Articolo 21 - novembre 2012

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novembre 2012 Quale futuro dopo i tagli dell ' Unione Europea?

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Il periodico universitario di RDS Scienze Politiche

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novembre 2012

Quale futuro dopo i tagli dell 'Unione Europea?

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CHE COS’È

Il Progetto Erasmus (European Action Scheme for the Mobility of University Students),nasce nel 1987 nell’ambito del Programma Socrates, destinato dalla Commissione Euro-peavallo sviluppo della cooperazione in am-bito europeo.Con questo progetto l’UE intende favorire l’istruzione superiore post diploma epromuovere mobilità e scambio degli studenti fra i Paesi membri della Comunità e gli altri Stati convenzionati. Attualmente più di 4.000 istituzioni universitarie dei 31 paesi cheaderiscono al programma Socrates partecipano al progetto Erasmus.In Italia possono fare richi-esta gli studenti univer-sitari del secondo anno che sono in regola con il

Erasmus/1la situazione oggi

totale degli esami del primo anno. E’ pre-visto un aiuto finanziario, una borsa, in base al reddito familiare. Quest’aiuto eco-nomico è destinato a coprire i costi de-rivanti dalla mobilità dello studente (viag-gio, preparazione linguistica), ma è sempre insufficiente e le famiglie si caricano del peso di un costo della vita molto alto negli altri paesi europei. Il corso va da tre mesi fino ad un anno accademico.Secondo l’EUROSTAT per l’anno acca-demico 2010/2011 in Italia

di Matteo Gallucci

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Erasmus

sono arrivati 19.172 studenti stranieri (per studio e placement); il paese si posiziona dunque al quinto posto per studenti ospi-tati (dopo rispettivamente: Spagna, Fran-cia, Germania e Polonia).Gli studenti italiani ERASMUS erano 22.031 (per studio e placement); posizionandosiquindi al quarto posto (dopo rispettiva-mente: spagnoli, francesi e tedeschi). Si Sono recati a studiare maggiormente in: Spagna, Francia, Germania, Regno Unito.

COM’E’

Vivere e studiare un periodo all’estero, lon-tano dalla famiglia, per molti studenti èsoprattutto un’esperienza di vita, forse la

prima, che aiuta nel processo di autonomia e di responsabilizzazione. Studiare, abi-tare, convivere insieme con ragazzi di altre culture è prima di tutto un arricchimento culturale e umano.

OGGI: UN BILANCIO

Nel 2012 si sono festeggiati i 25 anni dell’ERASMUS con molte iniziative in Eu-ropa. Il 2012 è però anche l’anno della crisi economica e l’Unione Europea ha stanziato solo l’80% delle risorse per l’anno pros-simo. C’è quindi una grande incertezza per quello che riguarda il futuro, ma gli studenti hanno già iniziato a protestare e a proporre iniziative in difesa del progetto.

L'appelloPer scongiurare la scomparsa dell’ERASMUS I Giovani Democratici e la Rete Universitaria Na-zionale hanno promosso un appello con altre formazioni politiche e associazioni studentesche europee. “Tassiamo le rendite finanziarie e diamo i fondi all’istruzione”: Ecco il testo:

Nell’arco di 25 anni oltre 3 milioni di giovani europei sono stati protagonisti del progetto Erasmus. Per generazioni di cittadini europei formarsi, creare conoscenza, economia, socialità, in un paese diverso dal proprio, è stata l’opportunità per contribuire in maniera simbolica e concreta al processo di integrazione. Un progetto quello Erasmus che mette al centro della propria stessa identità quelle che dovrebbero essere le basi dell’unione politica del nostro continente: i saperi, le pari opportunità, la fratellanza, la mobilità geografica e sociale. Far morire, dopo un quarto di secolo di importanti risultati ottenuti, questa esperienza sarebbe un atto di miopia politica non perdonabile. Il peso ed i costi della crisi non possono ricadere su quella che invece dovrebbe essere una delle chiavi di volta per uscirne: l’investimento in ricerca, innovazione, mobilità. Per questo chiediamo alle istituzioni europee preposte ed ai nostri rispettivi paesi di provenienza di predisporre le adeguate soluzioni legislative e finanziare al fine di salvare ed ampliare il progetto Erasmus. Tassare le transazioni finanziare, ad esempio, così come richiesto anche nella nostra campagna Rise UP e destinare una quota del fondo ottenuto alle borse di studio europee, alla costruzione della società della conoscenza e all’integrazione potrebbe essere una soluzione auspicabile.

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Erasmus /2Il futuro di Luca M. - [email protected] risorse del Fondo sociale europeo – come rende noto Alain Lamassoure, presidente della commissione Bilancio dell’Europarlamento – sono in rosso. Questa è la notizia da cui è partito tutto.Nella prima settimana di ottobre molti gior-nali titolavano “Chiude l’Erasmus, l’Europa non paga”. Affermazione non del tutto cor-retta. Il problema nasce dal bilancio dell’ Unione Europea del 2011, che la comm-missione competente aveva individuato in 132,7 miliardi di euro, ma che il Parlamen-to aveva approvato per una somma inferi-ore (129,1 miliardi): un differenziale di 3,6 miliardi che ha comportato tagli su diversi progetti comunitari. Alla luce di questi dati non sorprendono le parole del Commissa-rio europeo per la programmazione finan-ziaria ed il bilancio, Janusz Lewandowski, il quale ha comunicato all’Europarlamento e al Consiglio che circa il 95% del fondo sociale è gia stato utilizzato. È lo stesso politico polacco a correggere il tiro suc-cessivamente dicendo che il 70% delle borse studio del progetto erasmus sono gia state saldate e il restante 30% è comunque in possesso delle agenzie nazionali.Il 23 ottobre, la stessa commissione bi-lancio presenterà un progetto di variazi-one del budget del bilancio comunitario.

Quindi l’erasmus è salvo, direbbero tutti, ma non ancora. Secondo alcune indis-crezioni, così dovrebbero esserre suddi-visi i costi della manovra: + 1,14 miliardi per il 2013, dei quali 490 milioni sareb-bero destinati alle borse Erasmus per gli scambi di studenti e personale (poco più dei 480 milioni stanziati per l’anno in corso, pari allo 0,3% del bilancio Ue). Poi-ché però una parte di questa somma sarà utilizzata per coprire il saldo negativo di quest’anno, frutto dell’esercizio prece-dente (almeno 180 milioni), già verso metà del prossimo anno i fondi saranno esauriti.Questa correzione del bilancio dovrà suc-cessivamente essere votata dal Consiglio Europeo, ovvero i capi di governo dei sin-goli, e si immagina che questo avverrà. Per l’Unione Europea sarebbe un micidi-ale autogol rinunciare al progetto che più di altri è in grado di formare cittadini europei ed europeisti. Infatti a Bruxelles fanno il possibile affinché questo non ac-cada, soprattutto per dare continuità alle decisioni prese a Bucarest (Romania) nell’aprile scorso durante la riunione dei ministri dell’istruzione superiore, i quali si prefissi di raggiungere entro il 2020 una percentuale del 20% di diplomati europei con parte dei loro studi compiuti all’estero.

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Ma cosa ne pensa chi ci è stato? Ho sottoposto un mio amico ap-pena rientrato da un Erasmus a una breve serie di domande. Ecco le sue risposte, che spero possano tornare utili a quanti di voi stanno pensando di intraprendere questa esperienza.

Nome: AlexCognome: AngeliniDove sei stato: Parigi XIIIPer quanto tempo:: 6 mesi, ottobre 2011 - marzo 2012Aspetti positivi: Ho avuto l’opportunità di conoscere la città e la realtà di Parigi e del-la Francia a fondo, notandone aspetti che non possono essere colti altrimenti. Cer-tamente quella dell’Erasmus è una espe-rienza impegnativa, ma proprio per questo permette di crescere sotto vari punti; pri-mo e fondamentale ovviamente la lingua, e non solo quella del Paese ospite: essere in Erasmus significa spesso essere in con-tatto con le tante lingue degli altri studenti. Quelli dell’Erasmus sono mesi turbinanti in cui non ci si ferma mai, e sui quali si riflette solo una volta tornati a casa.Aspetti negativi: Le difficoltà di ge-stire casa e documenti. In primis la casa: l’alternativa è tra agenzie che per preno-tartela “tutto compreso” richiedono una mensilità (che a Parigi, per una stanza, si aggira mediamente sui 500€), o trovarsi qualcosa da soli, magari chiedendo aiuto alla facoltà di arrivo (più difficile nelle gran-di università e città, ma a volte c’è modo di finire nei dormitori della facoltà se questa

ne possiede). Il problema dei documenti relativi all’Erasmus è duplice: sei l’unico a cui compiutamente interessano, tue sono le scadenze e i soldi e tu ci devi stare at-tento, soprattutto se devi passarli (cosa non sempre facile) da una lingua all’altra, aiutando e facendoti aiutare da due uffici che non sempre sono in comunicazione tra loro... Insomma c’è dietro un grande lavoro di amministrazione di se stessi.Consigli a chi vorrebbe andarci: Pre-paratevi e organizzatevi, ne uscirete vin-citori. Verificate il più possibile l’attinenza degli esami per non rischiare di perdere crediti al ritorno (ripeto: a voi e voi soli interessa) e tenete sempre d’occhio le carte e le scadenze. In ultimo una nota per chi parte al terzo anno: attenzione che la convalida degli esami, una volta tornati, può prendere mesi anche se avete tutto in regola...e quindi potrebbe ritardarvi la lau-rea!Giudizio complessivo: Un’esperienza molto positiva.

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Roma , 20 ottobre 2012Presidio Nazionale della Cgil

di Elisabetta SilvetoFa caldo, troppo caldo per essere ottobre e in più per essere un sabato di fine ot-tobre, il sole riscalda la pelle fino quasi a farla bruciare, sembra un giorno di fine aprile, di quelli in cui si rimpiange di non aver fatto ancora il cambio di stagione perché pensi che con quei pantaloni corti saresti stato molto, ma molto meglio.Entro nella piazza ci sono ragazzi, adulti e anche pensionati, ognuno con la pro-pria storia da raccontare. C’è un ambi-ente festoso, palloncini in aria e bandiere che hanno difficoltà a spiegarsi al vento perché di vento ce n’è veramente poco…c’è chi canta, chi balla e uno striscione a terra per scrivere un ricordo, una frase di questa giornata; sembra di essere a qualche festa di paese dove tutti presi dall’allegria festeggiano con bicchieri di vino in mano e grandi risate sulla bocca.Ho come l’impressione che oggi sia un giorno in cui tutto quello che dovreb-be essere non è, una sorta di “velo di Maya” che ti inganna perché dietro l’apparenza esiste tutta un’altra verità.Infatti, guardando bene negli occhi dei partecipanti, riesco a notare una nota di ma-linconia e di rabbia che gli attraversa l’iride. Una persona estranea ai fatti vedendo la situazione rimarrebbe sconcertata doman-

dandosi il perché di quella smorfia sui visi delle persone, nonostante l’aria di felicità che si può respirare, in realtà quella smor-fia sulle facce della gente c’è per un solo motivo: sono sconcertati dalla situazione. Vengono citati numeri su numeri, risul-tati di statistiche e inchieste, e come in un momento dentro di me quell’aria da sa-bato del villaggio finisce, mi sveglio, squar-cio il “velo di Maya”, capisco la venatura nell’iride e la smorfia sul viso delle altre persone e anche io assumo quella posa. Mi giro intorno come per cercare un aiuto e mi accorgo che al presidio sono presenti i delegati CGIL delle regioni italiane e tutti i discorsi che vengono fatti sia sul palco che tra le persone nella piazza ritornano ad un solo concetto: la PRECARIETà del LAVORO. Sembra che per noi futuri laureandi non ci sia molta speranza di poter applicare, in un contesto lavorativo, tutte quelle scienze che con fervore durante il percorso universitar-io sono state studiate, con odio e riverenza. Sento una voce dal palco, che diventa un eco nella mia testa, una sola affermazione solenne non c’è INVESTIMENTO sui gio-vani, quando lo Stato dovrebbe investire su di noi come DOVERE, dovrebbe usarci per migliorare il paese, in quanto siamo noi il futuro prossimo dell’Italia e come tali

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di Elisabetta Silveto

abbiamo tutti i diritti di poter progettare uno stato all’altezza di altri stati sia euro-pei che mondiali, dove ai giovani vengono riconosciute le debite mansioni. Ai gio-vani viene detto che dopo l’approvazione della legge sul mercato del lavoro non sarà garantito loro un posto lavorativo.Al suono di queste frasi mi sento soffocare, mi immagino fra qualche anno senza la-voro che cammino freneticamente parlan-do di Aristotele, Cristoforo Colombo o di chissà quale altro volo pindarico della mia fantasia. Razionalizzo e faccio una banale analisi, oltre a una crisi economica si sta af-frontando anche una crisi di valori. Sembra che il genere femminile sia svantaggiato ancora di più da questa crisi del lavoro, in Italia 50 donne su 100 sono disoccupate ancora più sconcertanti sono i dati rilevati in Campania dove solo 1 donna su 4 lavora.Il progresso sociale profetizzato negli anni ’70 , man mano che si avanza negli anni,

sembra che stia svanendo, si sta ritornando a una concezione della donna casalinga e non alla pari dell’uomo, a molte donne non viene assicurato il posto lavorativo dopo il periodo della maternità, ma questo nel 2012 non può e non deve essere accettato. Mi sento presa in causa, come donna e come studentessa universitaria, non posso per-mettere che tutto questo accada, ho appena vent’anni e ho il diritto di credere in un fu-turo migliore dove poter affermare la mia emancipazione e non rimpiangere il fatto di essere nata donna e quindi svantaggiata.Mi accorgo che intorno a me tutte quelle persone che avevano animato la festa, in-cominciano ad allontanarsi e io rimango così, in piedi che guardo un palco ormai vuoto, un po’ intontita da tutti quei discorsi mi giro e vado verso la metro…con la cons-apevolezza che le cose cambieranno e che a tutti sarà garantito un lavoro che ci nobil-iti, ma soprattutto sia garantito un lavoro.

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In periodi di crisi economica, come quello che stiamo attraversando, la sensazione che si prova è la stessa di quando si sco-pre di avere un debito di cui non si era a conoscenza. Come se, un giorno, qualcuno bussasse alla porta per dirci che bisogna pagare una multa di dieci anni prima il cui importo è decuplicato nel tempo. I conti da pagare dell’Italia sono molti e stanno arrivando uno dietro l’altro, come tanti creditori che fanno la fila per riscuo-tere. Ogni creditore è una nuova tassa, ogni multa un pezzo della tredicesima che se ne va, o dei buoni pasto ai quali avevamo di-ritto (avevamo firmato un regolare contratto di lavoro nel quale si diceva che ci venivano garantiti) che di col-po ci vengono tolti. La tentazione, per me come per tutte le per-sone avverse al rischio, sarebbe quella di fare la cosa più sensata: pren-dere un megafono, far radunare i credi-tori in cerchio e chiedere il to-tale. In poche

parole: <<Troverò un modo per ridare tutto a tutti, ma vi prego, ditemi quant’è e cosa devo fare per uscirne>> , e una volta saldato il debito fuggire su un’isola de-serta a bere mojito all’ombra di una palma. L’Università non è stata risparmiata da questo ragionamento: a causa della rifor-ma Gelmini, dall’anno prossimo la struttu-ra dei nostri Atenei sarà molto diversa ris-petto a quella che conosciamo oggi. Sono stati introdotti dei requisiti minimi per tenere in vita un corso di laurea: in un al-legato al testo di legge è presente una for-mula che, a seconda delle specifiche del

corso (triennale/magistrale, classe di studi, numero di percorsi)

permette di calcolare quanti docenti sono necessari per

tenerlo in vita. Le facoltà scompariranno: al loro

posto ci sarà un’unica struttura chiamata “Di-

partimento”, che si occu-perà sia di didattica che di

ricerca. E poi, accorpa-menti (che la rifor-ma caldeggia ap-ertamente, anche tra diversi at-

Pillole di universita’cosa cambia dopo la Riforma Gelmini ?

di Marcello Moi

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di Marcello Moi

Contest musicale di Roma Tre

Ogni martedìh 22:00

prima data:6 novembre2 drink

=8 euro

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enei), organi per la valutazione del mer-ito (Anvur), possibilità per gli Atenei di trasformarsi in fondazioni di diritto pri-vato e naturalmente l’invito a “razional-izzare la spesa”, invito che poi è diventa-to un obbligo con la Spending Review. Come si ripercuote questa legge su di noi? Cosa riserva il futuro a noi stu-denti di Scienze Politiche di Roma Tre? Niente. Per lo studente, non cambierà as-solutamente nulla: a parte il fatto che la nostra Facoltà prenderà il nome di “Di-partimento di Scienze Politiche”, la ri-forma non avrà alcuna conseguenza. I corsi di Studio rimarranno gli stessi, i docenti pure (a parte, forse, qualche rarissima eccezione), il personale depu-tato alla gestione amministrativa anche. Da studente con un passato fatto di mani-festazioni in difesa dell’istruzione, mili-tanza politica “sinistra” (sia come parte politica, sia perché a volte la mia militanza ha assunto dei contorni non proprio orto-dossi) e un forte senso della cosa pubblica, ammetto che ho tirato un sospiro di sol-lievo quando ho saputo che, nonostante le avversità, saremmo riusciti a non indi-etreggiare di un millimetro rispetto allo standard attuale. C’è però un pensiero, debole ma molto tenace, che ha cominciato a balenarmi per la testa: se da un lato è senz’altro sbagliato tagliare fondi e auto-nomia all’istruzione, è altrettanto vero che, quando è stata lasciata libera di gestite i (molti) soldi che le venivano assegnati, la nostra classe accademica è stata tutt’altro

che virtuosa nel farlo. Dinamiche che oggi conosciamo molto bene, come corsi di stu-dio vuoti perché creati non per una reale esigenza ma per capriccio, o Atenei fondati dal nulla e rimasti in quel nulla in mezzo al quale erano stati concepiti, sono il frut-to di un periodo di benessere e libertà a cavallo tra gli anni ottanta e novanta (ma forse anche prima) nonché la dimostrazi-one lampante che una governance di professori non porta necessariamente a politiche di infallibile rigore scientifico. E allora, mentre i dati OCSE del 2009 ci di-cono che la spesa italiana per l’istruzione è pari all’1% del PIL a fronte di una me-dia dell’1,5%, la ricerca piange miseria e le tasse aumentano di anno in anno, mi viene da chiedere: <<Così non si può andare avanti, ma se avessimo dei soldi in più, li sprecheremmo come abbiamo sempre fatto o ne faremmo buon uso?>>L’intento deliberato della riforma univer-sitaria era quello di, usando le parole di Tremonti, “affamare la bestia” per costring-erla a tagliare il superfluo e tenere in vita solo l’indispensabile. Proprio per questo, se da un lato sono contento di sapere che il breve futuro che mi separa dalla laurea non riserverà grosse sorprese, dall’altro il fatto che non cambierà nulla mi fa pen-sare che, un giorno, alcuni vecchi creditori si ripresenteranno alla porta chiedendo molto di più di quello che chiedono oggi, con la differenza che a quel punto non solo dovremo pagare loro un prezzo molto più alto, ma saremo pure costretti a farlo.

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Europa: Oggi e Domani

Saluti Istituzionali: Francesco Guida, Preside Facoltà di Scienze Politiche

Introduce: Ines Caloisi, Presidente TIA Formazione Internazionale

Apre: Angela Dato, Associazione Carta Giovani

L’EUROPA di OGGI h. 10.00 - 12.00

Marco Salfi “L’Europa oggi per i giovani” (Ricomincio dagli Studenti) Roberto Di Giovan Paolo (Senatore della Repubblica, Commissione Affari Europei) Barbara Contini (Senatrice della Re-pubblica, Responsabile Relazioni Internazionali) Laura Fasanaro (docente storia integrazione Europea Università Roma Tre) Stefano Milia (Segretario Generale del CIME) Gian Paolo Man-zella (Ufficio Europa, Provincia di Roma) Massimo Macaluso (Europa in Comune, Regione La-zio) Sandro Gozi “Una prospettiva europea per i giovani”, (Parlamentare Italiano) Anguel Kon-stantinov Beremliysky (Ufficio Stampa Rappresentanza in Italia della Commissione Europea)

L’EUROPA CHE VOGLIAMO : IL NOSTRO DOMANI h. 12:00 - 14:00

Carlo Mazzei “L’Europa della conoscenza” (Segreteria Nazionale Rete Universitaria Nazionale - RUN) Livia Liberatore “La federazione europea” (GFE ROMA) Valerio Alberto Pagnotta “Uno spazio euro-peo di Libertà sicurezza e Giustizia” (La Città del Sole) Azzurra Marcianò “I giovani e il futuro dell’Eu-ropa”(Ricomincio dagli studenti) Dario Carrera, The HUB Vittorio Calaprice, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Responsabile Rete Europe Direct Simona Cavalieri, Presidente SIS, Social Innovation Society Roberto Gualtieri, Parlamentare Europeo Marco Scurria, Parlamentare Europeo

Conclusioni: Ines Caloisi, Associazione TIA FORMAZIONE INTERNAZIONALE

Venerdì 30 novembre 2012, h. 9.00 - 14:ooAula Magna, Facoltà di Scienze Politiche, Università di Roma Tre

L’Europa oggi, l’Europa che vorremmo vedere domani realizzata. Ascoltare l’oggi per costruire il domani. Rappresentanti istituzionali, funzionari europei, parlamentari Italiani ed Europei si confrontano in un contesto universitario. L’obiettivo è vivere l’Europa come una fonte di risorse ed opportunità. Dove siamo oggi, quale strada vogliamo realizzare. Il contributo dei giovani universitari avrà un ruolo centrale.

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in collaborazione con

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