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Direttore responsabile: Donatella Gallone - Editore: Ilmondodisuk Società Cooperativa Sede legale: Napoli - Via Duomo 348 - 80133 Napoli - tel. 081.19806215 - Codice Fiscale e Partita Iva 06088751216 Iscrizione REA (repertorio economico amministrativo) n. 794608 - Tribunale di Napoli al n. 76 del 10/07/2008 - iscrizione ROC n. 17598 APRILE 2012 - ANNO IV n. 14 MAGAZINE attualità & cultura MAGAZINE attualità & cultura Amici del pensiero L’arte della disobbedienza Accademie, beni comuni dell’umanità di Donatella Gallone Marc Fumaroli a pagina 3 Una grande biblioteca da salvare Remo Bodei a pagina 5 Un modello da imitare Così parlava il papà dell'ermeneutica a pagina 15 Da Garibaldi a Gadamer Sebastian Schütze a pagina 6 C’ è un libro che ha sorpreso la Francia. S’intitola “L’arte francese della guerra”. Uscito timidamente in poche miglia- ia di copie nel 2011 con la sigla Gallimard, il romanzo dell’esordien- te (docente di biologia) Alexis Jenni ha conquistato molti lettori e un premio solenne come il Goncourt. continua a pagina 2

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Iscrizione REA (repertorio economico amministrativo) n. 794608 - Tribunale di Napoli al n. 76 del 10/07/2008 - iscrizione ROC n. 17598

APRILE 2012 - ANNO IV n. 14 MAGAZINE attualità & culturaMAGAZINE attualità & cultura

Amici del pensieroL’arte

della disobbedienza

Accademie, benicomuni dell’umanità

di Donatella Gallone

Marc Fumaroli

a pagina 3

Una grande biblioteca da salvare

Remo Bodei

a pagina 5

Un modelloda imitare

Così parlava il papà dell'ermeneutica

a pagina 15

Da Garibaldia Gadamer

Sebastian Schütze

a pagina 6

C’è un libro che ha sorpresola Francia. S’intitola “L’artefrancese della guerra”.

Uscito timidamente in poche miglia-ia di copie nel 2011 con la siglaGallimard, il romanzo dell’esordien-te (docente di biologia) Alexis Jenniha conquistato molti lettori e unpremio solenne come il Goncourt.

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14 ❒❒ pag. 2

segue dalla prima pagina

Grazie alla forma narrativa, l’autore apreil sipario sulle pagine oscure della(de)colonizzazione, denudando l’osses-sione nazionale militare che, dalsecondo conflitto mondiale, passando

per le guerre d’Indocina e Algeria, arriva a quellodel golfo nel 1991.

Prosa sontuosa per un resa di conti con il pas-sato rimosso, per un attraversamento dolorosodella memoria, per un racconto d’avventura stra-ordinario che affonda le parole nella realtà.

Apre il bagaglio della storia il narratore, persotra noia e bicchieri d’alcol, che incontra - per ilcaso voluto dalla letteratura - VictorienSalagnon, artista e navigatore della vita, in este-nuante e annosa trasferta, come disegnatoreparacadutista, con l’armata coloniale.

L’inizio del suo percorso parte dalla scuola, aLione. In classe, padre Fobourdon, che con gliallievi legge e commenta il De Bello Gallico diCesare, invita un anziano gesuita che ha trascor-so la sua esistenza in Cina. E mostra ai ragazziche obbedire agli ordini militari è una proprietàumana; disobbedire, invece, un’eccezione antro-pologica o addirittura un errore. Alla fine, cita unaneddoto. Il generale e filosofo cinese Sun Tsupregò l’imperatore di affidargli un qualsiasi grup-po di contadini. Sarebbe stato in grado di adde-strarli e farli marciare secondo i principi dellaguerra. L’imperatore lo sfidò a raggiungere lostesso risultato con le sue concubine.Diventeranno soldati perfetti, gli promise lostratega. Il primo tentativo fallì per colpa delleloro risate. Sun Tsu si assunse la responsabilitàdel fallimento e ci riprovò. Ma le donne continua-vano a ridere e non ce la fece. Allora, chieseall’imperatore la testa della favorita che, a malin-cuore, gli fu concessa. Dopo la decapitazione,le donne in silenzio cominciarono la manovra,come i migliori soldati, serrando le file, unitedalla complicità della paura che, spesso, è solo

un pretesto per sottomettersi alla volontà diqualcun altro.

Napoli somiglia a quelle cortigiane. Si barca-mena tra rinascita e declino, rassegnazione eribellione, nostalgia e rinnovamento. Ride con unsuono gutturale, disperato, grottesco. Assecondai desideri dell’imperatore di turno, gli s’inchinaper ottenerne i favori, lo segue dovunque, avolte lo tradisce con i subalterni, quando si vedemessa in pericolo proprio dai luogotenenti impe-riali. Eppure, è la stessa città che riesce a trova-re la forza di sollevarsi contro chi le chiede dipiegarsi. E’ la stessa città capace di emettere ilgrido del pensiero, una sollecitazione a prenderecoscienza di ingiustizie, ottusi corporativismi,prepotenze. Quel grido risuona forte tra le sale dipalazzo Serra di Cassano, sede dell’istituto italia-no per gli studi filosofici. Invitando a imparareun’arte, l’arte della disobbedienza.

*Nasce a Napoli l’associazione amici dell’istituto italianoper gli studi filosofici e sollecita i cittadini napoletani asostenerlo anche con un piccolo contributo finanziario inun momento di grave difficoltà per la sua stessa sopravvi-venza, dopo i tagli alla cultura del governo.

Un patrimonio culturale immenso, quello custodito aPalazzo Serra di Cassano, sede del prestigioso croceviaculturale europeo fondato dall’avvocato Gerardo Marottanel 1975. Intellettuali di tutto il mondo si stanno mobilitan-do per sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sullanecessità di salvaguardare un baluardo del pensiero liberonel mondo e un patrimonio librario prezioso, in cerca diun’adeguata collocazione.

Ilmondodisuk dedica questo numero agli “Amici del pen-siero”, proponendo interventi di studiosi prestigiosi- PieroBarucci, Remo Bodei, Marc Fumaroli, WolfgangKaltenbacher, Irving Lavin, Françoise-Hélène Massa-Pairault., Sebastian Schütze- che testimoniano quanto siaimportante tutelarne l’esistenza. Pubblichiamo anche un’in-tervista, scritta nel 1992 da Donatella Gallone e pubblicatanel libro di Proimez editore, “Napoli verso il terzo millen-nio”, a Hans- Georg Gadamer, papà dell’ermeneutica e cit-tadino onorario di Napoli, che fino all’ultimo, ormai cente-nario (è scomparso nel 2002), è stato uno dei docenti illu-stri dell’istituto. L’allievo di Heidegger spiega perché que-sta realtà è un modello da imitare.

di Donatella Gallone*

In homepage, Gerardo Marotta sulla scalinata di Palazzo Serra di Cassano. Qui, in alto, l'avvocato con l’ex presidente Cossiga. Scatti di Enzo Barbieri

L’arte della disobbedienza

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 3

Accademie,beni comuni dell’umanità

Quando si parla del patrimonio del-l’umanità si pensa prevalentemente amonumenti storici. La tutela dei benicomuni, però, non comprende soltan-to la protezione dei beni materiali.

Bisogna salvaguardare anche le istituzioni dicultura che garantiscono la continuità spiritua-le della tradizione. I musei rimangono muti, senon ci sono le istitu-zioni che insegna-no alle giovanigenerazioni i signi-ficati dei repertiarcheologici. Conla crisi delle uni-versità questocompito spettasoprattutto alleaccademie e aicentri d’eccellenza.Le accademie e gliistituti di ricerca,quindi, sono daconsiderare benicomuni, alla paridei beni culturalimateriali, dei sitiarcheologici, deimonumenti archi-tettonici, dellebiblioteche e degliarchivi, e come talidevono esseretutelati dagli Statidi cui costituisconoelementi struttura-li. Le accademie egli istituti di ricer-ca sono il fonda-mento primariodello Stato perchépreparano i giova-ni cittadini adiventare forzespirituali dellenazioni ed inEuropa una digni-tosa classe diri-gente dei futuriStati Unitid’Europa.

La storia delleaccademie dimo-stra la centralefunzione che sem-pre hanno avuto i Capi di Stato nella promo-zione della cultura, nella fondazione e nelmantenimento delle accademie e dei centri diricerca.

Lunga è la tradizione delle accademie. Dopoquasi un millennio di vita dell’Accademia diAtene si doveva attendere un altro mezzo mil-

lennio prima di veder nascere le università. Ilvuoto che la chiusura delle antiche accademieaveva lasciato fu riempito dalla nuova istitu-zione dell’università che soddisfaceva le esi-genze della cultura medievale del sapere. IlRinascimento faceva rivivere l’idea dell’acca-demia che nel medioevo era pressoché scom-parsa. La nascita dell’Europa moderna portava

l’università alla sua prima grande crisi e solle-citava la fondazione di nuove accademie.

Per vincere l’opposizione della cultura tràditafurono fondati nel 1530 il Collège de France enel 1603 l’Accademia dei Lincei.

continua a pagina 4

di Marc Fumaroli*

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 4

Segue la fondazione della Royal Society nel1660 e dell’Académie française nel 1635. Lenuove accademie rispondevano a inappagateesigenze degli uomini di cultura interessati alprogresso delle ricerche.

Quasi sempre sono stati i Capi di Stato adifendere e a sostenere la vera ricerca.Francesco I, re di Francia, accolse la propostadel suo bibliotecario, l’umanista e grande tra-duttore delle opere antiche Guillaume Budé,di istituire un collège des lecteurs royaux,un’accademia di umanisti, liberi di studiare ediscutere le materie ignorate dall’Università diParigi. Allo studio del greco antico e del-l’ebraico si aggiunse presto l’insegnamentodel diritto francese, del latino, della matema-tica e della medicina. Il Collège royal, che dal1870 porta il nome di Collège de France, èdiventato il luogo d’eccel-lenza della trasmissionedel sapere in Francia.

Il principe FedericoCesi, appassionato stu-dioso di scienze naturali,fondò a Roma nel 1603un sodalizio con tre gio-vani amici, Joannes vanHeeck, Francesco Stellutie Anastasio de Filiis,denominando la lorocompagnia comeAccademia dei Lincei, perl'eccezionale acutezza disguardo attribuita allalince, presa a simbolo delloro sodalizio. Obiettivodella loro associazioneera lo studio libero ditutte le scienze senza ivincoli dell’imperante tra-dizione scolastica. Granparte dei membri dell’ac-cademia cesiana sonocaduti nell’oblio, ma labreve e folgoranteavventura dei ‘Lincei’ halasciato un solco profon-do e fertile nella storiadello spirito europeo.

Nella sede e sotto gli auspici dell’AccademiaNazionale dei Lincei, riallacciandosi all’ispira-zione cesiana, fu fondato nel 1975 l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici. Nella tradizio-ne delle grandi accademie europee, e conparticolare riferimento alle tradizioni delleaccademie dell’umanesimo meridionale,l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici dedicala sua attività alla diffusione della filosofia,della cultura umanistica e della ricerca dibase nelle varie scienze. Negli anni bui degliultimi decenni l’Istituto è stato una dellepoche note positive a Napoli, la città di Vico edi Galiani, dei fratelli Spaventa e di Croce,che nel suo glorioso passato rappresentavauna capitale della cultura, ma che nel presen-te vive una delle sue più profonde crisi.Creando una fitta rete di collaborazioni con ipiù rinomati istituti di ricerca sul livello mon-diale, dal Warburg Institute al Collège deFrance, dall’Institute for Advanced Study

all’Accademia Russa delle Scienze, l’Istituto èdiventato un crocevia della ricerca internazio-nale. In 36 anni di attività l’Istituto è statofrequentato da più di 30.000 studiosi e hapubblicato più di 4.000 volumi. L’enorme pro-gramma di ricerca e di formazione fa diventa-re sempre più urgente la realizzazione dellagrande biblioteca dell’Istituto per la qualesono state destinate cospicue somme didenaro dei fondi europei. Trecentomila volumiattendono una definitiva sistemazione. Tuttal’Europa colta sta aspettando il momento incui si rende finalmente accessibile al pubblicoun patrimonio libraio di inestimabile valore.

La crisi economica ha contribuito adaumentare la pressione sulle accademie e gliistituti di ricerca. I provvedimenti di taglioalle spese non rispondono a un piano di rifor-

ma, ma servono prevalentemente al consoli-damento del bilancio a medio termine. Alungo termine questi provvedimenti distrug-gono non soltanto la base culturale dei paesi,ma inevitabilmente anche quella economica.Solo una politica miope può ridurre i finanzia-menti per le istituzioni culturali a tal punto dimettere in pericolo la loro stessa esistenza. Irisparmi che vengono richiesti agli istituti dicultura non possono avere come effetto laloro distruzione.

Di fronte al reale rischio di una chiusuradelle istituzioni più preziose bisogna dareforza ai Capi di Stato per intervenire a favoredelle accademie e dei centri di ricerca dove siformano le nuove generazioni.

*Académie française

In alto e nella pagina precedenteimmagini di due sale di palazzo Serra di Cassano

(foto di Corrado Costetti)

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 5

Una grande biblioteca da salvare

In occasione di questo incontro,come segno di protesta, è statochiuso il portone dell’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici, cosìcome fece il duca Luigi Serra di

Cassano durante la repressione della Repubblicanapoletana del 1799. Il duca Luigi, infatti, chiuse ilportone su via Egiziaca che all’epoca, quando nonc’era la basilica a piazza del Plebiscito, prospettavavisivamente sul Palazzo reale, sede di quel potereche aveva condannato a morte il figlio. Così anche lanostra protesta simboleggia il rifiuto di una conni-venza anche visiva con il centro del potere.

Il libro è sempre stato considerato un oggettosospetto, pericoloso. Già gli imperatori cinesi hannobruciato libri, tra cui il primo fu Quin Shi Huang nel213 a. C. Ci sono stati tanti roghi di libri nella storia,ma i più famigerati furono i roghi perpetrati dai nazi-sti nel 1933. Queste azioni spettacolari dal significa-to prettamente simbolico possono essere lette comeforme di guerra alla cultura, aperte, sfrontate; moltopiù subdole sono invece le azioni a cui assistiamooggi, i modi in cui si fanno morire i libri e la cultura.Uno di questi modi potrebbe essere considerato ladelegittimazione derivata da annunci e promessepuntualmente disattese dagli stessi pronunciatari,quasi sempre rappresentanti delle nostre istituzioni.Mi riferisco alle vicende che hanno visto e vedonoancora protagonista la biblioteca dell’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici. In principio furono dati in con-segna da parte del demanio dello Stato i locali delcomplesso monumentale del convento deiGirolamini. Poi ci fu il terremoto del 23 novembre1980 e solo pochi giorni dopo i padri filippini dell’atti-gua chiesa fecero entrare gli sfollati nei locali offerticome sede della biblioteca dell’Istituto.

Poi ci fu una promessa solenne di tutte le istituzio-ni di offrire i locali della caserma Nino Bixio per unirela biblioteca dell’Istituto con quella della Nunziatella,ma anche questa promessa è stata disattesa. Poi c’èstata una nuova promessa, sulla cui attuazioneancora speriamo, della destinazione di un immobile,già sede del CONI, in piazza S. Maria degli Angeli,sulla quale attualmente insiste la grande voraginedel cantiere della metropolitana. Per questo proget-to, nel 2008 sono stati stanziati dalla RegioneCampania tramite i fondi dell’Unione Europea6.800.000 euro per i lavori di ristrutturazione del-l’immobile e per l’allestimento della biblioteca. Ma intanti anni non è stato fatto assolutamente nulla, equesto conferma che siamo purtroppo una nazionein cui c’è una politica degli annunci di progetti chenon vengono mai portati a termine. La scrittriceMarguerite Yourcenar ha scritto un libro intitolato Lememorie di Adriano, in cui si afferma che le bibliote-che sono come i granai: servono nei tempi di care-stia. Il problema è che in assenza di biblioteche ilgrano, cioè i libri, ammuffisce, e in sostanza questo

è il grido di ribellione che l’avv. Marotta ha lanciato,cioè che è indegno di un paese civile che ci siano imezzi e i locali ma che sia semplicemente l’inerzia,molte volte interessata, a bloccare la messa in attodi qualsiasi progetto. Ma all’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, seguendo una tradizione di sano gia-cobinismo unita alla testardaggine e alla grandeforza di volontà che l’avv. Marotta ha saputo tra-smettere ai giovani, non ci si arrende nei confrontidelle difficoltà. Adesso nutriamo grandi aspettativesulla nuova giunta del Comune di Napoli, nonostantegli ostacoli iniziali che sta incontrando. Si dovrebbefare una cosa semplicissima: sbloccare immediata-mente i fondi già stanziati, perché più si aspetta epiù i costi crescono; inoltre non è il caso di rimanda-re ancora ulteriormente eventuali interventi dimessa in sicurezza che potrebbero essere necessarisui locali dell’edificio da adibire a biblioteca.

Devo dire che l’avocato. Marotta ha fatto dellecose di grande eleganza nell’acquisto non solo deilibri, ma anche degli scaffali necessari, scaffali cheappartenevano a Gioacchino Murat e ai grandi storicidella filosofia napoletana, dunque i libri avrebberoun’ottima accoglienza; quello che manca a un’istitu-zione come questa, che ha molti borsisti e ricercatorie vede la circolazione di molti insegnanti, ospitandoanche tre lezioni contemporaneamente, è appuntouna biblioteca in cui si trovino libri difficilmente repe-ribili in altri luoghi; un’istituzione così è monca senzalibri e senza i più moderni strumenti multimediali,magari realizzabili con la collaborazione della RAI.

Allora vorrei associarmi a questa sacrosanta prote-sta civile che non ha alla base alcun interesse perso-nalistico, anzi lo stesso promotore, l’avvocatoMarotta, si è spogliato negli anni dei suoi beni privatiper garantire la sopravvivenza dell’Istituto e la costi-tuzione della biblioteca, luogo di studio e di ricerca,bene comune per la formazione delle future genera-zioni, e anche tutti quelli che lavorano nell’Istituto,generalmente a titolo gratuito, mettono le loro capa-cità e la loro abnegazione nell’immenso lavoro di dif-fusione della cultura, dal professor Gargano aKaltenbacher, a De Cesare e tanti altri, una comuni-tà che lavora per Napoli, comunità trattata però conindifferenza e quasi con fastidio. Questa è una cosaindegna e che indigna, e trovo che sia nell’interessedi tutti, dei politici e anche dei cittadini, riconoscerein Napoli anche un altro volto, un volto molto piùpresentabile degli altri.

*University of California, Los Angeles

In foto, il premio Nobel per la Chimica ilya Prigogine durante una conferenzanell’abitazione dell’avvocato Marotta, in viale Calascione, dove nacque

l’Istituto. Le pareti sono tappezzate di volumi (foto di Enzo Barbieri)

di Remo Bodei*

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 6

Da Garibaldi a Gadamer:beni culturali - Stato - società civile

Con il crollo della Scuola dei gladiatori aPompei il mondo intero si è reso contodell’abbandono generale di uno dei sitiarcheologici più importanti e piùemblematici del mondo. Questo crollo

ha fatto sì che si levasse un grido d’allarme unpo’ dappertutto e l’attenzione della stampainternazionale, ma quello di cui, a mio avviso,non si è parlato abbastanza, e che a livellointernazionale è difficile capire, è che questocrollo è un fatto emblematico perché è effetto diuna crisi politica e culturale molto più profondadi una crisi dello Stato e delle sue istituzioni esoprattutto delle istituzioni che hanno la funzio-ne in Italia di sovrintendere appunto ai sitiarcheologici, quindi le soprintendenze, maanche le università e gli istituti di ricerca. Il crol-lo della Scuola dei gladiatori è simbolo del crollocompleto di un sistema che riguarda, in Italia,tutta l’educazione, la ricerca, la cultura in gene-rale.

GUARDARE ALLA STORIAIn questo momento storico così difficile, non

solo per l’Italia ma soprattutto per l’Italia, misembra che si debba fare una cosa che nellastoria è sempre servita, cioè ritornare a guarda-re alla storia passata e presente. Vorrei quindipartire da una foto straordinaria tecnicamente,ma straordinaria soprattutto per quello che rap-presenta. È una foto scattata nel 1860 e raffigu-ra Garibaldi che visita gli scavi di Pompei il 22ottobre 1860 con tutto lo stato maggiore. Lafoto lo raffigura all’interno del cosiddettoPantheon, nella zona del Macellum. È stereosco-pica, il che all’epoca doveva servire a creareun’immagine tridimensionale all’interno di unapparecchio ottico. Garibaldi arrivò a Napoli il 7settembre 1860 e in quanto “dittatore”, come fuchiamato, dell’Italia meridionale risiedeva aPalazzo Doria d’Angri. Cominciò subito ad ema-nare una serie di decreti molto importanti cheriguardavano la cultura. Il 12 settembre 1860,quindi appena cinque giorni dopo l’arrivo aNapoli, nazionalizzò i beni culturali dei Borbone.Il 15 settembre nominò il grande scrittore fran-cese Alexandre Dumas direttore onorario delMuseo nazionale e degli scavi di Pompei e il 16settembre 1860 emanò un decreto specialeriguardante gli scavi di Pompei. Di quest’ultimovorrei citare solo un brevissimo passo, che anti-cipa i tempi: «Visto che gli scavi di Pompei sonomiseramente abbandonati da più mesi, condolore del mondo studioso e con danno dellepopolazioni circostanti; considerando che lanostra rivoluzione dev’essere veramente italia-na, cioè degna della patria, delle arti e deglistudi, abbracciare in una le gloriose memorieantiche e moderne, fecondandole tutte, decretogli scavi di Pompei proprietà nazionale e chesiano consacrati 5000 scudi annui e che i lavoridebbano essere immediatamente ripresi».

Non entro nei particolari, ma questo gesto è

un’azione di politica culturale di grande luciditàe lungimiranza, che vede i beni culturali comefondamento dell’unità d’Italia e come un fattoreimportante per un’identità nazionale da fondare.È anche importante che Garibaldi abbia fattoscrivere questi decreti da una serie di uomini dicultura a lui vicini in un’epoca in cui i politiciascoltavano gli uomini di cultura. Questo pro-getto non prevedeva solo di rinnovare gli scavi,ma includevaanche un nuovoproposito: infattiGaribaldi avevachiesto a Dumas,garibaldino dellaprima ora, di pro-gettare scavi nuovie di pubblicare unagrande operaarcheologica, isto-rica e pittorica suNapoli e i suoi din-torni collaborandocon una serie dialtri studiosi. Lavisita a Pompei diGaribaldi fu, quin-di, un gesto moltoforte, che sottoli-nea quanto siaimportante questosito archeologicoper l’unità d’Italia.Garibaldi era ben consapevole della grandeforza dei nuovi mezzi di riproduzione, quindianche della fotografia, e di conseguenza questafoto storica, scattata dal fotografo tedescoGeorg Sommer, visto che fu diffusa in stereo-scopia era sicuramente una foto dedicata algrande pubblico.

RILEGGERE IL PASSATOQuesti decreti, come anche questa fotografia,

sono frutto della collaborazione, si potrebbe direeuropea, di Garibaldi con uomini di culturacome Alexandre Dumas e Georg Sommer. Equindi credo che questa visita di Garibaldi aPompei, durata oltre due ore, sottolinei in modomolto chiaro che i beni culturali non solo nonpossono essere definiti solo come beni materia-li, come monumenti, opere d’arte, patrimoniolibrario, ma che sia altrettanto importanteappunto studiarne e diffonderne la conoscenzae preparare le nuove generazioni a coglierne ilsignificato e a rileggerli in nuovi termini.

Stiamo parlando di una verità antica, di unacostante, direi, antropologica, e credo che l’ope-ra dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici enaturalmente del suo fondatore, l’avvocatoMarotta, riconosciuta a livello internazionale, siadedicata soprattutto a preparare le nuove gene-razioni a essere in grado di cogliere il significato

di Sebastian Schütze*

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 7

del passato e a rileggerlo in nuovi termini. Trovo a questo riguardo particolarmente

significativo che il padre fondatore dell’erme-neutica moderna, cioè Hans-Georg Gadamer,nella sua opera fondamentale Verità e metodo,abbia tenuto con costanza corsi qui all’Istitutoper quasi vent’anni: egli, infatti, considerava lacittà di Napoli e l’Istituto come una specie diseconda patria intellettuale, ivi ritrovando idealidi una paideia antica, di un’accademia platoni-ca. Gadamer sentiva, come credo tutti noi, loscalone monumentale di palazzo Serra diCassano come una specie di metafora, di sim-bolo dell’ascesa al sapere. Forzando un po’ ilconcetto dell’ermeneutica di Gadamer, sipotrebbe dire che i beni culturali esistono real-mente solo nella percezione di chi li legge, di

chi li studia e che quindi il bene culturale esistesolo se c’è anche un continuo processo diappropriazione e di attribuzione di significatinuovi. Questo è praticamente il cuore dell’er-meneutica di Gadamer, e questo ci porta ancorauna volta a considerare il significato dei beniculturali, un significato che, soprattutto nellasituazione attuale in Italia, va amplificato in ter-mini radicali. Di conseguenza certamente biso-gna conservare, preservare materialmente ibeni culturali, ma bisogna nello stesso tempo, econ altrettanta forza, studiarli, diffonderne laconoscenza e preparare le nuove generazioniad apprezzare e valorizzare questo patrimonioinestimabile. E queste due cose, sia conservaree studiare sia preparare le nuove generazioni,sono così intimamente e indissolubilmente lega-te che non ci vuole un Gadamer per capirlo, maproprio Gadamer nella sua teoria ha trovatoformule veramente molto pregnanti per spiega-re come questo fatto stia così a cuoreall’Istituto e all’università.

L’EDUCAZIONE DEI GIOVANINei suoi oltre trentacinque anni di attività,

l’opera fondamentale dell’Istituto come accade-mia è stata proprio questa: promuovere laricerca da un lato ad altissimo livello internazio-nale, ma, nello stesso tempo, educare i giovani

e diffondere la cultura ad ampio raggio attra-verso un’infinità di pubblicazioni, convegni, eseminari, ma soprattutto attraverso le scuoleestive in tutto il meridione d’Italia, quindiun’azione di raggio davvero universale in que-sto momento di profonda crisi politica e cultura-le in Italia, crisi che riguarda un po’ tutti gli isti-tuti di ricerca, le università, la scuola, la cultu-ra, le soprintendenze. Bisogna ricordarsi chenegli ultimi decenni l’Istituto è stato una speciedi faro, una roccia in mezzo alle intemperie eha avuto grande importanza a livello nazionalee internazionale, e soprattutto per Napoli e peril Mezzogiorno. Questo però non è il momentodi rilassarsi e parlare di tutto quello che è statofatto nel passato, in quanto ci troviamo in unsituazione davvero gravissima in cui tagli radi-cali alle sovvenzioni minacciano non solo l’atti-vità operativa dell’Istituto, ma la sua stessasopravvivenza.

Sono qui in quanto studioso di storia dell’arteitaliana che ha vissuto e lavorato a lungo inItalia e che ha collaborato con l’Istituto perquasi vent’anni, che vi ha portato allievi dallaGermania, dal Canada, dall’Austria e tanti allieviitaliani e questo mi dà l’occasione da un lato diesprimere la mia profonda gratitudineall’Istituto e soprattutto all’avvocato Marotta edall’altro di lanciare un appello forte, deciso aipolitici, alle istituzioni ma anche alla societàcivile, perché è vero che lo Stato e le istituzionihanno un ruolo fondamentale, ma anche i pri-vati e la società civile si dovrebbero rendereconto che siamo in una situazione in cui nonbasta più stare a guardare. Quindi mi fa piace-re, insieme ai colleghi che sono qui con me,lanciare un appello per sostenere l’Istituto esoprattutto per sollecitare l’apertura della suabiblioteca come strumento di lavoro indispensa-bile, permettendo all’Istituto di continuare lasua opera così fondamentale a livello locale, perNapoli e il Meridione, ma anche a livello nazio-nale e internazionale.

Pensando allo scalone di palazzo Serra diCassano, mi è venuta sempre in mente ognivolta che vengo qui a tenere seminari l’immagi-ne della Scuola di Atene di Raffaello, uno deimassimi monumenti dell’umanesimo italiano:come nel famoso affresco di Raffaello vediamoradunati maestri e allievi e troviamo la stessametafora a cui alludevo prima delle scale sullequali si ascende a gradi al sapere, così miauguro che le sale di palazzo Serra di Cassanosaranno anche in futuro popolate come l’affre-sco di Raffaello da allievi e docenti che vengonoqui a insegnare o a seguire i seminari sotto laguida dei più grandi maestri in tutti i campi delsapere giunti qui su invito dell’avv. Marotta.Credo che sostenere l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici sia veramente un dovere nonsolo politico e delle istituzioni, ma anche undovere civile. Mi auguro che questo mio appel-lo, associato a quello degli altri miei colleghi,produca frutti concreti e veloci.

*Professore di Storia dell’arteUniversità di Vienna

In alto sala di palazzo Serra di Cassano(foto di Corrado Costetti)

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 8

La ricerca europea versa in una profondacrisi strutturale. I provvedimenti politicidegli anni scorsi, intesi a superare talecrisi, hanno avuto poca incisività. Né sulpiano nazionale, né su quello europeo,

esistono progetti concreti per migliorare le strut-ture in modo efficiente e duraturo. L’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici fa parte di quellepoche istituzioni che si occupano seriamente diquesta problematica, e che tentano – con iniziati-ve e manifestazioni diverse – di arginare la deca-denza della cultura scientifica europea.

CRISI DELL’UNIVERSITA’Già nel 1996 l’Istituto Italiano per gli Studi

Filosofici ha organizzato tre convegni internazio-nali sul tema “Crisi dell’università” con la parteci-pazione di ricercatori e dirigenti universitari inItalia, in Francia, in Germania, in Gran Bretagna,nei Paesi Bassi, in Ungheria e in Austria. A Roma(6-8 giugno 1996) e a Parigi (25 giugno 1996) fudiscusso lo sviluppo delle università e di altri isti-tuti di ricerca, e venne analizzato il processo ditrasformazione, che differisce da un paese all’al-tro. Al convegno di Vienna (26-28 settembre1996) furono disegnati i primi lineamenti di unapolitica della ricerca alternativa a quella attuale.

Non soltanto in Austria, ma anche in Germania,in Francia e in molti altri paesi europei, le univer-sità e le istituzioni extra-universitarie si confron-tano con ambigue decisioni politiche per la ricercae la formazione. Da anni si cerca – com’è eviden-te, con scarso successo – di varare un insieme diriforme idonee a risolvere i problemi delle univer-sità, causati essenzialmente dall’espansione del-l’intero sistema educativo. È fuori dubbio che levecchie strutture universitarie non corrispondonoalle mutate condizioni, e che le riforme sononecessarie. Tuttavia, non c’è consenso né suimodi delle riforme, né sul tipo di trasformazione,né sui tempi delle riforme.

Per le ristrettezze di bilancio, le università sonocadute da uno stato di povertà endemica inun’acuta crisi. I provvedimenti di taglio alle spesenon rispondono a un piano di riforma ponderato,ma servono prevalentemente al consolidamentodel bilancio a medio termine. Poiché tali provvedi-menti diverranno un ulteriore peso nel lungoperiodo, essi devono essere rifiutati già solo permotivi economici.

L’attuale crisi delle università ha reso evidentiomissioni di decenni, che peraltro devono essereattribuite non soltanto ai ministeri e all’alta politi-ca, ma anche alle stesse università. La critica nondeve essere rivolta solo verso l’esterno, maanche all’interno.

Alle conferenze di Roma, Parigi e Vienna non siè parlato soltanto della crisi delle università, masono stati sollevati anche i problemi strutturaligenerali della ricerca europea. Nella sua relazionedi Roma, Antonio Ruberti ha toccato in particolaredue problemi centrali: l’eterogeneità e la fram-mentazione del panorama scientifico europeo. Lanotevole diversità delle strutture ha molteplici

ragioni storiche e politiche. Eterogenee e fram-mentarie non sono soltanto le strutture, maanche la politica di ricerca, che si riconnette allestrutture soltanto in parte. Se l’eterogeneitàdev’essere ricondotta per buona parte al diver-

so sviluppo socioeconomico dei singoli paesi, laframmentazione è invece fondamentalmenteuna conseguenza della nazionalizzazione dellascienza, nel segno dello sviluppo dello Statonazionale. La segmentazione nazionale delpanorama scientifico europeo non è stata a tut-t’oggi superata, nonostante i programmi euro-pei. Non esiste alcun coordinamento efficacenella politica europea di ricerca. Perciò neppurequel poco che oggi viene elargito in comunepuò essere utilizzato in modo efficiente.

È interessante notare che ciò non riguardatanto la ricerca di base, quanto piuttosto gliambiti della ricerca applicata, le discipline tecni-che e mediche, nelle quali la concorrenza pre-domina ancora oggi sulla collaborazione, acausa degli interessi a medio termine. Resta daricordare che questa concorrenza intraeuropeae la mancanza di collaborazione condurranno,nel lungo periodo, a un indebolimento dellaposizione europea.

IL SUPERAMENTO DELLA FRAMMENTAZIONE

Il superamento della frammentazione nazio-nale della ricerca europea è un primo compito,cui si affianca il superamento della eterogenei-tà. Negli anni Novanta si è discusso molto suicriteri di convergenza da soddisfare per realiz-zare una stabile valuta europea. A ragione haammonito già Ruberti che non si discute sui cri-teri di convergenza in ambito scientifico; criteriche sono perlomeno altrettanto importanti perl’intero sviluppo europeo. Se nell’ambito scienti-fico non esiste convergenza fra i singoli paesi,

di Wolfgang Kaltenbacher**

La ricerca in Europa*

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la collaborazione diventerà sempre più difficile,il che comporterà ulteriori svantaggi nella com-petizione con gli Stati Uniti, il Giappone, la Cinae i Paesi emergenti.

Le nuove sfide per la ricerca e lo sviluppo inEuropa sono di molteplice natura. Un importan-te aspetto è la mutata situazione geopolitica.Gl’investimenti nella ricerca e negli abituali set-tori economici erano caratterizzati dalla con-trapposizione di blocchi militari. Ma oggi, alposto della concorrenza militare, si è rafforzataquella economica: perciò gl’investimenti strate-

gici in ricerca e sviluppo sono decisivi, e in que-st’ambito gli Stati Uniti hanno reagito più velo-cemente dell’Europa.

LE NUOVE TECNOLOGIEPer ciò che concerne la qualità della ricerca,

l’Europa non deve temere paragoni, poichéanche nell’attuale situazione si riesce a compie-re un buon lavoro, tenuto conto della disponibili-tà dei mezzi. L’Europa è debole nello sfrutta-mento delle conoscenze scientifiche. Nella con-correnza globale però la capacità competitivadipende sempre più dalla capacità di sfruttare lenuove tecnologie anche nella pratica. Per ilmantenimento nel lungo periodo della competiti-vità sarà necessaria non soltanto l’implementa-zione di nuove tecnologie, ma una professiona-lizzazione a tutti i livelli. Gravi lacune si ritrova-no nei settori del management e della motiva-zione sul lavoro. Gli enormi compiti che abbiamodi fronte non potranno essere fronteggiati senzaun’adeguata educazione e formazione dellenuove generazioni. Di conseguenza, nel settoreeducativo non si deve risparmiare, ma nelmigliore dei casi ristrutturare. L’Europa è fieradel proprio sistema educativo. In effetti, è que-sto uno dei pregi del nostro continente. Tuttaviaanche questo vantaggio verrà meno ben presto,se non saranno intrapresi ulteriori sforzi.

CRESCITA QUALITATIVAI paesi membri dell’Unione Europea dispongo-

no di un elevato standard di vita e di una gran-de sicurezza sociale. Il lato negativo di queste

conquiste sono i notevoli costi di produzione edel lavoro, ciò che – in connessione alla cre-scente globalizzazione dei mercati – conduce aun ulteriore inasprimento della situazione sulmercato europeo del lavoro. In Europa regi-striamo oggi un indice di disoccupazione del10%. Questo problema non si può risolvere conun incremento della produzione, ma soltantocon l’innovazione permanente e con la crescitaqualitativa in tutte le branche del sapere e atutti i livelli. L’Europa deve sfruttare le duerisorse più importanti di cui dispone: il poten-ziale scientifico e le risorse umane.

La crescita qualitativa è l’unica alternativa perl’Europa, non soltanto per motivi ecologici, magià per motivi puramente economici, perchénelle attuali condizioni l’Europa non può affron-tare la concorrenza del mercato mondiale con lasola crescita quantitativa.

In Europa prevalgono le piccole e medieimprese. Questa strutturazione dell’economiaeuropea in piccole unità produttive è una forza,se usata correttamente. Le piccole e medieimprese con personale ben qualificato e un ele-vato potenziale innovativo, in grado di reagireflessibilmente ai nuovi sviluppi e alle nuove esi-genze, potrebbero assicurare un vantaggio con-correnziale decisivo sul mercato globale.

Tutti gli sforzi sono però condannati a fallirese l’Europa commette l’errore di dimenticare gliambiti di ricerca dei quali questo continente havissuto finora. Se il Giappone è stato per lungotempo il modello del paese imitatore, trasfor-matore ed elaboratore di tecnologie sviluppateo in via di sviluppo, l’Europa ha fatto fronte allegrandi trasformazioni dell’industria manifatturie-ra e al ridimensionamento dell’industria pesantecon l’innovazione tecnologica. Anche questopotrebbe finir presto, se l’Europa continua aridurre le risorse per la ricerca di base, contra-riamente a quanto avviene in altre parti delmondo. Il Giappone ha fatto sensazione nel1996 con l’annuncio dell’aumento della spesapubblica per la ricerca di base fino al 50%. Sepaesi come il Giappone in futuro non guarde-ranno più all’Europa per i prodotti scientifici otecnologici, la situazione diventerà davvero dif-ficile per il vecchio continente.

Al convegno che l’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici ha organizzato a Roma si è parlatomolto della tecnologia nell’ambito delle discipli-ne matematico-scientifiche. Ma trascurare lescienze propriamente speculative è come inne-scare una pericolosa bomba a orologeria, comesi è rilevato e documentato nel congresso diParigi. Si comprende da sé che l’Istituto Italianoper gli Studi Filosofici attribuisce a questatematica una particolare importanza. Se loStato ritira il suo appoggio al finanziamentodella scienza, le scienze speculative sono le piùcolpite: infatti, a differenza delle discipline tec-nico-scientifiche, esse hanno possibilità moltolimitate di finanziare i propri progetti di ricercacon mezzi privati. Gli indizi di un decadimentodelle scienze teoretiche non sono immediati, maproprio per questo il loro declino è più gravosoper lo sviluppo sociale, nel lungo periodo.

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In foto, Marotta con il Nobel per la Fisica Carlo Rubbia(foto di Enzo Barbieri)

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Il ruolo della ricerca di base in Europa è statooggetto di un altro convegno nell’ambito delleiniziative europee dell’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, tenuto il 22-23 maggio 1997 alPalais du Conseil de l’Europe a Strasburgo. IlColloque Européen dal titolo “La recherche fon-damentale: une priorité européenne” fu orga-nizzato sotto la supervisione di William Shea,in collaborazione con l’Université Louis Pasteure la Division de l’Enseignement Supérieur duConseil de l’Europe.

Fra i partecipanti c’erano Daniel Tarschys(Secrétaire Général du Conseil de l’Europe),Adrien Schmitt (Président de l’Université LouisPasteur de Strasbourg), François Becker (Présidentof the European Space Science Committee), AlainPompidou (Député Européen et Président duSTOA), oltre a molti altri. François Becker nel suocontributo ha sollevato uno dei problemi fonda-mentali del convegno: ricerca di base e ricercaapplicata non sono in contrapposizione, formanoanzi una necessaria unità. Ma proprio perciò laricerca di base non può essere dimenticata.

UNA POLITICA UNITARIA Ricerca e sviluppo sono trattati nella politica

europea e nei media come un tema fra molti altri,come se non fosse ben chiaro che ricerca e svilup-po potrebbero offrire la chiave per risolvere i pro-blemi oggi al centro dell’interesse pubblico. Ricercae sviluppo avranno in Europa un futuro soltanto sesi riesce a superare l’eterogeneità e la frammenta-zione delle strutture europee di ricerca. Inun’Europa veramente unita ciò sarebbe più sem-plice che in un’Europa frammentata da interessiparticolari. Ma non possiamo attendere la realizza-zione di quest’utopia. Piuttosto, dovremmo impe-gnarci nello spingere verso una politica unitariadella ricerca in Europa, facendo sì che ricerca esviluppo divengano un motore del processo d’uni-ficazione. Un’Unione Europea in via di consolida-mento potrebbe favorire in modo mirato la ricercaeuropea. Questo processo dialettico deve comin-ciare con un mutamento di rotta nella politica dellaricerca. L’Istituto ha fornito un primo contributocon alcune sue iniziative.

La politica della ricerca e dell’educazione stannomolto a cuore all’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici, perché la posta in gioco è il nostro stes-so futuro. Tuttavia quest’ambito è per l’Istitutosoltanto uno fra i molti. Prendendo visione del pro-gramma delle manifestazioni si può avere un’ideadell’enorme lavoro del quale l’Istituto si è fattocarico.

Tutto è cominciato negli anni ’70. L’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici fu fondato nel 1975,sotto il patronato dell’Accademia Nazionale deiLincei, per iniziativa di Enrico Cerulli, Elena Croce,Giovanni Pugliese Carratelli, Pietro Piovani eGerardo Marotta. L’obiettivo era di creare una taskforce per lo sviluppo della scienza e della culturain Italia e in Europa. Nel frattempo, l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici è diventato unadelle istituzioni di ricerca e formazione più impor-tanti d’Italia. In particolare, in ambito filosoficonon esiste in Italia, anzi in tutta l’Europa, alcunistituto che possa essere paragonato all’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici. Chiunque abbiaavuto a che fare con l’Istituto sa quanto il succes-so di quest’istituzione sia merito dell’avvocato

Marotta, che vi ha investito enormi risorse delpatrimonio personale. In virtù del suo carisma,egli ha potuto entusiasmare e conquistare moltementi creative, delineando con il suo instancabileimpegno i tratti inconfondibili della sua istituzione.

UNA QUESTIONE NAZIONALEGli amici dell’Istituto, e anche gli esterni, si

domandano quale sarà il suo futuro. Finora tuttoha funzionato bene perché alcune personalità emi-nenti si sono impegnate per l’Istituto con tutte leloro forze, tra i primi i Capi di Stato, da GiovanniLeone, Sandro Pertini e Francesco Cossiga a OscarLuigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi e GiorgioNapolitano. Se si vuole assicurare la continuitàdell’Istituto, l’attività dell’Istituto ha ora bisogno diun ancoraggio istituzionale. Si deve, in altre paro-le, garantire istituzionalmente ciò che finora si ècostruito faticosamente. Lo Stato e il Governo ita-liano dovrebbero tener conto del fatto che l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici svolge da anni unruolo d’interesse nazionale. In conseguenza di ciòanche il futuro dell’Istituto dovrebbe essere consi-derato una questione nazionale. Un’istituzione chetanto ha contribuito alla reputazione internazionaledella cultura italiana, quale l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici, dovrebbe anche ottenere uno sta-tus istituzionale paragonabile a quellodell’Accademia Nazionale dei Lincei. L’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici, se non de iure,sicuramente è de facto, da molto tempo, ben piùdi una semplice istituzione privata di formazione.

CENTRO D’ECCELLENZALa Federazione mondiale delle società di filosofia

(FISP) ha riconosciuto in un Appello internazionalein favore dell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici, approvato all’unanimità dal ComitatoDirettivo della FISP in occasione del convegnointernazionale della FISP a Ischia nell’aprile del2009, che “l’Istituto appartiene a quella ristrettacerchia di centri d’eccellenza che svolgono unafunzione essenziale per il mondo contemporaneo,operando incessantemente per un’educazione libe-ra e democratica, per lo sviluppo delle scienzesociali e umane e per una migliore comprensionereciproca tra i popoli e le culture. Ma l’Istituto èanche un polo di ricerca di eccellenza nel campodei problemi teorici delle scienze naturali. Sonostati promossi dall’Istituto convegni con i più emi-nenti specialisti internazionali dei campi più avan-zati dei vari settori scientifici, i quali ne hannoriconosciuto l’insostituibile funzione per la circola-zione e il confronto dei risultati della ricerca dibase, della fisica teorica in particolare e dellescienze naturali in genere. Il programmadell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici si basasulla consapevolezza dell’unità e dell’intima con-nessione fra le scienze”. Nell’appello viene auspica-to “che l’Istituto possa continuare a svolgere lapropria azione con la massima libertà e indipen-denza, e che possa disporre di mezzi adeguati allapropria missione, nello spirito di autonomia e coo-perazione internazionale che lo caratterizzano sindalla sua costituzione”.

*Dal discorso Il ruolo delle accademie nella promozionedella ricerca pronunciato il 30 settembre 2010 all’Istituto di

Filosofia dell’Accademia Russa delle Scienze (Mosca).

** Docente all’università L’Orientale di Napoli

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 11

Mi permetto di dire qualche parola diprolusione per affermare la sacralitàdell’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici e della sua grande biblioteca.L’esistenza dell’Istituto è un fenomeno

secondo me straordinario, di una straordinarietàche va sottolineata. Volevo cercare di dare unadefinizione di come vedo l’Istituto con un confron-to con altri due istituti di chiarissima fama mon-diale, con i quali ha moltissime analogie nella conce-zione. I due altri istituti sono il Warburg Institute(adesso a Londra) e l’Institute for Advanced Study diPrinceton, dal quale provengo. È un caso strano dellastoria che questi altri due istituti siano nati quasisimultaneamente sulle due sponde dell’Atlantico, unoad Amburgo e l’altro a Princeton. E sono nati in modosimile: tutti e due fondati da privati (in entrambi i casidue ricchi ebrei) e originariamente senza alcun rap-porto con istituzioni o enti nazionali.

Il Warburg Institute è partito come una bibliotecacreata da Aby Warburg, figlio di una famiglia di ban-chieri. Aby Warburg si accordò con il fratello maggioreper rinunciare ai suoi diritti sull’eredità e ricevere incambio la facoltà di acquistare per tutta la vita qual-siasi libro volesse. Da queste premesse e con questapossibilità ha creato una meravigliosa biblioteca. Erameravigliosa non solo per la quantità, ma per il modoin cui era stata concepita, modo del tutto insolito efedele a una nuova idea della storia della culturaumana, direi globale, poiché immaginava per la primavolta la cultura come unità del pensiero umano: lui lachiamava Kulturwissenschaftliche Bibliothek, Bibliotecadella scienza della cultura. Qui si studiava matemati-ca, scienze umane, storia ecc., secondo un’idea unita-ria della cultura. I più grandi studiosi dell’epoca, comeper esempio Erwin Panofsky, frequentavano la biblio-teca di Warburg quando era ancora ad Amburgo, cosìcome oggi i più grandi studiosi del mondo frequentanol’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, e da questefrequentazioni nacquero una serie di pubblicazioni,una rivista e delle monografie senza le quali è impos-sibile studiare la storia della cultura, tutto questosenza avere rapporti con l’università. Anche quando,come nel caso di Panofsky, si era in rapporto anchecon l’università, al Warburg si tenevano lezioni manon c’era un vero e proprio insegnamento comeall’università. Nel 1934, con l’avvento dei nazisti alpotere, il Warburg viene “esiliato” in Inghilterra, doveper mancanza di fondi viene assorbito dall’università esi comincia a tenervi corsi e a rilasciarvi titoli a nomedell’università, tradendo il progetto di partenza, checonsisteva nel costituire una biblioteca concepita perla ricerca pura senza rapporto con progetti effettivi.

La medesima idea di ricerca pura era l’idea di basedell’Institute for Advanced Study di Princeton, fondatonel 1930. Il primo tra i grandi a venire all’Institute diPrinceton, proprio nel periodo in cui le università inGermania venivano svuotate dalla presenza degliebrei, fu Albert Einstein. L’Institute venne fondato aPrinceton perché lì vicino c’era l’università, con cui c’èuna convenzione per consentire agli studiosidell’Institute di frequentare la biblioteca dell’universi-tà, ma non c’è altro tipo di rapporto tra le due istitu-zioni. Da noi, al contrario dell’università, non c’è e nonci sarà mai insegnamento: l’idea era, ed è, di un isti-

tuto di ricerca avanzata, pura. Il nome Institute forAdvanced Study è perfettamente espressivo dell’ideaperché questo nome, che è adesso utilizzato per leaccademie di tutto il mondo, fu coniato per la primavolta per il nostro istituto. Da tutte le parti c’eranoistituti specialistici, ma l’Institute for Advanced Studynon aveva volutamente un elemento disciplinare findall’inizio. Chi ha inventato questo sistema si chiama-va Abraham Flexner, un importante intellettuale, chescrisse nel 1937 un saggio bellissimo intitolato Theusefulness of useless knowledge, un saggio sull’“utilitàdella non utilità” delle ricerche e sull’idea che le grandiscoperte nella storia dell’umanità siano state sempre ilrisultato della pura curiosità. Flexner partì dall’esempiodi Guglielmo Marconi, che non ha fatto altro che svi-luppare le idee di Maxwell e di Hertz, che erano puriricercatori.

Il senso di tutto questo discorso è che nel mondodella ricerca pura e in particolare tra questi tre istitutici sono degli elementi comuni, primo fra tutti l’indi-pendenza, cioè il non ubbidire alle richieste dell’uni-versità di praticità e di insegnamento; indipendenzamolto preziosa ma, al tempo stesso, molto delicataperché comporta il problema della ricerca di fondi. Ifondi sono importanti per salvaguardare l’indipenden-za di questi istituti e la libertà della ricerca pura, liber-tà molto preziosa e per me motivo fondamentale persalvaguardare l’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficie la sua biblioteca. Qui, a differenza che a Princeton,per esempio, si seguono dei seminari, che però sonomolto diversi dai seminari universitari perché i profes-sori che vengono, così come ho fatto anche io neigiorni precedenti, illustrano anche i risultati non anco-ra pubblicati delle proprie ricerche avanzate e fruttodella pura curiosità, così come è necessario per edu-care i giovani, invece di corsi universitari riassuntivi.

In conclusione voglio aggiungere che la straordina-rietà dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici èduplice: in primo luogo che esista con le caratteristi-che che ho definito sopra, in secondo luogo che esistaa Napoli. Mi ricordo che la prima volta che sentii par-lare dell’Istituto mi chiesi con stupore come mai fossenato a Napoli: secondo me, un istituto del generesarebbe dovuto nascere a Firenze o a Milano o aTorino, città che possiedono sia ingenti fondi sia unalunga tradizione di studi. In realtà ci si dimentica cheNapoli, e questo è motivo di grande orgoglio, è la cittàdi Giambattista Vico e di Benedetto Croce e chel’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è centro di cul-tura antichissima e che fa rivivere la cultura di Napolidel ’700, di quando Napoli era la capitale più avanzatadi tutta l’Europa a livello intellettuale.

*Professore emerito all’Institute for Advanced Studyall’Università di Princeton dove ha insegnato per molti anni

Storia dell’arte, formando più di una generazione di studiosi

In foto, incontro con Cesare Musatti in viale Calascione, scatto di Enzo Barbieri

Quella preziosa indipendenzadi Irving Lavin*

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 12

Nei suoi trentacinque anni di attivitàl’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficiha dedicato una vasta attività di ricercae di formazione agli studi di economia,sia a quelli strettamente teorici, sia a

quelli di storia economica, sia a quelli di storiadel pensiero economico. Del suo ComitatoScientifico, presieduto dal prof. Pietro Rescigno,hanno fatto parte economisti come AugustoGraziani, Michio Morishima, Paolo Sylos Labini estorici dell’economia come John A. Davis, LuigiDe Rosa e Jacques Le Goff.

PRESTIGIOSE COLLABORAZIONIL’attività dell’Istituto si è dispiegata in innume-

revoli iniziative, alcune delle quali sono state rea-lizzate direttamente ed esclusivamentedall’Istituto, altre invece in collaborazione conaltre istituzioni tra le più prestigiose in Italia eall’estero. Per quanto riguarda gli studi di carat-tere teorico non si possono non ricordare le con-ferenze tenute all’Istituto dai premi Nobel perl’economia Kenneth J. Arrow, Franco Modigliani eJames Tobin. In questo ambito è da menzionarel’attività svolta presso l’Istituto soprattutto daeconomisti italiani che sono stati poi presidentidella Società degli Economisti o da studiosi chesono veri e propri capi-scuola, come gli stessiAugusto Graziani, Paolo Sylos Labini, MarioArcelli, Fabrizio Barca, Giacomo Becattini,Innocenzo Gasparini, Mario Monti, SergioParrinello, Luigi Pasinetti, Antonio Pedone,Alberto Quadrio Curzio, Paolo Savona. Tra questistudiosi, numerosi sono stati coloro che hannosvolto attività presso l’Istituto e hanno poi fattoparte (o già ne facevano parte) dell’AccademiaNazionale dei Lincei.

LA RISCOPERTA DEGLI ECONOMISTI DEL MEZZOGIORNO

Costante è stata l’attenzione dell’Istituto per i piùampi temi teorici e storici, ma soprattutto perquanto riguarda due problemi: da un lato il rappor-to tra la struttura criminale ravvisabile nell’econo-mia meridionale e la difficoltà di crescita di que-st’ultima; dall’altro il tema della peculiarità dell’eco-nomia meridionale nella sua evoluzione storica enella riflessione nel pensiero di economisti e rifor-matori meridionali. Non si pecca di eccesso di valu-tazione nel dire che nell’attività dell’Istituto si pos-sono trovare le tracce del miglior meridionalismodei nostri tempi, da Pasquale Saraceno a RossiDoria, a tutti gli economisti nati e cresciuti nellacosiddetta Scuola di Portici.

Nell’ambito della storia economica sono daindividuare due temi di ricorrente interesse: daun lato quello della natura dell’industrializzazione,alla quale ha dato contributi di grande importan-za Peter Mathias, dall’altro quello della peculiaritàdi esperienze compiute nell’Italia meridionale, siaprima sia dopo l’unità d’Italia. In questo secondoambito il ruolo svolto da Luigi De Rosa è statofondamentale con i suoi studi, ma anche perchéha posto in evidenza giovani studiosi che poihanno dato contributi importanti alla ricerca sto-

rica nel nostro Paese, fino a costituire una vera epropria scuola di storia dell’economia dell’Istituto.

Forse l’apporto più importante dato dall’Istitutonell’ambito degli studi di storia del pensiero eco-nomico è stato quello della riscoperta degli eco-nomisti del Mezzogiorno degli ultimi tre secoli. Inquesto campo l’attività è veramente commende-vole e di assoluto rilievo. Si va dalla ripubblica-zione dello scritto fondamentale di Antonio Serrache si giova di una illuminante introduzione diSergio Ricossa, a tutta l’attività di ripubblicazionedelle opere di Giuseppe Maria Galanti, di Broggia,di Genovesi, di Scialoja, che hanno lasciato unatraccia indelebile nello sviluppo del pensiero eco-nomico in Italia.

Questa attività, svolta anche in collaborazionecon istituzioni italiane di grande prestigio, è tut-t’ora in corso e si è avvalsa di un rapporto privi-legiato che l’Istituto ha mantenuto con associa-zioni come la SVIMEZ e l’ANIMI e ha visto diveni-re l’Istituto una scuola animata dalla presenza digiovani ricercatori.

IL PENSIERO DELL’OTTOCENTOIn questo momento ci si sta dedicando a studi

molto approfonditi sul pensiero napoletano nellaprima metà dell’800. Questa attività si traduce incollane specifiche, come quella che ha ospitato ilvolume sugli economisti campani curato da LiliaCostabile, che pone il Mezzogiorno d’Italia, inparticolar modo la Campania, all’avanguardianegli studi dedicati agli economisti regionali deisecoli passati.

Oggi questa importante attività di ricerca e distudio nel settore economico, diretta per moltianni da Luigi De Rosa, è particolarmente fecondaed è guidata da un Comitato scientifico compostoda Lilia Costabile, Domenicantonio Fausto, LuigiDe Matteo, Paolo Frascani e Giovanni Vigo, di cuiil prof. Piero Barucci è Presidente. Ogni annoviene dedicata una giornata a studiare un aspet-to del Mezzogiorno. Si è cominciato a indagare ilnesso tra Mezzogiorno e attività criminale, con

di Piero Barucci*

Una scuola di economia

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una relazione di Pier Luigi Vigna e una di PieroBarucci, che si ripubblicano in questo volume; siè continuato a discutere le difficoltà delMezzogiorno con le relazioni di S.E. Crescenzio

Sepe e del Presidente degli industriali sicilianiIvan Lo Bello; si è continuato ad occuparsi dellastoria della camorra in un dibattito di recenteavvenuto nel Mezzogiorno stesso, prendendospunto da un volume di Francesco Barbagallo. Sicontinuerà su questa linea di riflessione cercandodi spiegare come sia difficile svolgere un lavorodi qualunque tipo nel Mezzogiorno: attività diricerca, attività di insegnamento, attività sindaca-le, attività politica, a causa delle caratteristichestrutturali e socio-politiche del Mezzogiorno stes-so.

Una seconda linea di attività è assicurata dallosvolgimento a ritmo costante di importanti con-vegni sugli economisti che hanno segnato il pen-siero economico del Mezzogiorno. Si cominciòcon un Convegno, organizzato insieme allaFacoltà di Giurisprudenza di Napoli, dedicato alpensiero economico di Antonio Genovesi, si con-tinuò con un altro incontro, organizzato in colla-borazione con l’Istituto di Storia del pensieroeconomico di Firenze, dedicato ad AntonioScialoja , si è poi proseguito con due convegniorganizzati e svolti direttamente dall’Istituto, unodedicato al pensiero di Francesco Saverio Nitti euno al pensiero e alla vita di Epicarmo Corbino.Di questi incontri vengono pubblicati rapidamente- nei tempi permessi da una attività così com-plessa - gli Atti. Sono stati editi recentementequelli dedicati al convegno su Francesco SaverioNitti e stanno per essere pubblicati quelli dedicatial pensiero di Epicarmo Corbino.

LE LEZIONIUn terzo tipo di attività riguarda quello che può

essere chiamato un tentativo di aggiornare lacultura nazionale circa gli sviluppi più recentidella teoria economica e della storia economica.Sono le cosiddette Lezioni che l’Istituto fa svolge-re annualmente da illustri studiosi. I più recenticorsi sono stati tenuti da Bruno Jossa, Pier LuigiPorta e Aldo Montesano. Di queste lezionil’Istituto cerca di pubblicare rapidamente il con-

tenuto in agili volumi, in modo da metterle in cir-colazione fra i fruitori potenziali all’estero, inItalia e in particolare nel Mezzogiorno. Sono giàapparsi volumi contenenti le lezioni di PeterMathias, Giovanni Vigo, Paolo Pecorari, GeoffreyParker. In questo ambito le conferenze di PeterMathias dedicate all’industrialismo costituisconoun punto di riferimento obbligato per gli studiosidi questa specializzazione.

Infine è ancora attiva la speranza dell’Istituto dicoprire gradualmente la ripubblicazione in edizio-ne critica dei testi meno conosciuti dei grandieconomisti del Mezzogiorno. Insieme alla grandeedizione critica di Antonio Genovesi diretta daLuigi Firpo e curata da Eluggero Pii e MarisaPerna e a quelli di Antonio Scialoja, che costitui-scono un punto di riferimento insostituibile diriflessione su questi grandi autori, ed insiemeall’attività che ha svolto l’Istituto nell’edizione divolumi in qualche modo legati alla storia politica,sociale e civile del Mezzogiorno, si sta predispo-nendo una pubblicazione, molto attesa tra i cul-tori del pensiero economico, dedicata ai Saggieconomici di Francesco Fuoco, un testo pratica-mente introvabile e che costituisce un momentocentrale nello sviluppo del pensiero economicoitaliano nel Risorgimento.

L’Istituto ha partecipato alle celebrazioni per il150° anniversario dell’Unità d’Italia con un con-vegno organizzato nell’ottobre del 2011 dalPresidente del suo comitato scientifico, prof.Pietro Rescigno, e dal Presidente della SezioneEconomica dell’Istituto prof. Piero Barucci, dedi-cato a fare il punto sul pensiero giuridico, politicoed economico del Mezzogiorno al momentodell’Unità d’Italia. E’ parsa al Comitato Scientificointero dell’Istituto questa l’occasione migliore percelebrare una data così importante, con un serioe ponderato accertamento di quella che era lacultura economica in Italia al momento dell’unifi-cazione. Si sta contribuendo attivamente inoltread una ricerca, ancora in atto, dedicata alla cul-tura economica del Mezzogiorno d’Italia, ed inparticolare delle sue Università, nel periodo fra ledue guerre, in quanto il Comitato scientifico èconvinto che molti sviluppi del pensiero economi-co d’Italia e della teoria economica in Italia,avvenuti così fruttuosamente nel dopoguerra,devono essere spiegati e radicati in quello cheaccadde in Italia nel periodo fra il 1918 e il 1943.

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici non si èlimitato quindi ad una attività molto intensa nelcampo delle discipline filosofiche, storiche, lette-rarie e scientifiche, ma la ha ampliata sistemati-camente e continuativamente anche al campodegli studi economici, come dimostra il volumeche qui presenta. L’articolazione e l’ampiezza del-l’attività di alta formazione dell’Istituto nei varicampi disciplinari sono tali da farlo ormai anno-verare, nel solco della grande tradizione delleaccademie meridionali, fra le accademie europee,come è stato riconosciuto dal maggiore storicodelle accademie, Marc Fumaroli del College deFrance, dal Warburg Institute e dalle accademieaustriache, tedesche e russe.

*membro della presidenza dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

e dell'Associazione Villa Favard

In alto sala di palazzo Serra di Cassano(foto di Corrado Costetti)

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MAGAZINE attualità & cultura

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 14

Cultura. Ovvero civiltà

Cultura significa civiltà, apertura escambio, rifiuto di chiusure e mono-poli, di feudali e limitati interessi.Significa filosofia e cioè ricerca diuna norma morale e di saldi princi-

pii a fondamenta del sapere e dell’azione,rifiuto di cieche ubbedienze e di servilidipendenze, diffidenza per verità di moda odi comodo.

Significa avvicinamento progressivo erazionale alla realtà, a tutta la realtà di ciòche ci costituisce nella nostra umanità e neltempo in cui viviamo: ed è perciò che la suaessenza è profondamente politica ed insepa-rabile da un impegnocivile.

Significa ricerca delle proprie radici, manella consapevolezza che non esiste nessunapianta rara o specie egemonica, solo uncomune giardino da curare e fare fiorire.

Significa memoria e storia, educazione edelevazione per chi, plasmato dal passato,cerca di modellare il futuro, aiutando allasua nascita ed incarnazione: ed è perciò chel’essenza della cultura è lotta e dialetticaperenne come affermazione sempre rinnova-ta di modernità.

Ma la cultura, e cioè l’equilibrio spiritualedel nostro pianeta, è a rischio non menodell’equilibrio biologico e ambientale.

Dalla sua fondazione, nel 1975, l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici non ha smes-so di operare per promuovere la cultura.Con costante, profondo, disinteressato impe-gno, ha dato un contributo eccezionale allapropagazione del sapere umanistico e scien-tifico in ogni campo dell’apprendimento edell’approfondimento delle conoscenze. Si ècosì fatto carico della migliore tradizioneaccademica italiana, qualificatoal massimolivello,in una prospettiva mondiale di dialogoe interdisciplinarità tra ricerca, scienza einsegnamento, ottenendo perciòi più altiriconoscimenti dell’UNESCO e del ParlamentoEuropeo.

Sarebbe una vergogna per l’Italia, unadisfatta per l’Europa, una perdita di caratte-re internazionale se l’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici fosse costretto a ridurre,alterare o chiudere la sua attività per man-canza di mezzi adequati ad assicurargli ilperseguimento regolare, decoroso e serenodella sua insostituibile ed originale opera.

*Françoise-Hélène Massa-Pairault, Directrice derecherche émérite au CNRS

di Françoise-Hélène Massa-Pairault*

In foto, l’avvocato Marotta durante un convegno(foto di Enzo Barbieri)

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MAGAZINE attualità & cultura

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 15

Un modello da imitare

E’uscito dalla scena del mondo circaun mese dopo aver compiuto 102anni, il 13 marzo del 2002. Cittadinoonorario di Napoli dal 1990, HansGeorg Gadamer, uno dei grandi

pensatori del Novecento, allievo di MartinHeidegger, è stato un importante punto di riferi-mento dei borsisti dell’Istituto italiano per glistudi filosofici fondato dall’avvocatoGerardo Marotta. La filosofia greca al cen-tro dei suoi seminari. Soprattutto perchériteneva che, in una società dominata dalletecnologie, l’essere umano avesse bisognodi antichi valori.

Riproponiamo alcuni delle sue opinioni,espresse in un’intervista di DonatellaGallone, tratta da “Napoli verso il terzomillennio” (Proimez editore 1992).

Professore Gadamer, Napoli verso ilterzo millennio. Quale sarà, secondoLei, la funzione della cultura edell’Istituto italiano per gli studi filo-sofici nei prossimi anni?

L’iniziativa dell’avvocato Gerardo Marottacostituisce una realtà di grande significatonello scenario internazionale. La vita neipaesi industrializzati è diventata anonima.In tutto il mondo. In Germania come inItalia.

Che cosa determinerebbe questofenomeno?

L’estendersi degli studi nelle università..E cambiato lo stile dell’insegnamento. Glistudenti ora devono percorrere un itinerariprefissato. Non sono liberi delle loro deci-sioni. La laurea finisce per essere il docu-mento del documento. Non c’è esame senzadocumento. A miei tempi era tutto diverso.

E come si colloca in questo contestol’Istituto italiano per gli studi filosofici?

L’istituto interrompe questa anonimia. Il docen-te diventa realmente un partner. A Napoli anch’ioho molti appuntamenti con i borsisti. Molte con-versazioni. Come nei congressi scientifici. Dovel’elemento rilevante non sono le conferenze, idiscorsi pubblici, ma gli incontri nei corridoi.

Un modello da imitare?Spero che vengano fondati istituti dello stesso

tipo un po’ dovunque.. Con un rapporto di colla-borazione con l’Università. A Napoli e altrove.Perché sono due attività che si completano avicenda: una a più ampio raggio e l’altra delimi-tata a un uditorio selezionato.

Istituti di questo tipo, dunque, come puntidi riferimento culturale?

Certo, perché l’Istituto fondato dall’avvocatoMarotta non è solo un istituto filosofico. La fasciadi interessi è ampia, come inesauribile è l’ener-gia dell’avvocato che estende la sua attività invari campo. Naturalmente non posso raccoman-dare di far nascere un secondo avvocato, masarebbe questa la formula più efficiente…Ironia aparte, questa istituzione è un paradigma peraltre realtà.

C’è chi considera l’Istituto troppo elita-

rio… Che rapporto può avere con la realtàurbana, per il suo progresso e sviluppo?

Elitario, senza dubbio. Ma la democrazia è unaforma elitaria. Non può progredire senza élite…La vita moderna è in grande misura automatiz-zata. E’ difficile proiettare questo processo soloverso il bene. L’automatizzazione incapsula tuttoin regole. Ecco perché i giovani di oggi sono

pessimisti. Perciò è necessario dare vita a nuoveélite… Per combattere il despota dei nostri giorni,la burocrazia, una gerarchia con un trono vuoto

Il problema di Napoli, per alcuni intellet-tuali, è la costruzione di una nuova classedirigente…

Uno dei fenomeni più interessante cui abbiamoassistito in questi ultimi tempi è la deregulationavviata dall’ex presidente Ronald Reagan. Nonera un grande leader ma aveva la spontaneitàdell’outsider. Un uomo di ieri con una grandeapertura verso il futuro. Reagan ha verificato laforza trainante delle cose non prescritte, nonprestabilite. E gli italiani hanno, in quest’ambito,un talento naturale.

E a Napoli… Qual è il rapporto tra cultura,creatività ed effetto stimolante?

C’è un collegamento molto stretto. La regola,al contrario, ha la forza di rendere superflue ini-ziative e immaginazione. Questa carenza è ildramma dell’est. Il sistema comunista era estre-mamente dogmatico. Tutti dovevano adeguarsialle condizioni date, nessuno poteva cerarnenuove. La Repubblica democratica tedesca erauno stato burocratico fino in fondo. La ragioneera imprigionata, paralizzata…

Così parlava Gadamer

In foto, il filosofo Han Georg Gadamer, padre dell’Ermeneutica, conAntonio Gargano, segretario dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

(foto di Enzo Barbieri)

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APRILE 2012 - ANNO IV n. 14❒❒ pag. 16

L’Enciclopedia delle Scienze Filosofiche

La Rai Radiotelevisione Italiana (RaiEducational), in collaborazione conl’Istituto Italiano per gli StudiFilosofici e con l’Istituto dellaEnciclopedia Italiana, si è proposta

di diffondere nel mondo, tramite le nuoveforme di espressione e di comunicazionesociale consentite oggi dalla tecnica, la cono-scenza della filosofia nel suo svolgimento sto-rico e nei termini vivi della cultura contempo-ranea.

A tale scopo è nata, nel 1987, l’enciclopediamultimediale delle scienze filosofiche, che èanche un laboratorio di sperimentazione dinuovi linguaggi, nuove tecnologie e modelliorganizzativi.

Un’impresa ardua che regge sopra un para-dosso: la cultura infatti è l’unico bene del-l’umanità che, diviso fra tutti, piuttosto chediminuire, poiché ciascuno ne riceverebbesolo una parte, diventa più grande, perchémolti partecipano a esso.

Questa peculiarietà della cultura, che spiaz-za le rigide leggi del mercato, può forse spie-gare perché quest’opera sia nata all’internodella RAI Radiotelevisione Italiana piuttostoche in una televisione commerciale. La RAI,

in modo accorto, senza trascurare gli esiticommerciali, peraltro già tangibili, e primaancora di qualunque altro ente televisivoeuropeo, americano o giapponese, ha dimo-strato ancora una volta di sapere svolgereun’insostituibile funzione etico-civile legataalla sua vocazione di servizio pubblico.

Quest’opera è stata fatta propriadall’UNESCO che, «considerato l’alto valorescientifico e culturale di quest’enciclopedia, siimpegna a garantirne la massima diffusionepossibile attraverso le televisioni pubbliche ditutti gli Stati membri dell’organizzazione, atti-vando la sua rete di istituti, agenzie e colla-boratori» (dall’accordo RAI-UNESCO siglato aParigi il 17 dicembre 1996).

I principi e le finalità che hanno ispiratoquesta enciclopedia sono contenuti in unAppello per la filosofia che la RAI, l’IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici e l’Istituto dellaEnciclopedia Italiana hanno rivolto ai governie ai parlamentari di tutti i paesi del mondo.

* Presidente di Rai Trade, già direttore di RAI Educational

Nella foto di Enzo Barbieri, ancora una lezione in viale Calascione

di Renato Parascandolo*

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Come nasce un crocevia della cultura mondiale

L’Istituto Italiano per gli Studi Filosoficiè stato fondato nel 1975 a Napoli daEnrico Cerulli, Elena Croce, PietroPiovani, Giovanni Pugliese Carratelli eda Gerardo Marotta, che ne è anche

il presidente, intorno alla biblioteca umanisticadi oltre centomila volumi, messa insieme in untrentennio di pazienti ricerche di fondi librari intutta Europa.

A circa un trentennio dalla fondazione, pro-mossa da Benedetto Croce, dell’IstitutoItaliano per gli Studi Storici, l’avvocatoGerardo Marotta avvertiva che del binomiovichiano verum-factum, filosofia-filologia, ilpolo debole era diventato proprio quello delpensiero speculativo, dal momento che appari-va esaurito il grande slancio di dibattito teoricodel primo dopoguerra, intenso ma spessoastratto, tanto da far nascere nell’animo diCroce l’intento di temperarlo e insieme raffor-zarlo avviando i giovani sulla strada di rigorosistudi storici.

Nei primi anni di vita dell’Istituto, nato sottogli auspici dell’Accademia dei Lincei, l’attivitàdidattica e scientifica si è svolta in vialeCalascione nella sede della bibliotecadell’Istituto. Questi locali divennero però benpresto angusti per la grande affluenza di stu-diosi e di borsisti di ogni parte d’Italia ed’Europa, che sempre più affollavano i semina-ri e i convegni.

Nel 1983 il Ministero per i Beni Culturali eAmbientali acquisiva al patrimonio dello Statoil settecentesco Palazzo Serra di Cassano e lodestinava in uso all’Istituto Italiano per gliStudi Filosofici perché potesse sviluppare inuna sede di adeguato decoro e funzionalità lasua vita, ormai al centro dell’attenzione deglistudiosi di tutto il mondo. Un insieme architet-tonico fra i più notevoli del pur ricco patrimo-nio storico napoletano veniva così recuperatoad un’altissima funzione culturale.

Di questi splendidi ambienti, carichi di storia,l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici hafatto, come ha affermato Paul Dibon, “un cro-cevia della cultura europea”.

Da Eugenio Garin a Luigi Firpo, da Hans-Georg Gadamer a Karl Popper, tutti i maggioriesperti italiani e stranieri della storia del pen-siero hanno tenuto seminari all’Istituto. Nellungo anno accademico, che inizia ai primi disettembre, per concludersi soltanto a luglioinoltrato, ogni giorno si svolgono vari seminarie corsi di lezione destinati ai borsistidell’Istituto, ai ricercatori, ai giovani, al vastopubblico colto della città.

A un ritmo sempre più intenso l’Istituto siadopera anche per dare un contributo al riav-vicinamento fra la cultura filosofico-umanisticae quella scientifica, con seminari di fisica e dibiologia, cui hanno contributo vari premiNobel, da Rita Levi Montalcini a Carlo Rubbia,da Steven Weinberg a Sheldon Glashow, daMarx Perutz a Ilya Prigogine. Ernst Gombrich,

Francis Haskell, Ferdinando Bologna, JeanStarobinski hanno tenuto seminari di storia eteoria dell’arte, mentre al prof. Luigi De Rosa èaffidata la direzione di incontri scientifici e pub-blicazioni nel campo della storia economica.

In collaborazione con le più prestigiose istitu-zioni di cultura straniere, l’Istituto organizzaperiodicamente cicli di lezioni per i suoi borsistipresso università e centri di ricerca all’estero:dalWarburg Institute di Londra all’ÉcolePratique des Études di Parigi, alle università diCambridge, Warwick, Rotterdam, Austin,Monaco, Francoforte, Amburgo, Tubinga,Erlangen.

Sono così nate collane di edizioni critiche deitesti della filosofia greca (La Scuola di Platone,La Scuola di Epicuro), del CorpusReformatorum Italicorum, degli Illuministi ita-liani, delle Hegels Vorlesungen, mentre di con-tinuo la collana di Memorie dell’Istituto mette adisposizione della cultura nazionale i risultatidei seminari.

Nel 1980 l’Istituto italiano per gli StudiFilosofici dava vita alla sua Scuola di StudiSuperiori n Napoli, diretta da Tullio Gregory,per offrire ai giovani una possibilità di avviarsia una attività di studi e di ricerca, una voltaconclusi gli studi universitari: Charles Schmitt,Robert Shakleton, Yvon Belaval, Paul Ricoeur,Otto Pöggeler, Dieter Henrich e moltissimi altrimaestri hanno incontrato nei loro corsi di lezio-ni i giovani più promettenti laureati pressotutte le università italiane.

Per saperne di più www.iisf.it/

L’avvocato Gerardo Marotta in uno scatto di Enzo Barbieri

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