ART 33 OTTOBRE 2011 II-III di COP - Edizioni Conoscenza · sti, Università in...

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SOMMARIO Editoriale 1/L'anno che sta iniziando Lo scrigno Z/ Notizie in breve A CURA DI LOREDANA FASCIOLO Mercurio 3/ Se fossi dirigente scolastico ERMANNO DETTI Politica e sindacato 4/1 fondi di solidarietà Il riordino degli ammortizzatori sociali MASSIMO MARI Sistemi 9/11 colpo di grazia Come demolire la scuola e l'università MASSIMIUANO FIORUCCI Pedagogie e didattiche 11/La scuola della Repubblica. Da dove viene e dove va Un libro per ri-pensare la scuola PAOLO CARDONI 15/La democrazia fa bene alla scuola e al lavoro La lezione di John Dewey MARIO RICCIARDI 19/Punti di vista plurali Storia e intercultura BRUNA SFERRA Z4/ll cibo della mamma è sempre più buono. O no? Mangiare a scuola ARMANDO CATALANO Z6/Molta organizzazione, poca didattica Il piano di formazione dei docenti SERGIO SoRELLA Il foglio, la lavagna, lo schermo 33/La scuola di fronte alle nuove tecnologie Materiali tratti dal Convegno PROTEO FARE SAPERE, EDIZIONI CONOSCENZA, FLC CGIL 34/11 valore della lettura e della scrittura A COLLOQUIO CON TULLIO DE MAURO ERMANNO DETTI 37/Chi legge naviga meglio GIOVANNI SOL/MINE 40/Ti do la mia parola. Etica di una professione FRANCESCO CoRMINO 44/Dentro al medium MASSIMO BALDACCI 47/Nessuno ascolta più la voce della scuola PAOLO CARDONI 49/1 nuovi strumenti devono aggiungersi ai nuovi, non sostituirli TEODORA VIUA 50/Ripensare la formazione alla luce delle nuove tecnologie PAOLA PARLA10 Tempi moderni/ Il giorno della memoria 53/Storia e testimonianza nell'opera di Primo Levi Nel trentennale della morte dello scrittore DAVID BALDINI 59/11 presente storico e la storia contemporanea Memoria, storia, utopia DAVID BIDUSSA 65/11 processo Goring La specola e il tempo/ Le perverse radici del totalitarismo nazionalsocialista A CURA DI ORIOLO 66/Nome di battaglia: Maestrina Rossana l Protagonisti/ 20 anni fa moriva Lidia Beccaria AMADIGI DI GAULA 67 /Educare alla responsabilità Memoria e autobiografia LUANA CoLLACCHIONI 73/Diaspora, ogni fine è un inizio Il grande affresco di un'epoca VINCENZA FANIZZA Studi e ricerche 74/Giovani bulli crescono lstat. Il bullismo in Italia DANIELA PIETRIPAOL/ Cultura e società 78/Se la guerra diventasse un tabù A colloquio con Dacia Maraini VINCENZA FANIZZA Arte tra etica ed estetica 81/Quelleggero filo rosso dell'esistenza Maria Borgese, Danza MARCO FIORAMANTI Cinema-TV 85/The young Pope La serie televisiva di Sorrentino FEDERICA FASCIOLO Libri 86/Amare la differenza Una storia vera raccontata in prima persona ANTONIO GIACOBBI 87/AI di qua del bene e del male Gadda, di Giorgio Patrizi MARCO FIORAMANTI Recensioni 88/ Schede A CURA DI ANITA GARRANI Articolo 33 mensile promosso dalla FLC Cgil anno VIli n. l 1-12-20 16. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7112/2004 -Valore Scuola coop. a r.I.- via Leopoldo Serra, 3 1/37 - 00 153 Roma- Tel. 06.5813173 - Fax 06.58131 18- www.edizioniconoscenzo.it - [email protected] Abbonamento annuale: euro 50,00- Per gli iscritti FLC CGIL euro 35,00- sconti per Rsu- PREZZO UNITARIO PER una copia euro 10,00- Versamento su c/cp n. 63611008- intestato a Valore Scuola coop. o r.I. oppure bonifico bancario. Direttore responsabile: Ermanno Detti Direzione: Renato Comanducci, Gennaro Lopez. Anna Maria Vi Ilari Comitato scientifico: Alessandro Arienzo, Emanuele Barbieri, Mariagrazia Contini, Francesco Cormi no, Ermanno Detti, Massimiliano Fiorucci, Giuliano Franceschini, Caterina Gammaldi, Gennaro Lopez, Dario Missaglia, Giovanni Moretti, Alessandro Pazzaglia, Mario Ricciardi, Paolo Rossi, Francesca Serafìni, Francesco Susi, Anna Maria Villari, Guido Zaccagnini, Giovanna Zunino - In redazione: David Baldini, Paolo Cardani, Loredana Fasciole, Marco Fioramanti, Fabio Matarazzo, Luciana Risaia, Paolo Serreri. Layout, impaginazione, copertina: Marco Fioramanti. Stampa:Tipolitografia CSR, via di Pietralata, 157 - Roma- Hanno collaborato a questo numero:Amadigi di Gaula, Massimo Baldacci, David Bidussa, Annando Catalano, Luana Collacchioni, Francesco Carmine, Vincenza Fanizza, Federica Fasciole, Massimiliano Fiorucci, Anita Garrani, Antonio Giacobbi, Oriolo, Massimo Mari, Paola Parlato, Daniela Pietripaoli, Mario Ricciardi, Bruna Sferra, Giovanni Solimine, Sergio Sorella,Teodora Villa

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SOMMARIO

Editoriale 1/L'anno che sta iniziando

Lo scrigno Z/ Notizie in breve A CURA DI LOREDANA FASCIOLO

Mercurio 3/ Se fossi dirigente scolastico ERMANNO DETTI

Politica e sindacato 4/1 fondi di solidarietà Il riordino degli ammortizzatori sociali MASSIMO MARI

Sistemi 9/11 colpo di grazia Come demolire la scuola e l'università MASSIMIUANO FIORUCCI

Pedagogie e didattiche 11/La scuola della Repubblica. Da dove viene e dove va Un libro per ri-pensare la scuola PAOLO CARDONI

15/La democrazia fa bene alla scuola e al lavoro La lezione di John Dewey MARIO RICCIARDI

19/Punti di vista plurali Storia e intercultura BRUNA SFERRA

Z4/ll cibo della mamma è sempre più buono. O no? Mangiare a scuola ARMANDO CATALANO

Z6/Molta organizzazione, poca didattica Il piano di formazione dei docenti SERGIO SoRELLA

Il foglio, la lavagna, lo schermo 33/La scuola di fronte alle nuove tecnologie Materiali tratti dal Convegno PROTEO FARE SAPERE, EDIZIONI CONOSCENZA, FLC CGIL

34/11 valore della lettura e della scrittura A COLLOQUIO CON TULLIO DE MAURO

ERMANNO DETTI

37/Chi legge naviga meglio GIOVANNI SOL/MINE

40/Ti do la mia parola. Etica di una professione FRANCESCO CoRMINO

44/Dentro al medium MASSIMO BALDACCI

47/Nessuno ascolta più la voce della scuola PAOLO CARDONI

49/1 nuovi strumenti devono aggiungersi ai nuovi, non sostituirli TEODORA VIUA

50/Ripensare la formazione alla luce delle nuove tecnologie PAOLA PARLA10

Tempi moderni/ Il giorno della memoria 53/Storia e testimonianza nell'opera di Primo Levi Nel trentennale della morte dello scrittore DAVID BALDINI

59/11 presente storico e la storia contemporanea Memoria, storia, utopia DAVID BIDUSSA

65/11 processo Goring La specola e il tempo/ Le perverse radici del totalitarismo nazionalsocialista A CURA DI ORIOLO

66/Nome di battaglia: Maestrina Rossana l Protagonisti/ 20 anni fa moriva Lidia Beccaria AMADIGI DI GAULA

67 /Educare alla responsabilità Memoria e autobiografia LUANA CoLLACCHIONI

73/Diaspora, ogni fine è un inizio Il grande affresco di un'epoca VINCENZA FANIZZA

Studi e ricerche 74/Giovani bulli crescono lstat. Il bullismo in Italia DANIELA PIETRIPAOL/

Cultura e società 78/Se la guerra diventasse un tabù A colloquio con Dacia Maraini VINCENZA FANIZZA

Arte tra etica ed estetica 81/Quelleggero filo rosso dell'esistenza Maria Borgese, Danza MARCO FIORAMANTI

Cinema-TV 85/The young Pope La serie televisiva di Sorrentino FEDERICA FASCIOLO

Libri 86/Amare la differenza Una storia vera raccontata in prima persona ANTONIO GIACOBBI

87/AI di qua del bene e del male Gadda, di Giorgio Patrizi MARCO FIORAMANTI

Recensioni 88/ Schede A CURA DI ANITA GARRANI

Articolo 33 mensile promosso dalla FLC Cgil anno VIli n. l 1-12-20 16. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 488 del 7112/2004 -Valore Scuola coop. a r.I.- via Leopoldo Serra, 3 1/37 - 00 153 Roma- T el. 06.5813173 - Fax 06.58131 18- www.edizioniconoscenzo.it - [email protected] Abbonamento annuale: euro 50,00- Per gli iscritti FLC CGIL euro 35,00- sconti per Rsu- PREZZO UNITARIO PER una copia euro 10,00- Versamento su c/cp n. 63611008- intestato a Valore Scuola coop. o r.I. oppure bonifico bancario. Direttore responsabile: Ermanno Detti Direzione: Renato Comanducci, Gennaro Lopez. Anna Maria Vi Ilari Comitato scientifico: Alessandro Arienzo, Emanuele Barbieri, Mariagrazia Contini, Francesco Cormi no, Ermanno Detti, Massimiliano Fiorucci, Giuliano Franceschini, Caterina Gammaldi, Gennaro Lopez, Dario Missaglia, Giovanni Moretti, Alessandro Pazzaglia, Mario Ricciardi, Paolo Rossi, Francesca Serafìni, Francesco Susi, Anna Maria Villari, Guido Zaccagnini, Giovanna Zunino - In redazione: David Baldini, Paolo Cardani, Loredana Fasciole, Marco Fioramanti, Fabio Matarazzo, Luciana Risaia, Paolo Serreri. Layout, impaginazione, copertina: Marco Fioramanti. Stampa:Tipolitografia CSR, via di Pietralata, 157 - Roma- Hanno collaborato a questo numero:Amadigi di Gaula, Massimo Baldacci, David Bidussa, Annando Catalano, Luana Collacchioni, Francesco Carmine, Vincenza Fanizza, Federica Fasciole, Massimiliano Fiorucci, Anita Garrani, Antonio Giacobbi, Oriolo, Massimo Mari, Paola Parlato, Daniela Pietripaoli, Mario Ricciardi, Bruna Sferra, Giovanni Solimine, Sergio Sorella,Teodora Villa

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Nelle scorse settimane, manon è la prima volta, il“Corriere della Sera” e “LaRepubblica” hanno propo-sto una campagna media-

tica impressionante sulla corruzionenell’Università.

Trovo insopportabile che i quotidianidi “regime” parlino dell’Università soloin modo e con toni scandalistici e pergettare fango su di essa, proseguendoin un processo di delegittimazione cheha una lunga storia. Si tratta di armi didistrazione di massa mentre il progetto

di distruzione del sistema pubblico del-l’Università, della scuola e della ricercaprosegue inesorabile facendo finta diintrodurre processi di miglioramento.

Nel corso degli ultimi anni nel dibat-tito su scuola, formazione, universitàmolti analisti hanno sottolineato la man-canza di un progetto, di una visione, diun disegno che guidasse e orientasse leproposte, le riforme e le scelte effet-tuate dai governi che si sono succeduti.Tre dimensioni, tuttavia, emergono conchiarezza nelle politiche adottate: laprogressiva ma inarrestabile dismis-sione del sistema pubblico di ricerca e

formazione attraverso la sistematica ri-duzione delle risorse disponibili, la cor-ruzione linguistica e culturale che haorientato i processi in corso attraversoil metodico ingresso di un linguaggioeconomicistico e il progressivo aumentodi strutture di controllo e non di valuta-zione (ANVUR, INVAlSI, ecc.) che hannocome principale obiettivo quello di osta-colare il normale svolgimento delle atti-vità di una struttura (scuola, ateneo oente) attraverso il progressivo incre-mento di procedure finalizzate a indivi-duare errori e penalizzare anche eco-nomicamente i meno virtuosi.

COME DEMOLIRE LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀSISTEMI

Il colpo di graziaMASSIMILIANO FIORUCCI

Le cause principali del declinodella scuola e dell’università sonoil definanziamento, l’imperante visione aziendalistica del sapere,la proliferazione delle strutture dicontrollo e il “delirio burocratico”. Le campagne mediatiche fuorvianti

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COME DEMOLIRE LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ

SISTEMI

Il sottofinanziamentodell’università

Si tratta di un problema cronico chemeriterebbe un capitolo a parte: le fonti,in ogni caso, sono infinite e inequivoca-bili e non voglio tediarvi in questa sedecon i dati. Sia sufficiente per il momentoquesta citazione: “la situazione del-l’università è oggettivamente estrema.lo mostrano i dati di comparazione in-ternazionale, in base ai quali l’investi-mento pubblico italiano in istruzionesuperiore è nettamente inferiore, daqualsiasi punto lo si osservi – rispetto aquello di tutti, ma proprio tutti, gli altripaesi avanzati ed emergenti” (p. 45). leaffermazioni non sono quelle di un pe-ricoloso estremista ma sono tratte dalserissimo rapporto della FondazioneRes, a cura di Gianfranco Viesti, Univer-sità in declino. Un’indagine sugli ateneida Nord a Sud, Donzelli, Roma 2016.

La corruzione linguistica

la scuola e l’Università hanno comeloro principali obiettivi quelli di formarecittadini consapevoli, di fornire gli stru-menti per acquisire conoscenze e com-petenze e, ci si augura, per far crescereil sapere. In altri termini il ruolo del-l’Università dovrebbe essere quello diaiutare le persone a sviluppare un pen-siero critico e autonomo a partire dai sa-peri già codificati. Al contrario le aziendehanno come loro principale obiettivo ilprofitto. Detto brutalmente produconocose o servizi (cercando di farlo sempremeglio) per vendere e, in ultima istanza,guadagnare. Si tratta di due visioni, duemondi apparentemente lontani e per al-cuni versi inconciliabili e, invece, è ve-nuta avanti una visione  aziendalista eproduttivista del sapere, basti pensareall’imbarbarimento linguistico che ne èderivato: crediti, debiti, clienti, prodotti,customer satisfaction, stakeolders. Sitratta di una vera rivoluzione che prose-

del sistema AVA (Autovalutazione, Valu-tazione periodica, Accreditamento), sot-traendo tempo prezioso alla ricerca, allapreparazione delle lezioni e agli incon-tri con gli studenti e, quindi, alla veraqualità del nostro lavoro.

è stato ampiamente dimostrato cheanche in campo produttivo e aziendale(e non dovrebbe essere il nostro caso)si possono avere perfetti cicli di qualitàvuoti e inconsistenti: facciamo atten-zione a non scambiare i processi di mi-glioramento della qualità con gli obiet-tivi del nostro lavoro. Impressiona ilfatto che il Sistema AVA e il modello delTQM (Total Quality Management) nato inambito produttivo (il modello toyotistaper intenderci) presentino fortissimeanalogie: non che non si possano e nonsi debbano introdurre processi di valu-tazione e miglioramento nell’Universitàma non mutuando acriticamente i mo-delli produttivi. Per non parlare della ri-cerca. Da decenni non si dispone difondi di ricerca degni di questo nome eper poter svolgere una significativa atti-vità di ricerca si è costretti a parteciparea progetti e bandi europei con la conse-guenza che un’altra significativa partedel nostro lavoro deve essere dedicataal fund raising, alla gestione e alla ren-dicontazione dei progetti con un altroimpressionante carico di burocrazia.

E allora parliamo anche del nepoti-smo e dei parenti nell’Università maperché i principali quotidiani italianihanno taciuto e continuano a tacere sututti questi aspetti?

Consigli di lettura (soprattutto per i giorna-listi scandalistici alla Sergio Rizzo che sulla de-magogia hanno costruito la loro fortuna) perapprofondire: - Federico Bertoni, Universitaly. Lacultura in scatola, Laterza, Roma-Bari 2016;

- Fondazione Res, a cura di Gianfranco Vie-sti, Università in declino. Un’indagine sugli ateneida Nord a Sud, Donzelli, Roma 2016.

L’autore è docente presso il Dipartimentodi Scienze della Formazione

dell’Università Roma Tre

gue inesorabile. Non è vero dunque chenon vi è una visione dietro questi pro-cessi che sono guidati, al contrario, dalparadigma del mercato e dell’economiache ha sovrastato qualsiasi progetto disocietà che mettesse al centro l’uomo, lapersona e le sue relazioni. Si tratta, dun-que, di rivendicare l’utilità dell’inutile perdar senso all’esperienza umana e rilan-ciare la centralità della libertà, della par-tecipazione e della democrazia. Si èinvece imposto il modello del pensierounico e omologato, avanza in tutta la suapericolosità la mitologia della meritocra-zia, vengono incentivate la competizionee la concorrenza anche tra studenti apartire dai primi livelli della scuola.

Controlli, produzione nor-mativa, delirio burocratico

l’agenzia di valutazione francese (Aé-res) è stata dismessa per “delirio buro-cratico”. Credo che dovremmo assume-re un atteggiamento più critico nei con-fronti dei sistemi di assicurazione dellaqualità spesso mutuati dal sistema pro-duttivo e aziendale (TQM, ISO 9000), co-struiti e pensati per il mondo dellaproduzione e che rischiano di snaturareil senso del nostro lavoro. Ciò a cui dob-biamo mirare è la qualità pedagogica,didattica e relazionale che è fatta so-prattutto dalla qualità delle relazionieducative, didattiche e pedagogiche e,ovviamente, dalla qualità degli appren-dimenti. la qualità della didattica stanel fatto che gli studenti, a partire da sa-peri codificati, sviluppino un sapere eun pensiero critico e autonomo mentreci troviamo sempre più spesso e più fre-quentemente impegnati a compilare lecosiddette SUA (Schede Uniche Annuali)che poi uniche non sono perché ve nesono per ogni aspetto della vita univer-sitaria (Corsi di Studio, Ricerca Diparti-mentale, Dottorati) e i RAR (RapportiAnnuale di Riesame) per assecondarele richieste e i ritmi perversi e ossessivi

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Per chi, come chi scrive, è unostudioso dei problemi del la-voro Democrazia ed educa-zione di John Dewey non èun libro usuale, e neppure fa-

cile. Ma è una lettura interessante esorprendente per la quantità di spuntiche offre alla comprensione dell’at-tualità, confermando uno degli inse-gnamenti fondamentali di Dewey, chei libri del passato in tanto servono inquanto siano utili a capire il presente.

In particolare, la lettura di questo librosuggerisce alcune riflessioni sull’evo-

luzione recente dell’istruzione nel no-stro paese, ma anche sul rapporto tral’istruzione e il lavoro, nella parabolache, insieme, essi hanno compiuto an-che da noi.

Sistema di istruzione e sistema produttivo

Dewey scrive Democrazia ed educa-zione agli inizi del ventesimo secolo,otto anni dopo l’uscita dalle catene dimontaggio di Detroit del primo modellodella cosiddetta Ford T, e quindi nella

fase nascente, e per certi aspettoeroica, del fordismo. Dewey identificalucidamente gli effetti che il fordismogià mostrava e che avrebbe avuto sulsistema dell’educazione. In Italia,come sappiamo, la vera rivoluzione in-dustriale è arrivata con molti decennidi ritardo, e i fenomeni che gli USA

hanno conosciuto nella prima metà delventesimo secolo da noi si sono cono-sciuti, come fenomeni di massa, sol-tanto nella seconda metà del secoloscorso. è il passaggio da un sistemaproduttivo di tipo rurale-artigianale allaproduzione industriale di massa. E,

LA LEZIONE DI JOHN DEWEY

PEDAGOGIE E DIDATTICHE

La democrazia fa bene alla scuolae al lavoroMARIO RICCIARDI

Partecipazione e impegno politico e socialehanno accompagnato la ricerca filosofica e pedagogica di Dewey. A 100 anni dalla pubblicazione del libro Democrazia ed Educazione si è svolto a Roma un importanteconvegno su questo tema. L’articolo che ospitiamoè stato letto in quella sede

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LA LEZIONE DI JOHN DEWEY

associata, di esperienza continuamen-te comunicata”.

Cosa succede quando si incrinano gliequilibri fordisti? Succede che la situa-zione si fa, per certi aspetti, più libera,fruttuosa e piena di potenzialità, per al-tri, più precaria e contraddittoria,aprendo un periodo molto più instabileche dura tuttora.

La svolta antiautoritariadegli anni sessanta

Alla fine degli anni Sessanta si aprela fase della liberazione antiautoritaria.Nel lavoro si aprono spazi di libertà,una spallata contro la negazione dei di-ritti più elementari e prendono vita an-che i tentativi di dare una qualchestabilità alle innovazioni introdotte inquegli anni. Nel campo del lavoro ab-biamo lo Statuto dei lavoratori, gli ac-cordi che riducono l’orario di lavoro,aumentano i salari, si allargano i diritti,e successivamente arriva la fase della

concertazione, che è il tentativo di dareun nuovo equilibrio, non più autoritario,ma consensuale, ai rapporti di lavoro.

la liberazione antiautoritaria arrivanella scuola, ancora prima che nellefabbriche, e ha un effetto fortissimo, intutti i livelli dell’istruzione. Nella scuolaè il tentativo di passare, per usare laterminologia di Dewey, dall’educazionetradizionale a qualcosa che assomigliaall’educazione progressiva. è la vita,l’esperienza che fa il suo ingresso nellascuola, e agisce su tutta la scuola nellesue articolazioni e divisioni di classe,perché a ribellarsi sono sia gli studentidei licei, che protestano contro unaistruzione libresca e lontana dalla re-altà, sia quelli delle scuole tecniche eprofessionali che chiedono invece dinon essere soltanto segregati in unaistruzione subalterna a un futuro di la-voro di serie B. E anche qui, come nellavoro, vi sono state risposte istituzio-nali quasi immediate.

Come nel lavoro c’era stato lo Sta-tuto dei lavoratori, nella scuola arri-vano i cosiddetti “decreti delegati”, chesono appunto il tentativo di connetterela scuola con la società circostante, edi aprire alla democrazia dove c’erauna chiusura autoritaria. l’aperturaalle sperimentazioni, con il DPR 419 del1974 (Sperimentazione e ricerca edu-cativa, aggiornamento culturale e pro-fessionale e istituzione dei relativiistituti), resta un’altra testimonianzaistituzionale di questa fase. Fino alla ri-forma dell’autonomia. la quale vor-rebbe rendere stabile la ricerca diidentità delle scuole, e dunque il lorolegame con l’ambiente. E mi sia con-sentito ricordare qui anche il ruolodella contrattazione collettiva. In que-gli anni i contratti collettivi non solocercano di restituire dignità al lavorodel personale scolastico attraverso au-menti salariali non irrilevanti, ma an-che di dare maggiore solidità allaautonomia scolastica attraverso le fi-gure di sistema, di affrontare criticità

come osserva Dewey, l’assetto del la-voro e quello dell’istruzione sono pla-sticamente costruiti entrambi suquesto paradigma. Da un lato, c’è lafabbrica fortemente gerarchizzata sulmodello militaresco; il lavoro è total-mente piegato, è “variabile dipen-dente” rispetto alle esigenze dellaproduzione. Nella grande fabbrica, perusare le parole di Dewey, è “l’operaioche deve adattare sé stesso alla mac-china, invece di adattare l’utensile aisuoi scopi.”

Anche la scuola italiana è organiz-zata in quegli anni in maniera funzio-nale alle esigenze di quel sistemaproduttivo, e dal modello sociale chene deriva. è (per usare anche qui la ter-minologia di Dewey) la scuola tradizio-nale. l’istruzione per la classe domi-nante doveva preparare alle cosiddetteprofessioni liberali, o alle professionitecniche di livello superiore, che pote-vano essere la base su cui costruire,come poi di fatto avveniva, la classe di-rigente politica e manageriale. Era unassetto, quello del lavoro e quello del-l’istruzione, certamente finalizzato allariproduzione esatta dei rapporti di po-tere esistenti tra le classi, ma con unasua logica e una sua interna coerenza.Esso aveva tuttavia una debolezza fon-damentale, quella di essere fin troppo“interno” a quel paradigma sociale, einsieme troppo debole e intriso di pa-ternalismo per resistere ai colpi di unadomanda di democrazia come quellache stava crescendo in Italia nella se-conda metà degli anni sessanta: unadomanda di democrazia non soltantoispirata alle regole della democraziaformale, costruite con l’avvento dellaCostituzione, ma sollecitata dal plura-lismo che stava esplodendo nella so-cietà. Dewey dà una definizione moltobella della democrazia, che ricordaquella che diversi decenni dopo daràNorberto Bobbio: “la democrazia èqualcosa di più di una forma di go-verno, è prima di tutto un tipo di vita

PEDAGOGIE E DIDATTICHE

John Dewey

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LA LEZIONE DI JOHN DEWEY

come quelle delle cosiddette “aree a ri-schio”, di aiutare il funzionamento de-mocratico delle scuole attraverso unequilibrato sistema di relazioni sinda-cali tra il dirigente e le rappresentanzedel persona- le. Ma non v’è dubbio chela spinta antiautoritaria di quegli anninon sia riconducibile soltanto ai temi,pur impor- tanti, di una governance de-mocratica, ma anche una tendenza asostituire quello che Dewey definisce lo“spirito libresco e pseudo intellettuale”con una più viva attenzione verso i fe-nomeni sociali.

E, ancora una volta per citare Dewey,non v’è dubbio che in tutti i livelli diistruzione, dalla scuola materna al-l’università, si cerchi in quegli anni divalorizzare le attività in comune “allequali prendono parte quelli che si de-vono istruire, in modo che essi acqui-stino un senso sociale dei loro poteri edei materiali e degli strumenti usati”. Eil tentativo che si compie è quello, usoancora le parole di Dewey prese da unaltro libro, Esperienza ed educazione,di transitare dall’educazione impostadall’alto, alla “familiarizzazione con unmondo in movimento”. Nel complesso,insomma, il disegno, anche istituzio-nale, è quello di rendere la scuola piùdemocratica per renderla accoglienteper chi vi apprende e per chi vi lavora,perché è solo con la democrazia (que-sta, in fondo, è una delle principali le-zioni di Dewey) che la scuola puòefficacemente assolvere alla sua fun-zione.

Il riflusso

Certo, gran parte dei desideri e dellesperanze di quella stagione si sono poirivelati illusori, in larga misura perchésono mancati un sostegno e un conso-lidamento dei germogli di novità spun-tati in quella fase, in parte per ladifficoltà di saldare i nuovi approcci alsapere con la serietà del metodo e de-

gli studi. Nel libro Esperienza e educa-zione Dewey mette in guardia control’idea che “basta ripudiare le idee dellavecchia educazione per buttarsi al-l’estremo opposto”. E richiederebbedunque una preparazione specifica,un’intensa attività di ricerca, materialispecifici, risorse dedicate. Ma questo

in realtà non è accaduto, anzi è acca-duto il contrario. Ciò ha creato una si-tuazione a macchia di leopardo, consituazioni in cui si è andati anchemolto avanti, e altre (la maggioranza)in cui si vive e lavora con molto af-fanno, in cui cioè la qualità degli studideve combattere con scuole fatiscenti,giostre di docenti, mancanza di strut-ture, contesti sociali nei quali occorre-rebbe un fortissimo investimento, doveinviare i migliori docenti, e specializ-zarli, perché la scuola non diventi unostanco parcheggio, ma un luogo attra-ente e formativo, nel quale lo studentesi sente motivato a andare, a dare ilmeglio di sé, a sentirsi partecipe di una

comunità, a creare un equilibrio tra lamanifestazione della libertà indivi-duale e la costruzione di limiti non im-posti ma costruiti e accettati in modoconsensuale. E alla fine, invece, lamancanza di investimento (inteso nelsenso più lato) nell’istruzione fa sì chela scuola di nuovo riproduca le antichediscriminazioni sociali, e che le scuoled’élite rimangano scuole d’élite e perle altre l’autonomia corrisponda troppospesso all’arte d’arrangiarsi per so-pravvivere: non occorrono le indaginidella Fondazione Agnelli per ricono-scere una realtà che è sotto gli occhi ditutti. A questo si aggiunga l’improntache l’ultima riforma in ordine di tempo,la legge 107/2015 si propone, o tentadi dare, alla scuola italiana. Su questosi è detto molto, e non vale neppure lapena di aggiungere molte altre parole.Il fatto è che quella legge spinge versoun modello di scuola nella quale granparte del potere è gestito da una per-sona sola, il dirigente scolastico, peral-tro sovraccaricato di compiti e diimpegni, in cui gli aspetti di gestionedemocratica e partecipata vengono ri-dotti, in cui la “qualità” dell’insegna-mento viene affidata a meccanismi di“premio” ai docenti in base a criteriimprobabili e a organismi ancora piùimprobabili, e a meccanismi di valuta-zione che, a cascata, promanano sem-pre da viale Trastevere, promuovendoun modello di scuola che è il contrariodi una scuola accogliente, per chi deveapprendere e per chi deve insegnare.

Molti segnali sembrerebbero dun-que indicare che la scuola italiana stiaentrando, o sia entrata, in una fase chericorda per certi aspetti (sia pure, ov-viamente, fatte le debite differenze) ilclima degli anni cinquanta. Una divi-sione tra scuole d’élite e il grosso delsistema d’istruzione, un’impronta bu-rocra tica e neopaternalistica, perquanto riguarda la gestione dellescuole, con evidenti ricadute anche suimetodi e i contenuti dell’insegna-

PEDAGOGIE E DIDATTICHE

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LA LEZIONE DI JOHN DEWEYPEDAGOGIE E DIDATTICHE

la situazione nel mondo del lavoro èpiù complessa e, per certi aspetti,molto più contraddittoria, perché men-tre, da un lato, vi è questo ritorno alpassato, a un mercato del lavoro in cuilo squilibrio tra l’offerta e la domandaripropongono condizioni lavorative de-private di diritti che ricordano quelleaddirittura paleo industriali, dall’altrolato, la necessità delle imprese di com-petere non solo sul terreno del costodel lavoro, ma anche su quello dei co-sti complessivi e della qualità della pro-duzione e del prodotto induce achiedere ai lavoratori di atteggiarsiverso il lavoro con un comportamentodi partecipazione attiva e con- sape-vole. Ed è evidente la schizofrenica fri-zione che c’è tra questa richiesta/pretesa e la precarietà e il basso valoredel lavoro. Spesso il lavoratore è pre-cario e mal retribuito, e ciò nondimenose vuol mantenere il posto di lavoro de-v’essere competitivo e creativo,l’azienda si arroga insomma il diritto dicomprare, non più soltanto, come nel

fordismo, la sua forza muscolare, maanche la sua facoltà di pensare. Se guardiamo bene, insomma, siamotutt’altro che di fronte a una società pa-cificata. Nel suo ventre, e in manierasotterranea, si accumulano tensioniprofonde, che, se lasciate a sé stesse,possono manifestarsi ed esplodere (egià ne vediamo gli esempi) nelle formepiù incongrue e contraddittorie, tantopiù se il livello culturale si abbassa, sela capacità di comprensione dei feno-meni si smarrisce e quote crescenti dipopolazione diventano terreno di cac-cia di populismi d’ogni specie. Nella scuola, d’altra parte, la situa-zione sembra essere per molti aspettiin bilico tra le situazioni in cui ancorasi lavora bene, si sperimenta e si pra-tica un modello d’istruzione che perse-gue la crescita dell’esperienza di chiinsegna e di chi impara, e tendenze op-poste, sia che tendano a riproporre unvecchio modello autoritario e formale,sia che coincidano con un lassismoche svuota l’insegnamento di contenutie ne riduce drasticamente la qualità. Per questo è necessario, oggi più chemai, salvaguardare la qualità e la de-mocrazia nella scuola, come condi-zione per preservare la democrazianelle nostre società. E la lezione di Dewey va ascoltata an-cora con molta attenzione.

L’autore è un giuslavorista e insegna al-l’università di Bologna.

Il testo qui pubblicato è l’intervento al con-vegno “John Dewey e la pedagogia democra-tica del ’900. In occasione dei 100 anni dallapubblicazione di Democrazia ed educazione”svolto il 24 novembre a Roma e organizzatodal l’Università Roma Tre, Proteo Fare Sapere,Creifos, Sidep, Edizioni Conoscenza.

mento. E qui nasce una domanda conclu-

siva: è questo ciò di cui c’è bisogno?Vale a dire: questa scuola è coerente efunzionale a un modello produttivo esociale, come era stato per certiaspetti quello italiano degli anni cin-quanta? Oppure la scuola italiana è, inquesta fase, vittima di un’imperdona-bile miopia?

Il difficile binomio educazione-democrazia

Con l’aprirsi del nuovo secolo è ini-ziata un’altra fase. la fase della libe-razione antiautoritaria è ormai lontana,ma si è conclusa anche la fase della ri-cerca di un equilibrio consensuale trale istanze del lavoro e quelle del mer-cato. la concertazione finisce, e siapre la fase che ormai tutti cono-sciamo. Per molti aspetti si ritorna auna situazione che assomiglia molto aquella prefordista e fordista, sia pure incondizioni molto diverse, perché i dirittidel lavoro impallidiscono ma, in moltesituazioni, il fordismo riappare sotto al-tre forme, si pensi ai call center o allagrande distribuzione commerciale. Inmolte situazioni lavorative si ritorna aun autoritarismo e a una mancanza disenso che assomigliano molto a quelleche Dewey conosceva e descriveva. Edunque si potrebbe pensare che unmodello di scuola come quello che sivorrebbe costruire sia in qualche modofunzionale a un sistema produttivo e auna società in cui le distanze sociali se-gnano di nuovo precocemente il futurodei giovani, moltissimi dei quali sem-brano destinati a un futuro di instabi-lità e di incertezza, e in cui il man-tenimento dell’ordine sociale sembradi nuovo pretendere non l’amplia-mento, ma la restrizione degli spazidella democrazia.

è dunque questo il futuro che ciaspetta?

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IL FOGLIO, LA LAVAGNA, LO SCHERMOCONVEGNO

Il taglio del mio intervento, “peda-gogia in cammino”, sarà declinatosecondo quel tipo di pedagogiache prende in esame il percorsoformativo della scuola nel suo

complesso. la tesi che intendo avan-zare è che la scuola deve tenere seria-mente conto dei nuovi media, ma lodeve fare riconfermando la priorità for-mativa del libro. Per argomentare que-sta tesi suddividerò il mio discorso indue parti: in una prima parte cercherò,in grandi linee, di compiere un esamedel rapporto tra concetto di medium eil concetto di curricolo; nella secondaparte cercherò di proporre alcune ri-flessioni più dirette a supportare la te-si su un curricolo in un’epoca di pluri-medialità.Dato il tempo a mia disposizione af-fronterò il tema per grandi linee.

Rapporto tra medium e curricolo

Bisogna iniziare con il dire che l’inse-gnamento può essere concepito comeuna mediazione dell’apprendimento.Nell’istruzione non si apprende peresperienza diretta: l’esperienza vienemediata da una serie di artefatti cultu-rali, chiamati media. Un medium è uncampo di attività simbolica e una tec-nologia per operare su questo sistemadi simboli; quindi, in linea generale, unmedium è un sistema simbolico-cultu-rale equipaggiato con una tecnologia in-trinseca. la riflessione psicopedagogicaha approfondito il concetto di mediumin ambito formativo, nel senso che il me-dium non deve essere concepito sem-plicemente come veicolo di contenuticulturali, bensì come ambiente di ap-prendimento. Il sistema dei media cul-

turali è storicamente configurato: al-l’inizio il medium principale è stato il lin-guaggio verbale, poi il libro a stampa. Ilmedium libro non va concepito solocome veicolo di contenuti, ma come am-biente di apprendimento e quindi comeforma cognitiva, ovvero come modo diorganizzare il sapere e l’esperienza.Questa priorità è semplicemente sto-rica: progressivamente si sono aggiuntinuovi media e, nell’ultima stagione, imedia elettronici. Anche essi non vannoconcepiti come veicolo, bensì come am-biente di apprendimento e quindi comeforma cognitiva.

Da un punto di vista teorico, l’aspettocentrale è proprio nello scarto tra me-dium inteso come veicolo, che porta aporre l’accento solo sui contenuti tra-sportati, e medium come ambiente diapprendimento, che, cioè, non si limitaa trasportare informazioni; questo si-gnifica che si può apprendere non at-traverso il medium, ma dentro di esso;si apprende all’interno delle struttureche danno configurazione cognitiva aquesto medium, dunque si apprendonoanche le strutture del medium e si haquindi uno sdoppiamento dei livelli diapprendimento.

I livelli e le forme di apprendimento di Bateson

Per concettualizzare bene questo fe-nomeno abbiamo bisogno di una teoriadei livelli logici di apprendimento che ciporti a illuminare anche in modo diversoquella che è la struttura del curricolo. Disolito per curricolo si intende semplice-mente l’organizzazione dei contenuti di-sciplinari; il curricolo della matematicacorrisponde alla selezione dei contenutidella matematica e, poi, a una loro or-

ganizzazione sequenziale. Concependoun curricolo in questo modo si perde divista quello che è lo spessore del curri-colo, la sua stratificazione e, per potercogliere il curricolo in questa complessitàstratificata, si ha bisogno di illuminare idiversi livelli logici dell’apprendimento.Per farlo ricorreremo a una teoria che,secondo me, è una delle acquisizioni car-dine della pedagogia del ‘900, formulatada una studioso che è impossibile da in-casellare nelle consuete griglie accade-miche: Gregory Bateson.

Bateson asserisce che quando siparla di apprendimento si fa una grandeconfusione, in quanto si confondono fraloro fenomeni diversi; per fare chiarezzaoccorre distinguere i livelli logici d’ap-prendimento. Vi è un apprendimento diprimo livello, più evidente, che lui defi-nisce “protoapprendimento”: una modi-ficazione del comportamento e dellastruttura cognitiva dovuta all’espe-rienza. Tradotto in termini a noi più vi-cini, per protoapprendimento si intendel’apprendimento di conoscenze e abi-lità. Bateson sostiene che questo è soloil primo livello, al di sotto del quale vene è un altro, molto meno evidente, mafondamentale, definito “deuteroappren-dimento”, l’apprendimento di secondolivello. In cosa consiste questo tipo diapprendimento? Se il “protoapprendi-mento” è la modificazione del compor-tamento, il “deuteroapprendimento” èla modificazione del processo di “proto-apprendimento”. l’apprendimento disecondo livello, quindi, consiste nellamodificazione dell’apprendimento diprimo livello e quindi il modo in cui si im-para. Si impara a imparare in un’altramaniera.

I segni tipici del deuteroapprendi-mento, secondo Bateson, sono una

Dentro al mediumMASSIMO BALDACCI

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CONVEGNO

IL FOGLIO, LA LAVAGNA, LO SCHERMO

vostri studenti potranno anche dimenti-care quanto è stato insegnato, ma gliabiti mentali, che hanno ricavato dalcurricolo scolastico, resteranno loro cu-citi addosso e condizioneranno i loromodi di pensare, ragionare, vedere lecose.

la lezione di Bateson ci porta a faremolta attenzione non tanto sui risultatiquotidiani della formazione scolastica,quanto sulla produzione degli abiti men-tali che influenzeranno in modo dura-turo il destino di una persona.

Cosa accade però se proiettiamo que-sta distinzione del curricolo a due livellisul problema della mediazione? Indub-biamente al primo livello si potrebbedire che si apprende attraverso un me-dium, ma questo sarebbe riduttivo; sa-rebbe invece giusto dire che il primolivello l’apprendimento delle cono-scenze si fa dentro le strutture di un me-dium, ad esempio dentro le strutture dellibro.

Il medium libro

A questo punto dobbiamo ragionare,però, non sulle competenze e sulle abi-lità che vengono implementate dallostudio attraverso il libro, ma sul curri-colo secondo gli abiti mentali che, alungo andare, verranno prodotti da que-sto tipo di esercizio, ovvero abiti mentalispecifici a un determinato medium. Inaltre parole, mentre lo studio attraversoil libro permette di apprendere cono-scenze, in maniera collaterale si strut-turano gli abiti mentali specifici dellettore, che andranno a costituire quellache chiameremo “forma mentis”, coe-rente con la forma cognitiva del libro.Quindi, a lungo andare, uno studio sco-lastico basato sul medium libro produceuna “forma mentis”: un tipo di intelli-genza, un complesso di arti mentali chesono tipiche del lettore esperto.

Dobbiamo tenere presente che que-sto è il prodotto più duraturo della for-mazione scolastica, perché le cono-

scenze apprese attraverso questo modopossono anche essere dimenticate, mala forma mentis strutturata è destinataa rimanere.

A questo punto abbiamo un riassuntodello schema teorico, che ci permetteràdi capire che l’uso del medium non èsemplicemente per veicolare contenuti,ma produce effetti formativi a lungo ter-mine sulle mentalità dei nostri studenti

Nell’epoca della plurimedialità

E ora andiamo ad analizzare l’utilizzodei nuovi media, quelli tecnologici, chesi sono aggiunti ai media classici, acreare una plurimedialità. Di fronte aquesta situazione io non ho alcuna re-sistenza rispetto a coloro che sosten-gono una forma di “alfabetizzazionecritica” nei confronti dei nuovi media,data la loro presenza sociale. Il discorsomi sembra sensato, in quanto non pos-siamo abbandonare gli studenti a unuso “acritico” di questi media, proprioperché tali media hanno effetti sulleloro mentalità, sui loro funzionamenticognitivi e credo che un allargamentodelle forme di mediazione didattica,coerente con la forma mentis versatileche viene richiesta dal nuovo sistemasociale dei media, sia una scelta didat-tica più che ragionevole. Nel momentoin cui un individuo deve vivere all’in-terno di un regime cognitivo che com-prende una pluralità di media, sarànecessaria una maggiore versatilitàmentale da parte dell’individuo stesso,quindi, cristallizzare la forma mentissemplicemente come libro potrebbecreare difficoltà nell’uso di media chepresentano forme logiche di tipo di-verso. Quindi, una visione che permettedi allargare una forma didattica versoaltri tipi di medium non trova, da partemia, alcun tipo di resistenza.

Tuttavia, si sostiene che per i cosid-detti “nativi digitali” la forma a schermosia la forma naturale; si dice che lenuove generazioni siano nate in un uni-

maggiore rapidità del protoapprendi-mento, si impara a imparare e si diventapiù veloci nel farlo e si riesce a trasfe-rire quanto imparato all’interno di uncontesto e in contesti diversi. Se nel pro-toapprendimento si apprendono cono-scenze e abilità, nel deuteroapprendi-mento si strutturano “abiti mentali”,modi di vedere le cose, di ragionare, stilicognitivi.

Il deuteroapprendimento non si puòprodurre in modo isolato dal proprio ap-prendimento. Bateson lo definisce “ap-prendimento collaterale”; questosignifica che, mentre si stanno appren-dendo conoscenze e abilità, parallela-mente si stanno strutturando abitimentali. la scala temporale di questidue livelli di acquisizione è profonda-mente diversa: il protoapprendimento èun apprendimento a medio-breve ter-mine, mentre il deuteroapprendimentoè un apprendimento a lungo termine: gliabiti mentali richiedono una considere-vole estensione di tempo per struttu-rarsi.

Abiti mentali

Bateson ci dà uno schema concet-tuale che ci porta a chiarire che vi sonopiù forme di apprendimento diverso.

Cosa succede se proiettiamo questastruttura logica dei livelli di apprendi-mento sul curricolo? Il curricolo normal-mente concepito, come organizzazionesequenziale degli argomenti di una ma-teria non è in grado di espletare questadistinzione. Se vogliamo proiettare que-sto tipo di struttura su curricolo dob-biamo necessariamente distinguere idue livelli logici, quello comunementeinteso, in grado di mostrare la strutturasequenziale e l’organizzazione della ma-teria, al di sotto del quale si stannostrutturando abiti mentali, modi di fun-zionamento della mente. Bateson chia-risce che questi sono gli elementi checontano di più per il funzionamento co-gnitivo dell’individuo. In poche parole, i

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IL FOGLIO, LA LAVAGNA, LO SCHERMOCONVEGNO

verso semiotico in cui ha centralità laforma a schermo, piuttosto che quella alibro e che la rivoluzione digitale ha pro-dotto una rivoluzione antropologica deisoggetti destinatari dell’istruzione, percui dobbiamo prendere atto che il sog-getto da educare non è più quello di ierie non dobbiamo ragionare più sugli in-dividui moderni, con gli stessi schemicognitivi di quelli del passato.

Questi ammonimenti sono in parte va-lidi, ma non lo sono completamente.Fortunatamente questi abiti mentalinon sono ancora cristallizzati e, se-condo me, è qui che si presenta un er-rore pedagogico. Prendere atto, comesostengono alcuni, che gli studenti mo-derni posseggono oramai una formamentis differente e quindi non si puòpretendere di insegnare a nuovi abiti co-gnitivi la logica del libro, ma occorre in-vece sintonizzarsi sulle lunghezzed’onda dei loro stili cognitivi e insegnareattraverso una forma a schermo è unaimpostazione pedagogicamente errata,in quanto in questo modo si lascia do-minare esclusivamente la parte mecca-

nica della forma mentis, lasciando chesia essa a influenzare le forme cognitivedegli studenti, negando alla scuola lascelta dell’organizzazione della formamentis e del corredo degli abiti mentalia lungo termine. Bisogna certamente te-nere conto della presenza tecnologicaall’interno della società moderna, masolo come punto di partenza, puntandol’obbiettivo verso una trasformazione diquella che è una situazione ambientale.Credo che la scuola non abbia il com-pito di ratificare ciò che accade nella so-cietà, bensì di inserirsi attivamente e insenso trasformativo sulle dinamichecreative della società. l’obiettivo devequindi essere la trasformazione dellaforma mentis nei nostri studenti, dellaforma mentis socialmente indotta, ga-rantendo loro una maggiore aperturamentale.

la forma mentis schermo deve es-sere integrata all’interno dell’insegna-mento, accompagnata dalla formamentis libro, che deve essere centraleall’organizzazione dell’insegnamento, inquanto la logica dello schermo può es-

sere appresa anche all’esterno dellascuola, mentre la logica del libro va ne-cessariamente appresa all’internodell’ambiente scolastico. la scuola nonpuò quindi limitarsi a utilizzare delleforme digitali, in quanto priverebbe glistudenti della logica del libro, necessa-ria allo sviluppo degli abiti cognitivi deipiù giovani.

Il libro è stato storicamente legato al-l’idea di una formazione scolastica fon-damentale per la democrazia; le nuovetecnologie devono essere integrate adelle forme linguistiche e storiche, per-ché altrimenti si rischia di rimanere spe-cialisti e di non divenire mai dirigenti; inpoche parole si rischia di rimanere tec-nologicamente competenti ma non ingrado di sviluppare la maggior partedelle logiche mentali legate alla formalibro. Per questo sostengo la presenzadella forma mentis digitale all’internodella scuola, senza però togliere spazioa quella che è la forma classica dell’ap-prendimento, necessaria allo sviluppodelle forme classiche di abiti mentali.

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ARTE TRA ETICA ED ESTETICA

Ho conosciuto Maria Borgesenell’ambiente artistico ro-mano di Antonio Bilo Canel-la e del suo CineTeatro. L’hovista in azione con lui e i

suoi musicisti (Silent Chaos) durante glieventi della scorsa Estate Romana esuccessivamente, a settembre, lei haaccettato l’invito di partecipare a un miolavoro performativo a Genova nell’ambi-to della manifestazione “Lavatoys”.

Ci diamo appuntamento a Trastevere,e seduti all’Archetto II, in via Bertani,davanti a un bicchiere di rosso, co-mincia a raccontarmi la sua storia.

Allora, Maria, cominciamo dagli inizi.Da quali studi nasce la tua profes-sione di performer e danzatrice?

Sin da giovanissima, ho studiato conGillian Hobart e Wendy Jackson. loroavevano un modo molto contempora-neo di approcciarsi alla danza, quandoancora quasi tutte le scuole insegna-vano solo classica o balletto. Il loro me-todo, che forse sarebbe rivoluzionarioancora oggi, implicava l'attenzione nonsolo al movimento, ma anche all'imma-gine e agli oggetti scenografici. Ricordoche da giovanissima, avrò avuto dodicianni, fui scelta per realizzare uno spet-

MARIA BORGESE, DANZA

tacolo da professionista, che iniziavaall’interno di un grande telo. l'effettoscenico, quindi, era solo d’immagine(ho visto questa scelta usata anni dopodai Momix). Oppure ricordo l'entrata inscena avvolta in una serie di fogli digiornale che, danzando, finivano perstrapparsi e sbriciolarsi; o la composi-zione coreografica che scaturiva dasessioni di improvvisazione. Tutti que-sti elementi erano già presenti nelladanza dell'epoca, ma non in quellaclassica e, soprattutto, non esistevanelle scuole di danza. Questo imprin-ting è stato fondamentale per il futuro.

Crescendo, ho vinto varie borse distudio fino a frequentare la scuola didanza di Renato Greco e Maria TeresaDel Medico, passando dal balletto clas-sico alla danza contemporanea vera e

La performer romana approfondisce l’aspettoorganico, fisiologico e funzionale del movimentobasato sul concetto della leggerezza. Un percorso che parte dalla danza classica,passa per il teatro danza e approda alla performance

Quel leggero filo rosso dell’esistenzaIntervista a Maria Borgese

di MARCO FIORAMANTI

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mente. è così che lo spettacolo Perchéce l'ho tanto con..., su Anna Politkov-skaja, si trasfigura in una riflessionesul potere, sull'edonismo e sui dirittiumani. Il confronto con la parola, tut-tavia, mi ha portato a indagare il mitodei marginali con Brown Sugar, trattodall'omonimo libro di poesia di AntonioVeneziani. Con Nel ventre del forno, in-vece, ho indagato il mito della religionee la sua crudeltà implicita o esplicita.Infine, con D'amore e di libertà ho sca-vato nel poco conosciuto e poco fre-quentato, mito del brigantaggio femmi-nile.

Per riuscire in queste operazioni ho bi-sogno di arrivare a esperire quella chechiamo “urgenza”, un sentire profondoe necessario riguardo al mito, poco im-porta se classico o moderno. Ho biso-gno di sentirlo corpo e anima, mente espirito. la forma viene in un secondo

propria, soprattutto con il Centro Inter-nazionale di Danza di G. Astaldi.

è in questo periodo che ho ballatocon Vladimir Derevianko, con FreyFaust, per Vittorio Biagi, per il Ballettodi Spoleto. Ho affiliato gli studi conborse di studio in America, zvi Goder-neik è un maestro che mi ha segnatoprofondamente. Ho anche vinto unaborsa di studio da Merce Cunningham,ma gli eventi della vita mi hanno ripor-tato in Italia.

Col tempo, mi sono rivolta più alla ri-cerca, alla sperimentazione, all'im-provvisazione, cercando di fondere ilcorpo con la recitazione e l'uso dellavoce. Ho assistito alle prove e ai mon-taggi di Pina Bausch, implementandolo studio della danza con le tecnicheorientali e con il Tai Chi. Ma non ho mailasciato la danza vera e propria, infattinegli ultimi tre anni ho partecipato aseminari internazionali di danza inUcraina e poi in Grecia con danzatorigiovani che venivano da ogni parte delmondo. è sempre molto stimolanteconfrontarsi con realtà internazionali econ danzatori di diverse età.

Parliamo di te in qualità di autrice.Qual è il tuo metodo di lavoro?

Nel mio lavoro, il gesto o la danza

sono sempre molto vicine alla poesia,intesa in senso lato. Poesia e danza,sono legate non tanto alla razionalitàquanto all'emozione e all'inconscio, perquesto abitano un territorio comune.

Essere autrice, per me, significa rac-contare essenze sia antiche ma soprat-tutto moderne. Ovvero, quei miti, quegliarchetipi che dimorano nella realtà maalbergano anche nella memoria del cor-po prima ancora che in quella della

momento. Per quanto mi riguarda hofatta mia la lezione dei latini: “tieni inpugno l'argomento, le parole seguiran-no”, anche se nel mio caso, oltre alleparole si tratta di gesti, sguardi, movi-menti, posizioni, immagini, suoni.

Procedo, dunque, per intuizioni chescaturiscono da immagini, dalla poesiadelle immagini, ma anche da odori, sen-sazioni, colori, vibrazioni, la poesia del-l'esistenza. le intuizioni – artisticamente

parlando – sono quelle scintille che evo-cano sempre un'emozione profonda.

Riavvolgo poi il filo e riorganizzo la miaindagine in modo da arrivare al lavorocompiuto. Per questo tipo di lavoro, èevidente, le sessioni di improvvisazionein sala-prove, sono fondamentali. Infattiè proprio dai materiali – fatti di gesti,sguardi – che scaturiscono dall'improv-visazione (dai quali attingo gli aspettipiù interessanti) che poi rielaboro e af-fino, condensando gli orpelli e distillan-do l'essenziale.

Il mio lavoro comunque è fatto di ri-cerche, ricerche di emozioni e di signifi-cati. Quello che chiedo al pubblico è dicondividere con me il percorso dell'in-dagine. Quando cala il sipario, sarannogli spettatori a riempire il vuoto con leloro emozioni e con le loro risposte eprese di posizione: il pubblico quindinon è uno spettatore passivo, ma èchiamato a dare significanza, ovvero a

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MARIA BORGESE, DANZA

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raccogliere i frammenti che gli lascioper costruire un suo proprio universo.

Quali sono state le tue prime espe-rienze nell’ambito della danza?

Sono nata più come danzatrice checome ballerina, perché fin da giovanis-sima ho sempre lavorato nel teatro. Na-turalmente, quando ero giovane ho fattoesperienze di danza più leggera, però ilmio battesimo è stato in teatro con unospettacolo di danza contemporanea.

Poi, per esigenze più mie espressiveche per impossibilità di continuare unpercorso classico, mi sono spostata nelteatro-danza e poi verso il teatro vero eproprio. è stato un percorso complicato.All’estero è molto usuale, qui in Italia èpiù difficile perseguire una carriera didanzatrice che poi si avvicina al teatro,al teatro fisico e a tutte le altre forme diarte con le quali si collabora, e avere de-gli scambi.

Naturalmente, col tempo, le mie co-noscenze si sono ampliate. Ho studiatorecitazione, ho studiato composizionemusicale, ho studiato pittura...

E invece, come interprete, come per-former, come ti poni come reagisci alleidee e ai vincoli di un progetto esterno?

Anche se le mie esperienze si sonoallargate al mondo del teatro (sia comeattrice che come regista e performer),

nasco come danzatrice ancor primache come coreografa.

Quando sono interprete di un lavorodi regia o di coreografia di un altro au-tore, la disciplina e il riconoscimentodei ruoli sono fondamentali. Cercoquindi di mettermi a servizio dell’au-tore, non tralasciando mai, però, le miecaratteristiche. E, soprattutto, non in-frangendo mai la mia poetica. Questoper un senso di rispetto e coerenza neiconfronti di me stessa, prima di tutto, epoi perché credo che se l’autore mi hascelto (e di danzatrici e attrici al mondoce ne sono tante) è perché interprete eautore viaggiano sulla stessa lunghez-za d’onda.

Il teatro risponde appieno alle leggidella meccanica quantistica, infatti leenergie, i quanti, contano più delle pa-role, dei gesti, dei corpi.

Che interazione c’è tra razionalità einconscio nella creazione artistica?

Per la creazione di un nuovo immagi-nario ho bisogno della tensione (oforse sarebbe meglio parlare di “tinse-grità”) tra poesia dell’immagine e poe-sia dell’esistenza in un transito cheparta dal corpo, ma lo trascenda attra-verso un continuo passaggio dal dioni-siaco all’apollineo. Tale passaggio èper me, come per Doris Humprey, la ra-dice profonda della danza. Una radice,

ARTE TRA ETICA ED ESTETICA

MARIA BORGESE, DANZA

paradossalmente, insondabile. Per questo, il vuoto è un elemento

fondamentale. Del resto come dicevaBorges a proposito della poesia, “nel-l’arte c’è sempre qualcosa che sfuggeal controllo dell’artista”. Si tratta di unastrana alchimia, di un afflato divino, diun duende, un demone, un daimon cheemana dallo spettacolo. Calato il sipa-rio, quello che domina è proprio unsenso di vuoto, che annulla la distin-zione tra razionale e irrazionale nel-l’esperire il daimon del mito.

Nell’indagine che tu porti avanti sul-l’umano, qual è per te il significato diquest’operazione?

Affrontare i miti, moderni e antichi, si-gnifica affrontare le storie personali diognuno di noi, certo; ma anche la na-scita e la natura del gesto e dello sguar-do. Riproporre i miti antichi, per noi mo-derni, e in chiave moderna, significa,per me, indagare l’umano, l’esistente eil significato dell’esistenza, senza for-nire risposte a priori, ma cercandonealtre che vadano al di là del qui e ora. èqui che nasce il mio bisogno di scarni-ficare l’innecessario e dalle risposte dicomodo: affrontare le fragilità, le pau-re, i sentimenti e sublimarli.

l’essenza della mia indagine si cen-tra nella tensione tra domanda e ri-cerca, qui incontro la vita, l’assoluto, il

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mistero, in una parola: il rito dove l’in-sondabile resta il fulcro di ogni mio mo-vimento. la mia, in fondo, è una poe-tica dell’ineffabile.

Anche lo sconfinamento con le altrearti è una tua caratteristica, un temache senti molto vicino. Con quali disci-pline preferisci interagire?

la dialettica tra poesia dell’esistenzae poesia dell’immagine mi ha portatoa confrontarmi prima di tutto con poetie scrittori come Antonio Veneziani eClaudio Marrucci.

Devo molto anche allo studio dellacomposizione musicale contempora-nea che ha ribaltato e stravolto le miepercezioni per poi ricondurmi anche

alla tradizione. In questo senso Euge-nio Vicedomini segue ed è complice dialcuni miei “soli”. A proposito dellapoesia dell’immagine, vorrei menzio-nare Maj Hasager e Serge Uberti; comevideo-maker, Mar-co Bartolomucci. Ri-spetto ai performer, attori e attrici, holavorato con Marta Iacopini, Silvia Maz-zotta, Antonio Bilo Canella e, di re-cente, anche con te. Tutti questi artisti,infatti, pur utilizzando tecniche e mezziespressivi differenti, hanno in comuneun’attenta ricerca sull’esistenza, cherende possibile, per me, dialogare coni loro mezzi espressivi.

Arriviamo ai giorni nostri, al tuo lavoroattuale. Qual è la tua ultima ricerca?

Ultimamente sto lavorando a unadrammaturgia per la danza che Clau-dio Marrucci ha scritto per me. Si trattadi un testo filosofico sulla relazione coltempo diviso in quattro parti dal titolo:Quattro variazioni sul concetto ditempo.

l’ispirazione a Heidegger è evidente.In questa drammaturgia si richiede ilrapporto con l’essere, proprio delladanza, mentre il tempo spetta alla pa-rola; parola che è a sua volta ritmo edespressione.

Per quanto mi riguarda, significa tor-nare alla danza pura, lasciando il tea-tro o il teatro fisico, per esprimere laradice del tempo, nel battere e levaredel corpo.

MARIA BORGESE, DANZA

Romana, Maria Borgese è danzatrice-attrice,coreografa-regista, performer. La sua ricercaapproda alla commistione di movimento, ge-sto e parola. Ha lavorato con coreografi difama internazionale partecipando a numerosifestival tra cui Romaeuropa Festival, Festival delMediterraneo, Vignale Danza . Appro- da allacoreografia con Madeleine la folle, Ramakrisnail santo e Marsa Xlockk. Frequenti le incur-sioni con altre arti e le collaborazioni con ar-tisti di altre discipline. Come attrice halavorato per vari registi tra cui Imogen Kusch,Maj Hasager, Elisabetta Faleni, Shahroo Khe-radmand, Manuel de Oliveira. Si menziona ilruolo di voce narrante nel documentarioNessuno è perfetto di Fabiomassimo Lozzi. Trai suoi ultimi lavori: Perché ce l’ho tanto con…,No perfect Life, Brown Sugar, D’Amore e di li-bertà (questi ultimi due in collaborazione conil poeta Antonio Veneziani). Ha curato e pre-fatto l’edizione italiana di My life (IsadoraDuncan), Una storia del flamenco (José ManuelGamboa), La rivoluzione del movimento (FreyFaust).

Nota biografica

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