“LE IDI DI” - Liceo Giulio Cesare · 2017. 6. 5. · di Roma Termini palpita con un ritmo di...

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“LE IDI DI...” APRILE - MAGGIO 1 Aprile e maggio, mesi di test d’in- gresso alle Università per molti ragaz- zi che aspirano a un futuro in campo medico, economico e in molti altri. Le aule d’esame sono gremite di gio- vani tremanti, chi per l’ansia di non riuscire a coronare il sogno di una vita e chi invece perché, muovendo nervosamente la gamba, aspetta anno- iato che passino quegli interminabili 120 minuti durante i quali sono stati costretti dai propri genitori a sedere su una scomoda sedia di plastica alla Nuova Fiera di Roma e a compilare svogliatamente il foglio delle risposte che, con tutti quei minuscoli quadrati- ni, ha un aspetto a dir poco labirintico. «Come hai risposto alla 89?», «Alla fine era la D vero?»: sono le doman- de più frequenti nelle conversazioni tra studenti allo scadere del tempo. «No ragazzi, non chiedetemi nulla: è andata malissimo», dicono a testa bassa i più pessimisti, i quali dispera- no di un risultato positivo che invece, se si lavora sodo, arriva sempre. Chi, flagellandosi nel più profondo penti- mento, singhiozza: «Mannaggia a me, quando andavo a Villa Ada a prender- mi il caffè anziché studiare! Aveva ra- gione mia madre a urlare che sono un perdigiorno: non ne sapevo neanche una!». «Ragazzi non poteva andare meglio, stavolta ce l’ho fatta sicura- mente», esulta il ventitreenne della situazione che, per il quinto anno, ri- prova un test che alla fine non supera mai, senza però perdere le speranze e l’anno dopo, eccolo, è di nuovo lì. Ecco, è proprio su questo aspetto che vorrei soffermarmi a riflettere. Esi- stono ragazzi davvero determinati, desiderosi di riuscire nella vita e con- vinti che la strada giusta per farlo sia proprio quella Facoltà, quell’Ateneo. Ebbene: cosa devono affrontare? I fa- mosi e temutissimi test d’ingresso. Un ostacolo a dir poco insormontabile per chi, come noi del “Giulio”, ha scelto di frequentare il Liceo Classico che, pur garantendo una preparazione oli- stica ed organica impeccabile, seppur a costo di duri sacrifici, non prevede purtroppo un insegnamento a un ap- proccio più pragmatico e immediato alle materie, quale quello necessario invece per superare i suddetti test. I ragazzi sono costretti a portare avan- ti in parallelo due programmi di stu- dio del tutto diversi, quello scolastico e quello per l’ammissione alle Uni- versità, senza poter demordere nella preparazione né dell'uno né dell'altro, con l’aggravante che i professori non fanno sconti, non rendendosi forse conto di quanta fatica e di quanto tem- po porti via questo sforzo simultaneo. Gli esiti di questi test, dunque, non rispecchiano quasi mai lo spessore della preparazione degli studenti, sia perché, come ho detto, la formazione che essi ricevono risulta poco finaliz- zata al superamento di questo genere di prove, sia perché entrano talora in gioco altri fattori, quali l’ansia o problemi personali di altra natura. Continua a pag. 2... SOMMARIO CHICAGO, STUPRO IN DIRETTA SU FACEBOOK 2 TUTTI EN MARCHE 3 TERMINI INN 4 MEZZI PUBBLICI: IN COSA POSSIAMO INCAPPARE 4-5 PASSO DOPO PASSO 6 ATTENTATO A SAN PIETROBURGO: COME REAGIRÀ LA RUSSIA? 7 “LA TECNOLOGIA È TROPPO IMPORTANTE PER ESSERE LASCIATA AGLI UOMINI” 8 13 REASONS WHY 9 UN TUFFO IN NORVEGIA CON SKAM 10 VAN GOGH 2.0 11 ABITUDINI INSOLITE E CURIOSE NELL’ANTICA ROMA: 12 PROFESSORE IN INGONITO 14

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“LE IDI DI...”APRILE - MAGGIO

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Aprile e maggio, mesi di test d’in-gresso alle Università per molti ragaz-zi che aspirano a un futuro in campo medico, economico e in molti altri. Le aule d’esame sono gremite di gio-vani tremanti, chi per l’ansia di non riuscire a coronare il sogno di una vita e chi invece perché, muovendo nervosamente la gamba, aspetta anno-iato che passino quegli interminabili 120 minuti durante i quali sono stati costretti dai propri genitori a sedere su una scomoda sedia di plastica alla Nuova Fiera di Roma e a compilare svogliatamente il foglio delle risposte che, con tutti quei minuscoli quadrati-ni, ha un aspetto a dir poco labirintico.«Come hai risposto alla 89?», «Alla fine era la D vero?»: sono le doman-de più frequenti nelle conversazioni tra studenti allo scadere del tempo. «No ragazzi, non chiedetemi nulla: è andata malissimo», dicono a testa bassa i più pessimisti, i quali dispera-no di un risultato positivo che invece, se si lavora sodo, arriva sempre. Chi, flagellandosi nel più profondo penti-mento, singhiozza: «Mannaggia a me, quando andavo a Villa Ada a prender-mi il caffè anziché studiare! Aveva ra-gione mia madre a urlare che sono un perdigiorno: non ne sapevo neanche una!». «Ragazzi non poteva andare meglio, stavolta ce l’ho fatta sicura-mente», esulta il ventitreenne della situazione che, per il quinto anno, ri-prova un test che alla fine non supera mai, senza però perdere le speranze e l’anno dopo, eccolo, è di nuovo lì.

Ecco, è proprio su questo aspetto che vorrei soffermarmi a riflettere. Esi-stono ragazzi davvero determinati, desiderosi di riuscire nella vita e con-vinti che la strada giusta per farlo sia proprio quella Facoltà, quell’Ateneo. Ebbene: cosa devono affrontare? I fa-mosi e temutissimi test d’ingresso. Un ostacolo a dir poco insormontabile per chi, come noi del “Giulio”, ha scelto di frequentare il Liceo Classico che, pur garantendo una preparazione oli-stica ed organica impeccabile, seppur a costo di duri sacrifici, non prevede purtroppo un insegnamento a un ap-proccio più pragmatico e immediato alle materie, quale quello necessario invece per superare i suddetti test.I ragazzi sono costretti a portare avan-ti in parallelo due programmi di stu-dio del tutto diversi, quello scolastico e quello per l’ammissione alle Uni-versità, senza poter demordere nella preparazione né dell'uno né dell'altro, con l’aggravante che i professori non fanno sconti, non rendendosi forse conto di quanta fatica e di quanto tem-po porti via questo sforzo simultaneo. Gli esiti di questi test, dunque, non rispecchiano quasi mai lo spessore della preparazione degli studenti, sia perché, come ho detto, la formazione che essi ricevono risulta poco finaliz-zata al superamento di questo genere di prove, sia perché entrano talora in gioco altri fattori, quali l’ansia o problemi personali di altra natura.

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SOMMARIO

CHICAGO, STUPRO IN DIRETTA SU

FACEBOOK 2

TUTTI EN MARCHE 3

TERMINI INN 4

MEZZI PUBBLICI: IN COSA POSSIAMO

INCAPPARE 4-5

PASSO DOPO PASSO 6

ATTENTATO A SAN PIETROBURGO: COME REAGIRÀ LA RUSSIA? 7

“LA TECNOLOGIA È TROPPO IMPORTANTE PER ESSERE LASCIATA

AGLI UOMINI” 8

13 REASONS WHY 9

UN TUFFO IN NORVEGIA CON SKAM 10

VAN GOGH 2.0 11

ABITUDINI INSOLITE E CURIOSE NELL’ANTICA

ROMA: 12

PROFESSORE IN INGONITO 14

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LE IDI DI...MAGGIO

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Tuttavia, presa ormai coscienza dell’impos-sibilità di cambiare tale situazione, le do-mande che pongo sono le seguenti: perché i programmi scolastici della Scuola italiana non prevedono una preparazione adegua-ta ad affrontare questo scalino così alto e a un tempo così importante per noi studenti?Per quale motivo i Ministri della Pubblica Istruzione degli ultimi anni non hanno consi-derato l’impellenza di questa necessità? Per-ché non rivedere i programmi scolastici per essere al passo con i tempi, al fine di evitare che i giovani delle prossime generazioni ac-cantonino la scelta di un’eccellente formazio-ne classica in favore di una più pragmatica e, dunque, più idonea al superamento di questi test? Ma soprattutto, perché i professori pa-iono del tutto inconsapevoli, ovvero affat-to interessati a sostenere il percorso in salita intrapreso dall’alunno che aspira ad accede-re ad un Ateneo prestigioso e dunque molto richiesto, che implica il numero chiuso ed il superamento di un esame di ammissione?In ogni caso, compresi oppure no, il Liceo rap-presenta pur sempre la tappa più importante dell’intera formazione di uno studente, una for-mazione culturale in senso stretto, ma soprattut-to dell’individuo e della persona. Un supporto solido da parte dei professori e delle famiglie durante l’intero percorso, e in particolare nel-la sua parte finale, è dunque di fondamentale importanza e sarebbe fortemente auspicabile.Ed è col cuore in mano che io e gli altri ma-turandi del 2017 lasciamo il nostro caro “Giu-lio”, testimone di questa enorme evoluzione: vi entriamo bambini e ne usciamo ormai adulti, con la possibilità di fissare finalmente (!) negli occhi la possente statua che governa sovrana il cortile della nostra scuola e che nessuno di noi ha mai osato guardare più in alto delle spalle.E con l’ultimo numero nel nostro giornalino scolastico, auguriamo un enorme in bocca al lupo a tutti gli studenti del nostro Istitu-to, soprattutto agli allievi delle Terze Liceo. Che Giulio ci porti fortuna!

Gaia Carreri (3F)

Ai limiti del reale il vergognoso accaduto di cui sto per parlare. Una quindicenne americana è stata vit-tima di uno stupro, la cui disumanità non termina qui poiché i suoi aggressori hanno voluto rendere il mondo partecipe del loro gesto, trasmettendo il tutto in diretta sul famosissimo social network Facebook. Il video è stato guardato da minimo quaranta per-sone che nella più assoluta indifferenza non hanno denunciato quanto visto. Una colpa senza giustifica-zione alcuna in quanto le immagini trasmesse erano chiarissime, mostravano la povera vittima legata e imbavagliata mentre le vengono strappati i vestiti, tagliati i capelli e spente sigarette sul corpo. Sola-mente un adolescente ha avuto il coraggio e il buon senso di avvertire un parente della ragazza. Quest’ul-tima è stata poi ritrovata, seppur ferita e sotto choc, due giorni dopo la sua scomparsa, avvenuta il di-ciannove Marzo dopo che era andata a messa con i suoi genitori. È stata probabilmente rapita dagli

autori del suo stupro, un bran-co di cinque o sei ragazzi, suoi coetanei e conoscenti. Di loro solamente un quattordicenne è stato arrestato con l’accusa di violenza carnale e diffusione di materiale pedopornografico.

Camilla Laturra (1E)

Chicago, stupro in diretta su Facebook

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Tutti en marche«Questa sera avete scelto l'audacia, e l'auda-cia la porteremo avanti perchè è quello che i francesi aspettano da noi, è quello che il mon-do aspetta da noi. Attendono che la Francia li sorprenda, è quello che faremo». Emmanuel Macron, 39 anni, ex ministro dell’economia e il neopresidente più giovane nella storia del-la repubblica francese, commenta così il voto degli elettori che con il 66% di preferenze gli hanno consegnato l’Eliseo. Tutti sul pal-co del Louvre a festeggiare con Emmanuel, dalla moglie Brigitte agli amici e ai sosteni-tori, in un clima di grande gioia ed emozio-ne. Non sono mancati i messaggi di congra-tulazioni al neopresidente: da Angela Merkel a Barack Obama che hanno lodato l’ex lea-der di En Marche! Tirando un sospiro di sol-lievo per l’Europa dopo la Brexit e Trump.Una schiacciante vittoria dovuta sicuramente al programma politico dello stesso Macron ma influenzata fortemente dalle dichiarazioni dei due grandi sconfitti del primo turno Benoit Hamon e François Fillon che hanno chiesto ai loro elettori di appoggiare il candidato di En Marche! Mai prima di oggi infatti nella sto-ria repubblicana francese entrambi i due par-titi maggiori, socialista e repubblicano, non hanno raggiunto il ballottaggio. Il risultato di Hamon era prevedibile dato il grande insuc-cesso del partito socialista e il ruolo ricoperto dal candidato come ministro dell’istruzione nel disastroso quinquennio Hollande. Proba-bilmente ci si aspettava qualcosa in più da Fil-lon, uomo del momento fino a dicembre ma tagliato fuori dallo scandalo per gli incarichi attribuiti ai familiari. I voti che hanno estro-messo i due leader hanno beneficiato Macron, che a dicembre era dato al 6%, e Marine le Pen che, nonostante la dura sconfitta e le di-chiarazioni al vetriolo del padre Jean-Marie, si gode l’ottimo risultato del suo Front National e annuncia che “La vera battaglia comincia da

oggi”. Non ultimo è il candidato di estrema sinistra Jean-Luc Melenchon che da leader di La France insoumise e forte del 18,5% delle preferenze incita i 7 milioni di elettori dalla sua parte a non sottostare al risultato delle presidenziali e a rimanere coesi in vista del-le legislative di giugno. Non sono mancate le prime proteste dei piccoli movimenti antica-pitalisti che hanno manifestato nella capitale e in altre cinque città. I manifestanti chiedono a Macron di non modificare la legge sul la-voro; nel programma presidenziale è presente infatti la modifica della legge sugli indennizzi in caso di licenziamento e sulla contrattazio-ne aziendale. Riguardo le legislative, proprio queste sono il vero punto interrogativo per Macron che non dispone di un partito forte dietro di sè dovrà cercare di strappare più seg-gi possibili a quel che resta dei due partiti tra-dizionali. Il neopresidente dovrà rapidamente sciogliere i dubbi riguardo al candidato pre-mier per poi iniziare il programma riuscendo a convincere molti francesi che guardano di cattivo occhio il suo insistente europeismo. Macron, che già l’8 maggio ha effettuato la prima uscita da presidente all’Arc du Trion-phe insieme al presidente uscente François Hollande, il 14 dello stesso mese sarà uffi-cialmente insignito del ruolo di capo dello stato. Si apre dunque un quinquennio di cam-biamenti e di determinazione dopo aver riba-dito il motto “Liberté, Égalité, Fraternité”.

Alfonso La Manna (1E)

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Termini InnBrulica, si muove, lascia, riceve. La stazione di Roma Termini palpita con un ritmo di circa 480.000 passeggeri al giorno. Una stazione gran-de e nevralgica, trasformata anche in un luogo di incontro. Meet-Shop-Eat, una sequenza di parole all'avanguardia come il suo Inglese, immedia-ta e facile come ciò che offre. Viene promesso un salotto scintillante e confortevole, con i suoi ristoranti, caffè, crostacerie, che si eleva, al pas-so con questo nostro tempo glamour, al di sopra della rozza vecchia ristorazione al piano inferiore. Di giorno, Termini corre e si svaga. Di notte, respira sommessamente. La popolazione silenziosa e in-visibile di una città che conta migliaia di senzatet-to si rannicchia anche a Termini. Hanno una meta o è l’inconsapevole sussulto di una vita svuotata di senso? La stazione è un ottimo riparo dal caldo o dal freddo e l'afflusso costante di viaggiatori e turi-sti aumenta le possibilità di un aiuto o di un'offerta. Alcuni di loro sono diretti al Binario 95. Gestito dalla cooperativa sociale Europe Consulting ON-LUS, è un centro di inclusione e protezione. Posti letto? Solo 10, e per le situazioni di emergenza. Eppure ci sono, tutti i giorni dell'anno dalle 09.00 alle 17.00, festività comprese, due operatori, un coordinatore, una psicologa e alcuni volontari. Il loro piano si basa su una fiducia senza discri-

minazioni nelle risorse delle persone e prevede da subito l’attivazione di un servizio di Segretariato Sociale, correlato con un supporto psicologico e pratico. Si redigono curricula, si cerca lavoro con telefonate, agenzie di lavoro online, giornali spe-cializzati da consultare. Il tutto senza trascurare il piano relazionale: sono favoriti percorsi di riavvi-cinamento alle famiglie e organizzate attività so-ciali che spaziano dal cinema, ai giochi da tavola, alla lettura collettiva di libri o giornali. Stretta la collaborazione con la Sala Operativa Sociale del Comune di Roma e con il Centro Caritas adiacente. Alcuni utenti sono seguiti per mesi o anni in pro-cessi di reinserimento. Binario 95 custodisce in alcuni casi storie travagliate, storie di fiducia in sé e in altri riacquistate con fatica. Ma, come ha detto Alessandro Radicchi, presidente di Europe Con-sulting, «su 4 persone che hanno bisogno, 3 le tro-viamo per strada», poiché a Roma, unicamente nei periodi di emergenza, ci sono solo 1200 posti to-tali. Troppi pochi per una popolazione degli invi-sibili in crescita, con nuovi volti e nuovi nomi che si addentrano per la prima volta, trascinati dalla povertà, nel buio di una stazione che respira piano.

Matilde Sacchi (1G)

Mezzi pubblici in cosa possiamo incappare

La nostra è una città frenetica, dove nessu-no smette per un secondo di andare di fret-ta e di correre. Ormai è nota a noi tutti la comodità dei mezzi pubblici, senza i quali molte persone non saprebbero nemmeno orientarsi. La maggior parte di noi studenti li usa ogni giorno, per andare e tornare da scuola o semplicemente per fare una pas-seggiata in centro o uscire con gli amici. Ma sfortunatamente spesso questi mezzi non sono sicuri: mi riferisco agli spiacevo-

li incontri che si possono fare. Ad esempio solamente la scorsa settimana un nigeriano di 26 anni ha aggredito due controllori su un autobus dell’Atac nella zona di Monte Mario ed è stato arrestato poco dopo dalla polizia. L’uomo che era stato trovato senza biglietto, si è scagliato contro i dipendenti dell'azienda di trasporto. I due sono riusci-ti a fermarlo e hanno chiamato la polizia.

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Le accuse contro l’africano sono lesioni ag-gravate e interruzione di pubblico servizio. Il nigeriano, trattenuto in commissariato, è sta-to processato per direttissima la mattina se-guente. Ma può accadere di peggio. Se siamo sfortunati potremmo assistere a scene di follia pura, come le persone che si trovavano all’in-terno dell’autobus notturno N5 dove poco tempo fa è scoppiata una maxi rissa alle tre del mattino all’altezza di corso Vittorio Emanuele II. Durante questo scontro è stato distrutto il gabbiotto del conducente a colpi di estintore e a mani nude; la vicenda si è svolta cosi: alme-no otto ragazzi, stranieri secondo i testimoni, per futili motivi hanno aggredito un giovane. Prima gli insulti, poi le vie di fatto. Un pestag-gio violento in cui la vittima, per mettere in fuga i suoi aggressori, ha utilizzato l'estinto-re presente sulla vettura Atac. Ad allertare le forze dell’ordine il conducente che, fortunata-mente illeso, non ha perso la calma. Sul posto sono quindi giunti gli agenti di Polizia mentre i violenti fuggivano a piedi. Il ragazzo ferito è stato trasportato all’ospedale S. Spirito. All’e-pisodio hanno assistito anche alcuni passeg-geri che con i cellulari hanno ripreso la scena. Ma sui mezzi pubblici non avvengono solo

episodi spiacevoli, ma possono anche nascere possibili piste per un caso irrisolto, come po-trebbe essere accaduto nel caso della bambi-na scomparsa Angela Celentano, rivelando di averla vista sui mezzi. Passando ad argomenti decisamente meno drammatici a tutti noi può capitare di aspettare alla fermata l’autobus e che questo non si fermi. La settimana scorsa per questo motivo una donna in via Salaria all’altezza di piazza Fiume, si è piazzata in mezzo alla strada bloccando un autobus col-pevole – adire della giovane donna - di aver saltato la fermata lasciandola a piedi. Qual-che disagio per il traffico, un po’ di tensione e poi l’arrivo di un altro mezzo della linea 80 ha risolto lo spiacevole episodio facendo sali-re la ragazza. Il conducente del bus bloccato, però, non l’ha presa benissimo ed ha chiama-to i carabinieri. Un atto di questo tipo, infatti, può portare a una denuncia per interruzione di pubblico servizio. Per concludere prendendo i mezzi pubblici a Roma si può letteralmen-te vedere di tutto, come accaduto di recente alla fermata dei bus di Saxa Rubra un toro!

Guglielmo Coen (1E)

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Passo dopo passoAnche in questo numero mi rivolgo a coloro i quali nel nostro Paese di speranza non ne hanno più. Anche stavolta spero di essere in grado di trasmettervi la gioia che ho provato nel venire a conoscenza della notizia di cui intendo parlare. Il 27 aprile ad Aversa, in provincia di Caser-ta, si sposano Alessia Cinquegrana e Miche-le Picone. E se vi dicessi che Alessia prima era Giovanni? Proprio così: era ancora Gio-vanni quando ha conosciuto Michele e sono diventati ottimi amici. Come sempre suc-cede in questi casi, Alessia non si sentiva a suo agio, viveva con un’anima, uno spirito, un desiderio che cozzavano con il corpo che la natura le ha donato: «Sono sempre stata femmina dentro, fin da piccola. A mia so-rella rubavo gli abiti e ogni cosa da bambi-na. Crescendo ho iniziato a capire. E anche a soffrire». Quando è iniziata la sua trasfor-mazione, il suo papà la ha rifiutata perché si vergognava di lei. «Non posso guardarti, mi ha detto un giorno, eppure, fino a quando ero un maschio, sono stato il suo figlio preferito».Assenti al rito civile non solo il padre di Ales-sia ma anche i parenti di Michele, lo sposo, che non condividono la scelta del giovane di unirsi in matrimonio. Ma la particolari-tà è che Alessia, 29 anni, insegnante di bal-lo latino e stilista, è la prima transessuale ad approdare al matrimonio in Italia senza aver completato il cambiamento di sesso: «Sono sempre stata femmina dentro, fin da bambi-na», ripete Alessia che, dopo anni di cure e operazioni, ha ormai il volto e il corpo di una ragazza. È stata dichiarata donna dal tribunale di Napoli, ma ha scelto per ora di non sottoporsi all’intervento chirurgico fina-le, quello appunto che la trasformerebbe per sempre da maschio in femmina. Così, al Co-mune di Aversa, davanti alla vicesindaco Fe-derica Turco che ha celebrato il matrimonio civile (da non confondersi con l’unione civi-

le) c’era una coppia di sposi composta da un uomo e una donna che però, di fatto, sono due persone anatomicamente pressoché uguali. «Il padre - ha spiegato Filomena Della Vec-chia, madre di Alessia, prima di assistere al rito - non ha mai accettato ciò che sentiva mia figlia, io invece l'ho sempre appoggiata». Ad accompagnare Alessia l’attuale marito della madre, Federico Balpasso, che ha visto cre-scere Alessia tanto da considerarsi un vero e proprio padre: «Quando alcuni anni fa Alessia ci disse che si sentiva donna e voleva cam-biare sesso, accettammo le sue parole senza problemi. L’importante è vederla felice». Il suo avvocato, Ileana Capurro, presidente dell'Associazione Trans Napoli, spiega che «nessuna norma, nell'ordinamento italiano, vieta ad Alessia di adottare un bimbo. Farà da apripista, come ha già fatto con il matri-monio, e se ci dovessero dare torto andrem-mo alla Corte Europea». Alessia e Michele hanno lottato contro i pregiudizi e i pettego-lezzi che simili situazioni alimentano sem-pre. Hanno dunque scelto la via della felicità: la gioia immensa che i due neo sposi hanno provato alla fine della cerimonia e che en-trambi, in particolare Alessia, hanno voluto dedicare a tutte le persone nate in un corpo che non sentono come proprio, costrette a districarsi fra mille problemi legali, socia-li e fisici. «Questa è la vittoria di noi trans. Adesso possiamo cambiare sesso senza do-ver passare per l’intervento chirurgico». Ed ancora una volta l’Italia rimonta nella corsa al buonsenso. Ora resta solo da augurarsi che episodi del genere non debbano più fare scalpore ma entrare a far parte della nostra quotidianità.

Elena Sorgente (1E)

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L’attentato a San Pietroburgo:come reagirà la Russia?

Il fumo, i vetri distrutti e i passeggeri che uscivano dai vagoni. Queste sono le testi-monianze di coloro che si trovavano sul luo-go dell’attentato. Lunedì 3 Aprile la Russia è stata colpita al cuore da un vile attentato a San Pietroburgo. Un kamikaze di anni venti-due, tal Akbarzhon Jalilov, unico responsabile della strage, almeno secondo gli investiga-tori russi, si è fatto esplodere all’interno del terzo vagone della fermata della metro russa Ploshchad Vosstaniya tenendo tra le mani una borsa con un congegno esplosivo rudimen-tale (una bomba di chiodi). L’esplosione ha causato la morte di quattordici persone e il ferimento di altre quarantacinque. Riguardo i presunti contatti dell’attentatore con milizie jihadiste il comitato investigativo russo non si sente di escludere questa possibilità, confer-mata anche dalla sicurezza nazionale del Kir-ghistan che ha parlato di “influenze siriane”.Sono ancora da chiarire le dinamiche dell’a-zione. Non è chiaro se il dispositivo in mano a Jalilov fosse controllato a distanza. In questo caso il terrorista sarebbe stato aiutato da due complici, un ragazzo e una ragazza. L’ipotesi del congegno a distanza è stata rafforzata an-che dal ritrovamento di un secondo dispositivo inesploso nascosto dietro l’estintore della fer-mata, anch’esso controllato a distanza e pron-tamente disinnescato. In seguito all’attentato il premier russo Dmityri Medvedev ha dichiara-to che i controlli saranno raddoppiati in tutte le stazioni. Sicuramente la sicurezza interna rus-sa ha molta responsabilità anche dopo la chiu-sura di sette stazioni metropolitane per allarme ordigno. Diciamo che forse avrebbero dovuto aspettarselo. Ma l’argomento più discusso non è quello riguardo l’esecutore materiale, di cui ormai si sa tutto, bensì riguardo chi ci sia dietro. Sono state avanzate proposte molto in-teressanti, alcune più verosimili che vere. Le

ipotesi che vantano maggiore credito sono tre:1. L’Isis. Come sempre, quando si parla di un attentato non si può non menzionare lo Stato Islamico. L’Isis avrebbe come moti-vazione il forte appoggio politico e milita-re che la Russia ha dato ad Assad e quindi contro i ribelli. Da lì in poi infatti l’organiz-zazione terroristica ha mandato chiari mes-saggi di guerra allo stato russo. Uno su tutti l’assassinio dell’ambasciatore ad Ankara2. I foreign fighters. Questa, come la pri-ma, è un’ipotesi molto gettonata. Circa 5mila cittadini russi infatti si sarebbe-ro uniti alla causa del Califfato, che li ha sfruttati rispedendoli in patria come cellu-le dormienti (2900 sono stati rimpatriati).3. La strategia della tensione. Forse la teoria più fantasiosa ma anche la più suggestiva. Ancora una volta vengono messi in discus-sione i servizi segreti russi che, secondo questa ricostruzione, avrebbero causato l’attentato per spaventare la popolazione e favorire Vladimir Putin, in difficoltà in quest’ultimo periodo. Questa ipotesi si è im-posta anche perché sono troppi i fattori che non tornano: la scarsa sicurezza, nonostante più e più volte l’Isis abbia minacciato di at-taccare la Russia, le dinamiche della strage e perché nonostante le numerose segnala-zioni la metropolitana non sia stata chiusa.

Sicuramente la figura di Putin ne esce inde-bolita dopo che il presidente aveva molte volte promesso che avrebbe punito lo stato islamico (celebre la frase “perdonarli spetta a Dio, mandarceli spetta a me”). Riguardo cosa succederà ora non è facile esprimer-si, ma di certo la Russia anche dopo essersi per così dire “riappacificata” con gli Sta-ti Uniti non rimarrà con le mani in mano.

Alfonso La Manna (1E)

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“La tecnologia è troppo importante per essere lasciata agli uomini”

Neelie KroesCome dettato dalla riforma sulla scuola di Matteo Renzi, tutti gli studenti a partire dal terzo anno di scuola superiore, devono pren-der parte a progetti di alternanza scuola-lavo-ro. I ragazzi quindi sono chiamati a prender parte a un progetto lavorativo per duecento o quattrocento ore a seconda se si frequenta un liceo o una scuola a indirizzo professionale. In alcune scuole, come nella nostra, gli stu-denti hanno la possibilità di scegliere tra di-verse proposte “lavorative”. Una di queste proposte era il cosiddetto “progetto NERD”, un’iniziativa del Dipartimento di Informa-tica della Sapienza svolto in collaborazione con IBM. Per partecipare non è richiesta al-cuna competenza pregressa, ma solo di esse-re di sesso femminile. Questa richiesta, che a primo impatto può sembrare sorprendente, mira a incoraggiare le ragazze ad intrapren-dere studi e carriere nel settore delle tecno-logie dell’informazione, poiché è innegabile che oggi le donne sono una piccola minoran-za in questo settore. Uno studio della Com-missione Europea ha infatti dimostrato che ci sono circa 900.000 posti di lavoro dispo-nibili nelle ITC (Information and Communi-cation Technology) e che se si eguagliasse il numero di assunzioni femminili a quelle ma-schili il PIL europeo avrebbe un incremento di addirittura nove miliardi di euro l’anno. Il progetto NERD consiste nella realizzazione di app per smartphone attraverso l’utilizzo di “AppInventor”, uno strumento sviluppato dal MIT (Massachusetts Institute of Technology). Le app ideate vengono presentate, valutate e, se valide, premiate nell’ultimo dei sette incon-tri. I primi tre incontri si svolgono in laborato-rio e solo al sesto incontro è prevista una breve esposizione del progetto di fronte alla Giuria.

Quest’anno a tale progetto hanno preso parte ben centosessanta scuole ma solo undici sono state ammesse al settimo e ultimo incontro, nel quale avviene la premiazione. La nostra scuola, il Giulio Cesare, si è aggiudicata il terzo posto sul podio, grazie alla fantasiosa e valida app ideata da tre studentesse (Flavia Giontella IE, Francesca Mariani IE, Emanue-la Ramiccia IG) e intitolata “Get the Donut”. Il giocatore deve muovere una cesta per rac-cogliere solamente le ciambelle, cercando di non mancarne nessuna, evitando i pretzel e provando a raggiungere un punteggio pari a venticinque sebbene la difficoltà sia sempre più alta. Questo gioco tecnologico, come sot-tolineato dalle ideatrici, esercita la capacità di concentrazione, aumenta la coordinazio-ne mano-occhio e al contempo fa divertire. Insomma, un’app che scaricherei volentieri!

Camilla Laturra (1E)

Page 9: “LE IDI DI” - Liceo Giulio Cesare · 2017. 6. 5. · di Roma Termini palpita con un ritmo di circa 480.000 passeggeri al giorno. Una stazione gran-de e nevralgica, trasformata

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LE IDI DI...MAGGIO

L’ANGOLO DELLE SERIE

13 Reasons Why: una realtà che non si vorrebbe mai conoscere

Cosa cerchiamo solitamente in una serie tv?Forse qualcosa che ci permetta, almeno per qualche minuto, di staccarci dalla realtà che ci circonda, per tuffarci in un mondo diver-so dal nostro, dove tutto appare più semplice ed ogni problema appare lontano, risolvibile.Questo fino all’arrivo di 13 Reasons Why (o Tredici, volendo usare il nome italiano), uscita su Netflix il trentuno marzo e trat-ta dall’omonimo romanzo di Jay Asher.Tredici è un pugno nello stomaco, una serie tal-mente reale da fare male, in grado di catapul-tare lo spettatore in un mondo al quale si tende a non pensare, ritenendo forse che sia qual-cosa di troppo lontano, troppo irrealizzabile, proprio come accade ai personaggi della serie.La storia vede come protagonista Clay Jen-sen, un ragazzo totalmente ordinario, che un giorno, tornando da scuola, trova davanti alla porta di casa una scatola da scarpe contenente delle cassette; in tutto tredici lati da ascolta-re, segnati con dello smalto blu, e una mappa della città in cui abita. Le cassette arrivano da Hannah Baker, che si è suicidata due settima-ne prima: ogni lato racconta una storia che l’ha portata a compiere qual gesto, ogni persona che riceve la scatola è uno dei tredici motivi.Un messaggio, un pettegolezzo, una risata di troppo nei corridoi della scuola, poca atten-zione verso dei piccoli dettagli: Tredici è una

serie che porta a mettere in discussione ogni minimo gesto che, magari, si è normalmente abituati a compiere, a chiedersi se veramen-te conosciamo le persone con cui trascorria-mo le giornate, se forse siamo troppo distrat-ti per notare cose quasi insignificanti che ne celano altre ben più importanti. È una serie che porta a riflettere su ogni piccolo sbaglio che si è commesso, a mettere in discussione ogni gesto o battuta, realizzati probabilmente senza intenzione o malizia, caricandoci di un senso di colpa che ci rende tutti responsabili.Ed è un richiamo necessario, in un momen-to come questo governato da un uso incon-trollato dei social media: basta un attimo af-finché un pettegolezzo diventi virale oppure una foto possa trovarsi sullo schermo di ogni cellulare; in fondo, sono cose che tutti abbia-mo fatto, senza pensare alle conseguenze. È questo il punto di forza della serie, e del li-bro da cui è tratta, che spezza il cuore: sem-plicemente la realizzazione che forse ognuno di noi avrebbe potuto essere su una di quelle cassette; ognuno dei nostri conoscenti, o forse anche noi stessi essere il mittente del pacco. Affezionarsi ai personaggi di questa serie e immedesimarsi in ognuno di loro é, perciò, quasi inevitabile: sono totalmente veri e reali. Il loro carattere, il modo in cui si comportano e il loro modo di reagire, l’elaborazione del senso di colpa e del lutto, è talmente credibi-le, così plausibile che, in certi punti, quasi ci si dimentica di guardare solamente una serie. Tredici è un thriller psicologico in grado di tenere lo spettatore incollato allo schermo fino alla conclusione dell’ultimo episodio, alla ricerca spasmodica di una risposta o di una soluzione che non potrà mai essere data.

Martina Lombardo (2H)

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L’ANGOLO DELLE SERIE

Un tuffo in Norvegia con SkamSiamo sempre stati abituati, con le serie te-levisive, a scoprire culture o modi di vivere diversi dai nostri: abbiamo, quindi, imparato l’importanza del ballo scolastico per gli ado-lescenti americani, come funzionano i distretti di polizia a New York, Los Angeles o Miami, i giochi di potere nella Casa Bianca e come sopravvivere nei sobborghi delle grandi città.D’altra parte però, essendo l’America il Pa-ese che sforna più serie tv, spesso dimenti-chiamo che non esiste solo quel tipo di real-tà e che ci sono moltissime altre culture che sarebbe interessante conoscere, per quanto ciò sia possibile attraverso uno schermo, e, puntualmente, finiamo con il seguire l’en-nesima puntata ambientata a New York.Poi è arrivato il successo di Skam, pro-dotta e ambientata in Norvegia, a Oslo.Nonostante la prima stagione sia stata man-data in onda nel 2015, la serie ha raggiunto il successo a livello internazionale negli ultimi mesi dell’anno successivo con l’uscita della terza stagione, seguita poi dalla quarta, e pro-babilmente ultima, iniziata il 14 aprile: il suc-cesso raggiunto è tale che è stato annunciato un possibile rifacimento americano della se-rie, con il titolo tradotto Shame, «vergogna».Tale successo deriva sicuramente dal fatto che Skam sia, in primis, una ventata d’aria fresca nel panorama seriale spesso saturo di

prodotti fin troppo simili l’uno all’altro, men-tre questo è una finestra su un mondo quasi sconosciuto, che funziona in modo diverso da quello a cui siamo abituati e perciò inte-ressante da scoprire attraverso gli occhi dei protagonisti, nostri coetanei. Inoltre, la popo-larità della serie deriva anche dalla varietà dei temi, anche piuttosto importanti, trattati con una sensibilità ed un realismo che permetto-no di riconoscersi in molti dei personaggi.La prima stagione ha come protagonista Eva, una ragazza timida ed emarginata, che dovrà imparare ad uscire dal suo guscio e a relazio-narsi con i suoi nuovi compagni di scuola. La seconda è incentrata su Noora, tremendamen-te indipendente e restia a fidarsi degli altri. La terza stagione si sofferma su Isak, un ragaz-zo alle prese con l’accettazione della propria omosessualità, mentre la quarta su Sana e sul-la sua difficoltà di essere l’unica ragazza mus-sulmana all’interno del suo gruppo di amiche.La pluralità di voci, oltre a quelle dei prota-gonisti di ogni stagione, l’incredibile rea-lismo e la sensibilità della serie sono i suoi elementi di forza. Non vi sono momenti particolarmente ricchi di pathos, sceneggia-ture estremamente elaborate o inquadrature studiate alla perfezione, tanto da sembrare quadri: sono dei semplici spaccati di vita, immagini e storie che potremmo ritrovare

aprendo la finestra e soffermandoci ad osservare i marciapiedi della nostra città.Skam è la prova che, spesso, è proprio la semplicità a rendere unica una se-rie televisiva, che non serve tentare di produrre un qualcosa di troppo esu-berante o esagerato: in fondo, la mag-gior parte degli spettatori cerca storie che possano combaciare con la propria.

Martina Lombardo (2H)

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Van Gogh 2.0In un tripudio di musica e colori si è chiu-sa la mostra “Van Gogh Alive: the Expe-rience” che si era aperta lo scorso 25 ot-tobre al Palazzo degli Esami a Trastevere.L'esposizione, che aveva avuto grande suc-cesso all’estero, è stata accolta dal pubbli-co romano con entusiasmo, ben 130000 i visitatori fino alla metà di marzo, tan-to da essere prorogata fino al 23 aprile. Il grande successo riscontrato non deri-va tanto dalla quantità e qualità delle opere esposte (in buona parte copie delle originali) quanto dalla modalità dell’esposizione, non ancora molto diffusa in Italia; un percorso multimediale che prevede accanto alla pro-iezione delle immagini un supporto musi-cale capace di calare lo spettatore nella tor-mentata vicenda artistica e umana di quel grande artista olandese che stato Van Gogh.La mostra è stata anche oggetto di un’iniziati-va di live-painting degli studenti della RUFA (Rome University of Fine Arts), intitolato - ci-tando Magritte - “Ceci n’est pas un Van Gogh”. Il percorso espositivo è incentrato sul periodo più proficuo e tragico della vita di Van Gogh, il decennio 1880-90, e ripercorre in partico-lar modo le tappe fondamentali della vicenda privata dell'artista alla quale sono associati i diversi periodi delle sua produzione artistica.Nato nel 1853 a Zundert, Van Gogh si appassionò al disegno sin dall’infan-zia ma iniziò a dedicarsi esclusivamen-te alla pittura solo all’età di 27 anni.Fino al 1875 fu impegnato con lo zio presso la Casa d’arte Goupil grazie alla quale ebbe modo di lavorare a stretto contatto con il mondo artisti-co del tempo, frequentando musei e collezioni. Tentò poi, in vari modi, di intraprende-re la carriera ecclesiastica, mosso dal desi-derio appassionato di aiutare il prossimo.Resosi conto che non sarebbe mai potu-to diventare predicatore, finalmente nel

1880 si iscrisse, incoraggiato dal fratel-lo Theo, all’Accademia di Belle Arti. Ed è in questo decennio, l’ultimo pri-ma della morte precoce, trascorso tra Parigi, Arles, Anversa, Saint-Rémy e Auvers-sur-Oise, che si concentra la mag-gior parte della sua produzione artistica.Particolarmente fecondi furono soprattut-to gli ultimi due tormentati anni di vita.Le numerose crisi dovute alla malattia e all’a-buso di assenzio e alcol, unite alle tensio-ni legate alla difficile amicizia con Gauguin culminate con la mutilazione di un orec-chio da parte dello stesso Van Gogh, non impedirono all’artista olandese di realizza-re capolavori immortali prima del suicidio.Una breve biografia dell’artista, illustrata dai quadri più significativi, si offre al visitatore nella prima sala della mostra dove spicca la suggestiva riproduzione a grandezza natura-le della camera da letto dell'artista ad Arles.Un piccolo corridoio in cui sono proiettati il “Ramo di mandorlo in fiore” e la “Notte stella-ta” funge da collegamento con la seconda sala, in cui lo spettatore ha l’opportunità di immer-gersi nelle proiezioni su più livelli di schiz-zi, disegni e opere in parte meno conosciute.La riproduzione di immagini anche sul pa-vimento ha coinvolto in special modo i più piccoli: molti bambini si sono lasciati andare al ballo sulle note di Vivaldi e Chopin sotto gli occhi piacevolmente stupiti dei genitori.Del resto lo stesso Vincent aveva previsto: “Io non vivo per me, ma per la generazione

che verrà”.

Beatrice Marsili (1E)

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Abitudini nell’antica Roma, simili o diverse?

La storia romana ormai la conosciamo benis-simo, soprattutto noi studenti del Giulio Ce-sare. Ma ci siamo mai chiesti se ci sono dif-ferenze nelle abitudini tra il nostro e il loro mondo? Sicuramente tutti quanti almeno una volta abbiamo bevuto una Red Bull o qualsi-asi sorta di bevanda energetica; bisogna dire che esistevano anche nell’epoca dei Romani, anche se ovviamente erano molto più rudi-mentali poiché consistevano in feci di capra (all’epoca erano anche utilizzate sulle ferite per alleviarne il dolore) fatte bollire nell’a-ceto; questa bevanda era apprezzata da tutti, sia ricchi che poveri, e se pensiamo ai perso-naggi illustri che studiamo a scuola, bisogna sapere che l’imperatore Nerone la amava par-ticolarmente. Camminando per strada spesso ci lamentiamo dei continui graffiti sui muri, a volte addirittura raffiguranti l’organo genita-le maschile, però molti non sanno che questa barbara abitudine c’è stata tramandata dai no-stri antenati Romani; infatti, come possiamo anche notare dagli scavi di Pompei, era molto in voga rappresentare simboli fallici: erano presenti quasi ad ogni angolo statue del Dio Priapo, erano spesso raffigurati negli affreschi e a Pompei possiamo addirittura vedere un fallo scolpito nel terreno che stava ad indicare la direzione del lupanare più vicino. Fortuna-tamente ci sono abitudini che sono cambiate radicalmente, come ad esempio la concezione dei bagni pubblici, che per i romani consiste-vano in un’unica stanza dove ognuno si sede-va e iniziava a fare i propri bisogni; la cosa peggiore di questi bagni pubblici però non era nè la loro tendenza a esplodere né il fatto che non fossero mai lavati, ma piuttosto che, una volta completato ciò che si doveva fare, ognuno puliva le proprie parti intime con la stessa spugna che veniva passata di mano in mano. Rimanendo in tema, per noi l’urina è considerata uno scarto del corpo ed oggi quasi

nessuno la conserva o la riutilizza, mentre gli antichi romani la usavano per lavare i vestiti o per colorarli, in quanto le sostanze contenute in essa aiutano il colore a rimanere adeso al tessuto. Per questo c’erano persone che nella loro vita non facevano altro che raccogliere l’urina degli altri. Ma la cosa più disgustosa è che qualcuno usava anche la propria urina per lavarsi i denti che, si diceva, diventavano bianchissimi. L’ultima “curiosità” riguarda la categoria di uomini che forse più ha reso famo-sa Roma, i gladiatori: i gladiatori che perdeva-no pagavano con la vita, e il loro cadavere era immediatamente portato via da alcuni respon-sabili che ne raccoglievano il sangue; questo, successivamente, veniva venduto. Si riteneva che servisse a curare in particolare l’epilessia. Quando i gladiatori scomparvero da Roma, perché i giochi vennero dichiarati illegali, la stessa cosa continuò con il sangue dei prigio-nieri decapitati: se il sangue del perdente veni-va bevuto, il vincente dopo la battaglia veniva “strigliato”, ovvero veniva rimosso l’olio, con la pelle morta e il sudore, dal suo corpo. Que-sta patina però non veniva buttata ma, anzi, aveva un altro utilizzo: diventava una crema per il viso destinata alle donne, che ritenevano così di diventare irresistibili per gli uomini.

Gugliemo Coen (1E)

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Signori e Signore,la nostra compagnia teatrale desidera

invitarvi alla messa in scena dell’opera Shakespeariana “Sogno di una notte di mezza estate” venerdì 26 maggio alle ore 18.00 in

Aula Magna.

VENITE NUMEROSI!!!

E se desideraste vederlo una seconda volta, i nostri attori faranno una replica martedì 30 maggio nel

Teatro di Villa Torlonia alle ore 19:00. Per la prer-notazione rivolgersi alla professoressa Correale.

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PROFESSORE IN INCOGNITO

LE IDI DI...MAGGIO

Vi sfidiamo a indovinare di chi stiamo parlando. Chiunque volesse tentare, scriva su un foglietto il nome del professore da indovinare e il proprio, indicando anche la propria classe, e metta infine il bigliettino nella scatola collocata sulla scrivania delle collaboratrici scolastiche di fronte la pre-sidenza. Potresti essere il vincitore e ordinare la prossima caricatura di un professore a tua scelta!

DIRETTORE: GAIA CARRERI VICEDIRETTORE: MATILDE SACCHI

IMPAGINAZIONE:EMANUELA RAMICCIA

VIGNETTISTI:SOFIA SCORRANO ANDREA CASINELLI LUDOVICA CAVALIERI

DOCENTE REFERENTE:GIUSEPPE MESOLELLA

DOCENTI COLLABORATORI:GAETANA COVIELLO DOMENICO ENEA LUCA GORI

INOLTRE VI INVITIAMO A VISITARE IL NOSTRO BLOG AL SITO www.liceogiuliocesare.wordpress.com QUI POTRETE TROVARE E LEGGERE MOLTI

ALTRI ARTICOLI, NONCHÈ SPERIMENTARE MOLTE ALTRE FUNZIONI. COMMENTATE IN TANTI!

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Son sette anni che poco riposo,mi chiede sempre studio rigoroso,

ma poi alla fine, immancabilmente,premia cum laude eccellente.

E se l’impegno poi viene menosempre ti dice che “vuoto per pieno”

ti resta ancora un’opportunità se avrai “orgoglio” e “curiosità”.