ASSIONI E MBIZIONI Emergenti «LE MIE L ETTERE ALENTINO»

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Emergenti «LE MIE L ETTERE A V ALENTINO» I suoi maestri Christobal Balenciaga e Valentino: sono i «maestri« ai quali si ispira Albino. «Dal primo — spiega lo stilista — ho imparato i volumi, l’architettura dei modelli. Il secondo mi ha fatto scoprire il glamour sofisticato». Diverse invece le donne ideali: Twiggy, Brigitte Bardot, Jane Birkin, Coco Chanel, Romy Schneider. «Ma — precisa Albino — anche i fotografi mi aiutano a creare: penso a Deborah Tuberville, Guy Bordin, Irving Penn». Spirito inquieto Oltre a firmare la sua linea, è direttore artistico del marchio Victor Victoria. «Ho cominciato di nascosto a mio padre, ora sogno di disegnare un’auto» V ergine con ascendente ariete, appassionato di auto- mobili, esperto di melanzane alla parmigiana con il cacao, il pallino dello stilista da quando era ancora bam- bino. E poi: testardo, impassibile quando tutti perdono la calma, capace di dimenticarsi di pranzare tanto è di- stratto. Non c’è niente di scontato nella vita di Albino D’Amato , trentatreenne talento emergente della moda. Firma la sua linea ed è pure direttore artistico del mar- chio Victor Victoria (proprietà della Ca’ da Mosto), si parla di lui con insistenza dal giugno di tre anni fa quan- do vinse su 300 aspiranti stilisti il concorso di Vogue Ita- lia «Who’s on next?». E oggi molti sono pronti a giurare che ne farà di strada questo giovane dall’aria timida in scarpe da tennis. Lui e le sue donne vestite di abiti corti e morbidi, non «opulenti», eleganti e sobri, spesso senza fodera. Lui e i suoi colori: nero, carne, blu, rosso, viola. I suoi tessuti: gazar di seta, organze, stoffe militari, crêpe. Uno stile che gli esperti hanno scoperto nel settembre 2004 quan- do debuttò in una galleria d’arte di Parigi presentando la sua collezione. Il passo importante, però, Albino lo fe- ce nel settembre 2005 sfilando sulle passerelle di Milano Collezioni. Eppure la vita di questo outsider dello stile non è sem- pre stata facile. Napoletano di origine, primo di tre figli maschi di un geometra e di un’informatica, ha dovuto vedersela con il padre per la sua passione di stilista. Il genitore sognava per lui una strada diversa. Sorride sera- fico, seduto in mezzo ad abiti e campioni di stoffe dello studio-laboratorio milanese del suo grande amico-soste- nitore, l’architetto Gianfranco Fenizia e racconta: «M’iscrissi ad architettura a Roma per seguire il corso di design industriale, poi, di nascosto, all’Accademia di costume e moda. La mia giornata? Università al matti- no, accademia nel pomeriggio, studio la sera. Mia ma- dre era dalla mia parte. A un certo punto ho seguito un altro corso di design industriale a Torino e sono andato a fare uno stage al Centro stile Fiat». Ma il pensiero fisso di fare lo stilista a quando risa- le? È una vecchia storia. Appassionato di corse e au- tomobili («sogno di disegnarne una»), sportivo al pun- to di far parte della nazionale italiana di tennis under 14 e under 16, Albino si accorse di amare il mondo della moda già bambino frugando nel guardaroba della mam- ma e della nonna e ridisegnando i cartoons giapponesi. A 13 anni disegnava i modelli e la sera infilava gli schizzi nella cassetta postale di Valentino Garavani che abita- va vicino a casa sua. Andò avanti così fi- no a quando il «guru» della moda non fe- ce rispondere dalla sua segretaria: «Mi consigliò di andare a Parigi e di seguire i corsi dell’Ecole de la Chambre Syndica- le de la Couture. Cosa che feci». Aveva 20 anni, il giova- ne, il giorno in cui prese il volo per l’olimpo francese del- la moda. Quindi le prime collaborazioni come assisten- te negli uffici stile: Ungaro , Guy Laroche , Lolita Lempi- cka , Emilio Pucci . Con Versace arrivò l’opportunità, nel 2003, di tornare a Milano per concentrarsi sul prêt-à-porter. Altro che architettura: è tra le stoffe, i ma- nichini e le modelle che Albino si trovava a suo agio. Da quel momento, infatti, cominciò a collezionare verifiche importanti: prima Dolce & Gabbana , poi Armani , infi- ne la decisione di crearsi una collezione personale ispi- randosi ai grandi nomi della moda francese. Il resto so- no cose note: il debutto, Vogue, Milano Collezioni. Il me- todo-Albino è semplice: «Disegno poi intervengo sul ma- nichino e non necessariamente resto fedele allo schiz- zo. La mia è una donna che gioca, si diverte e nello stes- so tempo è sicura di ciò che vuole». Una storia nel segno del lusso nascosto. Albino: infilavo i bozzetti nella sua posta. E lui mi consigliò Parigi DI BENEDETTA DE MICHELI P ASSIONI E A MBIZIONI Glamour Proposta per l’estate 2008 In alto, lo stilista (foto Marco Scarpa) 22 Mode e Modi Lunedì 18 Febbraio 2008 Corriere della Sera

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Emergenti«LE MIE LETTEREA VALENTINO»

I suoi maestri

ChristobalBalenciaga eValentino: sono i«maestri« ai qualisi ispira Albino.«Dal primo —spiega lo stilista— ho imparato ivolumi,l’architettura deimodelli. Ilsecondo mi hafatto scoprire ilglamoursofisticato».Diverse invece ledonne ideali:Twiggy, BrigitteBardot, JaneBirkin, CocoChanel, RomySchneider. «Ma —precisa Albino —anche i fotografimi aiutano acreare: penso aDeborahTuberville, GuyBordin, IrvingPenn».

Spirito inquieto

Oltre a firmare la sua linea, è direttore artistico del

marchio Victor Victoria. «Ho cominciato di nascosto

a mio padre, ora sogno di disegnare un’auto»

V ergine con ascendente ariete, appassionato di auto-mobili, esperto di melanzane alla parmigiana con il

cacao, il pallino dello stilista da quando era ancora bam-bino. E poi: testardo, impassibile quando tutti perdonola calma, capace di dimenticarsi di pranzare tanto è di-stratto. Non c’è niente di scontato nella vita di AlbinoD’Amato , trentatreenne talento emergente della moda.Firma la sua linea ed è pure direttore artistico del mar-chio Victor Victoria (proprietà della Ca’ da Mosto), siparla di lui con insistenza dal giugno di tre anni fa quan-do vinse su 300 aspiranti stilisti il concorso di Vogue Ita-lia «Who’s on next?». E oggi molti sono pronti a giurareche ne farà di strada questo giovane dall’aria timida inscarpe da tennis.

Lui e le sue donne vestite di abiti corti e morbidi, non«opulenti», eleganti e sobri, spesso senza fodera. Lui e isuoi colori: nero, carne, blu, rosso, viola. I suoi tessuti:gazar di seta, organze, stoffe militari, crêpe. Uno stileche gli esperti hanno scoperto nel settembre 2004 quan-do debuttò in una galleria d’arte di Parigi presentandola sua collezione. Il passo importante, però, Albino lo fe-ce nel settembre 2005 sfilando sulle passerelle di MilanoCollezioni.

Eppure la vita di questo outsider dello stile non è sem-pre stata facile. Napoletano di origine, primo di tre figlimaschi di un geometra e di un’informatica, ha dovutovedersela con il padre per la sua passione di stilista. Ilgenitore sognava per lui una strada diversa. Sorride sera-fico, seduto in mezzo ad abiti e campioni di stoffe dellostudio-laboratorio milanese del suo grande amico-soste-

nitore, l’architetto Gianfranco Fenizia e racconta:«M’iscrissi ad architettura a Roma per seguire il corso didesign industriale, poi, di nascosto, all’Accademia dicostume e moda. La mia giornata? Università al matti-no, accademia nel pomeriggio, studio la sera. Mia ma-dre era dalla mia parte. A un certo punto ho seguitoun altro corso di design industriale a Torino e sonoandato a fare uno stage al Centro stile Fiat».

Ma il pensiero fisso di fare lo stilista a quando risa-le? È una vecchia storia. Appassionato di corse e au-tomobili («sogno di disegnarne una»), sportivo al pun-to di far parte della nazionale italiana di tennis under14 e under 16, Albino si accorse di amare il mondo dellamoda già bambino frugando nel guardaroba della mam-ma e della nonna e ridisegnando i cartoons giapponesi.A 13 anni disegnava i modelli e la sera infilava gli schizzinella cassetta postale di Valentino Garavani che abita-

va vicino a casa sua. Andò avanti così fi-no a quando il «guru» della moda non fe-ce rispondere dalla sua segretaria: «Miconsigliò di andare a Parigi e di seguire icorsi dell’Ecole de la Chambre Syndica-

le de la Couture. Cosa che feci». Aveva 20 anni, il giova-ne, il giorno in cui prese il volo per l’olimpo francese del-la moda. Quindi le prime collaborazioni come assisten-te negli uffici stile: Ungaro , Guy Laroche , Lolita Lempi-cka , Emilio Pucci . Con Versace arrivò l’opportunità,nel 2003, di tornare a Milano per concentrarsi sulprêt-à-porter. Altro che architettura: è tra le stoffe, i ma-nichini e le modelle che Albino si trovava a suo agio. Daquel momento, infatti, cominciò a collezionare verificheimportanti: prima Dolce & Gabbana , poi Armani , infi-ne la decisione di crearsi una collezione personale ispi-randosi ai grandi nomi della moda francese. Il resto so-no cose note: il debutto, Vogue, Milano Collezioni. Il me-todo-Albino è semplice: «Disegno poi intervengo sul ma-nichino e non necessariamente resto fedele allo schiz-zo. La mia è una donna che gioca, si diverte e nello stes-so tempo è sicura di ciò che vuole».

Una storia nel segno del lusso nascosto.

Albino: infilavo i bozzetti nella sua posta. E lui mi consigliò Parigi

D I B E N E D E T T A D E M I C H E L I

P A S S I O N I E A M B I Z I O N I

GlamourProposta per

l’estate 2008In alto,

lo stilista(foto Marco

Scarpa)

22 Mode e Modi Lunedì 18 Febbraio 2008 Corriere della Sera