Ascoltare la Parola di Dio - parrocchiasansabino.it - Commento Vangelo_16a... · Cristo è il...

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1 Ascoltare la Parola di Dio AMORE = ASCOLTO + AZIONE XVI Domenica del Tempo Ordinario 21 Luglio 2013 «Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore» «Mio signore, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.». (Gen 18,3) Commenti al Vangelo Lo stare seduta di Maria 1 Lo stare seduti 2 più bello dei Vangeli: Maria ha fatto storia per quel sedersi ai piedi dell’Amico che della casa di Betania – un pugno di case sperdute tra le acque del Cedron 1 [N.d.r.] Il termine (“sedere” nella versione originale) è stato modificato onde evitare ambiguità o accezioni inopportune al contesto. 2 Cfr. nota 1.

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Ascoltare la Parola di Dio

AMORE = ASCOLTO + AZIONE

XVI Domenica del Tempo Ordinario

21 Luglio 2013

«Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore»

«Mio signore, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.». (Gen 18,3)

Commenti al Vangelo

Lo stare seduta di Maria1 Lo stare seduti2 più bello dei Vangeli: Maria ha fatto storia per quel sedersi ai piedi dell’Amico che della casa di Betania – un pugno di case sperdute tra le acque del Cedron

1 [N.d.r.] Il termine (“sedere” nella versione originale) è stato modificato onde evitare ambiguità o accezioni inopportune al contesto. 2 Cfr. nota 1.

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e le mura merlate di Gerusalemme – fece il suo nascondiglio prediletto: la discrezione di Marta, lo sfaccendarsi di Maria, l’umile fierezza di Lazzaro. Conditi dal piacere che Gli procura il sentirsi narrare dei loro raccolti, delle olive, degli agnellini appena nati nelle stalle o sui pascoli. E di tanto in tanto, quando raramente entrambe le sue donne lo lasciano solo, sgranchisce i suoi piedi indolenziti, riposa gli occhi sul vecchio mobilio, guarda dalla finestra il rosso del tramonto che addormenta il baccano di Gerusalemme. Ogni tanto Cristo impone il suo “fuori tutti!”. E fuori ne ha Dodici che ne custodiscono la Presenza: fuori Dodici, dentro casa tre. Un solo uomo e due donne: le inaspettate disuguaglianze del Vangelo. All’occhio delicato ed esigente del Bello di Nazareth sembrano contare più le disposizioni che le faccende. Tant'è che quando dovette scegliere – Lui, fine intenditore di bellezze – tra il sedersi3 di Maria e le mani di Marta non tenne dubbio alcuno: preferì il piglio spaesato e mezzo “tonto” di Maria alle faccende premurose della sorella Marta. Lei non intende i gusti dell'Amico e lo rimbrotta: «meglio le mie mani, Maestro!». E già. Stavolta, però, Maria l'ha stregato con la compostezza del suo corpo: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». “La parte migliore”: sedersi ai piedi del Maestro e ascoltare la mansuetudine di quelle parole che porgono anticipi di eterno nel quotidiano. Non sono brutte le mani di Marta: anche per lei un giorno l'Amico spenderà parole di seduzione e di apprezzamento. È che quella sera, forse, Cristo aveva bisogno di nutrimento del cuore: Gli premeva sapere che qualcuno Lo stesse a guardare, Gli facesse sperimentare la dolce soavità dell'essere ascoltato, Gl’infondesse nel cuore la percezione che le parole attecchivano nell’animo, nel senso più botanico del termine. Che cosa saranno mai un pugno di stoviglie, un grappolo di datteri e qualche posata che Marta rende splendente di fronte alla presenza della Bellezza stessa? Glielo dice a Marta: «si è scelta la parte migliore, tua sorella». Ha scelto di sedere e godere di quella presenza tanto familiare quanto sorprendente. Tanti anni fa, in Cina, vivevano due amici. Uno era molto bravo a suonare l’arpa. L’altro era molto bravo ad ascoltarlo. Quando il primo suonava una canzone che parlava di montagna, il secondo diceva: «Vedo la montagna come se l’avessi davanti». Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, quello che ascoltava diceva estasiato: «Sento scorrere l’acqua tra le pietre». Ma un giorno quello che ascoltava si ammalò e morì. Il primo amico tagliò le corde dell'arpa e non suonò mai più. Noi esistiamo veramente solo se qualcuno ci ascolta! Guarda che c’è differenza tra ascoltare e sentire. Sentire è un problema di acustica, ascoltare è un problema di cuore. Ascoltare è lasciare che le parole dell'altro cadano dentro di noi, nel profondo, nell’anima. Non si ascolta solo con le orecchie! Ascoltare è sedersi vicino. Concentrare l'attenzione su di lui. Non sbirciare l’orologio. Si ascolta con lo sguardo. Si ascolta con gli occhi. Si ascolta con le mani. Se tu ascolti, regali la possibilità di sognare. E i sogni spingono l’umanità. I sogni richiamano la pazzia. I sogni sono lo specchio dell’impossibile che diventa possibile. Ascoltando si aiuta a sognare.

(B. Ferrero, C’è qualcuno lassù? Piccole storie per l’anima, ElleDici Edizioni, 1993) Ha ragione Marta: “Ti sento, Signore, anche mentre preparo la cena!”. Ineccepibile l’animo della sorella indaffarata: ma Cristo quella sera non voleva essere sentito, Gli sarebbe piaciuto per una volta essere ascoltato. E tra il sentire e l'ascoltare quella sera si giocò la preferenza del Nazareno: meglio lo stare seduti4 di Maria che il fare di Marta. Non era una perditempo Maria, probabilmente nemmeno un’emerita sfaccendata: era una donna innamorata del suo Signore. Stregata dalla quella Presenza al punto da lasciar perdere il tutto delle faccende per non lasciarsi sfuggire il tutto dell’Amore.

3 Cfr. nota 2. 4 Cfr. nota 3.

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I Vangeli tessono le lodi delle donne premurose ma non tralasciano mai di mettere ordine alle premure delle donne: saranno lodate quelle che cercheranno l’essenziale, saranno rimproverate quelle che si smarriranno nelle facezie di mille particolari, che non procurano attenzione agli occhi del Rabbì. Lo stare seduti5 di Maria racconta di un cuore attento alla salvezza: che non le passi accanto senza che ella se ne accorga. Le mani di Marta narrano la premura che nasce dall’ospitare Colui che è Via, Verità e Vita: certi attimi non capisci più nulla perché innamorato alla follia, fino a scompigliare le logiche stesse dell'ospitalità. Poco importa il rimprovero lasciato in calce ai Vangeli – «ti affanni e ti agiti per molte cose» – : ciò che conta è che in quella casa di Betania due sorelle aprono la porta ad un Viandante affaticato. E si trovano il credito di una Presenza che sorprende entrambe: quella dell’amicizia di Cristo. (a cura di don Marco Pozza)

Fonte: http://www.qumran2.net A Betania Siamo chiamati a globalizzare l'amore, non l'indifferenza. E ad imparare a farci prossimi. E a piangere per le miserie umane. Così Papa Francesco ha detto alla Chiesa di Cristo con la straordinaria visita a Lampedusa che ha reso plastica la parabola del samaritano di domenica scorsa. Cristo è il samaritano che versa sulle nostre piaghe l'olio della consolazione e il vino della speranza, colui che non tira diritto facendo finta di non vederci, che non si chiede se le nostre ferite non siano la conseguenza delle nostre scelte sbagliate, che non ha paura di sporcarsi le mani di sangue. E noi, guariti dentro, siamo resi capaci di misericordia e di tenerezza e possiamo imitarlo. Cristo è colui che possiamo accogliere, come fece Abramo con i tre misteriosi personaggi, alle querce di Mamre, come fecero le sorelle Marta e Maria a Betania. Accogliere Dio significa diventare fecondi, iniziare una nuova vita, come per Abramo e Sara. Betania

È facile immaginare la scena: Gesù, verso la fine del pomeriggio, quando il caldo di Gerusalemme cede il passo al vento, scendeva la valle del Cedron e risaliva il monte degli Ulivi, per superarlo e raggiungere il piccolo villaggio di Betania. Chissà quando aveva conosciuto le sorelle e Lazzaro, forse suoi coetanei... Per Gesù Betania rappresentava una pausa di normalità, una sosta, un refrigerio. Lasciati indietro anche gli apostoli, forse Gesù ritrovava in quella casa di campagna gli odori e le luci della sua piccola Nazareth. Forse a Betania, davanti ad una focaccia cotta, Gesù dimenticava la tensione che provava nella Gerusalemme che uccide i profeti, abbandonava il dolore sordo che gli stava crescendo nel cuore vedendo la sua missione duramente contrastata. A Betania Gesù poteva parlare liberamente, sentirsi accolto, svestiva il ruolo del Rabbì, abbandonava i panni dell'accusato per ritrovare, per qualche momento, il piacere dell'amicizia e della complicità. Mi commuove alle lacrime vedere Dio intessere una relazione, che chiede ascolto, che ama sedersi con semplicità intorno ad un tavolo e ridere e scherzare. Se potessimo, di quando in quando, invitare Dio e ascoltarlo, preparare per lui, come Abramo, un buon pasto e dello yogurt fresco! 5 Cfr. nota 4.

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Diventassimo capaci, d'ogni tanto, di ascoltare Dio e il suo desiderio di salvezza, ascoltare le sue fatiche e il suo dolore nel vedere l'umanità travolta dalla violenza e dal limite, dirgli che può contare su di noi per realizzare il mondo altro che ha nel cuore... Facessimo diventare Betania la nostra vita! Ascolto e azione

Ci sono alcuni particolare splendidi nel racconto di oggi: Maria ascolta Gesù seduta, come facevano i discepoli con i rabbini ed è Marta ad accogliere il Maestro. Gesù mette al centro della sua azione due donne, cosa impensabile per la mentalità del tempo! Le donne erano le serve dei mariti e, dicevano i rabbini, era meglio bruciare la Parola che farla leggere ad una donna... Gesù ribalta questa logica maschilista e come già fatto con sua madre, propone come modello dell'ascolto una donna. Maria e Marta rappresentano le due dimensioni della vita interiore: la preghiera e l'azione. Maria ascolta con attenzione le parole del Maestro, le manda a memoria, se ne abbevera. Come molti, ancora oggi, pende dalle labbra del Signore, aspetta che egli parli al suo cuore. All'origine di ogni fede, il cuore di ogni esperienza religiosa è e resta l'incontro intimo e misterioso con la bellezza di Dio. Dio che solo intravediamo attraverso le fitte nebbie del nostro limite ma di cui, pure, possiamo temporaneamente fare cristallina esperienza. Rimettiamo la preghiera e il silenzio nel cuore della nostra giornata, come sorgente di serenità e di gioia. Marta realizza la beatitudine dell'accoglienza, la concretezza dell'amore e dell'ospitalità. Anche lei sa che l'ascolto del Maestro è l'origine di ogni incontro, ma sa anche che se questo incontro non cambia la vita, resta sterile e inconcludente. Marta nutre il Cristo che Maria adora. Non esiste una preghiera autentica che non sfoci nel servizio. È sterile una carità che non inizi e non termini nella contemplazione del mistero di Dio. Marta viene invitata a non agitarsi (non a smettere di cucinare!) e ad attingere il suo servizio dall'ascolto (non dalla clausura...). Marta e Maria sono la rappresentazione di come deve essere condotta la nostra vita di fede. I patimenti

Restare ancorati a Cristo, ascoltare la sua parola, farlo diventare ospite fisso della nostra vita suscita e produce in noi una profondità che nulla può travolgere. Marta e Maria, pur restando gravemente turbate dalle morte di Lazzaro loro fratello, sapranno, comunque, ancora disperatamente rivolgersi al Rabbì che scioglierà le loro angosce. Paolo, riflettendo sul dolore che sta caratterizzando la sua vita di apostolo, invece di disperarsi offre il suo dolore a compimento del dolore di Cristo. Nella logica del Vangelo, anche la notte e la sconfitta, se unite a Cristo Signore della notte e della sconfitta, possono trasformarsi in gesto d'amore. Siamo ormai nel cuore dell'estate: in ferie – per i più fortunati – o nelle città arroventate, lasciamo entrare la freschezza dello Spirito accogliendo Cristo. (a cura di Paolo Curtaz)

Fonte: http://www.qumran2.net Dio non cerca servitori, ma amici

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«Mentre erano in cammino... una donna di nome Marta lo ospitò». Ha la stanchezza del viaggio nei piedi, la fatica del dolore della gente negli occhi. Allora riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia sorridente è un dono, e Gesù lo accoglie con gioia. Quando una mano gli apre una porta, lui sa che lì dentro c'è un cuore che si è schiuso all'amore. Ha una meta, Gerusalemme, ma lui non «passa oltre» quando incontra qualcuno. Per lui, come per il buon Samaritano, ogni incontro diventa una meta, un obiettivo. Gesù entra nella casa di due donne d'Israele, estromesse dalla formazione religiosa, va direttamente nella loro casa, perché quello è il luogo dove la vita è più vera. E il Vangelo deve diventare vero nel cuore della vita. Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Sapienza del cuore, il fiuto per saper scegliere ciò che fa bene alla vita, ciò che regala pace e forza: perché l'uomo segue quelle strade dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità (sant'Agostino). Mi piace immaginare questi due totalmente presi l'uno dall'altra: lui a darsi, lei a riceverlo. E li sento tutti e due felici, lui di aver trovato un nido e un cuore in ascolto, lei di avere un rabbi tutto per sé, per lei che è donna, a cui nessuno insegna. Lui totalmente suo, lei totalmente sua. A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno. Da quel momento la sua vita è cambiata. Maria è diventata feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola, e per questo non può non essere diventata apostola. Per il resto dei suoi giorni a ogni incontro avrà donato ciò che Gesù le aveva seminato nel cuore. «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose». Gesù, affettuosamente come si fa con gli amici, rimprovera Marta, ma non contraddice il suo servizio bensì l'affanno; non il cuore generoso di Marta ma l'agitazione. A tutti ripete: «Attento a un troppo che è in agguato, a un troppo che può sorgere e ingoiarti, che affanna, che distoglie il volto degli altri». «Marta» – sembra dire Gesù, a lei e a ciascuno di noi – «prima le persone, poi le cose». Gesù non sopporta che Marta sia confinata in un ruolo di servizio, che si perda nelle troppe faccende di casa: «Tu» – le dice Gesù – «sei molto di più; tu puoi stare con me in una relazione diversa, non solo di scambio di servizi. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni, emozioni, conoscenza, sapienza». «Maria ha scelto la parte migliore», ha iniziato cioè dalla parte giusta il cammino che porta al cuore di Dio. Perché Dio non cerca servitori, ma amici, non cerca delle persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose dentro di sé. (a cura di padre Ermes Ronchi)

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