ASSOCIATO DI ECONOMIA D AZIENDA NELL’UNIVERSITÀ … · principali effetti della riforma del...
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CCIAA Prato 16 Marzo 2005
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PROF. MARCO MAINARDI ASSOCIATO DI ECONOMIA D’AZIENDA
NELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
LE NOVITÀ IN TEMA DI INFORMATIVA DI BILANCIO D'ESERCIZIO ALLA LUCE DELLA RIFORMA DEL DIRITTO
SOCIETARIO E DELLE INDICAZIONI DELL'OIC
( RELAZIONE)
1.Introduzione
Nello spirito del dibattito che anima questo seminario, è mia intenzione
svolgere alcune considerazioni su argomenti che ritengo, in questo percorso, delle
tappe privilegiate, frutto di scelte sofferte, ricorrendo eventualmente anche ad
esemplificazioni. Un discorso più analitico sarebbe fuori luogo.
Premetto subito che mi soffermerò soltanto su alcuni argomenti della
riforma societaria che interessano la novellata disciplina di bilancio rinviando, per
gli altri aspetti, anche in chiave più operativa, alle altre relazioni.
Come noto, le indicazioni OIC sono contenute nel documento OIC 1- I
principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio
d’esercizio1 a cui ha fatto seguito la pubblicazione nel mese di marzo 2005
1 OIC- ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, OIC 1 - I principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio d’esercizio, Milano, Giuffrè, 2004.
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dell’Appendice di aggiornamento al principio contabile OIC 1. Quest’ultimo
documento ad oggi è ancora in formato di bozza provvisoria2.
E’ con tale avvertenza che svolgerò le osservazioni di cui in prosieguo.
Le maggiori novità della riforma societaria, che qui interessano, derivano
più che dagli schemi di bilancio, cioè dalla struttura dello stato patrimoniale e del
conto economico, dalla nota integrativa. Si è parlato, infatti, di nuova nota
integrativa. E qui non si dimentichi la possibilità di invocare l’invalidità del
bilancio per eventuali vizi e/o carenze informative riguardanti le informazioni
richieste per legge nella nota integrativa, parte integrante del bilancio.
Al riguardo, si rendono doverose due brevi considerazioni preliminari.
La prima. Le nuove disposizioni normative in tema di bilancio, introdotte
dal D. Lgs. n. 6/2003 e successive modifiche ed integrazioni ( ormai la riforma è
sempre più un cantiere permanente), si applicano obbligatoriamente ai bilanci
relativi ad esercizi chiusi dopo la data del 30 settembre 2004 (art. 223-undecies
disp. Att. Trans ).
La seconda. L’art. 111- duodecies disp. Att. Trans detta una disposizione
fortemente innovativa in quanto, al ricorrere di certe condizioni, è prevista
l’applicazione delle norme dettate per le spa in tema di bilancio d’esercizio alle
società in nome collettivo e alle società in accomandita semplice.
Infatti, l’art. 111- duodecies dispone che : «Qualora tutti i soci
illimitatamente responsabili, di cui all’art. 23613 c.c., comma secondo, del codice,
2 Il documento sopra citato è disponibile on line sul sito: www. fondazioneoic.it
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siano società per azioni, in accomandita per azioni o a società a responsabilità
limitata, le società in nome collettivo o in accomandita semplice devono redigere
il bilancio secondo le norme previste per le società per azioni; esse devono inoltre
redigere e pubblicare il bilancio consolidato come disciplinato dall’art. 26 del
d.lgs. 127/91 ed in presenza dei presupposti ivi previsti»4.
Al riguardo è bene ricordare che alle società di persone, per effetto dell’art.
2217 comma secondo c.c., si applicano esclusivamente le norme dettate per le
società per azioni dall’art. 2426 c.c., in tema di criteri di valutazione, non
dovendosi ritenere le società di persone vincolate all’adozione delle norme del
codice civile dettate in tema di struttura di bilancio. Del resto, argomentando a
contrario, tutto ciò risulta ancora una volta confermato dalla disposizione
introdotta con la riforma.
Tutto ciò ci porta ad affermare, anticipando sin d’ora, che il c.d.
disinquinamento del bilancio, contrariamente a quanto recentemente prospettato
dalla stampa specializzata5, è da ritenersi obbligatorio anche per le società di
3 La disposizione di cui all’art. 2361 riguarda le società per azioni ed è richiamata espressamente per le società in accomandita per azioni (art. 2454 c.c.). Per il tipo di società a responsabilità manca una disposizione analoga, ma che la disciplina sia identica si desume dall’art. 111- duodecies disp. Atti trans. 4 E qui si ricordi (art. 2361, comma 2, c.c.) che gli amministratori sono tenuti a dare specifica informazione nella nota integrativa del bilancio dell’assunzione di partecipazione in altre imprese comportante una responsabilità illimimitata. 5 Cfr. F.ROSCINI VITALI, Snc, il disinquinamento è optional, in « Il sole 24 ore» del 12 marzo 2005.
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persone (il riferimento, ovviamente è alle società in nome collettivo e alle società
in accomandita semplice).
2.Introduzione della nozione di “funzione economica” delle attività e passività:
ricadute sistematiche.
Il novellato articolo 2423-bis c.c. (principi di redazione del bilancio)
introduce al punto 1, rispetto al previgente testo una nozione, quella di «funzione
economica», avente carattere innovativo.
Il nuovo testo stabilisce, infatti che: «… Nella redazione del bilancio
devono essere osservati i seguenti principi:1) la valutazione delle voci deve essere
fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività, nonché
tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo
considerato… ».
E’ stato sottolineato come l'articolo 2423-bis c.c., accomunando le nozioni
di «prudenza» e di «continuazione dell'attività» con la nuova nozione di «funzione
economica», finisce per attribuire anche a quest'ultima un carattere pervasivo
ponendola allo stesso livello gerarchico (Tav. 1) delle altre citate nozioni, essendo
il dettato dell'articolo 2423-bis c.c. riferito alla definizione «generale» dei principi
in base ai quali deve essere redatto il bilancio6.
6 Come noto, nella letteratura contabile, ed in particolare nel Principio Contabile n. 11, il concetto di prudenza e quello di continuazione dell'attività dell'impresa sono ricompresi tra i postulati del
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(Tav. 1)
Tale prescrizione, pertanto, deve essere applicata nella valutazione di tutte
le attività e di tutte le passività iscritte in bilancio.
L'espressione «funzione economica», apparentemente enigmatica come la
sfinge, ha richiesto una interpretazione tecnica. La norma, infatti, non è apparsa
di agevole e facile lettura.
Il concetto di funzione economica è già noto in dottrina. Del resto, nessuno
lo ha mai dubitato, le valutazioni devono tenere conto della funzione economica
del bene: basti pensare alle diverse regole dettate dall’art. 2426 c.c. per la
valutazione delle immobilizzazioni e dell’attivo circolante.
Basti pensare alla possibilità di classificare una partecipazione tra le
immobilizzazioni finanziarie oppure tra l’attivo circolante, sulla base appunto
bilancio, regole, cioè di gerarchia superiore alle regole e ai principi particolari applicabili a specifiche fattispecie.
Chiarezza e rappresentazione veritiera e corretta
(art. 2423, comma 2, c.c.)
Principi generali in tema di strutture e di valutazioni (artt 2423 –bis c.c. e 2423-ter c.c.)
Disposizioni specifiche in tema di strutture e di valutazioni
( artt. 2424 e ss., c.c)
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della loro funzione o destinazione economica e sulle conseguenze anche fiscali
che ne derivano. E’ chiaro quindi che qui si voleva dire altro. Allora perché non
dirlo espressamente come aveva suggerito la sottocommissione GUATRI, che
aveva proposto di inserire nell’art. 2423-bis, numero 2 bis la seguente espressione
«si deve privilegiare, ove possibile, la rappresentazione della sostanza sulla
forma».
Sotto il profilo tecnico, sarebbe stato preferibile che il legislatore, in sede
di esercizio della delega, avesse fatto espresso riferimento al già noto principio
della prevalenza della sostanza sulla forma.
Tuttavia, dalla relazione di accompagnamento al D. Lgs. n° 6 si evince
che il legislatore abbia inteso riferirsi con questa espressione a tale postulato,
concetto indicato nel Principio Contabile n. 11 con l'espressione prevalenza degli
aspetti sostanziali su quelli formali.
Considerato che l’interpretazione letterale rende la novella priva di ogni
valenza innovativa, malgrado l’infelice formulazione, l’inciso va inteso nel senso
che nella contabilizzazione degli effetti di un’operazione si deve privilegiare, ove
possibile, la sua sostanza economica sulla forma giuridica.
In tal modo, quindi, la norma novellata ha recepito le indicazioni
desumibili dai principi contabili italiani e internazionali, nonché dalla recente
regolamentazione comunitaria, i quali prescrivono, quale criterio generale, che
nella redazione dei bilanci debba venir privilegiata la sostanza delle operazioni -
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ossia, la realtà economica sottostante gli aspetti formali - rispetto alla loro forma
legale.
Ciò, tuttavia, non appare possibile - allo stato attuale - per il trattamento
contabile delle operazioni di locazione finanziaria. A tali operazioni continua ad
applicarsi il metodo c.d. patrimoniale, sebbene siano richieste informazioni
aggiuntive a livello di nota integrativa per fornire una rappresentazione più
veritiera e corretta (in particolare, quella rappresentazione che si sarebbe avuto
qualora si fosse applicato il c.d. metodo finanziario). Argomento questo, che mi
limito semplicemente ad accennare, non essendo oggetto della mia trattazione.
Inoltre, come è stato sostenuto, il principio della prevalenza della sostanza
sulla forma potrà comportare per alcune operazioni di carattere finanziario effetti
compensativi di segno opposto sia per quanto riguarda gli aspetti patrimoniali che
quelli economici.
Ciò è il caso, ad esempio, del regolamento simultaneo di due strumenti
finanziari tramite l’intervento di una stanza di compensazione in un mercato
finanziario organizzato. In questi casi dunque, essendo la compensazione un
elemento intrinseco (cioè tipico) dell’operazione, si è rilevato, non si deve
applicare il divieto di compensazione di partite.
L'applicazione del postulato della prevalenza della sostanza sulla forma è,
quindi, ora resa obbligatoria dalla norma nei casi in cui ciò non sia espressamente
in contrasto con altre norme specifiche sul bilancio. E’ questo un principio che
assume valenza generale.
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Prevarrà nella rappresentazione di un fatto di gestione la sostanza sulla
forma, salvo che non sia espressamente previsto dal legislatore un tradizionale
ancoraggio agli aspetti legali-formali della stessa.
Tale principio è stato pienamente accolto per le operazioni di
compravendita con obbligo di retrocessione. Su questo argomento mi soffermerò
più diffusamente.
Il trattamento contabile delle operazioni di vendita con obbligo di
retrocessione è disciplinato dagli articoli 2424-bis e 2425-bis del codice civile, i
quali stabiliscono per tali operazioni che: «Le attività oggetto di contratti di
compravendita con obbligo di retrocessione a termine devono essere iscritte nello
Stato Patrimoniale del venditore» (art. 2424-bis), e che «I proventi e gli oneri
relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, ivi
compresa la differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti, devono essere
iscritti per le quote di competenza dell'esercizio»(art. 2425- bis).
In termini di informativa in nota integrativa la nuova norma prevede che
venga illustrata «distintamente per ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei
debiti relativi ad operazioni che prevedono l'obbligo per l'acquirente di
retrocessione a termine» (art. 2427 6-ter).
Si ha una operazione di vendita con obbligo di retrocessione allorché il
contratto o la pattuizione stipulati tra le parti comportino il riacquisto, da parte del
venditore, della cosa originariamente venduta ad una certa data e per un certo
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prezzo e quando tale pattuizione rende obbligatorio il riacquisto: ciò avviene se
non vi sono clausole che condizionino o rendano incerta l'operazione di riacquisto.
Esemplificando, le operazioni di pronti contro termine vanno diversamente
contabilizzate nei seguenti casi:
a) operazioni con obbligo di riacquisto a termine;
b) operazioni con facoltà ( e, quindi, non obbligo) di riacquisto a termine.
Nel caso sub a) la scrittura contabile sarà impostata tenendo conto del fatto che:
- i titoli acquistati a pronti non dovranno essere iscritti nell’attivo del
bilancio;
- le risorse finanziarie investite dovranno essere rappresentate come
crediti.
Avremo così con la seguente scrittura contabile:
Crediti per OPCT a Banca c/C
Al momento dell’estinzione la scrittura contabile sarà di tipo opposto con
rilevazione, a quel momento, del Provento finanziario conseguito.
Nel caso prospettato sub b) la scrittura contabile terrà, invece, conto del fatto che:
- i titoli acquistati a pronti dovranno essere iscritti nell’attivo del bilancio;
- i conti d’ordine accoglieranno l’impegno dell’eventuale vendita a temine
dei titoli.
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Avremo, limitatamente all’operazione di acquisto, la seguente scrittura
contabile:
Titoli a Banca c/c
Conclusivamente, il trattamento previsto dalla norma novellata rappresenta
una applicazione del postulato della prevalenza della sostanza sulla forma:
mantenere il bene apparentemente venduto tra le attività del venditore è infatti il
riconoscimento che non di vera e propria cessione si è trattato ma, come è stato
osservato, di una temporanea perdita della titolarità del bene da parte del
venditore.
Nei casi in cui tale attività è costituita da un bene ammortizzabile, nel
bilancio del venditore continueranno ad essere stanziati gli ordinari
ammortamenti. Del resto, l’attività oggetto della vendita con retrocessione rimane
iscritta nel bilancio del venditore.
3. Abrogazione dell'interferenza fiscale ed altre partite di natura fiscale
Con il D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma del diritto
societario, è stato abrogato il secondo comma dell'art. 2426 c.c., il quale
consentiva di «…effettuare rettifiche di valore e accantonamenti esclusivamente
in applicazione di norme tributarie». Norma che, è bene notarlo subito, atteneva
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ai criteri di valutazione. In tal senso deponeva anche la stessa collocazione
all’interno dell’art. 2426 rubricato appunto «Criteri di valutazioni».
L'art. 109, comma 4, lettera b) del TUIR ha infatti stabilito che gli
ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli
accantonamenti non imputabili a conto economico «sono deducibili se in apposito
prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i
valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi».
Pertanto, per tali componenti negativi di reddito la deducibilità dal reddito
d'impresa non è più condizionata alla loro previa imputazione a conto economico,
ma basta che ne sia fornita indicazione in apposito prospetto della dichiarazione
dei redditi. E’ quindi stata ammessa la possibilità di dedurre tali componenti di
reddito in via extracontabile.
La soluzione data consiste nella invenzione di una dicotomia. La categoria
unitaria delle spese e degli altri componenti negativi viene spaccata in due
sottogruppi:
- il primo dei quali è formato dalle spese che traggono origine da un atto
di scambio (spese per acquisto di materie prime e sussidiarie, spese per il
personale, spese per beni di consumo ect);
- il secondo da costi c.d. stimati.
I componenti negativi di reddito di cui la lett. b) dell'art. 109, comma 4,
del TUIR, per i quali è ammessa la deduzione in via extracontabile, sono
identificati, usando una terminologia nota, in via generale:
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• negli ammortamenti dei beni materiali ed immateriali;
• nelle rettifiche di valore;
• e negli accantonamenti effettuati esclusivamente in applicazione di
norme tributarie.
Per questa seconda classe di costi viene abbandonata la soluzione della
dipendenza rovesciata ed introdotto un regime di doppio binario, ossia di
autonoma deduzione dei costi, se maggiori di quelli civilisticamente determinati.
La dottrina (FALSITTA) ha parlato di doppio binario perché è prevista
l’istituzione di un prospetto nel quale verranno segnalati i maggiori
accantonamenti e, precisamente il c.d. quadro EC della dichiarazione dei redditi
Ma si tratta di un doppio binario parziale, perché il nuovo regime non
abbraccia tutti i componenti negativi ma solo quelli c.d. stimati ( si noti bene, si
dovrà trattare di costi sempre riconducibili alla nozione di ammortamenti dei beni
materiali ed immateriali, o di rettifiche di valore o di accantonamenti)
E si deve parlare di doppio binario condizionato, perché permane un
vincolo speciale di dipendenza dal bilancio civile per i costi inseriti nel prospetto,
aventi rilevanza solo per l’utile fiscale.
Ci si è chiesto, aprendo un vivace dibattito in dottrina, quali fossero le
rettifiche di valore e gli accantonamenti che, pur essendo deducibili dal reddito
d'impresa, non fossero risultati imputabili a conto economico.
Secondo un primo orientamento, che risulta minoritario, tale disposizione
avrebbe consentito di imputare a conto economico le sole rettifiche di valore e gli
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accantonamenti previsti da disposizioni fiscali sovvenzionali o agevolative e,
dunque , da disposizioni fiscali che, in applicazione del principio del
rafforzamento dell'apparato produttivo posto nella legge delega per la riforma
tributaria, tendevano a favorire l'autofinanziamento delle imprese. Del resto, va
osservato che qui siamo di fronte ad una norma derogatoria. Come noto, le norme
derogatorie sono oggetto di interpretazione restrittiva.
Tale disposizione non potrebbe essere invocata, pertanto, per imputare a
conto economico rettifiche di valore ed accantonamenti effettuati esclusivamente
in applicazione di disposizioni fiscali, che si limitino ad individuare criteri di
deducibilità dal reddito d'impresa delle predette rettifiche di valore ed
accantonamenti.
Secondo un altro orientamento, che invece risulta largamente
maggioritario e che ha finito per prevalere sul primo enunciato, fra le rettifiche di
valore e gli accantonamenti imputabili a conto economico ai sensi del
secondo comma dell'art. 2426 c.c. dovevano ritenersi riconducibili, oltre alle
rettifiche di valore e agli accantonamenti previsti da disposizioni qualificabili
come sovvenzionali o agevolative, anche quelli previsti da disposizioni di natura
forfetaria e, quindi, potenzialmente sovvenzionali.
In particolare, tale disposizione doveva ritenersi applicabile in tutti i casi in
cui le disposizioni fiscali consentivano di operare con sistemi forfetari, cioè con
meccanismi posti dal legislatore per evitare l'insorgere di controversie sul
quantum.
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Ciò nella considerazione che essa, riconoscendo, in linea generale e senza
limitazioni, la legittimità delle rettifiche di valore e degli accantonamenti operati
esclusivamente in applicazione di disposizioni tributarie, non consentiva di
operare distinzioni nell'ambito delle predette disposizioni.
Stando a quanto è testualmente precisato nella relazione illustrativa del D.
Lgs. n° 344 del 12 dicembre 2003, l'interpretazione che l’OIC ha preferito è stata
quella di accogliere la nozione più ampia, secondo cui le disposizioni che
legittimano l'imputazione di rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente
con valenza fiscale, sono non solo quelle aventi esplicita finalità sovvenzionale,
ma anche quelle che prevedano regimi di determinazione forfetaria dei
componenti negativi e, in particolare, quelli a carattere estimativo7.
Come è stato sostenuto, l'estensione della portata della lett. b) dell'art. 109,
comma 4, del TUIR alle rettifiche di valore e agli accantonamenti effettuati in
7 La preferenza per questa interpretazione, secondo l’OIC, trova fondamento in tre diverse motivazioni. La prima è costituita dall'esistenza di una prassi applicativa nel senso indicato per cui «non sarebbe coerente, ora che non si deve più inquinare il bilancio, immaginare un ambito più ristretto, limitato, cioè alle sole norme sovvenzionali» . La seconda è costituita dalla considerazione che le imprese non obbligate a redigere il bilancio o, comunque , obbligate a redigerlo senza doversi attenere alle disposizioni della IV direttiva hanno potuto dedurre dal reddito d'impresa anche le rettifiche di valore e gli accantonamenti previsti da norme di natura forfetaria. La terza è che «le misure di forfetizzazione, pur non essendo agevolative in senso stretto, costituiscono pur sempre opportunità o vantaggi offerti dal Legislatore e hanno comunque la funzione di eliminare controversie su una materia altrimenti di difficile definizione quale, appunto, quella delle valutazioni», perché «Esse rispondono ad un interesse fiscale di portata più generale e operano a vantaggio sia dei contribuenti (laddove risultino di importo superiore a quello effettivamente imputabile a conto economico), sia a favore del Fisco, laddove limitino svalutazioni e rettifiche di entità economica più consistente rilevate in bilancio». CFR. OIC- ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, OIC 1 - I principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio d’esercizio, Milano, Giuffrè, 2004.
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applicazione di disposizioni fiscali non solo sovvenzionali in senso stretto, ma
anche forfetarie - e quindi potenzialmente sovvenzionali - implica la deduzione
in via extracontabile di tutte le rettifiche di valore e di tutti gli accantonamenti che
dovevano ritenersi imputabili a conto economico in forza dell'abrogato secondo
comma dell'art. 2426 c.c. nell'interpretazione che ne era stata fornita dalla dottrina
prevalente.
Perciò, potranno ritenersi deducibili, in forza della disposizione
richiamata, si noti bene, per la parte in cui la relativa misura ecceda quella
civilisticamente necessaria, a titolo meramente esemplificativo, gli ammortamenti
anticipati; gli ammortamenti ordinari dei beni materiali ed immateriali; le
svalutazioni dei crediti; le svalutazioni per rischio contrattuale delle rimanenze
relative ai lavori di durata ultraannuale; gli accantonamenti per lavori ciclici di
manutenzione e revisione delle navi ed aeromobili e per oneri derivanti da
operazioni e concorsi a premio.
Per evitare che la deduzione dal reddito d'impresa di componenti negativi
di reddito non imputabili a conto economico permetta la distribuzione di utili che
non abbiano scontato l'imposizione, l'art. 109, comma 4, lettera b) del TUIR ha
introdotto un apposito regime di sospensione d'imposta, c.d. per masse.
In particolare, tale disposizione prevede che : «in caso di distribuzione, le
riserve di patrimonio netto e gli utili di esercizio, anche se conseguiti
successivamente al periodo d'imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a
formare il reddito se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve di
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patrimonio netto, diverse dalla riserva legale e dei restanti utili portati a nuovo,
risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli
accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del
fondo imposte differite correlato agli importi dedotti».
Ciò per il fatto che, per effetto dell'adozione della soluzione così prescelta,
i benefici fiscali possono essere fruiti da tutte le imprese e, quindi, anche da quelle
che non hanno utili o riserve da vincolare, attraverso l'esposizione nel c.d. quadro
EC della dichiarazione dei redditi, ma laddove esistano utili o riserve, questi
devono essere non distribuiti fino a concorrenza delle deduzioni forfetarie non
imputate a conto economico.
Da quanto sin qui detto le imprese hanno l'onere di vincolare, in riserve
diverse da quella legale, un ammontare almeno pari a quello dei componenti
negativi di reddito dedotti in via extracontabile, al netto del fondo imposte
differite correlato agli importi dedotti. Qualora tali imprese procedessero alla
distribuzione di utili di esercizio o di riserve, tali utili concorrerebbero alla
formazione del reddito dell’imponibile per un ammontare pari all'eccedenza netta
dei predetti componenti negativi di reddito rispetto alle restanti riserve di
patrimonio netto, diverse dalla riserva legale.
Un altro aspetto su cui occorre concentrarsi è il c.d. disinquinamento dei
bilanci. Alla luce dei principi generali di bilancio e della finalità che ha interessato
la riforma, è stata esclusa l’ipotesi che le rettifiche di valore e gli accantonamenti
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effettuate nei precedenti esercizi possano essere mantenuti in bilancio finché siano
riassorbiti.
Le appostazioni effettuate per contabilizzare rettifiche di valore e
accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie non sono più
consentite. Pertanto se dai bilanci precedenti residuano valori derivanti da quanto
consentito dalla precedente norma, per essi si deve trovare un adeguato
trattamento contabile.
Laddove si assimilasse tale disinquinamento ad un cambiamento di
principio contabile, seguendo i principi contabili internazionali, si dovrebbe
operare, ai sensi dello IAS 8, attraverso l’accredito dei saldi all’inizio
dell’esercizio 2004 ad una riserva di patrimonio netto, senza pertanto transitare
dal conto economico.
Tale criterio, alla luce dell’interpretazione giuridica allo stato prevalente,
non è parso all’OIC in linea con la disposizione di cui all’art. 31, lettera f) della
IV direttiva (e ripresa dall’art. 7 del D. Lgs. 87/92 ma non dal codice civile)
secondo la quale «lo stato patrimoniale di apertura di un esercizio deve
corrispondere allo stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio precedente».
In assenza di una specifica normativa in tal senso, l’OIC ha ricercato la
soluzione nell’ambito dei principi contabili che, come noto, integrano ed
interpretano la norma civilistica.
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Ciò detto, considerato in particolare le previsioni del principio contabile
n. 29, nonché le comunicazioni delle Autorità di vigilanza8 (tuttora ritenute
applicabili dalle stesse anche per la contabilizzazione del disinquinamento), l’OIC
ha provveduto a raccomandare, quale trattamento contabile, la rilevazione degli
effetti pregressi del disinquinamento a conto economico, imputandoli ad una
specifica voce delle componenti straordinarie.
Gli aspetti fondamentali inerenti la rilevazione contabile del
disinquinamento possono allora così riassumersi:
1. il disinquinamento dalle interferenze fiscali nel bilancio dell’esercizio
chiuso al 31.12.2004 è obbligatorio;
2. gli effetti del disinquinamento includono, si noti bene, solo quegli
accantonamenti e rettifiche di valore che nei bilanci dei precedenti esercizi erano
stati considerati privi di giustificazione civilistica attraverso l'esplicita indicazione
in nota integrativa della loro esclusiva valenza fiscale;
3. la rilevazione degli effetti pregressi del disinquinamento avverrà
utilizzando una specifica voce delle componenti straordinarie del conto
economico. Ad esempio qualora si trattasse di “disinquinare”, il bilancio
dell’esercizio chiuso al 31.12.2004 da ammortamenti anticipati pregressi,
effettuati esclusivamente per cogliere delle opportunità fiscali, il disinquinamento
dalle interferenze fiscali pregresse si sostanzierebbe: a) nello storno del fondo 8 L’incompatibilità è stata rilevata in passato dalla Consob nella Comunicazione DAC 99016997 dell’11 marzo 1999 e dalla Banca d’Italia nella Comunicazione del 3 agosto 1999 in merito al trattamento contabile degli effetti derivanti da cambiamenti di principi contabili o di errori.
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ammortamenti anticipati con contestuale rilevazione di un provento straordinario;
b) nell’iscrizione delle imposte differite relativi agli ammortamenti anticipati
stornati. Il che significa iscrivere nel conto economico un onere straordinario in
contropartita, a livello di stato patrimoniale, del fondo imposte differite.
Se, invece, le partite contabilizzate nei precedenti esercizi erano tali che
l'impresa aveva trovato sostanziale coincidenza tra norma fiscale e criterio
contabile ed in tal senso – esplicitamente o implicitamente – si era espressa in
nota integrativa, dette partite non costituiscono interferenza fiscale e quindi nulla
residua da disinquinare.
4. Classificazione e presentazione in bilancio delle conseguenti imposte
anticipate e differite
Una novità di rilievo introdotta con il D. Lgs. 6/2003 ( sotto il profilo più
formale che sostanziale, atteso che l’obbligo di rilevazione in bilancio della
fiscalità differita era già ricavabile dal principio generale di competenza
economica9) riguarda l'informazione da fornire, negli schemi di stato patrimoniale
e, conseguentemente, anche in conto economico, degli importi relativi alla
contabilizzazione delle imposte differite ed anticipate. La novità sta quindi
nell’aver previsto dei luoghi deputati ad accogliere la fiscalità differita.
9 Cfr. CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI – CONSIGLIO NAZIONALE DEI RAGIONIERI COMMERCIALISTI, Il trattamento contabile delle imposte sul reddito, Documento n. 25 della Commissione per la statuizione dei principi contabili
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Per quanto riguarda tale aspetto, l'articolo 2424, relativo allo schema di
stato patrimoniale, aggiunge alle componenti da indicare separatamente tra i
crediti - voce C) II - due specifiche voci:
• 4- bis) crediti tributari;
• 4- ter) imposte anticipate.
Le passività costituite dai debiti tributari e dalle imposte differite vanno
stanziate, rispettivamente, nei debiti tributari alla voce D12 e nell'apposito fondo
imposte differite, alla voce B2
La relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 6/2003 ha avuto
modo di chiarire che per le imposte anticipate data la loro natura («che non è
esattamente quella di un credito riscuotibile, quanto piuttosto di minori imposte da
pagare in futuro »), l'indicazione «imposte anticipate» non è preceduta dal termine
«crediti» né dalla preposizione «per».
In relazione alle imposte differite la stessa relazione ministeriale ha
affermato che: «si è ritenuto sufficiente integrare la dizione della voce B) 2-fondi
per imposte con la precisazione “anche differite”; infatti le imposte differite non
sono debiti effettivi da pagare quanto piuttosto maggiori imposte da pagare in
futuro».
Similmente, l'articolo 2425, relativo allo schema di conto economico,
stabilisce la voce 22 (imposte sul reddito) con la dizione:
«imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate».
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Ad avviso dell’OIC, sebbene la norma non richieda espressamente la
separata presentazione delle imposte correnti da quelle differite (incluse le
imposte anticipate), ciò appare raccomandabile, in alternativa al fornirne il
dettaglio semplicemente in nota integrati va, per ovvie ragioni di chiarezza.
A livello di nota integrativa il n. 14 dell'art. 2427 c.c. richiede la
redazione di un prospetto che indichi:
a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la
rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l'aliquota applicata e le
variazioni rispetto all'esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a
Conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le
relative motivazioni;
b) l'ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti
a perdite dell'esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell'iscrizione,
l'ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione;
Inoltre, ad avviso dell’OIC, nella nota integrativa andranno riportate
(ancorché non esplicitamente richiesto dalle disposizioni normative) le
motivazioni del mancato stanziamento delle eventuali imposte differite sugli utili
non distribuiti dalle società controllate e collegate, nel caso in cui esse siano
valutate secondo il metodo del patrimonio netto.
In dottrina, ci si è chiesto se sia necessario accantonare ad una riserva non
distribuibile l’utile derivante, in tutto o in parte, dalla rilevazione delle imposte
anticipate. Si pensi, ad esempio, ad un utile d’esercizio di 100.000 euro alla cui
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formazione hanno concorso, quale componente positivo del reddito, imposte
anticipate per 120.000 euro.
A mio avviso, a tale interrogativo deve darsi una risposta negativa. Ciò a
motivo del fatto che non è ravvisabile nelle disposizioni normative in tema di
bilancio un espresso vincolo giuridico di non distribuibilità.
Del resto, lo stesso legislatore quanto ha richiesto l’accantonamento
dell’utile, supposto presunto o potenziale, ad una specifica riserva non
distribuibile lo ha espressamente detto. A conferma di ciò si pensi alle seguenti
tre ipotesi in cui è stato espressamente previsto dal nostro legislatore civilistico
l’obbligo:
a) di accantonamento degli utili emersi dalla rivalutazione per casi
eccezionali ai sensi dell’art. 2423, quarto comma, c.c.;
b) di accantonamento dell’utile netto su cambi ad una riserva non
distribuibile fino al realizzo ai sensi dell’art. 2426, sub 8-bis, c.c.;
c) di accantonamento delle plusvalenze derivanti dall’applicazione del
metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell’esercizio
precedente in una riserva non distribuibile ex art. 2426, sub 4) c.c.).
Stando così le cose, come io credo, la richiesta sul punto di un
comportamento prudente si dovrebbe sostanziare nel vaglio severo e
particolarmente critico dell’esistenza dei presupposti legittimanti l’iscrizione di
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tale componente positivo di reddito presunto (cioè le imposte anticipate)10 e non,
invece, prefigurare un ideale vincolo di non distribuibilità di una quota astratta
dell’utile netto pari alle imposte anticipate rilevate nel conto economico.
Del resto queste ultime rappresentano, non un utile, ma un componente
positivo del reddito che, ricorrendone i presupposti, deve essere, si noti bene,
obbligatoriamente rilevato in bilancio e, in quanto tale, concorrere
legittimamente alla formazione dell’utile prodotto e, quindi, legittimamente
distribuibile in assenza di espressa previsione contraria.
Su un diverso piano, ossia empirico, si potrebbe in certe circostanze
operative consigliare ( eventualmente a seguito dell’osservazione del collegio
sindacale, sotto il profilo dell’opportunità dell’operazione di distribuzione
dell’utile) la non distribuzione di una quota dell’utile pari alle imposte anticipate
da accantonarsi però ad una riserva facoltativa e, quindi, di regola, liberamente
distribuibile. Il tutto da interpretarsi alla stregua di una mera coincidenza
numerica e non come pretesa sussistenza di un vincolo giuridico.
Diversamente, si rischierebbe di assumere un comportamento contabile
che potrebbe finire per rappresentare o, peggio, per essere interpretato ex post
come una contraddizione in termini.
10 Il Principio Contabile nazionale n. 25 richiede per l’iscrizione delle attività derivanti da imposte anticipate la ragionevole certezza dell’esistenza negli esercizi in cui si riverseranno le differenze temporanee deducibili, che hanno portato all’iscrizione delle imposte anticipate, di un reddito imponibile non inferiore all’ammontare delle differenze che si andranno ad annullare. Si ricorda ancora una volta che in presenza di tali condizioni, la rilevazione delle imposte anticipate è obbligatoria. Cfr. CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI – CONSIGLIO NAZIONALE DEI RAGIONIERI COMMERCIALISTI, Il trattamento contabile delle imposte sul reddito, Documento n. 25 della Commissione per la statuizione dei principi contabili.