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Agostino Carracci (1557-1602) pit- tore ed incisore nato e vissuto per buona parte della sua breve esisten- za a Bologna, aveva origini cremo- nesi. La prima prova di quest’origi- ne cremonese la fornisce il “Cavaliere” Giovanni Baglioni (1571-1644). Questi, storico del- l’arte oltre che pittore egli stesso, nella sua opera Delle Vite dei Pittori e Scultori, fioriti in Roma sua Patria dall’anno 1572 sino all’anno 1642 riferisce che: “I Carracci sono stati due fratelli carnali (Agostino ed Annibale), ed un cugino, il quale fu Lodovico Caracci il maggiore (fig. 1). Questo diede i principi del disegno, e del colorito ad Annibale Caracci, e ad Agostino fratelli (fig. 2 - 3), e costoro furono figliuoli di due fra- telli sarti da Cremona (Vincenzo e Antonio) onorati e da bene, che in Bologna andarono a stanziare, per colmare la gloria di quella famosa città”. Lo Zaist ritiene che il Baglioni, contemporaneo dei Carracci, avesse ottenuto la notizia dai Carracci stessi durante uno dei loro soggiorni di lavoro a Roma. Dopo il Baglioni anche Giovan Pietro Bellori (1615-1696), pittore e storico dell’arte romano, riprende la notizia nelle sue Vite dei Pittori edite nel 1672 aggiungendovi alcu- ni particolari: “...riferendo però l’o- rigine, egli è certo, che Antonio Caracci, Padre di Annibale (e di Agostino), del territorio di Cremona venne ad abitare in Bologna, dove, con l’opera di Sarto manteneva se stesso, e la sua fami- glia in buona estimazione della povertà sua. De’ figliuoli che aveva, Agostino, il maggiore si applicò alla Pittura, ed all’Intaglio, Annibale il minore fu posto all’arte dell’orefice...”. Il Bellori ci raccon- ta anche un episodio curioso occor- so ad Annibale in una data impreci- sata della sua giovinezza. Il padre Antonio era venuto a Cremona “…per vendere un poderetto, che gli era rimasto nella terra nati- va…”, ma al ritorno fu derubato di tutto. Ebbene Annibale, che lo accompagnava, fece un ritratto così somigliante dei malviventi, che furono subito catturati. Un vero identikit ante litteram! Non manca- no tuttavia voci dubitative sulla “cremonesità“ dei Carracci, come quella dello storico dell’arte bolo- gnese Carlo Cesare Malvasia (Felsina Pittrice -Vite de’ Pittori Bolognesi, Bologna,1678). In tempi 29 APPUNTI DI GRAFICA DEL CINQUECENTO di Giovanni Fasani Fig.1 - Cecchi G. B. (XVIII sec.), Ritratto di Lodovico Carracci Fig.2 - Betti G. B. (XVIII sec.), Ritratto di Annibale Carracci Fig.3 - Eredi B. (XVIII sec.), Ritratto di Agostino Carracci

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Agostino Carracci (1557-1602) pit-tore ed incisore nato e vissuto perbuona parte della sua breve esisten-za a Bologna, aveva origini cremo-nesi. La prima prova di quest’origi-ne cremonese la fornisce il“Cavaliere” Giovanni Baglioni(1571-1644). Questi, storico del-l’arte oltre che pittore egli stesso,nella sua opera Delle Vite deiPittori e Scultori, fioriti in Romasua Patria dall’anno 1572 sinoall’anno 1642 riferisce che:

“I Carracci sono stati due fratellicarnali (Agostino ed Annibale), edun cugino, il quale fu LodovicoCaracci il maggiore (fig. 1). Questodiede i principi del disegno, e delcolorito ad Annibale Caracci, e adAgostino fratelli (fig. 2 - 3), ecostoro furono figliuoli di due fra-telli sarti da Cremona (Vincenzo e

Antonio) onorati e da bene, che inBologna andarono a stanziare, percolmare la gloria di quella famosacittà”. Lo Zaist ritiene che ilBaglioni, contemporaneo deiCarracci, avesse ottenuto la notiziadai Carracci stessi durante uno deiloro soggiorni di lavoro a Roma.Dopo il Baglioni anche GiovanPietro Bellori (1615-1696), pittoree storico dell’arte romano, riprendela notizia nelle sue Vite dei Pittoriedite nel 1672 aggiungendovi alcu-

ni particolari: “...riferendo però l’o-rigine, egli è certo, che AntonioCaracci, Padre di Annibale (e diAgostino), del territorio diCremona venne ad abitare inBologna, dove, con l’opera di Sartomanteneva se stesso, e la sua fami-glia in buona estimazione dellapovertà sua. De’ figliuoli che

aveva, Agostino, il maggiore siapplicò alla Pittura, ed all’Intaglio,Annibale il minore fu posto all’artedell’orefice...”. Il Bellori ci raccon-ta anche un episodio curioso occor-so ad Annibale in una data impreci-sata della sua giovinezza. Il padreAntonio era venuto a Cremona“…per vendere un poderetto, chegli era rimasto nella terra nati-va…”, ma al ritorno fu derubato ditutto. Ebbene Annibale, che loaccompagnava, fece un ritratto così

somigliante dei malviventi, chefurono subito catturati. Un veroidentikit ante litteram! Non manca-no tuttavia voci dubitative sulla“cremonesità“ dei Carracci, comequella dello storico dell’arte bolo-gnese Carlo Cesare Malvasia(Felsina Pittrice -Vite de’ PittoriBolognesi, Bologna,1678). In tempi

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APPUNTI DI GRAFICA DEL CINQUECENTO

di Giovanni Fasani

Fig.1 - Cecchi G. B. (XVIII sec.), Ritratto diLodovico Carracci

Fig.2 - Betti G. B. (XVIII sec.), Ritratto diAnnibale Carracci

Fig.3 - Eredi B. (XVIII sec.), Ritratto diAgostino Carracci

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abbastanza recenti, tuttavia, ilCavalli nel suo Regesto, cheaccompagna il Catalogo dellaMostra dei Carracci di Bologna del1956, offre prove convincenti sullaorigine cremonese dei Carracci.Il Cavalli cita, infatti, alcuni docu-menti nei quali i Carracci, cittadinibolognesi, sono sempre nominaticome originari di Cremona: ilmanoscritto B. 48 della BibliotecaComunale di Bologna, un rogitodel 5 Maggio 1573, un atto del 3Agosto 1584 (viventi i pittori). Nondimentichiamo poi che nella secon-da metà ‘500 era attivo a Bologna,al servizio della Fabbriceria dellaChiesa di San Petronio, l’architettoCarlo Carracci soprannominato “ilCremona” (evidente riferimentoalla sua origine). Questi era figliodi Giovan Maria, un fratello diAntonio e di Vincenzo e pertantozio di Agostino, come si può osser-vare dall’albero genealogico dellafamiglia Carracci inciso da V.Fontana su disegno dello stessoAgostino (De Grazia, 1984). CarloCarazzi (o Carracci), fu autoreanche di un trattato sulle alluvionistampato a Bologna da De Rossinel 1579. Nel titolo del trattatoegli si definisce “bolognese detto ilCremona” (Petracco). Va infinemenzionato anche un altro fratellodi Agostino e di Annibale,Francesco detto il Franceschino(1559–1622) pittore anch’egli, mamolto meno abile dei due fratelli edel cugino Lodovico (Diz. Bolaffi,

vol. III, p. 19). Cremonesi di origi-ne dunque, ma bolognesi di nascita:le fedi di battesimo di Agostino, diAnnibale e del cugino Lodovicosono, infatti, registrate nei libri bat-tesimali del Duomo di Bolognarispettivamente alle date 16 VIII

1557, 3-XI-1560 e 21-IV-1555(Cavalli). Il padre di Lodovicorisulta chiamarsi Vincenzo “deMediolano Beccarius”, anzichésarto come sosteneva il Baglioni,che forse intendeva rendere menoprosaica la parentela di Lodovico.Appare ovvio come la dizione “deMediolano” debba essere riferitaallo Stato di provenienza, trovando-si in quel secolo la città diCremona nel Ducato di Milanosotto il dominio di Filippo II diAustria e di Spagna. Dobbiamo ricordare che qualcuno

(per campanilismo sfrenato) nonesitò a sostenere che i fratelliCarracci ed il cugino Lodovico nonsolo erano di origine cremonese,ma erano nati proprio a Cremona.Il Biffi, dopo lo Zaist, in una guerradi Campanili, Torrazzo versusGarisenda, rinfocolò la polemicainnescata un secolo prima dalMalvasia (De Grazia, 1984, p. 14)e nelle sue memorie sui pittori cre-monesi pretese che le fedi di batte-simo dei Carracci fossero casual-mente bruciate in un incendio cheaveva gravemente danneggiato lachiesa di S. Donato in ContradaRipa D’Adda (oggi Via Sicardo) edistrutto i registri dei battesimi inessa conservati.I legami di Agostino con Cremonanon si fermano tuttavia alle soleorigini della famiglia, poiché circaquaranta, delle oltre 220 stampeattribuite al Carracci, hanno qual-che attinenza con l’ambiente artisti-co cremonese ed è probabile chealcune di loro possano essere stateincise nella nostra città. Agostinoviaggiò moltissimo, da solo e colfratello Annibale (De Grazia, 1984- pp. 19-22). Motivi di studio e dilavoro lo portarono nei maggioricentri artistici italiani dell’epoca:Roma, Venezia, Parma, Firenze,Modena e probabilmente anche aCremona, che nella seconda metàdel ‘500 era una città ricca e popo-losa, ma soprattutto una città arti-stica di prim’ordine tanto da essereconsiderata dal Longhi una “ picco-

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Fig.4 - Agostino Carracci, Sacra Famiglia conSanta Caterina d'Alessandria e San GiovanniBattista

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la Anversa “ (Bandera, 1990, p.50.) Anche se la presenza aCremona di Agostino non risulta dadocumenti ufficiali, numerosi sonogli “ indizi “ che la confermerebbe-ro. Un suo primo breve soggiornoa Cremona potrebbe essere ipotiz-zato nel 1576. Agostino stessoinfatti firma in quell’anno unastampa raffigurante la SacraFamiglia con i Santi Caterinad’Alessandria e Giovanni Battista“AUGUSTI. CRE. / FE”.L’incisione è ricavata da un dipintodel Bagnacavallo “GIOA’ BATI-STA BAGNA CAVALO INV.” eriporta in basso a destra la data“1576” e sopra la parola“Bona”(fig. 4). Descrivendo lastampa il Bartsch (B. 94, vol.XVIII, pp.49-50) afferma che «Onne saurait s’expliquer pourquoi ils’y est marqué AUGUSTI CRE, sinon qu’il l’a peut-être gravée aCremone ; mais on ignore s’il ajamais fait quelque séjour danscette ville». La De Grazia ritieneinvece che l’esplicito riferimento aCremona possa essere interpretatocome atto di stima verso la suacittà originaria (come dire:Augustinus Cremonensis fecit)nulla essendovi a riprova della pre-senza del Carracci a Cremona inquegli anni. Tuttavia è molto pro-babile che proprio tra il 1575 ed il1576 Agostino abbia soggiornatoper qualche tempo a Cremonacome giovane collaboratore del pit-tore bolognese Orazio Sammachini

(1532 - 1577) (Cirillo e Godi p. 19,Guazzoni p. 55).Il Sammachini era stato invitato aCremona dal Commendatario di S.Abbondio, il CardinaleDomenicano Angelo Bianchi, perdecorare la volta della chiesa

(Bandera p. 44, Guazzoni p. 50) enel 1576 la Fabbriceria dellaCattedrale gli commissionò ancheil completamento della pala dell’al-tare maggiore dell’Assunta, lasciataincompiuta da Bernardino Gatti,scomparso in quell’anno.Agostino Carracci esegue ancheuna seconda incisione con riferi-mento esplicito alla città diCremona. Si tratta di un bulino trat-to da un soggetto proprio delSammachini e firmato per esteso:“AUGUSTINO CREMONA / FE.”.Cirillo e Godi (1982 ,p. 41) hanno

ipotizzato che anche questa incisio-ne sia stata eseguita nella nostracittà proprio nel 1576 e cioè duran-te il probabile soggiorno delCarracci a Cremona al seguito delSammachini (fig. 5). Pur nonessendo in grado di stabilire con

certezza dove e quando la stampasia stata incisa, preme sottolineareche la dizione “AUGUSTINOCREMONA / FE.” sembrerebbelasciare poco spazio a interpreta-zione diverse da quella espressa daCirillo e Godi circa il luogo di ese-cuzione.

Nel 1582 il Carracci , affermatoincisore nonostante la giovane età,viene contattato da Antonio Campiper l’esecuzione dei rami che dove-vano illustrare la sua Cremona

Fig.5 - Agostino Carracci, Annunciazione Fig.6 - Agostino Carracci, Ritratto di CaterinaSforza di Santa Fiore

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Fedelissima al fine di dare“…maggior vaghezza...” ed offrireuna “...più chiara intelligenza del-l’opera”. La storia di Cremona delCampi risulta così essere una dellestorie locali illustrate più belle del‘500. E’ verosimile che Agostinoabbia iniziato ad incidere i rami ,nel 1582, proprio a Cremona (DeGrazia pp. 19 e 41).Il contratto con il Campi prevede-va, però, che Agostino fornisseprova della sua abilità di incisore,almeno per quanto riguardava iritratti. Tutti sono concordi nel rite-nere che una delle prove fornite dalCarracci sia stato il ritratto diCaterina de’ Nobili Sforza,Contessa di Santa Fiore (fig. 6)(Buonincontri 1982, p. 38).L’ipotesi che questa incisione possaessere stata una delle prove richie-ste dal Campi è suffragata dal fattoche il Campi stesso fornì il disegnooriginale (come si evince dallafirma “ Antonio Campo “appostasul piedistallo), ma anche dalla data“1582“ e dalla somiglianza conalcuni ritratti della “CremonaFedelissima”.Inoltre, come ha osservato DianeDe Grazia (1984, nota 5 , p. 104 )in un esemplare della CremonaFedelissima conservato presso laBiblioteca Statale di Cremona,compare una scritta antica “fattoincidere dal campi Antonio adAgostino per prova dei ritratti dellasua Storia di Cremona”. Diane DeGrazia avanza l’ipotesi che anche

il ritratto di Cristina di Danimarca(inserito nel IV libro dellaCremona Fedelissima), firmato “A.Car. fecit“, possa essere stato un’al-tra prova voluta dal Campi per sag-giare l’abilità di Agostino incisore.Vi è infine un altro ritratto firmatoda Agostino su cui mi soffermerei,che presenta analogie con i dueritratti precedenti e con alcuni“medaglioni” della Cremona

Fedelissima (ad esempio con ilritratto dello stesso Antonio Campiposto all’inizio dell’opera). IlBodmer prima e la De Grazia poiritengono che questo ritratto (fig. 7)sia stato inciso dopo il 1585,ponendo l’accento sull’evoluzionetecnica ed artistica che esso dimo-strerebbe nei confronti di alcuniritratti della “CremonaFedelissima”. Per quanto riguarda

il personaggio raffigurato, la DeGrazia ritiene di doverlo identifica-re con il Duca Alfonso II d’Estesulla base della somiglianza fisio-nomica, mancando un riferimentonella cornice dell’ovale come inve-ce accade per gli altri ritratti, comequello di Caterina de’ Nobili Sforza(a cui si avvicina per impianto sce-nografico e per le misure del rame).La Studiosa tende in sostanza arifiutare le scritte a mano riscontra-te su due dei fogli da Lei analizzati(quello del British Museum e quel-lo del Museo di Amburgo), chefanno esplicito riferimento a PietroAntonio Tolentino, Canonico cre-monese ed Antiquario (nel fogliodel British Museum la scritta èposta intorno all’ovale). Il rifiutosarebbe confortato dalla suppostaassenza nei repertori bibliograficidel personaggio citato. Si deve tut-tavia rilevare come Pietro Antoniode Lanzoni, detto il Tolentino,Canonico della Cattedrale durantel’Episcopato di Nicolò Sfondrati(De Vecchi), fosse un personaggiodi spicco della Cremona dellaseconda metà del ‘500.Questi viene citato anche nellecarte iniziali della prima edizionedegli Annales cremonenses diLodovico Cavitelli del 1588 e pre-cisamente alla carta 3 v: “...De Pe(tro) Antonio Tolentino / libri edi-tionem procurante...”, ad indicarnela dimestichezza con gli ambientidella cultura cremonese dell’epoca.Ma vi è di più. La Biblioteca di

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Fig.7 - Agostino Carracci, Ritratto di PietroAntonio Tolentino (?)

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Cremona ha recentemente acquista-to un esemplare della prima edizio-ne della Cremona Fedelissima chepresenta la particolarità di averedue pagine ripetute, la XXIII e laXXIV, modificate rispetto a quellecomunemente conosciute. In unadelle due pagine il Campi riferisceche il disegno da cui è stato ricava-to il ritratto di Gerolamo Vida sitrova proprio presso la collezionedi Pietro Antonio Tolentino “...ilquale ha un bellissimo e copiosissi-mo studio di disegni fatti a mano,& a stampe, & di rarissime pitture,& così di bellissime anticaglie”.Il Tolentino viene ricordato anchedall’Arisi nella sua CremonaLiterata (Tomo II, pag. 323):“Petrus Antonius de Lanzonis non-cupatus Tolentinus EcclesiaeCathedralis Canonicus, scientiarumomnium peritissimus...”.

Il Carracci esegue ben 36 stampeper la Cremona Fedelissima diAntonio Campi.Questo insieme di incisioni è statooggetto di numerosissimi studi, nonsempre tra loro in sintonia: alcunidi vecchia data (Baglioni, Bellori,Malvasia, Zaist e Bartsch), altri piùrecenti (Bertelà, Bodmer, Calvesi eCasale, Disertori , Petrucci eCavalli), per arrivare allo studiofondamentale di Diane De GraziaBoehlin del 1979. Contributi dirilevante importanza sono comparsiancor più recentemente ad opera di

Francesca Buonincontri (1985, pp.317-320) e Rita Barbisotti (1990).E’ noto che la prima edizione dellaCremona Fedelissima è del 1585,come si può desumere dalla dedicaautografa di Antonio Campi datata2 Gennaio 1585. Questa prima edi-zione fu pubblicata in casa dellostesso Campi , ad opera dei tipo-grafi Ippolito Tromba ed ErcolianoBartoli, dopo che lo storico cremo-nese ebbe siglato un accordo conCristoforo Dragoni, che in queglianni deteneva il “privilegium” distampatore per la città’ di Cremona(Barbisotti, 1993). Tuttavia oggisiamo certi , grazie alle fruttuosericerche di Diane de Grazia , chel’opera avrebbe dovuto avere unaedizione precedente, nel 1582: que-sta infatti è la data che compare sufrontespizio reperito come foglioisolato presso la BibliotecaNazionale di Parigi, ove per altro iltitolo inizia con le parole Cremona,Città Fedelissima (mutato solo suc-cessivamente in CremonaFedelissima Città). Questo foglioera già stato citato dallo Zaist,avendo egli avuto occasione diosservarlo presso “...il Nobil nostroPatrizio, Sig. Dott. Colleg. D.Giulio Cesare Bonetti...” (Zaist vol.II , p. 15). E’ opinione comune chetutte le incisioni della “CremonaFedelissima” siano opera diAgostino Carracci ad esclusionedelle cinque tavole attribuite aDavid de Laude (la Pianta dellaCittà , il Contado, la Facciata del

Duomo, il Torrazzo ed il Battistero)e delle xilografie, ovvero i capilet-tera ed il ritratto di Ezzelino III daRomano.Per la verità l’accordo non è sem-pre stato così unanime e forse nonlo è neppure ora. Alla difformità diopinione degli Studiosi ha certa-mente contribuito la difformitàdella produzione grafica diAgostino, un corpus graphicumestremamente eclettico con evolu-zioni tecnico - artistiche consistentianche in tempi molto brevi.Questo, è ovvio, può generaredubbi sulla attribuzione di stampecronologicamente molto vicine etecnicamente molto lontane, dubbiche si possono spiegare solo conl’abilità e la versatilità del Carracciincisore. Tra le voci discordantialcune non hanno nulla a che vede-re con eventuali valutazioni sullatecnica di incisione. Lo Zaist, adesempio, colto da ardori campanili-stici, spende oltre venti paginedelle sue meritorie Notizie Istorichede’ Pittori, Scultori ed ArchitettiCremonesi per dimostrare che iCarracci (Lodovico, Agostino edAnnibale) erano probabilmente cre-monesi anche di nascita, ma soprat-tutto per dimostrare che tutte leincisioni della Storia di Cremonadel Campi erano opera di David deLaude. Lo Zaist ritiene che l’attri-buzione fornita dallo stesso Campi(“Ricercava la virtù d’AgostinoCarazzi Bolognese, ch’io ne facessimemoria in altro luogo, nondimeno

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poiche’ per inavertenza non mi èvenuto fatto, io non vo’ tacerequivi, che tutti i Ritratti, & il dise-gno del Carroccio sono stati inta-gliati in Rame dal detto Carazzi, ilquale è a’ nostri tempi rarissimo inquesta professione”), sia stataaggiunta arbitrariamente dallostampatore. Il Biffi, a sua volta,sposa la tesi dello Zaist sull’arbitrio

dello stampatore, come se IppolitoTromba ed Ercoliano Bartoli nel1585, all’insaputa o meno dellostesso Campi, avessero voluto inqualche modo dare più valore alleincisioni e maggior richiamo aipotenziali acquirenti della CremonaFedelissima attribuendo le stampeal Carracci. Secondo il Bellori(citato da Calvesi e Casale, p. 33)

Annibale Carracci prestò il proprioaiuto al fratello Agostino incidendoalcuni dei ritratti inseriti nellaStoria di Cremona, tuttavia gli stes-si Calvesi e Casale ritengono l’ipo-tesi assai improbabile.Una delle stampe più belle inseritenella Storia di Cremona del Campiè certamente la Allegoria dellaCittà di Cremona (fig. 8).

L’incisione viene unanimementeattribuita al Carracci, eccezionefatta per Calvesi e Casale che nedisconoscono la paternità apparen-temente senza motivo (De Grazia,1984).La stampa riporta in basso a destrala firma di Antonio Campi qualeautore del disegno originale “ANT.CAM. IN”. E’ noto che l’incisione

riproduce, almeno parzialmente, ilprogetto che Giulio Campi eCamillo Boccaccino avevano porta-to a termine per una statua dainnalzarsi in Piazza del Duomo inonore di Carlo V (Tagliasacchi).Antonio Campi ricorda la visita aCremona dell’Imperatore avvenutail 18 Agosto 1541 e sottolinea chegli “...apparati (erano stati) fatti condissegno ed architettura di GiulioCampo… et di CamilloBoccaccio...”. Lo storico cremone-se si attarda nella descrizione dellastatua allegorica della città diCremona: “...era una donna conelmo in testa et il gorgone al petto;nella sinistra teneva una targa nellaquale era dipinta una pelle di leoneavoltata ad una clava, impresa her-culea; nella destra haveva unazagaglia et un ramo d’uliva, etsedeva sopra un leone, havendo aipiedi la figura d’un fiume con lacorona regale in testa, rappresen-tante il Po re dei fiumi”. Un sog-getto analogo, ricavato da un dise-gno di Giulio Campi ed inciso pro-babilmente da Giovanni AntonioGalletti (Barbisotti, 1985), era giàstato utilizzato come antiporta didue opere del Vida: CremonensiumOrationes III. adversus papiensese dei Poemata omnia, stampate aCremona nel 1550 (fig. 9).Possiamo osservare come AntonioCampi nell’approntare il disegnopreparatorio per l’incisione da inse-rire nella “Cremona Fedelissima”abbia introdotto elementi nuovi

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Fig.9 -Giovan Antonio Galletti (?), Allegoriadi Cremona

Fig.8 - Agostino Carracci, Allegoria diCremona

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rispetto al progetto originale delfratello e del Boccaccino.L’incisione infatti è arricchita dallapresenza degli affluenti del Po(l’Adda nelle sembianze di unagiovane e seducente Regina e, nellesembianze di due vecchi, il Ticinoe l’Oglio, quest’ultimo in alto adestra), dalla presenza del simbolodella Pittura , ma anchedell’Astronomia (il putto con lasfera armillare), dell’Aritmetica,della Geometria e della Musica(ovvero alcune delle Arti Liberaliin cui, a giudizio del Campi ,Cremona all’epoca eccelleva).Diane De Grazia (1984, p. 108) faosservare come questa incisione diAgostino Carracci risenta dell’in-fluenza di Cornelis Cort, influenzache risulta evidente soprattuttonelle vibranti figure che rappresen-tano i fiumi Po e Adda.

Tra le incisioni più note e più signi-ficative della Cremona Fedelissimava annoverata la Pianta della cittàdi Cremona (fig. 10). Questa, alpari del frontespizio, era già prontanel 1582 come risulta dalla dataapposta sulla prima edizione:“Species Urbis Cremonae / ManuAntonii Campi, Pictoris Efficta /Anno Corectionis MDLXXXII”; unsecondo stato, con alcune modifi-che , compare l’anno successivo:“Hanc Urbis Cremonae / SpeciemAntonius Campus / Pictor et EquesCremonen. / F. AN. MDLXXXIII”.

Entrambi gli stati dell’incisioneriportano sotto il cartiglio, in bassoa destra, la firma di “David deLaude Crem.”, che nella secondaedizione si definisce anche“hebreus”.E’ opinione di Diane De Grazia (p.220) e della maggior parte deglistudiosi contemporanei che al deLaude vadano attribuite anche leincisioni che raffigurano ilTorrazzo, il Battistero e la facciatadel Duomo, oltre naturalmente la“Descrittione del Contado etDiocesi di Cremona con i suoiConfini”, anch’essa firmata inbasso a destra. Calvesi e Casale(pp. 30 - 33), descrivendo un’inci-sione di Agostino Carracci che raf-figura uno stemma vescovile, ave-vano notato una somiglianza congli stemmi inseriti nella CremonaFedelissima. I due studiosi si riferi-vano, per loro stessa ammissione

(pp. 30 - 33), agli stemmi incisi sulfoglio della Pianta della Città(quello di Filippo II, in alto a sini-stra; quello di Cremona, in alto adestra; lo stemma più piccolo, inbasso a sinistra; il cartiglio, inbasso a destra ). La presenza deglistemmi appena ricordati potrebbeaver indotto Calvesi e Casale adattribuire al Carracci anche laPianta della Città. Non essendopotuta sfuggire a Calvesi ed aCasale la fin troppo evidente firmadel de Laude apposta sulla Piantadella Città è verosimile che i duestudiosi abbiano ritenuto il deLaude collaboratore dei rami soloper quanto riguarda il disegno geo-metrico della pianta e/o delle solescritte.Non abbiamo purtroppo notiziebiografiche dell’incisore David deLaude ed in tutti i repertori piùimportanti viene ricordato unica-

Fig.10 -David de Laude (e Agostino Carracci ?), Pianta della città di Cremona

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mente come l’autore dei rami dellaPianta della Città e della carta delContado inserite nella storia diCremona del Campi.Lo Zaist prima (1774, pp. 42 - 48,I Vol. ) ed il Biffi poi (1989, pp.200 - 202 ), forti della firma appo-sta dal De Laude sulla Pianta dellaCittà e sulla Carta del Contado, nonesitarono come detto ad attribuirglianche tutte le altre incisioni dellaCremona Fedelissima, Carroccio eritratti compresi. Il Grasselli, anco-

ra nel 1827, sulla scia dello Zaist edel Biffi, alla voce Lodi (o DeLauda David) così scriveva:“Incisore in rame di religione ebreadel quale abbiamo i ritratti deiDuchi e Duchesse di Milano, lafacciata del Duomo, del Battistero,del Torrazzo, del Carroccio deiCremonesi , e la Pianta della città esuo territorio nella storia diAntonio Campi...”.

Vorrei aggiungere alcune note sualcune silografie della CremonaFedelissima, ovvero il ritratto diEzzelino da Romano ed alcunicapilettera inseriti a più riprese neltesto. Del ritratto di Ezzelino (fig.11) (Lib. III : p. 60 , I Ed. ; p. 72 ,II Ed.) il Campi non ci riferisce ilnome dell’incisore e va comunqueescluso che possa trattarsi delCarracci, del quale non abbiamoperaltro alcuna silografia. Diane DeGrazia ha osservato che il ritratto

di Ezzelino ed i capilettera sonoverosimilmente opera della stessamano; l’anonimo autore sarebbedunque un incisore con le inizialiG. B., che compaiono in alcuni deicapilettera. E’ assai probabile allorache l’incisore possa essere identifi-cato con Giovan Francesco Bertelli,intagliatore modenese attivo aCremona tra il 1575 ed il 1593(Barbisotti 1987, pp. 13 - 21), che

sin dal 1576 aveva chiesto ed otte-nuto di dare in luce “...le sue operein legno et rammo... in detta Cittàdi Cremona...”. (Barbisotti 1985, p.342).L’uso della tecnica silografica perl’esecuzione del ritratto di Ezzelinovenne sicuramente dettata dallafretta, come lo stesso Campi tiene afar sapere: “...ancora che non aven-do avuto il commodo di farla inta-gliare in rame , sia fatta con stampadi legno”. Sappiamo che la puntua-lità non era certo una dote di cuipotesse andar fiero AgostinoCarracci, che in altre occasioni nonaveva rispettato i tempi di conse-gna dei rami, come per il mancatoritratto di Giacopo Cavalcabò, cosìricordato dal Campi “HavevaGiacopo il suo Palagio appresso lachiesa di S. Ilario, ove fece anchefabricare una Capella di cui a suoluogo si dirà. Vedesi in questoluogo dipinta a fresco l’effigienaturale del detto Giacopo, posto inginocchione, & io Haveva disegna-to di porla in questo luogo, ma ionon l’ho potuta havere à tempo dalmaestro che l’haveva da intagliarein rame” (Lib. III, p. 92 , II Ed.).Suggestiva l’ipotesi che lo storico -pittore cremonese possa avere per-sonalmente disegnato il ritratto delcondottiero ghibellino sulla matricelignea o su carta adatta a “traspor-tarvelo” direttamente. Accadeva disovente nel XVI secolo che artistianche famosi, valga per tutti l’e-sempio del Duerer, eseguissero il

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Fig.11 -Bertelli G. F. (?), Ritratto di Ezzelinoda Romano Fig.12 -Antonio Campi, Muzio Scevola

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disegno direttamente su legno perpoi farlo incidere da abili artigianiincisori (Salamon 1971, p. 8).Ricordiamo che il Campi in gio-ventù era stato egli stesso incisore,come testimonierebbero le settexilografie attribuitegli (fig. 12)(Buonincontri 1985, I Campi, pp.320 - 3).

Restano da citare i capilettera silo-grafici inseriti nel testo della IEdizione ed in particolare i quattroche contengono un riferimento pre-

ciso alla storia di Cremona e ripor-tano per iscritto il nome della città.Il più grande di essi è quello cheraffigura la lettera F (Lib. IV , p.112) e che rappresenta il corteoreale di Filippo II, difensore dellaFede Cattolica, mentre esce da unadelle porte di Cremona. Questo èanche l’unico capolettera, insiemecon la L, che l’incisore ha siglato:G B (fig. 13).Gli altri capilettera

che richiamano episodi di storiadella città sono:

- la I , che si trova nella paginadella dedica ai lettori, con il ritrattodi Antonio Campi, e che raffigural’episodio del mitico fondatore diCremona, Ercole contro i ladroni.Questo capolettera figura anche ap. 101 ed a p. 118 del IV Libro(fig. 14);- la P , che si trova a p. 45 e che

ricorda gli eventi successivi allabattaglia di Bedriaco, nella qualeVitellio aveva avuto la meglio suOttone (questi si suicidò per l’ontasubita e da qui secondo alcuninasce il toponimo Cavea Otonis,Calvatone). Qualche mese dopo,correva l’anno 69 d.C., Vitelliovenne a sua volta sconfitto daVespasiano, che non esitò a sac-cheggiare ed incendiare la poveraCremona (fig. 15);- la C, che troviamo alle pagine 91,197 e 108 del IV Libro (quelle con

i ritratti di Caterina BernabòVisconti , di Cristina di Danimarcae dell’Imperatore Carlo V). La pic-cola silografia raffigura proprio ilcorte imperiale mentre esce da unaporta della città (fig. 16).

La Cremona Fedelissima vide lasua edizione definitiva, come piùvolte detto, nel 1585 e non è esclu-so che Agostino Carracci, proprio

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Fig.13 - Bertelli G. F. (?), Capolettera F

Fig.14 - Bertelli G. F. (?), Capolettera I

Fig.15 - Bertelli G. F. (?), Capolettera P

Fig.16 - Bertelli G. F. (?), Capolettera C

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Barbisotti Rita, Scheda per la ristampa del volume "Cremona Fedelissima". Cremona, Turris, 1990

in quell’anno possa avere program-mato una sosta a Cremona durante

il suo viaggio a Parma ed inLombardia per rendersi conto del

libro finito (Cavalli , p. 75).Tra il 1642 ed il 1645 uscì aMilano una riedizione della storiadi Cremona del Campi per interes-samento degli editori FilippoGhisolfi e Giovan Battista Bidelli ,i quali riutilizzarono i rami incisidal Carracci e dal De Laude, adeccezione del frontespizio e delritratto di Antonio Campi ( figg. 17- 18). L’incisore del nuovo fronte-spizio fu il milanese GiovanniPaolo Bianchi , che si firmò inbasso a destra : Blanc. inc. (Milesi,1982, p. 24 ). Il ritratto di AntonioCampi , non firmato ed inciso incontroparte rispetto all’originale , èquasi certamente opera dello stessoBianchi.

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Fig.17 - Bianchi G. P., Frontespizio CremonaFedelissima (II ed.)

Fig.18 - Bianchi G. P. (?), Ritratto di AntonioCampi

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