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Stili e linguaggi figurativi a Roma e nel suo territorio dal pontificato di Clemente VIII al giubileo del 1625: naturalismo, classicismo, epilogo della Maniera. Arte moderna di Roma e del Lazio A. A. 2017-2018

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Stili e linguaggi figurativi a Roma e nel suo territorio

dal pontificato di Clemente VIII al giubileo del 1625:

naturalismo, classicismo, epilogo della Maniera.

Arte moderna di Roma e del Lazio

A. A. 2017-2018

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CAREL VAN MANDER (1548-1606), Le vite degli illustri pittori

fiamminghi, olandesi e tedeschi, 1604

«Egli [Caravaggio] dice infatti che tute le cose non sono altro che bagattelle, fanciullagini o baggianate – chiunque le abbia dipinte – se esse non sono fatte dal vero, e che nulla vi può essere di buono o di meglio che seguire la natura. Perciò egli non traccia un solo tratto senza star dietro alla natura, e questa copia dipingendo. Questa non è d’altronde una cattiva strada per giungere poi alla mèta; infatti dipingere su disegni, anche se essi ritraggono il vero, non è certamente la stessa cosa ache avere il vero davanti a sé e seguir la natura nei diversi colori; però occorre che anzitutto il pittore sia così progredito in intendimento da saper distinguere e quindi sceglier il bellissimo dal bello. Ora egli è un misto di grano e di pula.»

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BARTOLOMEO FONTANA (1510-post 1569)

Lettera di Ottavio Rossi a Pietro Morone (ca. 1600)

«Intorno a quel che mi pregate a dirvi, qual io stimi

esser Prencipe de' Pittori, che si ritrovan a questa Corte,

non so come sodisfarvi, perché non ardirei di

sottomettere il Carraccio, e Michel'Angelo da

Caravaggio al Cavalier d'Arpino ma vi dirò bene che

questi tre formano il Triumvirato della pittura».

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Giulio Mancini (1559-1630),

Considerazioni sulla Pittura, 1619-20.

«Che questi viventi si reducono a quattro ordini, classe o ver vogliam dir schole, una

delle quali è quella del Caravagio, assai seguita, camminando per essa con fine,

diligentia e sapere Bartolomeo Manfredi, lo Spagnoletto, Francesco detto Cecco del

Caravaggio, lo Spadarino et in parte Carlo Venetiano. Proprio di questa schola è di

lumeggiar con lume unito che venghi d’altro senza reflessi, come sarebbe in una

stanza da una fenestra con le pariete colorite di negro, che così, havendo i chiari e

l’ombre molto chiare e molto oscure, vengono a dar rilievo alla pittura, ma però con

modo non naturale, né fatto, né pensato da altro secolo o pittori più antichi, come

Raffaelo, Titiano, Correggio et altri. Questa schola in questo modo d’operare è molto

osservante del vero che sempre lo tien davanti mentre ch’opera; fa bene una figura

sola, ma nella composition dell’historia et esplicar affetto, pendendo questo

dall’immagination e non dall’osservanza della cosa, per ritrar il vero che vengon

sempre avanti, non mi pare che vi vagliano, essendo impossibil di mettere in una stanza

una moltitudine d’huomini che prare sentin l’historia con quel lume d’una fenestra sola,

et haver un che rida o pianga o faccia atto di camminare e stia fermo per lasciarsi

copiare, e così poi le lor figure, ancorché habbin o for4sa, mancano di moto e d’affetti,

di gratia, che sta in quell’atto d’operare come si dirà».

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Caravaggio, Buona ventura,

1597. Roma, Pinacoteca

Capitolina.

Caravaggio, Buona ventura,

1597. Roma, Pinacoteca

Capitolina.

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Caravaggio, Conversione di Saulo, 1600ca, Roma, Collezione Odescalchi.

Caravaggio, Conversione di Saulo, 1604ca, Roma, Chiesa di S Maria del Popolo.

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Cappella Cerasi, Roma, S Maria del Popolo.

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Annibale Carracci e Innocenzo Tacconi, affreschi della volta della

Cappella Cerasi, 1600-1601. Roma, S. Maria del Popolo.

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Giovan Battista Ricci da Novara (1537-1627), volta vano ingresso, 1601. Roma, Cappella Cerasi, S Maria del Popolo.

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Annibale Carracci, Assunzione, 1601 ca, Roma, S. Maria del Popolo, Cappella Cerasi.

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II schola La seconda è quella dei Caracci, dei tre fratelli [Annibale (1560-1609), Agostino (1557-1602), Ludovico, cugino, (1555-1619)] e nepote [Antonio (1583 ca.-1618)], con Guido [Guido Reni (1575-1642)], Albano [Francesco Albani (1578-1660), Domenichino [Domenico Zampieri (1581-1641)], et questi viventi di Bologna, et altri di sopra nel Rolo proposti. Questa ha per proprio l’intelligenza dell’arte con gratia et espression d’affetto, proprietà e composition d’historia, havendo congionto insieme la maniera di Raffaelo con quella di Lombardia, perché vede il naturale, lo possiede, ne piglia il buono, lascia il cattivo, lo migliora, e con lume naturale gli dà il colore e l’ombra con le movenze e gratie (Mancini)

Annibale Carracci, Autoritratto

con figure, 1585. Milano, Brera.

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Lume naturale: primario di primo tipo

Cavalier D’Arpino, San Matteo resuscita il figlio del re di Etiopia, 1593. San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli.

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Lume divino: primario di secondo tipo

Federico Zuccari (1539-1609), Trionfo di San Giacinto, 1600. Roma, S. Sabina, Cappella di San Giacinto.

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Correggio, Adorazione dei Pastori, 1525-30. Dresda, Gemäldegalerie (già Reggio

Emilia, San Prospero); Rubens, Adorazione dei Pastori, 1608. Fermo, Pinacoteca

civica (già S. Filippo Neri); Caravaggio, Adorazione dei Pastori, 1609. Messina,

Museo Regionale (già S. Maria della Concezione).

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Annibale Carracci, Adorazione dei Pastori, 1600. Parigi, Louvre.

Annibale Carracci, Adorazione dei Pastori, 1593, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica.

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Annibale Carracci,

Adorazione dei

Pastori, 1597-98.

Orléans, Musée des

Beaux-Arts.

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III schola:

«La terza è quella del Cavalier Giuseppe, che ha

per proprio un spirito e proprietà di natura, con

buona compositione e gratia et in particolare

delle teste. E se bene non va osservando tanto

essattamente il naturale come quella del

Caravaggio / né quella gravità e sodezza di quella

delli Caracci, nondimeno ha in sé quella

vaghezza che in un tratto rapisce l’occhio e

diletta» (Mancini).

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«Vi è la quarta schola, e più tosto diremo ordine e grado che schola, et è di quei pittori, quali o vivono o poco prima son morti, quali essendo tutti di valore nella professione, hanno operato con un modo proprio et particolar senza andar per le pedate d’alcuno. Il primo è il cavalier Cristofano Roncagli che con saper grande con un suo proprio modo di colorire piace e piacerà più agl’intendenti che agli huomini communi […] Il secondo è il cavalier Passignano di maniera fra la natione fiorentina e venetiana; ha gran prattica, risolutione e buon colorito da mastro […] Il terzo è il Cigoli, huomo di gran studio e sapere, ma duro nell’operare […] Il quarto è il cavalier Baglioni, il quale d’assai buon gusto e si son visti alcuni ritratti molto boni […]» (Mancini)

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G. Baglione (1566 ca.-1643), Apparizione dell’Angelo a Giuseppe, 1598. Mosca, Museo Puškin (già Cappella S. Croce a S. Martino ai Monti).

C. Roncalli (1553-1626), Santa

Domitilla, Nereo e Achilleo, 1598-

99, Roma, chiesa dei Santi Nereo e

Achilleo.

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J. Callot (da Domenico Cresti (1559-1638),

Crocifissione di Pietro, 1609 (data del

dipinto). Originale quasi totalmente perduto.

Ludovico Cardi detto il Cigoli (1559-1613), San Pietro Guarisce lo storpio, 1606. Prado, Madrid. Originale quasi totalmenete perduto.

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Cristoforo Roncalli, Morte di Saffira, 1599-1603. Roma, S. Maria degli Angeli (già San Pietro, Cappella Clementina

J. Callot (da G. Baglione), Resurrezione di Tabita, 1607 (data del dipinto).

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Francesco Vanni (1580 ca.-1610),

Caduta di Simon Mago, 1603. Città

del Vaticano, Reverenda Fabbrica di

S. Pietro.

J. Callot (da Bernardo Castello)

(1557?-1629), San Pietro cammina

sulle acque, 1604-5 (data del dipinto

perduto).

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I schola (Caravaggio, Manfredi, Spagnoletto, Cecco del Caravaggio, Saraceni)

II schola (Carracci, Reni, Domenichino, Albani)

III schola (Cavalier d’Arpino)

IV schola (Roncalli, Passignano, Cigoli, Baglione)

- lumeggiar con lume

unito che venghi d’altro

senza reflessi

- vengono [ombre molto

chiare e molto scure] a

dar rilievo alla pittura,

ma però con modo non

naturale, né fatto, né

pensato da altro secolo

o pittori più antichi

- molto osservante del

vero che sempre lo tien

davanti

- fa bene una figura

sola, ma nella

composition

dell’historia et esplicar

affetto […] non mi pare

che vi vagliano.

- ha per proprio

l’intelligenza dell’arte

con gratia et espression

d’affetto, proprietà e

composition d’historia,

havendo congionto

insieme la maniera di

Raffaelo con quella di

Lombardia.

- vede il naturale, lo

possiede, ne piglia il

buono, lascia il cattivo,

lo migliora

- con lume naturale gli

dà il colore e l’ombra

con le movenze e gratie.

- ha per proprio un

spirito e proprietà di

natura, con buona

compositione e gratia

et in particolare delle

teste.

- non va osservando

tanto essattamente il

naturale come quella

del Caravaggio né

quella gravità e

sodezza di quella delli

Caracci

- ha in sé quella

vaghezza che in un

tratto rapisce l’occhio

e diletta.

- hanno operato con un

modo proprio et

particolar senza andar

per le pedate d’alcuno.

- Cristofano Roncalli:

con saper grande con un

suo proprio modo di

colorire piace e piacerà

più agl’intendenti che

agli huomini communi

- Passignano: di maniera

fra la natione fiorentina e

venetiana; ha gran

prattica, risolutione e

buon colorito da

mastro

- Cigoli, huomo di gran

studio e sapere, ma

duro nell’operare […]

- Baglione: d’assai buon

gusto e si son visti alcuni

ritratti molto boni […]

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VINCENZO GIUSTINIANI (Lettera sulla pittura al Signor Teodoro Amideni (1617-18 ca.), in Lettere

Memorabili dell’Ab. Michele Giustiniani, Roma, Tinassi, 1675).

«Quinto, il saper ritrarre fiori, ed altre cose minute, nel che due cose principalmente si richiedono: la prima che il pittore sappia di lunga mano maneggiare i colori, e ch’effetto fanno, per potere arrivare al disegno vario delle molte posizioni de’ piccoli oggetti, ed alla varietà de’ lumi; e riesce cosa assai difficile unire queste due circostanze e condizioni a chi non possiede bene questo modo di dipingere, e sopra a tutto vi si ricerca straordinaria paziena»

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…ed il Caravaggio disse, che tanta manifattura gli era a fare un

quadro buono di fiori, come di figure” (V. Giustiniani).

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«Decimo, è il modo di dipingere, come si dice, di maniera, cioè che il pittore con lunga pratica di disegno e di colorire, di sua fantasia, senza alcun esemplare, forma in pittura quel che ha nella fantasia, così di teste, o figure intiere, come in istorie compite, o qualsivoglia altra cosa di disegno e colorito vago, nel quale modo ha dipinto a’ tempi nostri il Barocci, il Romanelli, il Passignano e Giuseppe d’Arpino, particolarmente nelle pitture a fresco in Campidoglio, nel che ha prevalso assai; ed in questo modo molti altri hanno a olio fatto opere assai vaghe e degne di lode» (V. Giustiniani).

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Federico Barocci (1535-1612), Visitazione, 1583-86. Roma, S. Maria in Vallicella.

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Barocci, Istituzione dell’Eucaristia, 1603-1607.

Roma, S. Maria sopra Minerva, Cappella

Aldobrandini

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Federico Barocci, Presentazione al tempio

di Maria, 1593-1603. Roma, S. Maria in

Vallicella

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Cavalier d’Arpino, Ritrovamento della Lupa, 1596. Roma,

Palazzo dei Conservatori, Sala degli Orazi e dei Curiazi.

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Cavalier d’Arpino, Combattimento degli Orazi e Curiazi, 1612-13. Roma, Palazzo dei

Conservatori, Sala degli Orazi e dei Curiazi.

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«Undecimo modo, è di dipignere con l’avere gli oggetti naturali davanti. S’avverta però che non basta farne il semplice ritratto; ma è necessario che sia fatto il lavoro con buon disegno, e con buoni e proporzionati contorni, e vago colorito e propri, che dipende dalla pratica di sapere maneggiare i colori, e quasi d’istinto di natura, e grazia a pochi conceduta; e soprattutto con saper dare il lume conveniente al colore di ciascheduna parte […] hanno dipinto il Rubens, Gius. Spagnuolo, Gherardo [van Honthorst], Enrico [Hendrick ter Brugghen], Teodoro [van Baburen] ed altri simili, la maggior parte Fiamminghi esercitati in Roma, che hanno saputo ben colorire» (Giustiniani).

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T. Van Baburen, Deposizione, 1617. S. Pietro in Montorio, Cappella Cusida.

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«Duodecimo modo, è il più perfetto di tutti; perché è più difficile, l’unire il modo decimo con l’undecimo già detti, cdipingere di maniera, e con l’esempio davantiioè del naturale, ché così dipinsero gli eccellenti pittori della prima classe, noti al mondo; ed ai nostri dì il Caravaggio, i Carracci, e Guido Reni, ed altri, tra i quali taluno ha premuto più nel naturale che nella maniera, e taluna più nella maniera che nel naturale, senza però discostarsi dall’uno, né dall’altro modo di dipignere, premendo nel buon disegno, e vero colorito, e con dare i lumi propri e veri» (Giustiniani).

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G. Reni, Crocifissione di Pietro, 1604-5. Musei Vaticani, già S. Paolo alle Tre fontane.

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GIOVAN PIETRO BELLORI (1613-

1696)

Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, 1672

«L’arte che da Cimabue e da Giotto, nel corso ben lungo di anni ducento cinquanta, erasi a poco a poco avanzata, tosto fu veduta declinare, e di regina divenne umile e volgare. Sicchè mancato quel felice secolo, dileguossi in breve ogni sua forma; e gli artefici, abbandonando lo studio della Natura, viziarono l’Arte con la maniera, o vogliamo dire fantastica Idea, appoggiata alla pratica, e non all’imitazione. Questo vizio distruttore della Pittura cominciò da prima a germogliare in maestri di onorato grido, e si radicò nelle scuole, che seguirono poi: onde non è credibile a raccontare quanto degenerassero non solo da Raffaele, ma dagli altri, che alla maniera diedero cominciamento».

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«Fiorenza che si vanta di essere madre della Pittura, e ‘l paese tutto di Toscana, per li suoi professori gloriosissimo, taceva già senza laude di pennello; e gli altri della Scuola romana non alzando più gli occhi a tanti esempj antichi e nuovi, avevano posto in dimenticanza ogni lodevole profitto; e sebbene in Venezia più, che altrove, durò la Pittura, non però quivi, o per la Lombardia udivasi più quel chiaro grido de’ colori, che tacque nel Tintoretto, ultimo sin’ora de’ Veneziani pittori. Dirò di più quello, che parrà incredibile a raccontarsi: né dentro, né fuori d’Italia, si ritrovava pittore alcuno; non essendo gran tempo, che Pietro Paolo Rubens, il primo riportò fuori d’Italia i colori; e Federico Barocci, che avrebbe potuto ristorare e dare soccorso all’Arte languiva in Urbino, e non le prestò ajuto alcuno» (Bellori).

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«In questa lunga agitazione, l’Arte veniva

combattuta da due contrarj estremi; l’uno tutto

soggetto al naturale, l’altro alla fantasia. Gli

autori in Roma furono Michel’Angelo da

Caravaggio, e Giuseppe di Arpino. Il primo

copiava puramente li corpi, come appariscono

agli occhi, senza elezione; il secondo non

riguardava punto il naturale, seguitando la libertà

dell’istinto; e l’uno e l’altro nel favore di

chiarissima fama era venuto al mondo in

ammirazione, ed in esempio» (Bellori).

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«Così quando la Pittura volgevasi al suo fine, si

rivolsero gli astri più benigni verso l’Italia e

piacque a Dio che nella città di Bologna, di

scienze maestra, e di studj, sorgesse un

elevatissimo ingegno, e che con esso risorgesse

l’Arte caduta, e quasi estinta. Fu questi

Annibale Carracci» (Bellori)

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GIOVANNI BATTISTA AGUCCHI

(1570-1632) Trattato della pittura, 1607-1615 (1° ed. 1646)

«Il Bassano è stato un Pierico nel rassomigliare i

peggiori, ed una gran parte de’ moderni, ha figurati gli

eguali; e fra questi il Caravaggio eccellentissimo nel

colorire si dee comparare a Demetrio, perché ha

lasciato indietro l’Idea della bellezza, disposto di

seguire del tutto la similitudine».

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«Stravagante è stata l’inventione della Pittura, poiché volendo imitare le cose della

Natura, né in quel principio a ciò sufficientemente l’Arte supplendo, cominciarono que’

primi ritrovatori ad industriarsi, e con un solo colore tratteggiando, d’una sola linea

conducevano la loro pittura, con la quale gli estremi del corpo humano circondavano

che da noi contorni s’appellano.

Altri poi nei colori , e nelle carnagioni s’impiegarono; e molti in far atteggiare le figure,

e spirar loro affetti d’animo, onde tra gli antichi fu chiaro Parrasio, e ne’ pregi de gli

artificij immortale Apelle. Ed a nostri tempi in chi è lodata la venustà, in chi l’espressiva

della Natura; altri prevale nel colorito, et altri dessi al rilievo delle figure; molti vagliono

nella compositione, e molti nella varietà. Chi forma animali e chi boscaglie per

eccellenza rappresenta.

Vi sono ancora di quelli, che mossi da’ loro capricci formano un misto dell’arte, e della

natura, ove con busti d’huomini, e con teste d’animali fanno maschere imaginate, edificij

di frondi, e con orditure di bizzarrie libertà di pensieri, che grottesche sono dette; e

ciascuno segue il suo talento.

[…]»

GIOVANNI BAGLIONE (1573-1643)

Vita di Girolamo Nanni, 1642

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Marcello Venusti (copia da), Annunciazione (1609-17 ca.), olio su tela. Roma, S. Caterina dei Funari, Cappella Canuto.

Girolamo Nanni, Incoronazione della Vergine,

Spirito Santo, Profeti, Nascita della Vergine,

Annunciazione, Visitazione; sottarco, al centro

Dio Padre, a sin. Assunzione della Vergine e

David, a destra Sposalizio della Vergine e Mosè

(1609-17 ca.) affresco. Roma, S. Caterina dei

Funari, Cappella Canuto.

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Girolamo Nanni, Teoria di Santi, 1600

ca. Roma, Sancta Sanctorum

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«Collocato il quadro [S. Margherita] sull’altare per la novità vi concorsero li pittori, e tra li vari discorsi loro, Michel Angelo da Caravaggio dopo essersi fermato lungamente a riguardarlo, si rivolse, e disse: “mi rallegro che al mio tempo veggo pure un pittore”» (Bellori, Vite, 1672).

Pubblici esordi: La Santa Margherita di Annibale

Carracci a S. Caterina dei Funari (Cappella Bombasi)

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1. A. Carracci, S. Margherita, 1599. Roma, S. Caterina dei Funari, cappella di Gabriele Bombasi.

2. A. Carracci, La Vergine, san Luca e santa Caterina, 1592. Parigi, Louvre (già cattedrale di Reggio).

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I. Tacconi, A. Carracci, Incoronazione della Vergine, 1600 ca. Roma, S. Caterina dei Funari, Cappella Bombasi.

Correggio, Incoronazione della Vergine, 1521. Parma, Galleria Nazionale.

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Pubblici esordi: Caravaggio

Cappella Contarelli

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Tintoretto, Miracolo di S.

Marco, 1548. Venezia,

Galleria dell’Accademia, già

Scuola grande di S. Marco.

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Medea in fuga sul carro, dettaglio del mito di Giasone e Creusa, sarcofago di produzione romana, 150 d. C. Mantova, Palazzo Ducale.

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Caravaggio, Martirio di S. Matteo /Johann Carl Loth (1632-1698), Martirio di S. Pietro da Verona, copia da Tiziano, 1691 (originale 1528-30). Venezia, Santi Giovanni e Paolo (distrutto da un incendio del 1867).

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Palma il Vecchio, Martirio di S. Pietro da Verona, 1526-28. Alzano, S. Martino (già chiesa di S. Pietro Martire). / Domenichino, Martirio di S. Pietro Martire, 1619-21. Brisighella, chiesa di S. Francesca Romana.

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Tintoretto, Natività, 1579-81.

Scuola di S. Rocco, Sala

grande / Caravaggio,

Madonna dei Pellegrini,

1603 ca. Roma, S. Agostino,

Cappella Cavalletti .

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Tintoretto, Ultima Cena, 1592-94. Venezia, Basilica di S. Giorgio Maggiore.

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Caravaggio, Sette opere di Misericordia, 1606-7. Napoli, Pio Monte della Misericordia /

Caravaggio, Vocazione, 1600 ca. Roma, S. Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli.

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Tintoretto, San Rocco in Gloria, 1564. Venezia, scuola di S. Rocco. / Caravaggio, Giove, Nettuno, Plutone, 1597. Roma, Casino Ludovisi (già del Monte).