art. 41 D.P.R. 328/01
Transcript of art. 41 D.P.R. 328/01
OGGETTO: INTERVENTI PER LA MITIGAZIONE DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO IN LOCALITÀ PISCOLO NEL COMUNE DI SERRONE (D.G.R. 511/2016 DEL 04/08/2016)
RG_01 RELAZIONE GEOLOGICA
COMUNE: SERRONE (FR) LOCALITÀ: PISCOLO
DATA: GIUGNO 2017 A DI 17
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1 PREMESSA Lo scrivente Dott. Geol. Marco Iti, iscritto dal 05/02/2001 alla Sezione A dell’Albo Professionale dei
Geologi della Regione Lazio, elenco A.P. n. iscrizione 1442, a seguito dell’incarico ricevuto dal a seguito dell’incarico ricevuto (Determinazione Responsabile del Servizio LL.PP. e Urbanistica, R.i. nr. 124 del 12/06/2017 [R.G. N. 263 DEL 28/06/2017]) ha provveduto ad eseguire uno studio geologico finalizzato alla redazione del progetto: “INTERVENTO PER LA MITIGAZIONE DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO IN
LOCALITÀ PISCOLO NEL COMUNE DI SERRONE”. L’obiettivo del presente studio è stato quello di caratterizzare i litotipi presenti, verificare la presenza
di eventuali situazioni di dissesto idrogeologico, determinare la compatibilità delle opere in progetto con l’assetto geologico ed ambientale dell’area, definire il modello geologico, geotecnico e stratigrafico di sito (D.M. 14.01.2008).
Il sito in oggetto è situato nel Comune di Serrone (RM) presso il Località Piscolo, [Rif. Coordinate
WGS84 Lat. 41.8358421, Long. 13.0979738]. Al fine di acquisire tutti i dati occorrenti alla redazione della presente relazione sono state svolte le
seguenti attività: o esame della cartografia ufficiale disponibile o analisi dei dati reperibili in letteratura per valutare le caratteristiche geotecniche dei terreni o esecuzione di rilievo geologico di superficie o esecuzione di indagine geognostica [RG_02 RISULTANZE INDAGINI IN SITU].
Il presente elaborato e tutti gli allegati ad esso riferibili sono stati redatti ai sensi dell’art. 41 del D.P.R. 328/01.
Lo studio geologico redatto nel suo insieme si compone dei seguenti elaborati:
Relazione RG1 RELAZIONE GEOLOGICA
Relazione RG2 INDAGINI E PROVE ESEGUITE SECONDO LE DISPOSIZIONI DELL’ALLEGATO C AL REGOLAMENTO REGIONALE
Relazione RG3 RELAZIONE SULLA MODELLAZIONE SISMICA
Relazione RG4 VERIFICA STABILITÀ DI VERSANTE
Relazione RG5 REPERTORIO FOTOGRAFICO DELLE INDAGINI
Tavola G1 CARTA UBICAZIONE INDAGINI STRALCIO PAI STRALCIO MOPS STRALCIO VINCOLO IDROGEOLOGICO
Tavola G2 CARTA GEOLOGICA SEZIONI GEOLOGICHE COLONNA STRATIGRAFICA INTERPRETATIVA
1.1 NORMATIVA DI RIFERIMENTO o Delibera di Giunta Regione Lazio n. 375 del 05 luglio 2016, Adozione regolamento regionale concernente:
"Regolamento regionale per lo snellimento e la semplificazione delle procedure per l'esercizio delle funzioni regionali in materia di prevenzione del rischio sismico e di repressione delle violazioni della normativa sismica. Abrogazione del regolamento regionale 7 febbraio 2012, n. 2 (Snellimento delle procedure per l'esercizio delle funzioni regionali in materia di prevenzione del rischio sismico)" (BURL n. 56 del 14 luglio 2016).
o Deliberazione Giunta Regione Lazio n. 489 del 17 ottobre 2012 “Modifica dell'Allegato 2 della DGR Lazio n. 387 del 22 maggio 2009”
o Delibera di Giunta Regione Lazio n. 835 del 03 novembre 2009 “Rettifica all’Allegato 1 della DGR Lazio 387 del 22 maggio 2009”;
o Delibera di Giunta Regione Lazio n. 387 del 22 maggio 2009, “Nuova classificazione sismica del territorio della Regione Lazio in applicazione dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 Aprile 2006 e della D.G.R. Lazio 766/03”;
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o Circolare 2 febbraio 2009, n. 617 - Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008, pubblicata in S. O. n. 27 alla G.U. n. 47 del 26 febbraio 2009;
o Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008 "Approvazione delle nuove norme tecniche", pubblicato in S. O. n. 30 alla G.U. n. 29 del 4 febbraio 2008;
o Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3274 del 20 Marzo 2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3379 del 05 Novembre 2004 e successive modifiche e integrazioni;
o Delibera di Giunta Regione Lazio n. 766 del 01 agosto 2003 “Riclassificazione sismica del territorio della Regione Lazio in applicazione dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio n. 3274 del 20 marzo 2003. Prime disposizioni”;
o Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328 “Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti”, pubblicato in S.O. n. 212 alla G.U., 17 agosto, n. 190;
o D.M. del 11 marzo 1988, pubblicato sulla G.U. n. 127 del 1 giugno 1988;
o D.M. del 01 aprile 1983 “Aggiornamento delle zone sismiche della Regione Lazio” pubblicato in G.U. n. 124 del 7 maggio 1983;
o Legge n. 74 del 2 febbraio 1964 e s.m.i. *****
o DGR Lazio n. 13 del 13 gennaio 2012 - Modifiche alla deliberazione della Giunta regionale 20 dicembre 2002, n. 1745. Atto di indirizzo sul periodo di validità delle autorizzazioni ai fini del vincolo idrogeologico;
o Nota Regione Lazio/Direzione Regionale Ambiente/Area Difesa del suolo e concessioni demaniali n. 490669 del 16 novembre 2011 – Nuove disposizioni relative a chiarimenti sulla competenza in ordine al rilascio del Nulla Osta di Vincolo Idrogeologico;
o D.C.P. 233 del 13 Febbraio 2008 – Adozione Regolamento per la gestione del vincolo idrogeologico – Servizio Geologico della Provincia di Roma;
o DGR Lazio 1745 del 20 dicembre 2002 - Atto di indirizzo sul periodo di validità delle autorizzazioni ai fini del vincolo idrogeologico;
o DGR Lazio 6215 del 30 luglio1996 - Vincolo Idrogeologico Modifica alla deliberazione della Giunta Regionale 4 luglio 1995, n. 5746 concernente: Regio decreto-legge n.3267/23 e successive modifiche ed integrazioni e regio decreto n. 1126/26. Vincolo idrogeologico, Adozione delle determinazioni relative alle autorizzazioni a norma dell'art. 7 del regio decreto-legge n. 3267/23 e degli articoli 20 e 21 del regio decreto 1126/26;
o R.D. 1126 del 16 maggio 1926 - Approvazione del regolamento per l'applicazione del 30 dicembre 1923, n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani;
o R.D. 3267 del 30 dicembre 1923 - Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani.
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2 INQUADRAMENTO TERRITORIALE 2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
Il territorio comunale è rappresentato nella Carta Topografica D’Italia, redatta dall’Istituto Geografico dello Stato IGM, nel Foglio 151 ALATRI Anno: 1954, Serie 100v e 100L in scala 1:100.000; nonché nella relativa Tavoletta Serie 25v, in scala 1:25.000, 151 IV-SE AFFILE Anno: 1957 .
Nella più recente produzione dell’IGM le cartografie di riferimento per il territorio in esame, risultano essere, per la Serie 50/L in scala 1:50.000 il Foglio 376 SUBIACO; per la Serie 25 in scala 1:25.000, il Foglio 376 III Olevano Romano (2007).
Nella Carta Tecnica Regionale (CTR), in scala 1:10.000, è individuabile all’interno della Sezione n. 376140 SERRONE; mentre nella nuova Carta Tecnica Regionale in scala 1:5.000 è individuabile all’interno dell’Elemento n. 376144.
2.2 ELEMENTI FISIOGRAFICI Il territorio comunale si sviluppa su una superficie di circa 1800 ettari e confina ad ovest con San Vito
Romano e Pisoniano; a nord con Gerano e Rocca S. Stefano; ad est con Affile e Roiate e a sud con Olevano Romano.
Il paesaggio è caratterizzato dall’incontro tra le pendici occidentali delle strutture carbonatiche meso-cenozoiche dei monti Affilani-Ernici e i rilievi collinari formati dai depositi flyschoidi del Miocene.
Il sito in esame è ubicato, a Sud dell’abitato di Bellegra lungo una dorsale orientata all’incirca NW-SE e delimitata da incisioni e fossi a carattere torrentizio, le cui quote degradano talora anche con forti acclività fino a circa 500 m s.l.m.
Inquadramento geografico. tratto da http://www.pcn.minambiente.it/viewer/
3 CARATTERI GEOLOGICI 3.1 CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE GENERALI DELL’AREA
L’area esaminata si sviluppa lungo il versante meridionale dei rilievi carbonatici meso-cenozoici dei monti Ernici, caratterizzati da versanti aspri e duri mentre, verso sud, rilievi costituiti da depositi flyschioidi, si interpongono alla piana alluvionale del fiume Sacco.
I corsi d’acqua principali si sviluppano a Sud dell’area esaminata e sono rappresentati dal Fosso delle Mole e dal Fosso Gricciano; queste aste fluviali risultano alimentate dalle risorgenze presenti nelle falde detritiche poste a ridosso delle propaggini dei Monti Ernici e dalla modesta circolazione all’interno dei depositi piroclastici
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3.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO Da un punto di vista geologico l’area in esame può essere inquadrata all’interno dell’ampia struttura
dei Simbruini-Ernici-Affilani, costituita prevalentemente da rocce calcaree e/o dolomitiche appartenenti alla successione Laziale-Abruzzese ed attribuibile ad ambiente di piattaforma fino al Cretaceo superiore.
L’assetto geologico attuale è il risultato della disarticolazione subita dal rilievo calcareo meso-cenozoico il quale, tramite un sistema di faglie dirette ed aventi direzione antiappenninica NE-SW, viene ad essere posto in contatto con la sequenza torbiditica Cenozoica.
Schema geologico generale (tratto da P. Cipollari e D. Cosentinoi, “Cronostratigrafia dei depositi neogenici del settore ernico-
simbruino, Appennino Centrale”, Boll. Soc. Geol. It. 118 (1999), 439-459).
Nel Miocene superiore si solleva il settore simbruino-ernico e, conseguentemente, il bacino della Valle
Latina il quale viene passivamente trasportato come bacino marginale; entrambe queste unità sovrascorrono, con direzione NE, sulle successioni terrigene messiniane della Val Roveto. Depositi di origine torbiditica, riferibili al Miocene superiore, sono presenti a SE nella valle del fiume Aniene ed in quella compresa tra i Monti Affilani e i Monti “pre-Ernici”, a NE nella Valle Roveto e a N nella Piana di Carsoli; completano il quadro degli affioramenti, coperture quaternarie, a volte anche molto estese, rappresentate per lo più da conglomerati brecce calcaree di varia origine, travertini e depositi fluviolacustri.
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Successivamente la tettonica compressiva mio-pliocenica lascia il posto ad una intensa attività distensiva postorogena plio-pleistocenica, quindi, l'attuale disposizione geometrico-strutturale dell’intero settore è necessariamente legata alla sovrapposizione degli effetti dovuti alle due differenti fasi.
Questa fase dinamica distensiva, legata allo sviluppo ad ovest del bacino Tirrenico, determina lo
sprofondamento di interi settori di catena lungo sistemi di faglie dirette caratterizzate da migliaia di metri di rigetto; il fronte di questo processo distensivo, come in precedenza quello compressivo, sviluppa nel tempo una migrazione da ovest verso est.
Ai sedimenti di piattaforma carbonatica fanno seguito, dopo la cosiddetta “Lacuna Paleogenica”, i Calcari di rampa carbonatica del Miocene medio, riferibili ai calcari a Briozoi e Litotamni, e le marne ed argille emipelagitiche del Miocene medio superiore (Marne a
Orbulina). A queste ultime segue il
passaggio alla sedimentazione silico-clastica, rappresentata da livelli arenacei di età Tortoniano sup.-Messiniano tipici dell’area in esame. Più specificatamente l’area rientra nella dorsale dei Monti Affilani, separati dai Simbruini, dai monti Ruffi e dai “pre-Ernici” da importanti elementi tettonici e da ampi settori vallivi.
In corrispondenza delle vallate affiorano diffusamente depositi silico-clastici torbiditici alto miocenici
(Valle del Fiume Aniene, tratto fra Marano Equo e gli Altipiani di Arcinazzo).
”Il Senoniano del Monte Scalambra (Monti Ernici, Appennino Centrale).
A. Reina, M. Sirna - Mem. Soc. Geol. It., 51 (1996), 445-450, 4 ff.”
Successioni di piattaforma subsidente dal Trias superiore al Paleocene e trasgressivi
calcari organogeni del Miocene medio di ambiente neritico aperto; 2) successioni di
piattaforma subsidente dal Trias superiore al Lias medio soprastate da calcari
organogeni di margine dal Dogger al Cretacico inferiore; 3) settori di piattaforma
annegati in diversi momenti tra il Dogger e l’Eocene, ricoperti da successioni di piede
di scarpata; 4) settori di piattaforma annegati nel Lias medio e ricoperti da
successioni di piede di scarpata-bacino; 5) sequenze silico-clastiche flyschoidi del
Miocene superiore; 6) copertura vulcanica Plio-Pleistocenica; 7) depositi marini e
continentali del Plio-Quaternario; 8) sovrascorrimenti; 9) contatti tettonici diretti,
trascorrenti e indeterminati. Da accordi & Carbone (ridisegnato e semplificato).
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L’assetto tettonico è quello tipico delle catene dell’Appennino centrale, caratterizzate da uno stile a thrusts con monoclinali embricate sul fronte orientale, ed importanti elementi distensivi lungo il margine sud-occidentale. Studi recenti hanno evidenziato un quadro strutturale più complesso, con componenti trascorrenti ed accavallamenti del tipo younger-on-older e back-thrust.
Da un punto di vista strutturale riveste una notevole importanza la linea tettonica Olevano-Antrodoco lungo la quale si rinviene il contatto tra le strutture sabino-prenestine, poste a ovest, e quelle simbruino-erniche poste a oriente con sovrascorrimento delle prime sulle seconde .
La linea Olevano-Antrodoco-Posta, nota in letteratura geologica come “Ancona-Anzio”, è uno dei principali elementi strutturali dell’Appennino Centrale, essa costituisce il limite tettonico ad andamento circa N-S che unisce le unità umbro-marchigiano-sabine di facies prevalentemente pelagica ad occidente e la piattaforma carbonatica laziale-abruzzese a oriente.
Il Senoniano del Monte Scalambra (Monti Ernici, Appennino Centrale). A. Reina, M. Sirna - Mem. Soc. Geol. It., 51 (1996), 445-450,
4 ff.”Schema geologico semplificato dell’area del M. Scalambra.
1) Detrito di falda e in conoidi (Olocene); 2) coperture vulcaniche Plio-Pleistoceniche; 3) Formazione di Frosinone e Marne a
Orbulina (Tortoniano superiore p.p.); 4) calcari a briozoi e litotamni (Langhiano-Tortoniano p.p.); 5) calcari del Cretacico superiore
(Cenomaniano-Senoniano); 6) dolomie e calcari dolomitici del Cretacico inferiore (Aptiano-Albiano); 7) faglie dirette, trascorrenti e
indeterminate; 8) faglie inverse e sovrascorrimenti.
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3.3 INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO L’area studiata ricade all’interno del reticolo idrografico del Fiume Sacco il quale sviluppa il suo corso
all’interno della depressione compresa tra i rilievi carbonatici dei M.ti Lepini a SO e dei M.ti Ernici a NE. Dai dati derivati dalle osservazioni effettuate negli anni 1973-1976 si evince una porta media del mese di magra compresa tra 265 e 1.211 l/s, mentre per la portata media annua i valori oscillano da un minimo di 1.250 l/s fino ad un massimo di 3.900 l/s.
Da un punto di vista idrogeologico, l’area in oggetto risulta inclusa nella Struttura dei Simbruini-Ernici-
Monte Cairo (C.F. Boni, 1973). Questo grande complesso carbonatico, la cui lunghezza è di circa 100 km, presenta una forma riconducibile a quella di un triangolo acuto in cui la base è rappresentata dalla linea tettonica Olevano-Antrodoco mentre i due lati maggiori sono costituiti dalle due depressioni di origine tettonica quali la Valle Latina a S-SO, la Valle Roveto a N-NE. L'apparato vulcanico di Roccamofina, posto al limite SE della struttura idrogeologica, costituisce l’intersezione dei prolungamenti dei due lati maggiori.
I depositi costituiti da flysch torbiditico si rinvengono disposti lungo l'allineamento Valle Roveto-Atina-San Vittore a NE, lungo la linea tettonica Antrodoco-Olevano a NO e, infine, lungo il margine orientale della Valle Latina a SO.
I principali punti di drenaggio sono rappresentati dalle sorgenti del Gari, del Peccia e di Capodacqua, presso Cassino (poste al vertice sud-orientale) e dal gruppo delle sorgenti di Agosta (ubicate lungo il margine nord-occidentale). La falda affiora ancora ad Anagni, in località Tufano, in corrispondenza di una locale depressione del limite di permeabilità che corre lungo il margine sud occidentale del rilievo.
Nel settore meridionale dei Simbruini affiora il basamento dolomitico infraliassico, caratterizzato da una bassa permeabilità, che assume la funzione di spartiacque sotterraneo dividendo la struttura in due settori, settentrionale e meridionale, idraulicamente separati ed aventi flusso di drenaggio orientato verso Agosta (settore settentrionale), e verso Cassino (settore meridionale).
Lembi e coltri di sedimenti carbonatici, i quali risultano tamponati alla base dalle dolomie e rotti lateralmente da motivi tettonici trasversali, poggiano sul basamento dolomitico o, in taluni casi e a livello locale, risultano tettonicamente accavallati; per tali motivi possono alimentare alcune sorgenti caratterizzate da portate notevoli come Mola Pertuso, Capofiume, Liri, Schioppo ed altre minori.
Quindi la struttura carbonatica costituita dai Simbruini-Ernici-Monte Cairo è saturata alla base da due falde principali separate all'altezza dei Simbruini meridionali dove un alto strutturale solleva il basamento dolomitico infraliassico.
La falda settentrionale, più ridotta, alimenta il gruppo delle sorgenti di Agosta; quella meridionale, estesa con continuità dai Simbruini meridionali a Roccamonfina, alimenta principalmente le sorgenti del Gari e del Peccia. Lungo il fianco sinistro della Valle Latina la falda emerge in corrispondenza di Tufano e Capodacqua e si estende in un acquifero imprigionato sotto la fascia pedemontana che separa le falde del rilievo di fondo valle.
All'interno della struttura, nella ristretta zona che divide i Simbruini dagli Ernici, la situazione idrogeologica è resa più complessa dalle particolari condizioni litostratigrafiche e strutturali.
4 MODELLO GEOLOGICO 4.1 CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA DEL SITO
L’assetto geologico attuale è il risultato della disarticolazione subita dal rilievo calcareo meso-cenozoico il quale, tramite un sistema di faglie dirette ed aventi direzione antiappenninica NE-SW, viene ad essere posto in contatto con la sequenza torbiditica Cenozoica.
La geologia dell’area esaminata è riconducibile al cambiamento dell’ambiente di sedimentazione avvenuto nel Miocene superiore quando alla sedimentazione carbonatica, che aveva dominato nell’Appennino Centrale a partire dal Trias superiore, succede una sedimentazione essenzialmente terrigena caratterizzata da notevoli quantità di depositi silico-clastici. In questo contesto la regione è interessata nel Miocene, come già nel Cretacico, da fenomeni di subsidenza differenziata, che
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determinano un’articolazione del mare miocenico in bacini di sedimentazione che spesso mostrano un’evoluzione strutturale indipendente.
Stralcio della Carta Geologica D’Italia Foglio n. 376 ”SUBIACO” (in scala 1:50.000)
4.2 INTERPRETAZIONE STRATIGRAFICA DELL’AREA Sulla base dati acquisiti attraverso l’indagine geognostica e il rilievo geologico, nonché delle
informazioni ottenute dall’esame della Carta Geologica D’Italia Foglio n. 376 ”SUBIACO” (in scala 1:50.000), nell’area in oggetto, è stato possibile interpretare la seguente situazione stratigrafica: - DEPOSITO ELUVIO COLLUVIALE, a granulometria sabbioso-limosa, scarsamente addensati, di colore dal
marrone all’avana, contenenti clasti e terre rosse rimaneggiate; - BRECCE CALCAREE CEMENTATE, costituite da clasti grossolani immersi in un cemento calcareo biancastro
con evidenti tracce di ossidazione; appartenenti ad un conoide detritico calcareo cementato e originatosi a spese del complesso carbonatico di monte Scalambra. Lo spessore del suddetto deposito nell’area in oggetto è superiore ai 30 m.
4.3 CARATTERI IDROGEOLOGICI La giacitura dei calcari della dorsale carbonatica di monte Scalambra e i rapporti stratigrafici con le
arenarie del Miocene apportano una determinante influenza sulla circolazione idrica sotterranea. Essenzialmente si possono distinguere due tipi di falde: una molto superficiale e ridotta che alimenta
sorgenti effimere, e una profonda che alimenta le sorgenti poste ai piedi della struttura carbonatica. Lungo il margine meridionale del Monte Scalambra le sorgenti più importanti risultano essere la Fonte
Oripo caratterizzata da portate massime di circa 170 litri al minuto, la Fonte Merago con portate massime di circa 110 litri al minuto (Lupia Palmieri E., Zuppi G.M. 1977)
In rapporto all’assetto geologico-geomorfologico e strutturale dell’area, considerando le diverse caratteristiche litologiche e idrogeologiche delle formazioni presenti, è stato possibile distinguere diversi “Complessi idrogeologici” caratterizzati da unità litologiche, raggruppate o divise in base all’omogeneità delle caratteristiche idrogeologiche e al comportamento uniforme delle acque sotterranee in esse contenute.
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Di seguito vengono descritti i “Complessi Idrogeologici” riconosciuti nell’area in oggetto:
� COMPLESSO DELLE COPERTURE. Sono caratterizzati da una permeabilità media se costituiti da depositi ELUVIO COLLUVIALI, mentre se formati da BRECCE CALCAREE CEMENTATE hanno una permeabilità medio-alta
� COMPLESSO DEI CALCARI: è costituito da depositi carbonatici di ètà compresa tra il Cretacico e il Miocene ai quali è possibile associare anche depositi calcareo-marnosi cenozoici pre-torbiditici. Si presentano intensamente fratturate e carsificate e sono caratterizzate da una alta permeabilità e capacità di immagazzinamento.
4.4 CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE LOCALI La superficie in oggetto si estende tra le curve di livello di 500 m e di 450 m s.l.m., alla base delle
ultime propaggini meridionali del rilievo carbonatico costituito dal Monte Scalambra lungo un versante, che si estende in direzione in direzione NE-SW con una pendenza media valutabile intorno al 20%.
In questo settore si passa, con estrema facilità, da morfologie più aspre e acclivi tipiche delle zone
montuose a quelle più blande delle fasce pedemontane di raccordo alle aree sub-pianeggianti; tale andamento è in accordo con il differente esplicarsi dell’erosione dei terreni calcarei sui terreni terrigeni.
Inquadramento territoriale (tratto da Google Earth)
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Inquadramento geografico. tratto da http://www.pcn.minambiente.it/viewer/
Lungo i fianchi della dorsale carbonatica si rileva la presenza di un reticolo idrografico prettamente a
carattere torrentizio che determina la genesi di forme dovute a fenomeni di erosione intensa e incanalata. Sempre a ridosso dei pendii sono da segnalare importanti “Conoidi di detrito Recenti” di ampie dimensioni, insieme a molteplici rotture di pendio che si rinvengono lungo tutta la dorsale nel settore esaminato.
L’area pedemontana, in cui prevalgono forme dolci e modeste acclività, è caratterizzata da zone soggette a moderati processi fluvio-denudazionali e, lungo le principali aste fluviali, da zone di accumulo di fondo valle non distinte in ordine di terrazzi. In questa area il reticolo idrografico risulta quasi del tutto organizzato su piroclastiti e depositi derivanti dal loro disfacimento.
Stralcio PAI Autorità di Bacino dei Fiuimi Liri-Garigliano-Volturno, Carta “Carte scenari di rischio”.
L’area oggetto del dissesto risulta individuata all’interno della cartografia redatta dall’Autorità di Bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno (Piano stralcio per l’assetto Idrogeologico – Rischio Frana) Riperimetrazione aree a Rischio Idrogeologico, Progetto di Variante al Piano Stralcio del Comune di Serrone, Stralcio “Carta scenari di rischio”.
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L’idrografia superficiale risulta pressoché assente nei rilievi carbonatici, anche se lungo i pendii pur in assenza di un reticolo idrografico organizzato, è possibile rilevare la presenza di incisioni e fossi a carattere torrentizio, le cui quote degradano talora anche con forti acclività fino a circa 400 m s.l.m.
Le aste torrentizie durante i periodi di intense precipitazioni mostrano elevate capacità di trasporto e di erosione costituendo, in tal modo, l’agente morfodinamico principale dei versanti.
L’area studiata, ubicata all’interno del reticolo idrografico del Fiume Sacco, presenta un corso d’acqua principale rappresentato dal Fosso delle Mole il quale, dopo la confluenza con il Fosso di Colle Martino, prende il nome di Fosso Castellaccio.
Il Fosso delle Mole risulta alimentato dalle risorgenze presenti nelle falde detritiche poste a ridosso delle propaggini dei Monti Ernici e dalla modesta circolazione presente all’interno dei depositi piroclastici.
4.5 IL FENOMENO DI DISSESTO L'area oggetto del progettato intervento di risanamento idrogeologico e mitigazione del rischio, sul
quale sì è verificato il dissesto idrogeologico, interessa un’areale in cui trova sviluppo l’abitato della frazione della Forma e le attività commerciali, la Strada Statale n. 155, nonché alcune strade comunali che consentono la viabilità sia lungo la frazione sia verso l’abitato del Serrone.
L’areale in oggetto è caratterizzato da uno stato di dissesto diffuso la cui genesi è da ricondurre principalmente alla cattiva regimazione delle acque superficiali che nel corso degli anni ha condotto all’attuale stato di danneggiamento e ammaloramento diffuso.
Lungo il versante in oggetto si rinviene, nelle aree di impluvio e in quelle pianeggianti, una copertura superficiale definita da un deposito di materiale eluvio colluviale, derivante dall’azione di degradazione e/o alterazione subita dal substrato calcareo, misto a terre rosse rimaneggiate. Tale deposito presenta una granulometria sabbioso-argillosa, una colorazione bruno-rossastra e risulta ricco in clasti calcarei. Lo spessore risulta fortemente condizionato dalla morfologia.
Il pendio è caratterizzato da pendenze a tratti elevate, nonché da una rete idrografica inadeguata che
in diversi tratti risulta occlusa dalla vegetazione e dal materiale terroso proveniente dal versante. Per tale motivo in occasione di piogge di una certa intensità, le acque di ruscellamento e di infiltrazione scorrono incontrollate verso valle creando danni alle costruzioni e ai manufatti che incontrano sul percorso, e non ultimo alle sedi stradali con evidenti segni di dissesto sul manto bituminoso.
Nell’areale rappresentato nella presente relazione in concomitanza con eventi pluviometrici di una
certa intensità o in occasione di eventi temporaleschi brevi ed intensi che sempre più caratterizzano il territorio, stante l’attuale rete idrografica totalmente inadeguata, si verificano ricorrenti episodi di scorrimento superficiale dove le acque di precipitazione, non più regimate, invadono le aree di pertinenza dei fabbricati presenti fino a entrare negli stessi.
In tali occasioni le sedi stradali di fatto diventano sedi di scorrimento preferenziale delle acque
assumendo in alcuni tratti il ruolo di aste idrografiche che convogliano le acque piovane. Questa mancanza di regimazione fa sì che le acque superficiali scorrano in maniera del tutto
incontrollata determinando danni all’edificato, alle strade presenti e non ultimo generando condizioni che possono portare all’innesco di fenomeni franosi.
L’ostruzione al deflusso costringe le acque a trovare percorsi di sfogo diversi e si generano così al bordo della strada in prossimità degli ingressi delle attività commerciali, veri e propri “fontanazzi”.
Al termine di ogni evento piovoso perdurano i segni di una infiltrazione sotterranea e laterale alle
pareti degli edifici in questione.
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La situazione si è progressivamente aggravata negli anni per l’assoluta assenza di interventi di regimazione idraulica e in mancanza di idonee interventi è prevedibile un costante aumento della situazione di ammaloramento e danneggiamento attualmente rilevata.
I dati acquisiti dalla attraverso i sopralluoghi e i rilievi eseguiti evidenziano chiaramente che il il
dissesto rilevato costituisce un grave pericolo per i residenti e le attività presenti oltre che per la viabilità che trova sviluppo nell’area in oggetto.
5 LIVELLO DI VULNERABILITA’ DELL’OPERA La Regione Lazio con D.G.R. Lazio n. 375 del 05 Luglio 2016 (BURL n. 56 del 14 luglio 2016), ha
provveduto ad adottare il "Regolamento regionale per lo snellimento e la semplificazione delle procedure
per l'esercizio delle funzioni regionali in materia di prevenzione del rischio sismico e di repressione delle
violazioni della normativa sismica. Abrogazione del regolamento regionale 7 febbraio 2012, n. 2
(Snellimento delle procedure per l'esercizio delle funzioni regionali in materia di prevenzione del rischio
sismico)" (BURL n. 56 del 14 luglio 2016).
Nell’Allegato C (“Livelli di Vulnerabilità dell’Opera, indagini e prove minime di tipo geologico, e
geomeccanico da eseguirsi ai sensi del Regolamento Regionale n. _/2016”) del suddetto regolamento in funzione della zona sismica e della classificazione del progetto, vengono definiti 3 Livelli di Vulnerabilità dell’Opera (Basso, Medio, Alto), secondo lo schema di seguito riportato
zona
sismica 1
zona
sismica 2a
zona
sismica 2b
zona
sismica 3a
zona
sismica 3b
ASSEVERAZIONI MEDIO MEDIO MEDIO BASSO BASSO
PROGETTI A SORTEGGIO ALTO MEDIO MEDIO BASSO BASSO
PROGETTI A CONTROLLO OBBLIGATORIO (classe d’uso II; classe d’uso III, escluse le strutture per l’istruzione - DGRL n. 489/2012)
ALTO ALTO MEDIO BASSO BASSO
PROGETTI A CONTROLLO OBBLIGATORIO (classe d’uso III - strutture per l’istruzione; classe d’uso IV e opere pubbliche)
ALTO ALTO ALTO MEDIO MEDIO
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Sulla base dei dati progettuali forniti, la tipologia delle opere prevista risulta collocabile all’interno della Classe d’uso II, mentre la il territorio del Comune di Serrone risulta perimetrato all’interno della Zona Sismica 2B.
Da quanto esposto si evince che il Livello di Vulnerabilità dell’Opera risulta essere di tipo Medio. Nel suddetto Allegato C vengono prescritte le indagini e prove minime di tipo geologico e
geomeccanico, divise per la presenza di terreni o di rocce, che nel caso in oggetto (Vulnerabilità dell’Opera
tipo MEDIO.), risultano essere:
Livello di Vulnerabilità
dell’Opera
Medio
Su Terreni: Dovranno eseguirsi:
• Almeno 1 sondaggio geognostico con prove SPT in foro oppure almeno 2 prove penetrometriche di tipo statico (CPT, CPTE, CPTU) o dinamico (DPH, DPSH) per una profondità almeno pari al volume significativo;
• Prove di laboratorio per la definizione delle caratteristiche fisiche e meccaniche;
• Almeno 2 prove geofisiche indirette (tipo MASW,SASW, ecc.) per il calcolo delle Vs30;
• Verifiche di stabilità ante e post operam dei versanti, laddove necessario.
Su roccia compatta affiorante o con substrato roccioso entro i primi 3 mt di profondità: Dovranno eseguirsi:
• Almeno 1 prova geofisica indiretta (tipo MASW, SASW, ecc.) per il calcolo delle Vs30;
• Verifiche di stabilità ante e post operam dei versanti, laddove necessario.
(tratto da BURL n. 56 del 14 luglio 2016, Delibera di Giunta Regione Lazio n. 375 del 05 luglio 2016, Allegato C).
Sulla scorta dei rilievi eseguiti è possibile ricondurre il sito in oggetto alla tipologia “ROCCIA”, in
ragione di ciò è stata realizzata una campagna di indagini geognostiche basata su:
� n. 2 stendimenti di sismica tipo MASW
� n. 2 stendimenti di sismica tipo RIFRAZIONE.
Nella stesura del presente studio si è tenuto conto delle indagini geognostiche eseguite in occasione
della redazione del Progetto “Lavori di Bonifica del Movimento Franoso in Località La Forma” (Aprile-
Settembre 2004) e consistenti: � n. 10 sondaggi a carotaggio continuo e prove di laboratorio su n. 9 campioni indisturbati
� n. 5 prove penetrometriche dinamiche utilizzando un Penetrometro Dinamico. DL30
� n. 10 Prove Penetrometriche Statiche C.P.T.
� n. 6 stendimenti di sismica a rifrazione
Le risultanze delle indagini acquisite hanno confermato il modello geologico individuato.
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6 SISMICITÀ L'Ordinanza P.C.M. n. 3274 del 23.03.2003 riclassifica l’intero territorio nazionale. In applicazione a
tale provvedimento fa seguito la D.G.R. Lazio n. 766 del 01.08.2003, avente per oggetto la riclassificazione sismica del territorio della Regione Lazio, che sostanzialmente per il Comune di Serrone (FR) conferma la categoria sismica già individuata dal D.M. del 01.04.1983 “Aggiornamento delle zone sismiche della Regione Lazio”, il quale collocava il territorio all’interno della:
Zona Sismica 2
Si riporta nella tabella seguente la suddivisione delle zone sismiche in relazione ai valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo ag, con probabilità di superamento del 10% in 50 anni.
Zona sismica Accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni [ag/g]
Accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico [ag/g]
1 > 0.25 0.35
2 0.15 – 0.25 0.25
3 0.05 – 0.15 0.15
4 < 0.05 0.05
Successivamente, al fine di valutare la classificazione sismica del territorio secondo parametri
sismologici svincolati dal solo criterio politico del limite amministrativo, l’Ordinanza P.C.M .3519/06 ha definito i criteri nazionali che ciascuna Regione deve seguire per l’aggiornamento della classificazione sismica del proprio territorio.
Il territorio della Regione Lazio, con riferimento alla Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale - 84mo percentile (riferimento: Ordinanza PCM del 28 aprile 2006 n.3519, All.1b) dell’INGV-DPC, mostra valori di accelerazione picco ag , riferita a suoli rigidi (espressa in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni), compresi fra 0,278 g e 0,065 g. A tale intervallo di valori si possono correlare soltanto tre zone sismiche e quattro sottozone, escludendo quindi totalmente la zona sismica 4.
La Regione Lazio ha suddiviso il proprio territorio in fasce di accelerazione picco ag caratterizzate da intervalli di 0,05 g distinguendo, per quanto precedentemente illustrato, solamente 3 Zone Sismiche e non quattro, come indicato nella precedente classificazione del 2003, con la conseguente scomparsa della Zona Sismica 4.
Nello specifico la Zona Sismica n. 1, quella che presenta pericolosità sismica più alta, non è stata suddivisa sottozone in quanto il valore di ag Max, previsto per il Lazio, non ha determinato la necessità di ulteriori suddivisioni.
Le Zone Sismiche 2 e 3 sono state suddivise ciascuna in due sottozone partendo dalla sottozona a più alta pericolosità sismica rappresentata dalla 2A, fino alla sottozona sismica 3B corrispondente alla sottozona meno pericolosa della zona sismica 3.
Nella tabella seguente si illustra la suddivisione delle sottozone sismiche, utilizzate per la riclassificazione sismica della Regione Lazio, in relazione all’accelerazione di picco ag su terreno rigido. Si evidenzia che per la Regione Lazio 0,278 g e 0,062 g rappresentano rispettivamente il valore Max e il valore minimo atteso.
Zona sismica Sottozona sismica Accelerazione con probabilità di
superamento pari al 10% in 50 anni (ag)
1 ---- 0.25 ≤ ag < 0,278g
2 A 0.20 ≤ ag < 0.25
B 0.15 ≤ ag < 0.20
3 A 0.10 ≤ ag < 0.15
B 0.062 ≤ ag < 0.10
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In base alla Delibera di Giunta Regione Lazio n. 387 del 22 Maggio 2009 “Nuova classificazione sismica
del territorio della Regione Lazio in applicazione dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n°
3519 del 28 Aprile 2006 e della DGR Lazio 766/03”, il territorio del Comune di Serrone (FR) è stato classificato nella:
Zona Sismica 2 Sottozona Sismica B
6.1 MACROSISMICITÀ STORICA DEL TERRITORIO Nell’Appennino Centrale è possibile distinguere, su larga scala e basandosi sulle indicazioni presenti
nel catalogo nazionale CNR-PFG (Postpischl, 1985), una attività sismica rilevante e incentrata lungo la catena appenninica, da una modesta o delle volte nulla che caratterizza le fasce litorali dell'Adriatico a Nord e del Tirreno a Sud.
Nella “Zonazione sismogenetica del territorio nazionale e aree limitrofe” redatta dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT), l’area in esame ricade nell’ambito delle “ZONE LEGATE AL MARGINE
INTERNO DELLA PIASTRA PADANO-ADRIATICO-IONICA IN SUBDUZIONE SOTTO LA CATENA APPENNINICA”. In particolare risulta ubicata all’interno della Zona 50 distinta nella Sottozona 2.2 ”Fascia intermedia. Meccanismi di
rottura attesi: misti, con prevalenza dip-slip”. Nell’area dei Monti Simbruini-Ernici sono presenti strutture sismogenetiche le quali ricoprono un ruolo
importante per quello che concerne l’amplificazione degli eventi sismici aventi genesi nell’area appenenica centro meridionale in quanto l’area investigata sembra essere oggetto di una sismicità tendenzialmente riflessa dalle strutture sismogentiche riferibili all’appennino abruzzese.
Il territorio del Comune di Serrone (FR) risente dell’attività sismica connessa ad una serie di lineamenti
tettonici parte dei quali presentano una direzione appenninica NW-SE e parte con direzione antiappennica NE-SW. Tale attività risulta segnalata sin dal 1216 anche se la quasi la totalità delle scosse registrate è superiore al 1873, anno che vede l’inizio della raccolta sistematica dei dati sismici relativi ai terremoti italiani.
In diversi trattati a carattere storico e sismologico vengono segnalati, seppur con scarse informazioni,
quattro importanti terremoti avvenuti negli anni 1216, 1227, 1299 e 1348, i quali sembrerebbero avere raggiunto intensità comprese tra l’VIII ed il IX grado MCS, arrecando danni alla cittadina di Subiaco e ai suoi monasteri.
Nel periodo tra il 1349 e il 1759 non si hanno notizie di eventi sismici che hanno interessato il territorio ad eccezione del risentimento in Subiaco del grande terremoto appenninico del 1703.
Nel 1759 viene segnalato il terremoto di Affile (RM) caratterizzato da una intensità del VII grado MCS, a cui nel mese di gennaio 1766, fa seguito l’evento sismico che danneggiò significativamente il monastero di Santa Scolastica presso Subiaco.
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Campo macrosismico del terremoto dell’Appennino centro-meridionale del settembre 1349 (Guidoboni, 1989) [tratto da Diego
Molin, A. Rossi, Andrea Tertulliani e V. Verubbi: Studio della sismicità dell’alto Bacino dell’Aniene Studio della sismicità dell’Alto
Bacino dell’Aniene (Appennino centrale - Italia) e catalogo sismico di area (2002)]
Distribuzione degli eventi registrati nel periodo 1983-1991.
Successivamente si hanno notizie di cinque eventi risentiti all’Abbazia di Santa Scolastica nel gennaio
1830 (due scosse), nell’ottobre e nel novembre 1831 e nel gennaio 1855; per questi eventi sono disponibili scarse informazioni che non consentono di valutare l’intensità dei risentimenti.
Intorno al 1865 inizia la raccolta sistematica di dati macrosismici per risentimenti di ogni grado
d’intensità prima attraverso corrispondenze da Subiaco all’Osservatorio del Collegio Romano, successivamente mediante l’istituzione presso l’abbazia di Santa Scolastica dell’Osservatorio geofisico e meteorologico, prima Sublacense poi Simbruino. I dati acquisiti a partire dal 1865 consentono di individuare 110 terremoti di cui 90 attraverso osservazioni macrosismiche e 20 attraverso osservazioni strumentali
L’attività sismica più recente si colloca nel periodo marzo-luglio 2000 in cui il territorio è stato
interessato da una notevole crisi sismica durata alcuni mesi; la scossa principale, verificatasi l’11 marzo 2000, ha raggiunto valori di magnitudo pari a 3.7 e ha arrecato danni riferibili al V-VI grado MCS.
I dati registrati dalla rete sismometrica nazionale dell’INGV indicano che l’evento sismico dell’11 marzo è stato preceduto da alcune piccole scosse a cui hanno fatto seguito numerosissime repliche tipiche di una sequenza a sciame
Per quanto riguarda i cataloghi della sismicità storica ed alla distribuzione delle strutture sismogenetiche si è fatto riferimento a: catalogo parametrico dei terremoti italiani CPTI11, dicembre 2011, a cura dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia INGV, nel quale sono stati riportati i terremoti storici dall’anno 1000 al 1997 dal 1000 al 2006;
catalogo NT4.1 del Gruppo Nazionale per la Difesa dai terremoti (GNDT) redatto dal CNR nel 1197, nel quale
sono stati riportati i terremoti storici dall’anno 1000 al 1997;
catalogo DOM 4.1 redatto sempre dal GNDT, nel quale vengono riportate le osservazioni macrosismiche dei
terremoti registrati dall’anno 1000 al 1980;
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catalogo dei Forti Terremoti in Italia avvenuti dal 461 a.C. al 1990 a cura dell’Istituto Nazionale di Geofisica del
1997;
la carta della Massima Intensità Macrosismica risentita in Italia redatta nel 1995 a seguito del risentimento
dei terremoti dall’anno 1 al 1995;
la carta delle Massime Intensità Macrosismiche rinvenibile sul sito www.gndt.ingv.it e redatta nel 1996;
il database ITHACA, che presenta tra gli altri l’elenco delle faglie principali superficiali attive durante il
quaternario.
Diego Molin, A. Rossi, Andrea Tertulliani e V. Verubbi: Studio della sismicità dell’alto Bacino dell’Aniene Studio
della sismicità dell’Alto Bacino dell’Aniene (Appennino centrale - Italia) e catalogo sismico di area (2002)
Storia sismica di SERRONE (FR) [41.842, 13.095]
Effetti In occasione del terremoto del
Int. Anno Me Gi Ho Mi Se Area epicentrale NMDP Io Mw
D 1915 01 13 06 52 4 Marsica 1041 11 7.08
2 1989 10 19 23 33 2 Colli Albani 54 5-6 4.23
NF 1989 10 23 21 19 1 Colli Albani 65 6 4.32
2-3 1998 05 12 21 46 3 Monti Simbruini 48 5 3.77
NF 1998 08 15 05 18 0 Reatino 233 5-6 4.42
NF 2000 05 28 09 29 1 Valle dell'Aniene 58 6 3.88
Is - Intensità al sito (scala MCS); Ax – Area dei maggiori effetti; Np – Numero di osservazioni macrosismiche; Io Intensità
epicentrale; Mw - Magnitudo momento.
Locati M., Camassi R., Rovida A., Ercolani E., Bernardini F., Castelli V., Caracciolo C.H., Tertulliani A., Rossi A., Azzaro R., D’Amico S.,
Conte S., Rocchetti E. (2016). DBMI15, the 2015 version of the Italian Macroseismic Database. Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia. doi:http://doi.org/10.6092/INGV.IT-DBMI15 .
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8 modello sismico del sito
6.2 VALORI DI PERICOLOSITÀ SISMICA
Tratto da: Mappe interattive di pericolosità sismica [Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) Mappe interattive di
pericolosità sismica]
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Relativamente ai Valori di Pericolosità Sismica [Valori di pericolosità sismica del territorio nazionale
(riferimento Ordinanza PCM del 28 aprile 2006 n. 3519, All. 1b)] espressi in termini di accelerazione massima del suolo con probabilità di eccedenza del 10% in 50 anni riferita a suoli rigidi (Vs30 > 800 m/s;
cat. A, punto 3.2.1 del D.M. 14/09/2005), per il Comune di Serrone (FR) i valori di ag riscontrati sono compresi tra 0.150 – 0.175 g .
8.1.1 DISAGGREGAZIONE DEL VALORE DI A(G)
stanza in
km
Disaggregazione del valore di a(g) con probabilita' di eccedenza del 10% in 50 anni
(Coordinate del punto lat: 41.8342, lon: 13.0876, ID: 28743)
Magnitudo
3.5-4.0 4.0-4.5 4.5-5.0 5.0-5.5 5.5-6.0 6.0-6.5 6.5-7.0 7.0-7.5 7.5-8.0 8.0-8.5 8.5-9.0
0-10 0.000 25.700 33.900 11.300 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
10-20 0.000 3.800 8.730 4.650 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
20-30 0.000 0.000 0.417 0.759 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
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30-40 0.000 0.000 0.000 0.096 0.462 0.888 1.130 0.797 0.000 0.000 0.000
40-50 0.000 0.000 0.000 0.000 0.195 0.788 1.280 1.040 0.000 0.000 0.000
50-60 0.000 0.000 0.000 0.000 0.012 0.354 0.844 0.803 0.000 0.000 0.000
60-70 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.091 0.466 0.529 0.000 0.000 0.000
70-80 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.009 0.230 0.336 0.000 0.000 0.000
80-90 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.076 0.170 0.000 0.000 0.000
90-100 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.016 0.077 0.000 0.000 0.000
100-110 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.002 0.039 0.000 0.000 0.000
110-120 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.013 0.000 0.000 0.000
120-130 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.003 0.000 0.000 0.000
130-140 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
140-150 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
150-160 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
160-170 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
170-180 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
180-190 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
190-200 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000
Valori medi
Magnitudo Distanza Epsilon
4.920 11.300 1.120
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8.1.2 CATEGORIA DI SUOLO DI FONDAZIONE
Al fine di individuare la categoria del suolo di fondazione necessaria per la definizione dell’azione sismica di progetto, ai sensi del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008, 3.2.2 CATEGORIE DI SOTTOSUOLO E
CONDIZIONI TOPOGRAFICHE, si è fatto riferimento alle risultanze ottenute dall’indagine geofisica eseguita nel sito correlate con tutti i dati disponibili in letteratura, nonché con quelli derivanti dall’indagine geologica superficiale. In questa fase i dati acquisiti permettono di collocare il suolo di fondazione nella
CATEGORIA B Categoria Descrizione
A Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di Vs,30 superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione, con spessore massimo pari a 3 m.
B Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero NSPT,30 > 50 nei terreni a grana grossa e cu,30 > 250 kPa nei terreni a grana fina).
C Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente consistenti con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s (ovvero 15 < NSPT,30 < 50 nei terreni a grana grossa e 70 < cu,30 < 250 kPa nei terreni a grana fina).
D Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina scarsamente consistenti, con spessori superiori a 30 m, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs,30 inferiori a 180 m/s (ovvero NSPT,30 < 15 nei terreni a grana grossa e cu,30 < 70 kPa nei terreni a grana fina).
E Terreni dei sottosuoli di tipo C o D per spessore non superiore a 20 m, posti sul substrato di riferimento (con Vs30 > 800 m/s).
D.M. 14.01.2008, 3.2.2 categorie di sottosuolo e condizioni topografiche, Tabella 3.2.II – Categorie di sottosuolo
8.1.3 AMPLIFICAZIONE STRATIGRAFICA
I coefficienti Ss e Cc, appartenendo il sottosuolo del sito in esame alla Categoria B Tab 3.2.II –
Categorie di sottosuolo [NUOVE NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI (D.M. 14 gennaio 2008)], come indicato in Tab 3.2.V., in relazione ai diversi stati limite sono caratterizzati dai seguenti valori:
SLO SLD SLV SLC
Ss Amplificazione stratigrafica 1,20 1,20 1,20 1,20
Cc Coeff. funz. categoria 1,43 1,42 1,38 1,37
8.1.4 CONDIZIONI TOPOGRAFICHE
Lo studio della configurazione geometrica prevalente permette di attribuire il sito esaminato alla: Categoria Topografica T2
Categoria Caratteristiche della superficie topografica
T1 Superficie pianeggiante, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i ≤ 15°
T2 Pendii con inclinazione media i > 15°
T3 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media 15° ≤ i ≤ 30°
T4 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media i > 30°
D.M. 14.01.2008, 3.2.2 categorie di sottosuolo e condizioni topografiche, Tabella 3.2.IV – Categorie topografiche
8.1.5 AMPLIFICAZIONE TOPOGRAFICA
In riferimento alla Categoria Topografica T2, precedentemente definita, per l’amplificazione topografica si ottiene: Coefficiente di Amplificazione Topografica St 1,2
Categoria topografica Ubicazione dell’opera o dell’intervento ST
T1 ------------------------------------------------------ 1,0
T2 In corrispondenza della sommità del pendio 1,2
T3 In corrispondenza della cresta del rilievo 1,2
T4 In corrispondenza della cresta del rilievo 1,4
D.M. 14.01.2008, 3.2.2 categorie di sottosuolo e condizioni topografiche, Tabella 3.2.VI – Valori massimi del coefficiente di
amplificazione topografica ST
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7 MODELLO GEOTECNICO
GT_Serrone_piscolo - 2 strati
n.1, da 0 a -0.7 [m]
Depositi di copertura: Derivanti dal disfacimento delle formazioni calcaree, preesistenti, sono costituiti da limi sabbiosi debolmente argillosi di colore dal rossatro al bruno contennti clasti
c'=5[kPa] fi'=20[°] gd=17[kN/m3] gt=18[kN/m3] non liquefacibile
n.2, da -0.7 a -15.7 [m] Brecce cementate: Brecce cementate: Brecce
costituite da elementi eterometrici non gradati, si presentano cementate e con striature rossatre
c'=50[kPa] fi'=34[°] gd=21[kN/m3] gt=21.5[kN/m3] non liquefacibile
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8 CONCLUSIONI Sulla base delle risultanze descritte nella presente relazione, è possibile trarre le seguenti
considerazioni conclusive:
o l’area esaminata, situata nel Comune nel Comune di Serrone (RM) presso il Località Piscolo [Rif. Coordinate WGS84 Lat. 41.8358421,
Long. 13.0979738] è caratterizzata da una stratigrafia definita da: - o DEPOSITO ELUVIO COLLUVIALE soprastante BRECCE CALCAREE CEMENTATE,
come illustrato in 4.2 Interpretazione Stratigrafica dell’area o la superficie in oggetto si estende tra le curve di livello di 500 m e
di 450 m s.l.m., alla base delle ultime propaggini meridionali del rilievo carbonatico costituito dal Monte Scalambra lungo un versante, che si estende in direzione in direzione NE-SW con una pendenza media valutabile intorno al 20%
o l’areale in oggetto è caratterizzato da uno stato di dissesto diffuso
la cui genesi è da ricondurre principalmente alla cattiva regimazione delle acque superficiali che nel corso degli anni ha condotto all’attuale stato di danneggiamento e ammaloramento diffuso
o lungo il versante in oggetto si rinviene, nelle aree di impluvio o pianeggianti, una copertura superficiale definita da un deposito di materiale eluvio colluviale, derivante dall’azione di degradazione e/o alterazione subita dal substrato calcareo, misto a terre rosse rimaneggiate
o Il pendio è caratterizzato da pendenze a tratti elevate, nonché da una rete idrografica inadeguata che in diversi tratti risulta occlusa dalla vegetazione e dal materiale terroso proveniente dal versante. Per tale motivo in occasione di piogge di una certa intensità, le acque di ruscellamento e di infiltrazione scorrono incontrollate verso valle creando danni alle costruzioni e ai manufatti che incontrano sul percorso, e non ultimo alle sedi stradali con evidenti segni di dissesto sul manto bituminoso
o la situazione si è progressivamente aggravata negli anni per
l’assoluta assenza di interventi di regimazione idraulica e in mancanza di idonee interventi è prevedibile un costante aumento della situazione di ammaloramento e danneggiamento attualmente rilevata.
o allo stato attuale i dati acquisiti nel corso del rilevamento
geologico eseguito, consentono di escludere nel sito in esame la presenza di indicatori geomorfologici di dissesto, nonché di cinematismi associabili o riconducibili a fenomeni di instabilità gravitativa
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o sulla base dei dati progettuali forniti, la tipologia delle opere prevista risulta collocabile all’interno della Classe d’uso II, mentre la il territorio del Comune di Serrone risulta perimetrato all’interno della Zona Sismica 2B. da quanto esposto si evince che il Livello di Vulnerabilità dell’Opera risulta essere di tipo Medio.
o sulla scorta dei rilievi eseguiti è possibile ricondurre il sito in
oggetto alla tipologia “ROCCIA”, in ragione di ciò è stata realizzata una campagna di indagini geognostiche basata su: � n. 2 stendimenti di sismica tipo MASW
� n. 2 stendimenti di sismica tipo RIFRAZIONE.
o Nella stesura del presente studio si è tenuto conto delle indagini
geognostiche eseguite in occasione della redazione del Progetto “Lavori di Bonifica del Movimento Franoso in Località La Forma” (Aprile-Settembre 2004) e consistenti: � n. 10 sondaggi a carotaggio continuo e prove di
laboratorio su n. 9 campioni indisturbati
� n. 5 prove penetrometriche dinamiche utilizzando un
Penetrometro Dinamico. DL30
� n. 10 Prove Penetrometriche Statiche C.P.T.
� n. 6 stendimenti di sismica a rifrazione
o le risultanze delle indagini acquisite hanno confermato il modello
geologico individuato.
o le indagini eseguite hanno consentito di attribuire al sito in oggetto la Categoria sottosuolo: B
o la configurazione geometrica prevalente permette di attribuire il sito esaminato alla: Categoria Topografica T2
o i PARAMETRI GEOTECNICI [7 MODELLO GEOTECNICO] riguardanti i
terreni di fondazione sono stati opportunamente valutati sulla base della conoscenza pregressa della letteratura esistente, nonché delle informazioni ottenute dalla indagine geognostica realizzata
o in ragione dei dati acquisiti nel corso del presente studio si
raccomanda la realizzazione di idonee opere di regimazione delle acque di dilavamento superficiale
o si raccomanda di far sì che, nella realizzazione delle opere, le
tensioni indotte dalle strutture nel sottosuolo risultino distribuite nella maniera più uniforme possibile
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o relativamente alla realizzazione di scavi, al fine di conservare il
naturale addensamento dei suddetti terreni, si raccomanda di programmare le fasi lavorative in modo da non lasciare passare molto tempo tra il taglio del terreno e la messa in opera delle strutture vincolanti o, in alternativa, di predisporre opere di sostegno provvisorie accuratamente dimensionate
o si raccomanda inoltre la massima attenzione affinché sia lungo il
ciglio degli scavi, sia nelle immediate adiacenze degli stessi, non risultino presenti carichi di alcun tipo e/o materiale vario di stoccaggio provvisorio
o si raccomanda di smaltire le acque superficiale e di infiltrazione al
fine di evitare fenomeni di erosione e/o di ruscellamento o le opere in progetto non influenzano la falda profonda. La presente relazione geologica è stata redatta al fine di fornire tutti i dati occorrenti esclusivamente alla
progettazione delle opere di cui all’oggetto. Per tale motivo eventuali opere aggiuntive, qualsiasi variazione relativa
alle opere programmate e/o eventuali cambiamenti di destinazione d’uso delle opere realizzate, renderanno
assolutamente indispensabile eseguire nuovi accertamenti da effettuarsi attraverso rilievi e/o indagini in situ, la cui
tipologia verrà stabilita in funzione sia del contesto geologico, sia delle nuove esigenze progettuali. Le risultanze così
acquisite verranno illustrate in maniera tale da fornire tutti i dati e le indicazioni necessarie.
Per le motivazioni suddette si raccomanda di comunicare allo scrivente, tramite lettera raccomandata, la
progettazione di opere aggiuntive, qualsiasi variazione relativa alle opere programmate, eventuali cambiamenti di
destinazione d’uso delle opere realizzate, e/o quanto altro possa risultare difforme alle finalità per le quali è stato
svolto il seguente studio geologico-geotecnico.