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Autori: Bruna Gumiero Bruno Boz Paolo Cornelio “Progetto integrato di riqualificazione fluviale per ridurre l’apporto di nutrienti del fiume Zero alla laguna di Venezia” 4th ECRR International Conference on River Restoration 2008

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Autori:Bruna GumieroBruno BozPaolo Cornelio

“Progetto integrato di riqualificazione fluviale per ridurre l’apporto di nutrienti del fiume

Zero alla laguna di Venezia”

4th ECRR International Conference on River Restoration 2008

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Dr.ssa Bruna Gumiero, Via Villalunga n°1571 - 40060 Castel San Pietro Terme - Bologna C.F. GMRBRN60L59C991E; p. IVA 01882321209 Tel 348-7093570 e-mail: [email protected]

Dr. Boz Bruno, Via Dante Alighieri n° 18 - 32032 Feltre (BL) C.F. BZOBRN74C26D53OR; p. IVA 00975600255 Tel 347/3169813 e-mail: [email protected] o [email protected]

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“Progetto integrato di riqualificazione fluviale per ridurre l’apporto di nutrienti del fiume Zero alla laguna

di Venezia”

INDICE

SUNTO .............................................................................................................................................................................. 2 1 INTRODUZIONE................................................................................................................................................... 3

1.1 STORIA DELLA BONIFICA.................................................................................................................................. 3 1.2 I CONSORZI DI BONIFICA .................................................................................................................................. 4 1.3 IL BACINO DELLA LAGUNA DI VENEZIA ........................................................................................................... 5

2 IL PROGETTO....................................................................................................................................................... 6 2.1 REALIZZAZIONE DI ECOSISTEMI TAMPONE........................................................................................................ 6 2.2 EFFETTI IN TERMINI DI RIDUZIONE DEI NUTRIENTI .......................................................................................... 10 2.3 ULTERIORI RISULTATI .................................................................................................................................... 11

3 SCHEDE TECNICHE.......................................................................................................................................... 12 4 ALLEGATO: Il sito sperimentale “Nicolas” - Efficacia delle fasce tampone arboree nella

riduzione dei carichi di azoto: monitoraggio e sperimentazione presso l'azienda pilota e dimostrativa “Diana”

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Sunto Nonostante la Direttiva Europea 676 del 1991 o “Direttiva nitrati”, la contaminazione da nitrati delle acque superficiali e profonde risulta essere tuttora uno dei principali fattori che limitano il possibile utilizzo di questa preziosa risorsa. Per far fronte a questo tipo di problemi e per porre un freno all’impatto generato sull’ambiente dagli inquinanti diffusi è urgente individuare azioni e strategie adeguate e basate sulle conoscenze acquisite. Il Consorzio di Bonifica Dese Sile, che gestisce una vasta porzione del territorio afferente al Bacino Scolante della laguna di Venezia, è stato coinvolto in un significativo progetto (a scala di sottobacino) per ridurre l’apporto di nutrienti sversati in laguna da alcuni suoi significativi corsi d’acqua. Tra questi, si segnala il fiume Zero, interessato dalla realizzazione di una serie di interventi di riqualificazione fluviale finalizzati ad incrementare la capacità di rimozione di azoto, fosforo e solidi sospesi. La riqualificazione ambientale del fiume Zero ha comportato l’allargamento dell’alveo per favorire lo sviluppo di canneto negli ambienti spondali, la realizzazione di zone umide dentro e fuori alveo, la realizzazione di fasce filtro forestali irrigate con acqua derivata dal fiume Zero. Tra questi sistemi, quello delle fasce filtro forestali è stato (ed è tuttora) oggetto di un importante progetto di monitoraggio finalizzato alla quantificazione della capacità di rimozione dell’azoto. Per poter effettuare tali misure è stato allestito un sito di monitoraggio in cui i volumi delle acque di immissione e d’uscita vengono completamenti regolati da un sistema di sollevamento delle acque che collega il corso d’acqua ad una serie di scoline adacquatrici. I risultai positivi conseguiti da questa sperimentazione hanno permesso di trarre significative indicazioni circa la gestione di questi sistemi tampone.

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1 Introduzione 1.1 Storia della Bonifica

In Italia La bonifica delle zone umide è una sfida continua il cui fine è quello di creare aree urbane e terre agricole disponibili per la comunità, in zone che senza interventi idraulici sarebbero naturalmente insalubri ed inutilizzabili a causa delle persistenti alluvioni. Le opere di bonifica in Italia ebbero inizio con gli etruschi in Toscana, coi greci sulle coste dello Ionio e coi romani nelle zone circostanti Roma e nella Pianura Padana. Col termine centuriazioni i romani erano soliti indicare le grandi opere necessarie per il recupero di terreni paludosi. Trattandosi di opere di recupero, e per il fatto che interessavano vaste aree del territorio, hanno sempre richiesto l’impiego di cospicue risorse, umane ed economiche. Per questo, le principali attività di bonifica sono state realizzate durante periodi di stabilità politica e sociale, quando tali risorse erano più facilmente reperibili. Prima del XVI secolo in Italia c’erano almeno 3 milioni di ettari di zone umide che per la maggior parte sono state in seguito bonificate o drenate per usi agricoli (Fig. 1). Nel 1700 le bonifiche erano già numerose sul territorio italiano. Nel 1800 si nota un picco degli interventi di bonifica, fino ad allora finanziati da monaci e singoli proprietari terrieri, in seguito sostenuti da numerosi gruppi finanziari. Il risanamento dei terreni paludosi e malsani permise, allo stesso tempo, di incrementare l’agricoltura e di risolvere il problema della malaria molto diffusa nel XIX secolo. L’ultimo picco dell’attività di Bonifica si osserva tra gli anni 20 e 40. Con la legge Mussolini, nel 1928, viene redatto un vero e proprio piano di bonifica nazionale, e si decreta il passaggio di tali interventi alle competenze del Ministero dell’Agricoltura. Nella Regione Veneto (tratto da Rosato & Stellin) Dai Romani al XVI secolo Più di 2000 anni fa, i colonizzatori romani furono i primi a tentare la bonifica delle paludi, rendendo disponibili per l’agricoltura numerose porzioni di pianura. I romani organizzarono il territorio suddividendolo in “centurioni”(Fig. 2), caratterizzati da una forma quadrata, che venivano assegnati ai veterani di guerra. Dopo l’impero romano non vennero compiuti sforzi significativi per mantenere o proteggere gli interventi di gestione delle acque, anche a causa delle costanti invasioni barbariche, e di conseguenza il territorio ritornò progressivamente ad impaludarsi e rimboschirsi. Dalla seconda metà dell’undicesimo secolo, grazie all’intervento di alcuni ordini religiosi, principalmente i monaci Benedettini, si ritornò a bonificare la pianura, rendendola disponibile per le coltivazioni e per gli insediamenti. Fin da allora ci si rese conto che era difficile per un singolo proprietario terriero riuscire a gestire il rischio idraulico, e così i vari proprietari provarono ad organizzarsi in consorzi. Durante la Repubblica di Venezia Nel sedicesimo secolo la Repubblica di Venezia comincia la sua espansione verso il continente, principalmente per due ragioni:

1. per evitare la sedimentazione della laguna: a tale scopo i veneziani iniziarono a deviare i corsi dei fiumi principali che scaricavano in laguna;

2. per garantire l’auto-sufficienza alimentare mediante la coltivazione di mais (appena giunto dall’America).

La Repubblica considerava le bonifiche di “pubblico beneficio” e perciò decise di creare due nuove Autorità: la prima, l’Autorità dell’Acqua con l’obiettivo di difesa dalle acque e la seconda, l’Autorità delle Terre Incolte con l’obiettivo di bonifica ed irrigazione.

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Da questo momento i progetti furono gestiti e curati dai privati o dai consorzi e la Repubblica si occupò di concedere o meno i permessi per l’attuazione dei progetti. Da Venezia fino alla Legge 215 del 1933 I consorzi di Bonifica furono un invenzione importantissima iniziata durante la Repubblica di Venezia. Dalla sua caduta, nel 1797, cominciò un periodo di grande incertezza riguardo all’importanza e al ruolo dei consorzi di Bonifica. Questa situazione cambiò radicalmente durante il periodo intercorso tra le due guerre, quando in tutta l’Italia ci fu un sostegno significativo all’incremento delle produzioni agricole con la bonifica delle terre che venivano ancora allagate e con la diffusione dell’irrigazione. L'articolo 59 della legge speciale, di cui al regio decreto n. 215 del 13 febbraio 1933, conferisce ai consorzi il potere di imporre contributi ai proprietari degli immobili ricadenti nel comprensorio soggetto alla propria competenza, da quantificare e ripartire tra i singoli consorziati ai sensi dell'articolo 11 della citata legge, ovvero in ragione dei benefici conseguiti per effetto delle opere di bonifica realizzate. I Consorzi assunsero così un nuovo ruolo cioè di protezione idraulica per le aree urbane. Le città infatti cominciarono ad allargarsi sempre più velocemente entro le zone rurali, e così i Consorzi di bonifica ebbero a che fare con territori che includevano allo stesso tempo terre coltivate, insediamenti urbani e aree di produzione non agricola. 1.2 I Consorzi di Bonifica Oggigiorno i Consorzi partecipano alla pianificazione urbana e territoriale e alla stesura di piani per il disinquinamento. I loro compiti sono:

• La salvaguardia, il mantenimento e la modernizzazione del patrimonio di bonifica pubblico e dei lavori di irrigazione;

• Garantire la sicurezza idraulica del territorio dalle inondazioni; • Proteggere le risorse naturali, regolare le vecchie licenze anche per utilizzi diversi e in

competizione, assicurare la disponibilità d’acqua per l’irrigazione ed evitare l’inquinamento dell’acqua.

I Consorzi sono enti pubblici, gestiti dai membri stessi dei Consorzi, i quali coordinano sia i lavori pubblici che privati dedicati alla bonifica, irrigazione, controllo dalle inondazioni, difesa del suolo, protezione delle acque e dell’ambiente. I membri dei Consorzi sono, obbligatoriamente, tutti i proprietari (i coltivatori e non) di terre ed edifici situati nei distretti dei Consorzi. I distretti sono determinati in riferimento al bacino del fiume e possono coprire sia aree rurali che urbane. Avendo completato la bonifica e le reti di irrigazione, i Consorzi ora prendono parte principalmente alla manutenzione e rinnovamento delle opere. Sono sempre più coinvolti in attività ambientali e le recenti leggi nazionali prevedono che i Consorzi concorrano alla realizzazione di azioni per la salvaguardia ambientale e per la riqualificazione delle acque (anche per usi irrigui) e per la rinaturalizzazione e fitodepurazione dei corsi d'acqua. I Consorzi sono controllati dalle Regioni, ma le Regioni devono rispettare i principi fondamentali sui Consorzi pubblicati dallo Stato attraverso leggi nazionali (come la legge generale su Consorzi, pubblicata nel 1933). In Italia sono 160 i Consorzi di Bonifica ed Irrigazione i quali ricoprono un'area di 15.000.000 ettari (50% della superficie totale dell'Italia). Numero di ettari irrigati 3,300,000 Lunghezza totale di canali irrigui e di drenaggio 181,312 km Lunghezza totale delle dighe 9,233 km Dighe e briglie per la laminazione delle piene 22,839 Sistemi di pompaggio dell’acqua 754 Sistemi di alzata dell’acqua per l’irrigazione 1301

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Ettari totali sotto bonifica 7,000,000 Ettari totali sotto pompaggio meccanico 1,200,000 Contributi privati (da coltivatori e non) ai Consorzi Italiani nel 2005: 466.000,00 euro. All’interno dei Consorzi lavorano approssimativamente 8.000 persone. 1.3 Il Bacino della Laguna di Venezia Nel Nord est Italia si trova una delle regioni maggiormente bonificata. Una grande parte delle acque della laguna Veneta provengono da questa area (Fig. 4). Il Bacino scolante della Laguna di Venezia ha una superficie di circa 1850 Km2, comprende tutti quei territori la cui rete idrica superficiale scarica all’interno della laguna di Venezia. La rete idrografica superficiale è costituita da corsi idrici naturali e da canali di bonifica controllati dai vari Consorzi. Le acque giungono in laguna attraverso 27 punti di immissione, il volume medio annuo scaricato in laguna è di 1000 milioni di m3 d’acqua e la portata media annua è di circa 30 m3/sec. I suoli nell’area Settentrionale del Bacino Scolante sono di tipo ghiaioso-sabbioso, quindi presentano una granulometria grossolana e buone condizioni di drenaggio. Nell’area centrale del Bacino sono presenti suoli di tipo limoso, con tessitura grossolana nelle aree più rilevate e fine nelle zone pianeggianti. Infine, in prossimità della laguna, sono presenti suoli di tipo argilloso con gravi problemi di drenaggio delle acque. Il territorio del Bacino Scolante è soggetto prevalentemente ad uso agricolo (77%), e in minore entità ad uso urbano, industriale e turistico.

Il Consorzio del Dese Sile Il Consorzio di Bonifica Dese-Sile continua il lavoro degli altri consorzi cominciato già con la Repubblica di Venezia e nell’era Napoleonica (Fig. 4). Il territorio del Consorzio comprende una superficie di 43,464 ha, principalmente ricadenti all’interno della provincia di Venezia. Questo territorio (Comprensorio) è attraversato dai fiumi Zero, Dese e Marzenego, che sfociano in laguna, e comprendono una rete di più di 600 km di canali e condotti.

L’eutrofizzazione della Laguna La laguna di Venezia è costituita da un ampio bacino costiero poco profondo che si estende per circa 50 km lungo la costa nordovest del Mare Adriatico. La laguna nel corso dell'ultimo secolo è stata modificata sostanzialmente dalle azioni antropiche attraverso il controllo artificiale delle dinamiche idrauliche, inclusa la costruzione di canali per facilitare la navigazione. Nelle decadi passate hanno provocato considerevoli preoccupazioni i carichi di nutrienti scaricati in Laguna. La Regione Veneto nel 1995 ha varato una legge speciale in cui ha stabilito una serie di obiettivi per ridurre il livello di azoto e fosforo in Laguna (Fig. 5). Lo scopo degli obiettivi era stabilire una misura di protezione dall’eutrofizzazione e nel contempo migliorare la qualità complessiva dell’acqua che entra in laguna. Il Consorzio Dese-Sile, che gestisce i tre fiumi chiave che contribuiscono per il 40% dell’acqua dolce che arriva in Laguna, è stato coinvolto in un ampio progetto finalizzato a sviluppare una strategia per ridurre il carico degli inquinanti che entrano in Laguna. In particolare per due dei principali corsi d’acqua gestiti dal Consorzio di Bonifica Dese-Sile (artefice del progetto) il Dese e lo Zero (suo affluente) si stabilivano i seguenti valori di abbattimento dei carichi: Bacino Riduzione di Ntot (t/a) Riduzione di Ptot (t/a) Fiumi Dese e Zero 150 40

Le 150 t/a di azoto rappresentano un abbattimento del 12% rispetto al carico totale veicolato da Zero e Dese (1271,4 t/a) mentre per il Fosforo l’abbattimento previsto è del 17% (229,1 t/a). Per raggiungere gli obiettivi preposti il Consorzio ha sviluppato un complesso progetto di riqualificazione fluviale lungo il fiume Zero che ha dato il via a numerosi interventi in tutto il territorio.

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Fig. 1 Dopo l'Olanda l'Italia è il paese dove è piùvasta la frazione della superficie agraria sottratta alla palude con la bonifica (le aree in rosso).

Fig 2 Esempio di “centurioni” romane, caratterizzati da una forma quadrata degli appezzamenti.

Fig.4 - Rappresentazione del bacino scolante della Laguna di Venezia con la suddivisione in sottobacini. Il Consorzio Dese Sile è evidenziato dal cerchio nero

Fig 3 I primi progetti per la bonifica nella zona bassa del Dese Sile risalgono al 1882. I lavori su grande scala verranno però realizzati solo a partire dagli anni 1926-27

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2 Il progetto La volontà di realizzare degli interventi strutturali negli 11 km del basso corso del fiume Zero (figura 1), prima della sua immissione nel Dese, erano stati presi in considerazione dal Consorzio principalmente in relazione alla forte criticità idraulica presente. Nel momento in cui si è avviata la progettazione è emersa subito chiara la volontà di prevedere interventi che permettessero di ridurre tale criticità ma che nel contempo garantissero un miglioramento ecologico complessivo del corso d’acqua e soprattutto che fossero in grado di fornire un contributo sostanziale alla riduzione dell’apporto di nutrienti che il fiume veicola in Laguna di Venezia. Un altro obiettivo significativo del progetto era quello di ridurre la risalita del cuneo salino per salvaguardare gli usi della risorsa idrica.

2.1 Realizzazione di ecosistemi tampone

Per il conseguimento degli obiettivi preposti le scelte progettuali si sono orientate vero la realizzazione di una serie di ecosistemi (Figura 5 e Figura 6) in grado di esercitare un’azione filtro nei confronti dei nutrienti:

1. la zona umida in alveo “Lago Pojan”: si tratta di un’area umida in alveo avente una superficie complessiva di circa 2 ha ed una profondità di circa 4m;

2. il bacino a monte del “Nodo Carmason”: come detto, uno degli obiettivi del progetto era quello di ridurre la risalita del cuneo salino per favorire i processi di fitodepurazione e salvaguardare gli utilizzi irrigui della risorsa idrica; per conseguire questo obiettivo è stato realizzato un manufatto idraulico sul fiume Zero, circa 3,2 km a monte della sua confluenza con il Dese. La regolazione di questo sbarramento impedisce la risalita controcorrente delle acque durante le maree ma nello stesso tempo permette lo scarico a valle delle acque del fiume. In termini ecologici l’effetto derivante dalla presenza del manufatto è quello di rallentare la corrente del corso d’acqua e di mantenere costanti i livelli formando una sorta di bacino artificiale lungo 6,7 km.

3. corridoi golenali vegetati derivanti dall’arretramento degli argini la sezione del corso d’acqua è stata ampliata in modo significativo in molti tratti permettendo la formazione di fasce golenali (ampli almeno 1,5 m) ricoperte da canneto lungo le sponde. Questo intervento può avere un ruolo marginale nella ritenzione dei nutrienti ma diviene determinante in termini di riduzione dell’erosione spondale e della creazione di habitat per gli organismi acquatici e l’avifauna.

4. zone umidi perifluviali in bacini di ex cave (“Cave Cavalli”) Questi ecosistemi sono stati create in aree di ex cave di argilla. La profondità dei laghi varia da 1 a 4 metri, mentre la superficie “baganata” complessiva è di circa 30 ha. Nell’idea progettuale iniziale una quota parte delle acque del fiume Zero, prima che raggiungano il Dese, vengono immesse in alcuni dei bacini per sfruttare la potenziale capacità filtro di questi sistemi.

5. zona umida ecotonale limitrofa al manufatto idraulico del “nodo Carmason”

Nell’ambito del progetto è stata prevista la realizzazione di un’area umida nei pressi della diga del “nodo carmason” con funzioni di ecotono e di collegamento ecologico fra

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l’ambiente fluviale ad acqua dolce (protetto dalla diga dalla risalita del cuneo salino durante le maree) e quella invece soggetta a questo effetto (acqua salate salmastre). La zona umida ha la conformazione di un bacino di sedimentazione con una superficie di circa 0,7 ha coperto principalmente a typha e phragmites; riceve deflussi ridotti ma svolge un ruolo filtro importante sulle acque del fiume prima che esse vengano immesse nella porzione a valle del manufatto.

6. Fascia filtro forestale riparia

Ampie superfici delle fasce di territorio limitrofe al fiume Zero sono terrazzate (?) e storicamente utilizzate ad uso agricolo. Nel progetto Zero, una porzione di territorio limitrofa al corso d’acqua è stata convertita da uso agricolo a sistema filtro forestale: le acque del fiume vengono pompate in un sistema di scoline che permettono di sfruttare la capacità tampone di questi sistemi riproducendo dinamiche simile a quelle che si verificano nelle fasce riparie naturali.

7. “Zona umida” con acque salate

La porzione terminale del corso d’acqua, quella con acque salate, è quella che meno si presta ad interventi di miglioramento ecologico in quanto protetta da alti argini di difesa; nonostante questo si è previsto di favorire al massimo la formazione di corridoi golenali vegetati (a canneto, ampi almeno 6m) ai fini di minimizzare l’azione erosiva collegato alle variazioni di livello creato dalle barche durante il loro passaggio; chiaramente la prenza dei complessi vegetazionali phragmites/scirpus può favorire anche l’azione di rimozione dei nutrienti.

Figure sotto Figura 5- L’area gestita dal Consorzio di Bonifica Dese Sile ed il tratto di fiume Zero interessato dal progetto. Figura 6 - La localizzazione degli ecosistemi tampone realizzati con il progetto 1) la zona umida in alveo “Lago Pojan”; 2) il bacino a monte del “Nodo Carmason”; 3) corridoi golenali vegetati derivanti dall’arretramento degli argini; 4) zone umidi perifluviali in bacini di ex cave (“Cave Cavalli”); 5) zona umida ecotonale limitrofa al manufatto idraulico del “nodo Carmason”; 6) Fascia filtro forestale riparia; 7) “Zona umida” con acque salate

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2.2 Effetti in termini di riduzione dei nutrienti

Allo scopo di consentire la stima delle capacità di ritenzione di nutrienti in diverse geometrie ed idrodinamiche di zone tampone (i.e. buffer zones) ciascun habitat è stato studiato (lavoro realizzato da Quest Environmental) mediante un modello numerico commerciale denominato STELLATM 5.0, testato e di uso diffuso in questo ambito, che opera bilanci di massa per sostanze nutrienti. Per la valutazione degli effetti complessivi di riduzione del carico inquinante, è necessaria una distinzione fra diversi tipologie di habitat ed una loro modellazione di dettaglio, che includa una valutazione accurata delle condizioni di contorno idrauliche, quali i flussi medi in entrata al sistema, i carichi prodotti, i tempi medi di residenza e la capacità idraulica complessiva, oltrechè l’applicazione delle opportune cinetiche di scambio quali, ad esempio, nel caso nei nitrati, le costanti di tempo dei processi di mineralizzazione, suzione delle eventuali biomasse, denitrificazione ed altro ancora (si veda, per un accurata descrizione degli usi di modelli di questo tipo: Ambio, Special Edition: Wetlands as Nitrogen Traps, 23(6), 320-386, (1994)). Una volta che il modello (insieme dei sotto-modelli relativi alle diverse aree filtro) è stato costruito, attraverso l’immissione di dati metereologici, idrologici e di concentrazione dei nutrienti è possibile ottenere le stime (Tabella 1) di abbattimento di ciascun habitat e complessive (si osservi che oltre alle aree tampone naturali un effetto di ritenzione viene attribuito anche all’attività irrigua) con passo giornaliero o annuale1. Tabella 1 – Risultati della simulazione in termini di riduzione di N e P conseguibili con il progetto complessivo di riqualificazione fluviale del basso corso del fiume Zero.

1 In seguito è stata condotta dal Consorzio Dese Sile anche un’attività di “Revisione dei modelli e dei metodi utilizzati per il calcolo dell’abbattimento di azoto e fosforo” da parte di IRIDRA S.r.l che ha in parte confermato le previsioni modellistiche iniziali, in parte affinato tali stime.

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Per quanto concerne l’Azoto, il valore medio (di diverse simulazioni eseguite per anni con notevoli variazioni meteorologiche) di N-NO3 immesso nel sistema è risultato essere di 187 t/a a fronte di una capacità complessiva di abbattimento dell’intero sistema di 31,7 t/a (17%). Secondo il modello, il sistema tampone più efficace è risultato essere quello costituito da 60 Ha di fasce tampone boscate (di cui ad oggi ne risultano realizzati 30Ha); dai risultati della modellizzazione infatti esse dovrebbero abbattere 18,6 (t/a) di N-NO3 (59% del totale abbattuto). Per quanto concerne Ntot (NO3-N+TKN) l’abbattimento complessivo del sistema risulta di 44,17 (t/a) che costituisce una quota del 22% rispetto alla quantità complessiva di Ntot che entra nel sistema; anche considerando Ntot il sistema più efficace risulta essere quello delle fasce tampone boscate con una stima di abbattimento di 30 t/a di Ntot. I dati emersi dalle simulazioni modellistiche, solo per quanto concerne le fasce boscate riparie, sono oggi confrontabili con i dati misurati nel corso dell’attività di monitoraggio svolta negli anni successivi all’implementazione del modello da cui è emersa una capacità di abbattimento reale (con moduli di fasce tampone ampi 15m) di circa 75 Kg/ha di N-NO3 e quindi, considerando i 30 ha realizzati, di 2,250 t/a di N-NO3 abbattuto a fronte delle 9,3 (per 30 ha) previste dal modello. Come dimostrato dalla sperimentazione, che evidenzia il fatto che la capacità tampone “potenziale” di queste aree (con maggior carichi di azoto) risulta decisamente superiore, la sovrastima iniziale del modello è dovuta principalmente ad ua parziale riduzione dei volumi di irrigazione che il sistema è in grado di far defluire e a una minore concentrazione di Azoto nelle acque del fiume Zero rispetto a quella prevista inizialmente. 2.3 Ulteriori risultati Il progetto Zero, se pure improntato alla riduzione del carico di nutrienti diretto alla Laguna, ha indubbiamente contribuito a conseguire altri obiettivi:

- la riduzione del problema del rischio idraulico, conseguente agli estesi interventi di ampliamento delle sezioni del fiume;

- il miglioramento naturalistico, derivante dall’elevata naturalità dei diversi habitat riqualificati, che sono divenuti ecosistemi umidi di grande importanza, considerato anche il contesto ambientale piuttosto banalizzato in cui si sono andati ad inserir;

- miglioramento paesaggistico e fruitivo della zona.

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3 Schede tecniche Scheda n. Tipologia di intervento

01 Riqualificazione ambientale di corso d’acqua arginato

Interventi di riqualificazione ambientale lungo il basso corso del Fiume Zero per il controllo e la riduzione dei nutrienti sversati nella Laguna di Venezia. (1999 – 2004)

Obiettivi

• Riduzione degli apporti di azoto e fosforo alla Laguna di Venezia. • Riduzione del rischio idraulico (facilitando l’infiltrazione delle acque, riducendo la velocità

di deflusso e incrementando i volumi di invaso). • Incremento della valenza naturalistica del corso d’acqua (biodiversità). • Miglioramento della fruibilità degli argini e delle aree limitrofe.

Condizioni precedenti l’intervento Nella fase di progettazione gli apporti di nutrienti alla Laguna di Venezia dovuti al Fiume Zero erano stati stimati in 230 t / anno di azoto totale e 13 t / anno di fosforo totale. Il corso d’acqua si presentava privo di aree golenali e di vegetazione arborea all’interno dell’alveo. La capacità di invaso non garantiva la sicurezza idraulica del territorio. Gli argini e le aree limitrofe erano prive di opere che permettessero la fruibilità del corso d’acqua. Interventi effettuati Ricalibratura dell’alveo con la creazione di golene e invasi Lungo gli ultimi 10 km del corso d’acqua sono state realizzate, in modo diffuso, golene di forme e dimensioni diverse, in grado di ospitare sia la vegetazione elofitica che la vegetazione arborea. Inoltre, dove possibile, sono state lasciate delle piccole isole emerse all’interno dell’alveo. L’incremento delle dimensioni della sezione del Fiume Zero è stato realizzato anche attraverso la creazione della zona umida del Lago Pojan, un bacino interno al corso d’acqua con un’estensione di 2,5 ettari. Realizzazione di un manufatto di sostegno In prossimità dell’impianto idrovoro Carmason è stato realizzato un manufatto di sostegno delle acque che permette di ridurre la velocità di deflusso, di incrementare la superficie di contatto acqua-vegetazione e di controllare la risalita del cuneo salino. Utilizzo di bacini di cava fuori alveo ai fini della fitodepurazione L’accordo tra il Consorzio di Bonifica Dese Sile, il Comune di Marcon VE e una ditta privata di laterizi, prevede che una volta ultimata l’attività di estrazione dell’argilla dalle Cave di Gaggio, parte dei bacini delle stesse (per un’estensione complessiva di 13 ettari) potrà essere alimentata dalle acque del Fiume Zero. Nella stessa area, a ridosso del corso d’acqua, sono già stati realizzati

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diversi impianti arborei igrofili, per una superficie di 5 ettari. L’intervento contribuirà quindi alla riduzione dei carichi di nutrienti del Fiume Zero, agendo sia sulle acque superficiali che sui deflussi subsuperficiali. Realizzazione di una Zona Tampone Arborea Presso l’Azienda Pilota “Diana” di Veneto Agricoltura è stata realizzata una Zona Tampone Arborea di 30 ettari, finalizzata alla produzione di biomassa legnosa. La Zona Tampone viene irrigata per 10 mesi all’anno, utilizzando le acque del Fiume Zero. Una stazione di monitoraggio della qualità delle acque, realizzata nell’ambito del progetto, permette di valutare l’efficacia dell’impianto arboreo nella riduzione delle concentrazioni di tutte le forme azotate. Inoltre, tra il corso d’acqua e la Zona Tampone è stato realizzato un impianto arboreo a sola valenza naturalistica, per un estensione di 4 ettari. Miglioramento della fruibilità delle aree A completamento dei lavori di progetto, in collaborazione con i Comuni di Marcon e Quarto d’Altino VE, è stata realizzata una pista ciclo-pedonale sulla sommità dell’argine del Fiume Zero e a ridosso degli argini del Fiume Dese e del Canale Santa Maria, per una lunghezza complessiva di circa 6 km. All’interno delle Cave di Gaggio è stato realizzato un percorso naturalistico accessibile anche a persone in carrozzina. Il percorso a breve sarà completato da una torretta di osservazione dell’avifauna con le stesse caratteristiche di accessibilità. Valutazione dell’efficacia del progetto I dati, ottenuti dalla stazione di monitoraggio della qualità delle acque presente all’interno della Zona Tampone Arborea, hanno evidenziato un abbattimento dell’azoto totale del 23% nell’anno 2000 (piante di 2-3 anni di età), del 63% nell’anno 2002 e del 71% nel periodo 2003 – 2005. Analogamente la percentuale di abbattimento dell’azoto nitrico è passata dal 39% dell’anno 2000 al 88% del periodo 2003 – 2005. Costo del progetto 7.230.396,59 €

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Fiume Zero Fiume Zero -- NODO CARMASONNODO CARMASON

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Scheda n. Tipologia di intervento

02 Riqualificazione ambientale di canali rivestiti in calcestruzzo.

Interventi di riqualificazione ambientale dei corsi d’acqua della Terraferma Veneziana. (2002 - 2004) Fossa Pagana.

Obiettivi • Riduzione degli apporti di azoto e fosforo alla Laguna di Venezia. • Riduzione del rischio idraulico (facilitando l’infiltrazione delle acque, riducendo la velocità

di deflusso e incrementando i volumi di invaso). • Incremento della valenza naturalistica del corso d’acqua (biodiversità). • Incremento della valenza paesaggistica del corsi d’acqua.

Condizioni precedenti l’intervento La realizzazione di opere a soli fini irrigui e di bonifica ha portato all’ampio utilizzo di sezioni con caratteristiche tali da garantire, allo stesso tempo, il minimo ingombro e il rapido deflusso delle acque verso la Laguna di Venezia. La Fossa Pagana rispondeva a questi criteri progettuali e presentava l’intero alveo (3,5 km) rivestito da una canaletta di calcestruzzo. In un contesto di questo tipo, risulta evidente come il corso d’acqua offrisse un contributo pressoché nullo sia alla biodiversità dell’ambiente agro-forestale che alla riduzione degli apporti di azoto e fosforo alla Laguna di Venezia.

Interventi effettuati Demolizione completa dei rivestimenti in calcestruzzo La canaletta di rivestimento in calcestruzzo (larghezza 240 cm al fondo e 320 cm alla sommità, con spallette di 150 cm di altezza) è stata completamente demolita per un tratto di lunghezza complessiva pari a 1,5 km. Demolizione parziale dei rivestimenti in calcestruzzo In prossimità delle abitazioni il rivestimento in calcestruzzo è rimasto o è stato rimosso solo parzialmente, realizzando delle bassure allagabili e delle sponde a pendenza ridotta. Ampliamento e diversificazione delle sezioni La nuova sezione della Fossa Pagana si presenta di dimensioni variabili, con lunghi tratti di larghezza pari a circa 12 m e con dimensioni maggiori nella parte centrale del tracciato, variabili da 15 a 70 m. La possibilità di avere sponde lunghe, con una pendenza limitata, ha permesso non solo di ridurre i fenomeni erosivi ma anche di avere una maggiore varietà di specie vegetali nella zona riparia e, più in generale, una maggiore superficie di contatto acqua-vegetazione. Più in generale, le variazioni morfologiche del letto del corso d'acqua hanno permesso di avere una maggiore complessità biologica e di conseguenza un migliore effetto tampone sui nutrienti che entrano nelle catene trofiche degli ambienti umidi. Realizzazione di stagni e aree umide Lungo la Fossa Pagana e in corrispondenza dei punti di immissione dei principali collettori affluenti, sono stati realizzati degli stagni e delle zone umide a profondità variabile. La presenza di zone umide lungo il corso d’acqua ha permesso di accrescere ulteriormente la complessità biologica dell’ambiente, con vantaggi sia per la qualità delle acque che per il valore paesaggistico e naturalistico dell’area.

Valutazione dell’efficacia del progetto Non sono ancora disponibili dati sulla riduzione dei carichi di azoto e fosforo.

Costo del progetto: 4.648.112,10 €

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Fossa Pagana Fossa Pagana -- DEMOLIZIONE COMPLETA DEIDEMOLIZIONE COMPLETA DEIRIVESTIMENTI IN CALCESTRUZZORIVESTIMENTI IN CALCESTRUZZO

Ottobre 2003Ottobre 2003

Settembre 2003Settembre 2003

Luglio 2005Luglio 2005

Marzo 2003Marzo 2003

Settembre 2005 Settembre 2005

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Fossa Pagana Fossa Pagana -- CREAZIONE DI STAGNICREAZIONE DI STAGNIE AREE UMIDEE AREE UMIDE

Settembre 2005Settembre 2005

Ottobre 2003Ottobre 2003

Maggio 2003Maggio 2003

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Scheda n. Tipologia di intervento

03 Riqualificazione ambientale di cave dismesse.

Interventi di riqualificazione ambientale lungo il basso corso del Fiume Draganziolo per la riduzione dei nutrienti versati nella Laguna di Venezia. (2003 - 2005) Cave di Noale.

Obiettivi

• Riduzione degli apporti di azoto e fosforo alla Laguna di Venezia. • Riduzione del rischio idraulico (riducendo la velocità di deflusso e incrementando i volumi

di invaso durante gli eventi di piena). • Incremento della valenza naturalistica (biodiversità). • Miglioramento della fruibilità dell’area di cava.

Condizioni precedenti l’intervento L’area oggetto di intervento è stata individuata come Sito di Interesse Comunitario (SIC n°IT3250017 ex Cave Cavasin in Comune di Noale). Prima degli interventi, l’area era caratterizzata da un esteso canneto monospecifico di Phragmites australis, in via di interrimento. Interventi effettuati Realizzazione di un nuovo corso d’acqua interno alle cave Ai margini del canneto è stato realizzato un nuovo corso d’acqua che permette il collegamento dei bacini di cava e la circolazione delle acque prima della loro restituzione al Rio Draganziolo. Il nuovo corso d’acqua presenta un andamento a meandri, diverse quote di fondo e dimensioni tali da garantire i tempi di residenza necessari ai processi di fitodepurazione. La presenza di un nuovo habitat, ad acqua debolmente corrente, contribuisce all’incremento della biodiversità dell’ambiente di cava. Realizzazione di tre stagni lungo il nuovo corso d’acqua Lungo il nuovo corso d’acqua sono stati realizzati tre stagni che permettono di rallentare il deflusso delle acque, favorire la ritenzione dei sedimenti e diversificare ulteriormente l’ambiente con zone di acque più profonde. I tre stagni sono in diretta connessione sia con il corso d’acqua che con i bacini di cava, mentre un quarto stagno è stato realizzato evitando il collegamento diretto con i corpi idrici circostanti. Realizzazione di due aree golenali lungo il Rio Draganziolo

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Il Rio Draganziolo è un corso d’acqua di risorgiva che pur essendo arginato ha mantenuto un andamento sinuoso. Nel tratto in cui il Draganziolo costeggia i bacini di cava, sono stati spostati gli argini in due punti, in modo da sfruttare due curve pronunciate per avere delle aree allagabili anche all’interno dell’alveo. Realizzazione di manufatti di sostegno, derivazione e restituzione delle acque Per consentire il prelievo e la restituzione delle acque allo stesso corso d’acqua, è stato realizzato un manufatto di sostegno che permetta di avere la differenza di quota necessaria. A completamento del manufatto si è previsto un bypass che permettesse di non interrompere la continuità del corso d’acqua. Sia il manufatto di sostegno che i manufatti di derivazione e restituzione delle acque sono stati realizzati cercando di ridurre al minimo l’impatto visivo. L’intero sistema può essere gestito a distanza tramite telecontrollo. Realizzazione di tre punti di osservazione dell’avifauna In corrispondenza di tre punti di particolare interesse per l’osservazione dell’avifauna sono stati posizionati degli osservatori in legno che permettono di nascondere le persone alla vista e di non arrecare disturbo agli animali. Valutazione dell’efficacia del progetto Non sono ancora disponibili dati sulla riduzione dei carichi di azoto e fosforo. Le simulazione realizzate in fase di progetto riportavano un abbattimento del 62% dell’azoto totale che transitava nelle cave (88 t/anno) e del 55% del fosforo totale (8 t/anno). L’area viene utilizzata durante gli eventi di piena come bacino di espansione, contribuendo alla riduzione del rischio idraulico per l’abitato di Noale e per i centri urbani presenti a valle. L’immissione dell’acqua all’interno delle cave e la restituzione al Rio Draganziolo avviene gradualmente, attraverso la regolazione dei manufatti realizzati nell’ambito del progetto. Il Comune di Noale organizza regolarmente visite guidate sia per gruppi che per scolaresche. Costo del progetto 2.065.827,60 €

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CAVE DI NOALECAVE DI NOALE

PrimaPrima

DopoDopo

OggiOggi