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http://web.tiscali.it/vanni_38/mecc9.htm ATTRITO DEFINIZIONE: l'attrito è la forza che si sviluppa fra due solidi a contatto in moto relativo fra loro. N.B.: affinchè ci sia attrito occorre che si verifichino contemporaneamente tre condizioni: 1) ci siano due solidi: fra nave e mare non c'è attrito; 2) siano a contatto(a); 3) siano in moto relativo: fra automobile ferma e strada non c'è attrito. LINGUAGGIO COMUNE. A) Perchè nel linguaggio comune si dice che la nave ha attriro con il mare, l'aereo ha attrito con l'aria, i meteoriti bruciano per l'attrito con l'atmosfera, i fiumi scorrendo incontrano attrito sulle sponde, ecc. ecc.? Perchè nel linguaggio comune si considera attrito come sinonimo di resistenza al moto e ciò non è vero. B) Perchè nel linguaggio comune si dice che l'automobile ferma in una discesa, senza sistemi di arresto, non si muove per l'attrito con la strada? Perchè nel linguaggio comune si considera attrito come sinonimo di inerzia e ciò non è vero. C) Perchè nel linguaggio comune si dice che le resistenze al moto sono passive? Perchè nel linguaggio comune si considera una perdita (passivo, nel linguaggio finanziario) il lavoro che non produce movimento, anzi lo fa finire e ciò non è sempre vero. RESISTENZA AL MOTO: le resistenze al moto, cioè le forze che si oppongono al movimento indefinito delle masse, sono di almeno tre tipi: 1) attrito radente e attrito volvente ; 2) del mezzo ; 3) degli organi flessibili . Ciascuno dei tipi ha una sua definizione ben precisa che deve essere rispettata completamente, altrimenti non si capiscono i meccanismi intimi che regolano i diversi fenomeni. INERZIA: l'inerzia è la forza che nasce quando si vuole cambiare lo stato di quiete o di moto di una massa ed è sempre opposta alla forza che serve per fare il cambiamento di stato. Inerte è chi non agisce, chi non prende iniziative; moto inerziale è quello di una massa che si muove senza l'azione di una forza, o, meglio, che continua a muoversi anche dopo la cessazione dell'azione della forza. PASSIVO: ha il significato di qualcosa di cattivo, qualcosa che sarebbe meglio non ci fosse. Eppure, quando con l'automobile corriamo contro un muro forse è meglio che ci sia la resistenza al moto nei freni, resistenza che allora diventa attiva! Concludendo: nel linguaggio comune tutte le resistenze al moto vengono chiamate attrito e sono considerate sempre una perdita e ciò è sbagliato. USURA: è il fenomeno per cui particelle (di solito) infinitesimali si staccano dalle due superfici a contatto producendo due conseguenze: a) 1

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http://web.tiscali.it/vanni_38/mecc9.htm

ATTRITO

DEFINIZIONE: l'attrito è la forza che si sviluppa fra due solidi a contatto in moto relativo fra loro.

N.B.: affinchè ci sia attrito occorre che si verifichino contemporaneamente tre condizioni:1) ci siano due solidi: fra nave e mare non c'è attrito;2) siano a contatto(a);3) siano in moto relativo: fra automobile ferma e strada non c'è attrito.LINGUAGGIO COMUNE.A) Perchè nel linguaggio comune si dice che la nave ha attriro con il mare, l'aereo ha attrito con l'aria, i meteoriti bruciano per l'attrito con l'atmosfera, i fiumi scorrendo incontrano attrito sulle sponde, ecc. ecc.? Perchè nel linguaggio comune si considera attrito come sinonimo di resistenza al moto e ciò non è vero.B) Perchè nel linguaggio comune si dice che l'automobile ferma in una discesa, senza sistemi di arresto, non si muove per l'attrito con la strada? Perchè nel linguaggio comune si considera attrito come sinonimo di inerzia e ciò non è vero.C) Perchè nel linguaggio comune si dice che le resistenze al moto sono passive? Perchè nel linguaggio comune si considera una perdita (passivo, nel linguaggio finanziario) il lavoro che non produce movimento, anzi lo fa finire e ciò non è sempre vero.RESISTENZA AL MOTO: le resistenze al moto, cioè le forze che si oppongono al movimento indefinito delle masse, sono di almeno tre tipi: 1) attrito radente e attrito volvente; 2) del mezzo; 3) degli organi flessibili. Ciascuno dei tipi ha una sua definizione ben precisa che deve essere rispettata completamente, altrimenti non si capiscono i meccanismi intimi che regolano i diversi fenomeni.INERZIA: l'inerzia è la forza che nasce quando si vuole cambiare lo stato di quiete o di moto di una massa ed è sempre opposta alla forza che serve per fare il cambiamento di stato. Inerte è chi non agisce, chi non prende iniziative; moto inerziale è quello di una massa che si muove senza l'azione di una forza, o, meglio, che continua a muoversi anche dopo la cessazione dell'azione della forza.PASSIVO: ha il significato di qualcosa di cattivo, qualcosa che sarebbe meglio non ci fosse. Eppure, quando con l'automobile corriamo contro un muro forse è meglio che ci sia la resistenza al moto nei freni, resistenza che allora diventa attiva!Concludendo: nel linguaggio comune tutte le resistenze al moto vengono chiamate attrito e sono considerate sempre una perdita e ciò è sbagliato.USURA: è il fenomeno per cui particelle (di solito) infinitesimali si staccano dalle due superfici a contatto producendo due conseguenze: a) diminuzione di massa (i due solidi diventano più sottili: tipica è l'azione delle lime); b) diminuzione della rugosità (le superfici diventano più "lisce": tipica è l'azione delle "carte smeriglio").CALORE: è una conseguenza diretta della presenza della forza d'attrito. Questa forza sposta il suo punto di applicazione con il movimento del solido e quindi, essendo presenti forza e spostamento, si ha lavoro e di conseguenza, almeno in parte, calore. Se non ci fosse attrito, tutto il lavoro che produce il movimento dei solidi sarebbe "utile"; la presenza della forza d'attrito diminuisce l'utilità di tale lavoro, trasformandolo almeno in parte in calore: è questa la più comune causa di riduzione del rendimento.

LUBRIFICAZIONE

DEFINIZIONE: la lubrificazione è la tecnica che consiste nell'interporre fra due solidi a contatto un opportuno liquido (lubrificante) con lo scopo di: a) ridurre l'attrito; b) annullare l'attrito.

N.B.: anche l'acqua o addirittura un aeriforme possono funzionare come lubrificanti(b), ma non con le stesse caratteristiche di "bontà" o di efficienza, che consistono essenzialmente in:1) durata nel tempo;

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2) neutralità chimica nei riguardi dei materiali che costituiscono i solidi a contatto;3) protezione delle superfici.LINGUAGGIO COMUNE.Nel linguagio comune si afferma che l'attrito può essere soltanto ridotto e ciò non è vero. Se fra i solidi vi è uno strato di lubrificante di spessore maggiore delle rugosità delle due superfici, i due solidi non sono più a contatto e quindi non sono più soggetti alla forza d'attrito. A questa forza si sostituisce la resistenza del liquido, che è almeno 100 volte minore di quella d'attrito.CONCLUSIONI:a) riduzione dell'attrito: si ha quando lo strato di lubrificante non è sufficiente ad annullare le rugosità superficiali dei solidi a contatto ma, riempiendo le valli, tiene i corpi a distanza tale che essi non ingranano più completamente. La forza di primo distacco è più piccola e quindi il moto diventa più "facile" da iniziare.b) annullamento dell'attrito: se il lubrificante ha una pressione sufficiente a far "galleggiare" il solido in movimento (come accade per gli alberi motori delle automobili dentro le bronzine), il contatto non esiste più e quindi mancano o si riducono tutti i fenomeni legati all'attrito e di conseguenza si riduce il lavoro perso in calore e l'usura scompare.

COEFFICIENTI DI ATTRITO: per l'attrito radente (f = R / Pn) con superfici secche o parzialmente lubrificate si ha:

SUPERFICI A CONTATTO SECCHE LUBRIFICATE

ACCIAIO SU ACCIAIO0,20 0,10

BRONZO SU GHISA0,15 0,08

GHISA SU GHISA0,12 0,07

LEGNO SU LEGNO0,40 0,15

CUOIO SU GHISA0,50 ---

CAUCCIU' SU METALLO O LEGNO0,60 ---

METALLO SU LEGNO0,50 0,20

COEFFICIENTI DI ATTRITO: per l'attrito volvente (fv = R /Pn) si ha mediamente:

AUTOVEICOLI SU STRADA ORDINARIA0,025 0,035

AUTOVEICOLI SU STRADA ASFALTATA0,025 0,020

VEICOLI FERROVIARI SU ROTAIE0,002 0,003

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(a) Il significato di contatto è relativo: gli atomi superficiali dei due solidi non possono toccarsi perchè la forza di repulsione fra gli elettroni tende a diventare infinita quando la distanza fra loro diminuisce. Il "contatto" avviene quindi fra campi elettrici e non fra particelle di materia. (b) Nel caso dell'attrito radente, quando la velocità supera i 20 m / s, fra i due corpi si insinua un velo d'aria che li tiene separati parzialmente, per cui la forza di attrito diminuisce.

ATTRITO RADENTE

DEFINIZIONE. L'attrito radente o di strisciamento si ha quando due masse sono a contatto su superfici piane e in moto relativo fra loro (un libro che striscia su un tavolo).

SITUAZIONE. Una massa di peso PP è appoggiata su un piano orizzontale, il quale reagisce con una forza opposta RP. Alla massa è legata una fune lungo la quale agisce la forza F rappresentata da un peso attaccato alla fune. Nel contatto fra massa e piano di appoggio, durante il moto, si sviluppa la forza di attrito R.DISCUSSIONE. La forza R esiste solo durante il moto! Poichè è una forza, si devono definire direzione, verso, punto di applicazione e modulo.Direzione: tangente alla superficie di contatto.Verso: contrario al verso del movimento, nel nostro caso R è verso sinistra poichè F è verso destra.Punto di applicazione: baricentro della superficie di contatto.Modulo: la forza di attrito è sempre una parte della forza che la massa appoggiata esercita sul piano di appoggio. Nel nostro caso R è una frazione di PP e quindi scriveremo:

R = f * PP

Se sulla massa agissero anche le forze G, H, ... la forza R sarebbe: R = f * (PP + G + H + ...).

IL COEFFICIENTE DI ATTRITO. Il numero f è il coefficiente di attrito, cioè esso è la frazione di PP che determina il valore di R. Il coefficiente di attrito è stato studiato per primo da Galileo e poi è stato definito completamente da Coulomb. Le leggi che lo governano sono:1) dipende dalla natura dei materiali e dallo stato delle superfici di contatto(a).2) dipende dalla velocità della massa: è più grande (anche il triplo: attrito di primo distacco(b)) quando la velocità è piccola, poi è quasi costante sino alla velocità di 20 m / s, e infine tende a diminuire leggermente(c).3) dipende dalla somma delle forze perpendicolari alla superficie di contatto (se la forza è inclinata, bisogna calcolare la componente perpendicolare).4) non dipende dalla ampiezza della superficie di contatto, a meno che non si tratti di una punta o di una lama.N.B. Si ha attrito radente anche quando le superfici non sono piane, ma addirittura circolari: ciò avviene ad esempio per una ruota "insabbiata" o nel contatto asse - perno oppure ancora per una ruota che slitta sul ghiaccio. Nel primo e nel secondo caso, è vero che uno degli elementi ruota, ma ciò avviene sempre e solo sullo stesso punto dell'altro, per cui l'azione è simile a quello di una lima semitonda.

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COEFFICIENTI DI ATTRITO: per l'attrito radente (f = R / Pn) con superfici secche o parzialmente lubrificate si ha:

SUPERFICI A CONTATTO SECCHE LUBRIFICATE

ACCIAIO SU ACCIAIO0,20 0,10

BRONZO SU GHISA0,15 0,08

GHISA SU GHISA0,12 0,07

LEGNO SU LEGNO0,40 0,15

CUOIO SU GHISA0,50 ---

CAUCCIU' SU METALLO O LEGNO0,60 ---

METALLO SU LEGNO0,50 0,20

(a) Le supefici di contatto possono essere lisce - ruvide, piane - ondulate, nuove - arrugginite, secche - umide, dello stesso materiale - di diverso materiale, alla stessa temperatura - a temperatura diversa, ecc. ecc. A ciascuna di queste coppie di "stati" corrisponde un coefficiente di attrito diverso. Se però fra le superfici c'è uno strato di lubrificante, l'attrito sparisce.

(b) L'attrito di primo distacco si verifica nei primi istanti del moto, cioè quando, vinta la forza di inerzia, la massa lascia la posizione di quiete. Il coefficiente f è allora più grande di quello "normale" perchè le due superfici erano "ingranate" e, per separarsi, devono prima uscire dalle rugosità l'una dell'altra. (c) Quando la velocità supera i 20 m / s, fra i due corpi si insinua un velo d'aria che li tiene separati parzialmente, per cui la forza di attrito diminuisce.

ATTRITO VOLVENTE

DEFINIZIONE: l'attrito volvente(a) è la forza che si sviluppa fra due solidi a contatto in moto rotatorio relativo senza strisciamento (ruota su ruota o ruota su strada).

N.B.: L'attrito volvente puro non esiste poichè tutti i corpi sono deformabili, per cui l'attrito si sviluppa sempre su una superficie piana o quasi, e quindi è sempre accompagnato da quello radente.

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APPLICAZIONE. L'applicazione più importante si ha nella trasmissione del moto con le ruote di frizione, sia frontali che periferiche. In questa applicazione è indispensabile che si verifichi uno strisciamento minimo, altrimenti si avrebbe una rapida usura(b) e le ruote diventerebbero inutilizzabili. Nella figura qui sotto a sinistra F è la forza di attrito: il suo verso è tale da produrre momenti (azioni rotanti) opposti a quelli desiderati e quindi capaci di frenare la rotazione, oraria nella ruota superiore e antioraria in quella inferiore.Poichè F è una forza occorre definire direzione, verso, punto di applicazione e modulo.Direzione: tangente alla ruota nel punto di contatto;Verso: tale da produrre momenti frenanti;Punto di applicazione: baricentro della zona di contatto;

Modulo:

F = fv * Pn

dove Pn è la forza perpendicolare alla zona di contatto e fv è il coefficiente di attrito volvente.

Nella figura a destra è rappresentata la situazione reale che si ha fra ruota e strada: la ruota si deforma, per cui il punto di contatto diventa una superficie più o meno ampia. La reazione T = Pn si sposta da O in O' di una quantità b, nel verso del moto, in modo da produrre un momento resistente di attrito Mr = T * b che si oppone al rotolamento. Chiamando F la forza(c) che produce l'avanzamento con velocità V, in condizioni di equilibrio(d), si ottiene:

F * r = T * b = Pn * b .

Ma, proprio per l'equilibrio, deve essere anche F = R (essendo R la forza d'attrito) e perciò si ottiene infine:

R * r = Pn * b;                R = Pn * b / r = fv * Pn

relazione che ci fornisce l'espressione del coefficiente di attrito volvente: fv = b / r il quale (vedi attrito radente):1) dipende dalla natura dei materiali a contatto e dallo stato delle loro superfici;2) dipende dalla velocità della massa: è più grande (anche il triplo: attrito di primo distacco) quando la velocità è piccola, poi è quasi costante sino alla velocità di 20 m / s, e infine tende a diminuire leggermente;

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3) non dipende dalla ampiezza della superficie di contatto, a meno che non si tratti di una punta o di una lama.Come si vede, l'attrito volvente è inversamente proporzionale al raggio r (e quindi al diametro) della ruota. Ciò significe che esso è tanto minore quanto maggiore è il diametro. Ma diametro maggiore significa anche inerzia maggiore (la forza di inerzia è proporzionale al quadrato del raggio!) e perciò occorre trovare un compromesso fra attrito e inerzia: nei trattori agricoli si preferiscono ruote grandi perchè sono lenti (e si vuole limitare l'usura), nelle automobili da corsa si preferiscono ruote piccole perchè devono accelerare rapidamente (e non ha importanza l'usura).N. B. E' vero che l'attrito è un guaio quasi sempre, ma se non ci fosse non sarebbe possibile camminare nè a piedi nè in automobile: all'attrito si accoppia l'aderenza, che dipende dalla capacità della strada di non "disfarsi" in presenza della spinta delle ruote! Da questo punto di vista, se avessero le ruote rivestite di gomma, l'aderenza sarebbe maggiore e i treni potrebbero accelerare più in fretta e affrontare salite più ripide(e).

COEFFICIENTI DI ATTRITO: per l'attrito volvente (fv = R /Pn) si ha mediamente:

AUTOVEICOLI SU STRADA ORDINARIA0,025 0,035

AUTOVEICOLI SU STRADA ASFALTATA0,025 0,020

VEICOLI FERROVIARI SU ROTAIE0,002 0,003

(a) In latino "volvere" significa rotolare. In meccanica rotolare ha un significato ben preciso: si ha rotolamento quando, durante il moto, segmenti misurati su uno dei corpi sono uguali agli analoghi segmenti misurati sull'altro, cioè quando i corpi si "svolgono" della stessa lunghezza nello stesso tempo.

Supponiamo che la ruota c rotoli (senza strisciare) sulla strada s a partire dal punto O coincidente con il punto O'. Ciò si ottiene quando A va a coincidere con A', B con B', C con C', ecc. in modo che l'arco O-A sia uguale al segmento O'-A', A-B = A'-B', B-C = B'-C', ecc.Fra ruota e strada possono verificarsi tre situazioni: 1) rotolamento puro come già definito; 2) strisciamento quando in successione A, B, C, ... vanno a coincidere con O' (ruota insabbiata); 3) slittamento quando in successione O va a coincidere con A', B', C', ... (ruota sul ghiaccio). Nei casi 2) e 3) è evidente che si tratta solo di attrito radente o di strisciamento. Nei casi reali piccoli strisciamenti si verificano sempre perchè la ruota, per esempio, si deforma diventando "piatta" nella zona di contatto; questo fenomeno è particolarmente importante nelle ruote di automobile un poco sgonfie, mentre è meno evidente nelle ruote dei treni che sono d'acciaio. (b) Poichè l'usura non si può eliminare, quando è possibile si utilizzano le ruote dentate, con le quali la "certezza" del moto è maggiore. (c) In realtà alla forza R deve essere sommata la resistenza dell'aria. (d) In condizioni di equilibrio (moto uniforme) la somma delle forze e dei momenti deve essere uguale a zero. Se non fossero zero, il moto sarebbe accelerato.

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(e) Nelle condizioni attuali i treni possono affrontare pendenze massime del 2 per mille e per frenare rapidamente devono versare sabbia sui binari in modo da far crescere l'attrito.

LA RESISTENZA DEL MEZZO

DEFINIZIONE: quando si parla di resistenze al moto, con la parola "mezzo" si indica il fluido "dentro" il quale (o "dentro" i quali) il moto avviene: il sottomarino immerso è "dentro" un fluido, quando è in emersione è "dentro" due fluidi (l'acqua e l'aria), mentre l'aereo è "dentro" l'aria(a).MECCANISMO: il meccanismo che fa perdere energia "attiva" per trasformarla in energia "passiva" (calore) è sostanzialmente diverso rispetto all'attrito: nell'attrito c'è una forza (dipendente dalle attrazioni molecolari e dall'ingranamento delle superfici) che, muovendosi, produce lavoro e quindi calore, nella resistenza del mezzo l'oggetto in moto deve "aprirsi la strada" fra le molecole del fluido (legate dalla forza di coesione) respingendole ai lati del suo percorso; per ottenere questo risultato l'oggetto deve "spendere" una parte della sua energia cinetica, urtando le particelle del fluido: in questi urti(b) si produce calore.ESEMPIO: immaginiamo di voler attraversare una stanza piena di patate, senza pestarle. Dobbiamo crearci un passaggio chinandoci a raccogliere le patate, lanciandole lontano dal sentiero nel quale passare: la "fatica" che facciamo è una misura della resistenza del mezzo e il "sudore" che versiamo è una misura del calore sviluppato.CONSEGUENZE: durante il moto le particelle si addensano davanti al corpo (una parte di esse viene spinta in avanti aumentando la densità o la quota del fluido: vedi la formazione dei "baffi" sulla prua delle navi) e si diradano dietro (occorre del tempo perchè le particelle allontanate dal corpo in moto rioccupino tutto lo spazio lasciato libero dal corpo che intanto si è spostato in avanti). Da ciò segue che si ha un aumento di pressione davanti e una diminuzione dietro il corpo (è quindi meno faticoso, a parte il rischio, mettersi dietro un camion andando in bicicletta!): di ciò approfittano per esempio i corridori e gli automobilisti mettendosi "in scia"; l'opposto accade per le navi a vela che, "rubandosi il vento", lasciano l'avversario in una zona in depressione. Il fluido si muove lungo superfici (superfici di flusso) inizialmente parallele alla superficie del corpo e poi sempre più ampie e piane (tipico è il moto ondoso sviluppato dalle navi oppure le linee d'acqua intorno alle pietre affioranti in un fiume). Quando le superfici di flusso si incontrano dietro, esse si rimescolano disordinatamente, creando dei vortici (vedi la scia a poppa delle navi oppure a valle delle pietre affioranti in un fiume).

RIMEDII: per ridurre al minimo le conseguenze negative del moto nel fluido, si costruiscono i solidi con forme aerodinamiche nell'aria o idrodinamiche nell'acqua(c), il cui scopo è appunto quello di "tagliare" meglio il fluido e di ridurre la scia vorticosa(d). CALCOLO: la resistenza del mezzo è una forza e pertanto occorre definire direzione, verso, punto di applicazione e modulo. a) direzione: tangente alla superficie di flusso; b) verso: opposto a quello del moto; c) punto di applicazione: baricentro della superficie di flusso; d) modulo:

R = k * S * V 2

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dove: V è la velocità del corpo, S è la superficie della sezione maestra e k è un coefficiente di proporzionalità che dipende da numerosi fattori:1) la velocità: quando è molto piccola, l'esponente di V è minore di 2, ma cresce rapidamente; si mantiene circa costante sino a 100 km / h, per poi aumentare di nuovo; alla velocità di 300 km / h il valore di R già dipende dal cubo di V. Da ciò segue la estrema difficoltà di raggiungere grandi velocità al suolo(e); infatti un piccolo incremento di velocità produce un grande incremento di R, e quindi un grande incremento della potenza necessaria alla macchina;2) la sezione maestra: è l'area massima della sezione del solido misurata in direzione perpendicolare alla direzione del moto. Deve essere la minore possibile in rapporto alla forma del solido: un foglio di carta si muoverà in modo che nella direzione dello spostamento ci sia un lato, non una faccia;3) il coefficiente k dipende da:a) stato della superficie (finitura): liscia - ruvida, ecc. b) presenza di rientranze e sporgenze nel solido, le quali creano superfici di flusso secondarie che disturbano il moto (gli specchietti laterali delle automobili, i finestrini aperti, ecc. sono altrettante cause di disturbo e di freno); c) forma del solido: deve essere allungata e affusolata per creare superfici di flusso compatte e lisce, sia nella parte anteriore che posteriore per penetrare nel fluido e produrre poca scia; d) natura e temperatura del fluido: da questi due parametri nascono densità e viscosità;e) turbolenza del fluido: dalla turbolenza o dalla calma del fluido dipende la forma delle superfici di flusso e quindi la forza R; è ovvio che muoversi contro - vento o in favore di vento comporta resistenze diverse in funzione della energia cinetica già posseduta dal fluido. VALORI: a parità di tutte le altre cose, la resistenza dell'acqua è almeno 100 volte maggiore di quella dell'aria e quindi nelle navi la cura della forma dello scafo deve essere almeno 100 volte maggiore di quella dedicata alle sovrastrutture. APPLICAZIONE: un ingegnoso esempio di sfruttamento della resistenza del mezzo è quello adottato, sino a qualche anno fa, per misurare la velocità delle navi per mezzo del "solcometro". Il solcometro era costituito da una tavoletta, appesantita in modo da restare in equilibrio a mezz'acqua, trascinata in moto da una cima legata alla nave. La cima portava tanti nodi equidistanti fra loro e, per effettuare la misura di velocità, veniva "filata" (lasciata libera di scorrere) essendo tirata verso il mare dalla resistenza dell'acqua sulla tavoletta. Il numero di "nodi" filati nell'unità di tempo misurava la velocità (da ciò ancora oggi l'uso dell'unità di misura della velocità delle navi in "nodi"). Il metodo adottato si può giustificare nel seguente modo: se nell'espressione R = k * S * V 2 supponiamo k * S = 1 (qualunque cosa sia 1), resta R = V 2, cioè la velocità è proporzionale alla resistenza offerta dall'acqua al movimento del solcometro. Ma la resistenza non è altro che la forza che tira la cima verso il mare, e quindi è misurata dal numero dei nodi che passano fra le mani del marinaio addetto alla misura. Se i nodi distano fra loro di 185,4 m (1/10 di miglio marino), e ne passano 5 in 6 minuti (1/10 di ora), la velocità è V = [5 * 185,4]distanza in metri / [1 / 10]tempo in ore = 5 * 1854 miglia/ora = 5 nodi.

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Naturalmente il solcometro va tarato attraverso una misura diretta. Per fare ciò la nave percorre un tratto di mare parallelamente alla costa, traguardata fra due punti a terra di distanza nota. Si misura la distanza L e il tempo t a terra determinando la velocità v = L / t; il risultato così ottenuto deve essere uguale a quello misurato dalla nave con il solcometro. Queste operazioni sono lunghe e richiedono grande pazienza.

(a) Qui si parla della resistenza del mezzo su un solido. Fenomeni analoghi accadono anche fra due fluidi in moto relativo fra loro: le correnti marine, la superficie del fiume rispetto all'aria, gli strati d'aria calda in ascesa e quelli freddi in discesa, ecc. (b) La parola urto deve intendersi in senso molto largo: nella realtà si "urtano" i campi elettrici degli atomi, sia in questo caso che in quello dell'attrito. La vera differenza è nell'usura: l'attrito la produce, la resistenza del mezzo no: per quante volte una nave possa percorrere un tratto di mare, le molecole di acqua non si consumano. (c) Le navi, che si trovano immerse nei due fluidi, hanno forma idrodinamica nella parte immersa ma, di solito, non molto aerodinamica nella parte emersa, perchè la resistenza dell'aria, a piccola velocità, è molto minore di quella dell'acqua. Per le navi veloci e per i velocissimi motoscafi è invece indispensabile ricorrere ad entrambi i tipi di forma. (d) Il problema si pone in forma molto ridotta per le auto di formula 1 le quali hanno potenze esorbitanti. Per esse è invece fondamentale creare forze che aumentino l'aderenza delle gomme al suolo in modo da permettere lo scarico sul terreno della potenza del motore: se l'aderenza diminuisce infatti (ad esempio nel caso di asfalto bagnato) le gomme slittano e le macchine vanno "a passeggio" non ubbidendo neppure all'azione del volante. Altrettanto accade nel "disegnare" le curve. (e) Gli aerei possono raggiungere grandi velocità quando sono in quota, dove la densità è minore. I razzi per le esplorazioni nello spazio partono con velocità relativamente piccola, e la aumentano man mano che si allontanano dal suolo (naturalmente ciò avviene anche per evitare di creare una enorme forza d'inerzia, dovuta alla grande massa di simili macchine). Per i proiettili questo problema non si pone che in piccola misura: essi hanno ben altro scopo che quello di vincere la resistenza del mezzo, basta aumentare la quantità dell'esplosivo di lancio!

LA RESISTENZA DEGLI ORGANI FLESSIBILI

DEFINIZIONE: gli organi flessibili sono le funi, le cinghie, le catene usate per trasmettere il moto.ESEMPI: la catena della bicicletta, la fune per tirar su l'acqua dal pozzo, la cinghia per far girare la pompa dell'acqua nei motori d'automobile.FENOMENO: nei casi citati, l'organo flessibile si deve avvolgere nella gola di una ruota (puleggia) e ciò non può avvenire gratis: la fune, la catena, la cinghia si oppongono al cambiamento di direzione e ciò produce una resistenza che si traduce in una minore utilizzazione delle forze applicate e

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quindi nello sviluppo di calore. Calore si sviluppa anche sull'asse della puleggia per effetto dell'attrito radente e ciò contribuisce alla "perdita" di energia(a). Infine: tra fune e puleggia dovrebbe esserci solo attrito volvente (la puleggia dovrebbe ruotare contemporaneamente allo svolgersi della fune), ma in realtà la fune produce anche slittamento, per cui la gola si riscalda.TEORICAMENTE, se non ci fossero attriti e resistenze, con una puleggia di raggio R, lo stato di equilibrio fra la forza F che tira e il carico G da sollevare sarebbe rappresentato da:

F * R = G * R          e quindi          F = G

essendo F*R e G*R le azioni rotanti delle due forze rispetto al centro della puleggia. Il risultato è che, per tirare su il carico G basta applicare una forza F leggermente maggiore del carico.IN REALTA' occorre una forza ben maggiore perchè: 1) c'è attrito radente nel perno(b); 2) c'è attrito non solo volvente fra fune e gola della puleggia; 3) la fune si allontana dalla tangente verticale sia a destra che a sinistra, come mostra la figura.

DISCUSSIONE: ricordiamo la definizione di inerzia: l'inerzia è la resistenza al cambiamento di stato. I due rami di fune sono inizialmente rettilinei, cioè con raggio infinito(c). Nel punto di tangenza a sinistra deve adagiarsi su una circonferenza di raggio R e la fune si oppone a questo cambiamento improvviso allontanandosi verso l'esterno in modo da cambiare raggio più lentamente. Nel punto di tangenza a destra la fune improvvisamente deve passare dal raggio R al raggio infinito e la fune si oppone continuando a mantenere il raggio R e quindi spostandosi all'interno.CONCLUSIONI: supponendo che gli spostamenti dalla verticale siano uguali, l'equazione di equilibrio dinamico diventa:

F * (R - x) = G * (R + x)            e quindi            F = G * (R + x) / (R - x)

Poichè il rapporto (R+x) / (R-x) è > 1, risulta che la forza di tiro è maggiore del carico, non solo per effetto degli attriti ma soprattutto per effetto della resistenza (rigidità o rigidezza) della fune al cambiamento della sua curvatura.La grandezza dello spostamento x dipende da quattro fattori:

1) natura del materiale; 2) spessore (diametro) della fune; 3) raggio della puleggia; 4) rugosità della superficie della gola.

Affinché x sia il più piccolo possibile occorre che il materiale sia: non rigido(d) ma ben flessibile (cotone o nailon invece di acciaio), che il suo diametro sia piccolo (acciaio(e) invece di cotone o nailon), che il raggio della puleggia sia grande (così aumenta la sua inerzia(f) e lo strisciamento fra fune e

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gola), che il coefficiente di attrito(g) fra la gola e la fune sia grande (così diminuisce il rischio dello slittamento, ma cresce la forza d'attrito volvente).

Come si vede ciascun rimedio comporta una possibilità di danno, per cui si giunge ad un compromesso fra utilità e perdita.CATENE E CINGHIE: fenomeni del tutto analoghi accadono sia nelle catene che nelle cinghie: il ramo tirato si allontana dalla puleggia, mentre il ramo tirante vi si incolla. Se il tiro non è regolare, se si danno strappi al tiro, l'organo flessibile si allontana così tanto che esce dalla gola della puleggia. Per evitare questa conseguenza occorre montare delle guide laterali sulla puleggia, costruendo un tunnel nel quale la fune o la catena sono costrette a restare.

a) L'energia non si perde ma si trasforma. Quel che si perde è la nostra capacità di utilizzarla all'infinito per i nostri scopi: il calore perso con i fumi di scarico delle automobili non è certo utilizzabile per far marciare un'altra automobile, ma forse nel nostro universo è utile per qualcos'altro (almeno per consentire l'effetto serra!). b) Fra il perno (asse di rotazione) e il foro (boccola) nel quale si trova, si sviluppa attrito radente (o di strisciamento) perché la situazione è quella descritta al punto 2) della nota a) del paragrafo sull'attrito volvente. c) Le rette sono circonferenze con raggio infinito. d) La rigidità degli organi flessibili si può ridurre passando dalle cinghie alle funi e infine alle catene. Queste ultime, se gli anelli che la formano sono piccoli, sono gli elementi più flessibili. e) L'acciaio ridotto in fili col quale si costruiscono le funi, ha una resistenza alle forze di trazione più grande del cotone e del nailon. La ricerca di materiali resistenti come l'acciaio e flessibili come il cotone è continua. f) Aumentare il raggio significa aumentare anche lo spessore delle singole parti della ruota nonché la sua larghezza totale, per evitare che si schiacci. g) Nella gola delle carrucole dei paranchi differenziali viene scolpita una dentatura grossolana per aumentare la sua capacità di ingranare con la catena.

http://it.wikipedia.org/wiki/Statica

Attrito

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L'attrito (o forza d'attrito) è la forza che si esercita tra due superfici a contatto tra loro e si oppone al loro moto relativo. La forza d'attrito che si manifesta tra superfici in quiete tra loro è detta di attrito statico, tra superfici in moto relativo si parla invece di attrito dinamico.

Secondo l'interpretazione classica, esistono tre diversi tipi di attrito:

attrito radente: dovuto allo strisciamento, che avviene su superfici piane;

attrito volvente: dovuto al rotolamento, che avviene su superfici curve;

attrito viscoso: relativo a un corpo immerso in un fluido.

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Page 12: At Tri To

[modifica] Attrito radente

Grafico del valore della forza di attrito radente in funzione della forza applicata. Si noti il passaggio da attrito statico ad attrito dinamico, coincidente con l'inizio del moto del corpo

Si esercita tra corpi solidi in mutuo contatto ed è espresso dalla formula:

(1)

dove Fr è la forza di attrito radente, μr il coefficiente di attrito radente e la componente perpendicolare al piano di appoggio della risultante delle forze agenti sul corpo. Per un corpo appoggiato su un piano

orizzontale è semplicemente uguale a Fp , forza peso del corpo; per un corpo appoggiato su un piano

inclinato di un angolo α rispetto all'orizzontale risulta invece

Il coefficiente d'attrito è una grandezza adimensionale e dipende dai materiali delle due superfici a contatto e dal modo in cui sono state lavorate. Il coefficiente di attrito statico µrs è sempre maggiore o uguale al coefficiente d'attrito dinamico µrd per le medesime superfici. Dal punto di vista microscopico, esso è dovuto alle forze di interazione tra gli atomi dei materiali a contatto.

La forza di attrito definita dall'eq. (1) rappresenta la forza di attrito massima che si manifesta nel contatto tra due superfici. Se la forza di motrice Fm è minore di µrs Fp, allora l'attrito è pari a Fm e il corpo non si muove; se Fm supera µrsFp, il corpo inizia a muoversi; per valori di Fm ancora maggiori, l'attrito (dinamico) è sempre costante e pari a µrd Fp.

Alcuni valori del coefficiente di attrito radente. Per una lista più completa si veda [1]

Superfici μrs (statico) μrd (dinamico)

Legno - Legno 0.5 0.3

Acciaio - Acciaio 0.78 0.42

Rame - Acciaio 1.05 0.29

Gomma - asfalto (asciutto) 1.0 0.8

Gomma - asfalto (bagnato) 0.7 0.6

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Page 13: At Tri To

Vetro - Vetro 0.9 - 1.0 0.4

Legno Sciolinato - Neve 0.1 0.05

Attrito volvente

L'attrito volvente si presenta quando un corpo cilindrico o una ruota rotola senza strisciare su una determinata superficie. Il rotolamento è reso possibile dalla presenza di attrito radente tra la ruota e il terreno; se questo attrito non ci fosse, o fosse minimo (come nel caso di un terreno ghiacciato), la ruota striscerebbe senza riuscire a rotolare.

Se si applica un momento alla ruota, essa inizia a rotolare senza strisciare fintanto che il momento applicato è

minore di , dove R è il raggio della ruota. Se il momento supera questo valore, la forza motrice applicata alla superficie della ruota supera l'attrito statico massimo e la ruota slitta mentre rotola; è la classica "sgommata" ottenuta accelerando da fermi in modo repentino.

L'attrito volvente è determinato soprattutto dall'attrito sull'asse di rotazione della ruota e dall'area di contatto tra la ruota e il terreno; è espresso da un'equazione simile alla (1),

(2)

Alcuni valori del coefficiente di attrito volvente. Per una lista più completa si veda [2]

Superfici μv

Legno - Legno 0.005

Acciaio - Acciaio 0.001

Gomma - Asfalto 0.035

Attrito viscoso

Quando un corpo si muove all'interno di un fluido (liquido o gas) è soggetto ad una forza di attrito dovuta all'interazione del corpo con le molecole del fluido.Se il corpo si muove a bassa velocità, così che il flusso attorno ad esso possa essere considerato laminare, allora la forza di attrito è proporzionale alla velocità del corpo nel fluido; nel caso di una sfera, la forza di attrito è data in questo caso dalla legge di Stokes,

(3)

essendo η la viscosità del fluido, r il raggio della sfera e v la sua velocità.

L'equazione (3) è valida se il flusso è laminare e non turbolento, ovvero quando il numero di Reynolds è minore di 2000-2300. In tale caso l'attrito è dovuto soprattutto alla viscosità. Per una sfera di 1 cm di raggio, il flusso è laminare se la sua velocità è minore di 0.2 m/sec in acqua e di 3 m/sec in aria (alla pressione di un'atmosfera). Se la velocità del corpo è superiore, il moto inizia a diventare turbolento e l'attrito (che diventa

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Page 14: At Tri To

molto più grande) è soprattutto causato dalla dispersione di energia nei vortici del fluido. In tale caso è possibile approssimare la forza di attrito con la formula

(4)

essendo ρ la densità del fluido, S l'area della sezione frontale del corpo e cx un coefficiente aerodinamico di resistenza (adimensionale) che tiene conto della forma e del profilo del corpo in moto nel fluido. I valori di cx riportati per una sfera variano tra 0.4 e 0.5, mentre può assumere valori maggiori di 1 per oggetti di forma irregolare. Per un profilo alare cx può anche essere significativamente minore di 0.1.

Statica

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La statica è la parte della meccanica classica che studia l'equilibrio dei corpi.

Indice1 Statica del punto

o 1.1 Esempi di forze o 1.2 Principio di azione e reazione

o 1.3 Reazione del supporto e attrito statico

Statica del punto

Si chiama punto materiale un oggetto ideale con dimensioni nulle (assimilabile ad un punto) ma dotato di massa.

Un punto materiale persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se la risultante delle forze su di lui applicate è un vettore nullo

(cioè se le forze si oppongono annullandosi)

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Page 15: At Tri To

Per l'applicazione pratica del principio sopra esposto, è necessario eliminare l'ipotesi di punto materiale. Si osserva che per un corpo reale è possibile estendere le leggi della dinamica e della statica idealmente concentrando tutta la sua massa nel baricentro, o centro di massa G, il quale si comporta come un punto materiale equivalente al sistema esteso.

Bisogna tenere presente che per l'equilibrio di un corpo non basta che il risultante delle forze sia nullo ma che anche il risultante dei momenti delle forze applicate sia nullo. In effetti due forze uguali ed opposte ma applicate in due punti del corpo non assiali creano un momento non nullo. Dunque accanto alla formula sopra scritta va aggiunta:

Esempi di forze

La forza è un modello (in forma vettoriale) che si usa per rappresentare le interazioni tra i corpi, indipendentemente dalle loro cause (peso, tensione di un cavo, forze elettrostatiche e magnetiche...). Il modo più semplice per rappresentarla è considerarla come il tiro di un cavo in tensione. In questo modo il vettore forza è necessariamente orientato nella direzione del cavo e nel senso della trazione, mentre il suo punto di applicazione è il punto di attacco del cavo all'oggetto.

Se per esempio si considera un oggetto legato a tre cavi e non sottoposto al suo peso (l'esperienza si svolge in

una navetta spaziale, in assenza di gravità), la condizione di equilibrio è molto semplice: se , e sono le forze esercitate dai cavi sull'oggetto, allora

Il peso è una forza, , applicata su ogni punto dell'oggetto. Si può riassumerla con una forza unica applicata al baricentro G dell'oggetto; infatti, si può rappresentare il peso con un cavo che tira verso il basso, attaccato al centro dell'oggetto. Nel modello di gravità elaborato da Isaac Newton, il peso è ottenuto moltiplicando la

massa m dell'oggetto per l'accelerazione dei gravità, cioè l'accelerazione posseduta da tutti gli oggetti in caduta libera, trascurando la resistenza dell'aria (infatti, se l'aria non opponesse resistenza al modo dei corpi, tutti gli oggetti cadrebbero con la stessa accelerazione, qualunque sia la loro forma e massa)

Se si ha un oggetto immobile sospeso ad un filo, allora la somma vettoriale della trazione del filo e del peso dell'oggetto è il vettore nullo

con

Se un oggetto è appoggiato immobile su di un supporto, un tavolo, esso è sostenuto da questo supporto. Il supporto esercita dunque una forza sull'oggetto, che compensa esattamente il peso; questa forza è detta

reazione del supporto, o reazione del vincolo, ed è indicata di solito . Questa forza è la somma di tutte le

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Page 16: At Tri To

altre forze applicate dal vincolo in tutti i suoi punti di contatto con l'oggetto, ma può essere riassunta in una forza unica il cui punto di applicazione sia esattamente sotto al baricentro. Il punto di applicazione della reazione non è dunque necessariamente sulla superficie di contatto, come nel caso dei veicoli a ruote.

In questo semplice caso si ha:

con

Immagine:Equilibre des forces 2 exemples.png

Principio di azione e reazione

Si supponga che un oggetto A eserciti una forza (chiamata «azione») su un oggetto B, allora l'oggetto B esercita una forza opposta (detta «reazione») sull'oggetto A.

Così, nel caso di un oggetto sospeso ad un cavo, il cavo esercita una trazione sull'oggetto, quindi l'oggetto esercita una trazione sul cavo (che è così teso). Nel caso di un oggetto appoggiato su un supporto, il supporto esercita una forza sull'oggetto (la reazione), che bilancia una forza dell'oggetto sul supporto (pari al suo peso).

Si nota che un elemento fondamentale è definire bene il sistema su cui si lavora. Si considerano le forze esercitate dagli elementi esterni al sistema su sistema stesso, così, nel caso dell'oggetto sospeso, si può scegliere come sistema:

l'oggetto sottoposto al suo peso ed alla reazione del cavo

oppure il cavo, soggetto alla trazione dal lato dell'oggetto e alla reazione del supporto (il suo gancio).

Immagine:Equilibre des forces 1 situation 2 points de vue.png

Dal principio di azione e razione si deduce che

le condizioni di equilibrio si scrivono

per l'oggetto

per il cavo

Infine

si vede dunque che il cavo trasmette interamente gli sforzi, come se il collegamento oggetto/sostegno fosse realizzato senza intermediari.

Reazione del supporto e attrito statico

In numerosi problemi semplici, la reazione del supporto è perpendicolare alla sua superficie. Questo è vero solo per un oggetto immobile su una superficie senza attrito. Così, per esempio, supponiamo un oggetto appoggiato su un piano inclinato perfettamente scivoloso (oppure una biglia che possa rotolare senza resistenze) e tenuto per un cavo, allora la reazione del supporto è perfettamente perpendicolare ad esso.

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Ma la situazione è diversa nel caso di un oggetto immobile su un piano inclinato, senza cavo, trattenuto

unicamente dall'attrito; la reazione del supporto compensa allora solo il peso. In questo caso, si può

scomporre la reazione in una componente perpendicolare al supporto e una ad esso parallela. è detta forza di attrito statico.

Immagine:Reaction support avec et sans frottement.png

Un altro caso in cui la forza non è perpendicolare al supporto:

Immagine:Reaction support avec frottement.png

L'intensità della forza di attrito statico è determinata solitamente mediante la teoria di Coulomb, secondo la quale la massima componente parallela alle superfici di contatto è direttamente proporzionale all'intensità della forza scambiata tra le stesse superfici, mediante il coefficiente di attrito statico.

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