di coscienza,quelle considerazioni, osservazioni e indagini, si irretiva, con accanimento malignamentequerulo, in mille difficoltà, contraddizioni e controversie.”187 Dopo due anni di noviziato edopo aver ricevuto i quattro ordini minori, a soli venti anni, partì per un collegio olandeseiniziandovi gli studi di teologia. Lì però la sua malattia si aggravò a causa del clima ed egli furispedito nel primo istituto, dove era stato alunno, e dove ora svolse le funzioni di prefetto;in questo periodo ricevette il primo ordine maggiore, arrivò ad essere suddiacono ma non dipiù, perché le emorragie dovute alla malattia si ripetevano e la febbre era persistente,ragioni per cui, a spese dell’Ordine, si trasferì in quella regione lassù, che, dopo tanti anni, èdiventata per lui “una categorica condizione di vita, nell’aria rarefatta della montagna,mascherata da una modesta attività di insegnante di latino al ginnasio degli ammalati…”188

Queste le notizie apprese da Castorp dal diretto interessato, che molto ci illuminano percapire le ambiguità e le frequenti sgradevolezze che emergono nelle diatribe con l’umanistaSettembrini.

Torniamo quindi al tempo presente della narrazione, dove troviamo il nostro Hans Castorpche riflette su alcuni parallelismi, a suo parere, tra l’ordine militare del cugino Joachim el’Ordine gesuita di Naphta: “fiaccare e rompere il nemico” dice l’ordine di servizio di Ignaziode Loyola, “Attaccare, attaccare! ...Tirare giù le brache al nemico!”189, dice l’ordine di guerradi Federico di Prussia. A monte di questa riflessione c’è però nel giovane un moto diorgoglio, e nello stesso tempo di apprensione, per Joachim, che, con sforzo eroico, hadisertato la malattia per prestare giuramento alla bandiera della patria! “Anche Naphtaaveva giurato fedeltà a una bandiera… ma con le sue deviazioni e combinazioni le eraevidentemente meno fedele di quanto Joachim non fosse alla sua…”190 I due ordini, secondoCastorp, hanno entrambi condizioni militari, sul piano dell’“ascesi”, della gerarchia, delladisciplina, hanno in comune un certo rapporto col sangue: basta ricordare certi battaglierimonaci medievali o i cavalieri Templari, per i quali “era somma gloria essere uccisi ouccidere per amore di Cristo”. Diverso l’amor di patria, al cui servizio sventola la bandiera diJoachim, propugnato perfino dall’umanista Settembrini e, al contrario, ritenuto da Naphta“una peste e la più sicura morte della carità cristiana.”191

Dobbiamo ora, come fa l’Autore, riprendere la ruota del tempo per accorgerci che siamo dinuovo in prossimità del Natale, il secondo dall’arrivo di Castorp, e durante una doppia

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192 Ibidem, p. 753193 Ibidem, p. 760194 Ibidem, P.761195 Ibidem, p. 771

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passeggiata sulla neve, andata e ritorno due volte dal sanatorio alla casetta dei pedagoghi,nasce una delle tante diatribe tra i due, a cui abbiamo già accennato. Dopo la partenza diJoachim il giovane Hans ha acquisito alla compagnia altri due ospiti malati del Berghof,Ferge e Weshal, i quali, pur partecipando alle passeggiate, ascoltano con passione ma nonpartecipano quasi mai attivamente alla discussione. La disputa qui narrata ha preso lospunto dalla recente morte della giovane Karen Karstedt. Ne nascono di volta in voltaconsiderazioni le più svariate e anche contraddittorie: mentre Naphta esalta la sofferenzadel corpo, come “ condizione di santità”, Castorp si inserisce nella discussione asserendo chela pietà per i malati è “il rispetto cristiano per la miseria”, provocando in tal modo lareazione dell’umanista, il quale ha una sua idea sulla “pietà che il sano dimostra all’infermoelevandola fino al rispetto, perché non riesce a immaginarsi come potrebbe, all’occasione,sopportare siffatti dolori,…non è dovuta al malato ed è pertanto il risultato di un equivocodel pensiero e della fantasia in quanto il sano attribuisce al malato il proprio modo disentire…Il malato è un malato, ha la natura e la modificata maniera di sentire deimalati…”192

Poi si sviluppano disquisizioni e diversi punti di vista sulla pena di morte, sulle punizionicorporali, sulle torture inflitte dai tribunali dell’Inquisizione: cose contro le qualinaturalmente Settembrini invoca la dignità umana, mentre, “pure senza sorprendere, è vero,ma con una certa tetra insolenza, Naphta li sbalordì dichiarandosi favorevole allebastonate.”193 Poi ancora osservazioni di Castorp su antitesi di corpo e spirito, con cui ilgiovane si avventura nella discussione affermando che “il corpo incarna il principio maligno,diabolico”194, scatenando di nuovo la collera di Settembrini e sviando quindi subito ildiscorso, con senso umoristico, sulle botte da lui prese a scuola, nelle classi inferiori delginnasio. Le tesi contrapposte continuano incessanti: sempre a proposito della pena dimorte e della colpa Settembrini accusa Naphta di spostare “colpa e merito dal pianoempirico a quello metafisico. Certo che l’azione è determinata, nell’azione non c’è libertà manell’essere sì. L’ uomo è come ha voluto essere e come fino alla sua estinzione non cesserà divoler essere: ha avuto piacere di uccidere e non paga quindi un prezzo troppo alto dando lavita. Muoia dunque, e sconti la sua più intima voglia!” Queste le argomentazioni di Naphtasecondo l’umanista, che inoltre, pur generalizzando, conferiscono all’argomento una tintapersonale. Dal canto suo, Settembrini ribadisce “di non aver alcuna sensibilità per quelmisticismo della morte e dell’omicidio, e di non sentirne nemmeno il bisogno.”195

Scopriremo più avanti quanto sia vera questa intuizione dell’umanista nei confronti delpensiero e della personalità del piccolo gesuita!

La disputa continua, ma tra botte e risposte, anche contraddittorie, si fa un po’ diconfusione. Così nelle considerazioni sulle diverse basi e condizioni della vita attiva e della

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196 Ibidem, p. 772197 Ibidem, p. 777198 Ibidem, p. 778199 Ibidem, p. 778200 Ibidem, p.782

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religione: secondo Naphta “la religione non ha niente a che vedere con la ragione e lamoralità. Poiché, soggiunse, non ha niente a che vedere con la vita, la vita poggia sufondamenti e condizioni che in parte riguardano la conoscenza, in parte il territorio etico. Iprimi si chiamano tempo spazio, causalità, i secondi moralità e ragione. Tutte queste cosesono non solo estranee e indifferenti alla religione, ma persino ostili e contrapposte”196.

Tornano infine sulla condizione di malattia, che Settembrini reputa disumana, in quantolesiva della dignità stessa dell’uomo, mentre Naphta ritiene che tutta la vita dell’uomo siauno stato di malattia “anzi nella malattia consiste la dignità dell’uomo, consiste la suanobiltà”. Di fronte a queste affermazioni il giovane Castorp si rivolge mentalmente ai duecontendenti “Vedo…scorretto gesuita che sei, con tutte le tue combinazioni e la tua esegesidella morte sulla croce! Si capisce perché non sei diventato uno dei padri…! E adessoruggisci tu, leone!”197, rivolto col pensiero a Settembrini. E questi “come un cavaliere difesela nobiltà della salute e della vita, …La forma! - diceva lui - mentre Naphta obiettavaenfatico: Il logos! Ma chi del logos non ne voleva sapere diceva – La ragione! -mentre l’uomodel logos patrocinava la passione!”198 La disputa è diventata un conflitto e “i contendentinon solo si contraddicevano tra loro a vicenda ma erano anche in contraddizione con séstessi”199

Alla fine il gruppo si scioglie, perché non si può continuare all’infinito quella discussionestando peraltro nella neve visto che sono tutti febbricitanti. Castorp raggiunge “il suobalcone, le orecchie rintronate dal guazzabuglio e dallo strepito d’armi dei due eserciti che,avanzando da Gerusalemme e da Babilonia, si scontravano sotto le dos banderas in unconfuso tumulto di guerra.200”

IL SOGNO DI CASTORP NELLA TORMENTA DI NEVE

Abbiamo detto, poco prima di riferire la lunga disputa nata tra i due pedagoghi durante ladoppia passeggiata, che si era in prossimità del Natale e quindi ora siamo nel pieno delsecondo inverno che il giovane Castorp passa lassù. Le giornate di sole e di limpido cieloazzurro sono non più di due o tre al mese e ciò causa la continue lamentele degli ospiti delBerghof, che vedono diminuire l’efficacia del clima di alta montagna nella cura della loromalattia polmonare, nonostante la direzione del sanatorio abbia cercato di risarcirli inqualche modo con l’acquisto di una nuova lampada al quarzo. Invece del sole c’è neve intale quantità che Hans non ne ha mai visto prima. La neve continua a cadereincessantemente, di giorno e di notte, ma il freddo, anche dieci, quindici gradi sotto zero, siavverte in maniera moderata grazie all’aria asciutta di alta montagna e all’assenza di vento.

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201 Ibidem, p. 788202 Ibidem, p. 789203 Ibidem, p. 790204 Ibidem, pp. 792-793205 Ibidem, p. 794

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Proprio grazie all’assenza di vento egli riesce a fare la sua cura a sdraio anche durante lenevicate, ammirando fin dove possibile il paesaggio imbiancato, finché esso non si dileguanel più assoluto silenzio, vuoi per l’infittirsi della nevicata vuoi per la sonnolenza che losorprende, trasportandolo in un sonno puro, senza sogni “mossi da un inconscio senso delpeso della vita, poiché il respiro dell’aria sottile, priva di vapori, non riusciva più difficile diquanto non sia il non-respiro dei morti.”201 Al risveglio però la montagna è del tuttoscomparsa: la nevicata, divenuta ormai bufera, gli impedisce di restare sul balcone anche sea lui piace vivere in mezzo alla neve. “Quella vita gli pareva avesse parecchie analogie con lavita sulla spiaggia: hanno infatti in comune la primordiale monotonia della natura.”202

L’abbondanza della neve, inoltre, limita la possibilità di passeggiate all’aperto, tranne cheper gli sciatori, e Castorp, stanco di quelle passeggiate, sta coltivando due desideri: “il piùforte era quello di poter stare da solo con i suoi pensieri e affari di governo, e fin qui il suobalcone lo poteva anche appagare…L’altro invece, collegato col primo, era la vivaaspirazione a un contatto più intimo e libero con la deserta montagna nevosa…”203 Decidecosì di acquistare un paio di sci in quanto non può realizzare il suo progetto salendo a piedisu per la montagna, e lo fa senza chiedere il permesso al consigliere Behrens, il quale, nelrispetto del regolamento, sarebbe costretto a negarglielo, ma cercando invececollaborazione e conforto alla sua decisione presso Settembrini. Questi, entusiasta delprogetto, lo incoraggia con parole piene di gioia sincera: “Ma sì, ma sì, ingegnere lo facciasenz’altro! Non chieda nulla a nessuno e lo faccia…No, non le farà male, purché siaragionevole e non voglia esagerare…Che progetto eccellente! Essere qui da due anni e avereancora codesta trovata…eh, la stoffa è buona, non c’è motivo di disperare di lei. Bravo,bravo!”204 Così lo accompagna a fare l’acquisto degli sci e gli propone inoltre di lasciarel’equipaggiamento nella casetta dove lui abita, o da lui stesso o dal sarto Lukacek o daldroghiere, in modo che il progetto del giovane non venga scoperto dalla direzione sanitariadel Berghof. Presi gli accordi necessari con il droghiere per la custodia degli arnesi, Castorpcomincia a impararne l’uso prima guardando gli altri, poi iniziando a fare, seppure inmaniera maldestra, prove quotidiane, su un pendio senza alberi. Acquisisce così, in pochigiorni, l’abilità sufficiente per la realizzazione del suo progetto e della cosa èparticolarmente soddisfatto, quasi come di un suo bisogno interiore. “A poco a poco allargòil territorio dei suoi esercizi. Un giorno Settembrini lo vide scomparire nella nebbiabianchiccia, gli mandò un avvertimento facendo tromba delle mani e pedagogicamentesoddisfatto se ne tornò a casa.”205

Inizia così per Castorp l’avventura sulla montagna innevata, che segna una tappafondamentale, ma non ancora la conclusione, del suo metaforico viaggio alla ricerca delsignificato della vita. Lassù trova quella perfetta solitudine che andava cercando, “la più

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209 Ibidem, p. 797210 Ibidem, p. 798211 Ibidem, p. 800

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profonda che potesse immaginare, una solitudine che gli toccava il cuore con le sensazioni diun’enorme e critica lontananza dagli uomini.”206 Procedendo nella sua escursione, durantele soste, egli assapora un silenzio perfetto e lo fa in quella consueta posizione che è solitoassumere quando ascolta la musica: con la testa china su una spalla e la bocca aperta. Inquei momenti Hans avverte inoltre, non l’ostilità ma l’indifferenza della natura, che nonaccoglie la sua presenza ma piuttosto la tollera, e, figlio della civiltà quale è, sente in questorapporto una commozione religiosa e una specie di eccitazione interiore: “si reputava, infondo, molto audace, nel sorprendere il silenzio primordiale, nel visitare il deserto nevosomortalmente afono...”207 E gli vien fatto di ricordare certe sue vacanze al mare, da ragazzo, edi paragonare le due atmosfere. In quei soggiorni marini egli aveva per la prima voltasperimentato l’entusiasmo, ma anche il timore, del contatto con le forze della natura e nonsi era mai arrischiato “ad approfondire quegli entusiasmanti contatti fino a sentire laminaccia dell’abbraccio completo, …”208 Adesso lassù, sulla montagna innevata, egli è ormaiun giovane adulto ed ha più coraggio… “se coraggio di fronte agli elementi non è ottusafreddezza nel rapporto con essi, bensì consapevole dedizione e paura di morire vinta con lasimpatia. Simpatia? Certo, Castorp nel suo petto angusto e civile provava simpatia per glielementi; e c’era un nesso tra questa simpatia e il novello senso di dignità di cui si era resoconto alla vista del popolino slittante, mentre d’altro canto aveva giudicato decorosa edesiderabile una solitudine più profonda, più ampia, meno comoda di quella del suobalcone…”209 Per queste ragioni e non per amore dello sport egli si è avventurato fin lì e, senon si sente a suo agio in quella smisurata grandezza, riflette che di disagi spirituali, daquando vive lassù, ne ha già provati spesso: “una conversazione con Naphta e Settembrininon era proprio la cosa più comoda; anch’essa portava in zone impervie e altamentepericolose”, tanto che egli ora sente nel cuore “il peso di affari di governo circa la posizione elo stato dell’HOMO DEI.”210 Nonostante il timore riverenziale che prova in quel desertobianco e silenzioso, Castorp sente che è quello l’ambiente adatto a chiarire i suoi pensieri.Procede quindi nella sua ascesa sulle terrazze di neve, che sembra non conducano in nessunluogo e, a un certo punto egli si ferma e si guarda intorno ma non c’è niente da vedere, soloun bianco abbagliante e un silenzio totale, che gli instillano una sensazione di spavento,mentre il cuore gli batte più forte, forse anche a causa della eccessiva salita. Col cuorepalpitante tuttavia continua nell’impresa e, ogni tanto, infilando il bastoncino da sci nellaneve profonda e poi tirandolo fuori, vede sprigionarsi dal buco una luce verdazzurra, chesembra nello stesso tempo la luce dei monti e delle profondità, “limpida e pur velata,misteriosa e attraente. Gli ricordava la luce e il colore di certi occhi obliqui dallo sguardofatale…occhi visti da ragazzo e poi inevitabilmente ritrovati, gli occhi di Hippe e di ClavdiaChauchat.” 211 I paesaggio intorno, nel frattempo, è diventato biancastro per la fitta nebbiaed egli, vedendo attraverso di essa un bosco, vi si dirige andando in discesa perriconquistare una meta tangibile, ma non riesce a distinguere i gradi dell’inclinazione esobbalza continuamente a causa degli improvvisi avvallamenti del terreno. Raggiunge inquesto modo un gruppo di abeti carichi di neve, sotto i cui rami si riposa un attimo fumandouna sigaretta, “sempre un po’ oppresso nell’anima, teso, angosciato dall’eccessivo silenzio,

206 Ibidem, p.795207 Ibidem, p. 796208 Ibidem, p. 797

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212 Ibidem, p. 801213 Ibidem, p. 805214 Ibidem, p. 818

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dalla fantastica solitudine, ma orgoglioso di averla conquistata e pieno di coraggio per idiritti che la sua dignità sembrava di poter vantare su quella regione.”212 Sono già le tre delpomeriggio ed egli ha pensato di far ritorno al sanatorio prima del buio, ma per la fittanebbia non è possibile ora distinguere la posizione del sole mentre nell’aria si avverte unsentore di neve in arrivo, anzi di una tormenta, che subito comincia a manifestarsi confiocchi più fitti. Castorp, tuttavia, continua ancora a girare senza meta, scendendo lungo imargini del bosco, e si diletta ancora nel considerare la somiglianza di quei mucchi dicandida neve con le dune dei paesaggi marini, pieno di soddisfazione per il suo liberovagabondare. Il cielo, inoltre, si sta rabbuiando in anticipo, ma egli non ha ancora intenzionedi tornare indietro ed anzi si rende conto, sì con paura, che lui stesso ha cercato quasi conintenzione di perdere l’orientamento, ma anche che quella che sta vivendo è una vera epropria sfida. “Con un po’ di umana riflessione si può anche comprendere come in fondoall’anima di un giovane, il quale per anni sia vissuto come costui, si accumulino, o comeavrebbe detto Hans Castorp, l’ingegnere, si ammassino, parecchie cose che un bel giorno siscaricano in un elementare “macché!” o in un “che importa?” pieno di amareggiataimpazienza, appunto come sfida e rifiuto di ogni prudente saggezza.”213 Ad un certo punto diquesto suo convulso girovagare vede su un pendio una casetta di legno, una malga o unfienile, ma non vi si dirige e muove invece verso il monte successivo, fitto di abeti. Haappena incominciato a salire che la bufera avvisata si scatena con una furia spaventosa: acausa del vento impetuoso e tagliente che si è alzato, il freddo si avverte molto di più epenetra nelle ossa, così che il giovane sente le sue membra intorpidirsi e quasi paralizzarsi,cerca di procedere a testa bassa per schivare la neve ma i fiocchi si sciolgono sul suo viso epenetrano nei suoi occhi, rendendolo praticamente cieco. Ora Castorp cerca la via delritorno, ma trovare la giusta direzione in queste condizioni è solo una questione di fortuna!Egli continua quindi nello spostamento alla cieca e sente quasi una mano gelida stringergli ilcuore, ma si rende conto che non ha diritto a lamentarsi con toni drammatici perché è statolui a lanciare la sfida e sua è la colpa della situazione in cui si trova. Dopo altri giri senzameta, mentre lotta contro l’ottenebramento dei suoi sensi, vede da lontano finalmente unadimora umana, ma quando si avvicina ad essa si accorge che non è altro che la casetta, ilfienile, che già aveva visto nei suoi vani spostamenti! Preso dallo sconforto e dalla rabbiaper gli inutili sforzi fatti, verificato che nella casetta non si può entrare perché la porta èsprangata, decide comunque di ripararsi per un po’ dalla bufera mettendosi sotto lasporgenza del tetto e pensa, se necessario, di poterci passare anche tutta la notte. Cerca afatica nella tasca il suo orologio d’oro, e vede che ancora funziona: sono le quattro e mezzoe capisce che, dall’inizio della bufera, e dopo tutti i giri fatti, è passato solo un quarto d’ora.In questa già difficile situazione egli commette un altro passo falso: pensa di bere un sorso diPorto, vino che ha con sé perché al Berghof ne tengono a disposizione per gli ospiti dellepiccole bottigliette. Il Porto non è però il rimedio giusto, in questo momento, per cercare ditornare a casa; infatti gli ottenebra ancora di più i sensi provocandogli inoltre “unapericolosa voglia di coricarsi e dormire”214. Capisce che deve muoversi e cerca di staccarsidalla parete della casetta, ma viene subito investito dal vento impetuoso e respinto indietroe allora si rende conto che non è il caso di abbandonare il tetto per combattere di nuovocon la tormenta ma è meglio restare lì, sotto quel piccolo riparo, cercando magari dicambiare spesso la posizione del corpo per non assiderarsi e pensa “Stai quieto e lascia pur

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217 Ibidem, p. 822218 Ibidem, p. 824219 Ibidem, p. 827

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cascare la testa, visto che è così pesante. La parete è buona, travi di legno che par cheemanino un certo calore…Oh, quanti alberi! Ecco il clima vivo dei viventi! Che profumo!”215

Qui cominciano i primi vaneggiamenti che poi si trasformano in sogno!

Castorp vede un parco pieno di lussureggiante vegetazione e l’aria, che egli respira congratitudine, è piena di voci di uccelli che sembrano una musica: tutto sembra immerso insfumature magiche e, man mano che cadono i veli, si manifesta una tale bellezza che gli favenire la voglia di piangere. E poi ecco il mare, “il mare meridionale, di un turchino cupo eprofondo, balenante di guizzi argentei…”, un mare che lui in effetti non conosce perché “nonaveva mai raggiunto il Mediterraneo, Napoli, per esempio, la Sicilia o la Grecia. Eppure“ricordava”. Sì, quell’incontro era un riconoscimento. “Eh sì così è!” pensava come sel’azzurra felicità solare che si stendeva davanti a lui l’avesse tenuta segretamente, senzadirlo neanche a sé stesso e portata nel cuore da sempre…”.216 In quel paesaggio soleggiato,tra scogliere e bacini rocciosi, si offre al suo sguardo una “bella giovane umanità, intelligentee serena, tanto simpatica da vedere…Il cuore di Castorp si aprì tutto, dolente e amoroso, aquella vista.”217 Si susseguono così scene bucoliche di una idilliaca amenità: giovani cheaddestrano cavalli e corrono con essi al trotto, sulle rive di una insenatura delle fanciulle chedanzano al dolce suono di una zampogna, altre sedute dietro di loro e immerse in unatranquilla conversazione; un po’ discosti un gruppo di giovani che praticano il tiro con l’arco,altri intenti alla pesca, altri ancora impegnati a trascinare in acqua una grande barca;bambini che giocano e gridano in mezzo alle onde, capre che saltano da una roccia all’altra,sorvegliate dal pastore. “È bellissimo! - pensa Castorp - È un piacere e se ne rimane conquisi.Come sono belli, sani, saggi e felici! Infatti, non soltanto belli di forme, …ma ancheintelligenti e intimamente amabili. Ecco, questo mi commuove e mi innamora: lo spirito, ilsenno, direi, che è nella loro natura e li unisce alla vita.”218 Poi assiste ancora a una scenache lo riempie di entusiasmo e di felicità: una madre che allatta il bambino e tutti quelli chele passano dinanzi le dimostrano devozione e amicizia, i giovani con un inchino del capo, lefanciulle quasi con una genuflessione; la scena è così commovente che egli si sente inimbarazzo a spiarla da estraneo! Infine vede un giovane in disparte, tranquillo, che prima loguarda e poi indirizza uno sguardo, divenuto accigliato, oltre lui, dietro le sue spalle…Conuna sensazione di spavento anche Castorp si volta a guardare e vede le colonne di untempio: passa attraverso di esse e poi ancora attraverso altri propilei, fino a raggiungere,dopo aver salito alti gradini e con un senso di angoscia nel cuore, l’atrio del tempio. Ma,dopo aver contemplato un gruppo marmoreo, due donne, forse madre e figlia, su unpiedistallo, procede oltre di esso e vede la cella del tempio, a cui si accede da una portametallica, aperta. Gli si presenta una macabra scena: due streghe, dai capelli scarmigliati,seminude, che sopra un catino stanno sbranando un bambinello in un’atmosfera di sinistrosilenzio. A tale orrore il giovane, spaventato a morte e inorridito, vuole coprirsi gli occhi manon può, vuole fuggire ma non può… Mentre quelle streghe, che si sono accorte di lui, lominacciano con i pugni insanguinati… allora, con una sforzo disperato, cerca di strapparsi dilì e si ritrova “coricato su un braccio nelle neve, la testa contro la capanna, le gambe lunghee distese coi piedi allacciati agli sci.”219 Ma non è un vero risveglio, ed egli, con la

215 Ibidem, p. 819216 Ibidem, p. 821

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222 Ibidem, p. 830223 Ibidem, p. 833

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consapevolezza del sogno, “continuò in un certo modo a sognare,… non più con visioni macol ragionamento che però non era meno audace e confuso.” 220 In questo dormiveglia, in cuiripensa al sogno, insieme “delizioso e terrificante”, riflette in questo modo: quel sogno se l’èfabbricato da sé stesso e ha avuti il diritto di sognare quelle cose perché molto ha imparatodalle persone che ha conosciuto lassù “in fatto di sconsideratezza e di raziocinio”221. Stapensando naturalmente ai due pedagoghi, ma in questo momento non vuole stare danessuna delle due parti: “Oh, i due pedagoghi! Le loro liti e i loro contrasti sono a loro voltaun guazzabuglio e un confuso strepito di battaglia, dal quale non si lascia stordire chi abbiasoltanto un poco la testa libera e il cuore buono. La loro indagine aristocratica! La loronobiltà! Morte o vita: malattia, salute; spirito e natura? Sono forse contraddizioni? Sonoforse problemi?...No, non sono problemi….La sconsideratezza della morte è nella vita, senzadi essa la vita non sarebbe vita e nel mezzo sta l’HOMO DEI – nel mezzo tra leggerezza eregione – come nel mezzo tra mistica comunità e vana individualità è il suo stato. Questovedo dalla mia colonna…L’uomo è signore delle antitesi, esse devono a lui la loro esistenza,perciò è più nobile di esse …Ho combinato una poesia, un sogno poetico dell’uomo. Ci vogliopensare. Non voglio concedere alla morte il dominio sui miei pensieri!" 222 Questa lasentenza che il giovane Castorp ricava dal sogno e pensa che, avendola vista cosìchiaramente, la saprà per sempre. Allora il sogno è finito ed egli, ormai sveglio del tutto,scrolla le spalle e, dandosi una spinta per rimettersi in piedi, si guarda intorno: nel cielo sivede un pallido celeste e un leggero crepuscolo e l’orologio non segna ancora lecinque…possibile che il suo sogno sia durato soltanto dieci minuti!? “La vita aveva avutobuone intenzioni col suo smarritissimo pupillo…”223, che, approfittando ancora della lucediurna conservata dalla neve, se ne trona a casa, scendendo a valle con facilità e stile, quasiin linea d’aria, arrivando alle cinque e mezzo a Dorf, dove posa gli attrezzi presso il droghieree fa visita a Settembrini, narrandogli la sua avventura. L’umanista lo rimprovera per la sualeggerezza e gli prepara, per ristorarlo dalla stanchezza, un tazza di caffè. Dopo un’ora ilgiovane gusta la sua cena al Berghof e quanto ha sognato va già svanendo.

RITORNO DI JOACHIM E AGGRAVARSI DELLA SUA MALATTIA FINO ALLA MORTE

Abbiamo assistito alla partenza di Joachim per la sua carriera militare nel mese di ottobre dell’annoprecedente questo: da quel momento Castorp ha ricevuto periodicamente dal cugino delle cartolinecon notizie quasi sempre concernenti la sua vita militare ma non il suo stato di salute. Al capodannoprecedente egli era stato già promosso sottufficiale, essendo stato esonerato dalla scuola di guerra edal servizio di allievo ufficiale per aver frequentato prima alcuni semestri. Tanto è entusiasta dellavita militare e della promettente carriera, che si intravede per lui, che ha inviato al cugino unapropria fotografia in divisa con i galloni conferitigli. Ai primi di aprile dell’anno in corso egli è giàsottotenente e racconta ancora, nelle cartoline, fatti ed episodi in merito alla sua vita nell’ambientemilitare, ma mai parla della sua salute. All’inizio dell’estate, però, a causa di una febbre catarrale ècostretto ad un breve periodo di riposo, dopo il quale riprende rapidamente il servizio. Durante ilmese di luglio sta benissimo per settimane, con la paura, comunque, di non poter partecipare alle

220 Ibidem, p. 828221 Ibidem, P. 828

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224 Ibidem, p. 837225 Ibidem, p. 841

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grandi manovre, previste per i primi di agosto. Deve infatti sottoporsi a visita medica per le continueoscillazioni della sua temperatura, ma dell’esito di questa visita Castorp non riceve notizia subito, enon direttamente dal cugino, bensì da un telegramma di sua madre, la signora Ziemssen, alla fine diluglio. Leggendo quel dispaccio, mentre sta sul balcone per la cura a sdraio, Castorp concepisce unsuo pensiero: “Uhm, quanta bassezza in tutto questo, quanto scherno! È un fatto antidealistico.Trionfo del corpo che ha voglie diverse da quelle dell’anima, e s’impone a ludibrio degli esaltati chevengono a dire che è soggetto all’anima…La domanda che formulo io è precisamente questa: findove è errato contrapporre l’uno all’altra, fin dove invece fanno causa comune fra loro e giuocanouna partita concertata? Ottimo Joachim, chi osa offenderti…? Il tuo intendimento è onesto,…ma checos’è l’onestà se corpo e anima sono in combutta?”224 In ogni caso per Castorp il ritorno del cuginoè una novità, da una parte triste, dall’altra gioiosa, perché avrà di nuovo accanto il compagno diavventure. Provvede quindi rapidamente ad informare la direzione sanitaria del Berghof, affinchévengano predisposte le due stanze necessarie, visto che arriverà insieme a lui anche la signoraZiemssen. Il consigliere Behrens, colto in un momento di malumore per dover risolvere problemiterapeutici e logistici di alcuni ospiti, non si mostra affatto sorpreso della notizia e la commentaosservando che lui nove mesi prima, cioè al momento delle partenza arbitraria, aveva previsto laricaduta nelle malattia e ora che Joachim è riuscito a diventare tenente, a cosa gli giova? Aggiungeinfine che il giovane militare, subito dal momento del suo arrivo, dovrà, per un periodo, mettersi aletto. Dopo aver concertato anche con gli uffici ammnistrativi quanto necessario per ospitareJoachim e la madre, Castorp comunica loro con un telegramma che è tutto pronto e informa delprossimo ritorno tutti coloro che conoscono il giovane e che, a tale notizia, ne sono a un tempo tristie lieti, come d’altronde lo stesso Hans. Tre giorni dopo l’invio del telegramma, al quale non c’è statarisposta, i due arrivano senza che Castorp li abbia potuti ricevere alla stazione e, appena giunto alsanatorio, Joachim lo raggiunge mentre sta facendo la serale cura a sdraio: il cugino è lì davanti a lui,quasi come non sia mai partito, “il compagno dei tempi passati che ora ridiventavano presenti”, esiccome siamo ai primi di agosto, quindi, se non sbagliamo i conti, al terzo anno di soggiorno lassùdel nostro protagonista, egli riflette di nuovo sul tempo di questi tre anni ritenendoli “anni ne’ brevine’ lunghi, ma senza tempo, sommamente ricchi di esperienze e pur nulli;..”225 Joachim, parlando inmaniera agitata con lui, se lo trascina dietro, prima nella sua stanza per sistemare i bagagli, poi nellasala da pranzo per consumare una cena insieme alla madre. La signora Ziemssen ha gli stessi occhidolci del figlio ed è di carattere gentile e riflessivo, che le conferisce una certa dignità. Durante lacena ella percepisce una strana atmosfera a causa dell’euforia, e quasi una specie di allegria,mostrata da suo figlio nella conversazione col cugino, e, ritenendola poco adeguata ai seri motivi cheli hanno spinti lassù, richiama i due giovani, cosi che l’allegria di Joachim svanisce e i suoi occhi sivelano di lacrime. La donna ha agito in buona fede, per educazione, perché non conosce l’ambientedi lassù, ed ora è rattristata anche lei nel vedere la reazione del figlio ed è grata al nipote, che cercadi superare la tristezza di Joachim raccontandogli le novità degli ospiti del Berghof, compreso ilritorno del gruppo a tre, formato da prozia, nipote e dalla giovane Marusja, che di nuovo si nota perle sue frequenti e cordiali risate. A questi racconti di Castorp, la signora Ziemssen si rammenta di unincontro fatto a Monaco, durante il viaggio, in un ristorante, con una donna che si era avvicinata alloro tavolo per salutare Joachim, al quale ora chiede aiuto per ricordarne il nome; si trattava dimadame Chauchat, di cui hanno saputo che, al momento era in un luogo di cura vicino a Monaco,

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226 Ibidem, p. 845

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ma aveva intenzione di recarsi in Spagna, in autunno, per passare poi l’inverno al Berghof. Castorp, atale inattesa notizia, riesce bene a controllarsi per non impallidire o arrossire, ma si lancia inconsiderazioni che la zia, dentro di sé, troverà quasi indecenti e sulle quali preferirà sorvolare. Leconsiderazioni di Hans, in verità, prendono lo spunto da un giudizio che la zia ha espresso sumadame Chauchat definendola piacente, “Voce gradevole, gradevoli gesti. Ma di modi liberi,trasandata.” Al che Castorp interviene: “La colpa è dell’Oriente e della malattia… Non era il caso diapplicare i criteri della civiltà umanistica;… Uhm, la Spagna - osservò - è altrettanto lontana dalcentro umanistico, in direzione opposta,… non dal lato tenero, ma da quello duro; non è mancanza diforma, ma eccesso di forma, la morte in quanto forma…e si poteva anche arrivare a una certacompensazione tra i due campi extraumanistici dal lato umano. Se però l’Oriente andava in Spagnanon erano da escludere maligni effetti terroristici…”226 Mentre Joachim non si stupisce, in quantoconsapevole dell’acume che il cugino ha sviluppato lassù, la zia non può che rimanere perplessa e insilenzio, non sapendo che quelle esternazioni del nipote sono frutto di diversi e contrastantiinterventi pedagogici. Inizia quindi la cura di Joachim con quattro settimane di riposo a letto,prescritte dal consigliere Behrens, al quale peraltro la signora Ziemssen, contattandoloprivatamente, ha strappato, con intelligenza e senza essere invadente, quasi una promessa didimissioni per il mese di ottobre. Dopo di che la donna, sapendo che il figlio è i buone mani ericeverà al meglio le cure necessarie, riparte per Amburgo. Tutti i giorni, durante il prescritto riposo aletto, Castorp consola il cugino, che viene anche in qualche misura rallegrato da molte visite interne,degli ospiti del Berghof, e non solo: si recano infatti a fargli visita anche Settembrini e Naphta e ilprimo, che lo ha sempre chiamato “tenente”, ora con fare affettuoso lo chiama “capitano”. Passatele quattro settimane di cura a letto, Joachim ha il permesso di tornare in circolazione e così i cuginiriprendono la consuetudine delle passeggiate nonché delle visite ai due pedagoghi, a volte incompagnia allargata, con la partecipazione di Ferge e Wehsal, i quali, come abbiamo già detto, sierano uniti a Castorp durante l’assenza di Joachim. L’italiano e il piccolo gesuita non hanno maismesso di combattere i loro duelli metaforici, in cui Castorp è convinto che l’oggetto principale dellacontesa dialettica sia la sua anima di “pupillo delle vita”. Così, nei colloqui separati, che pure a volteavvengono, Settembrini parla alle spalle di Naphta, giudicando il suo atteggiamento spirituale,diabolico e mettendo continuamente in guardia il giovane Hans; Naphta, dal canto suo, deride ilcampo rappresentato dall’avversario, definendolo “illuminismo borghese”, antiquato e arretrato,che non saprà stare al passo con la vera rivoluzione dell’avvenire, quella delle classi più povere (nondobbiamo dimenticare, di fronte a queste asserzioni, la formazione giovanile di Naphta che, tral’altro, si è nutrito anche della dottrina marxista, leggendo “Il Capitale”). Ora ci preme di far notareche in uno di questi colloqui separati Naphta ha rivelato ad Hans l’appartenenza di Settembrini allamassoneria, notizia che ha stupito il giovane non meno di quella avuta a suo tempo sullaprovenienza gesuitica di Naphta stesso. Lo stupore spinge Castorp a chiedere più informazioni sutale organizzazione e a fare anche sue considerazioni in merito, così che il piccolo gesuita si dilungamolto sulla storia e sulle alterne vicende di questa formazione sociale e delle logge in cui èorganizzata, non risparmiando commenti ironici sui rituali di un tempo, che pure hanno subito unammodernamento, si sono umanizzati ed ora l’organizzazione “è ritornata all’utile, alla ragione e alprogresso, alla lotta contro preti e sovrani, insomma alla diffusione della felicità sociale: vi si parlaun’altra volta di natura, virtù, moderazione e patria. Anche di affari, suppongo. In breve è la miseria

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231 Ibidem, p. 867

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borghese in forma di club…”227 Questa la caustica conclusione di Naphta, che approfitta per metteredi nuovo in guardia il giovane dalla influenza di Settembrini e lo fa in maniera particolarmentemaligna, dichiarandolo “emissario …a caccia di proseliti, un pescatore di anime.” Provoca in tal modouna reazione critica del giovane, che dentro di sé pensa: “E tu che emissario sei?”, e lo lascia,ringraziandolo, ma con una battuta ironica “E ora sa cosa faccio? Salgo di un piano,… e vado atoccare il polso al Fratello mascherato. L’apprendista deve essere desideroso di sapere eimpavido…Anche cauto, s’intende… Con gli emissari la prudenza non è mai troppa.”228 Una volta sunell’alloggio di Settembrini, egli chiede senza timore altre informazioni al diretto interessato inquanto lo stesso non fa mistero della sua adesione a quella associazione e, anzi, tiene aperta sul suotavolo di lavoro la Rivista della Massoneria Italiana, che il giovane però non aveva mai notato. Aparte qualche punto su cui Settembrini non si pronuncia espressamente, per esempio sul posto dalui occupato nell’organizzazione o sulle usanze esteriori, l’umanista traccia, addirittura conentusiasmo, al giovane un quadro circa la diffusione della lega, che con circa ventimila Logge ecentocinquanta Grandi Logge, abbraccia quasi il mondo intero. Non tralascia inoltre di informarlo sulfatto che in passato vi hanno aderito, o vi aderiscono al tempo presente, personaggi famosi e fa inproposito alcuni nomi: Voltaire, Lafayette e Napoleone, Franklin e Washington, Mazzini e Garibaldie, nell’attualità, il re di Inghilterra. Castorp mostra rispetto per adesioni di tale importanza, ma nellostesso tempo rileva che proprio questo fatto denota la potenza della lega nella politicamondiale…Settembrini a questo punto lo interrompe domandando se con questa allusione gli si stiaper caso tendendo una trappola per fargli confessare la natura politica delle logge? E chiarisce“Scaltrezza superflua, ingegnere! Noi facciamo della politica, lo dichiariamo apertamente. Noi ciinfischiamo dell’odiosità che alcuni sciocchi – nel suo paese si trovano, ingegnere, quasi nessunoaltrove – collegano con questa parola, con questo titolo. Il filantropo non può neanche ammettere ladiversità tra politica e non-politica. La non politica non esiste. Tutto è politica.”229 La disquisizionecontinua e, su alcune domande del giovane, si sposta anche ad esaminare il rapporto tra le diversereligioni e la massoneria, di cui non vogliamo riferire interamente ma mettere solo in luce unaconsiderazione dell’umanista: pur riconoscendo al paese di Castorp, alcuni tra i maggiori vantaggiconquistati al progresso dell’umanità, l‘invenzione della stampa e la Riforma, egli vede nelprotestantesimo “elementi di indolenza e di contemplazione ipnotica che non sono europee, che sonoestranee e ostili alla legge di vita di questo continente.” E ne ravvisa un po’ la responsabilità nellafigura di Lutero, che, a suo parere , ha “fatalmente sovraccaricato uno dei due piatti della bilancia,che nel suo paese stanno così pericolosamente in equilibrio,…un peso tremendo sul piatto orientale,per cui ancora oggi l’altro, quello occidentale, ondeggia in alto, nell’aria…”230Settembrini concludeavvertendo il giovane sulla necessità, che si prospetta all’orizzonte della scena politica mondiale, diprendere importanti decisioni per l’avvenire dell’Europa e che, allora, il suo paese dovrà scegliere trale due sfere, occidentale e orientale, che se lo contendono. Castorp resta assorto in silenzio e ilpedagogo gli rammenta che il silenzio è pericoloso: “La lingua è per se stessa civiltà… La parola,anche la più contraddittoria, è impegnativa…L’assenza della parola crea la solitudine…Si suppone chelei tenterà di rompere la sua solitudine con l’azione.”231

227 Ibidem, p. 859228 Ibidem, pp. 860-861229 Ibidem, pp. 862-863230 Ibidem, p. 866

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233 Ibidem, p. 877

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La verità di queste parole premonitrici la scopriremo solo nella conclusione del romanzo!

Per ora torniamo al tempo presente della narrazione, facendo notare che queste “chiacchieratemassoniche” sono avvenute prima del ritorno di Joachim, della cui sorte continuiamo a seguire glisviluppi. Nonostante abbia ripreso, dopo le quattro settimane a letto, la sua vita in libertà, sepossiamo usare questa parola per la vita quotidiana nel sanatorio, il giovane Joachim soffre spesso dimal di gola e di raucedine, che di per sé non sarebbero preoccupanti più di tanto, ma che dannoinvece pensiero ad Hans, soprattutto per una luce nuova che un giorno coglie negli occhi del cugino,una luce accompagnata da un’espressione insieme pensosa e quasi “minacciosa”. Ciò avvieneappunto un giorno in cui la nota compagnia, i due cugini, insieme ai signori Ferge e Wehsal, e i duepedagoghi, sta godendo del sole dei primi di ottobre intorno ad un tavolo con bibite rinfrescanti,davanti la casa di cura di Platz, Qui, da una battuta scherzosa di Settembrini nasce l’ennesimadisputa tra i due “mentori”! L’italiano si rivolge infatti a Castorp: “Che cosa sento, ingegnere? Chevoce mi è giunta all’orecchio? La sua Beatrice ritorna? La sua guida attraverso le nove sfere rotantidel Paradiso? Be’, spero che non vorrà rifiutare neanche ora la mano amica del suo Virgilio. Il nostroecclesiastico le confermerà che il mondo del medioevo non è completo se al misticismo francescanomanca l’opposto polo della conoscenza tomistica.”232 Castorp, ridendo insieme ai suoi tre compagni,brinda con un bicchierino di vermut alla salute del suo “Virgilio”, mentre Naphta al contrario,sentendosi provocato, passa subito all’attacco non solo del poeta citato ma, in generale, di tutta lapoesia latina, verso la quale già in altre occasioni ha manifestato il suo disprezzo. Il “botta e risposta”tra i due prosegue, come al solito, per un bel po’: Naphta contro il “retorico umanesimo”dell’italiano, Settembrini contro la “barbarie analfabeta” del piccolo gesuita! Non è il caso, qui, diriferire le singole fasi del duello verbale, ma sembra invece opportuno tener conto delle conclusioniche ne trae il “pupillo della vita”, chiamato da una battuta di Settembrini ad esprimere da che partestarebbe la gioventù se fosse costretta a scegliere tra “letteratura e barbarie”. Castorp, però haseguito la diatriba con scarsa attenzione, perché il suo pensiero è assorbito dalle impressioni sullasalute di Joachim, e, assumendo l’atteggiamento di voler vagliare le cose con spirito critico, tace econsidera dentro di sé che “Spingevano tutto all’estremo, quei due, come è forse necessario quandosi viene ai ferri corti, e litigavano accaniti per un’alternativa suprema, mentre a lui sembrava che nelmezzo, tra le esagerazioni contestate, tra il retorico umanesimo e la barbarie analfabeta, ci dovevapur essere quello che si potrebbe chiamare l’umano.”233 Non esterna questa sua riflessione per nonurtare la suscettibilità dei due pensatori, che per parte loro continuano a “duellare”, fino a creareuna tale confusione di idee, che i presenti non riescono più a seguire. Oltre a ciò subentra laconvinzione di Joachim di avere la febbre e i due cugini lasciano la compagnia per fare ritorno alsanatorio.

Durante la strada i due concordano di approfondire subito i disturbi di Joachim seguendo la “viagerarchica”, così che la sera stessa, dopo cena, viene a fargli visita la superiora Mylendonck, la quale,saputo del mal di gola e della raucedine, guarda nella sua gola con un apposito arnese e poi glichiede se, negli ultimi tempi, gli sia mai andato qualcosa per traverso, domanda a cui il giovanerisponde affermativamente ma non ricorda quando sia stata l’ultima volta. Dopo qualche giornoquesto inconveniente si ripete durante la colazione del mattino, e Joachim, imprecando contro lasuperiora, fa molta attenzione durante i pasti e, per questo, la cosa accade di nuovo soltanto dopo

232 Ibidem, pp. 870-871

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una decina di giorni. Ciò nonostante il giovane viene chiamato alla visita del dottor Behrens fuori dalconsueto turno mensile e viene sottoposto ad una laringoscopia. Conclusa la visita, Joachimraggiunge il cugino sul balcone per informarlo circa il responso medico: si tratta di una irritazione edovrà fare delle pennellate quotidiane e delle cauterizzazioni. Nei giorni successivi lo sguardo diJoachim diventa sempre più incerto e timido, per cui Hans decide di andare a parlare, a quattr’occhi,con il consigliere Behrens per avere maggiori informazioni sulle condizioni di suo cugino. Tienequindi le poste al dottore, senza farsi notare dall’interessato, ma riesce nel suo intento solo dopoquattro giorni: Behrens si mostra un po’ scontroso ma Castorp trova il coraggio di fargli la domandache gli sta a cuore, sulla salute di Joachim, esprimendo la sua speranza che non ci sia nulla di grave. Ilconsigliere, per tutta riposta, lo investe con parole aspre e di rimprovero: “Lei vuole che non ci siamai nulla di grave, Castorp, così è fatto lei. Non che sia alieno dall’occuparsi qualche volta di cosegravi, ma allora le tratta come se fossero innocue, e così crede di piacere a Dio e agli uomini. Lei èuna specie di vigliacco, di gattamorta, capisce? E se suo cugino le dà del borghese, usaun’espressione eufemistica” E poi continua “Suo cugino è ben diverso, è di altra lega. Lui sa comestanno le cose. Sa e tace, ha capito?...Lui sapeva che cosa faceva, che cosa rischiava, ed è quel che sidice un uomo, si comporta come tale e sa star zitto, che è un’arte virile, non già affare di bipediamanti dei loro comodi come lei, purtroppo.”234 Castorp, amareggiato da questo giudizioeccessivamente severo nei suoi confronti, ringrazia, emozionato ma pur con compostezza, ilconsigliere, accogliendone l’invito a stare vicino al cugino per quelle sei, otto settimane di vita che glirestano. Siamo ormai in pieno autunno, Joachim prosegue nelle sue cure e, insieme i due giovanicontinuano, per quanto possibile, a fare le quotidiane passeggiate, durante le quali Castorp a volte,nel salire su qualche pendio dei prati, sorregge il cugino, che non sempre ora è saldo sulle gambe,vincendo la innata ritrosia per esteriori moti di affetto, mentre il suo cuore “si gonfiava diumanissima e amorosa pietà, quando scorgeva negli occhi del povero Joachim, quella oscura istintivavergogna.”235 Siamo ai primi di novembre e Joachim, che ormai può nutrirsi solo con cibi liquidi,riceve l’ordine di stare a letto. Un fatto accade la sera prima di dar seguito a tale ordine e merita diessere annotato. Dopo la cena Castorp si è trattenuto un po’ nella sala di musica, quando ne escecerca Joachim e gli si presenta dinanzi agli occhi un “quadro”: “lo trovò a colloquio con Marusja,quella che rideva sempre senza motivo, che aveva il fazzoletto profumato d’arancio, e il seno benfatto di fuori…lo trovò davanti al caminetto di mattonelle accanto alla sedia di Marusja,…stavaseduta su una sedia a dondolo che Joachim con la sinistra sulla spalliera teneva inclinata all’indietro,di modo che Marusja, sdraiata, lo guardava in viso coi suoi tondi occhi castani, mentre lui parlandopiano e a scatti si chinava su di lei che ogni tanto, sorridendo eccitata e sdegnosa, scrollava lespalle.”236 È proprio la stessa ragazza con cui Joachim, pur avendo condiviso la tavola in tutti i periodipassati “lassù”, non ha mai scambiato una parola, limitandosi ad abbassare lo sguardo conespressione severa quando la sentiva ridere o parlare! Ora Castorp comprende che il cugino, inquell’ultima sera, si sta concedendo il suo attimo di perdizione! Lo lascia perciò indisturbato e consilenziosa discrezione torna a sedersi nella sala di musica.

Dal giorno successivo dunque Joachim è costretto a letto e Castorp scrive alla zia per informarla dellacosa, con cautela, senza parlare della gravità della situazione e dicendole che ha interpretato negliocchi di Joachim il desiderio di averla vicino. La signora Ziemssen arriva tre giorni dopo e il nipote va

234 Ibidem, pp. 887-888235 Ibidem, p. 893236 Ibidem, pp. 893-894

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238 Ibidem, p.897239 Ibidem, p. 898240 Ibidem, p.900

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a prenderla in slitta, alla stazione di Dorf, in mezzo a un turbine di nevischio: ella pone subitodomande precipitose e preoccupate, alle quali egli evita accuratamente di rispondere conprecisione, limitandosi a dirle che Joachim sarà certo felice di vederla e che lei stessa potrà verificarela situazione. Quando insieme si recano nelle stanza di Joachim, la signora Ziemssen vede con occhidi madre e si rende subito conto della gravità della malattia del figlio, Castorp, da parte sua, solo inquel momento vede la trasformazione subita dall’aspetto del cugino in quelle settimane; è certoperò che fra tutti e tre il più consapevole della morte ormai prossima è proprio Joachim. Egli prendela mano della madre e la tiene nella sua, ora divenuta scarna come il suo viso che “apparivapiuttosto virilmente imbellito dall’impronta della sofferenza e dalla sua espressione di serietà e dirigore, anzi di orgoglio…Due rughe si erano incavate nella pelle giallognola tra gli occhi, i quali,benché affondati nelle occhiaie, erano più grandi e più belli che mai,… e nel fondo calmo e buio sipoteva scorgere soltanto quella luce già notata e anche però quella minaccia…”237 La signoraZiemssen è una donna coraggiosa, “flemmatica ed energica, come si è notoriamente al suo paese”238

e comincia ad assistere il figlio nella convinzione che se c’è una qualche minima possibilità disalvezza questa si possa avverare solo con la sua assidua vigilanza di madre; a volte, con vocecommossa, accenna alla guarigione ma sa benissimo, come lo sanno tutti, anche Castorp, cheJoachim sta andando in piena coscienza incontro alla morte, nonostante nell’ultima settimana, allafine di novembre, preda ormai di una sempre maggiore debolezza cardiaca, vagheggi addirittura unsuo ritorno al reggimento. Questo accade proprio mentre il dottor Behrens annuncia che la fine delgiovane è solo questione di ore. “È un fenomeno malinconico e regolare questo dimentico e crudeleautoinganno di cuori anche virili, nei momenti in cui il processo di distruzione si avvicina alla metafatale,… un fenomeno conforme alla regola, che trascende la persona ed è superiore a ogni coscienzaindividuale…”239 Castorp, pur sopraffatto dal dolore e dall’affanno, cerca di guardare oggettivamenteil fenomeno e ne ricava considerazioni un po’ confuse, di cui rende partecipi i due pedagoghi,recando loro le ultime notizie sulle condizioni del cugino. La morte del giovane si preannuncia, comeha spiegato Behrens, come una morte dolce, senza dolori, dovuta al cedimento del cuore e non adaltre complicazioni che provocherebbero maggiori sofferenze: questo ed altre parole di conforto hadetto il dottor Behrens alla signora Ziemssen, stringendole la mano e definendo se stesso un“vecchio funzionario” della morte, che viene sopravvalutata: “Le posso dire che non conta quasinulla: i tormenti eventuali che precedono non si possono onestamente attribuire alla morte, sonoguai arcivivi…Ma nessuno, quando ritornasse, potrebbe dire nulla di serio intorno alla morte, perchénon se ne fa l’esperienza… la nascita e la morte non sono nostre esperienze, non hanno un caratteresoggettivo, sono fatti che avvengono in campo oggettivo: così stanno le cose.”240 Le previsioni delconsigliere sulla fase finale si dimostrano giuste: Joachim dorme molto e forse sogna anche beisogni, quando si sveglia per qualche attimo, se gli si chiede come si senta, risponde, con voce flebile,che sta bene ed è felice, ma il suo corpo è diventato insensibile. Il suo aspetto è molto cambiato e ilsuo viso, da quando ha smesso di radersi, si è incorniciato di una barba nera, che sembra una barbadi guerra, simile a quella dei soldati che combattono una battaglia sul campo. “Ecco, a un tratto,Joachim giovanotto era diventato un uomo maturo, in virtu’ di quella barba, e non soltanto di essa.Visse velocemente, come un meccanismo d’orologeria che si srotoli, percorse al galoppo le stagionidella vita, che non gli era concesso di raggiungere nel tempo, e durante le ultime ventiquattr’ore

237 Ibidem, p.896

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241 Ibidem, p. 901242 Ibidem, p. 903243 Ibidem, p. 906

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toccò la vecchiezza.”241 Nelle ultime ore di vita il giovane si mostra ostile ad ogni contatto e scortese,non accetta più i pietosi tentativi di finzione, soprattutto dopo il passaggio del giovane parroco,chiamato dalla madre.

Così alle sette di pomeriggio di una giornata di fine novembre, avviene il “veloce trapasso”.Entrambi, la signora Ziemssen e il giovane Castorp, si abbandonano al dolore e allo sfogo dellelacrime, “quel limpido umore che scorre così abbondante e amaro in tutto il mondo, a tutte le ore,sicché da esso fu denominata poeticamente la valle della terra…”242

Sorvoliamo sui particolari dei preparativi delle esequie e delle esequie stesse, se non per dire che ilviso di Joachim, dopo la morte, è diventato ancora più bello e che Castorp “trascurando la sua innataritrosia, si congedò dal suo defunto Joachim sfiorandone con le labbra la fronte…”243

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244 Ibidem, p.908

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CAPITOLO VII

VI SI NARRA IL RITORNO DI MADAME CHAUCHAT IN COMPAGNIA DI UN NUOVOPERSONAGGIO - DELLA GRANDE STUPIDITA’ CHE SI DIFFONDE NEL SANATORIO E NONSOLO - ANCORA DI NUOVE ESPERIENZE DEL PROTAGONISTA - DEL FINALE COLPO DITUONO

L’Autore ha terminato il capitolo precedente con una metafora teatrale, dicendo di calare ilsipario per la penultima volta, e inizia il presente capitolo, che è appunto l’ultimo delromanzo, con una nuova lunga digressione sul tempo.

A questo proposito fa di nuovo la distinzione tra il tempo reale, che scorre ed è giàlungamente fluito nella vita nel nostro giovane protagonista da quando si trova “lassù”, e iltempo della narrazione, della quale ci propone una similitudine con la musica: la narrazioneinfatti riempie il tempo come lo riempie la musica, ed entrambe lo fanno decorosamente,suddividendolo e facendo sì che esso assuma un significato, anzi si può dire, ancora meglio,che il tempo è un elemento della musica così come della narrazione. Mette però in evidenzaanche una distinzione tra i due tipi di tempo: nella musica, quando non si intendastrettamente il tempo della musica, o meglio quell’intervallo di tempo che intercorre tra unanota e l’altra (che poi non sarebbe altro che il silenzio!), da cui deriva il fare e il percepire lamusica stessa, l’elemento temporale è uno solo, quello della durata dell’ascolto. “Il raccontoinvece ha due specie di tempo: anzitutto il proprio, il tempo musico-reale che ne condizionalo svolgimento, l’apparizione, e in secondo luogo quello del suo contenuto che è prospettico,e in misura così diversa che il tempo immaginario del racconto può quasi, o anche del tuttocoincidere col suo tempo musicale, ma può anche allontanarsene a distanzeastronomiche.”244 L’Autore dopo questa lunga digressione sul tempo, contenente peraltrosimilitudini altamente poetiche che vale la pena di leggere direttamente e per intero sultesto, ci riporta nel tempo reale della narrazione sfidando il lettore e lo stesso protagonistaa tenere il conto di quanto tempo terreno egli abbia vissuto già lassù, di quanto tempo ci siastato Joachim, per quanto sia stato lontano e quanto ci sia rimasto, dopo il ritorno, primadella sua definitiva uscita dal tempo terreno; o ancora quanto tempo sia stata lontanomadame Chauchat prima del suo ritorno al Berghof…(che ora apprendiamo incidentalmenteessere avvenuto!). Certo Castorp, così come il lettore, potrebbe uscire da questa nebulositàfacendo accurati calcoli, ma per quanto riguarda il nostro protagonista, egli “non faceva

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nessuno sforzo per divincolarsi da quella vaga nebulosità e rendersi conto dell’età che avevagià raggiunto quassù; e la paura che glielo impediva era una paura della suacoscienza,…benché non ci sia evidentemente peggior mancanza di coscienza che quella dinon badare al tempo.”245

Quando è tornata madame Chauchat, come abbiamo saputo incidentalmente poco fa,siamo di nuovo nel periodo dell’avvento, ma di quale anno? Non importa in questomomento saperlo perché “il tempo, anche quando la soggettiva esperienza di esso si siaaffievolita o annullata, ha una sua realtà obiettiva in quanto agisce, in quanto produce.”246

Ora vale la pena di ricordare il continuo avvicendarsi di ospiti nel sanatorio del Berghof e laloro provenienza non solo da vari paesi europei ma anche da altre parti del mondo, tantoche nella sua insegna, all’ingresso, l’edificio riporta la qualifica di “Internazionale”. Così tra inuovi arrivati c’è un olandese, un uomo in età matura, di nome Pieter Peeperkorn: è un po’di colore, proviene dalle colonie olandesi, più precisamente da Giava, dove pare facesse ilpiantatore di caffè, attività che, si dice, gli abbia procurato una gran ricchezza. Perché peròmettere in risalto questo personaggio, quando ce ne sono altri parimenti degni diattenzione, come la principessa egiziana, con il suo cospicuo seguito, di cui una voltaBehrens ha parlato ai due cugini, mostrando loro un suo regalo? Sono le circostanze del suoarrivo, nonché altri motivi che scopriremo in seguito, a dargli una particolare rilevanza, anziquasi necessità della sua presenza, nella vita del romanzo.

Mi viene ora spontaneo richiamarmi di nuovo a quella lezione tenuta da Thomas Mann aglistudenti dell’Università di Princeton, già citata nella premessa e nel corso di questa mia“rilettura”. Egli, spiegando agli studenti il motivo della lunghezza del romanzo rispetto allainiziale intenzione dell’autore stesso, afferma che “Un’opera può avere una sua propriaambizione, la quale magari supera di molto quella dell’autore, ed è bene che sia così.L’ambizione infatti non deve essere un’ambizione personale, non deve precedere l’opera maquesta la deve produrre dal proprio seno e costringere l’autore ad averla”247

Questa considerazione sull’autonoma ambizione dell’opera letteraria mi riporta allamemoria l’autonoma volontà di alcuni personaggi e subito mi vengono in mente i “Seipersonaggi in cerca d’autore” (di nuovo Luigi Pirandello!). Ecco, la comparsa di Peeperkornmi ha fatto proprio pensare a un personaggio in cerca d’autore, forse a causa della suaesuberante personalità, che tra un po’ conosceremo meglio.

Torniamo alle circostanze che lo rendono così importante per il romanzo e soprattutto per ilsuo protagonista. Peeperkorn arriva alla stazione di Dorf con lo stesso treno di madameChauchat, sale al Berghof con lei e con lei cena nel ristorante, dal che si arguisce che si trattain effetti di un arrivo “comune”. Possiamo immaginare lo sconcerto di Castorp, dopo tanta

245 Ibidem, p.912246 Ibidem, p. 913247 “La Montagna Incantata” ED Corbaccio 1992 – Appendice, p. 1220

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248 Ibidem, p. 921249 Ibidem, p. 922

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attesa, anche se non sappiamo quanto lunga! Egli aveva saputo del ritorno della donnaqualche giorno prima da una scherzosa battuta del consigliere Behrens, il quale,incontrandolo, gli aveva detto: “Oh, Castorp, vecchio mio, chi la dura la vince. La gattinarientra posdomani sera, ho il telegramma.”248 Il giorno dopo Hans quasi ne chiede conto alconsigliere, ma pare che neanche lui sapesse nulla della “coppia” e di nuovo gli si rivolge conqualche frase ironica, fornendo anche delle notizie in più sul nuovo venuto: “Né saprei dirledove l’abbia pescato- dichiarò- Conosciuto in viaggio certamente sui Pirenei, suppongo. Checi vuol fare? Giunta alla derrata che dovrà accettare, caro il mio spasimante deluso. Amiciziastretta, pare. Sembra persino che viaggino con cassa comune. Lui è ricco sfondato, a quantosento. Re del caffè a riposo, capisce?”249 e continua su questo tono, fornendo anche qualcheinformazione sulla salute di Peeperkorn, il quale soffre di una febbre tropicale maligna,ostinata e intermittente, per cui ci vorrà pazienza con lui. Il giovane, stuzzicato dalle battutedel consigliere, ripensando inoltre a quel mai chiarito legame tra lui e la Chuachat,testimoniato dal dipinto, pensa tra sé che in effetti sono compagni di sventura nei confrontidi Peeperkorn e si mette così, nelle occasioni che ha, ad esaminarne, con attenzione,l’aspetto. Per fare ciò Castorp gode di un osservatorio molto favorevole: avendo infatticambiato da un pezzo la tavola dei pasti, ora si trova vicino a quella dei “russi ammodo”; ledue tavole sono parallele e i due, Castorp e Peeperkorn, ne occupano il lato breve e siedonoquasi affiancati, il giovane però un po’ più indietro in modo che riesce ad osservare senzaessere notato. Riportiamo di seguito, in maniera sintetica, le sue prime impressioni sulnuovo personaggio, del quale emerge una curiosa figura: robusto e stentato nello stessotempo, barba lunga ma rada, occhi piccoli e scialbi, fronte alta con intorno l’alone dei capellibianchi, anch’essi, come la barba, lunghi ma radi, assume spesso, quando sta in piedi, unaposizione a gambe larghe, tenendo le mani affondate nelle tasche, parla schiacciando leparole contro il palato, nel complesso appare grande e grosso e di aspetto molto robusto.Fin qui la descrizione fisica, mentre vedremo tra poco come pian piano, grazie allecircostanze, si svilupperà una analisi ed una conoscenza del nuovo arrivato anche sul pianodel carattere e della personalità. Dal suo punto di osservazione privilegiato il giovanecontinua quindi a farsi un’idea dei modi di fare di Peeperkorn, arricchendo via via le sueimpressioni anche con altri particolari dell’aspetto fisico, che, a loro volta, diventerannoelementi costitutivi della personalità stessa. Così appare agli occhi di Castorp, e così lodescrive l’Autore (non potremmo trovare parole diverse!),il comportamento di Peeperkornmentre è a tavola con gli altri commensali: “parlava quasi senza smettere,…facendo gestiricercati per attirare l’attenzione, gesti civili da direttore d’orchestra, precisi e puliti, studiati,adatti a esprimere sfumature delicate, curvando l’indice e il pollice fino a formare un cerchio,o stendendo la mano aperta – larga, ma con le unghie appuntite – per smorzare, ovviare,esigere attenzione,… e poi deludere l’ottenuta sorridente attenzione con l’oscurità delle suefrasi così solennemente preparate,…o forse non proprio deluderla ma tramutarla in lieve

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250 Ibidem, p. 924251 Ibidem, p. 926252 Ibidem, p. 928

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stupore…”250 Già emerge una figura istrionica, quasi teatrale, della quale i gesti e lecaratteristiche fisiche sono parti integranti: così il labbro superiore raso, il naso grosso ecarnoso, la bocca grande con labbra irregolari, mani larghe, ma con le unghie lunghe, di cuisi serve mentre parla, talvolta alzandone una e posandola sull’avambraccio del vicino al suofianco per attirare l’attenzione su ciò che sta per dire e poi alla fine non dice, concludendocon frasi tronche, che però tengono i presenti in sospeso e concentrati nella massimaattenzione. “Non aveva detto un bel niente, ma la sua testa aveva senza alcun dubbio unaspetto così importante, la mimica, i gesti erano stati talmente decisi, penetranti, espressiviche tutti, persino Castorp, credevano di aver udito cose notevolissime o, anche avendonotato l’assenza di una comunicazione oggettiva e portata a termine, non ne sentivano lamancanza.”251 Scopriamo inoltre, fin dall’inizio che è amante della buona tavola, ma non inun senso misurato, bensì a livello di pasti esagerati, potremmo definirli addirittura“pantagruelici”, accompagnati da fiumi di vino e altre bevande alcoliche di prima qualità.

Man mano che si va avanti a conoscere particolari vediamo che ne risulta un “uomosingolare, persona importante, anche se poco chiara. Tutti gli ospiti del Berghof siinteressavano molto a lui.”252 È inutile dire che il nostro Hans Castorp è rimasto moltodeluso da questa circostanza imprevista, che ha reso completamente inutile ogni suopreparativo, seppure inconscio, al ritorno di madame Chauchat, anche se in proposito nonha mai nutrito in cuor suo alcuna pretesa e si riservava, se mai, alla giusta occasione, unsaluto cortese e quasi cavalleresco: anche questo però, nella attuale situazione dovuta allapresenza di Peeperkorn, diventa inattuabile. Castorp, nei primi giorni che seguono il ritornodella donna, ne osserva di nuovo il comportamento quando entra nella sala da pranzo pervedere se ci siano dei cambiamenti: non si sente più lo sbattere della vetrata perché laporta è trattenuta dietro di lei dal suo accompagnatore; una volta entrata, però, la donna haconservato il suo passo scivolato, il suo modo di presentarsi ai commensali della sua tavolaprima di prendere posto. La cosa che di certo ha notato inoltre è che il suo sguardo non si èmai fermato su di lui, neanche per un momento, ma ha sempre sorvolato e, se gira gli occhiintorno, durante i pasti, lo fa con uno sguardo quasi cieco, che sfiora le persone conindifferenza. In questo modo passa il primo periodo, che l’Autore calcola in tre o quattrosettimane, ma una certa sera si verifica una “svolta”, che muterà la prospettiva degliavvenimenti successivi. Gli ospiti del Berghof la sera dopo cena, come è consuetudine, sisoffermano nel vestibolo e nelle salette adiacenti, la sala di musica, quella di lettura, perfare un po’ di conversazione, a gruppi più eterogenei rispetto a quelli fissi delle tavole dapranzo. Una di queste sere si è fatta un po’ di musica, anche con l’iniziativa e lapartecipazione attiva, nel fare musica, del dottor Behrens, che poi si allontana tra gliapplausi dei presenti. La conversazione si protrae tra giochi di domino, bridge, consumo dibevande varie e in questi gruppi ci sono anche i “russi ammodo”, tra i quali spicca

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253 Ibidem, p. 936254 Ibidem, p. 938255 Ibidem, p. 939

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fisicamente la figura di Peeperkorn, che si aggira ora qua ora là, e dalla cui personalità tuttisono conquistati. Mentre accade tutto ciò Castorp è nella sala di lettura, quella sala dovetempo fa, come al solito non sappiamo quanto, Settembrini lo aveva informato sulle ferventiattività relative all’organizzazione del progresso umano: si è rifugiato lì perché c’è piùsilenzio e può riflettere sulla sua attuale situazione così che “i suoi pensieri percorrevano vietutt’altro che musicali, le vie spinose della delusione causata da circostanze che, alla finedella lunga attesa impostasi dal giovane, lo beffavano in modo infame,…” 253 Mentre sta cosìriflettendo, sente dietro di sé una voce, una voce inconfondibile e incantevole nello stessotempo…la voce di madame Chauchat, che gli sta chiedendo notizie del cugino. Egli, colto allasprovvista, assume un’aria trasognata, quasi da sonnambulo e risponde che è morto dopoessere tornato lassù dal servizio militare in pianura, come d’altra parte lei stessa aveva inqualche modo predetto in quella lontana sera di carnevale. Ricordando il carattere valorosodi Joachim, Castorp si lascia andare a considerazioni filosofiche sulla corruzione del corpo,che nel caso del cugino, essendo stato corrotto dalla malattia, ne aveva procurato la morte.Dicendo queste cose ha nominato “Radamanto”, per riferirsi al consigliere Behrens e, allora,la donna, notando che ancora perdura la sua “disutile filosofia”, gli chiede chi siaRadamanto. La risposta del giovane evoca la figura di Settembrini, visto che è lui ad averaffibbiato quel soprannome al consigliere, e in questo modo offre alla donna l’occasione dichiedere notizie dell’italiano ma anche di confermare l’antipatia che ha sempre provato perlui, che, dice “non era di sentimenti umani.”254 Continuando nella conversazione Castorp lainforma della nuova sistemazione di Settembrini fuori dal sanatorio e della conoscenza conNaphta, che, spiega, è l’avversario dell’umanista nelle dispute filosofiche, della qualcosa laChauchat si rallegra, manifestando, proprio per la contrapposizione all’altro, il desiderio diconoscerlo. All’improvviso il giovane passa all’uso del “tu”, che provoca un rimbrotto delladonna e poi un lungo silenzio, dal quale egli non capisce bene se la donna sia ancora dietrole sue spalle, visto che in tale posizione si è svolto finora il dialogo. Quando, dopo il silenzio,sente di nuovo la voce di lei, egli, non intimorito, continua con il tu, che la Chauchatribadisce di ritenere sconveniente, considerata la loro superficiale conoscenza, al che ilgiovane ribatte “Devo parlare in maniera umanistica anziché umana?”255 informandola,subito dopo, della sua permanenza ininterrotta presso il sanatorio nell’attesa di lei. Ladonna, allora, pur esclamando con una risata, sulla testa di Castorp, che è sicuramentematto a dire questa cosa e che non sarà potuto partire a causa della malattia, passa anchelei all’uso del tu. Ne segue ancora una scambio di notizie, soprattutto sul viaggio di lei inSpagna, e poi su quei ricordi che si erano scambiati, i rispettivi “ritratti interiori”, che luiconserva gelosamente e porta sempre con sé, mentre lei ammette di non sapere dove sia,lo dovrebbe cercare. Proprio in quel momento compare davanti a lui la figura di Peeperkornche sta cercando la sua compagna. Stretto, in senso fisico, tra le due presenze, quelladell’uomo incombente su di lui come una torre, Castorp non riesce neanche ad alzarsi dalla

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256 Ibidem, pp. 941-942257 Ibidem, p. 942258 Ibidem, p.946

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poltrona e deve piuttosto sfilarsi da un lato, formando così un triangolo con gli altri due.Madame Chauchat procede, alla maniera occidentale, alle presentazioni riferendosi a luicome ad un conoscente di prima, lassù, mentre l’olandese non ha bisogno di commenti.Peeperkorn, fissando il giovane gli tende la mano, “una mano da comandante - pensòCastorp - se si prescindeva dalle unghie lanceolate. Per la prima volta subiva il direttoinflusso delle possente personalità di Peeperkorn (“personalità”: parola che si affacciavasempre alla mente di chi lo guardava; vedendolo si capiva che cosa fosse una personalità,anzi ci si convinceva che una personalità non poteva avere un aspetto diverso dal suo),…”256

Egli si sente schiacciato da quella possente presenza, ma c’è senz’altro da dire chel’olandese gli mostra una gentilezza squisita, rivolgendogli, alla sua maniera, frasi troncheche però in sostanza manifestano la sua simpatia per il giovane, anzi “un giovane che ispirafiducia;… io…prego! Chiuso. Lei è il mio tipo. -continuando poi - Figlio mio,…tutto in ordine.Ma se noi…prego di comprendermi. La vita è breve, la nostra facoltà di adempierne leesigenze, ecco, è…Questi sono fatti, figlio mio…”257 Il tutto, integrato dall’interventointerpretativo di madame Chauchat, trasforma l’incontro nell’unione di Castorp allacompagnia, con l’invito, inoltre, della donna a recuperare, anche dai balconi se necessario,altri ospiti per fare circolo e trascorrere insieme una divertente serata. Hans allora, a cui lostesso Peeperkorn si è rivolto con l’appellativo di “giovane amico”, va a cercare in giro lepersone che conosce e viene subito organizzata nella sala una tavola da gioco, intorno allaquale si accomodano dodici partecipanti per una partita di “vingt et un” ed egli trova postotra l’anfitrione e madame Chauchat. Vengono ordinati ogni sorta di dolciumi e vini pregiati,compreso uno Chablis del 1906, e Peeperkorn esprime la sua viva soddisfazione per i generidi conforto che arrivano in tavola, con i suoi usuali gesti teatrali e le frasi spezzate con cuivuole ottenere la massima attenzione dei presenti. Si passa da un gioco d’azzardo all’altro ele persone che vi partecipano alternano grida di gioia e di disperazione, eppure non sonosolo il gioco e il vino a produrre quell’atmosfera carica di tensione emotiva, tutto derivapiuttosto “dall’influsso di un carattere imperioso, di una personalità che dominava espiccava tra i presenti: quella di mynheer Peeperkorn, il quale teneva il comando nel pugnogesticolante e stringeva tutti in balia dell’ora con la sua figura spettacolosa, col pallidosguardo e le monumentali rughe della fronte, con la parola e l’insistenza della suamimica.”258 In occasione di questa serata i presenti assistono però anche a un imprevedibileattacco di collera del signor Peeperkorn, che definisce robaccia alcune delle vivande servite:questo attacco di collera anziché sminuire la sua figura mette ancora più in risalto il suoimperioso carattere, che la signora Chauchat conosce bene e riesce subito a calmare conuna carezza sulla sua mano da comandante, suggerendogli inoltre di ordinare altri cibi caldiper continuare la serata. La cosa ammirevole della sua personalità si rivela in talecircostanza dalla maniera con cui egli, con dignità e senza alcuno sforzo, passa dal furore allacalma. La serata continua cosi in una alternanza di cibo e bevande, fumo da parte di alcuni,

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259 Ibidem, p. 949260 Ibidem, p. 952261 Ibidem, p.955

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compresi Castorp e la Chauchat, ma non Peeperkorn, il quale pur non rimproverando ifumatori, ricorda le devastanti scene, da lui più volte viste, di mangiatori di cocaina,fumatori di hascisc, morfinomani e si getta in un appassionato elogio delle cose semplici,“una bottiglia di vino, una frittata fumante, un’acquavite pura,…”259 costringendo conl’espressivo silenzio e l’indice alzato il suo vicino, cioè Castorp, a capire e ad unirsi a lui inquel giudizio, così che egli, suggestionato da quell’atteggiamento maestoso e insieme quasiminaccioso, china lo sguardo e approva per dare la soddisfazione di averlo compreso,aggiungendo parole di lode per i doni semplici evocati da Peeperkorn. Questi allora non soloinvita il giovane ad un brindisi ma è quasi tentato di offrirgli l’uso di un “tu” fraterno,ritenendo nello stesso momento prematura tale proposta, di cui anche il giovane Hanscaldeggia un rinvio. Effettivamente l’olandese è ubriaco, i suoi modi civili si sono rilassati, lasua lingua balbetta, ma neanche questo riesce ad umiliarlo o a degradare la sua figura:questa la considerazione che Castorp, anche lui un po’ annebbiato dal vino, fa dentro di sé.Peeperkorn, in tale stato di ubriachezza, continua d infervorarsi in una sua elucubrazionesulla sensuale figura di una donna distesa che impegna e sfida il massimo fervore virile, “cheo dà buona prova o crolla,…crollare giovanotto, capisce che cosa significherebbe? Lasconfitta del sentimento di fronte alla vita, ecco l’insufficienza per la quale non c’è grazia,non c’è pietà, non c’è dignità.”260 E così via fino a definire questa rovina “la fine del mondo”,e mentre pronuncia queste parole, con la testa reclinata sul petto, quasi stia per cedere alsonno, alza il pugno floscio ma lo fa ricadere sulla tavola con una tale potenza che il giovaneHans ne riceve uno scossone e per l’ennesima volta, di fronte a quell’ultima frase tonante, sirende conto di aver incontrato una personalità. Ma poi, invece di tacere, comeconsiglierebbe la circostanza, egli, vuoi per la mente annebbiata vuoi per l’allenamento alladiscussione che ha fatto in quegli anni con i due pedagoghi, si avventura in una disquisizionedi nuovo sui doni semplici della vita in contrapposizione ai vizi e alle raffinatezze, che hannoradici nella insufficienza…e poi comincia a impappinarsi e si accorge che quella suasconclusionata analisi del vizio sta provocando nell’anfitrione una reazione spaventosa.Come trarsi d’impaccio a questo punto? Nasce dalla penna dell’Autore una scena quasicomica, quando descrive questo episodio: “Il labbro inferiore di Peeperkorn premetterabbioso il superiore di maniera che gli angoli della bocca si abbassarono e il mento siprotese in avanti; il braccio destro si alzò adagio dalla tavola fino all’altezza della testa e più;pronto ad annientare col pugno stretto il chiacchierone democratico, il quale atterrito, maanche allietato dalla visione della espressiva rabbia regale che si ammassava davanti a lui,durava fatica a nascondere la paura e la voglia di scappare. Con cortese premura aggiunse:“Naturalmente mi sono espresso male…”261 e poi si dilunga in un elogio del dio Bacco e dellefeste in suo onore, che sempre hanno contraddistinto i popoli più civili, richiedendoumilmente, alla fine del discorso, che opinione abbia in proposito Peeperkorn.

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263 Ibidem, p. 966264 Ibidem, p. 967265 Ibidem, p. 967

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Così con questa riabilitazione del bere, e introducendovi anche considerazioni sulla civiltà, lo“smaliziato burlone” si è cavato dall’imbroglio e con la sua domanda finale ha fattodileguare la burrasca in arrivo. La serata continua ancora tra bevute e discorsi confusidell’anfitrione fino alle due, quando, dopo sei ore di simposio, giunge voce dell’arrivo del“vecchio”, cioè del consigliere Behrens (voce forse falsa, messa in giro dagli addetti allacucina del sanatorio!), e tutti fuggono attraverso la sala di lettura. Peeperkorn finalmente sidà per vinto e, sorretto da una parte dalla Chauchat e dall’altra da Castorp, si avvia al riposo,traballando per la sbornia e facendo traballare anche i suoi accompagnatori. Quando sonodavanti alla porta dell’appartamento occupato dai due, l’olandese invita il giovane a baciaresulla fronte madame Chauchat, facendo ciò alla sua salute e col suo permesso. Hans però sirifiuta: “No, Maestà, mi scusi ma non va…Perché con la sua compagna di viaggio io nonposso scambiare baci in fronte …No, da qualunque parte lo si guardi sarebbe una veraassurdità”262 Peeperkorn allora lo lascia andare via, ma con le rughe della fronte sollevate,stupito da una insubordinazione a cui non è abituato. Questo episodio, nonché tutti iparticolari della serata, sulla cui descrizione ci siamo un po’ dilungati, sono indispensabili permeglio comprendere il rapporto che sta nascendo tra il nostro protagonista e la figura diPeeperkorn, con tutta la sua sorprendente e perspicace personalità.

Stabilita la nascita di un legame tra i due, non solo dovuto al significato per entrambi dellapresenza di madame Chauchat, l’Autore ci anticipa che Peeperkorn rimarrà al Berghof per laparte che rimane dell’inverno e buona parte della primavera, ma non vuole soddisfare deltutto e subito la curiosità del lettore svelando anche la conclusione del suo soggiorno“lassù’”. Si sofferma poi a fare delle considerazioni sui personaggi finora incontrati nelromanzo, soprattutto su quelli che hanno assunto importanza nell’impresa pedagogicarivolta al “pupillo della vita”, e sulla comparsa di Peeperkorn. “Non a caso - si vorràriconoscerlo - abbiamo scelto la compagnia di persone come Naphta e Settembrini, anzichécircondarci, ad esempio di soli Peeperkorn nebulosi, …e così ci troviamo costretti a fare unparagone che, sotto parecchi aspetti e specialmente in riguardo alla statura, deve riuscirefavorevole a quell’ultimo arrivato…263” Il confronto fra i tre viene descritto attraverso gliocchi e le considerazioni del giovane Castorp, il quale, riflettendo mentre sta sul balcone,ammette dentro di sé che i due pedagoghi, che si contendono la sua anima, sono dei nani,in senso figurato, rispetto alla figura dell’olandese e “considerò un caso ottimo e fortunato ilfatto che la pedagogia ermetica lo avesse messo ancora in contatto con una vera e propriapersonalità.”264 Bisogna notare, a questo punto, che egli nelle sue valutazioni non si fafuorviare dal sentimento che prova per madame Chauchat, ma, superando una mentalitàpiccolo-borghese, e non per “mancanza di carattere”, decide “di accogliere gli effetti dellapersonalità con la curiosità di chi viaggia per istruirsi” 265 Il giorno successivo a quella seratadi bagordi, l’olandese, che già soffre di quella febbre tropicale, di cui si è accennato

262 Ibidem, p.965

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266 Ibidem, p. 976267 Ibidem, p. 978

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all’inizio, è naturalmente costretto a letto e Castorp vuole fargli visita nel suo appartamento,che appare subito più spazioso e più elegante, nell’arredamento, delle normali camere delsanatorio. Peeperkorn è coricato su uno dei due letti, con libri, giornali e tiene su una sediaaccanto le tazze per il caffè e sul comodino una bottiglia semipiena di vino rosso. Egli,inoltre, non indossa la comune camicia ma una maglia di lana, di un modello che metteancora più in risalto la testa, dandogli un’impronta maestosa. Contento della visita invita ilgiovane a sedersi vicino a lui e poi a fare un brindisi con quel vino frizzante che tiene sulcomodino. Nel frattempo è comparsa, a intermittenza, nella stanza madame Chauchat, chedopo aver salutato il giovane rimane in piedi ad ascoltare la loro conversazione, dandol’impressione a Castorp di volerla sorvegliare. La chiacchierata tra i due, prendendo spuntodalla medicina che è sul comodino, essenzialmente si tratta di chinino, si sviluppa sul temadella medicina con particolare riferimento alle proprietà terapeutiche di alcune piante ederbe tropicali, sulle quali Peeperkorn, grande conoscitore delle stesse, offre al giovane unalunga illustrazione, non tralasciando di evidenziarne a volte effetti anche letali a causa di unuso non appropriato.

Avviato in tal modo questo rapporto amichevole, esso si alimenta con frequenti incontri,quando la salute di Peeperkorn lo permette, o nelle sala di conversazione o intorno allatavola da gioco o nel ristorante stesso e infine nelle passeggiate all’aperto, alle quali talvoltapartecipano anche Naphta e Settembrini nonché i due più marginali personaggi di Ferge eWehsal. Quando un giorno, infatti, il gruppo del sanatorio incontra durante una passeggiatai due pedagoghi, Castorp è felice di poterli presentare a Peeperkorn e finalmente anche amadame Chauchat e non si domanda affatto se questa presentazione sia gradita ai due,perché è convinto che essi “avessero bisogno d’un oggetto pedagogico e preferisseroaccollarsi un’appendice sgradita, anziché rinunciare a esporre i loro contrasti davanti alui.”266 In questi frangenti Castorp nota nella donna, come già in altre recenti occasioni, uncomportamento inquieto, forse dovuto al ricordo di quella lontana notte di carnevale e allavisione di quell’amichevole rapporto nato tra il giovane protagonista della lungaconversazione carnevalesca e il suo attuale accompagnatore. Inoltre la Chauchat, non riescea trovare nella persona del piccolo Naphta lo sperato conforto in quello strano rapporto direciproca antipatia tra lei e l’italiano. Infatti, pur trovandosi a volte d’accordo con lui sualcune soluzioni radicali a corollario di ragionamenti politici, o di altra specie, nota in lui“una certa aristocratica limitazione dell’affabilità che l’arrivista, guardingo come tutti gliarrivisti, le dimostrava; … in fondo il suo terrorismo spagnolo mal si accordava con lavagabonda umanità di lei…”267 E avverte comunque da parte di entrambi una certa astiositàperché la sua presenza è un elemento di distrazione e annulla in parte il loro dissidiopedagogico nei confronti del loro pupillo. La stessa ostilità da parte loro Castorp la notaanche nei confronti di Peeperkorn, anzi non solo la nota ma l’ha malignamente prevista e luistesso ha desiderato molto “mettere insieme il regale barbuglione e i due consiglieri di

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270 Ibidem, p. 982271 Ibidem, pp. 983-984

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governo, come talvolta li chiamava tra sé per celia, e star a vedere gli effetti.”268 Durante lepasseggiate all’aperto, il giovane si rende conto che l’olandese non ha l’aspetto regale chemostra negli ambienti chiusi e, anche quando si ferma, non appare in tutta la sua altezza masembra un po’ rattrappito: ciò nonostante supera di una testa Settembrini e ancor di più ilpiccolo Naphta, e in ogni caso, non solo per i particolari fisici, schiaccia con la sua presenza idue pedagoghi. Verso di loro Peeperkorn mostra sempre un contegno rispettoso ma, difronte alle loro, spesso cerebrali, disquisizioni, interviene con un motteggio sottile, fatto conle solite frasi tronche e accompagnato dalla sua solenne mimica.

Alla prima occasione in cui Settembrini si trova solo col suo pupillo, spinto da unainquietudine tutta pedagogica, approfitta per chiedergli come si spieghi quell’atteggiamentoriverenziale che mostra nei confronti dell’olandese, che a lui sembra “un vecchio scemo” eche, inoltre, gli ha portato via “la sua Beatrice”. Castorp allora si getta in una lungadisquisizione per spiegare al suo mentore i motivi che lo spingono a provare rispetto eammirazione per il nuovo arrivato, pur nella sua qualità di compagno di madame Chauchat.Inizia il suo discorso dalla definizione della “stupidità” e del “senno”, dicendo che i duefenomeni spesso si mescolano e si confondono e la faccenda diventa talvolta un granmistero e, rivolgendosi a Settembrini: “Le voglio fare una domanda. Le chiedo: può forsenegare che egli ci dà dei punti a tutti quanti? Parlo così rudemente e lei, a quanto vedo, nonlo può negare. Ci dà dei punti e non so da dove gli venga il diritto di farsi beffe di noi. Dadove? perché? In che senso? Certo non per il suo senno…Egli è piuttosto l’uomodell’imprecisione e del sentimento; il sentimento è addirittura il suo baco…perdonil’espressione popolare!”269 Continua quindi affermando che da ciò si deduce che nondipende da motivi intellettuali, ma neanche da motivi fisici, perché nonostante la sua figurapossente, da comandante, se qualche volta lo ha visto in atteggiamento di minaccia, colpugno alzato, ha visto anche che si fa subito calmare da due parole civili. “Eppure il fisico viha certamente la sua parte, …non in senso bruto, ma in quello mistico, …non appena il fisicorecita una sua parte la faccenda diventa mistica…; e il fisico si converte in spirito e viceversa,e non si riesce a discernerli, stupidità e senno non si distinguono, ma l’effetto c’è, l’effettodinamico e c’è chi ci dai punti. E qui ci soccorre una sola parola, la parola personalità… E selei è per i valori, la personalità, penserei, è in fin dei conti anch’essa un valore…sommamentepositivo, assolutamente positivo, come la vita; insomma un valore di vita e tale che si debbaoccuparsene sul serio, Questo ho creduto di doverle rispondere dopo quello che ha dettointorno alla stupidità”270 Settembrini non può fare altro che mostrare uno scetticismo criticoverso le considerazioni del giovane e lo redarguisce con severità: “Facendo della personalitàun mistero - gli dice – lei corre il rischio di cadere nell’idolatria” e definisce il successo diPeeperkorn con la gente “la ciarlataneria del sentimento” e presto Castorp “si accorgeràessere tra le grinfie del diavolo.”271 Quello che però l’Autore ha voluto evidenziare a

268 Ibidem, p. 979269 Ibidem, pp.981-982

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272 Ibidem, p. 983273 Ibidem, p. 986274 Ibidem, p.994

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proposito di questo lungo dialogo, è il compiuto sviluppo interiore del protagonista, il quale“non si confondeva più, né si impappinava più a questi sfoghi e non s’incagliava. Portava atermine la sua parte, abbassava la testa, metteva il punto e se ne andava per la sua strada,da uomo, benché arrossisse ancora…” 272 Così nella replica che egli fa alle critiche diSettembrini parla ancora, a proposito di Peeperkorn, di sentimento e di vita e afferma “stodicendo sciocchezze, ma preferisco bamboleggiare un po’ ed esprimere alla meno peggiouna cosa difficile che ripetere sempre frasi tradizionali e irreprensibili, …che è forse unaspecie di tratto militare nel mio carattere, se mi è lecito dire così...” E il pedagogo, per tuttarisposta, esprime un sincero apprezzamento per la conclusione del giovane, dicendogli: “Ilcoraggio di conoscere e di esprimere, ecco la letteratura, l’umanità…” 273 Anche nell’ultimaconsiderazione di Castorp vale la pena di notare una maggiore libertà di espressione, unaconquista di maturità interiore, forse la ricerca di una “leggerezza” da non confondere con lasuperficialità.

Abbiamo visto che l’umanista ha chiuso il colloquio con Castorp in modo conciliante, ancheperché è consapevole di non poter togliere dalla mente del pupillo l’impressione dellapersonalità dell’olandese, che in fondo lui stesso e Naphta subiscono durante le passeggiate.Nel corso di questi incontri all’aperto i due pedagoghi continuano, alla presenza degli altri,nelle loro diatribe senza fine, sui cui contenuti ora ci sembra opportuno sorvolare,annotando solo l’effetto che su quei “conflitti peripatetici” produce la presenza diPeeperkorn: l’ombra della sua personalità, questa l’impressione di Castorp, spezza il nerbodi quei duelli verbali: “Dov’erano il nerbo, il lampo, la corrente quando si guardaval’olandese,…cosa inevitabile in virtu’ di una segreta attrazione? In breve non c’erano, equesto…era né più né meno che un mistero …Eh, sì, quello stupido vecchio, quello zerodominatore stroncava il nerbo delle controversie, non come Naphta, con intrighi econfusioni; non era ambiguo come lui, lo era in modo opposto, positivo, …La personalità nonè, pare, educativa, …eppure quale occasione è per chi viaggia con lo scopo di istruirsi!” 274

Passiamo quindi a raccontare due eventi particolari, nel rispetto dell’importanza che ad essiha attribuito, nella narrazione, lo stesso Autore. Si tratta di due colloqui che il protagonistavive a tu per tu, il primo, una sera nel vestibolo, con Madame Chauchat, il secondo conPeeperkorn, nella sua stanza.

Una sera madame Chauchat ha cenato senza la compagnia di Peeperkorn, che negli ultimitempi è spesso costretto a letto a causa della sua febbre tropicale, e poiché non è stata unaserata movimentata, l’atrio è quasi deserto e il giovane Castorp, accortosi che la donna nonè ancora risalita ma si è fermata nella sala di lettura, si è attardato anche lui nella parteinterna del vestibolo. Ad un certo punto la donna lo raggiunge, chiedendogli con aria quasiperentoria di darle un francobollo, ma il giovane risponde negativamente, che non ha

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275 Ibidem, p. 1000276 Ibidem, p. 1001277 Ibidem, p. 1004

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francobolli perché non ha bisogno di scrivere a nessuno, ha perso tutti i contatti con lapianura e la sua posizione è come quella descritta in un canto polare tedesco che recita “Perme scomparso è il mondo”275 Allora la Chauchat gli chiede una sigaretta, di cui egli è sempreprovvisto, considerando questa una delle sue “passioni flemmatiche” anche se non siconsidera in genere un uomo appassionato. Questa sua affermazione provoca nella donnauna riflessione critica a proposito della passione: “Che cos’è la passione? Vivere per amoredella vita. Ma è noto che voi vivete per amore dell’esperienza. Passione vuol dire esseredimentichi di se stessi. Voi invece volete arricchire voi stessi. C’est ca. Non immagina checodesto è detestabile egoismo e con esso sarete considerati un giorno nemicidell’umanità?”276 La critica stimola il giovane a fare, a sua volta, considerazioni su quelrimbrotto quasi moraleggiante, obiettando che non è facile distinguere se si vive per amoredi sé o per amore della vita, e le si rivolge con il tu. Madame Chauchat si risente della formasconsiderata e fuori luogo con cui il giovane si rivolge a lei, ma questi continua in manieraostinata a parlare in maniera confidenziale, ricordando ancora una volta la lunga attesa delsuo ritorno, che egli ha potuto sopportare proprio grazie a quel carattere flemmatico da leirimproveratogli. Tuttavia la donna rimane e continua la conversazione perché non è “unaborghese indignata” ma vuole comunque puntualizzare che lei non ha mai in alcun modoincoraggiato le aspettative del giovane circa il suo ritorno. Castorp la rassicura ammettendoche l’attesa è stata una sua scelta spontanea e non ha nulla da rimproverarle, ma continuaprecisando che lui non ha voluto ricorrere ad una partenza arbitraria, come il povero cuginoJoachim, che, essendo un soldato e pur consapevole del pericolo che correva, ha preferitomorire piuttosto che fare “lassù’” il servizio della sedia a sdraio e aggiunge: “Certo, perquesto era un soldato. Io invece non lo sono, sono un borghese, per me sarebbe diserzionefare come lui e volere partout, ad onta del divieto di Radamanto, mettermi, in pianura, alservizio dell’utilità e del progresso. Sarebbe la più grande ingratitudine e infedeltà verso lamalattia e il genio, verso il mio amore per te, del quale porto vecchie cicatrici e nuove ferite,… a te beninteso non ne derivano conseguenze e obblighi …e limitazioni della tua libertà…”277 Madame Chauchat lo chiama allora ironicamente “Homme de genie” e “povero piccolo”,ma Castorp, senza lasciarsi influenzare, continua nel suo ragionamento: il caso l’ha portatolassù in alto, in quelle ragioni geniali in cui esiste “una pedagogia alchimistico ermetica”,verso la quale bisogna avere una certa predisposizione e in lui questa predisposizione è natadalla familiarità che fin da piccolo ha avuto con la malattia e con la morte. Si avventurainfine in considerazioni sulla genialità dell’amore irragionevole collegandone la genialità alconcetto della morte in quanto “la morte è il principio geniale…ed è anche il principiopedagogico, perché l’amore di essa conduce all’amore della vita e dell’uomo. Così è, così hointuito dalla mia loggia e sono felice di potertelo dire. Ci sono due strade che conducono allavita: una è la solita, diretta, onesta. L’altra è brutta, porta attraverso la morte, ed è la strada

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279 Ibidem, p. 1008280 Ibidem, p. 1009281 Ibidem, p. 1010

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geniale.”278 La donna gli dà del filosofo e del matto, ma ora, accettando la formaconfidenziale, anche lei comincia ad usare il tu e considera che il suo arruffato pensiero lesembra comunque pieno di umanità, pur se espressa sempre con una certa impertinenza.Castorp vuole inoltre riandare col pensiero a quella notte di carnevale, che ora ricorda comese fosse un sogno, e riflette che la lunga attesa non è stata vana perché adesso lei è dinuovo lì e sono vicini, pur essendo lei tornata con un compagno come Peeperkorn, per ilquale ora anche lui, non per interesse, e superando ogni pregiudizio sociale, prova affetto ericonoscenza insieme per ciò che potrà imparare dalla sua grande personalità; non riesceperò a fare a meno di chiedere alla donna quanto ne sia innamorata. Madame Chauchat,anche se con un po’ di ritrosia, spiega quindi al giovane la natura del suo legame conPeeperkorn: lui la ama, e il suo forte sentimento l’ha in qualche modo costretta a seguirlo ea servirlo, cosa di cui ora si sente orgogliosa e grata. A questa spiegazione, Castorp non puòche riconoscere, d’accordo con lei, come sarebbe impossibile non tener conto dell’“ansiaper il sentimento”, che l’olandese coltiva dentro la sua personalità, e che forse conferisce alsuo amore anche un che di umano e di inquietante insieme. Clavdia, colpita da questo acutogiudizio di Hans, gli ha preso la mano e gioca con le sue dita, ponendosi nello stessomomento la domanda se sia corretto parlare di lui come stanno facendo. Castorp,rispondendo al suo dubbio, osserva che il loro modo di parlarne non è altro che umano e“possiamo discorrerne con tutto il rispetto, perché tutte le sue qualità hanno una statura,una grandiosa statura regale, e noi, parlandone umanamente, non umiliamo né lui nénoi.”279 Decidono quindi, su proposta di lei, di stringere un’amicizia, quasi un’alleanza perlui, e la donna confessa che spesso vive in ansia per il suo carattere inquietante e, a volte hapaura di stare sola con lui e teme la solitudine interiore, forse anche per questi motivi ètornata al Berghof…a queste ultime parole egli le stringe la mano, osservando che quanto haappena detto dimostra che la sua attesa non è stata vana e, con orgoglio accetta al suaofferta di amicizia “per lui”. La risposta di lei è un bacio sulle labbra, “un bacio molto russo,sul tipo di quelli che in quel vasto spirituale paese vengono scambiati nelle solenni festecristiane, quale suggello d’amore.”280

L’Autore, però, a questo punto non vuole indagare oltre sul significato di quel bacio e,ricordando le conferenze del dottor Krokowski, con la sua elegante ma ambigua maniera diparlare dell’amore, osserva: “A parer nostro voler distinguere “nettamente”, in cose d’amoretra timorato e appassionato, è bensì un’impresa analitica, ma – per ripetere le parole diCastorp – “sommamente balorda” e persino ostile alla vita.”281 Detto questo, oscura “ilteatrino” e cambia la scena per narrare il secondo colloquio, a cui si è accennato, conl’olandese.

278 Ibidem, p. 1005

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284 Ibidem, p. 1013285 Ibidem, pp. 1014-1015286 Ibidem, p. 1015

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Siamo nel periodo del disgelo, nel pomeriggio di una giornata di primavera, “presso il lettodel grande Peeperkorn in amichevole e rispettosa conversazione”,282 della quale riferiamo ilmodo e gli argomenti principali affrontati dai due a quattr’occhi. Castorp ha deciso di farglivisita non solo per offrirgli la sua compagnia e distrarlo un po’ ma anche per “godere a suavolta i benefici effetti della personalità. Insomma per ambigui motivi di vita.”283 Il malato simostra subito molto contento della visita, invita il giovane ad accomodarsi e lo informasommariamente circa l’andamento della febbre quartana che lo ha assillato per tutta lamattina, Poi insieme ricordano la bisboccia che il giorno precedente, durante una dellepasseggiate in compagnia allargata, hanno fatto in una locanda locale. Castorp, forsevolutamente, guida un po’ la conversazione in modo da stimolare il suo interlocutore adesprimere le sue impressioni sui due pedagoghi. E di Settembrini osserva: “È un cavaliere,serenamente loquace, benché si veda che non ha modo di cambiarsi spesso il vestito”. Allorail giovane si sente in dovere di spiegare che l’umanista si è offerto di guidarlo e istruirloconsiderandolo un “pupillo della vita”, ma per quanto riguarda l’abbigliamento non lo hamai visto con un vestito diverso: gli sembra quasi una sconfitta della miseria e preferisce“quella miseria all’eleganza del piccolo Naphta, che appare sempre sospetta ed è per cosìdire roba del diavolo, …i mezzi gli vengono per vie traverse, …”. 284 L’olandese però nonbada alle osservazioni su Naphta e continua a parlare di Settembrini perché ha notato chetra lui e madame Chauchat corre una reciproca antipatia: lui mostra una sorta di pregiudiziche forse giustificano il contegno diffidente di madame, ma poi egli termina il discorso suisentimenti della donna con la solita frase tronca, che Castorp riprende al volocompletandola con la parola “comprensibili”. Poi, chiedendo scusa al suo ospite per avercompletato la sua frase, continua in una digressione sulle donne e il loro rapporto conl’amore, prendendo spunto da quanto madame Chauchat gli ha confessato sull’origine delsuo legame con Peeperkorn. “La donna, per quanto ho potuto capire, in faccende d’amore siconsidera in un primo tempo oggetto, lascia che l’amore le si accosti, non sceglieliberamente, diventa soggetto capace di scelta soltanto in base alla scelta dell’uomo, eanche allora…la sua libertà di scelta, dico, è pregiudicata e corrotta dall’essere stata sceltalei.”285 Poi continua un po’ titubante perché non sa bene se stia dicendo della assurdità einfine conclude chiedendo a Peeperkorn se la donna che alla domanda “Tu lo ami?”risponde “Lui mi ama tanto!” abbia stima di sé o creda di dovere una devozione illimitataall’uomo che l’ha scelta. Non c’è dubbio che il giovane, pilotando così la conversazione hadato prova di quella scaltrezza che la stessa madame Chauchat gli ha riconosciuto nel loroprecedente colloquio. La risposta di Peeperkorn non si fa attendere e commenta che gliatteggiamenti delle donne in amore sono “fatti primordiali, classici, …L’uomo è inebriatodalla bramosia, la donna desidera e aspetta d’essere inebriata dalla bramosia di lui.”286,invitando nello stesso momento il giovane a bere il consueto bicchiere di vino. Poi riprende

282 Ibidem, p. 1011283 Ibidem, p. 1011

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287 Ibidem, p. 1016288 Ibidem, pp. 1019-1020289 Ibidem, p. 1022

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il discorso sull’amore, parlando del sentimento, un sentimento addirittura divino, il cuistrumento è l’uomo: “l’uomo non è che l’organo mediante il quale Dio celebra le sue nozzecon la vita svegliata e inebriata.”287 Castorp riconoscendo in tale considerazione unafunzione religiosa attribuita all’uomo, seppure un po’ unilaterale, cerca di riportare ildiscorso sui pregiudizi pedagogici di Settembrini nei confronti di madame, ma a questopunto l’olandese lo blocca con una domanda a bruciapelo: “E lei ama madame?” Castorp,colto alla sprovvista, impallidisce e balbetta qualche parola inconcludente, ma Peeperkorninsiste: gli sembra molto strano che quel pomeriggio, madame Chauchat sia scesa in paese afare acquisti da sola e che lui non si sia offerto, cavallerescamente, di accompagnarla. Forseanche ciò dipende dai pregiudizi pedagogici di Settembrini? Il giovane, sempre confuso,risponde che pensa di essersi comportato in modo corretto e che non si sente autorizzato adoffrire i suoi “servigi di cavaliere” alla sua compagna di viaggio. Peeperkorn, pur ritenendo larisposta gradita, non la giudica soddisfacente e continua osservando che più volte, anchedurante le passeggiate, ha notato nel suo comportamento con madame una certacostrizione: “Io non m’inganno. Troppe volte ho visto confermata la mia osservazione. -L’olandese parlava, quel pomeriggio, in uno stile insolitamente preciso e serrato…Non siesprimeva quasi più a frammenti.”288 Ha inoltre avuto come l’impressione di un patto tra luie madame, visto che non le rivolge mai l’allocuzione “lei”. Castorp rimane sempre piùammutolito pensando tra sé con terrore a quale punto critico sia giunto e lo stessoPeeperkorn gli fa notare il suo estremo pallore, riprendendo di nuovo il discorso. Ricordaquella prima sera della loro conoscenza, e in particolare il momento del commiato, quandolo pregò di dare un bacio sulla fronte a madame, e ne ebbe un rifiuto con la motivazione chegli pareva una cosa assurda. Ecco, da allora sta aspettando ancora una spiegazione, e ritieneche il giovane debba ora saldare questo debito. La scena è di nuovo quasi comica, non certoagli occhi però del nostro protagonista: “E ora? Il cuore mi martella un poco. Scoppierà unacollera regale di prima forza? ...Che situazione singolare e pericolosa! ...To’, ora mi prendeper il polso! ...E’ ridicolo, sto qui come un pulcino bagnato. Mi sono forse macchiato di unacolpa di fronte a lui? Niente affatto,…È ora di alzare la testa e di guardarlo in viso, in quelviso autorevole, con franchezza, anche se rispettosa.- E così fece…Si lessero negli occhi avicenda, il vecchio grande e il giovane insignificante…”289 È giunto il momento di farechiarezza, di dire la verità quindi alla specifica domanda se sia stato l’amante di madame,Castorp, con la massima sincerità, racconta di quella lontana sera di carnevale, che ormairivive come in sogno, la sera in cui, liberandosi dai “ceppi pedagogici” si avvicinò alla donnausando il tu, pieno sì da parte sua di significato e di sentimento, ma fuori da ogniresponsabilità; era inoltre la vigilia della partenza di lei dal sanatorio. Seguono momenti disilenzio, interrotto da Peeperkorn con altre domande, se lui la ami ancora e se la donna, asua volta, nutra ancora sentimenti per lui: il giovane non ritiene decoroso ora parlargli deisuoi propri sentimenti per la sua compagna di viaggio, ma Clavdia è una donna e come tale,

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290 Ibidem, p. 1029291 Ibidem, p. 1033

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per le considerazioni che hanno fatto prima, ha seguito il sentimento che Peeperkorn hasaputo suscitare in lei. L’olandese si rende conto del dolore che, involontariamente, haprocurato al giovane, anche se egli ora non si lagna di quel dolore, pur avendolo provato,perché in cambio della delusione provata ha avuto il privilegio di conoscere lui, privilegio dacui non vuole prescindere, a cui non vuole rinunciare; si lagna piuttosto in via generale sullasua vita, sul suo destino e racconta all’olandese dei suoi anni passati “lassù” non ricordaneanche quanti: anni di vita, durante i quali, a dispetto degli insegnamenti del signorSettembrini, egli si è sottomesso, per amore di Clavdia e dei suoi occhi ammaliatori, alprincipio dell’irrazionale, al principio geniale della malattia e conclude: “E quando Clavdiapartì l’ho aspettata, aspettata sempre quassù, sicché ora sono scomparso interamente dallapianura e, ai suoi occhi, sono come fossi morto. Questo avevo in mente quando parlai didestino…”290 Conclude poi questo racconto evocando uno spettacolo teatrale, in cui ungiovane soldato, ammaliato da una zingara, diventa disertore per lei, che poi non vuol piùsaperne di lui e arriva con un matador, una grande personalità: alla fine il povero soldato,provocato da lei, la uccide con un coltello. (Sicuramente la storia della Carmen!). Non saneanche perché questa cosa gli è tornata in mente, certo è che sentir nominare il coltello hapreoccupato non poco Peeperkorn, il quale, cambiando posizione sul letto, indirizza algiovane un’occhiata indagatrice. Siamo di nuovo davanti a una scena umoristica, così bendisegnata dall’Autore! L’olandese, infine rassicurato e comunque colpito dalla sincerità delgiovane, visto che per l’età e la malattia non gli può dare soddisfazione in duello per il torto,seppure involontario, che gli ha recato, propone anch’egli un’alleanza, anzi meglio “unafraternità nel sentimento”, da concretizzare con l’uso reciproco del “tu”, che vienesuggellata attraverso un brindisi, a braccia incrociate tra loro, con un bel bicchier di vino.Cominciando quindi da subito ad usare il tu, anche se con qualche imbarazzo, Castorp salutail suo ospite, andando via felice, pieno di orgoglio come non avrebbe mai immaginato, e gliaugura una rapida guarigione.

Si è ormai nel mese di maggio e il disgelo è terminato, si possono quindi riprendere lepasseggiate e le gite sospese nel periodo di malattia acuta di Peeperkorn. Si decide così difare una gita in carrozza per vedere la pittoresca cascata nel bosco di Val di Fluela, doveCastorp non si era mai recato, né prima insieme al cugino Joachim né dopo la suascomparsa, perché il suo interesse per il paesaggio locale, se si esclude al sua avventura congli sci in alta montagna, in mezzo alla tormenta di neve, ha mantenuto sempre “un caratteredi monotonia conservatrice”291 In quelle ultime settimane l’olandese ha potuto parteciparead una sola riunione serale e il giovane Castorp ha notato che ora, dopo la fraterna alleanzadel “tu” stretta fra loro, egli durante le riunioni allargate si trova, nei suoi confronti, in quellastessa costrizione che prova, nell’uso del “tu”, verso madame. Comunque si fanno ipreparativi per la gita e Peeperkorn, nel giorno stabilito, approfittando delle sue miglioricondizioni fisiche, dà le necessarie disposizioni per l’orario di partenza dal Berghof e le due

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294 Ibidem, p. 1047295 Ibidem, p. 1049

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carrozze necessarie per ospitare tutti i partecipanti. Sorvoliamo sui particolari del viaggio earriviamo nei pressi della meta con tutta la compagnia: l’olandese e madame, il giovaneCastorp, Ferge e Wehsal dal sanatorio e i due pedagoghi, presi a bordo davanti alla lorocasetta. Omettiamo anche di riassumere le mirabili descrizioni del paesaggio, per mettereancora in risalto la potenza della personalità di Peeperkorn anche in questa particolareoccasione. Settembrini, che vi si è recato altre volte, avverte la compagnia, mentre si stannoavvicinando alla meta, che il rumore della cascata da quella distanza “sembra titubante. Masul posto in quella stagione è brutale, …si preparino, non si riesce a udire la propriaparola.”292 Infatti, quando arrivano alla svolta del sentiero che apre la vista della golarocciosa in cui precipita la cascata, tutti possono constatare che il frastuono è davveroinfernale e pensano che per consumare la merenda all’aperto sia meglio allontanarsi un po’da quel rumore. Non così la pensa Peeperkorn: “Egli scosse la testa, puntò alcune voltel’indice contro il suolo e staccando con uno sforzo le labbra squarciate formò la parola -Qui!-Che fare? In questioni logistiche era lui il capo e il comandante… Voleva far merendadavanti alla cascata, nel fragore, questo era il suo sovrano capriccio…”293 Dopo averconsumato la merenda l’olandese si mette a parlare, noncurante del fatto che la sua vocenon può essere sentita dai presenti, ma attirandone comunque l’attenzione con la suamimica e i suoi gesti civili, con i quali li invita ad un brindisi: “Si vedeva la sua testa inclinarsi,l’amarezza lacerata delle labbra, l’immagine dell’ECCE HOMO…Egli alzò il bicchiere, lospostò in semicerchio davanti agli occhi degli invitati e lo vuotò in due, tre sorsi finoall’ultimo…”294 Poi, al suo segnale per la partenza, tutti percorrono il tratto a piedi verso lecarrozze e fanno ritorno alle rispettive dimore.

Quella notte Castorp non riesce a prendere sonno facilmente, come se provi, a livelloinconscio, una sensazione di attesa, e si sveglia del tutto quando sente in lontananza esmorzato un certo trambusto. Poco dopo le due bussano alla sua porta: è un’infermiera delsanatorio che, su richiesta di madame Chauchat, lo prega di scendere al primo piano.Quando scende trova aperta la porta del salotto di Peeperkorn e quella della sua stanza, cheha tutte le luci accese: sono presenti i due medici, la superiora, madame Chauchat e ilcameriere giavanese, il quale non è vestito come al solito ma indossa una specie di costumenazionale: una gonna colorata, un berretto a cono e sul petto un monile di amuleti e sta lìimmobile, a capo del letto dove giace Pieter Peeperkorn con le mani distese e in posizionesupina. Castorp vede madame Chauchat, che gli volta le spalle e guarda il suo compagno diviaggio, e il dottor Behrens, il quale, dopo aver parlato a bassa voce con il dottor Krokowskie la superiora, gli rivolge un saluto e gli bisbiglia: “Niente da fare, opera compiuta. Si avvicinipure, e lo guardi con occhio esperto. Ammetterà che ha messo le mani avanti rendendoinutile ogni arte medica.”295 Dunque si tratta di un suicidio. Castorp rimane per un po’ inpiedi accanto al letto e osserva il corpo di Peeperkorn e vede che le sue mani sono di un

292 Ibidem, p. 1042293 Ibidem, p. 1045

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296 Ibidem, p. 1050297 Ibidem, p.1053

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“livido nerastro” e ugualmente sono livide e scure alcune parti del viso, senza che peròquesto faccia venir meno la regalità dei suoi lineamenti. Madame Chauchat non gli rivolgeancora la parola e il giovane, ad un cenno del consigliere, lo segue nel salotto attiguo, dovegli mostra uno strano oggetto, che poi gli spiega essere “una siringa da iniezioneorganizzata. Era fatto d’acciaio, avorio oro e caucciù, stranissimo da vedere. Aveva due rebbidi lucido acciaio, ricurvi, con la punta acutissima, una parte centrale d’avorio, leggermentetorta, con intarsi d’oro, nella quale i rebbi si incastravano fino a un certo punto, quasielastici, verso l’interno, e terminava con un rigonfio a peretta di gomma nera semirigida. Iltutto misurava soltanto un paio di pollici.”296 Praticamente, come spiega ancora Behrens, sitratta di una copia meccanica dei denti del cobra. Tutto fa pensare, secondo il medico, aduna morte rapida per soffocamento e senza dolori strazianti. Castorp allora, dopo questachiacchierata con il consigliere, rientra nella camera e questa volta Clavdia si volta verso dilui: lo ha fatto chiamare, perché dopo l’amicizia stretta con Peeperkorn ha ritenuto giustoche venisse avvertito. Il giovane la ringrazia e le rivela anche quel patto fraterno del tu cheaveva stretto con lui poco tempo prima e si vergogna adesso di non averlo usatoapertamente in pubblico per una specie di pudore. Per quanto riguarda il momento dellamorte, Clavdia lo informa di essere stata avvertita dal cameriere quando tutto era già finitoe gli chiede infine se con Peeperkorn avesse parlato della loro “follia”. Il giovane confessache non ha potuto negare, perché Peeperkorn, dall’alto della sua perspicace personalitàl’aveva capito fin dalla prima sera della loro conoscenza, quando lui, nel momento delcommiato, si era rifiutato di dare a madame un bacio sulla fronte. Ora, di fronte a quellapresenza solo simbolica, può madame concedergli questo permesso? La donna lo invita afarlo, spostando la testa verso di lui ed egli posa le labbra sulla sua fronte.

LA GRANDE STUPIDITA’

Assistiamo a nuovi cambiamenti nell’atmosfera del Berghof, nelle abitudini e neicomportamenti degli ospiti, compreso Castorp, per il quale, inoltre, subentrano novità nellecure mediche a cui viene sottoposto. Sentiamo, forse per l’ultima volta, così ci dice l’Autoreavvertendoci che la narrazione sta volgendo al termine, la voce tonante del consigliereBehrens, il quale rivolgendosi a Castorp con la solita allocuzione “vecchio mio”, osserva cheha notato nel suo comportamento, in quegli ultimi tempi, una grande noia, quasi undisgusto. La reazione del giovane è apatica, non risponde neanche. “E siccome taceva, nelsuo cuore dovevano regnare davvero le tenebre.”297 Il consigliere, contento di offrirgli unanovità in quella noia, lo informa che sta maturando nelle sue riflessioni mediche una nuovadiagnosi relativa alla sua patologia: dalle lastre più recenti si vede chiaramente che un paiodi focolai della tubercolosi si sono riassorbiti, e ciò è un indizio di guarigione, ma non spiegala sregolatezza della sua temperatura corporea, la cui causa va cercata altrove. Il dottore è

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299 Ibidem, p. 1058300 Ibidem, p. 1066

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convinto che nel suo sangue ci sia la presenza di cocchi, da verificare con un prelievo disangue e poi, se necessario, con uno streptovaccino; la cura dei cocchi e molto più rapida e ilgiovane, in caso di reazione positiva alle iniezioni, in capo a sei mesi sarà sano come unpesce. Castorp, dopo aver ascoltato tutto con scarsa partecipazione emotiva, approvaironicamente e si dichiara disposto al cambiamento della cura. Tutta questa chiacchierata diBehrens ha raggiunto il giovane in un momento critico della sua vita lassù: egli si trova inquello stato d’animo che il povero Joachim aveva nel periodo in cui andava maturando lesue arbitrarie decisioni. Castorp si sente ad un punto morto e non solo pensa questo di séstesso ma lo pensa con riferimento a tutto il mondo: “pensava che fosse difficile distinguereil particolare dall’universale. Dopo la fine eccentrica della sua amichevole unione con unapersonalità” e la nuova separazione di madame Chauchat dalla comunità del Berghof, “dopoquella svolta il giovane sentiva che il mondo e la vita avevano un’aria piuttosto sospetta;come se fossero in una posizione stranamente falsa e sempre più inquietante; come se fossesalito al potere un demone…”298 che suggeriva pensieri di fuga. Questo demone si chiamaSTUPIDITA’!

Castorp, guardandosi intorno, “vedeva soltanto aspetti paurosi, maligni, e si rendeva contodi ciò che vedeva: la vita senza tempo, la vita senza preoccupazioni e senza speranze, la vitasciatta, affannosa e stagnante, la vita morta.”299

Può sembrare una contraddizione rispetto al pensiero appena espresso, ma nel sanatorio sisvolge, con affanno operoso, ogni sorta di attività, che spesso diventano mode e vere eproprie manie: così per un periodo la fotografia dei dilettanti , compreso lo sviluppo dellefoto; poi la filatelia, poi la raccolta di cioccolata, nonché il relativo consumo, di tutte lequalità immaginabili; le gare di disegno ad occhi chiusi (già un volta sperimentato coldisegno del porcellino, in una lontana sera di carnevale!); ed altre strane attività fino adarrivare ad un’epidemia del gioco delle carte, dalla quale non riesce a restare immuneneanche il nostro protagonista. Egli è stato stregato dal solitario dell’undici, di cui qui nonstiamo ad illustrare le modalità, facendo però nostre le considerazioni dell’Autore, il quale inproposito osserva: “Non si crederebbe che da un procedimento così semplice possanoemanare stimoli psichici capaci di portare all’ossessione.”300

Sembra una diagnosi dell’attuale dilagante LUDOPATIA!

Torniamo alla narrazione per scoprire che Castorp, sedotto dalle carte e dai loro capricci, sidedica incessantemente a questi solitari, in tutte le ore del giorno, di notte sul suo balcone,sotto le stelle, la mattina appena sveglio e a volte anche nel sogno. Così lo sorprende ungiorno Settembrini che scherzosamente lo apostrofa: “Accidenti! Ci diamo alla cartomanzia,ingegnere?” “Non precisamente,… faccio solitari, mi accapiglio col caso astratto…”, questala risposta del giovane. L’umanista lo guarda, come altre volte ha fatto in quegli anni, con

298 Ibidem, p. 1057

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301 Ibidem, p. 1068302 Ibidem, p. 1069

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uno sguardo pieno di tristezza e nello stesso tempo coglie, grazie al suo acume pedagogico,che il giovane è in uno stato d’animo impensierito, e quindi non può dargli alcun conforto inmerito all’interiore dissidio che lo turba. Castorp gli chiede con aria distratta di qualedissidio parli, ma continua a disporre le carte per l’ennesimo solitario. Settembrini in effettiè preoccupato per la politica mondiale, in particolare per la situazione esplosiva nellaregione dei Balcani e per l’incertezza delle relazioni diplomatiche tra gli stati nazionali, invista di eventuali alleanze nel caso si sollevino “venti di guerra”. Settembrini resta allibitoper l’assenza della benché minima attenzione da parte del giovane su argomenti di talevitale importanza, ma più di una volta ha dovuto riscontrare in passato il suo assolutodisinteresse per la attualità politica. “Castorp si sentì addosso i suoi occhi neri, lo sguardodella ragione e della morale profondamente triste, ma continuò ancora un po’ il suo giuoco,finche’, la guancia nella mano, con la falsa e caparbia espressione di innocenza che hanno iragazzi cattivi, alzò gli occhi verso il mentore che gli stava davanti”, il quale per tuttarisposta osserva: “I suoi occhi cercano invano di nascondere che lei sa a che punto sitrova.”301 Di nuovo un avvertimento che contiene una premonizione!

Il giovane però quando resta solo nella sua stanza “è immerso in meditazione e presod’orrore al pensiero delle condizioni false e poco rassicuranti del mondo, al ghigno deldemone, della dea scimmiesca, sotto il cui sconsigliato e sfrenato dominio lo vedeva cadutoe il cui nome era la GRANDE STUPIDITÀ”302 Castorp, a tali riflessioni, si tocca con la mano lafronte e la zona del cuore ed è preso da una tale paura che vorrebbe fuggire…ma a tenerlod’occhio c’è l’autorità sanitaria, che inizia a sottoporlo alla nuova cura dei salassi e dellostreptovaccino. Secondo le spiegazioni di Behrens il giovane non corre alcun rischio di essereinfettato da germi patogeni esterni perchè il siero per lo streptovaccino viene ricavato dalsuo stesso sangue: egli quindi si assoggetta alla cura, ma senza convinzione, perché la ritieneinutile e disonesta; la diversione dura alcune settimane, durante le quali il risultato a voltesembra utile, a volte dannoso e in ogni caso ascrivibile ad un errore. Il risultato finale dellacura perciò è zero, anche se la cosa non viene naturalmente ammessa in modo aperto dalladirezione sanitaria. E Castorp intanto continua a fare solitari e a riflettere su quel demoneche ha chiamato “GRANDE STUPIDITÀ”.

NUOVE ESPERIENZE

La prima nuova esperienza, che riesce a strappare il nostro protagonista dall’ossessione delgioco della carte, è quella del grammofono, Raccontiamo in maniera sintetica come taleesperienza è nata e come il giovane poi la coltivi con assiduità quotidiana, tenendo presenteche, come visto nel corso della narrazione, egli già nutriva una profonda passione per lamusica.

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304 Ibidem, p. 1074305 Ibidem, p.1078

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Una sera nel salotto del pianoforte viene introdotto un nuovo attrezzo per il divertimento,da aggiungere a quelli già presenti, tipo la casetta stereoscopica, il caleidoscopio in forma dicannocchiale, il tamburo cinematografico, ma questo non è un giocattolo visivo bensìacustico: “non era una ciarlataneria puerile e monotona …Era invece una traboccantecornucopia di godimenti artistici, sereni o mesti, era un apparecchio musicale. Era ungrammofono.”303 Fatta questa solenne presentazione, l’Autore ne descrive minuziosamentele caratteristiche estetiche nonché i congegni tecnici e ne esalta le funzioni e la qualità, noncerto paragonabili a quelle della “misera cassettina a manovella”, ma frutto certamente delperfezionamento e del progresso della tecnica artistica. Nella sala di musica del sanatorio,invece, l’onore di fornire ai presenti le spiegazioni sul corretto funzionamento del nuovoacquisto spetta naturalmente al dottor Behrens: “Questo non è un apparecchio, e non è unamacchina…questo è uno strumento, uno Stradivario, un Guarneri, qui abbiamo rapporti divibrazione e risonanza della più meticolosa raffinatezza! …Fabbricazione tedesca,naturalmente. Noi queste cose le sappiamo fare molto meglio degli altri.”304 Queste leorgogliose parole con cui il consigliere presenta agli ospiti del Berghof la nuova, esicuramente costosa, attrezzatura. Dopo aver mostrato anche il ricco repertorio disponibile,mette su un disco per la prova e si diffonde nella sala una musica allegra e fragorosa, sitratta di un’ouverture di Offenbach, e tutti i presenti, sorridendo, ascoltano a bocca aperta equasi non credono alle proprie orecchie; chiedono altra musica e si passa così al Barbiere diSiviglia, poi alla Traviata, poi alla musica ballabile, così che alcuni dei presenti accennanopassi di danza. Il consigliere, prima di andare via, spiega come si cambia la puntina (ognunaè buona per un solo uso), e raccomanda la massima cautela nel maneggiare i dischi,“esattamente come uova crude”, dice e se ne va. Proviamo a indovinare chi rimane comeaddetto all’uso del grammofono? Ma è il giovane Castorp! Quando Behrens è uscito dallasala, egli in modo perentorio ha impedito agli altri di occuparsi delle operazioni tecniche peril cambio della puntina e dei dischi, assumendo lui tale incarico: quando è intervenuto in talmodo, ha dato l’impressione di avere già esperienza e le persone escluse non tengono più ditanto ad occuparsi della cosa. Durante la presentazione del grammofono da parte delconsigliere, egli non è rimasto in mezzo agli altri ad applaudire ma si è ritirato nellaadiacente sala di lettura per godere in maniera appartata l’ascolto della musica; poi quandoBehrens fornisce le istruzioni per l’uso dell’apparecchio, si mette silenziosamente vicino a luiper comprendere bene, pensando intanto dentro di sé: “Fermo! Bada! Un’invenzione che faepoca! Arrivata per me!”305 Sente che sta iniziando per lui una passione nuova, una specie diincantesimo e scopriremo subito quanto sia vero questo suo presentimento. Infatti, quandogli ospiti presenti dopo un po’ vanno via, egli fa finta di seguirli ma arrivato vicino alle scaletorna indietro e si chiude nel salotto per metà della notte, indaffaratissimo ad acquisiremaggiore pratica nel funzionamento e ad esaminare l’ampio repertorio musicale disponibile:comprende subito che si tratta un territorio forse difficile all’inizio ma che può offrire grandi

303 Ibidem, pp. 1072-1073

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308 Ibidem, p. 1085309 Ibidem, p. 1088310 Ibidem, pp. 1090-1091

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soddisfazioni e continua così a scorrere i titoli dei dischi e, ogni tanto, a provare qualcheassaggio di musica, usando della puntine più leggere che, ha già imparato, danno un suonopiù smorzato, tale da non recare disturbo nella notte. La mattina dopo, molto presto, primadella colazione è di nuovo nel salotto e mette in funzione l’apparecchio, ascoltando, con ariaassorta, un melodioso duetto di un’opera italiana e mentre è intento in tale occupazione, siaffaccia sulla porta il consigliere, con il quale scambia in silenzio un cenno di saluto. Nellostesso giorno, dopo il pasto principale e dopo cena, si riunisce nel salotto un gruppo diascoltatori, che accetta volentieri, come cosa assodata, la funzione del giovane quale“dispensatore del godimento”, ed egli, da parte sua, è talmente compreso di questo ruoloche dopo un po’ di tempo “tenne addirittura in tasca la chiave dell’armadietto checonteneva gli albi e le puntine, sicché desiderando musica bisognava chiamare lui.”306 Ilmomento migliore per Castorp è però la sera, quando, ritiratosi “il pubblico”, egli resta dasolo nel salotto e ascolta musica, a volume moderato, fino a notte fonda, quella musica chel’Autore definisce “spettrale” e più avanti capiremo perché. “Egli se ne stava seduto, a manigiunte, la testa sulla spalla, la bocca aperta, e si tuffava nei fiumi della melodia.”307

Approfondisce in tal modo la sua conoscenza della musica, riesce a distinguere la nazionalitàdegli artisti e dal timbro della loro voce inizia a comprendere anche le loro stature psichichee canore. Si appassiona molto all’ascolto dell’Aida, di cui conosce già la storia e capiscediscretamente il canto in lingua italiana, “non capiva tutte le parole, ma una qua, una là,aiutandosi con la conoscenza delle situazioni e con la sua simpatia per queste situazioni, unasimpatia confidenziale che aumentava ogni volta che faceva girare quei quattro o cinquedischi, ed era diventato ormai un perfetto amore.”308 Questa sua appassionatapartecipazione tocca il culmine nel duetto finale, che lo affascina dal profondo dell’anima:“È tanto bello che Aida si ritrovi col perduto Radames per condividere in eterno il funereodestino!” …Ma ciò che infine provò, comprese e godette…era l’aerea idealità della musica,dell’arte, dell’animo umano, l’alto e irrefrenabile abbellimento che essa dona all’orrendavolgarità delle cose reali.”309 Dopo questo forte coinvolgimento emotivo Castorp passa adun contenuto musicale più pacifico, un preludio sinfonico di autore francese, un brano persola orchestra, che sembra adatto a cullare l’anima come in sogno. E il giovane sognaveramente, sogna di essere un fauno, disteso su un prato, in perfetta solitudine, mentresuona un clarinetto e “con la semplice monotonia dei suoni risuscitava la magia sonora dellanatura…Il giovane fauno su quel prato estivo era molto felice. Là non c’era un - Discolpati! -né una responsabilità, non c’era un sacro tribunale di guerra contro uno che fosse dimenticodell’onore e scomparisse dal mondo. Là regnava l’oblio, la beata quiete, l’innocenza fuori deltempo: era la trascuratezza in piena coscienza, l’ideale apoteosi di ogni negazione dellacomandata attività occidentale…”310 Torna poi all’opera lirica e ascolta la Carmen, che sericordiamo bene, era proprio quella che gli venne in mente, a livello inconscio e senza

306 Ibidem, p. 1083307 Ibidem, p. 1084

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311 Ibidem, p.1098312 Ibidem, p.1099313 Ibidem, p. 1100

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neanche ricordarne il titolo, durante la lunga conversazione a tu per tu con Peeperkorn,circostanza che l’Autore descrisse con una scena quasi comica! Dopo la Carmen ascolta unpezzo francese di Gounod, “un a solo di canto”, che lo commuove molto perché ilprotagonista intona una preghiera mentre parte per la guerra e, nel suo animo, egli vi vedeforse la figura del povero Joachim. L’autore precisa in merito a questo brano che esso piacemolto a Castorp, ma soprattutto avrà parte nel suo futuro, in una singolare occasione. Infinec’è un ultimo pezzo da ascoltare, un canto popolare, e insieme opera d‘arte: la Canzone delTiglio di Schubert, che assume per il giovane, nonché per la narrazione stessa, un profondovalore simbolico. Bisogna dire innanzitutto che si tratta di una versione artistica di altolivello, cantata da un tenore, che la interpreta in maniera sottile e sagace, molto diversaquindi dalle più comuni versioni popolari. L’Autore quindi si accinge, con molta accortezza, aspiegare qual è per il giovane il significato di questo canto: dai tre versi che vengonoriportati e che rappresentano “la svolta travolgente della melodia”, si comprende che essiparlano di amore e, a livello inconscio, di morte: si riaffacciano qui alla nostra memoria dilettori ragionamenti già sentiti fare da Castorp nella trascorsa narrazione. L’Autore ponel’argomento in questo modo: “un oggetto spirituale, cioè rilevante, è appunto “rilevante” inquanto trascende sé stesso, in quanto è espressione ed esponente di un fatto spirituale piùlargo, di tutto un mondo di sentimento e di pensiero che in esso ha trovato il suo simbolo piùo meno perfetto…”311 Dopo quegli anni di “evoluzione ermetico pedagogica, Castorp si eraaddestrato nella vita dello spirito fino al punto di essere cosciente della importanza del suoamore e dell’oggetto di esso?” L’Autore, e noi insieme con lui, ritiene di sì: forse peròquesto non sarebbe successo se il giovane non avesse avuto una sua particolarepredisposizione e sensibilità per la comprensione degli atteggiamenti spirituali, che quelcanto popolare riassume in modo misterioso. Proprio per tale sua predisposizione hamaturato nella sua coscienza dei dubbi. “Ma in che consistevano i dubbi della coscienza e delgoverno di Castorp circa la superiore liceità del suo amore per l’affascinante canzone e il suomondo? Qual era stato questo mondo retrostante, che secondo il presentimento della suacoscienza, doveva essere un mondo d’amore proibito? Era la morte.”312 Questainterpretazione sembra una follia nel vedere la morte dietro quel canto così soave: eppure“Esso mantiene relazioni con la morte, che si possono anche amare, ma non senza rendersiconto, nei presentimenti d’uno che vuol governare, di una data non liceità di questo amore.Secondo la sua originaria natura può non essere simpatia per la morte, …ma al suo seguito sitrovano prodotti delle tenebre.” 313 Gli tornano ora in mente alcuni insegnamenti diSettembrini, all’inizio dei suoi interventi pedagogici, quando il giovane gli aveva parlato dipossibili ritorni spirituali in determinati mondi e l’umanista aveva definito il fenomeno diquel ritorno, una malattia, uno stato morboso. Ma il giovane ora non avverte sintomi dimalattia e i suoi pensieri, mentre ascolta la musica, si innalzano in voli sublimi, potenziatidalla magia dell’anima: “Noi tutti siamo figli suoi, e grandi cose possiamo compiere sulla

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314 Ibidem, p.1102315 Ibidem, p.1104316 Ibidem, p. 1104

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terra se la vogliamo servire. ...Ma il suo figlio migliore deve essere colui che nel superamentodi sé consuma la vita e muore con sulle labbra la nuova parola dell’amore che non sa ancorapronunciare…” e l’eroe che muore per quella canzone “in fondo muore per il nuovo, avendoin cuore la nuova parola dell’amore e dell’avvenire…”314 Qui si conclude la nostra rilettura diquesta esperienza e non ci sembra vano aver ripercorso, in maniera abbastanza fedele alracconto che ne fa L’Autore, il vagabondare del protagonista nel mare della musica, perchéle scelte del suo vagabondaggio indicano tappe fondamentali del percorso interiore espirituale che ha compiuto “lassù" e che sta per volgere al termine.

ANCORA UNA NUOVA ESPERIENZA…IN UN SETTORE PROBLEMATICO…

Torna in scena a questo punto il dottor Krokowski che da un po’ di tempo avevamo perso divista. Nel corso di questi anni passati “lassù” da Castorp (ancora non sappiamo di precisoquanti!), le conferenze quindicinali dell’assistente del consigliere, dedicate inizialmente all’analisi della psiche e alla spiegazione dei sogni, seguendo le teorie freudiane, si sono manmano dirette verso una dimensione magica, affrontando argomenti come l’ipnotismo, ilsonnambulismo, la telepatia, il sogno chiaroveggente, senza che il pubblico se ne accorgessein maniera consapevole. A questo pubblico inconsapevole la trattazione di tali argomentisembra promettere di svelare gli enigmi del rapporto tra materia e psiche se non addiritturadella vita stessa. L’Autore, a proposito di tale evoluzione e dei successivi esperimenti, che siaccinge a narrare, chiama ironicamente il dottor Krokowski “idealista del fatto patologico,per non dire idealista patologico”315 perché vorrebbe esplorare il territorio del subcoscienteocculto, riconoscendo alla psiche una facoltà creatrice in campo materiale, “una facoltà chesi è costretti a considerare come seconda fonte dei fenomeni magici.”316 L’occasione dipassare ad una fase sperimentale gli si presenta quando casualmente si scoprono in unagiovane paziente danese, la diciannovenne Ellen Brand, che è lì da qualche tempo, capacitàanormali o paranormali che dir si voglia. È una ragazza biondina, di costituzione delicata, chemostra una freddezza nordica ma nello stesso tempo ha un’aria verginale, infantile cheattira la simpatia e l’affetto di tutti. Durante i cinque pasti della giornata siede alla tavola diHermine Kleefeld, che le fa un po’ da mamma, e viene chiamata con il diminutivo di Elly.Vediamo ora brevemente in che modo sono state scoperte le sua straordinarie doti. Nelleriunioni serali, dopo la cena, gli ospiti hanno inventato il gioco degli indovinelli: uno di loroesce fuori della porta e quando rientra deve trovare oggetti nel frattempo nascosti ocompiere azioni particolari, che le persone rimaste dentro hanno deciso di prescrivere algiocatore, il quale non ha ascoltato nulla degli accordi e perciò deve indovinare. Elly nonsbaglia mai: nel caso degli oggetti da trovare si pensa a casi di fortuna, ma di fronte alleazioni particolari da compiere tutti restano meravigliati. “Lei eseguiva qualunque cosa le si

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317 Ibidem, p. 1107318 Ibidem, p. 1110

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fosse segretamente prescritta, la eseguiva appena rientrava, con un dolce sorriso, senzaesitare…”317 I “giocatori” allora fanno intervenire il dottor Krokowski raccontandogli diquelle cose strane che sono capitate ed egli, che si trova sul suo attuale terreno di ricerca, sifa riferire altri particolari, dice a tutti che non è il caso di spaventarsi e, infine, passaimmediatamente a fare sulla ragazza un esperimento di ipnosi: quando lei è ormai cadutanel sonno ipnotico, il dottore manda via i presenti dicendo di voler continuare a“chiacchierare” con la ragazza da solo. Il vero senso della parola “chiacchierare” haprovocato i tutti una specie di disagio e Castorp, mentre va a fare la cura a sdraio, provaun’angoscia, un malessere al ricordo di come la giovane abbia cercato di dare una timidaspiegazione all’accaduto. Egli, in effetti, anche nei suoi anni vissuti in pianura aveva sentitoparlare di misteri, di fatti soprannaturali (aveva tra l’altro avuto anche una profetica prozia),ma, pur non avendo negato un riconoscimento senza interesse a questo mondo, non si eramai avvicinato ad esperienze pratiche, anzi “la sua ripugnanza per siffatte esperienze, unvero disgusto, una riluttanza estetica, una resistenza di orgoglio umano,…era quasi pari allacuriosità che esse suscitavano in lui…le sentiva umanamente prive di dignità eppure ardevadal desiderio di farle.”318

Ancora dunque si riaffaccia il “placet experiri” di chi viaggia con curiosità per imparare!

Il dottor Krokowski, dopo la chiacchierata segreta con la ragazza, ha vietato in manieracategorica che si facciano nuovi esperimenti con lei senza la sua personale supervisione enel frattempo continua, nel suo gabinetto analitico, a sottoporla a sedute di ipnosi. HermineKleefeld però, approfittando della confidenza materna che ha con la giovane, ha saputo dalei, in segreto, molti particolari di quelle sue doti, ma poi, sempre in segreto, li ha divulgati intutta la casa di cura. Si è venuto in tal modo a sapere che anche nella sua infanzia Elly avevaavuto delle apparizioni inquietanti e che ora il suo “suggeritore”, anche nei giochi di cui si èparlato, è il giovane Holger, spirito di un defunto, che ormai è diventato il suo angelocustode. Castorp, venuto a conoscenza di questi particolari, sempre per quella curiosità delviaggiatore, accetta di partecipare al gioco spiritico dello “spostamento del bicchiere”, che siè deciso di fare segretamente, e in gruppo ristretto, nella camera della Kleefeld,contravvenendo al drastico divieto del dottore. Senza dilungarci nel riferire tuttol’andamento della seduta, vogliamo notare che il racconto, per come l’Autore lo svolge, per isuoi interventi quasi maliziosi e che ci fanno sorridere, potrebbe costituire un raccontoumoristico a sé, se non fosse per le implicazioni che coinvolgono il nostro protagonista.Comunque diciamo che l’atmosfera è quella classica di tali esperimenti: una luce rosatasoffusa, quella della lampada sul comodino, un tavolino rotondo, senza tovaglia, posto alcentro della stanza, sopra di esso un calice rovesciato e intorno, sul bordo, ventuno gettonidi osso con le lettere dell’alfabeto. Tutti i presenti sono consapevoli del fatto “che nelsilenzio notturno si erano radunati per giocare un lurido gioco con la loro natura, per untrepido e curioso assaggio del loro io, e ora aspettavano quelle mezze o apparenti

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oggettività che chiamiamo magiche.”319 La seduta in effetti procede quasi come da copione:la giovane cade in trance e, dopo vari interventi del portavoce, il bicchiere si rovescia, batteun po’ qua e un po’ là e infine forma, colpendo i gettoni, il nome di Holger. Tra una pausa el’altra si diffonde nel silenzio uno spavento strano, che è tra la lietezza e l’angoscia. A uncerto punto lo spirito si mette a poetare, con una lirica che ogni tanto salta “di palo infrasca”, e continua senza fine per più di un’ora , arrivando a menzionare anche i caldei e loZodiaco (che ci ricordano una delle vecchie passioni di studio da parte di Castorp).Poi sisente un forte colpo alla porta, si spegne la piccola luce e ne nasce una scena di panico,anche al pensiero che possa trattarsi di un controllo del dottor Krokowski: alcune signorepiangono o pregano per lo spavento e uno degli uomini, il cinese dottor Ting-Fu, hafinalmente la buona idea di accendere la lampada centrale. In quel momento accade alnostro protagonista una cosa strana: si trova sulle ginocchia il “souvenir” di madameChauchat, che però lui non aveva con se quando è entrato nella camera, ma, pur sorpreso,lo nasconde rapidamente nella tasca senza dire nulla. A questo unto si pone fine alla seduta,svegliando la giovane con un soffio sul viso, come hanno visto fare la prima volta al dottorKrokowski, e la serata si conclude nella camera del signor Albin per bere un cognac. Castorpanche partecipa alla bevuta, “perché si è accorto che avvenimenti come quelli non esercitanoinflussi né sul cuore né sulla mente, ma piuttosto sui nervi gastrici… Per il momento la suacuriosità era appagata…ma la presentita disperazione interiore e l’insulsaggine di tutta laserata gli erano imposte così chiaramente da indurlo a pensare che quelle poche falde difuoco infernale, dalle quali era stato investito, gli potevano bastare.” 320

Su tale esperienza Castorp, comunque, non ha preso una posizione precisa, se si tratti direaltà o di un imbroglio, e, alla prima occasione, la racconta a Settembrini, i l quale, dailluminista e razionalista qual è, esprime naturalmente un giudizio negativo: “Ci mancavaanche questa! - esclamò - O sventura, sventura! ... Ciarlataneria? Mistero della vita? Caromio, dove il coraggio morale di prendere decisioni e di fare distinzioni, come quella tra frodee realtà si disgrega, la vita è bell’e tramontata…Abbia rispetto, ingegnere, dell’uomo che è inlei!”321 Castorp approva le considerazioni del pedagogo e decide di astenersi dal parteciparea quelle imprese, che ora continuano sotto la stretta supervisione di Krokowski, e durante lequali (si fanno due sedute a settimana), si verificano situazioni che stanno tra lo spavento eun umorismo, a volte addirittura comico. Dopo un po’ di tempo, circa due mesi e mezzo, glialtri partecipanti invitano Castorp a interrompere la sua astensione, perché Elly, nell’ultimaseduta, mentre era in sogno, ha promesso che nella successiva avrebbe presentato qualsiasidefunto indicato dai partecipanti. Nonostante questa previsione il giovane rifiuta, ma unasera, mentre ascolta la musica di Gounod, quella con la preghiera del soldato che parte perla guerra, cambia idea, perché immagina di nuovo la figura di Joachim, e pensa, concommozione, che potrebbe essere, peccaminosa o no, una cara avventura quella di

319 Ibidem, p.1115320 Ibidem, p.1124321 Ibidem, pp. 1125-1126

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rivederlo. La mattina dopo comunica la sua partecipazione alla seduta prevista per la serastessa. Giunto il momento, entra insieme agli altri nel seminterrato dove si tengono questeriunioni e tutti si salutano con una gaiezza un po’ forzata, quasi a voler togliere un’ariadeprimente dall’atmosfera, mentre la giovane Elly è già sotto la stretta sorveglianza deldottor Krokowski. Anche ora tralasciamo di raccontare nei minimi particolari lo svolgimentodella seduta, che dura più di due ore, se non nelle parti che riguardano più direttamente ilcoinvolgimento del nostro eroe. Egli, entrando, riceve il benvenuto di Krokowski con un“Coraggio, amico mio!” ma mostra un atteggiamento “incerto e taciturno”, che neanche leparole del dottore riescono a fargli superare. Dopo aver perquisito la medium nellostanzino, come è di regola, con l’aiuto di due signore, il dottore torna nella stanza e invita ipresenti a prendere posto, affidando a Castorp un compito speciale, quello di “controllore”della medium e gli spiega come si fa: i partecipanti si sono seduti in semicerchio intorno altavolo, la ragazza si siede a una delle estremità del semicerchio e lui si deve mettere difronte a lei tenendole strette le mani e stringendo le ginocchia di lei tra le proprie; saràaiutato in questa operazione dalla signora Kleefeld. Anche questa volta le luci sono soffuse esi avvia, secondo le precise indicazioni del dottore, una conversazione distratta,accompagnata anche, come sempre, da un sottofondo musicale: quando la Kleefeld, ormaiesperta, annuncia la trance della medium, la musica e la conversazione vengono interrotte edopo un po’ si rileva la presenza dello spirito di Holger. Il dottore allora invita i presenti adesprimere il desiderio su chi dovrà essere evocato da Holger, e siccome segue un lungosilenzio che nessuno si decide a spezzare, Castorp alla fine, anche perché la faccenda nonvada troppo per le lunghe, si decide ad esprimere il suo desiderio di vedere il defunto cuginoJoachim Ziemssen. A parte le modalità della trance della medium, che l’Autore paragona alledoglie di una donna che stia per partorire, dopo un’ora non succede ancora nulla circa ildefunto evocato e pertanto si decide di fare un intervallo di quindici minuti, dopo di cheKrokowski dà il via per la ripresa e la ragazza va di nuovo in trance, sempre con il sottofondomusicale: a questo punto Castorp ha una intuizione e fa una proposta ad alta voce: sipotrebbe mettere su il disco con la canzone di Gounod, la preghiera del soldato che parteper la guerra e, alla domanda del motivo da parte del dottore, egli risponde che si tratta diun fatto sentimentale. Accade però una cosa strana: il giovane è convinto che quel disco sianell’armadietto chiuso nella sala di musica, di cui lui tiene sempre le chiavi, avendo invecefornito per le sedute un campionario di dischi di musica leggera e artisticamente menopregiata. Il dottore avverte però che assolutamente non può uscire dalla stanza, peraltrochiusa a chiave, per andare a prendere il disco, rischiando di mandare a monte la seduta.Nello stesso momento Wenzel, addetto al funzionamento del grammofono durante taliriunioni, dichiara che il disco nominato da Castorp è lì, infilato erroneamente in un albodiverso. Possiamo immaginare lo stupore del giovane, che tranne per un “qui?” si astiene daaltri commenti. Si procede quindi ascoltando al musica in silenzio, quando a un certo punto,mentre Castorp è impegnato non poco a tenere ferma la ragazza, si sente la Stohr che gridacon voce piagnucolosa e spezzata “Ziem- ssen!” La musica è finita e nella stanza c’è unapersona in più, seduta su una poltrona: “era il Joachim con le ombre nelle guance incavate e

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322 Ibidem, p.1149323 Ibidem, p.1151324 Ibidem, p. 1152325 Ibidem, p. 1157

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la barba guerriera dei suoi ultimi giorni…aveva due rughe sulla fronte, in mezzo agli occhiprofondamente infossati nelle occhiaie ossute, ma senza che ciò pregiudicasse la dolcezzadello sguardo di quei begli occhi grandi e scuri, muto e cordiale, rivolto a Castorp, a luisolo.”322 Castorp non si volge a guardare nessuno dei presenti, non li vuole vedere, ma sisente stringere la gola dalla commozione e, mentre gli occhi gli si riempiono di lacrime,mormora tra sé una richiesta di perdono e non vede più nulla. Non accetta l’invito deldottore di parlare allo spirito del cugino e ritrae le mani da quelle della ragazza, poi,noncurante del tono severo di Krokowski, si alza di scatto e si dirige verso la porta, accendela luce centrale bianca e infine, avvicinatosi al dottore, con gesto perentorio, senza parlare,ottiene la chiave e, con un’ultima occhiata minacciosa, esce dalla stanza.

È forse paura di incontrare le tenebre? Secondo noi è solo il consapevole rispetto delladignità umana, che non può prescindere dalla dignità dell’uomo anche dopo la morte.

LA GRANDE STUPIDITA’ TRASFORMATA NELLA GRANDE IRRITAZIONE

L’Autore narra, per bocca di Castorp, come al Berghof si stesse diffondendo una grandeirritazione con minaccia di crisi, grande impazienza, smania di risse, come se ci fossel’aggirarsi di uno spirito, diretta discendenza di quello di cui ha già parlato, il demone dellagrande stupidità. Il giovane “con l’irresponsabile curiosità di chi viaggia per imparare avevastudiato quel demone, trovando persino dentro di sé sospette possibiltà di parteciparelargamente al mostruoso servizio che i contemporanei gli dedicavano.”323 È una specie didelirio dilagante che genera in continuazione battibecchi velenosi, liti senza controllo che sitrasformano in risse bestiali, e la cosa peggiore da notare è che coloro i quali non sonodirettamene coinvolti partecipano quasi con simpatia e provano addirittura invidia perl’appiglio della lite: in questi casi, se lo spettatore non ha la capacità e la forza di ritirarsinella sua solitudine viene anch’egli attratto nel vortice. Questi inutili conflitti arrivanospesso, per trovare una composizione, davanti alle autorità sanitarie, che, pur cercando dimettere pace, sono “anch’esse paurosamente facili all’urlante villania,…”324 Vengono cosìnarrati, a titolo di esempio, numerosi fatti, frutto di quel dilagante spirito rissoso, che, nelmodo sagace in cui vengono dipinti, assumono tinte tra il comico e il grottesco. Qui netralasciamo la descrizione particolareggiate per dire soltanto che una di queste risse avevagenerato una vera e propria vertenza cavalleresca, finita in una sorta di gara di schiaffi, edivenuta ancora più ridicola per una certa “solennità formale” acquisita attraversodocumenti scritti, le cui copie circolano non solo all’interno del sanatorio ma anche fuori,"cioè non solo nel paese, nel cantone, nello stato, ma anche all’estero in America…”325 e quisalta fuori l’umorismo dell’Autore! Ora, a proposito di questa vicenda, un giorno Castorp

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327 Ibidem, p.1164328 Ibidem, p. 1164329 Ibidem, p. 1165330 Ibidem, p. 1167

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vede copia di alcuni di quei documenti addirittura nelle mani dei due pedagoghi “e consorpresa notò che anch’essi li leggevano con la faccia irritata e stranamente assorta. La gaiaironia…se la aspettava almeno da Settembrini. Ma il dilagante contagio che Castorp stavaosservando esercitava anche sulla limpida mente del massone un potere che gli toglieva lavoglia di ridere e gli faceva accogliere con serietà gli sferzanti stimoli della gara dischiaffi.”326 Inoltre per quanto riguarda i due pedagoghi, entrambi hanno subito unpeggioramento delle rispettive condizioni di salute, ma mentre l’umanista, convintoassertore della vita, se ne vergogna e ne prova tristezza e cruccio, Naphta diventa ancorapiù aspro e mordace nel modo di parlare e mostra “un’allegria beffarda e un’aggressivitàsenza pari, una smania di mettere in dubbio, di negare, di ingarbugliare che irritava quantomai la malinconia dell’altro e inaspriva ogni giorno più le loro controversie intellettuali.”327

Ciò nonostante il giovane rappresenta ancora per loro l’oggetto pedagogico necessario perstimolare i loro duelli intellettuali (limite all’aspetto intellettuale che tra un po’ vedremosuperato da un epilogo sconcertante!). Settembrini, da parte sua, soffre ancora nel vedereche il suo pupillo ritiene tuttora degne di ascolto le maligne disquisizioni dell’avversario, malo stesso giovane si rende conto che queste passano a volte ogni misura e “fin troppo spessoi limiti della sanità di mente.” In effetti Naphta, nel peggioramento delle sue condizioni disalute, “non possedeva la forza o la volontà di elevarsi al di sopra delle malattia, ma vedevail mondo sotto l’insegna di essa.”328

Così in questo scorcio della narrazione, che sta volgendo al temine, continua tra i due lacontesa dell’oggetto pedagogico e, di conseguenza, una ulteriore esasperazione delle lorodiatribe. Il piccolo gesuita torna ad affermare per l’ennesima volta che “la materia èsostanza troppo meschina per potervi attuare lo spirito”,329 inveisce nuovamente contro ilprogresso e, ancora di più, esprime il suo disprezzo per lo stato di sicurezza borghese, macade in continue contraddizioni durante tali dibattiti, nei quali, come appare palesemente algiovane Castorp, egli procede “per offuscare la ragione.”330

Quindi, lasciando da parte il contenuto di queste diatribe, che si ripetono e che più volteabbiamo ascoltato, passiamo, come fa l’Autore, a considerare un fatto concreto, incresciosoe soprattutto cruciale per l’epilogo del rapporto tra i due pedagoghi, a cui prima abbiamofatto incidentalmente cenno.

In una giornata di febbraio, in cui le condizioni fisiche dei due pedagoghi lo consentono, sidecide di fare un’escursione a Monstein, una località che dista di lì un’ora e mezzo di slitta.La compagnia, formata dai due più i tre del sanatorio, Castorp, Ferge e Wehsal, si muove indue slitte a un cavallo, percorrendo un sentiero che si fa via via più stretto, incassato tradue pareti di neve, finché si arriva a destinazione, davanti alla piccola locanda di Monstein.

326 Ibidem, p. 1163

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331 Ibidem, p. 1171332 Ibidem, p. 1172333 Ibidem, p.1175334 Ibidem, p.1175

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La gigantesca parete della montagna sovrastante, alta tremila metri, avvolta nella nebbia,incute un sacro rispetto e il giovane Castorp esprime la sua ammirazione, pronunciando“con un sentimento di sottomissione la parola “inaccessibile”.331 L’uso di quella parola offrea Settembrini l’occasione per informare che quella parete è stata già scalata e che non cisono luoghi così dove l’uomo non sia arrivato; un’esagerazione, almeno ai tempi in cui èambientato il romanzo, che viene subito rimbeccata da Naphta menzionando il MonteEverest, ancora inesplorato. Nonostante il risentimento indispettito dell’umanista, il gruppoentra, per consumare uno spuntino, nella locanda, dove sono anche altri avventori di varianazionalità. Mentre sono lì seduti intorno ad un tavolo, per il dichiarato scopo del ristoro,nasce una “conversazione elevata”, o per meglio dire, come precisa l’Autore, un monologodi Naphta, strano anche sul piano dell’educazione sociale, perché egli, voltando le spalle aSettembrini, si rivolge soltanto a Castorp e non si cura affatto degli altri due. Ancor piùstrano è il modo in cui svolge il monologo, pieno di contraddizioni: “A dire il vero, non svolseun tema unico, ma si aggirò senza rigore nel mondo dello spirito, sfiorando vari punti e, insostanza mirando a dimostrare in modo scoraggiante l’ambiguità dei fenomeni spiritualidella vita… e a far rilevare in quale veste cangiante si presenti l’assoluto su questa terra.”332

Continua poi, con la posizione di chi sta in cattedra, a tenere una lezione sul problema dellalibertà, esprimendo confronti e contrapposizioni tra le posizioni in merito dell’Illuminismo edel romanticismo, fino ad enunciare, sul principio dell’individualismo, che tale vocabolo èuno solo per più concetti e più posizioni tra loro contraddittorie. Ricorda infine ilmisticismo cristiano e del tardo medioevo, che, erigendo un argine contro la monarchiaassoluta, confermò il suo spirito di libertà e fu precursore della Riforma.

Insomma è nata una grande confusione e a questo punto Settembrini insorge ironicamente,ma insieme con un tono aspro: “Permette che mi informi se conta di finirla con le suescurrilità?” 333 Dicendo queste parole, l’umanista si è alzato quasi in piedi per richiamarel’attenzione di Naphta, che si volta con finto stupore e con uno sguardo ambiguo,chiedendogli di ripetere quanto ha appena detto. Settembrini quindi precisa che vuole ineffetti impedirgli di molestare con le sue scurrilità un giovane indifeso, e all’ulteriore invitodell’altro di moderare le parole, insiste con veemenza, dicendo infine: “La sua maniera diturbare nello spirito, sedurre e svigorire sul piano morale la gioventù già vacillante èun’infamia, e non ci sono parole abbastanza severe per castigarla…”334 e accompagna leparole alzandosi del tutto e battendo con forza la mano aperta sul tavolo. È veramente unascena plastica, che ci sembra di vedere in teatro! L’Autore si stupisce che i tre presenti nonfacciano alcun tentativo di pacificare gli animi, ma è evidente che anch’essi sono sottol’effetto di quello spirito maligno che infesta l’aria e, a causa di queste circostanze interiori,non sono assolutamente in grado né di prevedere, né tanto meno di prevenire, l’esitofinale della controversia. Nel silenzio di tutti il piccolo gesuita digrigna i denti, se ne sente

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336 Ibidem, p.1177337 Ibidem, p.1180338 Ibidem, p.1180339 Ibidem, p.1181

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“un rumore terribilmente sgradevole, selvaggio e bizzarro che però era sempre indizio di unpauroso dominio di sé”335, tanto che egli, invece di gridare, come ci si aspetterebbe,continua con voce bassa e una mezza risata ripetendo con un punto interrogativo le ultimeparole dell’umanista, infamia e castigo, e notando il suo atteggiamento fermo e impettito,conclude “Ah, vedo…io sono di ostacolo a lei, lei a me: bene, accomoderemo questa piccoladifferenza a suo luogo…”336, e, aggiungendo ancora una sua disquisizione sulle lorocontrapposte idee di rivoluzione, conclude con queste parole: “Le farò avere mie nuove.”“Saranno ascoltate, signore!” - questa la risposta di Settembrini. Naphta è uscito per contosuo e per fortuna ci sono due slitte per tornare indietro. Solo ora gli altri tre si rendonoconto di quanto siano stati poco accorti nel valutare la pericolosità della situazione eCastorp, in quell’atteggiamento pensoso con cui si sostiene il mento, imitando il vecchiononno, trova alla fine il coraggio di esprimere con angoscia il dato di fatto, cioè che Naphtaha lanciato all’altro una sfida. Intende egli accettarla? Certamente sì! Il giovane, resosi contodella mostruosità dell’evento pensa che, in qualche modo, bisogna scongiurarlo. Durante ilviaggio di ritorno cerca di riportare Settembrini a più pacati ragionamenti, osservando che“Sì è stata un’offesa ma non un’ingiuria! C’è una bella differenza, mi scusi! Si tratta di coseastratte, spirituali…tutto rimane sul piano dello spirito e non ha affatto un valore personale,il solo che può determinare un’ingiuria…”,337 tale da giustificare un duello, aggiungiamo noi.Settembrini ritiene invece che le cose dello spirito possono “suscitare conflitti e passionidella durezza di quelli che sorgono nella vita reale e non lasciano altra soluzione che quelladelle armi.”338 Anzi l’umanista continua rafforzando ancora di piu’ il suo concetto: “Chi nonè in grado di farsi garante dell’ideale con la propria persona, col suo braccio, col suo sanguene è indegno…”339 Il giovane si prende il rimbrotto e riflette in silenzio che le parole diSettembrini si mostrano ferme e logiche ma nello stesso tempo sembrano estranee ai suoinaturali pensieri: anche questi pensieri derivano da quelle circostanze interiori, diffusedappertutto e in ognuno sotto l’egida del dilagante spirito maligno della stupidità edell’irritazione. A questo punto non resta che pensare a come organizzare gli aspetti praticidell’incresciosa vicenda. Castorp si offre come padrino di Settembrini ma tale soluzione nonappare accettabile, per cui si decide che il giovane avrà il ruolo di arbitro mentre Ferge faràda padrino all’umanista e Wehsal al gesuita. Castorp pensa che in qualità di arbitro potràinfluire nel decidere le modalità della sfida, ma già la sera stessa giungono da Naphta,attraverso il suo padrino proposte dissennate: la scelta della pistola come arma, invece dellaspada ipotizzata da Settembrini, l’uso di tre pallottole e una distanza di cinque passi. Nelletrattative del giorno dopo, invece, si giunge a un accordo nel ridurre le pallottole a una solae la distanza a quindici passi. Castorp ricorda che il giovane Albin, nel sanatorio, possiededue pistole, quindi gliele chiede in prestito, ricevendole insieme alle necessarie istruzioni, esi rimette al suo senso cavalleresco per assicurarsi la piena segretezza in merito alla

335 Ibidem, p. 1176

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340 Ibidem, p.1185341 Ibidem, p. 1186342 Ibidem, p. 1188

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faccenda. Intanto passano due giorni e tre notti e il giovane Castorp, per tranquillizzarsi,riflette che “uno stato d’animo non resiste immutato al volgere delle ore, L’indomanimattina, con l’arme in mano, nessuno dei combattenti sarebbe stato lo stesso del giorno dellitigio. Agivano, semmai, macchinalmente, costretti dallo spirito cavalleresco, non giàsecondo il libero arbitrio del momento, come avrebbero invece agito allora, per smania econvinzione…”340 Ma questo suo ragionamento interiore, che ben si potrebbe applicareall’indole di Settembrini, risulterà del tutto inadatto all’atteggiamento “terroristico” delpiccolo Naphta, che ha addirittura rifiutato, in maniera categorica, la presenza di un medicoal momento del duello, per il quale è stato scelto come luogo, su proposta di Castorp, quelsito idilliaco dove lui soleva “regnare” in solitarie riflessioni. Arriva così la mattina delloscontro e alle sette è ancora buio: quando Castorp esce dal sanatorio è solo, gli altri duesono già andati, e cammina “macchinalmente e costretto dallo spirito cavalleresco sotto ilpeso della circostanze” ma sempre convinto “che non era lecito abbandonare le cose a séstesse”341 e che, con la sua presenza, tutto si risolverà nel migliore dei modi. Durante iltragitto incontra Settembrini con Ferge e vede un po’ più avanti Naphta con Wehsal. Vuoledire in qualche modo due parole all’umanista, ma questi, comprendendone le intenzioni,subito lo interrompe e, prendendogli una mano, lo rassicura: “Amico mio, io non ucciderò.Non lo farò…”342 e pensa dentro di sé che se l’uno non spara anche l’altro non avrà ilcoraggio di farlo. Arrivati su in cima, nel luogo convenuto, il giovane nota che, pur in quelletragiche circostanze, il “regno” delle sue solitarie riflessioni non è meno bello! Sono ormaitutti sul posto e Naphta sta fumando una sigaretta con aria di affettazione, si scambiano, amo’ di saluto gelidi inchini, e quando Castorp cerca di intervenire per scongiurarel’attuazione del proposito, il gesuita, con voce fredda e perentoria, rifiuta ogni intervento diconciliazione e chiede le armi. Segnate le distanze, che Ferge continua a misurare conprecisione, un nuovo tentativo di dissuasione da parte del giovane viene respinto dalla vocedura di Naphta il quale esclama; “Stia zitto lei! …Voglio il segnale.” Ma proprio sul segnalenessuno ha preso accordi, sul come e chi lo dovesse dare, così che Naphta, guardandoSettembrini, lo invita a cominciare, a venire avanti e a sparare, mentre lui fa lo stesso con lapistola in pugno.

Si apre davanti a noi una scena incredibile, dice l’Autore!

Nel momento in cui Naphta è arrivato già alla barriera, Settembrini è solo al terzo passo,alza la pistola molto in alto e spara…ha sparato quindi in aria. Il suo avversario, incredulo eindispettito, abbassa la sua arma e grida all’altro di sparare di nuovo, dandogli inoltre delvigliacco; Settembrini gli risponde che non sparerà una seconda volta e che ora tocca alui…Forse in realtà ci vuole più coraggio a sparare che a subire uno sparo e Naphta, alzata la

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343 Ibidem, p. 1192344 Ibidem, p. 1192345 Ibidem, p. 1193346 Ibidem, p. 1193347 Ibidem, p. 1196

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pistola si spara alla tempia. Tutti sono atterriti da tale sconvolgente epilogo e Settembrini èil primo a soccorrere il suicida esclamando: “Disgraziato! Che cosa fai, per amor di Dio?”343

Forse in questa scena possiamo cogliere quel “senso voluttuoso della morte”, che più voltel’umanista aveva presentito nell’avversario e contro cui aveva messo in guardia il suopupillo.

UN DOPPIO COLPO DI TUONO

Riacchiappiamo adesso lo scorrere del tempo, che da un po’ è diventato nebuloso per ilprotagonista e anche per noi lettori: a questo punto è l’Autore che fa il conteggio preciso efinalmente ci informa che sono passati sette anni da quando il giovane Castorp è arrivatolassù.

Ora però lo vediamo cambiato anche nell’aspetto: egli si è fatta “crescere una barbetta apunta, biondiccia, di forma non ben definibile che siamo costretti a considerare indizio di unacerta indifferenza filosofica per il suo aspetto esteriore.”344 Le autorità superiori delsanatorio hanno smesso di interessarsi a lui ed egli gode perciò “il privilegio singolarmenteallegro, di non essere più interrogato, di non avere più nulla da fare, perché la suabocciatura è ormai decisa e nessuno lo prende più in considerazione,… una forma orgiasticadi libertà…”345. Se ricordiamo bene, il nostro protagonista proprio nel primo periodo disoggiorno al Berghof, dopo un episodio che riguardava il giovane Albin, aveva agognato taletipo di piacere, di non avere più nulla da perdere e di potersela ridere di tutto. Egli, dopoquel lungo tempo passato lassù, non corre più il pericolo di decisioni avventate e arbitrarieed è diventato “una persona sicura e definitiva che da un pezzo non sapeva dove mai andaree non era neanche in grado di concepire il pensiero del ritorno al piano…”346 Una circostanzaparticolare lo rende ancora più consapevole di questo suo distacco definitivo dalla pianura:ricevuta infatti la notizia dell’avvenuta morte del prozio, il vecchio console Tienappel, egli silimita a scrivere agli zii-cugini due righe di circostanza su carta listata di nero. Non èappropriato parlare, per descrivere i suoi sentimenti in proposito, di lutto e tristezza, perchéil legame sentimentale con la sua famiglia del piano, in tutti quegli anni, trascorsinell’indifferenza reciproca, si è ridotto quasi a zero, il che accresce ulteriormente la suasensazione di conquistata libertà. Così il giovane, per ragioni di “libertà” ha rinunciato giàda parecchio all’orologio e al calendario, in onore “della magia ermetica alla quale il rapitosi era mostrato accessibile e che aveva costituito la fondamentale avventura della suaanima…”347 In questo stato d’animo lo troviamo quando, in estate, sta per compiersi ilsettimo anno della sua permanenza “lassù”.

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348 Ibidem, p. 1197349 Ibidem, p. 1198350 Ibidem, p. 1199351 Ibidem, p.1201352 Ibidem, p.1202

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“In quella rimbombò il colpo di tuono che tutti sappiamo, l’assordante scoppio dellosciagurato miscuglio di stupidità e irritazione, accumulato da molto tempo, …un tuonostorico…il quale scrollò le fondamenta della terra, per noi, invece, il tuono che spacca lamontagna magica e mette bruscamente alla porta il dormiglione.”348 Proprio come uno che,appena svegliato, si stropiccia gli occhi per vedere bene, così l’Autore ci descrive il giovaneCastorp, che, nonostante gli ammonimenti del suo mentore, non si è mai curato di leggere igiornali per capire che cosa stesse succedendo nel mondo reale di “laggiù”.

Ora, a parti invertite rispetto a quando l’umanista andò a trovare il giovane, costretto a lettonel suo primo periodo di cura, e gli offrì i suoi servizi pedagogici nominandolo ufficialmente“pupillo delle vita”, è Castorp a stare vicino al letto di Settembrini, nella sua cameretta e afargli compagnia, ascoltando le sue preoccupate dissertazioni sulla situazione mondiale, chesta precipitando verso il baratro. Il pedagogo parla, come al solito, con bella eloquenza macon voce flebile perché le sue condizioni sono peggiorare e raramente può alzarsi: la mortedi Naphta inoltre, e soprattutto il modo, gli ha procurato una grande depressione, tanto cheegli ha smesso anche di lavorare alla “Sociologia della sofferenze”, compito affidatogli, comericorderemo, dalla Lega Internazionale per il Progresso. I discorsi, che adesso tiene algiovane, partono con “zampe di colomba” ma quando arriva a parlare “dell’unione dei popoliliberi per la felicità universale, vi si mescolava (forse senza che egli stesso lo volesse esapesse) come un frusciare d’ali d’aquila…”349 Settembrini gli parla ancora dei concetti diumanità, politica, letteratura che si fondono in quello di civiltà, “idea costituita dallamitezza della colomba e dall’audacia dell’aquila”, ma nell’esaltare “l’aurora delle genti” e lasconfitta del “principio dell’inerzia”, sembra, in maniera contraddittoria, favorevole anchealla guerra. Sempre a causa di quello spirito maligno, più volte nominato, “le circostanzeinteriori fecero sì che nei bei sentimenti di Settembrini l’audacia dell’aquila si imponessesempre più sulla mitezza della colomba.”350

Nei giorni dell’attesa, in un’atmosfera opprimente che inquieta l’Europa intera, il giovanenon vede Settembrini ma le gravi notizie arrivano comunque fin lassù, sul suo balcone.L’Autore ci descrive di nuovo il risveglio del dormiglione, che stropicciandosi gli occhi, nonriesce a capire dove si trovi, ma pian piano si alza in piedi e si guarda intorno e “si videdisincantato, redento, liberato,... non di sua iniziativa, come dovette riconoscere convergogna, ma messo alla porta da potenze elementari esterne per le quali la sua liberazioneera un fatto secondario in mezzo a tanti altri.”351 Dopo questa folgorazione, con cui la realtàdella vita risveglia il suo “pupillo peccatore”, Settembrini lo trova che già sta facendo levaligie, perché in seguito al brusco risveglio “il giovane si è buttato nel vorticoso subbugliodelle partenze arbitrarie, suscitate nella valle dal tuono dirompente.”352

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353 Ibidem, p. 1209

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La stazione di Dorf è brulicante di persone in partenza e Settembrini, che ha accompagnatoCastorp, è talmente emozionato che lo abbraccia, lo bacia alla maniera meridionale, sulledue guance, e, mettendo in soggezione la innata ritrosia del giovane, gli si rivolge con il “tu”e lo chiama con il nome italiano di “Gianni”, rammaricandosi di vederlo partire non per lasua carriera di ingegnere ma per combattere una guerra. Castorp, dal finestrino, lo salutacon la mano e il pedagogo ricambia con un cenno della mano destra, toccandosi con l’altraun’occhio…forse asciuga una lacrima?

Il nostro eroe è partito e l’Autore lo immagina nel pieno delle operazioni di guerra, ma la suaimmagine rimane indistinta in mezzo a quella di altri “tremila ragazzi febbricitanti” checorrono, cadono, avanzano a tratti nel fango, al limitare di un bosco, al margine del quale“noi, ombre vigli, siamo in mezzo a loro”… la descrizione però è talmente incalzante,coinvolgente, un esempio così elevato di poesia in prosa che non possiamo osareraccontarla ma solo consigliarne la personale e integrale lettura.

Nell’ansia spasmodica che l’Autore prova, e trasmette a noi lettori, quando pensa di averintravisto il giovane nel trambusto generale della battaglia e poi, ancora di più, quando temesia stato colpito e lo perde di nuovo di vista, gli rivolge un addio, consapevole dellepericolose sorti a cui va incontro ma ciò nonostante lanciando un messaggio di speranza perlui e per tutti noi:

“Chi sa che anche da questa mondiale sagra della morte, anche dalla febbre maligna cheincendia tutt’intorno il cielo piovoso di questa sera, sorgerà un giorno l’amore?”353

Ad un secolo di distanza da quando questa lunga storia di avventure, reali e spirituali, è statascritta, possiamo anche noi oggi porci una domanda che contenga in sé un augurio validoper riaffermare la dignità dell’uomo?

La domanda è “Potrà mai il demone della GRANDE STUPIDITÀ, dilagante oggi come allora,essere sconfitto dalla GRANDE SPERANZA?”

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CONCLUSIONE

Spero, con questa rilettura interpretativa della “Montagna Incantata” di Thomas Mann, diaver contribuito ad offrire un esempio di approccio filosofico-esistenziale nell’accostarsi adun’opera letteraria, che ancora oggi mostra una grande attualità e una profondità spirituale,che ci fa riflettere sull’epoca a noi contemporanea e sulle esperienze quotidiane della vita,che continuamente ci impongono delle scelte.

Affinché l’approccio filosofico si trasformi in pratica filosofica è dalle esperienze della vitache bisogna partire, e questa volta mi richiamo a Miguel de Unamuno, il quale ha dedicatotutta la vita a rileggere ed analizzare il Don Chisciotte, “perché considera i testi letteraricome il migliore riflesso della vita e delle sue laceranti contraddizioni. E anche perché, inlinea con il suo orientamento antidogmatico, riteneva che la letteratura offre il miracolodell’imprevedibilità, dello scarto, che invece un’applicazione rigorosa, della razionalitàpensante non avrebbe mai concesso. Per Unamuno la letteratura è vita essa stessa…”354

Alla luce di tali considerazioni mi auguro, con la modestia che si conviene, di aver fatto unaconsulenza filosofica sul testo dell’opera narrativa, oggetto di questo lavoro, nonché sulleesperienze di vita del suo protagonista, almeno fin là dove abbiamo potuto seguirlo.

354 M.de UNAMUNO, In viaggio con Don Chisciotte- introduzione E. Lodi p. 9- ED. Medusa 2013.

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BIBLIOGRAFIA

BLOOM H. – Come si legge un libro (e perché) – CE Rizzoli – Milano – Ed. 2000

CALVINO I. – Perché leggere i classici – CE Mondadori - Milano– Ed. Oscar 2001

DAUMAL R. – Il Monte Analogo – CE Adelphi – Milano – Ed.2010

MANN T. - La Montagna Incantata – CE Corbaccio – Milano – Ed. 1992

de UNAMUNO M. – In Viaggio con Don Chisciotte – CE Medusa – Milano – Ed.2013

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INDICE

PREMESSA

CAPITOLI I – II- III 1

L’ARRIVO – I RICORDI DI INFANZIA E LE CONCEZIONI MORALI DI CASTORP- I PRIMI INCONTRICON L’AMBIENTE DEL SANATORIO E CON LE PERSONE MALATE CHE VI SOGGIORNANO

CAPITOLO IV 16

VI SI NARRA QUANTO SUCCEDE AL PROTAGONISTA NELLE TRE SETTIMANE DI SOGGIORNOPREVISTE LASSU’

DIFFICILE ASSUEFAZIOE AL CLIMA DI ALTA MONTAGNA

APPROFODIMENTO DELLA CONOSCENZA CON IL PEDAGOGO SETTEMBRINI E DIGRESSIONIDI CARATTERE FILOSOFICO: SUL SENSO DEL TEMPO, SULLA MALATTIA, SUL PENSIERO DELLAMORTE, SULLA MUSICA, SULLA TECNICA E IL PROGRESSO, SULLA LETTERATURA,SULL’AMORE COME POTENZA PATOGENA

CAP. V 28

INIZIO DELLA CURA DI CASTORP – ANCORA DIGRESSIONI SUL TEMPO, SULLA MALATTIA,SULLA LIBERTA’ E SU ALTRI CONCETTI CHE VIA VIA SI SVILUPPANO E SI APPROFONDISCONONELLA VITA DI LASSU’

CAPITOLO VI 43

VI SI NARRANO I MUTAMENTI PRODOTTI DALLO SCORRERE DEL TEMPO - L’INCONTRO CONUN NUOVO PERSONAGGIO - LA PARTENZA ARBITRARIA E IL RITORNO DI JOACHIML’ESPERIENZA DEL SOGNO DI CASTORP NELLA TORMENTA DI NEVE

CAPITOLO VII 73

VI SI NARRA IL RITORNO DI MADAME CHAUCHAT IN COMPAGNIA DI UN NUOVOPERSONAGGIO - DELLA GRANDE STUPIDITA’ CHE SI DIFFONDE NEL SANATORIO E NON SOLO- ANCORA DI NUOVE ESPERIENZE DEL PROTAGONISTA - DEL FINALE COLPO DI TUONO

CONCLUSIONE 108

BIBLIOGRAFIA 109