APPUNTI ALESSANDRINI N.5-10

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Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on-line ANNO 4 N. 5 MAGGIO 2010 www.issuu.com/appuntialessandrini [email protected] POLITICA E COMPORTAMENTO MORALE Partita la raccolta firme della campagna referendaria Agostino Pietrasanta Si tratta sicuramente della punta di un iceberg incontrollabile; ormai gli episodi di corruzione nella vita politi- ca ed i comportamenti illeciti, oltre che illegittimi ed illegali, di parecchi suoi leaders costituiscono l’argomen- to più discusso del giorno: più della disoccupazione, della crisi della finan- za e del debito pubblico. In questo giorni però abbiamo assistito ad una degenerazione degli episodi sul serio inquietante; se un ministro della Re- pubblica arriva ad affermare di essere stato favorito (e quali favori!) a sua insaputa e suo malgrado (?), allora si può sul serio affermare che non esi- stono più anticorpi al crollo dei valori. Si può affermare che tutto ciò affon- da in una precisa mentalità e si radica in una cultura della irrilevanza etica. Ci sono delle ragioni; e purtroppo ge- nerate nel lungo periodo. Intanto l’idea che gli strumenti sono sempre legittimi, quando si tratti di raggiun- gere l’obiettivo. Si tratta di una di- storta interpretazione di un assioma attribuito banalmente a Niccolò Ma- chiavelli: il fine giustifica i mezzi. Non è vero. Ci sono mezzi in sé inac- cettabili, qualunque sia il fine perse- guito, come (tanto per fare un e- sempio) torturare gli imputati per farli confessare, o tollerare l’evasio- ne fiscale per incentivare l’impresa, o favorire un potentato della Repub- blica in cambio di favori elettorali. E potremmo continuare. E se questo è vero quando il fine sia confessabile (magari l’interesse pubblico), diven- ta scandaloso quando il fine sia la (segue a pag.4) Carlo Piccini “Riguardo al diritto all’acqua, si de- ve sottolineare anche che si tratta di un diritto che ha un proprio fon- damento nella dignità umana. Da questa prospettiva bisogna esami- nare attentamente gli atteggiamen- ti di coloro che considerano e trat- tano l’acqua unicamente come bene economico”. Non sono affermazioni di un esponente politico di opposi- zione o di uno dei promotori dei quesiti referendari. E’ il monito di Papa Benedetto XVI. Il decreto legge “Ronchi” che priva- tizza l'acqua, dopo aver incassato la fiducia al Senato, è passato alla Ca- mera con 302 sì e 263 no. L'articolo 15 del decreto impone la privatizza- zione dell'acqua e segna una data precisa: il 31 Dicembre 2011. In pra- tica entro quella data tutte le socie- tà di gestione del servizio idrico in house, le cosiddette "municipalizza- te", dovranno trasformarsi in socie- tà a capitale misto pubblico-privato, con soglia peggiorativa in cui al pri- vato va ben il 70%. E' una storia già vista: lasciare avviz- zire un servizio pubblico per poi darlo in mano ai privati che dovreb- bero farlo funzionare meglio e, visto che di privati ce ne sono tanti, far scendere anche i prezzi in nome della concorrenza. Sarebbe bello. Peccato che la realtà abbia dimo- strato come questa storia si tra- sformi troppo spesso, purtroppo, in una favola per allocchi. Pochi giorni fa in Sicilia, dopo una breve e fallimentare esperienza di semi-privatizzazione dell’acqua, con la finanziaria si è approvato un emendamento, votato anche da PD e PDL Sicilia, che azzera la preceden- te gestione privata o semiprivata. Persino la moderna Parigi, dopo ol- tre vent'anni di deludente gestione privata, è recentemente tornata all'acqua pubblica, a dimostrazione che pubblico ed efficienza non sono per forza inconciliabili. E’ vero che la gestione pubblica dell’acqua ha mostrato negli anni numerosi limiti. Oggi in Italia, su 100 litri d'acqua, 40 vengono persi per strada. Le ragioni sono molte e solo in parte scaricabili su quel meravi- glioso parafulmine che è la burocra- zia (benedetta burocrazia, senza di lei come faremmo a lavarci la co- scienza quando occorre…). Esistono infatti importanti ragioni tecniche, come tutelare l’integrità di migliaia di chilometri di tubazione ob- soleta in un territorio tra i più sismici e franosi del mondo, dove anche la semplice manutenzione ordinaria può diventare un debito colossale. Sappiamo ad esempio che in Piemon- te la rete storica è in gran parte in cemento-amianto, che non risulta tossico per ingestione, ma il cui uso è oggi vietato. Per eliminarlo in alcune aree bisognerebbe forse sostituire oltre la metà della rete acquedottisti- ca: semplicemente irrealistico, so- prattutto se la cosa dovesse essere a carico di privati. I problemi sono davvero molti e consegnando l’acqua potabile ai privati non possiamo sa- pere se, al di là delle strategie comu- nicative e di “image management” (dove sappiamo di poter contare su dei veri campioni), la situazione reale migliorerebbe. (segue a pag.4) EDITORIALE Newsletter mensile di politica e attualità

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APPUNTI ALESSANDRINI N.5-10

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Pubblicazione non destinata alla vendita a circolazione interna mediante diffusione on-line

ANNO 4 N. 5 MAGGIO 2010 ● www.issuu.com/appuntialessandrini ● [email protected]

POLITICA ECOMPORTAMENTO

MORALE

Partita la raccolta firme della campagna referendaria

Agostino Pietrasanta●

Si tratta sicuramente della punta diun iceberg incontrollabile; ormai gliepisodi di corruzione nella vita politi-ca ed i comportamenti illeciti, oltreche illegittimi ed illegali, di parecchisuoi leaders costituiscono l’argomen-to più discusso del giorno: più delladisoccupazione, della crisi della finan-za e del debito pubblico. In questogiorni però abbiamo assistito ad unadegenerazione degli episodi sul serioinquietante; se un ministro della Re-pubblica arriva ad affermare di esserestato favorito (e quali favori!) a suainsaputa e suo malgrado (?), allora sipuò sul serio affermare che non esi-stono più anticorpi al crollo dei valori.Si può affermare che tutto ciò affon-da in una precisa mentalità e si radicain una cultura della irrilevanza etica.Ci sono delle ragioni; e purtroppo ge-nerate nel lungo periodo. Intantol’idea che gli strumenti sono semprelegittimi, quando si tratti di raggiun-gere l’obiettivo. Si tratta di una di-storta interpretazione di un assiomaattribuito banalmente a Niccolò Ma-chiavelli: il fine giustifica i mezzi.Non è vero. Ci sono mezzi in sé inac-cettabili, qualunque sia il fine perse-guito, come (tanto per fare un e-sempio) torturare gli imputati perfarli confessare, o tollerare l’evasio-ne fiscale per incentivare l’impresa,o favorire un potentato della Repub-blica in cambio di favori elettorali.E potremmo continuare. E se questoè vero quando il fine sia confessabile(magari l’interesse pubblico), diven-ta scandaloso quando il fine sia la

(segue a pag.4)

Carlo Piccini●

“Riguardo al diritto all’acqua, si de-ve sottolineare anche che si trattadi un diritto che ha un proprio fon-damento nella dignità umana. Daquesta prospettiva bisogna esami-nare attentamente gli atteggiamen-ti di coloro che considerano e trat-tano l’acqua unicamente come beneeconomico”. Non sono affermazionidi un esponente politico di opposi-zione o di uno dei promotori deiquesiti referendari. E’ il monito diPapa Benedetto XVI.Il decreto legge “Ronchi” che priva-tizza l'acqua, dopo aver incassato lafiducia al Senato, è passato alla Ca-mera con 302 sì e 263 no. L'articolo15 del decreto impone la privatizza-zione dell'acqua e segna una dataprecisa: il 31 Dicembre 2011. In pra-tica entro quella data tutte le socie-tà di gestione del servizio idrico inhouse, le cosiddette "municipalizza-te", dovranno trasformarsi in socie-tà a capitale misto pubblico-privato,con soglia peggiorativa in cui al pri-vato va ben il 70%.E' una storia già vista: lasciare avviz-zire un servizio pubblico per poidarlo in mano ai privati che dovreb-bero farlo funzionare meglio e, vistoche di privati ce ne sono tanti, farscendere anche i prezzi in nomedella concorrenza. Sarebbe bello.Peccato che la realtà abbia dimo-strato come questa storia si tra-sformi troppo spesso, purtroppo, inuna favola per allocchi.Pochi giorni fa in Sicilia, dopo unabreve e fallimentare esperienzadi semi-privatizzazione dell’acqua,con la finanziaria si è approvato un

emendamento, votato anche da PDe PDL Sicilia, che azzera la preceden-te gestione privata o semiprivata.Persino la moderna Parigi, dopo ol-tre vent'anni di deludente gestioneprivata, è recentemente tornataall'acqua pubblica, a dimostrazioneche pubblico ed efficienza non sonoper forza inconciliabili.E’ vero che la gestione pubblicadell’acqua ha mostrato negli anninumerosi limiti. Oggi in Italia, su 100litri d'acqua, 40 vengono persi perstrada. Le ragioni sono molte e soloin parte scaricabili su quel meravi-glioso parafulmine che è la burocra-zia (benedetta burocrazia, senza dilei come faremmo a lavarci la co-scienza quando occorre…).Esistono infatti importanti ragionitecniche, come tutelare l’integrità dimigliaia di chilometri di tubazione ob-soleta in un territorio tra i più sismicie franosi del mondo, dove anche lasemplice manutenzione ordinaria puòdiventare un debito colossale.Sappiamo ad esempio che in Piemon-te la rete storica è in gran parte incemento-amianto, che non risultatossico per ingestione, ma il cui uso èoggi vietato. Per eliminarlo in alcunearee bisognerebbe forse sostituireoltre la metà della rete acquedottisti-ca: semplicemente irrealistico, so-prattutto se la cosa dovesse essere acarico di privati. I problemi sonodavvero molti e consegnando l’acquapotabile ai privati non possiamo sa-pere se, al di là delle strategie comu-nicative e di “image management”(dove sappiamo di poter contare sudei veri campioni), la situazione realemigliorerebbe.

(segue a pag.4)

EDITORIALE

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APPUNTI ALESSANDRINI Ap ● PER UN DIBATTITO POLITICO2

LL’INTERVISTAL Focus sull’economia. Come si sta muovendo l’industria locale?

L’autorevole punto di vista del Presidente della CONFAPI di Alessandria

A cura di Marco Ciani●

In concomitanza con la crisi dellaGrecia che ha rischiato di far precipi-tare nuovamente l’Europa e il mondoin uno scenario minaccioso, abbiamoposto alcune domande al Presidentedella Confederazione italiana dellapiccola e media industria privata diAlessandria, Giuseppe Garlando.Dottor Garlando, come si presentaoggi lo stato di salute dell’industriaalessandrina?L’industria alessandrina soffre glistessi problemi che coinvolgono ilsettore nell’intero Paese, anzi nell’intera Europa.Certo, ci sono comparti che soffronodi più, altri di meno, nonché qualcheazienda che gode tutt’ora di nicchiedi mercato o di eccellenze qualitativeche pongono al riparo dalle “intem-perie” più pesanti.Ma altri settori, quali ad esempiol’orafo che ha fatto in passato le for-tune del distretto valenzano, sono incrisi profonda, dalla quale non si u-scirà con semplici palliativi.Visto che a livello nazionale non esi-ste una vera e propria “politica indu-striale”, speriamo che a livello localela nuova amministrazione regionaleriesca a mettere in campo iniziativenuove e interessanti per le nostreimprese, in particolare nel settoredella ricerca, innovazione, interna-zionalizzazione.Su quali direttrici puntano le P.M.I.(piccole e medie imprese) per reagi-re al difficile frangente economico?Le piccole e medie imprese nonhanno molte alternative: come sidiceva, devono puntare sull’innova-zione e sull’internazionalizzazione.Prodotti nuovi, che sappiano incon-trare o allettare gli operatori e iconsumatori e dall’altro abbiano la

Giuseppe GarlandoPres. dell’API di Alessandria

capacità di introdursi in nuovi mer-cati internazionali, visto che il mer-cato italiano presenta ormai unadomanda troppo scarsa.A quest’ultimo proposito mi pareopportuna la proposta della nostraCamera di Commercio, che è riuscitaa scuotere la “sonnolenza” del Cen-tro piemontese per l’Estero e predi-sporre un innovativo percorso di af-fiancamento alle P.M.I. (assistenza econsulenza) che intendono avviarecollaborazioni con l’estero o conso-lidarsi sui mercati internazionali.Ma per le P.M.I. si aprono ogni gior-no trabocchetti impensabili, spessopoco avvertiti, almeno a livello diopinione pubblica.Parlo della sempre più invadentepressione della Grande Distribuzio-ne Organizzata sui prodotti delle no-stre aziende; il loro oligopolio an-drebbe contrastato solidalmente, enon soltanto a livello locale.

Alcuni settori rimproverano l’ecces-sivo “nanismo” delle aziende italia-ne. Come rispondete a tale critica?Noi siamo stati da sempre i fautoridel “piccolo è bello”, ma in un mon-do globale ci vogliono nuove idee enuove finalità.In molti casi e settori – paradigmati-co è il comparto orafo del distrettodi Valenza e soprattutto allorquan-do bisogna affrontare i mercati delmondo - sono necessarie strutturepiù razionali, economie di scala, piùelevate professionalità e spessonuovi investimenti, per vincere lasfida.Abbiamo cercato di studiare, valu-tare e realizzare, strutture aggrega-te di imprese, idonee a muoversi almeglio in una logica di mercatoglobale.Abbiamo anche ritenuto di supporta-re la realizzazione dell’aggregazionetra aziende omogenee in termini diattività e dotazione patrimoniale on-de evitare eventuali squilibri di forzenelle fasi decisionali.L’obiettivo è quello di consentire ilraggiungimento di un valore di fattu-rato aggregato e di un numero dipartecipanti all’iniziativa tale da ren-derla interessante per potenziali in-vestitori.Molto interesse da parte delle im-prese, e disponibilità della Regioneper darci una mano; vedremo, seson rose fioriranno.Il rapporto con le banche. Cosachiedete alle aziende di credito equali risposte state ricevendo?Il rapporto banca impresa già ra-dicalmente cambiato con l’entratain vigore dell’accordo di Basileadue si è ulteriormente “complica-to” a seguito della profonda crisifinanziaria intervenuta nell’autun-no del 2008.

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APPUNTI ALESSANDRINI

Quanto sopra si è tradotto in unaforte stretta creditizia: per molteimprese ottenere fidi e finanzia-menti dalle banche è diventato piùdifficile. E questo proprio nel mo-mento in cui il calo di fatturato e lemaggiori difficoltà negli incassi, do-vuta alla crisi, hanno reso più ur-gente ed essenziale disporre di ri-sorse per fronteggiare gli squilibri dicassa e dunque avere accesso alcredito.Stiamo constatando che le banchenon hanno assolutamente formaliz-zato procedure che permettano digestire situazioni di valutazioni delrischio di credito rispetto al bilanciodel 2008. Per contro la nostra Asso-ciazione sta supportando gli asso-ciati a spiegare perché la loro a-zienda è migliore del bilancio cherappresenta fornendo un serviziogratuito di analisi del loro bilancio,un check up della loro situazione fi-nanziaria, una stima del loro meritocreditizio, la valutazione dei rischifinanziari in relazione alle condizioniprospettate dalle banche.L’applicazione della fredda logicadelle cifre, dei parametri e dellastandardizzazione rischiano di far“saltare” l’impresa. Chiediamo, per-tanto, che il sistema valuti di con-cedere i crediti necessari per la ri-presa anche in deroga ai criteri dirating troppo vincolanti.

GIUSEPPE GARLANDONato ad Alessandria il 12 aprile

1954. Ha conseguito ilDiploma di maturità classica

all'Istituto Plana di Alessandria nel1972. Si è laureato in giurisprudenzacon 110 con lode il 20 luglio 1978.

Nominato amministratore unicodella Garlando SRL nel febbraio

1983, attualmente amministratoreunico della Garlando SpA nonché

presidente della Garlando GMBH diMulheim-Au-Der-Ruhr (Germania).

Presidente della ConfapiAssociazione Piccole e Medie

industrie di Alessandria.Ha due figlie: Lucia, studentessa al

secondo anno di economia aziendaleall'Università di Genova e Lucrezia,

attualmente studentessa dell'ultimo anno della scuola media.

Ap ● PER UN DIBATTITO POLITICO3

LQUI ALESSANDRIAL I risultati della ricerca

Identikit in chiaroscuro dei giovani alessandrini

Dario Fornaro

L’ACSAL – Associazione Cultura e Svi-luppo – ha messo mano, negli ultimidue anni, con il traino di Giorgio Gua-la e Beppe Rinaldi, affiancati da unabuona équipe di collaboratori, unacomplessa, ambiziosa ricerca “sulcampo”, estesa su circa 700 diplo-mandi della Secondaria superiore.La somministrazione dei questiona-ri, recanti una novantina di doman-de, è avvenuta, con la significativaadesione degli Istituti e degli stu-denti, nella primavera del 2009 el’elaborazione dei dati ha occupato imesi successivi, fino alla presenta-zione sommaria degli esiti nella se-rata del 6 maggio corrente.Impossibile fornire, in poche righe,una qualsivoglia idea dei tratti (gio-vanili) che emergono dalla ricerca eche spaziano dalla scuola frequenta-ta ai comportamenti, dai valori allapartecipazione, dal futuro profes-sionale alle fonti d’informazione,dalla politica, alla religione, ai rap-porti con il territorio etc.Diciamo solo che in termini com-plessivi di attesa del futuro, solo il18% circa degli interpellati manife-sta un radicale pessimismo mentregli altri si attestano su vari gradi diottimismo o, almeno, di non dram-matizzazione del percorso che si pa-ra davanti a loro.Molti dati sono risultati in qualchemodo “attesi” (ma egualmente rile-vanti) rispetto a quanto si dice o silegge sui “giovani d’oggi”; altri sonoapparsi tra anomali e inattesi (perdimensione) e dunque ancor più de-gni d’attenzione e interpretazione.Tra questi ultimi segnaliamo, a purotitolo d’esempio e rinviando alla ri-cerca integrale che sarà pubblicataentro l’anno, l’atteggiamento degliintervistati circa le prospettive locali

di studio e di lavoro, ritenute aquanto deficitarie.Solo il 23% dei diplomandi immagna, ritiene plausibile il proprio futro di studioin ambito alessandrino60% preferirebbecostrettorimanentitano o all’estero.Si tratta di unastarsi”, più o meno forzosamente,dai luoghi d’origine, alquanto piùelevata del previsto e comunque innetta contraddizione con la figuradel “bamboccione”da Padoa Schioppa, che predilige,per ogni evenienza, il cortile di casa.Se tanti giovani esprimono una prvisione persodefilata dalla madrepatria alessadrina, il rischio di endemico, ulterire depauperamento di energie vitali,in una zonacritica, dovrebbe destare qualchepreoccupazione.E forse qualche rettifica nei messagi di sviluppo sociole che vanno per la maggiore sulpalcoscenico politico: in gran partecentrati sul turismo artistico ed enogastronomico.Saranno pure colorati e simpatici,specie per chi li promuove, ma nonsembra trovino abilità nella platea dei giovani checominciano, almeno psicologicmente, a preparare la valigia

PER UN DIBATTITO POLITICO

isultati della ricerca ACSAL

Identikit in chiaroscuro dei giovani alessandrini

di studio e di lavoro, ritenute al-quanto deficitarie.Solo il 23% dei diplomandi immagi-na, ritiene plausibile il proprio futu-ro di studio e/o di lavoro collocatoin ambito alessandrino, mentre il60% preferirebbe – o si vedrebbecostretto – ad andarsene altrove (irimanenti “non sanno”): anche lon-tano o all’estero.Si tratta di una “propensione a spo-

, più o meno forzosamente,luoghi d’origine, alquanto più

elevata del previsto e comunque innetta contraddizione con la figura

bamboccione”, messa in augeda Padoa Schioppa, che predilige,per ogni evenienza, il cortile di casa.Se tanti giovani esprimono una pre-visione personale di futuro alquantodefilata dalla madrepatria alessan-drina, il rischio di endemico, ulterio-re depauperamento di energie vitali,in una zona già demograficamentecritica, dovrebbe destare qualchepreoccupazione.E forse qualche rettifica nei messag-

di sviluppo socio-economico loca-le che vanno per la maggiore sulpalcoscenico politico: in gran partecentrati sul turismo artistico ed eno-gastronomico.Saranno pure colorati e simpatici,specie per chi li promuove, ma nonsembra trovino ancora vasta credi-

lità nella platea dei giovani checominciano, almeno psicologica-mente, a preparare la valigia.

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APPUNTI ALESSANDRINI Ap ● PER UN DIBATTITO POLITICO4

PPOOLLIITTIICCAA EE CCOOMMPPOORRTTAAMMEENNTTOO MMOORRAALLEE(Editoriale - continua da pagina 1)

fortuna individuale; ed ormai pro-prio a questo siamo precipitati.Il fine non giustifica i mezzi; meglio,non può giustificare qualsiasi mez-zo. Eppure, anche autentiche auto-rità morali, autorità ritenute (al-meno da me e da molti altri) digrande prestigio talora sono cadutein questa contraddizione. Stiamoattenti perché si tratta di contrad-dizione dagli esiti pericolosi e, mol-to spesso ingovernabili e riguarda-no il complesso dei comportamentiumani, perché finiscono per indur-re, nella mentalità e nella cultura,convinzioni radicate Se vogliamoun esempio estremo. Un conto è ladiscrezione davanti alla deviazionemorale, un conto è il pudore cheovatta e rende prudente la denun-cia, altro è l’omertà che la banaliz-za o la copre; eppure troppe voltela cultura della discrezione e dellaprudenza è degenerata in copertu-ra ed omertà: basti il richiamo aisospetti che oggi gravano sullaChiesa per gli episodi di pedofilia.Eppure la Chiesa non ha fatto altroche interpretare una mentalità dif-fusissima, per molti anni, per laquale il fine di evitare gli scandaligiustificava il mezzo della copertu-ra e della soluzione indolore (?) difenomeni in sé aberranti. E, sia det-to tra parentesi, risulta persino in-generoso accanirsi con un solo re-sponsabile di un comportamentoche trova ben altri ed anche piùcolpevoli protagonisti.Qualcuno si chiederà se non sto e-sagerando, se non sto richiamandoargomentazioni che esulano daltema. Non credo. Accettato il prin-cipio che qualunque mezzo è validose il fine è condiviso e condivisibile,la degenerazione del comporta-mento morale diventa la conse-guenza più logica.Ed allora veniamo, esplicitamente,al comportamento morale. Non c’èbisogno, è ovvio, arrivare alla cor-ruzione ed alla concussione, perse-guite dal codice penale, per creareproblemi. Ad esempio: quante vol-te avete sentito un politico propor-re una presidenza, una candidaturain base al merito ed alle capacità?Raramente, anche nella prima Re-pubblica. Oggi, quasi mai; e se nellaprima Repubblica contava la tessera(o le tessere) possedute, oggi conta(quasi sempre) il favore personale,l’interesse individuale. Ed il compor-tamento morale diventa irrilevante.

Anche qui però mi chiedo il perché.Il comportamento morale esige ilpresupposto della responsabilità ela responsabilità riesce impossibilese non nell’autonomia ragionatadelle scelte. Ogni comportamentonon può non ispirarsi a principi divalore, ma la realizzazione dellecondizioni perché tali valori si attui-no è affidata alla responsabilità edall’autonomia dei comportamenti.Oggi tale autonomia è seriamentecompromessa. Per molti motivi. Ilpiù eclatante, almeno in Italia, èimposto dalla omologazione media-tica e dal potere del suo indiscussoed esorbitante detentore: niente èpossibile senza l’ubbidienza o ilcompromesso col capo “carismati-co” (?).. Chi sgarra paga: qualcuno loha provato, qualcuno lo sta provan-do sulla propria pelle.Un altro motivo sta nella irrilevanzadegli interessi diffusi alla politica edalla vita pubblica; l’enfatizzazionedell’utile individuale costituiscementalità di indifferenza e di bana-lizzazione della responsabilità al de-stino della cittadinanza.Ma c’è un altro più serio motivo;oggi troppe autorità morali, anchequelle da me sinceramente rispetta-te, confondono il livello dei valoriindiscutibili dalle possibilità concre-te della loro realizzazione, che deveessere lasciata alla responsabile au-tonomia della politica.Privata di questa responsabile au-tonomia, la politica diventa irrile-vante; ed i suoi protagonisti cadononella banalità della mera gestionedel potere. Nel contesto, la corru-zione sta dietro l’angolo; diventa,almeno a mio parere, una conse-guenza inevitabile.

AAccqquuaa ppuubbbblliiccaa……(continua da pagina 1)

Abbiamo però la certezza di vedereaumentare le tariffe: le associazionidi consumatori stimano aumenti diprezzo da un minimo del 16% (Adu-sbef), al 30% (Codacons), fino al40% (Movimento per la Difesa delCittadino), dati più che confermatida casi reali già privatizzati, comead esempio Arezzo o AcquaLatina.Resta poi il fatto incontrovertibileche le acque potabili, come il pae-saggio, l’ambiente, la salute, sono“diritti naturali”, beni comuni tute-lati dalla Costituzione (artt. 9 e 32)e l’interesse alla salvaguardia e allafruizione di tali beni non può essere“di pochi per pochi”.Ora però, con il decreto Ronchi, sidemanda la soluzione di uno deiproblemi cronici del paese ad unprivato disposto, in teoria, a spen-dere cifre astronomiche per am-modernare una rete colabrodo eche sarà costretto a far spenderemolto di più a noi, non solo per ri-entrare dei suoi elevatissimi costi dimanutenzione (sempre che se li ac-colli davvero il privato e non saltipoi fuori qualche intervento straor-dinario della Protezione Civile, aspese nostre…), ma soprattutto perpoter avere il suo legittimo torna-conto, oltre che addizionare le“spese fisse” imposte dalle imman-cabili authority già auspicate da Fe-derutility e Confservizi. Ma che raz-za di libero mercato è quello cheporta solo aumenti al cittadino?

Tutte le informazioni sul referendume la campagna contro la privatizza-zione sul sito:

www.acquabenecomune.org

Questa Newsletter non é una testata giornalistica, pertanto non deve essere considerato un prodotto editoriale soggetto alla disciplina della legge n. 62 del 7.3.2001Questa Newsletter non é una testata giornalistica, pertanto non deve essere considerato un prodotto editoriale soggetto alla disciplina della legge n. 62 del 7.3.2001

APPUNTI ALESSANDRINIAp ● per un dibattito politico

ANNO 4 N.5 Maggio 2010

Coordinatore: Agostino Pietrasanta

Staff: Marco Ciani ● Walter FiocchiDario Fornaro ● Roberto Massaro

Carlo Piccini

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