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Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente: Teoria computazionale-rappresentazionale della mente Cognizione: elaborazione di rappresentazioni Le rappresentazioni sono il materiale minimale dei processi cognitivi, intesi come information processing. Il processo di elaborazione delle rappresentazioni è guidata da regole.

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Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente:

Teoria computazionale-rappresentazionale della mente

Cognizione: elaborazione di rappresentazioni

Le rappresentazioni sono il materiale minimale dei processi cognitivi, intesi come information processing. Il processo di elaborazione delle rappresentazioni è guidata da regole.

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Esempio paradigmatico di una teoria computazionale di processi cognitivi: la teoria della VISIONE

David Marr (1945-80): Figura centrale, sia per la sua specifica teoria computazionale della visione sia per la sua riflessione epistemologica.Infatti, nella teoria di Marr, non è sufficiente analizzare semplicemente l’aspetto neurofisiologico del fenomeno visivo per comprenderne la struttura.L’analisi di Marr individua invece 3 livelli di analisi necessari per comprendere il fenomeno della visione:

il livello computazionale

Il livello algoritmico

Il livello implementativo

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Livello COMPUTAZIONALE Organizzazione funzionale (in sottosistemi) della visione nell’ambito del sistema cognitivo nel suo complesso

------------------------------------------------------------------------------------------Livello ALGORITMICO Specificazione degli algoritmi eseguiti

dai sottosistemi individuati al livello computazionale

------------------------------------------------------------------------------------------Livello IMPLEMENTATIVO Specificazione della struttura neurale

che esegue gli algoritmi------------------------------------------------------------------------------------------

Obiettivo della teoria di Marr: spiegare come si si determina la forma tridimensionale di un oggetto, a partire da un’immagine bidimensionale come quella che si forma sulla retina.

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In sintesi, la teoria di Marr descrive un processo di riconoscimento visivo di un oggetto attraverso 3 fasi:Schizzo primario: valore di intensità di ogni punto e loro distribuzione e organizzazioneSchizzo a 2-1/2-dimensioni: proprietà delle superfici visibili in un sistema di coordinate centrato sull’osservatoreRappresentazione 3-dimensioni: rappresentazione in un sistema di coordinate centrato sull’oggetto

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Importante: tutte e tre le fasi nella teoria di Marr sono descrivibili in termini computazionali.

Queste fasi sono simulabili mediante computer e realizzabili in un processo di visione artificiale, che risulta così sostanzialmente analoga a quella naturale.

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Aspetti che rendono la teoria di Marr un esempio paradigmatico di scienza cognitiva ‘classica’:

Funzionalismo

I livelli hanno un certo grado di autonomia l’uno dall’altro

Realizzabilità Multipla

Molti algoritmi diversi possono in linea di principio eseguire computazionalmente lo stesso compito

Ci sono molti modi differenti di implementare un dato algoritmo Relativa indipendenza dal livello implementativo (es. biologico)

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Alan Turing e l'IA

Alan Turing, ideatore di uno dei principali modelli di calcolo (chiamati in suo onore Macchine di Turing), ha svolto anche un ruolo filosofico importante nello sviluppo dell’IA. Egli infatti ha scritto un articolo ‘qualitativo’ intitolato Macchine calcolatrici e intelligenza (1950), nel quale il problema del rapporto tra menti e macchine è analizzato mediante un esperimento ideale (il ‘gioco dell’imitazione’).

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A. Turing, Macchine calcolatrici e intelligenza (1950)Domanda M

“Possono pensare le macchine?”

Invece di tentare di rispondere dopo un’analisi del significato dei termini “macchina” e “pensiero”, Turing propone di sostituire questa domanda con un’altra, che presuppone un esperimento ideale (detto gioco dell’imitazione).

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Gioco dell’imitazione Test di Turing

A C (“interrogante”)

B

A e B sono un uomo e una donna. C non sa qual’è l’uomo e quale la donna: lo scopo del gioco consiste nell’indovinare mediante una serie di domande adeguate.

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Ora la domanda M

“Possono pensare le macchine?”

può essere sostituita dalla domanda M*

“Cosa accade se una macchina prende il posto di A?”

C “interrogante”

B

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“Sarà dato per scontato che la migliore strategia per la macchina sia quella di provare a formulare le risposte che sarebbero date istintivamente da un uomo.” (p. 169)

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Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente Teoria computazionale e rappresentazionale della mente (cognizione come elaborazione computazionale di rappresentazioni)

Questo approccio risulta fecondo per aspetti importanti

- filosoficamente neutrale (niente problema mente-corpo)- concettualmente economico- fondato sul potente apparato formale della teoria della computazione

ma solleva anche vari problemi, sia 'tecnici' sia 'fondazionali'.

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Due classi di problemi determinati dall'approccio computazionale, funzionalista e e simbolico allo studio della mente e della cognizione:

- Problemi tecnici, legati alla limitata efficacia dell'approccio computazionale nei confronti di determinati problemi cognitivi (questi problemi sono stati accentuati dallo sviluppo delle conoscenze neuroscientifiche sulle proprietà e comportamento del cervello);

- Problemi filosofici, legati a una serie di implicazioni discutibili dell'approccio funzionalista alla mente e alla cognizione.

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Problemi tecnici per una concezione funzionalista (computazionale) della mente e della cognizione

La metafora della mente come computer è efficace rispetto a compiti cognitivi 'difficili' e astratti, ma è in estrema difficoltà rispetto a compiti cognitivi che per un essere umano sono semplici e quasi banali (riconoscimento di oggetti, capacità di coordinazione sensomotoria, …).

Non di rado, questo sembra dipendere dalle differenze molto rilevanti tra la struttura di elaborazione di un calcolatore e la struttura di elaborazione rappresentata dal sistema nervoso (di cui il cervello è una parte).

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Elaborazione parallelaNei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in parallelo: anche se il singolo neurone è 'lento', il parallelismo su grandi masse di neuroni rende possibile risolvere compiti che per un calcolatore seriale sono difficili.

Elaborazione distribuitaNei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in modo distribuito su molti elementi, che svolgono tutti la stessa operazione (questi elementi a volte sono lontani tra loro).

ApprendimentoI sistemi nervosi non vengono programmati ma apprendono dall'esperienza. Un apprendimento stabile corrisponde al rafforzamento delle connessioni con cui i neuroni comunicano.

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Da queste proprietà osservate del sistema nervoso nasce l'idea delle reti neurali artificiali, che sono dei sistemi di elaborazione del'informazione ispirati alla struttura neurale biologica.

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Ambiente esterno RETI NEURALI ARTIFICIALI

Unità di output

Unità nascoste

Unità diinput

Ambiente esterno

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Computer / Reti neurali

Discreto / Continuo Simbolico / Non-Simbolico

I calcolatori (basati sul modello delle MT) sono sistemi di elaborazione dell'informazione simbolici e discreti: essi funzionano cioè sulla base di un alfabeto discreto di simboli e della loro lettura e trasformazione. Le reti neurali sono invece sistemi di elaborazione dell'informazione non simbolici e continui: essi non possiedono alcun alfabeto ma elaborano un segnale dotato di una determinata intensità.

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Problemi filosofici per una concezione funzionalista (computazionale) della mente e della cognizione

Qualunque prospettiva funzionalista sulla mente è principalmente sintattica e simbolica: ma in che modo le ‘rappresentazioni’ – che sarebbero il materiale di base dei processi cognitivi – assumono un significato?

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È il cosiddetto symbol grounding problem (l'espressione è dello scienziato cognitivo Stevan Harnad): come e dove nasce la semantica delle rappresentazioni?

Si tratta di un problema molto difficile per le scienze cognitive, in particolare per quelle che si occupano di costruire sistemi cognitivi artificiali.

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In una prospettiva computazionale e funzionalista, il symbol grounding problem è una questione difficile da risolvere: l’elaborazione di rappresentazioni viene concepito come un processo in larga parte simbolico, e come tale indifferente al piano dei significati.In questo senso, il symbol grounding problem rappresenta un punto critico dell’approccio computazionale e funzionalista, accanto ad almeno altri due punti: - il problema della coscienza- l’argomento della stanza cinese

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Il problema della coscienza

Problema della natura degli stati qualitativi e fenomenici della soggettività. Scrive il filosofo della mente David Chalmers nel saggio Come affrontare il problema della coscienza (1995):

«La coscienza pone i problemi più sconcertanti nella scienza della mente. Non conosciamo nulla in modo più intimo dell'esperienza conscia, ma non c'è nulla che sia più difficile da spiegare.»

[Agostino diceva analogamente – ma con riferimento al problema del tempo: "Quando non me lo chiedono, io so cos'è il tempo, ma quando me lo chiedono, non lo so più."]

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Secondo Chalmers,

"non c'è un unico problema della coscienza. Il termine coscienza è ambiguo, perché si riferisce a molti fenomeni differenti e ciascuno di essi richiede una spiegazione, sebbene alcuni siano più facili da spiegare che altri."

Esistono in realtà, sempre secondo Chalmers, due categorie di problemi della coscienza: i problemi "facili" e i problemi "difficili".

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"I problemi facili della coscienza sembrano direttamente soggetti ai metodi correnti della scienza cognitiva, attraverso i quali un fenomeno viene spiegato mediante meccanismi computazionali o neurali."Esempi:

- capacità di discriminare stimoli ambientali e di reagire- capacità di accedere ai propri stati interni- controllo del comportamento- differenza tra veglia e sonno- capacità di riferire i propri stati interni……..

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Definire "facili" i problemi in questa categoria significa che possiamo avere un'idea chiara di cosa vorrebbe dire poterli spiegare.

Abbiamo cioè un'idea ragionevole di una possibile spiegazione di questi problemi, anche se magari per molti di essi non abbiamo già di fatto una simile spiegazione.

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"Il problema davvero difficile della coscienza è quello dell’esperienza. Quando pensiamo e percepiamo c’è un frullio di elaborazioni dell’informazione, ma c’è anche un aspetto soggettivo. Come ha detto Nagel, c’è il com’è [what it is like] essere un organismo conscio. Questo aspetto soggettivo è l’esperienza."

[D. Chalmers, Come affrontare il problema della coscienza, in Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della neuroscienza, Bollati Boringhieri pp. 237-239]

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Per (tentare di) affrontare il problema difficile, esistono svariate strategie possibili che si collocano all'interno di due estremi:

Dualismo – L'idea che non soltanto la coscienza (fenomenica) esiste ma è di natura non materiale ( dualismo di origine cartesiana)

Riduzionismo – L'idea che la coscienza (fenomenica) non esiste e che quando abbiamo spiegato il problema che Chalmers definisce "facile" abbiamo spiegato tutto quello che c'è da spiegare.

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Tra questi estremi esiste una grande varietà di concezioni, tra cui vale la pena di ricordarne almeno due.

1) La concezione misterica della coscienza, secondo cui la coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, ma di una complessità che eccede le nostre capacità cognitive.

Queste capacità possono cioè formulare il problema della coscienza ma non possono risolverlo: secondo l'espressione di Colin McGinn – il filosofo che ha difeso questa concezione – la nostra mente è cognitivamente chiusa rispetto al problema della coscienza.

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2) La concezione – difesa dallo stesso Chalmers – secondo cui la coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, nel senso che il suo aspetto fenomenico è un aspetto fondamentale della realtà stessa.

Se questo è vero, allora deve essere possibile indagare l'aspetto fenomenico della realtà in modi non troppo diversi da quelli usati per indagare altri aspetti della realtà che riteniamo fondamentali (e Chalmers cita come esempi lo spazio, il tempo, la massa,….).

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L’argomento della stanza cinese

(John R. Searle, Menti, cervelli e programmi, 1980)

Distinzione IA debole/IA forte

IA debole“Secondo l’IA debole, il pregio principale del calcolatore nello studio della mente sta nel fatto che esso ci fornisce uno strumento potentissimo: ci permette ad esempio di formulare e verificare le ipotesi in un modo più preciso e rigoroso.”

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IA forte

“Secondo l’IA forte, invece, il calcolatore non è semplicemente uno strumento per lo studio della mente ma piuttosto, quando sia programmato opportunamente, è una vera mente: è cioè possibile affermare che i calcolatori, una volta corredati dei programmi giusti, capiscono letteralmente e posseggono altri stati cognitivi.”

Test di Turing?

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LA STANZA CINESE

F1 = scritturaF1 = ideogrammi R1 = regole per legare F1 e F2

F2 = storiaF2 = ideogrammi

F3 = domandeF3 = ideogrammi R2 = regole per scrivere

ideogrammi in risposta a ideogrammi in F3

[R1 e R2 sono ‘programmi’]

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“Dal punto di vista esterno, cioè dal punto di vista di qualcuno che legga le mie ‘risposte’, le risposte alle domande in cinese e a quelle in inglese sono altrettanto buone. Ma nel caso del cinese, a differenza dell’inglese, io do le risposte manipolando simboli formali non interpretati. Per quanto riguarda il cinese, mi comporto né più né meno che come un calcolatore: eseguo operazioni di calcolo su elementi specificati per via formale.”

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“Ora, l’IA forte sostiene che il calcolatore programmato capisce le storie e che il programma in un certo qual senso spiega la capacità di comprendere dell’uomo. [....]

Ciò che l’esempio lascia intendere è che, finché il programma è definito in termini di operazioni di calcolo su elementi definiti per via puramente formale, questi elementi non hanno di per sé alcun legame interessante con la comprensione. [....]

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“Il fatto è che quali che siano i princìpi puramente formali introdotti nel calcolatore, essi non saranno sufficienti per il comprendere, poiché un essere umano sarà capace di seguire quei princìpi formali senza per questo capire nulla.”

Searle, Menti, cervelli e programmi

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Intermezzo: Linguistica VS. Filosofia tra la prima metà del XIX secolo e la seconda metà del XX secolo

Linguistica Filosofia

Studio comparato delle Costruzione e giustificazione lingue storiche e attuali di una teoria della mente

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Gottlob Frege e la nascita della LOGICA FORMALE

Leggi del pensiero in senso normativo: Rimangono escluse le modalità empiriche di

rappresentazione del pensiero, compreso il linguaggio

Generale atteggiamento anti-mentalistico(tendenza a separare mente e linguaggio)

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“La parola «vero» indica alla logica la direzione, così come «bello» la indica all’estetica e «buono» all’etica. Certo, tutte le scienze hanno come obiettivo la verità; ma la logica se ne occupa in una maniera del tutto diversa. Il suo rapporto con la verità è grosso modo quello che la fisica ha con il peso o con il calore. Scoprire verità è il compito di tutte le scienze: alla logica spetta di individuare le leggi dell’«esser vero»”

G. Frege

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«È compito della filosofia spezzare il dominio della parola sullo spirito umano svelando gli inganni che, nell’ambito delle relazioni concettuali, traggono origine, spesso quasi inevitabilmente, dall’uso della lingua e liberare così il pensiero da quanto di difettoso gli proviene soltanto dalla natura dei mezzi linguistici di espressione.»

G. Frege

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Intorno alla metà del XX secolo inizia a cambiare l’atteggiamento dei logici e dei filosofi nei confronti del linguaggio naturale, non più considerato esclusivamente un sistema imperfetto e fonte di equivoci e inesattezze (come avevano fatto filosofi e logici come Frege, Russell e il ‘primo’ Wittgenstein).

Un passo importante in questa direzione fu la distinzione, analizzata nell’opera Introduction to Semantics (1942) del logico e filosofo della scienza Rudolf Carnap (1891-1970), tra

Sintassi Relazioni puramente simboliche

Semantica Relazioni tra simboli e significati

Pragmatica Relazioni forma-uso del linguaggio

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Grammatica generativa Teoria linguistica elaborata da Noam Chomsky a partire dagli anni ‘50 del XX secolo: esempio particolarmente significativo di teoria cognitiva basata sul binomio regole/rappresentazioni.

In questo contesto, la linguistica è lo studio della struttura del linguaggio interpretato come sistema cognitivo.

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Tesi generale: il linguaggio è una capacità fondata sulla struttura biologica della specie umana.Implicazione fondamentale: le principali proprietà del linguaggio si collocano in senso primario nella sfera cognitiva e solo in senso secondario nella sfera comunicativa

“Uno dei domini empirici nei quali si sono registrati progressi sensibili è lo studio del linguaggio. Per come lo interpreto, il lavoro svolto in linguistica si basa (spesso implicitamente) su una qualche versione della tesi sulla mente/cervello e si inquadra ragionevolmente nella psicologia e, più in generale, nella biologia umana; alcuni studiosi vi hanno fatto riferimento adottando, con motivazioni ragionevoli, il termine biolinguistica”

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“L’oggetto di queste ricerche è costituito da alcuni stati specifici in cui si trovano le persone, in particolare il loro cervello; chiamiamo questi stati ‘stati linguistici’. Tali ricerche si propongono di mettere a nudo la natura e le proprietà di questi stati, il loro sviluppo e le diverse forme che possono assumere nonché le loro basi nel corredo biologico innato. Quest’ultimo sembra dar luogo a una ‘facoltà del linguaggio’ che costituisce una delle componenti specifiche delle facoltà mentali più elevate, [...] una ‘proprietà della specie’ che è condivisa, in linea di principio, da tutti gli esseri umani.”

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Noam Chomsky (n. 1928) e gli inizi della grammatica generativa

Tappe importanti per formazione intellettuale di Chomsky :

Tesi di Carnap sul ruolo dei concetti astratti nella scienza Tesi di Carnap sull’obiettivo di una ‘scienza unificata’ (scienze

naturali & scienze umane) Influenza del neuropsicologo Eric Lenneberg (1922-1975) - autore

di un libro poi intitolato Fondamenti biologici del linguaggio (1967) - sulle basi biologiche del linguaggio

Periodo di insegnamento al MIT (corsi di linguistica, logica e filosofia del linguaggio a studenti di scienze)

Maturazione alla fine degli anni ‘50 di un atteggiamento ‘mentalistico’ e anti-comportamentista

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«Una grammatica può essere vista come un dispositivo per produrre

enunciati del linguaggio analizzato. Più in generale, i linguisti devono

occuparsi del problema di determinare le proprietà fondamentali che

sono alla base delle grammatiche efficienti.

Il risultato definitivo di queste indagini dovrebbe essere una teoria

della struttura linguistica in cui i dispositivi descrittivi utilizzati in

particolari grammatiche sono presentati e studiati in modo astratto,

senza alcun riferimento specifico a linguaggi particolari.»

Chomsky, Syntactic Structure 1957

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«[Il libro Syntactic Structures (1957) di Chomsky] è uno dei primi seri tentativi da parte di un linguista di costruire una teoria globale del linguaggio che possa essere intesa nello stesso senso in cui una teoria biologica o chimica è usualmente intesa dagli esperti di quei campi. Non è soltanto una mera riorganizzazione dei dati in un nuovo tipo di catalogo, né un’altra filosofia speculativa sulla natura dell’Uomo e del Linguaggio, ma piuttosto una rigorosa esplicazione delle nostre intuizioni sul linguaggio in termini di un esplicito sistema assiomatico e dei teoremi da esso derivabili, tutti risultati espliciti che possono essere confrontati con nuovi dati e nuove intuizioni, basate chiaramente anch’esse su una teoria esplicita della struttura interna dei linguaggi.»

R. Lees (Recensione a Syntactic Structures , 1957)

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GRAMMATICA E GRAMMATICA GENERATIVA

«L’obiettivo fondamentale nell’analisi linguistica di un linguaggio L consiste nel separare le sequenze grammaticali che sono enunciati di L dalle sequenze agrammaticali che non sono enunciati di L.

La grammatica sarà dunque un dispositivo che genera tutte le sequenze grammaticali di L senza generare alcuna sequenza agrammaticale.»

Chomsky, Syntactic Structure 1957

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L’argomento della «povertà dello stimolo»: La facoltà di linguaggio non può essere appresa semplicemente ‘dall’esterno’, perché nessun input soltanto esterno è sufficiente.

«Il linguaggio non è un artefatto culturale che impariamo, così come impariamo a leggere l’ora o come funziona il governo federale. […] Il linguaggio è un’abilità complessa e specializzata che si sviluppa spontaneamente nel bambino senza sforzo conscio o istruzione formale, che viene usato senza la coscienza della sua struttura logica. […]Il termine ‘istinto’, anche se un po’ antiquato, suggerisce che l’uomo sa parlare più o meno nello stesso senso in cui il ragno sa tessere la propria tela.»

Steven Pinker, 1997

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“Benché si fosse compreso che i processi linguistici sono in un certo senso “creativi”, gli strumenti tecnici per esprimere un sistema di processi ricorsivi semplicemente non erano disponibili fino a tempi molto recenti. Infatti una comprensione piena di come una lingua può [...] ‘fare un uso infinito di mezzi finiti’ si è sviluppata soltanto negli ultimi trent’anni, nel corso di studi sui fondamenti della matematica. Ora che queste conoscenze sono disponibili, si può tornare ai problemi che erano stati sollevati, ma non risolti, nella teoria linguistica tradizionale, e tentare una formulazione esplicita degli aspetti ‘creativi’ del linguaggio”

Chomsky, Aspetti della teoria della sintassi, pp. 48-49

TEORIA DELLA COMPUTABILITÀ

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Consideriamo i seguenti esempi:

(1) A me questo film non mi piace(2) A me questo film non piace

(3) Marco vuole di mangiare(4) Marco vuole mangiare

In questi esempi, la (2) e la (4) sono ‘corrette’ mentre la (1) e la (3) sono ‘scorrette’. Tuttavia la scorrettezza’ della (1) è molto diversa da quella della (3)!

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La differenza tra A me questo film non mi piace e A me questo film non piace ci è stata insegnata.Invece la differenza tra Marco vuole di mangiare e Marco vuole mangiare non ci è stata insegnata: avvertiamo quest’ultimo contrasto grazie alla nostra intuizione di parlanti dell’italiano.

Secondo la linguistica Marco vuole mangiare frase grammaticale

Marco vuole di mangiare frase agrammaticale

Scorrettezza Nozione normativa della grammatica Agrammaticalità Nozione descrittiva della grammatica

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Altro esempio:

(5) Marco ha promesso ad Anna di partire(6) Marco ha ordinato ad Anna di partire

In nessuna delle due frasi c’è un’indicazione esplicita su chi debba partire, ma noi comprendiamo intuitivamente che nella (5) chi parte è Marco, mentre nella (6) chi parte è Anna.

Anche in questo caso, è evidente che si tratta di una capacità che non è stata appresa mediante un processo analogo a quello con cui apprendiamo che A me questo film non mi piace è ‘scorretta’.

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Lo scopo della grammatica generativa (GG) è quello di fornire una

descrizione esplicita di questa capacità e una spiegazione delle

modalità con cui essa viene acquisita dagli esseri umani.

La GG dovrà fornire un preciso apparato formale, capace di

produrre un numero potenzialmente infinito di frasi e strutture

mediante un numero finito e dominabile di regole

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Particolare concezione di linguaggio: facoltà come componente specifica della mente umana.

Secondo questa concezione, il linguaggio è un fenomeno in primo luogo naturale (vale a dire bio-cognitivo) e solo in secondo luogo un fenomeno di tipo storico e sociale.

Secondo Chomsky, l’attenzione deve essere concentrata sul linguaggio come capacità del parlante di percepire e di produrre enunciati.

L’aspetto comunicativo del linguaggio non viene annullato: tuttavia esso non è sufficiente a mettere in luce gli aspetti fondamentali del linguaggio come sistema cognitivo.

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La componente innata prevista dalla teoria viene chiamata grammatica universale:“può essere considerata come una teoria dei meccanismi innati, una matrice biologica sottostante che fornisce un quadro all’interno del quale si sviluppa la crescita della lingua [...] I princìpi della grammatica universale possono essere considerati come una spiegazione parziale e astratta di un programma genetico che permette al bambino di interpretare certi eventi come esperienza linguistica e di costruire un sistema di regole e princìpi sulla base di questa esperienza.”

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Distinzioni fondamentali:Linguaggio & Lingua ≠ Competenza & Esecuzione

Linguaggio Lingua

facoltà comune forma specifica del

a tutti gli esseri umani linguaggio negli individui

Competenza Esecuzioneconoscenza ‘implicita’ che realizzazione concreta il parlante ha della della competenza

propria lingua da parte di un parlante

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Secondo Chomksy, sia il linguaggio sia la lingua sono entità interne e individuali (da qui le espressioni «I-Linguaggio» e «I-Lingua»):

«[La I-Lingua] è un qualche elemento della mente della persona che conosce la lingua, acquisito nell’apprendimento e usato nelle funzioni di parlante-ascoltatore»

Chomsky, La conoscenza del linguaggio, 1989

Il quadro teorico generale della grammatica generativa assume inoltre l’argomento della «povertà dello stimolo», secondo il quale la sola esperienza esterna non è sufficiente a spiegare i meccanismi di apprendimento del linguaggio.

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Alcune caratteristiche del linguaggio umano ritenute fondamentali:

DISCRETEZZA

RICORSIVITÀ

DIPENDENZA DALLA STRUTTURA

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DISCRETEZZAIl linguaggio è costituito di unità minime (fonemi in fonologia, morfemi in morfologia)

Vinodistinte dai fonemi /f/ e /v/ (nessuna entità intermedia)

Fino

Barista formata dai morfemi bar e -ista

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RICORSIVITÀ Meccanismo che permette di produrre frasi sempre nuove, mediante l’inserimento di una frase dentro un’altra frase.

[Gianni vede Pietro]

[Maria vuole che [Gianni veda Pietro]]

[Paolo crede che [Maria voglia che [Gianni veda Pietro]]]

…………………………………….

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Ricorsività e discretezza appaiono come aspetti diversi di una proprietà ancora più elementare:

INFINITÀ DISCRETA

“uso infinito di mezzi finiti” (Chomsky, Nuovi orizzonti, p. 55)

Questa proprietà appare «biologicamente isolata», appare cioè una prerogativa della sola specie umana.

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La RICORSIVITÀ accomuna parti importanti della linguistica e della logica: ricordate la definizione di formula ben formata in un linguaggio enunciativo?

BASE: Ogni variabile enunciativa è una fbf.

PASSO: 1) Se a è una fbf, allora anche a è una fbf.2) Se a, b sono fbf, allora anche a b è una fbf.3) Se a, b sono fbf, allora anche a b è una fbf.4) Se a, b sono fbf, allora anche a b è una fbf.

CHIUSURA: Nient’altro è una fbf.

Ogni a, b può contenere al suo interno altre fbf: in linea di principio, il meccanismo può essere iterato illimitatamente

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DIPENDENZA DALLA STRUTTURA

In certe frasi, la forma di alcune parole può dipendere da parole «lontane».(1) La ragazza parte(2) I ragazzi di cui mi ha parlato la ragazza partono

La scelta di partono in (2), invece di rimettere parte come nella (1), dipende da un nome distante.

Questa distanza può anche essere aumentata mediante l’applicazione della ricorsività:

(3) I ragazzi di cui Pietro dice che mi ha parlato la ragazza partono

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Stato Iniziale

Esperienza Lingua INPUT OUTPUT

Sistema cognitivo Mente/Cervello

«Stato iniziale» della facoltà di linguaggio

Meccanismo di acquisizione del linguaggio,

geneticamente determinato (Nuovi orizzonti, p. 53)

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«Possiamo pensare lo stato iniziale della facoltà di linguaggio nei termini di una rete fissa connessa a un pannello di interruttori a due posizioni: la rete è costituita dai princìpi del linguaggio, mentre gli interruttori costituiscono le opzioni [parametri] che devono essere fissate dall’esperienza.» (Nuovi orizzonti, p. 57)

MODELLO DEI PRINCÌPI E DEI PARAMETRI

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La grammatica universale determina quindi il concetto di lingua naturale possibile. Tutte le lingue condivideranno i princìpi fondamentali di tale grammatica universale.

La grammatica generativa intende costituirsi come teoria scientifica del linguaggio, inteso come sistema cognitivo.Nuovi orizzonti, pp. 52 ss.

Statuto ‘scientifico’ della grammatica generativa Nuovi orizzonti, p. 54

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Approccio ai linguaggi mediante grammatiche

ALFABETO A + GRAMMATICA

regole di generazione

stringhe di L (L = linguaggio)

La prospettiva delle grammatiche formali risulta particolarmente utile per mettere in evidenza gli aspetti ricorsivi dei linguaggi formali.

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Intuitivamente: una grammatica è una struttura che, sulla base di un certo alfabeto, specifica una serie di ‘regole’ mediante le quali è possibile generare le frasi che convenzionalmente riconosciamo come corrette.

Problema: data una grammatica e una frase, è possibile ‘generare’ quella frase a partire da quella grammatica? La risposta è positiva se disponiamo di un metodo per ‘derivare’ la frase mediante le regole: queste infatti sono ricorsive.

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Nelle grammatiche formali, si utilizza il termine derivazione per la procedura che permette di verificare quando una certa stringa di un linguaggio può essere interpretata come generabile in una certa grammatica.

Importante analogia

Grammatiche formali Logica

regole di produzione regole di inferenza

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Una particolare grammatica è definita come un sistema di regole che, applicate a unità linguistiche, per esempio alle parole, consentono di generare strutture linguistiche più complesse. Una frase grammaticale o ben formata è una frase generata nel rispetto delle regole. Una pseudofrase, o frase agrammaticale, è un’espressione non generabile alla luce delle regole. Per esempio, non ci sono regole (in italiano) che possono condurre a generare ‘col corre Gianni cane’.

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Le regole in questione, nel caso dell’italiano, hanno la forma seguente: F(rase) SN SV SN= Sintagma nominale

SV=Sintagma verbaleSN DET NSV V SN…DET il, lo, la, i, gli, le, un, uno, unaN cane, gatto, Gianni, …V corre, ama, …

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Una semplice frase come ‘il gatto beve il latte’

viene generata attraverso l’applicazione successiva delle seguenti regole:1) F SN SV2) SN DET N 3) SV V SN4) DET il5) N gatto6) V beve7) SN DET N8) DET il9) N latte