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MONDO DIGITALE •n.3 - settembre 2003 1. INTRODUZIONE P ensare di riuscire a delineare in poche pagine un quadro sufficientemente com- pleto, aggiornato, obiettivo, esauriente e allo stesso tempo chiaro della Robotica è presun- zione forse per chiunque. Chi scrive ha inizia- to a occuparsi di Robotica subito dopo la sua tesi di laurea, a metà degli anni ’70, e ha avu- to la non comune fortuna di appartenere fin dalle origini al miglior gruppo di ricerca possi- bile in questo campo: un gruppo pluridiscipli- nare con interessi diversificati in architetture informatiche, intelligenza artificiale, sistemi operativi, controlli automatici, bioingegneria, neuroscienze, scienze cognitive, telecomuni- cazioni; ognuno di questi argomenti, degna- mente, ha che fare con la Robotica, senza esaurirne le esigenze scientifiche. Nessun settore della scienza, della tecnologia e del mercato ha mai avuto, infatti, un così ampio spettro di competenze e componenti discipli- nari come la Robotica. A quelle che sono sta- te già citate se ne devono aggiungere molte altre come le tecnologie dei materiali, l’elet- tronica – quella di potenza in particolare – e l’elettrotecnica degli attuatori e degli impian- ti, l’ottica, l’acustica, l’elaborazione delle im- magini; e, ultima ma non meno importante, la meccanica con le metodologie e tecnologie relative. In questo catalogo di discipline in- completo, che sarà approfondito nel para- grafo successivo, sta il grande limite alla cre- scita della Robotica; è difficilissimo se non impossibile, infatti, coltivare allo stesso livel- lo di profondità le competenze necessarie, o anche solo poche fra tutte. Per questo la Ro- botica non è, ancora, una scienza, ma l’unio- ne di scienze, discipline e tecnologie diverse ancora in attesa di una comune teoria, di un linguaggio che unifichi meccanica e software, algoritmi e materiali; insomma, di una mate- matica unica e di regole progettuali standard. 2. VERSO UNA SCIENZA Molti passi in questo senso sono stati fatti, coronati anche da successo; il termine mec- catronica, comune in Robotica, esprime la sintesi fra tecnologie meccaniche, attuatori ed elettronica di controllo; una teoria unifica- La Robotica è una disciplina vastissima le cui radici culturali affondano nel- la storia e nella letteratura. L’impiego industriale dei Robot è iniziato negli anni ’40 del secolo scorso; da allora, la sua evoluzione è andata almeno di pari passo con quelle dell’Informatica, dell’Elettronica e della Meccanica. Oggi si assiste probabilmente all’inizio di una nuova era, in cui il Robot ope- rerà a stretto contatto con gli esseri umani, aiutandoli nei compiti della vita quotidiana e accompagnandoli nel tempo libero. Renato Zaccaria ASPETTANDO ROBOT 3 4.4

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1. INTRODUZIONE

P ensare di riuscire a delineare in pochepagine un quadro sufficientemente com-

pleto, aggiornato, obiettivo, esauriente e allostesso tempo chiaro della Robotica è presun-zione forse per chiunque. Chi scrive ha inizia-to a occuparsi di Robotica subito dopo la suatesi di laurea, a metà degli anni ’70, e ha avu-to la non comune fortuna di appartenere findalle origini al miglior gruppo di ricerca possi-bile in questo campo: un gruppo pluridiscipli-nare con interessi diversificati in architettureinformatiche, intelligenza artificiale, sistemioperativi, controlli automatici, bioingegneria,neuroscienze, scienze cognitive, telecomuni-cazioni; ognuno di questi argomenti, degna-mente, ha che fare con la Robotica, senzaesaurirne le esigenze scientifiche. Nessunsettore della scienza, della tecnologia e delmercato ha mai avuto, infatti, un così ampiospettro di competenze e componenti discipli-nari come la Robotica. A quelle che sono sta-te già citate se ne devono aggiungere moltealtre come le tecnologie dei materiali, l’elet-tronica – quella di potenza in particolare – e

l’elettrotecnica degli attuatori e degli impian-ti, l’ottica, l’acustica, l’elaborazione delle im-magini; e, ultima ma non meno importante,la meccanica con le metodologie e tecnologierelative. In questo catalogo di discipline in-completo, che sarà approfondito nel para-grafo successivo, sta il grande limite alla cre-scita della Robotica; è difficilissimo se nonimpossibile, infatti, coltivare allo stesso livel-lo di profondità le competenze necessarie, oanche solo poche fra tutte. Per questo la Ro-botica non è, ancora, una scienza, ma l’unio-ne di scienze, discipline e tecnologie diverseancora in attesa di una comune teoria, di unlinguaggio che unifichi meccanica e software,algoritmi e materiali; insomma, di una mate-matica unica e di regole progettuali standard.

2. VERSO UNA SCIENZA

Molti passi in questo senso sono stati fatti,coronati anche da successo; il termine mec-

catronica, comune in Robotica, esprime lasintesi fra tecnologie meccaniche, attuatoried elettronica di controllo; una teoria unifica-

La Robotica è una disciplina vastissima le cui radici culturali affondano nel-

la storia e nella letteratura. L’impiego industriale dei Robot è iniziato negli

anni ’40 del secolo scorso; da allora, la sua evoluzione è andata almeno di

pari passo con quelle dell’Informatica, dell’Elettronica e della Meccanica.

Oggi si assiste probabilmente all’inizio di una nuova era, in cui il Robot ope-

rerà a stretto contatto con gli esseri umani, aiutandoli nei compiti della vita

quotidiana e accompagnandoli nel tempo libero.

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ta della descrizione del movimento per robotmobili e manipolatori di generica geometria(il cosiddetto approccio del configuration

space, teoria matematica basata sull’integra-zione di meccanica razionale, calcolo vetto-riale, geometria differenziale, algoritmi di ri-cerca e altri temi) è stata elaborata negli anni’80 ed è ora una vera metodologia della Ro-botica; lo stesso vale per metodi di visioneartificiale, per linguaggi di descrizione deicompiti e dispositivi per controllo e regola-zione di manipolatori e così via. Ma non ap-pena si esce da situazioni standard, qualipossono essere, ad esempio, la sequenza dioperazioni di assemblaggio in una linea diproduzione, il progettista robotico diventarapidamente un artigiano che è costretto ainventare le metodologie di progetto e glistrumenti di sviluppo. Non c’è rimedio a que-sto problema, se non lavorare sulla ricerca dibase e mantenere ad alto livello le skill deltecnico robotico.

3. L’AMPIEZZA DEL SETTORE

Se poi si pone attenzione alle tendenze sia diricerca, sia di espansione dell’industria versonuovi mercati, si deve, necessariamente, al-lungare l’elenco di discipline con nomi di re-cente acquisizione, per la Robotica, come labiomeccanica, le nanotecnologie, la modula-rità meccanica e funzionale, gli “ambienti in-telligenti” (smart house), la “tecnologia del-l’emozione” (kansei), la psicologia, l’edu-

tainment (education-entertainment) e i mo-delli ad agenti.Con un così ampio fronte tecnico-scientificosi capisce perché parlare di Robotica tout

court non è possibile. In questo contributo cisi limiterà, anche per ragioni di spazio, a unaserie di brevi paragrafi su alcuni temi specifi-ci che si ritengono più attuali e significativi,legati, in particolare, al già vasto settore IT(Information Technology), puntualizzandoche molti altri argomenti resteranno inesora-bilmente assenti. Alcuni, in realtà pochi, deitermini dei tre elenchi tematici sopra riporta-ti saranno espansi e commentati in questiparagrafi.Quelli che non saranno citati sono altrettan-ti titoli dietro ai quali possono esser lettestorie affascinanti, per le quali l’autore spe-

ra almeno di riuscire a suscitare la curiositàdel lettore.

4. “STILL WAITINGFOR ROBOTICS”

Il titolo di questo articolo, Aspettando Robot,sintetizza il pensiero, comune a tutti i ricerca-tori in Robotica, secondo cui una scienza ro-

botica è, per le ragioni espresse poc’anzi,un’attesa colma di speranza. Allo stesso tem-po, il Robot che si sogna (autonomo, intelli-gente, “simpatico”, probabilmente asimovia-

no) è ancora lungi da venire, nella ricerca co-me nel mercato.Aspettando Robot è anche un titolo “rubato”a un saggio del 1987 [3] in cui 32 ricercatoriitaliani esprimevano le loro considerazionisull’Intelligenza Artificiale, con molti riferi-menti alle applicazioni in Robotica, molto in-teressanti da rileggere oggi. Uno di questi ri-cercatori era Marco Somalvico, professore delPolitecnico di Milano, dal quale dieci anni pri-ma chi scrive, come altri amici e colleghi, ave-va appreso le prime definizioni rigorose sullaRobotica; insegnamenti, che egli, appassio-nato come pochi, dispensava assieme allapassione per la ricerca, senza gelosie, sia agliallievi del suo gruppo che a chiunque altro di-mostrasse sincero interesse. Marco Somalvi-co è scomparso inaspettatamente pochi mesifa, e a lui che è stato pioniere della ricerca inRobotica in Italia è dedicato con affetto since-ro e con vera commozione questo articolo,con l’augurio che nella storia di questa disci-plina il suo nome venga sempre ricordato.

5. LA STORIA E LE FASI

Non c’è una sola data per la nascita ufficialedella Robotica. Anche se spesso vengonoschematizzate fasi storiche simili a quelledelle “generazioni” del calcolatore e dell’e-lettronica digitale, l’evoluzione del robot –anche solo di quelli industriali più classici – èfatta di molti episodi significativi, in ambitinon necessariamente tecnico-scientifici. L’in-venzione del termine stesso “Robotica” (Ro-

botics) è normalmente attribuito a Isaac Asi-mov che lo introdusse nei suoi famosi rac-conti sui robot positronici alla fine degli anni’40. Fino a quell’epoca il robot era sostanzial-

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mente un fatto letterario e cinematografico(il primo robot del cinema è Maria, in Metro-

polis di F. Lang, 1926). Contemporaneamen-te, però, i primi telemanipolatori venivanocostruiti e usati per gestire in sicurezza so-stanze radioattive. In essi erano già presentile componenti base dei robot manipolatoriattuali, cioè una catena cinematica articolatacon un end effector (una pinza), con motoriche azionavano i vari assi rotazionali neigiunti, un dispositivo di controllo analogicodi posizione su di loro, e un’interfaccia di co-mando che oggi si possono definire haptic:un esoscheletro articolato, un master, azio-nando il quale si controllano identici movi-menti del manipolatore remoto (slave). Sipuò quindi, presumibilmente, situare nellaseconda metà degli anni ’40 la nascita dei ro-bot meccanici per uso pratico; nei telemani-polatori erano presenti le tecnologie e le me-todologie di qualunque robot successivo aesclusione, ovviamente, di quella informati-ca: meccanica, elettrica, elettronica, teoriadel controllo.La prima idea di uso diverso e industriale diqueste tecnologie è della metà degli anni’50; all’inizio degli anni ’60 la statunitenseUnimation Inc. introduce sul mercato Unima-

te, il primo manipolatore industriale ante lit-

teram. Da quel momento, si sviluppa un’in-dustria robotica e un mercato in veloceespansione, per molto tempo limitato aibracci manipolatori, che anzi sono ancora og-gi il robot industriale per antonomasia (la de-finizione “ufficiale” ISO è, infatti, quella delmanipolatore per applicazioni di fabbrica).Negli stessi anni, viene sviluppata l’indispen-sabile teoria di base per la descrizione e ilcontrollo del movimento in geometrie dibracci qualsivoglia: il contributo dell’infor-matica, in questa fase storica, è marginale.

6. OLTRE LA FABBRICA

Il Giappone inizia a occuparsi di Roboticacon quasi dieci anni di ritardo, alla fine deglianni ’60, con le prime applicazioni nell’indu-stria automobilistica (il Giappone importòufficialmente il primo manipolatore statuni-tense nel 1968). Nel 1971, nasce la Japanese

Industrial Robotic Association (JIRA), che hainfluito sullo sviluppo di tutta l’industria ro-

botica per i successivi venticinque anni. Ènegli anni ’70 che l’industria robotica mon-diale assume una presenza non marginale,con un cospicuo mercato per i suoi prodotti:oltre a Unimation, AMF, Cincinnati, Adept,IBM negli USA; Fanuc, Yaskawa, Seiko, inGiappone e ABB, Kuka, DEA, Comau, in Euro-pa. La guerra commerciale si svolge sul ter-reno della complessità e della versatilità deibracci manipolatori, legata sostanzialmenteal numero e al tipo dei suoi gradi di libertà,che determinano le capacità di articolarsi inposizioni e orientazioni diverse della sua“mano” (end effector). Come paragone co-mune, il braccio umano (antropomorfo pereccellenza) ha, articolazioni della manoescluse, sette gradi di libertà, mentre sei è ilminimo teorico per portare l’organo termi-nale in qualunque posizione e orientazioneall’interno dello spazio di lavoro. I robot ma-nipolatori a sei gradi di libertà (Figura 1), chein industria sono detti comunemente antro-

pomorfi, sono diventati uno standard alla fi-ne degli anni ’70, con il Puma della Unima-tion Inc., ancora oggi comune in molti labo-ratori di ricerca. Si tratta di un manipolatorea sei assi, con carico di poco più di un chilo-grammo, con pinza intercambiabile, e spaziodi lavoro di 2 m circa. A parte i miglioramentinei materiali e nelle prestazioni (peraltro dinon più di un ordine di grandezza, mentre le

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FIGURA 1Schema di un tipicobracciomanipolatore a 6gradi di libertà (o 6assi) su cui èmontato unparticolare organodi presa

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prestazioni dei sistemi di calcolo sono au-mentate, contemporaneamente, di un fatto-re almeno 106, si veda a tal proposito la Figu-ra 2), questa geometria e queste caratteristi-che di massima si ritrovano nella maggiorparte dei modelli attuali (Figura 3).Il Giappone costruì da zero nella decade de-gli anni ’70 un enorme mercato interno per laRobotica industriale, influendo in modo deci-sivo sul resto del mondo.Nel 1982, la JIRA preparò, su richiesta del Mi-nistero dell’Industria e del Commercio Inter-nazionale, uno studio molto profondo sul-l’industria robotica nazionale dal titolo The

Robotic Industry of Japan – today and to-

morrow che fu al tempo stesso visionario,nel senso positivo di preveggente e ambizio-so, e miope. Quel documento fu il segno e ilsostegno dell’influenza economica, tecnolo-gica e culturale che la Robotica giapponeseimpose al resto del mondo. Il documentopartì da un dato impressionante: in meno di

10 anni, il mercato interno aveva già assorbi-to quasi 80.000 robot, in gran parte manipo-latori ma anche AGV (Automated Guidance

Vehicle), impiegati nell’industria manifattu-riera, di cui il 75% fra automobilistica, elet-trodomestici, plastica.L’industria robotica contava 290.000 addettisu 150 società con prevalenza di grandi im-prese, mentre le PMI rappresentavano il 90%dei nomi ma solo il 9‰ degli addetti.Per un rapido raffronto, basti considerare che20 anni dopo (2000) il Giappone contava cir-ca 400.000 robot al lavoro, l’UE 170.000 e gliUSA 90.000.Il documento della JIRA fu visionario per di-verse ragioni. Innanzi tutto, propose comestrategia di sviluppo una definizione di ro-bot industriale ben più ampia di quella vi-gente, e ancora oggi avanzata: “Un sistema[...] capace di eseguire funzionalità diversi-ficate con molti gradi di libertà […] con fun-zionalità sensoriali e di riconoscimento percomportamenti autonomi (intelligent ro-

bot)”. In più, oltre ad affermare ufficial-mente l’esistenza di un mercato per un si-mile robot intelligente, in netto contrastocon l’impostazione classica delle macchinea Controllo Numerico (NC), si spinse moltopiù in là di quanto studi analoghi facesseroin America e in Europa, proponendo allaR&S in Robotica industriale un elenco stu-pefacente di settori non manifatturieri:agricoltura, allevamento, foreste, oceano,

edilizia, logistica e trasporti, gas, acqua e

fognature, elettricità e telecomunicazioni,

posta, energia, nucleare, spazio, medicale,

riabilitazione, protesi, rifiuti, emergenze e

disastri, difesa, ordine pubblico, servizi,

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Robotda intrattenimento Obiettivo

di Robocup

Uomo

Scimmia

Topo

Lucertola

FIGURA 2L’evoluzione

della capacitàdi calcolo, secondo

Moravec, persoddisfare

gli obiettivi futuridi Robocup

FIGURA 3Una mano

con quattroo cinque dita può

avere 10 - 15 gradidi libertà e una

ventina di motori

MIPS

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educazione e scuola, traffico urbano, ma-

nutenzione, pulizia.Ognuno di questi settori fu previsto comesettore di applicazione e di espansione delmercato. Terza lungimiranza fu l’analisi delleattività di R&S industriali e universitarie e laproposta del loro potenziamento mirato perfar fronte ai mercati di nuova definizione.A fronte di queste caratteristiche “illumina-te”, nel documento è presente una sorpren-dente miopia: l’autolimitazione di riferirsiunicamente al mercato interno, con totale as-senza di studio e previsioni su quello interna-zionale. Questa visione autarchica è, proba-bilmente, il motivo per cui lo sviluppo non haseguito i livelli di innovazione previsti. I ritor-ni dai mercati internazionali sarebbero dovu-ti avvenire grazie alla maggior competitivitàdei prodotti low-tech e hi-tech giapponesirealizzati da un’industria robotizzata, in unasocietà robotizzata e, quindi, più competiti-va, restituendo in via indiretta gli ingenti in-vestimenti impiegati in una Robotica indu-striale “di quinta generazione” non vendutadirettamente all’estero. La fragilità di questoassunto è evidente, e ad esso si può ricon-durre il mancato sviluppo che non inficia lacorretta analisi dei mercati potenziali dellaRobotica intelligente (si veda a tal propositoil paragrafo sulle prospettive future). Anchequi… si sta aspettando robot.

7. LA CULTURA E LA FICTION

La fiction ha sempre giocato un ruolo cultu-ralmente significativo, nella Robotica, e que-sto non ha probabilmente paragoni in altrediscipline o tecnologie. Un grande settoretecnologico molto legato alla letteratura da2000 anni è, per esempio, quello della nave edel mare (a partire dall’Odissea, per esem-pio, il cui autore è considerato il primo adaver introdotto dei robot nella narrazione,pur in un piccolo ruolo marginale). Eppure, laportata di quella sinergia tecnologia/fanta-sia non è paragonabile a questa fra automa evivente, e soprattutto non è altrettanto bidi-rezionale nelle influenze. Oltre ai modelli lo-gico-letterari di Isaac Asimov, dai quali pochiesperti in Robotica possono prescindere, ne-gli anni ’50 il cinema sviluppò modelli di purafantasia ma con un impatto immaginifico che

nessun robotico ha mai potuto trascurare ne-gli anni successivi. L’icona forse più famosa di robot antropo-morfo della storia è quella di Robby ne Il Pia-

neta proibito (The Forbidden Planet, 1954,film “dotto” ispirato a La Tempesta di Shake-

speare). Robby è un robot asimoviano, cioèbuono e dotato di personalità e integrato nel-la storia a pieno titolo: è il folletto Ariel del ri-ferimento shakespeariano. Ancora oggi, esi-stono club di appassionati di quel robot eaziende che ne commercializzano modellianche in grandezza naturale. Gli attuali robotda “compagnia” e antropomorfi giapponesisono la realizzazione industriale, alla fine, diquell’idea di robot di cui 45 anni fa si produ-cevano modellini giocattolo in latta, con iquali si giocava da bambini. In questo senso,si può parlare di “rivincita” dell’effimero inRobotica rispetto al concreto; oggi, esiste unemergente mercato per robot ideati pura-mente per il divertimento o la compagnia(entertainment robotics), o l’aiuto nella vitaquotidiana (service robotics, robot compa-

nion, edutainment robotics) che sviluppa inun certo senso il modello del robot della let-teratura rispetto a quello della fabbrica (chediscende, a sua volta, dal modello tayloristi-co di radici settecentesche). Sul tema del-l’entertainment robotics si accennerà in unparagrafo successivo.Come è stato già ribadito, in Robotica l’im-maginifico e il letterario hanno sempre avutoun’importanza di gran lunga superiore aquanto accade in altre discipline, e continua-no a contribuire in modo virtuoso allo svilup-po della conoscenza e addirittura, come ac-cade nell’entertainment, a delineare nuoveapplicazioni. Ciò non deve sorprendere: il ro-bot è l’Essere Artificiale, presente nei miti,nelle fantasie e nelle speculazioni dell’uomoda duemila anni e più. Questo mito si èespresso nei secoli della meccanica in un’i-nimmaginabile varietà di robot da intratteni-mento apparentemente senza scopo, in cui siestrinsecava l’interesse puramente specula-tivo dell’uomo verso la definizione di cos’è lavita e verso la ricerca di una vita artificiale (eartificial life è, non a caso, uno dei terminicon cui oggi si riconoscono ricercatori che in-vestigano l’emergere spontaneo di compor-tamenti complessi a partire dall’interazione

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di comportamenti di semplici robot autono-mi). La fantastica storia degli automi nei se-coli (questo nome è stato sostituito nelle lin-gue occidentali dalla parola robot, a partiredagli anni ’30; anche questa sostituzione, co-me è noto, viene dalla letteratura, anzi dalteatro) è narrata, per esempio, in Storie di

automi [2]. La conoscenza del complesso, eper molti versi ancora inesplorato, universo“robot fantastico/robot reale” ha incuriositomolti autori sia tecnici, sia umanisti; si veda,per esempio, Dizionario degli esseri umani

fantastici e artificiali [5], in cui è tentata unaincredibilmente meticolosa classificazionedei percorsi culturali, immaginifici, scientificie tecnologici degli “esseri” riconducibili a ro-bot, reali e fantastici. Ancora per ribadire laforte presenza del cinema nella Robotica, ol-tre che citare la fortunata serie di robot che ilcinema ha riscoperto negli ultimi 15 anni, èutile ricordare la serie di film anche di “cate-goria B” degli anni ’40-’60 in cui l’idea di ro-bot si formava a volte con rara preveggenzapur se con povertà di effetti speciali. Un filmpoco noto, Attacco a base spaziale USA

(GOG, 1954) mostra con sorprendente rigorescientifico l’impiego di robot mobili, usandotermini attuali, con manipolatori a bordo, inun centro di ricerca automatizzato, integratiin rete e controllati da un elaboratore centra-le operante in real time. Non solo queste ela-borazioni fantasiose partecipavano al pro-cesso di aggiornamento della cultura diffusacon scienza e tecnologia, ma facevano anchesviluppare, lentamente e poi sempre più ve-locemente, il settore della Robotica “effime-ra”, quella dei modelli animati per il cinema -in cui pioniere fu l’italiano Carlo Rambaldi -per i parchi divertimenti a tema, fino agli at-

tuali robot “da compagnia” come il cane AI-BO o il recente piccolo umanoide SDR-4X, en-trambi della Sony, e simili (Figura 4).

8. INFORMATION TECHNOLOGYE ROBOTICA INDUSTRIALE

L’Informatica, o più in generale l’IT, ha inizia-to a giocare un ruolo chiave relativamentetardi nella Robotica Industriale. Nella prei-storia della Robotica, le tecnologie dominan-ti erano la meccanica, l’elettrica, l’elettronicae le tecniche di controllo automatico. Neglianni ’60, le tecnologie informatiche raggiun-gevano, invece, l’apice in automazione difabbrica con le macchine a Controllo Numeri-

co (NC) in cui unità logiche di controllo (all’i-nizio semplici reti logiche, e poi reti program-mabili, dispositivi flessibili come i Program-

mable Logic Controller, i microcontrollori…)regolavano ogni singolo asse delle macchi-ne. Nel 1970, al Machine Tool Show in Chica-go fu enunciato un principio che ha fatto mol-ta strada: il Direct Numerical Control (DNC), ointegrazione degli algoritmi di controllo nu-merico dei molteplici assi a livello dell’intera

fabbrica (con un controllo centralizzato dellaproduzione), entrando in sinergia con il gio-vane CIM (Computer Integrated Manufactu-

ring). Il robot era per natura adatto a svilup-pare questa perfetta integrazione; CIM e Ro-botica sono divenuti per trent’anni un bino-mio inscindibile, in cui l’IT è substrato teori-co, metodologia e anche costo prevalente disviluppo. L’evoluzione del robot ha perciòiniziato a seguire, dai primi anni ’70, tutte letappe fondamentali dei sistemi operativi, deilinguaggi, delle reti informatiche, degli stan-dard e delle metodologie per l’automazionedella produzione. Si sono create unità di con-trollo sempre più intercambiabili, con inter-facce ai fieldbus per automazione. Si sonodefiniti standard, come STEP (Standard for

the Exchange of Product Model Data) per lacomunicazione fra modelli CAD (Computer-

Aided Design) e PDM (Process Data Manage-

ment). Attualmente, si stanno diffondendomodelli OLE Microsoft (Object Linking and

Embedding) per controllo di processi per l’in-terconnessione di macchine di produttori di-versi, come pure standard basati su XML (eX-

tensible Markup Language).

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FIGURA 4Alcune generazionidi robot giocattolo

Sony. A sinistral’umanoide SDR-

4X: 38 gradidi libertà, riflessodi autoprotezionein caso di caduta,

2 videocameree 7 microfoni

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Fra il 1997 e il 1999, il mercato internazionaleha avuto per la prima volta una leggera fles-sione, in cui solo il Giappone ha avuto un ca-lo di vendite, seguito da una ripresa che ha ri-portato in aumento il 2000. Dedurre che ilmercato della Robotica industriale sia saturonon è corretto. Piuttosto, il problema è da ri-cercarsi nelle necessità di rinnovare i modelliproduttivi e vecchie o ingenue politiche diimpiego dell’IT (forse le stesse ingenuità chehanno portato al collasso delle imprese dot-

com in poco più di un anno). Questa neces-sità sta comportando una sempre più raffina-ta integrazione fra le tecnologie di ingegneriadel software, reti di automazione, applicazio-ni in real time, sistemi informativi, Internet emodelli di progettazione, pianificazione e ge-stione, anche basati su virtualità e simulazio-ne. In queste si sta rivelando un valore ag-giunto della componente IT cui gli stessi entidi formazione non sono pronti a far fronte,aprendo un problema di digital divide di cuiparlerà nel seguito. Lo sviluppo dei modelliB2B (Business to Business), in particolare, sisposa molto bene con l’impiego di robot,flessibili e riconfigurabili. L’esempio dellasvedese Sandvik Coromant, produttrice diutensili da taglio per macchine automatiche,è interessante a questo proposito. Un clien-te, in qualunque parte del mondo, può pro-gettare il proprio utensile via web, tramite unCAD messo a disposizione in rete, con la pos-sibilità di concludere il proprio ordine in In-ternet. Se il prodotto è standard viene spedi-to entro 24 h. Altrimenti, attraverso il sistemainformativo, e i sistemi PDM e MRP (Master

Production Schedule), che comportano la ri-programmazione dei robot in automatico,viene avviata la produzione con una conse-gna garantita in due settimane.Non è per niente vero, quindi, che il mercatodella Robotica manifatturiera sia saturo. Ilproblema è far fronte a nuovi modelli chechiedono, oltre all’abbattimento dei costi, diaumentare la velocità e la flessibilità. Il clas-sico settore dell’automobile, ancora fonda-mentale per la Robotica, richiede attualmen-te di migliorare qualità e velocità: negli USA,il tempo di attesa per un’automobile acqui-stata tende ad essere di una settimana, inEuropa di sei. Tutte le proiezioni del mercatoindividuano ancora per almeno cinque anni,

a tecnologia costante, una crescita costante,con un mercato potenziale di 980.000 robotnel mondo contro i 750.000 del 2000. Ben-ché in senso assoluto le prestazioni dei robotnon siano evolute che di pochi ordini di gran-dezza dal 1970 (un’infima quantità rispetto aimiglioramenti dell’IT), solo negli ultimi 10 an-ni i prezzi dei robot sono calati fra il 45 el’80%, mentre il costo del lavoro nei paesitecnologicamente avanzati è aumentato del40%; il tempo di obsolescenza di un robot vadai 10 ai 15 anni, mentre l’età media dei lavo-ratori aumenta in modo preoccupante in tuttii Paesi industrializzati. Anche l’aumento del-le prestazioni, in assoluto non elevato rispet-to ad altre tecnologie, mostra un tasso di cre-scita in aumento: fra il 1990 e il 2000, la ca-pacità di carico manipolato (il payload) è cre-sciuta del 26%, la precisione del 61%, la velo-cità del 39%, il MTBF del 137%, il massimonumero di gradi di libertà del 45%. Tutte que-ste cifre si riflettono, ovviamente, sulla pro-duttività. Mentre dal lato “informatico”(quello che determina realmente costi e pro-duttività), cioè la programmazione e l’inte-grazione nella rete della fabbrica, il robot hatutto il beneficio delle moderne tecnologiesoftware e di sistema.È facile concludere che l’ascesa prevista ne-gli anni ’80 da studi come quello citato delJIRA della Robotica nell’industria è stata ral-lentata dall’imprevedibile rottura delle bar-riere fra Est e Ovest e fra Nord e Sud delmondo, con la disponibilità temporanea dilavoratori qualificati a costi più bassi. È, tut-tavia, molto probabile, e certamente anchesocialmente auspicabile, che questa “con-correnza” fra uomini e robot in fabbrica siadestinata ad attenuarsi nel prossimo futuro.

9. NON SOLO MANIPOLATORI (I)

È stato citato il telemanipolatore negli anni’40, il braccio manipolatore negli anni ’60, l’in-tegrazione fra Robotica e CIM negli anni ’70 e’80, i robot per il cinema e il divertimento. Al-tre nascite nella famiglia robotica sono stateimportanti. Non è noto quando sia nato il pri-mo veicolo robotizzato autonomo (il primo ro-

bot mobile). Generalmente, questo primatoviene attribuito a Shakey, prototipo presso loStanford Research Institute nel 1967, che era

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dotato di sensori di tocco, telecamera, con-trollo digitale in real time e componenti di In-telligenza Artificiale. Da allora in poi, la tecno-logia del veicolo robotizzato (AGV) si è svilup-pata sia in ambito di ricerca sia in applicazioniindustriali nella movimentazione, e fa ora par-te a tutti gli effetti dell’automazione della fab-brica. In realtà, gli attuali robot industriali so-no quasi essenzialmente bracci manipolatoriapplicati a vari settori specifici, più i veicolimobili che realizzano tutte quelle attività ditrasporto non convenienti da realizzare conmacchine apposite (per esempio, convoglia-tori a nastro o a rulli). La fotografia dell’impie-go dei robot industriali mostra attualmente(dati 2000) il 6,8% in lavorazioni (taglio, finitu-ra…), il 12,2% nelle materie plastiche stampa-te, il 22,4% in assemblaggio, il 2,8% nelpackaging, il 23,9% nella saldatura, e 11,8%nel trasporto, più un 20% in altre attività va-rie. L’AGV ha, quindi, un proprio settore bendefinito, considerato che in tutti gli altri ven-gono impiegati bracci manipolatori. Il settoredegli AGV è particolarmente interessante, vi-sto che si basa su know how specifico con lapossibilità di sviluppare un proprio mercato aldi fuori della fabbrica: nella Robotica di Servi-zio, nell’automazione della guida delle auto-mobili, dei sistemi di trasporto e movimenta-zione sulle banchine portuali e dei treni.Un altro settore degno di nota è la saldaturarobotizzata, che ha campi di applicazione di-versi dalla fabbrica tradizionale, molti deiquali ancora da sviluppare; se è già presentenella cantieristica navale, può ulteriormenteestendersi verso l’impiego a bordo, nellospazio, l’impiego subacqueo, le pipeline, lecostruzioni metalliche in genere. Ed è da no-tare che, rispetto alle tecnologie roboticheindustriali, la saldatura robotizzata richiedela gestione di sensori e l’integrazione con si-stemi informativi e PDM, quindi lo sviluppo el’impiego di conoscenze di maggior valore,tutte di tipo IT.

9.1. Non solo manipolatori (II)L’evoluzione scientifica e tecnologica del Ro-bot è costellata di molti episodi, piccoli egrandi: sarebbe impossibile elencarli tutti edare a ciascuno di loro il giusto risalto. Ricor-darne alcuni permette, però, di introdurre ladifferenza fra Robotica Industriale e la ricerca

in Robotica. Quest’ultima, è un’attività oggiestremamente differenziata nelle sue com-ponenti disciplinari. Non è troppo semplifica-tivo affermare che, dal punto di vista storico,la ricerca in Robotica ha sviluppato soprat-tutto cinque settori: la meccanica/meccatro-

nica; la teoria del controllo; le tecnologie dei

materiali (per le parti strutturali, gli attuatori

e i sensori); i sistemi di programmazione;

l’Intelligenza Artificiale. In questi settori, fral’altro, si è verificata la massima interazionecon il contesto industriale. Non si parlerà, inquesto contesto, per evidente mancanza dispazio, dei primi 4: d’altra parte, qualche ac-cenno si trova, comunque, negli altri paragra-fi. L’Intelligenza Artificiale (IA), invece, ha unlegame così forte con la Robotica da richie-dere alcune precisazioni.L’IA [4] nasce indipendentemente dalla Ro-botica [1], anche se in quasi tutte le sue spe-cifiche branche, anche le più teoriche, hacomunemente fatto riferimento a paradigmirobotici nello sviluppo delle sue teorie. Lanascita ufficiale risale a una proposta di ungruppo di ricercatori (John McCarthy, Mar-vin Minsky, Alan Newell, Herbert Simon eArthur Samuel) in uno storico convegno nellontano 1956. Secondo una definizioneestesa, il suo obiettivo è quello di studiare“tecniche che permettono di progettare […]hardware e […] software capaci di fornire […]prestazioni che, a un osservatore comune,sembrerebbero essere di pertinenza esclu-siva dell’intelligenza umana”. Cioè si propo-ne di “migliorare ed estendere le prestazio-ni” di un sistema informatico (e, quindi, an-che un robot comandato da un calcolatore)rendendolo più flessibile, riconfigurabile,autonomo e con cui dialogare in modo mi-gliore e più efficace (le citazioni fra virgolet-te in questo paragrafo sono tratte da MarcoSomalvico, Emula e non simula, in “Aspet-

tando Robot”, [3]). Questo è stato fatto nonnecessariamente studiando e simulando imeccanismi propri della mente umana, ben-sì sperimentando e scegliendo “il modello[...] che garantiva [...] le migliori prestazio-ni”. Il modello fondamentale era, e continuaa essere, quello basato sulla logica compu-

tazionale, ovvero su teorie e rappresenta-zioni logiche nelle quali un dimostratore au-tomatico universale, efficientemente imple-

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mentato su una macchina digitale, ha ilcompito di risolvere il problema; con la par-ticolarità che del problema non è necessa-rio inventare una soluzione algoritmica ma“soltanto” una opportuna descrizione (rap-presentazione della conoscenza) con un lin-guaggio di derivazione logica (dichiarativoanziché procedurale - quest’approccio era,fra l’altro, quello tentato e purtroppo fallitonel progetto della cosiddetta quinta genera-

zione dei calcolatori). Rispetto alla rigiditàiniziale, questi metodi hanno rapidamenteprodotto capacità di gestire l’incertezza e il“rumore” dei dati del mondo reale, esten-dendo la logica con concetti di fuzzyness odi statistica, divenendo così adatti ad appli-cazioni in Robotica reale.In Robotica, l’approccio dell’IA ha, in qual-che modo, diviso le comunità dei ricercatoridi cultura informatica, con i seguaci della IA“pura” orientati a risolvere problemi di piùampia portata e generalità (come la rappre-sentazione di ampie categorie di compiti,l’interpretazione di scene, la generazione dipiani complessi di azioni, la diagnostica au-tomatica, i sistemi di dialogo ad alto livellocon un operatore, e simili), mentre altri ro-botici meno legati alle metodologie basatesulla logica computazionale si sono dedica-ti alla programmazione efficiente, alla rispo-sta veloce ai sensori, alla definizione di al-goritmi per problemi specifici di visione emovimento e così via. Questa distinzione è,però, molto schematica e vale per i primitrent’anni del settore. L’IA, in effetti, abbrac-cia oggi una grande varietà di approcci me-todologici orientati al comportamento auto-nomo e intelligente del robot. All’inizio deglianni ’90, in un dibattito interno “fondazio-nale” suscitato da Rodney Brooks, è emersauna linea che negava la centralità alla rap-

presentazione della conoscenza e facevaemergere il comportamento intelligentedalla organizzazione, o autorganizzazione,di entità autonome semplici o elementari,dotate di scarsa o nulla capacità di rappre-sentazione. In molti casi, è stato introdottol’apprendimento in forma di autorganizza-zione con o senza reward/punishment. Sen-za entrare nel dettaglio e, quindi, con unacerta dose di approssimazione, questo filo-ne metodologico è rapidamente cresciuto

comprendendo macchine a stati distribuite(subsumption, behavior architecture), retineurali, sistemi genetici, e altri approcci co-me quello dei sistemi ibridi in cui si cerca difar cooperare i due modelli computazionalialternativi (quello logico e quello procedu-

rale). Il primo modello, infatti, è efficiente inattività più astratte come pianificazione, in-terazione uomo-macchina, memorizzazio-ne; l’altro nel controllo ed esecuzione (i co-siddetti aspetti reattivi). Un recente settoredell’IA, che dedica molta attenzione nell’u-nire questi aspetti, è specialmente rivoltoalla Robotica sotto il nome accattivante diCognitive Robotics.Robotica e IA nascono più o meno contem-poraneamente, quaranta anni fa. C’è dachiedersi quanto l’IA abbia, fino ad oggi, in-fluenzato la Robotica negli aspetti di merca-to (che è appannaggio, si è detto, della Ro-botica Industriale). La risposta necessaria-mente riflette una visione personale, ed èinevitabilmente ambigua. Benché sia statocitato Shakey come primo caso di robot mo-bile che integrava sensori e movimento:Shakey era, infatti, un esperimento di IA ap-plicata alla Robotica, chi scrive non credeche l’IA abbia contribuito direttamente e inmodo rilevante alla Robotica “di mercato”.Non sembra che esista alcuna tecnologiache sia il risultato di un trasferimento direttodi un risultato di ricerca in IA alla RoboticaIndustriale. Ciononostante, si ritiene che ilcontributo dell’IA sia, e sia stato, fondamen-tale e non occasionale per almeno tre ragio-ni. La prima è che l’IA è un “generatore diobiettivi”: senza la spinta degli obiettivi am-biziosi che l’IA poneva innanzi alla RoboticaIntelligente (o autonoma), non si sarebbemantenuto il trend di ricerca e di innovazio-ne che ha migliorato le tecnologie correnti.La seconda è che l’IA è un grande “generato-re di set-up sperimentali” standard e avan-zati (di cui Shakey è il primo) offerti alla co-munità di ricerca in Robotica. Spesso questiset-up di riferimento – anche solo teorici, avolte tacciati di costituire toy world su cuicostruire teorie – si affermano spontanea-mente attraverso le pubblicazioni scientifi-che; in molti casi, attraverso eventi interna-zionali, quali le robot competition dell’AAAI(American Association for Artificial Intelli-

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gence) fino alla recente RoboCup (che que-st’anno avrà il suo appuntamento interna-zionale a Padova) che costituisce, probabil-mente, l’esperimento scientifico più grandemai organizzato per numero di studiosi par-tecipanti e per durata negli anni. E sull’im-portanza di esperimenti standard, ripetibili eaccessibili alla comunità internazionale nes-suno può essere in disaccordo. La terza e ul-tima ragione è che molti dei sogni dell’IA ap-plicata alla Robotica potrebbero avverarsiquando i mercati si aprissero ai robot intelli-genti proposti da quarant’anni dall’IA; equesto, come si vedrà nel paragrafo succes-sivo, sembra prossimo (forse non si dovràaspettare robot ancora molto a lungo). Contutti i limiti che un’analogia può avere inquesto campo, si potrebbe dire che l’IA staalla Robotica come la Formula 1 sta all’indu-stria automobilistica: spinta all’innovazionee terreno di prova per tecnologie che nessu-na azienda potrebbe permettersi. E perchéno: anche business e divertimento!

10. UNA EVOLUZIONECOMPLESSA

Diversi eventi tecnologici piccoli e grandihanno fatto sviluppare la Robotica Industria-le; in molti, indirettamente, c’è l’effetto di unrisultato IT o IA in particolare.L’evoluzione dei linguaggi e ambientisoftware ha influito in modo determinante.In origine le unità di governo erano elabora-tori dedicati con linguaggi di programma-zione propri di bassissimo livello. Ciò eraconseguenza soprattutto delle limitatezze

delle CPU usate. Il Personal Computer IBMdel 1981 ha scatenato un processo evolutivoinarrestabile di miglioramento di prestazio-ni che si è riflesso anche sulle architetturedi controllo. Maggior potenza di calcolo abasso costo significa flessibilità nel softwa-re e crollo delle barriere fra ambienti di pro-grammazione diversi, interoperabilità, con-nessioni in rete. Anche se ancora molte diffi-coltà esistono per ragioni di politiche com-merciali, oggi costa 10 volte meno program-mare, riprogrammare, integrare il robot nel-l’architettura della fabbrica automatica.Come per la cinematica dei bracci robotizzatiè stato fondamentale lo studio sistematicoalla fine degli anni ’60 (il noto teorema di Pie-

per è del 1968), per gli AGV è stato importan-te il formarsi di una teoria unificata del pro-blema della navigazione, grazie a J. Boren-stein (1995), con la conseguenza di sviluppa-re metodi algoritmici standard (un caso ditecnologia soft). Già dalla fine degli anni ’80,si era diffuso il dispositivo tecnologico com-merciale che ha permesso la diffusione degliAGV: la “testa laser rotante” che serve al cal-colo della posizione mediante tecniche ditriangolazione o di filtraggio adattativo. I ro-bot mobili devono molto al famoso dott. Landdella Polaroid, la cui rivoluzionaria macchinaistantanea del 1978 possedeva un economi-co misuratore di distanze a ultrasuoni. Que-sto componente è lo standard da quindici an-ni per i sensori di prossimità a basso costousati in tutti i robot da laboratorio e in nonmolte ancora applicazioni industriali, a causadella mancanza di sicurezza intrinseca. Unsensore che ha aggiunto, invece, le indispen-

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RoboCup (www.robocup.org) è un progetto internazionale rivolto all’Intelligenza Artificiale, alla Robotica e alle di-scipline collegate, che propone un problema di riferimento standard a tutti i ricercatori del mondo. In questo espe-rimento – una partita di calcio fra robot completamente autonomi – metodologie e tecnologie diverse debbono ve-nir integrate al meglio, sotto la spinta della gara e del gioco. Il paradigma del gioco del calcio robotizzato si è rive-lato perfettamente adatto a stimolare ricerca e innovazione trasferibili a problemi significativi nell’industria e neiservizi. RoboCup si pone come meta finale - entro il 2050 - un incontro fra una squadra di umanoidi robot e la squa-dra (di umani) campione del mondo, in cui la squadra di robot possa vincere. In questo senso, l’obiettivo è simile aquello che si è posto per molti anni la famosa partita a scacchi fra uomo e computer, vinta per la prima volta dalcomputer Deep Blue nel 1997. Proprio in quell’anno RoboCup è nato nella conferenza IJCAI-97 a Nagoya, dopoquasi 5 anni di preparazione. Mantiene al suo interno tre componenti: RoboCupSoccer (gioco del calcio), Robo-CupJunior (educazione in Robotica rivolta ai giovani) e RoboCupRescue (applicazioni dei risultati tecnico-scientifi-ci di RoboCup al campo dei grandi disastri e calamità naturali). Nella RoboCupSoccer si giocano partite in simula-zione, fra robot mobili (su ruote), e fra robot “con zampe”, bipedi compresi. L’Italia fino al 2000 partecipava, a dif-ferenza degli altri team, con un’unica squadra nazionale in cui robot diversi, e ricercatori di diverse Università si in-tegravano, raggiungendo notevoli risultati. Attualmente, vi partecipano team di diverse sedi universitarie italiane.

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sabili caratteristiche di sicurezza alla capa-cità di ricostruire l’ambiente circostante è l’al-trettanto famoso laser scanner usato in moltiAGV come in alcuni dei primi robot mobili perimpieghi civili, diffuso alla fine degli anni ’90.È inutile dilungarsi sugli effetti dell’evoluzio-ne dell’elettronica e, in particolare, quella di-gitale: quale sia il progresso dall’elettronicadi controllo di fine anni ’50 a quella di oggi èconoscenza comune.La visione artificiale è terreno tipico dell’IA,e di questa condivide la sorte di “compo-nente di Formula 1”; è un campo che ha for-nito immensi risultati scientifici a partiredagli anni ’70 e pochi specifici sottoprodot-ti adatti al robot in fabbrica. Questi sono li-mitati sostanzialmente a misure bidimen-sionali rese accessibili dalle economichetecnologie di imaging (telecamere, ottiche,schede di acquisizione e conversione) cheprovengono dal mercato di consumo. Maoccorre prestare molta attenzione alla vi-sione artificiale disponibile al campo robo-tico (cioè di velocità tale da operare in tem-po reale), e non bisogna commettere l’erro-re di ritenere lo stato dell’arte come adattoad applicazioni soltanto di laboratorio.L’assenza de facto di applicazioni al campodella Robotica Industriale non sembrereb-be giustificata, vista la capacità delle tecni-che consolidate di Visione Artificiale di ri-solvere problemi sensoriali comuni, comerilevare la posizione di un oggetto o indivi-duare un ostacolo da evitare, o anche di lo-calizzare con precisione un robot mobilemediante immagini dell’ambiente. Il veroproblema è che le tecniche di visione, perloro natura, non permettono la quantifica-zione di specifiche di funzionamento certe.Per un robot la cui produttività dipendedalla ripetizione veloce di cicli di operazio-ni in ambienti stabili questo è un inconve-niente insormontabile, specialmente se in-tervengono ragioni di sicurezza. In futureapplicazioni in cui questi vincoli siano rila-sciati o invertiti come, per esempio, in unrobot mobile in ambienti parzialmenteignoti in cui non il fattore velocità, ma la ca-pacità di incontrare ostacoli sconosciuti èdecisiva, lo stato dell’arte sulla visione ar-tificiale si dimostrerà notevolmente maturo(Figura 5).

Un ultimo cenno va ai materiali. In quanto“corpo”, contano almeno quanto la “men-te”, anche se molti ricercatori tendono asottovalutarli. Molti dei miglioramenti deirobot attuali citati nel paragrafo “IT e Robo-tica Industriale”, rispetto alle origini, derivadal progresso nei materiali: struttura, mec-canica, attuatori. Questi ultimi, ora semprepiù basati su motori brushless con magneticeramici ad altissima forza coercitiva, han-no migliorato la densità di potenza e le ca-ratteristiche dinamiche determinando pre-stazioni e precisioni più elevate. Il migliora-mento degli attuatori ha avuto, probabil-mente, l’influsso più importante. Nuovi ma-teriali hanno fornito sensori stabili e sicuri,in particolare quelli di contatto e di forza.Ma anche in questo campo ci sono risultatiscientifici disponibili a tramutarsi in tecno-logie solo per i nuovi settori di applicazione:sensori di contatto capaci di fornire “imma-gini tattili”, materiali strutturali non metalli-ci, per citare due risultati maturi, e, in futu-ro, biomateriali e nanomateriali che potreb-bero alla fine far passare la tecnologia deimotori dall’attuale ferro-rame a una chimica(muscoli artificiali), con nuovi migliori rap-porti potenza/peso.Infine, è da dire che il robot è comunementevisto come “un calcolatore con sensori e mo-tori”: tutta l’evoluzione della tecnologia delPersonal Computer (PC) si ribalta gratuita-mente su di lui, dalle LAN (Local Area

Network) wireless alla grafica, dal VRML (Vir-

tual Reality Modeling Language) ai PC di-

scless, dalla comunicazione attraverso ap-

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FIGURA 5Frogbotper esplorazionedi pianeti, cometee asteroidi. Pesa1,3 kg, ha un solomotore e una molla,ed è in grado dimuoversi a balzi

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plet Java alla rivista settimanale con gadget

in edicola, e così via. E questo è parte di unpiacevole circolo virtuoso appena iniziato.

11. L’ALTRA ROBOTICA

In più punti di questo articolo si è rimandatoil lettore alle nuove applicazioni, ai nuovimercati. Per parlarne è possibile basarci suun documento simile all’importante studioJIRA del 1980 citato in precedenza. Quellostudio riguardava l’industria robotica giap-ponese e le sue prospettive; questo, a ven-tuno anni di distanza, e con gli stesi scopi, sirivolge all’industria robotica europea(World 2001 Robotics [6]), prodotto dallaCommissione Economica per l’Europa dellenazioni Unite (UNECE) e dalla IFR (Interna-

tional Federation of Robotics). Si tratta diun’autorevole pubblicazione periodica, dicui è disponibile anche l’edizione 2002 [7].Si ritiene più esemplificativa la prima: pub-blicata poco prima del tragico 11 settembre,presenta una più serena (e ottimistica) pre-visione degli sviluppi futuri, con un’analisiestesa dei nuovi mercati che non viene ripe-tuta ogni anno. Si citeranno poi i correttiviche sono da apportare a quei dati.Il dato più significativo è in qualche modo ladefinizione “ufficiale” di un nuovo mercatoper la Robotica: la Robotica di Servizio (Ser-

vice Robotic). Per questo nuovo tipo di robotviene proposta una definizione molto diversada quella classica ISO: “Un robot che operain modo autonomo o semi-autonomo percompiere servizi utili al benessere (well

being) di esseri umani (Figura 6) o di appa-recchiature, con l’esclusione di operazioni dimanifattura”.Vengono anche classificate una serie di atti-vità che ricordano l’avveniristico elenco delJIRA riportato più sopra. È interessante ana-lizzare le differenze fra i due elenchi: quellodel 1980, in realtà, riguarda in gran parte atti-vità lavorative industriali in sostituzione dimano d’opera – industria agroalimentare,miniere, costruzioni eccetera. Le prospettivedello studio IFR–UN/ECE sono molto più con-centrate su impieghi “civili”, in cui un robotinteragisce con gli umani pur sostituendocompiti umani. Si tratta di una differenza nontecnologica, ma sociale ed economica. Nonvi è dubbio che le stesse tecnologie, o tecno-logie molto simili, potrebbero adattarsi aicampi d’applicazione diversi. È verosimileche questa differenza di prospettiva sia do-vuta alle mutate disponibilità di forza lavoro,già citate in precedenza.Fra le circa 35 categorie citate, alcune mo-strano un notevole incremento previsionaledi installazioni in Europa nei quattro annisuccessivi allo studio. Se ne citano alcune:robot per pulizia professionale (da 440 a14.150); robot per chirurgia (da 1.600 a4.800); di piccolo trasporto in edifici (da 60a 140) (Figura 7); per rifornimento di carbu-rante (da 50 a 1.100); in agricoltura e alleva-menti (da 1.100 a 2.300); per sorveglianza esicurezza (da 60 a 1.800); per pulizia dome-stica o tagliaerba (da 12.500 a 425.000);per compagnia e divertimento (da 100.000a 200.000). Alcuni, come la sorveglianza eil rifornimento di carburante, prevedono unaumento percentuale notevole (200 -300%). Sorprendentemente, applicazionipopolari in laboratori di ricerca non sonopremiate da questo studio (robot nei mu-sei: da cinque a 10; robot mobili per impie-ghi generali da 260 a 230; robot da labora-torio da 1.000 a 320; robot per trasporto didisabili: da 260 a 230). Le ragioni dipendo-no da accurati studi di mercato e devonofar riflettere.Anche i settori degli “ambienti estremi”, co-me spazio e mare (underwater Robotics) (Fi-gura 8 e 9) apparentemente non sono pre-miati dallo studio, nonostante l’interessescientifico, la presenza di investimenti consi-

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FIGURA 6Nursebot “Flo”:

progetto di robotassistente

personale peranziani della

Carnegie-MellonUniversity,

Pittsburg, USA

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stenti da parte delle Agenzie Spaziali e di ap-plicazioni marine già eccellenti. In realtà,questo tipo di applicazioni, destinate per oraa poche importanti applicazioni, sfugge astudi di mercato basati sui numeri; la loro ri-levanza però va considerata.È davvero sconfortante il non trovare espli-citamente in questi studi applicazioni disminamento umanitario (de-mining). Sispera che siano nascosti nelle voci other ty-

pe (anche se si nutrono forti dubbi al riguar-do), ma è da considerare che – non per col-pa della Robotica, ma della diabolica sem-plicità con cui le mine anti-uomo sono co-struite – questo resta, purtroppo, ancora untema di ricerca.Non v’è dubbio che l’apertura di questi mer-cati segnerà un cambiamento generaziona-le in Robotica. Ed è da notare che questinuovi mercati si affiancheranno, senza in-terferire, alla Robotica Industriale. Verrannofinalmente utilizzate tecnologie mature pro-dotte dai vari settori dell’IA, della visione ar-tificiale, da quelle dei materiali, con una an-

cora più profonda integrazione con le tecno-logie IT e, in particolare, con quelle civili (wi-

reless, Internet).

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FIGURA 7Robot mobile di servizio staffetta per trasporto inospedali (DIST e Genova Robot)

FIGURA 8Robot mobile Sojourner basato su ruote che ha partecipato all’esplorazionedi Marte (NASA)

FIGURA 9Roboticasubacquea:manipolazionemediante bracci ingrado di operare adelevate profondità;esplorazione deifondali (DIST –Ansaldo – Movita)

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12. SMART HOUSING

Fra le tecnologie che sono state denominate“civili” e di cui ci si attende l’integrazionecon i robot di servizio, un posto specialespetta a quelle cosiddette di “automazionedi edificio”, chiamata anche degli “edifici” o“case intelligenti” (smart housing). Le caseintelligenti hanno un’infrastruttura di comu-nicazione a cui sono interfacciati i normalidispositivi di un’abitazione: luci, porte, fine-stre, condizionamento ambientale, elettro-domestici, dispositivi per disabili o anziani,apparecchi di comunicazione e così via. Gliscopi possono essere quello di realizzare al-loggi protetti o semplicemente case auto-matizzate per migliorare la qualità della vi-ta. In un prossimo futuro, elettrodomestici ecibi dialogheranno grazie a un’elettronicaintegrata per migliorare l’approvvigiona-mento domestico e automatizzare la prepa-razione. Ma l’automazione degli edifici è giàcomunemente diffusa, con compiti più tec-nici, in grossi complessi edilizi in cui ascen-sori, impianti di allarme, aria, luci, servizivari sono collegati via rete a sistemi infor-matici di controllo. Le tecnologie già diffusee disponibili sono quelle di particolari busdi campo (fieldbus), o reti locali per auto-mazione, simili a quelli usati in automazio-ne di fabbrica, ma specializzati in questo ti-po di applicazioni. In diversi centri di ricercasi studia l’integrazione di questa tecnologiadisponibile con i robot di servizio. È chiaro,infatti, che se un robot agisce in un ambien-te civile (un edificio commerciale, una casad’abitazione), esso deve interagire con unaquantità di installazioni e dispositivi – por-te, ascensori, dispositivi di emergenza o al-larme – e deve comunicare con qualche po-sto di controllo remoto. In più, per ragioni disicurezza o sorveglianza, deve poter cono-scere o influire sulle politiche con cui l’infra-struttura intelligente dell’edificio affrontaun determinato problema – per esempio, unincendio. È innovativo in questo caso pen-sare al robot non come un’entità totalmenteautonoma, ma come parte di un sistema di-stribuito intelligente (la rete di automazionedell’edificio) di cui fa parte e con cui è in co-municazione continua o periodica. Questovale anche per i livelli meno complessi e co-

stosi, come un aspirapolvere robotizzato inuna smart house. Si ritiene ragionevole chequesto approccio, studiato in Europa da di-versi centri di ricerca in Robotica, e che bensi sposa con recenti tecnologie software adagenti e per sistemi embedded, possa go-dere di fortuna e acceleri l’ampliamento delmercato di una parte significativa dei robotdi servizio.

13. DOPO IL 2001

Il report IFR–UN/ECE del 2002 [7] non correg-ge in negativo gli scenari del 2001 (Figura 10),anche se gli obiettivi verranno spostati inavanti dalla crisi dei mercati internazionali. Inparticolare, viene notato che, a fronte di unadiminuzione degli investimenti media del -3% mondiale in Robotica, di cui il 17% negliUSA, l’Europa ha visto, invece, un record po-sitivo di +2.5% (con punte di oltre il 25% inUK e Spagna). Dal punto di vista delle vendi-te, i mercati industriali USA e Giappone han-no avuto una forte flessione mentre l’Europaha continuato a crescere, seppure di una pic-cola percentuale. Le previsioni a quattro-cin-que anni sono ora diminuite in modo non ri-levante, almeno per l’Europa.Per quanto riguarda la Robotica di Servizio,ci sono solo poche variazioni significativenella previsione del 2005 (un anno dopoquella dello studio precedente): una diminu-zione della pulizia industriale, un notevoleaumento dei robot chirurgici, una ulteriorediminuzione del trasporto disabili, e una verae propria esplosione dei robot da compagniae divertimento (da 200.000 a 1.200.000, siveda a tal proposito il grafico in Figura 11).Un’attenzione particolare spetta proprio aquesti ultimi, di cui AIBO della Sony è stato ilprimo esemplare a larga diffusione. È curio-so pensare a questo settore come quello cheha sostituito in Giappone, alla fine degli anni’90, i settori previsti dal rapporto del 1980; equesta volta con lo sguardo ai mercati inter-nazionali e a Internet, che ne ha decretato ilsuccesso. Parafrasando le parole del suo vi-cepresidente, Toshidata Doy, la Sony affermache dal 1990 al 2000 il personal computer eInternet hanno dominato i mercati; dal 2000al 2010 questo compito sarà svolto dai robotautonomi personali. Vero o no, l’inatteso ani-

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maletto con 18 gradi di libertà e con unasemplice simulazione di vita affettiva ha avu-to un successo straordinario. Lo scenario fu-turo dei robot “gioiosamente inutili” comequesto è previsto roseo. L’invecchiamentodella popolazione, la vita solitaria, la diffu-sione della moda tecnologica grazie a Inter-net sembrano forti elementi a favore. È pos-sibile che questo tipo di Robotica, con il suoobiettivo di simulare la vita, giochi un ruolodi sfida simile a quello dell’IA classica neiconfronti della Robotica Industriale. Un com-portamento simil-vivo è, necessariamente,un comportamento complesso e parzialmen-te imprevedibile, quale può emergere soloda una struttura teorica e tecnologica com-plessa, molto più complessa di quella pre-

programmata attuale. Che una simile com-plessità serva a impieghi ripetitivi ancorchéautonomi (come verificare che nessun intru-so sia in un edificio o raccogliere le mele) èdubbio; alcuni ricercatori sostengono sia in-dispensabile per comunicare emozioni e stu-diano modelli mutuati dalle neuroscienze oispirati a una teoria della consciousness arti-ficiale. L’interesse teoretico è formidabile,perché re-imposta lo studio dell’artificial

brain e dell’artificial mind. Personalmente,chi scrive non sarebbe sorpreso se obiettivivisionary di questo genere di ricerca in Robo-tica fossero supportati da fiorenti mercati dianimaletti artificiali per compagnia (anchese spera che i bambini umani non trascurinoper loro i cani e i gatti biologici).

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Robotics 2002)

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Fino al 2001 2002 - 2005

FIGURA 11Mercato europeodella Robotica diServizio:installazioni al 2001e previsioni 2002-2205: (Fonte: World

Robotics 2002)

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14. ESISTE UN DIGITALDIVIDE IN ROBOTICA

È forse opportuno terminare questo (sicura-mente lacunoso) discorso attraverso la Robo-tica con un allarme. Il digital divide, il gap cul-turale tipico dell’ICT [Mondo Digitale, n. 2 giu-gno 2002], esiste già in Robotica, e potrebbeallargarsi con la nascita della Robotica di Ser-vizio. Le motivazioni sono quelle generali, ag-gravate dalle competenze “di nicchia” dell’in-dustria robotica, che la formazione istituzio-nale nazionale (secondaria, universitaria) po-trebbe non fornire agli stessi ritmi della cresci-ta del mercato (il solo mercato interno dellaRobotica Industriale classica è, da anni, il se-condo in Europa, e le previsioni a cinque anniconfermano questa posizione). Questo vale,in particolare, per le attività di R&S che in Ita-lia dovrebbero essere particolarmente signifi-cative. Occorre tenere presente che, rispettoad altri settori tecnologici, la Robotica richie-de da 1 a 2 volte l’aggiornamento professiona-le degli addetti. Inoltre, il cambiamento delruolo del robot in fabbrica verso un nuovo mo-dello integrato B2B richiede l’incrocio di com-petenze IT finora diverse. Infine, la tradizionedelle PMI hi-tech italiane richiede nuovi mo-delli di scambio e aggregazione, diversi daquelle in cui, in distretti industriali tradiziona-li, esse operavano tradizionalmente nell’in-dotto di una grande impresa di riferimento.Come è noto, la competitività riferita alla pre-senza nelle imprese di highly skilled people èmolto bassa in Italia, se paragonata ad altriPaesi europei. Questo fatto, unito alla neces-sità “endemica” di riqualificare lavoratoriusciti da posizioni low-tech, porrà seri proble-mi all’Italia se non saranno potenziati i mecca-nismi per colmare il digital divide anche inquesto settore. Le soluzioni sono note: forma-zione permanente (con l’intervento miratodelle Regioni), raccordo fra Università e mon-do del lavoro e sostegno a Distretti Tecnologi-

ci “virtuali” in cui aziende ed Enti fanno siste-ma per migliorare innanzi tutto l’aggiorna-mento del loro capitale umano. Da pochi me-si, in Liguria, una ventina di PMI (fra cui alcunespin-off universitarie) si sono associate con laCamera di Commercio, l’Associazione Indu-striali, l’Università di Genova, il Parco Scienti-fico e Tecnologico della Liguria, e l’associazio-ne DIXET (che raggruppa a sua volta più di 100PMI nel settore elettronico) dando vita all’As-

sociazione Polo della Robotica (www.poloro-botica.it). Questa associazione si pone comeobiettivo di far crescere, dal tessuto industria-le ligure a tradizione di medie e grandi impre-se, un’attività verso la Robotica a tutto campoe ad alto contenuto di ricerca e innovazione.Si tratta della prima esperienza italiana diquesto tipo, ed è una sfida che chi scrive e isuoi colleghi sono stati pronti a raccogliere –per ingannare il tempo aspettando robot.

Bibliografia[1] Gini G, Caglioti V: Robotica. Bologna, Zanichel-

li, 2003.

[2] Losano G: Storie di automi. Torino, Einaudi,1990.

[3] Jacobelli J, (a cura di): Aspettando Robot. Il fu-

turo prossimo dell’Intelligenza Artificiale. Bari,Laterza, 1987.

[4] Russel S, Norvig P: Intelligenza artificiale. Un

approccio moderno. Torino, UTET, 1998.

[5] Tagliasco V: Dizionario degli esseri umani fanta-

stici ed artificiali. Mondadori, 1999.

[6] United Nations Economic Commission for Euro-pe (UNECE): World Robotics 2001 – Statistics,

Market Analysis, Forecasts, Case Studies and

Profitability of Robot Investment. Ginevra,UNECE, 2001.

[7] United Nations Economic Commission for Euro-pe (UNECE): World Robotics 2002 – Statistics,

Market Analysis, Forecasts, Case Studies and

Profitability of Robot Investment. Ginevra,UNECE, 2002.

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RENATO ZACCARIA Professore Straordinario presso l’Università di Genova. Insegna Robotica e Sistemi Operativinella Facoltà di Ingegneria, e Informatica presso Facoltà umanistiche. Dirige un laboratorio di ricerca in Robo-tica. Si occupa di Robotica, Intelligenza Artificiale e Domotica in scenari di servizio, entertainment, sorve-glianza e [email protected]