Articoli e documenti per informarsi e riflettere · all’anno 2000; innalzare almeno al 12,5% la...

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Orientamento e dispersione scolastica Articoli e documenti per informarsi e riflettere

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  • Orientamento e dispersione scolastica

    Articoli e documenti per informarsi e riflettere

  • 1. FOCUS DISPERSIONE SCOLASTICA - MIUR Giugno 2013

    1. La dispersione scolastica nel contesto europeo

    La dispersione scolastica, con la prematura uscita degli studenti dal sistema scolastico, è un fenomeno che, se non efficacemente contrastato, potrebbe avere, nel medio-lungo periodo, conseguenze nello sviluppo del sistema Paese determinando un impoverimento del capitale umano.

    In ambito europeo il raggiungimento di specifici obiettivi formativi da parte dei Paesi membri va da tempo assumendo un rilievo sempre maggiore, tanto che il Consiglio europeo ha individuato come prioritari gli interventi da realizzare nel settore educativo.

    Il processo attraverso il quale si è giunti alla odierna determinazione degli obiettivi educativi comuni ai Paesi membri è segnato da una serie di importanti passaggi storici che è utile ricordare:

    • il Trattato di Maastricht, firmato nel 1992, contiene due articoli dedicati all’istruzione e alla formazione negli Stati dell’Unione: gli articoli 149 e 150 del Trattato “attribuiscono alla Comunità Europea il compito di contribuire allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario, sostenendo e integrando la loro azione, in particolare per sviluppare la dimensione europea dell'istruzione, favorire la mobilità e promuovere la cooperazione europea fra gli istituti scolastici e universitari”.

    • Nel 2000 viene approvato a Lisbona, dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione Europea, un programma di riforme economiche (la cosiddetta Strategia di Lisbona). L'obiettivo espressamente dichiarato è quello “di fare dell'Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010”. E’ da sottolineare come, pur trattandosi di accordi che spaziano in tutti i campi della politica economica, il settore dell’istruzione e della formazione è individuato come portante per lo sviluppo di un’economia maggiormente competitiva.

    • Nel 2008, sempre nell’ambito della Strategia di Lisbona, la Commissione Europea ha definito “cinque livelli di riferimento (benchmark) del rendimento medio europeo” che l’Unione avrebbe dovuto raggiungere entro il 2010. Tali obiettivi sono così esemplificabili: ridurre la percentuale di abbandoni scolastici almeno del 10%; aumentare almeno del 15% il totale dei laureati in matematica, scienze e tecnologie, diminuendo nel contempo la disparità di genere; arrivare almeno all’85% di ventiduenni che abbiano completato il ciclo di istruzione secondaria superiore; ridurre la percentuale dei quindicenni con scarse capacità di lettura almeno del 20% rispetto all’anno 2000; innalzare almeno al 12,5% la partecipazione degli adulti in età lavorativa, ossia tra i 25 e i 64 anni, all’apprendimento permanente (lifelong learning).

    3

  • • Nel 2010 la Commissione Europea ha presentato una nuova strategia - Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - che consentirà all'Unione Europea di raggiungere una crescita intelligente (attraverso lo sviluppo delle conoscenze e dell'innovazione), sostenibile (basata su un'economia più verde, più efficiente nella gestione delle risorse e più competitiva) e inclusiva (volta a promuovere l'occupazione, la coesione sociale e territoriale). La Commissione Europea ha inoltre proposto una serie di obiettivi precisi da raggiungere entro il 2020 e, relativamente all’inclusione sociale, è richiesto che il tasso di abbandono scolastico diminuisca a meno del 10% e che il tasso dei giovani laureati salga sopra il 40%

    1.

    La Commissione Europea ha proposto cinque precisi obiettivi2, misurabili

    quantitativamente, da raggiungere entro il 2020. Sulla base delle tendenze del passato, si può ipotizzare che, se gli Stati membri continueranno ad attribuire a tali obiettivi una priorità elevata e ad investire in modo efficiente nell'istruzione e nella formazione, gli obiettivi potranno senz’altro essere realizzati. Ciò vale in particolare per i due grandi obiettivi in tema di educazione, cioè quelli relativi all’abbandono scolastico e all’abbandono universitario.

    Per garantire che ciascuno Stato membro metta in atto la Strategia Europa 2020, la Commissione ha proposto che gli obiettivi dell'UE siano tradotti in obiettivi e percorsi nazionali, adattandoli alle specifiche situazioni. Per tale ragione, ogni Stato membro, presentando annualmente alla Commissione il proprio Programma Nazionale di Riforme, ha fissato i traguardi nazionali, prospettando anche un livello a medio termine per ciascun obiettivo

    3.

    1

    “Europa 2020” rappresenta, come si è detto, un percorso che ha avuto inizio nel 2000 sulla base di un programma di riforme economiche (la cosiddetta “Strategia di Lisbona”), approvato a Lisbona dai Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea. Pur trattandosi di un accordo che spazia in tutti i campi della politica economica, il settore dell’istruzione e della formazione è individuato come portante per lo sviluppo di un’economia maggiormente competitiva. 2

    I 5 obiettivi che l'UE è chiamata a raggiungere entro il 2020 sono: 1. Occupazione

    ➢ innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni); 2. R&S / innovazione

    ➢ aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione al 3% del PIL dell'UE (pubblico e privato insieme); 3. Cambiamenti climatici /energia

    ➢ riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del 30%, se le condizioni lo permettono) rispetto al 1990; ➢ 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili; ➢ aumento del 20% dell'efficienza energetica;

    4. Istruzione ➢ riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%; ➢ aumento al 40% dei 30-34enni con un'istruzione universitaria;

    5. Povertà / emarginazione ➢ almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in meno.

    3 Il Piano Nazionale di Riforme (PNR) è una parte del Documento di Economia e Finanza (DEF) che permette una migliore lettura in

    termini di coordinamento tra politiche dell'Unione e politiche nazionali. Il PNR consente un’analisi delle riforme messe in campo dopo le raccomandazioni adottate dall'Unione Europea per l'anno precedente, illustrando la natura degli interventi adottati, la loro coerenza con gli orientamenti dell'Unione Europea nonché l’effetto atteso. Inoltre, il PNR presenta anche una agenda di interventi previsti per i mesi successivi per definire il percorso attraverso il quale l'Italia intende conseguire gli obiettivi fissati a livello europeo.

    4

  • 2006 2010 201239,2

    29,928,7 28,4

    20,818,8

    17,614,9

    13,0 13,515, 3 15,9

    14,0 13, 7 13,1 13,8

    Italia

    Sul tema dell’abbandono scolastico, in particolare, l’indicatore utilizzato per l’analisi del fenomeno in ambito europeo è quello degli early school leavers (ESL) con cui si prende a riferimento la quota dei giovani dai 18 ai 24 anni d’età in possesso della sola licenza media e che sono fuori dal sistema nazionale di istruzione e da quello regionale di istruzione e formazione professionale

    4.

    Secondo i dati più recenti, relativi alla media del 2012, i giovani 18-24enni che hanno abbandonano prematuramente gli studi o qualsiasi altro tipo di formazione sono scesi a 758 mila (29 mila in meno rispetto al 2011), di cui il 59,6% maschi. Nella fascia di età considerata, l’incidenza dei giovani in possesso della sola licenza media e non più in formazione è pari al 17,6% (18,2% nel 2011) contro una media UE

    5 del 12,8% (13,5% nel

    2011).

    Early school leavers in Italia

    Nella graduatoria dei ventisette Paesi UE, l’Italia occupa ancora una posizione di ritardo, collocandosi nella quart’ultima posizione, subito dopo il Portogallo (Graf.1). Il divario con il dato medio europeo è più accentuato per la componente maschile (20,5% contro 14,5%), in confronto a quella femminile (14,5% contro 11,0%).

    4

    L’indicatore degli early school leavers, relativo a tutte le persone che abbandonano precocemente la scuola e che non sono incluse in programmi di formazione, consiste nella quota di popolazione di età 18-24 anni con titolo di studio non più alto dell’istruzione secondaria inferiore e non inseriti in programmi di formazione. Tale indicatore, fotografando una situazione riferita ad epoche pregresse, non consente una misura del fenomeno allo stato attuale. 5

    Il dato a livello europeo riferito al 2012 è ancora provvisorio. 5

    Graf.1- Percentuale di 18-24enni con la sola licenza media e non più in formazione (early school leavers)* - Confronti internazionali - Anni 2006, 2010 e 2012

    24,9

    20,8

    12, 8 11, 4 12,6

    11,9 11,0

    11,6 10,5 10,9 9,1

    Portogallo Spagna

    INDICATORE LIVELLO ANNO 2012 OBIETTIVO AL MEDIO TERMINE (AL 17,6% 16,0% 17,9%

  • Gran Bretagna

    EU 27 Grecia Francia Germania Danimarca

    (*) L' indicatore fa riferimento alla quota di giovani (18-24enni) che hanno conseguito un titolo di studio al massimo ISCED 2 (scuola secondaria di primo grado) e che non partecipano ad attività di educazione/formazione.Dal 2009 l'indicatore è calcolato come media annuale di dati trimestrali

    Fonte: Eurostat - Statistics on Education (EU27 e Germania dati provvisori)

    A livello regionale la situazione è eterogenea (Graf. 2): il Molise è l’unica Regione ad avere raggiunto il target europeo, con un valore dell’indicatore pari al 9,9%. Il fenomeno dell’abbandono scolastico continua a interessare in misura più sostenuta il Mezzogiorno, con punte del 25,8% in Sardegna, del 25% in Sicilia e del 21,8% in Campania. In confronto al 2011, Marche, Trentino Alto Adige, Liguria e Umbria registrano un innalzamento significativo dell’indicatore (rispettivamente, +2,7 +1,9, +2,1, e +1,9 punti percentuali). Molise, Lazio, Veneto e Lombardia segnalano invece le maggiori diminuzioni (-3,2, -2,7, -2,7, -2,0 punti percentuali).

    6

  • Grafico 2 – Indicatore ESL a livello regionale

    Molise

    Abruzzo

    Lazio

    Friuli Venezia Giulia

    Umbria

    Basilicata

    Veneto

    Emilia Romagna

    Lombardia

    Marche

    Trentino Alto Adige

    Piemonte

    Liguria

    Calabria

    Toscana

    ITALIA

    Puglia

    Valle d'Aosta

    Campania

    Sicilia

    Sardegna

    0,0 10,0 20,0 30,0

    Fonte:Indagine sulle Forze di lavoro - Istat

    2. Il diritto-dovere all’istruzione e le rilevazioni per il contrasto alla dispersione scolastica in Italia

    Il nostro Paese, proprio in seguito all’accordo di Lisbona del 2000, ha assunto le necessarie iniziative legislative per rispondere al dettato europeo; un testo decisivo è rappresentato dalla legge di delega n. 53/2003

    6, finalizzata a creare un sistema in grado di

    contrastare il fenomeno della dispersione scolastica attraverso il monitoraggio della frequenza degli alunni, in entrambi i sistemi nazionale e regionale.

    6

    Legge 28 marzo 2003, n. 53, "Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale" (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 Aprile 2003).

    7

    1

    16,9,

    14,12,6 12,3 13,0

    19,13,3

    14,8 ,5 15,2

    13,8 15,0 4,1

    15,3

    2006

    201217,7

    18,515,3

    18,0 15,8

    17,3 9

    20,16,3 6,1

    17,219,

    16,3 17,5

    20,17,

    27,19,

    21,9 21,6

    27,21,

    28,1 25,0

    28,3 25,8

    13

    1

    15,

    17,2

  • Nell'attuale ordinamento l'istruzione obbligatoria è impartita per almeno 10 anni, con la finalità di consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno d'età.

    L'obbligo di istruzione riguarda la fascia di età compresa tra i 6 e i 16 anni7

    e si assolve frequentando il primo ciclo di istruzione (ossia i 5 anni di scuola primaria e i 3 anni di scuola secondaria di primo grado) ed i primi due anni delle scuole secondarie di secondo grado

    8, oppure, alternativamente, frequentando percorsi di istruzione e formazione

    professionale realizzati da strutture formative accreditate dalle Regioni o da un Istituto Professionale in regime di sussidiarietà.

    Dopo i 16 anni sussiste l'obbligo formativo, come ridefinito dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n.76, art.1 e cioè come "diritto-dovere all'istruzione e alla formazione sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età". L’obbligo formativo può essere assolto in tre modi diversi:

    ▪ terminando la scuola superiore fino al conseguimento del diploma;

    ▪ frequentando, dopo il primo biennio di scuola superiore, un corso professionale per il raggiungimento della qualifica;

    ▪ lavorando con un contratto di apprendistato o altro tipo di contratto che preveda comunque la frequenza di attività formative esterne all'azienda (come stabilito dal decreto legislativo n.167 del 14 settembre 2011, Testo Unico sull'apprendistato).

    Dalle deleghe contenute nella legge n. 53 del 2003 deriva il già citato decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76

    9, che, nel disciplinare il diritto-dovere all’istruzione e alla

    formazione, istituisce il Sistema Nazionale delle Anagrafi degli Studenti10

    .

    7. L’estensione dell’obbligo scolastico è variata nel corso degli ultimi anni. In particolare, a decorrere dall’anno 1999/2000, l’obbligo è passato dagli otto ai nove anni (legge 20 gennaio 1999, n. 9 e successivo regolamento di attuazione: DM 9 agosto 1999, n. 323); tale normativa è stata successivamente abrogata dalla legge 53/2003 che ha introdotto “il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni”, riunendo in tale definizione l’obbligo scolastico e formativo; infine, la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (articolo 1 comma 622) ha fissato a dieci anni l'obbligo di istruzione a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008. 8. Ovvero, i primi due anni degli Istituti professionali (cfr. DPR n. 87/2010), o degli Istituti tecnici (cfr. DPR n. 88/2010) oppure dei licei (cfr. DPR n. 89/2010), 9 Decreto Legislativo 15 aprile 2005, n. 76 Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, ai sensi

    dell'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53 (in GU 5 maggio 2005, n. 103) 10

    Diverse sono le tappe normative che hanno contrassegnato l’evoluzione dell’anagrafe fino ad oggi. Anche se l’anagrafe del MIUR vede formalmente la luce nel 2005 con il decreto legislativo n. 76/2005, essa rappresenta il punto d’arrivo (e nello stesso tempo di partenza) di un processo che, in realtà, trae addirittura origine dalla più alta fonte normativa, l’articolo 34 della Costituzione, secondo cui “l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”, che sancisce il principio fondamentale dell’obbligo scolastico. Questo importante dettato costituzionale ha trovato per decenni un’applicazione a volte solo nominale, fino a quando non sono stati coinvolti in pieno i soggetti istituzionali del territorio: amministrazioni comunali e istituzioni scolastiche. Tale coinvolgimento si è realizzato con l’art 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che dispone: I comuni, anche in collaborazione con le comunità montane e le province, ciascuno in relazione ai gradi di istruzione di propria competenza, esercitano, anche d'intesa con le istituzioni scolastiche, iniziative relative a: f) interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute. I comuni si sono così organizzati, attraverso la creazione di archivi, per poter adempire a questo compito istituzionale, che tuttavia, in questa fase, rimaneva circoscritto alla specifica realtà territoriale, senza fornire una concreta risposta alla lotta contro la dispersione scolastica per la

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  • Con il decreto legislativo n. 76/2005 si è avuta la prima normativa organica per la costituzione di un’anagrafe nazionale degli studenti. Precedentemente, alcune Regioni avevano già avviato la realizzazione di anagrafi regionali degli studenti per raccogliere i dati più significativi relativi agli studenti nelle fasce di età dell’adempimento del diritto- dovere all’istruzione e alla formazione (entro il 18mo anno di età ovvero al conseguimento di una qualifica professionale). Il merito del decreto legislativo n. 76/2005 è stato quello di dare una sistemazione unitaria alle varie rilevazioni esistenti ai diversi livelli.

    Tale decreto legislativo ha previsto infatti un Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti presso il Ministero dell'istruzione con il trattamento dei dati sui percorsi scolastici, formativi e in apprendistato dei singoli studenti, a partire dal primo anno della scuola primaria. In tal modo, le anagrafi regionali sono destinate ad assumere una connotazione completamente diversa: da semplici anagrafi a supporto dei comuni per il monitoraggio dell’assolvimento dell’obbligo scolastico diventano anagrafi regionali degli studenti, che accompagnano gli alunni lungo tutto il loro percorso, sia scolastico che formativo.

    Questo è lo scenario ipotizzato nel 2005, ma per alcuni anni non sono stati fatti interventi sostanziali per dare concretezza al disegno legislativo, sia a causa di difficoltà tecniche connesse con l’integrazione delle varie banche dati presenti a livello territoriale, sia per i numerosi cambiamenti politici che hanno interessato gli ultimi quattro anni a livello centrale e locale.

    Nell’ultimo biennio si è registrata una costruttiva ripresa di attività, sia sul piano dei rapporti istituzionali, soprattutto con le Regioni, sia sul fronte delle concrete iniziative per far affluire i dati di tutti gli alunni all’interno del sistema di anagrafe.

    Un ulteriore impulso al contrasto del fenomeno dell’abbandono scolastico si è avuto ad opera della legge n. 221/2012 (“recante misure urgenti per la crescita del Paese”) che, con un intervento risolutivo, impone un’accelerazione al processo di integrazione delle anagrafi, aprendo l’Anagrafe Nazionale degli Studenti presso il MIUR all’accesso da parte delle Regioni e degli Enti locali. Resta invece in via di completamento l’integrazione dell’Anagrafe MIUR con le anagrafi regionali e comunali, contenenti i percorsi di istruzione e formazione professionale e di apprendistato.

    Prima di arrivare a questo importante punto di svolta, fino all’anno 2011, il fenomeno della dispersione scolastica è stato analizzato e quantificato con l’ausilio delle Rilevazioni Integrative sulle scuole

    11: si tratta di rilevazioni statistiche che permettono, in particolare

    attraverso la Rilevazione sugli esiti finali degli scrutini, di quantificare l’entità del fenomeno

    mancanza della interazione di tali strumenti ad un livello superiore. E’ parso necessario a questo punto uno strumento tale da consentire di spaziare sull’intero territorio nazionale, obiettivo che si è concretizzato nel 2003 con la legge n. 53, di delega al Governo in materia di norme generali sull’istruzione.

    11.Si tratta di indagini che annualmente vedono tutte le scuole, statali e non statali, impegnate nella raccolta e comunicazione di dati di particolare interesse al sistema informativo del Miur. Il patrimonio informativo, che è costituito da dati di carattere generale, viene così integrato con notizie più specifiche: le Rilevazioni contribuiscono, quindi, alla creazione della base informativa essenziale per il monitoraggio del sistema educativo scolastico ed uno dei riferimenti su cui costruire le politiche scolastiche.

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  • a partire dal numero degli studenti che durante un determinato anno scolastico hanno interrotto gli studi senza comunicare una motivazione alla scuola. In altre parole, l’abbandono è quantificato dallo scarto tra il dato iniziale degli alunni iscritti e quello relativo agli alunni che risultano scrutinati alla fine di ogni anno scolastico. Essendo una rilevazione sintetica, il dato comunicato dalle segreterie è un dato aggregato a livello di scuola e, pertanto, le informazioni sulle diverse tipologie di interruzione di frequenza non sono dettagliate al punto da rilevare tutte le possibili cause di dispersione.

    A partire dall’ a.s.2011/2012 è stato effettuato un primo studio del fenomeno dell’abbandono scolastico utilizzando i dati presenti nell’Anagrafe Nazionale degli Studenti, studio che ha evidenziato una sottostima del dato fino ad allora ottenuto dalle Rilevazioni Integrative (Graf.3). La necessità di comunicare in Anagrafe i dati individuali di ogni singolo alunno impone alla scuola un maggior controllo delle informazioni e un loro costante aggiornamento per garantire una migliore qualità.

    Graf.3 Andamento del tasso di abbandono scolastico - A.A.S.S. 2003/04 - 2011/12 Rilevazioni Integrative sulle scuole e Anagrafe Nazionale degli Studenti

    Scuola secondaria di I grado

    Rilevazioni Integrative Anagrafe degli Studenti

    0,19

    0,20

    0,16 0,16 0,16 0,17

    0,16 0,16

    0,20

    0,12

    2003/04 2004/05 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12

    Scuola secondaria di II grado

    Rilevazioni Integrative Anagrafe degli Studenti

    1,56

    1,58

    1,46

    1,64

    1,48

    1,18 1,17

    0,93

    1,24

    0,76

    !

    2003/04 2004/05 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09 2009/10 2010/11 2011/12

    Fonte: MIUR - D.G. per gli Studi, la Statistica e i Sistemi Informativi - Servizio Statistico 


  • In questa sede il fenomeno dell’abbandono scolastico è stato analizzato dal punto di vista delle interruzioni di frequenza degli alunni nel corso dell’anno scolastico. Si è definito “rischio di abbandono” il fenomeno di fuoriuscita non motivata dal sistema scolastico; si parla di rischio in quanto tale interruzione non preclude la possibilità di un rientro da parte dello studente nel sistema scolastico negli anni successivi. Inoltre, parte degli alunni a rischio di abbandono, una volta usciti dal sistema scolastico, potrebbe decidere di assolvere il diritto-dovere all’istruzione scegliendo un percorso alternativo al canale dell’istruzione (formazione professionale regionale o apprendistato).

  • 2. Io mi oriento

  • 3. Lotta all’abbandono scolastico (tratto dal portale Eurydice) Nonostante un trend moderatamente in calo, la dispersione scolastica in Italia resta nettamente al di sopra della media UE (17,6% vs 12,7% nel 2012) e dell’obiettivo nazionale fissato per il 2020 del 15-16%. Con una percentuale del 39,1% nel 2012, gli stranieri pesano sul dato nazionale complessivo. L’analisi dei sotto-indicatori mostra che il background scolastico della famiglia è particolarmente sfavorevole.

    Mentre non c’è ancora una strategia globale contro l’abbandono scolastico precoce, il Piano di Azione per la Coesione ha un forte accento sull’istruzione e nel breve termine dovrebbe essere un importante strumento per la lotta contro l’abbandono precoce nelle regioni meridionali, dove il problema è più grave.

    In una prospettiva a medio – lungo termine, il miglioramento della qualità della scuola e dei risultati degli studenti può contribuire a ridurre l’abbandono scolastico precoce. La misura principale in questo ambito è stata l’istituzione, con decreto del marzo 2013, del Sistema nazionale di valutazione delle scuole pubbliche e delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni. 
Per ulteriori informazioni sul Sistema nazionale di valutazione, cfr. EURYPEDIA.

    Il ruolo degli insegnanti è evidentemente centrale per il miglioramento della qualità dei risultati scolastici. Tuttavia, attualmente la professione di insegnante in Italia segue un unico percorso di carriera con una progressione di stipendio basata solo sull’anzianità e limitate prospettive in termini di sviluppo professionale, non è sottoposta a nessuna valutazione delle prestazioni e, rispetto ad altri Paesi, è contraddistinta da bassi livelli di stipendio.

    http://eurydice.indire.it/istruzione-e-formazione-verso-il-traguardo-del-2020-il-punto-sullitalia/

    https://webgate.ec.europa.eu/fpfis/mwikis/eurydice/index.php/Italia:Assicurazione_di_qualit%25C3%25A0

  • 4. Dispersione scolastica: in Italia l’abbandono precoce scende al 15% (articolo del 25/03/2016) Il dato emerge dall’analisi comparativa europea sul fenomeno appena pubblicata da Eurydice Italia

    L’abbandono scolastico precoce è un fenomeno che preoccupa tutti gli Stati europei e che è al centro delle politiche educative europee e nazionali. Si tratta infatti di un aspetto cruciale, dal quale si può valutare lo stato di salute di un sistema educativo, ed è uno dei principali parametri di riferimento che la Commissione europea utilizza per la misurazione dei progressi fatti dagli Stati membri nel settore istruzione e formazione. Uno dei traguardi principali di miglioramento della strategia Europa 2020 è proprio quello di abbassare al di sotto del 10% la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandona prematuramente gli studi o la formazione.

    La questione degli early leavers viene affrontata nel nuovo numero della collana “I Quaderni di Eurydice”, dal titolo “La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione: strategie, politiche e misure“. La pubblicazione, curata da Eurydice Italia, è la versione italiana di un precedente studio realizzato della rete europea. Per registrare gli sforzi che i singoli Stati membri stanno facendo nel monitorare lo stato del fenomeno e le soluzioni adottate, lo studio Eurydice prende in analisi la raccolta e il monitoraggio dei dati, le strategie e le politiche contro l’abbandono precoce centrate su prevenzione, intervento e compensazione e sui gruppi ad alto rischio di abbandono, sul ruolo dell’orientamento scolastico, la cooperazione intersettoriale e l’abbandono precoce dell’istruzione e formazione professionale. L’Unità italiana ha integrato il proprio volume con un Allegato che presenta gli ultimi dati disponibili, comparati all’obiettivo stabilito dall’UE e ai vari obiettivi nazionali.

    In Italia, per quanto riguarda la riduzione del tasso di abbandono precoce, si sono registrati significativi miglioramenti: la percentuale dei giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente la scuola, non conseguendo diplomi di secondo grado né attestati di formazione professionale, è scesa dal 19,2% nel 2009 al 15% nel 2014. Con questo dato, l’Italia raggiunge il suo obiettivo nazionale fissato al 16%, pur rimanendo ancora distante dall’obiettivo europeo del 10% entro il 2020 (vedi grafico).

    http://eurydice.indire.it/pubblicazioni/la-lotta-allabbandono-precoce-dei-percorsi-di-istruzione-e-formazione-in-europa-strategie-politiche-e-misure-2016/http://eurydice.indire.it/pubblicazioni/la-lotta-allabbandono-precoce-dei-percorsi-di-istruzione-e-formazione-in-europa-strategie-politiche-e-misure-2016/http://eurydice.indire.it/pubblicazioni/la-lotta-allabbandono-precoce-dei-percorsi-di-istruzione-e-formazione-in-europa-strategie-politiche-e-misure-2016/https://webgate.ec.europa.eu/fpfis/mwikis/eurydice/index.php/Publications:Tackling_Early_Leaving_from_Education_and_Training_in_Europe:_Strategies,_Policies_and_Measures

  • Tasso di abbandono precoce degli studi o della formazione in Italia (2009-2014)

    Un altro dato significativo che emerge dallo studio Eurydice è che l’abbandono precoce incide diversamente sulla popolazione studentesca a seconda del genere e, soprattutto, a seconda dello status di cittadino nato all’estero oppure nativo. In molti Paesi europei infatti gli studenti nati all’estero che abbandonano precocemente i percorsi di istruzione e formazione costituiscono la maggioranza di chi abbandona (l’unica eccezione a questa tendenza generale è rappresentata dal Regno Unito). I tassi sono particolarmente alti in Grecia, Spagna e in Italia, dove il tasso di abbandono degli alunni stranieri è addirittura più del doppio rispetto a quello degli alunni italiani. In Italia, il 34,4% degli studenti nati all’estero non consegue diplomi di secondaria superiore o di formazione professionale, mentre tra gli studenti nativi la percentuale scende al 14,8%; dati entrambi superiori alla media europea, che è rispettivamente del 22,7% e 11%.

    L’Italia risulta anche tra i Paesi con le più forti disparità tra tassi di abbandono maschili e femminili, con una percentuale del 20,2% per i maschi e del 13,7% per le femmine, un dato negativo rispetto alla media europea (13,6% maschi, 10,2% femmine). Accanto all’Italia, i Paesi che registrano forti disparità di genere sono Cipro, Estonia, Spagna, Lettonia, Portogallo e Islanda. La maggiore propensione all’abbandono scolastico da parte degli alunni di sesso maschile nel nostro Paese è particolarmente evidente nelle aree più disagiate.

    In Italia, a differenza di altri Paesi, le politiche e le misure per contrastare l’abbandono precoce non sono ancora inserite in una strategia globale, anche se sono state intraprese alcune iniziative per riunirle in un unico framework e si sta cercando di rafforzare la cooperazione con i vari soggetti interessati (famiglia, alcuni ministeri, enti locali e associazioni

  • del terzo settore). Importanti sono le misure sistemiche che ruotano attorno all’obiettivo dell’inclusione, come l’innalzamento dell’obbligo di istruzione e formativo, l’istituzione del sistema nazionale delle anagrafi degli studenti, il riordino del sistema di istruzione e formazione professionale con la definizione di organici raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi regionali, fino alla riorganizzazione dell’istruzione degli adulti, senza tralasciare la speciale attenzione che il nostro Paese ha rivolto da sempre all’educazione e alla cura della prima infanzia.

  • 5. ORIENTAMENTO: STRUMENTO CHIAVE PER EDUCARE ALLE SCELTE

    Strategie per un servizio alla e nella scuola

    1. Orientamento: come intenderlo?

    L’orientamento – come emerge dall’etimologia della parola – consiste principalmente nell’atto dell’orientare o dell’orientarsi verso una direzione. Si tratta dunque di un processo che la persona mette in atto quando deve fare una scelta o quando deve decidere quale direzione personale o professionale prendere nella propria esistenza. In tal senso, ci si riferisce ad un orientamento inteso come auto-orientamento, ma il termine comprende anche una serie di attività da parte di esperti o di educatori volte ad aiutare il soggetto ad orientarsi nella scelta. In entrambi i casi, particolare attenzione va posta alla centralità della persona, unica e indiscussa protagonista del processo orientativo, considerata, cioè, quale ‘soggetto’ attivo e non soltanto un ‘oggetto’ dell’orientamento. Nell’attuale contesto storico-culturale di forte cambiamento, dominato da nuove e sempre più sofisticate tecnologie comunicative, infatti, non è più pensabile una concezione di orientamento che non metta al centro il soggetto perché sia in grado di orientarsi in maniera critica nella realtà complessa in cui si trova a vivere e ad inserirsi, e sia capace di effettuare le proprie scelte di vita nel futuro in coerenza con un suo progetto personale continuamente verificato e riposizionato in rapporto alle contingenze ambientali e lavorative.3 Tale prospettiva è indispensabile soprattutto quando si tratta di progettare l’orientamento per soggetti in età evolutiva, in particolare i preadolescenti e gli adolescenti, che si trovano a dover affrontare il difficile compito di scegliere, non solo l’indirizzo scolastico da frequentare, ma anche di pianificare conseguentemente il proprio futuro professionale. Pertanto, un’adeguata concezione di orientamento che si proponga di facilitare e sostenere i processi di scelta e che tenga conto delle esigenze dei diversi soggetti che vi interagiscono dovrebbe muoversi su di una linea prevalentemente educativa e formativa. Tuttavia, non sempre, anche a livello scientifico, è chiara tale ottica educativa dell’orientamento, benché essa meriti una forte attenzione. Pensando poi specificamente all’ambito scolastico, l’orientamento dovrebbe assumere in maniera ancora più esplicita le seguenti caratteristiche: una modalità educativa permanente, una prospettiva teorica e metodologica di carattere evolutivo secondo un approccio sistemico e un reale intreccio, nella prassi e nell’organizzazione dei servizi,

  • delle tre principali dimensioni dell’orientamento: informazione, formazione e consulenza.

    3. L’orientamento nella scuola

    L’orientamento come fattore strutturale di ogni processo formativo che si realizza lungo l’arco di tutta la vita, trova nella scuola lo spazio e l’occasione per formarsi e prepararsi alla scelta di una professione futura. Quanto la scuola ne sia consapevole difficile dirlo, tuttavia in questi anni in cui ripetutamente è stata sottoposta a ristrutturazione dalla riforma scolastica, sembra cresciuta l’esigenza di riconquistare l’orientamento come compito educativo che mette al centro l’interesse degli studenti e delle studentesse e la maturazione della loro personalità. Nell’attuazione delle innovazioni collegate con il sistema delle autonomie (L. n. 59/’97) e con la riforma del sistema educativo di istruzione e di formazione (L. n. 53/’03), l’orientamento ha rivestito un ruolo strategico nell’azione formativa della scuola, in quanto conferisce senso formativo alle discipline perché ne valorizza le valenze orientative, promuove nei giovani motivazioni e capacità decisionali attraverso una progressiva consapevolezza delle proprie conoscenze, competenze, aspettative e valori personali. L’obiettivo dell’azione orientativa della scuola, dunque, in sinergia con le altre istituzioni formative, a partire dalla famiglia, è quello di rendere i giovani protagonisti dei momenti decisionali nella realizzazione del loro individuale progetto di vita, autonomamente elaborato e assunto gradualmente con convinzione e responsabilità. È stato ribadito nei diversi testi legislativi che la scuola è orientativa,in quanto promuove l’orientamento personale e favorisce l’iniziativa del soggetto per il suo sviluppo fisico, psichico e intellettuale, mettendolo nelle condizioni di definire e conquistare la propria identità di fronte agli altri e di rivendicare un proprio ruolo nella realtà sociale, culturale e professionale. L’orientamento, dunque, viene sempre più recepito come un processo educativo continuo cui debbono concorrere unitariamente anche le varie strutture non formali e informali del territorio, nonché i diversi gradi di scuola successivi. Tutti concordano sul fatto che è stato riduttivo collocare le attività di orientamento soltanto nella fase di passaggio dalla scuola secondaria di primo grado alle scelte relative alla scuola superiore. È vero che ci si trova di fronte a soggetti come i preadolescenti che vivono di fatto il dramma di dover scegliere il percorso scolastico successivo senza possedere una maturità e una decisionalità adeguata per fare una scelta corretta. La possibilità del preadolescente di operare scelte realistiche nell’immediato e nel futuro, portando avanti lo sviluppo di un progetto di vita personale, deriva dal consolidamento di competenze decisionali fondate su una verificata conoscenza di sé, oltre che su un autentico percorso educativo che abbia

  • valorizzato e continui a valorizzare le capacità, gli interessi e le attitudini di ogni ragazzo/ragazza.

    3.1. Quali competenze orientative? Se l’orientamento è inteso come sviluppo della capacità di essere protagonisti nel proprio cammino di crescita e nelle proprie scelte per il futuro, esso è un processo e una prospettiva che riguarda un più ampio e lungo periodo, per cui non si può risolvere solo nel momento di passaggio dalla scuola media a quella superiore. Tale processo non è centrale solo nelle transizioni cruciali, ma deve essere attuato durante l’intero percorso di crescita dello studente. Saper scegliere, infatti, è una delle competenze fondamentali per orientarsi nel futuro che oggi si è fatto più incerto e confuso. La scuola è chiamata sempre più a sviluppare all’interno del contesto scolastico, una politica orientativa attenta ai vari bisogni degli utenti, anche perché essa costituisce ancora oggi un importante punto di riferimento, anzi a volte l’unico, per i giovani che si trovano a dover scegliere il proprio progetto futuro. L’orientamento educativo nella scuola, infatti, si propone come obiettivi essenziali: - avviare la ricerca dell’identità: durante l’età evolutiva questo compito avviene attraverso un divenire faticoso e sovente conflittuale, al ritmo di continue scelte e di progressivi impegni di responsabilità; - abilitare ad una molteplicità di scelte: durante il processo di identità personale vengono a prendere concretezza i diversi modi di essere con cui ciascuno si realizza, cioè le “varie scelte” professionali, affettive, politiche, morali, religiose. L’adolescente attraverso questa modalità di attuazione del proprio io, oltre che con gli altri, è anche in grado di entrare in rapporto con la realtà e con il mondo. Ci si interroga, pertanto, quanto la scuola sia in grado di svolgere questi obbiettivi e come sappia effettivamente fare un’offerta di orientamento che si incrocia con la domanda e i bisogni dei ragazzi. Le iniziative di orientamento che vengono proposte sono in linea con un più ampio progetto di orientamento educativo che è intrinseco alla struttura formativa della scuola stessa? Una interessante ricerca dello IARD-COSPES condotta su studenti delle scuole medie e superiori sul tema della progettualità e dell’orientamento alle scelte ha messo in evidenza che gli adolescenti percepiscono la presenza dei servizi di orientamento soprattutto negli anni scolastici più prossimi alla scelta e che non sono consapevoli del fatto di un orientamento continuo nella scuola che li conduca a maturare una capacità di scelta e di decisione. Essi percepiscono l’orientamento più come un’attività ‘esterna’, extracurriculare, che si affianca ai programmi di studio, anziché come un percorso pienamente integrato nei processi formativi. Così percepito l’orientamento davvero non sembra sviluppare nei soggetti delle competenze orientative.19

  • 3.2. Docente ‘orientatore’? Riscoperta della ‘dimensione orientativa’ di ogni disciplina

    Rendere l’orientamento come una dimensione trasversale che comprende l’intera attività formativa della scuola non è facile. Occorre recuperare la dimensione orientativa implicita – un po’ troppo! – nelle discipline scolastiche e non solo. A saper scegliere ed orientarsi nella vita lo si impara soprattutto nella quotidianità delle attività, delle relazioni e della ricerca di soluzione dei problemi inclusi nel percorso scolastico: non si tratta di una disciplina strettamente scolastica, ma di valorizzare le comuni e normali attività di vita relazionale, di impegno, di studio e di collaborazione con gli altri che si intrecciano nell’esperienza didattica e disciplinare della scuola. Difatti, il carattere orientativo è intrinseco allo studio delle discipline e alle attività inter e trans-disciplinari. Lo studio e le attività possono essere amplificate nella loro efficacia con un impiego attento dei percorsi formativi facoltativi che vengono offerti ai preadolescenti per il migliore sviluppo possibile delle loro capacità, fino ai livelli dell’eccellenza. Il problema tuttavia è di carattere metodologico e richiede, per essere correttamente affrontato, peculiari competenze orientative da parte soprattutto dei docenti e di tutti gli altri operatori di orientamento che vi sono coinvolti. Ci si domanda perciò quali siano tali competenze e quale supporto viene offerto ai docenti perché l’azione didattico-formativa assuma un valore orientativo. Al momento attuale ci troviamo di fronte ad un dibattito culturale e professionale che sembra ancora ben lontano dall’essere chiarificato. Qual professionalità è richiesta a chi si occupa di orientamento, o meglio, quale competenza professionale dovrebbe possedere l’operatore dell’orientamento? Data la forte rilevanza sociale che sta assumendo l’orientamento il problema della definizione di una chiara e riconosciuta professionalità orientativa merita una più attenta considerazione. Esistono, infatti, vari interventi e azioni di orientamento alle quali non è

    19 Cf POCATERRA Renato-POZZI Stefania-GULLI Giovanna (a cura di), Orientarsi a scuola, Vol. I, Centra la scelta! Un questionario di autovalutazione on line, Fondazione IARD, Milano, FrancoAngeli 2005, 57-60.

  • possibile attribuire univocamente un riconoscimento professionale: azioni di tipo generico o di carattere informale, come buoni consigli, informazioni, suggerimenti o testimonianze da parte di amici, conoscenti, testimoni significativi, ecc.; azioni mirate, ma circoscritte, di base come quelle che si mettono in atto nella scuola attraverso indirette attività didattiche o educative; azioni ed interventi specialistici attuate da professionisti e con metodologie specifiche, come psicologi, psicopedagogisti, esperti del mondo del lavoro e del marketing, ecc. Per quanto riguarda la professionalità degli insegnanti che svolgono funzioni di coordinamento o di monitoraggio orientativo occorre fare una riflessione più ampia e adeguata per individuare dei percorsi di formazione specifica, perché possano acquisire le cosiddette competenze orientative che sono in qualche modo complementari al proprio ruolo di docente. Le esperienze condotte in questi anni con le quali si è tentato di affrontare il problema del riconoscimento di tale funzione orientativa non sempre hanno portato a chiarire il problema del profilo professionale del docente ‘orientatore’.20 L’attenzione, dunque, va nuovamente sul dibattito teorico, prima che operativo, che pone l’interrogativo sulle reali competenze orientative dei docenti, tra cui, ad esempio, le competenze relazionali perché essi possano divenire facilitatori del processo di orientamento, dei processi di scelta e di decisione dei ragazzi. Ci si domanda, infatti, se sia possibile articolare una pratica di orientamento gestita autonomamente dagli insegnanti, all’interno del proprio contesto scolastico e quale possa essere in questo caso il ruolo e il compito degli esperti o specialisti di orientamento, in particolare degli psicologi. In tal caso ci troviamo di fronte ad una specificità professionale della figura dell’orientatore che si ricollega alla sperimentazione di servizi specialistici attivati dalla scuola in collaborazione con i servizi del territorio: destinatari di tali servizi sono non solo gli studenti, ma anche i genitori e i docenti stessi. Tali attività e interventi sono specifici, connessi ai momenti di scelta immediati e sono svolti con una competenza orientativa che rientra nell’ordine del counselling. Si tratta, cioè, di interventi di carattere individuale, realizzati mediante una relazione di aiuto o mediante, l’esame psicodiagnostico della personalità: ciò evidentemente è di competenza dello psicologo o dello psicoterapeuta. È importante, in ogni caso, dare alla scuola, in particolare ai docenti, attraverso i processi di insegnamento/apprendimento spazi, professionalità e strumenti specifici per realizzare un adeguato orientamento degli allievi al fine di imparare a sapersi orientare, a saper scegliere ed elaborare una propria progettualità professionale.

  • Alcuni tentativi di sperimentazione in tal senso sono stati già realizzati ed hanno condotto a individuare percorsi diversificati e a costruire procedure e strumenti che hanno reso possibile lo sviluppo di competenze orientative specifiche e personalizzate.21 «Nell’ottica, dunque, di attivare dei percorsi orientativi altamente personalizzati è necessario che la scuola e gli insegnanti acquisiscano e riconoscano i pre-requisiti orientativi indispensabili al fine di garantire ai giovani la possibilità di fruire appieno dei percorsi di orientamento. Un mutamento è prevedibile anche nella mission delle scuole, a livello locale, che hanno la possibilità, attraverso la strutturazione di attività orientative, di mettere al centro delle proprie attività, curriculari ed extra-curriculari, lo studente e le sue esigenze specifiche, in termini di guida alle scelte».22

  • Art. 9 Dlgs 63/2017 ( decreti delegati “Buona Scuola”)