Appunti La relazione operatore sanitario/utente Irmo Carraro.

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La relazione La relazione operatore sanitario/utenteoperatore sanitario/utente

Irmo CarraroIrmo Carraro

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• La comunicazione

• La “non adesione” terapeutica

• La comunicazione operatore sanitario/paziente

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LA COMUNICAZIONELA COMUNICAZIONE  Varie definizioni possibili, perché la comunicazione è un

concetto molto ampio.

  “… È L’INSIEME DEI PROCESSI PSICOFISICI

ATTRAVERSO I QUALI IL COMPORTAMENTO DI UN INDIVIDUO INFLUISCE SU QUELLO DI UN ALTRO”

 

Questa definizione si basa sull’idea di un’azione che si esercita tra due persone.

 

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Nelle relazioni interpersonali non c’è occasione in cui, consapevolmente o no, non si comunichi qualcosa e in cui non esista chi invia il messag-gio (trasmittente) e chi lo accoglie (ricevente).

Il nostro comportamento, che lo si voglia o meno, procura informazioni, richieste, ordini a qualcuno che li riceve.

Anche senza parlare, attraverso la mimica, si possono far pervenire messaggi.

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Cosa e come comunichiamo?Cosa e come comunichiamo?

Il contenuto della comunicazione è dato dai messaggi e dalle informazioni.

   Il modo in cui le persone si mettono in rapporto tra di loro rappre- senta la relazione.

I modi con cui comunichiamo sono due e avvengono contempora-neamente, poiché noi parliamo (= comunicazione verbale) e nello stesso tempo atteggiamo il corpo (= comunicazione non verbale).

Può succedere che ci sia coerenza tra i due modi di comunicare (= congruenza), oppure incoerenza (= incongruenza).

 

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LA COMUNICAZIONE LA COMUNICAZIONE TERAPEUTICATERAPEUTICA

       

La malattia è per l’individuo un’esperienza totale e individuale nello stesso tempo, che ha il poten-ziale significato di cambiamento rispetto ad un precedente modo di essere.

   Il cambiamento si mette, a sua volta, in rapporto col senso che ciascuno di noi attribuisce alla vita, alla morte, alla sopravvivenza, ed è un processo terapeutico in sé.

      

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  L’esperienza di malattia è un’esperienza di bisogno che richiede una relazione d’aiuto.

  I rapporti che instauriano con gli altri definiscono lo stato di malattia e permettono l’espressione dei significati che l’esperienza di malattia apporta.

  Nella relazione d’aiuto il paziente esprime i bisogni che non è in grado di soddisfare, perché la malat-tia è un ostacolo alla loro normale soddisfazione.

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    I bisogni insoddisfatti, cioè i problemi, sono presenti in qualche modo nella comunicazione che avviene attraverso la sfera fisico-psico-sociale in cui il paziente si esprime.

 

    Tanto più è efficace la relazione d’aiuto, tanto più è importante il rapporto.

     Succede comunemente che i pazienti sentano il rapporto con gli infermieri più

importante di quanto non lo sentano questi ultimi che spesso, al contrario, tendono a negarlo.

     Qualche anno fa, una ricerca condotta in Italia ha dimostrato che gli infermieri

considerano molto poco, e alla stregua di quanto potrebbe fare ogni persona, quanto essi fanno per i pazienti da un punto di vista psicologico.

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LL’infermiere cioè tende a sottovalutare l’implicazione tera-peutica che ha il dialogo con l’utente, considerato più o me-no consapevolmente alla stregua di chiacchere con amici.

 

   La comunicazione di chi assiste deve essere orientata a con-tribuire all’assistenza: l’operatore cioè deve dare un senso terapeutico alla comunicazione con il paziente, finalizzandola al soddisfacimento dei suoi bisogni, come del resto il paziente si attende.

 

    A tale scopo la comunicazione deve essere intenzionale: ciò richiede che l’infermiere rifletta su quanto dice all’ammalato, dopo averlo ben ascoltato e accolto nei vari livelli di comuni-cazione.

  

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Le domande che ci possiamo porre nel momento di riflessione sono:

1.  quali sono i bisogni espressi dal paziente?

2. quali quelli espressi verbalmente, quali quelli non verbalmente?

3. quale potrebbe essere l’effetto del mio compor-tamento sul paziente?

 

Mettere in atto una comunicazione terapeutica richiede tempo ed esperienza.

 

  

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L’ASCOLTOL’ASCOLTO

         Nelle diverse situazioni che si possono presentare, il modo più

efficace di avvicinarsi al malato è quello di accoglierne l’ansia, rispondendo con l’ascolto amichevole e con la ra-pida attuazione delle mansioni terapeutiche che il caso ri-chiede.

 

   L’ascolto non è necessariamente limitato al contenuto dei messaggi verbali del malato, ma è da intendersi rivolto in senso più ampio a tutte le sue comunicazioni, come l’espressione del volto, gli atteggiamenti del corpo, i gesti delle mani, il tono della voce, ecc.

        

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  Attraverso l’osservazione di questi atti, si cerca di capire il suo grado di ansia, i suoi bisogni, le sue paure e risponder-vi adeguatamente.

Ad es. se è poco disposto al dialogo e nasconde la sua ansia nel silenzio, può risultare inutile o addirittura fastidioso stimo- larlo a parlare. Può essere, invece, utile accettarlo nel suo silenzio e rassicurarlo con un atteggiamento comprensivo.

E’ importante in ogni caso che il paziente sia messo a suo agio at-traverso un atteggiamento di disponibilità, autenticità, empatia. Lo stesso contatto corporeo può costituire un elemento assai im-portante di comunicazione, di premura e di rassicurazione. Quest’ultima non dovrà essere generica, ma ben centrata sulle angosce del paziente, non eludendo l’obiettiva situazione in cui si trova, in modo da non distorcere l’esame di realtà.

  

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Come comunichiamo?Come comunichiamo?

• Gli strumenti della comunicazione sono: - le parole e - l’atteggiamento non verbale.

• L’insieme delle parole costituisce il linguaggio e questo si struttura nel tempo sia per l’individuo, sia per le popolazioni, tanto da costituire un contrassegno della loro storia culturale.

 

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L’ADESIONE TERAPEUTICAL’ADESIONE TERAPEUTICA

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L’ADESIONE TERAPEUTICAL’ADESIONE TERAPEUTICA

Uno dei temi cruciali di indagine in psicologia della salute riguarda il fenomeno della compliance (=obbedienza):

“se e in quale misura i pz svolgono le azioni prescritte dall'equipe curante”.

 

Le ricerche mostrano che esiste un’ampia variabilità fra i pazienti nel:

- assumere farmaci - presentarsi regolarmente alle visite di controllo

(due comportamenti indici di accettazione del trattamento). 

 

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un basso grado di compliance sembra legato a:

1. le caratteristiche individuali del paziente (modello HBM che sottolinea il ruolo delle credenze sulla

percezione dei benefici e degli ostacoli)

1 buona compliance terapeutica dipende dal fatto che il pz crede:

- di essere vulnerabile alla malattia

- di avere una grave malattia - di trarre beneficio dalle cure prescritte  

2.   i fattori legati al sistema sanitario e cioè alcuni aspetti relazionali e strutturali, come:

- il comportamento dell’équipe, - la comunicazione insoddisfacente medico-paziente, - l’adeguatezza della comprensione del pz delle indica- cazioni ricevute 

  

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Progressivo cambiamento dei termini e del modo di intenderli:

COMPLIANCECOMPLIANCE(“obbedienza”)

indicante l’obbedienza del paziente e quindi indicante l’obbedienza del paziente e quindi

una sua una sua posizione di passività e di sottomissioneposizione di passività e di sottomissione, ,

ADHERENCE ADHERENCE (“adesione”)(“adesione”)

implicante uno implicante uno sforzo volontariosforzo volontario da parte dell’individuo, una da parte dell’individuo, una sua psua partecipazione attiva ed impegnataartecipazione attiva ed impegnata..

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Nuove concettualizzazioni

• Atto di Compliance = buona norma

• Atto di non Compliance = norma cattiva eccetto: - se vi sono dubbi sulla diagnosi e prescrizione - se vi è insoddisfazione per la terapia

   Con il diffondersi delle patologie croniche,

richiedenti trattamenti di lunga durata, il problema della non adesione è diventato

il problema più serio a cui la pratica medica deve far fronte

 

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Ricerche anglosassoni su patologie cardiovascolari

- 30% compliance buona- 50% compliance parziale- 20%-50% non compliance

Fenomeno molto risaputo e spiegato in vario modo:

- Antropologia medica: scarto legato alla diversa interpretazione della malattia dai pz e dai medici

- Psicologia Sociale: diversità delle rappresentazioni della salute “profane” da quelle della medicina ufficiale

      

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Ricerche nordamericane(Chesney e coll, 1992)

- 30% non compliance di pz sieropositivi asintomatici non avevano abbandonato i protocolli terapeutici per effetti tossici secondari, Bensì perché, partecipando a gruppi A.M.A. o di Comunità, avevano abbracciato protocolli alternativi mutuati da un alto livello di informazione sulla malattia

COME MAI SUCCEDE TUTTO QUESTO??

     

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COME MAI SUCCEDE TUTTO QUESTO??

 Non si sono trovati fattori sociodemografici o tratti di personalità che predicono la compliance !! Ma …

Fattori influenzanti la compliance emersi sono stati:

- Caratteristiche del regime di trattamento (durata, complessità, effetti)

- Qualità dell’informazione - La comprensione del protocollo da parte del pz- La qualità dell’interazione con l’equipe curante- Le credenze sulla salute (Percezione di vulnerabilità, di gravità della malattia, dei

costi e dei benefici della cura e degli effetti secondari)

- L’autopercezione della propria efficacia di azione- Influenza dell’ambiente sociale (familiari, amici, rete di sostegno sociale)

- Aspetti emotivi, relazionali e sociali emergenti nel tempo

      

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CRITICHE A TALI MODELLI ESPLICATIVI

Propongono di tenere conto anche di questi ulteriori fattori:

- I processi di costruzione sociale delle rappresentazioni nella formazio-ne e nella trasformazione dei comportamenti di cura:

i sistemi di credenze e rappresentazioni

strutturate sulla malattia, morte, guarigione, ruolo medico

influenzano i ragionamenti, le decisioni e le pratiche dei pz

Fattori di rifiuto o di resistenza a una normatività medica

      

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- Impatto dei processi di influenza sociale nella adesione o rifiuto delle direttive mediche:

es. l’influenza + o – dei gruppi dei pari o dei gruppi A.M.A. nei sieropositivi rafforza o indebolisce la compliance

Ricerca italiana con pz affetti da HIV/AIDS (Pietrantoni 1998)

- comportamenti di “non adherence” comportamenti di “non adherence” tra il 20% e il 40% tra il 20% e il 40%

- importanza di importanza di fattori sociodemograficifattori sociodemografici, come l’età o la storia delle , come l’età o la storia delle sostanze assunte (nel caso di td)sostanze assunte (nel caso di td)

 

INOLTRE …

-       

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Analizzando gli aspetti cognitivi, emotivi e sociali connessi

con il comportamento di compliance, è emerso che l’osser-vanza delle direttive mediche è influenzata da:

1.   stili di coping rispetto alla malattia,

2.   significati attribuiti al farmaco e

3.  abilità personali a integrare l’assunzione dei farmaci nel proprio stile di vita.

Le cure continue, l’ingerenza nella quotidianità e l’incer- tezza associata agli esiti a lungo termine, influenzano la motivazione alla regolarità terapeutica. 

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ALTRI RISULTATI EMERSI

• Le persone con maggiore padronanza nella ge-stione nelle attività quotidiane o con uno stile di vita più regolare, hanno meno difficoltà a seguire le prescrizioni mediche.

 

• Importanza delle influenze sociali sui soggetti ad opera delle reti di riferimento:

es. i gruppi A.M.A. sono diventati luoghi, non solo di condivisione

della malattia e di rottura dell’isolamento, ma microstrutture so-

ciali di formazione di identità, frutto della elaborazione di idee

e conoscenze sulla cura e sulla malattia.

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COMPORTAMENTO NON VERBALE

l’atteggiamento,

la mimica,

il movimento,

le sensazioni,

il tono della voce …

tutto il linguaggio non verbale che si esprime attraverso il corpo e le sue funzioni,

viene lasciato all’assimilazione delle consuetudini compor-tamentali, familiari o sociali.

La comunicazione mediante il corpo sembra grossolana ed ele-

mentare, paragonata alla raffinatezza del linguaggio verbale, in

realtà è semplice, totale e veicolo basilare delle emozioni.

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LA COMUNICAZIONE CON IL LA COMUNICAZIONE CON IL PAZIENTE TERMINALEPAZIENTE TERMINALE

  Uno degli argomenti più temuti come problematico dal punto di vista psicologico è quello che vede l’operatore sanitario di fronte all’ammalato ingua-ribile ( = soggetto affetto da malattia non acuta e mortale.

 

• COSA DIRE al malato inguaribile?

Sempre la verità o mai?

 “La verità che può essere più utile al paziente”.

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REAZIONI DEL PZ ALL’INFORMAZIONE

• lotteranno meglio contro la malattia e moriranno più sereni

• Altri possono andare incontro facilmente a stati depressivi

L’esperienza insegna che la verità è + accettata di quanto di pensi !

 

• E’ importante, comunque:

- conoscerne la personalità

- sapere come la persona reagisce alle difficoltà

- qual è la sua situazione familiare, economica, affettiva e di lavoro

- quali le convinzioni religiose, ecc.

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•   Il problema non dovrebbe essere “se” dirlo, ma:

“come posso condividere con l’ammalato quello che so?”

 • Se il problema di dire riguarda più il medico dell’infermiere,

è però richiesta ad entrambe le figure una capacità di ascolto che permetta al paziente di esprimere le proprie angosce, senza togliergli la speranza

 • Molte volte, infatti, il paziente mantiene una coscienza

ambigua del proprio stato di malattia

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• Ha un’intima consapevolezza delle sue condizioni, facilmente rilevabile da alcune allusioni che fa, o dalle sensazioni che riferisce, ma al tempo stesso vuole continuare a sperare e vuole che lo si aiuti a farlo

• Aiutare l'ammalato non vuol dire ingannarlo con menzogne, vuol dire lasciargli aperta la porta della speranza, ad esempio nei progressi della scienza

• Aiutarlo vuole anche dire fargli sentire che non verrà lasciato solo nei momenti difficili: con il paziente terminale ci mettiamo in gioco, non per le nostre competenze tecniche, ma per essere buoni operatori.

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• Il paziente può essere incoraggiato a parlare dei momenti più significativi della sua vita e anche il lavoro con i suoi familiari deve procedere in questo senso

•  Abbiamo visto che la comunicazione è molto importante. I contenuti della comunicazione possono essere costituiti dalle "informazioni" sul paziente

• Se l'informazione è molto importante per i fini terapeutici, dobbiamo essere molto attenti al modo e al luogo dove avviene lo scambio di notizie e di dati sul pz.

 

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• Per quanto riguarda tutto quello che veniamo a sapere di un paziente abbiamo l'obbligo della riservatezza, non devono esserci nella nostra pratica quotidiana "voci di corridoio e/o confidenze".

 

• Rivelare un segreto professionale è indice di mancanza di rispetto nei confronti delle persone, oltre che un reato punito dalla legge.

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Quello che veniamo a sapere di un paziente deve essere rivelato (trasmesso) solo al personale curante e solo nell'interesse del paziente.

 

La riservatezza deve riguardare:

 1. la malattia del paziente e sue possibili conseguenze

2. la situazione del paziente (es. problemi familiari, sociali, ecc.)

3. le sue abitudini particolari (es. abitudini sessuali, tx, alcoldip, ecc.

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CARATTERISTICHE CARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONEDELLA COMUNICAZIONE

MEMEDICO/PAZIENTE

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CARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONECARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONE

MEDICO/PAZIENTE

Molte ricerche hanno mostrato che alcuni aspetti importanti della comunicazione medico-paziente come:

 A)  la soddisfazione del paziente,  B)  la comprensione e il ricordo delle informazioni ricevute,

che si traducono nell’osservanza delle prescrizioni mediche,

  sono correlate alle modalità

con cui vengono fornite le informazioni ai pz sulle loro condizioni di salute e di cura

 

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2 PROSPETTIVE TEORICHE SULLE RELAZIONI FRA SODDISFAZIONE/INSODDISFAZIONE E COMPLIANCE

ASPETTI AFFETTIVI(Korsch, 1989)

800 interviste a md con fg in clinica pediatrica a Los Angeles

Soddisfazione per Consultazione medica correlata a:

• Essere amichevole• Mostrare di capire i timori md• Avere abilità comunicative

Se mancanti,insoddisfazione dei genitori

ASPETTI COGNITIVI(Ley, 1989)

Comunicazione è efficace, se il msg è compreso e ricordato

Il fallimento di ciò dipende:

• Difficile comprensione del materiale per linguaggio troppo specialistico

• Mancanza di conoscenza tecnica medica di base dei pz

• Convinzioni erronee dei pz che disturbano la corretta comprensione

Insoddisfazione e mancanza di

adesione al trattamento proposto

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 Altri aspetti da considerare:(Rutter, Quine e Chesham, 1993)

Tali Autori sostengono che tali posizioni ci dicono cosa succede nell’interazione, ma non rispondano ad alcuni interrogativi: 

• Quali sono le variabili antecedenti all’incontro?

- precedenti incontri

- aspettative reciproche - credenze - atteggiamenti

Questi elementi influiscono sulla soddisfazione e sulla compliance tramitela mediazione della comprensione e della memorizzazione

Necessità di integrare i due modelli   

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Importante è integrare i 2 modelli:

es. MODELLO DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI di Frederikson (1992)

3 livelli di analisi dell’interazione comunicativa medico/paziente:

1. Input - quadro di riferimento - aspettative e conoscenze del medico e del pz

2. Processo - ciò che succede durante la consultazione - lo scambio informativo - le fasi della conversazione

3. Risultato - le percezioni - la diagnosi - l’obbedienza - la soddisfazione

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Un modello della comunicazione medico-paziente (Frederikson, 1992)

Input--------- Processo ----------- OutputPaziente

Quadro di riferimento

Motivazioni, scopi, bisogni, aspettative

Informazioni personali

Medico

Quadro di riferimento

Motivazioni, scopi, bisogni, aspettative

Informazioni personali

Inizio

Scambio di informazioni

Fine

Riconoscimento del problema

Domande Visita fisica

Diagnosi

Trattamento

Percezione

Obbedienza

Preoccupazione

Comprensione

Soddisfazione

Percezione

DiagnosiPrognosi

Trattamento/azione

Comprensione

Relazione

Soddisfazione

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Consultazione = procedura che comprende uno scambio di informazioni con aspetti cognitivi/affettivi/sociali mediante aspetti paralinguistici e cinesici

DEFINIZIONE “ALLARGATA” DI INFORMAZIONE

PIÙ ESPLICITO E APERTO È IL DIALOGO MEDICO/PZ E + EFFICACE È L’INTERO PROCESSO

In ogni fase, infatti, ci possono essere problemi di comunicazione:

• In Input: differenze che possono rendere difficile il dialogo, legate alle: - conoscenze - quadri di riferimento personale - aspettative degli interlocutori

• In Processo: durante la consultazione lo scambio di informazioni può essere ostacolato da vari fattori: - le resistenze del pz - lo stile autoritario del medico - la scarsa attenzione agli aspetti impliciti della conversazione

• In Risultato: ciò si riflette sugli esiti della visita e sul grado di soddisfazione

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importanza della MUTUALITA’ E RECIPROCITA’ DELLA RELAZIONE

E’ responsabilità del medico e del pz il: - Flusso adeguato ed efficace delle informazioni - buon esito della consultazione

LA RECIPROCITA’ NELLE RELAZIONI INTERPERSONALI

(Buunk e Schaufeli, 1999)

Anche nella relazione asimmetrica pz/operatore la mancanza di reciprocità percepita dall’ operatore può contribuire a rendere

molto impegnativa la relazione dal punto di vista emotivo, tanto da procurare una sensazione di esaurimento emotivo, preludio del burnout

correlazione + fra scarsa reciprocità e dimensioni del burn out

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Comportamenti non verbali nell’’interazione pz/operatore

Sono considerati dei:

- regolatori di conversazione oppure - modi alternativi alle forme verbali convenzionali

La capacità dell’operatore di decodificare i messaggi non verbali è correlata + con la soddisfazione del pz

Sono stati individuati dei comportamenti non verbali caratteristici:

- Tendenza ad attirare l’attenzione e il contatto visivo del medico mediante l’uso di pause o di movimenti corporei prima di iniziare le frasi

- Il desiderio di controllo, le relazioni di ruolo e le informazioni affettive vengono veicolate tramite modalità non verbali

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Comportamenti verbali nelle interazioni pz/operatore

Ne sono stati studiati 3 tipi: scelta lessicale, fare domande e fornire spiegazioni

- SCELTA LESSICALE

a) il linguaggio tecnico/specialistico usato spesso per:

- stabilire l’autorità dell’operatore - affermare le sue conoscenze - determinare il suo ruolo vs pz

b) l’infantilizzazione del pz esprime una posizione di superiorità

es. uso di diminutivi come “pilloline” ecc. uso del dativo etico: “Mi faccia questi esami”

spesso con atteggiamenti rassicuranti su aspetti poco importanti

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- FARE DOMANDE

- esprime la relazione di ruolo pz/operatore: le domande “aperte” offrono + libertà di espressione

- fanno – domande: i pz con bassa istruzione, meno competenti, gli anziani: spesso perché c’è una relazione “richiesta/offerta di aiuto” e non “richiesta/ /offerta di conoscenze”. Spesso hanno coraggio di porle solo indirettamente senza rivelare il soggetto (es. “ho sentito dire che…”)

- FORNIRE SPIEGAZIONI

- gli operatori sanitari tendono a fornire informazioni pratiche più che scienti- fiche o volte a spiegare il funzionamento e gli esiti di malattia o un problema

- spiegare/informare influenzerebbe l’inter-scambio, aumentando il potere di

negoziazione del pz e renderebbe più dinamica l’interazione, ma…

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Quali implicazioni operative?

 Le ricerche hanno seguito angolature diverse: utente e

operatore

Queste 2 parti interagenti divergenze con conseguenti focus diversi a livello di problemi e di soluzioni

NECESSITA’ DI TENERE CONTO DI QUESTE DIFFERENZEPER INTERVENIRE EFFICACEMENTE PER

MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE

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Nella percezione del paziente i problemi riguardano:

 

• Carenza quantitativa di informazioni

- lamentela diffusa dei pz sulla diagnosi e prognosi - E’ un diritto, ma va calibrato per la reazione diversa (es. De- pressiva, rifiuto, evitamento, ansiogena ecc.) soprattutto di fronte a malattie gravi - I livelli di ansia sono diversi e possono portare a comprensione

memorizzazione parziale o distorta di informazioni o consigli

• Lacune nella comunicazione

- per scarsa comprensione dei termini dell’operatore - per paura di chiedere chiarimenti in caso di incomprensione - per timore di far perdere tempo o di essere giudicati incolti

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• Difficoltà di memorizzare le informazioni e le prescrizioni per la loro complessità o poca chiarezza

• Scarsa partecipazione emotiva dell’operatore ai problemi del pz

Indifferenza dell’operatore può portare a:

- scarsa puntualità

- svalutazione della competenza dell’operatore

- omissione di particolari intimi dei propri problemi

• Ruolo passivo del pz

Collegato talora alla tendenza dell’operatore a fare doman-de “chiuse”

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Nella percezione dell’operatore i problemi riguardano:

 • Reazioni “controtransferali”

“difficoltà relazionali ed emotive che l’operatore può provare nel contatto con i pz” (Canestrari e Cipolli, 1991)

es. irritazione, riattivazione di problemi personali irrisolti, insofferenza per certi pz

• Scarsità di informazioni fornite dal pz (per opposizione, sensi di colpa o vergogna)

• Scarsa adesione del pz alle prescrizioni o consigli terapeutici

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PER RISOLVERE TALI PROBLEMI OCCORRE

VEDERE SE: 

• L’Operatore è interessato a usare modi di comunicare + adeguati col pz?

• L’Operatore è disponibile ad apprendere abilità e competenze comunicative specifiche?

• I pz possono uscire dal ruolo passivo e subalterno per una comunicazione un po’ + simmetrica ?

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IL MEDICO VA A PERFEZIONARE

LE PROPRIE CAPACITA’ COMUNICATIVE ?

 • Il corso di studi non lo prevede • Nel curriculum formativo non viene richiesto

• Il medico è considerato ancora l’“esperto” e il pz il destinatario passivo della cura

• Comunicazione = scambio di informazioni fra medico e pz

• L’interesse del medico è spesso volto a ciò che non funziona visto da test e analisi e non dalla descrizione dei sintomi fatta dal pz

invece…

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IL CURRICULUM FORMATIVO MEDICO DOVREBBE AVERE:(Canestrari e Cipolli, 1991)

 • Comprensione dei sintomi• Interpretare i risultati degli esami di laboratorio

Ma anche,

• Sapere realizzare una comunicazione adeguata con il pz:

- capacità di ascolto

- chiarezza dell’espressione

- autoconsapevolezza

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PER UNA COMUNICAZIONE + EFFICACE IL PZ DOVREBBE AVERE:

(Ley, 1989; Pizzini, 1989; ten Have, 1991)

 • Migliore comprensione e capacità di memorizzazione

Ma anche,

• Maggiore osservanza delle prescrizioni e consigli medici

• Aiutando la consultazione con:

- resoconto attento dei sintomi

- proprie idee sulla diagnosi, cause e cura della propria malattia

- commentando e chiedendo chiarimenti e consigli

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LE RICERCHE HANNO SCOPERTO CHE:

 • Maggiore attività del pz• + libertà di esprimere le proprie idee e attese

AUMENTA LA COMPRENSIONE, LA MEMORIZZAZIONE

E LA COMPLIANCE

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LA LETTERATURA SULLO STILE “ASIMMETRICO”

SI E’ CONCENTRATA SU 2 ASPETTI:

• Monopolio dell’iniziative• Tenere nascoste le informazioni

ten Have (1991) propone una nuova visione del problema:

L’ASSIMETRIA NON E’ 1 DATO DI FATTO, MA QUALCOSA CHE SI COSTRUISCE NELLA INTERAZIONE

DI ENTRAMBI I PARTECIPANTI

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MOLTE SONO LE MODALITA’ INTERATTIVE: ASSIMETRICHE, FORMALI, INFORMALI …

In genere, c’è un’oscillazione fra i due poli che dipende dai due interlocutori, di volta in volta …

ten Have ha studiato i modi indiretti (nascosti) in cui il pz cerca di influenzare il corso della consultazione:

es. Il prendere l’iniziative nell’interazione

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Sequenze del prendere le iniziative nell’interazione: • il pz decide di fare una consultazione

• spesso inizia il medico con le sue “domande” e il pz “risponde”

• talora in modo informale il pz può prendere l’iniziativa:

- fornisce informazioni puntuali sullo stato di salute - sulle motivazioni - sulla “storia” dei sintomi … - spesso però non fa domande e ridà l’iniziativa al medico

• Il medico continua con le domande …

Tramite le domande il medico “controlla” le sequenze interattive della consultazione

CI SONO ANCORA MOLTI ALTRI TEMI CHE VENGONO INDAGATI E APPROFONDITI NELLA RICERCA …