Appunti di Analisi Matematica – CAP. IIanmat1/LezioniInPDF/Cap.2 - Numeri reali... · 2009. 10....

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C. Boccaccio – Appunti di Analisi Matematica – CAP. II 1 Cap. 2 – NUMERI REALI In questo capitolo si richiamano le proprietà principali dei numeri reali. I numeri più semplici sono gli interi naturali : 0, 1, 2, …. Essi formano un insieme che si denota con il simbolo N L’insieme degli interi naturali diversi da 0 lo denotiamo con N*, cioè poniamo N* = N - {0}. Addizionare o moltiplicare due interi naturali è sempre possibile, mentre non si può sempre eseguire la sottrazione o la divisione fra interi. Se poi m, n N si dice che “m è minore o uguale ad n” (oppure “n è maggiore o uguale ad m”) e si scrive “m n” (oppure “n m”), se esiste h N tale che n = m+h. Se h 0 si dice “m è strettamente minore di n” e si scrive “m < n”. La relazione ora definita su è una relazione d’ordine, cioè gode delle seguenti proprietà: 1) n N : n n (proprietà riflessiva), 2) , :( , ) mn m nn m m n = m, n, p N : (m n, n p m p), (proprietà transitiva) 3) m, n N : (m n, n m m = n) (proprietà antisimmetrica). La relazione permette di confrontare due qualsiasi numeri interi naturali m ed n, in quanto risulta o m n oppure n m. In particolare 0 è minore o uguale di qualsiasi intero; inoltre ogni intero n è strettamente minore del suo successivo n+1 e, quindi, non esiste un intero maggiore o uguale di ogni altro intero. Una proprietà fondamentale di N è il cosiddetto "PRINCIPIO DI INDUZIONE COMPLETA" che si enuncia come segue: "Per ogni n N sia P n una proprietà attribuibile ad n. Se risulta i. P 0 vera ii. n N : (P n P n+1 ) (ipotesi d’induzione) allora P n è vera per ogni n N." Questa proprietà si può generalizzare nel modo seguente: "Sia p N e, per ogni n p, sia P n una proprietà attribuibile ad n. Se risulta iii. P p vera iv. 1 :( ) n n n p P P + allora n P è vera per ogni intero n p." Il principio di induzione completa si adopera per dimostrare molte proprietà degli interi, ad esempio le seguenti uguaglianze: 4) * ( 1) :1 2 3 ... 2 nn n n + + + + + = ; 5) * 2 :1 3 5 ... (2 1) n n n ∀∈ + + + + = ; 6) 3 2 * 2 2 2 :1 2 ... 3 2 6 n n n n n ∀∈ + + + = + + ; 7) * 3 3 3 2 :1 2 ... (1 2 ... ) n n n ∀∈ + + + = + + + Per dimostrare la 4) poniamo P n = “1 + 2 + … + n = ( 1) 2 nn + ” per ogni n 1. Risulta P 1 vera. Inoltre se è vera P n , cioè se 1 + 2 + … + n = 2 ) 1 ( + n n , aggiungendo n + 1 ad ambo i membri si ottiene 1 + 2 + … + n + (n + 1) = 2 ) 1 ( + n n + (n + 1) = 2 ) 2 )( 1 ( + + n n ,

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Cap. 2 – NUMERI REALI

In questo capitolo si richiamano le proprietà principali dei numeri reali. I numeri più semplici sono gli interi naturali:

0, 1, 2, …. Essi formano un insieme che si denota con il simbolo

N L’insieme degli interi naturali diversi da 0 lo denotiamo con N*, cioè poniamo N* = N - {0}. Addizionare o moltiplicare due interi naturali è sempre possibile, mentre non si può sempre eseguire la sottrazione o la divisione fra interi. Se poi m, n ∈ N si dice che “m è minore o uguale ad n” (oppure “n è maggiore o uguale ad m”) e si scrive “m ≤ n” (oppure “n ≥ m”), se esiste h ∈ N tale che n = m+h. Se h ≠ 0 si dice “m è strettamente minore di n” e si scrive “m < n”. La relazione ≤ ora definita su è una relazione d’ordine, cioè gode delle seguenti proprietà:

1) ∀ n ∈ N : n ≤ n (proprietà riflessiva), 2) , : ( , )m n m n n m m n∀ ∈ ≤ ≤ ⇒ = ∀ m, n, p ∈ N : (m ≤ n, n ≤ p ⇒ m ≤ p), (proprietà

transitiva) 3) ∀ m, n ∈ N : (m ≤ n, n ≤ m ⇒ m = n) (proprietà antisimmetrica).

La relazione ≤ permette di confrontare due qualsiasi numeri interi naturali m ed n, in quanto risulta o m ≤ n oppure n ≤ m. In particolare 0 è minore o uguale di qualsiasi intero; inoltre ogni intero n è strettamente minore del suo successivo n+1 e, quindi, non esiste un intero maggiore o uguale di ogni altro intero. Una proprietà fondamentale di N è il cosiddetto "PRINCIPIO DI INDUZIONE COMPLETA" che si enuncia come segue: "Per ogni n ∈ N sia Pn una proprietà attribuibile ad n. Se risulta

i. P0 vera ii. ∀ n ∈ N : (Pn ⇒ Pn+1) (ipotesi d’induzione)

allora Pn è vera per ogni n ∈ N." Questa proprietà si può generalizzare nel modo seguente: "Sia p ∈ N e, per ogni n ≥ p, sia Pn una proprietà attribuibile ad n. Se risulta iii. Pp vera iv. 1: ( )n nn p P P +∀ ≥ ⇒

allora nP è vera per ogni intero n ≥ p." Il principio di induzione completa si adopera per dimostrare molte proprietà degli interi, ad esempio le seguenti uguaglianze:

4) * ( 1):1 2 3 ...2

n nn n +∀ ∈ + + + + = ;

5) * 2:1 3 5 ... (2 1)n n n∀ ∈ + + + + − = ;

6) 3 2

* 2 2 2:1 2 ...3 2 6n n nn n∀ ∈ + + + = + + ;

7) * 3 3 3 2:1 2 ... (1 2 ... )n n n∀ ∈ + + + = + + +

Per dimostrare la 4) poniamo Pn= “1 + 2 + … + n = ( 1)2

n n + ” per ogni n ≥ 1. Risulta P1 vera. Inoltre

se è vera Pn, cioè se

1 + 2 + … + n = 2

)1( +nn ,

aggiungendo n + 1 ad ambo i membri si ottiene

1 + 2 + … + n + (n + 1) = 2

)1( +nn + (n + 1) = 2

)2)(1( ++ nn ,

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cioè è vera anche Pn+1. A questo punto si può affermare, in virtù del principio di induzione completa, che Pn è vera per ogni n ≥ 1, ossia è vera la 4). Un’altra proprietà importante di N è contenuta nella seguente PROP. 1 – Se X è un sottoinsieme non vuoto di N, allora esiste m ∈ X tale che

∀ n ∈ X : m ≤ n (cioè esiste il più piccolo elemento di X). Dim. – Supponiamo per assurdo che non esista il più piccolo elemento di X. Dunque si ha:

∀ m ∈ X ∃ n ∈ X t.c. n < m. Allora, fissato m ∈ X, è infinito l’insieme degli elementi di X (e quindi di N) minori di m: ciò è assurdo in quanto gli elementi di N minori strettamente di m sono 0, 1, …, m-1, dunque sono in numero finito. L’impossibilità di eseguire sempre la sottrazione fra interi naturali ha condotto ad ampliare

con l’aggiunta degli interi negativi -1, -2, …, -n, … ottenendo così l’insieme degli interi relativi. Si ha, dunque,

Z = { 0, 1, -1, 2, -2, …, n, -n, … }. Anche in Z non è sempre possibile la divisione, mentre è sempre possibile, oltre alla sottrazione, anche il confronto. Infatti, come per N, anche in Z si assume che m ≤ n se esiste h∈ tale che n = m + h. Da ciò segue, ad esempio, che -2 < -1 perché -1 = (-2) + 1. È del tutto ovvio che ⊂ . Un ampliamento di Z, reso necessario dall’esigenza di poter effettuare sempre la divisione,

si ottiene aggiungendo a Z i numeri frazionari o razionali, cioè le frazioni del tipo mn

con m ed n

elementi di Z ed n ≠ 0. L’insieme così ottenuto si denota con e si chiama insieme dei numeri

razionali. Se n∈ , n si identifica con la frazione 1n . Grazie a tale identificazione si ha che ⊂

e, quindi, ⊂ ⊂ .

Due frazioni mn

e '

'

mn

si considerano uguali se e solo se ' 'm n m n⋅ = ⋅ .

Su Q le operazioni di addizione e moltiplicazione si definiscono nel seguente modo: ' ' '

' '

m m m n m nn n n n

⋅ + ⋅+ =

⋅;

' '

' '

m m m mn n n n

⋅⋅ =

Si pone, poi,

0 mn

se e solo se 0 ≤ m ⋅ n; si pone, inoltre,

nm ≤ '

'

nm

se e solo se 0 ≤ '

'

nm -

nm , cioè se e solo se 0 ≤ '

''

nnnmnm

⋅⋅−⋅ .

Ad esempio si ha 32 <

75 perché

75 -

32 =

211 > 0.

Si noti che non hanno alcun significato le frazioni del tipo 0n 0e quindi

0⎛ ⎞⎜ ⎟⎝ ⎠

. Inoltre dalla

definizione di prodotto consegue che è sempre possibile dividere una frazione per un’altra non

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nulla: se nm ∈ Q ed { }

'

' 0mn

∈ − , il risultato della divisione di mn

per '

'

mn

è '

'

m nn m

⋅⋅

, infatti si ha

'

'

''

m m n mn n m n

⋅⋅ =

⋅. In altri termini si ha

'

' '

'

mm nn

m n mn

= ⋅

Notiamo, infine, che l’insieme Q, munito delle due operazioni di addizione e moltiplicazione sopra definite, ha una struttura algebrica di corpo. Ciò nonostante in Q non è sempre possibile l’operazione di estrazione della radice di un numero positivo. Ciò è messo in luce nella seguente PROP. 2 - Non esiste alcun numero razionale q tale che q2 = 2. (*) Dim. - Supponiamo per assurdo che esista un numero razionale q tale che q2 = 2. Possiamo supporre

che q = mn

con m ed n interi positivi e primi fra loro. Dunque m2 = 2n2; ciò implica che m2 è pari,

dunque m è pari. Pertanto esiste k ∈ tale che m = 2k, ovvero m2 = 4k2 e, quindi, n2 = 2k2. Perciò n2, e quindi n, è pari. Allora m ed n hanno 2 come divisore comune, e ciò è assurdo per l’ipotesi fatta su m ed n. Quanto detto sopra giustifica l’ampliamento dell’insieme Q dei numeri razionali nell’insieme cosiddetto dei numeri reali, insieme nel quale, come vedremo, è sempre possibile l’operazione di estrazione della radice. Qui ci limitiamo a dare una presentazione assiomatica di questo nuovo insieme. L’insieme dei numeri reali è un insieme , munito di due operazioni + (addizione) e ⋅ (moltiplicazione), e di una relazione d’ordine ≤, che soddisfano le seguenti proprietà (assiomi) algebriche e dell’ordine. Proprietà algebriche di R

1) ;x y y x x y y x+ = + ⋅ = ⋅ 2) ( ) ( ); ( ) ( )x y z x y z x y z x y z+ + = + + ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ 3) ( )x y z x y x z⋅ + = ⋅ + ⋅ 4) 0 . . : 0t c x x x∃ ∈ ∀ ∈ + = (0 è detto lo zero di R) 5) { }1 0 . . :1t c x x x∃ ∈ − ∀ ∈ ⋅ = (1 è detta l’unità di R) 6) . . ( ) 0x x t c x x∀ ∈ ∃− ∈ + − = (-x è detto l’opposto di x) 7) { } 1 10 . . 1x x t c x x− −∀ ∈ − ∃ ∈ ⋅ = (x-1 è detto l’inverso di x)

Proprietà dell’ordine di R

1) x x≤ 2) ( , ) ( )x y y z x z≤ ≤ ⇒ ≤ 3) ( , ) ( )x y y x x y≤ ≤ ⇒ = 4) ( ) ( ) per ognix y x z y z z≤ ⇒ + ≤ + ∈ 5) ( , 0 ) ( )x y z x z y z≤ ≤ ⇒ ⋅ ≤ ⋅ 6) , : ( ) ( ) ( )x y x y y x x y∀ ∈ < ∨ < ∨ = (cioè ≤ è di totale ordine) 7) (assioma di completezza) - Se A e B sono sottoinsiemi non vuoti di R tali che ogni elemento

di A sia minore o uguale di ogni elemento di B, allora esiste almeno un elemento l di R tale

(*) Ciò significa, da un punto di vista geometrico, che la misura della diagonale di un quadrato di lato unitario non è un numero razionale.

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che per ogni Ax ∈ e per ogni y ∈ B risulti x l y≤ ≤ . (l si dice elemento di separazione di A e B)

Conseguenze delle proprietà algebriche

1) ( ) ( )x z y z x y+ = + ⇒ = 2) ( , 0) ( )x z y z z x y⋅ = ⋅ ≠ ⇒ = 3) ( ) ; 0 0 0; ( )x x x x x y z x y x z− − = ⋅ = = ⋅ ⋅ − = ⋅ − ⋅ 4) { } 1 10 : ( )x x x− −∀ ∈ − = 5) ( 0) ( 0) ( 0)x y x y⋅ = ⇒ = ∨ = 6) (Possibilità della sottrazione) - , | . .a b x t c a x b∀ ∈ ∃ ∈ + = . Tale x è b + (-a) e si denota

con b - a. 7) (Possibilità della divisione) - { }0 , | . .a b x t c a x b∀ ∈ − ∀ ∈ ∃ ∈ ⋅ = . Tale x è 1b a−⋅ e si

denota con ba

(quoziente di b ed a). (*)

8) ( ) ( ) ( ); ( ) ( )x y x y x y x y x y− ⋅ = − ⋅ = ⋅ − − ⋅ − = ⋅

9) 1 1 1 1 1 1( ) ovvero se 0 e 0x y x y x yx y x y

− − − ⎛ ⎞⋅ = ⋅ = ⋅ ≠ ≠⎜ ⎟⋅⎝ ⎠

10) se 0x x x yy y y

−− = = ≠

11) ' ' '

' ' se 0 e 0x x x y x y x yy y y y

⋅ + ⋅+ = ≠ ≠

12) ' '

'' ' se 0 e 0x x x x y y

y y y y⋅

⋅ = ≠ ≠⋅

13) ' '

' '' ' '

'

se 0, 0, 0

xx y x yy y x y

x y x y xy

⋅= ⋅ = ≠ ≠ ≠

Conseguenze delle proprietà dell’ordine

1) ( , ) ( )x y z t x z y t≤ ≤ ⇒ + ≤ + 2) ( ) (0 ) ( ) ( 0)x y y x y x x y≤ ⇔ ≤ − ⇔ − ≤ − ⇔ − ≤ 3) ( , 0) ( )x y z y z x z≤ ≤ ⇒ ⋅ ≤ ⋅ 4) (Regola dei segni) - (0 , 0 ) (0 ); ( 0, 0) (0 );x y x y x y x y≤ ≤ ⇒ ≤ ⋅ ≤ ≤ ⇒ ≤ ⋅

(0 , 0) ( 0)x y x y≤ ≤ ⇒ ⋅ ≤ (**) 5) 2: 0x x∀ ∈ ≤ . (dunque 0 < 1) 6) (0 , 0 ' ') ( ' ')x y x y x x y y≤ ≤ ≤ ≤ ⇒ ⋅ ≤ ⋅ 7) 2 2(0 ) ( )x y x y≤ ≤ ⇒ ≤

8) 1(0 ) 0xx

⎛ ⎞< ⇔ <⎜ ⎟⎝ ⎠

(*)Se a ≠ 0, risulta a-1 =

a1 .

(**)Un numero reale x si dice positivo (risp. negativo) se 0 ≤ x (risp. x ≤ 0).

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9) 1 1(0 )x yy x

⎛ ⎞< ≤ ⇒ ≤⎜ ⎟

⎝ ⎠

10) 1 1( 0)x yy x

⎛ ⎞≤ < ⇒ ≤⎜ ⎟

⎝ ⎠

Uno dei molteplici modi per definire i numeri reali è quello di ricorrere alla loro

rappresentazione decimale. In tal modo si possono facilmente distinguere i numeri razionali da quelli irrazionali, in quanto i primi hanno una rappresentazione decimale finita oppure non finita ma periodica, mentre gli altri hanno una rappresentazione decimale non finita e non periodica. Ad esempio si ha

2 30,4; 0,333... ( 0, 3)5 9

= = =

mentre il numero 0,10110111011110…

è irrazionale, come anche il famoso numero p-greco π = 3,1415926535…

È di grande utilità la rappresentazione geometrica dei numeri reali dovuta a Cartesio (1637), perciò detta rappresentazione cartesiana dei reali. Essa consiste nello stabilire una corrispondenza tra punti di una retta e numeri reali, più precisamente una applicazione bigettiva tra una retta ed R.

Vediamo come si ottiene una siffatta applicazione. Su una retta r si fissi un verso e lo si chiami positivo; l’altro verso sarà detto negativo. Poi su r

si fissino due punti distinti O ed U di guisa che il segmento OU sia orientato nel verso positivo. Chiameremo semiretta positiva di r la semiretta di r di origine O alla quale appartiene U, negativa l’altra. Denotiamo con r+ (risp. r-) la semiretta positiva (risp. negativa) di r. Dopo ciò, per ogni punto P r∈ poniamo

se P

se PP

OP rx

OP r+

⎧ ∈⎪= ⎨− ∈⎪⎩

dove OP è la misura del segmento di estremi O e P rispetto al segmento di estremi O e U, assunto come unità di misura. Si dice, allora, che si è fissato su r un riferimento cartesiano di origine O e punto unità U. La retta r si chiama retta cartesiana o asse cartesiano. Le semirette r+ ed r- si chiamano rispettivamente semiasse positivo e semiasse negativo. Inoltre per ogni punto P r∈ il numero reale xP si chiama ascissa di P (rispetto al riferimento cartesiano assegnato). Evidentemente l’ascissa dell’origine O è lo zero mentre l’ascissa del punto unità U è 1. È anche ovvio che P r+∈ se e solo se 0 Px≤ (e dunque P r−∈ se e solo se 0Px ≤ ). Si dimostra che l’applicazione (di r in R)

P xP è bigettiva, dunque ad ogni punto P della retta r si associa un solo numero reale xP (ascissa di P), viceversa ad ogni numero reale x si associa un solo punto P di r (l’unico punto P tale che xP = x). Per questo motivo si conviene di identificare ogni punto della retta cartesiana con la sua ascissa: ad esempio si parlerà del punto -3 per indicare il punto di ascissa -3. Per lo stesso motivo la retta

cartesiana si chiama anche retta reale. In figura sono rappresentati i punti di ascissa -2, 1, 57,

53

− .

-2

57

− 0 53 1

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Vogliamo ora far vedere come, utilizzando l’assioma di completezza, si può definire la radice quadrata aritmetica di un numero reale positivo; per semplicità costruiamo la radice quadrata di 2. A tal fine si osservi che il più grande intero il cui quadrato è minore di 2 è 1, cioè si ha

12 < 2 < 22 Si osservi che le disuguaglianze sono strette perché, a causa della PROP. 2, non esiste alcun numero razionale il cui quadrato sia uguale a 2. Ora si divida il segmento che unisce 1 e 2 sulla retta cartesiana in 10 parti uguali; i punti di suddivisione hanno le seguenti ascisse

1 1,1 1,2 ……………… 1,8 1,9 2 Tra questi numeri si cerchi il più grande il cui quadrato sia minore di 2; tale numero è 1,4, pertanto risulta

(1,4)2 < 2 < (1,5)2. Si cerca, poi, in modo analogo il più grande numero razionale con due cifre decimali il cui quadrato risulti minore di 2; tale numero è 1,41, pertanto si ha

(1,41)2 < 2 < (1,42)2. Operando allo stesso modo si ottengono le seguenti disuguaglianze:

(1,414)2 < 2 < (1,415)2 e

(1,4142)2 < 2 < (1,4143)2. Tale procedimento non ha mai fine perché non si può mai ottenere un numero razionale il cui quadrato sia uguale a 2. Si vengono così a definire due successioni ( ) e ( )n n n na b∈ ∈ di razionali che soddisfano le condizioni:

1) 2 2: 2n nn a b∀ ∈ < <

2) 1:10n n nn b a∀ ∈ − = .

Per quanto trovato innanzi si ha a0 = 1; a1 = 1,4; a2 = 1,41; a3 = 1,414; a4 = 1,4142 mentre b0 = 2; b1 = 1,5; b2 = 1,42; b3 = 1,415; b4 = 1,4143. Si ha anche

3) 2 2 4:10n n nn b a∀ ∈ − ≤

in quanto 2 2 ( ) ( )n n n n n nb a b a b a− = − ⋅ + e i numeri an e bn sono minori di 2. Considerati gli insiemi

{ } { }A : e B :n na n b n= ∈ = ∈ essi sono separati a causa di 1), dunque per l'assioma di completezza A e B ammettono un elemento di separazione: sia α tale elemento. Risulta pertanto

: n nn a bα∀ ∈ ≤ ≤ e, quindi

4) 2 2 2: n nn a bα∀ ∈ ≤ ≤ . Da 1) e 4) consegue per ogni n ∈ N

2 2 2 2 22n n n na b b aα− ≤ − ≤ − Dimostriamo che 2 2α = . Infatti se per assurdo fosse 22 α< , si avrebbe

2 2 2 40 210n n nb aα< − ≤ − ≤

e, quindi, per ogni n ∈ N

2

4102

nnα

< ≤−

ossia tutti gli interi naturali risulterebbero minori o uguali del numero 2

42α −

; ciò evidentemente è

falso. Pertanto non può essere 2 < α2. In modo analogo si prova che non può essere nemmeno 2 2α < , dunque essendo la relazione d'ordine di R di totale ordine si ha

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2 2α = , ossia α è la radice quadrata aritmetica (cioè positiva) di 2. Si noti che α è l'unica radice quadrata aritmetica di 2, infatti se β è un altro numero reale positivo tale che 2 2β = si ha 2 2α β= e, quindi, α β= . Si noti, ancora, che α non può essere un numero razionale a causa della PROP. 2, dunque la radice quadrata di 2 è un numero irrazionale (ovvero ha una rappresentazione decimale illimitata e non periodica) le cui prime quattro cifre decimali sono quelle trovate innanzi, ossia

2 = 1,4142…… Da quanto dimostrato sopra consegue, evidentemente, che Q gode di tutte le proprietà di R ad eccezione della completezza; infatti se così non fosse, 2 sarebbe un numero razionale. Con procedimento analogo al precedente si può dimostrare la seguente proposizione PROP. 3 - Se *0 edx n≥ ∈ , esiste uno ed un solo numero reale positivo y tale che yn = x. Tale numero si chiama radice n-sima aritmetica di x e si denota con n x . OSS. 1 - Abbiamo visto che 2 è un numero irrazionale, rappresentato sulla retta cartesiana dal

punto P' ottenuto facendo ruotare la diagonale OP del quadrato di lato 1 intorno all'origine O. Ciò vuol dire che, dopo aver rappresentato sulla retta cartesiana tutti i numeri razionali, su di essa restano infiniti "vuoti". Questi ultimi vengono colmati dai numeri irrazionali, e ciò grazie alla corrispondenza biunivoca tra punti della retta e numeri reali.

Si pone la seguente DEF. 1 - Se x ∈ R, si definisce valore assoluto di x il numero reale

se 0se 0

x xx

x x≤⎧

= ⎨− <⎩

Dalla definizione conseguono le seguenti proprietà

1) ( ): 0 e 0 ( 0)x x x x∀ ∈ ≤ = ⇔ =

2) :x x x∀ ∈ − =

3) 2:x x x∀ ∈ =

4) : (cioè e )x x x x x x x x∀ ∈ − ≤ ≤ ≤ − ≤

5) :x x y x y∀ ∈ ⋅ = ⋅

6) *, :xxx y

y y∀ ∈ ∀ ∈ =

7) ( ) ( ) ( )( )0 :a x a x a x a∀ ≥ = ⇔ = ∨ = −

8) ( )0 : ( )a x a a x a∀ ≥ ≤ ⇔ − ≤ ≤

9) ( ) ( ) ( )( )0 :a x a x a a x∀ ≥ ≥ ⇔ ≤ − ∨ ≤

10) , :x y x y x y∀ ∈ + ≤ + (disuguaglianza triangolare)

11) , :x y x y x y∀ ∈ − ≤ −

P

P’O 1

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Dim. - La 3) consegue dall'uguaglianza |x|2 = x2 e dalla definizione di radice quadrata. Per dimostrare la 10) basta osservare che ex x x y y y− ≤ ≤ − ≤ ≤ e, quindi, sommando membro a membro

( )x y x y x y− + ≤ + ≤ + donde, a causa della 8),

|x + y| ≤ |x| + |y| Esercizi - Si risolvano le seguenti equazioni e disequazioni: 1) | 3x - 2| ≤ 1; 2) |x + 4| > 2; 3) |3x - 2| = |5x + 4|; 4) |9x2 + 4x| ≤ -2.

La 1) equivale a -1 ≤ 3x - 2 ≤ 1, cioè 1 ≤ 3x ≤ 3, ovvero 31 ≤ x ≤ 1.

La 2) equivale a (x + 4 > 2) ∨ (x + 4 < -2), ovvero (x > -2) ∨ (x < -6). Quanto alla 3) si noti che essa equivale a

(3x - 2 = 5x + 4) ∨ (3x - 2 = -(5x + 4)) cioè

(x = -3) ∨ ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −=

41x

La 4) non ha soluzione perché il valore assoluto è sempre positivo. Si pone la seguente DEF. 2 - Se a, b ∈ R ed a ≤ b, i seguenti sottoinsiemi di R

[ ]ba, = {x ∈ R : a ≤ x ≤ b} ] [ba, = {x ∈ R : a < x < b} [ [ba, = {x ∈ R : a ≤ x < b} ] ]ba, = {x ∈ R : a < x ≤ b}

si chiamano rispettivamente intervallo chiuso, aperto, semiaperto a destra, semiaperto a sinistra, di estremi a e b. La differenza b - a dicesi ampiezza dell'intervallo. Il numero

2ba + dicesi centro dell'intervallo.

Se poi a ∈ R, i sottoinsiemi di R [ [+∞,a = {x ∈ R : a ≤ x} ] [+∞,a = {x ∈ R : a < x}

si chiamano rispettivamente intervallo illimitato superiormente chiuso, aperto, di estremo a. Mentre i sottoinsiemi

] ]a,∞− = {x ∈ R : x ≤ a} ] [a,∞− = {x ∈ R : x < a}

si chiamano rispettivamente intervallo illimitato inferiormente chiuso, aperto, di estremo a. OSS. 2 - È evidente che se a ≤ b, allora

] [ ] ] [ ]bababa ,,, ⊂⊂ , ] [ [ [ [ ]bababa ,,, ⊂⊂ e che se a = b, allora

] [ ] ] [ [ ∅=== bababa ,,, , [ ]ba, = {a} Su una retta cartesiana gli intervalli sono rappresentati da segmenti privati, oppure no, di qualche estremo, e da semirette private, oppure no, dell'origine.

a b [ ]ba, ] [+∞,c

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C. Boccaccio – Appunti di Analisi Matematica – CAP. II

9

x0 - r x0 x0+r a b

CONVENZIONE 1 - Si pone

R+ = [ [+∞,0 , R − = ] ]0,∞− , R *+ = ] [+∞,0 , R *

− = ] [0,∞− e si chiamano positivi (risp. strettamente positivi) gli elementi di R+ (risp. R *

+ ), negativi (risp. strettamente negativi) gli elementi di R − (risp. R *

− ). In seguito considereremo alcuni tipi particolari di intervalli, detti intorni. A tal fine si pone la seguente DEF. 3 - Se x0 ∈ R ed r ∈ R *

+ , si chiama intorno di x0 di raggio r l'intervallo aperto di estremi x0 - r e x0 + r, cioè

] [rxrx +− 00 , . L'insieme degli intorni di x0 si denota con ℑ(x0). Si chiama, invece, intorno di +∞ (risp. -∞) ogni intervallo del tipo

] [∞+,a (risp. ] [a,∞− ) con a ∈ R. L'insieme degli intorni di +∞ (risp. -∞) si denota con ℑ(+∞) (risp. ℑ(-∞)). OSS. 3 - Ogni intervallo aperto di dati estremi è intorno del suo centro. Infatti se ] [ba, è un siffatto

intervallo, denotato con x0 il suo centro, cioè posto x0 = 2

ba + , e posto r = 2

ab − , risulta

a = x0 - r, b = x0 + r e, quindi,

] [ba, = ] [rxrx +− 00 , .

Dalla definizione di intorno e dalle proprietà del valore assoluto conseguono le seguenti proprietà 1) ∀ x0 ∈ R, ∀ r ∈ R *

+ : (x ∈ ] [rxrx +− 00 , ⇔ | x - x0 | < r) 2) ∀ x0 ∈ R, ∀ r ∈ R *

+ : (x ∈ ] [rxrx +− 00 , - {x0} ⇔ 0 < | x - x0 | < r) 3) ∀ x0 ∈ R, ∀ r, r' ∈ R *

+ : (r < r' ⇒ ] [rxrx +− 00 , ⊂ ] [',' 00 rxrx +− ) 4) ∀ x0 ∈ R, ∀ r, r' ∈ R *

+ : (r < r' ⇒ ] [rxrx +− 00 , ∩ ] [',' 00 rxrx +− = ] [rxrx +− 00 , ) CONVENZIONE 2 - Si pone per ogni x ∈ R -∞ < x, x

< +∞. Si pone, inoltre

-∞ < +∞. Dopo ciò, denotato con

R̂ = R ∪ {-∞} ∪ {+∞} si prova facilmente che la relazione di totale ordine ≤ su R, estesa ad R̂ come sopra, è una relazione di totale ordine su R̂ . R̂ si chiama insieme ampliato dei numeri reali. Si noti che si può rappresentare R̂ mettendo in relazione i punti di una semicirconferenza e quelli di R̂ . (v. figura)

P → P'

c

A BO

P

P’

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10

A → -∞ B → +∞ Richiami sulle equazioni e disequazioni di 2° grado Si consideri l'equazione di 2° grado (*) ax2 + bx + c = 0 (a ≠ 0) e si ponga

Δ = b2 - 4ac (Δ si chiama discriminante di (*)) Si prova che

1) se Δ > 0, allora l'equazione (*) ha due soluzioni reali e distinte date da

x1,2 = a

b2

Δ±− (formula risolutiva di (*))

oppure se b = 2k (k ∈ R), allora

x1,2 = a

ackk −±− 2

(formula risolutiva ridotta di (*))

2) se Δ = 0, allora l'equazione (*) ha una sola soluzione reale o, come si suol dire, due soluzioni reali e coincidenti date da

x1 = x2 = ab

2−

3) se Δ < 0, allora l'equazione (*) non ammette soluzioni reali o, come si suol dire, è impossibile. Si noti che se Δ ≥ 0 allora

4) x1 + x2 = ab

− e x1 ⋅ x2 = ac

da cui consegue ax2 + bx + c = a(x - x1)(x - x2).

Si noti che le uguaglianze 4) sono utili, a volte, per il calcolo diretto (cioè senza l'uso della formula risolutiva) delle soluzioni di (*). Per quanto riguarda, invece, la risoluzione di una disequazione di 2° grado, cioè di una disequazione del tipo

ax2 + bx + c > 0 oppure ax2 + bx + c < 0 si ha quanto segue:

5) Δ > 0 (x1 < x2)

] [ ] [] [] [] [ ] [⎪

⎪⎪

⎪⎩

⎪⎨⎧

+∞∪∞−∈⇔<++

∈⇔>++<

⎪⎩

⎪⎨⎧

∈⇔<++

+∞∪∞−∈⇔>++>

,,0

,00

,0,,0

0

212

212

212

212

xxxcbxax

xxxcbxaxa

xxxcbxaxxxxcbxax

a

6) Δ = 0 ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −==

abxx

221

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎩

⎪⎨⎧

−≠⇔<++

>++<

⎪⎩

⎪⎨⎧

<++

−≠⇔>++>

abxcbxax

xdivalorenessunpercbxaxa

xdivalorenessunpercbxaxabxcbxax

a

20

00

02

00

2

2

2

2

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C. Boccaccio – Appunti di Analisi Matematica – CAP. II

11

7) Δ < 0

⎪⎪

⎪⎪

⎩⎨⎧

<++

>++<

⎩⎨⎧

<++

>++>

xdivaloriituttipercbxaxxdivalorenessunpercbxax

a

xdivalorenessunpercbxaxxdivaloriituttipercbxax

a

00

0

00

0

2

2

2

2

Le 5), 6) e 7) si riassumono nella seguente regola. Il trinomio di 2° grado ax2 + bx + c

5') se Δ > 0, assume valori di segno concorde col segno di a (cioè del suo primo coefficiente) per tutti i valori di x esterni all'intervallo che ha per estremi le radici dell'equazione ax2 + bx + c = 0, mentre assume valori di segno discorde col segno di a per tutti i valori di x interni all'intervallo che ha per estremi le suddette radici;

6') se Δ = 0, assume valori di segno concorde col segno di a per tutti i valori di x diversi

da ab

2− , mentre non assume mai valori di segno discorde col segno di a;

7') se Δ < 0, assume valori di segno concorde col segno di a per tutti i valori di x.

Esercizi - Si risolvano le seguenti disequazioni:

x2 - 5x + 6 < 0; 2x2 + 1 > 4x; (x + 2)(x - 5) < 0; x2 - 25 ≥ 0; -x2 + 9x - 14 > 0; 2x2 - 3x + 5 > 0; x2 - 6x + 9 > 0; x2 - x + 5 < 0; Si risolvano le seguenti disequazioni razionali fratte:

1) 2

51

2+

≥− xx

2) 12

13 −

−≤

− xx

xx

Risolviamo la 1).

0)2)(1(

930)2)(1(

)1(5)2(202

51

22

51

2≥

+−+−

⇔≥+−

−−+⇔≥

+−

−⇔

+≥

− xxx

xxxx

xxxx.

Si ha dunque

] [ ] [+∞∪−∞−∈⇔>+−≤⇔≥+−

,12,0)2)(1(3093

xxxxx

ovvero riportando le soluzioni su un grafico (con tratto continuo si tracciano gli intervalli in cui una disequazione è soddisfatta, con tratto discontinuo gli intervalli in cui la stessa disequazione non è soddisfatta) -2 1 3 Pertanto la 1) è soddisfatta per tutti gli

] [ ] ]3,12, ∪−∞−∈x Risolviamo la 2).

0)12)(3(

330)12)(3(

)1)(3()12(12

13

2

≤−−

−+⇔≤

−−−−−−

⇔−

−≤

− xxxx

xxxxxx

xx

xx

Si ha

0)2)(1(093

>+−≥+−

xxx

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12

2213 −−

2213 +−

21

2 3 21 3 213 3 0 , ,2 2

1(3 )(2 1) 0 ( 3)(2 1) 0 ,32

x x x

x x x x x

⎤ ⎤ ⎡ ⎡− − − ++ − ≥ ⇔ ∈ − ∞ ∪ +∞⎥ ⎥ ⎢ ⎢

⎦ ⎦ ⎣ ⎣⎤ ⎡− − > ⇔ − − < ⇔ ∈ ⎥ ⎢⎦ ⎣

dunque graficamente 3

0)12)(3(0332

>−−≥−+

xxxx

Pertanto la 2) è soddisfatta per tutti gli

] [3 21 1 3 21, , 3,2 2 2

x⎤ ⎤ ⎤ ⎤− − − +

∈ −∞ ∪ ∪ +∞⎥ ⎥ ⎥ ⎥⎦ ⎦ ⎦ ⎦

Estremi di un insieme numerico Chiameremo insieme numerico ogni sottoinsieme non vuoto di R. Si pone la seguente DEF. 4 - Se X è un insieme numerico e se esiste m ∈ X tale che

∀ x ∈ X : m ≤ x allora si dice che m è il minimo (o più piccolo elemento) di X e questo si denota con min X. Se poi esiste M ∈ X tale che

∀ x ∈ X : x ≤ M allora si dice che M è il massimo (o il più grande elemento) di X e questo si denota con max X.

OSS. 4 - Pertanto si ha

m = min X ⇔ ⎩⎨⎧

≤∈∀°∈°

xmxm

:X)2X)1

e

M = max X ⇔ ⎩⎨⎧

≤∈∀°∈°

MxxM

:X)2X)1

OSS. 5 - Non è detto che il minimo o il massimo di un insieme numerico X esista sempre; se esiste, però, esso è unico. Ad esempio si ha

min [a, b] = a, max [a, b] = b. Ma se a < b non esistono il min ] [ba, e il max ] [ba, ; invece esiste il minimo di [ [ba, ed

è a, ma non esiste il max [ [ba, . OSS. 6 - Se esistono il minimo ed il massimo di X si ha sempre

min X ≤ max X. Ricordiamo che un insieme numerico X si dice finito se esiste n ∈ N* ed esiste una applicazione bigettiva f : {1, 2, …, n} → X. Tale intero n è unico e prende il nome di numero cardinale (o numero degli elementi) di X, e si denota con card (X). Ad esempio sono finiti gli insiemi del tipo {1, 2, …, n} o {p+1, p+2, …, p+n} con p, n ∈ N*, mentre sono infiniti gli insiemi N, Z, Q, R ed ogni intervallo non vuoto e non ridotto ad un solo elemento. Si dimostra la seguente PROP.4 - Ogni insieme numerico finito ha minimo e massimo. Inoltre ogni sottoinsieme non vuoto di N ha minimo (ma non sempre il massimo).

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13

Si pone, poi, la seguente DEF. 5 - Se X è un insieme numerico e se esiste a ∈ R tale che

∀ x ∈ X : x ≤ a (risp. a ≤ x) si dice che X è limitato superiormente (risp. inferiormente) ed a dicesi maggiorante (risp. minorante) di X. Si dice, poi, che X è limitato se è limitato inferiormente e superiormente, ossia se esistono a e b numeri reali tali che

∀ x ∈ X : a ≤ x ≤ b. OSS.7 - Se a è un minorante (risp. maggiorante) di X, allora ogni numero minore (risp. maggiore) di a è un minorante (risp. maggiorante) di X. Pertanto se X è limitato inferiormente (risp. superiormente), allora l'insieme dei suoi minoranti (risp. maggioranti) è infinito. Esempi - Se a < b, allora gli intervalli

[ ] ] [ [ [ ] ]babababa ,,,,,,, sono limitati ma infiniti, mentre gli intervalli

[ [+∞,a e ] [+∞,a sono illimitati superiormente ed infiniti; infine gli intervalli

] ]a,∞− e ] [a,∞− sono illimitati inferiormente ed infiniti. OSS.8 - Se X ha minimo (risp. massimo), allora X è limitato inferiormente (risp. superiormente).

Il viceversa non è vero; se, però, un minorante (risp. maggiorante) a di X appartiene ad X, allora a = min X (risp. a = max X).

Dalla OSS.8 e dalla PROP.4 consegue la PROP.5 - Ogni insieme finito è limitato (e, quindi, ogni insieme illimitato è infinito). OSS.9 - In generale non è vero che un insieme limitato sia finito, oppure che un insieme infinito

sia illimitato: ad esempio un intervallo [a,b], con a < b, è infinito ma limitato. Dalla definizione di insieme limitato superiormente (risp. inferiormente) e, conseguentemente, di insieme illimitato (cioè non limitato) superiormente (risp. inferiormente) consegue la PROP.6 - Un insieme numerico X è illimitato superiormente se e solo se

∀ α ∈ R ∃ x ∈ X t.c. α < x Analogamente X è illimitato inferiormente se e solo se

∀ α ∈ R ∃ x ∈ X t.c. x < α. Si noti che un insieme numerico può essere limitato inferiormente (risp. superiormente) senza avere minimo (risp. massimo), come accade per un intervallo non vuoto e aperto ] [ba, . Perciò si introduce un concetto sostitutivo di quello di minimo e di massimo, cioè il concetto di estremo superiore ed estremo inferiore. Per far ciò premettiamo la seguente PROP.7 - Se X è limitato inferiormente, allora l'insieme dei suoi minoranti è dotato di massimo. Se X è limitato superiormente, allora l'insieme dei suoi maggioranti è dotato di minimo. Dim. - Sia X limitato inferiormente. Dunque è non vuoto l'insieme dei minoranti di X. Denotato con M tale insieme, cioè posto

M = {α ∈ R : ∀ x ∈ X : α ≤ x} risulta

∀ α ∈ M, ∀ x ∈ X : α ≤ x.

Allora, a causa dell’assioma di completezza (cfr. pag. 3), esiste un elemento di separazione degli insiemi M ed X, cioè esiste ℓ ∈ R tale che

∀ α ∈ Μ, ∀ x ∈ Χ : α ≤ ℓ ≤ x.

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14

Da ciò consegue che ℓ è un minorante di X (quindi ℓ ∈ Μ) e che ℓ è il più grande elemento di M. Analogamente si dimostra la seconda parte della proposizione . Ciò giustifica la seguente DEF. 6 – Se X è limitato inferiormente, si chiama estremo inferiore di X, e si denota con infX, il più

grande elemento dell’insieme dei minoranti di X. Se X, invece, è limitato superiormente, si chiama estremo superiore di X, e si denota con supX, il più piccolo elemento dell’insieme dei maggioranti di X.

OSS. 10 – Se X è limitato inferiormente (risp. superiormente) ed M è l’insieme dei suoi minoranti

(risp. maggioranti), si ha: infX = maxM (risp. supX = minM)

Sussistono le seguenti due proposizioni. PROP. 8 – Se X è limitato, allora

infX ≤ supX PROP. 9 – Se X è dotato di massimo (risp. di minimo), allora

supX = maxX (risp. infX = minX)

OSS. 11 – Non è sempre vero che se X è limitato superiormente (risp. inferiormente) X è dotato di massimo (risp. di minimo). Se, però, supX ∈ X (risp. infX ∈ X), allora X ha massimo (risp. minimo) e risulta

maxX = supX (risp. minX = infX)

Molto utili sono le seguenti caratterizzazioni dell’estremo inferiore ed estremo superiore. PROP. 10 – (Proprietà caratteristiche dell’estremo superiore) – Se X è limitato superiormente e se

ℓ ∈ R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni:

a) ℓ = supX

b) .. 0 )2

:)1

⎩⎨⎧

<−∈∃>∀≤∈∀

x ctXxxXx

εε

Dim. a) ⇒ b). Per ipotesi ℓ è il più piccolo dell’insieme dei maggioranti di X. Dunque ℓ è un

maggiorante di X, cioè è vera la 1) della b). Se poi, si considera ε > 0 , essendo ℓ − ε < ℓ, non può essere ℓ − ε un maggiorante di X in quanto ℓ è più piccolo dei maggioranti di X. Pertanto esiste x ∈ Χ t.c. ℓ − ε < x e, quindi, è vera la 2) della b). b) ⇒ a) Supponiamo vera la b). La 1) della b) esprime che ℓ è un maggiorante di X. Proviamo, ora, che ℓ è il più piccolo dei maggioranti di X e cioè, che ℓ è minore o uguale di ogni maggiorante di X. Infatti se, per assurdo, ciò non fosse vero, allora esisterebbe un maggiorante ℓ′ di X tale che ℓ′ < ℓ.

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15

Posto ε = ℓ − ℓ′ si ha ℓ′ = ℓ − ε e, per la 2) della b), esiste x ∈ Χ tale che ℓ − ε < x, ovvero ℓ′ < x. Ma ciò contraddice l’ipotesi che ℓ′ è maggiorante di X. Pertanto è vero che ℓ è il più piccolo dei maggioranti di X, cioè è vera la a).

In modo analogo si dimostra la PROP 11 – (Proprietà caratteristiche dell’estremo inferiore) – Se X è limitato inferiormente e se

ℓ ∈ R , allora sono equivalenti le seguenti proposizioni:

a) ℓ = infX

b) ⎩⎨⎧

+<∈∃>∀≤∈∀

εε x t.c.X x 0 )2:)1 xXx

Si adotta poi la seguente CONVENZIONE 3 – Se X non è limitato inferiormente (risp. superiormente) si pone

infX = - ∞ (risp. supX = + ∞)

Dalla PROP. 5 consegue, dunque, la seguente PROP. 12 – Se X è un insieme numerico, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni:

a) infX = − ∞ (risp. supX = + ∞) b) ∀ α ∈ R ∃ x ∈ Χ t.c. x < α (risp. ∀ α ∈ R ∃ x ∈ Χ t.c. α < x ).

Dimostriamo la seguente PROP. 13 – L’insieme N degli interi naturali è illimitato superiormente. Dim. – Supponiamo per assurdo che N sia limitato superiormente. Allora, posto ℓ = sup N, si ha

che ℓ ∈ R e, per la PROP. 10, esiste n ∈ N tale che ℓ − 1 < n, cioè ℓ < n + 1. Ciò è assurdo in quanto, essendo ℓ un maggiorante di N, risulta n + 1 ≤ ℓ.

COR. 1 – (Proprietà Archimedea) – Per ogni a ∈ R *

+ e per ogni b ∈ R esiste n ∈ N tale che na > b. Dim. Se a ∈ R *

+ e b ∈ R, poiché N è illimitato superiormente allora esiste n ∈ N tale che b/a < n (cfr. PROP. 12), ovvero na > b.

COR. 2 – (Densità di Q in R) – Per ogni a, b ∈ R tale che a < b, esiste q ∈ Q tale che

a < q < b. Dim. Se a, b ∈ R ed a < b, per il COR. 1 esiste n ∈ N tale che n(b − a) > 1. Fissato un tale n, sia

m il più piccolo intero > na. Dunque si ha

m - 1 ≤ na < m e quindi

na < m ≤ na + 1 < nb

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16

da cui, posto q =nm , consegue

a < q < b

COR. 3 – Per ogni a, b ∈ R tali che a < b esiste α ∈ R − Q tale che a < α < b.

Dim. Se a, b ∈ R ed a < b, si ha anche 22

ba< e quindi, per il COR. 2 esiste q ∈ Q tale che

22bqa

<<

e da ciò consegue

2a q b< <

Posto α = 2q si ha che α ∈ R − Q ed a < α < b.

ESERCIZI

1) Se a < b, allora

inf ] a , b [ = inf ] a , b ] = inf [ a , b [ = inf [ a, b ] = a e

sup ] a , b [ = sup ] a , b ] = sup [ a , b [ = sup [ a, b ] = b Dim. – Proviamo ad esempio che inf ] a , b [ = a. A tal fine dimostriamo che a soddisfa le proprietà

caratteristiche dell’estremo inferiore di ] a , b [ (cfr. PROP. 11). Infatti si ha:

∀ x ∈ ] a , b [ : a < x

e quindi è soddisfatta la prima della b) della PROP. 11. Sia, ora, ε > 0 e sia c = min {a + ε, b}. Poiché a < b ed a < a + ε, si ha anche a < c. Allora considerato x ∈ ] a , c [ si ha che x ∈ ] a , b [ ed x < a + ε; dunque è soddisfatta anche la seconda della b) della PROP. 11, pertanto a = inf ] a , b [. Si noti che inf [ a , b [ = inf [ a, b ] = a in quanto min [ a , b [ = min [ a, b ] = a.

2) Se a ∈ R risulta inf ] a , +∞ [ = inf [ a , +∞ [ = a; sup ] a , +∞ [ = sup [ a , +∞ [ = +∞ e sup ] −∞ , a [ = sup ] −∞ , a ] = a; inf ] −∞ , a [ = inf ] −∞ , a ] = −∞

3) Risulta

inf R = inf R − = inf R *− = −∞; sup R − = sup R *

− = 0 e sup R = sup R + = sup R *

+ = +∞; inf R + = inf R *+ = 0

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17

4) Se A e B sono insiemi numerici limitati, allora

Sup (A ∪ B) = max { supA, supB} ed inf (A ∪ B) = min {infA, infB}

5) Se A e B sono insiemi numerici limitati e se A ⊂ B, allora

supA ≤ supB , infB ≤ infA.

Se poi A e B sono dotati di massimo (risp. di minimo), allora maxA ≤ maxB, minB ≤ minA

Estremi di una funzione reale Sia X un insieme numerico e sia ƒ : X → R una funzione reale definita in X. Si pone la seguente DEF. 7 – Si chiama immagine di ƒ l’insieme numerico

ƒ(X) = {y ∈ R : ∃ x ∈ X t.c. y = ƒ(x)}

ossia l’insieme dei valori di ƒ. Più in generale, se A ⊂ X, si chiama immagine per ƒ di A l’insieme

ƒ(A) = {y ∈ R : ∃ x ∈ A t.c. y = ƒ(x)}.

Ciò premesso, in quel che segue riferiremo tutti i concetti relativi ad un insieme numerico (minimo, massimo, maggiorante, minorante, estremo superiore, estremo inferiore) all’insieme ƒ(X) immagine di ƒ. Si pone, dunque, la seguente DEF.8 – Se esiste il minimo (risp. il massimo) di f(X), si dice che esiste il minimo (risp. il massimo)

di f e si denota con

minx X∈

ƒ(X) (risp. maxx X∈

ƒ(X))

OSS.12 – Pertanto se m ∈ R si ha

m = minx X∈

ƒ(x)⇔ 0 01 ) t.c. ( ) (cioè ( ))2 ) : ( ) (cioè ( ) : )

x X m x m Xx X m x y X m y

° ∃ ∈ = ƒ ∈ ƒ⎧⎨ ° ∀ ∈ ≤ ƒ ∀ ∈ ƒ ≤⎩

e analogamente

m = maxx X∈

ƒ(x)⇔ 0 01 ) t.c. ( ) (cioè ( ))2 ) : ( ) (cioè ( ) : )

x X m x m Xx X x m y X y m

° ∃ ∈ = ƒ ∈ ƒ⎧⎨ ° ∀ ∈ ƒ ≤ ∀ ∈ ƒ ≤⎩

Dunque dire che ƒ è dotata di minimo (risp. di massimo) significa che

∃ x0 ∈ Χ t.c ∀ x ∈ X : ƒ(x 0 ) ≤ ƒ(x) (risp. ƒ(x) ≤ ƒ(x 0 ))

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18

Si pone anche la seguente DEF.9 – Si chiama minorante (risp. maggiorante) di ƒ ogni minorante (risp. maggiorante) di ƒ(X).

Si dice che ƒ è limitata inferiormente (risp. superiormente) se esiste almeno un minorante (risp. maggiorante) di ƒ. Si dice che ƒ è limitata se è limitata inferiormente e superiormente.

OSS.13 – Pertanto ƒ è limitata inferiormente (risp. superiormente) se

∃ a ∈ R t.c. ∀ x ∈ X : a ≤ ƒ(x) (risp. ƒ(x) ≤ a)

Infine si dà la seguente DEF.10 – Si chiama estremo inferiore (risp. superiore) di ƒ l’estremo inferiore (risp. superiore) di

ƒ(X) e si denota con

inf ( )x X

f x∈

Xx

xfrisp∈

))(sup.(

OSS.14 – Pertanto se f è limitata inferiormente (risp. superiormente) l’estremo inferiore (risp.

superiore) di f è il più grande (risp. il più piccolo) elemento dell’insieme dei minoranti (risp. maggioranti) di f.

Se invece f non è limitata inferiormente (risp. superiormente) allora si ha:

inf ( )x X

f x∈

= −∞ ( . sup ( ) )x X

risp f x∈

= +∞

Dalle PROP.9 e PROP.10 conseguono le seguenti altre due. PROP.14 – Se f è limitata inferiormente ed ∈R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni:

a) inf ( )x X

f x∈

=

b) ⎩⎨⎧

+<∈∃>∀≤∈∀

εε )(. t.c 0)2)(:)1

xfXxxfXx

PROP.15 – Se f è limitata superiormente ed ∈R, allora sono equivalenti le seguenti proposizioni:

a) sup ( )x X

f x∈

=

b) 1) : ( )2) 0 t.c. ( )

x X f xx X f xε ε

∀ ∈ ≤⎧⎨ ∀ > ∃ ∈ − <⎩

Evidentemente sussiste anche la seguente PROP.16 – Sono equivalenti le seguenti proposizioni:

a) inf ( )x X

f x∈

= −∞ ( . sup ( ) )x X

risp f x∈

= +∞

b) ∈∀α R ))( risp. ()(. t.c xfxfXx <<∈∃ αα Esempi – 1) Data la funzione f: ] [ →1,0 R definita ponendo

] [1

)(:1,0+

=∈∀x

xxfx

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19

si ha

] [ .21,0)1,0( ⎢⎣

⎡⎥⎦⎤=f

Infatti si ha per ogni ] [1,0∈x

−=+

= 11

)(x

xxf1

1+x

e quindi

] [ ;21

1110

21

1111

11

21211101,0 <

+−<⇒−<

+−<−⇒<

+<⇒<+<⇒<<⇒∈

xxxxxx

da ciò consegue che

] [ .21,0)1,0( ⎢⎣

⎡⎥⎦⎤⊂f

D’altra parte se ] [ ,)( ed 1,0 che ha si,1

posto,21,0 yxfx

yyxy =∈−

=⎢⎣⎡

⎥⎦⎤∈ ossia

] [).1,0(21,0 f⊂⎢⎣

⎡⎥⎦⎤

Dall’uguaglianza ] [ ⎢⎣⎡

⎥⎦⎤=

21,0)1,0(f segue che f è limitata e risulta

] [ ] [.

21

21,0sup)(sup , 0

21,0inf)(inf

1,01,0=⎢⎣

⎡⎥⎦⎤==⎢⎣

⎡⎥⎦⎤=

∈∈xfxf

xx

2) Si consideri la funzione f: R → R definita ponendo

∈∀x R : .12)( −= xxf

Poiché risulta f (R) = R, si ha allora

inf ( )x X

f x∈

= −∞ , sup ( )x X

f x∈

= +∞

Rappresentazione geometrica di R 2 In un piano α assegniamo due rette ortogonali x ed y ed indichiamo con O il loro punto d’intersezione . Fissiamo anche su ciascuna di esse un riferimento cartesiano di origine O (in particolare i punti unità U 1 ed U 2 dell’asse x e dell’asse y rispettivamente, si possono fissare di guisa che 21 OUU =Ο ). Quando ciò si sia fatto, si dice allora che si è fissato sul piano α un riferimento cartesiano ortogonale (x,y) e le rette x ed y si chiamano assi cartesiani ortogonali del riferimento.

Se P α∈ , indichiamo con P ) (risp. yx P la proiezione ortogonale di P su x (risp. su y) e con x P (risp. Py ) l’ascissa di ) (risp. yx PP rispetto al riferimento cartesiano su x (risp. su y). Il numero reale x P si chiama ascissa (o prima coordinata) di P; il numero reale Py si chiama ordinata (o seconda coordinata) di P.

x

y

yP

2U

1U xP

Px

PPy

O

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20

In tal modo resta definita una applicazione di α in R2 (= R x R)

),( PP yxP

Si prova che tale applicazione è bigettiva, cioè risulta

1) ' '' ( ) ( )P P P PP P x x y y≠ ⇒ ≠ ∨ ≠ e

2) ∈∀ ),( yx R 2 t.c. ( ) ( )P PP x x y yα∃ ∈ = ∧ =

Gli assi x ed y si chiamano rispettivamente asse delle ascisse (o asse delle x) e asse delle ordinate (o asse delle y). Noi supporremo sempre che i punti unità U 1 ed U 2 siano equidistanti da O e che gli assi siano disposti come in figura. Da 1) e 2), poi, consegue che se (x, y) ∈ R2, ad (x, y) resta associato un unico punto P del piano α , quello per cui xP = x e yP = y; tale punto prende il nome di immagine di (x, y) su α (oppure rappresentazione geometrica di (x,y) su α ). Ciò consente di rappresentare geometricamente, sul piano α , un qualsiasi sottoinsieme di R 2 . Ad esempio se dcba ≤≤ e , l’insieme

[ ] [ ], , a b c d×

è rappresentato sul piano α da un rettangolo di dimensioni cdab −− e (vedi fig.1) mentre gli insiemi

[ ]×ba, R ed R [ ]dc,× sono rappresentati da due strisce (vedi fig. 2 )

Sul piano α si può rappresentare anche il grafico di una funzione reale definita in un insieme numerico.

d

c

fig. 1

y

x

y

x

fig. 2

• • a b O a b

c

d

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21

Ricordiamo, intanto, che se X ed Y sono insiemi qualsiasi e se YXf →: è una funzione di X in Y, denotato con )(xf il valore di f nell’elemento x di X, il grafico di f è, per definizione, il sottoinsieme di X x Y dato da

( ){ }.)(:, xfyYXyxG f =×∈=

In particolare, se X è un insieme numerico ed →Xf : R, allora 2RR ⊂×⊂ XG f , dunque fG si può rappresentare sul piano α .

Ad esempio se [ ] R→5,1:f è la funzione costante di costante valore 2 definita nell’intervallo [ ]5,1 , il grafico di f è rappresentato su α dal segmento (parallelo all’asse delle x) di estremi (1,2) e (5,2). Mentre la funzione identica di R, cioè la funzione RRR →:i definita ponendo, per ogni R∈x ,

xxi =)(R ha come grafico l’insieme

{ }yxyxGi =∈= :),( 2RR

dunque è rappresentato su α alla bisettrice del I e III quadrante. Più in generale se R∈ba, con

0≠a e se RR →:,baf è la funzione definita ponendo, per ogni R∈x ,

baxxf ba +=)(,

allora il grafico di baf , è rappresentato dalla retta del piano passante per i punti ,0 e (0, )b ba

⎛ ⎞−⎜ ⎟⎝ ⎠

. In

particolare 1,2f ha come grafico la retta passante per i punti 1 ,0 e (0,1)2

⎛ ⎞−⎜ ⎟⎝ ⎠

, come in figura.

Si noti che il grafico di baf , è una retta in quanto per ogni

R∈21 , xx con 21 xx ≠ risulta costante il rapporto

)()()(

12

1,2, axx

xfxf baba =−

2(1,2) (5,2)

21

x 1 5

fG

iG

y

x

2,1fG 1

y

x 1 x 2 x 3

y

x

f )( 3, xba f )( 2, xba

f )( 1, xba

E

DC

AB

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22

Dunque se 321 e , xxx sono numeri reali distinti allora

23

2,3,

12

1,2, )()()()(xx

xfxfxx

xfxf babababa

−=

pertanto i triangoli ABC e CDE sono simili e , quindi, gli angoli ECDCAB ˆ e ˆ sono uguali: da ciò consegue che:

°=+=+ 90ˆˆˆˆ CABBCAECDBCA

e quindi, essendo °= 90ˆDCB , si ha che l’angolo ed , ossia ,180ˆ ECAECA °= sono allineati. Il grafico della funzione baf , risulta, pertanto, una retta. L’uguaglianza

, ( ) (cioè )a by f x y ax b= = + prende il nome di equazione della retta ed a prende il nome di pendenza (o coefficiente angolare) della retta.