Appunti Sulle Relazioni Industriali e Contrattazione Collettiva Cella e Treu

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CAPITOLO 1 COSA SONO LE RELAZIONI INDUSTRIALI Sindacati e associazioni imprenditoriali si fronteggiano per la regolazione del lavoro e delle sue condizioni. I sindacati non sono solo organizzazioni di rappresentanza. Essi sono anche un attore e un soggetto collettivo, destinato a entrare direttamente in relazione con altri attori, il piu delle volte in chiave competitiva, altre volte in chiave conflittuale. Relazioni industriali: origine precisa, l’esperienza di regolazione del conflitto industriale, della protesta del lavoro nella piu antica e consolidata tradizione industriale, quella anglosassone. Nel corso di questo XX secolo, le relazioni industriali si sono andate talvolta avvicinando al sistema politico; ed i sistemi politici sono spesso intervenuti nell’ambito delle relazioni industriali. In altri momenti le relazioni industriali hanno attraversato fasi di elevata conflittualità, fasi nelle quali l’elemento della volontarietà che caratterizza le relazioni è giunto ad appannarsi fino quasi a scomparire. L’espressione relazioni industriali dovrebbe perciò essere limitata alle situazioni nelle quali sono presenti elementi rilevanti di volontarietà degli scambi e transazioni. Dalla volontarietà deriva il carattere consensuale delle ri., è necessario il consenso delle due parti negoziali per addivenire a delle soluzioni. Il termine industriale invece deriva da industry, comprendendo tutti i settori dell’attività economica. Definizione di RI: l’attività di produzione, piu o meno sistematica e stabile, di norme piu o meno formalizzate relative all’impiego del lavoro dipendente e alle controversie che ne derivano, effettuata in prevalenza a partire da rapporti fra soggetti collettivi piu o meno organizzati. ( ma anche imprese singole) La stessa impresa singola, puo essere considerata un soggetto collettivo, specie se si sottolinea come gli obiettivi dell’impresa moderna siano frutto degli apporti e delle competizione fra le diverse sottounità organizzative. Importante la presenza di sindacati. I SISTEMI DI RI È utile proporre uno schema di analisi di tipo input-output. Nella fase di INPUT: si immettono conflitti e rivendicazioni. Problemi di utilizzo del lavoro dipendente come essi sono interpretati dai sindacati. Queste rivendicazioni sono l’origine dei conflitti che possono tradursi soprattutto in scioperi. Fase intermedia: si trattano e processano queste immissioni. Il ruolo prevalente è assunto dalla cc. Una funzione importante puo essere assolta dalle istituzioni di autogoverno delle ri: commissioni di conciliazione o arbitrato. Sono diffuse nel nord europa, ma molto deboli nella situazione italiana. Fase output: si ottengono regole piu o meno formalizzate. Queste regole dovrebbero permettere il raggiungimento di un risultato, di una situazione se non di pace, di tregua. La capacità e efficienza di un sistema ri la si vede soprattutto dalla sua capacità di riduzione del conflitto, di attenuazione della protesta, entro uno spazio temporale dato. Il conflitto in uscita deve essere minore di quello in entrata. La capacità di un sistema si vede anche dalla possibilità di estendere la regolazione contrattuale a settori produttivi o luoghi coperti solo dalla regolazione attraverso il mercato.

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CAPITOLO 1 COSA SONO LE RELAZIONI INDUSTRIALI Sindacati e associazioni imprenditoriali si fronteggiano per la regolazione del lavoro e delle sue condizioni. I sindacati non sono solo organizzazioni di rappresentanza. Essi sono anche un attore e un soggetto collettivo, destinato a entrare direttamente in relazione con altri attori, il piu delle volte in chiave competitiva, altre volte in chiave conflittuale. Relazioni industriali: origine precisa, l’esperienza di regolazione del conflitto industriale, della protesta del lavoro nella piu antica e consolidata tradizione industriale, quella anglosassone. Nel corso di questo XX secolo, le relazioni industriali si sono andate talvolta avvicinando al sistema politico; ed i sistemi politici sono spesso intervenuti nell’ambito delle relazioni industriali. In altri momenti le relazioni industriali hanno attraversato fasi di elevata conflittualità, fasi nelle quali l’elemento della volontarietà che caratterizza le relazioni è giunto ad appannarsi fino quasi a scomparire. L’espressione relazioni industriali dovrebbe perciò essere limitata alle situazioni nelle quali sono presenti elementi rilevanti di volontarietà degli scambi e transazioni. Dalla volontarietà deriva il carattere consensuale delle ri., è necessario il consenso delle due parti negoziali per addivenire a delle soluzioni. Il termine industriale invece deriva da industry, comprendendo tutti i settori dell’attività economica. Definizione di RI: l’attività di produzione, piu o meno sistematica e stabile, di norme piu o meno formalizzate relative all’impiego del lavoro dipendente e alle controversie che ne derivano, effettuata in prevalenza a partire da rapporti fra soggetti collettivi piu o meno organizzati. ( ma anche imprese singole) La stessa impresa singola, puo essere considerata un soggetto collettivo, specie se si sottolinea come gli obiettivi dell’impresa moderna siano frutto degli apporti e delle competizione fra le diverse sottounità organizzative. Importante la presenza di sindacati. I SISTEMI DI RI È utile proporre uno schema di analisi di tipo input-output. Nella fase di INPUT: si immettono conflitti e rivendicazioni. Problemi di utilizzo del lavoro dipendente come essi sono interpretati dai sindacati. Queste rivendicazioni sono l’origine dei conflitti che possono tradursi soprattutto in scioperi. Fase intermedia: si trattano e processano queste immissioni. Il ruolo prevalente è assunto dalla cc. Una funzione importante puo essere assolta dalle istituzioni di autogoverno delle ri: commissioni di conciliazione o arbitrato. Sono diffuse nel nord europa, ma molto deboli nella situazione italiana. Fase output: si ottengono regole piu o meno formalizzate. Queste regole dovrebbero permettere il raggiungimento di un risultato, di una situazione se non di pace, di tregua. La capacità e efficienza di un sistema ri la si vede soprattutto dalla sua capacità di riduzione del conflitto, di attenuazione della protesta, entro uno spazio temporale dato. Il conflitto in uscita deve essere minore di quello in entrata. La capacità di un sistema si vede anche dalla possibilità di estendere la regolazione contrattuale a settori produttivi o luoghi coperti solo dalla regolazione attraverso il mercato.

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Profondi CAMBIAMENTI sono avvenuti nelle caratteristiche di queste regole: il piu importante fra tutti quello che segna il passaggio dalle regole contrattuali tipiche dell’età della produzione di massa e della organizzazione taylorista-fordista ( regole rigide, omogenee per ampie categorie..)alle regole piu flessibili e diversificate che sono prodotte dalle ri di questi anni a cavallo tra XX E XXI secolo. Regole , queste ultime, che spostano la loro attenzione dalla regolazione degli effetti del cambiamento ( tecnologico, organizzativo, produttivo) a quella della distribuzione dei risultati, al coinvolgimento nella performance produttiva anche attraverso apposite istituzioni. Le logiche della regolazione hanno importanti tratti comuni,ma i modi di attuarle e di tradurle in istituzioni variano sensibilmente a seconda delle diverse esperienze nazionali. Un grande esempio di continuità quella del caso danese, che viene ancora oggi regolato dal grande accordo risalente al 1899. significativo inoltre il fatto che si tratti di un accordo tra le parti e non di una legge a regolare il funzionamento del sistema. Cio assicura una notevole autonomia delle ri. Anche nel sistema tedesco è possibile trovare alcuni importanti elementi che permangono fin dalle origini dell’età industriale. Altre volte gli aspetti genetici, segnano i sistemi di ri attraverso le tradizioni dei movimenti sindacali e delle loro forme organizzative. Anche nel caso italiano la notevole importanza che nella struttura organizzativa dei sindacati continuano a mantenere gli organismi di tipo orizzontale ( camere del lavoro e confederazioni) è riconducibile per buona parte ad aspetti genetici. I RAPPORTI CON LO STATO E IL SISTEMA POLITICO I rapporti fra stato e ri non sono stati sempre facili. Le difficoltà di tali rapporti non hanno solo riguardato i momenti di drammatica chiusura messi in atto dai regimi politici autoritari o totalitari , ma si sono manifestate anche nella normalità degli assetti liberal democratici. Talvolta a fronteggiarsi sono due forme di regolazione, in parte sovrapponibili negli obiettivi e contenuti, ma spesso competitive, se non alternative, nel mercato e nella logica. Nelle ri, le decisioni vengono assunte all’unanimità, come tipicamente accade nella cc, dove gli interessi di ciascuna parte non possono mai essere del tutto estromessi. L’azione dello stato è sempre di grande rilevanza per le ri, sia quando si tratta di ridimensionarle sia di correggerle. Anche se puo apparire paradossale. La stessa autonomia delle ri per il suo pieno esplicarsi necessita di una dose, sia pur limitata di intervento eteronomo. Tutti i modelli di ri risultano perciò plasmati piu o meno direttamente dall’intervento dello stato. Da questo punto di vista non esistono modelli del tutto volontaristi di ri. Compiti dello stato:

- di ammissione: riducendo, eliminando le barriere alla sindacalizzazione o alla c per categorie e settori particolari.

- Di correzione: nei divieti attraverso interventi legislativi o il metodo degli accordi trilaterali - Di definizione: riguardano i casi e i momenti nei quali lo stato, specie attraverso la

regolazione governativa, concorre in modo piu o meno esaustivo a definire gli obiettivi perseguiti dalla parti sociali, in modo da renderli coerenti con gli obiettivi propri. Le scelte degli attori collettivi vengono poste in interdipendenza strategica. Sono limitate nella loro autonomia.

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LA STRUTTURA DELLA CC I moderni sistemi di ri si fondano sulla struttura della contrattazione collettiva. Rappresenta il principale strumento di azione per i sindacati di tipo industriale. Ma vi è un'altra faccia della cc: quella che rappresenta il processo di regolazione congiunta del rapporto di lavoro. Da questo punto di vista essa comprenderà tutto l’insieme di rapporti negoziali che intercorrono fra sindacati e imprese in ordine alla regolazione del rapporto di lavoro o fra associazioni di rappresentanza e organismi pubblici per il perseguimento degli obiettivi di politica sociale, economica industriale. La struttura della contrattazione corrisponde alle strutture di mercato e della produzione di beni e servizi ed agli andamenti della competizione all’interno di queste strutture: deriva insomma dalla costruzione economica e sociale dei mercati. Nello studio dei sistemi di ri più che il processo, assume rilevanza proprio la struttura contrattuale, ovvero quella rete relativamente stabile di rapporti di interdipendenza che intercorrono fra i diversi soggetti negoziali. Rilevante il GRADO DI AUTONOMIA ( esterna o interna). Si puo avere una struttura piu o meno eteronoma, controllata da una forte regolazione esterna. Riguardo l’autonomia interna si possono dare una struttura con rapporti gerarchici fra i diversi livelli contrattuali o con rigidi rapporti funzionali ed una struttura con livelli autonomi. Autonomia e assenza di norme procedurali è il modello al quale si avvicina l italia nata nella fine degli anni 60. LE DIMENSIONI DELLA STRUTTURA C Puo essere descritta con diverse dimensioni:

- estensione: puo essere considerata in due sensi: è misurata dalal quota della forza lavoro complessiva di un sistema economico coperta dalla cc. In senso relativo si presta a comparare l’estensione dei vari livelli contrattuali. L’estensione relativa decresce passando dai livelli piu alti a quelli piu bassi . in una struttura contrattuale articolata, multi vello e con numerosi punti di sovrapposizione solo una quota limitata della forza lavoro sarà coperta contemporaneamente dal livello interconfederale, di categoria e azienda. - Centralizzazione: numero di livelli effettivamente interessati all’attività negoziale ( maggiore il numero, minore la centralizzazione). Quasi sempre una struttura centralizzata è anche scarsamente autonoma al suo interno. - Incisività-efficacia: il grado di rispetto delle scadenze negoziali, il tipo di materie coinvolte, l’adattabilità al mutamento.. - Grado di coinvolgimento: la sua capacità di favorire processi di vera e propria regolazione congiunta. - Istituzionalizzazione: comprende quell’insieme di norme che tendono a regolamentare sia il processo contrattuale sia il conflitto a esso sottostante.

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LE DETERMINANTI DELLA STRUTTURA C

- nella struttura del sistema produttivo di beni e servizi vengono ricompresi: la composizione per dimensione delle imprese, le caratteristiche tecnologiche-organizzative, il livello della concorrenza nei settori… il passaggio da grandi contratti nazionali a veri e propri contratti nazionali di categoria è un effetto della liberalizzazione dei servizi. Il persistente dualismo nel nostro sistema produttivo, fra grandi e piccole imprese, sostiene la bipolarità della struttura e anche la scarsa diffusione della contrattazione aziendale.

- Associazioni imprenditoriali: la debolezza delle associazioni imprenditoriali allontana l’insediarsi della contrattazione a livello di industria.

- La struttura del mercato del lavoro riproduce quella del sistema produttivo. Entro di essa giocano quegli aspetti della composizione oggettiva e soggettiva della forza lavoro che possono entrare in conflitto con le esigenze del sistema produttivo. Senza l’affermarsi di una forza lavoro moderna inserita in un mercato del lavoro industriale non è possibile l’affermazione di una articolata struttura contrattuale. La diffusione di lavori atipici puo ridurre l’estensione assoluta della contrattazione.

- L’andamento della crescita economica: nell’età industriale i momenti di decentramento hanno coinciso con gli anni di elevata crescita, quando è maggiore il potere rivendicativo della forza lavoro è vitale per le imprese ritrovare soluzioni rapide.

- I caratteri dell’intervento statale: un comportamento interventista da parte delle pubbliche istituzioni tende ad aumentare la centralizzazione e l’istituzionalizzazione della struttura c. un intervento di tipo promozionale sulle ri puo aumentare l’incisività e efficacia della c.

Tali determinanti hanno a loro volta effetti indiretti sulle diverse dinamiche del comportamento sindacale.

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CAPITOLO 2 IL QUADRO GIURIDICO E ISTITUZIONALE DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI - un sistema con regolazione debole ogni sistema di relazioni industriali vive in un contesto giuridico, cioè di regole piu o meno istituzionalizzate. Nei paesi occidentali esso ha sempre un carattere triangolare tra impresa sindacato e stato, cui si aggiungono spesso altre istituzioni pubbliche ( come le regioni). Lo stato è storicamente il soggetto regolatore principale. Ma questi ha da tempo perso la sua autorevolezza assoluta, in particolare nell’ambito dei rapporti di lavoro:

• i rapporti di lavoro individuali e collettivi sono piu ampi di quelli considerati dalle norme • gli attori collettivi ( impresa sindacato e associazioni imprenditoriali) hanno sviluppato una

significativa capacità di regolazione bilaterale e autoregolazione. È questa una delle aree di elezione della formazione extralegislativa ( soft law).

Le relazioni industriali italiane, sviluppatesi a partire dal secondo dopoguerra presentano un basso grado di istituzionalizzazione / si consideri il limitato ruolo regolatore della legge e dello stato rispetto agli istituti principali delle relazioni industriali: conflitto, contratt collett e rappresentanza sindacale. Il nostro ordinamento sindacale si è sviluppato in un contesto del tutto inconsueto per la tradizione europea, di quasi completa astensione legislativa. Fanno eccezione le poche norme sulle associazioni non riconosciute e sui contratti. Originariamente tale carattere di bassa istituzionalizzazione è imputabile alla DEBOLEZZA SINDACALE. In una fase successiva di crescita del potere sindacale, l’intervento statale assume una funzione promozionale, di sostegno , senza regolazione delle strutture portanti del sistema. L’intervento legislativo dello statuto è circoscritto non solo nei contenuti ma anche negli ambiti. Resta limitato al riconoscimento dei diritti fondamentali collettivi nella grande azienda senza estendersi in ambiti extra aziendali. In questa fase è la crescente forza del sindacato combinata con la debolezza riformatrice del potere pubblico a impedire una forte istituzionalizzazione; le persistenti divisioni tra i sindacati contribuiscono a rendere precari i tentativi di regolazione bilaterale dei rapporti collettivi. È significativo il fallimento del protocollo INTERSIND del 1962 di introdurre clausole di pace e di regolazione tra diversi livelli della contrattazione che sono elementi portanti dei sistemi di relazioni industriali maturi.

- i tentativi di regolazione negli anni 90 anni 90: interventi legislativi sul costo del lavoro, legislazione regolatrice degli scioperi nei servizi pubblici essenziali, accordo interconfederale del 1993 contenente una regolazione negoziale dell’intero assetto delle relazioni industriali. Tale disegno comprende una formalizzazione dei rapporti fra governi e parti sociali, la definizione della struttura contrattuale e dei rapporti fra diversi livelli contrattuali. Questi inteventi di regolazione centralizzata hanno avuto efficacia diseguale a seconda dei contenuti. La moderazione indotta nelle dinamiche retributive ha contribuito a rilanciare in modo significativo l’occupazione. Non altrettanto si puo dire sul versante della regolazione giuridica. La diseguale incidenza del patto del 1993 si verifica se si considerano le sue direttive sui tre elementi chiave del sistema

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- la razionalizzazione della struttura contrattuale nell’accordo del 1993 il primo capitolo dell’accordo riguardante la STRUTTURA CONTRATTUALE è affidato alla autoregolazione delle parti sociali, secondo l’impostazione tradizionale del nostro sistema. Una regolazione legislativa di questi aspetti si riscontra in italia solo nel pubblico impiego. ( controllo spesa). La regolazione legislativa del sistema pubblico risulterà poi fragile. L’efficacia regolativa del sistema contrattuale prevista dall’accordo è stata parziale e temporanea: piu marcata nei primi anni e via via messa in difficoltà. C’è la necessità di rivedere alcuni contenuti dell’accordo, in primis i rapporti tra livelli contrattuali. Quando il contesto economico e politico è mutato, anche il quadro legislativo ha mostrato la sua fragilità. A poco sono valsi i tentativi di ridefinirlo nell’accordo triangolare del 98. nessun altro tentativo significativo di regolazione si verifica negli anni successivi. Una possibile novità è annunciata dalla proposta avanzata nel 2008 da cgil, cisl e uil sulla riforma della struttura della contrattazione che sembra superare molte delle divisioni sindacali che hanno finora ostacolato tale riforma. Si puo ritenere che queste regole hanno funzionato come fattori di orientamento e stabilizzazione dei comportamenti delle parti sociali si potrebbe dire piu come guidelines di soft law che come norme giuridiche vere e proprie.

- rappresentanza sindacale ed efficacia generale dei contratti collettivi: le regole nel pubblico impiego

un intervento legislativo parziale ma significativo sulle regole della rappresentanza sindacale è intervenuto nel pubblico col d lgs del 1997: per essere rappresentativi i sindacati devono avere almeno la media del 5% fra dato elettorale e associativo. L’adozione di questo criterio misto tiene conto degli orientamenti storici manifestati dai due maggiori sindacati confederali: quello della cisl incline a valorizzare soprattutto il momento associativo come fondante dell’identità sociale e quello della cgil che privilegia il rapporto del sindacato con la generalità dei lavoratori. Nella pratica applicativa è stato positivo. Proprio questi risultati sono richiamati non solo dagli esperti ma anche da politici e sindacalisti per proporre una legge generale sulla rappresentanza ispirata alla formula del pubblico impiego. Una obiezione è che una soluzione legislativa generale fondata su un mix di criteri associativi ed elettorali potrebbe incontrare tuttora l’ostacolo dell’art 39 che indica come criterio di misurazione della rappresentatività solo il numero degli iscritti. Il problema della rappresentanza e della rappresentatività nel pubblico impiego si pone in termini diversi e piu limitati rispetto al privato ( diversa natura del datore di lavoro).

- la regolazione non riuscita nel settore privato il ddl Gasperoni riconosce alle parti il compito di definire la struttura negoziale e i rapporti tra livelli. Ma implica comunque una indiretta regolazione legislativa di aspetti importanti dell’assetto delle relazioni industriali, nel senso che indica i diversi livelli di negoziazione, definisce i soggetti legittimati a negoziare, quelli che hanno superato la soglia.. per altro verso indica come nel pubblico , le condizioni per il conferimento di efficacia erga omnes ai contratti nazionali e aziendali: i primi devono essere sottoscritti da un insieme di sindacati che abbiano il 51% di rappresentatività misurata sulla media fra iscritti e risultato elettorale. L’obiettivo è di scoraggiare iniziative separate delle singole organizzazioni. L0insuccesso dei vari tentativi di legiferare sui temi della rappresentanza erga omnes è dipeso finora da divergenze non risolte fra le varie concezioni sindacali.

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- rappresentatività erga omnes la forza interdittiva di queste obiezioni è comprovata dagli eventi piu recenti. La commissione giugni non da grande rilievo al problema dell erga omnes, ritenendo prioritario il riordino del sistema contrattuale. Il tema della rappresentatività e dell’erga omnes è del tutto escluso nel patto di natale del 1998. Libro di marco biagi: il governo qui dichiara la propria intenzione di non voler assumere iniziative in materie di rappresentatività degli attori negoziali, ritenendo un intervento legislativo in proposito incompatibile con una visione dell’autonomia collettiva fondata sul reciproco riconoscimento. Questa posizione astensionistica che ispira l’intera legislatura si cala in un contesto di relazioni contrattuali molto tormentato. È segnato da un forte attivismo del governo sostenuto da CONFINDUSTRIA e orientato a liberalizzare il mercato del lavoro. Le tensioni sindacali aprono la strada alle trattative separate di cisl e uil che si conludono con il patto perl’italia. Questo orientamento è confermato dalla legge delega 30 del 2003 che fa rinvio a una contrattazione collettiva sottoscritta non dalle ma da associazioni sindacali comparativamente piu rappresentative.pur ritenendosi corretto che tutte le parti siano invitate a sedere al tavolo negoziale, non è necessaria la verifica del loro consenso o dissenso al fine di una valida conclusione dei contratti collettivi. Nonstante in parlamento siano stati presentati diversi disegni di legge sui temi della rappresentatività e dell’erga omnes, l’intera tematica è rimasta fuori dall’agenda del governo prodi. L’avvio della nuova legislatura nel 2008 segna una ripresa iniziativa delle maggiori confederazioni sindacali che hanno concordato una proposta di regolamentazione della democrazia sindacale e della rappresentatività ricalcata sulla normativa del pubblico impiego. Non si parla esplicitamente di referendum ma di verifica degli iscritti e di assemblee di tutti i lavoratori, e si rinvia per ulteriori specificazioni ai contratti di categoria.

- è ancora attuale l’erga omnes? La prospettiva del salario minimo legale la contraddizione fra un sistema basato sul principio della libertà e la rilevanza pubblicistica dell’attività sindacale con la connessa pretesa del contratto collettivo di regolare i rapporti di lavoro con forza di legge. L’esistenza di letture sofisticate dell’ art 39 giustificano l’estensione degli effetti dei contratti anche al di fuori del meccanismo costituzionale. Il nostro ordinamento ha attuato diversi strumenti in questa direzione: ha riconosciuto alle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi il valore di retribuzione sufficiente ed adeguata sancito dall’art 36 e come tale applicabile a tutti i lavoratori dipendenti; ha subordinato l’applicazione di benefici fiscali e contributi pubblici a favore delle imprese al fatto che queste rispettino i contratti collettivi. Un provvedimento contenuto nell’art 10 della legge del 2003 riferisce tale strumento di estensione indiretta non solo ai contratti nazionali ma anche a quelli territoriali. Ma gli strumenti di estensione indiretta non sono sufficienti a risolvere l’intero problema. Enfatizzare l’efficacia generale della contrattazione collettiva puo comportare l’imposizione anche nelle regioni meridionali di standard di trattamento inadeguati, in quanto negoziati in rappresentanza di lavoratori regolari delle aziende medio grandi dislocate nel centro nord. Per affrontare tale problema si è posta l’introduzione in legge anche in italia di un salario minimo. L’esperienza di questi paesi mostra che il salario minimo legale è utile a proteggere dalle distorsioni del mercato del lavoro le categorie piu a rischio di emarginazione e non rappresentate dal sindacato, i lavoratori temporanei… Occorre che il livello di fissazione del salario non sia troppo alto da escludere la possibilità di differenziare i livelli salariali ulteriori.

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- accordi aziendali separati e decentramento contrattuale la questione dell’efficacia dei contratti collettivi presenta aspetti diversi da quelli affrontati quando ci si riferisce al livello aziendale. Qui l’esigenza non è tanto di garantire l’applicazione dei contenuti contrattuali a tutti i lavoratori interessati, perché questa nella normalità dei casi è una prassi consolidata. L’aspetto critico è definire l’efficacia di accordi aziendali separati, cioè stipulati dall’azienda solo con alcuni sindacati. La prassi dell’estensione di fatto dell’accordo è messa in crisi quando si tratti non di accordi acquisitivi ma di intese che incidono sulle condizioni di lavoro, con conseguenze anche negative sui singoli gruppi di lavoratori, in particolare in casi di crisi aziendali. L’esigenza di contrastare inziative contrattuali separate è il motivo principale della richiesta di una legge generale sulla rappresentatività. L’intento è di fornire un terreno di compromesso fra gli obiettivi tradizionali della cgil che vederebbe realizzata l’efficacia generale almeno del contratto aziendale in base al principio di maggioranza e della cisl che otterrebbe una apertura al decentramento contrattuale ma al prezzo di accettare la regolazione per legge della rappresentatività sindacale.

- la regolazione dello sciopero nei servizi essenziali a differenza della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale, il conflitto e la sua regolazione sono un’area delle relazioni industriali in cui il legislatore italiano è intervenuto ripetutamente. Sciopero nei servizi pubblici: legge 146/1990 e 83/2000, esse risentono di un carattere fondamentale della nostra legislazione lavoristica, quello di essere radicata nella regolazione consensuale. La legge 146 trae origine dalla lunga esperienza dia autoregolazione con cui le confederazioni hanno cercato di porre limiti allo sciopero nei servizi essenziali per ridurre il suo impatto sugli utenti. La determinazione della legge è limitata ai principi fondamentali: definizione dei servizi essenziali, obblighi di preavviso, necessità di garantire alcune prestazioni essenziali, sistema sanzionatorio e i poteri della commissione. Per il resto, la definizione dei limiti all’esercizio dello sciopero è affidato alla autoregolazione delle parti e alla contrattazione collettiva. La legge 83 provvede a correggere aspetti di regolazione rivelatisi deboli nel 90. da forza di legge ad alcune regole e indica criteri quantitativi per l’individuazione delle prestazioni indispensabili, rafforza il sistema sanzionatorio e i poteri della commissione. Il bilancio è negativo nel variegato settore dei trasporti, per la frammentazione del sistema contrattuale e delle rappresentanze sindacali. Sarebbe utile un uso piu deciso degli strumenti esistenti, rafforzare gli strumenti di composizione delle controversie di lavoro, conciliazione e arbitrato…

- stabilità e anomia delle relazioni industriali

a quindici anni dall’ accordo del 1993, il suo bilancio regolativo si conferma importante ma diseguale . un seguito significativo hanno avuto le direttive circa la moderazione retributiva e quelle riguardanti la riforma del mercato del lavoro. Minore efficacia hanno dimostrato le indicazioni dell’accordo intese a razionalizzare la struttura contrattuale. L’impatto è stato nullo sui temi della regolazione legislativa, della rappresentatività sindacale e dell’efficacia generale dei contratti collettivi. I tratti fondamentali del quadro istituzionale che attribuiscono al nostro sistema un carattere di pluralismo non istituzionalizzato, si ripropongono pressoché immutati. Hanno mostrato di essere resistenti ai tentativi di riforma succedutisi nel tempo

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- la regolazione del mercato del lavoro dalla legge 196/1997 alla legge 30/2003

la rilevanza delle regole sul mercato del lavoro è andata crescendo con l’accelerarsi delle trasformazioni produttive, delle ristrutturazioni aziendali e della mobilità dei lavoratori. È sul piu vasto terreno del mercato del lavoro che si esplica il ruolo del legislatore. Proprio qui si sono registrate significative variazioni. Importante per qualificare tali funzioni è la normativa concernente il tema della flessibilità e della sicurezza. Gli orientamenti seguiti dal nostro legislatore mostrano elementi di discontinuità innanzitutto rispetto al metodo: mentre la legge 196 è il risultato di un accordo concertativo la legge 30 consegue a una concertazione assi metrica. Le differenze si riflettono anche in diversità nella regolazione degli istituti del mercato del lavoro. Non tutti i contenuti dell’accordo sul lavoro del 1996 hanno avuto seguito normativo, ma la legge 196 ne ha dato applicazione per la parte centrale. Soprattutto riguardo la regolamentazione del lavoro interinale. Questi interventi definiscono un assetto del mercato del lavoro basato su due capisaldi: la regolazione concordata degli istituti di flessibilità, dall’altra la liberalizzazione del mercato. Non mancano però accentuazioni diverse nelle varie legislature, in particolare quanto ai rapporti fra intervento pubblico e attività degli operatori privati nel mercato del lavoro. Le indicazioni della legislatura di CENTRODESTRA : articoli 13 e 14 della legge 30 La prima riguarda la presa in carico da parte di agenzie privati di soggetti svantaggiati ai fini di inserimento lavorativo con la possibilità di derogare gli standard normativi usuali. L’art 14 permette di sostiuire in modo stabile l’obbligo del datore di assumere soggetti disabili. CENTROSINISTRA:tende ad attribuire ai servizi pubblici un ruolo centrale. Il tema è ripreso nel protocollo del 2007 che conferma il ruolo degli operatori privati ma prefigura un maggiore controllo pubblico sulle loro caratteristiche operative. A distanza di anni le parti piu innovative di queste normative faticano a tradursi nella pratica gestionale el mercato del lavoro. Lo dimostrano il ritardo decennale con cui si è attuata la normativa sulla formazione continua. Il trasferimento di poteri alle regioni e alle province prima del quadro della costituzione vigent ha attuato un decentramento utile ad avvicinare la gestione di queste materie alle diverse realtà dei mercati di lavoro locali, ma ha reso piu difficile l’applicazione delle regole nazionali. Una debolezza di fondo del nostro sistema è l’arretratezza delle politiche attive, cioè di quelle dirette a promuovere nuovi comportamenti e svolgere servizi atti a sostenere un miglio funzionamento del mercato del lavoro e promuovere l’occupazione.

- la de regolazione e l’ampliamento della flessibilità nella XIV LEGISLATURA 2001-2006 L’elemento di discontinuità piu significativo negli ultimi anni riguarda la regolazione della flessibilità. La scelta della legge 30/2003 e del decreto 388/2001 di aumentare la flessibilità del lavoro, ha privilegiato la spinta verso flessibilità anziche la stabilità. Cio ha contribuito ad avallare le tendenze alla frammentazione del mercato. Tali situazioni congiunte con iniziative dirette a ridimensionare il ruolo della concertazione, hanno costituito un contesto sia economico che politico meno favorevole all’azione sindacale. Di grande rilevanza anche se non sempre adeguatamente valorizzati sono gli aspetti interni della flessibilità( orari di lavoro in partic). Essa è regolata dalla contrattazione collettiva, meno da quella individuale, ma è stata favorita dal legislatore soprattutto con la rimozione di preesistenti norme vincolistiche.

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- interventi correttivi e ri regolazione della flessibilità nell XV LEGISLATURA ( 2006-2008)

fin dall’inizio della XV legislatura, la maggioranza di centro sinistra è sollecitata a intervenire in diversi aspetti delle relaz industriali. Un segno di discontinuità con il periodo precedente consiste nell’impegno a praticare la concertazione come metodo centrale per la regolazione di rapporti di lavoro. Un primo gruppo di interventi ha il comune orientamento di contrastare alcune forme di precarietà e irregolarità nella occupazione. Mirano alla regolarizzazione dei contratti di collaborazione e di progetto. Altre misure legislative sono stabilite per rafforzare il contrasto al lavoro sommerso. Una complessa normativa ha conferito la delega a riordinare in testo l’unico l’intera materia di sicurezza sul lavoro. Ulteriori interventi sono di carattere promozionale come quelli diretti a migliorare le tutele in materie di malattia. Quanto all’assetto del mercato del lavoro si conferma la sostanziale continuità di regolazione gia rilevata negli anni passati. Ma persiste una tensione nei rapporti fra istituzioni pubbliche e operatori privati. Da verificare in sede applicativa sono gli indirizzi contenuti nella legge, rivolti a rafforzare la dotazione strumentale dei servizi all’impiego per attrezzarli ai nuovi impegnativi compiti di amministrazione. Una seconda parte della normativa riguarda la riforma degli istituti di tutela del reddito in caso di inattività. Si prevede un riordino radicale: si prospetta l’unificazione a regime dei diversi istituti esistenti in materia al fine di superare le ingiustificate sperequazioni dei trattamenti di arrivare ad un unico istituto di sostegno. La parte immediatamente precettiva della legge si concentra sulla revisione delle indennità di disoccupazione Un'altra parte della legge perfeziona gli interventi di contrasto alla precarietà del lavoro, la legge rafforza il ruolo della contrattazione collettiva nella regolazione del part time , in particolare delle clausole elastiche e flessibili. I provvedimenti di sostegno al reddito e la piu stretta regolazione della flessibilità segnalano l’adozione di strategie di favore per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro con forme di tutela sul mercato secondo il modello della flexicurity. Un programma di sostegni all’occupazione dei gruppi di lavoratori sottorappresentati ( giovani, donne, disabili), si stabiliscono convenzioni di inserimento lavorativo, rafforzamento dei congedi parentali.. La legislatura avviata col 2008 da una ulteriore conferma della instabilità del quadro giuridico istituzionale, con diverse innovazioni rispetto all’assetto precedente. Un primo gruppo di norme persegue la finalità di semplificazione in relazione ai documenti di lavoro. Altre norme introducono elementi di flessibilità per quanto riguarda sia i tipi contrattuali sia l’orario di lavoro. Le modifiche piu rilevanti sul contratto a termine. Altre mirano a favorire la diffusione dell’apprendistato per il quale si riconosce alla contrattazione collettiva ( non solo nazionale ma anche di secondo livello) il potere di regolare i profili della formazione esclusivamente aziendale. Le correzioni cosi introdotte rispetto alla disciplina precedente sono di portata diversa. Hanno in comune l’obiettivo di riprendere la linea di politica del diritto espressa con la legge 30 e il d lgs 276/2003 sia di favorire la flessibilità sia di rinvio alla contrattazione.

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GLI ALTERNI RAPPORTI FRA LEGGE E CC Una seconda area di intervento legislativo attiene al ruolo che la legge attribuisce al cc. L’impostazione prevalente italiana è stata di valorizzare il cc come fonte di integrazione della legge per regolare importanti aspetti del mercato del lavoro e della flessibilità. Le norme sia della legge 30 sia del decreto 276 rinviano alla cc in due grandi aree tematiche:

- la regolazione delle forme di contratto nuove o flessibili - l’assetto organizzativo e istituzionale del mercato del lavoro

simili ipotesi di rinvio hanno previsto interventi del contratto in materia propria della legge configurandoli per lo piu come necessari per rendere socialmente controllata e piu accettabile la riduzione della rigidità del diritto del lavoro. La debolezza del rinvio è particolarmente evidente nella regolazione delle clausole elastiche o flessibili nel parti time. L’intervento della cc è meramente eventuale, perché le parti individuali possono regolare direttamente la materia. La legge 30/2003 e il decreto 276 hanno introdotto un'altra variabile significativa per i rapporti fra legge e cc, riguardante i livelli contrattuali competenti a intervenire. Il legislatore del 2003 ha evitato di segnalare una preferenza per i livelli nazionali della contrattazione, che sono tradizionalmente privilegiati negli interventi di sostegno alla regolazione della flessibilità. Talora ha invertito tale preferenza, operando rinvii alla contrattazione decentrata, aziendale e talora territoriale. In assenza di vincoli legislativi ogni livello è competente a negoziare le condizioni di lavoro. In italia i livelli inferiori possono derogare alle disposizioni previste in quelli superiori con piena efficacia verso terzi anche se introducono deroghe peggiorative alle condizioni di lavoro. L’impatto di queste indicazioni legislative sulle scelte contrattuali e sui rapporti fra i livelli della c è risultato molto piu contenuto di quanto previsto. Il motivo principale è che il ricorso ai nuovi strumenti di flessibilità è stato limitato per la resistenza manifestata al loro utilizzo da parte del sindacato. LE ISTITUZIONI BILATERALI DEL MDL Una questione controversa riguarda la scelta della legge 30 di sostenere la partecipazione delle parti sociali, sia singolarmente come associazioni sia attraverso i loro enti bilaterali, in varie attività rilevanti per la gestione del mdl. Il primo intervento di sostegno ha riguardato la gestione della formazione professionale. PARTECIPAZIONE SINDACALE NEL MDL E NELL’IMPRESA L’efficacia delle forme partecipative è legata anche alle condizioni delle ri. Stabilità politica, assenza di divisioni sindacali. I caratteri politici e sindacali del contesto italiano sono distanti, quasi opposti. Questo spiega l’insuccesso di tutti i tentativi contrattuali finora sperimentati., maggiore disponibilità si è riscontrata per altre forme di partecipazione istituzionale ritenute meno compromissorie per il sindacato: in particolare la partecipazione all’interno di enti previdenziali.

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I LIMITI DELLA REGOLAZIONE GIURIDICA Le debolezze del mercato del lavoro e delle ri rinviano ai caratteri strutturali del nostro sistema economico-sociale non correggibili solo con interventi regolativi. L’attuale turbolenza dei mercati e la variabilità delle forme produttive riducono la capacità dei sistemi giuridici di incidere sulle dinamiche dei rapporti di lavoro individuali e collettivi. Questi limiti riguardano sia la regolazione inderogabile tipica del diritto del lavoro, sia le varie forme di soft la. Proprio i limiti della regolazione legislativa del lavoro hanno suggerito al nostro sistema di fondare tale regolazione su basi concertative e di alleggerirla con ampi rinvii alla cc. Le trasformazioni produttive e sociali che incidono sulla capacità regolativa del diritto non risparmiano neppure quella degli attori collettivi. In materia di servizi all’impiego il disegno normativo è in buona parte delineato. Serve un consistente investimento organizzativo e istituzionale che sappia mettere a regime su tutto il territorio servizi all’impiego all’altezza dei compiti loro assegnati, provvisti di risorse professionali e finanziarie adeguate.

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CAPITOLO 3 LA GRANDI FASI DELLA STORIA CONTRATTUALE ITALIANA

- LA RICOSTRUZIONE E GLI ANNI 50 Si caratterizza per un sistema di ri centralizzato e a forte esposizione politica,a cui corrisponde una contrattazione centralizzata, debole e statica. La centralizzazione è massima fino al 1954 con il livello confederale dominante in grado di determinare in modo rigido i livelli retributivi e differenziali per categoria produttiva. A livello interconfederale si definiscono anche i piu importanti accordi di disciplina normativa. Dopo il 1954 in seguito all’accordo interconfederale sul conglobamento dei vari elementi retributivi, si riconosce alle federazioni di categoria la prerogativa di negoziare in modo autonomo le variazioni nella retribuzione. Ma la competenza confederale resta esclusiva sui differenziali pe età, sesso… I contratti nazionali sono rinnovati con ritardo rispetto alle scadenze. Declino dei tassi di sindacalizzazione e scarsa capacità di mobilitazione di un movimento sindacale. Minimo è il coinvolgimento sindacale nella gestione dei contratti. Assente è l’intervento promozionale dello stato . il grado di istituzionalizzazione è anche esso molto basso a conferma della marginalità dell’azione sindacale. Questa centralizzazione di una struttura contrattuale debole presentava molte controindicazioni per i sindacati come lo slittamento salariale incontrollato e la perdita di rappresentatività dei gruppi operai.

- GLI ANNI 1960-1967 La fine degli anni 50 da avvio a un processo di modernizzazione delle ri. La dinamica della contrattazione si accelera, spinta dalle condizioni economiche e del mdl favorevoli come non mai alla iniziativa sindacale e cresce in particolare quello di categoria e quello aziendale. Si realizza cosi un primo decentramento della struttura contrattuale. La c interconfederale perde rilievo. La contrattazione aziendale viene riconosciuta e istituzionalizzata. Ad essa è riservata la competenza a trattare le materie determinate dallo stesso contratto nazionale. Il contratto nazionale conferma la propria posizione dominante e i due livelli nazionale e aziendale sono tra loro collegati tramite clausole di rinvio e con regole che favoriscono la composizione delle controversie. Crescono sia l’incisività della struttura, sia l’estensione delle norme contrattate. Debolezza delle strutture sindacali in azienda. Le trasformazioni della struttura c sono in parte derivate dall’interesse imprenditoriale a controllare la concorrenza salariale con discipline differenziate piu aderenti alle nuove realtà produttive.

- 1968.-1973 Modifiche profonde e durature nelle strutture c. la c raggiunge il massimo decentramento-bipolarità e il minimo di istituzionalizzazione. Quest’ultima è minima perché cadute le norme di coordinamento tra i livelli contrattuali, ognuno di questi è formalmente autonomo. Sale in maniera spiccata il numero degli accordi aziendali. La crescita della contrattazione aziendale non eclissa il ruolo del contratto nazionale di categoria. Una eclisse si ha invece a livello interconfederale. Crescente forza del sindacato, sua presenza capillare in azienda.

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- 1975 – 1984 Sono caratterizzati dal peso crescente della crisi economica sulla azione sindacale. La c assume caratteri prevalentemente difensivi e tende a farsi piu collaborativa e meno rivendicativa. La disciplina piu operante è quella a efficacia automatica che aumenta la sua proporzione sulle retribuzioni complessive e non richiede di per se alcuna gestione. La struttura contrattuale presenta un processo di ricentralizzazione ma con una riduzione del ruolo di alcuni livelli contrattuali. Alla contratt aziendale è sottratto quasi tutto lo spazio di rivendicazione. La centralizzazione della c raggiunge il culmine nella prima metà del 80. In questi anni a favore degli accordi interconfederali spingono elementi come elevati tassi di inflazione, la necessità di modificare la dinamica salariale automatica… Ma ad ostacolarla vi sono la scarsa efficienza della pubblica amministrazione, la comparsa di istituti destinati a modificare il grado di autonomia interna della struttura..

- 1985-1998 Il culmine è nell’accordo interconfederale del 1993. nella prima parte del periodo si acecntua il dualismo fra le logiche e pratiche di regolazione dei settori privati e quelle dei settori pubblici. Le distanze si riducono e il dualismo si attenua. La discesa del tasso di inflazione concede uno spazio maggiore alla tradizionale contr nazionale di categoria . il coinvolgimento dei sindacati nelle nuove pratiche resta scarso. Si delineano nell’accordo molti dei requisiti necessari per il funzionamento di un sistema ordinato e prevedibile di relaz contratt: semplificaz della struttura c, definizione delle competenze dei vari livelli, proceduralizzazione dei processi negoziali… Si chiude il livello interconfederale per gli aspetti salariali, siconferma il ruolo cardine del contratto di categoria. Sis specializzano i contenuti salariali della c decentrata. Si è innalzato il grado di istituzionalizzazione , si è ridotto il grado di centralizzazione rispetto al decennio precedente. La struttura c non viene però toccata dopo l’accordo interconfederale che si firma poi alla fine del 1998. esso si rivolse a definire in modo piu efficace le regole della concertazione fra governo e parti sociali -FINO AL 2008 Parte delle confederazioni sindacale esplicita la necessità di uan riforma strutturale che attribuisca maggiore spazio alla contratt decenrata a livello di impresa e anche di territorio: un decentramento che dovrebbe favorire la ripresa della dinamica salariale. Dissensi fra i sindacati sui temi della struttura contrattuale.logoramento dei rapporti unitari. Sono nel 2005 confindustria elabora una esplicita posizione sui temi del modello contrattuale, nella quale si riconferma la validità dell’impianto previsto dall’accordo del 1993 con una netta chiusura verso qualunque forma di decentramento territoriale.

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CONTRATTAZIONE INTERCONFEDERALE E CONCERTAZIONE

- L’interventismo pubblico Il rilievo della c interconfederale nella sua versione bilaterale e triangolare e la sua persistenza nel tempo costituiscono un tratto caratterizzante delle ri industriali italiane. La nostra esperienza mostra come la distinzione tra il carattere bilaterale e triangolare di queste negoziazioni sia spesso sfumata, perché la c bilaterale fra le confederazioni sindacali e degli imprenditori è per lo piu coordinata con l’azione del governo e l’accordo fra le parti è sostenuto da questo. L’intervento del governo ha segno e peso diversi a seconda dei contigenti rapporti politici: ma tende ad assumere non solo un carattere mediatore o arbitrale bensi ad avere anche un ruolo di parte. Interventi del potere pubblico si sono manifestati soprattutto a partire dagli anni 80 . essa costituisce una manifestazione della criticità della regolazione nelle società complesse. Anche l’ampiezza contenutistica è un tratto comune delle forme concertative proprio per la presenza del governo che puo mettere a disposizione dei contraenti poste di scambio attinenti alle politiche pubbliche. LE ANOMALIE DELLA CONCERTAZIONE ITALIANA Le forme di concertazione sviluppatesi in italia risentono dei caratteri particolari del nostro sistema: divisioni ideologizzate del movimento sindacale , l’intreccio piu forte che in altri paesi delle vicende sindacali con lo stesso sistema politico , la struttura bipolare del c collettivo, la debole istituzionalizzazione delle ri.. Queste caratteristiche hanno introdotto elementi di debolezza nei parti concertativi. Una conferma è costituita dall’andamento diseguale della concertazione nelle varie legislature che alterna momenti di intensa attività concertativa a momenti di accordo parziale. E dialogo informale. Una conseguenza di cio è il basso grado di istituzionalizzazione della concertazione.: debole proceduralizzazione della formazione e gestione degli accordi, assenza di contenuti regolatori dei soggetti contrattuali… assenza di periodicità: gli accordi non seguono scadenze rigide come i contratti nazionali di categoria. Contenuti e tempi della contrattazione di vertice risentono anche dell’andamento del ciclo economico

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I CONTENUTI DELLA CONTRATTAZIONE DI VERTICE E IL CONTROLLO DELLE DINAMICHE RETRIBUTIVE La con interconfederale si caratterizza per una ampia gamma di contenuti che è arrivata a coprire tutti i principali temi, non solo dalla regolazione del rapporto e del mdl ma anche del welfare. Questo carattere si presenta con varianti in tutti gli accordi di questo livello. L’obiettivo principale dell’accordo del 1993 è costituito dal contenimento delle dinamiche retributive con l’obiettivo di frenare l’inflazione. La regola fondamentale stabilita sancisce il mantenimento delle retribuzioni negoziate a livello nazionale entro i tetti della inflazione programmata e viene rispettata negli anni successivi. Il controllo delle dinamiche retributive è stato accettato dall’intero movimento sindacale Questo assetto retributivo non subisce variazioni formali negli anni successivi al 1993. esso manifesta un punto di difficoltà riguardante il recupero della differenza tra l’inflazione programmata cui deve riferirsi la contrattazione nazionale di categoria e l’inflazione reale. Le polemiche arrivano fino a contestare l’utilità e praticabilità del metodo concertativo. La tensione viene ulteriormente aggravata nei rinnovi contrattuali del 2000 per cui il governo ha fissato tassi inflazione programmata ritenuti dai sindacati irrealistici. LA REGOLAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO E DELLE FLESSIBILITA’: L’ACCORDO DEL 1996 Una seconda area di intervento riguarda la disciplina del mdl e le dinamiche occupazionali. L’intesa del 1993 definisce anche per questo tema le linee direttive che guideranno negli anni successivi le iniziative negoziali e legislative su tutti gli aspetti della materia. L’accordo del 24 settembre 1996 esplicita tali direttive configurandosi come un vero e proprio patto per lo sviluppo e per l’occupazione. Queste indica di politica economia avranno esiti alterni. La riforma della formazione professionale si propone di potenziare gli interventi formativi nel corso della vita, secondo le indicazioni europee e di rafforzare i legami con la formazione scolastica. DALL’ACCORDO DEL 2002 AL PROTOCOLLO DEL 2007 La divergenza tra le varie legislative riguarda innanzitutto il metodo della regolazione. Gli accordi del 1993 e 1996 esprimono una concertazione piena. Una prima incrinatura si ha nel 2001 sul tema della regolazione del contratto a termine ( disconosciuto dalla cgil). La rottura è piu netta nell’accordo del 2002 che esprime una concertazione parziale conclusa con la firma di cisl e uil. Un secondo aspetto di discontinuità riguarda la modifica, sia pure sperimentale dell’art 18 statuto sui licenziamenti individuali. Altre due parti importanti dell’accordo restano inattuate: quella riguardante la riforma degli ammortizzatori e quella che prevede l’estensione di alcune tutele legali ai contratti atipici. Le vicende applicative dell’accordo del 2002 su questi punti sono significative delle difficoltà nel rapporto con le parti sociali sperimentato dal governo Berlusconi, da questo definito dialogo sociale e non concertazione,per segnalare la rottura con la prassi precedente ritenuta troppo condiscendente ai veti sindacali.

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I CONTENUTI COMPLESSI DELLA CONCERTAZIONE DEL 2007 L’episodio di concertazione conclusosi con il protocollo del 23 luglio 2007 è significativo per molti aspetti. Segna la ripresa di un confronto unitario dei sindacati con il fronte degli imprenditori. Il protocollo definisce sotto il titolo COMPETITIVITA’ due misure rilevanti per la politica economica come gli sgravi fiscali e contributivi sui salari di produttività e la riduzione dei contributi sugli straordinari ma non affronta altri temi di carattere economico. L’intenzione è di favorire l’omogeneità delle trattative e di lasciare spazio a una trattazione meditata dei temi importanti ma tradizionalmente oscurati nella conclusione del grande accordo. Il protocollo si concentra su tematiche centrali della concertazione quali il mdl e gli aspetti connessi di welfare, in particolare gli ammortizzatori sociali ma li tratta insieme con la materia della previdenza. Questa è una relativa novità perché questo ultimo tema è tradizionalmente tenuto distante dagli altri nelle vicende della contrattazione. CONTRATTAZIONE CONFEDERALE E CONCERTAZIONE A LIVELLO LOCALE Forme di contrattazione tripartire si sono sviluppate in italia non solo a livello nazionale ma anche locale. A aprtire dagli anni 90 si accentua una tendenza al decentramento che riguarda sia la contrattazione bilaterale sia la negoziazione fra le parti sociali e le istituzioni del governo locale. Questi elementi alimentano sia la diffusione dei patti locali, variamente dimensionati, sia un orientamento di tipo cooperativo dei rapporti fra sindacati e governi periferici. Queste forme di concertazione locale manifestano alcunit ratti comuni. Un primo tratto riguarda L’AMPIEZZA DEI LORO CONTENUTI. Gran parte di questi accordi riguarda materie rientranti nella competenza concorrente o esclusiva delle regioni. Un ulteriore elemento di novità deriva dalla diversa dislocazione territoriale delle pratiche concertative. Le distinzioni nei contenuti dei patti territoriali e delle normative conseguenti sono piu nette sui temi attinenti alla flessibilità del lavoro.

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LA CONTRATTAZIONE NAZIONALE DI CATEGORIA

- struttura caratteri e determinanti il ruolo portante della c nazionale di categoria costituisce ilt ratto piu caratteristico della struttura c italiana. Rappresenta l’elemento piu significativo della struttura bipolare: elemento piu stabile della intermittente contrattazione decentrata sia nel settore privato che in quello pubblico. Il suo rapporto rispetto alla c interconfederale è stato di sostituzione-complementarietà. Ha avuto negli anni 69 funzione direttiva. Il c nazionale si è tradizionalmente configurato come l’elemento unificante delle condizioni di lavoro degli addetti a un settore produttivo e come garanzia di una loro disciplina minima. I differenziali salariali per dimensioni aziendali risultano ampi. Le proposte di riforma della struttura contrattuale , tutte costruite attraverso una piu o meno esplicita riduzione di portata per il contratto nazionale, hanno occupato le scene di dibattito per tutto l’ultimo decennio ma senza ancora pervenire a soluzioni effettivamente praticabili. L’estensione del contratto è alquanto diversificata: in molti casi tradizionalmente frammentata, in altri amplissima. Diversi sono gli andamenti nei settori dei servizi , in questi casi si è assistito al passaggio da contratti aziendali a veri e propri contratti nazionali di settore. Il contratto di categoria ha condiviso tradizionalmente con gli altri livelli un basso grado di istituzionalizzazione. Ma ma ha avuto qualche maggiore regolarità: la durata triennale , contenuti stabilizzatisi nel tempo. L’accordo del 1993 ha introdotto significativi elementi di proceduralizzazione. Il contratto è tipicamente vincolante solo nei minimi. L’incisività del c nazionale tende ad essere alta proprio per la sua natura di trattamento minimo, non derogabile. Il grado di coinvolgimento sindacale è relativamente basso per molte materie assestate e disciplinate ormai con tecniche quasi legislative. La vitalità del contratto di categoria è influenzata anche dalla persistente forza delle federazioni sindacali nazionali, e dal perso dei loro apparati ma non solo: anche il gradimento delle imprese per questo strumento non è irrilevante. L’influenza dell’intervento pubblico su questo livello della struttura contrattuale non è stata di grande rilievo.

- - procedimenti e attori

la preparazione e lo svolgimento delle trattative per il contratto nazionale nelle due fasi previste dall’accordo del 1993 costituiscono i maggiori impegni periodici delle federazioni di categoria, sia di parte sindacale che imprenditoriale. Il procedimento contrattuale si avvia prima della scadenza del contratto con l’elaborazione di una PIATTAFORMA per iniziativa tipicamente di parte sindacale. Negli ultimi anni la preparazione del negoziato ha assunto rilievo crescente anche per le parti imprenditoriali che hanno preso talvolta l’iniziativa a elaborare proprie piattaforme. L’anticipo rispetto alla scadenza del contratto è di solito di qualche mese, di 3 mesi se si segue la procedura dell’accordo dell 1993. Dopo il 1968.1969 tale consultazione si è diffusa mediante le assemblee dei lavoratori. L’informalità delle procedure di consultazione resta un carattere costante. Talvolta si ricorre al referendum. Confermata è la prassi di non sospendere ilricorso allo sciopero in fase di trattativa, anche se dopo l ‘accordo del 1993 vige una clausola di tregua di 3 mesi durante il negoziato.

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La durata delle trattative è variabile. Il ritardo nei rinnovi è comunque un segno di inefficienza del sistema e delle strutture contrattuali. Da decenni si è avviata la prassi di sottoporre l’ipotesi di accordo siglata dalle delegazioni alla ratifica dei lavoratori, tramite assemblee. Nel quasi mezzo secolo di storia della moderna contrattazione collettiva industriale i rinnovi delle categorie piu importanti hanno registrato spesso l’intervento mediatore del ministero del lavoro. La durata dei contratti di categoria è stata a lungo stabilizzata sul triennio, ma con l’accordo del 1993 si è allungata verso il quadriennio, intervallata da un rinnovo salariale biennale con il compito, dopo l’abolizione della scala mobile, di assicurare l’adeguamento dei minimi salariali agli andamenti dell’inflazione. Si succedono di fatto ormai dei veri e propri rinnovi biennali, visto che anchenei rinnovi di tipo retributivo le parti non rinunciano all’inserimento di aspetti normativi. -CONTENUTI Comprendono potenzialmente tutta la disciplina del rdl nelle sue fasi. Qui verranno considerati solo i gruppi principali di istituti.

• qualifiche e inquadramenti: il piu vistoso è la riduzione dei livelli classificatori. Si rinnovano criteri classificatori con l’obiettivo sindacale di valorizzare elementi professionali legati anche alle potenzialità soggettive del lavoratore o comunque meno vincolati al singolo posto di quanto non fosse nei vecchi. A cio si aggiunge l’impegno di promuovere un uso piu dinamico e professionalizzante della forza lavoro. Si inserisce la progressiva parificazione normativa tra operai e impiegati. A partire dalla fine degli anni 80, la maggior parte dei contratti nazionali ha perseguito soprattutto una rivalorizzazione salariale della professionalità attraverso l’ampliamento del ventaglio parametrale fra i livelli bassi e i livelli alti della scala contrattuale.

• Retribuzione: a quella stabilita nei contratti nazionali si aggiungono elementi integrativi ed elementi differiti

• Orario e tempo di lavoro: la disciplina dell’orario di lavoro ha sperimentato cambiamenti ciclici a lunghi intervalli nella storia contrattuale. I rinnovi del 1969-70 hanno segnato il raggiungimento dell’obiettivo storico delle 40 ore settimanali distribuite su 5 giorni. A cio si aggiunge un elevato controllo sul lavoro straordinario. Negli anni successivi non si registrano innovazioni di rilievo e le richieste sindacali di introdurre ulteriori riduzioni hanno avuto modesti risultati. Si diffonde la tendenza a decentrare la contrattazione su questi temi, perché è proprio in sede aziendale che risulta piu proficuo lo scambio fra riduzione e flessibilità di orario richiesto

• Flessibilità e rapporti di lavoro atipici: è un segnale di chiusura della fase del dominio dell’industria taylorista-fordista fondata sulla centralità del rapporto di lavoro industriale standard, con regolazione rigida. Sono stati oggetto di contrattazione specialmente la somministrazione a tempo determinato, il contratto di inserimento, l’apprendistato…

• Diritti sindacali e organismi liberali: rispetto alla disciplina legislativa, quella contrattuale di categoria svolge due funzioni principali : una di specificazione, l’altra di integrazione. Nell’accordo si delinea un modello di costituzione e di ruolo x le rsu. A questi istituti tradizionali possiamo affiancare gli organismi bilaterali. Sono stati riscoperti sia per affrontare temi nei quali la cooperazione delle parti e del pubblico è indispensabile per il conseguimento dell’obiettivo e dove puo essere necessaria anche la conduzione di attività di ricerca congiunta.

• Informazione e controllo: riguardano direttamente l’attività contrattuale, incentivandola e istituzionalizzandola in vario modo.i diritti di informazione si orientano in prevalenza sul controllo dei processi di ristrutturazione, di decentramento produttivo… si prevede che siano fornite dall’impresa alle rsu informazioni riguardanti la situazione aziendale. Dati sulle

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prospettive produttive e sulle linee generali economiche devono inoltre essere forniti a livello nazionale dalle associazioni imprenditoriali

LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA Il decentramento si attua in prevalenza attraverso la contrattazione a livello aziendale. Il primo di dec è costituito dai contratti che prevedono solo il livello aziendale di dec ed è riferibile alla quasi totalità dei settori industriali. Il secondo tipo appare con i contratti ( es agricoltura, artigianato) che prevedono il decentr territoriale dell’attività negoziale. Il terzo tipo è rappresentato da quei contratti di categoria che permettono la presenza contemporanea dei livelli aziendale e territoriale. In questi casi la portata del contratto nazionale si riduce a quella di quadro di riferimento per le attività decentrate. Una variante di questo ultimo tipo è la contrattazione integrativa nella pubblica amministrazione. Gia negli anni 70 si passa alla specializzazione autonoma della contrattazione aziendale; vale a dire a una forma di intervento su specifiche materie di competenza, non negoziabili di fatto al livello di categoria ma ridiscusse a livello aziendale senza vincoli o schemi prefissati. Anche la c dec è analizzabile nelle sue diverse dimensioni:

- la sua estensione è rilevante ma sicuramente inferiore a quella di categoria. L’assenza di un completo sistema informativo e anche di rilevazioni nazionali veramente rappresentative di carattere istituzionale.

- Il grado di incisività e efficacia varia a seconda delle materie trattate. Esse sono state molto elevate sui temi salariali e di controllo dell’orario di lavoro. Diminuiscono quando i temi trattati riguardano aspetti di tipo gestionale-collaborativo

- Il grado di coinvolgimento delle strutture sindacali è piuttosto elevato. - Il grado di istituzionalizzazione è in crescita sensibile

La c aziendale dovrà riguardare istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli del c nazionale e sarà da quest’ultimo regolata per quanto attiene a modalità, scadenze… Determinanti: quella di maggior rilevanza riguarda la struttura del sistema produttivo: non solo la c aziendale aumenta al salire delle dimensioni delle unità produttive, ma varia in modo sensibile nelle diverse classi dimensionali. Piu difficile è determinare le influenze sulle dimensioni della c decentrata dei caratteri delle organizzazioni imprenditoriali Un certo declino della c negli ultimi anni puo essere causato agli effetti di apertura dei mercati dovuta alla globalizzazione. La ripresa economica della metà del decennio 80 favorisce lo sviluppo della c mentre è frenata dalla caduta della produttività industriale e dal rallentamento della crescita. Copertura contrattuale complessiva:

- piccole unità produttive( fino 10-15 dip) non coperte dalla contrattazione o coperte in parte dalla c nazionale con le imprese artigiane

- piccole imprese ( fino a 50 dip) coperto dalla c interconfederale e di categoria - imprese medio piccole nei quali agisce anche la c aziendale oltre agli altri due

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PROCEDIMENTI E ATTORI In una scala di formalizzazione l l’esperienza italiana si colloca in una posizione intermedia che va sia verso l’informalità ( autonomia del livello aziendale, scarsi vincoli di periodicità, basso grado di istituzionalizz). Verso la formalità ( stendere per iscritto i testi degli accordi). Una decisa svolta verso la formalizzazione si attua a partire dal 1993 con una piu stretta definizione degli ambiti, scadenze, soggetti… I soggetti sindacali sono in primo luogo le rsu, le scadenze sono quadriennali, le procedure e gli ambiti definite nei contratti nazionali. Una buona parte dell’attività contrattuale decentrata si è svolta in grande informalità , quella a livello di reparto fra rappresentanti sindacali e menagement intermedio. Una componente importante della formalizzazione del processo attiene alla periodicità con cui ha luogo il processo stesso. Normalmente nei comparti di aziende sindacalizzate ha luogo una tornata di contrattazione aziendale fra un rinnovo e l’altro dei contratti nazionali di categoria e cioè ogni quadriennio. È inevitabile in molte situazioni la sovrapposizione di una vertenza aziendale con rinnovo nazionale. Puo essere nei fatti impossibile avanzare una piattaforma di richieste a livello aziendale mentre si trascina una vertenza per il rinnovo del contratto nazionale.. il declino è ancora piu evidente nelle aziende di minori dimensioni. La consultazione dei lavoratori coinvolti nella iniziativa contrattuale avviene quasi sempre attraverso l assemblea. Una questione ancora non risolta riguarda la maggiore formalizzazione dei meccanismi di approvazione e di verifica della rappresentatività dei soggetti sindacali. Quanto ai soggetti, è affidata la capacità a contrattare alle rsu ed alle organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori aderenti alle organizzazioni stipulanti il medesimo ccnl Contenuti Nella tradizione della contratt aziendale e secondo la frequenza con la quale comparivano i singoli istituti, i gruppi di materie trattate si dividevano in 2 comparti:

- istituti che assumevano un costante privilegio nella attività contrattuale: diritti sindacali, orario, occupazione, salario

- contenuti meno ricorrenti ( inquadramento, ambiente, formazione) i contenuti della formazione professionale hanno sempre costituito una carenza delle relazioni contrattuali italiane.

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LA CONTRATTAZIONE DEL SISTEMA PENSIONISTICO Anni 90 Legge 335/1995 introduce in italia una radicale riforma del sistema pensionistico con l’adozione del metodo contributivo di calcolo della pensione. Il contributo prevalente alla ridefinizione del sistema proviene dalle confederazioni sindacali che in questa occasione manifestano una forte unità di intenti. Le associazioni imprenditoriali decisero di non porre la loro firma all’intesa ritendendola troppo debole. Piu controversa è la revisione del sistema pensionistico pubblico., esse sono aggravate dal clima dei rapporti fra governo e sindacati che si è andato deteriorando dopo il 2002. le proposte di alzare l’età pensionabile trovano resistenze da parte dei sindacati e impediscono il formarsi di un accordo. Legge 234/2005:eleva l’età per il pensionamento da 57 a 60 anni. Un altro punto importante è la deroga all’innalzamento dell’età pensionabile prevista per i lavori usuranti. CONCLUSIONI CONTINUITA’ ISTITUZIONALE E INSTABILITA’ DELLE RI I TALIANE Complessità del nostro sistema di ri. Caratteristiche comuni alle ri dei paesi avanzati che procedono per fasi alterne. La turbolenza del contesto si è rivelata non transitoria, accresciuta dalle crisi finanziarie, tecnologie informatiche, globalizzazione.. La capacità di tenuta rispetto alle trasformazioni del contesto esterno è stata tradizionalmente maggiore nei modelli di ri di impronta partecipativo collaborativo che in quelli piu pluralistico competitivi. Un tratto contrastante rispetto a questo quadro è la persistenza nel tempo dei principali tratti isituzionali del sistema. L’INCERTA REGOLAZIONE DELLA FLESSIBILITA’ È significativa la risposta alle pressioni per accrescere la flessibilità e diversificare i rapporti di lavoro. Per rispondere a queste pressioni le parti sociali sono ricorse agli strumenti principali delle nostre ri: la contrattazione centralizzata e la concertazione. Il ricorso a questa ultima è stato diseguale nelle varie legislature. Momenti di intensa attività sono stati seguiti da episodi di forte tensione tra governi e parti sociali che hanno portato a rotture dell’unità di azione sindacale. I LIMITI DELLA CC Divergenze in base al ruolo della cc. Per il centro destra è uno strumento eventuale e non necessario. È messo in discussione in rapporto fra cc e c individuale, in quanto in assenza di accordi collettivi si riconosce alle parti individuali il potere di definire materie tradizionalmente regolate dalla cc. La capacità della cc si è dimostrata disuguale a seconda dei settori. È rimasta intatta nelle aree dei servizi e del pi dove semmai essa genera problemi di iper regolazione, mentre ha perso efficacia nei

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settori indisutriali e nelle piccole imprese dove le relazioni collettive sono sostituite da quelle individuali. DUALISMI IRRISOLTI E RIFORME PARZIALI Dualismo fra lavoratori tipici e atipici e quello fra piccole e grandi imprese. Il bilancio di questi decenni mostra che le ri non hanno superato positivamente questo test nno solo per i rapporti di forza sul mdl divenuti sfavorevoli al sindacato ma per l’incertezza degli interventi necessari a contrastare tali dualismi. I risultati sono stati al di sotto degli obiettivi. L’esempio piu importante di incertezza regolativa riguarda l’art 18 statuto lavoratori dove i tentativi di parziale modifica avallati da una parte dei sindacati sono stati bloccati da una opposizione sindacale che ha portato ad accantonarli da parte degli stessi sostenitori. CENTRALIZZAZIONE CONTRATTUALE E DINAMICHE RETRIBUTIVE Le ri presentano bilanci diversi in due aree: dinamiche retributive e andamento della occupazione. L’occupazione ha registrato aumenti significativi ma con larghe sacche di precarietà,s soprattutto fra i gruppi sottorappresentati sul mdl. La formulazione di politiche specifiche per la promozione occupazionale di questi gruppi è largamente deficitaria . Il controllo delle dinamiche salariali costituisce il risultato principale realizzato in sede di concertazione che è riuscito per oltre un decennio a frenare l’inflazione. Il controllo confederale degli andamenti retributivi ha contribuito a svuotare la contrattazione nazionale di categoria oscurandone la tradizionale centralità del sistema. Ne ha ridotto altresi la capacità innovativa. DECENTRAMENTO E RIFORMA DELLA STRUTTURA CONTRATTUALE Queste vicende hanno aumentato le pressioni per una riforma della struttura contrattuale. La spinta al decentramento è ritenuta necessaria per avvicinare le dinamiche retributive alle condizioni produttive delle diverse parti del sistema e per stimolare la debole produttività della nostra economia con incentivi salariali legati ai risultati. Spinta contrastata da debole diffusione della c decentrata e dalla perdita di potere di acquisto delle retribuzioni. Queste difficoltà hanno portato a una intesa a maglie larghe che vede

- la riduzione del numero di contratti di categoria - vincoli piu rigorosi x il rispetto della tempistica dei rinnovi - sostituzione dell’inflazione programmata con l’inflazione prevista…

il sistema cosi riformato conferma al c nazionale la funzione prevalente di garantire la tutela del potere di acquisto delle retribuzioni dalla inflazione, mentre affida alla sola contrattazione di secondo livello il compito di distribuire gli eventuali incrementi di produttività. Quanto tale innovazione riuscirà a funzionare dipenderà dalla capacità degli accordi aziendali di determinare aumenti retributivi effettivamente legati a vari indici di produttività

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LE CRITICITA DEI RDL NELLE AZIENDE Le prospettive del sistema contrattuale dipendono inoltre dalle dinamiche interne alle organizzazioni sindacali. Per realizzare un decentramento contrattuale non è sufficiente ridurre il peso della contrattazione centralizzata. Serve una maggiore capacità del sindacato di negoziare al secondo livello e di costruire vere e proprie vertenze decentrate. Tale condizione è messa in discussione dalle trasformazioni intervenute nel modo di produrre e dalle caratteristiche degli stessi lavoratori. Simili fattori critici investono anche la capacità di legge di controllare fenomeni sempre piu variabili e diversificati. LE RI TERRITORIALI Il livello aziendale resta critico x le ri. Solo a livello territoriale è possibile costruire reti di rappresentanza e per i lavoratori delle piccolissime aziende altrimenti irraggiungibili. Le proposte di generalizzare il livello territoriale come sede di contrattazione decentrata alternativa a quella aziendale hanno avuto scarso successo. Il rischio che la c territoriale diventi un terzo livello contrattuale aggiuntivo o di sostegno a ulteriori contrattazioni è stato ritenuto inaccettabile dalle associazioni imprenditoriali. La previsione di questo livello territoriale nel sistema bipolare richiederebbe una capacità di autoregolazione e una fiducia reciproca fra le parti sociali superiori a quelle oggi disponibili. BILATERALIA’ E PARTECIPAZIONE Gli ostacoli riscontrati dall’azione contrattuale no riguardano la concertazione e la partecipazione. Entrambe registrano un bilancio positivo. Le pratiche concertative fra parti sociali e istituzioni pubbliche si sono diffuse specie sui temi di competenza regionale. La concertazione locale si è mostrata meno esposta di quella nazionale alle discontinuità politiche. Gli ostacoli questa volta sono soprattutto interni al movimento sindacale LE TENSIONI DI UN SISTEMA BIPOLARE Le distanze fra i vari livelli del sistema si misurano anche negli orientamenti di merito. La concertazione esprime contenuti tendenzialmente collaborativi . L’azione sindacale resta ancora vicina alle tradizionali impostazioni rivendicative piuttosto che orientata ai modelli collaborativo partecipativi affermatisi in altri paesi. Le tensioni conflittuali del bipolarismo e la debole capacità riformatrice fin qui manifestata dai vari governi ostacolano sia una maggiore istituzionalizzazione sia il consolidamento dell’autonomia e della fiducia reciproca fra attori sindacali e politici.

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AUTONOMIA E RIFORMA DELLE RI La criticità dei rapporti col sistema politico puo contrastarsi con una minore esposizione politica dei sindacati, quindi con una pratica dell’autonomia piu solida.. la debolezza costituisce una delle anomalie piu gravi del sistema. Obiettivi:

- rafforzamento delle regole necessarie a tenere insieme un sistema complesso e governare i processi di decentramento

- accorciamento delle distanze fra i livelli del sistema bipolare - sperimentazione di metodi non solo contrattuali ma partecipativi - ricerca di strumenti di rappresentanza meglio rispondenti alle aspettative dei nuovi

lavoratori LE RI NELLO SPAZIO EUROPEO E NEL CONTESTO GLOBALE L unione ha delineato alcuni strumenti per lo sviluppo di ri comuni: il riconoscimento dei diritti sociali fondamentali, le libertà di organizzazione, di cc, di sciopero . Un utilizzo efficace dello spazio sociale europeo richiede il rafforzamento di politiche comuni sui temi del lavoro e del welfare dove per ora l’iniziativa comunitaria si è limitata a promuovere azioni di coordinamento fra le politiche statali