Appunti Di Storia Della Chiesa II - Prof Vacca

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APPUNTI DI STORIA DELLA CHIESA II Dalle lezioni del Prof. Vacca INTRODUZIONE Alcuni affermano che la storia della Chiesa medievale cominci nel 337 e finisca nel 1517 (morte di Costantino – riforma). Altri datano dal sec. V (invasioni germaniche) al 1300 (con Bonifacio VIII). Altri ancora datano dal 476 (caduta dell’impero d’Occidente) al 1453 (caduta dell’impero d’Oriente). Sono secoli di storia: circa 1300 anni. Le tematiche più importanti sono: 1. Roma e Costantinopoli . Esiste una relazione fra le chiese d’Oriente e Occidente (i due polmoni). Un primo incidente si ha con il canone ventottesimo di Calcedonia. A Calcedonia le sedi sono: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia ed, infine, Gerusalemme. Costantinopoli si colloca al secondo posto, essendo la sede dell’Imperatore. Le altre sedi patriarcali vantavano origini apostoliche. Alessandria si ribella al canone ventottesimo ed alla supremazia di Costantinopoli. Abbiamo il sorgere di molte chiese che si distaccano dall’ecumene. Stessa reazione ce l’ha Roma contro Costantinopoli. Il canone ventottesimo segna l’inizio di una tensione fra le due sedi. Spesso a Roma, nelle elezioni del Vescovo, ci saranno un’anima orientale ed un’anima romana. Verso la fine del 400 viene eletto patriarca di Costantinopoli Acacio, che non è accettato (scisma). Il partito romano elegge papa Simmaco e l’opposizione orientale elegge Lorenzo. Si hanno, quindi, due scismi. Si arriva all’assioma prima sedes a nemine indicatur. Al Concilio di Costantinopoli si hanno 101 canoni contro la Chiesa latina, che ha principi insostenibili (pane azzimo, celibato, primato). Vengono chiuse chiese e monasteri latini a Costantinopoli. Abbiamo, poi, la lotta iconoclasta, con la cessione dei beni al Patriarcato di Costantinopoli. Scisma Pozio-Ignazio 1054 → Scisma tra Oriente ed Occidente (ma forse uno scisma in senso pieno non c’è mai stato dal punto di vista giuridico). 2. Regnum et Sacerdotium . Abbiamo diversi sistemi di governo: a. Teocrazia : l’imperatore legifera non solo sulla vita civile, ma anche sulla vita religiosa; le assemblee regie sono anche religiose; i vescovi partecipano come principi; le leggi emanate sono i capitularia, che hanno anche un contenuto religioso; trova il suo culmine nel sec. X con gli Ottoni; il fondamento teologico è la concezione monarchica di Dio, fin dall’inizio presente; gli Ottoni si definiscono vicari di Cristo, così come i vescovi; la visione del potere è universale; b. Christianitas : si delinea a partire da Gregorio VII; c’è un potere universale che può essere esercitato dall’imperatore o dal Papa; c. Ierocrazia : è il Papa unico detentore di ogni potere; finisce con Bonifacio VIII e la bolla Unam Sanctam. 3. Istituzioni monastiche : saranno l’anima di tanti governi e di tanti signori. L’abate di Cluny era considerato dal Papa cumfrater, e chiamava gli imperatori figli cari. Numerose furono le riforme proposte dai monaci. I cluniacensi erano vicini alla preghiera, i cistercensi all’azione. Sorgono anche i canonici regolari. Infatti, i monaci erano tutti laici, che s’impegnavano particolarmente nella santità. Nell’abbazia c’era un solo presbitero a servizio dell’abbazia. Dopo Cluny si hanno monaci sacerdoti. I canonici regolari saranno, invece, dei preti a cui si da una regola, preti-monaci che prendono sul serio la cura animarum. I certosini sono monaci che attendono al silenzio, attuando una ribellione silenziosa alla crisi del tempo, con il ritiro nella Certosa. Più avanti abbiamo gli ordini mendicanti. 1

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APPUNTI DI STORIA DELLA CHIESA IIDalle lezioni del Prof. Vacca

INTRODUZIONE

Alcuni affermano che la storia della Chiesa medievale cominci nel 337 e finisca nel 1517 (morte di Costantino – riforma). Altri datano dal sec. V (invasioni germaniche) al 1300 (con Bonifacio VIII). Altri ancora datano dal 476 (caduta dell’impero d’Occidente) al 1453 (caduta dell’impero d’Oriente). Sono secoli di storia: circa 1300 anni.

Le tematiche più importanti sono:1. Roma e Costantinopoli . Esiste una relazione fra le chiese d’Oriente e Occidente (i due polmoni). Un primo incidente si ha

con il canone ventottesimo di Calcedonia. A Calcedonia le sedi sono: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia ed, infine, Gerusalemme. Costantinopoli si colloca al secondo posto, essendo la sede dell’Imperatore. Le altre sedi patriarcali vantavano origini apostoliche. Alessandria si ribella al canone ventottesimo ed alla supremazia di Costantinopoli. Abbiamo il sorgere di molte chiese che si distaccano dall’ecumene. Stessa reazione ce l’ha Roma contro Costantinopoli. Il canone ventottesimo segna l’inizio di una tensione fra le due sedi. Spesso a Roma, nelle elezioni del Vescovo, ci saranno un’anima orientale ed un’anima romana.Verso la fine del 400 viene eletto patriarca di Costantinopoli Acacio, che non è accettato (scisma). Il partito romano elegge papa Simmaco e l’opposizione orientale elegge Lorenzo. Si hanno, quindi, due scismi. Si arriva all’assioma prima sedes a nemine indicatur.Al Concilio di Costantinopoli si hanno 101 canoni contro la Chiesa latina, che ha principi insostenibili (pane azzimo, celibato, primato). Vengono chiuse chiese e monasteri latini a Costantinopoli.Abbiamo, poi, la lotta iconoclasta, con la cessione dei beni al Patriarcato di Costantinopoli.Scisma Pozio-Ignazio1054 → Scisma tra Oriente ed Occidente (ma forse uno scisma in senso pieno non c’è mai stato dal punto di vista giuridico).

2. Regnum et Sacerdotium . Abbiamo diversi sistemi di governo:a. Teocrazia : l’imperatore legifera non solo sulla vita civile, ma anche sulla vita religiosa; le assemblee regie sono

anche religiose; i vescovi partecipano come principi; le leggi emanate sono i capitularia, che hanno anche un contenuto religioso; trova il suo culmine nel sec. X con gli Ottoni; il fondamento teologico è la concezione monarchica di Dio, fin dall’inizio presente; gli Ottoni si definiscono vicari di Cristo, così come i vescovi; la visione del potere è universale;

b. Christianitas : si delinea a partire da Gregorio VII; c’è un potere universale che può essere esercitato dall’imperatore o dal Papa;

c. Ierocrazia : è il Papa unico detentore di ogni potere; finisce con Bonifacio VIII e la bolla Unam Sanctam.3. Istituzioni monastiche : saranno l’anima di tanti governi e di tanti signori. L’abate di Cluny era considerato dal Papa

cumfrater, e chiamava gli imperatori figli cari. Numerose furono le riforme proposte dai monaci. I cluniacensi erano vicini alla preghiera, i cistercensi all’azione. Sorgono anche i canonici regolari. Infatti, i monaci erano tutti laici, che s’impegnavano particolarmente nella santità. Nell’abbazia c’era un solo presbitero a servizio dell’abbazia. Dopo Cluny si hanno monaci sacerdoti. I canonici regolari saranno, invece, dei preti a cui si da una regola, preti-monaci che prendono sul serio la cura animarum. I certosini sono monaci che attendono al silenzio, attuando una ribellione silenziosa alla crisi del tempo, con il ritiro nella Certosa. Più avanti abbiamo gli ordini mendicanti.

4. Religiosità popolare : si esprime soprattutto nel culto delle reliquie, dei santi, nelle molte devozioni. Si hanno storie di traslazioni, visto che il santo fa la città.

5. Rinascite . Non è il periodo della decadenza e dell’abbruttimento. Gelasio, Carlo Magno (uniformità), Ottone I, II e III (che fanno da “papi” della situazione), Gregorio VII.

LA STORIA DEL MEDIOEVO RIMANE STORIA DELLA CHIESA

La Chiesa è incarnata nella storia, presente nel mondo. Non è Chiesa di società perfetta, piuttosto fa la storia, e tutte le sue strutture sono quelle dominanti: ad es., imparare a leggere si faceva dal salterio. La Chiesa legifera anche in campo civile.

La forza centrale della civiltà medievale è proprio il cristianesimo, e la presenza cristiana, dopo la caduta dell’Impero, delinea persino i confini dell’Europa. La Chiesa sostituisce alla regale potestà degli imperatori la sacra autorità dei pontefici. Agostino, nel De civitate Dei, Gregorio Magno, Benedetto da Norcia. Quest’ultimo raccoglie attorno al monastero i popoli dispersi (cfr. l’urbanistica dei paesi) ed il tempo stesso è scandito dalla campana: tutti gli affari più importanti si svolgono in Chiesa. Carlo Magno unifica l’Europa romano-germanica nel segno della croce. La coscienza cristiana e romana, cioè cattolica, è la base della storia di questo periodo.

La concezione del Medioevo come periodo oscuro d’ignoranza parte dal ‘500. I centuriatori di Brandeburgo (protestanti) tentano di riscrivere la storia della Chiesa di 100 anni in 100 anni. Essi identificano il cammino della storia medievale con la storia del papato. Successivamente, però, sono gli illuministi che sostengono queste posizioni. Sono, infatti, i preti coloro che incutono nel popolo la superstizione e che costituiscono un ordine a parte che viene accusato di mediare il rapporto con Dio obbligando il popolo. L’Enciclopedia li descrive come dominatori, pretendenti uno speciale rapporto con Dio. I preti dipingono gli dei come implacabili e vendicativi per suscitare terrore nel popolo, fino allo spargimento di sangue con l’inquisizione.

L’accezione è molto riduttiva secondo quanto detto.

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In realtà il Medioevo ha una sua attualità. Il CVII, nell’Optatam Totius, ribadisce la validità del metodo teologico dogmatico del Medioevo, ancora perseguito dalla Chiesa. Bisognerà ricercare con onestà la verità, approfondendola. L’OT sottolinea l’attualità di s. Tommaso.

Giovanni Paolo II parla dell’Europa, che è nata grazie alla presenza della Chiesa medievale, e di ritorno a quell’Europa fatta attraverso la fede. Il Cristianesimo sul continente europeo risale al tempo degli apostoli (Pietro e Paolo), con la centralità di Roma.

Il tempo della cristianità unita è tempo dell’unione fra Oriente ed Occidente fino all’XI secolo. Recentemente il Santo Padre ha scritto sull’Europa altri documenti. Reagendo alla carta di Nizza sottolinea l’ambiguità: è stato tolto il riferimento alla cristianità dell’Europa, lasciando soltanto un riferimento a valori comuni umanistici (si guarda per es. al patrimonio artistico, senza guardare alla fede che lo ha prodotto). L’identità europea è fondata sulla cristianità. È d’accordo anche Cacciari. In un motu proprio dichiara la centralità del Cristianesimo nel processo di formazione dell’Europa.

Specificheremo adesso la cronologia. Ci sono diverse ipotesi, già ricordate prima, tra cui quella che fa iniziare il Medioevo con Maometto e Carlo Magno e lo fa finire con la crisi della ierocrazia.

In genere il medioevo segue una cronologia determinata dagli storici latini (italiani, francesi e spagnoli): Alto Medioevo, dalla caduta dell’Impero d’Occidente (476) al sec. XI (riforma gregoriana); Basso Medioevo, dal sec. XI alla scoperta dell’America (1492).

Gli storici di lingua anglosassone o tedesca distinguono tre fasi:1. Primo Medioevo: dalla morte di Costantino fino al sec. IX con l’avvento dei carolingi;2. Alto Medioevo: dal sec. IX alla morte di Federico II (1250);3. Tardo Medioevo: dal 1250 alla riforma protestante (1517).

Come si può notare, è diverso il modo di intendere l’Alto Medioevo.LA CHIESA E L’IMPERO D’ORIENTE [COSTANTINO (324-337) TEODOSIO (378-395)]A Costantinopoli, nuova sede dell’Impero, si instaura la Teocrazia, fondamentale per la comprensione dell’Impero d’Oriente. Tale

impero è riflesso terreno del Regno dei Cieli: un imperatore, ad immagine di Dio, governa sulla terra e mette in pratica i comandamenti. L’imperatore rimane il vicario di Dio, espressione che verrà poi applicata al Papa, in Occidente. È l’imperatore che convoca i concili e che fa l’unione in Oriente, nonostante la Chiesa fosse divise in patriarcati. La Chiesa romana si opporrà a questa concezione dell’imperatore, attaccando duramente qualsiasi intervento che viene visto come un’ingerenza. Osio di Cordova diceva a Costantino di non impicciarsi degli affari della Chiesa. Ambrogio di Milano dirà a Valentiniano II di non avere nessun diritto imperiale su cose divine, della Chiesa.

Ritorniamo un attimo al Concilio di Calcedonia.LA POLITICA DI COSTANTINOPOLI

Nelle intenzioni di Teodosio l’Impero doveva continuare ad essere uno, seppure le sedi erano state divise. Il progetto fallì: nel 395 Alarico invade la prefettura dell’Illirienm (ex Jugoslavia) e Oriente ed Occidente vengono divisi. A partire dal sec. IV abbiamo il sorgere di due tradizioni diverse all’interno dell’Impero: due tradizioni diverse a livello politico ed a livello ecclesiale.

Era tramontata la speranza di un’unità effettiva.La parte orientale riuscì a difendersi meglio dai popoli germanici, mentre in occidente si ebbe la trasmigrazione e l’insediamento.Si ebbero diversi tentativi da parte dei popoli germanici di infiltrarsi in Oriente, ma senza effetto: solo nel 1453 i turchi riescono a

far cadere l’impero in Oriente. Fino a quel momento la struttura è teocratica: l’autorità viene esercitata dall’ecumene dei patriarchi, non da uno solo (diversità con l’Occidente).

-- L’ANTAGONISMO DI COSTANTINOPOLI CON ALESSANDRIA E ANTIOCHIA

Costantinopoli, pur non vantando origine apostolica, viene, dal canone ventottesimo di Calcedonia, posta prima di Alessandria ed Antiochia.

Altra premessa: la teologia traccerà le linee del ruolo dell’imperatore proprio in Oriente. Nel 431 ad Efeso si scontravano le due tradizioni di Nestorio di Antiochia, patriarca di Costantinopoli nel 428 su nomina di Teodosio II, e Cirillo d’Alessandria , ma la disputa dottrinale è spesso portata avanti “con gli sgabelli” (Efeso) e che porta ad una divisione fra i monaci. Ma, al di là della disputa dogmatica, si scontrano Alessandria e Costantinopoli (ad essa si lega inizialmente Antiochia), su questioni di giurisdizione (cfr. anche canone terzo di Costantinopoli). La contesa scoppia ancora più aspra con Teodosio II: Cirillo d’Alessandria confuta Nestorio, patriarca di Costantinopoli, fautore e sostenitore del cristotokoo. Celestino, papa a Roma, condanna Nestorio. Subito dopo si convoca Efeso (431) e Nestorio viene esiliato, mentre la sua scuola viene condannata. Alessandria ha la meglio su Costantinopoli. In seguito al concilio abbiamo il primo scisma. Prende avvio una Chiesa acefala, staccata dall’ecumene: la Chiesa nestoriana, la più antica dunque delle Chiese orientali, con una dottrina cristologica basata sulle due nature. Diffusa in Persia, Mesopotamia e Iran del Nord, nel 1552 si trasforma nella chiesa caldea, che oggi conta ca. 200.000 fedeli.

Dopo Efeso, le parti dogmatiche si rovesciano: Alessandria fu sconfitta. Dioscoro, vescovo di Alessandria succeduto a Cirillo, si oppose a Costantinopoli, dove era patriarca Flaviano, che in un sinodo del 448 aveva condannato Eutiche. A Flaviano è indirizzato il famoso Tomus. Eutiche era archimandrita di uno dei monasteri più importanti di Costantinopoli, acceso oppositore di Nestorio, e affermava che, dopo l’unione, la natura divina aveva assorbito in Cristo la natura umana: monofisismo (supernatura). Dioscoro appoggia subito Eutiche, per la sua dottrina anti-nestoriana. Nel 449, ad Efeso, viene riabilitato Eutiche e destituito Flaviano: Leone lo definisce il brigantato di Efeso . Nel 451 Eutiche e Dioscoro vengono condannati, e con loro anche la Chiesa di Alessandria: è il Concilio di Calcedonia di cui leggiamo il testo.

Per la parte politica il concilio rappresenta il trionfo di Costantinopoli, con il canone ventottesimo, che leggiamo: Alessandria e Antiochia vengono sconfitte. Tutto ciò porta ad una lacerazione ulteriore, perché abbiamo il sorgere delle chiese ortodosse, nel senso che si ritengono “ortodosse”.

Riportiamo per comodità il canone XXVIII di Costantinopoli, Voto sui Privilegi della sede di Costantinopoli:«Seguendo in tutto le disposizioni dei santi padri, preso atto del canone (III) or ora letto, dei 150 vescovi cari a Dio, che sotto

Teodosio il Grande, di pia memoria, allora imperatore si riunirono nella città imperiale di Costantinopoli, nuova Roma, stabiliamo anche noi e decretiamo le stesse cose riguardo ai privilegi della stessa santissima chiesa di Costantinopoli, nuova Roma.

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Giustamente i padri concessero privilegi alla sede dell’Antica Roma, perché la città era città imperiale. Per lo stesso motivo i 150 vescovi diletti da Dio concessero alla sede della santissima nuova Roma, onorata di avere l’imperatore ed il senato, e che gode di privilegi uguali a quelli dell’antica città imperiale di Roma, eguali privilegi anche nel campo ecclesiastico e che fosse seconda dopo di quella. Di conseguenza, i soli metropoliti delle diocesi del Ponto dell’Asia, della Tracia, ed inoltre i vescovi delle parti di queste diocesi poste in territorio barbaro saranno consacrati dalla sacralissima sede della santissima chiesa di Costantinopoli. È chiaro che ciascun metropolita delle diocesi sopradette potrà, con i vescovi della sua provincia, ordinare i vescovi della sua provincia, come prescrivono i sacri canoni; e che i metropoliti delle diocesi che abbiamo sopra elencato, dovranno essere consacrati dall’arcivescovo di Costantinopoli, a condizione, naturalmente, che siano stati eletti con voti concordi, secondo l’uso, e presentati a lui.

-- LE CHIESE ORIENTALI

Solo a partire dal VI sec. la Chiesa conosce cristiani orientali: si tratta di alcune comunità cristiane ordinate gerarchicamente, separate dall’ortodossia sia greca che romana. Fino ad Efeso le uniche divisioni della Chiesa erano state definite dall’Impero. A partire da Calcedonia il patriarcato di Costantinopoli rivendicherà i diritti e le prerogative riconosciuti al patriarcato di Roma. All’origine c’è la disputa teologica, ma è anche presente la rivalità politica e di supremazia, che prenderà col tempo il sopravvento.

L’ecclesiologia di queste chiese rispetta la Tradizione. Sono chiese gerarchicamente strutturate, nelle quali i monaci sono la fonte da cui provengono i vescovi, unici celibi. Le comunità orientali riconoscono il valore dei Sacramenti, anche se talvolta il numero cambia, e venerano la Vergine ed i Santi. Ma differiscono notevolmente nella liturgia, patrimonio che definisce l’identità e la specificità di queste chiese, tanto che non si dice sommariamente “rito orientale”. Lungo i secoli queste chiese si uniranno nel XVI sec. proprio a Roma (gli uniati) con la sola differenza della liturgia.

Tra le Chiese orientali dobbiamo certamente ricordare: la Chiesa nestoriana (cfr. pag. 3); la Chiesa giacobita, spesso definita Chiesa siriana-occidentale perché insediata nella parte occidentale dell’Eufrate. È

questa una Chiesa monofisita, di cui il fondatore è Giacomo, vescovo anch’esso monofisita che organizzò un clero ben compatto già alla sua morte, costituito da 2 patriarchi, 27 vescovi, 10.000 preti. La Chiesa giacobita non ha mai avuto un buon rapporto con lo Stato, al punto da essere quasi una chiesa clandestina. Oggi conta circa 200.000 fedeli sparsi nel nord dell’Iraq, in Libano, in Siria, a Cipro. Altri sono presenti nelle Indie e si arriva a circa un milione di fedeli;

la Chiesa armena, saldamente strutturata ed organizzata, nata dallo Stato e da esso favorita. La religione unisce tutti i membri dispersi. Il clero è numeroso e colto. Questa Chiesa è divisa in due patriarcati, che si contendono l’autorità. Conta circa 4.000.000 di fedeli;

la Chiesa maronita, da Marone, monaco asceta di Antiochia nel IV sec., che fonda questa chiesa sull’organizzazione monastica: il monastero svolge un’importante azione di guida. Oggi sono uniati e tutti sono sottoposti alla giurisdizione di un patriarca di tutta l’Antiochia e di tutto l’Oriente;

la Chiesa copta, quella degli antichi egiziani convertiti. Attualmente comprende tutti i cristiani indigeni d’Egitto. Il loro primate è il patriarca di Alessandria, detto papa. Notevole instabilità per la minoranza rispetto ai musulmani, e sono tra i tre ed i cinque milioni;

la Chiesa etiopica, che ha avuto legami con il patriarcato di Alessandria fin dalle origini. Così si trovò separata da Bisanzio e da Roma. Il numero dei sacerdoti secolari non è inferiore a quello dei monaci, ma l’importanza è minore. Il sacerdozio è ereditario: esiste una classe chiusa, poco colta, molto rituale. Conserva alcune pratiche giudaiche, come ad es. la circoncisione, è vietato l’uso della carne di maiale e si celebra il sabato e la domenica. Conta tra i sette ed i nove milioni;

le Chiese delle Indie, che vantano origini apostoliche (in s. Tommaso apostolo). Da ricordare tra queste la Chiesa siro-malabarica e quella siro-malancarese. Generalmente i cristiani di queste chiese si chiamano cristiani di s. Tommaso. Fino al XVI sec. queste chiese non si sentirono mai separate dall’ortodossia romana o bizantina. I portoghesi cercarono di farle rientrare nell’obbedienza a Roma. La Chiesa malancarese è sorta da uno scisma all’interno della Chiesa malabarica.

Dal punto di vista politico, Calcedonia era il risultato di una lotta di forze: i monaci, i vescovi, ecc. ecc. ed ha avuto diversi stralci in Egitto. Qui il pensiero monofisita era ben radicato, e da qualche parte, come ad Alessandria, vi furono delle sommosse.

-- L’ENOTICON E LA SEPARAZIONE ROMANA

Era il momento di ricreare l’unità in Oriente, tentando di unire le chiese orientali. Abbiamo diverse letture di Calcedonia: da Leone (457) a Giustiniano (565) si fece questo tentativo rielaborando Calcedonia. Zenone Isaurico nel 482 emana l’editto Henotikon (=unitivo) per riunire i cristiani d’Egitto, Libia e Pentapoli. La rilettura teologica viene fatta da Acacio, patriarca di Costantinopoli. L’Henotikon condanna Nestorio ed Eutiche ed esalta la memoria di Cirillo (lettura negativa di Calcedonia). Trascura, inoltre, il contributo di Leone Magno (il Tomus ad Flavianum) e ritorna al Simbolo di Nicea come il solo Simbolo. Roma ovviamente non accetta e papa Felice III protesta con l’imperatore, condannando e scomunicando Acacio: si ha lo scisma acaciano. Questo si protrae dal 482 al 519. Da notare che il patriarca romano non aveva ancora il diritto di scomunicare il patriarca di Costantinopoli. Sempre Felice III scomunica Zenone, a cui suggerisce di occuparsi solo del regno.

Alla fine del V sec. abbiamo, quindi, due tradizioni riguardo all’imperatore:1. in Oriente, a partire da Eusebio di Cesarea, l’imperatore si ritiene vicario di Dio (=teocrazia), al punto che l’impero è un

riflesso del cielo, così che l’imperatore riflette il Dio monarca;2. in Occidente, invece, si hanno due poteri distinti: la sacra autorità dei pontefici e la potestà regale dei governanti, ma in

ordine alla vita di fede i pontefici hanno più autorità.Durante lo scisma acaciano alla sede di Roma si avvicendano i vescovi Gelasio, poi Anastasio e poi si ha il conflitto per l’elezione

alla cattedra di Pietro: siamo nel 498, e a Roma troviamo esponenti del partito bizantino (=di Costantinopoli) e del partito romano (=di Roma). Il primo elegge Lorenzo, il secondo elegge Simmaco, e questa doppia elezione porta allo scisma simmachiano (498-514), che termina con la morte di questo vescovo.

Partito bizantino (Costantinopoli) → Lorenzo

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Scisma Simmachiano Partito bizantino (Costantinopoli) → Lorenzo

Durante questo pontificato abbiamo la prima elaborazione di falsificati, o apocrifi. Molti sono decretati. La decretate è una lettera scritta dal vescovo di Roma che risponde a quelli che chiedono un parere. La decretate (da distinguere dal decreto) ha carattere giuridico. Non si può capire il diritto canonico senza i falsificati.

La prima raccolta è data dagli apocrifi simmachiani. Il problema in questi scritti era sapere se il papa, accusato di diversi crimini o misfatti in modo calunnioso, potesse venir tradotto davanti ad un tribunale di vescovi. Per stabilire l’inammissibilità di una procedura del genere, gli apocrifi simmachiani immaginano che il problema si sia posto e sia stato risolto sotto dei pontificati precedenti, per cui nasce il Constitutum Sylvestri, protocollo di un preteso concilio, che si sarebbe tenuto a Roma al tempo di Costantino in presenza dell’imperatore da poco battezzato e miracolosamente guarito dalla lebbra dal papa stesso.

Con i due papi eletti dai due diversi partiti, nasce adesso il problema su chi riconoscere come legittimo. Si fece appello a Teodorico, re a Ravenna, il quale dice che deve considerarsi legittimo quello eletto prima e con più ampio seguito, ossia Simmaco. Ma la parte avversa si ribella, manda una delegazione da Teodorico accusando Simmaco di vari peccati, tra cui quello di essere andato con alcune giovani donne, venute anche loro a Ravenna per testimoniare. I vescovi dovevano giudicare Simmaco con un concilio, ma non sono d’accordo nel convocarlo, poiché non si era mai udita una cosa simile, ossia che i vescovi giudichino il vescovo di Roma. Si convoca il Concilio Romano (502) ed i vescovi si ritengono non in grado di giudicare Simmaco: si tratta di un non giudizio, ma anche di un’assoluzione. La parte bizantina ovviamente si ribella. Nascono così gli apocrifi.

A favore di Simmaco scrivono Avito di Avienne ed Ennodio di Pavia. Avito scrive ai vescovi italiani: anche in Gallia si erano riuniti i vescovi riguardo alla situazione di Simmaco, ribadendo che il giudizio su Simmaco non poteva essere emesso dai vescovi. La stessa cosa sottolinea Ennodio: il vescovo di Roma può essere giudicato soltanto dal giudizio di Dio. Avito ed Ennodio sono teologi che difendono il vescovo di Roma. Accanto ad essi abbiamo anche un dossier di documenti apocrifi simmachiani. Tra questi i gesta di papa Sisto III, esistito realmente, eletto nel 432, morto nel 440. Si narra, nel primo episodio, che il nobile Crescenzio volle lasciare alla Chiesa un possedimento: il confinante Mariniano litiga col papa. Nel secondo episodio si narra di un’inimicizia di Basso nei confronti di Sisto III. I gesta raccontano dell’alleanza di Mariniano e Basso, che accusarono Sisto III di aver stuprato una consacrata. Sisto III volle un processo e prove precise contro di lui, in pubblico. L’assemblea si scioglie sottolineando che il papa non può essere giudicato. Alla seconda assemblea viene condannata la coppia Mariniano-Basso.

Altra raccolta è data dalle gesta di Marcellino. Si dice che Marcellino abbia, in periodo di persecuzioni, sacrificato all’imperatore. Si afferma il prima sedes a nemine indicatur (attuale 1404 del Codice di Diritto Canonico). Su questo principio si organizzerà nell’ ’800 il primato di giurisdizione del vescovo di Roma.

La seconda grande raccolta di apocrifi si chiama decretati pseudo-isidoriane del IX sec., nelle quali sono inserite anche come parti gli apocrifi simmachiani: infatti, nella Chiesa non esisteva il Codice di Diritto Canonico, bensì una raccolta che via via si andava ampliando. Il Codice del 1917 conteneva apocrifi o riferimenti ad essi, come fa notare la ricerca di Fuhrmann. Ma al di là della materialità (riferimenti ad litteram) è lo spirito e le intenzioni delle falsificazioni ad essere ripreso nel Codice. Tra gli apocrifi viene ricordata la Donatio Costantini, ripresa dal Constitutum Sylvestri degli apocrifi simmachiani. Nella Donatio Costantini, si dice che Costantino viene guarito grazie alla preghiera di papa Silvestro, si trasferisce a Bisanzio e lascia al Papa il Laterano, insieme a tutti gli abiti, le insegne, le coorti e tutti i simboli del potere imperiale. Inoltre, è scritto che da al papa tutta l’Italia, da Genova e Venezia fino alle isole. Questa falsificazione sorge nel sec. VIII. Un canone del Constitutum Sylvestri dice che non è consentito recare un’accusa nei confronti di un superiore nella gerarchia.

Tornando allo scisma acaciano, vediamo che si compone con Giustino I, imperatore di Costantinopoli (518-527), che recupera i rapporti con Roma. E nel 519 abbiamo una rilettura nuova del Concilio di Calcedonia: Giustino I riallaccia con Roma i rapporti, ma li raffredda con gli ortodossi. Il dibattito cristologico e teologico è diffuso in tutti gli ambienti, da parte anche della gente più umile: è per questo che gli imperatori sono tanto interessati alla pace.

Con Giustiniano (527-565) le cose cambiano. Interverrà spesso la moglie Teodora, vicina ai monaci ma anche ai monofisiti, tanto che preme perché Giustiniano si pronunci in loro favore). Giustiniano è stato uno dei più grandi imperatori: basti pensare al ruolo nella giurisprudenza, con il codex e le institutiones, che danno unità all’impero. Durante la sua reggenza Roma stessa viene recuperata all’Oriente. Teodora fa sì che venga ripristinata la dottrina di Efeso e spinge Giustiniano a condannare tutti i teologi che avevano condannato la dottrina di Cirillo d’Alessandria (tutti già morti), ossia:

1. Teodoro di Mopsuestia, teologo di tradizione antiochena;2. Teodoreto di Cirro;3. Iba di Emessa, che aveva scritto una lettera che dissentiva da Cirillo.

La condanna viene detta dei tre capitoli. Si convoca nel 553 un concilio, il 5° ecumenico, il secondo di Costantinopoli, convocato da Giustino, con la presenza di papa Vigilio (18 anni di pontificato). Vigilio era stato eletto a Roma sotto pressione di Teodora, perché vicino al monofisismo. Rimane 7 anni a Costantinopoli, poi morirà a Siracusa. Vigilio si era inizialmente opposto alla condanna dei tre capitoli: era assurdo condannare i morti e cancellare Calcedonia ritornando indietro. Successivamente, sotto le pressioni di Giustiniano, firmerà la condanna. Al sentire ciò, in Oriente si provoca uno scisma: le sedi di Milano e di Aquileia saranno sedi acefale dal 553 al 607 (cfr. il testo del Costantinopoli II, letto in classe).

Un nuovo tentativo di riconciliazione fra monofisiti e Chiesa viene intrapreso dal patriarca di Costantinopoli, Sergio (610-638). Egli rilegge Calcedonia e afferma che nella persona di Gesù abbiamo una sola volontà (monotelismo). Riuscì a tirare dalla sua parte il papa Onorio I (625-638), che scrive un editto imperiale, chiamato Elthesis, monotelista. È una professione di fede che non è approvata da un concilio, ma firmata dal papa. Tale Elthesis creò l’esigenza di convocare il 6° Concilio Ecumenico, il Costantinopoli III (680). Si condanna il monotelismo e, dunque, Sergio e Onorio. Onorio, papa, non era stato infallibile (ripercussioni di ciò e discussioni anche al Concilio Vaticano I).

L’OCCIDENTE ED I BARBARI

I Barbari, secondo l’usuale modo di vedere, sono considerati negativamente. Abbiamo, secondo s. Ambrogio, i popoli (gentes) al primo posto, i ceteri animantes al terzo posto, ed al secondo posto i Barbari, più vicini agli animali che ai popoli civili. Nel Medioevo

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il concetto di barbarie è legato a ciò che sta al di fuori della vita di Roma, a livello di costumi, leggi, persone. Il Medioevo divide i popoli in due categorie: popoli religiosi e popoli infedeli. I barbari sono esseri inferiori, inumani, incivili, seguaci di culti errati: sono popolazioni che non appartengono all’Impero. I Barbari da tempo premevano ai confini dei territori dell’Impero, andando ad infiltrarsi a poco a poco: Scozia, Tracia, Macedonia, Pannonia, Dalmazia, ecc. ecc. e tutte le regioni ad Oriente, secondo quanto fa notare Girolamo. I popoli germanici sono: Goti, Alani, Unni, Vandali e vanno devastando e saccheggiando. Girolamo scrive nel 398. Aggiungeremo Franchi e Longobardi.

In Dacia, nel 184, i Romani sostengono il primo scontro con i Goti, provenienti dalla Scandinavia. Attorno al 100 d.C. si stabiliscono nel sud della Russia, e nel V sec. si trasferiscono verso ovest. In questo attraversamento i Goti si dividono: una parte nella zona orientale dell’Impero (sono gli Ostrogoti), ed una parte nella zona occidentale (sono i Visigoti). Alla fine del II sec. i Goti erano giunti, dunque, ai confini della provincia della Dacia. Pochi anni prima erano apparsi anche i Vandali, che partendo da est attraversano il nord dell’Europa, scendono dalla penisola iberica, e dal nord-Africa fanno incursioni in Italia.

Comincia il difficile rapporto con i Romani. Due le tendenze: respingerli fino ad annientarli o trattare con loro più o meno dignitosamente. Nel 238 i Goti passano il Danubio e penetrano armati nei territori dell’Impero. Conquistano poi la Tracia. Nel 268 vengono sconfitti nell’Illiricum, ma riusciranno a riorganizzarsi e ad insediarsi a Piacenza (più tardi porranno la loro sede a Pavia).

I Vandali, attraverso la Pannonia, vogliono raggiungere il Nord-Italia, ma successivamente, come detto, arriveranno in Italia dall’Africa.

Gli Unni, dopo la metà del IV sec., sottomettono Alani e Ostrogoti. Una parte di questi ultimi fugge verso l’Occidente. Gli Unni giungono alle porte dei Visigoti.

I Franchi, popolo germanico, attraversano la Gallia, stanziandosi nella parte a nord fra Germania e Francia, arrivano ai piedi dei Pirenei e riescono a passare in Spagna. Qui, oltre ai Visigoti, abbiamo gli Alani. Nel IV - V sec. tra questi popoli si instaura una federazione.

Il popolo più violento è quello dei vandali. Vittore Di Vita scrive la storia della “persecuzione vandalica in Africa”.In Italia, nel 410, avviene il saccheggio di Roma, e nel 453 Leone Magno sconfigge e respinge Attila. Analizziamo adesso i due

eventi.Il sacco di Roma del 410. Il mito di Roma cade, e Girolamo scrive alcune lettere dalla Palestina: Roma è assediata, i cittadini

devono riscattarsi per non morire, il capo dell’Impero è stato troncato, in una sola città è stato colpito tutto il mondo. Ma anche Agostino scriverà il De Civitate Dei proprio in seguito a questi avvenimenti, puntando sulla città che non passa (giustificazione teologica della storia). Il sacco è portato avanti da Alarico. Gli anni che lo precedono sono oscuri. I Goti sono una minaccia incombente. Nel 402 Alarico entra in Italia, si presenta due volte dinanzi a Roma, desiste dall’entrarvi. La terza volta la saccheggia. Alarico prosegue verso l’Italia meridionale, ma muore a Cosenza. Lo scontro è fra pagani e cristiani. L’imperatore Onorio, successore di Teodosio, favorisce i cristiani con diversi editti contro gli altri culti, e contro i privati che li tenevano. C’è la confisca di numerosi beni, e il bene pubblico è identificato con gli interessi della Chiesa. Dal punto di vista dei pagani, vediamo che essi identificano i cristiani con la causa del sacco di Roma: Cristo non ha avuto la forza di proteggere la città dei suoi Apostoli.

Ma si impone anche un altro discorso. Tra i popoli germanici, il solo a non aver conosciuto il cristianesimo era quello dei Franchi. Gli altri popoli erano cristiani ariani. Sulla conversione dei Germani al cristianesimo molte sono le questioni incerte e dibattute. Questi popoli avevano già avuto una prima evangelizzazione quando erano stanziati nel sud della Russia, forse da esuli, fuggiaschi cristiani provenienti da Costantinopoli. I Goti, spintisi in Asia Minore dopo il III sec., portarono con sé cristiani prigionieri, che convertirono parte dei predatori. Tra i Goti si diffondeva il cristianesimo ad opera di Ulfila, inviato probabilmente dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia, e anch’egli di professione ariana: Cristo non uguale, ma sottomesso ed obbediente al Padre, seppur a Lui simile. Ulfila tradusse gran parte della Bibbia in lingua gotica. Dunque, in occidente, lo scontro è fra i cristiani ariani ed i cristiani ortodossi (solo i Franchi – abbiamo detto – sono l’unico popolo che non conosce il cristianesimo).

Dinanzi alla trasmigrazione dei popoli germanici, come si sono comportati i cristiani delle terre conquistate? Rileggiamo alcune fonti.

Girolamo piange: sta finendo il mondo. Ambrogio prende le distanze, come già visto. Leone Magno confida nella Provvidenza ed agisce come se le invasioni non ci fossero: esalta l’Impero perché voluto da Dio per la diffusione del Vangelo. Di nuovo Ambrogio definisce i Barbari nemici ereditari, chiusi ad ogni umanità. Li paragona al Gog apocalittico (Gothus deriverebbe da qui!) e bisogna sfuggire alla loro presenza. Ambrogio postula una certa guerra contro i Goti, contro i quali è un dovere combattere, difendendo la res romana e, dunque, l’unità e la Chiesa. Agostino scrive il De Civitate Dei proprio in seguito al sacco di Roma: questo rientra nel problema generale del male, per cui tutto è permesso da Dio per i suoi fini. I disastri sono un invito ad una conversione morale; forse Roma non perirà se i romani si convertiranno. Gli imperi sono comunque transitori, e sono destinati a perire: solo il Regno di Dio è imperituro. Agostino è, dunque, proteso verso la patria celeste, sottolineando la caducità delle potenze politiche terrene.

Le idee di Agostino stimolano un altro autore cristiano a rileggere la storia della trasmigrazione dei popoli: Paolo Orosio. Nell’Adversus paganos vide nei Barbari i futuri cristiani. Paolo Orosio muore nel 420. In questi ultimi anni si sono moltiplicati gli studi su di lui. Probabilmente nasce nella Galizia (nord-ovest della Spagna) e si reca in Africa per confrontarsi con Agostino. Questi lo rinvia a Girolamo, a Betlemme. Apprende i recenti fatti e scrive la sua opera, una storia universale, da Adamo fino ai giorni recenti. Avrebbe dovuto confermare l’idea di Agostino: il cristianesimo non è responsabile della situazione attuale, e la realtà non è poi così negativa, visto che nei secoli passati ci sono stati momenti ugualmente se non più dolorosi.

Con l’arrivo dei Barbari Orosio vedrebbe la culla, un segno di speranza, un’alba al di là del tramonto: esprime l’adattamento fra le culture e gli uomini, si vede cittadino del mondo, “partecipe della storia degli altri”, uomo fra gli uomini, in quanto uomo dotato di una sua dignità umana. L’avvicendarsi dei popoli non è una disgrazia, bensì un momento importante: Orosio fa un passo avanti rispetto ad Agostino, il quale legge i tempi con tristezza, rifugiandosi nella contemplazione; Orosio vede la possibilità di un nuovo impero, di una nuova civiltà, di una vera e propria evoluzione.

Altro autore è Salviano di Marsiglia, che scrive il trattato De Gubernatione Dei, e che vede nell’avvento di questi nuovi popoli un segno della provvidenza. La causa della catastrofe è interna alla Chiesa stessa, i peccati dei cristiani hanno distrutto l’Impero, i romani sono stati verso sé stessi più nemici dei Barbari. Ignorano la religione cattolica, hanno una cultura diversa. Sostiene che i loro vizi ed i loro peccati non sono gli stessi dei cristiani, proprio perché ignorano la retta religione. I Barbari, poi, hanno una notevole supremazia

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militare, ed hanno trovato fra la popolazione romana molti uomini disponibili a reagire allo strapotere ed all’ingiustizia dei più potenti, preferendo vivere liberi sotto l’apparenza della schiavitù, piuttosto che schiavi sotto l’apparenza della libertà.

Verso la metà del V sec. alcuni pensatori cristiani scoprivano nella venuta dei Barbari un segno provvidenziale: erano una giusta punizione per l’umanità peccatrice, ed uno sprono pastorale. Il Concilio di Angers (453) dà la scomunica ai chierici che accolgono i Barbari. Molti vescovi della Gallia furono profetici riguardo ai fatti attuali. Uno di questi è Avito di Vienne, che accoglie i nuovi arrivati. Nella Gallia avevamo Visigoti, Franchi e Burgundi, tre popoli nella sua regione. Avito scrive una lettera a Clodoveo, re dei Franchi, nella quale si sostiene che i Barbari (vestra fides, nostra victoria) vanno accolti soprattutto dal punto di vista della fede.

Facciamo adesso alcune considerazioni finali. Dalle testimonianze lette, il tempo è stato ritenuto da alcuni un tempo di morte, la tomba di un mondo che muore, ma anche la culla di un mondo che nasce. Stati finiscono e scompaiono, appaiono sulla scena nuovi popoli, c’è confusione e distruzione. Nello stesso tempo, come fra le doglie del parto, nasce un nuovo mondo. L’insediamento dei Barbari era avvenuto con una certa soddisfazione da parte di molti altri: il biografo di Costanzo Cloro, nel IV sec., vede nei Barbari forza lavoro che coltiva e fa rinverdire i campi, mercato che incrementa l’economia, popolo che può convivere coi vecchi popoli e anche uomini che possibilmente occuperanno posti di potere.

I nuovi arrivati assumono ciò che di buono trovano, e portano ciò che già conoscono. È un momento di confronto di culture.La Chiesa dà a questi popoli anzitutto una visione di unità, al di là della conoscenza del dogma cristiano. Il vescovo Agobardo di

Lione parafrasa Paolo proprio riguardo alla indistinzione fra i popoli.

IL CRISTIANESIMO DURANTE I REGNI GERMANICI (476-754)(dallo Jedin – I vol., La Chiesa latina nella fase di transizione…)Quando l’Impero vacillò, il cristianesimo era già stato portato tra i popoli germanici: nasce una nuova ecumene. La Chiesa

occidentale è stata la prima a diffondere la buona novella in terre germaniche. Patrizio, missionario, evangelizza in Irlanda. A 16 anni viene lì portato, dove arriva nel 432 e dove viene consacrato vescovo. La struttura della Chiesa in Irlanda si serve dell’organizzazione territoriale irlandese. Si tratta di 5 distretti, organizzati in forma tribale, e la Chiesa, per questo, mutua la struttura monastica (l’abate al centro), non diocesana: si fa riferimento all’abbazia, in cui ha l’autorità l’abate. Il vescovo è distinto dall’abate, ed il primo è un suddito del secondo. Abbiamo una distinzione fra la potestà di governo e la potestà dell’ordine. Spesso l’abate faceva ordinare vescovo uno dei suoi monaci.

I monasteri diventano i centri della vita ecclesiale, le stesse parrocchie si organizzano attorno all’abbazia. La struttura irlandese è diversa dalla Chiesa di Roma, e la Chiesa irlandese ha anche delle pratiche particolari, poco diffuse altrove. Il Sacramento della Riconciliazione ha origine in questa chiesa: la confessione auricolare viene vista come pratica ascetica da parte dei monaci (la chiesa irlandese era molto rigida dal punto di vista morale), anche se non è seguita dall’assoluzione, perché ciò che conta è la confessione vera e propria. Troviamo anche delle pratiche penitenziali: sorge il Libro penitenziale. Ogni chiesa delle origini aveva il proprio catalogo dei peccati, e con esso la lista delle penitenze per ognuno di essi. Il libro con gli elenchi dei peccati e delle rispettive penitenze è il Libro penitenziale.

I monasteri irlandesi sono anche centri intellettuali, artistici, economici. L’insediamento monastico è a volte una piccola cittadina.Le personalità più eminenti sono: Colombano il Vecchio, apostolo dei Pitti (scozzesi) e Colombano il Giovane, che dall’Irlanda

viene a Bobbio, in Italia, per fondare uno dei monasteri più importanti, ed anche in Francia, a Luxevil, fonda un altro monastero. Nella sua regola si concepisce un volto di monachesimo differente da quello benedettino: è un monachesimo itinerante, vissuto nella povertà e nei continui trasferimenti da un luogo all’altro. La vita di povertà è anche accompagnata dalla penitenza. L’uomo – dice Colombano – è viandante per natura, ospite del mondo che deve distaccarsi da tutto per contemplare Dio ed il suo volto.

-- I POPOLI GERMANICI DI FRONTE AL CRISTIANESIMO

(Fonti: GREGORIO DI TOURS, La storia dei Franchi; JORDANESS, La storia dei Goti; PAOLO DIACONO, La storia dei Longobardi; BEDA IL VENERABILE, Storia ecclesiastica degli Angli; VITTORE DI VITA, Storia della persecuzione vandalica in Africa.)

Analizziamo dapprima la conversione dei Franchi, con il re Clodoveo. È uno dei popoli germanici, l’unico popolo pagano. L’incontro con il cristianesimo avviene in Gallia, regione tradizionalmente cristiana. Fin dall’inizio Clodoveo ebbe rapporti col vescovo Remigio di Reims. Teodorico, ostrogoto, sposa la sorella di Clodoveo, per intessere rapporti coi Franchi, mentre Clodoveo sposa Clotilde, principessa burgunda cattolica, anche se Clodoveo non si converte subito.

Nel 496 Clodoveo entra in guerra contro i Goti (Visigoti) occidentali. Ha due figli con Clotilde: Igomero e Clodomero. Da Gregorio di Tours si deduce che Clodoveo era religioso, seppur non cristiano: la morte di Igomero dopo il Battesimo lo colpisce, e sostiene che se questi fosse stato consacrato agli dei, la morte non sarebbe sopraggiunta. Anche Clodomero si ammala, ma non muore. Clodoveo vince poi anche gli Alemanni; prima della battaglia aveva promesso il Battesimo in cambio della vittoria. Clodoveo, quindi, si battezza. Ed anche tutto il popolo franco. Lo battezza Remigio di Reims. La chiesa franca è chiesa nazionale, indipendente da Roma: i concili sono presieduti dal re e questi nomina i singoli vescovi per le varie chiese, assomigliando questi a funzionari regi. C’è un gemellaggio tra il regno ed il sacerdozio. La Chiesa diventa per questo molto ricca, e diviene pagana. Arrivano, per questo, nuovi missionari, come Colombano, che hanno il compito di rievangelizzare. Centro importante diventa il monastero di S. Colombano, a Luxevil.

La fase di rievangelizzazione viene portata avanti da Clotario II (594-613/629).Per quel che riguarda i Goti, la convivenza era pacifica fra germani-ariani e neo-latini cattolici. Sorse un conflitto quando Enrico

rivendicò dei territori.E Alarico nel 410 compie il Sacco di Roma, che porta alla frantumazione dell’unità imperiale.Il regno visigoto pone il suo centro a Tolosa: anche in Spagna si parla di una Chiesa nazionale, come in Gallia. Successivamente

la sua sede si trasferisce da Tolosa a Toledo. Nel 646 si stabilisce che i vescovi devono obbedienza al vescovo di Toledo, che dal 656 presiedette anche i concili nazionali. Le cause sui vescovi venivano emanate dallo stesso re che presiede i concili nazionali, normativi per tutto il regno. I concili di Toledo finiscono per essere assemblee nazionali. Il re viene unto per sottolinearne il potere. Questa Chiesa è più organizzata e centralizzata di quella franca.

Ricordiamo anche le chiese sui iuris. Dal sec. V-VI al sec. XI abbiamo l’istituzione delle chiese proprie, come edifici. Secondo il diritto germanico, la chiesa fondata su un territorio di un signore (ma anche un episcopio, un monastero, ecc. ecc.) è di proprietà del

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signore stesso e questi considerava il vescovo, i monaci, i sacerdoti, ecc. ecc. come propri funzionari. Erano del signore anche tutti i ricavati. Pregio di questa situazione è che il Vangelo si può portare anche nelle campagne. Ma, di contro, abbiamo che il clero viene mantenuto dal signore, che lo nomina a suo piacimento e, ancora, che il clero è fondamentalmente ignorante e demotivato.

Il cristianesimo nei Longobardi. Paolo Diacono ci riferisce che le città occupate da Alboino furono trattate duramente. Successivamente i Longobardi organizzarono le popolazioni indigene in un sistema federativo che garantiva la libertà. Il re Autari sposa Teodolinda, figlia del duca bavarese, cattolica del sud della Germania. Al tempo di Autari singoli Longobardi divennero cattolici, malgrado un divieto proibisca il battesimo cattolico. Gregorio Magno intesse un rapporto epistolare con Teodolinda, che in seguito alla morte di Autari sposa Agilulfo, che nel 603 fa battezzare il figlio. La nuova coppia coinvolse nell’evangelizzazione il monaco iro-scozzese Colombano, e viene ricucita anche una situazione ecclesiale: Aquileia, Grado e Milano, distaccatesi da Roma dopo i tre capitoli, rientrano nell’ecumene grazie all’azione dei due regnanti.

La conversione degli Angli/Anglosassoni. La Britannia, a sud, era già cattolica, la parte a nord non ancora. Gli Anglosassoni erano organizzati in piccoli regni. I primi influssi cristiani non vengono dalla Britannia, ma dalla Gallia. Edelberto di Kent si battezza perché sposa la principessa cattolica Berta, che porta a corte un vescovo franco: è dunque già presente una prima infarinatura cristiana. La vera missione viene però da Gregorio Magno: i primi missionari sbarcarono nel 597, e Agostino, monaco, fonda la cattedrale di Canterbury. La nuova chiesa doveva essere indipendente dalla Gallia. Il vescovo Agostino mira ad una conversione non massiva (come nel caso dei franchi), ma ad personam. Nota importante è la logica del rispetto dei culti locali e dei luoghi di culto, avanzata da Gregorio: in uno scritto ad Agostino, Gregorio vuole che i missionari non distruggano nulla, ma correggano con l’esempio ciò che già esiste.

Con Gregorio di Tarso la chiesa inglese trovò unità e stabilità. È prescritto l’obbligo della confessione auricolare. La chiesa inglese è una chiesa profondamente romana proprio per la sua fondazione missionaria. Il metropolita riceveva il pallio e veniva unito al Papa a Roma. Viene introdotta la regola benedettina. Caratteristici sono i monasteri doppi, cioè maschili e femminili accanto, con abbate o abbadessa. Non sembrano essere esistiti monasteri femminili. Uomini importanti in questo periodo sono Beda il Venerabile e Alcuino.

Il cristianesimo nel nord-Africa (Vandali). (fonti: Vittore di Vita e Agostino – Sermo 228). I Barbari arrivano attraverso lo stretto di Gibilterra, con Genserico che uccide 80.000 uomini e donne. Trovano un buon ambiente ma distruggono tutto, anche chiese, basiliche e monasteri. Ai membri della Chiesa viene estorto denaro, oro e ricchezze, attraverso feroci tormenti e torture atroci. Altri vengono utilizzati come schiavi e portatori.

Con la presenza dei Vandali nel Nord-Africa il cristianesimo diminuisce la sua forza, e si permetterà così l’invasione islamica: la chiesa d’Africa, di Tertulliano, Cipriano, Agostino, morirà. Secondo Vittore di Vita, per la presenza dei Vandali, da 164 vescovi si arrivò a 3 vescovi soltanto. Come si comportano le comunità? Si verifica una forte dispersione. Leggiamo, in merito, l’Epistola 228 di Agostino, che discute del modo di comportarsi da parte dei vescovi in tempo di persecuzione: bisogna morire col gregge che Cristo si è acquistato a prezzo del sangue.

GREGORIO MAGNO (590-604)I secc. V VI e VII vedono un trapasso culturale epocale, di cui Gregorio è testimone. La famiglia aveva in Sicilia diversi

possedimenti, e forse la madre era siciliana. Grazie a questi possedimenti fonda in Sicilia sei monasteri benedettini. Abbiamo il sunto di ogni lettera mandata: il Registro. L’epistolario è composto da 850 sintesi di lettere, più di un terzo inviate in Sicilia o riguardanti la storia di Sicilia. Gregorio esce dalla civiltà romana ed entra nella civiltà medievale. Giovanni Paolo II nel 1990 elencò i motivi della sua grandezza:

1. i rapporti con la Chiesa d’oriente, molto ravvicinati, a volte contrastati;2. l’allargamento dell’ecumene attraverso la missione verso gli Angli;3. la sollecitudine pastorale avuta nei confronti dei poveri (rimane come impegno della Chiesa la giusta distribuzione dei

beni ai poveri) nel solco della tradizione della Chiesa (quattro parti: poveri, chierici, vescovo e luoghi di culto).[Fonti: Introduzione ai moralia, 40° omelia sui Vangeli, Omelie su Ezechiele].Il pontificato di Gregorio si inserisce quando si parla dei Longobardi. I Longobardi erano ariani, insediati nel nord-Italia. La crisi

si fa sentire perché i vinti vengono oppressi. È un popolo molto legato alle proprie tradizioni germaniche. La religiosità si esprimeva anche nel culto della natura, ancora presente. Nella famiglia di Gregorio il bisnonno era stato Papa Felice: i natali nobili non sono mai stati nascosti. Ancora molto giovane è rivestito della carica di Prefetto di Roma. A quel tempo, dell’antica struttura di governo romana, non rimane quasi nulla, e l’amministrazione della città è affidata al praefectus urbis, la carica più alta e di grande responsabilità. Tra il 573 ed il 579 abbandona il mondo e abbraccia la vita religiosa, come scrive nella lettera a Leandro di Siviglia, prefazione all’Introduzione ai moralia, nella quale confida di essersi occupato nella vita di molte attività ed impegni che lo hanno riportato al mondo, lontano dalla vita contemplativa. Da notare comunque che, pure da Pontefice, conduce vita monastica e contemplativa.

L’avvento dei Longobardi appare a Gregorio come la fine dei tempi. Il nord-Italia viene sconvolto dapprima da gravi calamità naturali (alluvione ed incendi) e poi dall’arrivo dei Longobardi, con i quali Gregorio cerca di tessere rapporti attraverso la regina Teodolinda.

A Roma, dopo le inondazioni del Tevere, era necessario aiutare le vittime e dar loro da mangiare: a Roma è il Papa - come già detto – l’unica autorità che si inserisce nel vuoto di potere.

Gregorio intesse rapporti con la regina Teodolinda: le invia la sua opera I dialoghi, cosicché in un clima di guerra e catastrofi Gregorio sceglie di non muovere guerra ai Longobardi, bensì di allacciare rapporti diplomatici. I Longobardi avevano confiscato molti beni alla Chiesa, ma dopo la loro conversione li avevano restituiti donando anche molti altri beni in più e liberando i vescovi in cattività.

Gregorio adotta, nei confronti degli Angli, un atteggiamento di tolleranza: i templi dei pagani vanno riconsacrati, le feste battezzate, con una logica di inculturazione che non distrugge il sostrato religioso già presente. Questo pensiero viene espresso in una lettera di risposta al missionario Agostino, che chiedeva al Papa come operare per convertire gli Angli. La stessa saggezza pastorale Gregorio la rivela nei confronti della comunità cristiana di Marsiglia: il vescovo Sereno aveva distrutto le immagini in una chiesa

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perché il popolo le adorava e venerava oltre modo, ed il clero ed il popolo si rivolgono al Papa. Gregorio risponde che non si possono distruggere le devozioni popolari, bensì bisogna catechizzare il popolo gradualmente, rispettando la sua immaturità.

Gregorio viene nominato prefetto di Roma fra il 572 ed il 573. Dal 573 vive nella comunità monastica. Nel 579 Pelagio lo ordina diacono e viene nominato legato pontificio a Costantinopoli fino al 585-586. Nel 590 viene nominato vescovo di Roma.

Il pontefice Pelagio II non riesce a bloccare l’invasione dei Longobardi e, per questo, invia Gregorio come legato a Costantinopoli, per chiedere aiuto all’imperatore. Non ricevendo ancora risposta, invia una lettera importante per tre motivi:

1. nessuno in Italia è in grado di bloccare i Longobardi;2. l’imperatore non è in grado di venire incontro alla petizione pontificia e non lo sarà neppure dopo (i pontefici

rivolgeranno dal VII sec. in poi le loro richieste di aiuto all’Occidente, ai Franchi;3. l’intervento richiesto è di tipo militare (l’esercito è un comandante).

Dal punto di vista ecclesiale, il patriarca di Costantinopoli si attribuiva il titolo di ecumenico, mentre Gregorio si definì, in modo polemico ma anche riflettendo il suo personale servizio ai poveri, Servus servorum Dei. Questa ulteriore polemica divide ancora di più Oriente ed Occidente, già parecchio distaccati teologicamente.

Mentre Gregorio si trova ancora a Costantinopoli (non riesce a mediare), l’imperatore non manda nessun esercito. Fatto Papa si avvicina ai Longobardi, cercando di ottenere diplomaticamente ciò che non aveva potuto attuare con la pace. Per questo l’imperatore di Costantinopoli invia una lettera offensiva al Papa, nella quale gli si rimproverano i suoi contatti diplomatici e lo s’invita piuttosto a rivolgersi ancora all’Oriente. Gregorio, che conosceva bene la situazione sterile, risponde a questa lettera: l’imperatore pensi di lui tutto il male possibile, ma egli agisce dinanzi a Dio, al quale spetta l’ultima parola nel giudizio.

All’inizio del sec. VIII i rapporti tra Oriente ed Occidente si fanno più difficili con l’imperatore Leone III. Isaurico: Il momento è critico dal punto di vista economico e politico. Leone III associava la debolezza dell’impero al culto delle immagini: le fece distruggere.

LA LOTTA ICONOCLASTA

La causa e dunque la religiosità dell'imperatore. Ma accanto vi furono altri motivi. Per esempio, il legame che si stava instaurando con il vicino Islam. Ancora: motivi economici, perché i monaci, che promuovevano il culto delle immagini, erano i primi a costruirle.

L'imperatore, in difficoltà economiche, pensava di confiscare i beni monaci, e questo poteva avvenire solo accusandoli gli iconoclastia. Iconoclasti (contro le immagini) fronteggiarono iconoduli (per il culto delle immagini). Generalmente fra gli iconoclasti vengono collocati gli imperatori-teologi: Leone III e Costantino. A favore delle immagini e Giovanni Damasceno nei suoi discorsi: Difesa delle immagini sacre. (Questa è una fonte e sono solo tre discorsi).

La lotta si concluse senza scisma duraturo. L'ingresso del culto delle immagini si ebbe nel VI-VII secolo soprattutto sotto la spinta del movimento dei monaci: apparve le icone miracolose, immagini non dipinte da mani d'uomo, immagine cadute dal cielo. Intere circoscrizioni ecclesiastiche avversarono tale culto delle immagini (per esempio i panliciani in Armenia).

Leone III di Saulico (417-441), a motivo della sua origine, sarebbe stato influenzato dal monofisismo, dall’Islam o dal giudaismo. Il legame col monofisismo è dato dall’affermare che Gesù non può rappresentarsi umanamente. Leone III associava la debolezza dell'impero al culto delle immagini, e contro di essi inizia la lotta dalla vittoria contro gli arabi: la debolezza è un segno divino di scontentezza. Con la lotta l'imperatore sembra volere accentrare a se anche i poteri ecclesiastici: vuole purificare le chiesa dal culto delle immagini, e nello stesso tempo restaurare l’impero unitario dei tempi di Costantino.

Le chiesa delle origini ha lasciato diversi segni del culto delle immagini, relativi soprattutto a simboli liturgici e di fede. L'icona vuole rappresentare la persona divina e umana di Gesù. Di fronte a Leone III c'è Germano, patriarca di Costantinopoli, che a Leone III risponde che l'immagine di Gesù è testimonianza del ricordo della reale incarnazione di Gesù, vero Dio e vero uomo. Si vuole cioè raffigurare ciò che di Gesù abbiamo visto, cioè il Gesù storico, e nello stesso tempo si fa riferimento ad una consuetudine già affermata.

Con Leone III stavano anche un gruppo di vescovi dell'Asia minore, che Germano rifiutò di assecondare nella loro iconoclastia. D'altra parte il califfo Yazir aveva promulgato un editto contano le immagini islamiche.

Nel 726 il primo intervento: Leone III fa distruggere un'immagine di Cristo che campeggia sul portone del suo palazzo, e la sostituisce con la croce nuda. Ufficialmente l’iconoclastia parte dal 17 gennaio 730: durante una grande adunanza di dignitari si prepara un editto di cui ci rimane copia in modo indiretto (biografo di Gregorio III a Giovanni Damasceno). È l'inizio di una persecuzione. Lo stesso Germano è costretto ad abdicare.

All'autorità imperiale viene rivendicata una concezione del potere imperiale molto forte e centralizzata: quindi la lotta iconoclasta è anche vestita di uno scopo politico.

Interviene anche papa Gregorio II: con le immagini si ripropone soltanto ciò che con l'incarnazione è già avvenuto nella storia. Perché dunque ci si dovrebbe astenere da fare queste immagini? Inoltre, i dogmi della Chiesa, dice Gregorio II, sono sotto l'autorità della legge ecclesiastica e non sotto l'autorità imperiale, a cui spettano altre competenze. Roma è dunque per il culto delle immagini e, inoltre, mentre l'imperatore lotta contro le immagini e diventa pagano, contro la chiesa, il papato, dice Gregorio II, si rivolge all'Occidente, ai franchi, cercando di intrecciare rapporti con essi.

Nel 732-733 l'imperatore confisca dei territori dell'Italia meridionale e altri (Illiricum e isole), e li passa al patriarcato di Costantinopoli, che li terrà fino al 1061: l'Italia meridionale avrà, dunque, struttura bizantina fino alla latinizzazione operata dai Normanni.

In questo periodo la Sicilia è allineata con la politica imperiale, tanto che è vita di comparire nei luoghi frequentati dagli iconoduli.Leggiamo alcuni passi di Giovanni Damasceno e dei suoi discorsi in favore delle immagini sacre. Sottolinea la dimensione

catartica dell'arte sacra, e il fatto che i margini sono la Bibbia dei poveri, quindi la dimensione didattica dell'arte. Infine, sottolinea una terza dimensione: nell'immagine raffiguriamo e contempliamo la figura corporea e le grandezze di Gesù fatto uomo, ma ci apriamo e ci eleviamo anche a considerarne la gloria divina. Farà anche un discorso più teologico. I cristiani "adorano" solo Dio, "venerano" Maria e i santi martiri e, dunque, anche le icone. Inoltre, i cristiani riferiscono il culto non all'immagine in quanto tale bensì al prototipo che l'artista ha voluto rappresentare.

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Nel 754 a Iereia viene celebrato un concilio presieduto da Costantino V, figlio di Leone III, un concilio di iconoclasti. Costantino ha una sua precomprensione sulle immagini: Cristo è una persona in due nature, e nella rappresentazione non si può raffigurare la natura divina in nessun modo; si rischia dunque di scindere le due nature e di rappresentare soltanto la natura umana; solo l’Eucaristia è immagine di Cristo.

Con della morte di Costantino la lotta iconoclasta perde intensità: Leone IV adotta misure più blande. Muore e il potere passa alla moglie Irene, cui sta molto a cuore il culto delle immagini. Sceglie Tarasio come patriarca di Costantinopoli, il quale vuole convocare un concilio per ripristinare il culto delle immagini. Adriano I, papa, non riconosce il patriarca e, prima di partecipare al concilio, vuole i territori dell'Italia meridionale. Tarasio risponde. Il sinodo si raccoglie, ha diverse sedi, poi si trasferisce a Nicea, nel 787: è il VII concilio ecumenico, il Nicea II. La presidenza è affidata ai rappresentanti pontifici: l'Italia meridionale è rappresentata da vescovi siciliani e calabresi. I padri contestarono punto per punto Iereia. (Leggiamo il testo di questo concilio, con i suoi canoni).

Nel 815, sotto Leone V, un sinodo a Costantinopoli rigetta il Nicea II, e depone il patriarca di Costantinopoli, d'accordo per il culto delle immagini.

Michele II, successore, pur non favorevole alle immagini, non continuò la persecuzione.Il successore Teofilo perseguita gli iconoduli crudelmente.Con Teodora, imperatrice, viene ripristinato il culto delle immagini, nell'843, mentre è patriarca di Costantinopoli Metodio di

Siracusa.

DAI MEROVINGI AI CAROLINGI

I Franchi erano un raggruppamento di tribù. Abbiamo visto Clodoveo, che cercò di sbarazzarsi di ciò che rimaneva di romano nel suo regno. Trova una situazione religiosa frammentata, e per creare un regno punta sull'unità religiosa, facendosi battezzare a tal fine. I successori di Clodoveo cominciarono a dividersi, e così pure il regno: è il principio germanico di dividere la proprietà, ossia la terra, unica ricchezza. La realtà politico-sociale si frammenta in tanti “reucci”, i maggiordomi, funzionari principali dell'assetto, sono al posto delle re. Due fra i più importanti sono: Arnolfo, vescovo di Metz, e Pipino il Vecchio, che governarono nell’Austrasia (capitale è Metz). L’altra regione è la Neustria (capitale è Parigi).

Attraverso matrimoni, questi due maggiordomi riescono a riunire la regione dell’Austrasia. Arnolfo si fece valere. Grimoaldo, figlio di Pipino il Giovane, voleva scalzare dal trono il re merovingio, ma pagò questo tentativo. Pipino II il Medio, figlio di Pipino il Vecchio, cominciò daccapo, lotta contro il maggiordomo della Neustria e riesce, alla fine, a unificare le due regioni. Nei secoli VI e VII la Gallia diventa pagana, per vari motivi politici. L'interminabile guerra familiare aveva portato ad un inselvatichimento e ad una debolezza della Chiesa franca. Con Pipino II si riprende l'evangelizzazione e arrivano dalle terre iro-scozzesi i missionari. Figlio di Pipino II è Carlo Martello (illegittimo), che confisca i beni della chiesa per rafforzare il suo esercito contro i popoli vicini.

Nel 732 Carlo Martello firma a Poitiers l'invasione islamica, e trae da questo vantaggi politici. Aumenta l'autorità dei vescovi, e chiese e monasteri diventano servi e funzionari terrieri del re.

Nel 678 tra i missionari ricordiamo Vilfrido di York, che attraversa vari territori fino a giungere in Frisia. Un suo discepolo si stabilisce nella Frisia e va a Roma e viene consacrato vescovo.

Altro fu Vinfrido, che diventa San Bonifacio. In Germania continua la sua opera di evangelizzazione. Nel 722 viene consacrato vescovo. Nel 732 Gregorio III lo fa arcivescovo. Poi verrà nominato legato pontificio in Germania. A Fulda fonda un monastero, e da lì si irradia il cristianesimo in tutta la Germania.

Dalla discendenza, come abbiamo già visto, abbiamo Pipino II con il figlio Carlo Martello. Questi ha due figli: Carlomanno e Pipino il Breve. Pipino il Breve è il padre di Carlo Magno. Tra i missionari abbiamo anche Irminio, apostolo degli Alemanni. È invitato da Carlo Martello. Ricordiamo anche Crodigango di Metz. La vita monastica è segnata dalle forme canonicali: i canonici professano la vita in comunità e la povertà.

Morto Carlo Martello, Carlomanno eredita la parte orientale interessandosi all'attività missionaria di Bonifacio. Le definizioni e i canoni dei vari concili diventano leggi dello Stato. I vescovi sono ricchissimi proprietari terrieri, quasi funzionari regi. Anche Pipino riforma la parte occidentale. Carlomanno si ritira e Pipino rimane unico potere, ancora maggiordomo, mentre il re è ancora in vita. L'ultimo re è proprio questo: Childerico III. Pipino cerca dunque di puntare alla dignità reggia, anche se per casato non può aspirarvi (il re è il massimo della espressione religiosa): ricorre al Papa che può dargli questa dignità regia e religiosa. Il Papa è Zaccaria. A lui Pipino scrive una lettera nella quale domanda di essere re, visto che il potere sta di fatto nelle sue mani. Il Papa risponde di sì, affermando che può essere nominato re solo chi si occupa della struttura statale. Pipino è consacrato re dei merovingi, che si chiameranno adesso carolingi. Durante la consacrazione di Pipino, vengono composte le laudes “Christus vincit…”. Comincia ad emergere la sacralità dell'imperatore carolingio, aprendo la strada alla Teocrazia (l'imperatore che si coglie come Cristo in terra), che si opporrà alla ierocrazia (il Papa che si coglie anche con imperatore).

Il Papa, in questo caso, entra nel merito di una questione politica come la nomina di questo re carolingio. Il responso di Zaccaria obbligava alla gratitudine, e Stefano II, nel 753, chiese a Pipino il suo aiuto per contrastare i longobardi. Stefano nomina Pipino patricius Romanorum, titolo che spettava all'imperatore d'oriente.

Gregorio III riuscì a ottenere da Liutbrando la restituzione dei vari territori. I longobardi minacciano sempre più Roma. Astolfo occupa Ravenna e punta su Roma. Stefano II si rivolge a Pipino, dopo aver parlato con Astolfo. Pipino accoglie il Papa con rispetto, inchinandosi e guidandogli il cavallo. Pipino giura di dargli aiuto e nella Pasqua del 754 il regnante s'impegna per iscritto a garantire la sua presenza difensiva in alcuni territori vicino a Roma. Il Papa lo consacra imperatore. Astolfo ne riconosce l’autorità e viene convinto a cedere al Papa alcune città. Nel 755 Astolfo ci riprova. Pipino interviene nel 756 e costringe i longobardi a dure condizioni. Nel 755-757 sorgere l'altra grande documentazione di apocrifi medievali: la Donatio Costantini, che riguarda il territorio, per cui Costantino avrebbe dato a Silvestro I tutta l'Italia, isole comprese. Pipino avrebbe dovuto riconoscere l'autorità del vescovo di Roma su questi territori. Questa donatio entrerà nelle decretali pontifici, in modo particolare di Leone IX nel 1054 al patriarca di Costantinopoli. (Leggiamo il testo secondo l'interpretazione di Leone IX).

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Pipino muore nel 768. Lascia il regno ai figli Carlomanno e Carlo. Il primo ottenne un blocco compatto di territori ad occidente. Carlo invece ottenne una piccola striscia di territori. Per questo ha qualche rancore. Con la morte di Carlomanno, Carlo prende territori. Nella Pasqua del 774 Carlo entra Roma per rinnovare le promesse di suo padre.

Mentre Pipino aveva dato i territori longobardi al Papa, Carlo rivendica a se i territori longobardi.Nel 787 Carlo invade la Baviera. Diventa unico signore in Occidente. Dovette stabilire a sud nei Pirenei una marca di confine a

difesa dagli ebrei. L'incoronazione avviene nel Natale dell'800 ad opera di Leone III. Questi viene accusato di aver depauperato i beni della chiesa e di aver avuto relazioni con donne. Carlo scende Roma. Il 23 dicembre si riunisce un sinodo, che deve discutere delle accuse di Leone III, che si discolpa pubblicamente.

È il primo caso in cui un Papa incorona un imperatore. Le fonti carolingie dicono che l'incoronazione l'ha voluta Carlo Magno, perché aveva già conquistato vari territori e voleva essere riconosciuto come imperatore: è stata una cosa inaspettata a Roma. Le fonti romane parlano di un'iniziativa partita Leone III, unica autorità. Della celebrazione abbiamo una rappresentazione in San Giovanni in Laterano.

Con Carlo magno abbiamo una delle più grandi riforme della chiesa, con una vera e propria rinascita carolingia (avevamo già visto la rinascita gelasiana e vedremo le rinascite ottoniana, gregoriana e del secolo XII). Questa si propone per una costante: l'uniformità, un unico volto all'impero e alla chiesa. Un’uniformità che tocca i diversi ambiti.

Dal punto di vista giuridico le definizioni sinodali hanno carattere giuridico, e sorgono così i capitularia. Ogni assemblea dello Stato era anche ecclesiale: abbiamo l'identificazione fra chiesa e mondo.

La rinascita carolingia viene portata avanti attraverso l'uniformità, che non coincide però con l'unità. L'uniformità giuridica viene attuata attraverso i capitularia. L'uniformità liturgica viene portata anch'essa avanti. Carlo Magno chieda al Papa il Sacramentario Gelasiano, ed i suoi teologi notano la mancanza di alcune celebrazioni: i teologi palatini la migliorano e la arricchiscono di molte celebrazioni. In questo e il rischio è di ridurre tutto a devozioni. Il lunedì viene dedicato alle anime del Purgatorio. Il martedì per il patrono del paese. Il mercoledì per San Giuseppe. Il giovedì all'eucarestia. I Verdi alla passione. Il sabato alla Madonna, perché gli altri giorni non c'era posto (a proposito di Maria, quando dal XIII secolo ci furono gli ordini mendicanti, questi cercarono di dare significato teologico a questa scelta: dopo la morte Gesù solo la madonna ha perseverato nella fede, nel suo sabato). Il sacramentario viene imposto a tutto il regno con la costrizione per le chiese di rito diverso, di celebrare, con il vecchio rito particolare, solo nelle chiese cattedrali (per esempio il rito Ambrosiano solo a Milano).

C'è anche un uniformità monastica. Nel mondo occidentale, ogni abbazia benedettina aveva di fatto un modus vivendi diverso, una diversa tradizione monastica. Padre del monachesimo in età carolingia è Benedetto di Aniane, che sotto Ludovico il Pio porta avanti l'assetto politico. Benedetto Aniane, molto austero, considera la regola benedettina molto delicata e inadatta a un monachesimo virile e deciso.

L'unica è anche politica, attraverso il fondamento teologico al potere imperiale. Il monoteismo suggerisce l'unicità dell'imperatore. Si sacrificherà l'umanità di Cristo Gesù, la sua povertà, la sua umiltà, si raffigureranno solo i simboli gloriosi di Cristo e non si parlerà della sua crocifissione. Cristo è per i carolingi il Figlio del Re Altissimo, che siede sul trono del mondo e dei popoli. Con il regno di Carlo Magno, morto nel 814, si conclude tutto. Succede Ludovico il Pio, ma l'assetto politico viene portato da Benedetto di Aniane. Nel 843 il regno viene diviso ai tre figli ed è la vera e propria decadenza dell'impero carolingio. La grandezza dei Pipini fu quella di accorpare i regni: adesso si ritorna alla frammentarietà pre-carolingia. Nel 888, con l'ultimo re, Carlo III, si ha la caduta totale, la quale farà emergere la famiglia degli Ottoni di Sassonia.

LA VITA CRISTIANA NEL IX SEC.È la vita di tutto il popolo cristiano: la plebe. I laici erano le elites del tempo di non chierici. Si elabora la teoria dell'ordo: ordine

della plebe, dei laici, dei chierici. Una società divisa da ordines, che dovevano rimanere sempre distinti, per cui un uomo non poteva cambiare ordine. San Bonifacio dirà che ognuno deve essere contento del proprio ordine, e chi desidera cambiare va contro l'ordine costituito da Dio. Questo si manterrà fino al XIII secolo, con riferimento all'ordine del mondo animale e a Lodi è il regno celeste con la sua gerarchia.

LO SCISMA FOZIANO

Riguarda più la sede di Costantinopoli, ma influenza anche Roma. Con la lotta iconoclasta erano rimasti dei territori confiscati a Roma e dati all'oriente. Due anime a Costantinopoli rispetto al culto delle icone: una moderata, capeggiata da Fozio, una radicale e fondamentalista, conservatrice è intransigente, capeggiata da Ignazio, superiore di un monastero Costantinopolitano. Lo scisma oziano è preludio allo scisma orientale.

Alcune incomprensioni. L'incoronazione di Carlo Magno quando c'era già l'imperatore d'oriente. Il canone XXVIII di Costantinopoli. Gli atti del concilio di Nicea II, che vengono scritti in greco ma tradotti in latino: una copia arriva ad Aquisgrana e l'adorazione viene riferita anche alla Madonna per un problema di traduzione, per cui i teologi imperiali non vollero accettare il Nicea II, anche se il problema era politico: infatti, uno solo doveva essere l'imperatore, e tantomeno poteva esserlo una donna, Irene di Costantinopoli. Poi, il patriarcato di oriente continuava a mantenere la giurisdizione sulle isole e su altri territori, che sarebbero piaciuti a Roma. Il titolo di patriarca ecumenico.

Morto il patriarca di Costantinopoli, Metodio di Siracusa, nell'847, l'imperatrice Teodora fa leggere Ignazio, come patriarca. Ignazio, appena letto, scomunica Gregorio di Siracusa e tutti vescovi di ala moderata. Scrive a Leone IV, vescovo di Roma, e gli invia il pallio, grossa mortificazione. Leone lo invita a ristudiare il caso di Gregorio di Siracusa, appena scomunicato. Nel 855 viene eletto a Papa Benedetto III. Ignazio rinnova la lettera. Mentre Ignazio è patriarca, nel 856, non da la comunione a Cesare Barda. Ignazio abdica e viene eletto nell'858 un laico, Fozio. Ecco lo scisma, un patriarca deposto e uno ancora in carica, ordinato per saltum. Fozio convoca nel 879 un sinodo dei vescovi, per prendere decisioni contro Ignazio e il suo seguito. Ero scisma ufficiale. Fozio scrive a Niccolo I papa, che mentre saluta con gioia l'elezione di Fozio, manda due legati a Costantinopoli, per partecipare al concilio e indagare su Ignazio. I legati si comportano male. Niccolo I manda una lettera a Fozio: l'unica autorità nella procedura conciliare è pontefice, per cui gli atti dovevano essere approvati da lui. Cita alcuni documenti che fanno parte delle Decretali pseudo-isidoriane,

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collezione di apocrifi che sorge nella diocesi di Reims per difendere il primato della sede di Roma. Un vescovo suffraganeo vanta libertà rispetto al suo vescovo metropolita, dicendo che la massima autorità è quella di Roma. La documentazione sorge in contesto occidentale. Nella lettera a Fozio, Niccolò I invita alla restituzione dei territori (isole, ecc. ecc.). Inoltre non era accettata l'elezione per saltum che a Costantinopoli era prassi comune. Nel 861 viene celebrato il concilio: i legati hanno un ruolo eccessivo, scavalcando il papa e le loro competenze. Dichiarano deposto Ignazio. Ignazio organizza un movimento e presenta una delegazione a Roma. Niccolò I condanna i due legati pontefici. Nel 863 si celebra un sinodo a Roma: Ignazio viene riabilitato, vengono condannati i legati.

Michele III viene ucciso, ed anche Cesare Barda. Si inserisce una questione delicata: il re dei bulgari chiede missionari a Roma, e Roma risponde dicendo di diffidare da Costantinopoli.

Il contenuto della lettera esprimeva tutti i dissapori tra la Chiesa di Roma è quella d'Oriente. Niccolo II viene scomunicato da un concilio.

Basilio I si impadronisce del potere, ma Fozio non lo lascia entrare nella basilica di Santa Sofia. Basilio costringe all'abdicazione Fozio e riabilita Ignazio. Intanto abbiamo il nuovo papa. Basilio chiede aiuto e protezione. Nell'estate 869 un sinodo si riunisce per vendicarsi del concilio dell'867. Fozio viene solennemente condannato e destituito. Tutti i preti ordinati da Fozio vengono destituiti. Tra 869 e l’870 abbiamo il Costantinopoli IV (8º concilio ecumenico secondo il computo dell'Occidente). Adriano II invia i legati. La presidenza fu data ad un rappresentante dell'imperatore. Viene stabilita la dottrina dogmatica dei concili precedenti. Fozio viene nuovamente scomunicato. Durante gli anni del concilio, il re dei bulgari chiede missionari a Roma, Roma non rispondere, è il re Boris chiede a Costantinopoli.

Durante il decennio successivo Fozio guadagna a se Basilio. Ignazio, prima di morire, si riconcilia con Fozio, che diventa patriarca. Nell'879-880 si celebra l'8º concilio ecumenico per l'oriente: viene condannato il papa, viene ratificato quanto fatto da Fozio. Nel 886 Fozio viene nuovamente condannato. Muore nel 882.

LA CONVERSIONE DEI POPOLI SLAVI

Grazie a Cirillo e Metodio si ha la conversione dei popoli slavi. Questi si insediano nella parte ovest dell’Europa. Apostoli dei Moravi. Ratislao di Moravia, nell’862, si era rivolto a Fozio per chiedere missionari: vengono inviati Michele (Metodio) e Costantino (Cirillo), che si ritireranno in monastero. Nell’860 Costantino viene inviato ad evangelizzare i Cazari. Trova le reliquie di s. Clemente. Poi passa agli slavi. Traducono (lui ed il fratello) la Bibbia ed i libri liturgici in slavo e formano l’alfabeto cirillico. Celebrano in slavo. Nell’867 il papa li invita a Roma per rendere conto della loro missione. Trovano Adriano II che li accoglie con gioia.

La sede metropolitana di Salisburgo costringe Metodio, consacrato arcivescovo, a chiudersi in monastero. Viene liberato. Metodio passa in Moravia. Papa Giovanni VIII lo richiama a Roma, per non farlo celebrare in lingua slava. Sono inseriti in una cultura (incarnazione).

IL SECOLO X (IL SECOLO DI FERRO O IL SECOLO OSCURO): LUCI ED OMBRE

Riguardo il X secolo, vediamo che dal punto di vista politico l'inizio è segnato dalla crisi (Spagna, Gallia, Germania, Inghilterra, Pannonia, Italia), dalla decadenza. Con l'ultimo re dei carolingi, Carlo III, che muore nel 883, si ha una situazione frammentata e incerta. Abbiamo la trasmigrazione dei Vichinghi: dall'Inghilterra, in Europa, fino alla Sicilia. Abbiamo anche l'invasione islamica: nella penisola iberica abbiamo arabi (islamico) e non solo: regno islamico, regno mozarabico, regno cristiano (Astrurie). Altra minaccia era data dagli ungheresi. Abbiamo dunque una molteplicità di stati, ma a partire dal secolo X abbiamo una reconquista cristiana.

L'Italia, da Gregorio Magno in poi, ha come unica autorità il vescovo di Roma, ma questi cade in mano alle nobili matrone romane. Dal 900 al 1030 abbiamo ben 23 pontefici che si avvicendano al soglio pontificio. Il pontificato più lungo è da venti giorni a quattro anni. Non consideriamo gli antipapa.

In seguito alla morte di Carlo III abbiamo in Francia una frammentazione di potere. L’Italia meridionale è occupata dai saraceni. In Lombardia c'è una forte potenza ecclesiastica. Benedetto IV e Alberigo. Tre donne: Lanozia e le rispettive figliole che fanno e disfanno il papato. Liutprando, vescovo di Cremona, descrive molti di questi fatti, visto che ne è stato testimone. Teodora tiene il potere di Roma, e ha due figlie: Marozia e Teodora. Marozia, insieme a Sergio III, da il successore. Leggiamo qualcosa proprio di Liutprando. Descrive un imperatore che opera la riforma, ma è odiato dal papa. Liutprando descrive il pontificato di Giovanni XII.

Per quanto riguarda la Germania, emerge la famiglia di Sassonia. Ci son diversi ducati, ma i duchi di Sassonia riusciranno a creare un regno più grande. È Ottone I che ha mire espansionistiche. Egli vuole essere successore di Carlo Magno. Lotta con i duchi. Crea il regno è lo affida ad alcune persone vicine (vescovi e parenti). Per quel che riguarda la politica estera lotta con Berengario, anche contro gli ungheresi. Con gli ottoni abbiamo la renovatio imperii. La nomina dei vescovi obbediva gli interessi politici, compresi quelli dell'imperatore. I vescovi, d'altra parte, avevano diversi privilegi: la donazione di un patrimonio, la giurisdizione sui territori, le entrate relative, l'immunità, la distanza dell'autorità imperiale. Anche per l'imperatore ci sono vantaggi: i vescovi erano fedeli amministratori, preparati a servizio politico perché colti, non avevano eredi a cui lasciare territori. Abbiamo una funzione-confusione fra regno e sacerdozio.

Con l'incoronazione, Ottone avrebbe ricevuto un potere universale, anche sopra la Chiesa. Motivi ideali che lo mossero sono: un regno universale ed una supremazia più estesa. Gli ottoni rivivono la tradizione imperiale romana, e si ricollegano poi anche a Carlo Magno.

La concezione teologica poi supporta questa posizione: il riferimento al re Davide. Per esempio, gli imperatori sono re che vengono poi eletti imperatori dal popolo. Abbiamo un'unzione regale, una consacrazione e una incoronazione che avviene solo a Roma. Con la riforma gregoriana le cose cambiano (riforma con-senza-contro l'imperatore).

Ma quali sono le luci del X secolo?Intanto un segno di speranza: l'evangelizzazione dei popoli slavi. Cirillo e Metodio evangelizzano Moravia e Boemia, poi il

cristianesimo in queste regioni si arresta. Si risveglia solo nel X secolo e risveglia le regioni vicine. Viene evangelizzata anche la Polonia. I primi missionari sono tedeschi: i polacchi cristiani, nel 992, consacrarono la sede Apostolica non ai tedeschi regnanti ma

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alla sede di Roma. L'evangelizzazione si deve ad Ottone III e a Silvestro I. Infatti, l'evangelizzazione a est è portata avanti da gli ottoni e dai vescovi locali. Sorge l'esenzione degli ordini monastici. A partire da un canone di Calcedonia la vita monastica era dipendente dal vescovo locale. Con Cluny e altre istituzioni, essa dipenderà solo dal vescovo di Roma: si scavalca la giurisdizione del vescovo locale. Assicura una certa irrequietezza, ma anche il futuro: i monasteri, nel sistema feudale già sviluppato, non erano liberi (per esempio l'abate era nominato dal feudatario del luogo) e legarsi a Roma significa essere liberati da queste costrizioni e lacci.

Un altro privilegio. Fino al X secolo le canonizzazioni avvenivano all'interno della Chiesa locale (a cura dei vescovi). A partire dal X secolo le canonizzazioni saranno affidate solamente al vescovo di Roma.

Importante luce: nonostante la dissolutezza dei papi, dalla periferia emerge un riconoscimento della sua importanza (accentramento e autorità).

La riforma monastica. Quella di Gonze e di Cluny.Importante è il diritto canonico. Fino all'età carolingi a c'è un unico diritto, quello romano, per tutta la Chiesa. Più avanti, fino al

1140,1 sorta di koinè giuridica nel quale convergono l'antico diritto romano e le altre espressioni. In un terzo periodo (1140-secolo XVI) si ha l'affermazione del diritto ecclesiastico. Nel secolo XII sorge la teologia come scienza e anche il diritto canonico: prima di questa data il diritto canonico era anche teologia. Sempre in questo periodo si distinguono le decretali (lettere del papa) dal decreto (è unico, quello di Graziano). Quarto periodo: dal secolo XVI fino al 1917, viene promulgato un unico codice di diritto canonico. Quinto periodo, 1917-1983, il rinnovamento sulla base della Lumen Gentium.

Il sistema vigente è feudale. Da territorio, anche ciò che veniva costruito, le abbazie e le chiese, con sacerdoti e monaci, era proprietà del signore locale. Non esistevano così i rapporti ecclesiali. Il clero era poi molto ignorante. Ma l'evangelizzazione viene portata alle campagne, proprio grazie a queste chiese sui iuris.

Il clero urbano vive in comunità e incarna la regola di Agostino, riletta da Clodigando di Metz: i preti devono vivere nel claustrum, e questo afferma già il celibato che viene salvaguardato. Poi, riguardo alla povertà, i presbiteri che fanno vita in comune conservano l'usufrutto della proprietà privata (con Agostino dovevano mettere tutto in comune). I canonici realizzano una presenza pastorale nelle città, al contrario dei monaci, isolati.

La Chiesa urbana fa capo al vescovo: le entrate vengono suddivise, la mensa del vescovo e la mensa dei canonici. Questa era incrementata dalla rendita dei preti. Il clero è colto e preparato.

Abbiamo poi le chiese vescovili: i signori eleggono i vescovi, ritenendoli come vassalli. Fino a secolo XI all'elezione del vescovo succede l'omaggio vassallitico, poi la consacrazione episcopale. Il secondo momento si distinguono due simboli: si riceve il pastorale e poi si mettono le mani nelle mani del Signore. Il momento più importante era proprio il secondo: era il beneficio che faceva il vescovo.

Quali i vantaggi di una simile organizzazione? Il vescovo godeva di una sicurezza economica, dell’immunità, del potere esecutivo e giudiziario nel suo territorio. Il signore, alla morte del vescovo, si riappropriava delle terre e delle ricchezze del vescovo. In Francia 50 su 77 chiese appartenevano a signori feudatari.

Chiesa abbaziali. Elezione dell'abate avveniva per opera del signore feudatario: di monaci acclamavano solo l’eletto. Anche l'abate veniva investito.

Abbiamo nel secolo X la rinascita monastica. In Italia troviamo san Nilo, nato a Rossano Calabro. In Calabria è presente la tradizione bizantina. Incarna il monaco greco-italiano, facendo riferimento a Basilio e Benedetto. È anche amico di Ottone III. Poi abbiamo Romualdo di Ravenna, entra nel monastero di Santa Apollinare in Classe, ma poi si ritira da monaco a Camaldoli (di cui è fondatore).

Iniziatore della vita canonicale è Sant'Agostino. Clodigando lo rilegge. Durante Ludovico il Pio abbiamo anche la rinascita dei canonici. È importante un capitulare dell'età carolingia.

L'abate, ogni giovedì santo, lavava i piedi a tutti poveri della regione. Penitenziale: raccolta di tutti i canoni riguardanti la penitenza. È per i sacerdoti, come manuale e guida. Di questo ne leggiamo alcune parti.

Torniamo adesso alla riforma della vita monastica, una vita che viene identificata come vita di penitenza (quasi coincidono le due cose).

Parliamo, in particolare, del movimento laicale La pace di Dio. In Germania, nel secolo X, abbiamo un vuoto di potere, di cui approfittano i signori locali. A difendere i poveri sarà la Chiesa che promuoverà il movimento laicale La pace di Dio: i vescovi armano i laici contro gli oppressori e i signori. Quest'esercito difenderà i poveri, ma anche la Chiesa e i vescovi, e si porrà come antifona alle crociate del secolo XI. La regola del movimento prevede che in alcuni momenti dell'anno liturgico si debba concedere una tregua. In ogni caso l'autorità è tutta del vescovo.

Il movimento monastico parte dalla rilettura della regola di San benedetto: sono gli anarchici trionfanti, anarchici perché si pongono in rottura con le regole del tempo, trionfanti perché si impone la loro interpretazione della vita cristiana. La riforma nasce in Francia, nella Lorena (Gonze) e nella Borgogna. Si riparte da San benedetto. Le istituzioni monastiche che si rifanno a Gonze sono unite da legami spirituali, in federazioni, nuove per il periodo visto che fino ad allora ogni abbazia era un'isola. Gonze, pur esprimendo una vita monastica tradizionale, si apre ad esperienze monastiche simili. Accanto a Gonze troviamo Cluny (40 chilometri dall'attuale Taizè) con struttura federale giuridico-monarchica. Cluny fonda diversa abbazie senza abate ma con dei priori. Anticipa così il modello degli ordini mendicanti e anche la struttura della chiesa universale, con a capo il papa ed i vescovi come suoi collaboratori. Fino al 1000 ogni vescovo è Papa nella sua diocesi (il papa non è ricordato neanche nell'anafora). Nel 1130 Cluny conta 700 monaci: è l'unico luogo di formazione, e questo rinforza il vincolo comunionale. Dal punto di vista carismatico Cluny privilegia la preghiera rispetto al lavoro: l'unico lavoro è l'opus dei, ossia la preghiera attraverso la recita quotidiana di tutto il salterio. Il lavoro manuale è considerato non dignitoso per i monaci. A lavorare saranno degli oblati, non assimilati ai monaci. Il sostentamento dei monaci avviene grazie alle famiglie nobili di provenienza. Si promuove la preghiera per i defunti: s'introduce il 2 novembre, e le preghiere di suffragio rappresenteranno un grosso sostegno economico. A Cluny abbiano monaci nobili, con l'abito nero, segno di sofisticatezza, con stoffa buona e tinta, molto costosa. Mentre a Gonze l'iniziativa riformistica viene dai fondatori laici, qui, a Cluny, si garantisce l'autonomia ai monasteri, con più riferimento al vescovo locale. Questa riforma si afferma per tutto il secolo XI. I cluniacensi si divideranno e nasceranno i monaci bianchi, chiamati cistercensi. Il successore di Cluny venne sia dall'amicizia con la nobiltà sia dalla santità degli abati (primi teorici della teologia della vita religiosa), che saranno longevi, assicurando sicurezza e

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stabilità istituzionale e strutturale. L’elezione dell'abate non era fatta dal signore feudale, bensì da parte dell'abate predecessore. Gli abati di Cluny si rivolgono al re e all'imperatore chiamandoli "figlio mio". Il papa, in questo periodo, vi si rivolge con "carissimo confratello", e questo indica l'autorevolezza goduto dall'abate di Cluny.

Saranno queste riforme a preparare la riforma gregoriana del XI secolo. All'interno della chiesa la riforma si traduce in un cambiamento morale, di costumi, ma anche spirituale. Solo con la riforma gregoriana questo cambiamento acquista una definitiva dimensione istituzionale.

Prima parlavamo della riforma gregoriana, con-senza-contro l'imperatore. Vedremo adesso i 100 anni di storia dal 1050 al 1150. L'inizio del 1000, con il suo contesto di riforma, è collocato, per noi latini, nel basso medioevo. In campo politico, il regno si distingue dal sacerdozio. In campo ecclesiale, il presbiterio si distingue dalla navata (separazione del popolo di Dio). In campo culturale nasce la teologia come scienza e anche il diritto canonico come studio separato. La filosofia è ancilla theologiae.

La riforma non è più solo morale, ma anche strutturale ed istituzionale, con l'eliminazione di ciò che c'è di vecchio. In Germania l'ultimo degli Ottoni è Enrico II, con il quale si ha un forte sistema Teocratico: i vescovi, gli abati e quant'altro, vengono eletti dall'imperatore. Con il successore Enrico III l'investitura si arricchisce con la consegna dell'anello. In Italia contano le famiglie nobili di Roma e, quindi, abbiamo contemporaneamente due o tre papi. Benedetto IX, Silvestro III e Gregorio VI sono papi nel 1046, contemporaneamente. Enrico III scende per metter ordine a Roma e per farsi incoronare: la sede di Roma era però l'unica non soggetta all'autorità imperiale. Viene convocato un sinodo a Sutri (1046) e vengono invitati a partecipare tutti e tre i papi. Benedetto IX non si presenta, e viene definito un papa simoniaco, quindi la sua lezione non è ritenuta legittima. Silvestro III viene deposto, dichiarato antipapa. Si diceva che anche Gregorio VI fosse simoniaco, così Enrico III lo depone e fa eleggere il vescovo di Bamberga, un suo vescovo, che si chiamerà Clemente II (è il trionfo della Teocrazia): l'imperatore elegge, nomina lui stesso il vescovo di Roma. Vedremo più avanti che a Canossa, nel 1077, che Enrico IV chiederà perdono a papa Gregorio VII, con un apparente gesto di umiliazione. Anche i contemporanei di Sutri reagiscono. Vazzone di Liegi, vescovo, afferma l'illegittimità della deposizione di Gregorio VI (prima sedes a vemine indicatur), e l'illegittimità dell’elezione di Clemente II, perché Gregorio VI è ancora vivo.

Il modo di agire di Sutri rivela la concezione secondo cui i re si colgono come garanti dell'azione di Dio sulla terra. Inoltre, scopo della riforma e ricondurre la chiesa al tempo di At, per cui i papi assumono i nomi dei primi vescovi. Ai papi tedeschi Clemente II e Benedetto IX succedono i papi francesi, e tra questi Leone IX (1049-1054) è il primo. Egli si circonda di persone capaci di riforma. Più tardi questo diventerà il Consiglio Papale, cioè l'istituzione del cardinalato. Con Leone IX si istituzionalizzano alcune strutture. Il sinodo romano annuale nel periodo quaresimale riuniva praticamente tutti i vescovi d'Europa. Poi le visite del vescovo di Roma alle altre chiese, che sottolineano l'autorità del vescovo di Roma rispetto a quella del vescovo locale. Al nome di Leone IX è anche legate la riforma della Chiesa. Lotta per difendere la libertà della chiesa nell'elezione del vescovo, per l'imposizione del celibato obbligatorio ai chierici (c’erano molti chierici concubinari) anche in modo da salvaguardare il patrimonio della chiesa. Lotta contro la simonia ed i vescovi e i presbiteri eletti attraverso simonia: le ordinazioni però rimanevano valide. Leone IX è il papa dello scisma. L'occasione prossima è data da una lettera che un arcivescovo della Bulgaria, di Ocrida, scrive al vescovo di Trani: si condanna il celibato latino, l'uso del pane azzimo e si chiamano i latini “mezzi giudei”. Dietro i due vescovi stanno Roma e Costantinopoli. La lettera che il papa scrive in risposta è scritta da Umberto di Silvacandida, che conosce il greco e ha molto risentimento personale. Nel 1050 il patriarca di Costantinopoli chiude chiese e monasteri latini, condanna l'uso del pane azzimo e attacca la Chiesa latina. Roma, in risposta, condanna il patriarca, ma, su consiglio dell'imperatore, manda una delegazione pontificia a Costantinopoli, nella quale sta Umberto di Silvacandida. A Costantinopoli la delegazione viene accolta male, per cui le viene impedito persino di celebrare. Così Umberto, il 16 luglio 1054 depone sull'altare la scomunica: ci si chiede se lo scisma sia stato valido visto che Leone IX era morto già da mesi e, dunque, mancava l’autorità del Papa sotto la quale Umberto avrebbe dovuto agire. D'altra parte, più avanti la chiesa d'oriente chiedere aiuto alla chiesa d'Occidente contro le invasioni dei turchi. Quindi, ci saranno rapporti fra le due chiese. Riguardo i rapporti con i normanni, vediamo che sono l’ultimo popolo che arriva in Italia. Sbarca nel 1061 in Sicilia. Il meridione d’Italia apparteneva al patriarcato di Costantinopoli già dalla lotta iconoclasta. Il Papa si pone inizialmente a favore dei Normanni, ma poi l’imperatore tedesco lo convince a scontrarsi con essi: in Puglia abbiamo uno scontro con lo stesso esercito papale.

Il successore, Vittore II, continua l’opera di riforma. Segue Stefano IX, e poi Benedetto X. Infine, Niccolò II (1059). Il suo pontificato fu molto incisivo: emanò un decreto sull’elezione pontificia e altri decreti. Per l’elezione pontificia stabilisce che l’elezione del vescovo di Roma doveva essere effettuata dai cardinali vescovi romani, e doveva poi seguire l’applauso del popolo (Roma godeva di grandi basiliche – le 4 grandi antiche –e durante l’anno liturgico si dovevano tenere delle celebrazioni presiedute dal vescovo. Il vescovo di Roma pregava, dunque, i vescovi delle sedi suburbicarie di venire a celebrare. Tali vescovi venivano incardinati in una chiesa (edificio) per tali celebrazioni, insieme a presbiteri, diacono che diventano presbiteri-cardinali e diaconi-cardinali. Il tutto era riferito alla celebrazione liturgica. Più avanti il titolo di cardinale verrà diversamente inteso). Ma, come già detto, Niccolò II emana anche altri decreti. Ad es., introduce il problema dell’investitura, più importante della consacrazione episcopale: Niccolò II distingue il beneficio dalla consacrazione. Poi il decreto contro i nicolaiti e contro i simoniaci. Con i Normanni stipulò un giuramento vassallitico, recuperando così i territori del meridione. Durante il suo pontificato abbiamo il movimento di riforma della Pataria Milanese. Pataria è nome oscuro, che deriverebbe da pannosus (=vestito di panni), ed indica un movimento laicale. Nel 1045 la sede di Milano era vacante e Guido l’Avellate viene scelto come vescovo. All’inizio è un movimento sociale contro i nobili. Lotta contro la moralità del clero, la simonia ed il concubinato. Si riparte dal Vangelo, nelle mani dei laici che lo annunziano. La Scrittura viene letta in modo fondamentalista, ma il movimento si lega molto alla gerarchia ecclesiastica. Nazario, un laico della pataria, di condotta di vita retta e riconosciuta da tutti, era uno di questi annunciatori del Vangelo puro. La pataria scende in campo anche contro l’imperatore. A Milano viene eletto vescovo Goffredo, figlio del predecessore Guido, e l’elezione sarebbe dovuta essere fatta dal clero locale, con l’assenso del vescovo di Roma. Nel 1073 alla sede di Roma sale Ildebrando, ossia Gregorio VII, il papa-satana secondo Pier Damiani.

Leggiamo dal Dictatus Papae, collezione canonica, o appunti personali del papa per il suo governo, o dettato della cancelleria pontificia al papa. Sono 27 proposizioni con le quali vengono presentati Gregorio VII ed il suo pontificato.

La Chiesa di Roma viene sintetizzata nel papa proprio a partire da Gregorio VII. Questo papa istituzionalizza la figura dei legati pontifici, celebra i sinodi, rinnova a suo favore la politica feudale. Comincia ad emergere il tema della libertà della Chiesa

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dall’ingerenza dei laici. Gregorio VII, per es., propone la distinzione della consacrazione episcopale dall’omaggio vassallitico. Da qui e dalla sua linea nasce la rottura con Enrico IV, che non aveva saputo dell’elezione del vescovo di Roma. La riforma viene ostacolata dalle chiese sui iuris, dall’omaggio vassallitico, dall’elezione delle cariche da parte dell’imperatore. Un decreto del 1080 ordina che l’elezione di un vescovo deve essere controllata da un ecclesiastico, pena l’invalidità dell’ordinazione. Nello stesso decreto si vieta l’investitura durante la consacrazione, e si scomunica chi vi collabora.

Sotto Gregorio VII, su 77 diocesi francesi, 25 dipendevano dal re e altre sedi appartenevano ai signori laici. In Germania abbiamo vescovi ricchissimi, signori che non volevano rinunciare ai propri privilegi. Lo scontro con Enrico IV arriva con l’elezione di Goffredo alla sede di Milano. Enrico IV nomina, nelle sedi, chi vuole, anche contro il papa. Nel 1077 il re Enrico IV, minacciato di scomunica insieme a Goffredo, convoca una dieta a Worms, per ritenere Ildebrando illegittimo. Partecipano alla dieta vescovi tedeschi e lombardi. Si tenta di scomunicarlo, ma Gregorio VII scomunica Enrico IV e scioglie chiunque dal giuramento di fedeltà al re. Alla fine, Enrico IV, a Canossa, chiede perdono a Gregorio VII. Avviene l'inverso di ciò che avviene a Sutri. Da una parte c'è l'umiliazione di Enrico IV, dall'altra però c'è una ripresa di immagine e di potere da parte di Enrico IV. Così, questi re-insisterà e Gregorio VII lo scomunicherà nuovamente. Enrico IV scende, occupa il Laterano e nomina l’antipapa Clemente III (1080-1100), visto che Gregorio VII si rifugia a Castel Gandolfo. Nel 1084 Clemente III nomina imperatore Enrico IV.

Successore di Gregorio VII è Vittore III, che muore, e viene poi nominato urbano II. È lui che il 5 luglio 1098 concederà ai normanni di Sicilia la legazia apostolica (rimarrà fino al 1874), per cui il papa non ha autorità diretta sull'isola, bensì questa è esercitata dei regnanti. Sotto Urbano II inizia la prima crociata. Nel 1095 con il sinodo di Clermon vengono riconfermati i decreti di riforma di Gregorio VII e viene proclamata e promossa la pace di Dio per liberare la Terrasanta dai saraceni: è un movimento che chiede a tutti i cristiani di intervenire "a favore dei fratelli orientali" (lo scisma non aveva interrotto i rapporti tra i cristiani). La bolla segna anche il sorgere dell'indulgenza per tutti coloro che moriranno in battaglia o in viaggio per difendere la Terra Santa (l'idea è quella della remissione immediata e totale di tutti i peccati). Da quest'esercito si forma l'ordine e gli ordini dei cavalieri: questi ordini religiosi nascono, dunque, dal movimento laicale.

Durante la persecuzione di Decio (ordine monastico), durante il decimo secolo (ordine equestre dei cavalieri), durante il secolo XII (ordini mendicanti) e oggi (le comunità religiose) è avvenuto e continua ad avvenire proprio questo punto.

L’ordine religioso più importante è quello dei templari. La loro regola è scritta da Bernardo di Chiaravalle (De laude novae militiae). La lotta è combattuta anche sul fronte della carne, contro i nemici di Cristo. I templari non temono di peccare quando uccidono il nemico: o si acquisisce a Cristo o si acquisisce Cristo. Il Templare è ministro di Dio, non omicida, ma malecida quando uccide un pagano. Non si dovrebbero però uccidere i pagani, qualora ci fosse una modalità diversa di fermare la loro minaccia alla cristianità.

Con il Concordato di Worms abbiamo la ricomposizione delle tensioni fra papato ed impero. La lotta delle investiture mette ordine ed equilibrio fra la consacrazione e la carica. Sorgono le diverse nazioni in questo periodo. In Francia abbiamo l’elezione dei vescovi controllata dal re. All’elezione segue la consacrazione, quindi la concessione del beneficio. Infine, quarto momento, il giuramento di fedeltà al Signore, che si esprime attraverso simboli quali l’anello ed il pastorale. In Italia, come in Francia, abbiamo l’elezione, la consacrazione e, entro sei mesi, l’investitura con lo scettro. In Germania si ha l’elezione in presenza del re, l’investitura, l’omaggio vassallitico ed infine la consacrazione. In Germania il concordato di Worms sembra non esserci mai stato: i problemi non si risolvono del tutto.

Il movimento laicale trova la sua espressione nelle crociate. La crociata è un pellegrinaggio, condotto in spirito penitenziale, di un esercito di cristiani armati. Abbiamo letto San Bernardo la volta scorsa. Le origini della crociata sono riscontrabili nei movimenti della Pace di Dio, presenti in Gallia. La crociata è definita guerra santa. È il papa a programmarla (cfr. Urbano II e la prima crociata nel 1095). Poi i partecipanti devono fare un voto. Infine, il pellegrino lucra l’indulgenza. Se il crociato muore in battaglia, la Chiesa soccorre la famiglia e ne amministra e tutela i beni. In cielo il crociato morto avrebbe ricevuto la remissione dei suoi peccati. Alcuni teologi del tempo reagiscono all’indulgenza: il papa ed i vescovi non avrebbero dovuto né potuto interferire sulla volontà di Dio in cielo. D’altra parte l’indulgenza è legata alla storia della Penitenza, sempre difforme e varia. Esistevano i cosiddetti cataloghi dei peccati mortali che poteva assolvere solo il vescovo (peccati riservati), ed in genere erano solo quattro, tra cui omicidio, adulterio, incendio (per la Germania), ecc. ecc. I peccatori chiedevano perdono all’inizio della Quaresima, facevano un cammino penitenziale e poi venivano riammessi nella comunione ecclesiale. Le pratiche penitenziali erano soprattutto l’ascolto della Parola di Dio e la carità. Fino al sec. VII abbiamo penitenze corporali (la severità dei monaci iro-scozzesi). Dopo il sec. VII abbiamo la penitenza tariffata: si dà una somma ad un monaco perché facesse lui la penitenza. Più tardi la somma si dà alla Chiesa per opere di carità. Nel sec. XII, ma già dall’XI, si afferma maggiormente l’indulgenza.

IL SECOLO XIIEntriamo nella fase della diasthasis, della separazione: la fine di un’epoca ed il principio di un’altra. Nei sec. XI e XII si gettano le

strutture della Chiesa così come l’abbiamo oggi. Grande importanza ai Sacramenti e chiarimento della loro dottrina. Con Gregorio VII si rivaluta il sacerdozio: prima di Gregorio VII abbiamo, nella Chiesa, un’unica comunità di fedeli, senza distinzione fra chierici e laici. Nell’accezione pre-gregoriana abbiamo solo la triplice distinzione chierici-laici (=i notabili) – plebe di Dio. Si creano nuovi ordini monastici. Sorgono la teologia ed il diritto come scienza, la filosofia come disciplina. Sorge anche un tipico dibattito fra il nuovo ed il vecchio: il nuovo è motivo di disprezzo solo in quanto novità, senza fondamento nella Tradizione. Isacco della Stella considera la Tradizione come una sorta di clausura da cui non si deve uscire. Riccardo di S. Vittore esprime, invece, una tendenza diversa: il Signore deriderà quanti adesso deridono le novità. Pietro di Bois è del parere che siamo come nani sulle spalle dei giganti, ossia sulle spalle dei Padri della Chiesa e dei grandi santi, ma essendo più alti vediamo più in là dei giganti, e possiamo rivitalizzare nell’oggi il loro pensiero antico.

Nell’XI sec. sorgono i canonici (non quelli di sant’Agostino), che propongono una presenza ecclesiale nuova in reazione al monachesimo benedettino. I monaci erano tutti laici. Con Cluny abbiamo l’eccezione (messe di suffragio e necessità di celebrarne tante). Abbiamo adesso i premostratensi , sacerdoti che vivono insieme unendo vita monastica e vita pastorale, di evangelizzazione. I monaci vi si oppongono duramente. Si oppone anche il clero diocesano. Pietro il Venerabile, monaco di antica tradizione, sostiene sia

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più semplice fondare che restaurare. I nuovi monaci, d’altra parte, considerano defunto il vecchio monachesimo. Dai cluniacensi nascono i cistercensi, monaci nuovi o grisei, definiti da Pietro il Venerabile “un nuovo genere di farisei”, con un abito di colore insolito, per distinguersi dagli altri monaci.

Perché le nuove istituzioni monastiche? Anselmo di Adelbery sostiene che c’è un’unità profonda, quella dello Spirito Santo, nell’evoluzione delle forme religiose. D’altra parte, un monaco di antica tradizione ne critica il fatto che esse sono legge a se stesse. Un altro autore afferma l’importanza della libertà nello Spirito che guida le varie scelte dello stato di vita: la dispersione dei ruscelli non è divisione e perdita, bensì estensione sempre più ampia della grazia di Dio, a patto che i ruscelli abbiano un’unica fonte.

Urbano II, in una decretale, fra il 1104 ed il 1113, caldeggia la novità. Esiste una legge pubblica (i canoni) ed una privata (scritta nel cuore del singolo dallo Spirito Santo): a nessuna delle due si può disubbidire, in particolare alla legge dello Spirito, superiore a quella scritta.

Si svilupperà, a partire da queste idee, un evangelismo clericale, un evangelismo monastico, un evangelismo laicale ed un evangelismo ereticale.

Parlavamo dell’evangelismo, il ritorno al Vangelo e alle due fonti della rivelazione. Viene rivalutato il principio di At con la purezza della prima comunità di Gerusalemme. Nell’evangelismo clericale la vita comune è antidoto al clero fortemente scadente. È l’ideale anche per limitare le ingerenze sull’elezione degli ecclesiastici.

In Italia i Camaldolesi, con Pier Damiani e Romualdo prima. Questi, per distogliere i chierici dalla simonia, propone la vita comunitaria, che propone la freschezza della Chiesa e della fede primitiva. Pier Damiani sostiene la necessità della povertà per i chierici, allo stesso modo degli apostoli, inviati da Cristo (la sua parola non è solo per i religiosi dunque). Chi disprezza la vita comunitaria, disprezza la stessa fede della chiesa. Niccolò II raccomanda di avere, accanto alla chiesa un refettorio e una casa di vita comune.

Norberto, fondatore dei Premostratensi, proporrà un ritorno alle Sacre Scritture e all'unica guida, Cristo. Propone il disinteresse nei confronti delle realtà terrene, in una vita puramente evangelica e apostolica, senza alcuna rivendicazione dei diritti dei chierici.

San Bernardo scrive il De consideratione: Eugenio III, papa, già discepolo di Bernardo, è colui a cui viene dedicata quest'opera. Si tratta di una serie di considerazioni. Il Papa sembra più un discendente di Costantino. I più vicini e ossequiosi sono coloro che tramano contro. Auspica un ritorno alla chiesa che getta le reti per la pesca delle anime e non per quella dell’oro.

L'Evangelismo monastico lo troviamo nei certosini (San Bruno di Colonia). Il fondatore, dottore in teologia, in Francia si trova a vivere accanto al vescovo di Reims, dissoluto ed equivoco. Questi se ne va, e Bruno viene inviato dal Papa in Sardegna. A Serra San Bruno fonda i certosini, in cui il singolo viene morto al mondo, in silenzio, con pochissimi momenti comunitari, con molta autorità. Altri monaci sono i cistercensi. Il fondatore dei Certosini identifica il principio ispiratore della regola nel Santo Vangelo e nell'esempio dei padri, che nella vita monastica hanno preceduto i certosini. Il modello di vita è Gesù stesso, che si ritira da solo in preghiera.

Altro fondatore è Stefano di Muret, da cui Francesco prenderà molto, che fonda un ordine in cui ogni cosa è in comune. Come tralci che aderiscono alla vera vite, devono aderire a Cristo. Rifiuta onori, decime, diritti, per amore di Dio e si ritira nell'eremo. L'ordine è quello di Grandmont.

Nel 1129 Abelardo convinse Eloisa a prendere la direzione della comunità femminile del Paraclèto. Eloisa si propone un unico voto: Cristo. Abelardo risponde di aver seguito Cristo nudo, secondo ciò che dice lo Spirito Santo, l'unico prelato da seguire.

Il periodo dei secoli XI-XIII segna uno dei momenti più significativi della storia della Chiesa, con una vivacità laicale senza pari, che genera diversi movimenti religiosi. Questo avviene in diversi periodi.

I momento il monachesimo dei primi secoliII momento secoli XI-XIIIIII momento confraternite laicali del XV secoloIV momento secolo XVII

Nel Concilio Lateranense IV la chiesa pone un freno al proliferare degli ordini religiosi (can. XIII): chi vuole abbracciare una forma di vita religiosa, deve abbracciare una regola già esistente (1215). Nonostante tale dettato conciliare, avremo Francesco e Chiara.

Per l’Evangelismo laicale già nel XI secolo abbiamo, in Germania ed in Francia, intere famiglie e villaggi di contadini, che conducono vita comunitaria sulla base del Vangelo.

Sono queste vere e proprie isole monastiche di famiglie. Lo spirito è quello di Agostino nella sua regola per i canonici. C'è un ritorno alla purezza e alla radicalità dello spirito evangelico, con il pericolo di una lettura fondamentalista, minacciosa per la stessa comunità che la promuove. Si chiamano fraternitates. I credenti divenivano regolari, s'è abbracciavano il Vangelo come norma e regola di vita. I regolari, dunque, non sono più soltanto monaci e frati. Eloisa scrive che il Vangelo non è solo per preti e monaci, ma anche per tutti i battezzati: le beatitudini sono per tutti. Giacomo di Vitry, in Italia, segue lo spirito francescano, e scrive di considerare regolari tutti i fedeli che abbracciano il Vangelo come regola di vita.

Questi laici cominciarono ad avere un rapporto più personale con le Scritture, al di fuori della liturgia. Questo significava avere fra le mani i testi, cosa preziosa per quel tempo (per scrivere una Bibbia ci si impiega 1660 ore è una Bibbia completa vale quanto un feudo!).

In questa logica di rinnovamento abbiamo anche i Concili Lateranensi, quattro, e poi i due concili di Lione. I 4 Lateranensi concludono la riforma gregoriana e cercano di porre la chiesa dinanzi alla società che cambia. Sono concili ambigui in quanto alle decisioni cui pervengono (promuovono il nuovo, ma lo controllano). È anche il tempo in cui si organizza la vita della chiesa. Prima del 1000 avevamo solo la Cancelleria papale. Adesso abbiamo la Curia romana. Reagiscono due teologi del tempo.

Uno scrive che la curia romana sostituisce la Chiesa di Roma Bernardo di Chiaravalle scrive ad Eugenio III, nel De consideratione, gli eccessi di sfarzo del successore di Pietro, che possono far diventare il Papa successore di Costantino, facendogli perdere di vista il suo mandato, la sua missione. Tutto questo partiva dall'incremento dell'autorità papale, ed alla centralizzazione del potere: da adesso il Papa porta le insegne imperiali, e anche il mantello rosso che il Papa mette quando esce fuori dalle mura. La Chiesa romana si coglie come capo, madre e fonte di tutte le chiese: accanto al vescovo locale, nella liturgia, viene ricordato il

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vescovo di Roma. Il Papa diventa fonte di diritto. Viene chiamato solo lui vicario di Cristo. La canonizzazione dei santi e la celebrazione dei concili dovrà, da adesso, essere riservata al Papa, in modo esclusivo.

Avremo anche la christianitas. Quel sistema di politica che, pur promuovendo l'entità territoriale dei singoli governi, lascia che sia la chiesa a governare. Abbiamo la chiesa che si identifica con il mondo, e l’autorità è in mano al Papa, e al vescovo per quel che riguarda la chiesa locale. Avremo la ierocrazia, potere del Papa sullo stato.

Il governo è nelle mani dei funzionari ecclesiastici. Espressioni di questa situazione: gli imperatori baceranno i piedi al Papa, gli faranno da palafreniere e attenderanno la sua approvazione per l'elezione.

Sorgono così alcuni movimenti laicali, che si rifanno alla purezza del Vangelo: è l'evangelismo ereticale. Si tratta di eresie non in relazione a particolari teorie dogmatiche, bensì in relazione alla contestazione nei confronti della chiesa del tempo, all'immagine di chiesa presente.. Si hanno gruppi eretici, provenienti dagli frati più bassi della popolazione, anche dai commercianti, ceto emergente. La minaccia più diffusa è quella manichea, con la fiducia nel solo Dio creatore (si trascura la dimensione trinitaria) e con una forte tendenza ascetica, con la lotta anche contro la ricchezza ed il concubinato della chiesa. Si ha un movimento di contestazione violenta, e uno di contestazione pacifica. Questi ultimi sono gli eremiti. Uno di essi è Bruno di colonia, che si ritira perché contesta il vescovo.

Le eresie dei secoli XI, XII e XIII sono frutto di un pieno vigore evangelico e di una forte ardore religioso: la purezza dell'ispirazione evangelica, la lotta alla ricchezza della chiesa, il ritorno al Vangelo.

I CATARI. Dualisti, propongono una chiesa segreta, opposta alla Chiesa ufficiale. Ascetica pesante e severa. I suoi membri si ritengono cristiani perfetti. Sono ostili al Papa, ai vescovi, ai sacerdoti. Sono chiese perfette, che vivono la povertà e sono itineranti nella predicazione. Unico sacramento: il battesimo.

I VALDESI. Ritorno alla povertà di Cristo e degli apostoli. Ritorno alla Scrittura e alla predicazione itinerante e penitenziale delle origini. Nasce in Francia, attecchisce soprattutto a Milano, dove si fonda con gli umiliati, molto vicini al francescanesimo come stile. Predicano senza autorizzazione del vescovo, e contro il vescovo. Vengono scomunicati e perseguitati.

Gli eretici vengono, con l'Inquisizione, depauperati, incarcerati, giustiziati.Gridò dalla Chiesa primitiva si traduce in un riformismo violento, esasperato. La teologia dei dotti non mostra un interesse

costante per queste novità. I moti ereticali agiscono nella massa come innovazione, ma vengono avversati dai principi perché sovvertono l'ordine: evangelismo, pauperismo e lotta sociale cominciano a mescolarsi insieme.

I LATERANENSE . Riguarda il problema dell'investitura. Il re tedesco rinuncia all'investitura, tuttavia difende l'interesse dei vescovi nella gestione dell'impero. Tra i canoni la condanna della simonia, la pace di Dio, l’indulgenza ai crociati.

II LATERANENSE . Risolve lo scisma tra Innocenzo II (Bernardo) e Anacleto II (regnanti normanni). Questo firma la fondazione di alcune chiese (per esempio Cefalù). Il papa Innocenzo II destituisce i seguaci di Anacleto II e promuove 30 canoni con idee gregoriane di riforma.

III LATERANENSE . Alla base c'è un motivo politico. Federico Barbarossa vuole restaurare il potere imperiale in Italia. Le città settentrionali si coalizzano contro di esso. Per l'elezione del Papa è richiesta una maggioranza di due terzi. Tra i canoni, condanna di simonia e concubinato. Condanna dell'eresia come minaccia sociale oltre che religiosa.

Il CONCILIO LATERANENSE IV viene celebrato da Innocenzo III. Con lui il papato raggiunge il culmine: il Papa si coglie anche imperatore. È un concilio disciplinare. Un canone riguarda i catari; si elabora pure il concetto di transustanziazione; si comanda la confessione e la comunione almeno una volta l'anno. L’Eucaristia, fino ad allora sacramento della comunità, diventa un sacramento da adorare (processioni eucaristiche, miracoli eucaristici, ecc. ecc.). Anche questo concilio stabilisce che bisogna far riferimento alle forme monastiche già esistenti. Si sviluppa il tema dell'usura.

Col PRIMO CONCILIO DI LIONE si parla di crociate, e di rapporto fra Papa e Federico II.Col II CONCILIO DI LIONE si tenta l'unione fra Oriente ed Occidente.

ORDINI MENDICANTI . I Trinitari, i carmelitani, i domenicani e i francescani. Si pone l'accento sulla povertà (mendicanti). Prima si faceva il voto di stabilitas, e non si aveva alcuna evangelizzazione extra moenia. Adesso abbiamo un'itineranza evangelica, nella predicazione e nella carità. È un nuovo modello di chiesa. Prima, i monaci non andavano al di fuori della diocesi e della giurisdizione del vescovo locale (staticità). Adesso, gli ordini monastici esprimono, come per la chiesa di Roma, un potere centralizzato (il generale al posto dell'abate). La liturgia romana viene portata dovunque.

Le novità di Francesco d'Assisi. Propone l’itineranza, ma nello stesso tempo, partendo dal Cristo povere ed umile (Francesco s'incontra con Dio povero e crocifisso), la povertà, legata all'umiltà come concetto esistenziale e non morale. I suoi frati verranno chiamati minores. Propone un'altra cristologia: il crocifisso ed il bambino. Voleva che i suoi frati si chiamassero non abati, ne monaci, ne superiori, bensì fratres. Si chiameranno così anche gli altri ordini. Nella tradizione monastica, il superiore viene chiamato abate, e a lui si deve l'obbedienza. Francesco dà il governo al servo o ministro, proprio per non avere superiore. C'è il generale, ma l'unico vero generale è lo spirito santo (dimensione comunionale).

Questi movimenti saranno veri e propri eserciti a servizio dell’ideologia del primato del Papa stesso. Sorgeranno anche famosi inquisitori.

La realtà, in movimento, in evoluzione, sta per sfuggire al controllo della chiesa: così i predicatori vengono inviati per l'evangelizzazione e per la confessione auricolare.

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