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Manuale per la buona pratica agricola in olivicoltura.

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Fine stampa Novembre 2004

Realizzazione: dott. Agr. Francesco COSTANZO

dott. Maurizio ROCCA

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PREMESSA

Sempre più si avverte la necessità di individuare ed applicare metodi di produzione

eco-compatibili, sia con le esigenze di conservazione degli ambienti naturali ormai fortemente antropizzati, quali sono divenuti quelli agricoli, sia con le esigenze di salvaguardia e tutela della salute del consumatore finale. Una duplice attenzione che va rivestendo sempre maggiore importanza nel panorama produttivo italiano ed internazionale anche in coltivazioni, quale quella olivicoli, da sempre ritenuta a minore impatto ambientale sia per il limitato ricorso all’impiego di mezzi tecnici fortemente impattanti (fitofarmaci, diserbanti, fertilizzanti chimici, ecc.) che per fabbisogni di natura energetica. In questa ottica si inquadra il metodo di produzione disciplinato dal relativo manuale di produzione seguendo i dettami delle buone pratiche agricole. Le Buone Pratiche Agricole sono definite come l’insieme dei metodi colturali che un

agricoltore diligente impiegherebbe in una regione interessata (comma I dell’art. 28 del reg. (CE) 1750/99). Il Codice di Buona Pratica Agricola, approvato con DM del 19 Aprile 1999 (G.U. n. 102 S.O. n. 86 del 4 maggio 1999), costituendo la base per l’elaborazione di codici mirati ad esigenze regionali o locali, ha rappresentato il punto di riferimento per l’emanazione dei rispettivi codici regionali. La piena conoscenza delle caratteristiche del territorio dove sorge l’azienda è un passo

fondamentale per l’agricoltore che deve operare una serie di scelte primarie per il corretto svolgimento dell’attività agricola. Gestione della fertilità del suolo Per una corretta gestione della fertilità

del suolo occorre tenere in considerazione alcuni fattori quali il periodo e la profondità di lavorazione del terreno, l’inerbimento del suolo ecc. Le lavorazioni fatte nel periodo estivo, provocano un’elevata aerazione delle particelle terrose che porta ad una notevole ossidazione della sostanza organica, con conseguente trasformazione dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico, con possibile denitrificazione dello stesso e di conseguenza perdita di fertilità. La non lavorazione e/o l’inerbimento del terreno sembrano essere le tecniche maggiormente in grado di determinare nel tempo consistenti vantaggi sull’ambiente pedologico. Entrambe favoriscono il mantenimento e l’aumento di sostanza organica nel terreno, ma hanno effetti opposti sulla disponibilità di acqua nello stesso. La non lavorazione favorisce il ruscellamento, con conseguente trascinamento fisico del terreno a valle; l’inerbimento impedisce il ruscellamento e favorisce l’infiltrazione di acqua negli strati più profondi del suolo.

Terreno sottoposto alla non lavorazione (diserbo)

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Per ottenere un rapporto corretto tra i fertilizzanti chimici e l’ambiente è essenziale avere una conoscenza approfondita del contesto agro-pedologico nel quale gli stessi vengono impiegati. Le analisi chimico-fisiche del terreno, e le esigenze colturali sono di fondamentale importanza per determinare le quantità di elementi da somministrare. Per quanto riguarda la fertilizzazione azotata, occorre impostarla su semplici bilanci tra

quanto azoto ogni coltura deve assorbire per far fronte, senza eccessi né carenze, al suo fabbisogno fisiologico, ed i periodi in cui tali disponibilità sono più necessarie. Per quanto riguarda le concimazioni fosfo-potassiche, occorre dire che questi elementi

sono trattenuti dal potere assorbente del terreno. La loro somministrazione va fatta nel periodo invernale, al fine di consentirne la discesa negli strati più profondi del suolo ed entrare in contatto con l’apparato radicale della pianta. Gestione Del Suolo

La gestione del suolo per gli oliveti in coltura comprende le lavorazioni finalizzate al controllo delle infestanti, all'interramento dei fertilizzanti e, ove occorra, alla sistemazione superficiale del terreno al fine di evitare ristagni idrici ed eseguire agevolmente le operazioni di raccolta. Per quanto riguarda il controllo delle erbe infestanti, nei terreni in pendio, il suolo

dovrebbe restare inerbito durante la stagione invernale in cui le precipitazioni sono più cospicue, mentre da aprile fino a settembre-ottobre si dovrà attuare il controllo delle infestanti mediante pratiche agronomiche (erpicature, ecc.). Nei confronti delle piante coltivate, la flora spontanea è ritenuta “infestante” in quanto

riduce la fertilità del terreno asportando gli elementi nutritivi necessari al ciclo produttivo delle colture.

Di contro impedisce, durante i periodi invernali, l’erosione del terreno ed aumenta l’infiltrazione dell’acqua anche negli strati più profondi (aspetto molto importante se si considera che i terreni ulivetati sono per lo più ubicati in collina), riduce inoltre la lisciviazione dei nitrati in falda. La copertura vegetale può essere opportunamente ottenuta seminando una leguminosa (favino), contribuendo a migliorare la struttura del terreno, ed aumentare la disponibilità di sostanza organica. La profondità delle lavorazioni ordinarie deve tenere conto anche della prevalente

Terreno lavorato durante il periodo invernale

Terreno inerbito durante il periodo invernale

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distribuzione delle radici: poiché l’olivo ha un appartato radicale poco profondo, le lavorazioni fatte per interrare i concimi o per controllare le erbe infestanti non dovrebbero superare la profondità di 10-20 cm e in modo da non danneggiare seriamente l’apparato radicale dell’olivo, che è piuttosto superficiale. Le lavorazioni ordinarie vengono praticate meccanicamente, con operatrici di vario

tipo (erpici a dischi, erpici a denti, aratri a dischi, ecc.), molti dei quali capaci di intervenire anche lungo i filari, grazie a dispositivi tastatori di cui sono corredate per «scartare» i tronchi degli alberi. E’ consigliabile, effettuare non più di 3-4 lavorazioni l’anno. La prima lavorazione,

eseguita a fine inverno (dopo la raccolta delle olive), serve a rompere lo strato compatto del terreno, favorire l’aerazione e la penetrazione dell’acqua piovana. Gli altri interventi di erpicatura, compiuti in primavera-estate, servono a interrare i concimi, a eliminare le infestanti e per ottimizzare le risorse idriche durante il periodo vegetativo, limitandola perdita di acqua già infiltrata per risalita capillare. Con le frequenti lavorazioni lo strato di terreno esplorato dagli organi lavoranti viene

smosso e più o meno finemente frantumato o addirittura polverizzato, come accade, in particolare, quando si impiegano le zappatrici rotative. Le macchine di questo tipo « fresano » il terreno, ne riducono la zollosità superficiale anche quando è molto asciutto, gli conferiscono una notevole sofficità ed eliminano completamente le erbe infestanti incorporandone i residui frantumati nello strato lavorato; per contro, nei terreni tendenzialmente colloidali, esse distruggono la struttura e, a lungo andare, portano alla formazione di uno strato impermeabile al di

sotto della quota raggiunta dalle zappette fresanti. Questo strato impermeabile è detto suola di lavorazione e deriva, oltre che dall'azione diretta degli organi lavoranti, anche da fenomeni di eluviazione chimico-fisica per effetto dei quali le minutissime particelle solide, che, si formano nello strato più superficiale dei terreno sotto l'azione disgregante delle zappette, vengono trasportate verso il basso dall'acqua di percolazione e si depositano, cementandosi, nella zona di transizione fra il terreno lavorato e quello incolto. In corrispondenza della suola si ha una quasi totale impermeabilizzazione del terreno, con gravi conseguenze per il ricambio idrico e per gli scambi gassosi. Per ritardare la formazione della suola è consigliabile evitare l’utilizzo delle zappatrici

rotative nei terreni colloidali; alternare tipi diversi di macchine operatrici (erpici a denti, erpici a dischi…ecc), in modo da cambiare il tipo di trattamento del terreno. La suola di lavorazione non si forma nei terreni tendenzialmente sabbiosi in quelli sottoposti al diserbo chimico, inerbiti o non lavorati.

Inerbimento

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L'inerbimento costituisce un'alternativa alle lavorazioni ordinarie e consiste nel favorire il rivestimento del terreno occupato dagli impianti arborei con un prato permanente, sottoposto a frequenti sfalci e lasciando sul posto l'erba tagliata. Varianti di questa tecnica sono il controllo ormonico della crescita del prato, ottenuto, ad esempio,

con irrorazioni di pacobutrazolo (P 333), e l'inerbimento temporaneo ottenuto eliminando in modo non permanente, con trattamenti disseccanti, la parte epigea del prato, ma non l’apparato radicale. Il più immediato vantaggio

dell'inerbimento è rappresentato dal fatto che la presenza di un cotico erboso sulla superficie del terreno offre una maggiore portanza alle macchine che possono così meglio transitare negli interfilari e recare meno danno al terreno anche quando questo è molto bagnato. Il cotico riduce quindi il costipamento esercitato dai

pesanti mezzi meccanici sul terreno e la formazione di profonde orme. Nei terreni declivi l'inerbimento previene l'erosione. In generale, poi, i terreni inerbiti

sono più porosi e permeabili, a struttura più stabile, più aerati, più ricchi di humus, specie in superficie, e con una maggiore attività dei microrganismi aerobi. Manca, o è molto ridotta, la suola di lavorazione. Nel terreno inerbito la temperatura del suolo presenta oscillazioni meno ampie che nel

terreno lavorato; durante la primavera e l'estate, il riscaldamento è più graduale e la temperatura si mantiene più bassa. In seguito al miglioramento delle caratteristiche fisiche del terreno l'inerbimento agisce

in senso positivo sulla costituzione delle naturali riserve idriche, limitando lo scorrimento superficiale dell'acqua e valorizzando la maggiore permeabilità e capacità d'invaso del terreno stesso. Nei terreni inerbiti le radici delle piante arboree risalgono verso la superficie come

avviene nei terreni diserbati chimicamente. L'inerbimento, realizzato soprattutto per ridurre il compattamento e l'erosione del terreno, ha notevoli risvolti anche sulla nutrizione delle piante: - fa aumentare la dotazione in sostanza organica e migliora tutte le caratteristiche

fisiche del suolo; di conseguenza gli elementi nutritivi sono meno soggetti alle perdite per insolubilizzazione (cioè la trasformazione degli elementi in composti insolubili) o lisciviazione (cioè il dilavamento da parte delle acque) e le radici degli alberi possono esplorare una massa di terreno maggiore; - le radici salgono fino alla superficie e possono ugualmente giovarsi delle

concimazioni, in particolar modo di elementi poco mobili come il fosforo ed il potassio, rendendosi facilmente assorbibili; mentre nei terreni lavorati i concimi vengono mescolati ad una massa maggiore di suolo, ma in tale massa le radici vengono distrutte

Terreno inerbito anche in estate

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dalle stesse lavorazioni; - è particolarmente indicato nei terreni caratterizzati da uno strato attivo poco

profondo, consentendo alle radici di esplorare quella porzione di terreno che normalmente è interessata dalle lavorazioni; - parte degli elementi nutritivi assorbiti dall'erba viene trasportata nelle radici

profonde, che prima o poi muoiono e si decompongono, liberando nuovamente i nutrienti. Al posto delle radici morte dell'erba si creano inoltre dei piccoli canali, lungo i quali si possono muovere sia le radici che gli elementi nutritivi; - l'erba assorbe elementi nutritivi, ma questi sono sottratti alle piante solo tem-

poraneamente, perché i residui dello sfalcio dell'erba restano sul campo. Anzi, l'assorbimento degli elementi da parte dell'erba e la loro trasformazione in composti organici ne limitano le perdite per insolubilizzazione e lisciviazione. Possiamo affermare quindi

che l’oliveto inerbito richiede una maggiore concimazione solo nei primi due o tre anni; successivamente si attiva un ciclo che garantisce comunque l'utilizzo dei fertilizzanti da parte degli alberi da frutto ed anzi la nutrizione vegetale risulta migliorata rendendo possibile una riduzione delle concimazioni. Per quanto riguarda infine la

nutrizione fosfo-potassica, i terreni inerbiti presentano meno problemi di quelli lavorati, anche perché, oltre alla risalita delle radici delle piante verso lo strato superficiale del terreno, il cotico erboso funge da ponte nella traslocazione di questi due elementi dalla superficie agli strati sottostanti del terreno. È stato rilevato che il fosforo, al pari del potassio, può essere assorbito dalle piante erbacee in superficie e poi essere da queste escreto in profondità attraverso le radici sotto forma di composti organici assimilabili da parte delle piante di olivo consociate. L'inerbimento del terreno può avvenire naturalmente, sospendendo le lavorazioni o il diserbo chimico.

Diserbo

Il diserbo chimico persegue lo scopo di eliminare le piante infestanti somministrando prodotti chimici senza intervenire con le lavorazioni dello strato più superficiale del terreno. La gamma dei formulati disponibili è vasta.

Con l'inerbimento (a sinistra nel disegno) le radici salgono anche in superficie e possono giovarsi della concimazione anche se i fertilizzanti non vengono incorporati al terreno come invece avviene con le lavorazioni (a destra nel disegno). Inoltre con l'inerbimento la coltura richiede una maggiore concimazione solo nei primi due o tre anni: successivamente si attiva un ciclo che garantisce comunque l'utilizzo dei fertilizzanti ed anzi la nutrizione vegetale risulta migliorata e si possono ridurre le concimazioni

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I prodotti utilizzati a tale scopo sono classificati come: - Erbicidi (ad azione sistemica) i quali distribuiti sulle foglie delle erbe spontanee

entrando in circolo nella pianta determinandone la morte; - Disseccanti, i quali causano un temporaneo disseccamento degli organi epigei del

cotico erboso ma non del loro apparato radicale, che consentirà alle piante di ricostituirsi nuovamente;

Per la completa eliminazione delle infestanti perenni occorre intervenire, a fine primavera ed ai primi di settembre, con erbicidi (ad azione sistemica) a basso impatto ambientale, in altre parole, meno persistenti e che si degradano in composti non tossici (glyphosate, glyphosate trimesio e glyphosate ammonio. Con principi attivi al 40% la dose è di 1 lt/hl). Il diserbo chimico non influisce

sulle caratteristiche fisiche del terreno mentre può interferire sull'economia della nutrizione minerale delle piante in quanto determina una minore disponibilità di fosforo e potassio negli starti sottostanti del terreno. Le radici delle piante coltivate in terreni sottoposti al diserbo chimico, non disturbate dalle lavorazioni, risalgono nello strato più superficiale, e vi sviluppano un abbondante capillizio assorbente, nettamente superiore a quello rilevabile nei terreni lavorati. Questo contribuisce a migliorare la capacità della pianta nel trovare

ed utilizzare elementi nutritivi scarsamente mobili nel terreno come il fosforo ed il potassio, direttamente dalla superficie dello stesso. In arboricoltura oltre al diserbo totale si

attua il cosiddetto diserbo controllato, esteso solo ad una striscia lungo i filari, lasciando gli interfilari inerbiti, favorendo il movimento delle macchine anche quando il terreno è bagnato. In autunno e in inverno, quando la presenza di un cotico erboso è invece vantaggiosa (o almeno non dannosa) i trattamenti diserbanti vengono sospesi.

Concimazione Per una corretta concimazione, durante la fase produttiva, è opportuno eseguire le

analisi del terreno, per conoscere la disponibilità elementi nutritivi al fine di correggere

Trattamento diserbante con atomizzatore a barre posteriori

Terreno sottoposto a diserbo chimico

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eventuali carenze. Nei terreni sciolti, scarsi di colloidi, l’approfondimento dei fertilizzanti azotati,

fosfatici e potassici è subordinato solo alla loro solubilità e alla percolazione dell'acqua, quindi all'andamento delle precipitazioni. In queste condizioni anche i concimi fosfatici e potassici possono essere a pronto effetto. Nei terreni compatti e tendenzialmente argillosi (ricchi di colloidi), solo i fertilizzanti

azotati (nitrici) si spostano con facilità insieme all’acqua piovana che attraversa gli starti del terreno, mentre l’azoto ammoniacale il fosforo ed il potassio sono trattenuti dal potere assorbente del suolo. In particolar modo i composti fosfatici e potassici procedono solo di pochi centimetri ogni anno e quindi raggiungono molto più lentamente lo strato occupato dalle radici assorbenti degli alberi. La pratica delle concimazioni ordinarie, richiede un periodico controllo delle

disponibilità nutrizionali del terreno, in modo da calibrare l'apporto degli elementi fertilizzanti in termini di reintegrazione delle quantità via via asportate. Sul finire del ciclo annuale un'eccessiva disponibilità di azoto è pregiudizievole,

perché esalta e prolunga in modo anomalo l'attività vegetativa e perché influisce negativamente sulla maturazione e sulla qualità dei frutti; senza contare che i fertilizzanti azotati somministrati tardivamente, per esempio in autunno, si disperdono facilmente in profondità con le piogge, aggravando così il problema dell'inquinamento delle falde acquifere e comportando, per di più, un inutile dispendio finanziario ed energetico. Modalità di fertilizzazione: gli elementi nutritivi possono essere somministrati al

terreno con varie modalità: sull’intera superficie o in maniera localizzata intorno a ciascuna pianta; in superficie o interrati. Nel somministrare i fertilizzanti al terreno è necessario distribuirli in corrispondenza delle aree maggiormente esplorate dalle radici assorbenti e, al di fuori della proiezione della chioma, evitando le zone più vicine al tronco. Il rispetto di questo criterio non è indispensabile nel caso di impianti a elevata densità, ma è essenziale quando i filari sono molto distanziati. La concimazione di produzione: l’intervento al terreno coincide con il momento in

cui la pianta ha completato la prima fase di sviluppo vegetativo e inizia a fruttificare in modo significativo. Per quanto riguarda la concimazione azotata, questa somministrazione può essere frazionata in due momenti dell’anno: due terzi poco prima della ripresa vegetativa (febbraio-marzo) e, la parte restante, prima della fioritura (maggio-giugno). Nel caso in cui la mignolatura risultasse scarsa, è buona norma evitare la seconda somministrazione per non favorire eccessivamente lo sviluppo vegetativo dell’albero con formazione di rami sterili al pedale (polloni) o sulle branche (succhioni). La proposta di dividere la somministrazione dei concimi azotati in due periodi è valida negli impianti dov’è previsto un soccorso irriguo (per la Calabria generalmente queste realtà sono la minoranza). Per le altre situazioni è preferibile somministrare i concimi azotati nel periodo in cui si prevede una buona piovosità (fine inverno-inizio primavera). Il boro è un microelemento particolarmente importante per la vitalità e la produttività dell’olivo. La sua attività è collegata al metabolismo degli idrati di carbonio, alle azioni di diversi sistemi enzimatici e a funzioni ormonali. Regola la vitalità del polline e dell’apparato riproduttivo femminile (sacco embrionale), quindi positiva risulta essere

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l’azione di questo elemento sulla formazione e sulla vitalità degli organi fiorali. La concimazione fogliare è la tecnica che, sfruttando la capacità delle foglie di

assorbire rapidamente sia micro, sia macro elementi, consente la distribuzione diretta di fertilizzanti (organici e minerali) alla pianta, attraverso la parte epigea (foglie). Rispetto agli organi già lignificati le foglie hanno, infatti, una maggiore capacità d’assorbimento e tale meccanismo è sempre più accentuato nelle foglie giovani rispetto a quelle vecchie. In particolare l’azoto è l’elemento più facilmente assorbito e tra i diversi composti azotati, l’urea è il concime più rapidamente assimilato. Per ottenere discrete produzioni da una pianta di olivo (e contemporaneamente anche il

minor impatto ambientale) è necessario somministrare una quantità di fertilizzanti tali da integrare gli elementi nutritivi asportati con la raccolta, potatura…ecc, aumentati di circa 1/3 o poco più, per sopperire alle perdite degli stessi elementi non assorbiti dalle piante. Le asportazioni di elementi nutritivi con produzioni di 100 q. li di olive sono: Azoto (N) 90 kg; Fosforo (P) 40 kg; Potassio (K) 100 kg. L'azoto, può essere somministrato in due soluzioni. La prima alla ripresa vegetativa

(marzo) con una dose/ha pari al 50% della quantità totale di elemento necessario; la seconda somministrazione (50%) può essere fatta dall’inizio della fioritura all’indurimento del nocciolo. La somministrazione deve essere ridotta del 20% nel caso in cui si esegue il sovescio di favino. In base alle norme della BPAn del Reg. CE 1257/99 si possono somministrare: 100 unità/ha d’azoto; 60 unità/ha di fosforo; 150 unità/ha d’ossido di potassio. Poiché le dosi/ettaro di elementi nutritivi da dover somministrare deve essere

aumentata di 1/3 rispetto alle asportazioni per sopperire ad eventuali perdite per denitrificazione, immobilizzazione…ecc, ma non devono superare le quantità imposte dalla BPAn, possiamo indicare un piano di concimazione adeguato prendendo in considerazione tre tipi di concimi chimici presenti in commercio: ELEMENTO UNITA' FERTILIZZANTE DOSE DI CONCIME PER ETTARO (q.li/ha)

Azoto 100 Urea 2,18 q.li/ha Fosforo 60 Perfosfato min. 3 q.li/ha Potassio 150 Solfato di potassio 3 q.li/ha Per quanto riguarda i microelementi, il tipo di carenza più frequente per l’olivo è

quello relativo al boro che si corregge però agevolmente somministrando borato di sodio al terreno o per via fogliare con soluzioni all’ 1%o. Dopo la concimazione, nei terreni non sottoposti al diserbo o alla non lavorazione, si

deve intervenire con una lavorazione superficiale (erpicatura) per favorire l'interramento del concime somministrato, in particolar modo per il fosforo ed il potassio. Nei terreni inerbiti, non lavorati o diserbati le radici assorbenti delle piante risalgono in superficie, per cui si troveranno a stretto contatto con l’elemento somministrato. I reflui oleari contengono quantità apprezzabili di elementi nutritivi minerali. Infatti,

sono molto ricchi in potassio ed in quantità più ridotte, possiedono anche azoto, fosforo e

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magnesio. Essendo prevalentemente costituiti da sostanza organica, essi sono un ottimo substrato per lo sviluppo della microflora che permette un miglioramento delle proprietà chimico-fisiche del suolo. La distribuzione delle acque di vegetazione e delle sanse negli oliveti, è consentito nel rispetto dei limiti e divieti imposti dalla legge n. 574.

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DIFESA FITOSANITARIA

Al fine di ridurre l’utilizzo dei prodotti chimici ed assicurare, contemporaneamente, una produzione quanti-qualitativa valida sarà necessario che l’imprenditore agricolo

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consideri sotto una nuova luce il complesso organismo della sua azienda. Le siepi, dovranno essere considerate come veri fattori di produzione per i molteplici ruoli che possono svolgere, come: rifugio per uccelli ed insetti utili…ecc. Allo stesso modo il suolo deve considerarsi come un ecosistema complesso e non più come un substrato inerte utilizzato solo per ospitare le radici delle piante, per cui si utilizzeranno tutti gli interventi agronomici (inerbimento, lavorazioni superficiali, ecc.) che permettano di limitare la diffusione di malattie fungine attraverso microlesioni dell’apparato radicale. I principali fito-patogeni dell'olivo che in Calabria causano i maggiori danni sono: la

Mosca dell'olivo (Bactrocera oleae), e l'Occhio di pavone (Spilocaea oleagina). Tra i fito-patogeni minori troviamo: la tignola (Prays oleae), l'oziorrinco (Othiorrhynchus cribricollis), il fleotribo (Phloeotribus scarabeoides), la cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae), il cotonello dell’olivo (Eufillura olivina), mentre per quanto riguarda i funghi ritroviamo la verticilliosi il cui agente eziologico è il Verticillium dahlie.

Bactrocera oleae La mosca dell’olivo, inizia il suo ciclo i primi di

giugno. In condizioni climatiche favorevoli può compiere fino a 6 - 7 generazioni l’anno. I primi attacchi, a carico delle drupe (olive), con

punture per lo più sterili, si verificano in giugno-luglio, allorché queste hanno un grado di inoleazione dell’1-2% e la dimensione di un cece. Il ciclo biologico dell’insetto

L’attività ovideponente è, nei nostri ambienti olivicoli,

massima in due periodi: il primo in giugno-luglio, il secondo, molto più intenso in settembre-ottobre. Valori di umidità relativa (anche del 20% in agosto), tipici delle zone centro-meridionali, in combinazione a temperature estive elevate, conducono a bruschi valori di alta mortalità, soprattutto di uova e larve di I età, fino al 90%. In tali condizioni gli adulti, pur resistendo molto meglio, presentano arresto dell’attività riproduttiva con riassorbimento dei follicoli ovarici . Di solito le condizioni

favorevoli vengono ristabilite con le prime piogge di fine estate che riportano le drupe alle condizioni di turgore e grossezza che inducono l’ovodeposizione. Nel mese di giugno-luglio la femmina depone un solo uovo per ogni frutto, (in annate con forti infestazioni più femmine possono deporre sullo stesso frutto). Le larve si nutrono della

Punture di Bactrocera oleae

Adulto di Bactrocera o. (femmina)

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polpa delle olive, e dopo aver completato lo sviluppo, si impupano nel terreno o sulla pianta o nel frutto. In autunno con l’arrivo delle prime piogge (che fanno ingrossare il frutto) e con temperature, medie ottimali, 15-18°C si verificano massicce infestazioni soprattutto negli anni di scarsa produzione. Le generazioni si susseguono fino alla raccolta, accavallandosi tra loro.

Sistemi di monitoraggio e metodi di lotta

La lotta non è semplice e richiede, per singole aree omogenee, l’acquisizione di diversi

parametri: - dinamica dei voli degli adulti con trappole cromotropiche costituite da tavolette di

plexiglas adesive di colore giallo. Il numero di trappole da applicare per ettaro è di tre, disposti ai vertici di un triangolo equilatero. La soglia di intervento per le olive da olio è di 3 femmine ettaro, riconoscibili per la presenza dell’ovopositore all’estremità dell’addome, mentre per le olive da tavola è di una femmina per ettaro. - valutazione della % di infestazione attiva (uova e larve), che consiste nel prelevare

campioni di 100 olive (10 olive raccolte su 10 piante). I campioni vanno prelevati dopo l’inizio del processo di lignificazione del nocciolo e nel corso del campionamento vanno scelte le olive più grosse e più colorate. Per le olive da olio, si interviene quando 10 olive/100 presentano larve vive nella polpa; mentre per le olive da tavola si interviene quando 2 olive/100 presentano larve vive nella polpa. - la curva di inoleazione delle drupe. Gli attacchi a

carico delle drupe da parte del dittero iniziano allorché le stesse hanno una % di inoleazione (quantità di olio nella polpa) dell’1-2%, e quando le stesse hanno le dimensioni di un cece. Nelle zone più esposte all'attacco, i trattamenti si

eseguono indicativamente nei mesi di luglio, settembre ed i primi di ottobre, rispettando i tempi di carenza prima della raccolta. Il momento del trattamento deve essere, in ogni caso, programmato sulla base delle catture e della % di infestazione attiva, rispettando sempre i tempi di carenza del prodotto impiegato. Metodo di lotta preventivo o adulticida. Con questo metodo si utilizzano le esche

proteiche avvelenate adoperate solo su una parte della chioma (quella rivolta a sud) o solo parte delle piante (di solito a filari alterni). In questo caso l’esca proteica (proteine idrolizzate) è mescolata a un insetticida persistente.

Trappola cromotropica

Galleria di escavazione della larva

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Negli ultimi anni sono stati affrontati, in altre regioni italiane, studi di laboratorio e di pieno campo riguardanti la possibilità di controllo della mosca dell'olivo mediante l'uso di prodotti ad attività antibatterica tra i quali è stato sperimentato, con un certo successo, l'uso dei prodotti rameici. II rame agisce sulla superficie della drupa riducendo enormemente le popolazioni batteriche, fonte naturale di alimento per gli adulti oltre ad essere una presenza necessaria per i processi digestivi delle giovani larve, inibendo così la capacità riproduttiva della mosca e producendo anche una forte mortalità a carico dei primi stadi dello sviluppo del dittero. L'uso di prodotti ad attività antibatterica può permettere una forte riduzione, se non addirittura la soppressione, dell'uso di prodotti insetticidi non selettivi. L'impiego di prodotti rameici è limitato ad 1 o al massimo 2 interventi da eseguirsi nei momenti di massima presenza di femmine ovideponenti (fine agosto primi di settembre). I prodotti chimici efficaci contro il dittero sono riportati a pagg. 27-30. Prays oleae. L’adulto è una piccola farfalla con ali anteriori grigio argenteo con macchiette nere

sparse ed ali posteriori a margine sfrangiato (queste caratteristiche rendono abbastanza agevole il riconoscimento dei maschi adulti catturati nelle trappole a colla innescate con il feromone sessuale) (vedi figura). Il fitofago compie 3 generazioni annue, la prima sui fiori (antofaga), la seconda sui frutti (carpofaga) e l’ultima sulle foglie (fillofaga). La generazione antofaga normalmente causa un diradamento dei fiori, che nella maggior parte dei casi non comporta diminuzione di produzione, ciò perché una pianta di olivo porta più di un milione di fiori, anche, la generazione fillofaga viene sopportata bene dalla pianta e raramente diviene dannosa. Di conseguenza nella realtà solo la generazione carpofaga provoca dei danni alla produzione con la cascola precoce delle olive, infatti con il secondo volo (che inizia in maggio per raggiungere il picco in giugno), la deposizione avviene sul calicetto dei frutti che in questa fase hanno la grossezza poco più di un acino di pepe; le larve che nascono dalle uova (circa dopo una settimana) penetrano velocemente all’interno della drupa attraverso i fasci fibro-vascolari recidendoli per poi insediarsi all’interno del nocciolo e nutrirsi del seme quando questo ha assunto consistenza gelatinosa (in genere ciò avviene nella prima quindicina di luglio). Dopo essersi nutrita dei contenuti della mandorla o nocciolo, la larva matura (da fine agosto a ottobre) esce dalla drupa attraverso la zona peduncolare. Questa generazione (carpofaga) è sicuramente la più dannosa sia per densità di popolazione sia perché i frutti attaccati sono soggetti a cascola per l’ingresso delle larve nelle olive (luglio) e successivamente per la fuoriescono dal frutto (da agosto a ottobre). Sistemi di monitoraggio e metodi di lotta

Adulto di Prays oleae

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Nel periodo che va da aprile a giugno, è possibile monitorare il volo degli adulti (maschi) con trappole a feromone in modo da individuare l’epoca più opportuna per eventuali interventi fitoiatrici, da eseguire, contro gli stadi larvali che colpiscono i frutti (generazione carpofaga). La tignola è soggetta, allo stato di larva,

a forti decimazioni dovute a repentine variazioni di temperatura e di umidità. Inoltre è controllata, naturalmente, da predatori quali l’Ageniaspis fuscicollis praysincola che depone il suo uovo poliembrionico nell’uovo del Prays dando luogo alla formazione di 10-20 individui di Ageniaspis f.. La soglia di intervento per la generazione carpofaga si ha quando l’attacco della

generazione antofaga è di 10 - 20 fiori colpiti su 100 esaminati (10-20 maggio). La lotta nei confronti della tignola è rivolta unicamente nei confronti delle larve di

seconda generazione, a tal riguardo è stato opportuno monitorare il volo degli adulti e intervenire con prodotti riportati a fine manuale (schede allegate pagg. 27-30). Altro metodo per stabilire se intervenire sulla generazione carpofaga è rappresentato

dal monitoraggio del volo degli adulti (maschi) con trappole a feromone individuando il picco massimo dei voli, ed intervenendo circa 7-10 giorni dopo. Alcuni dei prodotti fitosanitari a base di organofosforici quali dimetoato, triclorfon, fenitrotion ecc., (schede allegate pagg. 27-30), si devono eseguire a piena chioma, 7-10 giorni dopo il picco di volo e comunque prima dell’indurimento del nocciolo ed in particolar modo quando il frutto ha le dimensioni di un grano di pepe (dall’1 al 10 giugno).

Phloeotribus scarabaeoides Il fleotribo è uno scolitide che vive

sull'olivo. Gli adulti, prima di accoppiarsi,

scavano cunicoli («covacci» o «gallerie di maturazione») alla biforcazione dei rametti di 1-3 anni, nel punto di inserzione delle foglie e delle infiorescenze. In seguito, le femmine penetrano nella corteccia dei rami deperiti e soprattutto sui residui appassiti della potatura, per scavare una galleria di prolificazione trasversale a due bracci, all’interno delle quali deporranno le uova. I danni maggiori sono causati dagli adulti che con le loro numerose escavazioni

provocano la morte dei rami colpiti con conseguenti perdite di produzione. Le piante infestate deperiscono progressivamente.

Adulto di Phloeotribus

Trappola a feromone

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Ciclo biologico

Lo scolitide sverna soprattutto allo stato adulto nei covacci scavati alla biforcazione dei rametti e, meno frequentemente, allo stato di larva. Alla fine di febbraio o in marzo si portano sui rami deperiti e soprattutto sui residui appassiti della potatura che costituiscono il substrato ideale per le ovideposizioni. La femmina penetra nella corteccia e viene fecondata da un solo maschio. Aiutata dal compagno, che espelle la rosura, essa scava una galleria di prolificazione trasversale entro la quale depone complessivamente da 10 a oltre 100 uova. Le larve dopo la nascita scavano gallerie individuali. All'estremità delle stesse si

impupano per dare gli adulti. Questi sciamano verso la fine di maggio o in giugno e raggiungono la maturità sessuale penetrano in corrispondenza dell'ascella fogliare, della biforcazione dei rametti di 1-3 anni o nel punto di attacco delle infiorescenze rami e scavando «gallerie di maturazione». Dalle loro uova ha poi origine la seconda generazione, con popolazioni più ridotte rispetto a quelle precedenti poiché il substrato disponibile è costituito dai pochi rami deperiti o spezzati presenti nell'oliveto. Gli adulti di questa generazione compariranno in agosto e scavano le loro gallerie di maturazione anche alla base delle drupe provocandone la caduta. Si ha poi la terza ed ultima generazione dell'annata i cui adulti svernanti sfarfalleranno in ottobre. Metodi di lotta

La difesa si basa essenzialmente sulla distruzione dei rami infestati e dei resti della potatura che costituiscono il substrato per lo sviluppo delle covate. Un valido metodo di lotta è rappresentato dai «rami esca» da sistemare, in fasci, in zone ombreggiate dell'oliveto per ritardarne l'essiccamento in modo da attirare gli adulti prolificanti. la presenza del tipico rosume bianco visibile sulle frasche, corrisponda all’entrata della femmina ovideponente. Questo substrato va però asportato e bruciato entro la metà di maggio, prima dello sfarfallamento degli adulti. Prodotti chimici a pagg. 27-30. Otiorrhincus cribricollis.

Le varie specie di oziorrinco hanno un ciclo biologico alquanto simile. Compiono una sola generazione all'anno e svernano tramite larve in fase più o meno avanzata di sviluppo. Gli adulti fuoriescono in genere in marzo-aprile o anche dopo, mentre per Otiorrhincus c. la comparsa avviene in giugno. Gli adulti di giorno si rifugiano nel terreno e durante le ore notturne si arrampicano sulle piante e compiono caratteristiche erosioni del margine fogliare, i quali appariranno seghettati.

Adulti di Oziorrinco

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L'attività trofica si prolunga per più mesi interrompendosi talora nel periodo più caldo dell'estate, durante il quale si nascondono nel terreno, per poi ricomparire in autunno.

Metodi di lotta

La difesa si rivela talora difficile per il lungo periodo di attività degli adulti, per la presenza di più specie con differenti epoche di uscita e per i frequenti casi di resistenza ai comuni insetticidi impiegati ripetutamente. Si possono utilizzare fasce di resinato di lana poste sul tronco per bloccarne la risalita sulle parti epigee della pianta. Prodotti chimici di controllo: pagg. 27-30.

Eufillura olivina

Il cotonello dell’olivo si manifesta con la formazione di ammassi cotonosi alle estremità dei germogli. L’attacco inizia sul finire dell’inverno, in occasione delle prime giornate tiepide. Metodi di lotta

Può essere facilmente controllato indirettamente eseguendo razionali potature di sfoltimento che favoriscono la circolazione dell’aria e la penetrazione della luce, creando così un ambiente poco adatto allo sviluppo dell’insetto. Gli attacchi si manifestano in primavera, ma sono subito bloccati dalle alte temperature. In via del tutto eccezionale in caso di forti infestazioni si può ricorrere alla lotta chimica con i prodotti riportati in allegato (pagg. 27-30), alla comparsa di infestazioni, cercando di colpire le prime generazioni che si manifestano in primavera (aprile-maggio).

Saissetia oleae

La cocciniglia depone le uova dalla primavera all’estate con un massimo nel mese di giugno. Compie da una a due generazioni l’anno. Sverna allo stato di neanidi di II o di III età, e raggiunge lo stadio di adulto tra la fine di aprile ed i primi di Luglio. Questi ultimi iniziano ad ovideporre, e continuano fino alla fine di luglio. Il grosso delle neanidi, che nascerà tra la fine di luglio ed i primi di agosto non

Ammassi cotonosi causati da Eufillura o.

Adulti di Saissetia oleae

Foglie colpite da Oziorrinco

Fasce di protezione

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raggiunge entro l’anno lo stadio di adulto, e trascorrerà l’inverno successivo allo stadio di neanide di II o III età. Le piante fortemente attaccate subiscono danni da sottrazione di linfa, e danni

(indiretti) dall’emissione dell’abbondante melata su cui si stratificano diversi microrganismi fungini dei generi (Capnodium, Cladosporium, Alternaria) questi causano le fumaggini (croste nere) con l’intreccio dei loro miceli su foglie, rami e tronco, con maggiore intensità nelle parti basse e medie delle piante. Queste fumaggini sono molto temute dagli olivicoltori, esse, infatti, ostacolano fotosintesi e traspirazione. Piante fortemente affette da cocciniglie e fumaggine presentano defogliazione, accartocciamento di germogli e scarsa fruttificazione anche negli anni successivi a quelli di una prima forte infestazione. Metodi di lotta

Già nella fase di fissazione le neanidi vanno incontro a una mortalità che è abitualmente del 90-95%. L’insolazione diretta, la temperatura elevata e la bassa umidità dovute a venti caldi, le piogge violente eliminano gran parte delle neanidi neonate. La Saissetia è combattuta in natura da coccinellidi (Exochomus quadripustulatus).

Tutti gli autori sono concordi nel suggerire interventi chimici nei periodi in cui siano presenti gli stadi giovanili più sensibili. Ciò accade abitualmente in luglio-settembre. Il prodotto più idoneo al contenimento della cocciniglia, è l’olio minerale leggero, usato da solo o attivato con esteri fosforici (metidation, buprofezin) e il carbaril. Contro la fumaggine può essere utile agire direttamente miscelando all’olio un prodotto cuprico o acuprico, oppure usando solo il rame. I prodotti chimici di controllo: pagg. 27-30.

Zeuzera pyrina

La Zeuzera pyrina è il rodilegno che causa notevoli danni a molte colture arboree, compreso l’olivo. Gli adulti sfarfallano a partire da

maggio, e sono presenti nell’arboreto fino a luglio. L’attività degli adulti è notturna. Le femmine depongono un gran numero di uova (fino a 2700) in corrispondenza del foro delle vecchie gallerie e nelle

screpolature corticali. Le larve di colore giallo, appena nate si disperdono sulle parti alte della pianta dove attaccano germogli e rametti, e solo quando hanno raggiunto un certo sviluppo scavano gallerie nel tronco e nei rami. Gli attacchi larvali sono resi evidenti dalla presenza di fori sugli organi colpiti, e dai granelli escrementizi rossastri che si accumulano sul terreno sotto le piante infestate. Le gallerie larvali causano deperimenti vegetativi e diminuiscono la resistenza

meccanica della pianta, esponendola a rischi di rotture causate dal peso delle olive, dall’azione di scuotitura meccanica o dal forte vento. Durante le prime fasi, le larve fuoriescono più volte dai rametti per penetrare in altri di maggior diametro o per scavare

Adulto di Zeuzera pyrina

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gallerie ascendenti nel tronco e nei rami di più grosse dimensioni. L'attività dello scavo delle larve prosegue per tutta l'estate e l'autunno, rallentando durante l'inverno. In primavera le larve divengono di nuovo molto attive e raggiunta la maturità si incrisalidano e dalle stesse sfarfalleranno gli adulti (maggio). Gli adulti sono grosse farfalle dalle ali bianche cosparse di punti neri e sono presenti da inizio maggio a metà agosto.

Metodi di lotta

La lotta a questo parassita è alquanto complicata per due motivi: 1) le larve parassitizzano gli organi interni della pianta per cui i normali trattamenti non riescono a raggiungerle; 2) il lungo periodo di ovideposizione delle femmine. La difesa si può realizzare a vari livelli:

1. Contro le giovani larve presenti sui germogli e i rametti, si possono effettuare alcuni trattamenti alla vegetazione, distanziati di 20 giorni (tempo di carenza del prodotto), nei mesi di Giugno-Luglio, con prodotti ad azione citotropica come l’azinphos methyl. Altri principi attivi secondari utilizzabili sono: teflubenzuron; esteri fosforici ad ampio spettro di azione (fosfamidone, diclorvos, methamidofos).

2. Per le larve già internate a livello del tronco e dei grossi rami si può realizzare

una lotta chimico-meccanica basata sull’uccisione delle stesse nelle gallerie con filo di ferro o con insetticidi in formulazione spray (propoxur + ciflutrin nome commerciale: ILDENAL PLUS), anche se richiedono un grosso impiego di manodopera.

3. In questi anni è in via di definizione una forma di controllo sulle infestazioni di

Zeuzera tramite la cattura massale. Ciò si realizza attraverso trappole a ferormone, cercando di catturare tutti i maschi presenti nell’arboreto, di modo che le femmine non possono essere fecondate. Attualmente questa tecnica è realizzata disponendo 5 trappole ad ettaro. Le trappole devono essere sistemate al sopraggiungere dei primi caldi primaverili (fine aprile-inizi di maggio), con sostituzione del ferormone ogni 4-6 settimane, coprendo il territorio fino a settembre.

Crisalide di Zeuzera pyrina

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PATOLOGIE DELL’OLIVO Spilocaea oleagina I sintomi causati dall’occhio di

pavone sono particolarmente evidenti sulle foglie ove compaiono delle macchie dapprima piccole e brunastre che successivamente si ampliano, fino a raggiungere il diametro di 10-12 mm, ed assumono un aspetto vellutato con una colorazione bruno-grigiastra, più scura nella parte periferica; in alcuni periodi (soprattutto estivi) le macchie risultano circondate da zonature di color giallo, verde o rosso-brunastro che richiamano gli «occhi» della parte terminale della penna di pavone. Le foglie infette cadono anticipatamente provocando in tal modo anche il disseccamento di rami o di branche. Le infezioni prodotte da questo micete possono avvenire durante tutto l'anno nei climi

miti; nelle regioni meridionali d’Italia, di norma, non si registrano attacchi nei mesi estivi per il permanere di lunghi periodi siccitosi e delle scarse precipitazioni. I valori termici ottimali si aggirano sui 18-22°C mentre le temperature estreme, minime e massime, che bloccano il patogeno risultano essere rispettivamente di <2°; >30°C. Perché avvenga l'infezione è poi necessaria un'alta umidità relativa ed un elevato numero di ore di bagnatura delle foglie (24-48 ore). L'acqua piovana, oltre a consentire ai conidi (organi di propagazione del fungo) di germinare e perforare la cuticola fogliare, svolge un'azione primaria nella disseminazione di questi germi. La presenza dell’Occhio di pavone, è in ogni modo individuabile attraverso la diagnosi

precoce della malattia con il metodo Loprieno Tenerini (immersione di 100 foglie in una soluzione di idrossido di sodio al 5% a 50°C per pochi minuti). Difesa

Un’efficace misura di lotta contro questa malattia si basa in primo luogo su razionali interventi di potatura ed attraverso la riduzione della massa di inoculo presente sulla pianta, intervenendo con uno o due trattamenti a base di rame, da farsi dopo la comparsa delle lesioni fogliari, in modo tale da provocare la caduta a terra delle foglie infette. Dal terreno i conidi difficilmente sono in grado di raggiungere le foglie per provocare nuove infezioni. Il programma dei trattamenti preventivi va deciso zona per zona in relazione all'andamento climatico e all'intensità con la quale questa affezione si presenta solitamente nell'ambiente intervenendo subito dopo piogge infettanti con i tradizionali sali di rame oppure con ziram. Si eseguono almeno tre interventi chimici l’anno, ripetendo il trattamento se perdurano le condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo del patogeno, o se si verificano piogge dilavanti:

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1° a fine settembre 2° tra novembre e dicembre 3° a meta Febbraio

Verticillium dahlie E’ una tracheomicosi che infetta i tessuti vascolari

della pianta. E’ un patogeno da ferita, e penetra attraverso le radici (essendo l’inoculo presente in questo elemento). La malattia si diffonde con l’acqua. Poiché è un fungo polifita, oltre all’olivo attacca

anche piante ortive come: pomodoro, peperone, melanzana...ecc, la coltivazione di ortaggi tra i filari degli oliveti possono favorire la diffusione della malattia. I sintomi sono: ingiallimento delle foglie simile ad

una carenza di azoto, e successiva defogliazione talvolta anche dell’intera pianta, se la malattia è diffusa su tutto l’apparato radicale. Difesa

Non esistono prodotti chimici in grado di arrestare la malattia. I migliori risultati sono stati conseguiti con l'impiego di dodina. Il Fosetil-alluminio, peraltro non ancora registrato per l’impiego in olivicoltura, è il principio attivo che ha dato migliori risultati, iniettandolo nel tronco o eseguendo irrorazioni sulla chioma. La lotta agronomica si basa nel limitare le fonti di diffusione (coltivazione negli interfilari di piante ortive, ristagni idrici…ecc.), ed evitare ristagni idrici. I prodotti a base di rame applicati dopo eventi traumatici (potatura, grandine,…ecc) espletano un azione preventiva, ma non curativa. Se le piante colpite dovessero seccare, è necessario estirparle e procedere alla disinfezione del terreno con prodotti specifici.

OPERAZIONI COLTURALI

Irrigazione

L’olivo, come si sa, è fra gli alberi più resistenti alla siccità; ma, al tempo stesso, è fra quelli che reagiscono con maggiore evidenza e positività alla disponibilità di acqua, particolarmente nei momenti critici e cioè nel periodo che va dall’allegagione all’indurimento del nocciolo e, poi, durante la fase in cui le drupe riprendono l’accrescimento. Gli effetti positivi dell’irrigazione si manifestano non solo sulla produttività dell’annata, ma anche sull’alternanza di produzione, in misura maggiore di quanto sia possibile ottenere attraverso una razionale potatura e una adeguata nutrizione. Per quanto riguarda il metodo irriguo, anche per l’olivo, il metodo più conveniente sotto ogni aspetto è rappresentato dall’irrigazione localizzata (microirrigazione), questo consente un’efficienza di distribuzione dell’acqua, prossima al 90-95%.

Ramo disseccato colpito da Verticillium

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Raccolta L'epoca di raccolta ottimale è compresa

tra l'inizio dell'invaiatura e la non completa maturazione del frutto (prima che la polpa diventi scura). Per garantire la massima qualità dell'olio si deve assicurare l'integrità delle drupe attraverso la riduzione degli impatti meccanici e l'impiego, per il loro trasporto, di cassette rigide fessurate. La raccolta dovrebbe iniziare quando la maggior parte delle olive comincia ad "invaiare" (olive con pelle giallognola e macchie di colore rossastro) mostrando la superficie parzialmente o completamente colorata e la polpa ancora chiara. Infatti, in questo stadio la raccolta, oltre a garantire la massima quantità di olio per pianta, consente l'ottenimento di un prodotto di elevata qualità grazie alla presenza, in quantità ottimale, di tutte le componenti che concorrono alla migliore conservabilità dell'olio (sostanze fenoliche) e alla sua caratterizzazione organolettica. Inoltre, in questo stadio la pianta è ancora in grado di produrre e di mobilizzare sostanze di riserva verso altri organi, come i rami a frutto e le relative gemme ascellari e favorirne il differenziamento a fiore, quindi la raccolta delle olive nella fase di inizio-piena invaiatura riduce il fenomeno dell'alternanza produttiva non compromettendo la produzione dell'annata successiva. L’olio ottenuto dalle olive è l’unico olio che si estrae dalla polpa di un frutto

(mesocarpo), mentre tutti gli altri oli in commercio, sono estratti dall’endosperma del seme (olio di seme). Da questo, la necessità di mantenere integro il frutto (in particolar modo evitando gli attacchi della mosca) al fine di ottenere oli qualitativamente migliori. Nel corso della maturazione delle olive è ormai accertato che la composizione dell'olio

si modifica drasticamente in peggio e, in particolare, successivamente all'invaiatura si osserva: � La riduzione del contenuto in sostanze fenoliche e la conseguente minore protezione

dell'olio nel corso della conservazione alle ossidazioni; � l'aumento dell'acido linoleico, composto molto più suscettibile all'ossidazione

rispetto all'acido oleico; � l'appiattimento del profilo aromatico. Oltre a ciò, la degradazione naturale delle sostanze pecto-cellulosiche delle pareti

cellulari provoca una riduzione della consistenza della polpa delle olive. Tale fenomeno può incidere, indirettamente, sulla qualità dell'olio influenzando la resistenza meccanica delle olive nella fase di raccolta e post-raccolta. Durante il trasporto-conservazione del frutto, per effetto dello schiacciamento, si possono infatti verificare all'interno della polpa

Operazione di raccolta (Az.Agr. De Medici)

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Figura n. 1 Diagramma operativo della raccolta meccanica con scuotitrice

(fonte CNR, 1978)

dell'oliva una serie di fenomeni degradativi riconducibili in primo luogo alla rottura della struttura delle cellule oleifere. Una raccolta troppo precoce, per contro, oltre a non garantire la massima resa, può dare origine ad oli con un'eccessiva nota di amaro e piccante persistente anche durante la conservazione, che potrebbe essere non gradita dai consumatori. La raccolta dei frutti dal suolo o recuperati su

reti sollevate dal terreno, non garantiscono un prodotto di elevata qualità. Pur prelevando le olive ad intervalli piuttosto brevi con tale modalità di raccolta difficilmente si riesce ad ottenere olio classificabile come extravergine, in quanto le olive che cascolano sono quasi sempre sovra-mature o danneggiate. Il sistema di raccolta con reti fisse e caduta spontanea del frutto, è giustificato solo in quelle realtà dove la tipologia del territorio o le dimensioni degli olivi non consentono alternative.

Sin dalla raccolta è consigliabile adottare l'uso di cassette o cassoni areati. L'anticipo della raccolta allo stadio di maturazione ottimale, come illustrato precedentemente, migliora la conservabilità delle olive, la cui polpa è più consistente e quindi meno soggetta allo schiacciamento. Nel caso di lunghi periodi di permanenza

delle olive nei contenitori prima della trasformazione, la presenza delle foglie facilita ulteriormente il ricircolo di aria in seno alla massa.

Al giorno d'oggi, l'olivicoltura da reddito richiede l'impiego di mezzi meccanici per la raccolta che, pur necessitando di varietà adatte ed opportune forme di allevamento, ne riduce i costi unitari, che per l'olivicoltore tradizionale rappresentano dal 40% al 60% dell'intero costo di produzione, e, accelerando tale operazione, garantisce una buona qualità dell'olio prodotto. A titolo esemplificativo,

nella figura accanto è riportato un possibile diagramma operativo di raccolta meccanizzata con scuotitore.

Reti fisse per la raccolta delle olive

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Nel caso di interventi chimici contro la mosca o l’occhio di pavone eseguiti prima della raccolta deve tener conto del periodo di sicurezza (intervallo di tempo che va dall'ultimo trattamento all'inizio della raccolta delle olive) e della solubilità del principio attivo utilizzato. Tra gli insetticidi sono, infatti, da preferire quelli che contengono principi attivi solubili nell'acqua (es.: Dimetoato è allontanato con le acque di vegetazione) a quelli solubili nell’olio (es.: Paration, Fention; quest’ultimo alquanto famoso il cui nome commerciale è “Lebaycid”) che potrebbero concentrarsi nell'olio estratto.

I CONTENITORI DA UTILIZZARE PER LA RACCOLTA IL TRASPORTO E LA CONSERVAZIONE DELLE OLIVE

II trasporto e la conservazione delle olive

sono sicuramente tra le fasi più critiche dell'intero ciclo produttivo. Le olive devono essere trasformate il più presto possibile dopo la raccolta, preferibilmente entro 12 ore dalla stessa. L'intervallo di tempo tra la raccolta e la molitura (fase di post-raccolta) andrebbe minimizzato soprattutto per olive mature, e quando le condizioni del frantoio non garantiscono basse temperature e sufficiente aerazione. Ad ogni modo, non si dovrebbero superare i 2-3 giorni di stoccaggio in quanto

l'ulteriore prolungamento del tempo di sosta induce effetti deleteri sul profilo qualitativo dell'olio, quali l'aumento dell'acidità e la comparsa di difetti organolettici ("muffa", "riscaldo", "avvinato-inacetito", "rancido", etc.). Durante il trasporto delle olive in frantoio

e nelle fasi di carico e scarico, i danni meccanici alle olive devono essere minimizzati onde prevenire fermentazioni e sviluppo di muffe. Sin dalla raccolta è consigliabile usare cassette o cassoni forati.

STOCCAGGIO DELLE OLIVE

Lo stoccaggio e la movimentazione delle olive al frantoio può avvenire nelle stesse

cassette (basse, ampiamente finestrate, di plastica) utilizzabili per il conferimento, oppure possono essere adoperati cassoni di plastica di maggiori dimensioni (200-300 Kg di capacità), sovrapponibili, che rappresentano la migliore soluzione per la movimentazione ed il breve stoccaggio nel frantoio.

Cassoni forati e cassette usati in un cantiere di raccolta

Cassoni forati

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Le olive, sia in cassette che in cassoni, devono essere stoccate in locali freschi, ben areati, al riparo dall'acqua, dal vento, da rischi di gelate e lontano da fonti di cattivi odori (stalla, letame, gasolio, fumo, etc.). La temperatura dell'ambiente di stoccaggio non dovrebbe mai superare i 25°C e l'umidità relativa dovrebbe essere sempre al di sotto del 75%. La conservazione in sacchi di juta o,

peggio ancora, in sacchi di plastica deve essere assolutamente evitato.

Potatura

La potatura ha fini essenzialmente economici in quanto si prefigge di correggere, quando occorre, il comportamento naturale della pianta in modo da renderlo di massima utilità per il coltivatore. Nel caso specifico dell’olivo, la potatura tende a costituire un albero di forma e struttura comoda per l’esecuzione delle operazioni più impegnative, come la raccolta e la stessa potatura, e a permettere la penetrazione dell’energia luminosa nelle varie parti della chioma, ad attenuare l’alternanza di produzione, a favorire l’arieggiamento della fronda per renderla meno suscettibile di attacchi parassitari.

Potatura di produzione

E’ la potatura che si compie per favorire la produzione dell’albero, conservare la forma di allevamento scelta e mantenere equilibrio tra attività vegetativa e attività produttiva. Nell’olivicoltura da olio l’obiettivo principale è di conseguire elevate produzioni e alta qualità dell’olio.

I Tagli

Il taglio di eliminazione deve essere effettuato in prossimità del punto di inserzione sull’asse principale del ramo da sopprimere lasciando intatto il collare della branca. Se il taglio viene eseguito troppo vicino al punto di inserzione, la cicatrizzazione della ferita avviene più lentamente; si deve anche evitare di lasciare una porzione di legno residuo troppo lunga,

Cassoni forati utilizzati per lo stoccaggio delle olive

(Frantoio Boca Ottavio)

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perché il moncone rimanente, una volta disseccato, può costituire luogo di insediamento di parassiti. Intensità

L’intensità di potatura dovrebbe tenere conto anche del carico dei frutti, adattare la potatura in funzione di ciò è molto importante per l’olivo per l’elevata tendenza all’alternanza di produzione di questa specie. Negli anni di forte carica, la crescita dei rami è ridotta e la potatura dell’anno seguente dovrebbe essere limitata alla sola eliminazione dei succhioni e dei rami poco sviluppati senza sfoltire eccessivamente i rami fruttiferi. Nella primavera successiva ad un’annata di bassa produzione, al contrario, gli alberi dovrebbero essere potati più severamente in modo da ridurre il numero di nuovi rami ed il potenziale produttivo. Bisogna notare che quanto consigliato sopra è l’opposto del modo di agire tipico degli olivicoltori, che tendono a non potare molto dopo l’anno di scarica perché aspettano un’elevata produzione, viceversa successivamente all’anno di carica. Così facendo, il comportamento alternante dell’albero viene esaltato invece che ridotto. La potatura dovrebbe essere leggera nella primavera seguente un anno carica e più severa dopo un anno di scarica per cercare di opporsi alla naturale tendenza alternante.

Residui della potatura

L’interramento preceduto dalla trinciatura in campo con macchine, consente di ridurre le dimensioni del materiale legnoso, agevolando così l’attacco dei microrganismi per una rapida decomposizione dei residui in humus ed elementi nutritivi; per ogni tonnellata di residui di potatura con una umidità del 50% si liberano circa 4 Kg di azoto, 0,5 Kg di fosforo, 4 Kg di potassio, 5 Kg di calcio e 1 Kg di magnesio. Appare tuttavia, più razionale procedere al recupero e reintegrazione dei suddetti sottoprodotti.

Allegati tecnici sui metodi e le epoche di intervento pagg. 27-30:

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