Arghillà di Reggio Calabria vs Zen di Palermo

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LO SGUARDO DI UN MONDO DIVERSO

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Ricerca Antropologica : Lo sguardo di un mondo migliore

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LO SGUARDO DI UN MONDO DIVERSO

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Il “ghetto” della “Reggio-bene”

Luoghi come Arghillà di Reggio Calabria, ennesimo quartiere senza identità, la cui bellezza paesaggistica fa a pugni con il degrado urbano e sociale che l’affligge. Arghillà è il ghetto, ma Arghillà è un non luogo e può essere un quartiere di Roma, Napoli, Catania, Palermo, Milano; è un paradigma triste che si ripete negli spazi e nel tempo troppe volte, condannato dal suo stesso STIGMA.

Esistono luoghi che sono stati traditi. Ai margini delle nostre città quiete e soddisfatte, vivono quartieri dimenticati. Adagiate in un abbandono dolente e silenzioso, intere aree e i loro sfortunati abitanti si accontentano di sopravvivere in una quotidiana lotta per non soccombere, lontani dagli occhi distratti della maggioranza. Luoghi come lo Zen di Palermo!!!

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Il piano tecnico per la realizzazione di arghillà-nord è stato un progetto degenerato e fallimentare lo stesso che ha creato lo Zen: quartieri isole del Mezzogiorno Italiano. Tante buone intenzioni iniziali compromesse da pessime gestioni amministrative, interessi della mafia spesso in perfetta sintonia con la politica, politici stessi inadeguati ed egoisti, ma anche cittadini posseduti da paure fomentate. Cosa fa paura di un barbone, cosa di uno zingaro, cosa di un immigrato? La povertà estrema terrorizza, inquieta, disarma, inibisce, respinge. E’ la povertà di questa gente che rende questa stessa gente scomoda e fastidiosa; e quando qualcosa da fastidio è facile chiuderla in un contenitore buio. Nemmeno il cielo verso cui alzare gli occhi, dove gettare una speranza o invocare un dio con una preghiera… Contrariamente a quanto pensa la gente reggina, Arghillà non è abitata solamente da Rom e delinquenti. Si respira aria di disperazione molto profonda nelle famiglie italiane . Infatti oltre ai molti assegnatari regolari di alloggi popolari, ci sono molte famiglie che hanno sfondato la porta di un appartamento per poter trovare riparo. Appartamenti il più delle volte privi di finestre, porte o sanitari. Questo perché per troppi anni l’Istituto Case Popolari non ha assegnato gli appartamenti e gli appartamenti sono stati depredati. C’è uno strano commercio di questi appartamenti: Assegnatari regolari , dopo l’occupazione per rendere la cosa regolare, mettono in vendita l’appartamento stesso.Naturalmente è una vendita fittizia poiché l’Istituto Case Popolari non ha mai fatto verifiche. Le persone, quando entrano in questi appartamenti trovano una situazione fatiscente.(non possono avere la luce e quindi... allaccio abusivo).Con il tempo provvedono a mettere a posto la casa, ci sono famiglie che hanno completamente ristrutturato, negli anni, l’abitazione sopportando molte spese. ..Nonostante ciò potrebbero, da un momento all’altro, essere cacciate fuori perché ABUSIVE.

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Affrontiamo "l'inferno e i suoi diavoli"

Dove sono questi “ ”? tra alloggi abusivi con le finestre in cellophane e montagne di immondizia alla fermata dell’autobus che non arriva mai, che salta le corse… Questi volti rimangono li, in compagnia dei cani e dei topi.

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La costruzione mediatica:una realtà violenta!

I media descrivono Arghillà come uno spazio a parte della città di Reggio Calabria: la linea di

separazione è segnata da punti visibili (immondizia, le strade senza tempo…) che

rafforzano lo stigma : “la centrale dello spaccio”. I residenti vengono giudicati dall’esterno e

dall’alto verso il basso: appare così un susseguirsi di vite di giovanissime prostitute, di bambini

sporchi di muco, di spacciatori , di donne abbandonate, di madri bambine, di adolescenti cresciuti in fretta, di uomini e donne che nella

povertà ormai ci sguazzano e non cercano altro perché non conoscono altro…

Si tratta di una rappresentazione che se da una parte permette di mettere in moto risorse

umane e finanziarie per i presunti bisogni del quartiere allo stesso tempo lo congela

escludendo ogni altra restituzione più complessa generando ostilità anche all’interno del quartiere

stesso...

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Se la parola “arghillà” viene dal greco e significa terra di capre, si può capire che la natura di questa montagna è veramente avara di vegetazione. La posizione è bellissima perché guarda lo stretto. Ma se ad Arghillà Sud, distante solamente 2 chilometri, sono cresciute le palme e le boungaville, perché ad Arghillà Nord non devono esserci? Tutta la strada che scende verso il Quiper e poi verso Catona, dovrebbe essere costeggiata da un bel viale fornito anche di panchine per il riposo di quelle tante persone che, per risparmiare i soldi dell’autobus,scendono a piedi. Possiamo rilevare, quindi, un emarginazione nell’emarginazione: I residenti di Arghillà Sud non riconoscono alcun legame con quelli di Arghillà Nord… Così quest’ultimi finiscono per essere ghettizzati oltre che dalla città dai loro stessi vicini a causa dei problemi che soccombono.

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Il problema SPAZZATURA merita un trattamento a sé. Diverse volte è stata interpellata l’Azienda invitandola non solo a ritirare la spazzatura, ma anche a fornire un numero più generoso di contenitori visto il numero degli abitanti. Mai i residenti non hanno avuto questa soddisfazione… neanche quando vi erano cani morti e in putrefazione. Solamente un intervento drastico delle Autorità potrebbe portare al regolare servizio di questa negligente Azienda che, comunque, riscuote denaro dai residenti.

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Le problematiche di alcuni residenti: “i nomadi”

Ufficialmente gli abitanti di Arghillà Nord che appartengono alle famiglie Rom, sono rappresentate da Giacomo Marino Presidente dell’Associazione che li ha seguiti negli anni, principalmente nello smantellamento della 208 e all’inserimento nelle case popolari nella città Reggina e non tutti relegati ad Arghillà. Non è stato ascoltato!

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• Bisogna tenere presente tradizioni e usanze di questa gente che incidono fortemente sul tenore di vita. Per le femmine Rom c’è una totale sottomissione ai voleri del padre che rimane, fino alla morte, il capo famiglia, la sudditanza nei confronti dell’uomo che si ritiene padrone di quella che –al momento- considera la propria donna, libero di ingravidarla e poi lasciarla per un’altra, tornare e ingravidarla nuovamente per poi sparire senza dare alcun aiuto. Le donne Rom quando sono lasciate sole con figli da mantenere cercano di farcela da sole, ma nei casi disperati, la soluzione è quella di accompagnarsi a un altro uomo in cambio di un tozzo di pane per se e per i figli.

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• Non essendoci scuole elementari ad Arghillà, il Comune aveva istituito un pulmino per il trasporto fino alle scuole di Catona, per i bambini privi di trasporto familiare. Per questo servizio il Comune pretendeva la corresponsione di Euro 25,00 mensili, per bambino. E’ noto che le famiglie Rom hanno molti figli, è quindi impossibile ,per loro, sborsare una somma tanto elevata… così facendo il Comune di Reggio, nega la possibilità di studio a questi bambini, condannandoli non solo all’analfabetismo, ma anche a una vita da sbandati…

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con la DELIBERA-CAPESTRO i Rom furono condannati ad iscriversi alla Camera di Commercio, in mancanza della quale, entrava in vigore l’ordine del sequestro del camioncino per il trasporto del ferro e una forte multa.Ma quasi tutti i Rom sono analfabeti e quindi mai avrebbero potuto compilare tali moduli pertanto iscriversi all’Ente. Questo ha portato ad un inasprimento dei rapporti con le Istituzioni, e a una reazione malavitosa perché, senza il mezzo per trasportare il ferro e quindi senza il guadagno onesto, era per loro giustificato rubare per dare il cibo ai figli…

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Non sono “nomadi”!Fin dai primi giorni di insediamento di queste famiglie Rom ad Arghillà sarebbe stato necessario un lavoro di intermediazione culturale per il loro inserimento, niente è stato fatto. La situazione finanziaria delle Famiglie Rom è veramente precaria. Ricordiamo che è da prima del 1600 che i Rom sono stanziali nel Reggino e vivevano nelle fiumare, raccogliendo il ferro e trasformandolo in attrezzi contadini che poi rivendevano nelle campagne. Avevano un buon rapporto con la gente della campagna e non scendevano in città. E’ stato solamente dopo i tanti morti che ci sono stati con le inondazioni di cinquant’anni fa, che sono arrivati in città. Solamente dando un’istruzione ai figli dei Rom e un lavoro nell’ambito che conoscono, si può pensare di risolvere i loro problemi e eliminare anche quella fetta di delinquenza che la necessità giustifica.

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“Due isole dimenticate”: Zen e Arghillà

Due quartieri apparentemente diversi – per alcuni versi antitetici - ma che la lettura simultanea è riuscita quasi a sovrapporre, arrivando a tratti a farceli confondere… Un po' come nelle leggende metropolitane dei camaleonti buttati nel water che poi risalgono come coccodrilli, così le periferie che erano state pensate come le discariche in cui andare a gettare tutta l'umanità in eccesso, ad un certo punto strabordano e riconsegnano alla civiltà i mostri di cui si pensava di essersi liberati, e che adesso pervadono tutta la società, la ossessionano. Distanza e prossimità, chiusura e apertura, interno ed esterno sono continuamente contrattati. Non è possibile dire quanto del centro arrivi alle periferie, e se sia possibile il viaggio inverso, certo è che ambedue i quartieri realizzano la questione in tutta la sua gravità.

• Fava parla dello Zen come della “cristallizzazione delle contraddizioni strutturali (economiche, amministrative e politiche) di tutta Palermo”. E conclude dicendo che “Decostruire la frontiera è un'operazione ben differente dal suo oltrepassarla”.

• Noi parliamo di Arghillà come di “un terreno ricco di risorse nascoste “Sia per il Progetto di riqualificazione ambientale che per quello della sistemazione del patrimonio edilizio, sarebbe opportuno intervenire attraverso finanziamenti che permetterebbero la rinascita del quartiere e fare un passo verso l’eliminazione, attraverso il lavoro, della delinquenza minorile.

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Ecco enfatizzati dal Fava in “Lo Zen di Palermo” e riscoperti da noi ad

Arghillà:

• Al nord della città troviamo il ghetto (Palermo/Zen; Reggio Calabria/Arghillà);

• All’interno del ghetto possiamo rilevare una dicotomia aberrante (Zen 1 / Zen 2 ; Arghillà Sud/ Arghillà Nord);

• Attenzione assente da parte della ricerca sociale a contrastare lo stigma prodotto dai media;

• In questo contesto di occupazione abusiva l’atto di proprietà è espresso dall’occupazione fisica presso gli alloggi <<i residenti vendono cio’ che non gli appartiene>>;

• Enormi disagi rilevati in un ambiente urbano (spazzatura, allaccio abusivo della luce, …) e sociale (mimetismo urbano, difficile convivenza tra le diverse etnie, subordinazione della “fimmina” al “masculu” , …) in forte degrado;

• I vincoli strutturali economici esterni così come quelli simbolici rinforzati dallo stigma obbligano i residenti a investirsi all’interno del quartiere nello spazio domestico nei luoghi di comunicazione dove L’INIZIATIVA INDIVIDUALE può attualizzarsi ( nelle relazioni di genere e nelle mille e una occupazioni illegali).

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Il fenomeno Zen si presenta così:La rappresentazione mediatica dello Zen viene mantenuta dalla ricerca sociale per obbligare gli amministratori locali, i politici, i funzionari alti dello Stato a offrire finanziamenti per legittimare la presenza dei vari interventi sociali… chiusi nella logica della devianza e della patologia sociale i suoi operatori non dispongono di categorie capaci di tematizzare diversamente il fenomeno sociale che è il quartiere. Per tanto spetta agli attori sociali raccontarsi diversamente attraverso ciò che Fava chiama “la lotta per il controllo dell’iniziativa personale”.

Il fenomeno Arghillà ritrova la sua forza nelle parole di Fava ciò che lo rende meno palese è semplicemente l’attenzione meno rumorosa che i media gli offrono… Nonostante ciò le due periferie si presentano attraverso uno scenario variopinto che soltanto IL SAPERE ANTROPOLOGICO è in grado di cogliere…

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Con la partecipazione di:

Sagoleo Gioacchino,Modafferi Santo , StrangioDomenico.

Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che ci hanno aiutate per la stesura di questo piccolo progetto che ci auguriamo possa un giorno attuarsi in modo concreto …

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