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Mobbing - Intraprendere le vie legali

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Avv. Nico Parise 2

Definizione generale

Il termine, proveniente dalla lingua inglese e dal verbo to mob (attaccare, assalire) e mediato dall’etologia si riferisce al comportamento di alcune specie animali, solite circondare minacciosamente un membro del gruppo per allontanarlo.

Spesso nelle aziende accade qualcosa di simile, allorché il dipendente è oggetto ripetuto di soprusi da parte dei superiori e, in particolare, vengono poste in essere nei suoi confronti pratiche dirette ad isolarlo dall’ambiente di lavoro e, nei casi più gravi, ad espellerlo; pratiche il cui effetto è di intaccare gravemente l’equilibrio psichico del prestatore, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocando catastrofe emotiva, depressione e talora persino suicidio.

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Situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente in costante progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto

contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità

aggressione, accerchiamento della vittima, conflitto mirato contro una persona od un gruppo di persone ove deve essere ben percepibile un intento persecutorio al fine di distinguerlo da tutte quelle situazioni di tensioni naturalmente conseguenti da un cambiamento di gestione o di organizzazione.

(cfr. Tribunale di Bergamo, Giudice del Lavoro, Dott.ssa Bertoncini, sent. 21 aprile 2005, C.T.U. Harold Ege)

Definizione della psicologia del lavoro

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Definizione della Corte Costituzionale

In sede di delibazione della questione relativa alla sospetta illegittimità costituzionale di legge regionale del Lazio dell’11 luglio 2002, n. 16 imperniata su di una prima regolamentazione normativa del mobbing, la Corte Costituzionale ha affermato che “la sociologia ha mutuato il temine mobbing da una branca dell’etologia per designare un complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo”.

Detti atti persecutori, secondo l’avviso della Corte Costituzionale, possono risultare “se esaminati singolarmente, anche leciti, se esaminati singolarmente, anche leciti, legittimi o irrilevanti dal punto di vista giuridicolegittimi o irrilevanti dal punto di vista giuridico…”, assumendo, purtuttavia, “rilievo quali elementi della complessiva condotta caratterizzata nel suo insieme dall’effetto…” e risolvendosi, normalmente, in “disturbi di vario tipo e, a volte,patologie psicotiche, complessivamente indicati come sindrome da stress postraumatico”. (cfr. Corte Cost. n. 359 del 10-19 dicembre 2003)

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Mobbing e straining

Il mobbing presuppone che la vicenda lavorativa conflittuale non sia stabile, ma in evoluzione secondo una progressione di fasi causalmente legate l’una all’altra;

Lo straining è una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno una azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre ad essere stressante è caratterizzata da una durata costante”

“La differenza tra lo straining ed il mobbing è la mancanza di una frequenza idonea (almeno alcune volte al mese) di azioni ostili ostative” (cfr. Tribunale di Bergamo, Giudice del Lavoro, Dott.ssa Bertoncini, sent. 21 aprile 2005, C.T.U. Harold Ege)

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Casistica

uso illecito del potere disciplinare. trasferimento illegittimo. Demansionamento, inattività forzata. assegnazione di mansioni incongrue o di compiti senza

mezzi idonei. abuso di visite di controllo della malattia. diniego di permessi dovuti. Superlavoro. discriminazione e disparità di trattamento. controlli illeciti sulla persona e sull’attività del

lavoratore Molestie sessuali sul lavoro. licenziamento ingiurioso. licenziamento ritorsivo. precarietà del rapporto, fittiziamente qualificato. mancata reintegrazione a seguito di licenziamento o

trasferimento dichiarato illegittimo.

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Quadro normativo di riferimento

Artt. 2, 3, 4, 32 e 41 della Costituzione

Art. 2087 del Codice Civile Art. 2043 del Codice Civile Art. 2103 del Codice Civile Artt. 4, 7, 8 e 15 dello St.

Lavoratori D.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 D.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 D.lgs. 9 luglio 2003, n. 216 Risoluzione Parlamento Europeo

A-502832001

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La Costituzione Italiana

Art. 2 Cost. - “la repubblica garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”;

Art. 3 Cost. - “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono impediscono il pieno sviluppo della persona umana”il pieno sviluppo della persona umana”

Art. 4 Cost. - “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo tale diritto”

Art. 32 Cost. - “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”

Art. 41 Cost. - “l’iniziativa economica è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da in modo da arrecare dannoarrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità alla dignità umanaumana”.

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Il Codice Civile

la c.d. “clausola generale di sicurezza” che costituisce norma chiave per la tutela della integrità fisica e della personalità morale dei lavoratori dipendenti

art. 2087 c.c. - “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”

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Il Codice Civile

Clausola generale sul diritto al risarcimento per fatto ingiusto, fondamentale allorché, in assenza di un rapporto di lavoro dipendente, non è, secondo stretta interpretazione, applicabile l’art. 2087 c.c., ossia per collaboratori autonomi, soci di cooperative, stagisti, associati in partecipazione, amministratori, ecc., nonché per i dipendenti nei confronti di colleghi o soggetti diversi dal datore di lavoro.

Art. 2043 c.c.- “qualunquequalunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno danno ingiustoingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”

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Focus Con riferimento al fenomeno del mobbing, la clausola

generale di cui all’art. 2043 c.c. può leggersi come segue: qualunque condotta che abbia carattere persecutorio ed è, quindi, ingiusta (ossia contraria ai principi fondamentali della Costituzione) obbliga colui che l’ha posta in essere a risarcire il danno, sempre che un danno, alla stregua della perizia medico legale, vi sia e sia eziologicamente connesso alla condotta persecutoria.

L’esigenza di definire gli elementi e le fasi proprie del mobbing nasce appunto dalla necessità di scriminare, in funzione dell’applicazione dell’art. 2043 c.c., tra condotte idonee e condotte non idonee a cagionare un danno effettivo al lavoratore.

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Il Codice Civile

Art. 2103 c.c. – “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito (…) Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente e l’assegnazione diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi e, comunque, non superiore a tre mesi”.

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Il Codice Civile

Art. 2103 c.c. - Il prestatore di lavoro “non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo”

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Focus

l’art. 2103 c.c. prevede che il lavoratore non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per ”comprovate ragioni tecniche ed organizzative” e che “ogni patto contrario è nullo”

ciò significa che: se non sussistono dette ragioni, il

lavoratore può legittimamente opporsi al trasferimento

l’eventuale consenso del lavoratore, anche se preventivamente manifestato, non esonera il datore di lavoro dall’onere di giustificare il trasferimento

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Focus

Trasferimento per incompatibilità ambientale:

“Nel comportamento del dipendente può essere configurabile al tempo stesso sia un fatto rilevante sotto il profilo disciplinare, sia una delle ragioni tecniche, organizzative e produttive che consentono, a norma dell'art. 2103 c.c., il trasferimento del dipendente medesimo; in tal caso il datore di lavoro può legittimamente far ricorso all'uno o all'altro di detti provvedimenti senza che, se abbia optato per il secondo, questo possa essere ritenuto illegittimo in quanto sanzione atipica rispetto ai provvedimenti in materia disciplinare. Sicché il trasferimento del dipendente può essere legittimato anche dalla sussistenza di una situazione di incompatibilità fra questo ed i suoi colleghi e collaboratori diretti, quando tale incompatibilità, determinando conseguenze (quali tensione nei rapporti personali o contrasti nell'ambiente di lavoro) che costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e disfunzione nell'unità produttiva, realizzi un'obiettiva esigenza aziendale di modifica del luogo di lavoro” (cfr. Cass. 26 marzo 1998 n. 3207)

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Statuto dei Lavoratori

Art. 4 St. Lav. - “E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività del lavoratore”

Art. 7 St. Lav. “il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli previamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa”;

Art. 8 St. Lav. “E’ fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”

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Statuto dei Lavoratori

Art. 15 St. Lav. - “E’ nullo qualsiasi patto od atto diretto a:

“licenziare un lavoratore, discriminarlo nell’assegnazione di qualifiche e mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione od attività sindacale ovvero della partecipazione ad uno sciopero”.

“Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti ai fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso”

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D.lgs. 9 luglio 2003 n. 216

L’art 2 fa divieto di praticare forme di discriminazione diretta ed indiretta che possono anche consistere in “comportamenti apparentemente neutri che possono mettere le persone che professano una determinata religione od ideologia di altra natura, le persone portatrici di handicap, le persone di una particolare età o di un orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone” e include tra le forme di discriminazione (art. 2, comma 3) “anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati posti in essere, per uno dei motivi di cui all’art. 1, aventi lo scopo o l’effettoo l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo”

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Focus trattasi della prima definizione normativa di

comportamento molesto in ambito lavorativo. Principale limite di questa norma è la sua esclusiva

applicabilità ai casi in cui la molestia trova causa nei seguenti cinque tassativi motivi: religione, ideologia, età, handicap ed orientamento sessuale.

se la molestia è giustificata da un motivo diverso (o, come spesso accade, da nessun motivo…), occorre continuare a far riferimento alla disciplina di cui all’art. 2087 c.c. ed all’art. 2043 c.c..

L’art 4, comma 5, prevede che “con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento”

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D.lgs. 19 settembre 1994 n. 626

Art. 3 – Misure generali di tutela: “Valutazione dei rischi per la salute

e la sicurezza” “Rispetto dei principi ergonomici

nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature, nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo”

“Allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona”

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D.lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 Attraverso l’emanazione di questa legge è stata introdotta la

copertura assicurativa INAIL del danno alla salute. Con circolare n. 71 del 17 dicembre 2003 l’Inail ha

ufficialmente definito il fenomeno del mobbing, individuando i casi di c.d. “costrittività organizzative” come produttivi di disturbi psichici indennizzabili.

La medesima circolare ha individuato tra i comportamenti mobbizzanti: la marginalizzazione dell’attività lavorativa, lo svuotamento delle mansioni, i trasferimenti ingiustificati, l’esercizio esasperato di forme di controllo.

Con sentenza n. 5454 del 4 luglio 2005 il TAR Lazio, in accoglimento del ricorso presentato da Confindustria, ha annullato la circolare dell’INAIL , considerandola inammissibile in assenza “di un'esatta definizione normativa e di univoci indirizzi della giurisprudenza, ma soprattutto del doveroso approfondimento scientifico-medico al riguardo”.

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Codice Penale

il Codice Penale prevede sanzioni specifiche in caso di omissione dolosa (art. 437) e colposa (art.451) di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Inoltre punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni "chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente" (art. 582) e con l’arresto fino a sei mesi di reclusione "chiunque reca molestie o disturbo a qualcuno" (art. 660).

Esiste, inoltre, come noto, il reato di violenza sessuale (art. 609 bis).

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Tutela civile

Azione civile cautelare ex art. 700 c.p.c. Azione civile ordinaria avanti il Giudice del

Lavoro mediante deposito di ricorso ex art. 414 c.p.c. e previo tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c.

art. 2697 c.c. –  Per far valere in giudizio un diritto occorre che la persona provi i fatti che ne costituiscono il fondamento. Lo stesso nel caso di prova dell’inefficacia dei fatti, di modifica od estinzione dei diritti.

Artt. 2727 e 2729 c.c. - Il Giudice può ammettere come valido strumento di prova anche le presunzioni, ma queste devono necessariamente essere gravi precisi e concordanti.

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Tutela civile 

Oggetto di prova ex art. 2697 c.c.:

Elemento oggettivo: fattispecie aperta fattispecie aperta che spetta al giudice “chiudere”,

componendo il contrasto tra le posizioni del lavoratore, che afferma di essere stato vittima di una serie di atti persecutori del datore di lavoro e dei colleghi e del datore di lavoro convenuto che di tali atti contesta la ricorrente e comunque l’efficienza causale

Anche atti che presi singolarmente appaiono formalmente legittimi, nell’ambito di un comportamento persecutorio possono qualificarsi come dannosi e quindi illegittimi

Elemento soggettivo

Nesso di causalità

danno

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Tutela civileCosa è possibile ottenere dal Giudice del Lavoro:A) l’inibitoria della condotta lesivaB) Il risarcimento dei danni

Tipologia dei danni metodi di quantificazione danno patrimoniale vari danno alla professionalità % retribuzione mensile danno biologico tabelle Corte Appello MI danno morale ½ - ¼ danno biologico danno esistenziale vari

Valutazione equitativa del Giudice

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Focus

 con la recente sentenza n. 113 del 2004, la Corte Costituzionale ha sancito l’ incostituzionalità dell'art. 2751-bis, n. 1, c.c., nella parte in cui non munisce del privilegio generale sui mobili il credito del lavoratore subordinato per danni da demansionamento subiti a causa dell'illegittimo comportamento del datore di lavoro.

Nella motivazione della sentenza, può leggersi che “L'attribuzione al lavoratore di mansioni inferiori a quelle a lui spettanti o il mancato affidamento di qualsiasi mansione - situazioni in cui si risolve la violazione dell'articolo 2103 cod. civ (c.d. demansionamento) - può comportare pertanto, come nelle ipotesi esaminate dalle sentenze n. 326 del 1983 e n. 220 del 2002, anche la violazione dell'art. 2087 cod. civ.”.

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L’azione di rivalsa nel P.I.

La Corte dei Conti, con sentenza n. 623 del 25 ottobre 2005, ha stabilito che può essere oggetto di azione di rivalsa a carico degli amministratori e funzionari responsabili il risarcimento dei danni morali e materiali cagionati ad un pubblico dipendente per mobbing e per i quali l’amministrazione ha subito sentenza di condanna passata in giudicato

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Mobbing – cosa fare

• prima di chiamare il legale raccogliete ed ordinate l’intera documentazione che avete a disposizione in ordine cronologico.

Verificare insieme al legale gli obiettivi da raggiungere: la reintegrazione nel vostro ruolo? la revoca di un trasferimento? un risarcimento?

In ogni caso anche in caso di esito positivo del procedimento legale è necessario essere consapevoli che spesso le azioni persecutorie subiscono solo una battuta d’arresto.Occorre dunque continuare a segnalare gli abusi e cercare di rendere pubblica la situazione.