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Approfondimenti A. Di Maio www.lalegislazionepenale.eu 1 29.7.2016 LA CRIMINALIZZAZIONE DELLE MOLESTIE ASSILLANTI NEL NUOVO CODICE PENALE SPAGNOLO, TRA L’ESIGENZA DI TUTELA DELLA VITTIMA ED IL RISPETTO DEI PRINCIPI PENALI di Antonino Di Maio (Dottorando di ricerca in diritto penale; Università di Modena e Reggio Emilia) SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Riflessi socio-criminologici dello stalking. - 3. La criminalizzazione degli atti persecutori in Italia. - 4. La criminalizzazione delle molestie assillanti in Spagna. - 4.1. I precedenti modelli di tutela legale. - 4.1.1. Il delito de amenazas. - 4.1.2. Il delito de coacciònes. - 4.1.3. Il delito de trato degradante. - 4.1.4. Il delito de maltrato familiar habitual. - 4.1.5. Il delito de acoso sexual. - 4.2. Considerazioni conclusive sui precedenti modelli di tutela. - 5. Il nuovo delito de acoso. - 5.1. Bene giuridico. - 5.2. L’inquadramento dogmatico- esegetico del tipo. - 5.3. Il fatto tipico. - 5.3.1. Premessa. - 5.3.2. Le tipologie di condotte. - 5.3.3. L’evento. Il c.d. desarollo de vida cotidiana. - 5.3.4. Il nesso di causalità. - 5.4. L’elemento soggettivo. - 5.5. Le circostanze aggravanti. - 5.6. Il concorso di reati. - 6. Conclusioni. 1. L’analisi del nuovo delito de acoso presuppone l’impiego di un metodo comparatistico che si ispiri, in ambito penale, ad un orientamento di tipo politico- legislativo avente natura pragmatica più che teoretica 1 . In tal senso, lo studio delle esperienze legislative straniere è motivato non soltanto dall’insoddisfazione per l’attuale assetto delle disposizioni penali del nostro ordinamento interno, ma anche dalla necessità di individuare, ove possibile, soluzioni nazionali maggiormente conformi ai principi del sistema di diritto penale contemporaneo. Lo scopo della comparazione attiene al recepimento positivo di disposizioni legislative che potrebbero costituire esempio per il legislatore italiano, o al rifiuto di fattispecie penali da cui emergono profili di criticità rilevanti 2 . La tematica dello stalking, delitto di nuova creazione legislativa, rappresenta un interessante campo di indagine per la scienza penale, in quanto predispone ad un confronto tra la normativa penale italiana e quella spagnola, ed implica una valutazione su aspetti interdisciplinari di stampo criminologico, che permeano la norma incriminatrice 3 . Tuttavia, l’esame di una fattispecie criminosa ibrida, caratterizzata da una struttura logico-giuridica scarsamente rispettosa dei principi penali, comporta uno sforzo interpretativo notevole da parte del giurista, che dovrà chiarire quali siano le motivazioni giuridico-sistematiche giustificanti l’emanazione di questo illecito; senza 1 Sul rapporto tra comparazione e politica criminale, si veda H. Jescheck, Entwicklung, Aufgaben und Methoden der Strafrechtsvergleichung, Tuebingen 1955, 28 s.; J.B. Herzog, Les principes et les mèthodes du droit pènal comparè, in RIDC 1957, 352 s.; J. Pradel, Storia e tendenze attuali del diritto penale comparato, in IP 1999, 1242 s. 2 Così, H.C. Gutteridge, Comparative Law 2 , Cambridge 1949, 30 s., secondo cui «the purpose of fixing the optimum, i.e. the standard which should be aimed at in all countries as embodying the most enlightened conceptions of criminal justice and of the best means by which those conceptions can be realized». 3 In merito al confronto tra gli ordinamenti penali europei, cfr., M. Ancel, Utilitè et methodes du droit comparè, Neuchatel 1971, 31 s.

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LA CRIMINALIZZAZIONE DELLE MOLESTIE ASSILLANTI NEL NUOVO CODICE

PENALE SPAGNOLO, TRA L’ESIGENZA DI TUTELA DELLA VITTIMA ED IL RISPETTO DEI PRINCIPI PENALI

di Antonino Di Maio

(Dottorando di ricerca in diritto penale; Università di Modena e Reggio Emilia)

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Riflessi socio-criminologici dello stalking. - 3. La criminalizzazione

degli atti persecutori in Italia. - 4. La criminalizzazione delle molestie assillanti in Spagna. - 4.1. I precedenti modelli di tutela legale. - 4.1.1. Il delito de amenazas. - 4.1.2. Il delito de coacciònes. - 4.1.3. Il delito de trato degradante. - 4.1.4. Il delito de maltrato familiar habitual. - 4.1.5. Il delito de acoso sexual. - 4.2. Considerazioni conclusive sui precedenti modelli di tutela. - 5. Il nuovo delito de acoso. - 5.1. Bene giuridico. - 5.2. L’inquadramento dogmatico-esegetico del tipo. - 5.3. Il fatto tipico. - 5.3.1. Premessa. - 5.3.2. Le tipologie di condotte. - 5.3.3. L’evento. Il c.d. desarollo de vida cotidiana. - 5.3.4. Il nesso di causalità. - 5.4. L’elemento soggettivo. - 5.5. Le circostanze aggravanti. - 5.6. Il concorso di reati. - 6. Conclusioni.

1. L’analisi del nuovo delito de acoso presuppone l’impiego di un metodo comparatistico che si ispiri, in ambito penale, ad un orientamento di tipo politico-legislativo avente natura pragmatica più che teoretica1. In tal senso, lo studio delle esperienze legislative straniere è motivato non soltanto dall’insoddisfazione per l’attuale assetto delle disposizioni penali del nostro ordinamento interno, ma anche dalla necessità di individuare, ove possibile, soluzioni nazionali maggiormente conformi ai principi del sistema di diritto penale contemporaneo.

Lo scopo della comparazione attiene al recepimento positivo di disposizioni legislative che potrebbero costituire esempio per il legislatore italiano, o al rifiuto di fattispecie penali da cui emergono profili di criticità rilevanti 2 . La tematica dello stalking, delitto di nuova creazione legislativa, rappresenta un interessante campo di indagine per la scienza penale, in quanto predispone ad un confronto tra la normativa penale italiana e quella spagnola, ed implica una valutazione su aspetti interdisciplinari di stampo criminologico, che permeano la norma incriminatrice3.

Tuttavia, l’esame di una fattispecie criminosa ibrida, caratterizzata da una struttura logico-giuridica scarsamente rispettosa dei principi penali, comporta uno sforzo interpretativo notevole da parte del giurista, che dovrà chiarire quali siano le motivazioni giuridico-sistematiche giustificanti l’emanazione di questo illecito; senza

1 Sul rapporto tra comparazione e politica criminale, si veda H. Jescheck, Entwicklung, Aufgaben und Methoden der

Strafrechtsvergleichung, Tuebingen 1955, 28 s.; J.B. Herzog, Les principes et les mèthodes du droit pènal comparè, in

RIDC 1957, 352 s.; J. Pradel, Storia e tendenze attuali del diritto penale comparato, in IP 1999, 1242 s. 2

Così, H.C. Gutteridge, Comparative Law2, Cambridge 1949, 30 s., secondo cui «the purpose of fixing the optimum, i.e.

the standard which should be aimed at in all countries as embodying the most enlightened conceptions of criminal justice

and of the best means by which those conceptions can be realized». 3 In merito al confronto tra gli ordinamenti penali europei, cfr., M. Ancel, Utilitè et methodes du droit comparè, Neuchatel

1971, 31 s.

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limitarsi soltanto alla mera descrizione degli elementi costituenti il reato di atti persecutori.

Una corretta risposta alle suddette questioni giuridiche non è agevole, e presuppone il ricorso alla politica criminale, cioè quella scienza che allude all’insieme di strumenti legislativi, amministrativi, giudiziari, o metodiche di trattamento penitenziario, idonee al raggiungimento di determinate finalità nel campo della difesa della società contro varie forme di delinquenza4.

In questo senso, uno studio di diritto penale comparato, nella prospettiva di una ricerca di politica criminale, ha natura funzionale in quanto consente di individuare una tipologia costante di reati che coinvolga i vari Stati, e di distinguere, attraverso un raffronto logico-strutturale dei medesimi, gli elementi comuni rispetto a quelli peculiari di ciascuna metodica legislativa impiegata dai diversi ordinamenti giuridici5.

2. Il fenomeno criminoso dello stalking si articola in una serie di comportamenti

intrusivi e persistenti nel tempo, realizzati mediante pedinamenti, telefonate, invio di regali, molestie nei luoghi di lavoro, intrusioni nella vita sentimentale (es., corteggiamenti insistenti), fino ad atti che, di per sé, integrano già reato, cioè i danneggiamenti di beni, le minacce o le lesioni personali6.

La difficoltà di individuare una definizione tassativa di questa fattispecie penale deriva non soltanto dalla complessità della struttura del reato ma anche da problematiche di tipo multidisciplinare, che costringono il giurista ad un confronto non sempre lineare con altre discipline ausiliarie, come la sociologia, la criminologia, la medicina legale7.

4 Sulla difficoltà di definire tale concetto, si veda C. Roxin, Politica criminale e sistema del diritto penale, Napoli 1998,

38 s. Così, anche, H. Zipf, Politica criminale, Milano 1989, 14 s., secondo cui la politica criminale concerne «la

produzione e la realizzazione dei principi dell’ordinamento nel campo della giustizia penale». Si veda altresì F. von Listz,

Strafrechtliche Aufsatze und Vortrage, I, und II Bd., Berlin 1905, 292 s.; E. Mezger, Kriminalpolitik auf kriminologischer

Grundlage, 2 Aufl., Berlin 1942, 234 s.; J. M. Luzon Cuesta, Compendio de derecho penal. Parte general11, Madrid 2000,

98 ss. 5 P. Nuvolone, Il diritto penale comparato quale mezzo di ricerca nell’ambito della politica criminale, in IP 1980, 10 s.,

secondo cui «il diritto penale comparato diventa non più unicamente l’oggetto di una scienza autonoma, ma anche il

mezzo per trovare soluzioni comuni a problemi comuni, nello spirito di una collaborazione teorica e pratica sul piano

internazionale, ai fini di una migliore organizzazione della difesa della società contro il delitto; e diventa il fondamento

di una scienza penale a carattere universale». 6

P. Martucci - R. Corsa, Le condotte di stalking. Aspetti vittimologici e analisi di due casi emblematici, in RICrim 2009,

132 s. 7 Per una definizione di tipo medico-legale, si veda P. Curci, G.M Galeazzi e C. Secchi, La sindrome delle molestie

assillanti (Stalking), Torino 2003, 35 s., secondo cui gli atti persecutori costituiscono «un insieme di comportamenti

ripetuti ed intrusivi di sorveglianza e controllo, di ricerca di contatto e di comunicazione posti in essere da un soggetto

(c.d. stalker) nei confronti di una vittima, che risulta infastidita e/o allarmata da tali attenzioni e comportamenti».

Cosi anche A. Cadoppi, Atti persecutori: una normativa necessaria, in GD 2009 (19), 49 s., che afferma: «il fenomeno

dello stalking è innegabile e ha indiscussa rilevanza criminologica. L’espressione deriva dal verbo inglese to stalk; è tratta

dal lessico venatorio e vuol dire fare la posta, seguire ossessivamente una preda». Di recente, A. Nisco, La tutela penale

dell’integrità psichica, Torino 2012, 169 s.; V.B. Muscatiello, Il cosidetto stalking, in Scritti in memoria di G. Marini, a

cura di F. Dassano E S. Vinciguerra, Napoli 2010, 569 ss.; L. D’Auria, Il reato di stalking alla luce della novella

legislativa: norma penale o protocollo psichiatrico?, in FA 2009, 368 s. In chiave comparata, M. Pathè - P.E. Mullen, The

impact of stalkers on their victims, in Br. J. Psychiatry 1997 (170), 12 s., secondo cui lo stalking è «a costellation of

behaviours in which one individual inflicts on another repeated unwanted intrusions and communications».

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Queste condotte incidono negativamente sulla qualità della vita altrui ed incutono nella vittima una grave condizione di stress psicologico, che degenera spesso in gravi forme di ansia, terrore nello svolgimento delle normali attività quotidiane, mutamento radicale delle proprie abitudini di vita8.

Infatti, secondo tale posizione, il molestatore assillante soffrirebbe di una sindrome, ovvero di un «quadro sintomatico che rimanda alla patologia della comunicazione e della relazione, quadro che, dunque, mette al centro dell’attenzione la relazione molestatore-vittima»9.

Una diversa tesi10 identifica tale delitto come reato di interferenza vitale, in quanto la persona offesa viene associata a mera «preda» da parte del reo, che ne viola la libertà di autodeterminazione e provoca un grave deterioramento della capacità di creare rapporti con soggetti terzi; mentre in altre ipotesi le condotte criminose producono rilevanti danni alla sfera dell’incolumità individuale sino a cagionare lesioni personali ed omicidi11.

Con riferimento alla varietà dei comportamenti persecutori realizzati dall’autore del fatto, tale problematica rappresenta, senza dubbio, un primo elemento di criticità, che comporta una seria difficoltà di tipizzazione della norma incriminatrice. Infatti, tali azioni delittuose costituiscono espressione, in alcune ipotesi, di una patologia delle dinamiche relazionali e, talvolta, presuppongono un originario equivoco sul reale significato e sui limiti della relazione da parte dello stalker.

In tal senso, il soggetto attivo, che comprime in modo significativo e persistente la privacy della vittima, non è sempre consapevole dell’evento lesivo cagionato, ed autorevoli studi socio-criminologici12 hanno individuato quattro fasi entro cui si evolve la campagna persecutoria.

Una prima fase consiste in un rapporto conflittuale, che deriva dalla cessazione di un legame precedente o da una ostinata ricerca di contatto non desiderato nei confronti della vittima, rispetto al quale origina l’attività criminosa.

La seconda fase si articola nel passaggio dalle mere intenzioni a vere e proprie azioni del molestatore assillante che, dinanzi al rifiuto dei suoi tentativi di instaurare un rapporto e all’impossibilità di vincere la resistenza altrui, realizza una vasta gamma

8 Cfr., T. Bari 19.5.2011, in Diritto penale. Parte speciale,2 Torino 2014, 245 s., secondo cui integra il reato anche «la

condotta che, pur rimanendo sempre educata, si risolva in reiterati ed assillanti appostamenti e pedinamenti, tali da

costringere la vittima a modificare forzatamente le proprie abitudini di vita». 9 Si veda, G. Benedetto - M. Zampi - M. Ricci Messori - M. Cingolani, Stalking: aspetti giuridici e medico-legali, in

RIMedLeg 2008 (1), 128 s. 10 Cfr. I.A. Santangelo, Lo “stalking” reato di interferenza vitale, in RP 2010, 342 s., secondo cui «lo stalking si presenta

come un reato di interferenza vitale su una vittima personalizzata da varie precondizioni psicologiche insistenti nel

soggetto attivo di cui elevano la capacità a delinquere». Sui rischi derivanti dalle pratiche persecutorie, si legga M.

Nicastro - A. Cousins - B.H. Spitzeberg, The tactical face of stalking, in CJ 2000, 69 ss.

Sulla scelta lessicale che individua la vittima quale “preda”, si rinvia a F. Macrì, Modifiche alla disciplina delle

circostanze aggravanti dell’omicidio e del nuovo delitto di “Atti persecutori”, in DPP 2009, 819 s., secondo cui tale

soluzione esprime «sia la connotazione dei comportamenti del molestatore assillante, sia le reazioni fisiche e psichiche

che normalmente si registrano nelle sue vittime, le quali sovente ricalcano quelle tipiche degli animali che sono preda di

ostinati cacciatori». 11 B. Rosenfeld, Violence risk factors in stalking and obsessional harassment. A review and preliminary meta- analysis,

in CJ 2004, 9 ss., il quale ribadisce che «la paura della violenza è tra le preoccupazioni più comuni e debilitanti affrontate

dalle vittime di stalking». 12 H. Ege, Oltre il mobbing. Straining, stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, Milano 2005, 125 s.

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di atti reiterati di sorveglianza, pedinamento, corteggiamenti insistenti, comunicazioni indesiderate, sino a episodi di minacce, di danneggiamento di beni e di aggressioni della sfera psico-fisica dell’individuo.

Il discrimen tra comportamenti antigiuridici minacciosi o violenti implica la differenziazione tra due modelli di stalking: mite, ovvero costruttivo, e duro, cioè distruttivo13. Nel primo caso, l’atteggiamento del soggetto agente tenta di stabilire un rapporto con la sua «preda», mediante atti che, isolatamente considerati, non sempre sono considerati illeciti (la telefonata, l’invio di doni, le lettere), ma la cui persistenza configura il reato de quo. Invece, la seconda ipotesi fa riferimento ad episodi di veri e propri crimini, quali minacce gravi ed aggressioni psico-fisiche che comprimono in maniera più persistente e significativa la sfera privata dell’individuo; nonché la sua libertà di autodeterminazione rispetto all’ambiente sociale e circostante.

Questa differenziazione teorica della tipologia di autore mediata dalla condotta presenta un dato comune che è rappresentato dalla produzione di una «sindrome da trauma da stalking»14 nei confronti della persona offesa, con conseguente sviluppo di un quadro sintomatologico caratterizzato da forme di disagio psicosomatico, restrizione dell’attività sociale, depressione, consumo di alcool e droga, sino a tentativi di suicidio.

Occorre rilevare che più la persecuzione avrà breve durata, maggiori e più veloci saranno le possibilità di recupero dei soggetti passivi, nel senso che se «lo stalking prosegue e aumenta di intensità, anche i sintomi tenderanno a cronicizzarsi e a portare a vere e proprie patologie»15.

Tuttavia, secondo studi recenti 16 , il dato della persistenza del fenomeno criminoso non è, in sé, indice di un maggiore rischio di violenza, in quanto i c.d. predatory stalkers manifestano una minore reiterazione dei comportamenti delittuosi rispetto ai c.d. corteggiatori incompetenti o rifiutati che, paradossalmente, pongono in essere una serie di comportamenti ossessivi, considerati dal medesimo leciti e finalizzati ad instaurare una relazione o ad evitare la fine di un rapporto affettivo non più desiderato dal coniuge o ex partner.

L’epilogo può avere un esito tragico, che si esplica nel ferimento o nella morte della vittima, oppure, in buona parte dei casi, nell’apertura di un procedimento penale nei confronti del soggetto agente, in virtù della presentazione di una denuncia-querela all’autorità giudiziaria. Tale conclusione giustifica l’attenzione del legislatore, italiano e straniero, nei confronti di un fenomeno criminoso da cui occorre proteggere la collettività, rispetto ad atti persistenti che non configurano ancora i più gravi delitti contro la persona, ma sono comunque idonei a produrre un’alterazione significativa della sfera psico-fisica dell’individuo.

13 R. Lübmann, Stalking. Ein Überblick über den aktuellen Forschungsstand, in MschrKrim 2002 (85), 25 ss.; F. Meyer,

Strafbarkeit und Strafwürdigkeit von Stalking im deutschen Recht, in ZStW 2003, 245 s. 14 Si veda, M. Pathè - P. E. Mullen, The impact of stalkers on their Victims, cit., 12 ss. 15 Così, H. Ege, Oltre il mobbing, cit., 127 s. 16 T.E Mc Ewan, P.E. Mullen, R. Mackenzie, A study of the predictors of persistence in Stalking Situations, in Law Hum.

Behav. 2009 (33), 149 ss. Sui predatory stalkers, si veda K.A Morrison, A case of stalking in the workplace and

subsequent sexual homicide, in JFS 2007 52, (3), 726 ss.

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3. Le prime disposizioni finalizzate alla repressione delle molestie assillanti furono elaborate negli Stati uniti, con l’adozione della normativa penale dello Stato della California (1990), in seguito all’aumento di vari episodi di molestie e minacce subite da persone comuni e personaggi celebri dello spettacolo che, in alcuni casi, causarono l’uccisione delle vittime17.

In Italia, il Parlamento, dopo un lungo dibattito18 e sulla base delle precedenti esperienze legislative degli altri Stati europei, ha approvato la l. 23.4.2009 n. 38, che disciplina le «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori». La nascita di questo primo importante provvedimento legislativo è giustificata dall’adozione di «una strategia integrata di intervento, che cioè per un verso inserisce nel tessuto del codice penale il nuovo reato di atti persecutori ex art. 612 bis Cp e, per altro verso, prevede un insieme di altre misure riguardanti la regolamentazione processuale dei provvedimenti cautelari, la normativa civilistica in materia di allontanamento della casa familiare e i poteri di polizia» (19).

Il delitto di stalking, già disciplinato nel Libro II, Titolo XII, del nostro codice penale, è stato poi novellato mediante l’approvazione del d.l. 14.8.2013 n. 93 conv. in l. 15.10.2013 n. 119, che riguarda le «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province»20.

La riforma legislativa non menzionava la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, approvata ad Istanbul in data 11.5.2011, e ratificata nel nostro ordinamento con l. 27.6.2013 n. 77, ma presentava diversi articoli ispirati a tale fonte di diritto internazionale.

17 Cfr., il primo leading case in materia, McQuirter vs State, Alabama Court of Appeals, 1953, 36, Ala. App. 707, 63, So.

2d 388, in Criminal law and its processes. Cases and materials, a cura di S.H. Kadish, S.J. Schulhofer e C.S. Steiker, New

York 2007, 558 s. Si veda, J.M. Hofmann - L.P. Sheridan, The stalking of the public figures: management and

intervention, in JFS 2005, 1459 s.; J.M. Hofmann, Stalking-Forschung und Krisenmanagement, in Kriminalistik 2001

(1), 34 s. 18 Cfr. la p.d.l. “Cossa” dell’8.4.2004, atto Camera n. 4891, (XIV legislatura): «1. Commette il delitto di molestia

insistente chiunque pone in essere un intenzionale, malevolo e persistente comportamento finalizzato a seguire o a

molestare un’altra persona con attività che allarmano o suscitano una ragionevole paura o disagio emotivo, che ledono la

altrui libertà morale o personale o la salute psico-fisica. 2. Il delitto di cui al comma 1 è perseguibile a querela della

persona offesa ed è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 10.000 euro. 3. Se il reato è reiterato o

è commesso dopo specifica diffida formale da parte dell’autorità di pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 3, si procede

d’ufficio e, in caso di condanna, la pena di cui al comma 2 è aumentata sino ad un terzo». 19 G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale. Parte speciale4, Bologna 2013, 225 s. 20 Cfr. il riformato art. 612 bis Cp: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a

5 anni chiunque, con condotte reiterate minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di

ansia e di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona

al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata

da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La

pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una

persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto

è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di 6 mesi. La remissione della querela

può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce

reiterate nei modi di cui art. 612, secondo comma, c.p. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti

di un minore o di una persona con disabilità di cui all’art. 3, l. 5 febbraio 1992 n. 104, nonché quando il fatto è connesso

con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio».

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La rubrica del nuovo testo di legge fa riferimento al contrasto della violenza di genere, anche se questa locuzione è generica e concerne la questione socio- giuridica del c.d. femminicidio, termine con cui è designato il complesso di aggressioni ai danni delle donne, che talvolta degenerano in omicidi. Infatti, la finalità della nuova normativa è quella di predisporre un complesso di misure repressive nei confronti delle molestie assillanti, che nella quasi totalità dei casi colpiscono vittime di sesso femminile, anche se quest’ultimo dato non è del tutto omogeneo21.

Tuttavia, il crescente ricorso a norme-manifesto e a sistemi sanzionatori sempre più severi e simbolici, che tranquillizzano l’opinione pubblica ma non sono in grado di diminuire gli episodi di violenza, hanno giustificato le critiche di una parte della dottrina, secondo cui lo scopo di questo tipo di normative penali, ispirate ad una concezione law and order, non consiste tanto «nella loro capacità di risolvere il problema, quanto piuttosto nella loro idoneità a esprimere un pubblico rifiuto e una dura stigmatizzazione di fatti che ripugnano all’umana coscienza»22.

I numerosi episodi di ripetute molestie ossessive ai danni delle vittime, la crescente attenzione dei mass-media per le conseguenti vicende giudiziarie, la scarsa capacità delle vecchie disposizioni del codice penale di reprimere tali condotte delittuose 23, hanno indotto i sistemi legislativi europei ad elaborare una normativa penale di tipo emergenziale 24, ma il rischio di questo approccio è quello di sacrificare l’operatività dei principi del nostro ordinamento giuridico e di creare il fenomeno della predisposizione di modelli legislativi sulla base di spinte emotive del popolo che solo in questa maniera riconosce validità alle leggi statali.

Tali finalità, derivanti dall’esigenza dello Stato italiano di tutelare la persona offesa dal reato e di reprimere i comportamenti persecutori, valgono anche per il nuovo delitto di acoso emanato dal Parlamento spagnolo, fatte salve alcune preliminari precisazioni.

Questo illecito penale non è stato elaborato nell’ambito di una isolata novità legislativa, come nell’ipotesi dell’esperienza italiana, ma fa riferimento ad un provvedimento legislativo emanato nel quadro di una riforma piu ampia del Codigo penal, il cui contenuto sembra aderire, secondo un seguito orientamento dottrinale,

21 Si veda F. Bartolini, Il reato di atti persecutori, in RP 2014 (1), 2 s. Per una panoramica statistica delle vittime del

reato, N. Chinnici - G. Travaini, Cronaca di una morte annunciata? Dallo stalking al femicidio, in Stalking e rischio di

violenza. Uno strumento per la valutazione e gestione del rischio, a cura di L. De Fazio e C. Sgarbi, Milano 2012, 62 s.;

A. Micoli, Il fenomeno dello stalking. Aspetti giuridici e psicologici, Milano 2012, 90 ss. Sulla tendenza ad ergere la

donna quale bersaglio statisticamente prevalente, si legga C. Colombo, Lo stalking. La donna come vittima privilegiata e

le tipologie di nuova emersione, in RP 2010, 571 s. 22 M. Graziosi, Femminicidio: i rischi delle leggi- manifesto, in Studi sulla questione criminale. Nuova serie di “Delitti e

delle pene” 2013 (2), 9 s. 23 Sul ruolo dei mass-media nelle vicende giudiziarie, si veda G. Giostra, Processo penale e mass media, in Criminalia,

2007, 57 ss; M. Nobili, L’immoralità necessaria. Citazioni e percorsi nei mondi della giustizia, Bologna 2009, 7 s. 24 Si veda E. Marzaduri, Il ricorso alla decretazione d’urgenza condizionato dal diffuso allarme sociale, in GD 2009,

(10), 39 ss. Cfr., anche, M. Donini, Sicurezza e diritto penale, in CP 2008, 3558 s., secondo cui il rischio di tale

impostazione teorica è quello di trasformare il diritto penale in mero strumento repressivo, finalizzato a «tranquillizzare

la paura prima ancora che per neutralizzare sicuramente rischi, pericoli, eventi lesivi». In una prospettiva predittiva del

periodo di crisi del diritto penale, si veda G. Marinucci, Il sistema sanzionatorio tra collasso e prospettive di riforma, in

RIDDP 2000, 160 ss.

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ad un sistema politico-criminale ideologico, fondato su un diritto penale punitivo ed autoritario, poco incline al rispetto dei limiti sanciti dalla Carta costituzionale25.

Il timore per la mancata osservanza dei principi costituzionali in materia penale, derivante da una precisa linea di intervento politico-legislativa, è desumibile dal confronto tra l’attuale corpus codicistico e la versione precedente del «Codice penale della democrazia»26, che, sebbene non esente da critiche, relative al tendenziale ricorso alle norme penali in bianco ed al frequente impiego di concetti vaghi o clausole generali, era imperniato sulla generale osservanza del dogma di un diritto penale del fatto e della colpevolezza27.

In tal senso, un esempio emblematico di questa involuzione legislativa è rappresentato dall’analisi della struttura della fattispecie penale di acoso, che, pur differenziandosi per taluni aspetti contenutistici rispetto alla disciplina penale italiana, presenta, in maniera ancora più evidente, le medesime criticità di fondo, rappresentate, in primis, dalla carenza di tassatività della struttura della norma penale.

4. Prima di esaminare la disposizione penale di molestie assillanti, introdotta

nel 2015 all’art. 172 ter nel Cpe28, occorre chiedersi come mai il Parlamento iberico abbia tardato così a lungo nell’introdurre questo nuovo tipo di reato.

4.1. Una prima motivazione può desumersi, forse, da una sufficiente attitudine

da parte delle antecedenti norme penali nel garantire un trattamento sanzionatorio che sia idoneo a contrastare gli episodi di atti persecutori.

Come spesso avviene nei paesi europei privi di una specifica normativa, anche in Spagna, la difficoltà di individuare i confini giuridici di un fenomeno criminoso dai contorni così ampi ed indefiniti aveva indotto una parte della giurisprudenza a

25 Segnala tale rischio T.S. Vives Antòn, La reforma penal de 2015: una valoraciòn genèrica, in Comentarios a la

Reforma del Còdigo penal de 2015, coordinato da G. Quintero Olivares, Valencia 2015, 34 s.: «Sin embargo, el nuevo

Código Penal es, por todo lo dicho, hijo de una mentalidad autoritaria, que no se detiene, ni siquiera, ante los límites

constitucionales. A golpes de oportunidad política nuestros gobernantes han ido incrementando la escalada de represión

penal y sólo excepcionalmente acuerdan alguna despenalización; pero, hay que mirar detenidamente esas excepciones,

porque pudieran encerrar alguna trampa». 26 Tale espressione, che designa l’approvazione del primo Codice penale spagnolo, dopo quasi vent’anni dall’emanazione

della Costituzione del 1978, si deve a F. Muñoz Conde, Il moderno diritto penale nel nuovo codice penale spagnolo:

principi e tendenze, in IP 1996, 651 s.

Similmente, J. M. Peris Riera, Il lungo cammino verso un codice penale della democrazia in Spagna, in RIDPP 1996, 3

s.; G. Quintero Olivares, Il codice penale spagnolo del 24 novembre 1995 in Il codice penale spagnolo, a cura di S.

Vinciguerra, Padova 1997, 3 s., che sottolinea l’importanza dell’approvazione di tale codice, in quanto «la società civile,

in appena venti anni, passa da un sistema autocratico, confessionale, volontariamente posto ai margini delle democrazie

occidentali, molto conservatore per quanto riguarda la morale ed il sesso, tollerante, invece, con la ingordigia commerciale

o immobiliare, maschilista fino all’eccesso, irrispettoso della intimità ma accanito tutore della dignità formale e sociale

di pochi, ad un altro sistema che ha davvero cercato di porsi in una posizione diametralmente opposta a tutto ciò» . 27 Così, M. Barbero Santos, La reforma penal espanola en la transiciòn a la democrazia, in Rev. Dr. pèn. et crim. 1978,

57 ss. Per un inquadramento storico-giuridico delle riforme penali in Spagna, si veda, sempre, M. Barbero Santos, La

riforma penale della Monarchia costituzionale spagnola, in RIDPP 1984, 1215 e ss.

Sul punto, cfr. L. Foffani - P. De Moner, La legislazione speciale in Spagna (Codice penale e principio di “universalita”),

in La riforma della legislazione complementare, a cura di M. Donini, Padova 2000, 189 s.; F. Muñoz Conde, Luci ed

ombre del modello spagnolo, in Modelli ed esperienze di riforma del diritto penale complementare, a cura di M. Donini,

Milano 2003, 101 s.; J. Terradillos Basoco, Per un modello pancodicistico: l’esperienza spagnola, in Modelli ed

esperienze di riforma del diritto penale complementare, a cura di M. Donini, Milano 2003, 133 s. 28 D’ora in poi Cpe.

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ravvisarne la coincidenza rispetto ad una serie di differenti illeciti penali già presenti all’interno del codice penale.

In tal modo, nel caso in cui il soggetto attivo proferiva espressioni verbali sprezzanti, acquisiva rilievo la protezione dell’onore della persona offesa, mentre se le modalità della condotta si esplicavano nella distruzione strumentale di beni di proprietà della vittima, occorreva tutelarne il patrimonio29.

Questa concezione non può, però, essere accolta in quanto comporta una implicita negazione dell’esistenza del bene giuridico della libertà morale, e determina, di fatto, la declinazione del comportamento persecutorio entro disposizioni penali che presiedono alla tutela di questioni giuridiche diverse.

Inoltre, una posizione dottrinale 30 ha reputato poco convincente tale tesi, poiché l’evoluzione dogmatico-giuridica e la recente prassi giurisprudenziale hanno dimostrato, in alcuni casi, l’inidoneità di alcuni di questi illeciti penali a fornire adeguata protezione alla collettività, benché presentino una certa affinità quanto al bene giuridico protetto; mentre, in altre ipotesi, il rischio è quello di sovrapporre tale esigenza di tutela con altre norme incriminatrici che incidono su questioni penali di diverso tipo.

Così, l’assenza di un dibattito riguardo la necessità o meno di introdurre il delitto di stalking in Spagna, è stata indotta, probabilmente, da una scarsa penetrazione delle posizioni politico-criminali sviluppatesi negli Stati uniti e in Europa continentale, anche se un orientamento minoritario 31 aveva auspicato, in passato, l’opportunità di includere una fattispecie delittuosa ad hoc, che incrementasse le prospettive di tutela dei casi di violenza domestica e di genere derivanti da pratiche assillanti.

L’elevato rischio di confusione, legato alla natura ibrida del fenomeno criminoso delle molestie assillanti è stato dimostrato dall’inesistenza di precisi studi statistici in materia, che consentano di fornire un quadro globale dell’effettiva influenza del suddetto fenomeno criminoso nell’esperienza giuridica spagnola.

Infatti, le indagini condotte dal Ministero de la Mujer32, prima dipendente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e dopo dal Ministero dell’Uguaglianza, hanno rilevato la sussistenza di situazioni giuridiche spesso contigue e sovrapponibili rispetto alle molestie assillanti tout court, che riguardavano il c.d. mobbing, il bullying, la violenza di genere.

L’inchiesta è stata realizzata tra il 1999 ed il 2006 su un campione totale di 18.844.946 donne maggiorenni, sposate o conviventi, risiedenti in Spagna, ed i risultati

29 Così, in giurisprudenza, si veda SAP Leòn 17.3.2004 n. 28, in www.poderjudicial.es, 1 ss. 30 C. Villacampa Estiarte Stalking y derecho penal. Relevancia juridico-penal de una nueva forma de acoso, Madrid 2009,

206 s. 31 V. Garrido Genovès, Amores que matan. Acoso y violencia contra le mujeres, Barcelona 2001, 271 s. Riguardo alla

relazione tra il delitto di stalking e la violenza domestica e di genere, si veda O. Kamir, Every breath you take. Stalking

narratives and the law, The University of Michigan Press 2004, 207 s. 32 Cfr. Observatorio estatal de violencia sobre la mujer, in Informe anual del observatorio estatal de violencia sobre la

mujer, Madrid 2008, 38 ss; Sulla sovrapponibilità del mobbing e del bullying, si veda, rispettivamente, I. Pinuel y Zabala,

Mobbing o acoso psicologico en el trabajo, in El mobbing desde la perspectiva social, penal y administrativa, Estudios

de Derecho Judicial, diretto da S. Mir Puig, Madrid 2007, 17 ss.; A. Onate Cantero, Acoso y violencia escolar. Precision

terminologica e implicaciones juridica, in El mobbing desde la perspectiva social, penal, y administrativa, Estudios de

Derecho Judicial, diretto da S. Mir Puig, Madrid 2007, 89 ss.

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hanno dimostrato che un 6,3% delle intervistate erano state maltrattate dal proprio partner od ex in qualche momento della loro vita, mentre il 2,1% aveva subito abusi familiari nell’ultimo anno.

Tali studi statistici non contenevano, però, alcun riferimento esplicito al fenomeno criminoso dello stalking, e risultavano circoscritti ad episodi di violenza prodotti tra i membri di una coppia o tra ex conviventi, in cui l’aggressore era identificato nell’uomo e la vittima del reato nella donna.

Ne deriva che i parametri di indagine di tale ricerca erano caratterizzati da assoluta parzialità, in quanto esaminavano soltanto i casi di violenze di genere sorte nei rapporti familiari ed in contesti sentimentali, e non avevano posto l’attenzione su altri tipi di violenze psicologiche patite dal soggetto privo di un legame familiare; o quantomeno non sempre vincolato a questa variabile.

Un corretto metodo di indagine sulla natura del delitto di acoso implica una preliminare analisi di quelle norme penali che, prima della novella legislativa del 2015, tutelavano i beni giuridici violati dai comportamenti assillanti del soggetto agente, come la libertà di autodeterminazione nei rapporti interpersonali e nella sfera privata dell’individuo.

Ciò premesso, le ragioni giustificative che hanno indotto il legislatore spagnolo ad emanare una normativa ad hoc possono ricavarsi dall’impossibilità di sussumere un fenomeno criminoso come lo stalking, connotato dalla reiterazione persistente ed insidiosa di atti non desiderati dalla vittima, in categorie delittuose utilizzate per delineare il rilievo penale di comportamenti spesso occasionali ed isolati, e quindi non in grado di delineare tutte le peculiarità strutturali di questo nuovo modello di illecito penale.

4.1.1. Il delitto di minaccia è disciplinato da una serie di disposizioni penali (artt.

169 e 171 Cpe) contenute nel Titolo VI, Libro II, Cpe, dedicato ai delitti contro la libertà dell’individuo. Il legislatore spagnolo ha previsto la punibilità di una serie di condotte che sono caratterizzate, secondo quanto affermato da un’autorevole dottrina33, da una certa ridondanza espressiva, ovvero dalla capacità di definire i concetti mediante un lessico articolato e dotto.

I comportamenti minacciosi acquisiscono rilievo penale qualora ledano il processo di formazione di volontà della vittima, cioè la capacità delle persone di prendere decisioni in assenza di pressioni o di condizionamenti esterni di natura illecita, e si esplichino nell’annuncio di un male, che può essere costitutivo o meno di un delitto.

Un seguito orientamento giurisprudenziale 34 ha precisato che tale illecito penale ricorre qualora la condotta dell’autore del fatto sia costituita da espressioni od atti idonei a comprimere, in modo grave o lieve, la tranquillità individuale del soggetto passivo, mediante la prospettazione di un male ingiusto.

La realizzazione di tale proposito da parte del reo deve essere non soltanto seria e credibile, ma anche connessa a circostanze, di tipo soggettive od oggettive, che

33 F. Palazzo - M. Papa, Lezioni di diritto comparato3, Torino 2013, 178 s. 34 Si veda, STS, 12.3.2009, n. 56257, in Estudios de Derecho Judicial, 159 ss.

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valorizzino l’esigenza di protezione della collettività nei confronti di tale fattispecie penale, sulla base di un fondato giudizio della sua antigiuridicità e della sua qualificazione illecita.

Così, l’ingiustizia del male opera sia nelle ipotesi in cui la previsione della minaccia costituisca il presupposto per la realizzazione di determinati delitti (artt. 169, 170 Cpe), sia nel caso in cui il dato testuale non faccia riferimento a tale aspetto costitutivo (art. 171 Cpe).

Un primo confronto di tali norme incriminatrici con il fenomeno criminoso dello stalking risulta problematico, poiché in molte occasioni il persecutore non intende terrorizzare le sue vittime, ma vuole stabilire o ripristinare un rapporto interpersonale senza il consenso altrui, con conseguente produzione di un effetto lesivo, quale il grave stravolgimento della vita quotidiana.

Invece, le diverse forme di minaccia contemplate nel codice penale spagnolo delineano un reato di pericolo e di mera condotta35, in cui l’annuncio del male è espresso in maniera diretta ed idonea a causare timore o intimidazione nel destinatario; e ai fini della loro consumazione non rileva che si determini un effettivo turbamento dell’altrui sfera psichica.

Con riferimento ai destinatari dell’offesa, essi non sempre coincidono con il privato minacciato od i suoi familiari ed intimi, poiché le prassi assillanti, a differenza delle minacce, possono estendersi anche alle semplici conoscenze o ai colleghi di lavoro, in modo da comprimere, sia pure indirettamente, la sfera delle relazioni interpersonali del soggetto passivo36.

L’attuazione dello schema legale degli atti persecutori rispetto a questo illecito penale risulta ipotizzabile nei casi in cui le condotte minacciose siano proferite espressamente dall’imputato. Tale posizione è stata confermata da una pronuncia dell’Audencia provincial de Guipùzcoa n. 34/200637, secondo cui:

«Risulta provato e così si dichiara che l’imputato, maggiore di età e senza precedenti penali, durante il mese di agosto 2001, in cui si produsse la cessazione della relazione sentimentale con Silvia, ha molestato la medesima, effettuando continue chiamate tanto al telefono fisso dei genitori di Silvia, quanto al suo cellulare, a qualsiasi ora del giorno della notte, fino a dodici volte di seguito, chiamandola “puttana” o “scrofa” in alcune occasioni, ed in altre dicendole che avrebbe ucciso lei e tutta la sua famiglia, trattenendosi per ore nelle vicinanza del domicilio di Silvia, gridando dalla strada, e osservando tutti i movimenti che faceva Silvia dalla sua posizione, con ciò provocando in Silvia il timore di andare in strada da sola. Le chiamate telefoniche continuarono come minimo fino a dicembre del 2002».

35 Così, A. Jareño Leal, Las amenazas y el chantaje en el Còdigo penal de 1995, Valencia 1997, 40 ss; L. Del Rio

Fernandez, El delito de amenazas (En el nuevo Còdigo penal), Valencia 1997, 22 ss. Tuttavia, una differente posizione

dottrinale ritiene che il delitto di minaccia sia reato di danno, si veda J.C. Mateu - J.L. Gonzalez Cussac, Comentarios al

Còdigo penal de 1995, diretto da T.S. Vives Antòn, Valencia 1996, 874 s. 36 Sul punto, vi è chi identifica la relazione intima unicamente con quella sentimentale, si veda G. Quintero Olivares,

Comentarios a la parte especial del Derecho penal5, Cizur Menor (Navarra) 2005, 242 ss. Contro tale posizione, J.L.

Diez Ripolles - L. Gracia Martin, Comentarios al Codigo Penal. Parte especial, Valencia 2004, 790 ss. 37 SAP Guipùzcoa 29.3.2006 n. 114, in C. Villacampa Estiarte, Stalking y derecho penal. Relevancia juridico-penal de

una nueva forma de acoso, Madrid 2009, 44 ss.

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Invece, i comportamenti minacciosi che, pur essendo oppressivi e lesivi della libertà dell’individuo, non sempre rimandano ad una specifica previsione del male, risultano difficilmente compatibili con lo stalking, in quanto non consentono all’organo giudicante un corretto accertamento del cambiamento delle abitudini di vita patito dal soggetto passivo.

Tuttavia, una parte della giurisprudenza 38 , nel tentativo di risolvere tale problematica, ha adottato la tesi degli atti presunti, con la finalità di estendere a quest’ultimo fenomeno criminoso le cd. minacce velate, caratterizzate da un male implicito. Però, questa posizione è maggiormente compatibile con quelle intimidazioni provenienti da gruppi criminali e non può essere automaticamente configurabile nel caso de quo.

Un ulteriore profilo di scarsa compatibilità tra tali normative penali è delineato dall’art. 171 Cpe, che descrive le minacce di un male non costitutivo di un delitto ed in cui la tipicità della norma incriminatrice sussiste qualora il fatto tipico sia sottoposto ad una condizione da cui non derivi la realizzazione di un comportamento dovuto da parte della persona offesa.

A tal proposito, un seguito orientamento dottrinale39 ha ribadito l’inidoneità di questa disposizione penale a contrastare le condotte assillanti non particolarmente gravi, che, viceversa, comporterebbe la mancata punibilità di quelle vicende giuridiche caratterizzate da un male lecito, da cui abbia luogo una condizione lecita, salvo che non sussista un nesso causale tra tali elementi, il cui accertamento non è mai semplice.

Infine, l’elemento soggettivo delle differenti tipologie di minaccia presuppone il dolo specifico, cioè la coscienza e volontà di impaurire la vittima attraverso una preliminare valutazione di agire con il suddetto scopo40, mentre nel delitto di acoso il soggetto agente vuole stabilire un contatto mediante atti reiterati ed insistenti che non prefigurano necessariamente un fine ulteriore, provocando un cambiamento delle abitudini di vita.

4.1.2. Il delitto di coercizione è contenuto nell’art. 172 Cpe, che costituisce,

secondo una parte della dottrina 41 , una disposizione penale residuale, idonea a reprimere non solo le aggressioni generiche contro la libertà dell’individuo non espressamente contemplate da altre norme penali, e ad includere anche le ipotesi di atti persecutori, prima che venisse approvata una data normativa ad hoc.

Questo illecito penale rappresenta una sorta di clausola di chiusura dell’ordinamento giuridico, e le sue caratteristiche sono state delineate da alcune pronunce del Tribunale Supremo42, secondo cui la lesione della libertà dell’individuo comporta la produzione di un danno imminente e attuale, a differenza della fattispecie di amenazas, ed in cui devono concorrere specifici requisiti.

38

Cfr., SAP de Màlaga 2.2.2001 n. 1381, in www.poderjudicial.es, 2 ss. 39 Si veda, A. Velazquez Baròn, Las amenazas, Barcelona 2002, 25 ss. 40 Cfr., A. Carretero Sanchez, El delito de amenazas, in La Ley 1996, 1309 ss. In giurisprudenza, si veda STS 5.6.2003 n.

821, in La ley penal 2007 (43), 1 ss. 41 V. Cervellò Donderis, El delitto de coacciones en el Codigo penal de 1995, Valencia 1999, 17 s.; A. Velazquez Baròn,

Las coacciones, Barcelona 2004, 9 s. 42

Si veda, SsTS 18.3.2000 n. 427, in C. Villacampa Estiarte, La respuesta juridico-penal frente al stalking in Espana, in

ReCrim 2010, 43 s.

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La condotta violenta del soggetto agente deve realizzarsi secondo modalità di intimidazione psico-fisica di tipo compulsivo nei confronti della vittima, che sia obbligata ad un fare o a un non fare; o rispetto ad altri soggetti, su beni di loro uso o pertinenza.

Gli autori del fatto devono agire con la piena consapevolezza di influire sulla libera volontà altrui e non devono essere legittimamente autorizzati all’uso della forza o di mezzi di intimidazione. In tal senso, il comportamento del soggetto agente deve essere antigiuridico, cioè illecito dal punto di vista della convivenza giuridico- sociale, e connotato da grave intensità, in modo da distinguerlo dall’incriminazione di coercizioni lievi ex art. 620 Cpe.

Inoltre, un seguito orientamento della dottrina 43 sostiene che la struttura dell’elemento soggettivo del delitto di coercizione richieda un dolo specifico, nel senso che l’impedimento allo sviluppo della libertà di azione altrui rappresenta la finalità che caratterizza la condotta, con conseguente riduzione della compatibilità dello schema legale delle molestie assillanti; soprattutto in quelle ipotesi in cui il soggetto attivo intende avviare o ripristinare una relazione affettiva con la vittima, senza prefigurarsi come scopo il mutamento delle sue abitudini di vita.

L’estensione delle ipotesi criminose di coacciones rispetto agli episodi di atti persecutori ha costituito oggetto di dibattito nell’ambito della dottrina e della giurisprudenza spagnole, in quanto questa norma incriminatrice presenta peculiarità disciplinari, da cui non deriva una piena adesione al modello legale dello stalking. Una prima questione giuridica attiene alla natura del bene giuridico protetto dalla disposizione penale, che una determinata concezione44 individua nella tutela della libertà dell’individuo intesa in senso ampio, comprendente anche le circostanze antecedenti all’azione, preliminari al processo di formazione della volontà in concreto.

Tale tematica presuppone un richiamo alla diverse fasi entro cui si articola il processo cognitivo, che, secondo una prima tesi, espressa dal suddetto orientamento, fa riferimento alla libertà di autodeterminazione, cioè alla capacità del soggetto di rappresentarsi e volere un qualunque comportamento.

Un secondo momento, c.d. intermedio, attiene alla libertà di decisione o di scelta, in cui l’individuo, concorrendo una serie di ipotesi, ne realizza una tra quelle possibili. Mentre l’ultima fase è contraddistinta dalla libertà di esecuzione, cioè la manifestazione esterna della condotta anteriormente decisa.

Quest’ultima posizione è stata valorizzata da quell’orientamento dottrinale45 secondo cui la ratio di tale delitto consiste nella protezione della libertà di agire in modo immediato ed esclusivo, in quanto la lesione dell’autodeterminazione della vittima, che esplichi una volontà già uniformata, è compressa da una costrizione altrui, da cui deriva l’impossibilità di renderla conoscibile.

L’adesione a tale modello teorico, però, comporterebbe una rilevante restrizione dell’adozione dei casi di coercizione alla fattispecie penale di atti persecutori, che opererebbe solamente nei confronti di quelle situazioni connotate

43

F. Higuera Guimera, El delito de coacciones, Barcelona 1978, 38 ss. 44 A. Garcia Pablo de Molina, Sobre el delito de coacciones, in EPCr 1982, 115 ss. 45 F. Muñoz Conde, Derecho penal. Parte especial, Valencia 2007, 158 s.

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dalla limitazione della libertà dell’individuo in senso stretto, mediante l’impiego di modalità commissive contemplate dalla legge; con conseguente lesione dell’ultima delle fasi in cui si sviluppa la libertà di agire della persona offesa.

Un’altra interessante problematica giuridica è rappresentata dalla previsione della violenza come modalità della condotta specificamente menzionata dall’art. 172 Cpe, che la dottrina maggioritaria 46 identifica quale vis fisica, ovvero quella forza materiale indirizzata direttamente sul corpo della vittima. Invero, l’assenza di tale modalità delittuosa quale requisito strutturale del fenomeno criminoso dello stalking ne determina la mancata incriminazione attraverso l’illecito penale di coacciones, salvo che l’imputato finisca con compromettere la vita e l’incolumità individuale della vittima, ma questo epilogo è stato rilevato in casi sporadici.

Tuttavia, una diversa analisi interpretativa ha promosso un «processo di volatilizzazione» del concetto di violenza 47 , con indiscriminato ampliamento del medesimo, che comprende così non soltanto le ipotesi di forza fisica, ma anche quelle di vis compulsiva od intimidatrice, fino alla lesione materiale esercitata sulle cose. Tale fenomeno ha prodotto l’inclusione nella fattispecie di coacciones di comportamenti antigiuridici che comprimono la libertà individuale, ma, di fatto, non rientrano in illeciti penali già disciplinati dall’ordinamento giuridico spagnolo.

In questa prospettiva, l’emersione di una nuova concezione di tipo funzionalista48 ha reso necessario reinterpretare il termine violenza nell’ambito del suddetto illecito penale, che va individuato, secondo un modello di normativizzazione, come quel mezzo idoneo a sopprimere o limitare l’esercizio della libertà giuridicamente riconosciuta della vittima, e non quale mero fossile giuridico.

Questo indirizzo teorico tende ad includere qualsiasi aggressione alla libertà dell’individuo nel delitto di coercizioni, ma determina, quale conseguenza paradossale, che la protezione più efficace di tale libertà potrà realizzarsi attraverso il sacrificio del principio di legalità.

Sulla base di queste considerazioni, comportamenti delittuosi di coercizione che delineano esempi di illeciti penali sussumibili nella struttura degli atti persecutori riguarderebbero non soltanto quei casi in cui la molestia non ricade entro l’ambito tipico delle violenze in ambito familiare, laddove tra lo stalker e la vittima non vi è ancora una relazione sentimentale, ma anche le vicende in cui il soggetto passivo riveste il ruolo di partner, di diritto o di fatto, e vuole fare cessare il rapporto affettivo, nonostante gli insistenti comportamenti persecutori del soggetto agente.

In quest’ultimo senso, l’Audencia provincial de Leòn n. 31/200749 ha statuito che: «La condotta consiste in una pluralità di azioni (inseguimenti, scritte insistenti), reiterate durante vari anni, che costituiscono nel loro insieme una vessazione, una

46

Cfr., V. Cervellò Donderis, op. cit., 30 ss.; M. Maqueda Abreu, Delitos contra la libertad y la seguridad de las personas,

Servicio de Publicaciones de la Universidad de Granada, Granada 1988, 36 s. 47 Si veda, J. M Benavent, El concepto de violencia en el delito de coacciones, in CPC 1984 (22), 133 s. 48

Cfr., G. Jacobs, “Coacciones por medio de violencia” (traduc. C.J. Suarez Gonzalez), in Estudios de Derecho Penal,a

cura di G. Jacobs, Madrid 1997, 439 ss. Contro tale posizione, R. Ragues i Valles, Coacciones sin violencia? Apuntes

sobre el dificil encaje de la legalidad en un sistema funcionàl del Derecho penal. Libro Homenaje al Prof. Gunther

Jakobs, Bogotà 2003, 486 s. 49 SAP Leòn 20.3.2007 n. 31, in C. Villacampa Estiarte, Stalking y derecho penal. Relevancia juridico-penal de una nueva

forma de acoso, Madrid 2009, 47 ss.

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intimidazione o persecuzione (una reale molestia assillante, secondo il termine impiegato dalla sentenza di primo grado), volta ad obbligare alla sua ex sposa a ripristinare una relazione non desiderata. Non si tratta di qualche atto isolato, ma il fatto è caratterizzato da una attitudine persistente eseguita dall’imputato per lungo tempo ed in forma continuata, certamente valutata dall’organo giudicante come costitutiva del delitto di coercizioni, poiché la vittima ha visto coartata la sua libertà e leso il suo diritto alla tranquillità e alla quiete privata».

La valorizzazione di una condotta reiterata e persistente che integra un esempio di coercizione grave, avente rilievo penale, risulta descritta da questa pronuncia, ma la tesi secondo cui tale disposizione incriminatrice determina, in ogni caso, la violazione della libertà o dello sviluppo delle abitudini di vita del soggetto passivo appare discutibile, soprattutto nelle ipotesi in cui le condotte coercitive, isolatamente considerate, non raggiungano una gravità tale da essere considerate delittuose.

4.1.3. Il delitto di trato degradante è stato contemplato per la prima volta nell’art.

173.1. Cpe, che prevede la pena alla reclusione da sei mesi a due anni nei confronti di chiunque realizzi una serie di condotte, caratterizzate da pratiche degradanti, molestie gravi derivanti dall’abuso di posizioni di vertice in ambito lavorativo o funzionale, impedimento della legittima fruizione della dimora altrui.

Nonostante un ricorrente orientamento dottrinale50 considerò tale previsione legislativa come superflua e lesiva dei principi di tassatività e proporzionalità, oggi tali perplessità sembrano superate.

Infatti, questo illecito penale ha rappresentato, sino all’approvazione del delitto di acoso, il mezzo attraverso il quale fornire idonea tutela penale alle molestie assillanti, anche se la difficile individuazione del bene giuridico protetto e del concetto di trato degradante non sempre ha consentito la piena realizzazione di tale obiettivo.

In tal senso, malgrado l’opinione maggioritaria che identifica l’integrità morale quale diritto riconosciuto dall’art. 15 della Costituzione spagnola, permangono dubbi in merito al reale significato che deve attribuirsi a tale termine, in virtù dell’esistenza di tre diverse concezioni 51 . Secondo un primo indirizzo 52 , l’integrità morale è identificata con l’idea di incolumità, che presuppone il diritto dell’individuo ad essere trattato come persona e non come cosa, in modo da impedire il processo di mercificazione dell’essere umano.

Una diversa posizione53 collega questo concetto ai parametri dell’umiliazione e della vessazione, che costituiscono criteri impliciti nella realizzazione del c.d. trattamento degradante. Così, la natura del bene giuridico di tale norma incriminatrice si esplicherà nel diritto a non patire sensazioni dolorose o sofferenze di stampo psico-

50 Si veda, J. Barquin Sanz, Delitos contra la integridad moral, Barcelona 2001, 25 ss. 51

Per una ricostruzione, in chiave dogmatica, del concetto di integrità morale, si rinvia a N.J. de La Mata Barranco - A. I.

Perez Machìo, El concepto de trato degradante en el delito contra la integridad moral del art. 173.1 del Còdigo Penal,

in RP 2005 (15), 26 ss.; F. Muñoz Sanchez, Los delitos contra la integridad moral, Valencia 1999, 21 ss. 52

Cfr., J.L. Gonzalez Cussac, Delitos de tortura y otros tratos degradantes (delitos contra la integridad moral), in

Estudios sobre el Codigo penal de 1995 (Parte especial), diretto da T.S. Vives Antòn e J.L. Manzanares Samaniego,

Madrid 1996, 78 s. 53 Si veda, J. Barquin Sanz, Delitòs contra la integridad moral, cit., 58 s.

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fisiche, sempre che il soggetto attivo realizzi dei comportamenti umilianti, fastidiosi, o avvilenti nei confronti della vittima del reato.

Infine, la tesi prevalente54, in linea con l’orientamento assunto dalla Suprema Corte, identifica la violazione della libertà morale con il disprezzo dell’autodeterminazione individuale, poiché le offese degradanti ed umilianti devono comportare la negazione radicale della volontà della persona, intesa come entità dotata di dignità per il solo fatto di esserlo, ovvero «soggetto morale in sé medesimo, dotato della capacità di decidere responsabilmente sul proprio comportamento»55.

Questa concezione teorica non fa dipendere l’offesa al bene giuridico dalla conferma che, nel caso concreto, si produca una compressione della volontà della vittima del reato, una negazione della sua capacità di decidere, poiché se così fosse ciò comporterebbe non soltanto l’introduzione di un elemento superfluo tra la protezione dell’integrità morale e della libertà individuale, ma anche l’eccessiva estensione di tale disposizione penale, la cui configurabilità sarebbe desunta, esclusivamente, dalla mera contraddizione con la volontà della persona offesa.

Con riferimento allo stalking, l’essenza della condotta consiste nel compimento di una serie di comportamenti delittuosi reiterati nei confronti della parte offesa, che compromettano la sua libertà intesa in senso ampio, cioè la capacità di orientare le proprie scelte, di decidere e di eseguire quanto antecedentemente programmato. Invece, il delitto previsto dall’art. 173 co. 1 Cpe tutela l’indipendenza morale della persona, cioè il suo diritto a non essere mercificato o ad essere sottomesso a trattamenti da cui derivino sentimenti di umiliazione e di vessazione, che non risultino automaticamente consequenziali nelle ipotesi previste dall’art.172 ter Cpe.

Inoltre, il termine trato degradante, secondo l’opinione maggioritaria, consiste in «ogni situazione che, al di là del mezzo impiegato o della compressione o meno della volontà altrui, comporti generalmente sofferenze psico-fisiche e produca, in ogni caso, un sentimento di mortificazione o una sensazione di avvilimento per gli altri o per se medesimo»56.

Nella fattispecie penale di atti persecutori i comportamenti reiterati dell’autore del fatto producono nei confronti della vittima una condizione di angoscia, di insicurezza o di preoccupazione latente, che rientra nella tipologia della c.d. molestia psicologica, ed il conseguente mutamento dello sviluppo della vita quotidiana non implica automaticamente la sussistenza di preesistenti situazioni di umiliazione o di svilimento del soggetto passivo, bensì l’alterazione della necessaria riservatezza e della parità nelle relazioni interpersonali.

54 Su quest’ultimo orientamento dottrinale, cfr. J. de La Cuesta Arzamendi, Tortura y otros atentados contra la integridad

moral, in EPCr 1988, 83 ss.; M. del Mar Díaz Pita, El bien juridico protegido en los delitos de tortura y atentado contra

la integridad moral, in EPCr 1997, 84 ss. In giurisprudenza si veda la nota sentenza del Tribunal Constituciònal 120/1990,

di R. Canosa Usera, in El derecho a la integridad personal, Valladolid 2006, 182 s., secondo cui l’integrità morale

risulterà compressa qualora si sviluppino condotte che, essendo contrarie alla volontà della persona, sottopongano la

vittima che le patisca a trattamenti suscettibili di annullare, modificare o lederne la volontà, le idee, i pensieri ed i

sentimenti. 55 Al riguardo, si veda TS. 3.10.2001 n. 1725, in Codigo penal comentado y con jurisprudencia, coordinato da L.

Rodriguez Ramos, Madrid 2007, 418 s. 56 Cfr., F. Muñoz Sanchez, Los delitos contra la integridad moral, cit., 44 s.

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Pertanto, il delito de trato degradante tutela l’individuo da molestie morali, che non sempre corrispondono a quelle di tipo psicologico, di cui il fenomeno criminoso dello stalking costituisce una sottospecie.

4.1.4. La Ley Organica 29.9.2003 n.11 ha inserito tra i delitti contro l’integrità

morale, subito dopo la norma penale di trattamento degradante, la fattispecie penale di maltrattamento familiare abituale ex art. 173 co. 2 Cpe, che reprime l’esercizio abituale della violenza fisica o psichica nei confronti di colui che è od è stato legato da un vincolo coniugale o da altra relazione affettiva, anche senza convivenza, o nei riguardi di discendenti, ascendenti, fratelli, affini, propri o del partner convivente.

Il Parlamento spagnolo, con successivo intervento legislativo del 30.3.2015 n. 1, ha novellato tale disciplina, e ne ha esteso la tutela rispetto ai minorenni, ai c.d. soggetti deboli (es., anziani) e agli incapaci che necessitano di una particolare protezione, o debbano essere sottoposti a patria potestà, tutela, curatela, affido familiare, o ad una funzione di sorveglianza da parte del familiare o convivente.

Infine, il trattamento sanzionatorio prevede la pena alla reclusione da sei mesi a tre anni, il ritiro del porto d’armi da tre a cinque anni, oltre all’irrogazione delle contestuali pene accessorie nel caso in cui il giudice od il tribunale reputi opportuno tali provvedimenti nell’interesse del minore, e della misura di sicurezza della libertà vigilata.

Una volta svolta una breve disamina della struttura della norma incriminatrice, bisogna adesso valutare il suo grado di compatibilità rispetto al fenomeno criminoso degli atti persecutori, che ha costituito oggetto di riflessione da parte della dottrina e della giurisprudenza.

A tal proposito, tale questione giuridica è stata risolta dalla pronuncia dell’Audencia provincial n. 1008/200257, che ha espresso un giudizio difforme rispetto alla precedente sentenza emessa in primo grado dal Tribunale, in cui si condannava per minacce l’imputato, il quale, una volta disposta la separazione giudiziale da sua moglie, l’aveva attesa con il suo veicolo per un certo periodo di tempo davanti il domicilio coniugale, e ogni volta che vedeva la vittima, quando saliva o scendeva da casa, l’avvisava che l’avrebbe uccisa o proferiva frasi di natura simile.

Tale sentenza precisava che il soggetto attivo, antecedentemente, aveva già reagito con ira nel vedere frustati i tentativi di riconciliazione con la sua sposa, e ciò si era tradotto in insulti a lei e ai suoi figli, proferiti anche mediante chiamate telefoniche, o attraverso attività di sorveglianza svolte presso il loro domicilio.

57 SAP Madrid 30.10.2002 n. 1008, in www.poderjudicial.es, 3 s., in cui la relazione tra acoso e maltrattamento abituale

risulta chiarita dalle seguenti considerazioni dei giudici di merito: «l’insieme delle prove raccolte, evidenziarono, al di là

di ogni ragionevole dubbio, che Clemente, a partire dal momento della separazione matrimoniale, iniziò a molestare la

sua sposa e i suoi figli avuti dal matrimonio, fino al punto che, cominciò ad appostarsi con l’automobile di sua proprietà

davanti al domicilio in cui essi vivevano. Eva sviluppò una sintomatologia ansiosa che, anche senza corrispondere ad una

categoria nosologica determinata (come informò il medico forense), è compatibile con la condizione di una persona

maltrattata psichicamente, anche se il perito medico che intervenne all’atto del giudizio avvertì che ciò poteva derivare

da una causa differente. Le prova testimoniale raccolta dall’accusa –che il medesimo giudice in prima istanza considerò

credibili ed affidabili, accreditò la reiterazione degli insulti e delle minacce, dirette o compiute a mezzo telefono, capaci

di alterare la tranquillità di coloro ai quali sono dirette».

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Questa situazione di esasperazione si intensificò dal momento in cui la separazione giudiziale divenne effettiva, e la conseguente violazione della pace familiare è espressione di una tipologia di maltrattamento psicologico di tipo abituale, ove si consideri il criterio della reiterazione delle condotte criminali commesse da parte del reo.

In tal senso, la possibilità di sussumere le ipotesi di stalking nell’illecito penale di maltrato familiar habitual dipenderà dall’esistenza di una antecedente relazione tra la vittima ed il persecutore e dall’estensione o meno del concetto di violenza psichica58. Una prima opzione interpretativa ha ritenuto che la vis psichica coincida con la produzione di un danno psichico, mentre una diversa tesi considera sufficiente, per la sua configurabilità, la realizzazione di sentimenti di timore, insicurezza o stati d’ansia.

Tuttavia, nessuna di tali concezioni teoriche può sostenersi in maniera assoluta, e l’ambito di applicazione di questa disposizione penale concerne, secondo un orientamento intermedio59, le ipotesi di vis compulsiva, che riguardano gli atti di manipolazione, le minacce, le umiliazioni, la sensazione di isolamento, il ricatto e le molestie fastidiose, senza però includere la violazione della tutela dell’onore.

Così, il comportamento criminoso del reo potrà, in alcuni casi, comprendere soltanto quelle manifestazioni di violenza psicologica i cui effetti siano, al massimo, equiparabili a quelli prodotti da una vis fisica60, e ciò si esplicherà mediante una serie di condotte realizzate con impeto ed intensità straordinaria, e dirette ad intimidire, vessare o rimproverare, sminuire o creare nel soggetto passivo un’alterazione del suo equilibrio mentale, che non sempre rappresentano requisiti idonei ad integrare i vari casi di molestie assillanti.

4.1.5. L’illecito penale di molestia sessuale è stato collocato dal legislatore

spagnolo del 1995 nell’art. 184 co. 1 Cpe, che punisce con la pena della reclusione da tre a cinque mesi o la multa da sei a dieci mesi chiunque chieda prestazioni di tipo sessuale per sé o per altri, in maniera reiterata ed abituale, traendo vantaggio da una condizione di superiorità in ambito lavorativo, mediante il proposito, diretto o meno, di produrre alla vittima una situazione di grave intimidazione, ostile od umiliante.

Il bene giuridico attiene, secondo un’autorevole posizione 61 , alla tutela anticipata della libertà sessuale in senso stretto, cioè intesa quale libertà decisionale del soggetto passivo in tale ambito, anche se un diverso orientamento dottrinale62 ha affermato che, dopo le modifiche legislative, intervenute con Ley Organica 30.4.1999 n. 11, l’interesse protetto coincide con la protezione dell’integrità morale, poiché gli elementi costitutivi del reato richiedono la produzione di uno stato di obiettiva e grave intimidazione, ostile ed umiliante.

58 Una complessa analisi sulle distinte proposte interpretative può trovarsi in E.B. Marin de Espinosa Ceballos, La

violencia domestica. Analisis sociologico, dogmatico y de Derecho comparado, Granada 2001, 118 ss. 59 Si veda, al riguardo, M.J. Benitez Jimenez, Las violencias habituales en el ambito familiar: articulo 173.2 del Codigo

pènal, in Violencia de gènero y sistema de justicia penal, coordinato da C. Villacampa Estiarte, Valencia 2008, 181 s. 60 Si veda, P. Garcia Alvarez - G. Del Carpio Delgado, El delito de malos tratos en el ambito familiar, Valencia 2000, 32

ss. 61 In questo senso, si veda E. Orts Berenguer - C.S. Mira Rodriguez, Los delitos contra la libertad e indemnidad sexuales,

Valencia 2001, 152 ss. 62

Cfr., P. Otero Gonzalez, El nuevo delito de acoso sexual, in RDPC 2000, 510 s.

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Nonostante questa norma penale protegga un aspetto peculiare della libertà dell’individuo ed in molte occasioni i motivi che inducono lo stalker ad agire sono di natura sentimentale e sessuale, non se ne può desumere la sua automatica adozione rispetto a tutti i casi di atti persecutori.

In primo luogo, il delitto di acoso sexual presuppone l’esistenza di un rapporto in ambito lavorativo e scolastico, od avente ad oggetto una prestazione di servizi tra il soggetto attivo che effettua la corrispondente richiesta di favori di natura sessuale ed il destinatario della medesima, con la conseguente esclusione di quegli episodi criminosi verificatesi in una relazione di coppia o di convivenza, tra condomini, amici o conoscenti.

Inoltre, la condotta tipica del reato previsto dall’art. 184 co. 1 Cpe, attiene alla sollecitudine di favori sessuali per sé o per un terzo e risulta troppo circoscritta per risultare estendibile a tutti gli episodi di molestie assillanti. Un seguito orientamento dottrinale63 ha affermato che la richiesta illecita deve essere non soltanto seria ed inequivoca, ma anche esplicita nell’ipotesi in cui venga espressa verbalmente, per mezzo di scritti o segni, e deve presupporre la sussistenza di uno scambio di relazioni sessuali tra l’autore del fatto e la vittima del reato.

Questa posizione teorica ha determinato la mancata estensione di tale norma incriminatrice ai casi di acoso ambiental, che non presuppongono una vera e propria pretesa sessuale, ma sono caratterizzati da comportamenti offensivi nei riguardi della vittima o da particolari modalità di condotte insidiose, spesso confuse con innocui atti di amicizia od effusioni amorose.

Infine, con riferimento all’elemento soggettivo64, il delitto di molestie sessuali implica che il soggetto agente commetta il fatto tipico con la coscienza e volontà di soddisfare la propria libidine e di realizzare oscenità nei confronti del soggetto passivo, mentre non sempre l’attività predatoria dello stalker è orientata alla realizzazione di tali scopi.

4.2. L’analisi delle suddette disposizioni penali ha dimostrato la loro scarsa

compatibilità rispetto alla possibilità di reprimere i casi di atti persecutori, in quanto questi modelli di tutela legale presentano una serie di limiti strutturali che non ne consentono l’automatica inclusione della fattispecie oggetto di commento.

Nella prassi, questo difficile compito è stato spesso svolto dal delitto di coacciones, sebbene ciò comporti il rischio del ricorso all’analogia, cioè quel processo di estensione di una data norma nei confronti di fatti non previsti dalla legge, che differisce dall’interpretazione giuridica e determina la conseguente violazione del principio di tassatività65.

Invero, tale questione giuridica può essere risolta secondo due diverse strategie legislative che consistono, rispettivamente, nella punibilità degli episodi di stalking

63 Cfr., O. Nogales, El delito de acoso sexual: perspectiva penal y laboral, in Derecho penal de la empresa, diretto da M.

Corcoy Bidasolo, Universitad Publica de Navarra 2002, 572 s.; E. Sanchez - E. Larrauri, El nuevo delito de acoso sexual

y su sanciòn administrativa en èl ambito laboral, Valencia 2000, 19 ss. 64 Si veda, C. Villacampa Estiarte, La respuesta juridico-penal frente al stalking in Espana, in ReCrim 2010, 49 s. 65 Cfr., R. Garcia Albero,“Nullum crimen sine lex certa? Causas y efectos de la crisis del principio de taxatividad”, in

Jueces para la Democracia 2008 (62), 57 ss.

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senza l’emanazione di una fattispecie penale specifica, o nell’opposta esigenza di inserire una normativa penale ad hoc.

La prima opzione eliminerà l’indesiderato fenomeno dell’espansionismo penale mediante l’impiego del reato di coercizioni per la punibilità dei comportamenti persecutori, ma determinerà, al tempo stesso, la mancata protezione di tutte quelle condotte da cui derivi una grave violazione della privacy dell’individuo, in quanto il rinvio alle precedenti norme incriminatrici consentirà di valorizzare soltanto uno degli episodi individualmente considerati rispetto all’intera campagna persecutoria, senza alcuna possibilità di effettuare una valutazione congiunta dello schema legale dell’illecito penale.

Una diversa soluzione, accolta da molti ordinamenti europei, attiene all’approvazione di una specifica normativa che consenta di punire gli episodi criminosi legati alle dinamiche persecutorie. Tuttavia, la repressione di condotte spesso prive di rilievo penale implicherà non solo il rischio di un eccessivo interventismo penale, ma anche la contestuale lesione dei principi di tassatività e di sussidiarietà della pena.

In tal senso, la previsione di una specifica disciplina costituirà un obiettivo razionale del legislatore, qualora essa incrimini fatti realmente connotati da una certa gravità e la cui dannosità possa essere provata mediante metodiche investigative proprie della scienza empirico-sociale.

Sulla base di queste considerazioni, il Parlamento spagnolo, dopo un lungo dibattito, ha approvato il delitto di acoso, al fine di fornire una risposta adeguata a comportamenti delittuosi di indubbia gravità che in molte occasioni non potranno essere qualificati come espressione di mere minacce o coercizioni.

A tal proposito, l’Anteproyecto de Ley Organica dell’11.10.2012 ha delineato il campo di applicazione di questa disposizione penale, che fa riferimento a tutte quelle ipotesi in cui vengano realizzati una serie di atti reiterati da cui derivi una compressione della libertà e del sentimento di sicurezza del soggetto passivo, sottoposto a persecuzioni o pedinamenti costanti, ripetute chiamate od altre azioni di grave petulanza; senza che l’agente prospetti necessariamente l’annuncio esplicito o meno di un male ingiusto (minacce) o faccia uso di violenza in modo diretto sulla vittima per coartarne la libertà66.

Così, la tipizzazione delle c.d. molestie assillanti è stata motivata non soltanto dall’esigenza di colmare un vuoto di tutela nei confronti delle vittime, ma anche dall’adempimento di obblighi internazionali assunti dalla Spagna per il contrasto alla violenza di genere, che costituisce uno dei recenti obiettivi di politica criminale.

Tuttavia, bisognerà valutare se il bisogno di sicurezza della collettività possa essere soddisfatto da prassi legislative ispirate ad una visione del diritto penale c.d. emergenziale, ed appare altresì necessario procedere ad un’attenta disamina degli aspetti critici desunti dalla normativa oggetto di analisi, anche attraverso un paragone con la disciplina italiana.

66 Cfr., C. Villacampa Estiarte, El proyectado delito de acecho: incriminaciòn del stalking en derecho penal espanol, in

CPC 2013 (109), 8 s.

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5. Il Parlamento spagnolo, con la Ley Organica 30.3.2015 n. 1, ha emanato una profonda riforma del nuovo codice penale spagnolo ed ha inserito l’art. 172 ter, che prevede la punibilità di quell’insieme di comportamenti persecutori da cui derivi una condizione di grave mutamento della vita quotidiana per la vittima, mediante la seguente articolazione normativa:

1.« Será castigado con la pena de prisión de tres meses a dos años o multa de seis a veinticuatro meses el que acose a una persona llevando a cabo de forma insistente y reiterada, y sin estar legítimamente autorizado, alguna de las conductas siguientes y, de este modo, altere gravemente el desarrollo de su vida cotidiana:

1.ª La vigile, la persiga o busque su cercanía física. 2.ª Establezca o intente establecer contacto con ella a través de cualquier medio

de comunicación, o por medio de terceras personas. 3.ª Mediante el uso indebido de sus datos personales, adquiera productos o

mercancías, o contrate servicios, o haga que terceras personas se pongan en contacto con ella.

4.ª Atente contra su libertad o contra su patrimonio, o contra la libertad o patrimonio de otra persona próxima a ella.

Si se trata de una persona especialmente vulnerable por razón de su edad, enfermedad o situación, se impondrá la pena de prisión de seis meses a dos años.

2. Cuando el ofendido fuere alguna de las personas a las que se refiere el apartado 2 del artículo 173, se impondrá una pena de prisión de uno a dos años, o trabajos en beneficio de la comunidad de sesenta a ciento veinte días. En este caso no será necesaria la denuncia a que se refiere el apartado 4 de este artículo.

3. Las penas previstas en este artículo se impondrán sin perjuicio de las que pudieran corresponder a los delitos en que se hubieran concretado los actos de acoso”.

4. Los hechos descritos en este artículo sólo serán perseguibles mediante denuncia de la persona agraviada o de su representante legal».

Il concetto di acoso allude ad una situazione di assillo, tormento continuo, che incide negativamente sulle relazioni interpersonali altrui e giustifica la collocazione sistematica di questa novella legislativa all’interno del Titolo VI, dedicato ai delitti contro la libertà, e precisamente nel Capo III, la cui rubrica richiama i delitti di coercizione.

Tuttavia, tale ubicazione codicistica non è stata accolta da unanime condivisione, in quanto un diverso indirizzo dottrinale 67 ha contestato l’eccessiva frammentarietà e la scarsa omogeneità delle manifestazioni empiriche di questo genere di atti, che possono esplicarsi in vari settori dell’esperienza quotidiana (condominio, scuole, pubblico o privato impiego, grooming), e ne ha auspicato una diversa allocazione tra i reati contro l’integrità morale.

Un preliminare rilievo critico attiene alla individuazione del tipo di tecnica legislativa utilizzata per descrivere gli elementi essenziali del fatto tipico. Sul versante del disvalore dell’azione (rectius, delle condotte), esse non sempre rivestono natura

67

Si veda, M.C. Gomez Rivero, El derecho penal ante las conduca de acoso persecutorio, in El acoso: tratamiento penal

y procesal, diretto da M.I. Martinez Gonzalez, Valencia 2011, 47 ss. Di diverso avviso, C. Villacampa Estiarte, Stalking

y Derecho penal, cit., 42 ss.

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criminale, ed anzi in alcune occasioni possono risolversi in atti innocui, espressione del normale svolgimento delle dinamiche relazionali tra gli individui.

La scelta di uno schema legale prevalentemente casistico, fondato sull’impiego di termini desunti dalla realtà empirica, è motivata, in astratto, dall’esigenza di identificare quelle modalità delittuose che delineano in modo esemplificativo il fenomeno criminoso, ma, in concreto, rischia di risolversi nell’impossibilità, da parte dell’organo giudicante, di cogliere tutte le sfumature delle varie sottocategorie meritevoli di una risposta sanzionatoria, con la conseguenza di creare inammissibili lacune nella repressione penale.

Invece, con riferimento al disvalore di evento, lo stile legislativo afferisce alla c.d. normazione sintetica, in quanto il risultato esteriore causalmente collegato ad una gamma di molestie assillanti, si esplica nella grave alterazione dello sviluppo della vita quotidiana, un evento immateriale in cui manca il ricorso alle nozioni tecniche del campo medico, psicologico, psichiatrico ed un esame dettagliato di tali condizioni o stati d’animo68.

Come ben può osservarsi, questa discrasia tecnico-normativa ha inciso negativamente sulla corretta osservanza del principio di tassatività nell’esame degli elementi costitutivi del reato, in quanto l’elencazione delle condotte punibili senza la predeterminazione di una soglia di tipicità69 che ne concretizzi l’effettiva durata e l’idoneità offensiva accentua il rischio della scarsa chiarezza nella formulazione strutturale delle medesime.

Inoltre, l’accertamento del grave mutamento delle abitudini di vita dipende dalla rilevanza o meno della fragilità psicologica della persona offesa, poiché il reiterato compimento del medesimo atto intrusivo e persistente da parte del reo- come ad esempio i plurimi appostamenti presso una palestra- può acquisire un certo valore criminogeno per un dato individuo, convincendolo a cambiare centro sportivo o a non uscire dal proprio domicilio, o risultare innocuo per altra persona.

Un primo confronto tra la tecnica di redazione del delitto di acoso e le misure di contrasto agli atti persecutori contenute nel nostro art. 612 bis Cp, denota l’emersione delle medesime problematiche riguardanti la difficile compatibilità con i principi costituzionali in materia penale.

A tal proposito, la Corte costituzionale con sentenza 11.6.2014 n. 172 70 , ha dichiarato non fondata una questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Trapani,

68 Cfr., A. Cadoppi, Stile legislativo di common law e continentale a confronto: l’esempio dello stalking, in Scritti in

memoria di Giuliano Marini, a cura di F. Dassano e S. Vinciguerra, Napoli 2010, 105 s. 69

Per tale posizione di stampo socio-criminologico, si veda E. Lo Monte, Una nuova figura: lo “Stalking” (art. 612 bis

c.p.). Ovvero l’ennesimo, inutile, “guazzabuglio normativo”, in IP 2010, 484 s., che richiama una interessante indagine

condotta in Germania, secondo cui lo stalking si configura qualora le azioni moleste abbiano almeno durata settimanale;

al riguardo cfr., H.G. Voß, Zur Psicologie des Stalking, in Stalking Moglichkeiten der Intervention, a cura di J. Bettermann

e M. Feenders, Francoforte 2004, 29 ss.

Di contrario avviso, A. Manna, Il nuovo delitto di atti persecutori e la sua conformità ai principi costituzionali in materia

penale, in Scritti in memoria di Giuliano Marini, a cura di F. Dassano e S. Vinciguerra, Napoli 2010, 474 s., il quale

afferma che il legislatore ha evitato in modo consapevole di porre un rigido limite temporale, proprio per valorizzare il

significato che dovrebbe acquisire il requisito della “serialità”, non passibile di una rigida predeterminazione a livello

temporale. 70 Cfr., sul punto, A. Valsecchi, La Corte costituzionale fornisce alcune importanti coordinate per un'interpretazione

costituzionalmente conforme del delitto di stalking, in www.penalecontemporaneo.it, 23.6.2014, 3 s.

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che ha ravvisato la mancata determinatezza di quattro diversi requisiti della fattispecie, tra cui assumono interesse ai fini della suddetta comparazione la condotta e il terzo degli eventi alternativi previsti, ovvero l’alterazione delle abitudini quotidiane.

Occorre sottolineare che il Giudice delle leggi ha optato per un modello analitico di tipo integrato e sistemico, considerando ogni componente del reato in collegamento reciproco, in modo da garantire che il precetto sia intelligibile nella sua formulazione linguistica ed il fatto tipico sia verificabile.

Quanto al primo profilo, la tipizzazione delle azioni delittuose è stata ben delineata grazie al richiamo stilistico operato mediante l’ampia e risalente interpretazione dei reati di minaccia (art. 612 Cp) e molestia o disturbo alle persone (art. 660 Cp), che hanno semplificato l’accertamento giudiziale mediante il rinvio a comportamenti esteriori riscontrabili nella realtà, senza dilungarsi in eccessi casistici.

In tal senso, il criterio differenziale e al tempo stesso specializzante delle molestie assillanti rispetto ai reati base che li compongono è rappresentato dalla reiterazione 71 , ovvero da quegli atteggiamenti predatori ripetuti nei confronti del soggetto passivo, causalmente orientati alla produzione di uno degli eventi contemplati dalla legge.

La Consulta non è però riuscita a risolvere il nodo esegetico del mancato inserimento di un parametro temporale, che avrebbe forse consentito all’interprete di chiarire i dubbi sull’esigenza o meno di quantificare la ripetizione degli atti assillanti all’interno di uno specifico lasso di tempo; e di evitare il rischio di un ampliamento estensivo dell’ambito di applicazione della disposizione penale da parte della giurisprudenza di legittimità italiana.

Invero, questa infausta posizione è stata ribadita nelle più recenti decisioni, secondo cui anche due sole condotte di minaccia o molestia sono idonee ad integrare il criterio della reiterazione, purché da ciò derivi un collegamento eziologico con il risultato lesivo ai fini della realizzazione materiale del fatto 72 , con conseguente svilimento della pregnanza semantica della nozione di “reiterazione” e del disvalore di azione.

Con riguardo al cambiamento delle abitudini di vita, il momento dell’alterazione può desumersi dal rapporto tra l’insieme delle normali prassi socio-affettive tenute da un individuo in campo familiare e/o lavorativo e la compressione di tali dinamiche relazionali subite dalla vittima ad opera del molestatore assillante.

Sebbene questo ragionamento logico-giuridico sia idoneo, in astratto, ad eludere l’invocata indeterminatezza della norma incriminatrice, bisogna rilevare come esso non fornisce, in concreto, alcun criterio discretivo che permetta all’organo giudicante di stabilire quando il mutamento di attività quotidiane abbia rilievo penale o meno.

71

Per la tesi secondo cui la reiterazione è un presupposto già logicamente implicito nel concetto stesso di persecuzione, si

veda H. Ege, Al centro della persecuzione. Analisi, conseguenze e valutazioni del comportamento persecutorio, Milano

2010, 18 s. Cfr., V.B. Muscatiello, Il cosiddetto stalking, cit., 566 s. 72 Cfr., Cass. 14.11.2013 n. 45648, in GD 2014 (7), 57 ss.; Cass. 13.6.2012 n. 36737, in Codice penale. Annotato con la

giurisprudenza, a cura di G. Lattanzi, Milano 2013, 1705 s.; Cass. 5.7.2010 n. 25527, in DPP 2010, 1305 s. Si veda anche

T. Milano 31.3.2009, in Famiglia e dir. 2009 (11), 1037 s.

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Pertanto, il bisogno di fornire una risposta a tali dubbi rende assai opportuno un confronto tra l’esperienza legislativa del nostro diritto interno e quella spagnola nella repressione del fenomeno criminoso dello stalking, che consenta al giurista di recepirne gli eventuali aspetti positivi e di respingerne quelli non compatibili con l’osservanza dei principi costituzionali in materia penale.

5.1. L’interesse giuridico protetto dall’art. 172 ter Cpe attiene alla libertà

individuale, e ciò può desumersi non solo dal tenore letterale della rubrica, che include i delitti contro la libertà personale, ma anche dalle relazioni parlamentari contenute nei precedenti disegni di legge, in cui vengono stabiliti gli scopi di politica criminale a cui è ispirata la disposizione oggetto di commento.

Nonostante l’apparente facilità con cui tale bene giuridico di categoria sembra riconoscibile, risulta, in primo luogo, poco chiaro quale fase della libertà- della formazione o dell’esecuzione- venga compressa dal reo.

Una parte della dottrina spagnola 73 ha affermato che il delitto di acoso costituisca una specifica modalità di coacciones, in quanto il serio mutamento delle abitudini quotidiane ad opera della reiterazione ed insistenza delle azioni criminose influisce sul momento esecutivo della libertà della persona offesa, che sarà costretta a svolgere diversamente le proprie attività giornaliere rispetto a quelle effettivamente volute o ad ometterle.

Questa prevalente posizione è stata contestata da quel diverso orientamento74, secondo cui sarebbe stato preferibile introdurre tale norma incriminatrice tra i delitti contro l’integrità morale, in modo da rivalutare il significato terminologico della c.d. molestia assillante, che, altrimenti, sarà atomizzato in molteplici sfaccettature, e rimarrà privo di un trattamento unitario.

In questa ottica, la produzione del risultato lesivo, quale elemento tipico del fatto costituente reato dipenderà dalla violazione della libertà morale e dalla conseguente creazione di un clima ostile e offensivo nei confronti del soggetto passivo, che lo indurrà ad una modifica sistematica delle sue relazioni intersoggettive, comprimendo, sia pure in maniera indiretta, la sua libertà.

Tale concezione eviterebbe l’insorgenza di gravi sovrapposizioni che potrebbero manifestarsi rispetto ad altre disposizioni penali, come l’acoso sexual o il c.d. grooming ex art. 183 Cpe, ma non è in grado di delimitare gli episodi di molestia morale, in cui la fase della sottomissione è caratterizzata da sentimenti e sofferenze umilianti, degradanti ed avvilenti, dai casi di persecuzione psicologica, laddove, invece, il particolare tipo di vis psichica proiettata sullo stato d’animo della vittima concorre allo sviluppo di sensazioni di disagio, preoccupazione od insicurezza75.

In tal senso, la scienza penalistica italiana ha sollevato un dibattito sulla natura della c.d. libertà morale, bene ibrido o sottocategoria della libertà individuale, che un’autorevole indirizzo teorico ha definito interesse meritevole di protezione, non

73 A. Galdeano Santamaria, Acoso- Stalking: art. 172 ter, in Estudio critico sobre el anteproyecto de reforma penal de

2012, diretto da F. Javier Alvarez, Valencia 2013, 569 s. 74 A. Gutierrez Castañeda, Acoso- stalking: art. 172 ter, in Estudio critico sobre el anteproyecto de reforma penal de

2012, diretto da F. Javier Alvarez, Valencia 2013, 584 s. 75 Cfr., C. Villacampa Estiarte, Stalking y derecho penal, cit., 42 ss.

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circoscritto soltanto alla promozione dell’indipendenza nella formazione o nell’esplicazione della volontà in merito ad una determinata attività esterna, ma esteso altresì nei confronti della tutela della libertà interiore; ovvero nella mancanza di pressioni estranee, da cui possa desumersi un deterioramento della psiche personale76.

Una successiva indagine 77 ha rimarcato la natura poliedrica dell’oggetto giuridico meritevole di protezione penale, che presenterebbe interessi contigui ed ultranei rispetto alle modalità delittuose mediante cui si esplicano le pervicaci azioni persecutorie, la cui realizzazione, con specifico riferimento all’art. 172 ter Cpe, ingenera uno stravolgimento radicale delle abitudini di vita.

Così, i sostenitori della natura plurioffensiva del delitto78 hanno interpretato il criterio della costrizione quale particolare forma di coazione psicologica, che incide su un interesse protetto ulteriore rispetto alla libertà individuale, rappresentato non solo dall’integrità psico-fisica, cioè da uno stato patologico oggettivamente rilevabile, ma anche dalla sfera della privacy e dalla tranquillità psichica, fino alla salvaguardia (strumentale) del patrimonio.

Invero, la maggior parte dei commentatori79, con argomentazione difforme rispetto al precedente indirizzo dottrinale, ha individuato il parametro di offensività nella sola lesione della libertà di autodeterminazione, che comporta la modifica dello sviluppo del proprio assetto dinamico-relazionale, quale effetto di molestie di stampo psichico cagionate dallo stalker e non sempre coincidenti con la compressione dell’integrità morale.

5.2. Il particolare modus operandi con cui è stata emanata tale normativa penale

ha sollevato un recente dibattito, che verte sulla presenza o meno di tensioni strutturali tra il grado di tipicità caratterizzante l’illecito e l’osservanza dei principi desunti dall’ordinamento giuridico.

Una obiezione di fondo80 concerne l’uso del verbo acosar, che, pur connotando il comportamento del trasgressore, risulterebbe eccessivamente generico, in quanto impone il richiamo ad un complesso di azioni esposte in modo esemplificativo nel codice penale, la cui manifestazione deve produrre un determinato effetto lesivo.

Le ragioni logico-giuridiche a sostegno di questo orientamento si ricollegano all’assunto secondo cui esistono forme di molestia assillante prive del necessario requisito dell’abitualità o della persistenza degli atti criminosi, cioè le ipotesi di

76 V. G. Vassalli, Il diritto alla libertà morale (Contributo alla teoria dei diritti della personalità), in AA.VV., Studi in

onore di F. Vassalli, Torino 1960, 1629 ss. 77

Per un ampio quadro ricostruttivo delle varie teorie sul bene giuridico tutelato nel recente impianto legislativo di

contrasto agli atti persecutori, cfr., P. Coco, La tutela della libertà individuale nel nuovo sistema anti-stalking, Napoli

2012, 110 s.; A.M. Maugeri, Tutela della libertà morale, in Diritto penale. Parte speciale, a cura di D. Pulitanò, Torino

2011, 231 s.; V. Torre, I delitti contro la libertà morale, in Reati contro la persona, a cura di A. Manna, Torino 2007,

571 ss. 78 Cfr. A. Matallin Evangelio, Articulo 172 ter. Delito de acoso: la criminalizaciòn de la molestia, in Comentarios a la

Reforma del Còdigo penal de 2015, diretto da G. Quintero Olivares, Valencia 2015, 574 s. 79 Al riguardo C. Villacampa Estiarte, El nuevo delito de stalking/acoso, in Iuris 2014 (210), 3 s. 80 In senso adesivo a tale tesi, si veda T. Valladolid Bueno, Ecologia victimologica: las bases del actuar democratico, in

Hostigamiento y hàbitat social, una perspectiva victimologica, coordinato da M. Herrera Moreno, Granada 2008, 5 s. Più

di recente, J. Baucell Lladòs, La irreflexiva criminalizaciòn del hostigamiento en el Proyecto de Codigo penal, in RGD

2014, 21 s.

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molestie sessuali o relazionali contemplate dall’art. 7 co. 1 e 2 l. 22.3.2007 n. 3, in materia di parità tra coniugi.

Secondo questo approccio risulterà più corretto impiegare il verbo perseguitare, in modo da individuare con maggiore facilità il fenomeno criminoso che si vuol reprimere, come nel caso della disciplina penale tedesca od italiana81; anche se l’inserimento di taluni parametri volti a circoscrivere i confini della punibilità del soggetto agente non sembrano conciliabili con l’impiego di quest’ultima espressione verbale.

In primo luogo, la clausola «sin estar legitimamente autorizado» contrassegnerebbe l’antigiuridicità del fatto qualora le modalità dell’azione non vengano scriminate dall’esercizio di un diritto, il cui fondamento risiede nella legge o nell’autonomia privata: ad esempio, l’attività di inchiesta svolta in modo lecito dagli organi di stampa, o le indagini compiute dagli ufficiali di polizia giudiziaria ex art. 20 co. 7 Cpe.

Come ben può osservarsi, la sussistenza di una persecuzione legittima non è immaginabile, in quanto tale vocabolo valorizza l’individuazione di una reale capacità intrusiva del soggetto agente, ovvero una particolare qualità che ben rientra in un atteggiamento predatorio, di per sé illecito.

Il fondamento giuridico della liceità degli atti fastidiosi ed insistenti in alcune manifestazioni esteriori (pedinamento, ricerca di un contatto fisico), assumerà rilievo soltanto se l’art. 172 ter Cpe, venga interpretato quale modalità specifica di coacciones, laddove risulta spesso giustificata la possibilità di esercitare la violenza per impedire o costringere ad un facere, rispetto a ciò che la legge non vieta o non esige, sulla base delle Ley Organica 13.3.1986 n. 2 e 21.02.1992 n. 1, in materia di pubblica sicurezza.

Tuttavia, le c.d. prassi di mera molestia contengono spesso un ineludibile significato associato ad una attività in sé illegittima, e, nel caso de quo, sono contraddistinte dai requisiti della reiterazione, della persistenza invasiva nei confronti della sfera della libertà altrui, e da un esito finale talmente grave da sconvolgere lo sviluppo delle abitudini quotidiane.

Così, questa clausola di stile apparirà superflua nel momento in cui subordina l’ammissibilità di una causa di giustificazione 82 ad un preesistente regime di

81 Di diverso avviso, sulla base di un paragone comparatistico, vari esponenti della dottrina penale italiana, esprimono il

loro favor per l’uso della locuzione “molestia assillante”, in luogo di “atti persecutori”. Si veda, a tal proposito, A.

Cadoppi, Stalking: solo un approccio multidisciplinare assicura un’efficace azione di contrasto, in GD 2007 (7), 10 s., il

quale evidenzia che «il nomen iuris (“atti persecutori”) non convince appieno: forse sarebbe stato meglio parlare, secondo

una terminologia consueta, di “molestie” (eventualmente: “e minacce”) “persecutorie». Cfr., anche, C. Parodi, Stalking e

tutela penale, Milano 2009, 6 ss. 82 Per un inquadramento generale della teoria dei c.d. elementi negativi del reato, si veda K. Engisch, Der

Unrechtstatbestand im Strafrecht, en Festschrift deutscher Juristentagung, Karlsruhe 1960, 401 ss; C. Roxin, Teoria del

tipo penal, Buenos Aires 1979, 274 ss.; E. Gimbernat Ordeig, El sistema del Derecho penal en la actualidad, en el mismo,

Estudios de Derecho penal2 1981, 131 ss.; Più nello specifico,nell’ambito del rapporto tra la tematica degli atti persecutori

e la predisposizione di una clausola simile, nella legislazione penale tedesca, si veda W. Mitsch, Strafrechtsdogmatische

Probleme des neuen “Stalking”- Tatbestandes, in Jura 2007 (6), 401 s.

Nella dottrina penale spagnola, in senso molto critico, M. Acale Sanchez - R. Gomez Lopez, Acoso-Stalking, in Estudio

critico sobre el anteproyecto de reforma penal de 2012, diretto da F. Javier Alvarez Garcia Valencia 2013, 566 s., secondo

cui «se trata de una claùsula de estilo que no aporta nada positivo, en la medida en que, en su caso, podrìa recurrirse a

las causas de justificatiòn para eximirle de responsabilidad criminal, sin necessidad de senalarlo expresamente, y sin

embargo, aporta datos bastante negativos en la medida en que da a entender que se trata de conductas que en

determinados supuestos, el ordinamento juridico autoriza su realizaciòn».

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autorizzazione amministrativa o giudiziale specifico, che non sembra emergere dalle modalità commissive ivi elencate.

Infine, un indirizzo teorico intermedio 83 ha suggerito di introdurre la formulazione linguistica «de modo illegittimo», cioè una clausola di illiceità che determini una più chiara demarcazione degli atti punibili rispetto a quelli non penalmente rilevanti ed assicuri un obiettivo recupero del grado di tipicità dell’illecito.

Sul versante dell’imputazione soggettiva84, la qualificazione del reato come doloso presuppone una complessa analisi di quella componente interna del fatto psichico, che riflette la sua tipicità dall’elemento obiettivo dell’illecito, e la cui peculiarità risiede nella volontà della condotta e del risultato lesivo, mediante l’attivazione di un rischio tipico da cui origina l’offesa, di pericolo o di danno.

Questa autorevole costruzione dogmatica fattuale del dolo impone un confronto con la struttura delle singole incriminazioni e con le relative forme dell’elemento subiettivo, ma ciò risulterà problematico nei casi in cui il reato sia abituale, in quanto la serialità degli atti dovrà iscriversi entro un dolo unitario, che spesso coinciderà con il contenuto dei fini (animus persecutionis) o dei moventi (es., la gelosia), cioè con criteri atipici e non previsti dalla legge85.

Una doverosa indagine interpretativa sull’esatta attribuzione di significato dell’asserzione «llevando a cabo de forma insistente y reiterada» induce a classificare tale disposizione penale come delito de habito86, in cui il dato peculiare dell’elemento oggettivo è rappresentato dalla ripetizione di più fatti omogenei ad intervalli temporali.

83 Cfr., C. Villacampa Estiarte, Delito de acecho/stalking: Art. 172 ter, in Estudio critico sobre el anteproyecto de reforma

penal de 2012, diretto da F. Javier Alvarez Garcia, Valencia 2013, 603 s. Per un inquadramento generale di tale tematica

in Italia, si veda C.E. Paliero, Minima non curat praetor, Padova 1985, 693 ss.; nonché M. Donini, Teoria del reato, in

DDP 1999, 273 s. 84 In generale, sulle origini della doppia posizione del dolo, si veda W. Gallas, Zum gegenwartigen Stand der Lehre vom

Verbrechen, in ZStW, (67), 35 ss.; H.H. Jescheck, Lerhrbruch des Strafrechts, AT4 1988, 218 ss.

Nella letteratura spagnola, si veda J. Cerezo Mir, La doble posiciòn del dolo en la Ciencia del Derecho penal española,

in ID., Problemas fundamentales del Derecho penal, Madrid 1982, 198 ss.; ed in quella italiana, in tal senso, G. Marinucci,

Il reato come azione. Critica di un dogma, Milano 1971, 153 ss.; in un senso parzialmente diverso, M. Donini, Illecito e

colpevolezza nell’imputazione del reato, Milano 1991, 547 s.; di contrario avviso, L. Picotti, Il dolo specifico.

Un’indagine sugli elementi finalistici delle fattispecie penali, Milano 1993, 578 ss. Per una prima rivisitazione in chiave

neuroscientifica dei processi interiori cognitivi del molestatore assillante, si rinvia a H. Fisher, J.R. Meloy, Some Thoughts

on the neurobiology of stalking, in JFS 2005 (6), 4 s., in cui si evincerebbe la possibile esistenza, nel caso dello stalker,

di un disordine dei meccanismi bio-dopaminergici, che orientano i criteri di gratificazione e sono coinvolti nei disturbi di

tipo ossessivo e compulsivo. In linea parzialmente difforme, P. Ferrua, Neuroscienze e processo penale, in Diritto penale

e neuroetica. Atti del Convegno, 21-22 maggio 2012, a cura di O. Di Giovine, Padova 2013, 264 s., secondo cui bisogna

valorizzare l’apporto non sostitutivo, bensì di ausilio delle tecniche neuro scientifiche nell’accertamento della capacità di

intendere e di volere e nella ricostruzione del fatto. 85 Si tratta di un tratto comune che acquisisce rilevanza anche in altre tipologie di reati classificati come abituali. A tal

proposito, si veda F. Coppi, Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli,

in ED, 1975, 223 s.; M. Miedico, sub art. 572,

in Cp commentato, a cura di E. Dolcini e L. Marinucci, Vicenza 2006, 3757 s.

Più nello specifico, in riferimento allo stalking in Italia, la peculiarità di questo aspetto giuridico è stata richiamata da

A. Valsecchi, Il delitto di atti persecutori (il c.d. stalking), in Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cura di

O. Mazza e F. Viganò, Torino 2009, 236 s.; F. Bartolini, Lo stalking e gli atti persecutori nel diritto penale e civile.

Mobbing, molestie, minacce, violenza privata, Piacenza 2009, 99 ss. In Spagna, per i rapporti tra i delitti di maltrato

familiar ed acoso si rinvia a M. J. Benitez Rodriguez, “La violencias habituales en èl ambito familiar: articulo 173.2 del

Còdigo penal”, in Violencia de genero y sistema de justicia penal, coordinato da C. Villacampa Estiarte, Valencia 2008,

181 s. 86 Sul tema dei reati abituali, R. Maurach, Tratado de Derecho penal, trad. y notas de J. Cordoba Roda, Barcelona 1962,

232 ss.; Si veda anche S. Mir Puig, La habitualidad criminal del art. 4 de la LPRS, in RJCat 1974, 358 ss.

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Sul piano lessicale, l’impiego di due aggettivi simili ha suscitato vari dubbi87, in quanto questa scelta legislativa crea una endiadi, ossia una figura retorica che raffigura con due termini coordinati il medesimo concetto.

In effetti, l’uso di questa particolare metodica semantica è stato motivato dalla scarsa idoneità dell’aggettivo «reiterato» ad assicurare, da solo, una corretta valorizzazione della gravità delle prassi predatorie, nel senso che la sua adozione comporterebbe una indiscriminata applicazione del reato anche a quelle manifestazioni criminose aventi natura episodica.

Orbene, il legislatore spagnolo avrebbe dovuto procedere ad una più attenta specificazione delle modalità di azione delittuose mediante il ricorso a parametri linguistici che incrementino la capacità descrittiva delle medesime («persistente» o «tenaz») e precisino meglio le finalità persecutorie dello stalker.

Una identica soluzione potrebbe essere attuata anche nei confronti della recente normativa italiana in materia di atti persecutori, in quanto ciò avallerebbe non solo il progressivo rispetto delle esigenze di legalità e di offensività, attraverso un’armonizzazione tra il disvalore di azione e quello di evento, ma circoscriverebbe anche la punibilità a fatti di rilevante gravità88.

Un altro argomento controverso riguarda il valore da attribuire alla costruzione verbale «llevando a cabo», che introdurrebbe una proposizione consecutiva, in quanto indica un collegamento tra le reiterate prassi moleste ed un esito lesivo quale diretta conseguenza delle azioni criminose.

Secondo questa opinione, l’art. 172 ter Cpe potrebbe essere letto come un delito de resultado, in cui la modificazione delle abitudini di vita altrui deve essere causalmente orientata al compimento di una serie di atti reiterati e non desiderati dalla vittima, che si estrinsechino in un assillo costante nel tempo89.

Questa prospettiva rievoca il dibattito sorto all’interno della dottrina penale italiana sulla natura dogmatica degli atti persecutori ex art. 612 bis Cp, che, in un’ottica maggioritaria, è stato inteso quale reato di evento e di danno, e richiederebbe la verificazione di almeno uno degli effetti lesivi alternativi contemplati dalla legge per il perfezionamento della fattispecie tipica90.

Non si può però negare che in entrambe le esperienze legislative la vaghezza e l’effettiva inafferrabilità di un evento avente natura psicologica ne rende, di fatto, non semplice la prova, in quanto le reazioni all’offesa possono variare sensibilmente in base

87 A tal proposito, cfr., C. Villacampa Estiarte, El proyectado delito de acecho, cit., 27. 88 Con riferimento a tali argomentazioni, nella dottrina penale italiana l’opinione favorevole all’assunto secondo cui

anche due sole condotte basteranno per concretizzare il criterio della reiterazione, purché sussista una connessione

eziologica con la verificazione di almeno uno dei tre eventi, è valorizzata da F. Macrì, Atti persecutori (art. 612 bis), in

Trattato di diritto penale. I delitti contro la libertà sessuale, la libertà morale, l’inviolabilità del domicilio e l’inviolabilità

dei segreti, a cura di A. Cadoppi e S. Canestrari, A. Manna, M. Papa, Torino 2011, 351 ss.

Di diverso avviso, A. Manna, Visione “minimalista” o “espansiva” della fattispecie di atti persecutori? (nota a Cass.

2.3.2010 n. 25527), in GI 2011, 634 ss.; P. Pittaro, Introdotta la disciplina penale dello stalking dalle misure urgenti in

materia di sicurezza pubblica, in Fam. e dir. 2009, 659 s. Nella giurisprudenza italiana, a sostegno del primo

orientamento, si veda Cass. 2.3.2010 n. 25527, in DPP 2010, 1305 s.; in senso difforme, T. Roma 4.2.2010 n. 3181, in

A.M. Maugeri, Lo stalking tra necessità politico-criminale e promozione mediatica, Torino 2010, 165 s. 89

C. Villacampa Estiarte, El nuevo delito de stalking/acoso, cit., 3 s. 90 Cfr., A. Valsecchi, Il delitto di atti persecutori, cit., 243; F. Agnino, Il delitto di atti persecutori e lo stato dell’arte

giurisprudenziale e dottrinale, in GM 2011, 587 s.; L. Pistorelli, Nuovo delitto di atti persecutori (c.d. stalking), cit., 164

s.

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alle caratteristiche della personalità del soggetto passivo e alla durata più o meno intensa dei comportamenti criminosi.

L’adesione a tale visione acuirebbe i problemi di coesistenza con il principio di tassatività, poiché l’essenza immateriale del risultato lesivo giustificherebbe l’integrazione analogica da parte dell’interprete nella fissazione di una soglia di tipicità priva di validi indici di riferimento; con la consequenziale mancanza di una linea di confine tra il lecito e l’illecito.

Una maggiore osservanza dei principi penali ed il fine di proteggere in modo più adeguato il soggetto passivo potrebbero forse essere raggiunti mediante una rielaborazione della dizione verbale «llevando a cabo», che esalti la conformità della novella normativa a cagionare l’esito persecutorio prescritto dalla legge.

Dunque, l’accertamento oggettivo ex ante andrebbe condotto inizialmente attraverso la visuale di un agente modello ragionevole e avveduto, e dovrebbe tenere conto di un c.d. parametro misto, legato non solo alla sussistenza delle circostanze obiettive, della natura e della modalità del fatto, ma anche ad un preciso esame delle specifiche condizioni della persona offesa (es., lo stato di debolezza).

Infine, una rivalutazione della norma incriminatrice quale delito de peligro concreto91 assicura senza dubbio una più corretta compatibilità con la categoria del reato abituale, che impernia il proprio disvalore sul grado di ripetizione delle azioni delittuose, mentre negli illeciti penali di danno, acquisisce importanza il compimento dell’evento, da cui promana la compressione del bene giuridico.

La disarmonia strutturale dell’elemento obiettivo dell’art. 172 ter Cpe convalida queste osservazioni, poiché l’adozione del verbo «atente» presume un incremento esponenziale delle prassi moleste gravi, che comprime interessi ulteriori, come la libertà ed il patrimonio, e giustifica la coincidenza tra l’anticipazione della soglia dell’intervento penale e la creazione di un pericolo concreto; mentre l’evento prescritto dalla disposizione penale si ridurebbe soltanto a mero criterio di riferimento per l’esame dell’idoneità della condotta, senza incidere sull’an o sul quantum della punibilità.

In realtà, la predetta collocazione dello stalking nel quadro dei crimen di pericolo non può essere del tutto condivisibile92, e la tipizzazione legislativa di un evento affine al profilo psicologico della vittima sottintende che esso non può essere attentamente esaminato mediante il solo giudizio prognostico dell’organo giudicante, privo degli ineludibili criteri di riscontro in chiave empirico- fattuale.

Quindi, spetta all’iniziativa parlamentare e non al giudice porre rimedio al deficit di tassatività insito nella novella legislativa, la quale non può prescindere da una antecedente verifica dell’idoneità causale della condotta, anche nell’ipotesi in cui la si voglia includere tra i delitos de resultado; giacché se questa fase dell’accertamento non

91 Similmente, l’inquadramento dogmatico dell’illecito penale di atti persecutori fra i reati di pericolo concreto è stato

ravvisato in Italia da L. Terzi, Il nuovo reato di stalking: prime considerazioni, in RP 2009, 782 s.; E. Venafro,

Disposizioni in materia di atti persecutori, in Commenti articolo per articolo d. l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con

modifiche in legge 23 aprile 2009, n. 38. Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza

sessuale, nonché in tema di atti persecutori (G.U. 24.2.2009, n. 38; G.U. 24.4. 2009, n. 95), in LP 2009, 484 s.; M.

Naddeo, Il delitto di “stalking” tra insicurezza percepita e sicurezza reale, in Ius 2010 (17), 484 s. 92 Per le medesima confutazione della tesi che descrive l’art. 612 bis Cp quale fattispecie di pericolo concreto, si veda G.

De Simone, Il delitto di atti persecutori, Roma 2013, 77 s.

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viene svolta, i presupposti per una seria ricognizione dell’imputazione obiettiva dell’evento risulterebbero elusi93, con inevitabile assenza di quel nesso di rischio che è fondamentale ai fini dell’objektive Zurechnung94.

Quanto al trattamento sanzionatorio, il modello punitivo è improntato su un’attuazione graduale della pena, che si estrinseca nel regime basilare edittale della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da sei a ventiquattro mesi, salvo la sopravvenienza di circostanze aggravanti.

In tal senso, il maggior rigore repressivo sussiste qualora gli atti persecutori si ripercuotano su vittime particolarmente vulnerabili, in virtù della loro età o della loro specifica condizione psico-fisica, o di una loro determinata qualifica sociale (conviventi, ex coniugi, ecc.) da cui deriva una più frequente probabilità di incorrere in prassi di vero e proprio deterioramento psichico.

Tale riflessione sembra confermata dalla deroga al regime ordinario della presentazione della querela da parte del rappresentante legale o dalla parte offesa, nel caso in cui quest’ultima rientri tra le categorie soggettive enumerate dall’art. 173 co. 2 Cpe, con conseguente procedibilità d’ufficio.

Così, il ricorso ad un sistema sanzionatorio che abbia la finalità di scoraggiare il reo dal compimento di atti intrusivi e fortemente destabilizzanti nei riguardi di individui c.d. «deboli», se da un lato soddisfa le finalità di prevenzione generale negativa, sminuisce, sotto un altro profilo, le esigenze di rieducazione del reo per l’assenza di misure terapeutiche o di natura sussidiaria rispetto all’extrema ratio del precetto penale.

In tal senso, la ratio della sospensione della pena condizionata alla prestazione del lavoro a beneficio della comunità, cui fa riferimento la circostanza aggravante dell’art. 172 ter co. 2 Cpe attiene più ad una forma di riparazione simbolica secondo le circostanze del fatto e dell’autore che ad una misura realmente ispirata a logiche di prevenzione speciale95.

Le medesime considerazioni valgono anche per la normativa italiana, in quanto non è stato dato adeguato spazio all’inserimento di tecniche alternative di intervento, di natura civile (la mediazione) che, contestualmente all’adozione dell’ammonimento, avrebbero potuto bloccare sin dall’inizio la prosecuzione dello stillicidio assillante, nel pieno rispetto del principio di extrema ratio della sanzione penale.

Inoltre, è palese la deplorevole inesistenza di metodiche post poenam improntate alla terapia sociale nei confronti di quei persecutori affetti da disturbi della personalità medio gravi, che siano in grado di evitarne la recidiva nel delitto e di correggerne la sindrome relazionale a cui è collegata la persistente serialità dei comportamenti assillanti.

93 Sulla costruzione dogmatica del delito de resultado, cfr., L. Rodriguez Ramos, El “resultado” en la teoria jurìdica del

delito, in CPC 1977, 50 ss. 94 Cfr., per il sistema penale italiano, M. Donini, voce Imputazione obiettiva dell’evento (diritto penale), in ED, Milano

2010, 635 ss. In Spagna, su questa fondamentale problematica dogmatica, si veda E. Gimbernat Ordeig, Que es la

imputaciòn objetiva?, in Estudios penales y criminologicos 1987, 167 ss. 95 Cfr., per maggiori approfondimenti sul tema, J.A. Brandariz Garcia, Las penas de trabajos en beneficio de la comunidad

y localizaciòn permanente (arts. 40, 48 y 35), in Comentarios a la Reforma del Còdigo penal de 2015, Valencia 2015,

243 s.; J.A. Brandariz Garcia, La pena de trabajos en beneficio de la comunidad, in Las penas privativas de derechos y

otras alternativas a la privaciòn de libertad, diretto da P. Faraldo Cabana e L.M. Puente Aba, Valencia 2013, 345 ss.

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Tale finalità, ispirata ad una logica di prevenzione speciale, tutelerebbe non solo la vittima dal reato ma anche lo stesso autore e ne consentirebbe un più veloce reinserimento nella società.

5.3. Lo studio dello schema legale del nuovo delitto di acoso impone di

soffermarsi sull’elemento oggettivo dell’illecito penale, che si compone di una serie di persistenti modalità criminose entro cui si esplica la condotta del soggetto attivo, causalmente orientata alla produzione di un deterioramento significativo della quotidiana esistenza delle vittima.

5.3.1. Con riferimento alla locuzione «alguna de las conductas siguientes», un

seguito orientamento dottrinale 96 ritiene che tale espressione non circoscriva il presupposto tipico della reiterazione ai casi enumerati dalla normativa, ma lo estenda a diverse ed altre modalità commissive, così prefigurando il paradosso secondo cui il reato di molestie assillanti si potrà configurare anche quando l’autore lo realizzi con un’unica azione, i cui effetti però permangano nel tempo: ad esempio, l’inserimento di un solo annuncio contenente il recapito telefonico della persona offesa attraverso un mezzo di comunicazione (sito internet), da cui derivino chiamate continue ad opera di terzi.

Secondo un’altra concezione teorica97, l’utilizzo di questa espressione lessicale ha lo scopo di ascrivere l’insistenza e la pervicacia dell’insieme delle condotte criminose ad uno degli episodi elencati dall’art. 172 ter Cpe, e questa argomentazione è dimostrata dall’uso del successivo avverbio «y, de este modo», che rafforza il nesso eziologico tra il risultato lesivo e quelle determinate azioni tipizzate dalla legge.

Invero, una diversa lettura esegetica comporterebbe non solo una significativa tensione con il significato letterale della disposizione penale, ma anche un ulteriore violazione del principio di determinatezza, in quanto il giudice sarebbe costretto ad un costante esercizio di comprensione ermeneutica di ogni singolo atto delittuoso, che costituisce già una delle principali note dolenti di una tecnica legislativa di stampo casistico.

5.3.2. L’esito persecutorio patito dal soggetto passivo non origina da qualunque

atteggiamento criminoso dell’autore, ma deve concretizzarsi in una delle condotte espressamente contenute nel tipo, secondo una formula elastica che risulta scarsamente compatibile con la funzione di garanzia svolta dal principio di legalità nei confronti dei consociati; ed anzi non è esente da critiche legate all’infausto fenomeno dell’integrazione analogica rispetto a fatti simili non direttamente previsti dalla disciplina legale.

96 Per tale concezione dottrinale, A. Galdeano Santamaria, Acoso-Stalking: art. 172 ter, in Estudio critico sobre el

anteproyecto de reforma penal de 2012, 567 ss. In Italia, per una impostazione simile nell’analisi del disvalore di azione

del delitto di atti persecutori ex art. 612 bis Cp, si veda G. Losappio, Vincoli di realtà e vizi del tipo nel nuovo delitto di

“Atti persecutori”.“Stalking the Stalking”, in DPP 2010, 872 s., che, nell’esaminare la struttura lessicale della fattispecie

penale, considera la reiterazione non riferita in modo diretto alle minacce o molestie, le quali potrebbero essere intesi

come sub-eventi conseguenti alle condotte persecutorie. 97

Si veda, A. Matallin Evangelio, Articulo 172 ter. Delito de acoso, cit., 578 s.

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In realtà, le finalità di politica criminale98 sottese al suddetto intervento penale presuppongono l’accettazione della distinzione tra uno stalking c.d. mite, contrassegnato dalla continua ricerca di un contatto o di un rapporto comunicativo con la vittima, ed una forma di persecuzione c.d. grave, che include la compromissione di interessi protetti maggiormente rilevanti, come ad esempio la libertà, l’incolumità individuale, la vita, il patrimonio.

Questa dicotomia concettuale è confermata dall’art. 172 ter Cpe, che sanziona dapprima le indebite intromissioni, le attività di sorveglianza e di pedinamento e l’incessante ricerca di un dialogo e/o contatto nei confronti di terzi.

Si tratta di prassi moleste che non presentano particolari tensioni interpretative, in quanto gli actos de vigilancia y persecuciòn alludono ad una frequente ed indesiderata interferenza nella sfera di libertà della persona offesa, da cui deriva un condizionamento della propria sfera psichica e delle abitudini di vita.

Invece, la costruzione verbale «busque su cercania fisica» ricomprende ogni atto di invasione dell’intimità spaziale da parte dello stalker, e ciò prefigura l’estensione della sanzione penale anche alla c.d. sorveglianza occulta, cioè a tutte quelle forme di controllo ossessivo conseguite senza che la vittima ne abbia una diretta percezione.

Tuttavia, tale dizione evoca uno stadio preparatorio rispetto all’effettiva consumazione dell’acoso ed incrementa il rischio di una dilatazione della tipicità della condotta, che dovrà essere valutata in maniera restrittiva dagli organi giudicanti, al fine di evitare un generalizzato impiego del diritto penale nei riguardi di fatti privi di reale offensività.

Un altro profilo discutibile ed incompatibile con l’idea di un diritto penale promotore dei diritti e delle libertà fondamentali concerne l’uso della terminologia «establezca o intente establecer contacto con ella», che delinea l’adozione di un insieme di tecniche persecutorie da parte del soggetto agente mediante mezzi di comunicazione tradizionali od innovativi, come il telefono, l’invio di lettere, di messaggi via internet od e-mail; oppure attraverso l’ausilio di esecutori materiali.

L’equiparazione tra gli atti tentati e l’effettiva consumazione del precetto penale dimostra l’inadeguatezza di un ben poco meditato innesto legislativo, in quanto la previsione della medesima pena per entrambe tali forme di manifestazione del reato mortifica il principio di proporzionalità ed implica la mancata graduazione tra infrazione e trasgressione; con conseguente perdita della rilevanza sociale del fatto illecito nella coscienza collettiva99.

Certamente, la sensazione di una deriva di tipo correzionalista può ricavarsi non solo dai recenti mutamenti storico-giuridici avvenuti in Spagna, mediante una revisione del codice penale dai tratti poco garantistici, ma anche dalla radicale

98 Questa classificazione è il frutto degli studi condotti dalla dottrina tedesca sull’illecito penale di atti persecutori, e al

riguardo si rinvia a F. Meyer, Strafbarkeit und Strafwurdigkeit von Stalking im deutschen Recht, cit., 254 s. In Italia, tale

posizione è stata ripresa da P. Coco, La tutela della libertà individuale nel nuovo sistema anti- stalking, cit., 2 s.

Nell’ambito dell’esperienza giuridica spagnola, si veda F. Hirigoyen, El acoso moral: el maltrato psicologico en la vida

cotidiana, Madrid 1999, 12 ss. 99

Sull’importante funzione del principio di proporzionalità quale specificazione del concetto di colpevolezza, si veda W.

Hassemer, Alternativas al principio di culpabilidad?, in CPC 1982 (18), 473 ss.; C. Roxin, Què queda en pie de de la

culpabilidad en Derecho penal?, in CPC 1986 (30), 671 ss.

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propensione ad anticipare la soglia di punibilità, che sottintende una finalità emendativa della pena il cui oggetto, ai fini della Besserungstheorie, «non rileva alcuna cosa esteriore (‘obiettiva’) come tale, ma solo ciò che costituisce un segnale dell’interiorità dell’uomo o, in altre parole, è opera della sua volontà»100.

Il principale effetto dell’attuale enunciazione normativa sarà quello di rendere indistinguibile la forma tentata rispetto all’esecuzione integrale di tutti gli elementi essenziali del tipo, e di ripudiare quell’autorevole prassi giurisprudenziale che individua l’inizio dell’esecuzione nella presenza di tre criteri: la creazione di un pericolo per il bene giuridico, l’immediatezza di quegli atti privi di stadi intermedi e proiettati verso la fase criminosa della consumazione, la finalità dell’agente101.

Il ricorso al dispositivo penale quale extrema ratio è motivato da una scelta di politica criminale che permetta agli operatori giudiziari di fronteggiare quelle strategie persecutorie caratterizzate da insidiosa intrusività nei confronti della sfera psichica altrui, in quanto attuate mediante l’uso delle più moderne innovazioni tecnologiche o l’ausilio di partecipanti all’azione criminosa.

Del resto, proprio la punibilità del c.d. cyberstalking102 - quelle persecuzioni telematiche che si esplicano in un complesso di atteggiamenti nei quali un individuo, un gruppo di persone o una organizzazione utilizzano delle nuove metodiche di contatto (mail, chat-rooms, internet, social network) per comprimere la libertà morale- risulta giustificato dall’impetuosa irruzione di queste nuove acquisizioni scientifiche, il cui distorto utilizzo ha coinciso spesso con una maggiore possibilità di imporre un rapporto indesiderato, seppure virtuale ma non per questo meno pericoloso, con i soggetti passivi.

Sul punto, bisogna constatare che anche in Italia l’art. 1 co. 3 lett. a d.l. 14.8.2013 n. 93 ha novellato la circostanza aggravante speciale ad effetto comune, prevista dall’art. 612 bis co. 2 Cp, estendendola alle situazioni in cui il reato venga commesso mediante strumenti informatici o telematici.

100 Testualmente, K.D.A. Roder, Die herrschenden Grundlehren von Verbechen und Strafe in ihren inneren

Widerspruchen, Wiesbaden 1867, 235 ss.; in senso critico, cfr., J. Nagler, Die Strafe. Eine juristisch-empirische

Untersuchung, Leipzig 1918, 460 s., secondo cui Roder «tentò, più con passione e sentimento che con un effettivo

approfondimento analitico, di svolgere e diffondere la pena emendativa da Ahrens».

Con specifico riferimento alla Spagna, le idee di Roder hanno ricoperto un ruolo di un certo spessore nell’ambito delle

posizioni dogmatiche già presenti e consolidate nel secolo, tanto da configurare il correzionalismo come «una corrente

autenticamente spagnola», si veda, al riguardo, F. Giner de Lo Rios, Principios de derecho natural, Madrid 1916, 187 s.;

J. Anton Oneca, La teoria de la pena en los correcionalistas espanoles, in EPCr 1960, 1024 ss.; J. Cerezo Mir, Curso de

Derecho Penal Espanol, Madrid 1996, 93 s.

Per un quadro riassuntivo delle varie questioni problematiche del delitto tentato in ambito comparatistico, si veda la

monumentale monografica di S. Seminara, Il delitto tentato, Milano 2012, 668 s. 101 Cfr., Tribunal Supremo 17.11.2003 n. 9460, in RJA 2003, 1785 ss., che così sintetizza i tre parametri idonei a

valorizzare l’inizio dell’esecuzione: «1) come criterio prioritario, la creazione di un pericolo per il bene giuridico, ciò che

implica l’inizio della realizzazione del contenuto dell’illecito tipico; 2) la valutazione di determinati atti che, senza

integrare la condotta di fattispecie, sotto un profilo sia spazio- temporale che finalistico si legano a essa in forma

immediata, senza stadi intermedi, essendo proiettati verso la realizzazione del tipo; 3) su un piano accessorio, la

considerazione del piano dell’agente, da giudicarsi non in sé nella sua dimensione soggettiva, ma come mezzo per stabilire

l’immediatezza di certi atti pre-tipici in relazione all’azione tipica in senso stretto». 102 Per i riflessi socio-criminologici della tematica del cyberstalking, si veda G. De Fazio - C. Sgarbi, Nuove prospettive

di ricerca in materia di atti persecutori: il fenomeno del cyberstalking, in Rass. it. crim. (3), 2012, 148 s. Similmente, in

Spagna, cfr., J.E. Mirò Llinares, Cibercrimen y vida diaria en el mundo 2.0, Madrid 2015, 6 ss.

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Con riferimento alle successive esemplificazioni della fattispecie, una infelice selezione lessicale contenuta nell’art. 172 ter co. 1 par. 2 Cpe è rilevabile nella terminologia «haga que terceras personas se pongan en contacto con ella», che rimanda ad una identica ridondanza semantica rispetto a quella enucleata nel par. 3 del medesimo comma («por medio de terceras personas»), qualora si ritenga riferibile a qualunque modalità di avvicinamento indesiderato.

L’espressa partecipazione criminosa plurisoggettiva è richiamata nell’eventualità in cui la relazione assillante sia compiuta attraverso qualunque strumento comunicativo od il trasgressore acquisisca prodotti o merci, o stipuli servizi contrattuali grazie all’indebito utilizzo dei dati personali del soggetto perseguitato.

Quanto alla c.d. autoria mediata103, cioè quell’istituto della scienza penalistica spagnola in cui il soggetto agente si serve in maniera strumentale di un terzo per eseguire un crimine 104 , un seguito orientamento dottrinale ha ritenuto che tale concetto evidenzi una relazione di pertinenza del delitto, che concorre e sia causato dall’induttore, in quanto il fatto sia realizzazione del rischio tipicamente saliente e rappresenti quella base obiettiva idonea ai fini della sua imputazione quale autore, mentre l’indotto non potrà essere ritenuto responsabile se agisce in stato di costrizione o di inganno105.

Questo indirizzo ermeneutico pecca in quelle situazioni in cui, ad esempio, l’amica dell’ex coniuge cerchi di riappacificare le parti, su istigazione o costrizione del persecutore, poiché non sarà sempre facile individuare la penale responsabilità dell’induttore in presenza di atti, di per sé innocui, o non direttamente lesivi del bene giuridico protetto compiuti da un terzo partecipe.

In tal senso, l’accertamento dello scopo di cagionare molestie persistenti legate all’impiego non consentito dei dati personali altrui per l’acquisizione di beni o la stipula di servizi contrattuali risulterà sicuramente agevole qualora la manifestazione delittuosa sia inequivocabilmente orientata a comprimere la privacy e la libertà morale del soggetto perseguito, come può evincersi dalla falsa pubblicazione denigratoria di annunci riguardanti servizi sessuali offerti dalla persona offesa, mediante l’uso delle sue generalità, di foto intime e del suo contatto telefonico.

Invece, quegli episodi in cui la produzione di un danno patrimoniale è causalmente orientato alla volontà di recare uno stato di assillo (c.d. stalking reale), susciteranno parecchi conflitti applicativi con il principio di precisione, laddove la natura di acoso potrà essere rilevabile soltanto se l’aggressione patrimoniale implichi, sia pure indirettamente, un grave deterioramento delle abitudini di vita: si pensi all’ipotesi della spiacevole esperienza vissuta da una donna che si veda recapitare da una ditta migliaia di contratti di abbonamento a sistemi audiovisivi stipulati a suo nome, mediante la precedente sottrazione dei suoi dati personali e sensibili da parte del marito divorziato.

A sostegno di quest’ultima riflessione, giova precisare che la serie dei comportamenti criminosi citati raggiunge il suo più alto livello di gravità nell’attentato

103 Si veda, per la corrente maggioritaria, C. Bolea Bardon, La autoria mediata en Derecho Penal, Valencia 2000, 23 ss.

Di diverso avviso, G. Rodriguez Mourullo, El autor mediato en Derecho penal espanol, in ADPCP 1969, 470 ss. 104 Cfr., art. 28 Cpe: «son autores quienes realizan el hecho (….) por medio de otro del que se sirven como instrumento». 105

Si veda, J.U. Hernandez Plasencia, La autoria mediata en Derecho penal, Granada 1996, 314 ss.

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contro la libertà ed il patrimonio della persona offesa o di altro soggetto a lui vicino, così da sacrificare la tipicità della fattispecie in ragione di specifiche esigenze di difesa sociale.

Questa generica clausola, contenuta nell’art. 172 ter co 1 par. 4 Cpe, viola in maniera significativa il principio di legalità, poiché punisce qualunque aggressione compiuta dall’imputato nei confronti di beni giuridici di diverso tipo e crea una indebita estensione punitiva rispetto a fatti talvolta privi di effettiva lesività.

L’eccessiva genericità di questa sottocategoria di acoso poteva essere scongiurata dall’adesione ad un modello di reato di evento a forma parzialmente vincolata, che richiamasse i parametri dell’insistenza e della reiterazione mediante un necessario collegamento con interessi protetti maggiormente omogenei come l’integrità psico-fisica106.

Tale lettura interpretativa valorizza la posizione di quegli studi di stampo empirico-criminologico 107 secondo cui la c.d. violenza psichica è implicitamente connaturata agli atteggiamenti assillanti gravi, poiché trascende l’offesa alla libertà morale ed influenza l’integrità mentale della vittima; nel senso di deteriorarla o di pregiudicarne l’ordinario sviluppo fino a provocare una vera e propria sindrome patologica.

Questa osservazione critica è stata accolta in una recente decisione dell’Audiencia Provincial de Cuenca108, che ha rievocato un’autorevole orientamento del Tribunal Supremo in materia di coacciones, ed ha ravvisato nei ripetuti ed insistenti messaggi, chiamate telefoniche o via internet attuate dall’imputato nei confronti della persona offesa la produzione di una vis psichica, avente natura persecutoria ex art. 172 ter Cpe.

Nel caso specifico, i giudici di merito hanno affermato che: «In questo senso, il Tribunal Supremo, con sentenza del 26 dicembre 2014 non

ha dubbi nel definire la coercizione come molestia assillante [qualora sia] compiuta mediante l’invio di messaggi, o costringa [la vittima] ad una relazione non desiderata. Certamente, sono esistiti dubbi dottrinali riguardo al fatto che nelle ipotesi come quella analizzata possa parlarsi di una “violenza” simile a quella costitutiva della fattispecie penale di coacciones (art. 172 c. p. e.), ma il legislatore nella legge Organica n. 1/2015 del 31 marzo, ha incluso in maniera specifica un nuovo delitto di acoso nell’art. 172 ter c. p. e., e dunque non esiste alcun ostacolo, rispetto alla precedente disciplina legislativa per sanzionare le coercizioni in questo tipo di ipotesi, entro l’ampio concetto di “vis compulsiva […]. L’odierno appellante, riconosce nel suo ricorso, che sebbene fu allegato che l’insistenza e la reiterazione furono causate dal dissenso della persona offesa a soddisfarle, mantenendo come conseguenza un comportamento criminoso reiterato, per mezzo del quale si violava gravemente la libertà ed il

106

Cfr., C. Villacampa Estiarte, El proyectado delito de acecho, cit., 30 s. 107 Cfr., R. Bloy, Der strafrechliche Schutz der psychischen Integritat, in Festschrift fur A. Eser, Munchen 2005, 233 ss.;

Si veda anche H.J. Schneider, Umfang, Entwicklung und Erscheinungsformen der Gewalt, in JZ 1992, 386 s. Uno studio

critico sulla problematica della violenza è stato svolto da A. Pecoraro-Albani, Il concetto di violenza nel diritto penale,

Milano 1962, 5 ss.; G. De Simone, Violenza, in ED, Milano 1993, 881 ss. 108 Si veda, SAP de Cuenca 10.11.2015 n. 166, in www.poderjudicial.es, 2 ss.

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sentimento di sicurezza della vittima, che subiva perciò atti di costante vigilanza, chiamate reiterate o altre azioni persecutorie».

Un confronto con l’esperienza giurisprudenziale italiana rivela l’accoglimento di

questa prospettiva poiché la S.C. - con ord. 9.7.2015 n. 4220 - ha rimesso alle Sezioni Unite il quesito di diritto riguardante l’inclusione del delitto di atti persecutori tra i reati commessi con violenza contro la persona, per cui sia necessario l’obbligatorio avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione ex. art. 408 co. 3 bis Cpp.

Secondo l’organo giudicante rimettente, tale tesi andrebbe accolta, in quanto una delle condotte entro cui si manifesta questo reato è la minaccia reiterata, che ben può essere espressiva di violenza psichica, ed occorre ricordare che la norma citata è stata introdotta con la l. 15.10.2013 n. 119, intitolata al contrasto della violenza di genere109.

5.3.3. L’esito finale delle molestie assillanti deve produrre un grave mutamento

dello sviluppo della vita quotidiana del soggetto perseguitato, che subisce dapprima una implicita costrizione psichica sulle proprie scelte decisionali, per poi patire, come successiva conseguenza esteriore, l’alterazione delle proprie abitudini di vita (es. cambio del lavoro, cessazione di attività usualmente svolte, ecc.).

In tal senso, l’avverbio «gravemente» valorizza la sussistenza di una tangibile materialità dell’effetto lesivo, almeno nella sua fase finale, in quanto la disposizione penale descrive una sorta di coazione psicologica desunta dalle condotte delittuose dello stalker, aventi natura attiva od omissiva, così da configurare una ipotesi criminosa specifica di coacciones, destinata a prevalere nel caso di conflitto apparente di norme con quest’ultimo illecito penale.

Tuttavia, l’eccessiva genericità della locuzione «desarollo de vida cotidiana» può, in alcune situazioni, provocare un’indebita estensione della discrezionalità dell’organo giudicante, che dovrà valutare ogni volta quali siano le modifiche delle attività quotidiane penalmente rilevanti ai fini della configurabilità della fattispecie tipica.

Infatti, l’alterazione non sempre rimanda ad una condizione di deterioramento delle relazioni intersoggettive, poiché l’evento de quo sovrappone il proprio disvalore ai modelli costrittivi da cui origina, e l’adesione ad una diversa scelta di svolgimento di una data abitudine di vita può derivare anche da mera convenienza e non necessariamente da un turbamento psichico.

Queste considerazioni riguardano anche il terzo degli eventi previsti in via alternativa dalla normativa italiana110, in cui l’accertamento del risultato psichico delle condotte persecutorie dipenderà esclusivamente da una visione vittimo- dogmatica del fatto illecito, incentrata sui punti di vista, sulle condizioni esistenziali, sulle

109 Cfr., M.C. Ubiali, Violenza vs. minaccia: i profili processuali di una classica dicotomia al vaglio delle Sezioni Unite.

In tema di archiviazione dei procedimenti per stalking, nota a Cass. ord. 9.7.2015 (dep. 20.10.2015), in

www.penalecontemporaneo.it, 28.1.2016, 6 s. Su questa problematica, il dispositivo della Cass. S.U. 29.1.2016 (Pres.

Canzio, Rel. Bianchi), inedita, ha dato risposta affermativa al quesito, estendendo tali riflessioni anche al delitto di

maltrattamenti ex art. 572 Cp. 110

Così, G. De Simone, Il delitto di atti persecutori (la struttura oggettiva della fattispecie), in AP 2013 (3), 47 s.

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esigenze e sulle valutazioni soggettive dei singoli individui che patiscono un vero e proprio assillo.

L’emersione di incontrollabili tendenze di stampo soggettivistico potrà essere evitata mediante opportuni temperamenti che investano gli elementi della disposizione penale.

Sul piano oggettivo, bisognerà, in primo luogo, delimitare il mutamento degli stili di vita attraverso parametri desunti dal senso comune o dal sapere medico-psicologico che approfondiscano in modo obiettivo l’offesa al bene giuridico protetto, con conseguente esclusione dei cambiamenti scarsamente incidenti sull’organizzazione dei costumi di vita del soggetto passivo111.

Quanto all’ambito soggettivo, le reazioni della persona offesa saranno estranee all’oggetto del dolo qualora l’alterazione del c.d. «desarollo di vida cotidiana» sia espressione di una sensibilità superiore alla media, salvo nel caso in cui il soggetto attivo sia consapevole della particolarità vittimologica della «preda» (conoscenza diretta, ricezione di diffide, ecc.), e, nonostante ciò, continui lo stillicidio persecutorio.

5.3.4. La valutazione del rapporto eziologico tra le condotte e l’evento descritto

dall’art. 172 ter Cpe rientra nel campo della causalità psichica. Questa tematica è stata affrontata dalla scienza penalistica 112 non solo

nell’ipotesi di concorso morale nel reato, ma anche in tutte quelle disposizioni penali monosoggettive, ove il comportamento criminoso tipico del soggetto attivo determina un’interazione comunicativa ed un conseguente influsso di stampo psichico nei confronti della vittima del reato.

In tal senso, un autorevole orientamento dottrinale, ha sostenuto che il rapporto causale, sia esso di stampo psichico o naturalistico, non presuppone l’esistenza di differenze tali da convalidare un criterio paradigmatico di diversa specie.

Secondo tale posizione, la verifica dei risultati psichici quale conseguenza di una condotta non potrà prescindere dall’impiego della teoria condizionalistica e da determinate generalizzazioni statistiche che provino l’influenza dell’azione criminosa sull’altrui animus, e consentano di affermare, «per esempio, che la maggior parte degli uomini, o che una percentuale di essi, si comporta, in date circostanze, in un dato modo»113.

111 Nella dogmatica spagnola si vedano, al riguardo, le puntuali osservazioni di A. Galdeano Santamaria, Estudio critico

sobre el anteproyecto de reforma penal de 2012, cit., 576 ss. Similmente, in Italia, M. Caputo, Eventi e sentimenti nel

delitto di atti persecutori, in Studi in onore di Mario Romano, a cura di M. Bertolino, L. Eusebi e G. Forti, Napoli 2011,

1406 s. 112 Cfr. le riflessioni sul concetto di causalità psichica compiute, seppure con riferimento alle ipotesi di concorso morale

di reato, da D. Castronuovo, Fatti psichici e concorso di persone. Il problema dell’interazione psichica, in La prova dei

fatti psichici, a cura di G. De Francesco, C. Piemontese ed E. Venafro, Torino 2010, 191 s., secondo cui, «per ovviare ai

problemi di probatio diabolica, quindi per giungere all’accertamento degli effetti dell’interazione psichica sul piano

motivazionale, occorrerebbe applicare criteri di generalizzazione nomologica o massime di esperienza, postulando così

la possibilità di rinvenire delle “regolarità” e di definire tali fenomeni alla stregua di “fatti ripetibili”: quindi,

processualmente, fatti appartenenti alla “logica dei probabili»; Id., Fatti psichici e concorso di persone. Il problema

dell’interazione psichica, in [email protected]. Studi e materiali di diritto penale (1), 170 s.

Si veda anche, dal punto di vista della fattispecie penale monosoggettiva, F. Cingari, Causalità psichica e massime di

esperienza: un modello differenziato di causalità?, in DDP 2009, 768 s.; M. Caputo, Eventi e sentimenti nel delitto di atti

persecutori, cit., 1395 s. 113 F. Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale2, Milano 2000, 104 ss.; M. Romano, Nesso causale

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Una diversa concezione teorica114 ritiene che il sistema causale classico non è compatibile con la tutela penale dei sentimenti e delle emozioni, in quanto l’interazione psichica risulterebbe irriducibile rispetto alle tradizionali metodiche di indagine eziologico-deduttive.

Così, la particolare struttura del risultato psichico si discosterà dallo schema causale naturalistico, perché le dinamiche emozionali interiori non sono ripetibili e non possono essere esplicate mediante leggi scientifiche; e la prova del rapporto causale potrà raggiungersi soltanto attraverso massime di esperienza, desunte dalle nuove tecniche neuro scientifiche e dal campo della psicologia.

Con riferimento al delitto di acoso, l’uso del verbo «alterare» delinea un condizionamento mentale che sottopone le vittime ad una forma di pressione psicologica talmente intensa da causare, quale risultato psichico intermedio, la modifica dello sviluppo della vita quotidiana.

Ciò implica l’esistenza di un duplice legame causale tra i comportamenti criminosi elencati dall’art. 172 ter Cpe, e la costrizione, e tra quest’ultima ed il mutamento dello stile di vita, nel senso che il destinatario delle molestie assillanti vive uno status di incessante turbamento e non trova alcun rimedio idoneo a fronteggiare la campagna persecutoria.

Invero, non può escludersi a priori l’impiego di leggi che ammettano un decorso causale di tipo probabilistico, secondo l’id quod plerumque accidit, tra un accadimento della realtà fisica ed un avvenimento del mondo psichico, giacché nessuno può dubitare che la perdurante presenza intrusiva del soggetto agente davanti al portone di casa della persona offesa in determinate ore della giornata, la costringa a non uscire o a mutare i propri ritmi di vita.

Quindi, l’esame delle modalità delittuose va compiuto sulla base di una preliminare prospettiva ex ante, che esplichi le tappe causali storicamente realizzatesi (i reiterati appostamenti davanti l’uscio altrui), documentabili non solo attraverso la letteratura criminologica, psicologica, e medico- psichiatrica, ma anche in base ad un ragionamento logico-deduttivo dell’organo giudicante, fondato su dati derivanti dall’esperienza empirico- sociale.

Una seconda fase consisterà in un successivo controllo del caso concreto da parte del giudice, che dovrà accertare il fatto ex post, in virtù di una riflessione empirica, diretta ad accertare la sussistenza di decorsi alternativi materiali, che non permettano di includere l’effetto psichico quale conseguenza dell’esito persecutorio patito dalla persona offesa, la cui configurabilità o meno implicherà l’affermazione o la negazione di un rimprovero nei confronti del soggetto agente.

e concretizzazione delle leggi scientifiche in diritto penale, in AA.VV. Scritti per Federico Stella, Napoli 2007, 915 ss.

Si veda, anche, F. Dencker, Kausalitat und Gesamtatt, Berlin 1996, 26 s.; C. Roxin, Strafrect. Allgemeiner Teil2, Munchen

2003, 148 ss. 114 R. Bartoli, Il problema della causalità penale, Torino 2010, 68 s.; F. Cingari, La causalità psichica in ambito

monosoggettivo, in La prova dei fatti psichici, a cura di G. De Francesco, C. Piemontese ed E. Venafro, Torino 2010 243

ss.; L. Risicato, La causalità psichica tra determinazione e partecipazione, Torino 2007, 73 s.; L. Cornacchia, Il problema

della c.d. causalità psichica rispetto ai condizionamenti mentali, in AA.VV. Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei

reati contro la persona, a cura di S. Canestrari e G. Fornasari, Bologna 2001, 217 ss.

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Pertanto, il vaglio del nesso causale non può prescindere della sussunzione sotto leggi di copertura in luogo della peculiarità del caso concreto e dell’intersecarsi di aspetti psicologici, di cui, naturalmente, il giudice dovrà tenere conto.

Le perplessità che riguardano l’elaborazione di una ricerca sul nesso causale incidente sulla delicate questioni della vita psichica del soggetto passivo, sono, in fondo, molto simili a quelle desumibili nello studio dell’elemento psicologico del reato115.

5.4. Il profilo di imputazione soggettiva del delitto di acoso, cioè il complesso

degli elementi da cui deriva il compimento di un fatto tipico, ha natura dolosa, in quanto il molestatore prevede e vuole, quale conseguenza di uno dei comportamenti criminosi delineati dall’art. 172 ter Cpe, l’alterazione dell’ordinario sviluppo della vita quotidiana del soggetto perseguitato.

Tuttavia, bisogna interrogarsi sull’esatta individuazione della connotazione dolosa dell’illecito penale in relazione all’attribuzione di un giudizio di colpevolezza116.

Con riferimento al dolo intenzionale, c.d. dolo directo de primer grado117, esso presenta una prevalenza dell’elemento volitivo, in quanto il soggetto attivo si rappresenta e vuole produrre un fatto costituente reato, comprensivo dell’evento, mentre sul piano rappresentativo non è necessario che l’autore agisca con certezza del risultato lesivo, ritenendosene sufficiente la semplice possibilità.

In tal senso, le vicende di cronaca giudiziaria hanno spesso evidenziato come le dinamiche persecutorie presuppongono che la volontà di uno stalker contraddistinto da una certa aggressività può essere diretta a causare l’assillo della persona offesa, ed in alcuni casi potrebbe adottarsi la suddetta categoria dolosa.

Questa posizione comporterebbe l’esclusione del dolo directo de segundo grado, giacché sussisterebbe un rimprovero colpevole soltanto se l’esito persecutorio venga prodotto in virtù di una volontà esplicitamente orientata a ciò, mentre nel dolo diretto prevale il momento rappresentativo, per cui l’autore del fatto non vuole l’effetto lesivo, ma se lo rappresenta come epilogo certo o sicuramente probabile della sua azione.

Il richiamo a tale forma di dolo consentirebbe soltanto la punibilità di quei comportamenti criminosi che, quando furono commessi, erano dal punto di vista del soggetto attivo idonei a provocare la modifica delle abitudini di vita altrui, anche se tale opzione ermeneutica sarebbe ammissibile laddove si attribuisse alla locuzione «llevando a cabo» un significato simile all’espressione «al fine di», con inevitabile reinterpretazione di tale fattispecie in reato di pericolo. Per il medesimo motivo va rigettata l’adozione del dolo specifico rispetto alla suddetta normativa penale118.

Quanto al dolo eventuale, il suo accoglimento non desta particolari problemi, in quanto ai fini dell’attribuzione della responsabilità penale dell’imputato per il desarollo de vida cotidiana basta che il molestatore assillante, seppure non voglia il

115

E. Di Salvo, Causalità e responsabilità penale, Torino 2007, 17 s. 116 Per ampi approfondimenti, si veda S. Canestrari, Il dolo, in Trattato di diritto penale. Parte generale, a cura di A.

Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna e M. Papa, Torino 2013, 100 ss. 117 H.H. Jescheck, Tratado de derecho penal. Parte general, Barcelona 1981, 402 s. 118 Per una brillante confutazione della tesi dell’evento immateriale quale indizio del dolo specifico, si veda L. Picotti, Il

dolo specifico, cit., 110 s.

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risultato lesivo, ne preveda la possibile realizzazione come possibile o probabile, ed accetti il rischio della sua manifestazione119.

Come può desumersi dalla costruzione dogmatica del reato, il dolo è senza dubbio generico, poiché non si richiede che l’autore agisca per una ulteriore finalità, in quanto ciò violerebbe i confini di tipicità del reato, ma è sufficiente la sua volontà di compiere le modalità criminose descritte dall’art. 172 ter Cpe, nella consapevolezza dell’idoneità delle medesime a cagionare l’esito finale della campagna persecutoria.

5.5. Il Parlamento spagnolo ha inserito nella recente disciplina normativa del

delitto di molestie assillanti due circostanze aggravanti, che presentano una certa similitudine rispetto al modello di incriminazione italiano.

L’art. 172 ter co. 1 par. 4 Cpe, prevede un aumento della pena pari alla reclusione da sei mesi a due anni nell’ipotesi in cui gli atti assillanti si rivolgano nei confronti di una persona vulnerabile, in ragione della sua età, della sua infermità, e della sua specifica condizione psico-fisica.

La concezione di un reato imperniato sul c.d. «diritto penale della vittima»120 fa il suo ingresso in questa peculiare ipotesi aggravata, il cui scopo è quello di garantire una protezione maggiore nei riguardi di quei soggetti «deboli», in cui le ripercussioni psicologiche delle intrusioni moleste sono molto forti e talmente devastanti da ridurli ad uno stato di minorata difesa (ad es., i minori).

Un ulteriore tipo agravado è predisposto nel successivo capoverso della normativa, e concerne il caso in cui il trattamento sanzionatorio si articola nella pena alla reclusione da uno a due anni, o nella sanzione penale del lavoro a beneficio della comunità da sessanta a centoventi giorni, qualora l’offeso rientri tra i soggetti a cui si riferisce l’art. 173 par. 2 Cpe.

L’obiettivo di politica criminale sotteso all’estensione di punibilità della novella incriminatrice, attiene all’intenzione del legislatore di salvaguardare quegli individui più esposti alle reiterate dinamiche di assillo, in virtù di una pregressa o attuale relazione affettiva, di mera convivenza (coniuge, amante), di un rapporto di parentela (discendenti, ascendenti, affini), o di un evidente stato di infermità mentale.

Tuttavia, una possibile sovrapposizione tra il delitto di violenza domestica ex. art. 173 par. 2 Cpe, e quello di acoso determinerà un serio onere interpretativo in capo al giudice, il quale sarà costretto a valutare quando il fatto tipico rientri nel fenomeno criminoso degli atti persecutori o sia più opportuno considerare l’adozione, esclusiva od in concorso, del reato di maltrattamenti abituali121.

119 La stessa posizione, relativamente al rapporto tra dolo eventuale ed il terzo degli eventi previsti in via alternativa dalla

disposizione penale di atti persecutori, è sostenuta da M. Caputo, Eventi e sentimenti nel delitto di atti persecutori, cit.,

1395 s. 120 Di contrario avviso, A. Matallin Evangelio, Articulo 172 ter. Delito de acoso: la criminalizaciòn de la molestia, cit.,

585 s., secondo cui queste vittime non necessitano di una tutela speciale, in quanto sono già ampiamente protette dalle

circostanze aggravanti generiche ex art. 22 Cpe, e ciò ingenera il rischio di una sconsigliabile ridondanza legislativa. 121

Si vedano, in ambito comparatistico, le perplessità della dottrina penale italiana in ordine ai conflittuali rapporti tra le

fattispecie penali di atti persecutori (art. 612 bis Cp) e di maltrattamenti verso fanciulli e conviventi ex. art. 572 Cp, che

però saranno il più delle volte risolti mediante l’attuazione della clausola di sussidiarietà “salvo che il fatto costituisca più

grave reato”, in favore di quest’ultima disposizione penale. Cfr., al riguardo, A.M. Maugeri, Lo stalking tra necessità

politico- criminale e promozione mediatica, cit., 178 s.

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5.6. L’introduzione di una clausula concursual nella struttura della norma penale ha suscitato severe critiche da parte dei primi commentatori122 del disegno di legge parlamentare che ha visto l’approvazione dell’art. 172 ter Cpe.

L’espressa attribuzione delle sanzioni penali previste per quelle incriminazioni che si potranno desumere e concretizzare negli atti assillanti evoca gravi tensioni con il principio del ne bis in idem, poiché ciò comporta il rischio di una duplicazione sanzionatoria non soltanto rispetto alla produzione del risultato tipico, ma anche nei riguardi dei segmenti dei singoli atti da cui origina l’evento della grave alterazione della vita quotidiana.

Infatti, l’inidoneità di una tale soluzione sarà tangibile in quegli episodi criminosi caratterizzati da una condotta isolata, la cui reiterazione integra lo schema tipico degli atti persecutori, ma configura pure alcuni illeciti tradizionali di coercizione e minacce da cui si ricava la violazione della libertà del soggetto passivo; come nel caso della ricerca di un contatto telefonico o per mezzo di terze persone mediante minaccia implicita.

Nemmeno il rapporto tra le c.d. molestie assillanti ed altre norme penali che tutelino beni giuridici diversi dalla libertà, quali ad esempio il reato di acoso sexual ex. art. 184 Cpe, sarà esente dal rischio di una indesiderata confluenza tra disposizioni penali, che si realizzerà, nel caso di specie, qualora il persecutore sorvegli con insistenza la vittima, sollecitando plurime richieste di natura sessuale, così violandone contestualmente l’integrità morale oltre alla libertà di autodeterminazione.

Un possibile rimedio al latente pericolo di indeterminatezza della novella legislativa potrebbe essere individuato nell’inserimento di una clausola di sussidiarietà, che consenta di evitare l’insorgenza di un concorso di reati in cui un medesimo fatto integri nel contempo gli estremi del delitto di molestie assillanti e di altro più grave reato, con irrogazione di pene eccessivamente spropositate.

6. L’introduzione dell’art. 172 ter Cpe, nel quadro della riforma del codice penale

spagnolo, solleva seri dubbi in merito alla sua compatibilità con i principi costituzionali.

Invero, anche il paragone con la disciplina penale italiana degli atti persecutori rende evidente la comune tendenza dei vari sistemi legislativi ad un uso simbolico del diritto penale, che ratifica il trionfo di un tipo criminologico in grado di rassicurare i cittadini nei confronti di un fenomeno odioso e dai tratti spesso inafferrabili, strettamente legati alla difficile questione della tutela penale dei sentimenti123.

Il contrasto al fenomeno criminoso dell’acoso non può però dirsi pienamente raggiunto laddove il legislatore elabori fattispecie che presentano scarsa tipicità, e costringano l’organo giudicante ad un notevole sforzo interpretativo

122 Un deciso invito alla soppressione della clausola concorsuale è espresso da A. Galdeano Santamaria, Estudio critico

sobre el anteproyecto de reforma penal de 2012, cit., 574 s. In toni meno perentori, ma ugualmente critici, C. Villacampa

Estiarte, El nuevo delito de stalking/acoso, cit., 7 s. 123 Sulla tematica di una soluzione penale alle aggressioni ai sentimenti, cfr., in chiave critica, M. Donini, Danno e offesa

nella c.d. tutela penale dei sentimenti. Note su morale e sicurezza come beni giuridici, a margine della categoria

dell’offense di Joel Feinberg, in RIDPP 2008, 1546 ss.; T. Hornle, Der Schutz von Gefühlen in StGB, in AA.VV., Die

Rechtsguttheorie. Legitimationsbasis des Strafrechts oder dogmatisches Glasperlenspiel?, Baden Baden 2003, 268 ss.

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nell’accertamento del fatto tipico, con conseguente estensione indiscriminata rispetto a casi che non rientrano nel fenomeno criminoso dello stalking.

Tale modus operandi determina non solo l’elusione dello specifico compito di politica criminale assegnato al Tatbestand, che consiste nel rispetto del principio di tassatività e determinatezza della norma penale, ma anche la mancata affermazione di un sistema penale fondato sul rispetto dei diritti umani e sulla realizzazione di una società democratica.