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1 Appunti di Progettazione di Endoprotesi di Roberto Guagnano PROTESI VALVOLARI Il cuore è un organo internato che equivale da un punto di vista meccanico ad una pompa: 2 pompe in serie sincrone, parte destra e sinistra sono ciascuna delle pompe sulle quali lavora con delle valvole speifihe: Cuore dx → circolo polmonare Cuore sx → circolo sistemico Il cuore destro pompa sangue privo di ossigeno che arriva dal circolo sistemico, la pompa nei polmoni, il cuore sinistro riceve sangue ossigenato he poi viene distribuito in tutto il corpo. Il lavoro del cuore è quello di fornire l’energia necessaria al sangue per percorre i due circoli; riceve il sangue a bassa pressione e deve rimetterlo nei 2 circoli ad una pressione sufficiente a far percorrere i 2 circoli. Vi sono delle camere: atrio e ventricolo ciascuna delle quali ha una valvola di aspirazione ed una di mandata. Le valvole di aspirazione sono la triuspide e la mitrale mentre le valvole di mandata sono l’aortica e la polmonare. La struttura delle valvole è differente a seconda he siano di mandata o di aspirazione, sebbene comunque questo ci interessa relativamente dal momento he le valvole he andiamo a studiare non sono biomorfe: copiare la geometria della struttura naturale permette sicuramente di garantire compatibilità anatomica, tuttavia solitamente il materiale da ostruzione è volutamente artificiale e quindi e quindi non è detto he una protesi biomorfa consenta di ottimizzarne il funzionamento(bisogna ad esempio considerare che il materiale artificiale non è in grado di rigenerarsi, anzi, TENDE A DEGENERARE!). A volte la scelta di realizzare una protesi biomorfa o no è dettato anche dalle modalità chirurgiche; ad esempio nel caso della protesi di

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Appunti di Progettazione di Endoprotesi di Roberto Guagnano

PROTESI VALVOLARI

Il cuore è un organo internato che equivale da un punto di vista meccanico ad una pompa: 2 pompe in serie sincrone, parte destra e sinistra sono ciascuna delle pompe sulle quali lavora con delle valvole speifihe:

Cuore dx → circolo polmonare Cuore sx → circolo sistemico

Il cuore destro pompa sangue privo di ossigeno che arriva dal circolo sistemico, la pompa nei polmoni, il cuore sinistro riceve sangue ossigenato he poi viene distribuito in tutto il corpo.Il lavoro del cuore è quello di fornire l’energia necessaria al sangue per percorre i due circoli; riceve il sangue a bassa pressione e deve rimetterlo nei 2 circoli ad una pressione sufficiente a far percorrere i 2 circoli.Vi sono delle camere: atrio e ventricolo ciascuna delle quali ha una valvola di aspirazione ed una di mandata.

Le valvole di aspirazione sono la triuspide e la mitrale mentre le valvole di mandata sono l’aortica e la polmonare.

La struttura delle valvole è differente a seconda he siano di mandata o di aspirazione, sebbene comunque questo ci interessa relativamente dal momento he le valvole he andiamo a studiare non sono biomorfe: copiare la geometria della struttura naturale permette sicuramente di garantire

compatibilità anatomica, tuttavia solitamente il materiale da ostruzione è volutamente artificiale e quindi e quindi non è detto he una protesi biomorfa consenta di ottimizzarne il funzionamento(bisogna ad esempio considerare che il materiale artificiale non è in grado di rigenerarsi, anzi, TENDE A DEGENERARE!).A volte la scelta di realizzare una protesi biomorfa o no è dettato anche dalle modalità chirurgiche; ad esempio nel caso della protesi di ginocchio si tende a riprodurre la geometria anatomica così come nella protesi d’anca che riproduce un’articolazione sferica così com’è nella geometria fisiologica.La vena cava superiore e inferiore sono i condotti dai quali arriva il sangue sporco al cuore destro (atrio).L’atrio destro è una camera a bassa pressione mentre il ventricolo è una camera ad alta pressione.Dal ventricolo → valvola polmonare → polmoni → atrio sn tramite l’arteria polmonare → ventricolo → circolo sistemico → aorta .

IL CICLO CARDIACO

DIASTOLE : ventricoli si riempiono di sangue e ciò avviene grazie alle valvole di aspirazione aperte e quelle di mandata chiuse : l’effetto pompante funziona con valvole chiuse e altre aperte.

SISTOLE : contrazione dei ventricoli che rimettono il sangue nel ciclo polmonare o in quello sistemico, a patto che le valvole di mandata siano aperte e quelle di aspirazione siano chiuse.

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Se le valvole sono parzialmente aperte/chiuse quando invece dovrebbero essere completamente aperte/chiuse non si ottiene un rendimento efficace del cuore, ma il cuore si trova a dover effettuare delle compensazioni per mandare in giro nel corpo la quantità di sangue richiesta : quindi per una funzionalità ottimale del cuore le valvole devono lavorare in maniera corretta sia per il momento in cui aprirsi/chiudersi sia per il grado di apertura/chiusura.L’ottimo si ottiene quando le valvole devono stare completamente aperte offrendo la minor resistenza possibile al passaggio del sangue e quando devono stare completamente chiuse che non si ha fenomeno di reflusso del sangue.

Andamenti nel ciclo cardiaco (cuore sinistro perché a regimi pressori più elevati):

le valvole cardiache naturali sono comandate dai regimi pressori a monte e a valle della valvola stessa.Non c’è un segnale che faccia aprire e chiudere la valvola come per la contrazione.Quando la pressione a monte supera la pressione a valle la valvola si chiude e viceversa avendo così un’azione meccanica che il sangue compie sulla struttura della valvola che determina

apertura e chiusura.

1. Prima del punto 1 la Pventriolo < Patrio , nel punto 1 la Pventrciolo>Patrio e la mitrale si chiude2. In 2 la pressione ventricolare aumenta ma non è ancora in grado di aprire la valvola aortica

poiché l’aorta è più alta della pressione ventricolare;entrambe le valvole sono chiuse → aumento della pressione all’interno del ventricolo con le valvole entrambe chiuse.

3. Pventricolare > Patriale , la valvola artica si apre e il ventricolo si svuota aumentando il flusso all’interno dell’aorta.

4. Tra 2 e 3 le pressioni tra aorta e ventricolo saranno le stesse in quanto la valvola è ancora aperta:

5. In 3 la Pventriolare sarà inferiore a quella aortica con la conseguente chiusura della valvola aortica

6. In 4 tale pressione fa riaprire la valvola mitralica e ricomincia il ciclo7. In 1 abbiamo la mitrale chiusa.

Da questo grafico riusciamo a capire il funzionamento della valvola in funzione delle pressioni. Nel grafico del

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flusso aortico si vede che quando la valvola è completamente chiusa si ha un flusso di ritorno che è fisiologico; quando la valvola si chiude ci mette un po’ di tempo in cui torna indietro del sangue.

Il buon funzionamento del cuore dipende da 2 fattori:

1. Il cuore deve pompare nella direzione voluta, cioè verso la periferia.L’efficacia del cuore si valuta in termini di quanto riesce ad evitare il retroflusso, sia dal cuore verso il circolo sia all’interno del cuore stesso. ( DIREZIONALITà DEL FLUSSO!)

2. Mantenimento delle pressioni necessarie per spedire il sangue nei due circoli.

Il cuore deve fare in modo che la quantità di sangue richiesta dal corpo venga fornita in un erto periodo di tempo e se ciò non avviene il corpo introduce dei meccanismi correttivi che fanno aumentare la frequenza cardiaca.Meccanismi patologici che impediscono al cuore di pompare la quantità corretta di sangue a livello valvolare:

STENOSI : valvola che in fase di apertura non è completamente aperta, per cui il lume all’interno del quale il sangue deve passare non è aperto.Restringimento del lume che non permette un corretto fluire con un conseguente aumento della resistenza al passaggio del sangue.Sul grafico si ha un andamento di pressione ventricolare, il ventricolo deve raggiungere pressioni molto elevate per superare quella resistenza data dalla valvola stenotica e quindi tipico segnale di valvola stenotica aortica è l’aumento della pressione ventricolare.

INSUFFICIENZA : nei grafici si vede un aumento della quantità di reflusso che si registra a livello dell’aorta. La valvola insufficiente è una valvola che in fase di chiusura non si chiude completamente e lascia passare una quantità di sangue maggiore del reflusso fisiologico che normalmente si dovrebbe avere e quindi il cuore deve fare più lavoro per garantire lo stesso effetto.Atrio e ventricolo che ricevono questo volume in più devono pompare a regimi di V maggiori e quindi sforzi >> (AFFATICAMENTO DEL CUORE).

Le valvole più colpite sono quelle a carico del cuore sinistro in quanto soggetto a carichi maggiori → mitrale → aortica → polmonare.

Fino a 60 anni fa le patologie valvolari erano mortali perché perché non c’erano tecniche operatorie adeguate (ora c’è la CEC).

Specifiche di una protesi valvolare

1. dovrebbe aprirsi e chiudersi passivamente secondo i livelli pressori a monte e a valle , e non possiamo prevedere un meccanismo diverso da quello naturale.

2. dovrebbe aprirsi e chiudersi in tempi estremamente rapidi: già la valvola naturale lo fa con fatica(la fatica causa il retroflusso)quindi tanto più la valvola è rapida tanto più sarà meno stenotica o insufficiente. Riuscendo a soddisfare questo requisito non è detto che riusciamo ad ottenere una valvola non stenotica o insufficiente poiché c’è un momento in cui la valvola si apre e si chiude (durante i transitori).

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3. durante l'apertura non dovrebbe creare perdite di pressione al sangue che la attraversa o comunque non tali da provocare sintomi per aggravi energetici al cuoreQui P = 20 mmHg a livello della valvola aortica Δ P = 5 mmHg a livello della valvola mitraleΔ

4. durante la chiusura non dovrebbe consentire flussi retrogradi o comunque non tali da provocare sintomi per aggravi energetici al cuore (il 5% della portata globale cardiaca comporta un reflusso inferiore del 5%)

5. dovrebbe mantenere le sue caratteristiche chimico fisiche e meccaniche per un tempo pari all'aspettativa di vita del portatore (alla frequenza di 72 battiti/min deve sopportare quasi 40 milioni di cicli di apertura e chiusura all'anno).Questo è il requisito che troveremo in tutti i dispositivi.Per la protesi valvolare abbiamo dei livelli di stress superiori rispetto a qualsiasi tipo di protesi.40milionni di cicli comportano problemi di fatica meccanica.L’intervento di sostituzione valvolare è molto invasivo con rischio operatorio molto elevato , quindi non possiamo progettare una protesi che duri , per es, 5 anni: la richiesta è di circa 15-20 anni ; inoltre, se la valvola si rompe all’improvviso il paziente muore quindi la valvola deve essere estremamente affidabile.Il 40% della produzione valvolare viene scartato perché i limiti di accettabilità della vavola stessa sono molto elevati ed è per questo quindi che il prezzo aumenta.

6. non dovrebbe indurre alterazioni nel sangue e in particolare non dovrebbe causarne la coagulazione né l'emolisi (requisito di componente biologica)La valvola entra a contatto con le pareti del cuore e con il sangue e non si devono creare alterazioni, né con la parete(componente governabile) né con il sangue (la capacità di non compromettere il sangue è legata ai materiali-coagulazione- ,allo stato di flusso-vortiosità- e il meccanismo di apertura/chiusura della valvola -emolisi-

7. dovrebbe essere almeno in parte radiopaca così da consentire il controllo del suo funzionamento con indagini radiografiche (requisito facile da soddisfare)

8. non dovrebbe indurre alterazioni nei tessuti circostanti9. dovrebbe avere dimensioni tali da adattarsi alle taglie dei diversi portatori

Aumento le dimensioni ma devo garantire che sotto quei regimi pressori la valvola funzioni; aumentando le dimensioni aumento anche le masse degli organi in movimento.

10. dovrebbe essere facilmente impiantabile : riduco il rischio chirurgico anche perché questo è un’intervento a cuore aperto altamente rischioso

11. non dovrebbe produrre rumore avvertibile dal portatore, infatti, la protesi rumorosa costituise un problema per il recupero sociale del portatore.

Le protesi valvolari cardiache di impiego clinico

Classificazione a seconda della modalità di funzionamento e del materiale di cui sono costituite:

VALVOLE MECCANICHEsono valvole di materiale artificiale, sono costituite sono costituite da uno o più organi mobili, differentemente vincolati ad una struttura fissata al cuore.I materiali impiegati sono stati sia metalli sia polimeri chè materiali ceramici, comunque materiali NON DEFORMABILI dalle sollecitazioni meccaniche cui sono soggetti.Sono indeformabili rispetto alla pressione sanguigna.Materiali artificiali o ceramici.Offrono una buona garanzia di durata nel tempo e quindi da un punto di vista dell’affidabilità meccanica nel tempo della struttura sono quelle che offrono maggiore garanzia.Con le valvole meccaniche di ultima generazione il problema dell’affidabilità non c’è più dal

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momento che esistono in commercio valvole he durano un numero di anni sufficienti all’applicazione.Grazie all’evoluzione della tecnologia di ottenimento delle valvole e delle varie parti e grazie ai controlli in produzione molto serrati, la valvola meccanica non ha più problemi di affidabilità nel tempo, purchè sia ben progettata.A causa della loro fluidodinamica anomala e dei materiali con cui sono costituite tendono a far coagulare il sangue (necessità per i portatori di trattamenti che inibiscono la coagulazione del sangue e l’aggregazione piastrinica ). Le valvole meccaniche NON sono BIOMORFE, quindi non replicano l’anatomia della valvola naturale, ma hanno tutt’altro disegno considerando l’anomala fluidodinamica.Qualsiasi materiale artificiale fa coagulare il sanguequindi, + garanzia di resistenza nel tempo - situazione di vita non ottimale del paziente

Ottenere un meccanismo di apertura e chiusura della valvola per movimento di parti rigide.La valvola si apre/chiude per il movimento delle parti indeformabili.

Le VALVOLE BIOLOGICHE → materiali di origine biologico, naturale.Sono costituite da una struttura metallica o polimerica che sostiene una valvola di forma simile alla valvola naturale e realizzata con tessuto biologico di origine animale.E’ una valvola BIOMORFA essendo costituita da materiale deformabile ottiene il suo funzionamento per deformazione dei lembi valvolari esattamente come avviene nella valvola naturale.deformazione flessionale determina l’apertura e la chiusura.Il vantaggio della biologica è che essendo costituita da materiale di origine animale tende a fare coagulare meno il sangue sulle sue strutture e quindi il paziente non è sottoposto a trattamenti anticoagulanti.Sono soggette a fenomeni di degradazione, di progressivo cedimento meccanico e/o di calcificazione, fenomeni che nel tempo inducono di nuovo patologie di insufficienza e/o stenosi.La calcificazione fa sì che i lembi valvolari non si aprono correttamente (valvola stenotica).

La CHIRURGIA VALVOLARE

Sia in quelle meccaniche che in quelle biologiche esistono delle strutture di supporto che vengono suturate alle pareti del cuore.Queste strutture sono dischi in plastica o in metallo ricoperti da un tessuto Dacron: è proprio l’anello che viene saturato tramite punto singolo (non viene fatto passare un solo filo per tutta la valvola).Il problema della taglia è molto importante: è possibile che la parete cardiaca del paziente venga tirata per

poter adattarsi alla taglia della valvola stessa e quindi un problema di sovrasollecitazione sulle suture.

Le varie tipologie di protesi valvolari sono:

1. VALVOLA A PALLA E’ una valvola dei primi anni ’50, utilizzate nei circuiti idraulici.Presenta l’anello di sutura in Dacron, la gabbia è vincolata all’anello

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e c’è la palla che viaggia all’interno della gabbia a seconda della Pressioni che si hanno a monte e a valle.Pmonte < Pvalle → valvola chiusa :la palla è adagiata sull’anello, ha un diametro maggiore dell’anello e quindi chiude il buco dell’anello.

Pmonte > Pvalle → valvola aperta :la palla è sulla parete terminale della gabbietta formando un lume di passaggio al sangue.

MATERIALIStruttura in acciaio inossidabile per la gabbia inizialmente, successivamente lega Co-Cr-Mb-Vi (stellite)La palla è in gomma siliconica additivata con solfato di Bario per permettere la visione della palla ai raggi per SILASTIC, materiale polimerico reticolato.L’anello di sutura è in Dacron che dà la possibilità di poter saturare la valvola alla parete cardiaca.

Problemi di fluidodinamica della valvola a palla :

valvola apertaLe frecce indicano i percorsi che il sangue può compiere. Le zone di ricircolo del sangue, ristagna con possibilità di coagulazione e quindi problemi legati ad aspetti di coagulazione importanti dovuti anche al materiale (acciaio) che costituisce la gabbia.Se il sangue coagula non ho solo un problema locale perché se il trombo si stacca questo può andare verso zone con diametro molto piccolo e provoca poi infarto se fluisce nelle coronarie.

La valvola è fortemente stenotica : quando la valvola è chiusa o aperta il sangue vede sempre la stessa sezione resistente.

Il lume di passaggio è ottenuto negli spazi laterali che si creano quando si sposta la palla ma comunque il sangue và a cozzare contro il diametro della palla.L’orifizio naturale è quasi completamente ostruito dalla presenza della palla.

VANTAGGIO → IN CHIUSURA TENEVA PERFETTAMENTE, nessun probema di insufficienza.Questo perché il diametro della palla era più grosso del diametro dell’anello, non c’era

nessuno spiraglio.La valvola è piuttosto ingombrante,infatti, se messa in posizione aortica ho meno problemi, mentre se posizionata in posizione limitrofa la valvola ha la gabbia all’interno al ventricolo e l’altezza della gabbia era tale che poteva toccare le pareti del ventricolo causando alterazioni del ritmo cardiaco (tocca le strutture in cui passa il segnale che governa la contrazione cardiaca).La palla ha una massa importante: insufficenza e stenoticità sono dovuti ai lunghi tempi di apertura e chiusura della valvola.Ogni volta che la valvola si chiuderà schiaccerà i globuli rossi ed è per qst che parliamo di valvola fortemente emolitica.Per ovviare a questo problema abbiamo alla VALVOLA A DOPPIA GABBIA dove la palla si adagia alla gabbia inferiore; la palla ha dimesioni ridotte perché non deve adagiarsi sull’anello quindi può avere

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dimensioni uguali a quelle dell’anello: diminuisce il diametro, la massa e quindi i tempi di apertura e chiusura ; la valvola, essendo più piccola, presenta minore strenoticità.Si crea gioco tra valvola e anello che comporta insufficienza.

2. VALVOLA A DISCO

Ricorda la valvola a palla nella struttura della gabbia.Presenta un anello strutturale ricoperto da tessuto e nella gabbia al posto della palla si ha un disco traslante che a seguito della ΔP si sposta consentendo apertura e chiusura della valvola.

Per quanto riguarda i materiali, la gabbia è in stellite e il disco in Dacron-Plastica.

VANTAGGIO → rispetto alla valvola a palla, la gabietta è più bassa e quindi abbiamo dimensioni contenute in termini di altezza andando ad ovviare i problemi di compatibilità della valvola in posizione mitralica. Abbiamo una migliore compatibilità anatomica rispetto alla valvola a palla però non risolve molti dei problemi della valvola a palla.

Fluidodinamica:

valvola aperta:

zone di ricircolo del sangue a valle della valvola dovute al fatto che il sangue cede un lume di passaggio ostruito dal disco e a valvola a perta il sangue fluisce tra le gabbie della maglia.Il sangue deve effetturare dei percorsi toruosi per superare il disco e ciò è causa di ricircoli che comporteranno ristagno e conseguente coagulazione e trombi anche sulla superficie del disco che è fatto di

materiale non emocompatibile.

Il disco è costituito in “denerin” che è un materiale più tenero della stellite e a forza di scorrere sulle maglie della gabietta si usura in modo naturale. Si formane dei solchi e cresce sulla faccia superiore del disco.La gabbia scava sulla sede del denerin e questo comporta il rilascio di particelle di materiale che quindi vanno in giro attraverso il flusso ematico e inoltre si ha il decadimento meccanico del disco che a furia di sbattere contro la gabbia diminuisce la sua sezione resistente e quindi può andare incontro a rottura, quindi SCARSA AFFIDABILITà MECCANICA.Inoltre nello spessore del disco subisce usura anche la parte a contatto con i bracci della gabbietta.Il gioco che c’è tra disco e gabbietta è poco perché altrimenti in fase di chiusura la valvola non si chiuderebbe; questo scarso gioco causa un alto attrito tra disco e pareti della valvola e inoltre potrebbe causare fenomeni di impuntamento del disco sulle pareti della gabbia: la valvola funziona quando il disco trasla in modo perpendicolare all’asse della valvola.Per evitare ciò le pareti del disco che vanno a contatto con i bracci sono pre-scavate, pre-sagomate per grantire che il disco trrasli perpendicolarmente.

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Un’impuntamento del disco potrebbe causare una valvola parzialmente stenotica o insufficiente ma se l’impuntamento è defluttivo la valvola rimane o sempre chiusa o sempre aperta causando il fallimento della valvola.

Il disco ha un diamentro uguale a quello dell’anello di rinforzo per cui anche quando va a chiudere esistono dei trafilamenti quando non è perfettamente a tenuta come lo è invece la valvola a palla.L’unico vantaggio che ho rispetto alla valvola a palla è la maggiore compatibilità anatomica data dalla gabbietta ridotta in dimensioni.

3. VALVOLA A DISCO OSCILLANTE :

In questa tipologia di valvola cambiamo filosofia e soprattutto materiale,avendo anche novità in termini di geometria e disegno.

Ritroveremo sempre l’anello di sututra e la gabbietta che fa da cerniera; il disco ruoto attorno alla cerniera quando la valvola si deve aprire e il disco vediamo presentare un’inclinazione di 60°-65°.

VANTAGGI

FLUIDODINAMICA molto meno disturbata

Si riduce il problema della trombogenicità

La valvola è meno stenotica in fase di apertura rispetto alle valvole precedenti.La superficie che vede il sangue a valvola chiusa è diversa dal lume di passaggio che vede il sangue a valvola aperta sempre rispetto alle precedenti. Il sangue non deve infilarsi tra le maglie della gabbia ma può passare più facilmente e comunque c’è una ostruzione data dal disco

Valvola che causa perdite di pressione a cavallo della valvola molto più contenuta rispetto alle altre valvole

Emolisi contenuta rispetto alla valvola a palla .Non c’è una superficie in cui i globuli rossi si possono fermare per poi essere schiacciati anche perché la massa del disco oscillante è molto minore della massa della palla(VALVOLA MOLTO MENO EMOLITICA)

Materiale di costruzione : CARBONIO PIROLITICO. Si ottiene per pirolisi del di un idrocarburo che viene nebulizzato ad altissime temperature (cioè ridotto sotto

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forma di gas) e va a ricoprire un bersaglio (disco circolante interno) fatto di grafite. Avvenendo la pirolisi ad altissima temperatura abbiamo bisogno di un materiale che abbia gli stessi coefficenti di dilatazione termica del Carbonio che si deposita sopra. In fase di deposizione e di raffreddamento il disco interno e la superficie esterna devono avere gli stessi coefficenti perché altrimenti si creano delle tensioni tra i 2 materiali che possono determinare la rottura e/o distacco.Il carbonio pirolitico è fortemente emocompatibile: il rivestimento è di tipo ceramico e quindi inerte chimicamente, inibisce l’aggressione piastrinica e lo scatenamento della catena di coagulazione che normalmente avviene sul materiale estraneo.Esistono comunque problemi di compatibilità anatomica poiché quando il disco si apre bisogna fare attenzione che il disco non vada a toccare le strutture cardiache; comunque l’ingombro di questa valvola anche in fase di apertura non è così ingombrabte come la valvola a palla .In fase di chiusura non ha perfetta tenuta e quindi la valvola è leggermente insufficiente in chiusura perché per garantire il movimento tra disco e struttura è necessario avere dei giochi tra queste due parti: non posso avere poco gioco altrimenti rischio di avere una valvola che è in grado di aprirsi con i ΔP che agiscono a livello cardiaco.Quindi il progettista ha una difficoltà in più legata alla scelta di tolleranze corrette sia in fase di progettazione che di realizzazione: cioè bisogna scegliere delle tolleranze che siano corrette e che garantiscano apertura con quei ΔP ma che garantiscano che in fase di realizzazione queste tolleranze possano essere mantennute.Quindi la tolleranza teorica calcolabile non è quella che ottengo in fase di produzione perché devo prevedere che la produzione non sia perfettamente standardizzata o che possa succedere qualcosa (questo non c’era nelle valvole precedenti!).Bisogna trovare un compromesso: il diametro del disco dev’essere uguale al diametro della struttura di supporto, poi devo giocare sulle tolleranze per garantire che vi sia sempre gioco durante apertura e chiusura.Devo prevedere che una ricrescita di tessuto lungo l’anello di sutura o del coagulo si possano formare nonostante utilizziamo carbonnio pirolitico.

Questa protesi quindi presenta una progettazione complessa in fase di disegno, tolleranze e tecnologie e inoltre presenta il problema del ruomore.

Esempio tolleranze-valvole brasiliane:Pazienti in cui si è staccato il disco presentano problemi di tolleranze legate ai perni che vincolano la valvola.Sulla carta il gioco era sufficiente a far aprire il disco ma non così tanto da far uscire il disco dalal sede.In fase di produzione le tolleranze non erano rispettate : valvole con gioco maggiore presentano una maggiore usura e distacco del disco.

4. VALVOLA A 2 EMI-DISCHI :

Il disco oscillante è sostituito da due dischi che ruotano attorno alle cerniere , aperti dalla ΔP e permettono di avere un lume di passaggio ancora più grande rispetto alla valvola con un disco solo.

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I 2 emidischi aperti sono paralleli al flusso di sangue che quindi vede lo spessore del disco e comunque una sezione molto ridotta della struttura mobile.

Abbiamo una migliore fluidodinamica Migliore stenoticità: le parti le parti mobili quando la valvola è

aperta offrono una resistenza molto limitata al flusso (VALVOLA NON STENOTICA) e mantiene i vantaggi della valvola a disco oscillante.

Materiali: carbonio pirolitico anche per l’anello di supporto.Nella valvola a disco oscillante la struttura di supporto era in stellite e quindi ho una valvola completamente in carbonio pirolitico per cui ho EMOCOMPATIBILITà OTTIMIZZATA.

SVANTAGGI:

Il rumore è molto maggiore della valvola a disco poiché ho due strutture che si aprono e si chiudono.

Rottura di schianto .L’evoluzione delle valvole si porta dietro questo problema.Per rottura della componente (raro!) o per distacco di una delle componenti per rischio di schianto: si introducono quindi fattori di rischio più elevati rispetto all’occasione della rottura della valvola con conseguente morte del paziente.

E’ una valvola molto recente (metà degli anni ‘70): l’evoluzione stà nell’utilizzo del carbonio pirolitico anche nelle strutture di supposto.E’ la valvola più utilizzata al mondo.Le valvole biologiche stanno ormai scavalcando le meccaniche poiché la possibilità di non dover trattare il paziente con anticoagulanti favorisce l’utilizzo delle biologiche.

5. VALVOLA PORCINA :

Consiste nel prelevare una valvola aortica dal cuore del maiale e di montarla su un supporto valvolare che è costituito da materiale plastico: prima di fissarla al supporto però viene tratta in gluteraldeide o formaldeide per cercare di minimizzare problemi di degenerazione dei tessuti di cui sono costituiti i lembi valvolari.

Si diminuisce l’antigenicità della valvola : cioè la si rende morta per evitare conflitti tra tessuto animale e tessuto del paziente e si aumentano le proprietà meccaniche del tessuto stesso.

Il funzionamento della valvola porcina è uguale a quello di una valvola aortica naturale : ci sono dei foglietti valvolari che in seguito all’applicazione della pressione da parte del sangue si aprono per deformazione flessionale dei lembi stessi.

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Il tessuto p in grado di deformarsi.Introdotta nei prima anni ’70 : l’evoluzione della valvola stessa è stata nel trattamento che subisce prima di essere impiantata.

Il problema di questa valvola è la sua affidabilità meccanica nel tempo nonostante i trattamenti e la sua fissazione: il limite quindi è proprio la resistenza nel tempo.

Il foglietto valvolare può rovinarsi nel tempo, cioè tende a creare delle microfratture all’interno del tessuto stesso che non rendono più la valvola impermeabile in fase di chiusura.

Altro problema è la CALCIFICAZIONE DEL TESSUTO ,cioè si irrigidisce procurando problemi in fase di apertura(non si apre tanto e quindi si presenta stenoticità) e di chiusura (non perfetta aderenza dei lembi e quindi insufficienza).

VANTAGGI :

Grande disponibilità di valvole dato il tessuto a basso costo Non cede di schianto,non ci sarà mai il distacco di un lembo.

Si può avere un cedimento preogressivo nel tempo anche nella funzionalità della valvola.Il paziente fa in tempo ad accorgersi di un mal funzionamento della valvola evitando così la morte.

Il sangue non coagula sul tessuto.

SVANTAGGI:

I supporti valvolari sono standard e cioè hanno delle tagli discrete , mentre la valvola porcina no, sebbene i maiali vengano fatti crescere in un range ben preciso di peso.Quindi può succedere che la valvola non fitti perfettamente con il supporto.La valvola potrebbe essere troppo tesa e questo comporterebbe un acceleramento dei fenomeni di degradazione meccanica oppure potrebbe essere più grande del supporto con conseguente mal funzionamento della valvola (valvola non più contenitiva in fase di chiusura).

Durata nel tempo.Mentre nelle valvole meccaniche oltre al cedimento di schianto non ho fallimento nel tempo, per questa valvola non si è arrivati ad avere un livello di affidabilità meccanica tale da garantire che questo sia l’unico impianto per il paziente (10-15anni).

6. VALVOLA PERICARDICA :

PASSIAMO DAL MAIALE AL BUE.

Utilizziamo un pericardio bovino: sacco che riveste il cuore, vengono tagliate delle strisce del tessuto che riforma la struttura della valvola a 3lembi .

E’ una valvola biomorfa ottenuta non prelevando l’intera valvola ma il tessuto da costruzione.La striscia viene trattata in gluteraldeide o formaldeide per aumentare le caratteristiche meccaniche: gli stessi trattamenti che venivano fatti sulla valvola porcina.

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VANTAGGIO RISPETTO ALLA PORCINA:Questa struttura viene suturata esternamente all’anello di supporto.La dimensione da dare alla valvola la dà l’orifizio naturale del paziente (il diametro esterno della valvola è dato dal diametro dell’orifizio).Con la valvola porcina la infilo all’interno dell’anello di supporto mentre la valvola pericardica viene suturata all’esterno: quindi a parità di diametro del paziente riesco ad ottenere un lume di passaggio più grosso con la pericardica rispetto alla porcina.Vantaggio abbastanza importante perché aumento il lume di passaggio del sangue e quindi diminuisco la perdita di pressione tra monte e valle della valvola.Inoltre, mentre la valvola porcina posso averla di dimensioni predefinite essendo prelevata tale e quale dall’animale e quindi posso avere problemi di compatibilità dimensionale tra la valvola dell’animale e la valvola del paziente, con la valvola pericardica posso progettare una valvola di qualsiasi dimensioni perché utilizzo il tessuto come tessuto da costruzione e quindi la dimensione che do alla valvola la decido io.

Non ho problemi di MISS-FIT, cioè problemi di accoppiamento tra valvola e supporto, perché taglio una striscia di pericardio più o meno grande a seconda della valvola che voglio ottenere.I tipi di vantaggi della pericardica sono uguali a quelli della porcina e rimangono gli svantaggi di natura meccanica, quindi aspettativa di vita legata alla degenerazione del tessuto nel tempo, calcificazione o rottura del tessuto.Però partiamo avvantaggiati perché non ci sono scorretti pretensionamenti della valvola sul supporto dato che la costruisco della dimensione più adatta.

Agli esami radiografici al massimo sono visibili la struttura di supporto ma sicuramente no i foglietti valvolari.E’ inutile controllare nel tempo una valvola biologica poiché non cederà mai di schianto, si controlla il flusso di sangue attraverso la valvola.

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IL SISTEMA CIRCOLATORIO E LE PROTESI VASCOLARI

Il sistema circolatorio :

Sistema arterioso Sistema venoso Capillari (permettono lo scambio di sostanze nutritive)

Dimensione e composizione sei vasi:

Ci interessa conoscere il comportamento meccanico in termini di elasticità della struttura.Vene e arterie hanno comportamenti meccanici differenti: il tessuto elastico diminuisce al diminuire del diametro del vaso e non è uguale tra ramo venoso e ramo arterioso.Le arterie si presentano come strutture con elasticità maggiore, quantità di elastina maggiore rispetto alle vene e questo è dovuto ad una richiesta da parte di tutto il sistema di aiutare il sangue nella fase di pompaggio.L’arteria è in grado di accumulare del sangue nella fase in cui il cuore pompa sangue all’interno dell’arteria e di rilasciarlo nella fase in cui il cuore non pompa.E’ quindi un aiuto al lavoro che dovrebbe fare il cuore da solo se non ci fossero questi vasi elastici.

La protesi vascolare ideale è una protesi che si comporta come il vaso ideale, nel caso in cui sostituisco un’arteria devo progettare una protesi con quelle caratteristiche elastiche dell’arteria naturale altrimenti il tubo non svolge la funzione di accumulo e pompaggio di sangue e il cuore risulta sovraccaricato e comunque vengono sostituiti tratti molto ridotti.

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LA PROTESI VASCOLARE:

Dispositivi medici che vengono impiantati permanentemente per ripristinare l’efficacia di un tratto vascolare che , per qualsiasi motivo, non sia più in grado di trasportare correttamente il sangue.Tratti di tubi impiantati al posto di arterie, permanenti nel senso che una volta impiantati è impensabile sostituirli.La maggior parte delle protesi vascolari è a carico del ramo arterioso e questo perché questo ramo lavora a pressioni maggiori rispetto al ramo venoso, dove queste pressioni maggiori causano maggiori degenerazioni.Se sostituissi con delle protesi il sistema venoso ho più probabilità che il sangue ristagni e coaguli perché ho pressioni più basse.

STENOSI: PATOLOGIA : ostruzione totale o parziale del lume di un vaso per crescita di placca arterosclerotica o

coagulo.Questi due fenomeni sono spesso correlati tra loro: la placca cresce all’interno del vaso con conseguente restringimento del vaso causando una fluidodinamica alterata in quel tratto; si possono creare delle zone di ristagno che possono portare alla formazione di un coagulo e quindi aumentare il problema dato dalla crescita della placca arterosclerotica; nei casi più gravi si ha l’occlusione del vaso.

TERAPIA : BYEPASSARE il vaso chiuso con un vaso a resistenza minore per garantire le corrette condizioni di flusso e di irroramento dei tessuti a valle della stenosi.Il sangue vede una resistenza elevata del vaso occluso e una resistenza minore: logicamente sceglie la via meccanicamente più comoda.Il bypass diventa un ramo in parallelo del vaso naturale ma la ripartizione della portata tra vado naturale e byepass avviene a carico del byepass:Il rischio dato dalla stenosi è quello di ISCHEMIA dei tessuti a valle.

STENOSI CORONARICA:

Le coronarie sono le arterie che portano nutrimento al cuore stesso, si dipartiscono dalla radice aortica e corrono lungo la superficie del cuore.Sono seggette a fenomeni di stenosi poiché hanno diametri molto piccoli e se non risolta può portare ad infarto.L’intervento di byepass aorto-coronarico consiste nell’installare un vaso in parallelo a quello occluso che prende sangue direttamente dalla radice aortica e viene

suturato a valle della stenosi: non sempre è fatto con strutture artificiali.

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ANEURISMA :

PATOLOGIA : Dilatazione per cedimento meccanico della parete di una grande arteria, tipicamente l’aorta.

Il diametro dell’aorta aumenta in maniera abnorme e si può arrivare alla :

1. rottura della parete dell’aorta con conseguente morte del paziente;

2.anomala fluidodinamica: il sangue deve passare da un diametro minore dell’aorta a quello maggiore dell’aneurisma.Dovendo attraversare questa “sacca” si possono creare dei ricircoli nella parte a diametro maggiore portando a ristagno e alla formazione di trombo, coagulo all’interno della sacca. Il problema non è dato dalla quantità di coagulo che si forma infatti nella aorta non si presentano quasi mai fenomeni di stenosi essendo un vaso molto grande, però, può accadere che il coagulo si stacchi andando ad occludere i vasi a valle dell’aneurisma e quindi possibile ischemia dei tessuti.

TERAPIA : ridurre il rischio di rottura dell’aneurisma e ripristinare la corretta fluidodinamica.Si procede per via chirurgica aprendo l’aneurisma e inserendo all’interno dell’arteria una una protesi vascolare, con successiva chiusura della protesi vascolare sopra la protesi.La protesi viene suturata a monte e a valle dell’aneurisma.

L’impianto di protesi vascolare può essere un impianto all’esterno del vaso in caso di stenosi oppure all’interno del vaso originario.

SHUNT NEONATALI

Un’altra applicazione della protesi vascolare è quella degli interventi sui neonati affetti da patologie a carico dei ventricoli: alcuni feti non sviluppano completamente la struttura cardiaca e nascono con dei ventricoli molto piccoli che non sono in grao di svolgere l’azione pompante del cuore.La patologia può colpire sia sia il ventricolo di dx che di sx , ma difficilmente contemporaneamente.

Essendo il ventricolo di dimensioni ridotte, allora anche l’aorta sarà piccola.I bambini devono essere operati appena nati altrimenti il feto và incontro alla morte.Questo problema si risolve rendendo il ventricolo destro come unico ventricolo che pompa sangue sia al circolo polmonare che a quiello

sistemico.Bisogna collegare il ventricolo destro al circolo sistemico per ovviare all’ipoplasia del ventricolo sinistro.Collego l’aorta al ventricolo destro.Si stacca l’arteria polmonare dal ventricolo destro prima della diramazione e l’aorta viene collegata all’arteria polmonare, si crea un unico tubo ma l’arteria polmonare è normalmente sviluppata mentre

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l’aorta è ipoplica quindi bisogna creare un patch per portare il diametro dell’aorta a quello polmonare. Se lasciassimo così il percorso del sangue questo non passerebbe mai dai polmoni e non si ossigenerebbe : allora si crea uno shunt, protesi vascolare, che ributta nella polmonare destra parte del sangue che era andato direttamente in aorta.Non tutta la quantità di sangue viene inviata ai polmoni e tra atrio dx e sx si crea una connessione che nel periodo fetale è già presente, rendendo magari questo foro più pervio.

SPECIFICHE DI PROGETTO:

1)biocompatibile e emocompatibile : la protesi viene suturata a tessuti naturali e visto che all’interno scorre il sangue si deve cercare di limitare la coagulazione.2) impermeabile al sangue lungo la lunghezza delle pareti e a livello delle strutture.3)elastica: con elasticità paragonabile a quella dei vasi naturali.Ci sono problemi legati al fatto che arteria e vene hanno elasticità differenti e quindi dovremmo costruire protesi venose e protesi arteriose e inoltre, c’è da dire, che l’elasticità diminuisce al diminuire del calibro del vaso.4)flessibile : il tratto di vaso può essere curvo, non tanto nella posizione normale ma perché posizionato a cavallo di un’articolazione e quindi la protesi deve riuscire a piegarsi senza occludersi.5)di lunghezza e diametro appropriatiDevo riuscire a suturarla al vaso senza né tirare il vaso per adattarlo al diametro della protesi, né viceversa, quindi i 2 tratti del tubo devono avere più o meno lo stesso diametro o comunque devo progettare la protesi in maniera tale che sia RADIALMENTE ESTENSIBILE , in grado di adattarsi al diametro del vaso. Questo concetto è legato all’elasticità però non è detto che l’elasticità che trovo come paragonabile a quella di un vaso va bene pure per adattare le protesi al diametro del vaso.La struttura da sostituire cambia da paziente a paziente in quanto non conosco le dimensioni della stenosi o dell’aneurisma e non posso pensare di avere protesi di infinite lunghezze.Allora mi servono delle protesi adattabili al tratto da sostituire e la scelta avviene in sede operatoria quando il chirurgo apre il paziente.La protesi deve avere la lunghezza minima necessaria a risolvere il problema.6)suturabile (facilmente impiantabile)7) meccanicamente resistente affidabile: il vaso non deve andare in contro a fenomeni di degenerazione per tutto il tempo dell’impianto e la protesi non deve rompersi ma deve mantenere le sue caratteristiche di elasticità nel tempo.La protesi vascolare è una protesi tessuta in Dacron.

Le tipologie di impianti vascolari sono:Di origine biologica :Non trattati chimicamente (se provengono dal paziente stesso)Trattati chimicamente: pezzi di altri dopo trattamenti in gliceraldeide o formaldeideIngegneria dei tessuti: prelevare cellule dal paziente stesso, farle crescere in laboratorio su substrato e ricreare una struttura equivalente da quella da sostituire; il vaso viene impiantato senza scatenare risposta immunitaria del paziente (oggi si riescono a realizzare piccoli vasi in laboratorio).Di origine sintetica:1)in politetrofluoroetilene(PTFE) mentre vasi di piccolo calibro in Teflon espanso;2)in polietilentereftalato (PET);3) in poliuretano (ormai non più!);

IMPIANTI VASCOLARI DI ORIGINE BIOLOGICA(senza sintesi di materiali artificiali):

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Non trattati chimicamente (vena e/o arteria utilizzate del paziente stesso) Spesso vena e arteria del paziente stesso vengono utilizzati nel Byepass aorto-coronarico.Viene utilizzata principalmente la SAFENA (del diametro di 4-6mm) dalla gamba,coerente con il diametro delle coronarie da sostituire.E’ necessario lavorare la vena in quanto la vena ha delle valvole all’interno che non permettono al sangue di tornare indietro e questo non è necessario in posizione artero-coronarico, quindi o si rompe in sede chirurgica questa valvola, oppure si prende il tratto della vena safena e la si ribalta affinchè siano aperte e permettano il passaggio del sangue. L’arteria MAMMARIA , che và a irrorare i muscoli del petto, viene attaccata a valle del tratto aortico che interessa la stenosi, quindi bisogna solo staccarla distalmente e attaccarla a valle: in questo caso si utilizza un’arteria per sostituire un’arteria dal momento che la safena, che è una vena, ha una struttura biologica differente(e questo è vantaggioso!).(Safena e Arteria Mammaria possono essere presi anche da un altro soggetto).Qual è il problema che sorge nel sostituire una vena con un’arteria?Il circolo venoso non è solo composto da queste vene che riporta sangue al cuore, quindi anche eliminando uno di questi vasi il ritorno è garantito.

Trattati chimicamente Tessuto decellularizzato: elimino la possibilità che l’impianto sia vivente in moda da non avere problemi di riconoscimento di tessuto non proprio.Trattamento con gluteraldeide per fissare il collagene.La vena ombelicale umana viene trattata perché non ha caratteristiche meccaniche elevate e quindi la si fissa in glurealdeide per renderla meccanicamente più stabile.Il vaso bovino : si utilizzano carotidi bovine e arteria mammaria bovina.Protesi prodotte con pericardio bovino, tessuto lavorato per ottenere un tubo.

Ingegnerizzati (con/senza supporto sintetico, bio/non bioriassorbibile) per far crescere dal paziente stesso nuovi vasi;Protesi fabbricata per rottura di tessuti viventi;Protesi prodotta all’interno di un animale;Protesi prodotta all’interno di un paziente stesso;Più in fase di sviluppo le cellule prelevate dal paziente vengono su supporto che fa da substrato che una volta impiantato tende a dissolversi, lasciando il tubo come vera e propria protesi.

IMPIANTI VASCOLARI DI ORIGINE SINTETICA:

in politetrafluoretilene (PTFE o Teflon)- tessuto- espanso (Gore-Tex)

in polietilentereftalato (PET o Dacron)- woven o knitted- velour : trattamento interno con ulteriore strato di “vellutino” per ricreare nel vaso un deposito semiendoteliale che faccia da interfaccia con il sangue –una sorta di coagulo- che viene riconosciuto dal sangue; il coagulo è aumentato da questo vellutino –emocompatibilità della protesi ;- rinforzato: le caratteristiche meccaniche vengono aumentate da parti in plastica che danno maggiore resistenza alla protesi;-rivestito ( collagene, carbonio pirolitico)

in poliuretano (ormai in disuso)

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IMPIANTI DI ORIGINE SINTETICA: a partire da Teflon (artificiale) che può essere tessuto oppure TFE (Gore-Tex) espanso. Si usa anche Polieteilentereflato, utilizzato su dei telai .

SVILUPPO: DACRON è utilizzato generalmente in grandi vasi, con flussi elevati, perché la fluidodinamica

perché la fluidodinamica all’interno di protesi tessuta qui non è ottimizzata:La protesi è corrugata e costruire la protesi in Dacron per piccoli vasi porterebbe l’inconveniente che il vaso si rompa, dal momento che per piccoli diametri si possono creare tappi.La protesi può avere diverse geometrie(tubulari,oppure un tubo con una biforcazione),tessiture,plissettature e rinforzo.

GORE-TEX è utilizzato per piccoli vasi con flussi ridotti, non presenta il corrugamento interno come quelli in Dacron, ha una fluidodinamica ridotta, con minore possibilità di occlusioni del vaso; la parete sottile è composita perché può essere fatta da 2 tipi di PTFE, vi sono versioni estendibili (mmicrocrimping) e vi è un rinforzo.

PROCESSO TECNOLOGICO DELLE FIBRE DI DACRON:

Solitamente per la produzione di fibre si utilizzano macromolecole di PET lineari con peso molecolare medio pari circa a 20000.Devono essere fibre orientabili perché se così non fosse si perderebbe per orientarle e la rigidezza perderebbe deformazione.Abbiamo quindi dei grani di PET: si scaldano per ottenere una massa fusa e poi passati da una filiera, alla cui uscita abbiamo tanti fili di PET che vengono stirati per farli passare in una serie di bobine; il filamento viene tirato e allungato per avere un aumento delle caratteristiche meccaniche della fibra stessa.

Le fibre non stirate mostrano segni di cedimento allo stesso valore di deformazione per le fibre stirate.

Caratteristiche meccaniche la fibra stirata oltre che aumentare la sua resistenza alla rottura ha anche una maggiore stabilità dimensionale essendo più rigida

Caratteristiche chimiche presentano una bassa inerzia chimica e un’alta idrofobia : in genere sono inibiti i fenomeni di degradazione per idrolisi delle fibre.

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Sterilizzaziozne la maggior parte dei fallimenti è a causa dello svilupparsi di infezioni dopo gli impianti: la sterilizzazione è uno dei processi che subisce l’impianto al termine della produzione ed è controllabile, per cui la probabilità che il dispositivo fallisca per non essere stato sterilizzato è sicuramente basso.Mantenere la sterilità in una sala operatoria è molto difficle: devo costruire dispositivi con materiali che possono sopportare più cicli di sterilizzazione , soprattuto per dispositivi riutilizzabili.Il Dacron viene sterilizzato sia in autoclave a vapore, sia con ossido di etilene o con raggi gamma senza provocare significativi fenomeni di degradazione.

TIPI DI TESSITURA:

WOVEN

Fibre di tessuto perpendicolari tra loro e una delle direzioni di tessitura coincide con l’asse della protesi.Bassa porosità e caratteristiche meccaniche elevate perché le fibre sono già orientate e rispondono subito ad un’incremento di sollecitazione.

KNITTED (weft )

Le fibre non sono tese ma disposte con una serie di curvature continue: quando sollecito il tessuto parte della def. Serve per svolgere e orientare le fibre nella direzione della sollecitazione.Quindi è una protesi molto meno stabile dimensionalmente ; non è detto che

questa protesi meno rigida sia peggiore in quanto bisogna vedere dove deve essere impiantata: inoltre essendo meno fitta questa protesi è più porosa.La porosità permette la crescita di fibrina però se è troppo elevata diventa non impermeabile per cui il chirurgo prima di impiantare la protesi la immerge nel sangue del paziente (“pre-clotting”) e si crea il coagulo che permeabilizza la protesi.

KNITTED (warp)

qui si hanno più interconnessioni tra le maglie; è più stabile rispetto alla weft

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perché la struttura risponde prima in termini di rigidezza in quanto ci sono più interconnessioni.Uno svantaggio della weft è che si sfilaccia quando viene tagliata agli estremi perché le maglie non sono molto connesse come la warp e/o la woven.

FLESSIBILITA’ DELLA PROTESI

Capacità della protesi di riuscire a seguire le curvature dei vasi naturali o imposte dal movimento delle articolazioni senza occludersi → KINKING (condizione che non vogliamo che si verifichi).La protesi viene corrugata e ciò impedisce di occludersi e con questo tipo di soluzione la protesi può flettersi, poiché la parte esterna è in grado di allungarsi e la parte interna di accorciarsi, quindi il diametro interno rimane pervio e non si hanno problemi di stabilità del tubo data dalla chiusura del tubo stesso.La protesi plissettata porta ad un secondo vantaggio , cioè la protesi è adattabile alle varie lunghezze di impiego.Il corrugamento dà la possibilità di una dilatazione longitudinale che ha 2 effetti , 1) a livello della sutura, della protesi al vaso naturale ,il livello di sollecitazione è minimo nel senso longitudinale e 2) il taglio della protesi alla lunghezza necessaria è meno critico.

LE PROTESI VASCOLARI IN GORE-TEX

Ha una struttura espansa ottenuta per stiramento ad alta temperatura che genera dei nodi, PTFE interconnessi da sottili fibrille altamente orientate: i nodi sono in grado di

avvicinarsi e la struttura è naturalmente deformabile.Struttura porosa-non-porosa : la porosità intrinseca del materiale impedisce all’acqua di passare ed essendo impermeabile non vi è necessità di pre-plotting.

Presenta basse proprietà meccaniche, sebbene l’affidabilità meccanica nel tempo sia garantita.Non subisce Kinking perché la struttura della protesi stessa impedisce la chiusura ;Non è corrugata e quindi non vi è alterazione della fluidodinamica.

VALUTAZIONE DELLE FUNZIONALITà DI UN PROCESSO VASCOLARE:

La protesi vascolare ideale è compatibile con le strutture adiacenti.

1) Compatibilità morfologica : avere forma e dimensioni che ne consentono l’impianto; per le protesi tessute non vi sono grandi problemi, mentre per piccoli diametri e piccole dimensioni non si riescono ad avere vasi pervi;

2) Compatibilità biologica: la sua presenza non deve indurre nell’organismo ospite nessuna reazione che possa danneggiare sia l’organismo che la protesi stessa;

3) Compatibilità funzionale: in esercizio deve replicare, senza subire rotture, il comportamento meccanico (strutturale , fluidodinamica) del vaso sostituito e verificare che la protesi abbia

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caratteristiche meccaniche in termini di rigidezzadel vaso naturale e della struttura tale da non alterare la fluidodinamica locale;

PROPRIETA’ MECCANICHE RISCHIESTE AD UNA PROTESI VASCOLARE:

1) Resistenza meccanica (statica) : la protesi non deve subire alcuna rottura sotto la massima sollecitazione a cui può essere sottoposta una volta impiantata:La protesi è sottoposta alla pressione sanguigna che possiamo conoscere ma l’unico problema è che queste protesi vanno in pazienti ipertesi (con pressioni molto elevate) che però possiamo conoscere ; abbiamo quindi condizioni di sollecitazioni mmolto alte.A cavallo delle articolazioni la protesi subisce anche flessione data dal movimento della protesi e dunque esistono altre forze oltre alla pressione sanguigna.

2) Durata : la protesi non deve cedere nel tempo a causa della ripetizione dei cicli di sollecitazioni legati alla pulsatilità della pressione sanguigna; questo è anche un requisito di progetto legato alla resistenza meccanica a fatica (dispositivo permanente che resiste a un numero di cicli di carico paragonabile a quelli della protesi valvolare, dove ogni volta che il cuore pompa il sangue passa dal vaso); non vi deve essere cedimento a fatica sia a livelli macroscopici che microscopici, infatti, la protesi si rompe ma anche si può verificare un cedimento della struttura delle fibre poiché la protesi continua ad aumentare come diametro, portando ad un cedimento complessivo della struttura e a problemi come aneurisma artificiale dato dalla protesi dilatata.

3) Deformabilità : la deformabilità radiale della protesi deve riprodurre quella dei vasi naturali per non alterare l’emodinamica né sovraccaricare eccessivamente la zona delle suture.Le rigidezze radiali tra protesi e vaso naturale devono essere simili, altrimenti a livello della sutura ho problemi, come sovrasollecitazione e fluidodinamica scorretta: con il cedimento della sutura il sangue trafila a livello della sutura con conseguente nascita di falsi aneurismi.

Resistenza della protesi : per verificare l’affidabilità del materiale e del prodotto finito si effettuano prove sulla struttura intera oppure sul materiale.Sulla struttura completa, si verifica con la PRESSURIZZAZIONE , palloncino in lattice viene inserito nella protesi fino a rottura della protesi per determinare la pressione massima sopportabile dalla protesi (confronto con la Pressione del sangue): Sul materiale, invece, si effettua la TRAZIONE MONOASSIALE dove taglio campioni e faccio prove di trazione su diversi campioni ricavati dal dispositivo, prove longitudinali e circonferenziali; oppure si possono ricavare campioni ad anello per trovare la curva σ-ε del materiale nelle diverse direzioni .

Durata della protesi : prove di cedimento a fatica sono la principale causa di fallimento delle protesi di grosso calibro ( <5% ).Quelle di grosso calibro non falliscono per occlusione e possiamo notare, in generale, 3 possibili modalità di fallimento:

1) Rottura del materiale del filamento2) Collasso della struttura inseguito della sua dilatazione dove la connessione delle fibre viene meno.

L’attrito tra le fibre tiene insieme le fibre quando vengono tessute e quindi può essere che con il passare del tempo questo attrito viene meno

3) Cedimento per fatica di una struttura con perdita di sangue a livello dell’anastomosi: esame angiografico mostra un falso aneurisma.

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DEFORMABILITA’ DELLA PROTESI:

Nella deformazione circonferenziale, la protesi è tenuta molto più rigida ,a livello progettuale la “compliance” perde elasticità e il requisito di progetto non viene rispettato mentre nel cado si deformazioni longitudinali i risultati sono sovrapposti a causa del fatto che la protesi è corrugata e può allungarsi in senso longitudinale al di là delle proprietà meccaniche del tessuto.In direzione longitudinale il corrugamento fa avvicinare il comportamento della protesi a quello naturale mentre nel senso circonferenziale/radiale la deformabilità è dovuta al materiale e il Dacron è molto più rigido del vaso naturale.

COMPLIANCE MISMATCH

Quando un tratto di arteria, nel caso specifico un tratto sostituito con una protesi vascolare, ha proprietà elastiche radiali diverse dai tratti adiacenti (in genere maggiore rigidità) si hanno due principali conseguenze:

1) FLUIDODINAMICA : discontinuità nella velocità di propagazione delle onde di pressione.La sezione di interfaccia tra il vaso naturale e quello artificiale è la sezione in cui si verifica la discontinuità fluidodinamica ed è sede di fenomeni di riflessione d’onda, tipici delle singolarità geometriche. Le riflessioni d’onda possono provocare sovrapposizioni locali che possono a loro volta causare la formazione di nuovi aneurismi.

2) Sollecitazioni sulla natura delle anastomosi termino-terminali sono sollecitazioni dovute al fatto che il vaso naturale si dilata radialmente mentre la protesi mantiene la dimensione originale.

L’onda di pressione torna indietro a sommarsi a quella successiva creando delle SOVRAPRESSIONI che portano a dover subire pressioni maggiori rispetto aquelle per cui era stata progettata e soprattutto il vaso può dare luogo ad aneurismi, non tanto a livello del tessuto ma a livello del vaso che è collegato al tessuto.

MODELLO COMPUTAZIONALE

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Si usano modelli ad elementi finiti in cui si calcolano tramite programmi le sollecitazioni a livello delle sututre.Viene simulato l’innesto di un vaso artificiale in un byepass aorto-coronarico e viene valutatao l’angolo di innesto di sutura che causa fluidodinamica differente .In base al tipo di materiale utilizzato come byepass si applica la pressione interna a si valutano i valori di sforzo e si calcolano gli stati degli sforzi creati sulle pareti del vaso naturale e delle protesi in funzione del tipo di materiale e dell’angolo .Impianto coassiale dei 2 tubi: varie valutazioni in base al tipo di materiale della protesi.Tutti questi processi hanno come presupposto la conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei vari tratti e tipi di materiale e di vaso naturale.Un altro tipo di studio riguarda la misura tramite prove sperimentali dell’aumento del diametro del vaso dopo l’impianto.

MISURE DI COMPLIANCE

I chirurghi misurano il diametro del vaso del paziente , prendono una protesi con il diametro adeguato e dopo un po’ si vede che la protesi ha aumentato le proprie dimensioni.Allora scelgo una protesi più piccola, ma quanto più piccola?La dilatazione è un fenomeno continuo nel tempo o si stabilizza dopo un certo numero di cicli?

In laboratorio sono state fatte delle prove per rispondere a queste due domande.All’atto dell’operazione il chirurgo dava i dati della pressione del vaso del paziente e il diametro di un anellino di protesi impiantato nel paziente.In laboratorio venivano fatte delle prove cliniche all’anellino della protesi in modo da trovare un modo per capire il diametro che si deve impiantare.Vediamo un anellino di protesi montato sul macchinario che applicava una forza che replica il carico sopportato dalla protesi all’interno del paziente.

Esperienza di Laboratorio:

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Dilatazione della protesi:

La dilatazione dipende da 3 fenomeni:1) riassestamento = S12 a livello della struttura che a livello della protesi2) viscoelasticità del materiale (polimero)3) degenerazione legata a rottura

Il materiale è un polimero quindi va incontro a fenomeni viscoelettrici.L’entità cambia ma può raggiungere valori intorno al 10-25%

Anche nei primi cicli della knitted abbiamo valori di dilatazione importanti e questi sono i risultati ottenuti confrontando diverse protesi sui pazienti.

Woven mostra un fenomeno a regime e di entità più moderata rispetto alla knitted dove i dati ottenuti in laboratorio sono stati confrontati con dati clinici.

Conoscendo la pressione del paziente e il tipo di protesi sono in grado in tempo breve (1ciclo/sec) di valutare la dilatazione del diametro della protesi: così posso dire al chirurgo che protesi (con che diametro) impiantare e a regime con fenomeno stabilizzato ho una protesi coerente con il diametro del vaso del paziente.Tutta questa procedura è stata validata dai dati clinici e i dati in laboratorio sono stati confrontati con i

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dati ottenuti sul paziente monitorato al periodo in cui si raggiunge il transitorio di dilatazione della protesi.

STENT ENDOVASCOLARI

Gli STENT ENDOVASCOLARI , praticamente, hanno il compito di “ripristinare” un vaso occluso.Concettualmente hanno le stesse funzioni delle protesi vascolari (STENT=supporto);sostanzialmente si parla di una rete in materiale metallico che ha la funzione di rendere un condotto perveo e aperto.

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Gli stent sono protesi permaneti.

L’ANGIOPLASTICA CON PALLONCINO non è un intervento vero e proprio ma si effettua a livello ambulatoriale.Quest’impianto viene fatto mantenendo il paziente per via percutanea, rendendo visibile la vena brachiale (braccio) o femorale (inguine) dove si andrà ad introdurre un catetere che viene fatto risalire fino al cuore (INSERIMENTO DELLO STENT, PER VIA PERCUTANEA ,si sostituisce ad un intervento a cuore aperto) ed è praticamente il PRIMO intervento, per evitare per esempio un infarto, dovuto dall’occlusione delle coronarie,e quindi del trattamento non chirurgico della

stenosi.

La PERVIETà di un vaso quindi può essere ripristinata e avviene in primis con L’angioplastica con palloncino dove lo stent viene inserito fino al punto di stenosi(il palloncino risale attraverso larteria brachiale,viene gonfiato con del liquido(e non ARIA perché in caso si bucasse avremmo un’alto rischio di formazione di EMBOLI) messo ad alta pressione ,6-8 Atm,che servirà proprio per rompere la placca e infine viene quindi rimossa );il palloncino a sua volta presenterà un certo modulo di elasticità che potrebbe fornire, durante il ritorno elastico del vaso, uno svantaggio per il paziente: infatti, questa tecnica, nell’Immediato è molto efficace MA non è definitiva dal momento che la placca si può riformare, facendo così insorgere un’altra complicazione, questa volta di tipo clinico, dell’utilizzio dell’angioplastica con palloncino, legata al riformarsi di nuova placca dove prima non era stata elimitata.Nell’eliminazione di stenosi a livello cerebrale, inoltre ,viene utilizzato un ombrellino attaccato al palloncino, in modo da recuperare, nel ritirare il catetere, un’ipotetica placca che possa rimanere come residuo, dal momento che il rischio in questa zona conseguente alla perdita di placca è maggiore.

Ma , effettivamente, cos’è uno stent?

Definizione:Lo STENT è in generale una struttura metallica che viene inserita in un vaso ostruito al fine di ripristinare una circolazione sanguigna corretta. La tecnologia dello stent è relativamente recente-anni 70. Il PALMAZ-SCHATZ,nel 1994, fu il primo modello di stent approvata dalla FDA (Food and Drug Administration ,organismo che approva l’immissione di dispositivi biomedici negli USA).

Soffermiamoci su un vaso con presente la PLACCA : gonfiando il palloncino si espande la struttura dello stent che giace sul palloncino

e, grazie alla pressione, lo stent rompe la placca e si ancora sulle pareti CONTRO il ritorno elastico del palloncino. Lo stent rimane nel vaso fondamentalmente per attrito.Da un diametro iniziale lo stent viene gonfiato (DEFORMAZIONE PLASTICA) fino ad una forma definitiva con un nuovo diametro. Stiamo parlando quindi di un dispositivo che lavora nel campo plastico sebbene di solito si eviti di lavorare in questo campo MA in questo caso viene sfruttata questa proprietà perché è

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necessario deformarlo in maniera importante, dove (εsnervamento < ε <εfinale ) .Esiste un’altra tipologia diversa che invece lavora in campo elastico.

RISTENOSI

La problematica dell’impianto di stent è la RISTENOSI, nuovo restringimento del vaso per crescita di tessuto, neointime, tessuto che prolifera all’interno del vaso verso il lume, è UNA RISPOSTA DEL TESSUTO DEL VASO ALL’IMPIANTO DI STENT.

La ristenosi è stata divisa in 4 fasi, che avvengono in tempi diversi: le prime 3 fasi sono valide sia per angioplastica chè per angioplastica+stent mentre la 4fase riguarda solo l’angioplastica senza stent.

1) TROMBOSI Consiste in una rapida formazione di trombo durante la quale vi è un’esplicita attivazione, aggregazione e deposizione di piastrine che in breve tempo vanno a creare un trombo ricco di fibrina; questo fenomeno si osserva entro i primi 3 giorni dall’impianto è una normale reazione dovuta a presenza di materiale estraneo e al danneggiamento che lo stent provoca

all’endotelio che , se parzialmente rimosso,costituisce una zona trombogenica.L’aggiunta di terapie farmacologiche ha notevolmente ridotto l’incidenza di trombosi catastrofiche fino a valori al di sotto dell’1%.La deposizione del trombo è insignificante in termini di diminuzione di lume ma rimane una caratteristica costantemente presente in qualsiasi tipo di stent.Lo stent danneggia l’endotelio e più si danneggia e più questo fenomeno di trombo aumenta.La terapia farmacologica può essere a livello sistemico oppure a livello del farmaco inserito sulla superficie dello stent (localizzata).

2) L’INFIAMMAZIONE Parallelamente alla formazione di trombo , presso la zona danneggiata, vengono reclutate le cellule infiammatorie, in particolare cellule di tipo SAM (Surface-Aderent-Monocytes) che aderiscono alla superficie interna sia in corrispondenza delle strutture delle stent che tra di esse.Tra il 3° e il 7° giorno queste cellule lasciano il posto alle TIM(Tissue-Infiltrating-Monocytes) che migrano dalla superficie del lume danneggiato sempre più in profondità verso la zona sottoendoteliale per sviluppare neointima formando cellule giganti polimorfonucleate, macrofagie linfociti.

3) LA PROLIFERAZIOENE Questa terza fase coincide con l’afflusso delle cellule infiammatorie dalla superficie del lume agli strati più interni.Sia le cellule muscolari liscie che i monociti sono coinvolte nella fase proliferativa ed entrambi contribuiscono alla ricostruzione della zona lesionata.La loro proliferazione raggiunge il picco dopo 7 giorni e continua nelle settimane successive.Il trombo viene riassorbito e sostituito con cellule neointimali e si assiste ad un evidente

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ispessimento della parete (IPERPLASIA DELL’INTIMA): si può riconoscere un legame lineare tra numero di monociti attivati e il grado di crescita dell’intima.

4) IL RIMODELLAMENTO In condizioni fisiologiche le cellule di ogni prganismo vievente si trovano in una configurazione di equilibrio: stato omeostatico.In condizioni fisiologiche, le cellule di ogni organismo vivente si trovano in una configurazione equilibrio detta stato omeostatico. Il rimodellamento consiste nella variazione di metabolismo, sintesi, geometria e struttura delle cellule in risposta ad alterazioni dello stato di equilibrio, come per esempio i cambiamenti dello statotensionale. Questo, dal punto di vista meccanico, si traduce in una variazione delle proprietà elastiche del tessuto; per contrastare tali cambiamenti di tensione, in altre parole, il tessuto si adatta alla nuova condizione in modo che sforzi e deformazionitendano a tornare il più vicino possibile a quelle fisiologiche. Quest'ultima fase inizia approssimativamente dopo 3 caratterizzata da un cambiamento dimensionale dell'arteria. Dapprima si assiste al ritorno elastico seguito poi dal vero rimodellamento geometrico, durante il quale l'arteria si restringe in seguito alla deposizione di collagene nell'intima e nella media.Nel caso di applicazione di stent intravascolari, diversamente da quello che accade, per esempio seguito ad angioplastica quest'ultima fase non ricopre assolutamente un ruolo predominante in quanto la struttura dello stent limita notevolmente il recupero elastico della parete del vaso e il conseguente rimodellamento.La principale causa di ristenosi è perciò da identificarsi nell'iperplasia dell'intima.

Schwartz e colleghi (1992) per primi hanno eseguito delle prove sperimentali su coronarie di suini ricavandone un legame tra danno vascolare e ristenosi e mostrando che l’entità del danno è sicuramente un buon predittore dell’iperplasia dell’intima.Danno valutato applicando degli stent metallici in tantalio biocompatibile di forma elicoidale all’interno di arterie di suini, studiando la risposta delle arterie dopo 4 settimane.Gli elicoidi sono stati volutamente sovraespansi rispetto alle dimensioni delle arterie in misura diversa per studiare le differenti tipologie di danno e la ristenosi che ne risulta.Legame che intercorre tra i valori dello spessore della neointima (neointimal thickness) e l’entità del danno vascolare (injury score IS) valutata secondo una scala da 0 a 3.

Bisogna costruire degli stent che danneggino il vaso il meno possibile in modo da sfavorire la crescita di neointima, quindi il disegno degli stent è fondamentale per garantire il successo dell’impianto.Si può scegliere la forma da dare alle maglie dello stent affinchè il danno alla parete sia il più contenuto possibile.

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TIPI DI STENT Autoespansibili : sfruttano le proprietà elastiche del materiale.

Fabbrico lo stent con il diametro finale da utilizzare nel vaso e poi cricco, chiudo con una guaina minore del diametro piccolo.Ritraggo la guaina e lo stent lavorando in campo elastico si riporta alle dimensioni del diametro inizale.

Espandibile con palloncino : lavoro in campo plastico.Essendo elastico è capace di rispondere bene a deformazione e si utilizzano acciai inossidabili e leghe a memoria di forma.

Espandibili termicamente : utilizzati per stent impiantati a livello biliare e che sfruttano le proprietà termiche del materiale.Si progettano dei materiali che in corrispondenza di determinate temperature ricordano la forma finale; si crimpano a temperature differenti e poi in loco lo si fa espandere sfruttando la temperatura corporea o introducendo un liquidi a temperatura diversa in modo da avere la temperatura che mi serve per fare recuperare la forma.La forza che sono in grado di esercitare è molto limitata e per questo vengono utilizzate per vie biliari in quanto le occlusioni non sono molto resistenti.Sono realizzati in leghe a memoria di forma.

DIMENSIONI (coronarici) Strutture miniaturizzate per farle passare da tutti i vasi.Nel tempo si è andati verso stent sempre più piccoli, come quelli per i vasi cerebrali in cui in cui il problema non è rendere pervio il vaso ma la formazione di sacche che continuano a raccogliere sangue: è un aneurisma che blocco con lo stent. REQUISITI DI PROGETTO:

1) BIOCOMPATIBILE Lo stent si interfaccia con tessuto ematico per cui deve

essere non trombogenico ed essendo molto piccolo è sottoposto a fenomeni di corrosione.Si utilizzano ricoperture polimeriche, ceramiche e con eparina per evitare trombogenicità.Anche i polimeri possono essere ricoperti con sostanze che favoriscano la biocompatibilità.

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2) VISIBILE Viene introdotto per via percutanea e quindi deve essere visibile ai raggi X per guidare il perfetto posizionamento.Materiale RADIOPACO.Nel caso di stent espandibili con il posizionamento è più complesso perché quando tolgo la guaina lo stent può muoversi e venire dietro, cosa che non succede nel caso di stent con palloncino.Inoltre, maggiore è la quantità di materiale, migliore è la visibilità e questa necessità di maggiore quantità va a collidere però con altri requisiti di progetto che invece ne richiedono una minore quantità.Ni-Ti sono i migliori acciai ma necessitano di marcker.

3) RIGIDO RADIALEMTE Necessità per vincere la rigidezza della placca arterosclerotica, poi lo stent deve offrire sostegno all’arteria nel tempo.La rigidezza dipende dal materiale e dal disegno (scelta degli spessori) dello stent.Gli stent espandibili sono più rigidi e quindi migliori degli autoespandibili: anche qui utilizzando una maggiore quantità di materiale si ha una maggiore rigidezza.

4) FLESSIBILE Si deve poter curvare per seguire la conformazione del vaso e si deve avere questa flessibilità anche in fase di crimpaggio , cioè quando è messo sul catetere, in quanto deve seguire le curve del sistema arterioso, e senza bucare i vasi.Tramite il disegno degli stent si assolve a questa specifica dove i link tra cella e cella permettono ampie deformazioni al dispositivo in modo che sia flessibile ed espansibile.

5) ESPANSIBILE Indice del successo a breve termine sono gli stent ben adesi alla parete che hanno un successo clinico maggiore perché impedisce la possibilità di movimenti dovuti al passaggio del sangue e alla pressione sanguigna.Gli espandibili sono migliori degli autoespansibili o degli espansibili termicamente poiché gli espandibili li espnado fino a quanto voglio io e hanno migliore adesione.

6) AREA DI CONTATTO MINIMA Astent/Aparete non coperta Generalmente ha calibri compresi tra 7-20% e più materiale metto più la risposta infiammatoria sarà elevata e inoltre, con area di contatto minore, riduco l’area del danno sull’endotelio.

In generale, + contenimento della placca, + visibilità, + rigidezza radiale, - trombogenicità.7) FISSATO NELL’ARTERIA

Requisito molto simile all’espandibilità: bisogna garantire che lo stent rimanga fissato alla parete e ciò dipende da quanto riusciamo ad espandere lo stent e dal coefficiente d’attrito.

8) RESISTENTE ALLA FATICA Lo stent non fallisce per la pressione pulsatile che viene ciclicamente applicata, ma spesso falliscono quelli che per esempio subiscono flessioni tipo a livello delle articolazioni; sono sellecitazioni minori rispetto alle sollecitazioni cardiache che sono continue ma l’entità è tale da determinarne il fallimento.Ciò è importante nella scelta del materiale a livello periferico: si utilizzano materiali che lavorano in campo elastico, quindi leghe a memoria di forma che però hanno caratteristiche meccaniche a fatica scadenti.A livello carotideo serve uno stent che lavori in campo elastico perché è vicino all’articolazione del collo e quindi sempre in movimento e inoltre poiché le carotidi sono molto superficiali e vi è il rischio che lo stent assumi la forma quando vi siamo appoggiati sopra: si utilizzano allora gli autoespandibili e le leghe a memoria di forma.

9) COMPATIBILITA’ MECCANICA Tolleranza da parte dell’organismo allo stent da un punto di vista meccanico.

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Grandezze scambiate tra stent e tessuto biologico.Bisogna cercare di minimizzare la risposta biologica ad un possibile ripresentarsi della patologia e magari cercare di favorire una risposta positiva.Le ripsoste dipendono dal disegno e dal materiale cercando di minimizzare gli sforza e l’opposizione del maateriale.

MATERIALI UTILIZZATI: ACCIAIO INOSSIDABILE che resiste alla corrosione ed è poco radiopaco.

A seconda dell’utilizzo che si vuole fare dello stent in base al luogo d’impianto si sceglie il tipo di materiale e in base a questo dipende poi il tipo di stent da utilizzare.Quasi tutti i materiali sono espandibili con palloncino mentre non tutti i materiali sono autoespandibili e a volte succede che anche quello espandibile venga espanso con palloncino.

LEGE A MEMORIA DI FORMA Ni-Ti (nitinol),meno trombogenico e presente in diverse fasi (austenite e martensite);

Lega Cr-Co gli stent più piccoli sono realizzati con questa lega con un alto carico di rottura;Sten sottile che è un vantaggio per quanto riguarda la risposta meno esplosiva del tessuto allo stent.

Leghe di magnesio(FUTURO!) Una volta che lo stent ha eliminato la placca e ha sostenuto il ritorno elastico potrebbe essere eliminato e quindi si può pensare ad un materiale riassorbibile.Il materiale tende a corrodersi naturalmente, frantumandosi produce ioni Mg, già presente nel corpo umano e quindi non dannoso per i tessuti.Il problema è che la lega di magnesio è scadente, con un modulo elastico paragonabile a quello dell’osso , per cui la forza esercitabile non è elevata.Inoltre il tempo di degradazione è troppo veloce e non riesce a fornire il supporto al ritorno elastico richiesto dalla struttura.Si sta lavorando per creare una lega che mi gliori queste problematiche .

Leghe metalliche a memoria di forma SMA Materiali capaci di recuperare la forza iniziale anche dopo elevate deformazioni, attraverso temperatura rilasciando la forza che ha causato tali deformazioni.

effetto memoria di forma

Tornando alla temperatura corretta D riesco a tornare alla forma iniziale

Effetto pseudo-elastico rilasciando la forza abbiamo una deformazione totalmente recuperata.Caso di rigidezza: platoaux fino al punto C ; in qualsiasi punto tra A-C rimuovendo la forza recupero tutta la deformazione imposta e superando il punto C , limite elastico, si ha snervamento e recupero plastico.

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TIPOLOGIE SMA

Proprietà meccaniche che dipendono dalla fase in cui si trova la lega, la fase austenitica o martensitica della tecnologia utilizzata per ottenere la lega e dell’utilizzo della stessa.

Lo sforzo ultimo a trazione è molto importante, anche paragonabile all’acciaio.La lavorazione a caldo è abbastanza buona ma con la lavorazione a freddo si ha asportazione di truciolo ed è più difficile a causa del rapido incremento.

Machinability è difficile ed è preferibile tecniche abrasive.

Nell’ambito dello stent, lo stent in SMA viene ottenuto per tagli laser del tubo che scava nel tubo stesso e con questa lavorazione si vede come il materiale non tende ad infragilirsi.Altra tecnologia è quella in cui si ottengono per deformazione a freddo degli anellini e si scaldano insieme : è una lavorazione più semplice, meno costosa, ma presenta svantaggi nel punto di saldatura che a fatica sono le prime cose che saltano e per questo spesso vengono ricoperti da altri materiali.

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TRENDS:

Stent polimerici biodegradabili La presenza delle stent dopo il periodo necessario per svolgere la sua funzione è dannosa.Allora si usa un materiale polimerico perché è facile che si degradi nel tempo che mi interessa, però ho problemi legati alle basse caratteristiche meccaniche.Inoltre tollerabilità da parte dell’organismo in quanto le pareti monomeriche della catena polimerica sono dannose.Inoltre estendibilità limitata e rigidezza radiale e non visibile ai raggi X data la presenza del polimero: è quindi necessario porre dei marker che permettano la visione durante l’impianto.

Stent ricoperti con polimeri Spesso utilizzati per rilasciare il farmaco: il polimero degradandosi rilascia il farmaco necessario per evitare la ricomparsa della patologia.

Con vena autologa (internamente ?) In modo da ricreare l’ambiente ideale per il passaggio del sangue con una ricopertura totale

Materiali radioattivi Servono ad inibire l’iperplasia dell’intima e rilascio di ioni con rischio di trombosi.

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PROTESI D’ANCA

La protesi d’anca(protesi biomorfa perché replica il disegno presente in natura) è la prima sostituzione di parti dell’apparato muscolo-scheletrico.L’articolazione dell’anca è composta da:

Acetabolo o cotile Testa del femore Grande trocantere Piccolo trocantere Collo del femore

La testa del femore + l’articolazione = GIUNTO SFERICO (necessario per la deambulazione).Il giunto sferico ha un ampio range di movimento, sebbene legamenti e muscoli tentano di limitarli.Grazie alla grande capacità del giunto sferico, insieme ai legamenti e ai muscoli, abbiamo un range di movimenti inferire a quello che dovrebbe avere un giunto sferico.La protesi non deve solo tener conto dell’accoppiamento protesi-osso ma ci si deve soffermare sui muscoli-legamenti dal momento che molto spesso è proprio sui legamenti che sorgono problemi.Il disegno della protesi è particolare perché deve sopperire il “deficit” dei tessutei tendinei-muscolari in quella zona: si deve replicare la struttura tenendo conto dei tessuti legamentosi.A questo punto sorgono spontanee 2domande:

1)Quali forze si scaricano sull’anca?2)Quali requisiti deve avere la protesi in termini di resistenza meccanica?

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In un 1°momento ho un appoggio bipodalico dove il baricentro del corpo è sull’asse di simmetria, il peso del corpo è applicato nel baricentro e sull’anca abbiamo 2forse uguali(quindi Pcorpo -2Panca)e in un secondo momento ho invece un appoggio monopodalico.

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Il baricentro non si trova più là ma si trova spostato sull’asse dell’arto sollevato per far cadere la retta di applicazione del peso:Ptotale – Parto sollevato ≃10 Kg

Si attiva una CONTRAZIONE muscolare che contrasta il momento C che si crea dal momento che non ci troviamo più sul baricento precedente e si genera un momento M che deve essere equilibrato dalla somma delle forze che si applicano sull’anca, una forza muscolare che gli abduttori mettono in atto nella camminata.Da ricerche sperimentali sappiamo che le forze che si scaricano a livello del

ginocchio sono più basse rispetto a quelle dell’anca, sebbene anch’esse elevate (da un massimo di 7.1N,forza articolare calcolata come multiplo del peso corporeo , dell’anca rispetto ad un massimo di 4.4N del ginocchio).Ho equilibrio tra reazione muscolare R e forza C(ognuna moltiplicata per il suo braccio):

C*a = R*b con b<<a

Il braccio degli abduttori è molto piccolo affinchè il paziente riesca a equilibrare ciò; infatti, essendo un rapporto di bracci di 4 a 1 , la forza totale delle forze che si scaricano sull’anca è ≃ uguale alle componenti verticali (trascurando quindi le orizzontali) : F≃R+C=(1 + a/b)*c e quindi , se a≃4b → F=5C Diremo quindi che rispetto all’appoggio bipodalico, la forza applicata è completamente differente, dove la sopportazione ad ogni ciclo del passo è molto notevole, essendo ≃300Kg.Quando cambio deambulazione(corro, faccio le scale,….) questo fattore 5 sale notevolmente: se corro, ad esempio ,aumenta la forza d’inerzia, mentre, ad esempio , mentre faccio le scale attivo altri muscoli che si scaricano sull’anca, con un aumento in generale da 5 a 7 volte il peso corporeo.

PATOLOGIE CHE PORTANO ALLA PROTESIZZAZIONE :

Tra le motivazioni che ci portano al fallimento, abbiamo la SCARSA DUTTILITà delle protesi e sono le stesse che provocano patologie nell’articolazione naturale.Carichi di presso-flessione sono un’elevatissima causa che porta a frattura della protesi naturale, mentre, un secondo problema che riscontriamo tra le cause che portano alla protesizzazione dell’anca è L’ATTRITO causato dall’impossibilità di movimento tra la testa del femore e l’acetabolo: si genera nell’articolazione del materiale che porta a processi degenerativi e usura.

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I processi degenerativi avvengono a carico della cartilagine che ricopre la struttura dell’articolazione.Parliamo di ARTROSI, essendo la cartilagine a permettere una lubbrificazione ottimale del giunto e permette di ridurre l’usura del giunto stesso.Tutti i PROCESSI DEGENERATIVI artrosici sono a danno della superficie articolare, la cartilagine si deteriora ed è possibile che parti vengano a contatto l’una con l’altro e questo causa dolore al paziente con la conseguente protesizzazione dell’articolazione.Artrosi è una patologia che si autoalimenta in zone soggette ad usura e il processo degenerativo è difficile da arrestare ed infatti normalmente porta alla necessità di sostituire ‘articolazione.L’artrosi può essere primaria o secondaria: se si scatenano senza/con rapporti anatomici si hanno unificazioni dei movimenti articolari; in seguito a determinati processi infiammatori i rapporti anatomici degenerano e se i carichi aumentano, dal momento che aumenta la biomeccanica del sistema, sfociamo nella patologia artrosica.

L’OSTEOPOROSI invece presenta degenerazione dei rapporti anatomici ed è un processo degenerativo quando l’osso si rompe, comportando la sostituzione completa con l’utilizzo di una protesi d’anca.

Altri processi che portano a protesizzazione sono quelli INFIAMMATORI : artrite reumatoide è la risposta patologica del sistema immunitario con necessità di intervento sostitutivo dell’articolazione (testa del femore o a danno del compartimento acetabolare e quindi è solo la testa del femore che viene sostituita ), mantenendo acetabolo naturale del paziente.

Tra le ANOMALIE CONGENITE che vanno ad alterare i rapporti biomeccanici tra la forza degli abduttori e la forza peso abbiamo DISPLASIA dell’anca che altera la posizione del punto di intersezione dei muscoli abduttori.

Ricordiamo poi la LUSSAZIONE congenita dell’anca: congenitamente la testa del femore si disarticola dal momento che la testa del femore o acetabolo hanno dimensioni diverse da quelle fisiologiche; la capsula legamentosa si lascia andare a causa di questa continua lussazione, l’anca si lussa e anche qui si è costretti alla protesizzazione.

In caso di COXA VALGA abbiamo delle anomalie scheletriche dove l’angolo cervico-afisario è diverso da quello fisiologico che normalmente è di 120° mentre nel coxa VARA è <120° e nel VALGA è >120°.

Tra le PATOLOGIE TRAUMATICHE , dove interviene un trauma a compromettere l’integrita dell’osso; per TRAUMA non s’intende cattiva genesi .Fratture di ogni tipo sono traumi sia a livello dell’acetabolo che degle epifisi del femore dove la gravità dell’evento traumatico fa decidere se protesizzare o no.

L’OSTEONECROSI della testa femorale è invece una della maggiori cause di protesizzazione : molte delle cellule della testa del femore non vengono più irrorate e questo causa la sostituzione della testa del femore poiché il femore fisiologico non ci stà più nell’acetabolo protesico.Spesso la protesi vie inserita solo a livello della testa del femore perché, essendo un problema dovuto a un trauma, che può succedere anche a un paziente giovane, si ha un target che cerca di sostituire il meno possibile avendo un paziente con un’aspettativa di vita minore rispetto ad uno in età avanzata.

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BIOMECCANICA PATOLOGICA:C’è un certo tipo di rapporto tra braccio della forza peso e forza abduttore: abbiamo una sommatoria vettoriale delle forze.

Il braccio degli abduttori tende ad accorciarsi in seguito a qualche patologia con conseguente aumento della forza peso e aumento della risultante che scarica sull’anca.Abbiamo un incremento importante della forza risultante che si scarica sull’anca con conseguente aggravarsi della patologia.Questo tipo di patologia fu la prima dal punto di vista chirurgico : fu Charley che negli anni ’50 ha pensato come protesizzarla provando 2 soluzioni al problema degli accorciamenti dei muscoli abduttori; uno dei 2 metodi era ok , sebbene tuttavia la teoria di Charnley fallì dal momento che venne applicata in un periodo in cui si utilizzavano acciai, materiali non buoni che si rompevano; si notavano delle rotture frequenti a causa del dispositivo e ha pensato a come risolvere il problema: AUMENTARE il braccio dei muscoli abduttori per riportare la biomeccanica del sistema in una situazione

fisiologica; spostò il centro dell’articolazione rispetto al baricentro del corpo a livello più mediale → i bracci dei muscoli abduttori aumentano → la forza degli abduttori diminuisce → la forza risultante risulta quindi

più bassa (questo è un tipo di intervento che ancora in fase chirurgica ancora si attua! ).Inoltre vediamo che per diminuire il braccio della forza peso si ha una centralizzazione della testa femorale (testa extra-long) mentre per aumentare il braccio degli abduttori si effettua un’osteotomia del grande trocantere (2°soluzione) dove viene tagliata una fetta di trocantere e la parte tagliata viene fatta ruotare in direzione prossimale; girando questa fetta di trocantere di fatto si aumenta il braccio degli abduttori; un tempo il trocantere veniva cerchiato con fili metallici e questa operazione era molto traumatica infatti al giorno d’oggi è ormai in disuso.

LE SPECIFICHE DI PROGETTO DELLA PROTESI D’ANCA

1. Consentire i gradi di libertà rotazionali consentiti dall’articolazione naturale fra la coscia ed il bacino: come in quasi in tutte le protesizzazioni si cerca di riproporre al mossimo i movimenti naturali ma di limitare al minimo la possibilità di lussazione.La protesi d’anca ricalca la configurazione naturale con modifiche, come per esempio la testina che ha più materiale acetabolare attorno; l’anca naturale consente il movimento tra gli arti inferiori e il tronco , dove i gradi di libertà costituiscono la somma dei movimenti.

2. Sopportare i carichi applicati durante il passo.Si ricorda a questo proposito che tali carichi raggiungono valori pari a diverse volte il peso corporeo del soggetto dove quindi bisognerà progettare una protesi affidabile sia dal punto di fista statico che a fatica.Si possono avere delle rotture a livello statico : per esempio la ceramica , fragile , si frantuma a

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causa di un carico particolarmente gravoso, per esempio in una situazione inaspettata, esempio un inciampo, che aumenta il carico.

3. Resistere alla fatica meccanica derivante dall’applicazione ciclica del carico durante il passo. In genere si ritiene che l’articolazione dell’anca sia sottoposta a circa 10 milioni di cicli di carico in 10 anni da un soggetto che conduce una normale attività. Il componente protesico maggiormente sollecitato a fatica è lo stelo femorale dal momento che quest’ultimo si trova disossato; la protesi dovrebbe resistere per lo meno10anni ma attualmente il numero di cicli cui deve resistere la protesi per entrare in commercio è di minimo 20anni.

4. avere delle superfici articolari resistenti all’usura o comunque tali per cui l’usura non produca danni funzionali né induca risposte indesiderate dei tessuti ospiti : l’usura è quel fenomeno che porta al consumo di una o di entrambe le superfici, in questo caso del componente acetabolare: siccome la forza che si và a scaricare molto spesso è considerevole, molto spesso si ha usura → nuovo problema: si sostituisce il teflon con l’acetilene, comportando un’aumento della resistenza meccanica ma si ha che usura prodotta ha una maggiore quantità di attrito → la risoluzione di un problema quindi spesso comporta la nascita di un altro e spesso non si vede una problematica perché non gli si dà il tempo necessario.

5. essere fabbricata con materiali biocompatibili nel senso che non devono indurre alterazioni o risposte indesiderate nei tessuti ospiti oppure devono provocare una risposta biologica che favorisca la stabilità meccanica dell’interfaccia fra stelo e femore e fra metal back e bacino; la richiesta di materiali biocompatibili non deve però indurre alterazioni del tessuto.La sterilità delle protesi fa si che vi cresca intorno tessuto osseo che la inglobi e quindi necessitiamo di materiali che rispettino questa richiesta di crescita di tessuto osseo; i materiali non devono indurre a necrosi del tessuto osseo e la ricerca và fatta rispetto a materiali che inducono una risposta positiva nel sistema osso-protesi.

6. garantire la stabilità meccanica delle interfacce citate sia subito dopo l’impianto (stabilità primaria) sia nel tempo (stabilità secondaria); questa stabilità osso-protesi deve essere garantita sia il giorno dopo l’impianto che nel tempo e le soluzioni che consentono una maggiore stabilità primaria possono non farlo per quella secondaria e il tutto dipende dal tipo di vincolo che si sceglie : compito del clinico è quello di scegliere rispetto al quadro del paziente che gli si presenta, ricordando che il tutto è strettamente correlato alle aspettative di vita.

7. essere facilmente impiantabile :il rischio è che il chirurgo commetta il minor numero di errori nell’innesto della protesi e nell’utilizzo del suo strumentario ; ci cerca di raggiungere la minima invasività possibile, lasciando inalterate strutture legamentose e quindi è molto importante l’interazione con il chirurgo, dal momento che dev’essere lui a impiantare la protesi nel modo più agevole possibile.

8. essere facilmente sostituibile se si danneggia o comunque se il suo funzionamento si compromette. La facile sostituibilità riguarda principalmente il fatto che la sua rimozione non deve danneggiare eccessivamente l’osso così che l’impianto di una nuova protesi possa avere probabilità di successo;al giorno d’oggi è una delle specifiche di progetto fondamentali dal momento che al giorno d’oggi si protesizzano molti più giovani e si vuole anticipare il momento della prima protesizzazione in modo tale da dare al paziente , in età avanzata, una vita migliore, ricordando che la minima invasività va in questa direzione.

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9. avere un comportamento biomeccanico che non alteri le caratteristiche meccaniche globali del sistema bacino-femore. In particolare le attuali protesi hanno steli che irrigidiscono la parte prossimale del femore. Inoltre la catena stelo, testa e cotile delle protesi è molto più rigida di quella naturale e ciò determina la trasmissione di carichi impulsivi potenzialmente dannosi;il comportamento biomeccanico non deve alterare la protesi integrata dall’osso; questo fenomeno è governato dalle deformazioni che vanno a carico dell’osso intorno alla protesi.Se studiata dal punto di vista meccanico (Legge di Walt) l’azione osteoblastica vince su quella osteoclastica, al fine di garantire che l’osso sia studiato dal punto di vista meccanico è vincente risultando più stabile nel tempo; questo è mediato dalla rigidezza dei due sistemi : più il sistema artificiale è rigido, tanto più si prende il carico (?) e tanto più risulta scarico.Normalmente l’osso si rigenera grazie al carico che il paziente applica durante il cammino → aumento la rigidezza ; metto metallo dove c’era il midollo(?) ,avendo il metallo una maggiore rigidezza → quindi alla fine questo aumento di rigidezza è il target fondamentale per garantire la stabilità secondaria per osteointegrazione, sebbene questo tipo di specifica non si riesca a soddisfare completamente.

10. garantire nei tessuti ossei, specialmente del femore, uno stato di sollecitazione tale per cui il fenomeno del rimodellamento osseo non venga spostato verso il riassorbimento o la crescita anomala.Quest’ultima specifica altro non è che una continuazione del punto 9. : le parti sovraccaricate non devono andare incontro a crescite anomale (sebbene sia comunque un danno minore).

LA PROTESI D’ANCA

In generale sappiamo che è lo STELO che và inserito nel canale midollare; poi c’è una testina con accoppiamento conico tra stelo con cono maschio e testina con cono femmina, il tutto assemblato con un’unica operazione; poi c’è il cotile e un metal back che è ancorato all’acetabolo e ha un vincolo metallico che lo collega al cotile : ci possono essere varianti differenti, tipo per esempio testa-stelo tutt’uno, dove cotile e metal back possono non esserci.

Quindi vediamo che i materiali DEVONO garantire elevata biocompatibilità e resistenza alla corrosione ed avere elevate caratteristiche meccaniche rispetto al carico di rottura e resistenza a fatica, sollecitata da presso-flessioni.Il CORE (stelo) è composto da 3 leghe fondamentali (lega Ti6Al4V – titanio6alluminio4vanadio dove il vanadio non essendo particolarmente assorbito può essere sostituito il Nb – Niobio, lega cromo-cobalto-molibdeno e acciaio inox Alsi 316L che sono inossidabili).La finitura superficiale deve permettere la lucidatura e la sabbiatura mentre il rivestimento sarà in metallo poroso (sfere, fibre) ,che permette di cambiare la rugosità superficiale, deve essere idrossiapatite o biovetro in PMMA precoat (poli-metil-metal-acrilato).Per ottenere attività OSTEOINDUTTIVA gli steli vengono rivestiti in titanio, ottenuto per tecnologia

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plasma-spray, dal momento che aumenta la rugosità dello stelo, sfruttato sia per aumentare l’azione osteoinduttiva che per aumentare le caratteristiche a fatica, diminuendo la probabilità che vi siano difetti.

Per quanto riguarda i materiali della componente acetabolare (accoppiamento testa-acetabolo), dal momento che su quest’ultima il carico è pressorio e non abbiamo trazione (meglio!) bisogna assicurare un’eleta compativilità e resistenza alla corrosione e elevate caratteristiche meccanica (carico di rottura e resistenza all’usura).Lo SHELL per il metal back è fatto in lega Ti6Al4V sabbiato per aumentare le caratteristiche osteoinduttive (stesso scopo dello stelo! ).Per quanto riguarda il rivestimento questo sarà in metallo poroso è anch’esso idrossiapatite e biovetro mentre, per quanto riguarda gli ACCOPPIAMENTI A USURA , avremo una testina piccola,modulare,dove la più performante nei confronti dell’usura è quella in ceramica che ne è inerte, con rugosità superficiale molto bassa, sebbene però sia legato a problematiche diverse come la fragilità del materiale ceramico (usura di materiale inerte al corpo umano che non dà fastidio! ).

Gli accoppiamenti di acetabolo in polietilene è mmolto usata essendo economica, sebbene il polietilene si usuri e la ricerca si stà appunto orientando su nuovi materiali meno usuranti, irraggiando i polietileni ,per aumentare le proprietà antiusura, infragilendo però il materiale.

Con la testina in Co-Cr su acetabolo in Co-Cr abbiamo 0.08mm3 di detrito/milioni di cicli (può però derivare metallosi con conseguenti processi tumorali);se ho un accoppiamento di allumina ceramica su polietilene siamo in un range da 35-50mm3di detrito/milione di cicli mentre suall’accoppiamento cobalto su polietilene parliamo di 50-100mm3di detrito/milione di cicli.

Classifichiamo le protesi ora dal TIPO DI VINCOLO:

1. PROTESI CEMENTATEPresentano un ancoraggio tramite cemento per ossa, PMMA (come il plexiglas), biocombatibile: è stata una scoperta casuale fatta durante la seconda guerra mondiale in cui gli aerei contenevano complementi in plexiglass al posto del vetro e si è appurato che i piloti feriti con il plexiglass avevano un rischio d’infezione minore.Le protesi cementate hanno una maggiore superfice di interfaccia meccanica, meno problemi di dimensionamento geometrico, una tecnica chirurgica più semplicce, sebbene comportino più problemi nella revisione.Il PMMA è fornito al chirurgo in forma non cementizzata ma a livello di polvere e in più gli viene data una fialetta di polimero, ottenendo una “pappetta” che il chirurgo andrà a inserire nel canale midollare, poi inserisce lo stelo in modo tale da far risalire il cemento in eccesso, essendo in grado in pochi minuti di polimerizzare e incollare la protesi: bisogna sottolineare che questo processo non è dovuto alla chimica bensì a un’aspetto meccanico che permette questo ancoraggio protesi-osso.VANTAGGI: con questa tipologia di vincolo siamo sicuri chee lo stelo sia completamente rivestito, quindi ha maggiore interfaccia meccanica; quando il chirurgo prepara il foro midollare usa delle RASPE che lo modificano con la forma della protesi e in fase preparatoria queste raspe utilizzate avranno la forma dello stelo della protesi: qui il chirurgo DEVE fare un foro con un diametro > del diametro dello stelo e successivamente con il cemento livellerà gli spazi tra foro e stelo ; questa tecnica chirurgica è più semplice perché non c’è la necessità di fare un diametro perfetto dal

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momento che c’è il PMMA a richiudere il tutto.SVANTAGGI:abbiamo più problemi di tensione dal momento che quando tolgo la protesi, tolgo del cemento poiché nella prima fase dell’impianto ho tolto più osso di qunto effettivamente ne servisse . I pazienti con questa tipologia di protesi si alzeranno sicuramente prima ,nell’imminennte periodo succesivo all’intervento, perché siamo sicuri che la protesi sia ben fissata ma la presenza del cemento una provoca una peggior stabilità secondaria.Nel corso della vita del paziente il cemento diventerà il problema principale , avendo due strutture che tendono a rompersi: la stabilità primaria sarà ottima ma non quella secondaria, che dura di meno non per la rottura della protesi ma del manto cementato. Altra problematica sarà quella del 3°CORPO dove pezzi di cemento si possono staccare ed è più dannoso di quest’ultimi nei confronti dell’usura acetabolare dal momento che agisce come un utensile che graffia, usurando acetabolo e testina, con un DOPPIO EFFETTO DEGENERATIVO , particolarmente sentita la sua azione nelle articolazioni dell’anca , più che nel ginocchio, dal momento che questa articolazione è molto più congruente.

2. PROTESI NON CEMENTATE (press fit)Presentano un ancoraggio tramite forzamento, minore invasività, minor rischio di mobilizzazione e maggiore difficoltà chirurgica.Il chirurgo sagoma il foro midollare con delle raspe stando attento che il foro abbia un diamentro più piccolo di quello dello stelo che quando verrà inserito verrà ancorato tramite forzamento, attraverso martellamento.La stabilità primaria è limitatissima dovuta a questa azione di forzamento.In questo caso il problema del dimensionamento del foro è fondamentale per stabilire una stabilità meccanica.Nel fissaggio della protesi non cementata parliamo di press fit a breve termine mentre di osteointegrazione a lungo termine.L’utilizzo della raspa però potrebbe aumentare il diametro e quindi in questa tipologia di ancoraggio avremo sicuramente una maggiore difficoltà chirurgica, rispetto a quella cementata,dove i suoi vantaggi sono gli svantaggi della non cementata : sacrifico meno osso per il rempimento,ho un’interfaccia solo osso-protesi, e quindi la stabilità secondaria sarà molto superiore.A lungo termine le protesi non cementate hanno quindi una stabilità migliore, sebbene , se debba far alzare il paziente il giorno dopo, utilizzo una protesi cementata , ma se ho un paziente più giovane uso quella non cementata perché gli garantisco un’aspettativa di vita migliore e posso pensare ad un ipotetico reimpianto futuro :comunque il punto fondamentale è come la protesi distribuisce il carico.

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CAUSE DI FALLIMENTO

Le cause di fallimento possono essere:

A breve termine: pochi giorni dopo, si può presentare la MIBILIZZAZIONE SETTICA , dove la protesi perde il suo vincolo all’osso a causa di infiammazione/infezione dell’osso a livello del femore o dell’acetabolo: bisogna rimuovere la protesi in presenza di SEPSI dove per le protesi d’anca e ginocchio sono esistenti dei dispositivi spaziatori, contenenti antibiotico caricato all’interno con una conseguente azione antibiotica totale ,molto simili alle protesi, di PMMA che si mettono dopo la rimozione della protesi a causa di infezione e che mantengono gli spazi e le dimensioni fisiologiche.Possiamo avere una LUSSAZIONE RICORRENTE dovuta a errori in fase chirurgica del diametro del cotile e della testina e per esempio può succedere che l’articolazione si lussi in maniera ricorrente e in questo caso si può solo togliere e sostituire.Se si manifesta ALLERGIA essendo le protesi fatte di leghe metalicche e non di materiali puri dove ci sono degli elementi che possono indurre ad allergia nel paziente dopo essere stato impiantato,dove in caso ultimo si può avere shock anafilattico.

A medio termine: Si parla in questo caso di CEDIMENTO STRUTTURALE: è possibile che qualche particella possa cedere a livello del componente femorale se la protesi non è ben vincolata all’osso a causa di una situazione asettica; A questo punto si potrà mobilizzare.Il cedimento potrà essere per STRESS SHIELDING (senza cemento), dove si hanno anomale ripartizione dei carichi che il paziente trasmette tra osso e corpo, produce troppa poca massa ossea per fare attaccare l’osso alla protesi e quindi la protesi ballerà nell’osso.Per quanto riguarda il CEDIMENTO DEL MANTO CEMENTO vediamo che il cemento è sottoposto agli stessi stress che sopporta la protesi, ha sezioni piccole, aggiungendoci bolle che si possono inserire durante la preparazione del cemento in sala operatoria che porteranno al successivo cedimento strutturale.

A lungo termine : CEDIMENTO STRUTTURALE A FATICA.Qualsiasi oggetto metallico può rompersi, lo si può asportare e migliorare con delle operazioni dello stelo; la componente acetabolare non ha dimensioni importanti , ha un braccio piccolo e quindi la flessione determinata dall’acetabolo è molto piccola. Principalmente con carichi pressori , si ha il cedimento di schianto in caso di testina ceramica o di accoppiamento ceramica-ceramica, dove vi sono dei fallimenti statici a causa della componente acetabolare, comportando un’inizio di scricchiolamento della protesi.Si potrà presentare anche MOBILIZZAZIONE ASETTICA PER OSTEOLISI PERIPROTESICA DA FRAMMENTI dove, indipendentemente dalla testa, ho la coppa in polietilene che è un materiale sicuramente più tenero di qualsiasi altro materiale in cui può essere fatto la testa, si usura, che è problema ineliminabile poiché un certo grado di produzione settica rispetto a qst situazione c’è;parliamo di usura abrasiva, che avviene generalmente tra due superfici in moto relativo , e susura del terzo corpo, scatenata da un detrito che si è staccato, scavando ulteriormente la coppa in polietilene, aumentando la quantità di detrito; i macrofagi tenderanno ad inglobare queste particelle in cui si va ad intaccare la matrice ossea, l’osso si indebolisce e si va incontro a problemi di mobilizzazione.Lo scambio di informazioni tra protesi e osso è mediato dalle sollecitazioni che i 2 sistemi si scambiano.La sollecitazione meccanica che il sistema trasmette può essere troppo alta o troppo bassa o sull’osso o sulla protesi; sulla protesi non ho problemi :se ci sono sempre sollecitazioni abbiamo che la componente tangenziale della forza di attrito aumenta , aumenta la pressione, aumenta la produzione di detrito, usura e

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infine necrosi ossea; se invece va sull’osso, la sollecitazione troppo bassa comporta un’atrofia ossea perché risulta totalmente scaricato, il chè comporta comunque dolore e mobilizzazione. Se ho troppo carico sull’osso, la protesi si fa carico di meno sollecitazione che porta a frattura e successiva necrosi ossea, fenomeno autoalimentato che comporterà un sovraccaricamento delle zone adiacenti e quindi anche loro andranno in necrosi : è un LOOP che porta al fallimento.L’ideale sarebbe trovare una soluzione accettabile che vada sull’osso e sulla protesi perché su 4ipotesi di distribuzione delle sollecitazioni me ne va bene solo una.

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PROTESI DI GINOCCHIO

La protesi di ginocchio è la più diffusa da impiantare( viene istallata in ginocchio non più funzionante; rispetto alla protesi d’anca, quella del ginocchio và a sostituire un’articolazione molto più complessa ).Il tipo di movimento è complesso (si parla di circa 6gradi di libertà),rispetto all’anca, dove si parlava di 3rotazioni, qui è più complesso perché oltre alle rotazioni abbiamo anche traslazioni attraverso 4legamenti (2 COLLATERALI, in torsione , e 2 CROCIATI, movimento traslatorio antero-posteriore, dove ciascun legamento cerca di stabilizzare al massimo attraverso diversi movimenti complessi) e i menischi , che sono a loro volta la sede dei condili femorali, anelli cartilaginei che distribuiscono le sollecitazioni sul piatto tibiale in maniera efficace.Abbiamo un fenomeno di rotolamento-strisciamento: la superficie della tibia è troppo piccola affinche si parli di puro rotolamento; se così fosse si disarticolerebbe.

Il comportamento femoro-rotuleo consiste nell’azione della rotula che di fatto si comporta come una carrucola che ottimizza in proporzione al muscolo che si attacca sulla parte superficiale della rotula e della tibia, le due superfici di scorrimento.

Ciò che è complesso nella protesi di ginocchio, rispetto a quella dell’anca, è proprio la CINEMATICA poiché deve essere nel piano saggittale o flettere la tibia( quindni esisterà un movimento di flessione, torsione , affinchè il femore ruoti rispetto alla tibia, e strisciamento e per far si che il femore non “scavalli” ci dovrà essere una traslazione relativa(c’è anche nei 60° tipici del cammino) , dove tutto deve replicare i movimenti

di flessione fisiologici.

PATOLOGIE CHE PORTANO ALLA PROTESIZZAZIONE Le patologie che portano alla protesizzazione sono fondamentalmente le stesse viste per l’anca:ci potrà essere una causa di degenerazione cartilaginea(più diffuso il danneggiamento della cartilagine),quindi in alcuna parti le cartilagini vengono meno, oppure si può parlare di ARTROSI PRIMARIA, sollecitazioni (scarica più su una che sull’altra) , e TRAUMI .

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La SOVRASOLLECITAZIONE di una deli 2 componenti, dove una delle due parti supera i limiti, degenera, caricandosi anche di ciò che non può più l’altra parte, degenerandosi.Si verificano rapporti anatomici compromessi o processi infiammatori, tipo artriti, motivo per cui le cartilagini degenerano.1) OSTEOTOMIA : nel ginocchio fisiologico , il compartimento mediale è più sollecitato di quello

laterale. Nel caso in cui c’è

degenerazione, per esempio , c’è un sovraccaricamento del compartimento mediale, con una conseguente degenerazione cartilaginea.Si taglia vicino alla tibia, si blocca tutto con un mezzo di sintesi (es una vite) , si rimette dritta e si ristabilisce il fisiologico ASSE ANATOMICO, risolvendo ed evitando il genero.Viene fatta simultaneamente(non contemporaneamente entrambe le gambe, ma a distanza di 6mesi/1anno), in maniera tale da non protesizzare da giovani.

BIOMECCANICALa protesi di ginocchio và a insinuarsi tra le porzioni distali di femore e tibia, dove il disegno della protesi è molto simile a quello fisiologico.→ Si riveste la parte dei condili femorali e la parte del piatto tibiale (con qst protesi si protesizzano sempre entrambe) . Vengono classificate rispetto ai compartimenti sostitutivi, dove la più semplice è la MONOCOMPARTIMENTALE che si protesizza soprattutto nella parte mediale.C’è sempre una parte femorale che ricopre l’emicompartimento sul condilo femorale e a livello della tibia, invece , ho un piatto ti

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polietilene ancorato all’osso o un METAL BACK a cui viene collegato un inserto tibiale in metallo.L’idea è quella di protesizzare il meno possibile.La monocompartimentale è la meno invasiva dal momento che si tagli solo a livello del quadricipite femorale, quindi una sola parte, garantendo un recupero più veloce.Unico svantaggio , che complica questa tipologia d’impianto, è dato dalla poca visibilità.

Esistono anche altre tipologie di protesi del ginocchio, ad esempio parliamo della BICOMPARTIMENTALE la cui esistenza è dovuta al fatto che oltre al comparto mediale, si ha anche un degenero del compartimento femoro-rotuleo : in questa caso si protesizza solo il compartimento mediale e il sacco intercondolideo . Ciò che degenera è il compartimento mediale e il solco sotto la rotula (in questo caso non è vero che c’è solo accoppiamento artificiale-artificiale ) .Questa protesi è asimettrica, è appoggiata solo da una parte ed è soggetta ad uno stato di

deformazione difficilmente preventivabile data l’asimmetricità.

Per quanto riguarda invece la TRICOMPARTIMENTALE( con o senza patella), è una protesi in cui vengono sostituiti i compartimenti collaterale e mediale, ha una componente femorale che riprende la forma dei condili e un compartimento tibiale (piatto in metallo),in cui vi è la

presenza di un “fittone” o altre strutture per ancorarlo alla tibia, dove spesso il tutto verrà cementato. In questa protesi vi è una componente prettamente biologica che è la ROTULA, che si interfaccia con il condilo femorale.La stessa protesi tricompartimentale è uguale con la patella che viene rivestita o con un bottone di polietilene o una sorta di metal-back che viene cementato, dove la

possibilità di protesizzare la patella è sempre stato un enigma, dal momento che la sua presenza aiuta la vita utile del dispositivo e và sostituita in caso di degenerazione della cartilagine.Un altro tipo di classificazione può essere fatta in base al grado di VINCOLO MECCANICO :Per quanto riguarda la classificazione rispetto al vincolo meccanico, la protesi di ginocchio può essere concepita con diversi gradi di vincolo meccanico.Con pazienti con struttutr lrgamentose efficienti, si possono usare protesi che non intacchino tali strutture; se così non è ,si possono introdurre dei gradi di vincolo alla protesi.La protesi meno vincolata è quella di RICOPRIMENTO , dove non ci sono strutture meccaniche che intaccano il paziente: il legamento crociato anteriore non si può mantenere perché si trova sotto la protesi mentre quello posteriore potrà essere sacrificato o meno.

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Di quale tipo di vincolo si parla può essere visto dall’inserto tibiale che, se è pressocchè piatto, la protesi è da ricoprimento, non vincolata, lasciando ai legamenti di stabilizzare il ginocchio.Nella protesi SEMI-VINCOLATA invece,la camma crea un vincolo meccanico che non permette la piena traslazione di ginocchio e tibia, secondo la direzione in cui i legamenti tendono a stabilizzarlo (la camma lo stabilisce a livello antero-posteriore, impedendone la lussazione).

Nel CRUCIATE-RETAINING è permesso il mantenimento del legamento crociato posteriore e lo si capisce dal disegno dal fatto che il piatto tibiale presenta questa tipologia di “scavo” che permette il passaggio del legamento crociato a livello dell’asse tibiale.Nel caso del CRUCIATE-SUBSTITUTING ,invece, per questioni di ottimizzazione, piatto tibiale e scavo viene concepito come lo stesso piatto sia che si voglia salvare o no il crociato posteriore, differendo o un rivestimento del piatto o una camma.

Ultima e più VINCOLATA è la protesi a CERNIERA (molto datata e utilizzata con implicazioni cliniche molto ristrette). Non parliamo più di un sistema di ricoprimento ma di SOSTITUZIONE, utilizzata su pazienti con tumori estesi della massa ossea di femore e tibia, che non sono più così compatti.

Ci sono questi lunghi “fittoni” e a livello di cinematica permette solo la FLESSO-ESTENSIONE nel piano SAGGITTALE (no traslazione anteroposteriore!). Si garantisce al paziente di camminare, sebbene non si riesca subito a recuperare deambulazione fisiologica. E’ una tipologia molto elementare e non c’è più la forma dell’articolazione originale, sebbene si siano però dei vincoli cinematici che impongano solola FLESSO-ESTENSIONE nel piano saggittale.

Altra classificazione è quella secondo la TIPOLOGIA di componente MENISCALE:

1) FISSA : c’è un vincolo meccanico tra inserto tibiale e piatto tibiale che li incastra in maniera rigida l’uno all’altra. Ha una minima percentuale di movimento, fissati al momento dell’inserzione chirurgica; vengono dati separatamente e li accoppia il chirurgo perché, in realtà ,il successo della protesi di ginocchio è dovuto al BILANCIAMENTO DEI TESSUTI MOLLI, cioè i muscoli e i

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legamenti rimanenti riescono ad effettuare lo stesso la loro azione stabilizzante, e il tutto dipende dall’altezza in cui và a tagliare il chirurgo (se questa altezza h è troppo alta, si parla di PRESTRECH e quindi si potrebbe rompere nei vari movimenti). Con le indagini preoperatorie si capisce bene la taglia del femore e del piatto mentre l’altezza tibiale và scelta in sala operatoria.Si deve valutare la tensione del legamento e quindi non sarà solo l’altezza dell’inserto tibiale a influire ma, per esempio, anche la precisione dei tagli è importante.Una volta scelta l’altezza giusta, lo blocca al piatto tibiale, concettualmente pensato a rimanere ancorato fino a una futura rimozione.Come si vede dall’immagine, abbiamo 4 fori per ancorare ULTERIORMENTE il piatto nell’osso della tibia e una SCALANATURA he presenta un profilo dell’inserto: se ci sono dei dentini (in polietilene e quindi deformabili ) può essere forzato nella scalanatura appena c’è un’accoppiamento di forma.

2) Vi sono diversi gradi di mobilità tra inserto e piatto, componenti fondamentali per DIMINUIRE L’USURA: ci sono protesi con un inserto tibiale con “fittone” che si inserisce in un gioco conico nel patto tibiale e quindi abbiamo mobilità.Altro tipo di mobilità è quella antero-posteriore, applicata solo alle monocompartimentali, dove l’inserto può scorrere sulla superficie del piatto tibiale: non molto diffuse perché permette questo tipo di mobilità solo nei pazienti con una mobilità INTRINSECA dei legamenti OTTIMALE.

Ultima possibilità di classificazione ( come per la protesi d’anca ) è il TIPO DI FISSAZIONE:

1. CEMENTATA: presupposto antecedente al fissaggio; esistono disegni prettamente destinati alla cementazione, componenti femorali nella cui parte interna vi sono delle nicchie per accogliere il cemento ma di fatto anche in quelle non-cementate, se vi applicchiamo uno straterello di cemento non abbiamo nessun tipo di problema (esempio il caso del fittone visto prima) .VANTAGGI:lo strato di cemento uniforma le discontinuità delle resezioni chirurgiche e si comporta come smorzatore interposto tra un materiale molto rigido(protesi) e un materiale relativamente soft (osso); è una chirurgia complessa perché il femore deve essere tagliato di diversi piani,inclinato di un certo angolo;questa chirurgia di fatto può influenzare e il cemento può uniformare gli errori chirurgici. Nel caso di cementazione abbiamo un FITTING perfetto perché praticamente ne fa un calco(il cemento ha un modulo elastico minore della protesi ed è per questo che ne fa da smorzatore).SVANTAGGI: se si staccano pezzi di cemento questi agiscono come TERZO CORPO nel processo dell’USURA; inoltre lo strato di cemento invecchia, si rompe e col tempo la connettività tra protesi e osso si perde. Sarà proprio quindi il cemento il rovescio della medaglia della protesi cementata dal momento che presenta un’interfaccia debole.Nel ginocchio è meno importante rispetto all’anca perché la bassa congruenza della superficie del ginocchio permette al detrito di non sostare nell’articolazione.

2. NON CEMENTATA: vengono aggiunte delle strutture (perni) nel femore che servono per infilarsi nell’osso e permettere l’accoppiamento. La superfice del femore non presenta PRESFIT EFFICACE però tagliare una parte di osso non è una cosa così semplice e quindi usiamo questi ulteriori appendici per la stabilità primaria.In questa tipologia di protesi sicuramente l’assenza di cemento può essere visto come un vantaggio ma tra gli svantaggi ricordiamo l’assenza di aderenza tra protesi e ossoed è proprio per questo che le protesi non cementate hanno un più alto grado di perdita di interfaccia rispetto alle protesi cementate.

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Nella protesi d’anca se si può scegliere, si sceglie quella non cementata mentre in quella del ginocchio il cemento non influenza e quindi le geometrie diverse non permettono questo pressfit.

Soffermiamoci ora sulle CAUSE DI FALLIMENTO(già viste per la protesi d’anca):

A BREVE TERMINE: nelle protesi di ginocchio abbiamo la lega Co-Cr per la parte femorale, polietilene nell'insert’ tibiale e il piatto tibiale è o in titanio o in polietilene (se parliamo di uso clinico e non sperimentale ).Tra le cause abbiamo la mobilizzazione settica e allergia.Inoltre viene anche utilizzato uno SPAZIATORE DI GINOCCHIO che viene cementato (PMMA) IMPEDENDO grandi movimenti, inserito per circa 6 mesi, durante il periodo dell’infezione e successivamente rimosso – anche in questo caso ho cemento antibiotato - .Nelle monocompartimentali è molto difficile da inserire dal momento che presenta un’anomalo stato di sollecitazione perché si trova a lavorare di flessione e sappiamo che non è stato progettato per questo, con conseguente fallimento della protesi.

A MEDIO TERMINE vediamo la mobilizzazione asettica per stress-shielding (che risulta essere minore rispetto all’anca), cedimento del manto di cemento e lussazione tra componenti di femore e tibia .Per quanto riguarda lo stress-shielding, sappiamo che nel ginocchio ho dei carichi solo quasi di compressione rispetto alal protesi d’anche che presenta anche la pressione, dove il carico potrebbe essere ripartito non equamente rispetto al braccio ( è fondamentale la ripartizione dei carichi! ).

A LUNGO TERMINE, parliamo di cedimento strutturale a fatica a causa del piatto tibiale(raro nella totale sebbene possibile nella monocompartimentale),della componente femorale (possibile nella monocompartimentale),oer usura dell’inserto tibiale e per mobilizzazione asettica per osteolisi periprotesica da frammenti. Entriamo un po’ nello specifico : il cedimento strutturale a fatica raramente avviene nel piatto tibiale della protesi totale bensì in quella monocompartimentale: è più piccola quindi presenta più probabilità di resistenza meccanica – meno invasiva e scarso danno ai tessuti -. La componente femorale è una causa di fallimento solo nella monocompatimentale dal momento che nella totale il materiale utilizzato è molto ed è sottoposto a compressione e quindi è proprio improbabile che si rompa. Invece nella monocomp può avvenire perché i processi di lavorazione sono differenti da quella totale (microfusione per la mono e forgiatura per la totale → caratteristiche meccaniche più elevate). Per quanto riguarda la mobilizzazione asettica per osteolisi periprotesica da frammenti vediamo che quest’ultimi si creano per usura dei detriti che scatenano una risposta da parte del sistema immunitario e alla fine si ha osteolisi periprotesica e quindi indebolimento della parte ossea e mobilizzazione delle componenti, dove questa mobilizzazione si perquote sulla resiustenza a fatica delle componenti; l’osteolisi periprotesica avviene maggiormente a carico della tibia che non sul femore; l’osso della tibia si riassorbe, la tibia si mobilizza e il piatto può lavorare anche a flessione perché gli manca il supporto dell’osso alla base. Quindi i cedimenti a fatica sono interconnessi l’uno all’altro.La superficie di contatto della protesi d’anca è più elevata di quella del ginocchio e pure più congruente, il carico che arriva sull’anca si distribuisce sulla superficie e quindi lo sforzo è molto più basso sull’anca che sul ginocchio mentre il carico che và nell’anca è maggiore di quello del

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ginocchio, però le superfici di contatto sono più piccole per cui lo sforzo locale è più elevato nel ginocchio e quindi ho più possibilità che si fratturi l’inserto tibiale.

Ultima causa di fallimento (la principale! ) è l’USURA dell’inserto tibiale:La coppa acetabolare della protesi d’anca non andrà mai a presentare un’usura così catastrofica perché ha una superfice maggiore, presenta un minore sforzo locale,abbiamo un carico elevato mentre il carico che và nel ginocchio è materialmente più basso mentre lo sforzo locale qui è maggiore data la minore superficie.

L’usara può essere:

ADESIVA , causata da pressioni locali ; Il carico preme le 2 superfici una contro l’altra (sempre un materiale più tenero dell’altro) con conseguenti pressioni locali molto elevate e deformazioni puntuali delle zone di contatto il cui moto relativo genera micosaldature → usura adesiva → “strappo” → aumento della “rugosità”.

ABRASIVA, dove abbiamo un’azione di taglio coercitata da superfici dure che strisciano su superfici di materiale più tenero ; le asperità superficiali del materiale più duro funzionano come microutensili che asportano materiale dalla superficie più tenera (particelle nanometriche generate).

USURA PER FATICA, caratterizzante le problematiche a lungo termine nelle protesi del ginocchio, dovuto ai cicli successivi di carico e scarico; a livello solo superficiali si possono trovare delle CRICCHE che causano il distacco, un “bucherellamento” della superficie stessa. Distacco di particelle a livello microscopico che in un’ultima analisi possono portare alla rottura dell’inserto stesso. Nell’usura abrasiva il problema era la quantità di particelle mentre in questo caso il problema è che l’inserto tibiale, a livello esterno , si rompe.Questa tipologia di usura crea la DELAMINAZIONE con la successiva rottura dell’inserto tibiale: è diverso perché il fenomeno è prettamente MECCANICO.

USURA DEL TERZO CORPO, presenta l’intercomposizione di particelle di materiale duro (osso, cemento) intrappolate tra le superici articolari. In questo caso peggiora la rugosità superficiale e si genera maggior detrito (questa tipologia di usura è già stata precedentemente affrontata).

USURA SUPERFICIALE (abrasiva) ,è stata studiata sotto la formula di ARCHARD:

Dove V= volume di detrito prodotto, k= Wear Factor (dipende dalla natura del materiale a contatto), A= area sulla quale agisce lo sforzo σ=P/A , P= carico e x=distanza di scorrimento.Questa formula rappresenta la quantità di volume del detrito prodotto ed è proporzionale allo sforzo normale agente tra due superfici di contatto e la distanza di scorrimento (entità di percorso imposto durante delle prove per valutare varie capacità per produrre usura).La prova più diffusa è quella del PIN-ON-DISC che consiste nel far girare un pirulino su un disco (dove i percorsi possono essere differenti, circolari, rettilinei, a 8): ogni prova và a studiare il movimento relativo e dopo un tot di giri si và a vedere o quanto il pirulino si è accorciato o si quantifica il detrito

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prodotto.Avere aree di contatto più o meno grandi non determina necessariamente più detrito perché aumenta l’intervalli d’integrazione MA diminuisce la σ e e quindi, a priori, non posso dire se aree più grandi comportano più detrito. Solitamente l’area di contatto è correlata al disegno più o meno congruente delle due superfici. Ma, una maggiore congruenza comporta una maggiore usura? Non lo sappiamo. Le prove di screeaning sono fatte a priori e sono fatte per esempio per capire la rugosità di un materiale e quindi le si fanno sul materiale e non sul dispositivo.Il simulatore di ginocchio mi fa capire come si comporta il dispositivo.Dato il dispositivo vediamo come si interpretano i parametri : uso un accop-K = -piamento Cr-Co = WEAR FACTOR che dipende dalla natura dei materiali con polietileneSe ho Sforzi locali alti non posso usare componenti vere perché si rompono facilmente (es CEMENTATE) . Il carico assiale (vs anca) è un carico applicato che raggiunge il picco in un tempo minore → - l’accoppiamento CrCo-CrCo non lo posso usare perché non ho uno smorzatore; - l’accoppiamento ceramica-ceramica è troppo fragile e/o ceramica-polietilene si è provato ma per forme più complesse quando lo si vuole usare per costruire forme più complesse come , per es , il femore, dove ci sono spigoli e vediamo che questi diventano punti di innesto nella ceramica di cricche.Dato per scontato l’accoppiamento CoCr-Polietilene, vediamo come abbassare K :si può abbassare K attraverso un miglioramento dei 2 materiali visto sia sul materiale metallico , dove si cercano di utilizzare tecniche di lavoro che abbassino la rugosità – MICROASPERITA’ -, con conseguente attrito minore, chè sul materiale in polietlilene, sul quale , in termini di rugosità, contano poco essendo lui ad essere abraso , mentre si vanno a fare processi che aumentano la capacità di antiusura con il CROSS-LINKING : viene irraggiato con raggi β e γ che creano mix tra i legami dove il numero di link è proporzionale ai raggi; in questo modo ottengo un aumento considerevole dell’effetto antiusura, essendo le catene molecolari più unite, grazie alla presenza di più legami trasversali, con una riduzione all’incirca del 50%.PROBLEMA → le caratteristiche meccaniche dopo il cross-linking diminuiscono, infragilendosi, duttilità e sensibilità ridotta, compromettendo l’inserto: durante il cross-linking rimane un certo numero di radicali liberi, proporzionale all’irraggiamento, sui quali si attacca O2 con conseguente infragilimento del materiale.Questo aspetto è molto importante :NON SI Può CROSS-LINKARE COME NELL’ANCA! Si usano polietileni cross-linkati anche nel ginocchio ma sono peggiori di quelli usati nell’anca perché altrimenti troppo deboli.QUESTO PORTA AD UN

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AUMENTO DELL’USURA PER FATICA: con l’esperienza si è cercato di eliminare i radicali liberi, trattando il materiale con trattamenti termici per determinati periodi, aggiungendo delle componenti che si aggregavano ai radicali (VitE) che impediscono l’aggancio con l’O2, evitando l’ossidazione. Con questi trattamenti ci si avvicina ai trattamenti di cross-linkaggio dell’anca. A questo punto, data l’influenza di A e σ nella formula di Archard, conviene pensare ad una alta o bassa congruenza? Allora, non su tutto si può mettere una bassa congruenza con l’inserto piatto perché una maggiore Area stabilisce stabilità intrinseca, creando dei bordi che contengono le protesi. Tutto dipende dal paziente dal momento che su alcuni bisogna mettere necessariamente o uno o solo l’altro; viene misurata strumentalmente e non a priori attraverso il test sul simulatore di piatto tibiale fisso, in cui esiste la versione ad alta congruenza, rispetto a quella bassa, la quantità di detrito per milione di cicli è più alta in quella a più alta congruenza : maggiore area misurata, non ha compensato l’abbassamento di sforzo a parità di carico e quindi è vincente quella con l’area a contatto minore, la quale sembra diminuire l’usura.Nel polietilene il K diminuisce all’aumentare della pressione di contatto(area più grande) : nelle prove PIN-ON-DISC un aumento della x (distanza di scorrimento) comporta un aumento dell’usura.Essendo le geometrie molto complesse abbiamo un MOTO non più monodirezionale quando ho un aumento della distanza di scorrimento e non si sa se ha più maggiore usura.Un test ha misurato due diversetraslazioni antero-posteriori per la stessa protesie si vede che all’aumentare della distanza di scorrimento x , aumenta il crearsi di attrito ma comunque non in maniera così evidente.Avere l’inserto piatto fa si che vi sia un aumento della distanza di scorrimento x ma non comporta grandi variazioni di pressione di contatto, essendo uguale punto per punto : ho un vingolo geometrico dato dalla congruenza che potrebbe farmi aumentare il punto di contatto perché sto facendo scorrere il femore su una curvatura dove ho un aumento della pressione di contatto che potrebbe essere visto come un aumento dell’usura.

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OSTEOSINTESI

Qualsiasi struttura venga inserita nell’apparato scheletrico dell’individuo, nel momento cin cui viene a mancare la continuità ossea, parliamo di mezzi di osteosintesi.L’osso si frattua e bisogna ripristinare la continuità ossea perché la funzione di asportazione del carico non è più svolta nel tempo naturale e quindi bisogna intervenire con dei dispositivi.La frattua di per sé si rigenera, ma bisogna vedere come.

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L’osso si rigenera, essendo un tessuto vivente, però bisogna vedere in quanto tempo per cui il mezzo di osteosintesi viene inserito per diminuire le tempistiche di ripristino di continuità ossea e inoltre per impedire che l’osso si rigeneri in modo scorretto.Se la frattura è semplice , il callo che si forma ripristina la struttura originaria dell’osso mentre , se la frattua è scomposta , è molto possibile che il callo porti ad una variazione morfologica dell’osso con prestazioni differenti rispetto a quelle normali.Il mezzo di sintesi quindi deve accelerare i tempi di guarigione della frattura e interviene nella ricomposizione della frattura scomposta prima di aspettare il tempo per la guarigione e vengono anche utilizzati per raddrizzare fratture scomposte.

FUNZIONE DEL DISPOSITIVO DI SINTESI:- vuole impedire i micromovimenti delle rime di frattura→ stabilità ;- vuole consentire la progressiva sollecitazione di compressione durante la formazione del callo (compatibilità biomeccanica).La frattura guarisce prima con il mezzo di osteosintesi rispetto al gesso perché con il gesso non carichiamo l’osso che a sua volta se non viene caricato oppone massa ossea con un certo rate; se concediamo un po’ più di carico invece, come con il mezzo di osteosintesi ,l’osso riscresce più in fretta. Il MEZZO DI SINTESI IDEALE è quello che concede poco carico nella fase iniziale e ne fornisce sempre di più durante la fase di guarigione, in maniera proporzionale (una quantità sempre maggiore) alla guarigione. CLASSIFICAZIONE A SECONDA DELLA POSIZIONE:- Osteosintesi esterna → struttura portante al di fuori del corpo del paziente;- Osteosintesi interna → è all’interno del paziente;Nell’osteosintesi esterna ci sono anche collegamenti tra interno ed esterno che permettono di collegare la parte esterna ai monconi ossei.- Due fissatori esterni possono avere forme qualsiasi in quanto essendo all’esterno non hanno il problema della compatibilità anatomica.La struttura portante non rispetta i requisiti di compatibilità in quanto non viene a contatto con i tessuti interni e quindi possiamo utilizzare qualsiasi tipo di materiale al di là dei mezzi di collegamento. Qualsiasi materiale con caratteristiche meccaniche sufficientemente elevate. - Inoltre è possibile aumentare la sezione resistente del dispositivo compatibilmente al fatto che che il paziente deve poter svolgere le funzioni vitali durante la guarigione ;- Altro vantaggio è quello di garantire un’ intervento molto rapido perché il paziente non viene aperto (risparmio tempo) ma viene esposto ai raggi.- Questi fissatori possono curare tipi di fratture particolarmente scomposte perché hanno la possibilità di orientare le viti che vanno ad intercettare i monconi ossei in particolari direzioni.Nel sistema a 2anelli, i mezzi transcutanei sono dei fili che possono che possono essere orientati in modo molto flessibile, riuscendo anche ad intercettare piccoli frammenti ossei (ILIZEROV).

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Il paziente dopo quest’intervento cammina poiché la struttura portante è massiccia e sopporta tutto il carico anche quando l’osso è in fase di guarigione e ciò è un vantaggio nei tempi di guarigione.SVANTAGGI:oltre a quelli visivi, il problema è che si hanno dei buchi aperti tra esterno e interno cui si può innescare l’infezione. Tipicamente il paziente è sotto terapia antibiotica per tutto il periodo di guarigione/impianto del mezzo di osteosintesi esterno.

APPLICAZIONI:1)TRAUMATOLOGIA D’URGENZA: fissatore per bacino (BlueShark)Pazienti politraumatizzati che presentano una rottura del bacino , sebbene abbiano organi danneggiati , lo devo fissare comunque perché altrimenti può andare in contatto con organi interni durante spostamenti vari.La fissazione esterna è molto veloce, formato da plastica in quanto non deve avere caratteristiche meccaniche ma deve solo mantenere le ossa e stabilizzare una frattura molto grave.2)ALLUNGAMENTI DELLE OSSA: fissatori con cerchi e fili, utilizzati per veitare patologie di nanismo o scorretto sviluppo di alcune parti del sistema scheletrico. In questa situazione si causa la frattura dell’osso, distanziando monconi ossei e aspettando la crescita ossea tra i 2.Allungamenti parziali di entità ridotta che quindi devono essere applicati più volte; si arriva anche ad avere allungamenti di 40-50 cm; a volte il fissatore viene mantenuto in sede in quanto ho dei tiranti che vengono allungati ad ogni step di guarigione e questa è l’unico tipo di fissazione che ammette la cura della patologie di nanismo. TIPOLOGIE:-MONOLOTERALE : è una struttura portante che è solamente in un lato rispetto all’osso del paziente; è posta in posizione esterna e non mediale perché così crea meno disagi al paziente.-ILIZAROV : a cerchi, struttura modulare in cui si hanno dischi,fili, anelli e barre.Assemblo diversi pezzi a seconda dell’esigenza clinica.Si sceglie la conformazione più vicina all’esigenza ed è il chirurgo che si costruisce il suo dispositivo ideale su misura per il paziente.Presenta un geado di flessibilità elevato che si dà al chirurgo e difficilmente troviamo tale grado in altre applicazioni di dispositivi impiantali.

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1. PLACCHE E VITI :Inserita a cavallo della lima di frattura (composta) per garantire continuità tra i due monconi.Se è soggetto a flessione, da un lato tenderebbe a comprimere e dall’altro ad allargarsi →serve una placca.2. FISSATORI : I fissatori interni ( il CHIODO ENDOMIDOLLARE) sono strutture tubulari bloccati in zona prossimale e in zona distale con strumentazione di ancoraggio (pressocchè viti).I mezzi di bloccaggio sono sempre sostituiti da viti, strutture tubulari in acciaio o leghe di titanio, che riportano in zona prossimale e distale dei fori.E’ il medico a decidere se fissare e con cosa farlo.I fissatori sono lunghi e di dimensioni uguali a quelle fisiologiche; esistono chiodi più o meno lunghi, specifici per l’osso con struttura che sceglie la curvatura fisiologica della zona midollare in cui inserisce il fissatore.Le diverse fratture curabili con inchiodamento midollare sono le seguenti:

1.CHIODO CORTO(principalmente per femore)viene utilizzato viene utilizzato per sanare le fratture del collo del femore, essendo una frattura prossimale del femore.Tubo corto all’interno del canale con dei fori da cui passano delle viti che vanno a mordere la spongiosa della testa del femore secondo modalità d’inserzione.Altra classificazione è quella secondo la modalità d’inserzione.Esempio, dal grande trocantere del femore(antegrade, dall’alto verso il basso, si entra dal trocantere e si arriva al ginocchio e retrograde,dal basso verso l’alto, dal ginocchio si arriva al grande trocantere).Essendo chiodi completamente diversi, anche lo strumentario utilizzato sarà diverso e ciò dipende dallo stato clinico del paziente o comunque dalle preferenze del chirurgo.

VANTAGGI(fissaggio interno rispetto a quello esterno): Possibilità di applicare il carico immediatamente dopo l’intervento, spesso ingessato perché il sistema placca-vite deve essere generalmente supportato dal gesso non potendo il paziente sopportare il carico; Possibilità di progettare chiodi a rigidezza variabile (il target è quello di concedere rigidezza all’osso al momento opportuno): inizialmente il chiodo è molto rigido e successivamente perde di rigidezza(utilizzo quindi di chiodi che possono variare rigidezza). Anche nella fissazione esterna, per esempio , si poteva variare con un cacciavite la rigidezza di una molla.Non essendoci vie di passaggio di infezione , il fissaggio interno è più

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vantaggioso rispetto a quello esterno sebbene lo svantaggio del chiodo sia quello di dover essere legato ad un atto operatorio per la fissazione interna.SPECIFICHE DI PROGETTO :1. Presenza di materiali radio-trasparenti almeno nella parte in corrispondenza della rima di frattura. Se non avessi una struttura tale, fino a quando il chirurgo guarda in senso antero-posteriore il tutto va bene, ma poi non riuscirebbe a vedere più l’osso essendoci materiale radiopaco (si limiterebbe a vedere in primo piano e stop).Quindi il materiale radiotrasparente è fondamentale per vedere la lima di frattura. Il fissatore esterno in plastica è radiotrasparente mentre non è applicabile una struttura radio-trasparente nella fissazione interna, non essendoci la necessità essendo il paziente aperto.2. Nella fissazione esterna il dispositivo deve essere costruito per sopportare i cicli di sterilizzazione, dove la fissazione esterna può essere vista con un utilizzo monouso oppure pluriuso su più pazienti SE sterilizzabile : quindi il fabbricante potrebbe sterilizzarle oppure prettamente con autoclave in ospedale.Se si dichiara come sterilizzabile, deve mantenere le sue caratteristiche meccancihe dopo la sterilizzazione.Oggi giorno si tende al monouso, uno , per motivi prettamente di mercato dato che il monouso comporta una maggior vendita del prodotto, due , perché il progettatore ha più responsabilità perché deve verificare per esempio che il dispositivo possa resistere a 35000giri che corrispondono a 3 mesi, per esempio per 10 se il dispositivo deve durare 10 anni(quindi 3,5miloni di cicli).Come fabbricante devo prevederlo con delle prove di carico in laboratorio.E’ un discorso non comodo perché se ci dovessero essere dei problemi il ministero si deve rifare al fabbricante e quindi si scegli l’utilizzo monouso soprattutto per avere meno responsabilità. 3.Dovrebbe prevedere un sistema di riduzione per la lima di frattura, in fissazione esterna , dal momento che il fissatore dovrebbe permettere di intercettare tutti i monconi ossei con una particolarità della struttura, mantenendo tutti i gradi di libertà possibili.E’ molto importante dare questa possibilità al chirurgo di orientare le viti nella maniera più facile e nei modi più diversi, a seconda della situazione postagli innanzi, differente per ogni paziente.Il chirurgo infatti apprezza di riuscire ad orientare facilmente a suo piacimento e fissando il tutto con un giro di vite. I fissatori che garantiscono la chiusura con una sola manovra sono vincenti rispetto agli altri , sebbene sia dei requisiti molto diversi, dal momento che la richiesta è di avere molti gradi di libertà ma di fissare il tutto con un’unica manovra(1rchiesta,molti gdl,2richiesta,una manovra)

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4. dovrebbe prevedere un sistema di sollecitazione specifico, per consentire al paziente di graduare, durante tutto il periodo di trattamento, la sollecitazione del focolaio di frattura (load sharing).Ciò è sicuramente più semplice su un fissaggio esterno dal momento che aggiungo un elemento in parallelo a fissazione variabile, che si aggiunge e quindi irrigidisce il sistema ma essendo quest’ultimo una molla è in grado di modificare la rigidezza durante la ripresa del paziente: parallelo tra componente dinamica (molla) e struttura del fissatore.5. dovrebbe prevedere un sistema di misura, essenziale per una oggettiva valutazione dell'andamento della guarigione.Su modelli in sperimentazione, si pensa di mettere un sistema di misura per quantificare in maniera precisa la quantità di callo osseo che si stà formando.Essendo un sistema di molle in parallelo, si ripartiscono le rigidezze nel tempo e con questo sistema si può stimare il punto di guarigione in cui ci troviamo.6. gli ingombri esterni devono essere molto ridotti.

IL SIMULATOREIl simulatore valuta le specifiche di progetto: in fase preclinica deve verificare i calcoli con un simulatore di bacino, un sistema sperimentale che replica gli stati di sollecitazione che vanno sul femore durante il cammino.Il sistema è composto da un osso artificiale in materiale plastico, preso in maniera tale che abbia caratteristiche meccaniche simili a quelle fisiologiche.

Utilizza un osso sintetico ha tutti i vantaggi di una struttura sintetica rispetto a quella naturale (non utilizzo più ossa prese da cadavere), avendo maggiore possibilità di ripetibilità della prova per avvalorare la tesi.Si cerca di replicare i rapporti anatomici in termini di braccio di leva in gioco durante il cammino del paziente.Il gruppo dei muscoli abduttori viene replicato con un tirante tra grande trocantere e l’asta(essendo 16 muscoli dovremmo in teoria ripeterlo con 16tiranti); quindi il simulatore include l’azione dei muscoli abduttori, con un conseguente maggiore carico.Inoltre vediamo che si è costruita una coppetta cementata al grande trocantere che viene tirata dal tirante: conoscendo il baricentro del bacino lo sposto con un rullo per

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simulare la forza peso di un paziente.Il vantaggio di avere i rapporti anatomici giusti mi dà la diretta applicazione della forza, applicata dalla forza peso del paziente nel punto corretto da un punto di vista fisiologico.Oltre alla coppetta, vengono utilizzati tutti escamotage per avere un sistema isostatico e quindi si ha la necessità di un pistone che scorre nel cilindro messo a terra.Questo sistema replica in maniera pseudo-fisiologico il tutto.Si è pensato di misurare lo stato di sollecitazione del femore con sensori di deformazione ( estensimetri ) posti sulla superficie che si dicono la deformazione della struttura.Il femore ha una sua curvatura e quindi si fletterà su piani differenti e quindi, oltre alla flessione abbiamo la torsione, molto più importante nei piani medio-laterale e antero-posteriore.L’estensimetro mi dà una misura della deformazione ma ci interessa l’entità del momento flettente di qualche particolare deformazione.Molto importante sarà la CALIBRAZIONE dal momento che trova la correlazione tra deformazione e momento flettente, in un sistema che impone in un sistema che impone all’interno dei due rulli superiori un determinato momento flettente.Vediamo le curve di calibrazione come delle rette e comunque, anche quando il sistema è calibrato nel piano antero-posteriore, qualcosa si legge anche nel piano medio-laterale, data la particolare geometria dell’osso.

Quali sono i tipi di prove fatte con questo tipo di sistema?Attraverso lo STRESS-SHIELDING riusciamo a vedere a vedere la guarigione in tempistiche differenti..Nello stesso osso è stato inserito chirurgicamente il mezzo di sintesi con alla fine l’osso rigenerato e guarito.Gli estensimentri, essendo sulla superficie, vedono delle deformazioni sull’osso.Quando metto il dispositivo di sintesi, ho deformazioni più piccole , avendone di meno lo strumento di sintesi ma , per differenza , capisco la percentuale di deformazione. Dopo che viene ri-rotta e ri-misurata la ripartizione di carico e il dispositivo di sintesi, riesco , per differenza a conoscere questa deformazione.Vediamo come l’osso da solo ha ≃ 27 Nm di momento di carico,

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mentre con dispositivo di sintesi inserito all’interno arriviamo a ≃20Nm e ≃15Nm da rotto. Vediamo come durante la gurigione metà carico và sull’osso e metà sul dispositivo, avendo , al 100% DELLA GUARIGIONE, che sul mezzo si scarica il 27.8% rispetto al 72.2% dell’osso.Questa effettiva capacità dipende da questioni di rigidezza e quindi il tutto dipende dai materiali, dove la εtitanio ≃ ε½ acciaio . La rigidezza globale dipenderà quindi dai mezzi di fissaggio, che devono sì fissare il chiodo all’osso MA devono anche essere il più flessibile possibile: se è +rigido, ho viti che fissano, mentre, se è –rigido, il chiodo ha una struttura tubulare, con delle viti a livello prossimale mentre a livello distale ci sono delle “vergelle” che spuntano vicino all’osso a livello dei condili e quindi sono ≃ delle molle che garantiscono il grado di flessibilità.Il più flessibile conosciuto è quello in cui il chiodo inserito, bloccato da 2 viti, sfila un ferro che ha delle punte e per attrito si inchioda a livello midollare e ci sono 4molle che si aprono ad ombrello.Il chiodo elastico ( quello a rigidezza variabile), a fissazione interna, ha uno stelo su cui si può montare un elemento elastico e un cappuccio che chiude il tubo. Quando il cappuccio ingloba la molla, non ho varizaioni, mentre, quando il cappuccio lascia libera la molla, questa lavora e il sistema diminuisce in tfjfjftermini di rigidezza. Si fa un taglietto sul trocantere, il medico entra con un cacciavite e ruota e rupta il cappuccio al livello di rigidezza desiderato. La ricerca sperimentale sta cercando di sostituire la struttura del chiodo con un materiale BIO-DEGRADABILE, che perda le sue caratteristiche meccaniche con il tempo. Attualmente esiste solo un prototipo funzionante di ciò ma il problema stà nel riuscire a creare un parallelo tra una struttura a rigidezza variabile ed una a rigidezza non variabile. GLI IMPIANTI DENTALI

L’impianto dentale è quella struttura artificiale che viene inserita nel caso in cui un dente venisse a mancare: struttura composta da una CORONA PROTESICA e un IMPIANTO che per una parte si mette nell’osso e per una parte fuoriesce nel cavo orale sul quale verrà poi costruito un dente in ceramica.L’arcata (mandibolare o mascellare) si ritrova nel caso in cui verranno applicate delle protesi con denti naturali e una parte senza denti ; si possono mettere una serie di impianti e attaccarci gli ABATMENT (monconi) che sorgono nel cavo orale su cui l’odontotecnico opererà per l ‘ impiantaggio finale; su ogni moncone potranno essere messi più denti, utilizzando la cosiddetta STRUTTURA A PONTE su si possono mettere da 2 a3 denti su ogni moncone, dove il numero dei pilastri utilizzati dipende dalla consistenza dell’osso.

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Ciò che interessa a noi è il pilastro del dente poiché la struttura dentale sarà tipica di ogni paziente e sarà compito dell’odontotecnico e non più dell’ingegnere.Tale struttura è legata non solo ad una questione meccanica per la masticazione , dove l’arcata mandibolare deve combaciare il più possibile con quella della mascella. Da una radiografia si riconoscono le protesi dentali perché possono avere diverse inclinazioni dal momento che si cercano parti dell’osso compatto per l’ancoraggio della struttura a ponte.Saranno diverse le forme di tipologie di impianto tra cui si riconosce sempre una radice comune che s’innesta nell’osso e sarà ciò che noi chiameremo IMPIANTO (perché è la radice per noi) e il moncone invece è quello che sporge nel cavo orale.IMPIANTI DENTALI = innesti di tessuto non vitale entro un sistema biologico atti a sostenere e supportare le unità masticatorie protesiche poste a sostituzione dei denti naturali mancanti (no dentiere o qualsiasi altro tipo di ricostruzione dentaria a contatto solo con il tessuto epiteliale gengivale – questo tra parentesi non ricade tra la definizione di impianto). Dal punto di vista storico gli impianti dentali si sono evoluti in diverse tipologie:

ƒ impianti endossei: dispositivi posizionati nell'osso attraverso la gengiva – soluzione più comunemente usata dalla fine degli anni '50 ad oggi – due principali categorie cilindri e lame;i cilindri sono strutture a vite che appunto si avvitano all’interno dell’osso mentre le lame non hanno elementi meccanici interessanti. ƒ impianti subperiostei: costituiti da una intelaiatura metallica inserita a diretto contatto con l'osso mandibolare o mascellare - sporgendo dalla gengiva la grata è in grado di sostenere una protesi mobile o fissa in cui si può vedere la presenza di alcune sferette che fuoriescono dalla gengiva. Nei subperiostei non c’è più un ancoraggio con singole viti, ma viene costruita una grata che si appoggia all’osso, diventando così una soluzione più invasiva. impianti transossei: costituiti da un’intelaiatura metallica che attraversa tutto lo spessore dell'osso fuoriuscendone per un tratto in modo da consentirne il fissaggio con una sorta di dado – la protesi viene supportata e stabilizzata dagli attacchi che sporgono dalla gengiva ; OGGI→ IMPIANTI ENDOSSEI CILINDRICI, sebbene esistano anche cilindrici.

Ma, cosa deve fare un’impianto osseo? Un impianto deve essere in grado di trasmettere all’osso il CARICO MASTICATORIO come un dente naturale; sebbene l’impianto si trovi anche come sostegno del dente artificiale , questo deve trasmettere la connessione che l’arcata superiore e inferiore si scambiano durante la masticazione.Le forze masticatorie registrate sono di entità meccaniche interessanti (con un massimo della componente verticale mediata sui diversi denti naturali di 2440 N): si

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passa dai denti posteriori (molari)fino a una forza di 800-900 N (≃80-90 Kg).Bisogna distinguere come interpretare questi dati poiché questi 800N possono essere distribuiti su più denti piuttosto che su uno singolo.A partire dalla natura del cibo che mastichiamo, l’impianto dentale si può trovare a masticare delle forze che STATICAMENTE l’impianto dentale deve essere in grado di sopportare questa Fmax : molto importante è la DIREZIONE poiché la mandibola e la mascella hanno molto gradi di libertà perché si può sia masticare facendo diventare la struttura una cerniera o anche diversamente.L’impianto deve sostituire un dente e quindi il supporto al dente dev’essere fisicamente molto piccolo, quindi forze molto grandi che si vanno a scaricare su regioni molto piccole→ avremo richieste specifiche molto severe. Gli impianti che sono nella regione molare possono avere digrigni molto resistenti , una maggiore area, quindi più spazio , rispetto alla regione incisiva, dove gli spazi devono essere invece più piccoli.VANTAGGIO: nella regione canini-incisivi anteriore sono scarsamente caricati(1/4 rispetto alla regione mandibolare).La trasmissione dei carichi avviene attraverso l’interfaccia impianto-osso e avviene in 2tipi, a seconda della modalità d’intefaccia:

1.da carico immediato = CONNESSIONE tra osso vivente e superficie di un impianto sottoposto a carico immediatamente dopo inserimento chirurgico → impianti MONOFASICI/BIFASICI;2.OSTEOINTEGRATA con connessione diretta tra osso vivente e superficie di un impianto caricato tardivamente, senza interposizione di tessuto connettivo fibroso.

Il carico immediato, viene inserito nell’osso, subito viene posizionata la corona protesica e permette di caricare subito da parte del paziente: questa necessita di una stabilità primaria sufficientemente buona per sopportare questo carico; Monofasico perché il tutto si risolve in un’unica fase:Parliamo di interfaccia osteointegrata quando l’impianto dentale a vite viene inserito, la gengiva viene richiusa e si dà il tempo all’osso di osteointegrare; dopo circa un mese viene calzata sul moncone la protesi dentale e siamo in una situazione bifasica perché appunto si necessita di 2 interventi (è una ricrescita poco meccanicamente stimolata ma comunque l’osso ricresce!).La maggior parte degli impianti è BIFASICO : si è partiti con il monofasico, poi Branemark ha usato la tecnica bifasica.Il mercato degli impianti dentale è molto diverso rispetto alle altre tipologie di protesi dove il cliente finale è l’ospedale mentre in questo caso la maggior parte degli interventi avviene in cliniche private (dentisti ) che allargano il mercato.E’ un tipo di dispositivo a rischio minore rispetto alle altre tipologie di protesi e quindi si finisce per abusarne: in Italia si ha quasi lo stesso numero di Impianti degli

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USA con l’unica differenza che in Italia si ha un numero di abitanti nettamente minore degli stati uniti.Si ha un numero di abitanti nettamente minore degli USA.Varia la modalità di connessione tra impianto e corona:

Impianto MONOFASICO presenta impianto e moncone protesico forgiati in un unico elemento Impianto BIFASICO presenta impianto e moncone protesico come due elementi distinti

Nell’impianto monofasico ha la radice a vite ma il moncone è già saldato alla radice stessa mentre nel bifasico, necessariamente, non deve essere caricato e quindi avremo 2parti, impianto + moncone che successivamente verranno collegati con una serie di diverse meccaniche.VANTAGGI:nel monofasico ho una componentistica molto ridotta, mentre generalmente moncone e vite nell’impianto bifasico sono collegati con una vitina, che “serra” insieme i due elementi; la vitina è molto piccola, ha un diametro che va da 1.4 a 1.7mm.Meccanicamente sono le cose che calcolo per prima avendo un punto critico a minor resistenza del sistema che nel sistema monofasico non c’è più e quindi per questo vantaggioso.La più piccola sezione resistente dell’impianto monofasico è paragonabile alla vitina del sistema bifasico, con la differenza che nel monofasico non si rompe; inoltre, altro vantaggio, il tutto si attua in unico intervento rendendo minima la possibilità d’infezione.

NB:GROSSO VANTAGGIO BIFASICO è che si può collegare un moncone che sia rotto o inclinato, quindi, laddove c’è la necessità di dare un certo grado per una questione di spazio: quindi metto l’impianto dove c’è, l’osso è più compatto e posso usare un moncone inclinato rispetto allo spazio che ho; questo è l’UNICO GRANDE vantaggio dell’impianto bifasico che lo ha reso il più diffuso tra gli impianti dentali.Dovendo garantire da subito stabilità primaria, molto importanti sono le caratteristiche geometriche dell’impianto : la vite ha delle spire molto grandi e larghe che permettono di ancora l’impianto sin da subito all’osso.La VITE di GARBACCIO è abbastanza lunga da entrare nella corticale, attraversare la spongiosa e finire nell’altra corticale e questo concede molta stabilità fin da subito (anni ‘50); laddove si riesce si riesce a inserire quest’impianto riuscendo ad oltrepassare le 2 corticali, si può utilizzare questa tipologia di vite , sempre che non vi siano complicazioni nel dente dovute a questioni di spazio.

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Il cavo orale è la parte del corpo umano incline a infezione microbiotica essendo la parte più sporca del corpo umano: l’incidenza di infezioni e fallimenti settici è molto frequente poi non mi trovo in una sala operatoria ma dal dentista.

OSTEOINTEGRAZIONE

In generale ne abbiamo già parlato per quanto riguarda le protesi ortopediche.Comunque si può schematizzare dicendo che si deve avere raggiungimento e mantenimento di uno stato di equilibrio tra

sistema immunitario dell’organismo che accetta una struttura estranea e si difende dagli attacchi microbiotici più o meno direttamente portati dall’impianto : alcuni disegni di dispositivi sono costituiti in modo da bloccare il passaggio del batterio dal sito di ancoraggio all’osso;

La struttura implantare deve trasmettere una quantità di carico corretta tale da non portare a rotture né a ritiro osseo.Il dente naturale è legato all’osso dal legamento paradontale che fa da ammortizzatore di carichi e contiene dei recettori di pressioni: quindi se mastico troppo forte vengono trasmessi impulsi al cervello e smetto di masticare.Nel dente artificiale non ho il legamento per cui non ho la sensibilità per capire se mastico troppo forte e spesso è questo che porta alla rottura.

La progettazione biomeccanica della protesi nel rispetto dell’equilibrio di forze esistenti nella dentizione naturale.

Il fallimento implantare è qualcosa che va a rompere l’equilibrio di questi due fattori e potremo avere:

Fallimenti settici , insuccessi causati dal sopravvento degli agenti batterici nei confronti delle difese dell’organismo.

Fallimenti asettici , insuccessi derivati dalla rottura del delicato sistema di forze esistenti durante la masticazione.

Infine in generale possiamo dire che la forza che si applica, mediata dalle strutture protesiche, se si trova tra i 2 limiti di sforzo (σ) e deformazione (ε) , OK, altrimenti ho problematiche differenti.

FATTORI CHE INFLUENZANO L’OSTEOINTEGRAZIONE:

Biocompatibilità del materiale implantare Utilizzo anche le leghe di Ti e non solo la lega Ti6AlV , quindi leghe più pure, perché queste hanno una capacità osteoinduttiva maggiore a scapito però di minore resistenze meccaniche e quindi bosognerà trovare un biblancio nel quale vedo che posso fare la radice in Ti , più puro, e la vitina e il moncone si possono fare in Ti6Al4V avendo caratteristiche meccaniche maggiori (soprattutto la vitina): Ti grado 1 = Ti più puro Ti6Al4V = Ti grado 5

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Comunque, in generale, ho buona integrazione al tessuto osseo, eccellenti proprietà meccaniche, elevata resistenza alla fatica meccanica.

Condizioni di superficie dell’impianto La superficie può essere trattata(come lo stelo della protesi d’anca) con condizioni superficiali particolari che stimolano la ricrescita dell’osso : la superficie della vite non è liscia , con livelli di rugosità sia micro/nano sia macro: il concetto è che qualsiasi tipo di rugosità è importante per una maggiore adesione dell’impianto all’osso perché aumenta le capacità di osteintegrazione. Si è tentato di deporre materiali sulla superficie dell’impianto-idrossiapatite- ma queste stimolano in maniera eccessiva la ricrescita ossea.Utilizzo varie tecniche: titanio sabbiato, poi si può passare la vite in una macchina che abrade la superficie, utilizzando titanio plasma spray e mordenzatura acida.

Geometria del sistema implantare L’impianto deve garantire una connessione solida e duratura con l’ambiente biologico ( garantire una corretta distribuzione di sforzi nell’osso circostante, assicurare una corretta stabilità primaria nella fase di guarigione, disporre di una adeguata arca di contatto osso-fixture per favorire il potenziale rigenerativo all’interfaccia).

RIASSUMENDO: 1) Applicazione di un protocollo chirurgico non traumatico e bene sperimentato;

L’osso deve essere lavorato prima dell’intervento, facendo un foro di dimensioni tali che la fixture si riesca ad inserire correttamente; i fori vengono fatti con delle frese ma se il calore prodotto è eccessivo si può provocare la rottura dell’osso.

2) Stabilità meccanica primaria dell’impianto3) Carico protesico idoneo4) Periodo di guarigione adeguato(carico precoce, tardivo)5) Procedure efficaci di igiene orale

IMPIANTI ENDOSSEI A VITELa soluzione protesica più utilizzata (svariate forme,dimensioni e tipologie d’impianto).Presentano:

Semplicità del trattamento chirurgico di inserimento Notevole versatilità del sistema (utilizzo sia come radice di dente singolo sia come elemento di

sostegno di una struttura più complessa); Estrema stabilità del l’innesto metallico osteointegrato.

Peculiarità che rendono molto vantaggioso l’impianto nel ripristino della funzionalità masticatoria, garantendo nel contempo la sua estrema affidabilità.

La radice può assumere forma diversa mentre la vite è completamente cilindrica e viene inserita tramite press-fit.

L’impianto è strutturato da 3 parti fondamentali: collo, corpo e apice.

1) Collo = area di interesse con moncone LISCIA = ricrescita cellulare migliore, minore rischio di colonizzazione batterica

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e maggiore biocompatibilità MA maggiore riassorbimento osseo e minore osteointegrazione;

2) Corpo = parte che penetra nell’osso deve garantire stabilità primaria e secondaria, presenta diverse forme(cilindrica,conica o tronco-connica) e diverse lavorazioni superficiali (sup. liscia o filettata).

3) Apice multilavorato (rendere la vite autofilettante impedisce la rotazione dell’innesto, funge da zona di scarico per i frustoli ossei,grumi sanguigni, ecc.) e a punta conica ( ricorda la forma delle radici )

SISTEMA IMPIANTO-PROTESICO BIFASICOA seconda della modalità di connessione tra impianto e moncone, si distingue tra:

Avvitata il moncone e l’impianto sono tenuti insieme tramite una vitina di collegamento

Cementata utilizzo il cemento per ossa

Nel caso in cui nell’avvitata qualcosa non dovesse andare posso sostituire solo parte esterna senza toccare l’impianto interno.

La connessione a sua volta potrà essere :

Interna moncone maschio interno-impianto femmina Esterna struttura maschio

L’interna è la più utilizzata

I vantaggi dell’interna VS l’esterna sono:

Maggiore ritenzione del moncone Scarico delle tensioni all’interno del corpo implantare Maggiore estetica Buon sigillo antimicrobico

Le forme di connessione più usate sono quelle ad esagono quindi su 6 posizioni differenti ciò conferisce maggiore flessibilità.

CAUSE DI FALLIMENTO IMPLANTARE:

Di natura biologica : infiltrazione batterica - Condiziona il raggiungimento dell’osteointegrazione- Determina la perdita di osteointegrazioneSi deve togliere l’impianto, aspettare che passi l’infezione e poi si può procedere con un nuovo impianto; questi problemi sono molto presenti.

Di natura meccanica - allentamento della vite di connessione- frattura dell’impianto ( magari a seguito dell’allentamento della vite); solitamente è la vitina a rompersi (nel 99% dei casi), il moncone ha sezioni resistenti più ampie e quindi di solito non si

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rompe (al massimo se viene utilizzato materiale scadente)- frattura della porcellanacompromettono il successo della riabilitazione protesica e causano un reintervento successivo.

AFFIDABILITA’ DEGLI IMPIANTI

L’AFFIDABILITA’ è la capacità di un dispositivo di mantenere le sue proprietà nel tempo:Si parte dall’ipotesi che un impianto abbia adeguate proprietà e si dichiara che tale elemento è affidabile solo se le proprietà non si modificano nel tempo durante l’uso.

VITE

La vite è l’elemento più debole, in quanto è l’elemento più piccolo.Tutto stà nella modalità di lavorazione: la vite tiene insieme moncone e impianto attraverso attrito tra madrevite ricavata dall’altro impianto in cui si impegna la vitina.

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La vitina avanza fin tanto la testa incastra la battuta e non và più avanti; si deve dare un altro giro che è quello che crea attrito tra testa e sottotesta e tra vite e madrevite. Inoltre il fusto della vite viene tirato e quindi anche se non si applica nessun carico ho uno stato di sollecitazione nell fusto. Stato di tensione differente a seconda della coppia (entità della coppia) che stiamo applicando.Posso applicare anche uno sforzo oltre il limite elastico, cioè vado a snervare la vitina di collegamento: ciò si evita fornendo ai dentisti dei cricchetti che bloccano di girare oltre; la vitina si trova a lavorare in una condizione di precarico che la porta vicino al limite di snervamento. Anche se il dentista ha fatto tutto bene, su ll’impianto agisce l’azione masticatoria che dà a sua volta compressione e flessione: la compressione scarica la trazione del dispositivo mentre la flessione manda la trazione in una parte della vite; si può quindi sorpassare il limite di snervamento durante la masticazione perché si somma questa altra trazione.

AFFIDABILITA’ STATICA

banco e protocollo di prova

L’impianto viene vincolato da una struttura di alluminio da cui fuoriesce il monicone.Il livello a cui si vincola il moncone determina la resistenza : se vincolo più in basso si ha una perdita di caratteristiche meccaniche, simulando una non perfetta osteointegrazione nella parte prossimale e si và a vedere qual è la forza massima supportata dall’impianto.Quindi un impianto affidabile è un imppianto che in laboratorio supera gli 800 N.

AFFIDABILITA’ A FATICA

L’IMPIANTO NON DEVE ROMPERSI IN FUNZIONE DEI CICLI: esiste una norma dove vincolo il sistema e simulo un assorbimento osseo di 3mm (che è parecchio se si considera che è lungo circa 10mm); si descrive in laboratorio la modalità di prova dovendo sopportare 5 milioni di cicli ma non dice la forza da applicare:

l’impianto dovrà reggere 5milioni di cicli a 500 N (fatto in lab dal prof).

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VALUTAZIONE DELL’OSTEOINTEGRAZIONE

In fase pre-clinica oltre alla fatica và valutata anche l’osteointegrazione.PROVE DI DISINERIMENTO → valutare la coppia necessaria per estrarre l’impianto dall’osso e così valutarne l’osteointegrazione.Bisogna conoscere già la coppia dell’inserimento dell’impianto.Oppure, si possono fare prove di push-out : l’osso dopo l’osteointegrazione viene spinto, cioè viene applicata una forza verticale tanto maggiore quanto maggiore è l’osteointegrazione (grafico mostra i risultati del push-out nel

tempo).

Altro tipo di valutazione è quella relativa agli errori di posizionamento.

La costruzione del ponte è di tipo artigianale e quindi può essere che il ponte non calzi perfettamente all’interno della cavità orale naturale.Si fanno le impronte dell’arcata ma vi possono essere degli errori quindi il ponte viene fuori più corto per esempio , o più lungo, e quindi può essere forzato sugli impiantio già posizionati sul paziente e ciò causa problemi di natura meccanica.Si utilizzano dei rilevatori di deformazione (estensimetri), posizionati sui ponti.Le attrezzature sperimentali sono quelle con 2 monconi che traslando causano, sia in senso longitudinale che variando l’inclinazione del moncone, quegli errori che si possono causare nel ponte .A seconda dei diversi tipi di sollecitazione, si andava a calcolare l’errore, in base al tipo di connessione ( cementata o avvitata) tra impianto e moncone.

Le connessioni cementate compensano meglio questi errori del ponte, a parità di errore.

Inoltre bisognava valutare come l’errore veniva trasmesso all’osso: tramite il modello matematico ad elementi finiti si è misurata la deformazione .Si impongono gli stessi errori che ci sono a livello fisico e si fa il confronto tra deformazione misurata e calcolata : quindi il modello matematico è stata

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valutato come rappresentativo del tipo di impianto.E’ stato inserito un impianto in un segmento osseo su cui si fanno delle misure con il modelle delle sollecitazioni che vengono trasmesse all’osso.Sul ponte le prove sperimentali si possono fare ma sull’osso è difficile; comunque si è visto che certi errori portano a certi livelli di sollecitazioni anche sull’osso e quindi fenomeni complessi ponte biologica e meccanica ognuna delle quali vinee manifestata tramite prove sperimentali o numeriche.